Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
del
Cammino
«Da’»
1 / 12
Marco 6,34-44 «Sceso dalla bar- Quello dei pani è l’unico segno compiuto da
ca, egli vide una grande folla, ebbe compas- Gesù riportato in tutti e quattro i vangeli.
sione di loro, perché erano come pecore che Questo dice della sua rilevanza.
non hanno pastore, e si mise a insegnare loro
molte cose. Essendosi ormai fatto tardi, gli si Nel pane spezzato è racchiusa la vita stessa
avvicinarono i suoi discepoli dicendo: “Il luogo di Gesù, il senso della sua esistenza. È il se-
è deserto ed è ormai tardi; congedali, in modo gno presente nella cosiddetta vita pubblica di
che, andando per le campagne e i villaggi dei Gesù, nella Passione (Cenacolo), nella risurre-
dintorni, possano comprarsi da mangiare”. zione (Emmaus), nel tempo della Chiesa (Atti
Ma egli rispose loro: “Voi stessi date loro degli apostoli 2,42), in ogni nostra celebrazio-
da mangiare”. Gli dissero: “Dobbiamo an- ne eucaristica.
dare a comprare duecento denari di pane e
dare loro da mangiare?”. Ma egli disse loro: Riconosciamo Dio nel suo corpo dato per noi.
“Quanti pani avete? Andate a vedere”. Si in- Lo stesso Vangelo è il Suo corpo e il Suo san-
formarono e dissero: “Cinque, e due pesci”. gue dati, donati a noi: «Dio ha tanto amato il
E ordinò loro di farli sedere tutti, a gruppi, mondo da dare il Figlio unigenito» dice Gesù a
sull’erba verde. E sedettero, a gruppi di cento Nicodemo (Giovanni 3,16). Nel dare, soprattut-
e di cinquanta. Prese i cinque pani e i due pe- to nel dare se stessi, si esprime l’amare.
sci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione,
spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché Il brano che proponiamo costituisce un dittico
li distribuissero a loro; e divise i due pesci fra col banchetto del compleanno di Erode, narra-
tutti. Tutti mangiarono a sazietà, e dei pez- to da Marco appena prima, due banchetti che
zi di pane portarono via dodici ceste piene e sono simboli di due diverse logiche di vita: nel
quanto restava dei pesci. Quelli che avevano palazzo di Erode si celebra l’economia del po-
mangiato i pani erano cinquemila uomini.» tere e del possedere, nel deserto quella dell’a-
mare e del dare.
3 / 12
Sceso dalla barca, egli vide una grande revole: l’ora è tarda e il luogo è deserto. Che sia
folla, ebbe compassione di loro, perché tardi lo dice anche l’evangelista, come lo stesso
erano come pecore che non hanno pasto- evangelista, pochi versetti prima, aveva riferito
re, e si mise a insegnare loro molte cose / del luogo deserto (cf. 6,31-32). Eppure proprio
Una grande folla: non i notabili, i “grandi”, che qui, in un deserto, nasce un popolo nuovo,
erano presenti al banchetto di Erode. Il gregge come Israele quando uscì dall’Egitto.
senza pastore non può lasciare indifferente ‘il’ Quella dei discepoli sembra essere una sempli-
Pastore (cf. Numeri 27,16-17): lo muove a com- ce constatazione. E allora ecco la soluzione da
passione («Vulnerasti cor meum», Cantico dei loro escogitata: Gesù congedi le persone. Pen-
cantici 4,9). Il primo nutrimento che Gesù dà è sano che la soluzione sia il mandarle via perché
la Sua Parola. Questo in piena linea con le paro- possano comprarsi da mangiare. In realtà, die-
le del Deuteronomio («l’uomo non vive soltanto tro l’apparenza del buon senso e dell’aiuto alle
di pane, ma […] l’uomo vive di quanto esce dalla persone, si nasconde una mancanza di lettura
bocca del Signore» 8,3) e di Amos («”Ecco, ver- di fede della realtà e il conseguente disordine
ranno giorni - oracolo del Signore Dio - in cui nel rapporto dei discepoli con la folla. Adesso
manderò la fame nel paese; non fame di pane che le persone sembrano costituire un pro-
né sete di acqua, ma di ascoltare le parole del blema, i discepoli vogliono che Gesù le mandi
Signore”. Allora andranno errando da un mare a casa. Dopo il compimento del segno, quan-
all’altro e vagheranno da settentrione a oriente, do forse i discepoli desiderano volgere a loro
per cercare la parola del Signore, ma non la tro- vantaggio l’accaduto, Gesù dovrà costringere
veranno» 8,11-12). (6,45) questi stessi discepoli a risalire sulla bar-
ca e a precederlo sull’altra riva, allontanandoli
Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvici- dalla folla.
