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BRODO
di
Miscellanea
serpe
di cose medicinesi

pro loco
medicina

NUMERO 13
Dicembre 2015
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pro loco
medicina

Comitato di redazione:
Giuseppe Argentesi, Luciano Cattani, Gianni Facchini, Raffaele Romano Gattei,
Giovanni Neri, Giovanna Passigato, Luigi Samoggia, Jessy Simonini

La presente pubblicazione è stata realizzata


con il patrocinio di

Città di Medicina

Copyright © 2015
Associazione Pro Loco di Medicina
Via Libertà, 58 - 40059 Medicina (Bologna)

Supplemento del Periodico della Amministrazione Comunale di Medicina “Punto e”

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BSRODO
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Indice
Presentazione
L’Assessore alla Cultura per “Brodo di serpe”
di JESSY SIMONINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 4
In questo numero di GIUSEPPE ARGENTESI e LUIGI SAMOGGIA . . . . . . . . . . . . . pag. 5

Monografia
Il salvataggio degli ebrei a Medicina. Esiti di un percorso di ricerca
a cura di ANTONIA GRASSELLI
con scritti di CARLO VIALLI, ELETTRA SGARBI, CHIARA ILLICE, VALENTINA GOSTOLI,
ALICE ALESSANDRA, VERA MODUGNO, MATILDE MARCHI (ex studenti del Liceo “E.
Fermi” di Bologna) e di MAURIZIA DALLA VOLTA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 6

La lingua della memoria


La storia delle nostre parole di LUCIANO CATTANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 26
Cenni di toponomastica medicinese di LUCIANO CATTANI . . . . . . . . . . . . . . . pag. 28
Quando non ci si affidava alla “pastiglina” di GIULIANA GRANDI . . . . . . . . . . . pag. 30
Storia di broda e di brodaglie di AMATO SERRANTONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 33
Biblioteca d’inverno Dicembre 1944 di GIOVANNA PASSIGATO . . . . . . . . . . . . pag. 36
Il primo giorno Racconto d’invenzione di JESSY SIMONINI . . . . . . . . . . . . . . pag. 48
La piasétta di NARA REBECCHI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 50
Marachelle giovanili di PIETRO POPPINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 55
La casina della Befana di GABRIELLA GRANDI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 58
Una cimice ...a Medicina di VANES CESARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 60
“Per chi mi vorrà leggere” di ERMETE PELLICONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 68
Segreti di una volta: la plissettatura di GIANCARLO CAROLI . . . . . . . . . . . . . . pag. 70
Un paese amico di DIEGO CALLEGARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 72
La correzione dell’Inno di Mameli fatta da un medicinese di ALIETA FABBRI . . pag. 73

Storia, cultura, personaggi, eventi


Gli Hercolani a Medicina Note e immagini degli scomparsi palazzi
di Ercolana e di Crocetta di LUIGI SAMOGGIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 74
Singolare storia di un quadro medicinese di RAFFAELE ROMANO GATTEI . . . . . pag. 84
Prandi Pietro (1799-1830) Un illustre fisico cui Medicina ha dato i natali
di BRUNO CAPELLARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 90
Partigiano a 17 anni di FRANCO SANGIORGI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 94
La cooperazione di conduzione terreni nel XXI secolo di FRANCO SANGIORGI . pag. 97
I fatti del Forcaccio 9 agosto 1920 di RENATO SANTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 100
Gente di Portonovo: Adelmo Zambrini di GIUSEPPE ARGENTESI . . . . . . . . . . . pag. 104
Giovanni Bersani, medicinese ad honorem di ENRICO CAPRARA . . . . . . . . . . pag. 110
Giuseppe Schiassi (1911-1983) Importante studioso di filologia greca e latina
di CLAUDIO TUGNOLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 115
Un’Ofelia di nome Virginia di CLARA GHELLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 118
Due case lungo una via nella bassa di LORELLA GROSSI . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 122
È successo a Medicina di CORRADO PELI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 126
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L’ASSESSORE ALLA CULTURA


PER “BRODO DI SERPE”
D OGNI USCITA DEL NOSTRO BRODO DI SERPE, il patrimonio
A immateriale della nostra comunità si estende un po’, aumenta; aumentano
le tracce, gli spunti, le storie che fanno ricordare il passato, ma che ci fanno
anche affrontare il futuro con più strumenti e con più consapevolezza. La
nostra pubblicazione, infatti, non vuole essere semplicemente un catalogo dei
bei tempi antichi, ma uno spazio di conoscenza e di approfondimento utile
anche per i giovani e per quelli che hanno scelto Medicina come luogo nel
quale vivere e costruire il proprio futuro. La sfida dei prossimi anni sarà proprio
quella di coinvolgere in modo più attento le giovani generazioni e i nuovi
medicinesi, per preparare una rivista ancora più ricca, con una pluralità ancora
maggiore di voci.
Nell'anno in cui parte importante della programmazione culturale cittadina è
stata consacrata ad Angelo Venturoli, grazie in particolare all’impegno della
nostra Pro Loco e della Fondazione Collegio Artistico Venturoli che, insieme
all’Amministrazione Comunale, hanno realizzato l’importante Mostra nel Museo
Civico di Medicina con il relativo ricco catalogo curato da Roberto Martorelli e
Luigi Samoggia, può sorprendere l'assenza di uno spazio di approfondimento
dedicato all'illustre figura dell'architetto e alle iniziative realizzate e in
programma, che però sarà senza dubbio adeguatamente ripresa nell'edizione
del prossimo anno.
Quest’anno, con la monografia su Medicina e il salvataggio degli ebrei,
frutto del lavoro degli studenti del Liceo Fermi, coordinati dalla professoressa
Grasselli, abbiamo voluto seguire il filo rosso della trasmissione della memoria
storica, nell’intreccio necessario con la storia locale, nell’ambito delle iniziative
per il 70º anniversario della Liberazione. A tutti gli autori di questo lavoro, che
siamo lieti di ospitare su Brodo, vanno i nostri complimenti per la qualità del
loro lavoro e un grande ringraziamento.
Un ringraziamento che vorrei estendere anche a tutti coloro che hanno
contribuito alla realizzazione di questo numero, consentendoci di comporre
anche per quest’anno una bella miscellanea nella quale le storie dei singoli si
intrecciano alla storia di una comunità che ha ancora molto da raccontare e di
cui, grazie a Brodo di serpe, possiamo scoprire sempre qualcosa di inedito.
JESSY SIMONINI
Assessore alla Cultura,
membro del Comitato di Redazione

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IN QUESTO
NUMERO
I SEGNALA IN CONTINUITÀ con le precedenti edizioni questo numero 13
S del 2015: stessa impostazione, per lo più stessi “scrittori”, stessa
miscellanea di argomenti, aneddoti, ricordi della nostra Medicina. Grazie alla
monografia il totale di firme presenti dal numero zero ad oggi si arricchisce di
altri undici collaboratori che raggiungono così la ragguardevole cifra di 120.
La MONOGRAFIA ospita una originale ed inedita ricerca, fatta nella
primavera del 2014, di un gruppo di studenti del Liceo “Enrico Fermi” di
Bologna, sotto la guida della professoressa Antonia Grasselli, ricerca che ha
ricostruito la vicenda del salvataggio nel 1944-45 di due famiglie di ebrei, una
italiana e una polacca, dalle persecuzioni di fascisti e nazisti da parte di
medicinesi. È un capitolo nuovo, nobile ed inesplorato della resistenza popolare
della nostra città al nazifascismo di cui essere grati a chi l'ha promossa e
realizzata.
LA LINGUA DELLA MEMORIA conferma, anche attraverso le solite firme,
note ed attese dai lettori, aneddoti, storie curiose, memorie di Medicina: è quasi
sempre la Medicina del primo dopoguerra la protagonista, pregio e limite della
nostra rivista che non riesce ancora a coinvolgere a sufficienza le generazioni
successive a quella dei settantenni che compongono, escluso Jessy Simonini, la
nostra redazione.
STORIA, CULTURA, PERSONAGGI, EVENTI contiene contributi, a volte
problematici, della nostra storia, per lo più del secolo scorso; segnaliamo in
particolare quelli relativi a due importanti medicinesi, il secondo ad honorem,
scomparsi nel 2015, Franco Sangiorgi e Giovanni Bersani. Fra le frazioni è
ancora Portonovo a farsi raccontare; speriamo sempre in un risveglio di
interesse anche da parte delle altre.
Salutiamo infine il gradito ritorno di Lorella Grossi che fu collaboratrice
importante dei primi numeri di Brodo di Serpe.
Buona lettura.
per il Comitato di Redazione
GIUSEPPE ARGENTESI - LUIGI SAMOGGIA

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Monografia

IL SALVATAGGIO
DEGLI EBREI A MEDICINA.
ESITI DI UN PERCORSO
DI RICERCA
a cura di ANTONIA GRASSELLI

Aspetti editi (ed inediti) della storia


della Seconda guerra mondiale a Bologna
e dell’immediato dopoguerra
ANTONIA GRASSELLI

Il percorso di studio avviare in quarta una ricerca sulla


memoria familiare, in modo da
e il suo metodo raccogliere quanto in essa vi era
Questo percorso sulla Seconda conservato e custodito in relazione agli
guerra mondiale di durata biennale eventi della Seconda guerra mondiale.
(quarta e quinta liceo) ripropone Nel 2013-14 a settant’anni dall’inizio
un’impostazione e una metodologia di della fase cruciale per noi della guerra
didattica della storia già sperimentata1 (l’occupazione tedesca) verificare il
e che si caratterizza per la presenza di livello di consapevolezza di questi
tre momenti qualificanti: lo studio della eventi nella memoria familiare (e
storiografia, la ricerca su un oggetto quindi dei nostri allievi) è un punto di
specifico (il laboratorio in senso stretto) partenza per molteplici operazioni:
e la visita ai luoghi della memoria, tutti superare la distanza che i giovani
ingredienti che si ritiene indispensabili sempre di più avvertono con il passato
ai fini di una buona formazione storica, storico, iniziare un’analisi critica delle
ma che possono essere dosati fonti, recuperare una passione civile
diversamente a seconda del soggetto che rende partecipi dei problemi del
da indagare, della predisposizione e proprio paese.
disponibilità delle classi, delle Il contenuto fluido della memoria
circostanza e delle occasioni. (raccolto attraverso interviste2) così
L’interesse, la disponibilità e la emotivamente coinvolgente ha
buona interazione tra gli studenti di stimolato, attraverso la condivisione di
questa classe hanno consentito di tutti i risultati3, domande e richiesto

1 Antonia Grasselli, Analisi di un’esperienza: il percorso di ricerca “Alfonso Canova: dalla scheda di
salvataggio alla ricostruzione storiografica” nella secondaria superiore (Liceo scientifico “E. Fermi” di
Bologna), Relazione al corso di aggiornamento “Studiare e insegnare la storia con la didattica delle
competenze. Esemplificazioni sul 900”, promosso dall’Istituto per la Storia e le Memorie del 900 Parri
Emilia Romagna e dal Liceo Scientifico “E.Fermi” di Bologna.
http://www.storiamemoria.it/sites/default/files/e_13.CorsoStoria1Grasselli.pdf
2 Le interviste realizzate sono state complessivamente 21.
3 Si fa riferimento al Seminario di studio “La memoria di ieri e il ricordo dopo 70 anni (1940/1945)” che si
è svolto presso l’Istituto per la Storia e le Memorie del 900 Parri ER il 25 maggio 2013.

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di
precisazioni, fino alla definizione dei e utilizzato una documentazione
tre ambiti delle ricerche particolari specifica.
sviluppate durante l’ultimo anno Il secondo gruppo che si è
scolastico: 1) Gli alleati, la campagna occupato del salvataggio degli ebrei a
d’Italia e il rapporto con la Medicina ha effettuato la ricerca su
popolazione civile. Il Secondo Corpo uno dei due casi che erano stati
d’Armata Polacco e la V Armata individuati, grazie alla documentazione
americana.4 2) Il salvataggio degli ebrei fornita dalla famiglia di Alessandro
in Italia: un fenomeno di carattere Dalla Volta.
sociale. L’esempio inedito di Medicina. È particolarmente interessante il
3) I partiti politici dall’esperienza del percorso che ha portato alla
CLN ai primi governi del dopoguerra. conoscenza di queste situazioni.
Bologna e l’Emilia Romagna. Carlo e Bruno Monterumisi di
All’individuazione di questi temi Medicina hanno segnalato e fornito le
hanno contribuito anche alcune prime e fondamentali indicazioni per la
circostanze non meno significative: la ricostruzione dell’episodio di
richiesta da parte dell’History Meeting salvataggio del prof. Alessandro Dalla
House di Varsavia di partecipare ad un Volta e della sua famiglia, fatto a loro
progetto europeo sul Secondo Corpo noto, in quanto ne fu implicato il
d’Armata Polacco in occasione del 70° padre Mario.
Anniversario della battaglia di Il secondo caso di salvataggio è
Montecassino; la segnalazione di due avvenuto ad opera della famiglia di
casi di salvataggio di ebrei avvenuti nel Filippo Carnevali, di cui si è potuto
comune di Medicina (o per opera di intervistare la moglie, la signora
medicinesi); l’individuazione di un Nazzarena Castellari di 101 anni, che
fondo archivistico conservato presso la ha raccontato l’accoglienza offerta a
Fondazione Gramsci dell’Emilia una coppia di ebrei polacchi e alla loro
Romagna costituito dai verbali domestica5.
dattiloscritti delle riunioni del CLN ER. L’episodio era stato comunicato
Questi ambiti di ricerca hanno da Norma Castellari alla nipote
offerto l’occasione di approfondire Matilde Marchi nell’intervista rilasciata
aspetti rilevanti della Seconda guerra in occasione della raccolta della
mondiale, ma soprattutto hanno memoria familiare. Ciò conferma che
indicato prospettive nuove. la memoria contiene delle indicazioni
Le visite di tutta la classe ai cimiteri utili, che però necessitano di essere
polacco e inglese di Bologna, al appurate nella loro veridicità e
Cimitero polacco di Montecassino e collocate nel loro contesto, per
alle Fosse Ardeatine a Roma (visite acquisire un rilievo di carattere
effettuate insieme agli studenti delle storico. Non è stato possibile
scuole polacche durante il viaggio di ricostruire questo secondo episodio di
istruzione) hanno rappresentato la salvataggio in modo analogo al
visita ai luoghi della memoria. precedente, perché la famiglia
Carnevali non ha conservato le
Le ricerche particolari hanno informazioni essenziali sull’identità
seguito differenti tempi di svolgimento degli ebrei salvati.

4 Il primo gruppo, che ha studiato il Secondo Corpo d’Armata Polacco, ha raccolto la testimonianza dei
figli di quattro soldati polacchi rimasti in Italia. I risultati di questa ricerca sono stati esposti nel Seminario
italo polacco che si è svolto al Liceo scientifico “E. Fermi” il 18 marzo 2014, a cui hanno partecipato gli
studenti di due licei di Varsavia. Le relazioni e gli interventi sono reperibili a questo link:
http://www.storiamemoria.it/node/4915
5 L’intervista a Nazzarena Castellari rilasciata il 4/04/2014 presso la sua abitazione a Medicina è reperibile
a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=24-7IPrVXTY

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Monografia

Nuove prospettive per lo studio


della Seconda guerra mondiale
Il Secondo corpo d’Armata TABELLA I
polacco, il salvataggio degli VITTIME DEL GENOCIDIO EBRAICO E GIUSTI RICONOSCIUTI
ebrei, il dibattito politico nei
mesi successivi alla liberazione
sono tematiche che hanno
consentito di allargare la
prospettiva dello studio della
Seconda guerra mondiale e in
essa della Resistenza: non più
solamente la lotta armata e
quindi la lotta partigiana, non
più esclusivamente l’attenzione
ai paesi dell’Europa occidentale
e al nazismo, non più una
prospettiva storica bloccata al
25 aprile 1945.
Le azioni di salvataggio degli
ebrei sono da collocare all’inter-
no del fenomeno della resisten-
za civile. Esse appartengono sia
alla storia della Shoah come a
quella della Resistenza europea,
ma non sono state fino ad ora
oggetto di uno studio sistemati-
co e sono rimaste ai margini
del dibattito storiografico di
entrambi gli ambiti. Esse invece
rappresentano, specialmente in
alcuni paesi come l’Italia, un
aspetto che caratterizza l’oppo-
sizione della popolazione civile
all’occupazione tedesca. E’ da
sottolineare anche il ruolo
determinante svolto in questo
senso dalla Chiesa cattolica con
i suoi uomini e le sue strutture. La tabella è stata pubblicata in A. Grasselli, Azioni di salvataggio, salvatori
Il Secondo Corpo d’Armata e salvati. Il soccorso agli ebrei in Italia durante la Seconda guerra mondiale,
polacco merita di essere Respublica, N. 8, Gennaio-Aprile 2014, Rubettino.
conosciuto non appena per 1 Statistica pubblicata in L. Picciotto Fargion, Per ignota destinazione. Gli ebrei sotto
l’apporto militare decisivo alla il nazismo, Milano 1994
2 http://www.yadvashem.org/yv/en/righteous/statistics.asp
liberazione dell’Italia dalle 3 Bosnia (42), Croazia (109), Macedonia (10), Montenegro (1), Serbia (131), Slovenia (7).
truppe di occupazione tedesche 4 Armenia (21), Bielorussia (587), Georgia (1), Moldavia (79), Russia (186), Ucraina
(la battaglia di Montecassino (2.441).

del maggio 1944 ha aperto le


porte di Roma e la strada all’avanzata alla smobilitazione avvenuta nel 1946.
alleata verso il nord), ma anche in tutta Al termine della guerra i soldati
la sua storia, dalla costituzione, quando polacchi in Italia erano 110.000. Non
raccolse i polacchi che erano stati accolti in Italia e non potendo ritornare
imprigionati nei gulag sovietici, fino in patria (dove si era instaurato un regi-

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me filosovietico), la maggior parte emi- Romagna6 del maggio-giugno 1946 ha
grò nel continente americano e in aperto un nuovo scenario, quello dei
Inghilterra, senza aver ottenuto alcun mesi immediatamente successivi alla
riconoscimento del ruolo militare svol- liberazione, con i suoi problemi, in cui
to. Privati della cittadinanza polacca, hanno agito i partiti politici rappresen-
chi ritornò in Italia visse come apolide tati allora da quegli uomini che (militar-
fino agli anni settanta. mente e/o politicamente) avevano ope-
Lo studio del Secondo Corpo rato nella clandestinità durante la
d’Armata Polacco consente di allargare Resistenza. Uno scenario inimmaginabi-
l’angolo visuale sugli eventi della le, in cui si esplica per la prima volta
Seconda guerra mondiale e dopo il fascismo la dialettica politica nei
dell’immediato dopoguerra, includendo confronti di problemi concreti di mag-
anche il ruolo svolto dall’URSS e la giore o minore rilevanza. Tale amplia-
politica del PCI in quegli anni. mento di prospettiva aiuta a compren-
La lettura dei verbali delle riunioni dere meglio alcune dinamiche della sto-
del CLN ER conservate nell’archivio ria degli anni precedenti, che giungono
della Fondazione Gramsci Emilia a maturazione nel dopoguerra.

Il salvataggio degli ebrei in Italia


La ricerca Picciotto nel suo libro Per ignota
effettuata sul destinazione. Gli ebrei sotto il
salvataggio di nazismo. Essi hanno stimato il numero
Alessandro complessivo delle vittime della Shoah
Dalla Volta e in Europa a 5.600.000/ 5.850.000
della sua unità, su una popolazione ebraica che,
famiglia ha prima del Secondo conflitto mondiale,
potuto usufruire ammontava a circa 9.800.000
dei risultati di persone (vedi Tabella I pag. 8).
uno studio sulle I dati della situazione italiana sono
azioni di invece raccolti e pubblicati da Liliana
salvataggio Picciotto Fargion ne Il libro della
degli ebrei in memoria: gli ebrei che vissero
Italia pubblicato effettivamente sotto occupazione
sul numero otto tedesca – che durò poche settimane
della Rivista per gli ebrei di Napoli, 9-12 mesi per
Respublica gli ebrei dell’Italia centrale, quasi 20
promossa mesi per quelli dell’Italia settentrionale
dall’Università – erano in tutto 33.357, di cui 6.500-
della LUMSA di 7.000 stranieri.
Roma.7 Di questi 33.357, 303 furono
Lo studio di uccisi in Italia e a 5.916 ammontano i
questo deportati deceduti. In totale quindi le
Alessandro fenomeno deve partire dall’esame dei vittime della Shoah sono state 6.219 e
Dalla Volta dati raccolti dagli storici Yehuda Bauer 27.138 sono stati gli ebrei che si sono
(1943).
e Robert Rozett e riportati da Liliana salvati, pari all’81,4% del totale (vedi
6 Il fondo conservato presso la Fondazione Gramsci è composto da uno spezzone del fondo prodotto dal
CLN ER: i verbali delle riunioni svolte tra il mese di maggio 1945 e il mese di agosto 1946 e le denuncie
predisposte ai fini dell’epurazione antifascista.
È consultabile a questo link: http://www.cittadegliarchivi.it/pages/getDetail/idIUnit:1/archCode:ST0115
7 Antonia Grasselli, Azioni di salvataggio, salvatori e salvati. Il soccorso agli ebrei in Italia durante la
Seconda guerra mondiale, Respublica, N.8, Gennaio-Aprile 2014, Rubettino.
A questo saggio si rimanda per la documentazione relativa alle reti di soccorso e la relativa bibliografia.

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Monografia

LA SHOAH IN ITALIA
I dati statistici sulla deportazione degli ebrei italiani sono stati pubblicati da Liliana Picciotto Fargion, Il libro della
memoria. Gli Ebrei deportati dall’Italia (1943-1945), Milano, 1991

TABELLA II TABELLA III

Le tabelle sono state pubblicate in A. Grasselli, Azioni di


salvataggio, salvatori e salvati. Il soccorso agli ebrei in Italia
durante la Seconda guerra mondiale, Respublica, N. 8,
Gennaio-Aprile 2014, Rubettino.

Tabella II, qui sopra). A questi vanno vengono ad incontrare altre reti di
aggiunti i circa 6.000 ebrei sconfinati solidarietà e in primo luogo quella
in Svizzera e i circa 500 nell’Italia della Delegazione per l’assistenza degli
meridionale liberata. La percentuale ebrei migranti (DELASEM), istituita nel
degli ebrei salvati sale così all’84,20%. 1939, che, dopo l’8 settembre 1943,
(vedi Tabella III, qui sopra). entrò in clandestinità, riuscendo
Queste cifre fanno dell’Italia il ancora ad operare appoggiandosi a
paese che ha la media di vittime più strutture ecclesiastiche. Tra queste le
bassa d’Europa. principali furono a Genova la curia
Il salvataggio degli ebrei in Italia cittadina, con don Francesco Repetto
può essere perciò considerato un segretario del vescovo mons. Pietro
fenomeno di carattere sociale. Questa Botto, a Roma il convento cappuccino
tesi non è solo suffragata dai dati di padre Benoit Marie a Firenze il
numerici, ma anche dalla presenza di Comitato di assistenza ai profughi
reti di soccorso clandestine (nazionali e sostenuto dopo l’armistizio
sovranazionali) che hanno sostenuto dall’arcivescovo mons. Elia Dalla
un’azione di salvataggio così Costa, dal suo segretario e da altri
generalizzata e che attestano ecclesiastici. Un caso particolare è
l’esistenza di un retroterra culturale e rappresentato da Assisi, dove il
sociale ben definito. vescovo mons. Placido Nicolini affidò
La più importante rete di supporto al suo segretario don Aldo Brunicci il
al soccorso degli ebrei tra il 1943 e il compito di organizzare il
1945 è costituita dagli istituti religiosi, nascondimento degli ebrei nei conventi
dove l’accoglienza agli ebrei si effettuò e nelle comunità religiose.
in un contesto più ampio: nella L’espatrio clandestino in Svizzera
stragrande maggioranza dei casi poté contare sull’azione di reti di
furono ospitati contemporaneamente soccorso ben ramificate sul territorio
anche ricercati politici, renitenti alla lombardo, sostenute dal CLN di
leva, sfollati, orfani. Milano e dalla collaborazione di
Seguendo le traiettorie degli membri di numerosi CLN locali e di
spostamenti degli ebrei in fuga, si partigiani. Una delle principali fu

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sicuramente la rete dell’ing. Giuseppe Apostoliche e dal Vaticano (non solo
Bacciagaluppi, che, per conto del dalla Segreteria di Stato), per la
CLNAI, sviluppò con estrema trasmissione della corrispondenza, di
efficienza una struttura con il centro danaro e come luogo di rifugio.
operativo a Milano che portò in salvo
centinaia di prigionieri di guerra alleati Il salvataggio di Alessandro dalla
dagli inizi di ottobre 1943 alla vigilia Volta e della sua famiglia s’iscrive
della liberazione. All’interno di questa perciò sia nel contesto della lotta di
rete passarono anche gli ebrei. Ma liberazione, sia in quello descritto del
non si può dimenticare l’Opera di salvataggio degli ebrei in Italia.
soccorso cattolica aiuto ricercati La ricerca ha cercato di ricostruire
(OSCAR) che poteva contare la storia di questa famiglia ebraica,
sull’azione di tanti sacerdoti per tenere che presenta caratteristiche
i collegamenti con le parrocchie vicine riconducibili alla condizione degli ebrei
alla frontiera svizzera, luoghi di sosta italiani durante il fascismo e la
prima del passaggio di frontiera e che Seconda guerra mondiale, ma anche
avevano contatti con le parrocchie del tratti singolari, suoi propri. Il
Canton Ticino. salvataggio, nei suoi vari passaggi, è
Un’attenzione particolare è da riser- risultato esito di una pluralità di
vare anche ai campi d’internamento interventi, a dimostrazione della
per ebrei stranieri costituiti dopo l’in- diffusione del fenomeno e della
gresso in guerra dell’Italia, in cui le presenza anche sul nostro territorio di
condizioni di vita non erano neppure una rete di soccorso (non funzionante
lontanamente paragonabili ai campi di solo per gli ebrei) e che possiamo
concentramento nazisti. Essi si genericamente definire come
rivelarono, all’arrivo dei tedeschi, espressione della resistenza civile,
luogo di salvezza per gli ebrei internati, ossia quell’azione sotterranea di
come nel caso del campo di opposizione attuata dalla popolazione,
internamento di Campagna. che trovò in alcuni esponenti dei CLN
Il quadro non sarebbe completo se locali dei riferimenti importanti a cui
non si menzionasse anche il ruolo coordinarsi e a cui offrire il proprio
svolto da alcune Nunziature supporto.

I Dalla Volta. Storia di una famiglia ebraica


negli anni del fascismo
e dell’occupazione tedesca8
La famiglia di Alessandro Dalla Volta
CARLO VIALLI - ELETTRA SGARBI
La storia della famiglia Dalla Volta fortuna della famiglia con la
ci porta nella città di Mantova, dove costituzione della ditta di tessuti a lui
risiedeva Giuseppe Dalla Volta intestata.
(8/05/1808 - 4/11/1888), che ne è Nella Gazzetta di Mantova del 19
da considerare, in un certo senso, il gennaio 1939 Giuseppe Dalla Volta
capostipite, poiché è il fondatore della viene citato come “anziano della

8 La revisione delle relazioni degli studenti in vista della pubblicazione con stesura delle relative note è stata
curata dall’insegnante.

11
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Monografia

Giuseppe e
Benvenuta hanno
quattro figli: Ida
(morta nel 1938),
Riccardo (1862-
1944 deportato a
ottanta anni e
morto ad
Auschwitz11),
Emiliano (morto nel
1930), Adolfo (non
sono elencati in
ordine cronologico,
perché non sono
state rintracciate la
date di nascita).

Adolfo
(2/02/1856-
15/06/1930), Provvedimento
sposa Virginia di destituzione
Medici, cattolica. dall’incarico
di Alessandro
Essi hanno otto Dalla Volta
figli: Ugo (nato nel (27 febbraio
1886 e emigrato in 1944).
Brasile
comunità israelitica”9. La moglie, presumibilmente negli anni
Benvenuta Cantoni, è anch’essa di 1911/1912), Giulio (nato nel 1888),
origini ebraiche. Egli è il nonno di Giuseppe (nato nel 1889), Arrigo (nato
Alessandro Dalla Volta. nel 1891), Guido (1894-1944
La comunità ebraica di Mantova è deportato e morto ad Auschwitz),
una delle più antiche e importanti di Alessandro (nato nel 1897), Emilio
Italia. Nel censimento effettuato nel (nato nel 1898), Nella (nata nel 1901).
1858 risulta composta da 1.608 Tutti i figli di Adolfo, ad eccezione di
iscritti, che calarono a 1093 nel Alessandro, che si iscrive alla facoltà di
1901. Le leggi razziali del 1938 e, medicina e diventa medico, si dedicano
successivamente, le persecuzioni dei al commercio dei tessuti.
nazisti che, dal 1º dicembre 1943 Nel 1928, in occasione del
occuparono la sede della comunità centenario della ditta di tessuti di
trasformandola in un campo di Giuseppe Dalla Volta, venne
concentramento degli ebrei mantovani, pubblicato un opuscolo
depauperano ulteriormente la commemorativo12 in cui si riporta il
comunità, che oggi conta solo poche discorso tenuto da Aldo Castelletti,
decine di iscritti.10 primo Presidente della Federazione
9 Gazzetta di Mantova, 19 gennaio 1939, p.12.
http://books.google.fr/books?id=lspIAAAAcAAJ&pg=PA12&lpg=PA12&dq=giuseppe+dalla+volta+ma
ntova&source=bl&ots=QuczStu43n&sig=HC8hGYdfaeb2QOUtD5m_sE7bcm8&hl=en&sa=X&ei=Yr72
UoLyMoPX0QWn1YGoDw&ved=0CFEQ6AEwBA#v=onepage&q=giuseppe%20dalla%20volta%20man
tova&f=false
10 F. Cavarocchi, La comunità ebraica di Mantova fra prima emancipazione e unità d’Italia, Giuntina,
Firenze, 2002, tabelle p. 125.
11 Riccardo Dalla Volta, economista, fu uno dei fondatori nel 1928 dell’Istituto Superiore di scienze
economiche e commerciali di Firenze, trasformato nel 1936 nella Facoltà di Economia e Commercio.
12 Centenario ditta Giuseppe Dalla Volta, Mantova, 1928.

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BSRODO
ERPE
di
Riccardo e Giordano, si rifugiano
in Svizzera. Emma Castelletti è
figlia di Gustavo Moisè Castelletti e
sorella di Aldo Castelletti, già
nominato. E’ probabile che le sue
conoscenze le abbiano consentito
di riparare in Svizzera con la
famiglia.
Arrigo, trasferitosi a Genova,
risulta sposato e padre di una
figlia.
Guido, democratico e
antifascista, nel 1936 lascia
Mantova con la moglie Emma
Viterbi e i due figli Alberto e Paolo
e si trasferisce a Brescia, rilevando
un esercizio commerciale di
forniture mediche.
Nel 1940 fa domanda di
arianizzazione, di cui non si
conosce l’esito, tuttavia Guido, la
moglie e i figli non vengono
registrati a Brescia come ebrei.
Grazie a questo fatto, Alberto nel
1941 può iscriversi all'Università di
Modena.
Famiglia Fascista dei Commercianti (di Dopo l'8 settembre, Guido si
di Alessandro Mantova), che elogia Giuseppe e il prepara per la fuga in montagna, ma
Dalla Volta.
Da sinistra: figlio Adolfo per la loro attività nella notte tra il 2 e il 3 dicembre del
Federico, commerciale, ma anche perché 1943, insieme al figlio Alberto, viene
Iolanda Rietti, “quando nella nostra provincia la lotta rastrellato dalla Polizia della Repubblica
Alessandro di classe infuriava, Adolfo dalla Volta di Salò e deportato ad Auschwitz.14
Dalla Volta, praticò la collaborazione di classe con Durante la deportazione Alberto
Sergio,
(Roncegno, il suo personale”. Viene presentata la stringe amicizia con Primo Levi.
Trento, moglie di Adolfo,Virginia Medici, come Dopo il loro arresto, anche Emma
settembre “esempio magnifico di ogni virtù” nel e Paolo sono catturati, ma poco dopo
1937). campo del lavoro e fra le pareti rilasciati, poiché Paolo è malato di
domestiche. È ricordata inoltre la tifo e alla madre è concesso di
partecipazione dei loro figli alla Prima rimanere con lui per poterlo assistere.
guerra mondiale. Paolo guarisce e insieme alla madre
Giuseppe, mutilato di guerra, ha un riesce a fuggire e a nascondersi in
figlio di nome Carlo, che è l'unico a montagna.
riprendere nel dopoguerra il Ritornato da Auschwitz, Primo Levi
commercio dei tessuti della famiglia (è testimonia la morte di Guido avvenuta
citato nel 1957 come socio del Lions in seguito ad una selezione nel campo
club di Mantova, nella categoria di concentramento. Si incontra con
Commercio di tessuti).13 Emma e Paolo, per comunicare la
Giulio, la moglie Emma Castelletti, triste verità sulla sorte dei loro cari, che
di origine ebraiche e i due loro figli, erano ritenuti ancora dispersi.
13 Tutte le informazioni sui figli di Adolfo sono state fornite da Maurizia Dalla Volta, nipote di Alessandro.
14 Le notizie su Guido ed Alberto sono reperibili in C. Angier, Il doppio legame. Vita di Primo Levi,
Mondadori, Milano, 2004.

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Monografia

Alessandro (Mantova, 1893-


Padova, 1977) è medico, insegna
all’università di Modena dal 1935.
Sposa Iolanda Rietti, figlia, insieme a
Ferdinando, di Arturo Rietti (di
origine ebraiche) e Alcide Soldati
(cattolica). Continua a svolgere la sua
professione, nonostante
l’emanazione delle leggi razziali.
Viene arrestato nel 1943, perché
accusato di aver sottoscritto un
pronunciamento contro il fascismo
nei giorni del governo di Badoglio.
Liberato, è costretto con la famiglia
alla clandestinità, si salva grazie
all’aiuto di Raffaele Poli e di altre
conoscenze.
Non si conosce il motivo per cui
Alessandro Dalla Volta non è stato
classificato come ebreo. Non ci sono
testimonianze o documenti attestanti seguito all’avvicinamento con la Raffaele Poli
la richiesta di arianizzazione. Il fondo Germania nazista. e la figlia
della Prefettura di Modena, sezione Luigina
Le parentele dei Dalla Volta, (1947).
“Ufficio amministrazione beni ebraici acquisite attraverso matrimoni con
sequestrati - Pratiche confisca beni donne cattoliche, confermano
ebraici (1943-1945)” non contiene l’assimilazione degli ebrei italiani,
nessun fascicolo intestato ad avvenuta soprattutto attraverso i
Alessandro Dalla Volta.15 “matrimoni misti”, che crearono molti
Alessandro Dalla Volta ha due figli: problemi all’applicazione delle leggi
Sergio (1928) e Federico (1930-2007). razziali.
La diversa sorte toccata ai figli di
Osservazioni conclusive Adolfo, sia negli anni trenta, che dopo
l’8 settembre 1943, è un esempio
Da questa semplice e sintetica molto eloquente della complessità della
ricostruzione della storia della famiglia condizione degli ebrei italiani. In una
di Alessandro Dalla Volta emergono stessa famiglia, infatti, si è potuto
diversi elementi che sono riconducibili rilevare la realtà della discriminazione
alla condizione più generale degli ebrei razziale e l’esonero da essa, la
italiani sotto il fascismo. deportazione e la fuga in Svizzera o il
Il fatto che un ebreo, Aldo nascondimento in montagna e l’azione
Castelletti, abbia ricoperto l’importante di salvataggio nel caso di Alessandro
carica di Presidente della Federazione Dalla Volta.
Fascista dei Commercianti e l’aperto Infine, degli otto figli di Adolfo,
elogio di un’importante famiglia Guido è deceduto in seguito alla
ebraica di Mantova nel 1928, deportazione, insieme a suo figlio
conferma che prima del 1938 agli Alberto. Muore sempre ad Auschwitz
ebrei non era preclusa l’iscrizione al Riccardo, figlio di Giuseppe Dalla
PNF in cui potevano ricoprire anche Volta, zio di Alessandro. La
alte cariche e che il fascismo è giunto maggioranza della famiglia tuttavia si è
a sposare posizioni antisemite solo in potuta salvare.

