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22 febbraio 2023 - 09:33 > Versione online

Quali sono i rischi con ChatGPT e le


intelligenze artificiali

Innovazione
Prendono sempre più piede le app capaci di elaborare risposte, scrivere mail, ricette,
canzoni, saggi scientifici. Ma pure di produrre testi di disinformazione politica. Con
possibili pericoli per la privacy e il mondo del lavoro
di Alessandro Longo
«Questa novità cambierà il mondo. Come hanno fatto i computer e Internet». Parola di
Bill Gates. E non solo. Il padre di Microsoft e dell’informatica moderna è in ottima
compagnia di esperti nel giudicare rivoluzionario quello che sta succedendo in questo
periodo. L’avvento di un’intelligenza artificiale «generativa» (questa la definizione
tecnica), che condensa il sapere universale e ce lo distilla in un testo. Che risponde a
domande su tutto, scrive per noi mail, ricette, canzoni e saggi scientifici (tra le altre
cose).
«Una novità che cambierà per sempre sia il modo con cui accediamo alla conoscenza,
all’informazione, sia il modo con cui la produciamo», riassume Giovanni Boccia Artieri,
professore ordinario all'Università di Urbino, tra i primi sociologi ad aver compreso la
trasformazione digitale.
Il cambiamento questa volta si è annunciato, a dicembre, nella forma di un chatbot un
po’ rudimentale: ChatGpt. Nel giro di due mesi è diventata l’applicazione internet di
maggiore rapido successo nella storia (più di Facebook). Cento milioni di utenti hanno
provato finora questa chat intelligente.
ChatGpt è di una società americana valutata circa 30 miliardi di dollari e forte soprattutto
del supporto di Microsoft, che ne ha investiti dieci di recente. Appare come una chat via
Web, gratuita, sorretta dalle ultime tecnologie di intelligenza artificiale, in grado di
elaborare un testo che risponda alle richieste degli utenti. Ci riesce perché è stata
addestrata con milioni di pagine web e di libri. Le si chiede di spiegare una teoria
scientifica, di riassumere la Seconda guerra mondiale o di scrivere «il testo di una
canzone dedicata ai migranti nello stile di Fabrizio De André» e quella più o meno ci
riesce (rime a parte). Anche se a volte scrive inesattezze oppure inventa nomi e fatti di
sana pianta.
Ma ciò che è risultato evidente al mondo, a febbraio scorso, è che ChatGpt era solo
l’inizio, acerbo e sperimentale, di un cambiamento; il cui profilo già ora si palesa con
maggiore nettezza. Microsoft qualche giorno fa ha integrato questa stessa

