Una svolta di civiltà come quella in cui si trova Baldassarre Castiglione impone sempre un nuovo codice di comportamenti e di costumi. Si trattava di adeguare la forma della vita politica e cortigiana alla nuova cultura, delineando un ideale astratto di perfezione che tenesse conto però della con¬creta realtà di fatto. Idealismo e realismo sono due facce, dunque, della stessa esi¬genza; e infatti si ritrovano sia nel modello del principe lasciato da Machiavelli, sia in quello del “cortegiano” trasmesso da Baldassarre Castiglione. Fra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, la trattatistica delineò esempi di comportamento in ogni campo, da quello religioso a quello profano delle corti. Castiglione delinea una figura di cortigiano autonoma e, in sé, quasi autosufficiente. Baldassarre Castiglione e Pietro Bembo: riassunto IL CORTEGIANO CASTIGLIONE: ANALISI
Il trattato di Castiglione si impone fra tutti e a un livello non solo italiano ma
europeo sia perché dà espressione alla massima ambizione della civiltà dell'umanesimo rinascimentale, quella di unire in un modello unico la grazia e l’utilità, il bello e il buono, l’estetica e l’etica, sia perché riesce a fondare un ideale perfetto di compor-tamento a partire dallo studio concreto di una realtà attentamente analizzata duran¬te tutta una esistenza appunto dedicata alla vita di corte. Così Castiglione vuole insegnare a diventare perfetti cortigiani. IL CORTEGIANO: RIASSUNTO
Il dialogo è ambientato nella Urbino del 1506. Si definisce subito la qualità
principale del cortigiano: la grazia.. Questa consiste nel far diventare na¬turale l’artificio della cultura, della raffinatezza, della civiltà, cancellando ogni affet¬tazione attraverso la sprezzatura, cioè una disinvoltura e una scioltezza particolari. L’obiettivo della grazia esclude qualsiasi affettazione ed esige invece la conquista della sprezzatura, cioè di un’elegante naturalezza. Poi si indicano le altre qualità del cortigiano: deve saper combat¬tere, cantare e danzare.Sino a quel punto l’arte del cortigiano era considerata in sé e per sé e sembrava avere in se stessa il proprio fine. Ora invece viene considerata in relazione sia alla figura del principe e al problema del buon governo, sia alla moralità e alla dimensione religiosa dell’amore. Il fine del buon cortigiano è di influenzare il principe, senza adularlo: deve consigliarlo, dirgli la verità e correggerlo, se necessario. Il cortigiano, insomma, deve avere qualità mo¬rali tali da poter condizionare l’attività del signore.
CORTEGIANO- Baldassar Castiglione Una svolta di civiltà come quella in cui si
trova Baldassar Castiglione impone sempre un nuovo codice di comportamenti e di costumi. Si trattava di adeguare la forma della vita politica e cortigiana alla nuova cultura, delineando un ideale astratto di perfezione che tenesse conto però della concreta realtà di fatto. Idealismo e realismo sono due facce, dunque, della stessa esigenza; e infatti si ritrovano sia nel modello del principe lasciato da Machiavelli, sia in quello del "cortegiano" trasmesso da Baldassar Castiglione. Fra la fine del Quattrocento e l'inizio del Cinquecento, la trattatistica delineò esempi di comportamento in ogni campo, da quello religioso a quello profano delle corti. Castiglione delinea una figura di cortigiano autonoma e, in sé, quasi autosufficiente. Il trattato di Castiglione si impone fra tutti e a un livello non solo italiano ma europeo sia perché dà espressione alla massima ambizione della civiltà umanistico rinascimentale, quella di unire in un modello unico la grazia e l'utilità, il bello e il buono, l'estetica e l'etica, sia perché riesce a fondare un ideale perfetto di comportamento a partire dallo studio concreto di una realtà attentamente analizzata durante tutta una esistenza appunto dedicata alla vita