narono i suoi discepoli dicendo: “Il luogo
è deserto ed è ormai tardi; congedali, in
modo che, andando per le campagne e i
villaggi dei dintorni, possano comprarsi
da mangiare”. / La situazione sembra sfavo-
4 / 12
Ma egli rispose loro: “Voi stessi date loro diceva, con apprezzabile autoironia, commen-
da mangiare”. Gli dissero: “Dobbiamo an- tando la sonora sconfitta elettorale del proprio
dare a comprare duecento denari di pane partito: «La situazione non ci ha capiti…».
e dare loro da mangiare?” / Gesù educa i Gesù invita i suoi a dare, chiamandoli a passare
suoi discepoli. Insegna loro che ciò che nella dall’economia del possesso a quella del dono
vita nutre davvero non è ciò che viene compra- (possiamo interpretare anche così il ‘passare
to, ma ciò che viene dato, donato. all’altra riva’). Il ‘potere’ di Gesù è di dare la vita,
Emblematica a tal proposito è la figura del fi- non di toglierla (Erode).
gliol prodigo. Messosi a servizio di un uomo Il “comprare” (ancora ribadito dai discepoli,
che lo aveva mandato a pascolare i porci fa una che hanno calcolato anche i costi!) va sostituito
esperienza drammatica: «Avrebbe voluto sa- dal “condividere”: questo significa anche che
ziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; devono cambiare le relazioni fra noi e gli altri,
ma nessuno gli dava nulla» (Luca 15,16). Perché fra noi e le cose.
non si è preso direttamente le carrube? - ver- La conversione dello sguardo e dell’atteggia-
rebbe da chiedersi. È molto semplice: perché mento vincerà la sproporzione tra la necessità
ciò che sazia, ciò che fa vivere davvero è la re- e le risorse.
lazione, l’affetto, non le cose. Non è il pane, è
il modo. Al banchetto di Erode non era il pane Ma egli disse loro: “Quanti pani avete? An-
che mancava… date a vedere”. Si informarono e dissero:
Non è forse anche vero che il profumo compe- “Cinque, e due pesci” / È la stessa vita che
rato non servirà (Marco 16,1) mentre quello do- va vissuta in modo diverso. Gesù non chiede
nato (Marco 14,3) raggiungerà lo scopo? l’impossibile, esorta a partire da quello che c’è,
Non va cambiata quindi la realtà, perché la real- vincendo la paura che non basti.
tà è quella che è: l’ora è tarda e il luogo è deserto Gesù invita i suoi discepoli ad andare a vedere:
per tutti, anche per Gesù! Ma questa realtà è da non risolve magicamente la situazione ma, ri-
interpretare e da cambiare sono il nostro sguar- mandandoli a loro stessi e alla fiducia nella vita
do e il nostro atteggiamento verso di essa. Per e in Lui, apre a soluzioni presenti ma non anco-
non arrivare ad affermare quello che un politico ra individuate.
5 / 12
Dei pesci non c’era traccia nella domanda di dere’ non è un possedere, ma un ricevere in
Gesù, eppure compaiono nella risposta dei dono per donare a sua volta. Gesù concepisce
discepoli. La domanda di Gesù ha generato fi- la propria vita, e quindi anche la propria morte,
ducia. E si trovano risorse insperate, così come come consegna di sé. Il Cenacolo e il Calvario
insperato sarà l’esito finale. ce lo insegnano: «Mentre mangiavano prese il
pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò
e lo diede loro, dicendo: “Prendete, questo è il
E ordinò loro di farli sedere tutti, a grup- mio corpo”» (Marco 14,22).
pi, sull’erba verde. E sedettero, a gruppi Gesù non ha avuto paura di dare se stesso, tro-
di cento e di cinquanta. / Il deserto fiorisce, vando la realizzazione della propria vita nel do-
diventa vivibile. Il gregge disperso diventa un narla per amore. È un atteggiamento che con-
popolo ordinato (cf. Esodo 18,25). trasta la nostra paura di perdere e di perderci,
Quando si passa dall’economia del possesso la nostra tendenza a trattenere. Come per il
a quella del dono il deserto diventa una terra respiro: trattenerlo non ci regala più vita, ce la
promessa. In questo modo viene data risposta toglie. Con gli stessi verbi possiamo costruire la
al dubbio che ha il sapore della mormorazione: nostra infelicità (Genesi 3) o la nostra realizza-
«Sarà capace Dio di preparare una tavola nel zione.
deserto?» (Salmo 78,19).