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tecnologia di OpenAi, dopo averla migliorata, nel proprio motore di ricerca Bing, nel
browser Edge, e si accinge a fare identica cosa con tutti i suoi prodotti, come Word e
Outlook. Google, negli stessi giorni, ha dichiarato di essere sul punto di fare un passo
simile e anche Meta (Facebook, Instagram) ci sta lavorando, con tecnologie analoghe.
Significa, per esempio, che cambia il modo in cui accediamo alle informazioni su
Internet. Invece di una lista di risultati che portano a siti esterni, il motore ci dà la
risposta immediata e dettagliata. Consigli per una cena vegetariana per quattro persone.
Quale auto comprare per una famiglia che viaggia due volte l’anno ed è attenta
all’ambiente. Il ciclo di Krebs (in chimica) spiegato con parole adatte a un ragazzo di 14
anni. Ma anche i motivi per cui l’Europa non vuole dare i jet all’Ucraina (Bing a differenza
di ChatGpt riesce anche a fare sintesi di informazioni attuali). Tutto subito disponibile,
senza più bisogno di fare lunghe ricerche tra diversi siti, dei cui testi comunque il motore
si serve per offrire quelle risposte.
Per ora il servizio è disponibile a un numero limitato di utenti e la stessa società lo
considera ancora imperfetto; al tempo stesso davvero cambia tutto, come abbiamo
sperimentato in una nostra prova. Sì, confondeva i vincitori di diverse edizioni del festival
di Sanremo, ma quasi sempre fa risparmiare tempo e dà spunti inaspettati. Al momento
non consente di scrivere testi lunghi con una sola domanda (ma è possibile
ottenerli in più tentativi). Quando sarà parte di Word o di Excel semplificherà la scrittura
di qualsiasi testo o la gestione di dati e calcoli. «In futuro nessuno si metterà a scrivere
con un foglio bianco; avrà già una bozza preparata dall’intelligenza artificiale», ha
spiegato Satya Nadella, amministratore delegato di Microsoft, al Wall Street Journal.
Qui qualcuno potrebbe cominciare ad avere i sudori freddi. Chi per lavoro scrive mail,
articoli, presentazioni, copy per marketing. Alcuni professionisti trarranno vantaggi
dall’Ai, come dice Nadella. «Altri, quelli che producono testi di livello medio basso,
rischiano di essere sostituiti dalla stessa», teme Artieri e concorda un noto filosofo
come Luciano Floridi (nell’intervista a L’Espresso).
In generale ci sono teorie discordanti sull’impatto dell’Ai sul lavoro; a fronte di voci
ottimiste (che spesso vengono dall’industria, secondo cui nasceranno nuovi lavori a
sostituire quelli che spariranno), c’è chi teme un aumento di diseguaglianze e
licenziamenti. Tra questi economisti come Lawrence Katz (Harvard) e Carl Benedikt
Frey (Oxford), intervenuti di recente anche su ChatGpt. Molti altri sono incerti sugli
effetti, ma dicono che probabilmente dovremo prepararci al cambiamento, anche con
nuove politiche del lavoro e reddito di base (McKinsey, Accenture, Mit di Boston).
«Di certo dovranno prepararsi la scuola e l’università; al nostro interno ora ne stiamo
parlando perché l’Ai può già scrivere tesi e compiti al posto degli studenti; dovremo
cambiare i metodi d’insegnamento e di verifica», dice Artieri. Alcuni insegnanti, negli
Usa, cominciano a farlo, spingendo gli studenti a usare ChatGpt come un ulteriore
strumento di apprendimento.
L’altro fronte di rischi riguarda l’accesso all’informazione. Già negli Usa escono studi
(Stanford University, Georgetown University) sulla possibilità di usare ChatGpt per
produrre in automatico testi di disinformazione politica e sui vaccini, nonostante i
filtri etici applicati da OpenAi. L’Ai risente del fatto che i dati con cui è stata addestrata
contengono pregiudizi (contro donne, minoranze...) e disinformazione, cospirazionismo.
Ma c’è un problema più sottile, come cominciano a denunciare esperti quali Sayash
Kapoor dell’americana Princeton University e Chirag Shah dell’University of Washington.
Ossia la morte del pluralismo, se per comodità, invece di fare ricerche, ci fermeremo
tutti alla voce dell’oracolo artificiale. Le sue posizioni partigiane e i suoi errori fattuali si
affermerebbero senza contraddittorio. Ci si chiede inoltre come potranno sopravvivere gli
editori se nessuno cliccherà sui risultati della ricerca (i motori sono la principale fonte di

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traffico, ormai, per loro).


C’è anche un problema di privacy, come evidenziato da un recente rapporto di Boston
Consulting Group e come conferma Guido Scorza, componente del Garante Privacy: «A
queste Ai siamo portati a dire i nostri fatti personali, che le aziende potrebbero sfruttare
per profilarci; e, per la loro natura conversazionale, siamo spinti a dare loro molto
credito, anche per questioni delicate come farmaci e salute». Il Garante ha appena
bloccato un’app, Replika, basata sulla stessa tecnologia, che fungendo da amico o
partner virtuale arrivava a chiedere foto sexy a minorenni.
Microsoft e Google hanno riconosciuto questi timori e assicurano di voler sempre
tutelare il pluralismo delle fonti (citate ora dal bot di Bing, anche se in piccolo), come
anche la sopravvivenza degli editori, senza cui, peraltro, non ci sarebbe nemmeno la
materia prima per l’intelligenza artificiale. E di continuare a lavorare per tenere a bada la
disinformazione.
L’aspetto positivo è che le Big Tech rispetto a qualche anno fa sono molto più
consapevoli delle proprie responsabilità. Sono, del resto, nel mirino delle authority
mondiali. La società tutta è più informata sugli impatti del digitale. La tecnologia,
però, si è mostrata capace di farsi strada a balzi, tra di noi. E ora più che mai costringe i
cittadini, i lavoratori e la politica a reagire in fretta.

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