15 Lettera inviata alla Prof.ssa A.Grasselli del 06/02/2014 dall’Archivio di Stato di Modena.

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BSRODO
diERPE
Alessandro Dalla Volta. Alessandro Dalla Volta collaborò in
numerosi progetti, in particolare si
Note biografiche ricorda il Trattato di Semeiotica medica
CHIARA ILLICE di Viola, la grossa monografia sul linfo-
VALENTINA GOSTOLI granuloma maligno e il Trattato di
Medicina di Cecconi riguardo le malat-
Alessandro Dalla Volta (Mantova, tie dell’intestino. Nel 1934 ebbe l’inca-
1893-Padova,1977) d’origine e di fami- rico di Patologia speciale Medica e
glia mantovane, superati brillantemente Metodologia clinica all’Università di
gli studi classici, frequentò a Bologna la Modena e nel 1935 divenne professore
Facoltà di Medicina e Chirurgia. A causa straordinario. Due anni dopo passò a
della Prima Guerra mondiale fu costretto dirigere la Clinica medica di Modena e
a sospendere gli studi e a frequentare vi rimase fino al settembre del 1943.
l’Università castrense di San Giorgio di Con lo scoppio della Seconda guerra
Nogaro; prestò servizio per venti mesi in mondiale, tutti gli effettivi della Clinica
reparti di prima linea come aspirante furono chiamati alle armi e, a costituire
medico e, congedato, si laureò a pieni tutto il personale medico di Dalla Volta,
voti con lode il 1º luglio 1919. rimasero solo in due: l’Assistente anzia-
Entrò subito nell’Istituto di Patologia no Rivasi e Carlo Dal Co. Il ritratto che
generale diretto dai Professori Tizzoni e Dal Co fa del suo maestro è importante
Vernoni e vi rimase per un biennio. per capire la personalità di Alessandro
Nonostante fosse legato da profonda e Dalla Volta.
duratura amicizia al Prof. Vernoni, scel-
Nel lavoro diagnostico D.V. perdeva
se definitivamente la Medicina clinica e qualsiasi nozione del tempo, tutto preso
frequentò per un anno l’Ospedale com’era dall’interesse dell’analisi clinica
Charitè di Berlino, diretto dal Prof. e tutto teso alla ricerca dei fenomeni sui
Krauss. Il 1º gennaio 1922 fu chiama- quali costruire la diagnosi. […] I suoi
to a Bologna e nominato Assistente occhi vivissimi e penetranti superavano
effettivo da Giacinto Viola, direttore la barriera della materia e sapevano sca-
della cattedra di Clinica medica vare nella profondità della psiche del
soggetto, che non tralasciava mai di
dell’Università bolognese. indagare, perché era profondamente
La Clinica medica bolognese era convinto dell’importanza del fattore psi-
uno degli istituti universitari più vivi e chico nel determinismo del quadro clini-
ricchi di fermenti, affollato di giovani co della malattia. […] Quando Egli inda-
studiosi. Nacque in quegli anni la Scuola gava il corpo del malato, le Sue mani
costituzionalista. Essa cercava di stabili- quasi lo accarezzavano con mosse trepi-
de, caste, sicure […]. L’eleganza del
re i rapporti esistenti tra la costituzione gesto di D.V. non nasceva da un com-
dell’individuo, le diverse maniere e i dif- piacimento estetico, ma dal profondo
ferenti aspetti clinici che le malattie pos- rispetto ed amore che Egli aveva per il
sono presentare nei singoli soggetti: malato.[…] Accoglieva ed accettava
tutto ciò che veniva dal malato, anche
Compito reale della Medicina – ha scrit- gli aspetti più secondari e le manifesta-
to Viola – non è quello di conoscere, zioni più ripugnanti. Tutto ciò per lui
curare e prevenire le malattie, ma quello era importante e tutto doveva essere
di conoscere l’individuo prima che si studiato con la massima attenzione e
formi la malattia e curare il malato indi- con la massima considerazione.17
vidualmente e non mai la malattia in
modo generico.16
Anche negli anni della guerra
Alessandro Dalla Volta continuò a stu-
A questi principi Alessandro Dalla diare, dedicandosi in particolare alla dia-
Volta credeva profondamente. gnostica dei tumori polmonari, alla fisio-
16 Carlo dal Co, Commemorazione di Alessandro Dalla Volta, in Atti dell’Istituto Veneto di Scienze,
Lettere ed Arti, Tomo CXXXVII (1978-79), Parte generale e Atti ufficiali, p. 2.
17 Ivi, pp. 4,5.

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Monografia

patologia dello scompenso cardiaco ed nico riferimento presente nella difesa


alle malattie della tiroide. La sua attività alle origini ebraiche e alle discriminazioni
di docente fu interrotta nel dicembre del razziali.
‘43 per motivi politici. Il 10 ottobre 1943 fu incarcerato.
Dopo venti giorni venne rilasciato e poi
Alla caduta del fascismo, nel luglio di nuovo incarcerato. La moglie e il
’43, Dalla Volta aveva aderito a un cognato, Ferdinando Rietti, con tenaci,
ordine del giorno promosso da alcuni disperati e coraggiosi interventi, riusciro-
membri della Facoltà di Medicina di no a convincere il ministro della pubblica
Modena. Nel testo s’inneggiava alla istruzione Biggini a decretare l’espulsione
caduta del fascismo e alla conquistata di Alessandro Dalla Volta dall’Università
libertà. Dopo l’8 settembre fu per indegnità ed antifascismo. In questo
ingiustamente incolpato di esserne stato modo riuscirono a farlo uscire dalla pri-
il promotore e fu perseguitato come gione e a salvargli sicuramente la vita.
antifascista. In seguito conobbe la clandestinità e
Nella difesa da lui scritta, e di cui si è visse con la famiglia nascosto presso
ritrovato il manoscritto,18 non amici fidati, ma in ristrettezze materiali
completamente decifrabile, si ricava la penose. Si conoscono i nascondigli, i
sua posizione verso il fascismo e la nomi dei soccorritori attraverso le testi-
ricostruzione degli eventi che portarono monianze che sono state raccolte.
alla stesura dell’ordine del giorno e alla Dopo la liberazione, Dalla Volta si
sua approvazione. rimise al lavoro e riprese lo studio forza-
Egli qui afferma di non essere mai tamente interrotto. Nel frattempo erano
stato affiliato a nessuna associazione rientrati i collaboratori superstiti.
segreta e di non aver mai aderito a nes- Chiamato nel 1950 alla direzione della
sun partito politico sino all’ottobre 1932, Clinica Medica di Padova, riprese con
quando dovette iscriversi al PNF per nuovo vigore l’attività didattica ed orga-
poter partecipare al concorso di patolo- nizzativa della Clinica, dove ampliò la
gia medica di Pavia, in cui si richiedeva metodologia di studio, stimolò le ricerche
espressamente l’iscrizione. La sua attività cardiologiche e perfezionò le tecniche
politica è stata sempre modesta, causa i diagnostiche. L’apporto più interessante
numerosi impegni professionali. di Dalla Volta in questo campo resta
quello da lui promosso nell’Università di
Non fu mai avverso al regime [scrive Padova, sfociato nella creazione di una
nella difesa] al quale diede la sua opera
di cittadino e di medico senza difficoltà Divisione universitaria di Fisiopatologia
[…]. In conclusione dal partito non cardiologica aperta a tutte le più moder-
attinse onori, cariche, incarichi ufficiali ne esigenze, dove la sua opera fu conti-
e neppure facilitazioni per conseguire nuata dal figlio Sergio. Dal Co conclude
vantaggi nella propria carriera e in la sua commemorazione con queste
quella dei suoi allievi. È stato un fascista significative parole:
tiepido, ma sempre uguale e non ha
mai assunto atteggiamenti equivoci o
Alessandro Dalla Volta era uno spirito
ostili, sia nella vita privata che nella
aristocratico ed ogni espressione del suo
scuola.
lavoro aveva un’impronta di alta elevazio-
Ricorda a questo riguardo la non ne, che nella vita lo ha isolato e lo ha
reso apparentemente un solitario. La
accettazione della sua candidatura alla costante ricerca della verità nel mistero
cattedra di clinica medica di Firenze nel dell’uomo malato è stata la vera ragione
1939, per la ragione di “non essere del suo vivere e la fonte della sua gran-
ariano al 100 per cento”. Questo è l’u- dezza di Medico e di Maestro.19

18 Il manoscritto, senza titolo, di quattro pagine scritte a matita è conservato nell’archivio della famiglia di
Sergio Dalla Volta.
19 Carlo Dal Co, op.cit., p. 8.

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BSRODO
diERPE
Il salvataggio di Alessandro Dalla Volta
e della sua famiglia
ALICE ALESSANDRA, VERA MODUGNO, MATILDE MARCHI
La famiglia di Alessandro Dalla come soluzione per liberarlo la sua
Volta negli anni della guerra risiedeva espulsione dall’università per indegnità
nella casa di campagna, a San Martino ed antifascismo.
di Mugnano (frazione del comune di Il figlio Sergio riferisce che “aveva
Modena). gli ordini di non frequentare molta
Il Dalla Volta nel settembre 1943 fu gente. Le sole persone che ci hanno
ingiustamente incolpato di essere stato frequentato sono gli amici dei miei
il promotore di un ordine del giorno genitori, che è il marchese
inneggiante alla caduta del fascismo Montecuccoli e sua moglie, che
discusso e votato alla facoltà di medici- avevano la campagna vicino a noi”,20 a
na e il 10 ottobre, come è stato già Baggiovara. I Montecuccoli svolsero un
riferito, fu incarcerato per la prima ruolo importante nel salvataggio della
volta. Liberato, fu di nuovo arrestato. famiglia Dalla Volta. In questo
Grazie all’intervento del cognato momento iniziale accettarono di
Ferdinando Rietti presso il ministro custodire un baule con abiti e oggetti di
della pubblica istruzione Biggini si trovò valore presso la loro abitazione,
operazione non priva di rischi,
Mario
Monterumici poiché nella loro casa di campagna
in una foto era stata installata un’officina della
dei primi anni Wermacht, tanto che la signora e la
‘40. domestica andarono di notte, in
preda all’ansia, a staccare dai vestiti
tutte le etichette.21
La situazione per i Dalla Volta
divenne pericolosa quando i
tedeschi, che erano alloggiati nella
loro abitazione, se ne andarono e i
Dalla Volta restarono senza
protezione. Sergio Dalla Volta
ricorda che “un pomeriggio è
arrivato un soldato tedesco con una
lettera del comandante […] che ci
consigliavano di andarcene”.
A questo punto entra in scena
Raffaele Poli, di cui si definirà
meglio l’identità in seguito, che si
fece carico della famiglia Dalla
Volta, conducendoli in auto a casa
sua. Sergio Dalla Volta ricorda di
essere stato portato a casa di Poli a
Medicina, dove rimase per circa
dieci giorni e poi di essere stato
condotto nell’abitazione di Poli a
Bologna, in via Orfeo. Fu sempre
20 L’intervista a Sergio Dalla Volta rilasciata il 27/12/2013 presso la sua abitazione di Padova è reperibile
a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=0eXGF3dE2MQ.
21 Mail di Maurizia Dalla Volta alla Prof.ssa Antonia Grasselli del 22/12/2013.

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Monografia

Poli a fornire ai Dalla Volta documenti


falsi. I Dalla Volta divennero i De
Vincenzi provenienti da Ancona.
La testimonianza rilasciata dalla
figlia Bianca è in parte discordante.
Queste le parole di Bianca:

Il fratello di mio padre era malato di


cuore ed era sfollato vicino a Medicina
in una sua tenuta. Insomma ci voleva il
grande Dalla Volta e mio padre è
riuscito a contattarlo e andarono a
prenderlo. Venne, curò mio zio e
dopo, finito la visita, il babbo lo riportò
a casa, [perché] aveva la macchina.
Andando a casa, però, prima di
arrivare alla porta di casa, ha trovato il
suo domestico che gli ha detto
“Fermati, fermati che in casa ci sono i
tedeschi”. E ha detto “E la famiglia?”
“La famiglia sono già tutti fuori”. E
allora il babbo cosa fece? Caricò
famiglia, lui, figlio, figlia e li portò da
noi, in casa nostra.22 Sergio Dalla
Volta (Padova,
27 dicembre
L’abitazione a cui Bianca fa 2013).
riferimento non è quella di Medicina,
ma quella di Bologna, in Via Orfeo, sassone. E poi dopo è stato per quattro
33 o 35. Qui aveva sede la ditta mesi a casa di un lontano parente
nostro, il conte Ludovico Mocenigo in
STIRE (Studio Tecnico Impianti Radio provincia di Rovigo, era una villa
Elettrici) di Poli. Questa sistemazione veneta. Poi è tornato un po’ da noi e a
della famiglia Dalla Volta non venne Bologna, quando sono arrivati gli
però ritenuta sicura, perché di fronte, americani, eravamo tutti insieme da
nella caserma tuttora esistente, erano due mesi.
acquartierati i tedeschi. Il resto della
storia è raccontato sinteticamente dal Il nome esatto del professor Dalla
figlio Sergio: Fava è Della Favera, dottore
specialista in dermatologia e non
Di fronte alla casa c’era una caserma accademico, come ha ricordato con
delle Brigate Nere e ho sentito mio più esattezza Bianca Poli e confermato
padre che diceva “domani cominciamo la figlia Maurizia. La casa di cura
a vedere chi abita qua, perché
vogliamo essere sicuri di non essere
indicata è Bellombra (Via Bellombra,
aggrediti”. E allora un collega di mio 24, Bologna), fondata nel 1924, dove
padre, che era veneto, il professor lavorava il prof. Antonio Luttichau,
Dalla Fava, che era professore di amico del prof. Dalla Volta, la cui
dermatologia a Bologna, aveva una famiglia abitava a Faenza e che si
casa in Strada Maggiore...anzi in via laureò in medicina a Bologna nel
Guido Reni, che era una traversa di 1930.
Strada Maggiore. E lì siamo stati Sergio Dalla Volta, la madre e il
sempre noi. Mio padre è stato un po’ lì
e per un mese circa è stato in una casa fratello rimasero nascosti in Via Guido
di cura tenuta da un suo amico, che Reni fino alla liberazione di Bologna. I
neanche farlo apposta era tedesco contatti con l’esterno furono tenuti

22 Intervista a Bianca Poli rilasciata il 27/02/2014 presso la sua abitazione a Boara Polesine (Treviso).

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BSRODO
ERPE
di
dalla domestica Amedea Puccetti di il fratello?
Camugnano. Il prof. Dalla Volta Si, mio padre un po’ c’era e un po’
andava a trovare la famiglia era in Veneto.
abbastanza spesso e senza troppe E quando vi veniva a trovare,
precauzioni. La vita in casa era, veniva di nascosto, magari di notte?
comunque, una vita da reclusi. Anche di giorno, c’era il fronte lì
Si riporta a questo punto parte vicino e non guardavano molto a
dell’intervista a Sergio Dalla Volta: queste cose.
Lei cosa pensava nei mesi chiusi
E tutti questi mesi le giornate in casa?
come le passavate? Avete dovuto Speravo che gli inglesi arrivassero
interrompere gli studi? presto! (ride)
No, studiavamo. Io facevo la Radio Londra la ascoltavate?
seconda liceo e mio fratello la quinta Si, anche prima la ascoltavamo
ginnasio, ci hanno fornito dei libri e quando eravamo in campagna.
abbiamo studiato. E quando siete usciti per la
Maurizia Dalla Volta: e facevate prima volta, il 21 aprile, vi siete
ginnastica, mi hai detto, con un accorti da soli che erano arrivati gli
manuale svedese. americani o qualcuno vi ha
Si, ma perchè avevamo un avvisato?
appartamento grande con una terrazza Abbiamo sentito gli ultimi giorni
in via Guido Reni. che le cannonate erano diventate più
E per il cibo? Suppongo che vicine, perché l’VIII Armata aveva
qualcuno vi sfondato il fronte
portasse da della Linea
Nazzarena mangiare… Gotica e durante
Castellari
(Medicina, Andava la la notte avevamo
4 aprile 2014). donna di sentito il
servizio che è movimento dei
voluta venire tedeschi che se
con noi, che ne andavano e la
era della mattina abbiamo
provincia di visto gli anglo
Bologna e che americani. Gli
si chiamava inglesi non li
Amedea abbiamo mai
Puccetti. Era visti perché
in casa nostra erano entrati da
da vent’anni. un’altra parte.
Era di [….]
Camugnano, Maurizia
che è tra Dalla Volta:
Bologna e papà mi hai
Firenze mi raccontato che
pare, vicino a quando sei uscito
Pianoro deve per la prima
essere. volta avevi la
Quindi i contatti con l’esterno li impressione che ti cadessero le case
teneva la vostra domestica: uscire, addosso.
far la spesa, magari anche le Altro che, dopo tutti quei mesi che
comunicazioni. E lei in tutti questi non uscivo quando abbiamo visto
mesi è rimasto con la madre e con l’arrivo degli americani mi sembrava

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Monografia

che le case mi cadessero addosso. A Bologna, tramite il CUMER


Chissà quanta altra gente come noi [Comando Unico Militare Emilia
l’hanno provato. Poi hanno riaperto le Romagna], riuscii ad avere un
collegamento con gli americani tramite
scuole e ho fatto tre mesi di liceo. la Missione Appomatox, diretta da
Al salvataggio della famiglia di Ferruccio Trombetti. Ebbi così il lancio
Alessandro Dalla Volta hanno quindi di una nuova radiotrasmittente e
contribuito diverse persone: la famiglia l’ordine di operare a Bologna per il
del marchese Montecuccoli, il conte contatto diretto con il CUMER e gli
Ludovico Moccenigo, il dott. Della alleati. Trovammo sede in via Orfeo,
proprio dietro una caserma, in una
Favera, il prof. Antonio Luttichau della officina di apparecchiature
Clinica Bellombra, la domestica radioriceventi di proprietà del signor
Amedea Puccetti, Mario Monterumici, Raffaele Poli. I tedeschi, che
padre di Carlo e di Bruno (di cui non occupavano due villette di proprietà
si è riusciti a definirne con precisione il dello stesso Poli, ad appena 50 metri di
ruolo) e Raffaele Poli, che ha distanza ci avevano individuati coi radio
certamente dato un contributo – goniometri ed erano persino andati
dal signor Poli per chiedere se poteva
decisivo, ma che non è stato unico. dar loro delle indicazioni tecniche per
La figura di Raffaele Poli (Medicina, trovarci.25
1904 - Bologna, 1980) merita un
approfondimento particolare. Altrettanto importante fu il suo
Raffaele Poli era l’ultimo dei figli di ruolo politico. L’amicizia con Orlando
una ricca famiglia d’industriali di Argentesi, esponente di primo piano
Medicina. I Poli, insieme ai Lenzi, del partito comunista a Medicina e
erano i titolari di un’importante sindaco della Liberazione, lo portò a
azienda di costruzioni stradali, l’Asfalti fornire una collaborazione
Sintex del dopo guerra, non più diretta significativa alla Resistenza,
da loro. documentata da Giuseppe Argentesi
Tuttavia Raffaele non s’interessò in un articolo apparso sulla rivista
mai alla ditta, in quanto la sua Brodo di Serpe.26
passione fin da giovane era rivolta alla Nel luglio 1946 si svolse il processo
meccanica e all’elettronica, in a Gennaro Solofrizzo, Commissario
particolare a tutto quello che Prefettizio a Medicina dall’ottobre
riguardava la radiofonia.23 Fu 1943 al luglio 1944, per il reato di
l’inventore del poliocilofono, uno “collaborazionismo con il tedesco
strumento che permetteva alle caserme invasore”. Fu scagionato grazie a
militari di tutta Italia di comunicare numerose testimonianze, tra cui quelle
velocemente tra di loro.24 Aprì quindi di Orlando Argentesi e Raffaele Poli
l’officina di apparecchiature presentate dall’avvocato difensore del
radioriceventi in via Orfeo. Solofrizzo. Poli (definito dal tribunale
Questa sua passione per la radio gli nella sentenza conclusiva membro del
consentì di dare un contributo CLN) tenne i contatti fra Gennaro
sensibilmente rilevante alla Resistenza. Solofrizzo e gli esponenti
Scrive Otello Melotti nella sua dell’antifascismo locale, allertati tramite
testimonianza pubblicata da Luciano Poli dell’imminenza di un
Bergonzini: rastrellamento.

23 Intervista a Giuseppe Argentesi rilasciata il 10/02/214 presso il Liceo scientifico “E. Fermi”.
24 Intervista a Bianca Poli, cit.
25 L. Bergonzini, La resistenza a Bologna: testimonianze e documenti, Istituto per la storia di Bologna,
Bologna, p. 520.
26 Giuseppe Argentesi, Gennaro Solofrizzo: la zona grigia, in Brodo di Serpe - Miscellanea di cose
medicinesi, Pro Loco di Medicina, Numero 2, Settembre 2004.

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Quanto a Raffaele Poli, la cui coinvolgimento di Mario Monterumisi
attività andrebbe meglio esplorata e nel salvataggio di Alessandro Dalla
riconosciuta, oltre al ruolo di raccordo Volta.
sistematico tra Solofrizzo e
l’antifascismo locale, la nota difensiva I nostri ricordi sul professor Dalla Volta
lo definisce come “il tramite tra il CLN comprendono anche un giorno in cui a
clandestino di Medicina e quello di Bologna uscirono tutti e due indenni da
un bombardamento. Dopo la guerra il
Bologna e nella sua casa qui di professore aveva predisposto il ricovero
Bologna era installata la a Padova di nostro nonno Ulisse, ma il
radiotrasmittente clandestina in nonno non volle sottoporsi
comunicazione con il comando della all’intervento chirurgico.33
5ª Armata Alleata”.27
Giuseppe Argentesi, nell’intervista
rilasciata, dichiara che non risulta che
Osservazioni
Poli abbia mai partecipato attivamente conclusive
ad alcun partito politico, in particolare
di sinistra, ma che “...era uno spirito La ricostruzione dell’azione di
libero, una persona in grado di salvataggio del prof. Alessandro Dalla
ragionare”, una persona che dimostrò Volta e della sua famiglia nei suoi
molto coraggio, quando, ritornato tempi, nei suoi spostamenti e nei suoi
Orlando Argentesi dal confino, tenne protagonisti, è stata per noi come
con lui un rapporto di amicizia molto aprire una finestra sulla vita quotidiana
intensa. di tanta gente comune negli anni della
Anche Mario Monterumici Seconda guerra mondiale.
(Medicina, 1899-1967)28 è una figura La famiglia Dalla Volta si è
che meriterebbe di essere potuta salvare innanzitutto grazie
maggiormente conosciuta. alle conoscenze personali del
Combattente nella Prima Guerra professor Alessandro, alla dedizione
Mondiale, repubblicano “affascinato della sua anziana domestica,
dalla fede mazziniana”29 non aderì mai all’intervento tempestivo di
al fascismo, “imprigionato e portato a personaggi come Raffaele Poli,
San Giovanni in Monte dai tedeschi”30 legati e coinvolti nella rete
partecipò alla lotta partigiana, fece clandestina della Resistenza.
parte del CLN di Medicina (dove Emerge una società civile tutt’altro
conobbe sicuramente Poli) come che passiva e succube all’invasore e al
rappresentante del partito fascismo repubblichino. In fondo,
repubblicano31, divenendo assessore anche questa storia può confermare il
della prima Giunta comunale insediata fatto che il salvataggio degli ebrei in
nell’aprile 194532. Italia fu un’azione corale, non di pochi
Quest’attività politica con la individui che seppero rischiare,
conseguente conoscenza degli altri storicamente comprensibile solo se
esponenti antifascisti di Medicina, collocata all’interno di quella che è
conferisce un fondamento di verità ai stata definita, a ragione, la resistenza
ricordi della famiglia sul civile del popolo italiano.

27 G. Argentesi, op. cit, p. 62.


28 Solo in seguito il cognome sarà mutato in Monterumisi.
29 Mail di Bruno Monterumisi a Maurizia Dalla Volta del 8/03/2015.
30 Ibidem.
31 G. Parini, Medicina 1919-1945, Comune di Medicina, 1995, p. 86.
32 Ivi, p. 175.
33 Mail di Bruno Monterumisi cit.

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Monografia

La storia, vista dall’altra parte


MAURIZIA DALLA VOLTA
Nel marzo del 2013, una domenica solo una storia di famiglia (e il nome di
pomeriggio, ricevetti a Padova la Medicina lo imparai per la prima volta
telefonata di un signore che si in quella occasione) trovava un
presentò come Bruno Monterumisi di riscontro oggettivo, esterno, così come
Bologna, che chiedeva se fosse quella espresse erano le origini ebraiche della
la casa del prof. Dalla Volta. Avendo famiglia paterna, una tela di fondo di
mio padre Sergio Dalla Volta deciso cui non si parlava mai apertamente o
pochi giorni prima, a seguito di episodi per lo meno come se lo sapessimo
potenzialmente pericolosi, di smettere solo noi e gli amici di famiglia.
di guidare e non essendomi il nome
Le informazioni seguenti datemi dal
noto, temetti immediatamente che si
sig. Monterumisi aggiunsero altri
trattasse di un incidente
tasselli.
automobilistico e risposi in modo
Per quanto riguarda il padre del sig.
estremamente guardingo … Fu quindi
Monterumisi, Mario Monterumici (il
con grande sollievo che capii che il
nome, mi disse, sarà trasformato più
prof. Dalla Volta in questione era in
tardi), i riscontri non sono precisi; mio
realtà il nonno Alessandro e che si
padre, all’epoca ragazzino, non si
trattava “solamente” dell’avvenuta
ricordava quel nome. Tuttavia mio
persecuzione e conseguente
padre mi aveva già detto, e mi
nascondimento negli anni terribili della
riconfermò allora in conversazioni più
Seconda guerra mondiale.
dettagliate, che il nonno non era
nascosto con loro (lui, il fratello
Il sig. Monterumisi mi disse aver
Federico, la madre e la donna di
saputo da un amico di famiglia di
servizio, dal ruolo determinante in
come suo padre Mario Monterumici, di
quanto l’unica che poteva uscire e
Medicina, durante la guerra avesse
andare a comperare da mangiare), ma
salvato un famoso professore
andava a trovarli di tanto in tanto. Ora
universitario ebreo, Dalla Volta, e di
è evidente che il nonno non poteva
come “si fossero anche presi un
spostarsi da solo ed è quindi
bombardamento insieme”. Mio padre,
assolutamente verosimile, anzi per la
al quale chiesi immediatamente, mi
verità io lo credo quasi sicuramente,
disse non ricordare il nome
che a Mario Monterumici fosse stato
Monterumici, ma che effettivamente
affidato il compito di accompagnare il
scappando via da Modena si erano
nonno nei suoi spostamenti. In questo
dapprima recati a Medicina, dove
senso sento i signori Monterumisi, per
erano rimasti qualche giorno prima
quanto non li avessi mai visti prima,
che il sig. Raffaele Poli li portasse a
familiari, quasi “parenti”.
nascondersi in un appartamento a
Bologna. Il sig. Monterumisi mi Poi, soprattutto, il sig. Poli da
confermò l’essere suo padre amico del semplice conoscente coraggioso, un
sig. Poli. Ricordo l’eccitazione sentita: paziente si diceva in famiglia che
quella che, fino ad allora, era stata doveva al nonno un favore,34
34 “Allora, quel che in famiglia si diceva è che il sig. Poli fosse un paziente, o parente di un paziente (la
distinzione non era chiara), che dovesse lui, il sig. Poli, al nonno un favore. Questo prima del
nascondimento, quindi che lo dovesse non in senso letterale di ‘dovere’, ma in quanto il nonno lo aveva
molto aiutato medicalmente, anche se credo che in realtà si trattasse del fratello. Forse aveva risolto
una situazione medica molto difficile […] e il talento di un medico era, soprattutto, l’intuizione della
diagnosi giusta”.
Mail di Maurizia Dalla Volta alla prof.ssa Antonia Grasselli del 07/07/2015.

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assumeva
invece una
personalità dai
caratteri ben
definiti, di
grande
spessore
umano ed
etico,
competenze
Uno studente
professionali
italiano e ed
uno studente articolazione
polacco politica. Dato
depongono questo
una corona
davanti importante
all’altare per me, ma
del Cimitero anche per
polacco mio padre che
di Bologna (18 come
marzo 2014).
ragazzino non
aveva avuto Pardo della comunità ebraica di
l’opportunità, la possibilità di Bologna e, iscrivendola in un contesto
rendersene conto. Come anche storico – didattico, desiderava, insieme
importante lo scoprire che Poli si ad alcuni studenti, incontrare ed
iscriveva in una rete di resistenza civile intervistare mio padre.
a Medicina e a Bologna, a cui Perbacco, quindi non solo la
rendiamo omaggio con riconoscenza. vicenda familiare aveva ricevuto un
Ancor più perché vorrei, a questo riscontro esterno, oggettivo, ma ora
proposito, aprire una parentesi. anche un valore storico! Ne parlai con
Riflettendo ora, con gli occhi di adulta, mio padre che accettò subito, forse un
su questo episodio familiare me ne po’ stupito anche lui, un incontro.
colpisce un aspetto importante ed Sorpresi, piacevolmente, che un fatto
impressionante, comune peraltro a privato, una cosa che si era stati solo
tante vicende simili: quello del doversi costretti a subire, senza dargli un
sempre fidare per la propria nome, avesse invece una valenza più
sopravvivenza di persone che non si vasta.
conoscono o si conoscono appena. Dicevo invece della riserva già
notata in mio padre a parlare delle
La storia e i suoi personaggi proprie origini ebraiche (con
avevano assunto maggiore concretezza atteggiamento ambivalente tuttavia,
e riscontro esterno, cosa importante ricordo il suo entusiasmo per il
per noi anche psicologicamente. giovane stato di Israele e del denaro
Tuttavia non sembrava che con gli mandato nel ‘67 e ‘73) e che si palesò
elementi acquisiti si sarebbe potuto anche durante l’intervista, mentre
andare molto più lontano, quando volonteroso era lo sforzo nel cercare di
nell’autunno 2013 ricevetti un e-mail ricordare fatti e sentimenti di quei
dalla prof.ssa Grasselli. La prof.ssa lunghi dieci mesi di nascondimento: gli
Antonia Grasselli era venuta a studi, la ginnastica, l’ansia e anche la
conoscenza della fuga e contentezza per i bombardamenti,
nascondimento del nonno Alessandro malgrado non potessero ripararsi nei
e della sua famiglia dall’ing. Lucio rifugi, poiché significavano l’avanzata
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Monografia

degli alleati. Riluttanza che ho cercato “capire”, aguzzato ormai lo sguardo,


di spiegarmi con il desiderio di risposi volentieri allo sprone storico-
integrarsi nella buona società di Padova didattico …Non ricordo come, ma
(dove arrivarono dopo la guerra con la riuscii a trovare su internet tutti i
nomina del nonno a Clinico Medico registri dell’Archivio della Comunità
dell’Università) e di avere quindi Ebraica di Mantova e la scoperta si
anch’essi un passato “come il loro”, dimostrò determinante.
ma anche probabilmente conseguenza Il lavoro di ricerca fu lungo,
dell’occultamento reso necessario, e paziente e laborioso: i faldoni sono
appreso, negli anni delle leggi razziali. scritti a mano, ovviamente, in
E vedo in questo imbarazzo per le piccolissimo e bisognava ingrandire
proprie origini un altro effetto terribile, frase per frase, da sinistra a destra e
perverso, sottile, pervasivo delle leggi avanzare tirando i fili a partire da un
razziali. nome sui diversi registri. Come
Come il nonno rimase in cattedra a leggendo i registri di nascita,
Modena dopo il ‘38 non e’ chiaro. matrimoni, morte, anno per anno,
Forse il fatto che la madre Virginia nome per nome alla ricerca di un
Medici era cattolica, come indicato nome, dal quale poter risalire ai
nell’albo della Comunità ebraica di genitori o ai consanguinei, da cui
Mantova, a cui tutta la famiglia risulta continuare la ricerca. Ma le
iscritta nel 1901 e più tardi nella informazioni trovate furono preziose e
Rubrica della stessa Comunità; forse la mi hanno permesso di ricostruire la
protezione di amicizie, pazienti genealogia completa della famiglia
importanti (era già medico conosciuto). Dalla Volta a partire dal trisnonno
Bottai, per esempio, mi disse mio Giuseppe agli inizi dell’ 800! Non solo,
padre, conosceva e stimava il nonno. a partire dal dato del matrimonio di
Il fatto è che in realtà tutta la una cugina della nonna Iolanda (la
famiglia Dalla Volta sembra “essersela moglie del nonno Alessandro) con un
cavata” fino all’arrivo dei tedeschi nel Gallico di Mantova (la famiglia della
’43, quando invece in parte furono nonna era di ed abitava a Ferrara, ma
deportati (il fratello del nonno, Guido, i registri della Comunità Ebraica di
con il figlio Alberto, quell’Alberto Ferrara vennero tutti distrutti dai
amico fraterno di Primo Levi ad repubblichini) riuscii a risalire e
Auschwitz in “Se questo è un uomo”, ricostruire anche la genealogia della
lo zio Riccardo Dalla Volta, professore famiglia della nonna Iolanda fino al
di Economia a Firenze, con i due figli, trisnonno!
e nessuno di loro farà ritorno). Altri E intanto gli studenti della prof.ssa
riuscirono a scappare in Svizzera (il Grasselli organizzavano ed elaboravano
fratello Giulio e il nipote Carlo con le il materiale raccolto...
loro famiglie) o in Sud America o si
nascosero, come il nonno Alessandro; Un ultimo tassello venne trovato
mentre un fratello del nonno, Arrigo, per caso. Un medico di Ferrara, il
che aveva sposato una “cattolica”, é dott. Fausto Braccioni, che stava
indicato nelle Rubrica della Comunità scrivendo un libro su “I medici ebrei di
come avente “abiurato”. Ferrara”, aveva richiesto a mio padre
informazioni sul fratello di sua madre,
Perché, nel frattempo, la prof.ssa Fernando Rietti, scopritore
Grasselli aveva suggerito di allargare le dell’anemia mediterranea. Nel
ricerche alle vicende di tutta la famiglia ricercare ulteriori documenti mio
Dalla Volta, come quelle di una padre e mia sorella rinvennero una
famiglia ebraica assimilata nella busta con l’indicazione manoscritta del
tormenta. La curiosità, il desiderio di nonno “Documenti relativi alla

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informazioni
raccolte
delineavano la
vicenda con ben
maggiore chiarezza,
salvo quel “buco” di
come possano
essere andate le
cose nel ‘38, che
forse non sapremo
mai. E, fatto molto
importante per me,
aveva acquisito
maggior precisione
anche la mia storia
familiare, le radici a
cui potersi
ricollegare, perché,
come dice Rilke
“noi non amiamo
come i fiori,
attingendo da
un’annata
soltanto…”.

L’albero destituzione”, dal contenuto prezioso Sono profondamente grata e desi-


genealogico per chiarire l’avvenimento: dero ringraziare con affetto tutti: i
dei
Dalla Volta.
convocazione al Partito Fascista per signori Monterumisi che hanno “lancia-
“spiegazioni”, il telegramma e to” le operazioni, la prof.ssa Grasselli e
documenti vari relativi alla i suoi studenti che si sono interessati
destituzione, tra cui una lettera a firma alle nostre vicende familiari con atten-
del ministro Biggini allo zio Fernando zione e precisione storica e per il
Rietti al riguardo e una lunga difesa tempo da loro dedicato a questo lavoro
manoscritta del nonno, che, scritta a e, a titolo postumo, anche tutti i prota-
matita e in piccolo, necessitò da tutti gonisti che permisero alla mia famiglia
noi un lavoro paziente di decifrazione. di salvarsi, lasciandoci la lezione che
A questo punto i progressi fatti da essere dalla parte del giusto, anche in
quella prima telefonata del sig. Bruno tempi difficili e pericolosi, resta sempre
Monterumisi erano notevoli. Le una nostra scelta.

ANTONIA GRASSELLI insegna storia MAURIZIA DALLA VOLTA, figlia


e filosofia presso il Liceo scientifico “E. di Sergio e nipote di Alessandro,
Fermi” di Bologna. Ha partecipato studia a Padova al Liceo Classico
come relatrice a seminari di formazione “Tito Livio” e flauto al Conservatorio
per insegnanti, pubblicato libri e articoli sotto la guida di Clementine Scimone.
di didattica della storia. Si è occupata in Continua gli studi musicali a Parigi,
particolare della Shoah e del salvataggio dove vive e lavora insegnando nei
degli ebrei in Italia. Presidente Conservatori Rachmaninoff e
dell’associazione StoriaMemoria.EU, Nicolaite de Chaillot. È attiva in diversi
cura la pubblicazione del sito gruppi di musica da camera, dal duo a
www.storiamemoria.it opere in formato “da camera”.

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La lingua della memoria

LA STORIA
DELLE
NOSTRE
PAROLE
di LUCIANO CATTANI

Palzòn - palzunèr la strè: Asfalto o Pustròn - un taglio mal suturato, con


bitume; asfaltare o bitumare una fuoriuscita dei visceri. Forse legato a
strada. Da palta voce di origine “pustoloso”.
preindoeuropea col significato di
Prélla - trottola. Voce di origine
melma, poltiglia.
onomatopeica.
Paltàm - Terreno coperto di acque sta-
gnanti, pantano. Voce di origine prein- Puntalòn - Vino scadentissimo,
doeuropea, forse connessa con palta. peggiore del sburgiòll; praticamente
ridotto ad acqua con quantità minima
Pulìd - fer pulìd: “bene”, fare una di vino. Era il risultato della torchiatura
cosa per bene. Deriva dal latino polìre: della vinacce dopo l’aggiunta di acqua
levigare, pulire. In dialetto per dire una a tutto spiano. La parola deriva dal
cosa pulita noi diciamo un quèl nått. fatto che si doveva “puntellare” con
Pussiòn - Possessione: dal latino tutte le forze il torchio per la
medievale - podere mezzadrile dal XV spremitura.
secolo, dal latino possideo, possedere.
Pistinèga - Carota, verdura edule assai
Pòmpa dal flit - Pompetta domestica comune. Così detta perché prima che
per erogare insetticida, specie contro entrassero le carote si faceva largo
le mosche. Il “flit” è una voce inglese consumo di queste radici gialle. Il
derivata da fly-tox “tossico per le nome botanico di questa pianta è
mosche”; in origine era in nome Pastinaca sativa ormai dimenticata ma
commerciale di un particolare non nel nome. Per noi la “carota” era
insetticida. Pompa - dal francese la “carruba”, frutto del carrubo, un
pompe, dall’olandese pompe di baccello dolce, biada per animali, ma
origine onomatopeica, molto apprezzata specie dai bambini;
Prågna - pregna, detto di animale da era comunemente reperibile al
stalla; si poteva dire anche pina nel mercato.
senso di “piena”. Dal latino volgare Piò - Aratro. La parola sembra
praeg mem: prae gignere (generare). derivare dal tronco di legno da cui
In inglese gravidanza si dice originava; successivamente coperto
pregnancy). alla punta dal vomere metallico
Pustòmma - infezione purulenta; in (agmìra). In alcuni dialetti settentrionali
italiano antico, anche in termine ancora oggi l’aratro è detto piód o
medico. Apostema o pòstemo: piól: bastone di legno, piolo di etimo
ascesso, dal greco aposthema incerto, comunque nel longobardo era
(aphistanai “uscir fuori” “sgonfiarsi”). pluvo e in tedesco pflung.

