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Privacy e Big Data

La definizione di Big Data si riferisce a dati


che contengono una maggiore varietà,
che arrivano in volumi crescenti e con
più velocità. Questo concetto è anche
noto come le tre V. In parole povere, i big
data sono set di dati più grandi e
complessi, provenienti soprattutto da
nuove origini dati.
I Big Data, un bene o un male?
Parlare di big data con cognizione di causa non è semplice, dal mio punto di vista.
Si tratta di un termine ormai inflazionato ma che talvolta è difficile comprendere che implicazioni
possa veramente avere sulla vita delle persone. In questo articolo cercherò di dare qualche
spunto sull'argomento e poi ovviamente ognuno potrà avere un'opinione diversa.
Ovviamente la raccolta di questi dati e informazioni è strettamente correlata con la protezione
della privacy in quanto un'azienda che raccoglie dati e metadati su di noi, dovrà avere poi il
nostro consenso per poterli utilizzare.
The Economist della settimana scorsa ho trovato un articolo interessante su questo argomento in
cui si parla dei pro e dei contro dell'internet che conosciamo oggi. Un punto interessante che
l'autore spiega è la distinzione dei due approcci principali che si trovano oggi nella comunità
intellettuale: chi è a favore e chi è contro la raccolta dei big data. La scelta di stare più da un
altro o dall'altro è dettata anche dal tipo di rete web che si vorrebbe avere: centralizzata o
decentralizzata. Mi spiego meglio.
Il primo approccio, definito quello di Thomas Jefferson uno dei padri fondatori dell'America, vede
la centralizzazione del web come un pericolo. Centralizzare significa avere pochi grandi colossi
che accentrano in loro il potere raccogliendo le informazioni di molti. In effetti è ciò che sta
accadendo oggi: ci sono Google, Facebook, Amazon e pochi altri che governano
Il panorama di internet offrendo servizi a milioni di persone e quindi il potere è centralizzato nelle mani
di pochi. Il timore di chi la pensa così è che questa modalità dia meno spazio all'innovazione, alla
crescita di nuove idee e prassi in quanto ci si trova a operare in un territorio in cui ci sono rigide
regole del gioco stabilite dai colossi.
Il secondo approccio, che prende spunto dalle idee di Alexander Hamilton, un altro padre fondatore
dell'America, vede nella centralizzazione l'opportunità della crescita. Potendo raccogliere tanti dati
nelle mani di pochi che hanno gli strumenti e i mezzi per elaborarli, potremo veramente andare
incontro ad uno sviluppo significativo. Per esempio lo sviluppo dell'intelligenza artificiale è possibile
grazie agli investimenti fatti da poche potenti realtà. Il timore di questo approccio è che se il
web fosse decentralizzato, con tanti piccoli centri di potere, a quel punto nessuno avrebbe la forza
tale da poter investire per una crescita significativa anche in termini di sviluppo tecnologico.
Conclusione
Non so quale sia la verità o la scelta migliore rispetto alle due correnti principali, ma la cosa
interessante è che nel report dell'Economist si parla anche di nuove soluzioni che stanno
emergendo e che vedono i due approcci commistionati.
Chissà in quale internet ci muoveremo domani, cambia ad una velocità tale per cui fatichiamo a
stare al passo. Certo è che probabilmente nessuno dei due pensieri, presi in modo puro ed
estremo, è quello che funzionerà al meglio, ma piuttosto ci vorranno contributi su entrambi i
fronti.

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