A dare uno sguardo ai numeri ci si rende subito conto di come il
fenomeno, che ha come protagonisti i robot e l’intelligenza
artificiale, sia sempre in costante crescita. Negli ultimi decenni la tecnologia sta avendo molto successo, tanto da riuscire ad entrare nella nostra quotidianità in tutto: a scuola, a lavoro, nei momenti di relax… Ormai, in un qualche modo, dipendiamo quasi esclusivamente da essa e se per una sola breve settimana restassimo senza ci ritroveremmo in un caos terribile Sono sempre più numerosi gli studi e le analisi degli esperti sul tema per capire che tipo di impatti avranno i robot e l’I.A. sulla nostra società e sul vivere comune sia dal punto di vista tecnologico che etico. L’incontro è stato utile per chiare molte delle questioni che ad oggi ci troviamo ad affrontare.
Quando si parla di Intelligenza Artificiale, si pensa subito a
tecnologie all’avanguardia, a robot e ad un mondo in cui macchine e uomini convivono. In realtà, l’Intelligenza Artificiale e il suo utilizzo sono molto più reali di quanto si possa immaginare e vengono oggi utilizzati in diversi settori della vita quotidiana. Il fatto che l’I.A. entri nelle nostre vite in modo pervasivo e non sia soltanto un insieme di algoritmi o pura fantascienza, richiede capacità e analisi di tipo sociale, economico, giuridico ed etico per coglierne appieno potenzialità e limiti. L’I.A. è la disciplina che studia la progettazione, lo sviluppo e la realizzazione di sistemi capaci di simulare le abilità, il ragionamento e il comportamento umano. Essa è classificata in base alla sua capacità di imitare le caratteristiche umane in: -intelligenza artificiale generale che è in grado di fare tutte le operazioni complesse del nostro cervello (elaborare dati, risolvere problemi, creatività, senso critico, autoconsapevolezza..) ovvero la pura intelligenza umana -intelligenza artificiale ristretta che viene utilizzata per attendere ad uno specifico task. L’obiettivo in questo caso, non è dunque quello di realizzare macchine dotate di un’intelligenza umana, ma di avere sistemi in grado di svolgere una o più funzioni umane complesse. La prima teoria rappresenta ancora il futuro, la seconda è invece il presente. Nell’ambito della I.A. ristretta infatti, negli ultimi anni, la ricerca ha ottenuto risultati clamorosi. Rispetto alla ricerca di un’intelligenza suprema, l’evoluzione di sistemi intelligenti nei singoli settori si è dimostrata decisamente praticabile e priva di difficoltà da un punto di vista etico. I campi di applicazione dell’intelligenza ristretta sono vari, ma per ora i settori principali sono la medicina, la finanza, l’industria dei trasporti, il marketing e Internet. Un'altra classificazione dell’I.A. riguarda il comportamento che viene utilizzato per realizzare sistemi intelligenti: -intelligente artificiale forte è quella che cerca di costruire strumenti che siano veramente intelligenti in grado di replicare l’intelligenza umana - l’intelligenza artificiale debole è quella che imita comportamenti intelligenti. La terza classificazione riguarda il metodo: -l’intelligenza artificiale simbolica è quella che prevede la rappresentazione e la manipolazione delle informazioni tramite simboli. L’elaborazione avviene quindi utilizzando simboli per creare nuove informazioni. -L’intelligenza artificiale sub-simbolica o connessionista, ha un approccio opposto. La conoscenza è codificata tramite delle piccole unita funzionali, i neuroni, che attraverso un processo di apprendimento, si organizzano in strutture sempre più complesse. La I.A. neurale tenta di simulare le reti neurali umane: a partire da dati empirici è possibile addestrare le reti neuronali a riprodurne il comportamento. A partire dai dati la I.A. dunque genera la sua conoscenza: il sistema riesce cioè ad essere in grado di apprendere in maniera del tutto autonoma, proprio come gli esseri umani. Per questo motivo si parla di “sistemi di autoapprendimento” o di “apprendimento automatico” (Machine learning). Tramite l’apprendimento automatico, quindi, una macchina è in grado di