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Pirått d’arvérs - Persona che contrad-
dice continuamente e che ha una sua
spiegazione su qualunque argomento. È
probabile che il personaggio sia esistito
“Pieretto Roversi”, ma il detto gioca sul
fatto che arvérs significa il “rovescio”
di ogni cosa.
Pataca - 1 bugia o bubbola; 2 moneta
o medaglia assolutamente falsa e
quindi una fregatura; 3 un pataca (dal
parlare romagnolo) è un soggetto che
si atteggia a sapiente o che vive al
disopra delle proprie possibilità, spesso
decisamente ridicolo.
L’etimologia della parola è incerta.
Puièna - Da poiana dal latino polliana
che deriva da pullus cioè “gallinaccio” Patacòn - Persona non affidabile
o “poleo”. Era chiamato puièna perché piena di bugie.
l’attrezzo a forma triangolare che, Paniròn - Grosso cesto con manici
trainato da buoi o dal trattore, serviva fatto di vimini intrecciati, utilizzato in
per aprire la strada innevata (fèr la campagna per vari usi talora usato per
råtta). Detta la puièna perché ricorda deporvi un neonato a modo di culla. È
l’apertura alare, a triangolo, della accrescitivo di “paniere” che però ha
poiana. un unico manico, Dal latino panarium,
cesto per il pane.
Pituchén - Quisquilie, cose
insignificanti, inezie, però sufficienti, Prit - Prit cun la stanela: sacerdote,
talora a discussioni o recriminazioni. prete. Scaldaletto di legno con base di
Brisa ster a guarder o a fèr ches a latta che, messo sotto le coperte
tott i pituchén! (non stare a ospitava lo scaldino con le braci (la
sottolineare tutte le frasi se dette in sóra). Il prete e la suora sono associati
maniera superficiale). Derivata da per questa funzione in maniera
“pitocco”, in greco ptochòs: scherzosa. “Prete” dal latino tardo
mendicante, ma anche un poveraccio. presbytèrium che è dal greco
presbyteros; più anziano.
Pastròc - Cosa riuscita male
soprattutto in cucina, ma anche in Pruvén - Termometro per misurare la
politica o negli affari. Dal veneto temperatura corporea (la fivra) di vetro
pastrocio, e variante di pasticcio che con ampolla di mercurio. Dal latino
all’inizio si riferiva a opera letteraria o probare, trovare una cosa buona:
musicale ricavata dalla scopiazzatura di probus cioè affidabile.
altre già esistenti ed estesa alla cucina Paiàz - 1 – Pagliaccio, materasso
per indicare pasta ricavata da riempito con paglia o cartocci di
ingredienti non sempre legittimi. frumentone fuión; 2 – Spaventapasseri;
Perasò - Persona addetta a incitare la sagoma di un uomo con indumenti
buoi o animali da tiro con frusta o con pieni di paglia; 3 – Pagliaccio, persona
voci di minaccia. Spesso il bovaro che senza carattere, non affidabile.
portava animali al mercato boario. Paiól - Deformazione del collo che
Dal latino parare con significato anche risulta ingrossato e flaccido.
di mandare avanti, condurre. Sembra Da “pagliolaia”: la giogaia dei
che il cognome “Paratore” derivi da ruminanti: dal latino palearia, derivato
questa funzione. da palèa, bargiglio.

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La lingua della memoria

CENNI
DI TOPONOMASTICA
MEDICINESE
Strade e nomi di fondi o micro toponimi
di LUCIANO CATTANI
Via Medesano - (al medsèn). In
passato dalla Via San Vitale fino alla
chiusa della Pianta (un guado sul
Sillaro); portava alla “Massa del
Medesano” passando da San Martino
(frazione di Medicina) sull’antica “Via
del letto” cioè la via che occupava
l’antico letto del fiume Sillaro, prima
dello spostamento del fiume oltre
Castel Guelfo, da cui derivò il
territorio. La denominazione
“Medesano” (ora divisa in superiore e
inferiore) sembra da riferire a una via
di mezzo (come Mediolanum: Milano)
ed è verosimile che le sia derivata da
“Medicina” che secondo alcuni
significherebbe “Terra media” (tra la
terra all’asciutto e la terra in palude).
Via Roslè - (al Roslè): nelle antiche
carte è nominato Arslè, forse Arznén:
Arginello. Un fondo Arginello si trova
verso ovest dell’attuale strada. La
strada partiva dalla Via San Vitale e in
località “La Fabbrica” si trova tuttora
una grossa parcella di terreno
denominata “Birozzana - Roslè” che si
situa a nord e a sud della Via San
Vitale (la strè måstra) e interessa gran
parte della Via Sant’Anna.
Via Abbondanza - (la Vi
dl’Abundènza). Da Via del Piano alla
Via del Canale in coincidenza con il
Mulino Nuovo. Abbondanza era la
denominazione che si dava alla sede
dell’Annona e Magazzini annonari nel
Medioevo e anche a Roma l’Annona
riguardava i rifornimenti alimentari,
specie grano “per un anno”.

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Via dell’Amore - (Vi dl’Amaur). Fasanini) e si dirige verso
“Amore” è arrivato quando i cartografi Via dell’Olmo e Via Fiorentina.
hanno tradotto in italiano la
denominazione dialettale Vi dal Maur, Via del Vigo - Parte da Via
cioè Via del Moro o Gelso. La strada Fiorentina in località Villa Fontana.
che parte da Via Guazzaloca aveva, Il nome è da riferire forse alla famiglia
infatti, al suo inizio un Moro secolare Vighi, assieme ai Fasanini, cognomi
ed una Madonnina (il gelso è spesso presenti sui registri notarili di
scomparso, la Madonna, rifatta, esiste Bologna e sui registri di Monti di
ancora) e continua incontrando varie Pietà.
strade (di cui parleremo): Via Tombazza - (la Tumbaza): località
Castrizzara, Via Erbosa fino a Via a ovest di Via del Canale sulla Via
Nuova dove ha termine. Guazzaloca. La “Tomba” è frequente
Nella pagina
a fianco: Via Guazzaloca - (Sguazaloca). denominazione di località elevate,
Via Medesano Parte dalla chiesa di Ganzanigo, noto attorno a cui è stata fatta bonifica delle
vista da ab antiquo come Vicus Cantianicus o paludi, divenuta successivamente
Crocetta. Campus aucarius; Canzianus sarebbe podere agricolo o insediamento di
(Da “Medicina
una Terra”, un nome di origine germanica (soldato case. Dal latino tumba (cumulo di
2006-2007). veterano?) e in tedesco canz - ganz terreno) come le “Monte”, verso Selva
vuole dire appunto “oca” come Malvezzi o anche tumulo funerario
aucarius in latino vuol dire oca, delle (ma non è questo il caso).
oche. Non è certo che le cose siano
andate così, però l’ipotesi è molto Barletta - (la Barlåtta): deriva dal
intrigante! latino medievale barléda o berléda e
indicava una lingua di terra o spazio
Via Montanara - Da Via Sillaro non coltivato perché vi si
agli stradelli guelfi affiancato al corso incontravano due corsi d’acqua; nel
d’acqua Montanara, lambisce i resti del caso nostro la fossa di Medicina
castello bolognese San Polo (in Via proveniente da sud e il canale di
Ripola) passando per il Picchio. È Medicina da ovest (dopo il mulino
molto probabile che essendo in Gordini) all’altezza della Via San
direzione di Imola si incontrasse con la Vitale. Si osserva che il toponimo
Via Montanara imolese e che, “Bertalia” di Reno ha la stessa origine
costeggiando il Santerno, raggiungesse e che in dialetto bolognese barlaida
l’Appennino romagnolo e significa golena (Magnèr in barlaida -
successivamente la Toscana evitando la pranzare in trattoria lungo il Reno).
montagna bolognese.
La Pesarina - (la Psarina o
Via Vellaneta - (la Vlanaida): Bsarina). Un piccolo corso d’acqua
parte dalla Via Montanara e si dirige attualmente sparito alla vista fuori le
verso Castel Guelfo. La denominazione mura orientali. Il nome deriva da
è da riferire a coltivazioni o siepi di Apsarina o Aposarina con
nocciole (“Avellane”: il nome botanico denominazioni consimili: a Bologna
è avellana corylus, le nostre clur). Aposa, Aposazza, Avesella, a Imola
Detta anche Villaneta - Vellaneda. Apsa o Appia, Avesa o Ausa nel
N.B. le denominazioni di strade di Riminese e a San Marino.
derivazione botanica erano e sono La radice della parola, di origine
molto frequenti: vedi Farneto (farnie), indoeuropea è Ab - Ap con significato
Querceto (querce), Olmeto (olmo), di acqua - fiume, corso d’acqua (Pangi
Frassineto (frassino). - Ab 5 fiumi), Abano (antico Apona)
Via Fasanina - Parte dalla Ab: acqua in lingua persiana e in
Fasanina (palazzo della famiglia lingua romena.

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La lingua della memoria

QUANDO
NON CI SI
AFFIDAVA ALLA
“PASTIGLINA”
di GIULIANA GRANDI

A SAMPIRA ABITAVA a Bologna Giunto il


L e l’ira una stròlga, di un certo
livello, che godeva, nel suo ambito, di
suo turno,
entrava nella
una considerazione eccezionale. Le camera della
ragazze, specialmente quelle Sampira senza
“anteguerra”, erano clienti affezionate. dire beo, con
“Ragazóli, andèn bèn a fès fèr un viso da “Za
una stèisa ed chèrt dala Sampira par la Mort”, du
våddar cum al vè l’amaur”: si formava ucc a sbindlón
presto un gruppetto di ragazze che e la måscla
aveva le stesse esigenze, i ciapévan al cmé i bén cén.
trenén dla Veneta e… vi chi andévan Quando usciva,
anche se le mamme continuavano a invece, spesso
ripetere ogni volta, “vuètri andì a era sorridente,
zarchèr Marì par Ravånna, tènt l’é al brisa imbarlè e
destén ch’al fè”. Ormai però i avévan pindulènta
ciapè cla sgalmira alé e non le come prima,
fermava nessuno. per cui qualcuna del gruppo
La somma che si pagava era l’apostrofava bruscamente: “It
abbordabile, tanto che, con quella cuntènta adès, zigònia, cun il lózzal
spesa ónna l’a n smagnéva brisa la in bisaca; ti propi una ciòza”.
ratèla, e a quei soldi a n si zighéva Alcune ragazze venivano dalla
brisa dria, soprattutto quando ti sentivi campagna e arrivavano alla Stazione
dire che avresti trovato presto un bel Veneta, spesso ed sfrascìna,
ragazzo che ti avrebbe sposata e fat fèr pedalando sopra un rivaldòn o
la sgnurina, oppure quando ti veniva adiritura zirunzòn d’una biziclåtta
assicurato che tuo marito, un po’ ch’la féva di gnècc da tott’il pèrt.
scapadézz, non aveva al momento Si erano acconciate da cittadine:
nessuna ch’a i féss quèlc ziricuchén. una spolverata di cipria sul viso, una
Una delle ragazze, sempre amalurié toccatina di belletto rosa spinto sulle
secondo lei, andava con il gruppo per guance, un’inbruiadura di rossetto
vedere se poteva guarire uno o due dei sulle labbra, e le più attempate un po’
suoi numerosi mali, spesso immaginari, ed stablidùra.
erano convinte così le amiche, per cui, Le calze che indossavano
a volte, si sentiva dire da qualche risultavano spesso, per la fretta, zò èd
compagna un pó sgrózza: “al sèt , ti gargàm e allora, nella sala d’aspetto,
una bèla zórnia, una gnacra ch’an si provavano di metterle a posto,
dura: it fata ed chèrta ciuciarina?” cercando di nascondersi in qualche

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di
modo in un angolo parvìd che scompariva.
qualcuno, specialmente uomo, an “Mó ch’al fóss pó pròpi vèira?”
sbarlucéss ed sott’òcc. “Sé, sé”, anche oggi c’è chi sta
Anche in paese c’era qualche facendo esperienza diretta delle
strolga che aveva una certa clientela, segnature.
mó vrivèt po’ mèttar: la Sampira l’ira Le paure erano tante rispetto
una professoråssa dla strulghìsia. agl’instariarì… Guai a lasciare fuori,
Queste donne sapevano fare i stesi, di notte gli indumenti lavati. Se al
pgnatén, i filtri d’amore, le fatture. “Et mattino ti accorgevi che erano rimasti
vést che l’ambraus dla Marièna l’é tutta la notte all’aria aperta: “Alé, adès
turnè da lia”. “Bèla forza, l’ a iè fat as capita sicur quèl ed brótt”; la
al pgnatén! L’è po’ ciapè da clètra un famiglia si metteva in apprensione e,
fruntén in piaza, da fela vargugnèr”. dopo avere lavato di nuovo e sguré
Più difficile era far bere al poveretto pulid tutto, sènza fèr tènt panigélli,
il liquido preparato dalla chiromante. qualcuno di casa andava da un’altra
Siccome esisteva spesso una
certa complicità tra figlia e
madre, veniva affidato l’incarico
dell’operazione a quest’ultima.
“Vriv un bichirén ed rusoli o av
fàghia un Karcadè”?
Furtivamente, si versava un po’
del liquido preparato nel
bicchiere o nella tazza e… via;
non c’era che da aspettare
l’effetto desiderato. Se non
succedeva niente, póvra
stròlga… con il passaparola
perdeva la stima delle clienti.
“Mia andèr da chicalè che la fè
sàul quåll c’al fé Barbén a
ziina, cioè gninti!”
Si credeva molto allora alle
instariarì; se le situazioni da
affrontare erano particolarmente
gravi, si ricorreva a qualche
persona che si diceva possedesse
poteri particolari per le
guarigioni o par sbruièr la ‘rea
matassa’, cioè i problemi più
intricati e trovare al có dla
gavåtta. Questi poteri, si diceva,
venivano poi lasciati in eredità ai
figli. “Ec fata ròba! Gnènc da
cråddar”.

Se poi at ciapéva un znèstar, una fattucchiera che avrebbe provato a


stórta, mal di schiena o al bal ed san togliere il maleficio.
Vitto, andavi da chi sapeva fare la Potevi capire anche tu se era
sgnadùra, cioè sapeva “segnare” con avvenuto qualcosa di malefico:
gesti e formule particolari il male, che, bisognava aprire nei letti tutti i cuscini,
in questo modo, a poco a poco che erano imbottiti di piuma; se trovavi

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qualcosa di soddisfazione
strano e di dell’interrogante.
anomalo, Uno sguardo
potevi star al Cielo, in tutte
sicura che queste situazioni,
qualcuno ti c’era però
aveva fatto sempre. Ad
la “fattura”. esempio, ti
Mia nonna, poteva venire
ogni tanto, consigliato di far
faceva benedire le
l’operazione magliette che
dei cuscini e indossavi o
affermava di recitare un certo
avere numero ed
trovato Patèr in chiesa,
spesso degli agglomerati di piume dalle davanti alla cappella del Sacro Cuore o
forme più strane. Si andava allora da di pregare in quella della Madonna del
una strolga per farsi spiegare l’enigma Rosario.
e prendere le dovute precauzioni. Alcune donne di una certa età
A quei tempi, si credeva molto recitavano in chiesa, silenziosamente,
nell’esistenza di fantasmi. “Ció, in cla per conto di altri, dietro un piccolo
chè alè a si vådd; stènni bèn luntèn”. compenso, le preghiere: “Vó ch’a si
Non si sapeva bene che cosa fossero i pió dåggna ed mé, Tugnina, fim bèn
fantasmi, ma, solo a sentirne st’al piasàir”. La committente
pronunciare il nome, ti prendeva un chiedeva, dopo alcuni giorni, com’era
grèn tichi tòchi, c’era sempre andata la preghiera. “Propi bèn, a
qualcuno che raccontava la sua n’ho avù inción intòpp e a nun son
esperienza diretta: li aveva visti! mai distrata”.
Quando si passava per un luogo Allora si era contenti e si poteva
buio dove non c’era anima viva, si sperare in un buon esito finale. Erano
cercava di fare presto, anzi prestissimo, queste le anziane che frequentavano
perché ti veniva una grèn batrì ed cór quotidianamente le funzioni religiose,
e vedevi anche quello che non c’era: la ma Nostro Signore era costretto ad
pòra la féva i cinén. accontentarsi perché, quando
In paese c’era anche la possibilità di recitavano le preghiere e si associavano
farsi interpretare i sogni: si cercava la a tutti gli altri nel canto, ti potevano
Maria, che s’incontrava per strada o al saltar fuori, nel Padre Nostro, ad
Canale dove, mentre veniva lavata la esempio, con un ch’at végna regnun
biancheria, si chiedeva il significato di tuum e il Kirie elèison poteva
quello che si era recentemente diventare chi è alè insò.
sognato. “Puvrìna, a i hò un grèn Oggi l’aiuto per stare un po’
guai, mó bisòggna ch’at dégga ch’lé tranquilli nei momenti difficili della vita
un insónni dimondi poc bèl; bisòggna lo chiediamo alle pastiglie o a qualche
t’at prepara”. La richiedente rimaneva intruglio studiato scientificamente. “A i
muta, seria perché la Maria era brava e ho al sistema narvàus, bisoggna ch’a
ci prendeva sempre. “Però ala fén tóia la mi pastiglina”, con la speranza
t’purtarè vitória, stè pur tranquèlla”. “cl’at vaga fata bèn”, perché il mondo
Una buona parola finale, anche nei non è sempre stabié pulìd e se non lo
casi più inquietanti, la Maria la diceva sai prendere per il suo verso, così
sempre; se poi l’interpretazione era come viene, “piz par té… e bóna nòt
positiva, sapeva partecipare alla sunadùr!”

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STORIE DI BRODA
E DI BRODAGLIE
di AMATO SERRANTONI

N TAL ZUG DAL BALON, presso


Ii tedeschi
gli attuali giardini, al tempo di guerra
avevano la cucina da campo.
Tutti i militari in grado di farlo vi
andavano a prendere il “rancio”…
Sicuramente due non in grado di
farlo erano gli addetti alla stazione
radio e di avvistamento posta in cima
al campanile che non dovevano mai
abbandonare la posizione.
Fu così che i due per diverse volte
dovettero ricorrere a noi per poter
mangiare. Noi eravamo Fredo ed
Marighela ed io che ci recavamo alle
cucine e con il tedesco d’accatto
ripetevamo: “allis… allis”(1) finché le
gavette non fossero colme.
Non ricordo se erano stati
preavvisati, se riconoscessero le
gavette o per i nostri segni verso la
cima del campanile, comunque erano
sempre generosi. Poi per strada con
Amato un cucchiaio già predisposto
con bicicletta abbassavamo un po’ il livello.
in Piazza Non era un granchè, solo calda e
Garibaldi
(1946). liquida con un po’ di verdure e qualche
raro pezzetto di pasta; era quasi
meglio la minestra di castagne di cui cornicione. Non tento nemmeno di
sovente bisognava accontentarsi. descrivere la sensazione forse in parte
Quel giorno i due del campanile anche rimossa. Capii più tardi che ci
non si accontentarono delle gavette avevano visti col binocolo mangiare la
appoggiate ai piedi della scala che loro brodaglia. Trauma a parte il vero
portava al piano campane; ma terrore era che lo imparasse mia
…“com… comea”(2) vollero che le madre; povera donna, sarebbe morta
allungassi fin su. Era per potermi di crepacuore.
prendere. Mentre Fredo scendeva a Anche di un altro misfatto per
precipizio io venivo issato oltre la fortuna non è mai venuta a
botola di legno e, afferrato per i polsi, conoscenza. Erano certo tempi di
venivo dondolato fuori dal campanile vacche magre e la famiglia si era
dai due camerati in piedi sul ampliata con i cugini sfollati da

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Nella foto, in Bologna. Però la mamma, per il paese
alto a sinistra: Marì ed Fiurintén, aveva risorse
Gianni
Marighella, illimitate. Era riuscita a collocare
Amato presso un contadino di buon cuore un
Serrantoni, maiale all’ingrasso; era poco fuori dal
Marco paese sulla strada per San Martino.
Galvani;
in basso: Mia madre vi ci si recava spesso col
Diego secchio pieno di avanzi. Quel giorno
Callegari, non ricordo perché, non potendo,
Luigi (Gino) incaricò me di portare il secchio a
Galvani, destinazione.
Antonio Zini
(anni ‘50). Ascoltate tutte le raccomandazioni
mi accinsi all’incarico, mettendoci però
anche del mio. Presi la bicicletta di mia
zia e infilai il secchio, pieno per una
buona metà, nella parte destra del
manubrio e trovandolo non faticoso
ciondolai sui pedali verso la meta. A
quell’età, fra i sette e gli otto anni o si
pedalava in equilibrio o si stava seduti
sul sellino sfruttando l’abbrivio; le
gambe non erano abbastanza lunghe
per entrambe le cose. Arrivato di
fianco a Gunela vidi un elegante
ufficiale tedesco impettito davanti alla
drugherì ed Cavrèra. Per niente
impressionato cominciai a curvare a
sinistra per aggirare il teatro; o per
essere più preciso tentai di curvare
perché per il peso del secchio il
manubrio non ne voleva sapere, aveva
preso di mira l’ufficiale.
Nella pagina Con uno sforzo disperato proprio tudesch”(3). Fui invaso forse per la
a fianco: all’ultimo metro riuscii ad evitarlo prima volta da un forte senso di
illustrazione
per l’amico passandogli con la ruota davanti sulla responsabilità: stavo mettendo a
Amato punta degli stivali. Quante volte poi rischio il nutrimento di tutti. Era noto
del noto nella mente ho rivisto quegli attimi che stalle e porcilaie erano oggetto di
pittore analizzandoli anche alla luce delle razzie quotidiane. Feci una lunga serie
bolognese
Lorenzo
successive conoscenze. Lo strattone di deviazioni sempre controllandomi
Ceregato. aveva costretto parte del contenuto ad alle spalle.
abbandonare il secchio, ad innalzarsi e Rimasi acquattato con secchio e
passare per qualche attimo da preda bicicletta sul fondo di un alto fosso
della forza di gravità a quella centrifuga prima di imboccare il cancello del
ed ad atterrare fuori di casa. contadino. Rimasi in apprensione per
Ripreso a fatica controllo e velocità molti giorni evitando con cura la zona
mi voltai ed immortalai con gli occhi del crimine. Non ne parlai mai con
l’uomo impietrito con le braccia alzate nessuno; ritrovai la completa serenità
guardare l’insolita mistura colargli dai solo a macellazione avvenuta.
calzoni agli stivali. Mentre sgroppavo
disperato verso il chè lunghi una delle 1) Pressappoco: “tutta... tutta”.
raccomandazioni di mia madre assunse 2) All’incirca: “vieni… vieni da me”.
una luce nuova: “mia der in’t’ lóc ai 3) Più o meno: “Non farti notare dai tedeschi”.

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BIBLIOTECA
D’INVERNO
Dicembre 1944

di GIOVANNA PASSIGATO

ORREI POTERNE TOCCARE “E il contenuto? Non vi interessa?”


“V UNO”, disse l’uomo con voce
un po’ rauca.
“Ah sì, certo. Il contenuto. Non so.
Non di questi libri.”
Padre Gualberto inarcò appena le “Che volete dire?”
sopracciglia, unico segno di sorpresa o “Che così antichi, piovuti dal
disapprovazione, di più non si tempo non so come, non possono
permise. esser chiamati libri, i libri veri sono dei
“Uno, uno qualsiasi”, e l’altro alzò testimoni. Questi qui sono soltanto
la mano, come a mostrarne relitti del naufragio della nostra civiltà.
l’innocenza o l’innocuità. La luminosità Non testimoniano nulla.”
della neve che si insinuava dalla “Ah”, fece il monaco, colpito.
finestrella rovesciandosi per la Tolse il libro dalle mani dell’altro, lo
biblioteca fece risaltare le macchie sul annusò annuendo, lo aperse per
dorso, le dita tozze e le unghie nere di leggerne il titolo.
sudiciume. “De simulacris”, compitò, “ossia
Tutto attorno ai polsi che uscivano “Delle apparenze”.
dalle maniche sfilacciate c’era un lungo “Conosco il latino”, borbottò
lividore escoriato, qua e là coperto di l’altro, seccato.
croste. Padre Gualberto sapeva a che “Perdonate, dottor Reggiani.
cosa era dovuto. Prese dal mazzo una Guardate, l’autore è Teofilo da
piccola chiave, girò la serratura Cesarea, è una sua opera tarda, del
dell’anta di rete metallica che chiudeva periodo alessandrino. Copia rarissima,
uno scomparto, e ne estrasse un libro per non dire unica.”
a caso. “So di che si tratta”, fece il
L’uomo dopo averlo afferrato con Reggiani.
delicatezza ne andava sfiorando la “Volete veder qualcos’altro?”
legatura, la copertina di pelle, le lettere “Per oggi basta così. Quello là sulla
dorate incise sul dorso; poi lo sollevò porta sta diventando nervoso.
vicino al viso e prese a odorarlo Comunque, grazie.”
lentamente aspirando a fondo, con Padre Gualberto lo guardò uscire
una sorta di voluttà quasi subito agguantato per una spalla e
imbarazzante. condotto fuori dall’uomo che per tutto
Il monaco tossicchiò. il tempo era rimasto sulla soglia della
“L’odore della carta. Del cuoio. biblioteca.
Della colla. Dello spago. È così Mentre riponeva il libro e chiudeva
esatto”, spiegò l’uomo, con la piccola anta scricchiolante, si
noncuranza. “E invincibile. Non lo si concesse di sospirare: “Tutto questo,
può dimenticare. Neppure dal fondo di Signore, a che cosa ci porterà?”
un abisso.” Un pettirosso venne a picchiettare

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contro il vetro sporco della finestra ad I due ammantellati si accucciarono
arco, come per attirare l’attenzione. in un angolo, le braccia strette alle
ginocchia. “Dobbiamo pisciare”,
Erano arrivati tre giorni prima, sussurrò ad un certo punto il più alto
quando ormai stava facendo buio e la dei due, piano ma con una certa
tormenta si sollevava in gelidi marosi arroganza.
di neve ghiacciata, anche se si era “Savino, portali fuori te, uno alla
solo ai primi di dicembre. Padre volta. La pistola ce l’hai?”
Remigio, il portinaio, aveva dovuto “E come no? Qua sotto il
fare un enorme sforzo per aprire sotto maglione.”
le raffiche la porticina del convento, e Quando i due tornarono, il secondo
neanche era riuscito a contare i prigioniero, una creatura sparuta dal
forestieri per bene fino a che non si livido cranio malrasato, si alzò in piedi
erano accomodati nel vestibolo, stretti a fatica, appoggiandosi al muro.
l’uno all’altro come animali. “Aspetta, questa l’accompagno io”,
“Che Iddio abbia compassione di disse brusco quello con la barba che si
voi! Ma in quanti siete?” faceva chiamare Anteo. Nessuno osò
“In sei, fratello. Noi quattro, e quei fare battute.
due là. Camminiamo da otto ore. E Per abitudinaria cautela, Anteo
non abbiamo mangiato da ieri.” stette a guardare la donna che cercava
“Restate qui, devo parlare con di abbassarsi i calzoni senza farsi
l’abate. Ma cos’avete sotto i mantelli? vedere, poi subitamente si rese conto
Che roba è? Fucili? Per l’amor di Dio, dell’imbarazzo di lei, e soprattutto del
metteteli subito giù, non potete stare proprio, e si girò verso il muro
in un convento con le armi...” aspettando che si ricomponesse. Il
“Ah no? vedremo!” sbottò il più vento fischiava oltre il muro del cortile.
giovane. Ma il grosso uomo barbuto
che pareva il capo gli aveva già sfilato Durante la notte la tormenta era
la mitraglietta dalla spalla lasciandola cessata. Il vento non sibilava più e non
cadere a terra. Poi gli altri lo imitarono c’era nemmeno quel tenue sospiro
ammucchiando le armi in un angolo. Il della neve che cade. Savino, che non
padre guardiano le coperse subito con riusciva a dormire, inquieto per la
una corba: “Le nasconderemo da curiosa piega che avevano preso gli
qualche parte.” eventi, fu sommerso dal silenzio delle
“E quelli?” chiese poi accennando cose, un silenzio disteso e infinito,
alle due figure infagottate in una innaturale. Il ragazzo pensò che
coperta semilacera che non si erano doveva essere così, quando si è morti.
ancora mosse. Formavano un’unica Dalla mancanza del russare capì che
ombra ricurva e indistinta, e non anche gli altri erano svegli, gli occhi
pareva neanche che respirassero. aperti nel buio ad ascoltare quel
“Quelli non portano niente.” silenzio.
“Sono… prigionieri?” azzardò Ma di lontano, dalla parte
padre Remigio. dell’oriente, una sorta di ansito, come
“Qualcosa del genere.” di animale che respirasse a fauci
I due con la coperta stavano in aperte dopo un inseguimento, nacque
silenzio. e prese a riempire il buio, un ansito
Li sistemarono nella legnaia. C’era vorace che aumentava di ampiezza, di
un buon odore di essenze, un’intera intensità. Divenne un fragore sordo e
partitura, da quello acre a quello lontano, colmo di scricchiolii indistinti,
dolciastro come di mele muffite. di piccoli schianti, di sciaguattamenti:
“Tu, Resca, ti metti lì, con Otello, enormi mandibole che trituravano e
e io qua con Savino.” divoravano la terra, gli alberi.

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“Ma che cos’è?” borbottò Savino caduta appena un po’ più sotto di noi,
levandosi a sedere, con un lieve sulla strada per Rocca Amantina.
tremore nella voce. Il Resca si alzò e Proprio sul Passo del Redentore.”
andò alla finestrella da cui riverberava “Fratello, state dicendo che la
il chiarore della neve. strada è bloccata?”
“Una slavina. Comincia così, lo so “Dio ha voluto così”. Il monaco si
perché sono di queste parti.” strinse nelle spalle guardando Anteo
“Oddio”, fece Savino, “e dove con una certa gentile ironia. “A piedi
cadrà?” forse ci si potrebbe passare. Con
“Non qui, dal rumore mi pare che molta fatica.”
si sia formata a est, e un po’ più in “E con una moto?”
basso del convento. Scenderà a valle. L’altro neppure rispose, inarcando
Dal rumore non mi sembra gran cosa, appena le sopracciglia.
però.”
Ora il rombo era più vicino, e I due nella legnaia sbocconcellavano
crebbe accompagnato da un lentamente la loro focaccina. La donna
sottofondo infinito di scrosci schianti e aveva fatto alcune strisce dal bordo
tonfi, e dagli ululati del vento che della coperta e se ne era fasciati i piedi
investiva il fianco della montagna. Poi e i polpacci, l’uomo teneva una mano
si trasformò in qualcosa di ampio e in caldo dentro lo scollo del gilet.
vorace, un ansimare rovinoso e floscio, Raccolse con cura le briciole dalla
e si perse nella lontananza della notte. giacca e trangugiò anche quelle.
La mattina dopo, mentre facevano La donna alzò il capo verso Savino
colazione con una schiacciata di farro con uno scatto: “Ho bisogno di
e latte di pecora, padre Columba disse: pezze”, disse con una sorta di sordo
“La slavina è venuta giù dalla parete livore.
sud; purtroppo in questi giorni non ha “Ma quali pezze?”, chiese il
fatto abbastanza freddo e così lo strato ragazzo.
inferiore della neve, sgelandosi, ha “Ho capito io, che cosa le serve”,
fatto scivolare lo strato superiore. E’ borbottò Otello. “Accidenti a quando

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di
ci siamo tirati dietro una donna.” “Sarà quel che sarà”, borbottò
“Bisognerà dirglielo, ai frati, come Anteo tenendo gli occhi fissi sulla
stanno le cose”, sospirò Savino. grande croce che pendeva sul petto
“Diremo solo quello che occorre.” dell’abate.
“Però che qui c’è una donna, L’abate vide lo sguardo torvo e
bisogna dirglielo” insieme disperato dell’uomo, e
“Ma dai, che lo sanno. Mica sono lentamente coperse la croce con la sua
scemi.” mano chiazzata di macchie rugginose,
come a proteggerla.
“L’avevo capito”, disse l’abate
sorridendo appena, forse la bocca era “C’è una radio, qui?” chiese brusco
solo tirata, non era un vero sorriso. il Resca.
“Immagino che non si possa darle una Padre Gualberto scosse il capo. “Mi
sistemazione … separata da tutti voi.” dispiace. Mai avuta.”
“Diciamo così.” “C’era da immaginarselo! Porco…”
“Capisco.” “Non bestemmiare!” abbaiò Anteo.
Poi l’abate ebbe come un pensiero “Proprio te, dici così, che
improvviso, e sussurrò: “La sacramenti di continuo?”
rispetterete, vero?” “Proprio io. Non qua. Non siamo
Anteo si erse, offeso: “Che cosa bestie.”
credete? Che siamo bestie?” “Però bisogna che non ci facciano
“Non lo so”, fece l’abate, “non lo diventare, delle bestie”, borbottò il
so. Questo lo sapete solo voi. E Dio, Resca.
naturalmente.” Erano seduti attorno al camino
Poi, approfittando di quel momento nella cucina fuligginosa dove i monaci
in cui gli era parso di aver toccato una avevano loro consentito di stare
qualche corda, chiese: “Ma chi sono, perché nella legnaia faceva troppo
quei due? Potete dirmelo. A chi volete freddo. La donna si era tolta le scarpe
che lo vada a raccontare?” e protendeva verso il fuoco dei piedi
Anteo non rispose. magri. Il suo compagno masticava
“Sono importanti?” insisté l’abate. assorto una pagliuzza, guardando a
“Abbastanza. occhi socchiusi nel buio fuori dalla
“Anche la donna?” finestra.
L’uomo si strinse nelle spalle: “E allora come si fa?”, chiese
“Stava con lui.” Savino.
“E che ne farete?” “Alleviamo colombi viaggiatori”,
“Uno scambio. Tutto qua.” propose ironico l’uomo che sembrava
“Quando?” essersi ridestato all’improvviso dal suo
“Lo vedete anche voi. Quando torpore.
avremo notizie sicure. Per averle, il “Ehi! Non siamo qui per farci
passo dovrebbe essere sbloccato. Per prendere per il culo! Io a quello …”
far venir su qualcuno con la moto.” “Che vuoi fare?” Anteo aveva
“Ci vorrà tempo.” messo una mano sulla spalla del
“Questo lo sappiamo.” Resca. “Finché quei due sono qui
“E se lo scambio…”, l’abate esitò, nessuno deve toccarli. Capito?”
cercava le parole giuste per non “Sì, sì, abbiamo capito”,
rendere subito visibile ciò che stava borbottarono gli altri tre.
dietro, ciò che tutti sapevano ma non L’uomo, un tipo magro, stempiato,
volevano o potevano dire, o non molto alto, quello che chiamavano
perlomeno non ancora. “E se non Reggiani, ebbe una risatina: “Non è
riuscirete a contrattare lo scambio in che si sta incrinando la vostra autorità,
modo… soddisfacente?” caro comandante?”