di corte. così Castiglione vuole insegnare a diventare perfetti cortigiani. Il dialogo è ambientato nella Urbino del 1506Si definisce subito la qualità principale del cortigiano: la grazia.. Questa consiste nel far diventare naturale l'artificio della cultura, della raffinatezza, della civiltà, cancellando ogni affettazione attraverso la sprezzatura, cioè una disinvoltura e una scioltezza particolari. L'obiettivo della grazia esclude qualsiasi affettazione ed esige invece la conquista della sprezzatura, cioè di un'elegante naturalezza. Poi si indicano le altre qualità del cortigiano: deve saper combattere, cantare e danzare.Sino a quel punto l'arte del cortigiano era considerata in sé e per sé e sembrava avere in se stessa il proprio fine. Ora invece viene considerata in relazione sia alla figura del principe e al problema del buon governo, sia alla moralità e alla dimensione religiosa dell'amore. Il fine del buon cortigiano è di influenzare il principe, senza adularlo: deve consigliarlo, dirgli la verità e correggerlo, se necessario. Il cortigiano, insomma, deve avere qualità morali tali da poter condizionare l'attività del signore. Pubblicato nel 1528, a dieci anni dalla prima stesura, il Cortegiano di Baldassarre Castiglione, è un trattato dialogico in quattro libri ambientato nel 1507 nel palazzo ducale di Urbino. Mentre il duca Guidobaldo si trova chiuso nelle sue stanze perché malato, Elisabetta Gonzaga ed Emilia Pio governano una conversazione tra Ludovico di Canossa, Ottaviano e Federico Fregoso, Giuliano de' Medici, Cesare Gonzaga, Bernardo Dovizi da Bibbiena, Pietro Bembo e altri. Su proposta di Federico Fregoso si delibera di “formar con parole un perfetto cortegiano”, ovvero di definire il profilo del giusto uomo di corte. Nel libro I, Ludovico di Canossa definisce le sue qualità fisiche e morali: egli dev'essere di nobile nascita e possedere fascino naturale, cultura e un'ottima conoscenza delle arti cavalleresche. Nel libro II, Federico Fregoso parla del modo in cui il cortigiano debba regolare le sue qualità a seconda delle situazioni, soffermandosi anche sui motti di spirito e le “vivaci risposte” che meglio gli si addicono. Nel libro III, Giuliano de' Medici descrive la figura della dama di corte e ne delinea i caratteri, mentre nel IV Ottaviano Fregoso stabilisce i rapporti tra il cortigiano e il principe e discute del suo ruolo di consigliere, di come egli debba spingere il signore ad azioni virtuose, a prendere atto della realtà e a non farsi obnubilare dagli adulatori. Nel libro IV è contenuta anche una descrizione del principe ideale, il quale non può esercitare il proprio potere al di fuori dalla moralità.
L'opera subisce diverse revisioni e aggiustamenti (non solo formali) negli
anni che ne precedono la divulgazione. La prima intorno al 1516, in cui viene aggiunto un prologo dedicato al re di Francia, la seconda tra il '18 e il '21, la terza tra il '21 e il '24. Quest'ultima, rivista e corretta, viene pubblicata come prima edizione. Nelle diverse redazioni, il Castiglione mette in atto delle piccole mutazioni ideologiche a favore di una visione più agile e ad ampio raggio rispetto all'ideale più rigido e meno mutevole dell'esordio. Tutti gli aspetti della vita del cortigiano devono essere regolati dal “buon giudicio”, e cioè un confronto continuo dei propri ideali con una realtà in perenne mutazione. Accanto a questo la “grazia” rappresenta la qualità ideale per imporre la propria immagine, ma questa richiede un impegno di dissimulazione tale da far apparire spontaneo e naturale ogni comportamento artificioso. La qualità più importante per un cortigiano è infatti quella che il Castiglione definisce “sprezzatura”, ovvero la disinvoltura con cui egli deve nascondere l'arte che rende ogni suo atto spontaneo e naturale nel "teatro" della corte.