imparare a svolgere una determinata azione anche se tale azione non è mai stata programmata tra le azioni possibili. Questo apprendimento si compone di due fasi: 1. addestramento: la macchina impara, partendo dai dati che vengono forniti, per generalizzare un modello. Le modalità di apprendimento della macchina sono: apprendimento con supervisione (si parte da una serie di esempi che un supervisore chiarisce), apprendimento senza supervisione (si trovano delle regolarità nei dati), apprendimento per rinforzo (si impara un comportamento/strategia ) 2. inferenza: il modello creato viene usato per classificare qualcosa di nuovo. Tantissime sono le applicazioni che si possono fare tramite Machine Learning, cioè un apprendimento mediante dati: - la macchina impara automaticamente a classificare la mail come spam e non spam -la macchina è in grado di prevedere quello che sarà il prezzo delle azioni della Apple -la macchina impara a riconoscere alcune cifre scritte a mano dopo un po' di addestramento con tanti esempi diversi. Due sono tuttavia gli ambiti in cui l’apprendimento della macchina mediante i dati ha raggiunto risultati sorprendenti: - la visione artificiale, la Challenge Imagenet. Un gruppo di ricerca di Standford nel 2010 ha messo in piedi un database di milioni di immagini con 20000 categorie per classificarli I programmi del computer sono riusciti ad ottenere dei modelli in grado, partendo da questi esempi, di generalizzare cioè di essere in grado di classificare anche altre immagini prima mai visionate. Il fine ultimo della sfida, che era quello di creare algoritmi che raggiungessero un’accuratezza nel riconoscimento e nella classificazione delle immagini confrontabile o superiore a quella umana, è stato raggiunto nel 2015. - la salute. Un supercomputer chiamato Watson ha salvato la vita di una donna che era affetta da una forma molto rara di leucemia poiché è riuscito ad utilizzare tutta la conoscenza per costruire una diagnosi in modo molto più veloce rispetto ad un essere umano.
Le macchine ci possono aiutare ma questo tipo di algoritmi ha dei
rischi e se non usati correttamente possono essere molto dannosi e pericolosi. In generale uno dei problemi principali è quello dell’accesso e del controllo dei dati. I dati sono uno dei principali abilitatori dell'I.A. ma spesso non sono disponibili o sono di pessima qualità o sono privati. Il nodo focale è riuscire a trovare una modalità per l’utilizzo dei in modo che possano essere fruibili per estrarne valore, senza ledere la privacy. L’attenzione alla riservatezza in Europa è alta, non sempre è così in altre parti del mondo. La posizione dell'Europa è stata molto ferma: l'Europa ha capito che queste macchine stanno diventando sempre più potenti tanto che le hanno regolamentate. Recentemente è uscita la Regulation of AI Europea che norma gli usi dell’IA consentiti e non, e si sofferma in particolare sulle applicazioni ad alto rischio. Un altro punto critico dell’I.A. riguarda gli impatti sociali ad esempio la perdita dei posti di lavoro, la “disoccupazione tecnologica”. Per rispondere a questi rischi è necessario che i lavoratori siano pronti in qualche modo a costruirsi competenze anche durante la propria vita professionale, non fermandosi a quanto si è appreso all'università o a scuola, ma continuando ad aggiornarsi ed apprendere per riuscire ad essere in grado di interagire con questi nuovi sistemi. Ci sono però anche dei vantaggi non indifferenti che derivano dall’uso dell’intelligenza artificiale. Uno di questi campi è sicuramente quello della sostenibilità. Lo sviluppo sostenibile ha tre pilastri (società -economia e ambiente) che rappresentano settori altamente complessi perché sono sistemi socio-tecnici cioè sistemi che hanno infrastrutture artificiali che comprendono aspetti sociali, aspetti umani, e interagiscono con l'ambiente. Prendere decisioni in questi settori è veramente complicato. Con l’intelligenza artificiale si possono costruire tre tipi di modelli a partire dai dati: descrittivi per costruire rappresentazioni della realtà di