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“Zitto, te, sporco fascista!” Attorno a noi c’è solo neve e freddo e
Allora la donna si girò di scatto inverno, e dovremo stare qui, insieme,
verso di loro, e padre Gualberto vide il per parecchi giorni. Tra queste mura,
suo viso dagli zigomi alti che nel silenzio del tempo. Siamo tutti dei
spiccavano sulle gote incavate; la testa pellegrini, solo dei pellegrini. Dove
mal rasata era piccola e stretta, come andiamo lo sa solo Iddio.”
di bambino non cresciuto. Delle “Ma che cosa dite?”, sbottò il
ciocche rade ancora le coprivano il Resca, alzandosi alterato. Il lume a olio
collo. Non era bella, e forse non lo era faceva risaltare i suoi zigomi alti, la
mai stata, pensò il monaco, sorpreso piega della bocca grande e bella, le
per aver inconsciamente fatto questa gote su cui compariva l’ombra di una
profana considerazione. Come se ciò barba in crescita. Era grande,
avesse avuto importanza, in quel vigoroso, i polsi spuntavano dalle
tempo crudele. maniche della giacca troppo piccola
“Dicono che in questo convento ci per lui, chissà a chi era appartenuta.
sia una biblioteca molto antica”, “Io, per conto mio, lo so bene dove
mormorò il Reggiani, come parlando vado.”
tra sé. “Oh, ma di certo non subito!”, lo
Padre Gualberto si riscosse. “E’ canzonò Reggiani, “non fino a che il
vero. Molto antica. Ci limitiamo a passo resta bloccato.”
tenerla in ordine, per quello che Anteo anticipò lo scatto del
possiamo. La sala è fredda e umida, giovane e lo costrinse a sedere con
alcuni libri sono stati anche attaccati una mano sulla spalla. “Buono lì,
dal pesciolino d’argento.” Resca.”
“Il pesciolino che?”, sbottò Savino. “Prima che suoni compieta”, disse
“Ma dai!” padre Gualberto, “voglio raccontarvi la
“Lepisma Saccharina, della famiglia storia di questo monastero e della sua
dei Tisanuri. Uno degli insetti più biblioteca.”
antichi del mondo. Polifago: cioè che
mangia di tutto”, disse il Reggiani “Avrete già notato che questo
pedantemente, mentre si dondolava edificio corrisponde ben poco all’idea
sulla sedia all’indietro, tenendosi le che ci si fa di un monastero. Vedete
mani dietro la nuca.. che non c’è neanche il chiostro, solo
“Vuoi sbatterci in faccia che siamo un cortiletto con il pozzo. E infatti
degli ignoranti, vero?”, esclamò Anteo. questo agli inizi non era un monastero,
“Oh, nessuna intenzione, bensì un castello-fortezza costruito a
credetemi”, disse l’altro con voce guardia del passo dai signori di
strascicata e noncurante. Pietrascura, oh, una dinastia molto
“Perché io”, borbottò Anteo, antica e selvaggia. Pure, qualcuno di
pentendosene man mano che parlava, loro si dilettava del sapere, e fin dal
“io ho studiato, e facevo il maestro. secolo dodicesimo cominciò a creare
Che cosa credevi?” una biblioteca. Piccola, agli inizi, ma
Ma perché diavolo doveva dirglielo, già rinomata: pensate che si dice
a quello là, fatti suoi erano. contenesse a quel tempo ben 115
“So chi siete, e che cosa eravate, codici! Tutti splendidamente miniati,
prima di questo. So tutto di voi altri.” molti scritti allora in calligrafia unciale,
“Sì, attraverso i tuoi spioni!” carattere bellissimo, non ne convenite?
“E allora? Al mio posto avreste Fu man mano incrementata nei secoli
fatto lo stesso.” successivi, con vicende alterne in
“Shh!”, fece padre Gualberto relazione alla propensione e al tempo
conciliante. “Io non lo so, chi siete che avevano da dedicarvi i rispettivi
davvero. Voglio dire, dentro di voi. signori. Si arricchì di incunaboli, poi di

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di
cinquecentine, e così via.Così fino a Spirito delle leggi, Rousseau il
metà del‘700, o poco più. Poi la Contratto sociale, Diderot la sua
dinastia si estinse, la fortezza-castello Enciclopedia.”
rimase abbandonata, e subì i danni del “Che Iddio vi perdoni. Voi avete
tempo, vedete che ci sono solo dei citato libri pericolosi, a quel tempo
resti delle mura e di un torrione, passò alcuni furono giudicati addirittura
allo Stato, poi fu ceduta alla Chiesa empi, eretici.”
che ne dotò il nostro piccolo e povero “È vero. Ma ditemi, questi libri, ci
Ordine. sono nella biblioteca?”
Abbiamo potuto restaurare solo L’abate esitò: “Sì, ci sono. L’ultimo
un’ala con la cappella gentilizia, e la acquistato fu proprio il “Dictionnaire
torre che adesso serve da campanile. philosophique”. Poi più nulla, i registri
Comunque è sufficiente per noi, siamo sono rimasti bianchi, un lento
rimasti in pochi. Non ci sono più implacabile decadere.”
vocazioni. Forse la gente non ha più “Immagino che pensiate ad una
bisogno di spedire i figli in convento sorta di punizione di Dio: la morte della
per salvarli dalla miseria.” biblioteca per scontare il peccato della
“E la biblioteca?”, chiese Anteo, conoscenza, quella che tante opere pro-
involontariamente incuriosito. prio in quel mirabile scorcio di secolo
“La biblioteca, che sta sopra la avevano orgogliosamente dichiarato
cappella, è rimasta intatta, anche se indipendente dalla religione.”
sta afflosciandosi, immiserendosi un “Conoscenza! Così la chiamate,
poco per volta, come un’anima stanca. voi, quella scienza profana, laica,
L’ultima acquisizione risale al 1764. Di atea!”
più recente non c’è nulla.” “Ahi ahi, padre! Avete pronunciato
“1764. Data interessante”, disse il questi tre aggettivi come se fossero
Reggiani. “A quel tempo Voltaire insulti o maledizioni. E va bene, ve lo
aveva già pubblicato tutto, compreso il concedo. Ma non dovete mettere sullo
Dizionario filosofico, Montesquieu lo stesso piano i concetti cui si
riferiscono: fate insulto
alla mia e alla vostra
intelligenza.”
Padre Gualberto
sospirò: “Certo che
no, so bene quello che
volete dire. E
comunque non erano
insulti. Io rispetto
anche ciò che è laico,
profano o ateo. Fa
parte dell’uomo.”
Una lunga pausa.
Savino si era
addormentato
abbracciato al cane, la
donna era
rannicchiata in un
angolo del camino
come un mucchio di
cenci, Anteo guardava
le fiamme tenendo il
capo tra le mani,

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assorto; il Resca scarniva col coltello tronchetti che ricadevano a terra


delle asticcciole di legno per farne dei rotolando qua e là. Avevano la stessa
lunghi fiammiferi da camino, Otello età, all’incirca, non più di diciott’anni
dormiva con la testa avvoltolata nella comunque, a guardare le loro facce
giacca. imberbi e gli occhi chiari di chi non ha
Reggiani aveva smesso di ancora visto tutto il male del mondo.
dondolarsi e sedeva di fronte al Ogni tanto si fermavano per scaldare
monaco. “Ma i libri, voi li avete letti?” col fiato le mani intirizzite.
“Solo alcuni. Come avrete capito, “Ma ti chiami proprio Savino, te?”
molti appartenevano a quel territorio “Sì, perché?”
… profano, molto profano.” “Com’è che non hai un nome da
“Ma voi che ne sapete se non li battaglia come gli altri?”
avete letti?” “Boh. Dicono che sono troppo
“Mi è bastato il titolo.” giovane, che dovrei essere a casa mia
“Il titolo! L’abito esteriore. È così invece che qua. Anteo dice che se
che va il mondo”, fece Reggiani con fosse mio padre me le darebbe con la
una certa amarezza, che stupì il padre. cinghia, per esser scappato di casa.”
“Il mondo delle apparenze”, proseguì. “Di dove sei?”
“Appunto. Ieri, ricordate? Vi ho “Vengo dalla Bassa, da Medicina.
mostrato un libro con questa epigrafe. Sai dov’è?”
Neppure a voi interessava il “No.”
contenuto.” “Ma va!”
“Già. De Simulacris”, ripeté “Io sono nato in paese, a fondo
pensoso l’altro. “Lo conoscevo già. Ma valle, e non mi sono mai mosso da lì.
vi prego, continuate la storia di questa Non so neanche che cosa c’è di là di
curiosa biblioteca.” questi monti.”
“Avete ragione, curiosa. Mi sembra “Ti dispiace?”
quasi incredibile, e in un certo senso “No. Non lo so. Ma che mi
scandaloso che tocchi proprio a noi, domandi a fare.”
monaci di un ordine semplice, che Una pausa mentre accatastavano
parla con Dio senza intermediari, solo la legna ansimando un poco, le gote
attraverso i Suoi fiori e alberi e boschi rosse per il freddo.
e uccelli, che non ha mai elucubrato “E com’è che sei venuto qua con
filosofie o teologie, che non si è mai quelli?”
perso nell’interpretazione cavillosa “Quelli sono un pezzo del 36°
delle Scritture, contenti dell’amore di GAP. Sono in gamba. Comunque, pur
Dio, essere i custodi di un così strano di venir via di casa, tutte le brigate
e imbarazzante patrimonio. Ma ora partigiane vanno bene”.
suona compieta, sentite? Vi devo Poi Ireneo azzardò, a voce bassa,
lasciare. Perché non venite in cappella guardandosi attorno per esser certo
anche voi?” che non ci fossero altri: “Ho visto che
“Un’altra volta.” hai una pistola sotto il maglione.”
L’abate fece per ribattere: “se ci “SSt! Zitto!”
sarà un’altra volta”, ma si trattenne. “No, no, non dirò niente, che cosa
credi? Non sono uno spione.”
Savino e Ireneo, il giovane novizio, “E io che ne so?”
spaccavano la legna in cortile, tra le “Beh, te lo dico io. E… ci hai
galline che razzolavano sotto un sole sparato con la pistola?”
pallido. Dopo qualche minuto si resero “No, con questa no.”
conto che gareggiavano a chi ne “Allora col fucile, quello che
spaccava di più, facendo allegramente abbiamo nascosto dietro il pollaio?”
schizzare in aria le due metà dei “Ignorante, è una mitraglietta.”

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“Non ne ho mai viste, di armi, io. mani, vorace; Reggiani pretese coltello
E… con la mitraglietta, ci hai e forchetta per scarnirli con precisione
sparato?” chirurgica: Anteo ne era affascinato.
“Ma che cosa vuoi sapere? Sì.”
Il novizio si rizzò portandosi le mani Tornarono altre volte, Anteo e il
alla schiena per stirarsi. Esitava. Reggiani, nella biblioteca, sotto lo
Alla fine si decise: “E… hai ucciso sguardo sospettoso di padre Columba.
qualcuno?”. Ecco, era riuscito a dirlo. Anteo prendeva in mano i libri, con
“E che ne so”, rispose Savino con cautela li adagiava sul leggio tarlato e
un residuo di onestà, anche se era ne ammirava le miniature: Reggiani
lusingato dalla ammirata curiosità di cercava di decifrare i testi nella pacata
Ireneo. luminosità della neve fuori dalla
“Come, non lo sai?” finestra, una neve vasta e compatta
“Boh. Si sta acquattati, nessuno sulla quale spiccavano le piccole
vede niente, solo l’uomo che sta in impronte di un un uccello che
vedetta vede qualcosa, poi c’è zampettava verso la faggeta. Poi il sole
qualcuno che grida “adesso!”, e si scendeva incendiando le cime degli
spara. Verso gli alberi, o delle case, o alberi e dei monti lontani. La neve
delle ombre. Che ne so. E’ così che diventava azzurra, riverberando ancora
funziona.” prima del buio della notte.
“Ah.” Il novizio sembrava deluso. “E’ bello, qui”, mormorò Anteo.
“E dei morti, ne hai visti?” “Sì. Qui non arriva lo strepito del
“Quelli sì. Tanti. Troppi. Anche dei mondo”, fece padre Columba.
nostri.”
“Brutta cosa, vero?” L’abate, come prescriveva la regola
“Tutti i morti sono brutti.” benedettina, mangiava assieme agli
Savino pensava: “ma che cosa ospiti, e poteva pacatamente
vuole questo qua, dovrebbe stare in conversare con loro.
chiesa a pregare e invece mi rompe “Vedo che vi interessa molto la
l’anima a parlare di spari e di morti. biblioteca” disse, con noncuranza, al
Per me ha sbagliato vocazione. E’ Reggiani.
anche grosso il doppio di me, e “Potete dirlo. E’ straordinaria, così
potrebbe darmele quanto gli pare. antica e così dimenticata. In effetti, tra
Potrebbe darle anche al Resca, di questi monti, in questo luogo sperduto,
sicuro, o a Otello. Ad Anteo no, quello la vostra biblioteca è davvero speciale.
è grande come un orco!” Perciò mi piace pensare che dovrebbe
Ma pensava a Ireneo con simpatia, anche contenere libri speciali.”
e spesso lo cercava per andare a far “Per esempio?” chiese incuriosito
legna insieme nel bosco innevato, o a padre Gualberto.
preparare e poi raccogliere le paníe. “Non so. Il libro del Vento, per
Erano dei lunghi spaghi a cui venivano esempio. Il vento riempie le pagine, le
annodati qua e là dei pezzetti di pane solleva, le fa frusciare, portando aromi
unti di lardo: gli uccelli che cercavano di salvia o di abetaie. Poi quello
di ingoiarli restavano presi col boccone dell’Inquietudine, del Tempo, delle
in gola. Una triste ghirlanda di Prigioni, delle Nebbie. E degli Specchi:
corpicini scuri e teneri. Otello dopo questo dovrebbe essere il più intrigante
averli spiumati li cucinava infilati in uno di tutti.”
spiedo di fil di ferro, sotto lo sguardo “Questi mi sembrano libri frivoli”,
di disapprovazione dei monaci che si ribattè l’abate, che aveva deciso di
contentavano, nel loro prescritto stare al suo gioco, “io ne conosco altri,
silenzio, della polentina di miglio. La più crudeli, più inquieti. Per esempio, il
donna mangiava gli uccelletti con le Libro delle Menzogne.”

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progetti di luoghi e
persone inesistenti,
oppure esistenti in
forma diversa, o in
misura diversa, in altre
stanze, in altre
contrade? Intento
nobile, certamente,
pure dilettevole, che ha
creato i poeti e i
narratori, i trovieri, gli
aedi, gli scaldi, e alla
fine anche i folli.”
“Io invece
immagino, padre, un
altro scopo: perpetuare
l’errore in cui l’ignaro
lettore è immerso,
profondamente
persuaso di attingere il
vero. Questo è il
genere di inganno più
crudele e pericoloso,
ne convenite? perché
non sprona a
“Hmmm, davvero? vi dilettate di verificare, ad andare oltre.”
queste piccole favole, padre? non Anteo aveva smesso di scrivere, e
l’avrei mai detto.” ascoltava quegli aerei ricami di parole,
“Solo perché la sera è buia, e c’è che peraltro lo affascinavano. Era da
troppo silenzio, capite. Sì, parecchio tempo che la sua mente non
raccontiamoci favole, fanno bene. si soffermava sui significati di ciò di cui
Ecco la nostra biblioteca immaginaria: si parlava ma anche di ciò che si
in uno dei primi scaffali, chiaramente faceva. Non c’era tempo, ecco tutto.
visibile e alla portata degli occhi, c’è un La guerra aveva divorato ogni cosa. E
libro dalla copertina marrone, piuttosto gli pareva vagamente vergognoso quel
consunta. Narra di molte cose, e di loro star lì a trastullarsi con le parole
molti uomini, e delle cose che mentre intorno si combatteva e si
accadono agli uomini. Ma nessuna di moriva.
queste è vera. E i lettori si interrogano, Dopo un breve silenzio il Reggiani
non sulla menzogna, perché inutile riprese: “Però, a mia volta, vorrei
sarebbe delinearne i confini, bensì sugli parlarvi del Libro delle Verità. C’è, non
intenti della menzogna.” è vero? Deve esserci, altrimenti che
“Buona domanda”, fece pensoso il biblioteca sarebbe? Ma il titolo: “Libro
Reggiani. Anteo scribacchiava su di un delle Verità”, quanto pomposo e
quadernetto logoro, era il suo diario di inutile! Tuttavia, a mio parere, questo
combattente, doveva render conto al è assai più pericoloso del libro delle
commissario politico, prima o poi. Ma Menzogne, infido, arrogante, perché
di tanto in tanto ascoltava. induce alla fiducia, alla sottomissione.
Il monaco riprese: “Si tratta di E’ accetto al Potere perché tutto
menzogne calcolate? e se così fosse, ordina e codifica, racchiudendo il
quale scopo si vuole raggiungere? sapere umano tra mura invalicabili.”
Intrattenere i lettori con memorie o “Questo è il compito della verità,

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di
non vi sembra?” ribatté dubbioso rompiballe del commissario politico.
l’abate. Uguali, davanti al sole e al vento;
“Oh, certo, quello dichiarato. Ma anche a morire, se era destino. Ma
chi possiede, o crede di possedere, quel Reggiani, che roba era? solo un
verità, chi le costruisce e le innalza piccolo federale, neanche tanto
come vessilli non può consentire che il importante. La sua pellaccia valeva
vento che soffia dalle pianure oltre quella dei compagni catturati dai
l’orizzonte possa renderle pian piano tedeschi? Mah. Non ne era tanto
solo degli stracci laceri. Non è tanto il sicuro. Eppure Anteo sapeva sempre
contenuto di queste che è pericoloso, quel che faceva, no? L’attacco alla
quanto il fatto che sia propalato e caserma per prendere armi e
spacciato come “verità”. Potremmo munizioni era andato male, un
dire che è questa la più grande compagno morto e gli altri tre presi.
menzogna, a cui nemmeno il Libro E, subito dopo, quell’azione così
delle Menzogne potrebbe aspirare.” veloce, assolutamente non
Anteo alzò il capo, sorpreso e programmata: li avevano visti fermi
incollerito. “Il libro delle Verità! sulla strada, il Reggiani e la sua
quante boiate! e io che vi stavo ad donna, per un guasto all’auto;
ascoltare! Quello è il libro dei servi, e sapevano chi era quel piccolo federale,
nient’altro! Come diavolo vi c’era voluto poco per bloccarli, legar
permettete di parlare della verità, voi loro le mani e portarseli dietro su per i
e quelli come voi, che per anni ci monti, fino a quella piccola abbazia
avete riempito la testa di balle? la che conoscevano per sentito dire. Il
vittoria, la grandezza, l’orgoglio, resto del gruppo continuava la sua
l’italianità, avanzare e vincere, credere azione nell’Appennino; qualcuno si
obbedire combattere, portare la civiltà era incaricato di far avere il messaggio
a chi non la vuole! balle, balle, balle! al Comando tedesco. Uno scambio,
Come parlate preciso, voi! come vi un semplice scambio. Se qualcuno ci
arrotolate le parole in bocca! Ma non sperava.
vi vergognate? Complimenti, come Il giorno dopo, mentre erano al
l’avete descritto bene, il vostro riparo in una capanna da pastori, la
metodo! io che sono maestro ho donna si lamentava, le faceva male
dovuto insegnare su quegli schifosi qualcosa, la caviglia forse, il Resca non
libri di scuola che ci avete propinato. la sopportava. “Che cos’ha da
Le Verità! Il Duce, la Patria! piagnucolare questa qua? ti fan male i
l’Impero!” piedini, signorina?”
Ci fu un breve silenzio. Il Reggiani L’aveva presa per un braccio e
si guardava le mani, le rigirava con schiaffata su di uno sgabello sbilenco,
lentezza. Poi disse piano: “Credete che poi, con le vecchie forbici arrugginite
non mi renda conto? del resto anch’io da tosatore appese a un chiodo, aveva
sono solo un servitore, lo sapete bene. cominciato a raparla con malagrazia.
Però anche voi e quelli che vi seguono Savino la teneva ferma, anzi un poco
avete le vostre verità, mi pare. E pure si divertiva. La donna stava in silenzio,
ben consolidate. E non sfuggiranno al senza reagire.
destino delle Verità, di tutte le verità.” Era arrivato Anteo, urlando:
Il Resca ascoltava distratto, roba “Cretini, che cosa state combinando?
buona, pensava, solo per Anteo che Non avete altro da fare? A che vi
era istruito, non come lui che aveva serve?”
fatto solo la terza elementare. Però Così il Resca aveva lasciato a
per sparare non ci voleva il diploma, mezzo la rasatura, e all’Ilva erano
questo era il bello dello stare sui rimaste delle ridicole ciocche nere sulla
monti, tutti uguali, tranne forse quel nuca.

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“Chi l’ha rapata così?” aveva Anteo riprese: “Andiamo via


chiesto poi l’abate. “E perché? è una domattina. Tutti quanti.”
cosa che non ha molto senso, so che si “Anche loro?” chiese padre
rapano talvolta le donne compromesse Gualberto, a voce bassissima, quasi
con i nemici, ma per farle vedere in timorosa, accennando a Reggiani e
giro, a loro vergogna. Qui tra i monti a alla donna.
chi volete che importi?” “E’ quello che ho detto.”
“A me, importa”, fece il Resca tra i Padre Gualberto si pose di fronte
denti. ad Anteo, le mani sulla croce
In realtà non sapeva neanche lui tremavano leggermente. “Che ne
perchè l’aveva fatto, sapeva solo di farete di loro?”
aver sempre davanti a sè gli occhi di “Quel che occorre.” La voce di
sua sorella, poco più di una bambina, Anteo si era fatta sorda.
violentata quasi a morte da due “Ma occorre che cosa?”
repubblichini che erano fuggiti nel buio “Che cosa, che cosa!” Anteo emise
dei campi. un grido di esasperazione. “Ancora
non lo so, non lo so! e non ho
“Servi”, pensava Anteo. “Questo è l’obbligo di dirlo a voi!”
ciò che vogliono fare di noi, nel tempo L’Ilva taceva. “E tu non dici
e ora. E da sempre e per sempre, niente?” la tormentava il Resca.
temo. Ma quello che facciamo NOI ha “Io vado dove va il mio uomo”,
un senso? servirà a qualcosa? che cosa fece lei, sordamente.
vogliamo costruire, poi? un mondo Il Resca tacque, intimidito.
nuovo? e comunque un’altra illusione Reggiani li guardava, con un breve
che potrebbe, alla fine, diventare sogghigno. “Vedo, padre, che non
menzogna? riusciremo a portare a termine la
Ma che cosa mi sono ridotto a nostra piccola disputa sul vero e sul
pensare... Via, via di qua appena falso. Questo mi spiace molto, sapete?
possiamo. Brutto posto, con questa e mi spiacerà ancor di più lasciare la
biblioteca di libri pazzi.” biblioteca.”
“È tutto quello che avete da dire?”
Trascorse una settimana di molte sbottò l’abate.
piogge che sciolsero la neve, quel “Perché? che altro c’è da dire? del
tanto da consentire a una moto di resto, ogni cosa è stata già scritta.”
venir su, con due uomini del reparto L’abate arretrò, sembrava affranto.
partigiano. Sospirò. “Vi aspetto stasera nella
“Allora?” cappella, voi e la ... signora, vi prego,
I due tacevano, si tolsero i guantoni non mancate.”
fradici, il berretto. Si scaldavano al “E perché no?” Reggiani era
fuoco. Non parlavano. pacato, si alzò dallo sgabello girando la
“Abbiamo capito”, fece sordamente schiena verso il fuoco e
Anteo. massaggiandosi le reni. “Facciamo
“Tutti?” chiese Otello. pure anche questo.”
Uno dei due annuì. “Due giorni fa, Più tardi, mentre preparavano i
in piazza”, precisò, “davanti alla loro fagotti, il Resca ghignò: “Li vuole
chiesa. Dopo la messa delle dieci. confessare, l’ho capito! Perché non si
Impiccati col fil di ferro. Sono ancora dannino l’anima, quell’animaccia nera,
là, appesi agli alberi.” che neanche la piena del fiume qua
Padre Columba si segnò. Reggiani sotto sarebbe capace di lavare!”
e la donna tacevano, gli occhi verso la “Taci, tu, ignorante”, disse Anteo
finestra. tra i denti. “Non sai di che cosa parli!”
Un lungo momento di silenzio. Poi “Tu ignorante a me non lo dici!”

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esclamò il Resca e fece l’atto di “Davvero? Beh, io lo so, dove
avvicinarsi ad Anteo con aria vado.”
aggressiva. “Ne siete sicuro?”
“Beh?” fece il più vecchio dei due
nuovi arrivati. “Che cosa sono queste Lasciarono il convento, c’era il sole
sparate? I nostri compagni sono morti, sulla neve, spingevano i prigionieri giù
ammazzati! e voi state qua a litigare per la mulattiera. Dei pettirossi
come cani rabbiosi. Smettete subito.” zampettavano sul prato. Se ne
“Sì, capo”, borbottò Anteo, a cui andarono tutti così, appena un
fece eco il grugnito del Resca. congedo borbottato.
Ma nel freddo chiaro della
“Lasciateli qua. Ve ne prego – chiesetta, durante le preghiere della
propose cautamente padre Gualberto. Terza, i monaci si distraevano
“Non ha senso che li portiate con voi. continuamente attendendo un qualche
Non ha proprio più senso, non vi suono. Niente veniva su dalla vallata,
pare?” solo il gracchiare di una cornacchia.
“A qualcosa possono sempre “Non ho sentito spari”, disse Ireneo
servire.” dopo un po’, d’impulso,
“Anche da... morti?” contravvenendo alla regola del silenzio.
“Anche da morti.” “Non c’è bisogno di sparare, da
“Ma a chi?” queste parti”, fece piano padre
“A noi. A tutti quelli che hanno Gualberto. E pensava agli inghiottitoi,
dato il sangue, e che ancora si alle profonde doline che si aprivano
battono. Per giustizia.” qua e là tra le rocce gessose, ma non
“Eppure io so che non lo farete.” lo disse. Del resto era solo un
“Ma che ne volete sapere, voi.” pensiero, chissà.
“Vi ho sentito parlare di libri. Vi ho Poi rabbrividì. “Fratelli, torniamo a
visto ascoltare le parole dei libri.” pregare.”
“E che vuol dire? in tanti leggiamo Una poiana girava, lamentosa,
libri, non per questo si diventa migliori.” sopra i tetti del convento. Poi il suo
“Migliori forse no, ma certo più verso si affievolì e alla fine si dissolse
consapevoli.” scivolando nel silenzio della valle.

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IL PRIMO GIORNO
Racconto d’invenzione
di JESSY SIMONINI
A CHE È ARRIVATO il momento di soffio imprendibile tra le pareti. Qualcosa
S svegliarsi e di scegliere un nuovo
paesaggio; il momento della giornata in
che non tornerà mai, di certo non lì.
Come aveva scritto qualcuno? “Qui per
cui occorre ricapitolarsi, riacquistare miracolo tace la guerra”. “Ecco”, pensa
coscienza di sé. Si desta da un sonno “è proprio così. Tace”.
nervoso e breve, fatto di piccoli sussulti, La strada in cui vive è in pieno centro
un sonno in cui la sua respirazione è storico. Una strada stretta, che sale dal
irregolare, quasi sfaldata. Si guarda borgo e si incrocia perfettamente con la
intorno e gli sembra come di riaffacciarsi via principale, come in un cardo-
al mondo, di riappropriarsene; sa che è decumano. Si è fermato tante volte a
un movimento necessario. Mentre le cose pensare a quando quel potenziale cardo-
di casa recuperano la propria dizione, la decumano sia stato stabilito. A quel
propria forma, cerca di farsi strada momento esatto: un angolo retto o una
nell’oscurità seguendo le iridescenze croce, una traccia nella terra fertile della
timide che filtrano dalla gelosia di una bassa che piano piano degrada ad
finestra, da una piccola crepa nel muro acquitrino, a palude e poi a valle infinita.
che gli torna in mente e lo riporta Gli piace immaginarsi quell’attimo,
indietro di pochi mesi, a quelli che gli immaginare se stesso in quell’attimo che
sembrano già diventati dei ricordi; ricordi gli evoca nuovi inizi e ricostruzioni
messi in discussione, persi nella improvvise e scompaginamenti. Per un
penombra. Il letto è scomodo, ma sa che momento, non ricorda più il nome del
presto se ne potranno permettere un corso principale. Il corso è una strada
altro; lo spera davvero. Anche la vecchia romana, il decumano di M. Non ha più
stufa è rotta: si è bloccata all’improvviso. né il nome fascista, quello di un re né
Però l’inverno è lontano. Potranno quello del dopoguerra, che riporta la città
aspettare ancora qualche mese, poi sarà alla democrazia. Ha ricostruito in sé una
dicembre e dovranno farla riparare, nuova toponomastica. Una nuova
trovare una soluzione. Qualcuno darà urbanistica. Casa gli sembra sia casa
loro una mano. Tutti si aiutano a vicenda. come lo era per i latini, per i suoi latini.
E aiuteranno anche loro. Una capanna fatta di legno e giunchi
Apre i vetri e le persiane e guarda dove si incrociano le vite, le correnti.
fuori. C’è ancora l’alba, la vede oltre i Guarda in basso e si immagina quella
tetti, in un cielo azzurro, senza nuvole, strada dopo poche ore; operosa e viva,
attraversato solo da qualche lama di luce immersa nel sole nitido di inizio autunno,
imprevista. La sua stanza è all’ultimo con le donne che vanno a fare la spesa e
piano. In fondo alla scala, in un luogo gli anziani che passeggiano lentamente, e
che gli sembra difficilmente raggiungibile. le serrande alzate e le porte delle case
Da lì, dalla finestra, può vedere un aperte, solo una tenda infeltrita a
segmento di quel vecchio borgo, i tetti, le separare le cucine, i soggiorni, dalla
case lì intorno; alcune sono distrutte, strada, dal mondo là fuori. Si appende a
sventrate da pochi mesi e ancora in quell’immagine; è ancora intorpidito.
attesa di essere ricostruite. Altre invece Guarda l’orologio; deve sbrigarsi. Non
sono tornate alla vita e della guerra è può fare tardi il suo primo giorno di
rimasta solo qualche sbrecciatura, un scuola. Pensa a M., la piccola cittadina di

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BSRODO
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M. che ristagna nel ventre della pianura corriera è partita, vede la vita dispiegarsi
centuriata, fra l’ocra rassicurante dei lentamente, oltre il vetro, come su uno
campi vasti e aperti e il rosso dei tetti e schermo in cui si accumulano immagini
delle case; pretenziosa con le sue cupole difficili da decifrare. Si gira e cerca di
e le ville della locale aristocrazia in rovina, guardare M. che sparisce in una
devastate dalla falce del tempo, con l’erba dissolvenza, sotto una cappa di umidità
alta nei giardini e l’intonaco scrostato, diffusa, mentre il sole si sta alzando. Di
crollato via. Il paese gli scorre davanti e quella lunga estate dopo la guerra, a M.,
gli sembra che stia diventando più bello. resta solo una dissolvenza. Qualcosa che
La ricostruzione lo sta rendendo più scompare, verso presto, e mette tutto in
dignitoso. Ma la guerra è un ricordo balìa del cambiamento.
obliquo e presente. Fra qualche anno M.
diventerà una piccola cittadina immersa In un’ora è già in città; quello è il
nella quiete del mondo libero, in una paesaggio che ha scelto.
pace occidentale ricostruita, un po’ Quando entra in quell’isolato di
artificiale. Saranno sempre comunisti, gesuiti, si accorge che la guerra lì c’è
perché qui è la cosa migliore che si possa arrivata, ma in modo più discreto ed
essere. Saranno comunisti ma moderati, elegante. La ricostruzione procede
“comunisti tranquilli”, per il progresso e velocemente. Si avvicina alla scuola e
le villette a schiera. Onesti e puliti, per vede un edificio austero, altissimo,
davvero. Ma lui non può saperlo; di venirgli incontro. È nel posto giusto;
politica in casa non si parla, non si deve non vuole essere da nessun altra parte.
parlare. E “comunisti” sembra una Il tremore lo abita, come succede
minaccia. Un po’ come “Bologna”, che sempre quando le cose stanno per
nei discorsi delle donne di casa risuona iniziare, si accendono, e si è sospesi
come un luogo lontanissimo e pericoloso. nella distanza, fra le certezze cartesiane
Come gli dice sempre sua nonna? “Vai di tutti i nostri ieri e le ipotesi
fino a Bologna?”. È il posto più lontano imprendibili del futuro. Non si guarda
in cui sia stata. Lui ci sta andando, ci intorno, non guarda il resto del mondo;
andrà per molti anni, ogni mattina a in poco tempo è già sotto il portico, e
studiare, al centro di un isolato austero, poi dentro la scuola, sulle scale etrusche,
vicino alle colline e ad un grande parco e poi nel decoro borghese del piano
urbano. Esce di casa e si dirige verso la nobile. La scuola è buia e sporca, severa
fermata dell’autobus. In realtà, a M. si già nelle architetture, con le pareti
dice corriera. Anzi, preferibilmente, altissime e le finestre enormi che si
coriera. Con una r sola, nel modo di dire aprono sulla città, sui tetti ammassati di
che hanno lì. quella strada del centro.
Non sa nulla di politica ma vede i Gli torna un ricordo degli anni vicini,
colori vivi di alcuni manifesti di di quando iniziava a studiare latino.
propaganda che sono appesi ad un Quando era il più bravo a tradurre e
muro. Fino a poco tempo prima c’erano l’insegnante gli faceva sempre i
dei manifesti del Fascio. Sono stati complimenti e gli metteva un voto alto
coperti, sommersi dalla novità, dal nella versione, mentre bocciava tutti gli
bisogno di una nuova iconografia. Li altri, e voleva obbligarlo ad andare al
guarda di striscio. Si chiede cosa ci sia ginnasio, in città, e poi al liceo.
dietro, a che cosa si riferiscano quei Nunc demum redit animus.
segni obliqui. Ne è attirato e, allo stesso Salendo le scale etrusche gli vengono in
tempo respinto. Si avvicina alla fermata mente queste quattro parole. Ora si
della corriera. Ci sono altre persone che torna a respirare. Ecco quale sarebbe
vanno in città, al lavoro, e coetanei che stato il motto di quei giorni nuovi, di
vanno a scuola come lui. quel lunedì dopo la guerra, il suo primo
Quando il motore è acceso e la giorno a scuola, lontano da M.

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La lingua della memoria

LA
PIASÉTTA
di NARA REBECCHI

O, LA PIASÉTTA NON È
N DIALETTO MEDICINESE, ma
modenese; sì, perché mio padre e mia
nonna venivano da lì (mia madre
invece era di Buda). E la piasétta –
come la chiamava mia nonna Ilde –
era Piazza Nazario Sauro dove
vennero ad abitare i Rebecchi da
Camposanto e dove io nacqui nel
1949, rimanendovi fino al 1960.

Ci deve essere una sorta di Nonna Ilde e


nonno Antonio
spiritosaggine che li ha guidati nel loro – 1919 –
peregrinare: passarono da i capostipiti
Camposanto a Medicina… beh, dei Rebecchi
almeno migliorarono nel nome. Ma a Medicina.
solo in quello, perché mio nonno
Antonio vi morì pochi anni dopo, a di “tagliare per traverso” chiunque;
soli 44 anni, di peritonite, perché il non avevano paura di nessuno. Ma di
coprifuoco impedì di portarlo buoni principi, capaci di fatiche e
all’ospedale. sacrifici immani, attaccate alla loro
terra. C’erano la Rosina, la madre di
La vita dei Rebecchi continuò in Oscar Benghi; l’Adelma, mamma della
quella vecchia casa sopra il forno di Lina; la Teresa, la cui figlia emigrò in
Taviani; tutti braccianti, compresi mia America. C’erano la Luisona, la sarta;
zia Maria, il vecchio Luigi e sua la Piera, l’infermiera; la Luisa, la
moglie Francesca; ecco, bisnonna giornalaia; la Marisa, mamma di Luigi
Francesca, figlia di NN, stupenda, Rimondini; c’era la lattaia; le sorelle
altera, raffinata, …strano per quei Mirca e Arianna, questa fu la fidanzata
tempi e per essere una bracciante!... di mio padre, molto prima di
O chissà, forse sono io che l’ho incontrare mia madre. Lei poi ebbe
interpretata così dai ricordi di Bruno, un compagno di scorribande in
bambina, mediati dai racconti di mia quella piazzetta e che mi chiamava
madre, e soprattutto attraverso la sua sufrogna per farmi arrabbiare, anche
foto sulla lapide al cimitero, se non sapevo cosa volesse dire. Vedo
fantasticando sulle sue origini. ancora alcune donne sedute sui
seggiolini bassi davanti a casa, a
Piazza Nazario Sauro, un mondo! gambe aperte sotto quelle lunghe
Ma soprattutto io l’ho sempre sottane, che cucivano, facevano la
vissuta come un mondo di donne. maglia e nel contempo parlavano su
Quelle donne forti, di una volta, capaci tutti e tutto. Io le temevo, anche da più

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BSRODO
diERPE

Mamma grande. Sicuramente ho dimenticato Ma che io fossi una birbante lo


Marisa incinta
fra i braccianti
qualcuna, ma le accomuno anch’esse sperimentò la Nina ed Rambaldén
(la quarta da nel ricordo che oggi – da grande – si è nostra vicina di casa, madre della
destra), 1949. fatto sempre più bello verso tutte loro Bruna, della Vilelma, di Giuseppe, di
e verso quel mondo. Giuliano Scalorbi che viveva con lei e
Che “ragazzacci” in quella che mi faceva giocare. Una volta mia
piazzetta! E io ne facevo parte. Ero madre mi mandò a portare le forbici
proprio un maschiaccio e ne dall’arrotino; io feci la prima scala
combinavo di ogni. Ho sempre avuto stagliuzzando uno a uno i capi di
croste sulle ginocchia, sui gomiti… Un biancheria che la Nina aveva steso
giorno decidemmo di fare una gara a sulle scale. Al ritorno presi una
chi avesse il coraggio di lanciarsi con bancata di botte da mia madre, anche
la bicicletta a tutta velocità dall’alto se negai fino all’inverosimile (sforzo
della ratina che scende da Via inutile; chi altro avrebbe mai potuto
Cavallotti di fianco ai Tre Scalini. Io, essere stato!). La Nina, che al sabato
entusiasta, mi lanciai, rovinando però mi chiedeva di lavarle la schiena
a terra a tutta velocità appunto, dentro una bacinella di ferro, si faceva
nell’ultimo tratto stesa sull’asfalto. Mi il bagno così, come tutti allora, e alla
rialzai senza i due denti davanti. Mia fine mi dava 10 lire: una ricchezza che
madre li trovò rientrati all’indietro nella mi consentiva di comprarmi al forno
bocca e appoggiati al palato; con Taviani uno spumino di cioccolata
grande prontezza di spirito li tirò giù, li ripieno di finta panna. Buono!!!
rimise nella loro sede e strinse forte In cima alle scale di casa c’era una
forte… Sono ancora lì. finestra con le sbarre fino in basso.

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La lingua della memoria

Da piccola mi mettevo lì, con


le gambette penzolanti
all’esterno e sotto i piedi mi
passavano i fili che portavano
l’elettricità in tutte le case della
piazzetta. Mia madre si era
tanto raccomandata perché
“bruciavano”, diceva. E, allora,
io provavo a bruciare qualsiasi
cosa; in particolare una buccia
di mandarino si fermò a
cavallo dei fili, ma non
bruciava; ogni giorno
controllavo, ma niente;
sconsolata mi chiedevo il
perché, e non capii mai,
finchè ho studiato fisica, ma
ancora oggi ho negli occhi mi veniva versato un tegamino di Mamma
l’immagine di quella buccia in attesa di brodo buono e profumato. Eh, sì, in Marisa e Nara,
venire bruciata. sotto casa
Piazza Nazario Sauro si è fatta la nella piazzetta
Da quella finestra vedevo il tetto fame, di quelle “nere” davvero. Mia Nazario
della casa di fronte, dove abitava la madre Marisa, per reperire i soldi per Sauro, 1949.
mia amica Donata, su cui c’era un comprare le iniezioni di cui avevo (Foto Pasquali)
comignolo strano, tutto nero, che bisogno ogni giorno, andava a stracci
girava, di ferro, con una specie di e a lumache, oltre che a lavorare in
orecchio rotondo, per me era un campagna.
mostro che mi guardava e mi faceva Tutti lavoravano in famiglia, per cui
paura specie di sera, specie quando mia madre mi lasciava dalla Ida, la
pioveva. Oggi non c’è più, è stato madre di Anna Brini. Una donna che
sostituito da un comignolo di pietra, diventò una seconda nonna e che
moderno, però non così “intrigante”. abitava dall’altra parte del canale; da
lei mi sono proprio divertita scoprendo
È da quella finestra che assistetti un altro piccolo mondo; in casa aveva
alla carica delle camionette della celere una vecchia radio a galena che mi
per le strade del paese; vidi una affascinava, ma che non funzionava; il
ragazza, “incantonata” da un celerotto massimo era quando mi portava nel
contro la serranda del fabbro. negozio di famiglia di caccia e pesca in
Ricostruendo l’evento, anche grazie ad Via Fornasini, che aveva un retro e
Alma, vicina di casa, quella ragazza soprattutto dei sotterranei, delle grotte,
doveva essere l’Arianna, fiola ed che erano un giubilo per me, dove ci
Puntalòn che – comica nella tragedia immaginavo di tutto, ma dove ci
– dopo una sonora manganellata, per trovavo anche topi, lucertole e gatti
niente intimorita, gli urlò addosso: morti.
“Sgrazié, tu mé dè na paca propri in
t’la ghemba c’la’m féva bèla mèl!”. Anche nonna Ilde lavorava;
raggiungeva i campi a piedi, perché il
L’albergo “I tre scalini” di fronte marito, nonno Antonio, le aveva
a casa, dove, alla domenica, mia proibito di usare la bicicletta e, pur se
madre mi mandava a prendere il morto, lei rimase ligia a quell’“ordine”.
brodo. In un pentolone enorme bolliva Per cui ogni giorno si faceva tanti
il lesso – inarrivabile per noi, costava chilometri a piedi, fino anche alla
troppo comprare la carne – e da dove Vallona, in andata e in ritorno. Giunta

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BSRODO
diERPE
a casa, poi, non si riposava, ma c’era
da fare, e tanto. In casa non c’era
l’acqua. E allora bisognava fare quattro
rampe di scale per andarne a prendere
una secchia alla fontanina nella
piazzetta di fronte a casa, di fianco
all’officina del fabbro.

