pochi giorni dopo che la corsica divenne territorio francese, per questo lui si è sempre ritenuto francese. Il padre era un mercante, e lui aveva una sua barca, ma non appena venne a conoscenza delle idee mazziniane si iscrisse alla Giovane Italia La fuga a Marsiglia La sua "prima impresa" fu nel 1834 in Savoia, dove Garibaldi prese parte alla spedizione Mazziniana, che non andò a buon fine. Condannato a morte, Garibaldi, si vide costretto a fuggire a Marsiglia, in Francia; Lì Garibaldi venne incaricato di comandare un brigantino per Rio De Janeiro. Nel 1836, quando arrivò in a Rio De Janeiro, partecipò alle riunioni della Giovine Italia. Successivamente decise con il suo amico Rossetti di partecipare alle insurrezioni dello Stato Rio Grande do Sul che decise di ribellarsi al governo brasiliano. Costretto a rifugiarsi a Montevideo, in Uruguay, sposò la compagna Anita. Anche a Montevideo, Giuseppe Garibaldi riprese a combattere nel nome della libertà contro il generale uruguayano, sostenuto dal dittatore argentino. Subendo delle sconfitte fu costretto a ritirarsi. Dopo avere risalito il Plata, organizzò una nuova flotta composta da un equipaggio italiano, riportando degli importanti risultati presso S. Antonio del Salto. Dopo avere avuto delle notizie propizie all'Unità d'Italia, Garibaldi decise di lasciare il Sud America e di ripartire verso la patria. Tornato a Nizza, si dichiarò in primo luogo italiano e non repubblicano. Prima guerra di indipendenza Nel biennio 1848-1849 Garibaldi si distinse nel corso della Prima Guerra d'indipendenza, battendosi a Luino e conquistando Varese il 26 agosto 1848. In seguito all'intervento degli Austriaci, Garibaldi fu costretto a andarsene in Svizzera. Tornato a Nizza, parti con un centinaio di volontari verso la Sicilia e successivamente si batté per la difesa della Repubblica romana contro i francesi. Con la caduta della Repubblica romana, fu costretto a rifugiarsi a San Marino, con l'obiettivo di raggiungere Venezia. Essendo attaccato dagli austriaci, non riuscì a raggiungere la città e presso le coste di Magnavacca dovette assistere alla morte dell'amata Anita, da cui ebbe 3 figli. In seguito egli fu costretto a lasciare il regno piemontese, da cui fu espulso e a rifugiarsi presso il console piemontese di Tangeri. Il suo secondo esilio continuò all'insegno dell'avventura tra New York e America centrale. Seconda guerra di indipendenza Dopo avere avuto colloqui segreti con Cavour, Giuseppe Garibaldi fece ritorno in Europa. Si dimostrò favorevole alla monarchia alla base del futuro Stato italiano e nel corso della Seconda Guerra d'indipendenza coordinò i suoi volontari al fianco dei piemontesi, facendo anche la conoscenza del re Vittorio Emanuele di Savoia. Dopo l'impegno militare al fianco dei piemontesi che riportarono varie vittorie nel corso della guerra, Garibaldi dovette abbandonare altri sogni rivoluzionari e, deposte le armi, si rifugiò presso l'Isola di Caprera, in Sardegna, dopo avere dato vita a Genova a un manifesto in cui criticava apertamente la politica dei Savoia La guerra dei mille Nella notte tra il 5 e il 6 maggio del 1860, Garibaldi partì da Quarto con i suoi volontari alla volta della Sicilia, dopo avere saputo della rivolta di Palermo. Gli eventi significativi della celebre Spedizione dei Mille in Sicilia furono lo sbarco a Marsala l'11 maggio, la battaglia di Calatafimi del 15 maggio, la presa di Palermo il 27 maggio, la battaglia di Milazzo del 20 luglio, il passaggio degli uomini del Generale presso lo Stretto di Messina in data 19 agosto, il passaggio trionfale in Calabria, l'ingresso nella città di Napoli in data 7 settembre, l'importante Battaglia del Volturno tra 1 e 2 ottobre, l'incontro col re piemontese a Teano il 26 ottobre. In data 7 novembre si recò a Napoli col re Vittorio Emanuele e dopo i risultati del plebiscito consegnati al sovrano il giorno seguente, il 9 novembre lasciò l'Italia meridionale, decidendo di fare ritorno a Caprera, rinunciando alla nomina di generale e alle ricompense che i Piemontesi gli concessero. Il processo di unificazione sembrava quindi prossimo al compimento, quando però morì di lì a poco Camillo Benso, conte di Cavour. Le redini del potere passarono successivamente nelle mani di Urbano Rattazzi che tentò invano di portare avanti la politica del suo predecessore, Cavour. A livello operativo si ripensò nuovamente a Garibaldi, il quale dopo un insuccesso riportato nel Trentino, andò a Palermo e poi marciò verso Roma al proclama "Roma o morte", con l'obiettivo di sconfiggere i francesi. Purtroppo, riportando una ferita nell'Aspromonte, fu fatto prigioniero dall'esercito francese il 29 agosto 1862. Successivamente riscosse grande successo a livello internazionale, facendo tappa anche a Londra, incontrando sia Mazzini, Herzen e Palmerston Terza guerra di indipendenza Nel corso della Terza Guerra d'indipendenza, alla guida dei volontari, ottenne il controllo del Trentino nel luglio 1866. Dopo avere annesso il Veneto, ritenne urgente ripartire alla riconquista di Roma, ma venne bloccato dai soldati italiani che lo costrinsero a ritornare a Caprera; Giuseppe Garibaldi e i suoi uomini però fuggirono nuovamente e, riuscendo a tornare nella Penisola, varcarono il confine giungendo a Mentana, dove però furono nuovamente bloccati dai francesi il 3 novembre. Garibaldi fu arrestato a Fligine e ricondotto a Caprera. Negli ultimi anni di vita Garibaldi aderì alle idee del socialismo e all'Internazionale La morte di Giuseppe Garibaldi avvenne a Caprera il 2 giugno 1882