un sistema su cui si vuole lavorare (es. un impianto, una città, una rete elettrica, un ecosistema naturale) descrivendone le componenti, le interazioni, i comportamenti dei vari processi; predittivi che cercano di prevedere dinamiche future di questi sistemi, oggetto di studio; decisionali che aiutano a prendere decisioni. Ci sono tuttavia due problemi. Il primo è che i modelli devono essere realistici e per questo devono tenere in considerazione che il sistema reale presenta la componente umana: le persone con i loro sentimenti, paure, emozioni, sempre imprevedibili Quindi se nei modelli non mettiamo dentro anche i fattori umani non costruiremo mai dei modelli realistici. Il secondo è il fattore etico. Ovviamente questa componente etica è una componente che non è universale perché non c'è un'unica etica. Sono questi ancora problemi irrisolti ma che necessitano di una soluzione perché l’intelligenza artificiale sta diventando veramente potente e quindi è importante che lavori in modo responsabile: “ da un grande potere derivano grandi responsabilità”
La robotica è una scienza multidisciplinare che deve tenere in
considerazione aspetti provenienti da diversi campi. Ad esempio la progettazione e la costruzione concreta di un robot coinvolge discipline quali la fisica, la meccanica, l'automazione, mentre la pianificazione del comportamento del robot sfrutta spesso concetti e tecniche inerenti all'informatica, all'intelligenza artificiale, alla biologia. La robotica contemporanea inoltre ha uno stretto legame con le neuroscienze. La comprensione delle basi neurali e cognitive del comportamento degli esseri umani stimola lo sviluppo di sistemi robotici sempre più efficienti. L’obiettivo è riportare le stesse capacità dell'uomo nella macchina. L’origine del nome “robotica” è letteraria. E’ stato Isaac Asimov, ritenuto il Profeta della robotica, a citare il termine robot in un racconto di fantascienza del 1942. Il primo robot industriale della storia compare nel 1961, grazie alla General Motors, che introduce nella sua fabbrica di automobili un braccio meccanico (Unimate) progettato a metà degli anni Cinquanta da Joseph Engelberger e George Devol. L’introduzione dei robot nelle fabbriche fu un evento che segnò una vera nuova rivoluzione industriale. Le applicazioni della robotica sono molteplici, ma possono essere divise in due grandi categorie: •robotica industriale e •robotica di servizio La robotica industriale, rappresenta il settore di tradizionale sviluppo della robotica ed è tuttora di grande importanza. Si tratta per lo più di bracci articolati che si muovono all'interno di gabbie e sono predisposti per effettuare solo determinati tipi di compiti, ottimizzando la velocità di esecuzione. Questi robot hanno delle performance migliori dell’uomo perché fanno dei task specifici con una precisione millesimale e possono muoversi senza tregua senza rompersi. Sono macchine quasi perfette dotate di quattro abilità (ripetibilità-accuratezza-velocità e robustezza) che le rendono imbattibili. Il limite di queste macchine è il fatto che devono lavorare in un ambiente strutturato un ambiente cioè che è conosciuto e dove non vi è nulla di imprevisto. La robotica di servizio rappresenta il settore innovativo della robotica. Questi robot sono usciti dalle fabbriche e riescono a lavorare in un ambiente che condividono con l'uomo; sono a fianco a noi e ci aiutano nella gestione dei nostri compiti Queste macchine hanno bisogno di nuove capacità: prima di tutto capacità percettive (devono poter sentire l'ambiente in cui si muovono) e capacità reattive (cosa che nelle fabbriche non sono previste perché i robot fanno sempre lo stesso movimento). Un esempio di robot di servizio è il robot che si occupa della raccolta porta a porta dell'immondizia. La sperimentazione è stata fatta a Peccioli per diversi mesi. I robot chiamati dall'utente, si muovevano nelle strade dove c'erano persone e macchine quindi, anche se avevano una corsia preferenziale dovevano avere la capacità di evitare gli ostacoli per raggiungere le abitazioni.