La fontanina! Mia nonna mi


bagnava la fronte con quell’acqua al
suono delle campane che
annunciavano il Cristo risorto. Oggi
quella fontanina non c’è più. Peccato!

Poi c’era da lavare. Le volte che si


andava al canale con la mastella piena
di biancheria io mi divertivo, ma mia
Papà madre e le altre donne un po’ meno;
Oddone, solo una volta ogni tanto si faceva il
mamma bucato nel mastellone di legno, posto
Marisa e Nara
– 1953 – di sempre fermo lì, dentro il portone di
fronte alla casa nel sottoscala vicino all’ingresso
Camera secondario del forno. A me sembrava
del Lavoro tanto alto quel mastellone, chissà se
poco lontano
dalla piazzetta veramente era così, ma non c’è più
Nazario Sauro. mamma per chiederglielo.
(Foto Pasquali Sull’imboccatura superiore, un telo su
e Zuppiroli) cui nonna metteva la “cenere”,
raccolta e conservata con cura, passata Dal forno saliva una canna fumaria
al setaccio per togliere i resti di che passava dentro il nostro
carbone che avrebbero macchiato appartamento e che emanava tanto
l’acqua, e mia mamma che faceva su e caldo, anche in piena estate. Mamma
giù per portare le secchie d’acqua raccontava che a fine agosto quando
calda. A me sembrava così strano che mi partorì, per il troppo caldo che
per fare i lenzuoli bianchi e puliti si veniva da quella canna fumaria, fu
usasse la cenere (liscivia), ma tant’è presa da un febbrone da cavallo.
che il risultato era quello. Viceversa, d’inverno quella canna
fumaria faceva caldo, ma solo nella
Il sottoscala! Un piccolo antro camera dei miei genitori dove fino ai
buio, dove oltre alle biciclette dei sei anni dormivo anch’io, ma quando
padroni Taviani (le biciclette dei miei mi trasferirono nella stanzetta in
non potevano essere lasciate lì, per cui fondo, lì il caldo non arrivava proprio,
mio padre Oddone doveva tant’è che d’inverno in camera mia
trasportarle a spalla su per le scale) c’erano i ghiaccioli che pendevano dal
c’era l’ingresso secondario del forno. soffitto e i vetri erano ricoperti di
Io ero sempre lì dentro. Conoscevo ghiaccio. Il materasso imbottito di
tutto di come facevano il pane e mi crine vegetale non aiutava certo a
piaceva saltare tra i cestoni di paglia scaldarmi; l’unico modo per alleviare
dove i Taviani scaricavano il pane l’entrata nel letto era una pietra
bollente dopo averlo tolto dal forno. scaldata nel forno della cucina
Quanto ha influito quel forno sulla economica e avvolta in pezze di lana,
nostra vita e anche sulla mia nascita! ma era un sollievo solo temporaneo e,

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La lingua della memoria

oggi, sento le conseguenze di quel gelo dritto nel canale. Pericolosissimo per
notturno nelle mie ossa e nei miei una bambina piccola e io ne avevo
reumatismi. paura, paura di cadervi dentro. A mia
madre venne proibito di usare quel
Una notte prese fuoco il tetto “buco” negli ultimi mesi di gravidanza
della camera da letto della Nina, per tema di “sfornarmi” dritta lì. In
confinante con il nostro muro, al quale quel solaio molto grande io ci giocavo;
era appoggiato il mio letto. fungeva anche da deposito del carbone
Nonostante avessi quattro anni ricordo e della legna, e giocaci un giorno,
perfettamente i pezzetti di intonaco giocaci un altro giorno, io una volta mi
caldo che cadevano sul mio letto. abboffai di carbone, andando poi da
Qualcuno mi prese in braccio avvolta mia madre tutta soddisfatta e con la
nelle coperte e ci mettemmo vicino bava nera che mi colava dai lati della
alla fontanina della piazzetta a bocca. Il dottore la prese con ancora
guardare il tetto che bruciava. Sentii la più filosofia della suora, dicendo che,
sirena che allertava i Vigili del fuoco, se io avevo mangiato carbone, voleva
utilizzando il pulsante posto sulla dire che il mio fisico richiedeva quelle
parete della Torre dell’orologio, a sostanze, per cui mi avrebbe fatto
disposizione della popolazione in solamente bene!
questi casi. I Vigili del fuoco avevano la
Come sono cambiati i tempi! La
caserma vicino a casa nostra dove oggi
porta del nostro appartamento era
c’è l’agenzia immobiliare, per cui
sottile sottile, si poteva abbattere con
intervennero rapidamente, fermando il
un soffio. La serratura era dotata di
fuoco e salvando la casa. E io, quando
una chiave enorme, proprio quelle di
sentii la sirena, mi feci la pipì addosso
una volta, non si poteva portare in
in braccio a mia madre.
tasca e, siccome ce n’era una sola per
tutti, veniva lasciata all’esterno
Quella vecchia casa! Sopra il
dell’appartamento, attaccata alla
canale. Il retro della casa dava appunto
ringhiera con un fil di ferro, coperta da
sul canale. Non avevamo niente: né
uno straccetto… decisamente a
acqua, né gas, né riscaldamento, né
disposizione di chiunque… vabbeh che
bagno. Stavamo tutti in cucina vicino
ai ladri non sarebbe interessata una
ad una stufa economica su cui io,
casa dove non c’era proprio niente da
d’inverno, mettevo a cuocere della
portar via.
farina di castagne pressata dentro il
coperchietto di un lucido da scarpe o Fummo felici di venir via da quella
in un ditale, che così si induriva e io ne vecchia casa; io però ci avevo vissuto
andavo pazza, era il mio dolce. Il bene, forse perché i sacrifici li
pavimento era fatto di pietre grosse e facevano i miei e non io. A me
sconnesse, dipinte di rosso con il rimangono bei ricordi, forse perché
“petrolio”, e la bottiglietta che lo ero giovane. Certo è che ciò che mi
conteneva stava in un angolo, dove io, manca non sono solo quella piazzetta,
una volta da piccolina, arrivai e me lo quelle donne, quei ragazzacci e la mia
bevvi tutto. Niente di allarmante per la vecchia casa, ma sono soprattutto le
suora dell’ospedale, che diede certezze e la solidità di un mondo e
indicazione a mia madre di farmi bere di una comunità che davvero si
latte e ancora latte, finché …vomitai. E vivevano e si sentivano attorno a
tutto passò. noi, quasi una protezione. Questo
oggi non c’è più e ci manca. Tocca a
Non c’era il gabinetto. Nel solaio noi costruire responsabilmente una
c’era una piccola alzata di pietra con comunità e una solidità rinnovate
un buco sopra che scaricava dritto attorno ai nostri figli e ai nostri nipoti.

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BSRODO
ERPE
di

MARACHELLE
GIOVANILI
di PIETRO POPPINI

L PERIODO DI CUI MI ACCINGO A spingere sempre di più sui pedali della


I SCRIVERE risale agli anni dal 1949
al 1955, anni molto difficili in cui i
vecchia bicicletta di mia zia Celeste;
l’uomo si avvicinava sempre più,
bimbi erano sempre in mezzo alla sembrava proprio inseguisse me, poi
strada, senza un soldo in tasca e in fu una liberazione quando mi
cerca di qualche avventura. raggiunse e mi superò senza neanche
Nel primo pomeriggio di una calda guardarmi. Solo allora mi fermai tutto
giornata di settembre io e i miei amici sudato ad aspettare i miei amici i quali
Dino e Renato decidemmo di fare un mi dissero finalmente: “L’uomo non
giro in bicicletta nella campagna c’entra niente!”. Non tornammo
intorno al paese; in tre su due indietro da via Roslè, avevamo paura
biciclette scassate ci avviammo verso dell’uomo col forcone, ma andammo a
via Roslè. A un certo punto vedemmo Poggio e tornammo a casa per la via
una vigna con bellissimi grappoli S.Carlo anche se allungammo la strada
d’uva. Appoggiammo la bicicletta a di un bel po’.
terra, entrammo nello stradello che Una sera d’estate, una delle tante
portava alla casa per chiedere se in cui andavamo a zonzo per il paese,
potevamo prendere un grappolo, poi un amico mi raccontò di aver scoperto
non so chi dei tre fece una cosa insieme ad altri bimbi la possibilità di
stupida: saltò il piccolo fosso e staccò vedere il film all’aperto gratis. La sera
un grappolo dalla vite. Sentimmo un stessa io e lui andammo allo
urlo e vedemmo un uomo con un “Sterlino” dove era il cinema
forcone in mano che correva verso di all’aperto. Sgattaiolammo nella parte
noi, ci prese la paura e cominciammo retrostante, uno stallaggio in disuso di
a correre verso le biciclette, ma l’uomo proprietà dei Cavina; in un angolo
con il forcone entrò anche lui nella della costruzione c’erano degli anfratti
strada e ci sbarrò ii passo verso e delle sporgenze grazie ai quali
Medicina. Allora scappammo verso cominciammo ad arrampicarci fin sul
Poggio Grande. Io ero da solo sulla tetto senza rischiare un granché. Da lì
bici, Dino e Renato in due su una sola si vedeva benissimo lo schermo e si
e per forza andavano piano e li sentiva altrettanto bene. Ci vedemmo
stimolavo a spingere di più sui pedali; tutto il film e andammo a casa
poi guardai indietro e vidi un uomo contenti. Qualche sera dopo
molto grosso che ci inseguiva in tornammo nello stallaggio, una volta
motorino, allora io allungai la pedalata, sul tetto trovammo una decina di
tanto non potevo certo rivoltarmi a un bimbi già seduti, ci sedemmo anche
uomo, noi eravamo dei bimbi e in più noi ma altri bimbi continuarono a
avevamo torto. Riguardai indietro: salire sul tetto; ormai non c’era più
l’uomo aveva superato i miei amici e posto, anche il chiasso aumentò a
loro mi facevano dei segni in attirò l’attenzione della maschera
lontananza ma io non capivo cosa Giovanni Guerra, detto La mort, che
volessero dirmi, però continuai a venne sotto lo stallaggio e ci intimò di

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La lingua della memoria

Da sinistra: scendere, ma nessuno si mosse. colpito con due scapaccioni al volo


Dino Zanerini, Allora chiamò i carabinieri, i quali dall’inesorabile motociclista. Ebbene,
Pietro Poppini, appena giunti ci ordinarono di io volevo andare dove era stato lui,
Gianni
Pantaleoni, scendere e di metterci in piedi contro chiesi inutilmente ad alcuni bimbi di
Guerino la casa e mano a mano che accompagnarmi. Partii da solo, giunto
Fornasini, scendevamo ci contavano: eravamo in davanti al cancello del podere
Paolo 36. I carabinieri non ci fecero niente, Bianchina entrai (il cancello era
Alberoni;
al centro: ci sgridarono e ci intimarono di non sempre aperto), appoggiai la bicicletta
Renato Rossi farlo più. Io e il mio amico andammo a terra, mi apprestai a prendere
e Giuseppe a casa un po’ mogi, eravamo convinti qualche prugna quando sentii un
Simoni. di avere trovato l’America ma non era rumore di moto proveniente da
così. Medicina che bruscamente rallentò:
Stava imperversando un violento era sicuramente il contadino con il suo
temporale, io ed altri bimbi eravamo Benelli che rientrava, quello che tirava
al riparo sotto il “voltone” in fondo a ceffoni al volo. Ero in trappola.
via Pillio; l’acqua correva per le Non c’era nessun posto per
strade, arrivò anche sotto al voltone e nascondersi, allora mi buttai nel
per non bagnarci i piedi salimmo sugli fosso, ma ahimè era pieno d’acqua. Il
scalini della porta del Comune. Poi colmo fu che la moto non entrò dal
dalle nuvole sbucò il sole e mi venne cancello ma fece una inversione ad U
da pensare, non so perché, al mio e tornò indietro. Passata la paura mi
amico Gagiulén che due o tre giorni resi conto che era il meccanico
prima era stato a prugne al podere Franco Gonella che provava una
Bianchina, ma era dovuto scappare moto. Uscii dal fosso tremando dal
inseguito dal contadino in moto (un freddo, l’acqua era gelata, non presi
Benelli Lioncino 125). Raggiunto e nessuna prugna e mi avviai
affiancato in via Sillaro, era stato sconsolato verso Medicina.

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BSRODO
diERPE
si allontanarono, io tornai a farmi
avanti ma per tutta risposta mi presi un
altro schiaffo. Poi il dottore girò le
spalle e andò via. Noi continuammo a
chiederci il perché di un comportamen-
to del genere. Lo imparammo il giorno
dopo: una compagnia di qualche anno
più grande di noi era entrata nel suo
cortile, aveva messo in moto la sua
auto, una Fiat Topolino, sbattendola
contro la siepe, calpestando fiori e
quant’altro. Sì, ma prima di picchiare
dei bimbi avrebbe dovuto essere sicuro
che fossero stati loro. Certo il dottore
quella sera non fece una bella figura.
Naturalmente la nostra compagnia
non faceva soltanto marachelle, molti
di noi nel periodo estivo facevano i
fattorini da barbiere, io nei giorni di
mercato aiutavo un ambulante di Forlì
Da sinistra: che vendeva l’olio, altri facevano altri
Gianni
Pantaleoni, lavoretti. Mi ricordo la settimana che
Renato Rossi precedeva la Pasqua, io e il “biondino”
Pietro Poppini. (Gagiulén) partivamo in bicicletta con
una sporta piena di paglia, facevamo
Eravamo verso la fine di agosto e le case di campagna; giunti nell’aia si
come sempre i miei amici ed io girava- presentava la donna di casa,
mo per il paese; in quel momento ci l’azdoura. Noi dicevamo: “Buona
trovavamo dalle parti del ponte “delle Pasqua, Buona Fortuna” e lei andava
forche”; qualcuno di noi entrò in un direttamente nel pollaio e tornava con
campo di granoturco e uscì con qual- un uovo a testa (l’uvadén). Era una
che pannocchia, ne sbucciò una e i tradizione di quei tempi. Una volta
chicchi erano ancora bianchi. Uno girammo tutta la mattina e portammo
disse:”Perché non li arrostiamo? a casa 15 uova a testa, con grande
Potrebbero diventare buoni”. soddisfazione delle famiglie. Ma quello
Rientrammo a Medicina dalle “case che ricordo con piacere era il primo
lunghe” e giunti davanti agli scavi della dell’anno, sempre col “biondino” ci
nuova casa del popolo ci mettemmo a alzavamo molto presto e
sedere su alcune pietre, accendemmo cominciavamo ad augurare il Buon
un piccolo fuoco e cominciammo ad Anno bussando a tutte le case del
arrostire le pannocchie. Dalla casa di centro storico; nessuno si lamentava
fronte uscì un uomo, attraversò la stra- anche se erano rientrati alle cinque del
da e ci venne vicino; io lo riconobbi mattino, molti avevano preparato gli
subito, era il dottor Luigi Cennamo. spiccioli sul comodino. Io ricordo che
Cominciò a sgridare e a sbraitare, ma quando a mezzogiorno finivamo il
noi non capivamo cosa volesse, allora nostro giro avevamo le tasche piene e
io mi alzai, mi girai verso di lui per per quanto mi riguarda per tanto
avere spiegazioni, ma lui mi diede uno tempo non chiedevo più niente a mia
schiaffo. Io rimasi allibito, noi non ave- madre e potevo finalmente comprare
vamo fatto niente, anche Gianni si alzò la focaccia ripiena di panna del Bar
per dire qualcosa ma il dottore schiaf- Sport di Fredo e Lisetta. Una vera
feggiò anche lui; a quel punto gli amici leccornia!

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La lingua della memoria

LA CASINA
DELLA BEFANA
di GABRIELLA GRANDI

AMMA, COS’È QUELLA panili. In


M CASETTA là in alto sopra il tetto?
– Quella è la casina della Befana!
quest’ultima
veduta, una
– Perché la finestra è sempre singolare e
chiusa? misteriosa
– Perché la Befana l’apre solo la casetta costruita sopra un tetto e un
notte dell’Epifania quando esce per grazioso muretto con tre aperture
portare i doni ai bambini buoni e il arcuate che spiccavano nitide contro il
carbone a quelli cattivi. cielo attiravano la mia attenzione e
– E io sono buona? La Befana mi suscitavano la mia curiosità. Mia madre
porterà quest’anno un servizio di mi diceva così spontaneamente che
piattini e tazzine per le mie bambole e quella casetta era “la casina della
un bel libro di favole? Befana” e che quel muretto traforato
– Vedremo. era un “campanile”. Io li guardavo
– Ma... come fa la Befana a sapere spesso. Mi interessava vedere soprat-
se io sono buona? tutto se la finestra della casetta per
– Eh... lo sa lei, ...lo sa... caso era aperta lasciando scorgere la
– E quel bel muretto con tre Befana. Le imposte invece erano sem-
finestrelle che si vede vicino alla casina pre chiuse e allora io fantasticavo.
che cos’è? Mi piaceva immaginare l’arredo di
– È un campanile, il campanile di quella piccola casa e quella vecchina
quella chiesa. brutta, ma generosa, intenta a sbrigare
– Un campanile?!? Ma sei sicura le faccende domestiche o a preparare i
mamma?... È troppo piccolo per quella regali per tutti i bambini buoni.
chiesa e poi i campanili non sono fatti Credevo proprio che esistesse, che abi-
così! ...e le campane dove sono? tasse lassù, che magicamente volasse di
– Una volta c’erano... ma le hanno notte sui tetti a cavallo di una scopa ed
prese via. entrasse nelle case passando per i
Così un giorno di tanti anni fa, camini, anche se a volte, pensandoci,
affacciata alla finestra della mia camera mi sorgevano dei dubbi.
da letto, dialogavo con mia madre. Quando poi ho scoperto che la
Avevo sette anni e da alcuni mesi la Befana era la mamma, dopo un attimo
mia famiglia si era trasferita dal piccolo di gioia ho avvertito tanta tristezza: la
appartamento della “casa del Comune” cara vecchietta col naso adunco, “con
situata in via XVI Aprile in quello di le scarpe tutte rotte e il vestito alla
una casa popolare di via Italo romana”, non sarebbe più venuta a
Luminasi. Ero molto contenta del mio portarmi i suoi doni.
nuovo e più grande appartamento. Tra Così finiva la favola bella, viva, cre-
l’altro, dalla finestra della sala e dal bal- sciuta con me durante gli anni della
cone potevo ammirare un’ampia diste- mia infanzia , importante nella mia vita
sa della campagna del Sillaro e dalle di bambina.
finestre delle camere da letto godere Da quel momento la casetta sul
una vista incantevole di cupole e cam- tetto non mi ha fatto più sognare, ma

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BSRODO
ERPE
di

Nella pagina a
fianco e a
destra,
il Municipio
col Voltone, il
Tempietto e il
campaniletto.

ha continuato ad incuriosirmi. rato da tre archetti, che da bambina


Dopo parecchi anni, finalmente ho ammiravo come fosse un ricamo a
appreso che la “casina della Befana” “punto a giorno”, era proprio un cam-
era il “Tempietto” fatto costruire dai panile come diceva mia madre.
Padri Carmelitani a metà del 1700 sul È il campaniletto a vela della Chiesa
tetto del proprio convento cinquecen- del Carmine fatta innalzare tra il 1600-
tesco. I frati lo chiamavano “Monte 1700 dai Carmelitani staccata dal con-
Carmelo” a ricordo del luogo di fonda- vento, ma collegata con passaggi sot-
zione del loro ordine religioso e in esso terranei.
custodivano un piccolo oratorio da loro Nel panorama di Medicina questo
detto oratorio “de Monte Carmelo”. campanile si distingue dagli altri perché
Lì si ritiravano a pregare e a medi- non è fatto a torre.
tare in solitudine e assoluto silenzio. In Inoltre è piccolo, ma con quella sua
alto, isolati dal mondo e pervasi da un forma e quel suo traforo che richiama
senso di pace profonda, si sentivano volutamente l’immagine araldica del
vicini a Dio. Monte Carmelo emana un certo fasci-
Durante la dominazione napoleoni- no, un fascino esotico che fa pensare a
ca il loro convento fu soppresso e luoghi lontani.
dopo qualche anno diventò la sede del Le campane, che erano sistemate
Comune. ognuna in un archetto del traforo, sono
Attualmente il Tempietto, in stile state tolte quando già la chiesa negli
“rustico” con la facciata abbellita da anni venti del 1900 era stata chiusa al
quattro lesene e coronata da un timpa- culto.
no triangolare, lo si ammira sul tetto Sono passati tanti anni.
del Municipio e accanto al “Voltone”, Anche se da molto tempo la casetta
un passaggio urbano realizzato dopo la sul tetto e il muretto traforato li vedo
metà del 1900. con animo proiettato verso la storia
Il “Voltone”, che in origine racchiu- degli ordini religiosi e delle confraternite
deva l’oratorio dell’Assunta, mi appare laicali presenti a Medicina dal 1500 a
come l’enorme bocca di un mostro che tutto il 1700, dentro di me è sempre
divora le persone e le immette in un iti- vivo il ricordo della “casina della
nerario tutto da scoprire. Befana” e del “muretto con tre finestrel-
Invece il bel muretto isolato e trafo- le”, bello come un ricamo a fori.

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UNA CIMICE
...A MEDICINA
di VANES CESARI

UI NON RICORDA come nacque avere propensione per il


L l’idea di mettere in scena una
commedia. Forse fu la sua annosa
teatro e voglia di
misurarsi.
passione per il teatro, forse l’amore In realtà ottenne di
improvviso e fulmineo per Majakovskij, più col passaparola, quel
forse soltanto la voglia di mettersi alla rumore di fondo che
prova. accompagna la vita di
Fatto sta che una sera d’inverno di paese, dove tutti sanno
una trentina di anni fa, come al solito tutto di tutti, a volte
piazzato sul divanetto ad angolo del anche quello che gli
Circolo Culturale e Ricreativo assieme stessi interessati non
ai suoi amici, annunciò che voleva sanno. Vi suona strano?
“fare” una commedia e che aveva già Provate a vivere in un
deciso il testo: La Cimice, di paese e capirete.
Majakovskij. Fatto sta che in breve
– Che rob’ ela? – riuscì a coinvolgere dieci persone, le La locandina
– Maia… chi? più disparate, tutte alla prima dello
– Dai, che ci sto! – esperienza teatrale, molte che spettacolo.
– Enca me! As bavval? riconducevano tutto il loro sapere alla
– Quando cominciamo? recita scolastica delle elementari.
Nessuno conosceva Majakovskij, La Alfonso Filippini, detto “Bull ”,
Cimice era stata rappresentata al invece recitava nella compagnia
Comunale di Torino per la prima volta dialettale della parrocchia di Villa
nel ’52 e la metà degli spettatori era Fontana. Quale fosse il peso artistico
uscita alla fine del primo tempo. non lo sapeva, ma di “peso” lo era
Questo Lui non lo disse. D’altro canto certamente, un armadio ambulante sul
la cosa non era importante. Lo era metro e novanta, voce profonda e
invece l’idea di fare teatro, era il palco sguardo corrucciato.
che affascinava, meglio tacere quindi. Ve n’era un altro di “peso“,
Il gruppo di amici che aveva aderito soprattutto localizzato nella
era però ristretto, insufficiente per la circonferenza: Paolo Poletti,
complessità dell’opera che era davvero “Paolone”, cuoco di professione e
ponderosa: due tempi, cinque atti e callista per tradizione, buon giocatore
nove quadri, un centinaio di di tarocco bolognese e forchetta
personaggi. Bisognava imbarcare altri democratica e imparziale.
pazzi, ma come fare? Semplice, affisse Quando gli si propose, Lui pensò
volantini ciclostilati in tutti i bar e i che la vita fosse davvero strana, non
negozi del paese con il suo numero di c’era persona apparentemente più
telefono in bella evidenza, chiedendo a lontana dalla cosiddetta “cultura”
ragazzi e ragazze, uomini e donne di eppure eccolo lì, a rendersi disponibile
telefonargli se avevano, o ritenevano con le incertezze di chi non sa bene

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BSRODO
diERPE

Prove de
“La Cimice”;
si notano
Paolone,
a destra,
Bull al centro
e “Lui”
(pantaloni
scuri).

cosa lo aspetta, ma ci vuole provare. presenza scenica, Davide Barei gli


Non sa ancora che una sua battuta piaceva un casino; magro, col volto
detta sul palco “Basta con questa spiegazzato, la schiena diritta e la testa
scena disgustosa!” caratterizzerà la sua alta, i gesti misurati, avanti con gli anni
presenza per anni. (era l’unica persona che conosceva ad
A proposito di timidezza, Lui avere la pensione da “artista”), ma con
ricorda quando gli si presentò uno ancora tutti i capelli neri, sempre
scricciolo di ragazza, una massa di impomatati. Sapeva già quali
capelli ricci, lo sguardo smarrito, personaggi affidargli.
chiedendo di partecipare. Nel gruppo originale c’era poi
Le domandò cosa la spingesse Paolo Biffi, basso di statura (ma non
immaginando le solite risposte, se ne accorgeva nessuno), lo sguardo
l’amore per il teatro, l’ebbrezza della dolce, amante del jazz e del teatro, una
recitazione, provare nuove esperienze, manualità e una disponibilità
la curiosità, si sentì invece rispondere: spaventosa. Bravo sul palco (mitica la
– Sono maledettamente timida, sua entrata in scena con una cassa di
vorrei vedere se il palco mi sblocca – birra sulle spalle, cantando ubriaco
Sandra Carnevali era senz’altro fradicio), sarà fondamentale nella
timida, ma aveva filo d’acciaio nella costruzione materiale delle scene.
spina dorsale. Il giovanissimo Christian
La prese immediatamente. Fu Pasqualotto abitava sullo stesso
l’undicesima. pianerottolo al primo piano della
Solo uno poteva definirsi palazzina dove Lui viveva.
professionista anche se e soprattutto Chiese il permesso alla madre,
come presentatore di eventi, le mitiche sarta eclettica, che non obiettò. Fu
“serate alla filuzzi”. Voce impostata e così che con Christian acquistò un

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La lingua della memoria

volto angelico e il più bello tra i vestiti generare quella ragazza dolce, seria e
di scena. preparatissima gli rimane un mistero.
Vito Vilardo fu la sua Sempre preoccupata di svolgere al
disperazione. Vito “Catozzo” per gli meglio la parte, (lei e l’attore
amici. Era uno dei vigili del paese, o principale erano i soli ad interpretare
forse allora guidava ancora il pullman sempre lo stesso personaggio) studiava
della scuola, non lo ricorda bene. anche le battute dei suoi interlocutori
Quello che invece non dimentica sono ai quali suggeriva in scena. Di certo ha
le serate passate a farlo recitare con le salvato più di una volta il sedere di
mani dietro la schiena perché non le Davide Barei e, ovviamente, lo
agitasse in continuazione. spettacolo.
Quegli stranieri che dicono che noi Suo cugino, Valter Buttazzi
italiani siamo riconoscibili dal perenne rappresentò una certezza ed anche un
agitare delle mani, hanno incontrato insperato valore aggiunto. Certezza
senz’altro Vito. I suoi gesti variavano perché conoscendolo dall’infanzia
dall’ampio al frenetico, leggeri come (erano nati a due settimane di distanza
un volo di farfalla, poi pesanti come le e le loro famiglie erano molto legate),
barzellette di Berlusconi e sempre in non ha mai avuto dubbi sul suo
contraddizione con quanto le sue impegno e sui risultati che avrebbe
parole esprimevano. Un fenomeno. potuto raggiungere. Dimenticavo,
Poi migliorò moltissimo e alla fine stesse scuole elementari, medie e
dell’anno di prove (tanto sono durate) superiori, stesso pullman per
ne aveva raggiunto un ragionevole raggiungere la città e la scuola, stessa
controllo, tanto da recitare senza dover classe e stesso banco. Sì, lo ha
tenere le mani in tasca. sopportato e supportato per anni e
Già trent’anni fa lo affliggeva una ancora una volta non si smentì.
leggera calvizie, sarà stato per Puntuale e preciso, non sbagliava mai
compensazione che esibiva un bel paio un’entrata o una battuta …beh, quasi
di baffi folti e neri. Un volto così mai.
caratterizzato aveva bisogno di un Valore aggiunto perché in ufficio
aiuto per cambiare personaggio e con lui, lavorava a quel tempo in
gliene toccavano addirittura sei. Così ferrovia, ufficio tecnico, aveva un
Lui decise di utilizzare una parrucca, amico e collega che a sua volta aveva
bei capelli castani, lunghi, tipo Beatles, un amico impiegato alla Telecom.
a caschetto. Vito se ne innamorò Entrambi affascinati dal racconto
talmente che, quando alla Prima gliela dell’esperienza che si accingeva ad
nascosero, andò in tale paranoia da intraprendere, chiesero di partecipare.
rifiutarsi di entrare in scena. Tutto finì Lui li accolse e, porca miseria, quasi
per il meglio quando gliela resero tra strike! Si rivelarono bravi e in modo
sghignazzi e pacche sulle spalle. diverso, dotatissimi.
Rita Falossi e Patrizia Palmieri Paolo Mazzacurati, l’amico, dopo
furono nel gruppo fin dall’inizio. alcune prove ebbe il ruolo del protago-
Cugine, fisicamente diverse, una nista. Aveva le fisique du rôle ed era
magra e affilata, l’altra volto rotondo e bravo, attento a cogliere ogni suggeri-
corpo generoso, entrambe serie e mento, alle sfumature. Il suo personag-
concentrate. Non si distraevano mai, gio divenne sfaccettato e complesso.
non mancavano mai, erano per Lui un Quell’esperienza lo portò poi a conti-
punto di riferimento sicuro. nuare col teatro, quello dialettale, che
Eva Trombetti era la più giovane, scoprì essere il vero, grande amore.
figlia di un amico, “Betti ”, che definire Oggi, mentre scrivo, è una delle colon-
“selvatico” era come chiamare “micio” ne portanti di una famosa compagnia
una pantera. Come avesse potuto dialettale bolognese.

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BSRODO
diERPE
Leo Salvi, l’amico dell’amico, si Barbara, piccola, rotondetta, il
rivelò un caratterista incredibile. Voce sorriso sempre in agguato, Lui non ha
graffiante, i suoi personaggi erano tutti mai capito se si ritenesse la sua
venati di un’ironia che senza sforzo ragazza, di Dimitri cioè, o se fossero
sconfinava in un sarcasmo naturale, semplicemente amici. Fatto sta che
istintivo, quasi primitivo. Lui lo aveva un rapporto quasi simbiotico
lasciava libero di fare, non ricorda di con lui. Brava pure lei, senza
averlo mai corretto. sbavature, forse un po’ scolastica, ma
Ma fece tombola e chiuse in mezzo a tanti analfabeti teatrali, la
definitivamente il cerchio quando cosa in fondo non guastava. Simpatica
arrivarono Dimitri Pasquale e e accomodante, era il Tavor di Dimitri
Barbara Corica. Venivano da che al contrario accomodante non era.
Bologna, sui vent’anni, forse meno, Simpatico sì, ma leggermente
studiavano recitazione all’Accademia di nevrotico e ansiogeno. Arrivavano in
Arte Drammatica, all’Antoniano. macchina da Bologna, come Paolo e
Entusiasti, disponibili, portarono un Leo, anche due volte a settimana e
po’ di professionalità in quella banda l’hanno fatto per un anno, estate e
di improvvisati naïf. inverno, acqua o neve, senza mai
Dimitri, alto e robusto, parlava con mancare una volta.
accento perfetto e la cosa aiutava
moltissimo quei figli della bassa a Con la compagnia finalmente al
sgrezzare un po’ il loro, di accento. completo, iniziarono le prove. Un
Per qualcuno comunque, rimase una copione a testa con evidenziati i ruoli
mission impossible. di ciascuno, da conservare come un
Quando recitava “lavorava” di oracolo e da imparare a memoria. Poi
diaframma, calibrava la gestualità, la location , oggi si chiama così, allora
memorizzava con rapidità, insomma; era solo un posto dove ritrovarsi e
Lui lo seguiva attentamente imbastire la scena, tirando, a terra,
rapinandogli le conoscenze, segni col gesso per delimitarne lo
elaborandole, rimodellandole, per poi spazio. Compito non facile trovare un
utilizzarle con gli altri del gruppo. luogo dove ritrovarsi, ma Franco
Riusciva ad essere ora austero, ora Fabbri, “al Schecc”, imprenditore
suadente, poi imperioso, quindi edile ed amico generoso, diede loro le
mellifluo nello spazio di un attimo. chiavi del suo capannone e una bella
Lui, da regista (a proposito, nella iniezione di fiducia: qualcuno
locandina dello spettacolo il suo nome dimostrava di credere seriamente nel
non compare, ed per questo che progetto!
continuerò a chiamarlo Lui; una Ora non c’è più e Lui se ne
svista, ma dolorosa per l’artefice di dispiace perché pensa che forse non
questo sforzo che definirei collettivo, l’ha mai ringraziato davvero, ma se
come scoprirete se continuate a anche così fosse, Franco
leggere), dicevo, come regista aveva probabilmente non se ne sarebbe
ben chiaro in testa i comportamenti curato, non cercava riconoscimenti, le
dei personaggi, delle emozioni che cose le faceva e basta.
dovevano trasmettere e nei primi Con le prove che ora si
tempi lo utilizzava come “specchio”. susseguivano, due sere a settimana ,
Spiegava a lui quali comportamenti bisognava cominciare ad occuparsi di
doveva avere un personaggio e tutto il resto: logistica, scenografia,
Dimitri lo interpretava consentendo al musiche, luci, vestiti, sponsorizzazioni.
vero interprete di farsene una idea. Urgeva trovare persone disponibili
Poi ciascuno, ovviamente, vi metteva ad aiutarlo. Disegnò un bozzetto delle
del “suo”. scene, non dimentichiamo che erano

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La lingua della memoria

nove quadri, cioè nove ambientazioni armadi di madri, nonni, parenti e


diverse. Occorreva una scenografia amici, la restante venne confezionata
che si adattasse a tutte le situazioni da Sua madre e da Attilia Masi, la
senza bisogno di stravolgimenti ”Tiglia del Bazar ”, che procurò anche
sostanziali. Quando fu soddisfatto, la le stoffe.
mise da una parte e disegnò i costumi, Le scene hanno bisogno di una
poi cercò le musiche che riteneva più menzione particolare. Una volta
appropriate (suo cugino Valter, studiato e risolto come costruire i
melomane impenitente, fu fondali bisognava realizzarli e
fondamentale), quindi i rumori di scena dipingerli. Sua madre tagliò e cucì
(tuoni, stoviglie che si rompono, il vecchie lenzuola di tela (ma quante ne
suono di una sirena, ecc.), infine toccò aveva?), Lui ricorda che aveva
agli accessori, dal casco da pompiere riempito il piccolo locale dove lavorava
al cinturone da poliziotto, dalle di metri e metri di stoffa, misurava e
parrucche alle medaglie da appendere tagliava, cuciva e piegava e non la
sul petto dei funzionari di partito. Le smetteva mai. La cifra di quella donna
luci le affittò da un rivenditore di speciale era spirito di abnegazione in
Castel S. Pietro Terme, ma non generale e amore …a prescindere, per
ricorda più chi lo aiutò a costruire il Lui, come diceva Totò.
mixer per luci e musiche. Dipingerle no, Lui non poteva, non
Un mixer, quello, più che aveva tempo, diceva.
essenziale, rudimentale, ma Evitando di mettere in discussione
funzionante. le sue dubbie qualità di pittore e
Compilò una lista delle priorità, zittendo invece l’indubbio ego
poi, soddisfatto, cominciò a chiedere. “leggermente” ipertrofico, chiese aiuto
Luciano Bandini “il Beccamorto”, ad una sua collega e amica di lavoro,
lavorava a quel tempo presso un Claudia Cocchi, giovane artista,
marmista che realizzava lapidi per i designer, ipertrofica nell’ego almeno
defunti, normalmente polemico e quanto il nostro, ma brava, molto,
impetuoso, fu invece tecnico molto brava. Le spiegò cosa voleva e
irreprensibile alla consolle nei giorni stava per dirle che purtroppo però non
dello spettacolo. poteva pagarla, in realtà non riusciva
Guerrino Rossi, anche lui ad affrontare direttamente
imprenditore edile, appassionato l’argomento, quando lei, scuotendo la
giocatore di bocce e imprevedibile ed massa di riccioli neri e ingarbugliati, gli
estroso (amabili eufemismi) giocatore sparò a raffica più o meno queste
di tarocchi, “al Capitèn” come lui parole:
stesso si definiva, gli mise a – Va bene, ci sto, non voglio
disposizione tutti i tubi da ponteggio niente, dammi solo le tele, i colori, il
necessari per costruire il telaio della copione per farmi un’idea, non farmi
scenografia e il camioncino per il fretta, non chiedermi cose, quando
trasporto. sono asciutte te le porto in azienda.
Pareti di tamponamento della Ok? – e lo lasciò lì come un salame,
struttura, pavimenti mobili, scalini, mentre lei tornava al suo tavolo da
opere di traforo come mani stilizzate, disegno.
banderuole decorate, teche, le Incredibile! Forse non era proprio
costruirono loro, nella tavernetta di quello che avrebbe voluto, avrebbe
Paolo Biffi che si accollò la maggior voluto metterci il naso, Lui, magari
parte del lavoro. Impagabile. qualche consiglio, ma pazienza, questa
Per quello che riguarda i costumi, era una cosa fatta, avanti un’altra. Col
una parte se la procurarono gli attori senno di poi, bisogna dire che fu la
stessi saccheggiando i bauli e gli sua fortuna, l’ennesima, le tele si