Quasi a riassumere…
Da’, nella sua immediatezza è un’affermazione prodigarsi…per prodigarsi, del fare…per fare
che dice, insieme, un’inderogabilità e una re- esasperando una logica sacrificale e unidire-
sponsabilità. Di fronte ad una richiesta, un’ur- zionale, una logica perdente, cieca che svuota
genza che si presenta, più che mai vale la regola di responsabilità ogni gesto, ogni evento. È la
dell’imperativo. E qui l’imperativo suona impe- circolarità che ci consente di accostarci alla ve-
rioso…sarebbe il caso di dire. rità del dare, che in sé non è contrattabile e ne-
anche è restituibile, perché non c’è restituzione
Sempre e comunque, di fronte a chi chiede, che valga. È il dare che salva perché determina
colui che si spende per provare a credere non un contagio, perché chi dà inevitabilmente
può esonerarsi dalla prerogativa di dare, di invita l’altro all’imitazione in una correlazione
farsi presente, di esserci. Magari non sapendo infinita.
neppure bene, anzi non sapendo proprio, né
cosa dare e né come dare, perché il problema Mi piace pensare a questo: in definitiva tutta
non sta lì. la teologia, tutti i percorsi di vita spirituale non
sono altro che una preziosa, quanto faticosa,
Prima di ogni cosa viene la scelta del dare. È via di rieducazione per un’umanità che ha di-
questo movimento intimo, profondo provoca- menticato le leggi primarie dell’arte di vivere.
to dalla richiesta dell’altro che fa la differenza, Forse, soprattutto per l’oggi, questa prospetti-
e alimenta la scelta. È questo lasciarsi muovere va del dare è l’unica concretamente spendibile
intimamente il cuore che dà qualità alla volontà perché riconduce ad una comprensione esi-
di dare. È questo movimento che porta alla co- stenziale dell’evento di Gesù, perché l’abbon-
noscenza, alla sapienza empatica che dà valore danza di questo tempo in cui viviamo ci ha fatto
al tutto. perdere di vista l’incipit iniziale e primordiale di
tutto, quel tutto da cui tutto prende movimen-
E’ una grande prospettiva questa, soprattut- to e da cui tutti dipendiamo.
to per la preziosa conseguenza che genera.
Questa circolarità tra il dare e il ricevere sradica
una tentazione latente nel credente: quella del
8 / 12
In occasione dell’anniversario di nascita del dare tutto il meglio di me”), in una visione del
decano della comunità luterana, Babette, gra- gesto del donare che nasce in primo luogo da
zie alla vincita di una lotteria e alle sue straordi- una consapevolezza della propria persona e
narie abilità di chef, offre alle sorelle e agli altri del proprio valore come essere umano e che
confratelli – i quali hanno forti pregiudizi e te- poi diventa il gesto del donarsi, un modo di co-
mono per la loro integrità spirituale – un pran- municare profondamente la propria anima e la
zo squisito e miracoloso che diventa per tutti propria essenza all’altro.
loro un modo di riconciliarsi con la vita e con
gli altri, di fare pace col passato e di abbassare E non è necessario essere degli artisti per
le difese perché la fede è prima di tutto gioia capire e vivere questo donarsi pieno e consa-
condivisa, grazia inattesa, che passa anche at- pevole, che non è vissuto come un depaupera-
traverso il nostro corpo. mento o un sacrificio (nell’accezione deteriore
del termine), ma anzi come l’unico modo di
Babette riesce a trasformare un pranzo “in esistere. Come dice Papa Francesco nell’Amo-
un’avventura amorosa in cui non si è più capaci ris Laetitia: “Le gioie più intense della vita na-
di fare una distinzione tra l’appetito del corpo scono quando si può procurare la felicità degli
e quello dell’anima”, donando tutta se stessa, la altri, in un anticipo del Cielo.
propria creatività e ciò che possiede a coloro
che l’hanno accolta, e riuscendo addirittura a Va ricordata la felice scena del film Il pranzo
trasformare lo spirito e il corpo di chi ha ricevu- di Babette, dove la generosa cuoca riceve un
to questo dono. abbraccio riconoscente e un elogio: «Come
delizierai gli angeli!». È dolce e consolante la
Nel film si va in profondità: il dono non è gioia che deriva dal procurare diletto agli altri,
solo, come è ovvio, un gesto d’amore verso gli di vederli godere. Tale gioia, effetto dell’amore
altri ma anche – come dice la stessa Babette fraterno, non è quella della vanità di chi guarda
alla fine – qualcosa che fa per sé stessa per- sé stesso, ma quella di chi ama e si compiace
ché in quel modo lei si esprime ed è quello che del bene dell’amato, che si riversa nell’altro e
fanno gli artisti (il cui grido è “Consentitemi di diventa fecondo in lui.”
IL PRANZO DI BABETTE
Regia: Gabriel Axel
Interpreti: Stéphane Audran, Bodjl Kjer, Birgitte
Federspiel, Jarl Kulle
Paese: Danimarca
Anno: 1987
Durata: 103’
Disponibile in Dvd e Blue-Ray
A cura di
Grafica
Davide Cusano