Un robot è un sistema autonomo che esiste nel mondo fisico
(quindi ha un corpo) che può sentire l'ambiente e può agire su di esso per poter raggiungere degli obiettivi. Partendo da questa definizione è possibile acquisire molte informazioni su queste macchine. 1.Un robot è un sistema autonomo cioè agisce sulla base delle proprie decisioni e non è controllato da un essere umano dopo essere stato programmato. Si tratta di macchine capaci di percepire il contesto ambientale e di prendere decisioni funzionali alla situazione in cui si trovano ad operare. Questo è possibile grazie a vari sistemi di apprendimento, tra cui quelli basati sul machine learning e sulle tecniche di intelligenza artificiale. A differenza dei robot non autonomi, il software di un robot autonomo consente alla macchina di autoapprendere grazie ai dati ambientali rilevati dai suoi sensori, in modo da regolare il suo comportamento in maniera sempre più accurata. 2.Un robot esiste nel mondo fisico quindi può sentire l'ambiente in cui si trova mediante sensori da cui ottenere informazioni sul mondo circostante 3. Un robot deve potersi muovere nell’ambiente quindi deve avere degli attuatori ed effettori per eseguire azioni in risposta all’input sensoriale 4.Un robot deve raggiungere degli obiettivi per cui è stato programmato (“intelligenza dei robot”)
In linea di massima dunque la struttura dei robot è costituita da tre
“unità funzionali”, che devono essere visti come veri “organi funzionali” differenti (organi meccanici, organi sensoriali, organi di controllo) che ci consentono di capire come funzionano. 1. effettori (la parte che va a interagire con l'ambiente esterno per la manipolazione (la mano nel caso del braccio robotico) o per la locomozione (le ruote che permettono l’avanzamento e la sterzata) 2. attuatori (la parte che permette ai robot di muoversi) In genere sono attuatori elettrici che trasformano l’energia elettrica con cui sono alimentati in energia meccanica che determina il movimento. 3. sensori ovvero dispositivi che sono sensibili ad una determinata grandezza fisica e che sono in grado di trasformarla in un segnale che è possibile misurare. Si possono dividere in due classi principali: -sensori propriocettivi (ad esempio l’ encoder che è un sensore montato sull’attuatore e permette di conoscere in ogni istante quella che è la posizione del robot nello spazio). -sensori eterocettivi che sono sensori in grado di acquisire i dati dall’ambiente in cui il robot opera, come la temperatura, la distanza da ostacoli, la posizione/orientamento degli oggetti da manipolare, ecc., ovvero le forze che sono scambiate tra il robot e l’ambiente e inviare un input al motore per avere un movimento continuo 4. controllore che offre al robot la capacità di usare le informazioni dei sensori per muoversi. Il robot ha bisogno di una parte per il movimento (gli attuatori/effettori) di una parte per sentire il mondo (i sensori) ma c’è poi bisogno di mettere insieme il tutto: questa è la funzione del controllore.
Il comportamento del robot è simile al comportamento umano
poiché si basa su un’architettura gerarchica: 1. acquisizione dell’informazione tramite sensori (si parte dai sensori che valutano la situazione) 2. pianificazione (definire la strategia per poter raggiungere gli obiettivi) 3. attuatori (la parte esecutiva del piano tattico) Ci sono in realtà anche altri tipi di architettura che sono più semplici in cui viene tagliata la pianificazione (architetture reattive) quindi è come avere un robot senza cervello nel quale il sensore si connette direttamente al motore. Il comportamento del robot non è generato da una scelta ma c'è solo una connessione diretta tra il sensore e il motore Esistono anche le architetture ibride in cui c’è una pianificazione solo per alcuni tipi di comportamenti mentre in generale si mantiene la connessione diretta fra sensori e attuatori.
Sono diversi gli aspetti rilevanti che meritano una riflessione.
Da un lato penso che a tutti farebbe comodo tenere un robot in casa che svolga i propri incarichi al suo posto, consentendogli un po’ di relax, ma come in tutto, anche nella questione dei robot troviamo dei pro e dei contro. Di pro ce ne sarebbero da dire molti, come ad esempio il sostegno per le persone disabili o far fare al robot mansioni che noi riteniamo scoccianti. Anche di contro ne potremmo elencare diversi derivati tutti però da un uso sbagliato di queste tecnologie che potrebbe arrivare a togliere autonomia all’essere umano, rendendolo dipendente e subordinato ad esse. Le capacità umane devono venire esaltate dall’uso di questi mezzi, non sostituite da esse. La creatività e la nostra memoria sono a rischio, dal momento che le macchine sembrano essere in grado di fare tutto… e per di più pensano. Bisogna dunque che l’automazione sia per l’uomo in modo che il controllo delle funzioni critiche resti ‘in mani umane’. Si deve puntare ad una collaborazione intelligente tra uomini e macchine; gli esseri umani devono essere messi nelle condizioni di utilizzare la tecnologia per aumentare la produttività, ma anche per lavorare meglio e migliorare la qualità della propria vita. Una delle soluzioni possibili è nell’investire fortemente sia nella tecnologia che in formazione scolastica, per poter “governare il cambiamento”. Molti dei lavori e delle professioni che saremo chiamati a svolgere non esistono ancora, e non possono neanche essere immaginati. Per questo è importante il ruolo della formazione. È ovvio che pensare di rimanere ancorati alle proprie competenze, professionalità ed attività per tutto l’arco della vita lavorativa è ormai utopia. Ognuno di noi deve entrare nell’ottica che siamo entrati nell’era della formazione continua.
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