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BSRODO
diERPE
il caos.
– Bisogna provare
di più … devo
avvertire gli amici …
prendiamoci ameno
due mesi … i miei
non li voglio, mi
danno soggezione …
ma ci sarà il
suggeritore? – Le
voci si accalcavano, si
sovrapponevano, Lui
li zittì nuovamente,
spiegò che, sì, c’era
ancora un po’ di
tempo, bisognava
ultimare le scene,
approntare il teatro,
prendere accordi col
Si recita. rivelarono bellissime e originali. Erano Comune, col servizio d’ordine, con le
dei quadri, dove l’autore aveva parrucchiere per il trucco… insomma,
espresso gioia e voglia di vivere con c’era ancora un milione di cose da
tratto leggero e preciso. fare, e bisognava restare concentrati.
Claudia aveva dipinto più di ses-
santa metri quadrati di tela in modo L’ultimo mese fu frenetico. Intanto
stupendo, eppure faticò, scorbutica, ad uscirono i manifesti che fissavano la
alzarsi dalla poltrona quando Lui la data della Prima, le prove si
chiamò dal palco per farle raccogliere moltiplicarono e nella tavernetta di
gli applausi del pubblico a fine spetta- Paolo Biffi si accatastavano le cose
colo. Quod erat demonstrandum. ultimate. Lui correva da tutte le parti,
si accordò col Comune, con le
Intanto le prove continuavano. parrucchiere, trovò finalmente un
Vedeva miglioramenti evidenti, manichino che con una parrucca
qualcuno era già pronto, altri non bionda sulla testa glabra gli sembrò
ancora, ma soltanto perché erano perfetto, il pianoforte, una vecchia
insicuri dentro e terrorizzati dal stufa, non dimenticò le aringhe,
pensiero di salire sul palco. Allo fondamentali per la scena iniziale. Il
scoccare dell’anno di prove, Lui decise Corpo dei pompieri di Medicina gli
che non poteva più tergiversare, prestò gli elmetti, la sirena e i
bisognava andare in scena prima che i lampeggianti per simulare un incendio.
primi si stancassero e i secondi Sua moglie, santa ragazza, che Dio
fuggissero. Lo annunciò una sera e tra la preservi, lo incoraggiò e sopportò il
cori di no, non siamo pronti, sei suo straniamento con stoico altruismo
pazzo, io non ricordo niente, disse …e arrivò l’ultima settimana.
loro che aveva già commissionato i Si doveva approntare la sala dove
manifesti (non era vero, ma l’avrebbe si teneva la rappresentazione.
fatto il giorno dopo) e di lì a poco
avrebbe provveduto all’affissione. Si Il vecchio cinema/teatro Garibaldi
mettessero il cuore in pace, Lui era il era ormai in disuso da tempo. Erano
regista, Lui sapeva se erano pronti o state tolte tutte le sedie e accatastate
meno e affanculo le loro paturnie. nella galleria, gli eventi ultimi si
Calò un silenzio di tomba, poi esplose riducevano a feste della befana, al

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La lingua della memoria

carnevale e a rarissime serate danzanti. un gruppetto storico di critici spietati,


Bisognava pulire, montare le scene, “Buteglia”, “Garell ”, “Zeco”, e
rimettere le sedute e fissarle al “Mozzi”, all’anagrafe Attilio
pavimento. Per questo si mobilitò Trombetti, Mario Garelli, Loris
l’intero Circolo Culturale e Ricreativo. Rossi, Athos Muzzi.
Lu i ricorda che una decina di persone, Si posizionarono a metà sala, Zeco
dall’alto della galleria, spostava le file monolitico, immobile e attento,
di sedie, poi, con delle funi, le faceva Buteglia semi sdraiato, le gambe
scivolare fino a terra. Lì un’altra decina allungate nel corridoio, gli occhi
le prendeva, le posizionava e le fissava socchiusi, Athos e Mario a
al pavimento nei fori già predisposti. commentare per tutto il tempo.
Alcuni scaricavano dal camion Terminate le prove, disastrose
parcheggiato lungo la strada i tubi, le peraltro, Buteglia Gli si avvicinò e
casse piene di materiale, i vestiti, il sottovoce, per non farsi sentire dai
pianoforte. La stufa. Altri ancora ragazzi, sibilò:
pulivano pavimento, sedie e camerini. – Ma volete davvero recitare
Rumore di avvitatori, consigli urlati, domani sera? –
bestemmie, ma la sera stessa del – Certo – rispose Lui
primo giorno era tutto finito. Il teatro – Ma siete proprio sicuri? –
Garibaldi era rinato. continuò
– Certo – ripetè
Nel silenzio, ormai solo, le prove – A sìi un brenc ed matt! –
sarebbero cominciate il giorno dopo, riprese, a voce un po’ più alta.
Lui contemplò le fila delle sedie, – E perché? – sguardo innocente e
cinquecento sedute (le avrebbero mai stupito di Lui. Da copione,
riempite?) e il palco illuminato pieno di aggiungerei.
oggetti ancora da posizionare, ma vivo – Parché … an sìi brisa pronti,
e pulsante. Un pensiero gli attraversò ecco parché! – terminò seccamente.
la mente, lo catturò e lo ripeté piano, Lui era tentato di convenire, ma si
sottovoce: – Ora non si torna più appigliò al vecchio adagio ricorrente in
indietro –, poi… lo urlò. Nessuno gli teatro, che se la prova generale
rispose. Nel ritrovato silenzio inspirò andava male, poi la Prima filava liscia
profondamente, salutò il custode del e scorrevole. Gli sorrise, un bel sorriso
teatro, il gentile e baffuto (alla Errol sicuro e accattivante, anche quello da
Flynn, un filo più pieni) Gino Buselli e copione credo, e sentenziò:
se ne andò. Buselli-Flynn, leggermente – Tranquillo, vedrai che andrà tutto
attonito, spense le luci. bene, stasera dovevamo acclimatarci,
prendere confidenza col palco,
I tre giorni successivi furono verificare i tempi… domani sarà
interamente dedicati alle prove con tutt’altra cosa, ti stupiremo! –
l’inserimento delle musiche, luci, Speriamo… concluse col pensiero.
rumori di scena e il temibile cambio – Sarà… – Buteglia se ne andò
dei costumi. C’era da calcolare bene con gli altri tre confabulando e
tempi e ritmi, un lavoro duro e scuotendo la testa e Lu i li guardò
snervante, perché interrotto uscire dal teatro pensoso. Poi sorrise,
continuamente e ripetitivo. Poi arrivò ricordando che se oggi era lì, un
la sera del venerdì. La prova generale. pizzico di responsabilità l’avevano
anche loro. Furono loro che, ancora
Questa ebbe come soli spettatori, ragazzo e senza patente, lo portavano
oltre a Buselli-Flynn e Franco Cavalli, la domenica mattina a Bologna, al
coetaneo e amico d’infanzia che “cimmena” Roma, a vedere film
riprese con la sua telecamera le prove, “impegnati”. Fu amore a prima vista.

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Il sabato, il gran giorno, si svegliò prendono posizione, la musica va a


prestissimo con lo sgradevole pensiero morire mentre si riaccendono le luci.
di avere ancora mille cose da fare e Dietro le quinte, le dita incrociate, Lui
una fastidiosa sensazione di panico. aspetta la prima battuta, è di Patrizia
Irritato, la ricacciò e si ripeté che … eccola, arriva: Per un bottone,
invece tutto era già stato fatto, perché sposarsi? Per…
restavano soltanto aggiustamenti,
piccoli ritocchi, niente più. Poi, come Il resto è consegnato alle poche
su di un piano inclinato, la giornata riprese filmate, alle rare foto e alla
scivolò via veloce tra raccomandazioni, memoria dei presenti. Fu un successo,
controlli e verifiche. 500 persone sedute e almeno un
Alle ore 18,00 iniziarono i trucchi e centinaio in piedi a fondo sala,
le acconciature in un mulinare di applausi generosi e benevoli accolsero
spazzole, piumini, rossetti, tocchi di la Marcia di Radetzky finale, fiori alle
mascara, sbuffi di cipria. protagoniste, ringraziamenti delle
Ore 19,00, vestizione. Il primo autorità, commozione e orgoglio.
quadro iniziava in un mercato, coi Lui non si perse nulla di quanto
venditori che decantavano la merce. succedeva, si bevve tutto avidamente.
Lui aveva avuto l’idea di mandarli in Guardava i ragazzi attorno a lui sul
sala, mischiati tra il pubblico con una palco, la gente in sala che applaudiva e
cassetta al collo piena dei vari prodotti fischiava. Giovani e anziani, tutti, in un
che promuovevano. Quindi, controllo modo o nell’altro, avevano partecipato
del contenuto delle cassette, alla realizzazione di quella serata e si
dell’abbigliamento e delle posizioni che sentivano coinvolti, soddisfatti. Pensò
dovevano occupare. che poco importasse quanto gli attori
Ore 20,00, primi segnali di fossero stati bravi e quanto loro, in
cedimento, corse in bagno, eloquio sala, avessero recepito o raccolto. La
eccitato, ripasso maniacale della parte. cosa davvero importante era che, per
Lavori di ripristino emotivo del nostro. una volta, la “cultura” aveva vinto, era
Alle 20,15, chiusura della tenda sul entrata in tutte le case, nei discorsi
palco, separazione concreta, reale tra impegnati, nelle chiacchiere da bar, nel
loro e non più amici, parenti o quotidiano insomma; era partita dal
conoscenti, ma il Pubblico. Avvertita in basso e aveva vinto.
modo quasi doloroso. Ultime
indicazione a Luciano per le luci e le Sul palco, rispondendo agli
musiche. applausi, emozionato e orgoglioso, con
Ore 20,30, apertura porte, il un sogghigno sibilò soddisfatto:
pubblico comincia ad affluire. Non si – Quanto rumore per… una
trova la parrucca di Vito. “Cimice”!
Manifestazioni di panico, qualche Nessuno sentì la battutaccia.
lacrima qua e là. Si sbircia dalla tenda, Troppo rumore.
la sala è quasi piena e la gente
continua ad entrare, terribile.
Ore 21,00, sala piena stipata, un P.S.: La commedia fu ripetuta
brusio assordante sottolinea le ultime una seconda volta e il teatro si
indicazioni, gli ultimi incoraggiamenti. riempì completamente di nuovo.
Tutti respirano profondamente, poi Filippo Carnevali, il fratello minore
Lui dà il segnale e le luci si abbassano di Sandra, si unì alla compagnia e
lentamente,contemporaneamente sale interpretò con serietà un piccolo, ma
la musica, il brusio diminuisce. importante ruolo rimasto
Ore 21,08 Un ultimo colpo di improvvidamente scoperto la volta
tosse, poi il silenzio. Nel buio i ragazzi precedente.

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La lingua della memoria

“PER CHI MI VORRÀ


LEGGERE”
di ERMETE PELLICONI

Conservo tra le cose a me più care


uno scritto di mio padre che volle
chiamare “Per chi mi vorrà leggere”.

È la storia della sua vita fin da


bambino poi da lavoratore, da
combattente partigiano ed infine da
cooperatore, marito e padre.

Nella parte che presento,


l’adolescenza, si delinea la
personalità di un ragazzo impegnato
che desidera studiare e conoscere Ermete
cose nuove ma al tempo stesso anche Pelliconi nei
primi anni del
l’immagine di un ragazzino dopoguerra.
spensierato e felice con alcuni aspetti
inaspettati e sorprendenti.
MARIO PELLICONI

IVEVO CON I MIEI GENITORI ed


V i miei fratelli in una casetta a Via
Nuova, ero un bimbo molto vivace, mi
piaceva l’aria aperta e giocavo con i
miei compagni per tutto il tempo che
potevo e capivo che i miei amici ci
stavano volentieri con me. Quando
andavo a scuola a Ganzanigo, li
raccoglievo strada facendo a piedi con famiglie dove si bisticciava, benediva la
qualsiasi tempo facesse. Giocavamo gente per guarirli da ogni male,
per tutto il tragitto. Al mio ritorno da malediva gli insetti e i topi che
scuola, nel pomeriggio, andavo dal funestavano i raccolti. I parrocchiani
curato dell’Ercolana don Lodovico avevano tanta fiducia ed erano tanto
Foschi a fare il fattorino. Davo la biada convinti dei benefici che apportava che
e il fieno al cavallino, lo pulivo con la se tardava solo un giorno ad andare, si
brusca, lo attaccavo al biroccino o spazientivano e ritornavano a
calesse poi, con una certa abilità, lo sollecitarlo. A loro dire era come un
guidavo accompagnando il prete nelle mago. Ci intrattenevamo presso le
sue visite quotidiane ai suoi conoscenti famiglie e si chiacchierava per ore
o parrocchiani. Era molto rinomato specie con i contadini che ci offrivano
per i suoi poteri considerati miracolosi da bere. Ci regalavano un uovo
così veniva chiamato per ogni bisogno. oppure un pezzetto di salame, salsiccia
Si prestava a ricomporre la pace in o una fetta di prosciutto così si tornava

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BSRODO
ERPE
di
gli anni più belli e spensierati, non
avevo problemi di nessun genere, ero
ancora un bambino e pensavo solo a
giocare e divertirmi come si usava a
quei tempi. Vicino alla chiesetta
scorreva un torrente, il Sillaro, a volte
in inverno l’acqua gelava allora con i
miei amici andavo a scivolare per ore
e ore con uno slittino che avevo
costruito. Mi divertivo un mondo.
Figuratevi che allora non avevo
nemmeno la bicicletta. Mi piaceva
quando nevicava, stavo moltissimo
tempo ad osservare la neve che
cadeva e gli uccellini infreddoliti che
cercavano qualche seme nella siepe di
biancospino adiacente al torrente.
Osservavo con molta attenzione tutta
la natura circostante che si copriva di
neve rendendo il suo caratteristico
splendore. In estate andavo all’ombra
Ermete a casa sazi e a me andava bene perché in un piccolo boschetto e ci rimanevo
anziano con a casa mia il cibo non abbondava. ore intere ad osservare gli uccelli che
la nipotina.
Questa vita continuò per qualche anno svolazzavano e canticchiavano
fino a quando non ebbi l’età per poter specialmente gli usignoli che avevano
andare a lavorare. Nella mia mentalità un canto così delicato. Io me ne stavo
di bambino, consideravo questo fermo, fermo per non essere visto. A
curato un amico carissimo ed anche lui volte mi appisolavo nella frescura del
si era molto affezionato a me. Si sottobosco e rimanevo così per molto
giocava a carte tutte le sere dopo tempo risvegliandomi riposato e
cena. Io vincevo quasi sempre e a lui sereno. Il reverendo possedeva una
dispiaceva moltissimo e si vendicava grande quantità di libri che trattavano
maledicendo le carte che non lo dalla Religione alla Politica, dalla
favorivano e nel contempo io ero Scienza alla Economia. Ho passato
felice perché portavo a casa qualche molte ore a leggere quelle scritture ma
soldo. In casa sua aveva una nipote vi dirò che molti libri rinunciavo a
sulla quarantina che gli prestava leggerli perché non ne capivo molto. È
assistenza perché lui era già nella certo però che nel corso della vita,
sessantina e di bisogno ne aveva. Si quanto ho appreso da quelle letture è
chiamava Angiolina, era una donna stato importante per la mia cultura e
straordinaria, di gran rispetto altrui e mi ha anche evitato di commettere
di cultura semplice e profonda. A me tanti errori. Spesso andavo all’acqua
voleva molto bene anche perché mi alla fontana dei Romagnoli che
considerava e mi educava come un avevano un cane cattivissimo tanto che
figlio. Io la aiutavo come ero capace in dovevo badare bene a non farmi
tutti i suoi lavori. A volte, quando mordere. Invece i Sabbioni avevano un
doveva andare in qualche posto, anatrone gigante che ogni volta che mi
preparavo il calesse con il cavallino e vedeva spiccava il volo anche da
la accompagnavo con la massima lontano e mi piombava addosso con
attenzione perché lei aveva paura a tutto il suo peso e se non me ne
viaggiare per strada non essendoci accorgevo in tempo, mi faceva
molto abituata. Per me quelli furono stramazzare a terra.

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La lingua della memoria

SEGRETI DI UNA VOLTA:


LA PLISSETTATURA

di GIANCARLO CAROLI

EGLI ANNI ‘30 LA BRUNA, Pieghe


N giovane sarta, apprese quasi come
eredità da una anziana signora “l’arte”
a Soleil.

della plissettatura che iniziò a


praticare, ma fu subito interrotta dalla
seconda guerra mondiale. Nel periodo
postbellico la moda fece riemergere la
plissettatura. Ma a chi rivolgersi per
plissettare la stoffa? Non si
conoscevano allora punti di riferimento
e ancora oggi per piccole pezzature si
trova su Internet ancora la stessa
domanda: a chi mi posso rivolgere?
La Bruna rispolverò e mise in
pratica la plissettatura come aveva
appreso, il passaparola sparse la voce Vestitino
plissettato.
e arrivarono le richieste. Ben presto
divenne punto di riferimento per
Medicina, poi anche per i comuni
limitrofi fino a Bologna e Imola. Nei
periodi in cui si scatenava la moda del
plissé la Bruna impegnava tutta la
famiglia nell’attività suscitando
interesse e invidia e varie signore
cominciarono a chiedere informazioni
su come si faceva a plissettare; ma la
Bruna teneva il segreto e plissettava di vedere a nessuno (il che non era
sera o di mattina presto utilizzando difficile perché non esisteva).
solo i familiari. La plissettatura la Comunque il segreto rimase tale fino
faceva di tutte le misure, di quasi tutti i agli anni ‘60 quando, pur continuando
tipi e per tutte le stoffe, anche a fare le pieghe normali alla sua
recuperando le misure quando la stoffa maniera, acquistò i cartoni con i quali
era scarsa. Le pieghe apparivano faceva anche le pieghe “a urganén” (a
perfette, tanto che le persone soffietto) ,“ad sgalembar” (a
interessate ponevano domande come: sghembo), a Soleil (a raggio di sole)
“Bruna, hala una machina da completando così la sua gamma di
pigater? (ha una macchina per plissettature.
plissettare?)”. E la Bruna rispondeva Ma quale era il segreto che la
“no ai ho un aparòc, (ho un Bruna riuscì a nascondere per tanti
apparecchio)”, che però non faceva anni?

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BSRODO
ERPE
di
100X150 cm circa uno dei quali
costituiva il piano di lavoro. Poneva
il piano su un tavolo e lo copriva
con un telo bagnato; bagnava a sua
volta la stoffa e iniziava da sinistra
a destra a fare a mano, ripeto a
mano, le pieghe che riusciva a
realizzare della misura e tipo
richiesti e uguali per tutta la stoffa
da plissettare. Finita questa fase il
piano con la stoffa plissettata
veniva rovesciato con manovra di
rotazione a quattro mani (con un
familiare) su un altro piano mobile
coperto da tela e poi lasciata
asciugare. Stessa procedura per
altre plissettature. Successivamente
la Bruna stirava la stoffa plissettata
stabilizzando definitivamente le
Abiti a pieghe Apparentemente semplice, ma in pieghe che sembravano “fatte a
del Beato realtà assai difficile da realizzare se macchina”.
Angelico non si è dotati di pazienza, precisione,
a Firenze.
volontà, spazio, sole, nonché di aiuti 5. Consegna: il plissettato veniva
vari. La Bruna abitava alla Tombazza, contenuto in un involucro di carta e
un gruppo di case isolate distanti trasportato coi soliti mezzi alla
cinque km dal paese; fino al 1950 non merceria di Marí ad Bentén. La
aveva l’elettricità, solo più tardi arrivò merciaia riscuoteva il prezzo
il telefono. Il luogo era ideale per indicato sull’involucro che poi dava
lavorare in pace non spiati. alla Bruna. Il prezzo andava da 100
a 200-300 lire secondo tipo e
La plissettatura richiedeva allora misura pieghe e misura della stoffa.
questi passaggi:
Il segreto della plissettatura,
1. Ritiro: il negozio di merceria di custodito gelosamente dalla Bruna,
Marí ad Bentén era il punto di oggi non interesserebbe a nessuno;
riferimento: le clienti portavano la credo che anche allora ben pochi di
stoffa e facevano la richiesta del coloro che avessero potuto conoscere
tipo e misura delle pieghe. come veniva fatto il lavoro avrebbero
Raramente la stoffa veniva portata avuto la disposizione, la pazienza e la
direttamente alla Tombazza. volontà per copiarla. Quando la Bruna
si trasferì in paese non esercitò più
2. Un familiare della Bruna, i primi l’attività . Lasciò ad altri i cartoni, unici
tempi in bicicletta, poi in strumenti che aveva utilizzato oltre alle
Lambretta, poi in Fiat 500 portava sue mani.
la stoffa a casa. Resterebbe alla Bruna l’orgoglio di
avere consentito a tante bambine,
3. La Bruna alla sera, dopo aver fatto giovani e meno giovani donne, di
la sarta e custodita la figlia sfoggiare gonne a pieghe, vestitini di
handicappata per tutto il giorno, si seta plissé, camicette con polsini e
disponeva alla plissettatura. colletti mirabilmente plissettati; e di
avere dato un buon contributo al
4. Aveva sei piani mobili di legno di proprio bilancio familiare.

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La lingua della memoria

UN PAESE cinema Garibaldi dove ora si trova una


banca e manca la buona acqua della
vecchia fontana in Piazza, anch’essa
AMICO esaurita con il tempo. Dove una volta
c’era il “Parco delle Rimembranze” in
cui si giocava al pallone, ora esiste un
bel giardino pubblico con una magnifica
fontana. E anche il vecchio trenino
di DIEGO CALLEGARI della Veneta con la caratteristica loco-
motiva a vapore ora non c’è più, è
on è facile spiegarlo a chi in un
N paese non ha mai abitato, ma non
è difficile capire per chi in un paese ha
rimasta la stazione diventata, per qual-
che tempo, un ristorante.
Anche la casa colonica dove andavo
vissuto per anni fin dai giorni della a morosa, è diventata una bella villa e
prima infanzia; forse il modo migliore è non esiste più la pianta di melograno
quello di andare via per un po’, immer- da cui, tanti anni fa, avevo estirpato un
gersi nel frastuono dei clacson del traffi- ramoscello che poi avevo messo a
co, nello stress quotidiano, nell’inquina- dimora nel giardino della mia casa in
mento atmosferico di una città che è montagna e ora, dopo tanti anni, dopo
sempre meno umana, dove sei solo tra essere diventato un rigoglioso cespu-
tanta gente sconosciuta. glio, finalmente è sbocciato un bel fiore.
E così, al momento di tornare a A quei tempi c’era molta miseria,
Medicina, quando scorgi il campanile, capitava di partire per la guerra e non
le chiese, le vecchie case che ancora fare più ritorno, come di essere arresta-
esistono, i pochi anziani sempre meno ti e uccisi senza avere alcuna colpa. Ma
conosciuti, ti accorgi che il paese è non è di una memoria tragica che si ha
qualcosa di diverso dove non sei mai bisogno, quel filo che collega gli eventi
solo, perché il paese non è solo il luogo che in un paese si fa ancora sentire
in cui hai vissuto, la terra che ti ha ospi- ancora più forte è la tua storia, ed in
tato per un certo numero di anni, ma è essa è racchiusa anche l’origine di quel-
molto di più: è l’amico che ti ha fatto lo che sei adesso. E mentre cammini, la
vivere tante emozioni, in modo incom- senti addosso questa storia e sai che
prensibile per chi è di fuori. Un paese è ascoltandola bene potrai scrivere il tuo
un amico perché sai che su quelle stra- passato, il presente e il futuro della tua
de ci hai camminato tu da piccolo e vita, perché il paese sa come far emer-
così i tuoi genitori e prima ancora i tuoi gere ogni lontano ricordo.
nonni e ti conferma che nella vita c’è Ascoltando il suono delle campane
qualcosa che dura negli anni. delle chiese, del campanile e delle ore
Ora molte cose sono cambiate, scandite dell’antico orologio,
dopo tanti anni di assenza, la mia ascoltando le parole in dialetto dei
vecchia casa ora ristrutturata è molto vecchi medicinesi, ormai pochi, quando
più bella, ma ai miei occhi sembra più sarà il momento di andar via, ci
piccola, e anche il cortile, luogo dei ricordiamo che il nostro paese sarà
miei giochi di ragazzo, sembra meno sempre lì ad aspettarci e ancora una
grande di allora, anche se è rimasto il volta proverà a raccontarci con il suo
vecchio muraglione su cui mi silenzio il passato che ormai,
arrampicavo salendo sul punto più alto purtroppo, non tornerà più.
dove avevo la sensazione di sentirmi Il paese, anche se abbandonato, ti
più bravo e importante. aspetterà sempre per ogni ritorno e
Molte cose sono rimaste, le vec- per una eventuale ed ultima dimora,
chie borgate del paese chiamate con perché qui restano sempre le tue
appellativi un po’ strani; non c’è più il origini e le tue radici.

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BSRODO
diERPE
La correzione dell’Inno di Mameli
(“siam pronti alla vita”) del Premier Renzi
a EXPO 2015 è già stata fatta
da un medicinese settanta anni fa

Carissima Liliana, assomigliasse alla madre. Suo padre, il


proprio per sindaco, lo guardava sorridente,
non soccombere, soddisfatto, ma senza dare a vedere
senza rimedio, ai agli altri bambini che questi era suo
guai che devo figlio.
sopportare nella Ma perché ora lo ricordo e lo
mia tarda relaziono al Presidente Renzi? In una
vecchiaia, mi di queste visite del sindaco, noi
rivolgo sempre ai vigilatrici, che ancora sapevamo poco
ricordi di una di democrazia, ma memori degli
volta, da quando inquadramenti fascisti, avevamo
ero bambina nella allineate le nostre squadre di bambini
mia casa e, per salutare il sindaco, facevamo
patriarcale dei cantare l’inno di Mameli.
“Matiulón” a Ricordo che in una di queste
quando ero occasioni, io ero poco distante da lui,
cresciuta, sempre lo sentii dire “siam pronti alla vita e
lì, nel Medicinese, non alla morte”. Ogniqualvolta sento
tra la nostra cantare l’inno, a quelle parole “siam
gente. pronti alla morte” mi ricordo di lui, del
In questi giorni suo viso appena sorridente e penso al
ho udito dalla perché non si cambiano quelle parole
televisione che in “siam pronti alla vita”.
Matteo Renzi ha Ora che la mia vita si arrampica su
Alieta Fabbri detto una cosa mai pronunciata da per i novantadue anni, l’ho sentito dire
in una recente nessun altro: “siam pronti alla vita” e da Renzi e questo mi è piaciuto. Io
foto.
non “alla morte”, se non dal sindaco sono per la vita, anche se la mia è
Orlando Argentesi. ormai parecchio disagevole, ma cerco
Erano gli anni ‘46 o ’47: io ero di confortarmi leggendo la Bibbia ogni
vigilatrice presso la Colonia Marina di mattina e quando arrivo in fondo ad
Bellariva, alla “Murri” uno stabile Apocalisse, ricomincio da capo, da
mezzo diroccato dai bombardamenti, Genesi. Ciò dà un po’ di conforto alla
messo in sesto alla meglio per i locali mia vita, insieme ai ricordi di una
del refettorio, del dormitorio, delle volta, tra la nostra gente, nella terra
docce… medicinese.
Il sindaco Argentesi, ogni tanto, Tu, Liliana, sei la mia cara cugina e
insieme alla moglie, veniva a trovarci i ricordi di te sono molti e tutti
con la sua “Topolino” tanto più che piacevolissimi: nei ricordi sei il mio
tra i bambini c’era anche suo figlio, piacevole rifugio.
Giuseppe. Lo ricordo con quel suo Cari saluti e te e a tutti i tuoi
visino leggermente sorridente, un po’
timido, di poche parole: mi pareva
ALIETA FABBRI
che, nel suo modo di essere, Milano, 3 maggio 2015

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Storia, cultura, personaggi, eventi

GLI HERCOLANI
A MEDICINA
NOTE E IMMAGINI DEGLI
SCOMPARSI PALAZZI
DI ERCOLANA E DI CROCETTA

di LUIGI SAMOGGIA

L’ ambizioso progetto tramontato di Ercolana


RA LE FAMIGLIE BOLOGNESI investiti anch’essi come feudatari delle
T dominanti che, tra la metà del
Quattrocento e i primi decenni del
loro terre.
Per le Comunità di Medicina e
secolo successivo, vanno espandendo il Ganzanigo fu una notizia nefasta
loro patrimonio mediante l’acquisto l’apprendere che il pontefice aveva
dalle comunità della bassa pianura di emanato, il 14 novembre 1530, il
vaste zone vallive e boschive per Breve col quale istituiva il feudo
renderle produttive con opere di comitale «delle Rivazze e del
bonifica, disboscamento e di Medesano» in favore della famiglia
ripopolamento, oltre ai Malvezzi, ai Hercolani: un atto che sul territorio
Fantuzzi, ai Bolognini, ai Bottrigari ed riduceva di fatto alle Comunità le
altri, nel territorio di Medicina antiche sempre riconosciute e
emergono in maniera particolarmente tenacemente difese “Libertà”
rilevante gli Hercolani. Fino a tutto amministrative e fiscali.
l’Ottocento questo nobile casato, oltre Per i membri della famiglia
a immobili in Medicina capoluogo, Hercolani fu un rilevante e festeggiato
consistenti soprattutto in strutture successo, che però molto presto si
ricettive come stallatici, locande, tramutò in un pesante smacco in
osterie – e per qualche tempo anche i quanto, a distanza di tre anni – morto
mulini – possedeva numerosi poderi Clemente VII de Medici – il successore,
sparsi e soprattutto le ampie tenute Paolo III Farnese, su istanza delle
agricole di San Rocco, a poca distanza Comunità di Medicina e Ganzanigo,
dal paese e, nel territorio a est del “dopo minuto esame”, revocò il Breve
comune, disponeva delle grandi emanato dal suo predecessore.
aziende di Ercolana e di Crocetta. Già Sembra che nonostante ciò gli
nei primi decenni del Cinquecento gli Hercolani non rinunciassero a dare
Hercolani, forti dell’esteso territorio consistenza strutturale e nobile visibilità
acquisito nella fascia orientale del al centro delle loro vaste proprietà sul
Medicinese e del Medesano, ma territorio orientale medicinese, se
affiancati a ponente e a levante dai diedero il via ad un grandioso
feudi di Selva e di Castel Guelfo progetto, che prevedeva, oltre ad una
appartenenti ai Malvezzi, si attivano prestigiosa villa padronale di valore
presso papa Clemente VII per essere architettonico, un complesso

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AAAA menabò 2015_Menabò 1 - 56 03/11/15 16:10 Pagina 75

BSRODO
diERPE
vaticana delle Carte geografiche.
Ovviamente, come osserva Mario
Fanti, non furono inserite nella
composizione pittorica finale tutte le
molte annotazioni grafiche di “Ville,
castelli e chiese bolognesi”
attentamente disegnate dal Danti con
evidente personale interesse.

Il disegno che qui si presenta


costituisce un elaborato di notevole
importanza per diverse ragioni, la più
rilevante delle quali consiste nel fatto
che, a differenza della quasi totalità dei
disegni che sono eseguiti dal vero,
questo, con il titolo “L’HERCULANA”,
reca l’annotazione dell’autore che
afferma di averlo ripreso non dal vero,
ma tratto dalla bozza di progetto
perché la grande mole della villa si
trovava in via di costruzione. Riguardo
a tale ben articolato progetto è da
ritenere che poi sia stato
effettivamente realizzato soltanto in
minima parte, o in forma molto
ridotta, visto che sul sito non sono
La villa urbanistico organico di opere edilizie rimaste che poche tracce di muro e la
“Ercolana”,
disegno finalizzate a conferire al sito una base di una delle tre torri previste.
a penna di razionale funzionalità. Il preciso scopo Soltanto la chiesa, dedicata a
Egnazio Danti, era, appunto, di creare ex novo un Sant’Ercolano – due volte disegnata
in M. Fanti, borgo agricolo di carattere signorile, dal Danti, una delle quali rappresentata
“Ville, castelli dominato dalla villa-castello,
e chiese
nell’insieme del borgo programmato –
bolognesi”, sull’esempio di altri borghi sorti in viene integralmente edificata per
ed. A. Forni pianura tra i secoli XV e XVII. giungere fino agli anni ‘60 del
1996, p. 45. Di questo ambizioso progetto ci è Novecento, quando venne demolita
pervenuto un disegno a penna, anche per le precarie condizioni
eseguito nel 1578 dal corografico statiche e di abbandono in cui versava.
Egnazio Danti sul codice noto anche Ad osservare l’insieme del disegno
col nome “Gozzadini” a motivo del che occupa un’intera pagina, si notano
precedente proprietario ed ora immediatamente due diverse modalità
confluito nella Biblioteca Comunale di esecuzione: l’attenzione dell’autore si
dell’Archiginnasio di Bologna. Lo vede particolarmente concentrata a
storico Mario Fanti, nella pregevole riprodurre le forme architettoniche
pubblicazione del 1996, dà ampio della villa in progetto, concepita in
conto dell’autore – a lungo non rigorosa composizione simmetrica di
individuato – dell’intero corpo di oltre vago richiamo medievale, scandita in
290 disegni e della finalità parti turrite a due corpi uniti da una
dell’operazione commissionatagli dal muraglia merlata sulla quale, al centro,
papa bolognese Gregorio XIII si eleva una svelta torre alla cui base si
Boncompagni per la realizzazione apre la porta d’accesso alla ben difesa
dell’affresco della corografia dedicata corte interna. Ai lati estremi dei due
al contado bolognese nella galleria compatti corpi di residenza, fermano la

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Storia, cultura, personaggi, eventi

eventualmente
completata, avrebbe
avuto un ruolo non
irrilevante nel dare
prestigio, vitalità e
incremento non solo
in quella estesa plaga
del nostro territorio.
L’unica
costruzione
completata e
pervenuta fino agli
anni ’60 del secolo
scorso – anni in cui
venne
malauguratamente
demolita – fu, come Chiesa di
si è accennato, la “S. Ercolano”,
dinamica orizzontale dell’insieme due chiesa di san Ercolano della quale si dal disegno
cinquecentesco
più piccole torri di minore elaborazione conservano vecchie fotografie che ne di Egnazio
formale rispetto a quella centrale. lasciano scorgere il fondamentale Danti, in Fanti
Anche la chiesa di “S.Herculano (sic)”, carattere architettonico in parte però 1996 cit.,
il palazzetto oltre la strada che conduce difforme dalle due immagini del Danti. p. 44.
al ponticello sul corso rettilineo del Sono, infatti, evidenti le modifiche
“Selere” (attuale Sillaretto) e la più apportate dagli Hercolani nel tempo,
distante fornace, mostrano un più verosimilmente tra il Sei e il
fermo tratto di penna che non è riser- Settecento, soprattutto nella facciata
vato ai lotti di terreno con casette, di- con l’eliminazione del portico a tre
sposti molto sommariamente e in archi e il ridisegno delle rispettive
diversa prospettiva rispetto alla villa- modanature e finestre; si nota inoltre
castello, ai lati delle due strade di acces- la sostituzione del piccolo campaniletto
so alla villa padronale. sporgente nella parte posteriore della
Il che può significare che tale lottiz- chiesa con un ben disegnato
zazione fosse soltanto genericamente campanile a vela innalzato tra il fianco
prevista, ma non graficamente definita, sinistro della facciata della chiesa e la
in quel 1578, come le altre costruzioni, casa canonica. Unico ricordo
nell’obiettivo di formare, forse in tempi conservato della antica chiesa è il
successivi, il razionale borgo abitativo quadro sei-settecentesco con
degli addetti alla tenuta. La presenza l’immagine di san Ercolano vescovo,
della fornace sembra dichiarare la sua dipinto di buon autore anonimo,
effettiva funzionalità ai lavori in corso restaurato ed attualmente esposto nel
nel complesso della grande villa e del coretto, a sinistra della chiesa
borgo, forse un poco utopisticamente parrocchiale di Ganzanigo.
concepito. L’insieme di tali opere promosse
Oggi però di questo grande dagli Hercolani lungo i secoli successivi
progetto non resta che il disegno qui attesta come l’interesse e l’affezione di
proposto, e non si conoscono i precisi quel casato per la borgata interna alla
motivi della interruzione delle opere loro tenuta, oggi quasi completamente
programmate; certo che la revoca cancellata dagli eventi se non nella
dell’elevazione feudale avrà contribuito toponomastica, abbia comunque
a frenare o ad abbandonare lasciato un segno rilevante nella storia
l’impegnativa impresa, che, se del nostro territorio.
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BSRODO
diERPE
Opere e progetti
per il palazzo di Crocetta nel Settecento
visibili gli archi
dell’antica fabbreria e
parte della serie di
abitazioni a schiera per
i braccianti sul lato sud
della via San Vitale che
conduce a Medicina.
Una visione
panoramica
dell’insieme degli edifici
del borgo della
Crocetta – esclusa la
chiesa e l’osteria, lato
Il palazzo da cui si intuisce sia
Hercolani stata ripresa
di Crocetta, l’immagine – si ricava
da Fanti 1996 da un disegno
cit., p. 51.
acquerellato eseguito
Altre vicende storiche, e più sul luogo dal pittore paesista bolognese
recenti, hanno invece determinato in tardo settecentesco Giacomo Savini:
pratica la scomparsa dell’altra grande un’immagine su cui ci si soffermerà tra
villa degli Hercolani: “Il palazzo della poco.
Crocetta”, come veniva chiamato dagli Dello storico palazzo legato agli
abitanti del luogo. Le bombe Hercolani fortunatamente si può però
dell’ultimo conflitto mondiale hanno in disporre di una serie di documenti
gran parte abbattuto l’antico edificio; grafici per lo più inediti che ci
l’incuria e gli interventi successivi sui permettono di tracciarne varie fasi
ruderi hanno prodotto di fatto la quasi della sua identità. A proposito delle
completa trasformazione della residua immagini, debbo un vivo
struttura architettonica, di cui oggi ringraziamento all’architetto Giorgio
restato visibili soltanto un arco mutilo Galeazzi per avermi messo a
sul lato settentrionale e un brano di disposizione, espressamente per
parete con torretta scalare sul versante questo articolo, numerose riproduzioni
occidentale. Completamente di disegni da lui eseguite presso
scomparsa a causa degli ultimi eventi l’archivio Hercolani nel corso di sue
bellici è invece la chiesa di origine ricerche.
seicentesca annessa all’ospizio ad uso La più antica immagine ora
dei frati cappuccini intitolata conosciuta del palazzo di Crocetta si
all’Esaltazione di Santa Croce – da cui trova anch’essa tra i disegni elaborati
il nome di Crocetta alla località – da Egnazio Danti nel ricordato codice
posta, come l’attuale chiesa costruita Ville, castelli e chiese bolognesi . Al
ex novo, presso l’incrocio viario sul numero 174 è infatti riportata la figura
lato orientale di via Medesano, e in prospettiva di un palazzotto a pianta
quindi già compresa nel territorio quadrata col tetto a quattro spioventi,
comunale e parrocchiale di Castel sui quali spiccano i caratteristici
Guelfo. Anche il borgo circostante al decorativi pinnacoli cinquecenteschi, e
palazzo ha subìto notevoli affiancato da una sola torretta
trasformazioni in vari tempi, colombaia priva di elementi di tipo
soprattutto recenti; restano ancora decorativo. Sopra il disegno è apposta
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Storia, cultura, personaggi, eventi

Il prospetto
del palazzo
di Crocetta,
disegno
dei primi anni
del Settecento,
Bologna,
Archivio
Hercolani.

Nella pagina,
a fronte,
in alto:
Prospetto
nord del
palazzo di
Crocetta,
disegno
dei primi anni
del Settecento,
Bologna,
Archivio
Hercolani.

la scritta che recita: “Del C[onte] e concepita nel razionale schema


Federigo Hercolani”. L’edificio si cinquecentesco comune a molte
colloca al centro di un’area delimitata analoghe costruzioni coeve sparse
da mura in cui è compresa anche una nella pianura bolognese. A fronte del
costruzione i cui caratteri la dichiarano progressivo abbandono di interesse per
appartenere a magazzini e a servizi il proseguimento di opere intorno
della grande azienda agricola. Si nota all’insediamento dell’Ercolana, che
tuttavia nell’immagine del palazzo un determina il declino e la successiva
dettaglio che indica un guasto di una scomparsa delle stesse realizzazioni
parte di arco del portico e eseguite, da parte degli Hercolani si
dell’adiacente parte muraria, registra per contro nel tempo un
particolare che evidentemente continuo susseguirsi di operazioni di
all’autore del disegno desta una manutenzione e di commissioni di
notevole attenzione. Infatti, per dare progetti per modifiche strutturali e
evidenza a tale crollo, il Danti rinuncia architettoniche sul palazzo
a ritrarre il prospetto principale del cinquecentesco di Crocetta – spesso
palazzo, rivolto a sud verso la strada però rimaste sulla carta – e intorno
San Vitale dove si nota l’ingresso agli edifici del borgo circostante. Sta
ufficiale, ma rileva la parte posteriore, certamente alla base di tale
a settentrione, caratterizzata da un orientamento programmatico la
portico a tre archi – di cui uno, favorevole collocazione di Crocetta,
appunto, diroccato - preceduto da posta come è sull’importante incrocio
un’ampia scalinata che scende nel viario tra il collegamento Bologna-
prato racchiuso entro il muro di cinta. Ravenna della strada San Vitale e la
A differenza del carattere via del Medesano, che unisce le
architettonico che esibiva lo località della Bassa medicinese –
scenografico complesso progettato per Portonovo, Buda, Fantuzza – con San
l’Ercolana, conformato in una tipologia Martino, Castel Guelfo, Dozza ed
serrata e munita, il palazzo della Imola. La borgata di Crocetta, con le
Crocetta si presenta, fin dall’origine, sue botteghe di fabbri e falegnami, con
come una nobile serena residenza di forno, osteria e in particolare chiesa
campagna aperta sul verde circostante ed ospizio dei cappuccini, costituiva (e

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BSRODO
diERPE
Mezzogiorno […]” e
l’altro dedicato alla
“facciata del Palazzo […]
dalla parte di
Tramontana […]”
documentano che
rispetto allo stato
originale del secolo XVI
si notano alcuni
interventi strutturali che
modificano il profilo
dell’edificio. Nella
facciata principale
compare una seconda
torre, che conferisce al
prospetto un equilibrato
valore simmetrico, e in
entrambe le torri sono
assenti gli antichi
caratteri della funzione
lo costituisce tuttora) un punto di non colombaia. Inoltre due torricelle, visibili
irrilevanti servizi per chi vi transitava e dal prospetto della facciata porticata
per quanti vi risiedevano e vi posteriore, si trovano addossate alle
operavano: condizione non pareti laterali; dalla pianta si legge
confrontabile con ciò che avrebbe siano funzionali a contenere scale di
potuto proporre il più decentrato collegamento interno. Ancora: il
progetto del borgo di Ercolana. profilo del coperto, disegnato sul lato
sud, presenta un taglio che interrompe
L’intento del presente articolo, più sensibilmente il corretto andamento
che un excursus sulla presenza e sui conferito all’insieme. Anche questo
rilevanti interessi degli Hercolani in particolare trova motivazione dalla
questa zona, è di offrire una serie di lettura della pianta: in quella posizione,
immagini, sia inedite che poco note, nel piano nobile, si rinviene un
che permettano di comporre una sorta «cortile» ricavato dallo scoprimento di
di storia visiva dell’antico edificio quale un ampio vano. È però da notare che
nucleo propulsivo da cui ha avuto in rilievi successivi di fine Settecento al
origine una comunità ancora oggi posto del «cortile» si trova una “sala del
vitale benché rinnovata intorno a quei bigliardo”; ma anche in questo caso
suoi pochi resti. resta stranamente visibile la linea
Tra i disegni dell’Archivio Hercolani interrotta del coperto.
figura un nucleo di elaborati che, da I diversi disegni contenuti nel
diversi elementi grafici, si potrebbe gruppo, ora rapidamente osservato
collocare nel primo Settecento; tale per quanto riguarda il palazzo, sono di
serie di operazioni, oltre a presentare notevole interesse per conoscere le
una completa visione in pianta varie costruzioni di servizio della
dell’intero borgo di Crocetta con ogni residenza padronale e della borgata.
edificio e sua funzione, mostra il Al fianco occidentale dello spazio a
palazzo padronale in due dettagliati giardino della villa, vengono disegnate
prospetti, quello d’ingresso e quello e descritte, oltre all’abitazione del
posteriore, e una pianta del piano fattore, le vaste stalle dei cavalli, le
nobile. Il rilievo “Alzata in facciata del parti coperte per il deposito dei
Palazzo alla Crocetta dalla parte di prodotti agricoli e la lunga loggia
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Storia, cultura, personaggi, eventi

porticata per
custodire carri e
attrezzi.
Nell’ampio
prato
prospiciente
viene indicata
anche la
rotonda
“conserva da
neve” per la
conservazione
delle derrate
deperibili.

In alto:
Giuseppe
Antonio
Ambrosi,
disegno del
1734 del
palazzo di
Crocetta, con
tracce di possi-
bile intervento
di modifica
con l’aggiunta
di timpano
sulla facciata.
Bologna,
Archivio
Hercolani.
A sinistra:
progetto
di intervento
sulla facciata
del palazzo
di Crocetta
eseguito
nel 1739
probabilmente
da G. A.
Ambrosi,
Bologna,
Archivio
Hercolani.

È inoltre da rilevare come borgo signorile – considerate anche


l’attenzione della proprietà verso le dagli stessi Hercolani nel progetto
condizioni di vita della maestranze cinquecentesco dell’ Ercolana – si
artigiane e degli operai addetti alla trovano qui realizzate in termini di
tenuta sia presente nelle costruzioni di maggiore funzionalità unitaria e
fronte al palazzo in cui si trovano socializzante.
razionali ambienti di lavoro, alloggio e Un paio di disegni, uno eseguito
servizi essenziali alle necessità dei nel 1734 da Giuseppe Antonio
residenti e del territorio circostante. Ambrosi (l’architetto bolognese che
Tali condizioni, comuni in ogni piccolo negli stessi anni stava dando

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BSRODO
diERPE
esecuzione al suo progetto per la facciata ricavandovi in tal modo nuovi
ricostruzione della chiesa arcipretale di vani e ponendo sulla sommità un
San Mamante a Medicina), l’altro del ampio timpano triangolare il cui
1739 – probabilmente dello stesso vertice avrebbe raggiunto l’altezza
architetto – propongono un intervento delle torri, il tutto per nascondere
finalizzato a “ridur [la facciata del l’irregolare linea della parte sinistra
palazzo] in miglior simmetria”. Il dello spiovente.
primo disegno mostra, infatti, la Decisamente provocatorio è il
facciata del Palazzo di Crocetta nello progetto contenuto nel disegno del
“stato di fatto” con le sovrapposte 1739. Qui l’architetto – forse lo stesso
linee della modifica da apportare; ciò Ambrosi – si esibisce in un elaborato
che si nota immediatamente di del più sfrenato e improponibile stile
difforme nella facciata rispetto al barocco, che nessuno, in ambito
disegno degli anni precedenti è la bolognese, e anche altrove, avrebbe
presenza alla base delle due torri di un avuto l’ardire di accettare.
corpo aggiunto formato come un
solido cubo segnato da due file di Incarichi
strettissime feritoie che dovrebbero di Filippo e Astorre Hercolani
Nel disegno, dare luce e aria ad anditi interni di
in basso: ad Angelo Venturoli
Angelo servizio. Un’aggiunta questa che per Crocetta
Venturoli, assegnava alla tranquilla stesura delle
pianta forme e dei volumi architettonici un L’interesse e l’attenzione degli
del palazzo aspetto di arcigna militaresca difesa. Hercolani per le condizioni in cui
della Crocetta,
Bologna, Con l’intervento dell’architetto, versano gli immobili dell’azienda della
Archivio secondo l’idea di progetto, si sarebbe Crocetta, e in particolare la residenza
Venturoli. limitato ad alzare l’altezza della estiva padronale che ne è il centro, si

Qui, a fianco: Angelo Venturoli,


abbozzo per un cancello presso il palazzo di Crocetta,
Bologna, Archivio Venturoli.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

inseriscono nell’arco di tempo in cui al Palazzo posto nella tenuta della


sono in corso le impegnative opere per Crocetta”, e tre anni più tardi di Giacomo
Savini
la costruzione del grande “Palazzo di formare il “Disegno per ridurre ed (Bologna
città”: operazioni progettate e dirette ornare la Facciata principale del 1768-1842),
dall’architetto Angelo Venturoli in Palazzo di villeggiatura situato nella palazzo
costante collegamento con il principe tenuta della Crocetta”: incarico che e borgo di
Filippo dal 1792 fino alla sua morte, indica non siano state realizzate le Crocetta,
da “Dal
nel 1810, e in seguito col successore opere proposte dall’Ambrosi. Della paesaggio
Astorre. Tuttavia già nel 1802 il nobile cancellata d’ingresso ci resta un rapido romantico
proprietario incarica l’architetto di abbozzo, mentre dell’intervento sulla alla veduta
visitare tutti gli edifici di proprietà facciata non è pervenuto nessun urbana”,
a cura di
Hercolani a Medicina e relativo progetto di mano dell’architetto o note F. Varignana,
territorio e di approntare un elenco di che ne documentino la realizzazione. Bologna
lavori di restauro necessari con Sono conservati invece nell’Archivio di 1977.
dettagliato preventivo di spesa. Segue Angelo Venturoli diversi disegni, non
una seconda relazione, nell’anno di mano dell’architetto, che presentano
successivo, in cui vengono segnalati gli semplici ipotesi di alzare il prospetto
interventi eseguiti anche nel palazzo posteriore sul portico per ricavarne
padronale di Crocetta nel quale si locali più comodi. Di notevole
certifica il realizzato “lavoro del importanza, per la conoscenza della
coperto”. funzione dei vari locali del piano
Il grande impegno del palazzo di nobile, è però la pianta del palazzo
città e la urgente necessità di far fronte tracciata dallo stesso Venturoli in anni
al degrado dei diversi stabili sparsi nel precedenti insieme con l’intera area
territorio debbono sicuramente avere cortiliva a prato e a giardino.
avuto una comprensibile precedenza Tra una bella serie di disegni a
nelle cure del principe Filippo rispetto penna acquerellata del pittore
all’attuazione di una revisione bolognese Giacomo Savini – attivo tra
architettonica della facciata della la fine del Settecento e la prima metà
residenza di Crocetta. Verrà invece dell’Ottocento – insieme ad alcune
ripresa l’idea di intervenire sulla precise vedute di Castel Guelfo, si
valorizzazione del fronte principale trova una panoramica di un borgo con
della villa quando, nel 1815, il principe palazzo turrito; il foglio, in basso, reca
Astorre incarica il Venturoli di il titolo “Castel Guelfo”. Con ogni
progettare pilastri e cancellata “davanti evidenza si tratta invece del Palazzo di

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BSRODO
ERPE
di
che ne attesti l’inserimento;
e neppure la foto
dell’edificio bombardato ci
chiarisce se il residuo
profilo triangolare visibile
sia una traccia del colmo
del coperto o di un
intervento collegato con
una modifica architettonica
eseguita sul fronte del
palazzo. Una fotografia
della facciata nelle
condizioni precedenti al
bombardamento potrebbe
offrire informazioni di
determinante importanza
sulle ultime opere
architettoniche apportate al
monumento.
Questa prima
presentazione parziale di
immagini oltre a proporre
una sequenza di opere e di progetti
attuati, o soltanto ideati, intorno ad
uno storico edificio cancellato dagli
eventi, vorrebbe essere anche un invito
a quanti possiedono foto o documenti
riguardanti il nucleo di Crocetta e del
suo Palazzo a segnalarli alla redazione
di “Brodo di Serpe” (presso la sede
della Pro Loco) per meglio completare,
Qui sopra: Crocetta inserito nel nucleo urbano in seguito, il profilo di un importante
epigrafe circostante in cui, a sinistra, si notano antico borgo di origine cinquecentesca
rinvenuta
uno degli archi delle botteghe artigiane meritevole di particolare interesse.
presso il
palazzo e la serie a schiera delle abitazioni dei
di Crocetta braccianti fissi addetti all’azienda Bibliografia essenziale
e depositata agricola. Sulla sinistra del palazzo è M. Fanti, Ville, Castelli e Chiese bolognesi, da un
nel Museo libro di disegni del Cinquecento, Forni Ed. 1996, pp.
disegnato il retro della lunga 45, 51.
Civico di
Medicina.
costruzione che ospitava l’alloggio del G. Cuppini, La villa come elemento ordinatore della
(Foto R. R. fattore, le scuderie, le stalle e i campagna bolognese, in G. Cuppini, A. M. Matteucci,
magazzini. Le mura di cinta sul fronte Ville del Bolognese, II ed., Bologna 1969.
Gattei, 2015)
G. Fornasini, Cenni storici sulle famiglie Malvezzi , in
stradale, oltre al cancello principale Giuliano Malvezzi Campeggi (a cura di), Malvezzi
Nella foto d’ingresso, mostrano una serie di genealogia e iconografia, Roma 1996 pp. 59, 62-63.
in alto:
il palazzo
contrafforti di sostegno e nell’angolo G. Simoni, Cronistoria del Comune di Medicina,
Bologna 1880, pp. 197-199.
di Crocetta viene bene delineata una garitta che
P. Guerra, Castel Guelfo di Bologna, origini e storia,
dopo il conferisce all’insieme un qualche Imola 1929, p. 101.
bombarda- carattere di vigilanza. Osservando il A. Bolognini Amorini (a cura di), Catalogo cronologico
mento disegno del Savini sembra che la parte da Lui stesso [Angelo Venturoli] diligentemente
dell’ultima tenuto di tutte le sue operazioni , Bologna 1827, p.
guerra.
centrale della facciata sia stata dotata 38, n. 314.
Archivio Luigi di un semplice timpano, di cui Fondazione Collegio Artistico Venturoli, Archivio
Dal Pozzo. purtroppo non si ha alcun documento Venturoli, Cart. H dal n.1 al n. 23, fasc. 17.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

SINGOLARE STORIA
DI UN QUADRO
MEDICINESE
di RAFFAELE R. GATTEI

LCUNI ANNI FA FOTOGRAFAI Il significato teologico e mistico del


A un dipinto raffigurante la Madonna,
conservato in ottime condizioni nella
quadro è facilmente comprensibile: la
Madonna Regina ma anche Mater
sacrestia della Parrocchiale di S. Luminis, (letteralmente Madre del
Mamante di Medicina. L’immagine Lume, come viene proclamata in alcu-
sarebbe poi stata utilizzata per lo stam- ne delle versioni più antiche delle
pato a colori distribuito dai sacerdoti Litanie Lauretane1) aiuta l’anima di un
alle famiglie in occasione delle benedi- giovane, afferrandolo saldamente per
zioni pasquali del 2013. un braccio, a sfuggire dalle grinfie del
Le raffigurazioni pittoriche della demonio mentre il Bambino Gesù
Madonna sono infinite ma quasi osserva la scena e, per ogni anima sal-
sempre sono riferite ad un momento vata, pone un cuore “fiammeggiante
saliente della sua vita o alle d’amore” nel canestro ormai già pieno
innumerevoli invocazioni, molte anche che gli viene offerto da un angelo.
legate a una devozione locale, con cui i Il “lume” o la luce divina richiamata
fedeli nei secoli si sono rivolti alla dal cartiglio ha infiniti riferimenti teolo-
Madre di Cristo. gici nel Vecchio e soprattutto nel
Nel dipinto fotografato (olio su tela, Nuovo Testamento, in particolare nel
cm 97x74) la Madonna è raffigurata Vangelo secondo Giovanni dove solo
mentre con un braccio sottrae un giova- nelle prime nove righe la parola “luce”
ne dalle fauci spalancate di un orribile che indica Cristo, il Verbo di Dio, è
mostro e con l’altro sostiene il Bambino ripetuta ben sei volte in contrapposizio-
Gesù che raccoglie in un cestino dei ne con le “tenebre”.
cuori “fiammati” che gli vengono offerti L’iconografia inconsueta2 del dipin-
da un angelo. La Madonna, dal viso to mi incuriosì e dopo qualche ricerca
soave e molto giovanile, è sostenuta da scoprii che altre raffigurazioni della
tre putti alati sorridenti, altri le volano Madonna del Lume, sempre con le
intorno e due angioletti stanno per stesse caratteristiche, esistono non solo
porle sul capo una preziosa corona. in Emilia Romagna per esempio a
L’iconografia è resa ancor più Cento (FE)3 e a Ravenna ma in tutta
inconsueta dal cartiglio dipinto nella Italia, in Europa e persino in America,
parte bassa del quadro con la scritta in nel Messico e anche negli Stati Uniti4.
spagnolo LA MADRE SS. DE LA LUZ Un altro aspetto che colpisce l’atten-
(La Madre Santissima del Lume). È zione è il fatto che l’invocazione
sorprendente che mentre di solito “Madonna o Madre Santissima o Beata
l’oggetto richiamato dal titolo del Vergine del Lume o dell’Eterno Lume”
quadro o dall’invocazione mariana è in si trova sempre ed esclusivamente riferi-
risalto e ben visibile, in questo caso nel ta all’iconografia descritta sopra. Infatti
dipinto non v’è alcuna traccia di un in tutte le raffigurazioni della Madonna
lume e nemmeno di una qualsiasi del Lume, ovunque si trovino, si ripeto-
specifica sorgente di luce. no questi elementi:
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BSRODO
diERPE
sempre presente) con la scritta
“Madonna del Lume” oppure in
spagnolo “Virgen (o Madre) SS. de la
Luz”.
La presenza di tutti questi elementi,
con pochissime varianti formali, in tutti
i dipinti intitolati alla Madonna del
Lume fa pensare che esista un unico
modello al quale i vari pittori si sono
ispirati. In effetti una ricerca più appro-
fondita ha permesso di scoprire la sin-
golare storia della devozione alla
Madonna del Lume e della diffusione
della sua immagine con caratteristiche
costanti e quasi immutabili.
All’inizio del XVIII secolo a Palermo
in Sicilia un pio padre gesuita,
Giovanni Antonio Genovesi (o
Genovese, 1684-1743)5, già famoso
per le sue eloquenti e seguitissime pre-
diche pronunciate in occasione delle
Missioni al popolo, in procinto di parti-
re missionario per l’America Latina e
desideroso di portare con sé un’imma-
gine della Madonna quale speciale
patrona e protettrice del suo aposto-
lato missionario, incaricò una donna
molto devota della Madonna e che
aveva già avuto delle visioni mariane,
di fare da tramite, nientemeno, che
La Madonna – la Madonna, madre giovane e con la Madonna stessa per chiederle
del Lume dolcissima, che sta per essere con quale forma pittorica e con quale
di Medicina. invocazione o titolo avrebbe voluto
incoronata dagli angeli,
– il cerchio di dodici stelle (gli Apostoli) essere venerata e invocata durante la
che splendono sopra la corona prossima attività missionaria nel Nuovo
regale, Mondo dello stesso padre Genovesi6.
– il giovane che è sollevato per un Detto fatto, una mattina del 1722 la
braccio dalla Madonna e così veggente (della quale peraltro non
sottratto al demonio, conosciamo nemmeno il nome) dopo
– il mostro-demonio con le fauci avere ricevuto la Comunione, cadde in
spalancate, stato di estasi ed ebbe una vivida visio-
– il Bambino Gesù che ha nelle mani ne della Madonna con gli angeli, un
due cuori “infiammati d’amore”, giovane in procinto di essere salvato
– l’angelo (in alcuni casi identificato dalle fauci del demonio, il Bambino
come l’arcangelo Raffaele) che porge Gesù, il cestino di cuori fiammeggianti,
al Bambino un cestino pieno di cuori il mostro diabolico etc., insomma esat-
fiammeggianti, tamente come si vede oggi nel dipinto
– i putti che sostengono i piedi della di Medicina e in tutti gli altri simili. La
Madonna, Vergine, su richiesta, con voce ultrater-
– il cielo grigio e tempestoso che fa da rena rispose di gradire il nobile pensie-
sfondo alla scena, ro del religioso [padre Genovesi], di
– il cartiglio (unico elemento non aver messo sotto la propria protezione

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Storia, cultura, personaggi, eventi

il suo ministero apostolico e infine colare invocazione di Maria SS. del


proclamò: voglio essere dipinta su tela Lume e stabiliva la data della relativa
come ora mi vedi e voglio essere invo- festa liturgica nella seconda domenica
cata con il nome di Madre SS. del di settembre. Inoltre, a ulteriore testi-
Lume7. monianza della vastissima diffusione del
Il padre Genovesi subito dopo chiese culto connesso alla Madonna del Lume,
a un famoso pittore, del quale non è nel Breve si concedeva l’indulgenza
riportato il nome o altra notizia, di plenaria ai devoti che partecipano
dipingere un quadro che, sotto la guida santamente e con devozione alla
della donna devota, riproducesse esat- santa Messa nel suddetto giorno9.
tamente la visione. Dopo vari tentativi, Le immagini miracolose della
confortati dall’assenso di Maria il qua- Madonna del Lume si moltiplicarono e
dro fu completato. Poiché si citano vari furono riprodotte in vari modi (su tela, a
tentativi sembra di capire che la tempera, su legno, su rame etc.); una
Madonna, prima di esprimere il suo particolare diffusione ebbero le innume-
assenso sia stata consultata più volte revoli figure su carta di diverse dimen-
verosimilmente dalla veggente in estasi. sioni, che i padri gesuiti distribuivano ai
Il padre Genovesi, dopo vent’anni di fedeli durante le loro missioni. Di pari
apostolato in Sicilia si recò effettiva- passo alla Madonna del Lume vennero
mente, nella sua seconda tornata mis- dedicate numerose chiese in Italia, in
sionaria, in Messico insieme ad un altro Europa e nelle Americhe10. Anche
padre gesuita omonimo, forse suo fra- alcune brevi pubblicazioni devozionali
tello Giuseppe Maria o Giuseppe date alle stampe dal padre Genovesi e
Ignazio (1681-1757), portando con sé da altri per supportare la predicazione
la miracolosa immagine che utilizzò missionaria contribuirono a promuove-
sempre nella sua instancabile e apprez- re il nuovo culto.
zatissima predicazione svolta in partico- La sua diffusione non fu però senza
lare nella città di Lèon (Stato di problemi anzi esiste una serie di Decreti
Guanajuato - Messico centrale) tanto e Brevi papali tendenti a proibirla o
che, in seguito (1810) la Madonna del quanto meno a limitarla. In particolare
Lume venne proclamata prima la S. Congregazione dell’Indice il 22
“Defensora della Ciudad” e poi (1834) dicembre 1745, emise una sentenza in
patrona della città e dell’intera diocesi. cui si metteva all’Indice la prima e fon-
Un dipinto della Madonna del Lume damentale pubblicazione proprio di
con le consuete caratteristiche icono- padre Genovesi11 che illustrava il culto
grafiche ma di notevoli dimensioni fu della Madonna del Lume e si proibiva
posto sull’altar maggiore della cattedra- tale devozione per un vizio di forma e
le di Lèon dove si trova ancora oggi8. alcuni abusi in cui si era incorsi nella
Data la notorietà di padre Genovesi sua predicazione. Di particolare interes-
e la sua appartenenza alla Compagnia se, per il riferimento alla devota veggen-
di Gesù, il culto della Madonna del te che in estasi aveva ricevuto diretta-
Lume, accompagnato subito e ovunque mente dalla Madonna istruzioni sull’ico-
da ricorrenti notizie di eventi prodigiosi nografia e sull’invocazione mariana,
come liberazioni dal demonio, conver- risulta il secondo tra i numerosi motivi
sioni e guarigioni miracolose, si diffuse della condanna: per riferirvisi rivelazio-
con grande rapidità soprattutto nelle ni e virtù d’una donna avanti la sua
istituzioni religiose ed educative gestite morte12. Comunque neanche queste
dai gesuiti. condanne frenarono o rallentarono la
Intanto fin dal 6 febbraio 1738 il diffusione del culto, ad opera in partico-
papa Clemente XII (Corsini) aveva ema- lare dei gesuiti che addirittura si conten-
nato un Breve apostolico che autorizza- devano il privilegio relativo all’attribuzio-
va il culto della Madonna sotto la parti- ne della sua sede definitiva o principale.

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BSRODO
diERPE
di trasporto di quasi tre secoli fa!) nelle
nuove residenze suppellettili preziose o
poco ingombranti destinate all’uso di
devozione personale come oggetti litur-
gici, paramenti sacri, crocifissi, libri e,
appunto, dipinti di soggetto religioso fra
i quali ovviamente anche quelli relativi
al diffusissimo culto della Madonna del
Lume. Inoltre è probabile che alcuni di
essi, una volta trovata una sistemazione
permanente, abbiano incaricato artisti
locali di copiare o di produrre ex novo
dipinti dedicati alla devozione della
Madonna del Lume di cui avevano
avuto una diretta e approfondita cono-
scenza negli stati di origine.
La diffusa presenza di quadri che
raffigurano la Madonna del Lume o
portati dagli ex-gesuiti esiliati o dipinti
da pittori locali nei nuovi luoghi di resi-
denza, su loro committenza, è ben
esemplificata dai due casi di Melara
(RO) e di Medicina.
Melara è un antichissimo comune13
sulla riva del Po attualmente in provin-
cia di Rovigo ma in passato apparte-
nente alla Diocesi e al Ducato di
Ferrara. Nella Parrocchiale, dedicata a
S. Materno, è conservata una pregevole
pala d’altare14 che rappresenta la
Madonna del Lume e che è ancora oggi
oggetto di approfonditi studi nonché di
grande e specifica devozione15. Il qua-
La Madonna In meno di due decenni però, dal dro risulta donato alla Parrocchiale nel
del Lume 1760 al 1780, l’impero politico-econo- 1780, con regolare atto notarile ancora
di Melara. conservato, dall’ex-gesuita P. Blas
mico e culturale della Compagnia di
Gesù, fu smantellato e, il 21 luglio (Blasio o Biagio) Arriaga originario del
1773, la Compagnia fu infine canoni- Messico16 con l’unica condizione che
camente soppressa con la Bolla fosse posto su un altare dedicato alla
Dominus ac Redemptor del papa fran- Madonna dell’Eterno Lume17.
cescano Clemente XIV (Ganganelli). Ancora oggi nella chiesa di S.
Immediatamente iniziarono le espulsio- Materno, sulla parete a fianco dell’alta-
ni, dagli stati di quasi tutto il mondo, re dedicato alla Madonna del Lume
degli ex-gesuiti che, come è ovvio, tro- sono infisse due iscrizioni su marmo18:
varono immediato rifugio soprattutto una certifica il nome del donatore Blas
nello Stato della Chiesa. Arriaga sacerdote mesicano [sic] e l’e-
Alcuni di loro, in relazione alle diver- rezione nel 1795 di un elegante altare
se disponibilità economiche personali, marmoreo destinato appunto alla devo-
riuscirono a portare con sé al momento zione della Madonna dell’Eterno
del coatto trasferimento in Italia (e si Lume; l’altra ricorda che nel 1780 il
pensi alle peripezie di un viaggio a volte papa Pio VI (Braschi) concesse l’indul-
intercontinentale compiuto con i mezzi genza plenaria perpetua ai fedeli che,

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Storia, cultura, personaggi, eventi

alle solite condizioni canoniche, visitano incaricato un pittore locale di dipingere


l’altare19. il quadro, dando precise indicazioni sul-
Secondo alcuni studiosi melaresi20 l’iconografia e sul cartiglio con l’invoca-
confortati recentemente anche dai risul- zione mariana e che alla loro morte lo
tati delle indagini storico-artistiche della abbiano poi donato o lasciato in eredità
ricercatrice palermitana Ambra alla Parrocchia che li aveva accolti e
Balsamo21 la tela di Melara sarebbe ospitati. Del dipinto medicinese non
proprio quella originale realizzata a conosciamo con certezza neanche l’au-
Palermo nel XVIII secolo per volontà tore anche se gli storici dell’arte concor-
del gesuita Genovesi sulla base delle dano nel ritenerlo di ottima mano e
istruzioni fornite alla veggente dalla ipotizzano, sulla base di solide conside-
Madonna stessa. razioni storiche e stilistiche, la sua attri-
L’ipotesi, in mancanza di prove defi- buzione al pittore bolognese Jacopo
nitive, è suffragata da condivisibili argo- Calvi detto il Sordino (1740-1815)24.
mentazioni storiche mentre risulta assai Fra i numerosi miracoli e prodigi
meno convincente la prospettata attri- attribuiti alla Madonna del Lume dalla
buzione del dipinto a Sandro Botticelli devozione popolare nelle tante località
(1445-1510) o a un anonimo della sua dove era ed è ancora oggi venerata mi
scuola. A parte l’evidente scarto tempo- piace riportare qui un fatto avvenuto
rale, l’attribuzione sembra fondata su nel non lontano 1944 e ricordato
discutibili considerazioni artistiche come anche nell’aureo volumetto della
l’originalità dell’iconografia, la bellezza Orioli25.
del volto della Madonna e anche il rap- Il fondatore della Congregazione dei
porto aritmetico tra l’altezza e la lar- Passionisti, S. Paolo della Croce, aveva
ghezza della tela22. promosso nella seconda metà del XVIII
Per quanto riguarda il dipinto di secolo, la costruzione a Cesta (frazione
Medicina, dopo accurate ricerche biblio- del Comune di Copparo - Ferrara) di un
grafiche e d’archivio, non è stato possi- santuario dedicato alla Madonna del
bile, fino ad oggi, trovare alcuna traccia Lume. Durante l’ultima guerra mondia-
relativa all’autore del dipinto o all’identi- le i Padri Passionisti allo scopo di rico-
tà del committente e proprietario origi- struire l’edificio ormai cadente acquista-
nale o alle modalità di acquisizione rono da una ditta di Verona il materiale
(acquisto, donazione o eredità) del edilizio necessario. Purtroppo
dipinto da parte della Parrocchia. Kesselring, comandante dell’esercito
Si possono comunque formulare tedesco di occupazione, allo scopo di
alcune supposizioni peraltro ben fonda- rallentare l’avanzata alleata e al tempo
te considerata la storia degli altri quadri stesso di rendere sicura per le proprie
analoghi. Nella seconda metà del XVIII truppe l’importantissima via di comuni-
secolo dopo la soppressione della cazione che passava dal ponte sul Po
Compagnia di Gesù, è ampiamente fra Ostiglia e Revere, aveva requisito e
documentata la presenza a Medicina di strettamente riservato all’uso militare
una trentina di ex-gesuiti espulsi dal tutti i mezzi di trasporto anche civili e
Messico. Essi trovarono rifugio inizial- privati.
mente presso la Parrocchia ma poi I Passionisti, trovatisi così nell’im-
rimasero a lungo in paese, alcuni fino possibilità di far trasportare da Verona
alla morte, svolgendo un’intensa e a Cesta il materiale edilizio, che peral-
apprezzata attività religiosa, educativa e tro avevano già pagato, con un’ingenui-
benefica23. tà grande come la loro fede, quella fede
Pertanto è verosimile che uno o che smuove le montagne26, non trova-
alcuni di essi, particolarmente devoti rono di meglio che scrivere una lettera
alla Madonna dell’Eterno Lume come a Kesselring, che aveva stabilito il suo
molti confratelli messicani, abbiano quartiere generale proprio nella non

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diERPE
lontana Melara, dove esisteva, come re tedesca proveniente da Verona e
detto sopra, una particolare devozione carica di quattromila sacchetti di
per la Madonna del Lume. Nella lettera cemento e di calce. I lavori nel santua-
gli domandavano di aiutarli ad innalza- rio furono ripresi e continuarono fino
re il Santuario alla Madonna del all’inaugurazione nel 1954.
Lume, Regina della pace, come essi la Chissà se lo spietato uomo di guerra,
pregavano per l’Italia, per la il Feldmaresciallo Albert von Kesselring,
Germania e per il mondo. caduto nelle mani dei suoi nemici, pro-
Ebbene l’incredibile avvenne: il terri- cessato, prima condannato a morte, poi
bile, famigerato Kesselring, noto in all’ergastolo e infine liberato dopo la
Italia come “la belva umana”, fece arri- sospensione della sentenza, avrà mai
vare a Cesta alle prime luci dell’alba del rivolto un pensiero alla Madre SS. del
20 marzo 1944, un’autocolonna milita- Sacro Lume, Regina della Pace!27

1 CURIA GENERAL OSM, Suplicas letanicas a Santa Maria, Roma 1987, p. 25.
2 SAVIOLI Antonio, Incisori faentini di immagini mariane, Catalogo della Mostra, Faenza (RA) 1988.
3 CECCHELLI Marco, Andar per Cento - Itinerari nella terra del Guercino, Cento (FE) 1984.
4 Per un elenco delle località di tutto il mondo ove è venerata l’immagine della Madonna del Lume v.
OCCHIBIANCO Cosimo, La Chiesa della Madonna del Lume, Grottaglie (TA) 2002; ORIOLI
Mariadele, La Madonna del Lume di Melara, Melara (RO) 2013, pp. 132-137.
5 LUGARESI Luigi - BONONI Paolo, La Madonna del Lume di Melara (RO) - Genesi e storia di una
devozione bicentenaria, in “Ravennatensia” VIII (1983), pp. 233-256.
6 LUGARESI Luigi - BONONI Paolo, op. cit., p. 247; VARGAS UGARTE Ruben S.J., Historia del culto
de Maria en Ibero-America y de sus Imagenes y Santuarios mas celebrados, Ciudad de Buenos Aires,
1947.
7 VARGAS UGARTE Ruben S.J., op. cit., p. 280.
8 LUGARESI Luigi - BONONI Paolo, op. cit., p. 247, con ampia bibliografia; ORIOLI Mariadele, op. cit.,
pp. 135-136.
9 LUGARESI Luigi - BONONI Paolo, op. cit., p. 251.
10 OCCHIBIANCO Cosimo, op. cit..
11 V. infra Nota n. 21.
12 LUGARESI Luigi - BONONI Paolo, op. cit., p. 251.
13 La località Mellaria è citata da Plinio il Vecchio (23 a.C. - 69 d.C.) nella Naturalis historia per la sua
eccezionale produzione di miele.
14 La tela, dipinta a tempera, è di grandi dimensioni (cm 249,5 x 177).
15 LUGARESI Luigi - BONONI Paolo, op. cit., pp. 243-244.
16 Tra il 1760 e il 1767 il re di Spagna Carlo III aveva cacciato i gesuiti dalla Spagna e da tutti i suoi
Possedimenti quindi anche dal Messico.
17 ORIOLI Mariadele, op. cit., pp. 52 e segg.; TESTONI Ildo, Un Santo tra noi, Melara (RO) 2010, in
Appendice.
18 LUGARESI Luigi - BONONI Paolo, op. cit., p. 244.
19 ORIOLI Mariadele, op. cit., pp. 52-56.
20 CHIAVEGATTI Savino, Un uomo, un quadro - Storia di una tradizione, 3 Voll., Dattiloscritto inedito,
Biblioteca Comunale di Melara, 1983; RIDOLFI Raffaele, La Chiesa Arcipretale di Melara, Biblioteca
Comunale di Melara, 1994.
21 La ricercatrice, dopo aver rinvenuto nel 2007 in un archivio palermitano l’operetta in due tomi (La
devozione di Maria SS. del Lume) scritta dal P. Antonio Genovesi nei primi decenni del Settecento (e
considerata perduta dopo la messa all’indice) ha elaborato una ipotesi (rimasta inedita) di ricostruzione degli
spostamenti del dipinto originale prima portato in Messico dal P. Genovesi, poi riportato in Italia, a Melara
(RO), dall’ex-gesuita Arriaga; ORIOLI Mariadele, op. cit., pp. 74-75; TESTONI Ildo, op. cit., pp. 154-156.
22 TESTONI Ildo, op. cit., in Appendice.
23 GASPERINI Evangelista, Diario dal 1726 al 1771 - Materia ecclesiastica e civile, 4 Voll., Manoscritto
inedito, Archivio Storico Parrocchiale di Medicina (BO); SIMONI Giuseppe, Cronistoria del Comune di
Medicina, Bologna 1880, Ristampa anastatica Bologna 1970, p. 359; id., Il Patrimonio dei Poveri
nella Terra di Medicina, Medicina (BO) 1881.
24 SAMOGGIA Luigi - RIMONDINI Giovanni (a cura di), San Mamante di Medicina - Storia opere
restauri, Medicina (BO) 1989, pp. 72-73; v. anche a p. 89 la Scheda tecnica di restauro compilata da
Maricetta Parlatore Melega.
25 ORIOLI Mariadele, op. cit., pp. 130-131.
26 Matteo, 17, 14-20.
27 Nei giorni 10 e 11 ottobre 2015 si è svolto a Melara (RO) il primo convegno internazionale “La Madre
SS.ma del Lume - Storia e teologia, arte e devozione da Palermo al mondo”.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

PRANDI PIETRO
(Medicina 1799-1830)
Un illustre fisico cui Medicina ha dato i natali

Certamente non è arrivata ai giorni nostri la fama che ha avuto in


vita il concittadino Prandi Pietro, stimatissimo fisico che, poco più che
ventenne, ottenne lodi, consensi ed amicizia da parte di autorevoli
docenti di fisica e chimica per le sue invenzioni ed esperimenti.
Il Prandi era sicuramente dotato di un talento non comune che,
accompagnato dalla grande passione che aveva per le materie che
studiava, avrebbe certamente continuato a contribuire alla scoperta di
nuovi orizzonti nelle scienze fisiche e metereologiche.
Purtroppo, all’età di 31 anni appena compiuti, dovette troncare i
suoi esperimenti colpito da una grave malattia.
Il suo contributo alla Scienza fu descritto sul “Giornale arcadico di
scienze lettere ed arti” – tomo LXI – pubblicato a Roma nel 1833 che
qui si riporta integralmente.
CAPELLARI BRUNO

PRANDI PIETRO Morichini(2) occupavasi allora di quelle


sue sperienze sul magnetismo della
Pietro Prandi nacque a Medicina il luce, ingegnosissime, ma troppo
1° di aprile 1799. malagevoli per avventura ad essere
Le felici disposizioni che aveva ripetute, perché potessero facilmente
sortite dalla natura vennero procacciarsi la fede e l’assenso
opportunamente secondate dai suoi dell’universale. Della qual cosa ben
genitori, che in questo figlio, il solo che conscio Prandi, una nuova macchina
si avessero, aveano riposte tutte le loro immaginò, che, seguitando col suo
speranze. Studiò nella università di movimento il corso apparente del sole,
Bologna; né tardò guari a dar prove del ne concede di concentrare
non comune ingegno ond’era fornito, siffattamente i raggi violetti, che il loro
immaginando, giovinetto ancora, un foco può agire senza interruzione sopra
nuovo seminatore(1), col quale cercò di gli aghi assoggettati all’esperimento,
correggere i difetti di quelli che fin offrendo così un facile mezzo di potere
allora erano in uso, e che gli encomi con più agio e sicurezza replicare quelle
meritossi di celebri agronomi. sperienze.
Le scienze fisiche però attrassero Un tale eliostata però essendo
ben tosto tutta la sua attenzione; e ben solamente applicabile ad una
egli addimostrò a quanto di perizia in determinata latitudine, egli il volle
breve vi pervenisse, prendendo poco perfezionare; e dal ragionamento, che
dopo parte in Roma ad una scoperta poscia inserì negli opuscoli scientifici di
che di alta importanza prometteva di Bologna, chiaro apparisce, come,
essere alle medesime. Il prof. senza togliergli quella semplicità che

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ERPE
di
qual conto egli lo avesse.
Verso questo tempo agitavasi più
che mai in Italia la quistione, se
possansi trovare acconci mezzi di
dirigere gli aereostati. L’illustre
Zambeccari(6) avea già opinato che la
forza impellente al movimento
orizzontale de’ palloni doveva cercarsi
ne’ venti, i quali muovono l’atmosfera
in più direzioni contemporaneamente;
ma egli andò forse errato allorchè
L’Eliostata di
Pietro Prandi.
credè di poter facilmente trovare il
desiderato equilibrio
dell’accoppiamento di due globi ad aria
atmosferica e a gas idrogeno. Il Prandi
si fe’ correggere ciò che vi avea di
difettoso nell’apparecchio del
Zambeccari, ed un nuovo mezzo
propose di conseguir l’equilibrio,
prendendo da ciò argomento per
isviluppare alcune sue ingegnose idee,
onde risolvere il problema del modo di
orizzontalmente dirigere gli aereostati.
Ma un soggetto egualmente difficile,
e quasi nuovo in allora, attirossi ben
presto l’attenzione di lui. Valenti fisici
aveano già osservato, che ove il
mercurio venga ricoperto di acido
solforico, ed assoggettato sia all’azione
di deboli correnti elettriche, un visibile
movimento operasi immantinente sulla
superficie di quel metallo. Mal persuaso
il Prandi delle ragioni che adducevansi
indarno cercasi nell’antico, ei sia per ispiegare un tal fenomeno, si fece
pervenuto, con opportuni artifizi, a a studiarlo; e in due elaborate
farlo servire per qualsivoglia latitudine. dissertazioni prese a descrivere una
Grandi allora furono gli elogi che ne lunga serie di sperienze da lui stesso
riportò dai fisici. Ed era in vero da eseguite. Che se le spiegazioni
meravigliare che un giovane di appena proposte non ottennero l’assenso dei
ventiquattro anni conseguito avesse fisici, eglino però non mancarono di
quel che uomini maturi, e interamente rendergli giustizia, ch’era ben dovuta
dediti a questa maniera di studi, non alle sue diligenti ricerche.
erano riusciti a trovare. Del che le belle Il Nobili(7) stesso, alle cui scoperte
testimonianze ne piace riportare dei debbe l’elettro-chimica, ha altamente
professori Amici(3) e Santini(4) : il commentato il bel lavoro del Prandi, da
primo, che stimò tal macchina degna di cui era stato preceduto in simili
essere costruita in metallo nel Museo di indagini.
Fisica e di Storia Naturale di Firenze(5); Un cangiamento frattanto operavasi
l’altro che, dovendo descrivere un nella privata vita del Prandi, ch’egli
eliostata nel suo trattato di ottica soleva dire essere stata la sorgente
analitica, quello del Prandi volle principale della felicità del rimanente
preferire, mostrando così col fatto in de’ suoi giorni. Una fanciulla(8), di cui

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Storia, cultura, personaggi, eventi

già ne
intraprendeva,
che, allorquando
verrà pubblicata,
non poca luce
dovrà spargere
sui tanti e, per la
più parte, tuttora
oscurissimi
fenomeni della
meteorologia.
La belle
speranze però,
che avea fatto di
sé concepire,
doveano restare
deluse. Sul
principiar Il Seminatore
Nuovo seminatore di Prandi P. dell’aprile del di Pietro
1830 egli Prandi.
ammalò
non sapresti ben dire se maggior fosse gravemente, e nel fior dell’età sua,
l’avvenenza e la grazia della persona, o confortato dai soccorsi della nostra
il candore dell’animo, fu seco unita in augusta religione, venne in pochi dì
matrimonio. Egli trovò allora quella rapito alle scienze e al tenero amore
tranquillità che il suo cuore aveva de’ suoi(9). Fu d’indole amena e
lungamente cercata, senza che lo leggiadra, di candidi costumi, e
spirito fosse punto distratto dalle largamente fornito di quelle sociali virtù
ordinarie sue occupazioni. Diresti anzi che sogliono rendere cara e desiderata
che l’amata compagnia della consorte la compagnia degli uomini. Tanti pregi
desse novella lena all’ingegno di lui: ond’era adorno, e le molte prove che
imperocchè, ritiratosi nella paterna avea già date di non ordinario talento,
casa in Medicina, continuò con più gli valsero la stima e l’amicizia di molti
alacrità ne’ suoi studi, allo scrutinio dei più chiari ingegni della nostra Italia,
specialmente rivolgendoli della e meritarongli l’onore di essere creato
meteorologia, verso la quale diceva di membro della Società Agraria, e socio
voler dirigere tutte le sue indagini. non pensionato dell’Instituto di
Quindi immaginava uno strumento da Bologna. La sua morte venne
lui chiamato baroscopio, col quale, sinceramente ed universalmente
come da bilancia, veniva compianta; e la sua spoglia fu
scrupolosamente pesata la colonna di accompagnata al sepolcro dalle lacrime
mercurio equilibrante l’atmosferica degli orfani e degl’infelici, che
pressione; un eteroscopio, onde perderono in lui il loro padre ed il loro
misurare i vari gradi di trasparenza del amico(10). Le scienze soprattutto private
cielo sereno; un nuovo igrometro a vennero di un de’ più caldi cultori che
capello; alcuni particolari artifizi per in Italia forse si avessero: e noi
facilitare l’esatta determinazione delle facciamo voti, perché il prof.
indicazioni barometriche; la forma Gherardi(11), a cui tutti egli volle affidati
infine e la struttura di una specola da i suoi manoscritti, più oltre non indugi
erigersi sulla propria casa in Medicina, a rendere di pubblico diritto quelli,
interamente destinata alle osservazioni ch’egli stimerà essere atti a farlo
meteorologiche. Ed una preziosa serie rivivere fra i posteri(12).

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BIBLIOGRAFIA
-- Descrizione di un nuovo seminatore. Bologna - Tip. Annesio Nobili - 1823.
-- Sopra un nuovo apparato per isperimentare il magnetismo della luce. Roma - Tip. Giuseppe
Salviucci - 1823.
-- De’ movimenti del mercurio coperto di acido solforico - Dissertazione di Pietro Prandi. Bologna
- Tip.Marsigli - 1824.
-- Descrizione di un nuovo eliostata. Bologna - Tip.Marsigli - 1824.
-- Esame de’ mezzi proposti per ottenere la stazione degli aerostati a qualunque altezza e alcune
osservazioni dirette al loro miglioramento. - s.l. - s.n. - 1825.
-- Ragguaglio del viaggio aereo eseguito partendo da Bologna il giorno 7 settembre 1825 dal
signor Francesco Orlandi. Bologna - Tip. Annesio Nobili - 1825.

Note di CAPELLARI BRUNO


(1) Il seminatore ideato dal Prandi, percorrendo il suolo, formava due buche equidistanti sul terreno e,
per mezzo di un sofisticato meccanismo, una tramoggia lasciava cadere due o tre semi nelle buche
che poi venivano ricoperte da due apposite asticelle poste sotto la tramoggia.
(2) MORICHINI DOMENICO (1773-1836)
Professore della cattedra di Chimica alla Sapienza di Roma
(3) AMICI GIOVAN BATTISTA (1786-1863)
Ingegnere e professore di matematica. Fu chiamato a Firenze da Leopoldo II come astronomo nel
Museo di Fisica e Storia Naturale.
(4) SANTINI GIOVANNI (1787-1877)
Astronomo all’Osservatorio di Brera e professore all’Università di Padova
(5) L’eliostata è tuttora esposto nel citato museo.
(6) ZAMBECCARI FRANCESCO (1752-1812)
Conte bolognese pioniere dell’aereonautica. Eseguì diverse ascensioni con un aerostato di sua
invenzione.
(7) NOBILI LEOPOLDO (1785-1835)
Professore di Fisica a Firenze. Realizzò importanti esperimenti sull’induzione elettromagnetica.
Stimato in Europa ed oltre.
(8) La fanciulla che poi sposerà il Prandi si chiamava Matilde Galassi e dopo la morte del
marito è annoverata tra i sovventori del Gabinetto dell’Istituto di Fisica dell’Accademia delle
Scienze di Bologna.
(9) Morirà il 6 aprile.
(10) Il nostro concittadino Mongardi Carlo nel suo volume “Iscrizioni italiane” volle ricordarlo con
questa epigrafe:
PIETRO PRANDI
MEDICINESE
FISICO ILLUSTRE
SINCERO AMATORE D’ITALIA
FU DAI COMPAESANI IL 6 APRILE 1830
ACCOMPAGNATO A QUESTO SEPOLCRO
-------
TUTTI PIANGEVANO ESCLAMANDO
E’ GITA IN CIELO ----- E’ GITA IN CIELO
L’ANIMA VIRTUOSA DEL PADRE DEI POVERI
-----------
AVEVA SEI LUSTRI
(11) GHERARDI SILVESTRO (1802-1879)
Matematico, fisico ed astronomo era nativo di Lugo. Amico del Prandi fu come lui membro
dell’Accademia delle Scienze dell’Università di Bologna. Tra i molteplici incarichi ebbe anche la
direzione del Gabinetto di Fisica dell’Università di Bologna.
(12) Nelle ricerche da me effettuate nella Biblioteca Trisi di Lugo, dove nel Fondo Gherardi è conservato
tutto il materiale che il Gherardi lasciò alla biblioteca, non ho trovato i manoscritti che il Prandi gli
avrebbe lasciato; unico manoscritto una lettera del Prandi datata 25 luglio 1827 dove invita il
Gherardi a Medicina per mostrargli alcune sue nuove invenzioni.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

PARTIGIANO
A 17 ANNI
di FRANCO SANGIORGI

(Elaborazione di Giuseppe Argentesi e


Luciano Trerè da appunti scritti di F.S.,
da un lungo colloquio con lui del giorno 8
settembre 2010, da notizie e documenti vari,
in particolare relativi alla “36ª Bianconcini” Franco
e al “Cremona”). Sangiorgi

OLTO IMPORTANTE per la mia Nell’agosto 1944, con un fortunoso


M formazione di antifascista e di
comunista furono l’esempio e gli
trasferimento in bicicletta assieme ad
altri due compagni, raggiungo la 36ˆ
insegnamenti di Adelmo Zambrini, il Brigata Partigiana “Bianconcini” che
dirigente storico del PCI di Portonovo: opera sull’Appennino Tosco-Emiliano,
caduto il fascismo, Zambrini può dove vengo assegnato alla compagnia
finalmente fare ritorno il 30 agosto “Paolo” e dove resto fino agli ultimi
1943, dopo ben oltre sette anni di giorni di ottobre.
carcere e confino (28 mesi a Bologna All’inizio di ottobre la Brigata,
e Ponza tra 1932 e 1935; 58 mesi a divisa in quattro gruppi, si attesta in
Bologna, Civitavecchia e Ventotene tra posizioni propizie per occupare vari Nella foto
1938 e 1943). Subito si dedica a centri cittadini (Faenza, Imola, dell’altra
riorganizzare le cellula comunista di Bologna) in concomitanza con pagina,
a sinistra:
Portonovo e a reclutare antifascisti, in l’avanzata dell’8ˆ Armata; però i giorni Partigiani della
particolare giovani per la lotta passano e l’8ˆ non muove alcuna “Bianconcini”
partigiana. Ho allora solo 17 anni e azione offensiva. I Gruppi partigiani al Centro di
sono fra i più giovani a entrare nella della 36ˆ “Bianconcini” ritornano sulle Raccolta
organizzazione clandestina; nel giugno posizioni elevate a ridosso del fronte. di Firenze;
in basso a
1944 con un gruppo di compagni Dopo una serie di scontri (Cà di sinistra
partecipo al disarmo della Caserma Malanca, Torrione Caramello), il Celestino
Carabinieri-GNR di Portonovo, azione Gruppo del quale faccio parte, con Comastri e in
riuscita perfettamente anche grazie al una lunga marcia notturna ed un breve alto a destra
(pantaloni
tacito accordo con il maresciallo scontro a fuoco, attraversa la linea del chiari) Nerino
comandante Vincenzo Artesi. fronte in località Modigliana-Tredozio Zini, entrambi
Nel giugno 1944, chiamato a in provincia di Forlì negli ultimi giorni di Medicina.
prestare servizio militare dalla dell’ottobre 1944. Gli inglesi ci Il secondo
Repubblica di Salò, non mi presento tolgono le armi e ci mandano a al centro
in seconda fila
(sono già in collegamento con gruppi raggiungere a piedi Firenze. Qui, potrebbe
antifascisti dal luglio 1943); mi insieme a diversi medicinesi, fra cui essere Franco
trasferisco a Villanova di Castenaso Nerino Zini e Celestino Comastri, Sangiorgi.
per fare parte di un gruppo partigiano veniamo ospitati in un Centro Raccolta A destra:
tessera
del “Fronte della Gioventù”. In seguito profughi, dove, oltre a una divisa, ci da partigiano
all’arresto di un componente il gruppo viene fornita una razione alimentare, di Franco
viene sciolto e ritorno a Medicina. senza però che ci sia riconosciuto il Sangiorgi.

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BSRODO
ERPE
di
campi per conto di coltivatori in lavori
stagionali. Dal gennaio 1945 ai primi
di febbraio sono arruolato, con altri
compagni, nel nuovo Esercito Italiano,
in addestramento militare al campo di
Cesano di Roma.
Il 15 febbraio siamo trasferiti a
Ravenna con un lungo viaggio in
camion, e qui apprendiamo dalla voce
del Generale Primieri, comandante del
Gruppo di Combattimento “Cremona”
al seguito dell’8ˆ Armata, che siamo
destinati al completamento dei ranghi
del Gruppo. I comandanti del nostro
gruppo di partigiani dichiarano che
non metteremo le “stellette” e che al
fronte andremo a condizione di
formare un reparto autonomo “con il
fazzoletto rosso”! Discussione corale
con il generale Primieri; ad un certo
momento arriva Arrigo Boldrini, il
famoso Comandante partigiano
“Bulow”, non si capisce se

ruolo di combattenti:
gli Alleati, specie gli
inglesi, diffidavano
del nostro essere dei
comunisti.
Stanchi
dell’inattività e
dell’essere utilizzati avvisato dai
solo per lavori di nostri o dal Generale. Bulow, salito su
manovalanza stradale, io e un alcuni fusti, si rivolge al disordinato
compagno di Medicina (?) dopo uditorio e dice: “Calma ragazzi, basta
qualche settimana decidiamo di con la cagnara, cosa siete venuti a fare
lasciare il Centro e di recarci, per lo qui a Ravenna? Siete venuti per
più a piedi e con mezzi di fortuna, a partecipare alla guerra o per fare una
Roma. Durante il lungo percorso, ci passeggiata? Se siete venuti per
procuriamo il cibo facendo lavori nei combattere i tedeschi e i fascisti, non

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Storia, cultura, personaggi, eventi

c’è bisogno di fare distinzioni tra gli onori, meglio che


stellette e fazzoletto rosso; ora il dovrebbe rendere gli
problema è quello di sconfiggere onori, perché,
definitivamente tedeschi e fascisti, di appena la banda
liberare il nostro Paese”. Ritorna la intona l’inno,
calma, la quasi totalità accetta di succede il
essere assegnata alle varie compagnie finimondo: i soldati
per riempire i vuoti causati da mesi di che “devono”
combattimenti. Io entro nel 21ˆ rendere l’onore
Reggimento, 5ˆ Compagnia; veniamo militare cominciano
schierati sul fronte di guerra nella zona a fischiare e a
di Alfonsine. urlare, il Principe e il
Quando scatta l’offensiva finale seguito fanno dietro
dell’aprile 1945, il nostro gruppo front e se ne vanno,
impegna i tedeschi respingendoli verso finisce così la
nord, nel ferrarese, poi, oltrepassato il cerimonia... Tutti i
Po, nel Veneto con combattimenti che reparti convocati.
proseguono fino alla zona di Mestre, Arringa dei
nei quali il “Cremona” si distingue con comandanti e
onore, meritando riconoscimenti. “...Vergogna per i
Non ricordo la data precisa, ma soldati che hanno
all’incirca fra il 15 e il 20 maggio tenuto un simile delittuoso e anarchico Una recente
immagine di
1945, finite le operazioni militari, il atteggiamento...”; dalla sala un soldato Franco
nostro reggimento si trova chiede la parola! Ma quando mai si dà Sangiorgi.
acquartierato a Piove di Sacco in la parola ad un soldato durante
provincia di Padova. Siamo informati l’adunata militare?! “...Questo non è
dai nostri ufficiali che il Principe un meeting, non siamo ad un
Umberto di Savoia farà visita al comizio...” dice il Comandante del
Gruppo Cremona e decorerà Battaglione, ma la platea insorge: “La
personalmente un nutrito gruppo di parola al soldato, la parola al
ufficiali e soldati distintisi durante le soldato!!...”. Il gruppo di ufficiali sul
operazioni militari. Il giorno della palco si consulta, alcuni scendono e se
visita, che avviene al campo sportivo ne vanno disgustati, la platea fischia...,
di Piove di Sacco, un reparto armato è il soldato si alza e prende la parola, è
schierato per rendere gli onori militari Giorgio Scarabelli di Bologna, e spiega
al Principe Reggente, accanto alla perché il reparto ha fischiato il
banda militare. Arriva il Principe, Principe... Dopo una settimana tutti i
seguito da Generali italiani e inglesi, militari volontari vengono congedati.
scende dall’auto e si avvia per la Così il 31 maggio 1945 anche il
cerimonia; nel contempo la banda sottoscritto ritorna a casa, al paese, a
militare intona la “marcia reale”. Il Portonovo.
Principe porta la mano alla visiera Non ho ancora 19 anni e mi
nell’atto del saluto militare alla sembra di avere già vissuto una vita
bandiera e al reparto che deve rendere intera.

Franco Sangiorgi (giugno 1926-gennaio 2015), persona molto conosciuta e stimata


a Medicina, e non solo, per la sua attività politica, di pubblico amministratore, di
presidente per 25 anni della Cooperativa Lavoratori Terra, di membro della Depu-
tazione della Bonifica Renana, di studioso della cooperazione locale e delle trasfor-
mazioni del paesaggio agrario medicinese, nonché di animatore del Centro Sociale
“Primo Maggio” della Gaiana, è scomparso a 88 anni lo scorso 3 gennaio 2015.

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BSRODO
diERPE
LA COOPERAZIONE
DI CONDUZIONE TERRENI
NEL XXI SECOLO
Intervento al Centenario della Cooperativa Lavoratori Terra,
ottobre 1989

di FRANCO SANGIORGI

Signori, amici cooperatori, potere competere, al fine di determinare


la celebrazione del centenario della il possibile ulteriore sviluppo del sodali-
nostra cooperativa è motivo di soddisfa- zio e della cooperazione agricola di con-
zione per quanti hanno operato ed ope- duzione terreni nel comune di Medicina
rano per lo sviluppo della cooperazione, e su scala più ampia, per quanto auspi-
quale una delle forme di organizzazione cabile e possibile.
produttiva nelle nostre campagne, tesa È certamente un avvenire da conqui-
a raggiungere il fine della impresa auto- stare, in una condizione generale di diffi-
gestita dal bracciantato agricolo. coltà e di scettica considerazione in cui è
L’autogestione cooperativa per la tenuta la conduzione a gestione collettiva
produzione agricola nella forma della e proprietà cooperativa della terra da
proprietà cooperativa della terra e della parte delle autorità di governo ufficiali.
gestione collettiva, dovrebbe conseguire Sento il dovere, per quanto detto, di
il fine, propugnato dai pionieri della esporre alcuni problemi che la coopera-
cooperazione, e cioè la capacità di affer- zione di conduzione terreni ha di fronte,
mare un modo di produrre e di compe- quei problemi che personalmente riten-
tere nel mercato abbinando solidarietà e go i più importanti e pressanti.
riscatto dalla appropriazione privatistica IL PRIMO di questi problemi riguarda
del profitto. I vari esperimenti in essere IL SOCIO della cooperativa di conduzio-
di cooperazione nel campo agricolo ne terreni, la sua figura formale, reale e
bracciantile debbono ancora, tutti, supe- giuridica. Il socio è un dipendente, un
rare l’esame severo della realtà – socia- imprenditore coltivatore o un coltivatore
le, economica, produttiva e di mercato – imprenditore collettivo? Ad ognuna di
nel quale operiamo. queste figure corrisponde uno status giu-
Il passato è già storia di fatti, impor- ridico-normativo e organizzativo.
tanti, ma già accaduti. La loro interpre- È un dipendente, come oggi viene
tazione può essere personale e soggetti- considerato nel rapporto normativo pre-
va. Quello che abbiamo esposto nel videnziale-sindacale? Se è così, la
volume, pubblicato in questa occasio- cooperazione di conduzione non è nien-
ne(1), è sì soggettiva ma non personale; te, non esiste, è stata solo una mera
il soggetto è stato, finora, il nucleo diri- esperienza di una utopia irrealizzabile, e
gente della nostra base sociale. Nella perciò, nelle attuali stringenti difficoltà,
valutazione storica, nel nostro caso, non le resta che assegnare individual-
occorre però tenere conto delle cose mente le quote di terra, passando dalla
fatte, delle realizzazioni attuate e che proprietà cooperativa alla proprietà
sono in essere. Da questa realtà occorre individuale e relativa gestione, cercando
partire per adattare, perfezionare, tra- di salvare, momentaneamente, alcuni
sformare, con una visione duttile e prag- servizi collettivi: macchine e, nel nostro
matica, i modi di produzione e di gestio- specifico caso, impianto per la disidrata-
ne, le tecniche produttive e l’utilizzo dei zione rapida dei foraggi verdi, magazzi-
mezzi tecnici, i collegamenti con il mer- naggio dei prodotti agricoli e per l’agri-
cato e la strumentazione adatta per coltura, passando dalla impresa di pro-

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Storia, cultura, personaggi, eventi

duzione ad una semplice forma di servi- possibilità e base di partenza. E’ appun-


zio e di assistenza tecnica. to qui, nelle reali condizioni di partenza
Considerando il caso sopra esposto, nella competizione, che sorge il primo
un secolo di attività e di accumulazione dei problemi: gli oneri previdenziali
collettiva di un patrimonio economico e riflessi. Come affrontare il problema? Io
di esperienza sociale approderebbe alla farò sul tema alcune considerazioni,
conclusione di non avere generato nulla porterò dei dati, per argomentare una
di nuovo e di diverso nella organizzazio- proposta di soluzione.
ne sociale, nella conduzione produttiva La prima considerazione è sul patri-
ed economica. monio terriero di proprietà cooperativa,
IL SECONDO problema riguarda IL al quale mi sono riferito per la dovuta e
PATRIMONIO. necessaria tutela giuridica. Questo patri-
Generazioni di soci cooperatori monio è stato acquisito dalla cooperati-
hanno accumulato un grande valore va per i bisogni vitali dei braccianti agri-
patrimoniale di proprietà cooperativa coli, al servizio della categoria e non
per una esigenza di difesa e sviluppo della singola famiglia contadina, riscatta-
sociale. L’esperienza storica dice che, in to dal concorso generazionale dei soci,
generale, salvo eccezioni,lo sviluppo e perciò sociale e non privato. Il socio
economico patrimoniale di una coope- nel suo tempo di “vita attiva-lavorativa”
rativa sana e ben diretta corre il rischio usa la base produttiva, la terra, per pro-
della privatizzazione. Il passare del durre una ricchezza della quale si appro-
tempo, l’affluire naturale delle genera- pria del “giusto salario”. Il patrimonio
zioni porta una lenta e inesorabile perdi- accumulato non è ereditario per il singo-
ta della memoria storica, del ricordo dei lo socio, ma rimane all’uso e servizio del
momenti cruciali e decisivi, dell’apporto divenire sociale della categoria dei prole-
di sacrificio individuale e collettivo per la tari agricoli. Il socio perciò non può usu-
costruzione del sodalizio. fruire della “rendita” del potenziale ter-
Esaminiamo il caso specifico di una riero accumulato nel patrimonio coope-
cooperativa di conduzione terreni, la rativo, anzi pagherà un “onere” per
quale è diventata proprietaria in virtù di l’uso di tale patrimonio, oggi compen-
leggi agrarie che concedevano mutui diato nelle quote per riscattare i mutui
agevolati dal concorso statale per l’ac- contratti per l’acquisizione delle terre,
quisizione dei terreni, mutui di durata domani per “remunerare” il patrimonio
temporanea, 20-30 anni; considerando cooperativo.
che questi mutui sono già in parte com- Ora la cooperativa, nella versione
pletamente riscattati e in parte in fase di della conduzione collettiva della terra,
più o meno imminente riscatto: a riscat- così come nella realtà di Medicina è
to avvenuto la cooperativa ha, o avrà, la comune per le tre cooperative braccian-
piena disponibilità di questi terreni. tili esistenti, la nostra, quella di ispirazio-
Osserviamo che, come in parte ho ne socialdemocratica e quelle delle asso-
già detto, ci troviamo di fronte a due ciazioni cattoliche, deve avere la capacità
fatti: il lento oblio della memoria storica reddituale di sostenere gli oneri per una
nelle generazioni affluite nella contribuzione previdenziale di entità suf-
cooperativa e la costante diminuzione ficiente per l’assistenza sanitaria e per
del numero dei soci attivi. formare la rendita pensionistica al socio;
Ecco perché la necessità di norme parimenti al privato proprietario agricolo
giuridiche e non solo statutarie, tese a non coltivatore, il quale dispone del
salvaguardare la proprietà cooperativa patrimonio terriero godendone la rendi-
delle terre acquisite mediante il concor- ta, in una posizione di scelte produttive e
so di finanziamenti pubblici statali. La di gestione non condizionata da doveri
proprietà cooperativa della terra va giu- sociali, se non quelli contrattuali.
ridicamente tutelata; la forma e l’orga- Per quanto riguarda il proprietario
nizzazione della gestione deve adeguarsi coltivatore, la differenza di entità degli
per potere competere sul mercato con oneri previdenziali è dell’ordine del
gli altri produttori in condizioni di pari 230%; mentre la cooperativa di condu-

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BSRODO
ERPE
di
zione ha una incidenza di 340.000 lire agricola che pratica la conduzione col-
per Ha coltura uguale a 71.000 lire per lettiva ha costi sociali-organizzativi, di
tornatura bolognese a coltura, il coltiva- direzione tecnica e amministrativa. Il
tore diretto ha una incidenza di costo di questo complesso, necessario e
149.000 lire per Ha coltura, uguale a funzionale meccanismo si riflette sulla
31.000 lire per tornatura. La base di produzione lorda totale e completa i
calcolo sono 13 Ha coltura uguale a 15 costi di produzione. Questi costi sono
Ha catastali circa per unità lavorativa. un peso negativo quando, riversati sui
Questa differenza determina una rilevan- costi di produzione, determinano uno
te disparità di condizione competitiva. È svantaggio competitivo; viceversa rap-
vero che mentre il socio della cooperati- presentano un impulso positivo quando
va, dopo 40 anni di lavoro, gode di una determinano un alleggerimento dei costi
pensione di circa 1.400.000 lire, il colti- complessivi e un vantaggio competitivo.
vatore diretto percepisce 450.000 lire, Oggi il complesso dei costi organizza-
derivante dalla rendita pensionistica tivi-tecnici-amministrativi, riversati sul
capitalizzata presso l’Ente previdenziale, valore vendibile del prodotto agricolo
alla quale occorre aggiungere la rendita primario, contribuiscono a determinare
derivante dal patrimonio dei 15 Ha di costi che spesso non reggono la compe-
terra, pari ad un valore attuale di 300 tizione sul mercato. La dimensione pro-
milioni di lire circa. duttiva, la tecnica nella gestione, la capa-
Quale la mia conclusione? Occorre cità contrattuale, la completa gestione
un provvedimento, legislativo o di altra della meccanizzazione complessa non
natura, il quale, riconosciuta giuridica- riescono più a compensare le incidenze
mente la particolarità della proprietà della parte dei costi “generali” anzidetti.
cooperativa della terra, lavorata da soci Ecco perché ciò che era importante ieri
coltivatori in conduzione e gestione col- per l’accumulazione, è oggi vitale per
lettiva, integri la differenza della contri- competere sul mercato. Ecco la urgente
buzione previdenziale oggi esistente tra necessità di mettere a punto strategie ed
coltivatore singolo e coltivatore a gestio- iniziative tese ad aggiungere valore al
ne collettiva, stabilendo l’obbligo per la prodotto agricolo primario.
proprietà cooperativa di non potere Occorre utilizzare pienamente il
alienare il patrimonio terriero. E’ vero potenziale del lavoro sociale, occorre
che un tale orientamento modifica parte utilizzare pienamente le capacità
della filosofia che ispirò le leggi per la organizzative e i mezzi tecnici, occorre
formazione della proprietà coltivatrice, è utilizzare pienamente le capacità
però sensato e concettualmente logico tecnico-manageriali e amministrative di
prendere atto di realtà che da tali leggi cui la cooperativa dispone, attraverso
originarie si sono determinate. iniziative tese ad aumentare il valore
Vi faccio grazia di argomenti quali la della produzione totale vendibile, per
ispirazione e i fini della cooperazione potere assorbire economicamente
che voi, come me, ben conoscete e percentuali di spese generali,
praticate. alleggerendo l’incidenza gravante sul
IL TERZO problema riguarda la prodotto agricolo primario.
capacità e l’iniziativa interna della A Medicina i tre movimenti
cooperativa di conduzione e precisa- cooperativi di conduzione terreni
mente di “COME AGGIUNGERE dispongono di circa 3.300 Ha di terra:
VALORE AL PRODOTTO AGRICOLO quali intese è possibile prendere per
PRIMARIO E FRUIRE DIRETTAMEN- iniziative comuni tese all’obiettivo di
TE DI TALE VALORE AGGIUNTO”. aggiungere valore al prodotto agricolo
Un tale scopo è possibile raggiungere primario?
attraverso la conservazione; la trasfor-
mazione; la commercializzazione del
prodotto agricolo primario. È questo un (1) I PRIMI CENT’ANNI DELLA COOPERATIVA
LAVORATORI DELLA TERRA DI MEDICINA,
problema vitale per la possibile gestione a cura di Luigi Arbizzani - Grafiche Galeati di
cooperativa della terra. La cooperativa Imola, settembre 1989.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

I FATTI DEL FORCACCIO


9 agosto 1920
di RENATO SANTI

A TRAGEDIA DEL FORCACCIO


L va collocata nel contesto storico in
cui si svolse, gli anni che seguono la
Grande Guerra, immenso ed inutile
massacro. Alla guerra seguì un grande
disagio civile e sociale, al quale una
democrazia debole, un Re imbelle e il
concorso di ideologie massimaliste non
seppero fare fronte. Ne seguì una diffu-
sa conflittualità sociale che finì con l'in-
fuocare gli animi in tutto il paese. In
questa condizione disperata fu facile
convincere che il fascismo, pure prepo-
tente, fosse il male minore, lo strumen- ciato”, e ancora “La Lega locale era L’edificio
to utile per difendersi dalla prepotenza diretta da elementi giovani”. Siamo ben del Forcaccio
rossa. Un grande inganno che prese oltre la mestizia e il doveroso rispetto (da G. Parini,
corpo. Invano Turati e Don Sturzo cer- “Medicina
verso questa grande tragedia. 1919-1945”).
carono uno sbocco che oggi chiame- Le parole di Parini risaltano la
remmo di centro-sinistra. Purtroppo cautela che, nel secondo dopoguerra,
ogni sforzo si rivelò vano. Il regime e la avvolgerà la vicenda. Solo a metà degli
dittatura ebbero il sopravvento con le anni ‘60 sarà dedicata una via al
note tragiche conseguenze. La storia martire operaio Celestino Dovesi.
documenterà ampiamente che la sini- Bisognerà aspettare la fine del secolo
stra, anche quella scomposta della perché sia posta una lapide a suo nome
occupazione delle fabbriche, fu comun- nel cimitero di Portonovo. Era così tra-
que sempre vittima mai carnefice. scorso quasi un secolo senza un ricordo
Anche i fatti del Forcaccio vanno letti in adeguato di questa vicenda, magari evi-
questo contesto, nel quale fu facile di- denziando eventuali colpevoli criticità
storcere la verità. Pochi anni dopo i anche a sinistra, invece solo silenzio. Mi
fatti un interventista bolognese, viene una prima domanda. Perché a
Concetto Valenti, scriverà: “I fatti del liberazione avvenuta non risultano esple-
Forcaccio insieme ad altri, Decima di tati tentativi di revisione del processo?
Persiceto e Bazzano, sono stati una Probabile vi sia stata qualche riflessione
ribellione della buona gente alle prepo- in merito che però non appare rintrac-
tenze della sinistra”. Nel secondo dopo- ciabile in nessun documento. È possibile
guerra la concittadina Irene Rosa che si sia voluto evitare un riacutizzarsi
Colizzi scriverà “...di un fatto sanguino- del dolore appena sopito, cosa umana-
so fra operai rossi e i liberi lavoratori mente comprensibile. Tuttavia la ricerca
detti crumiri”. Persino Giovanni Parini della verità che inchiesta e processo ave-
scrivendone a fine secolo sembra leg- vano oscurato sarebbe servita anche ad
germente turbato. “C'era puzza di bru- attenuare il turbamento degli animi. Per

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altro i fascisti avevano da subito fatto costretto a dettare cose in cui non cre-
propri i trebbiatori caduti, erigendo un deva. In ogni caso, anche se vera la ver-
cippo marmoreo nel cimitero di sione proposta nella informativa confi-
Portonovo e dedicando al molinellese gurerebbe un concorso di colpa e non la
Gesù Ghedini una via in Marmorta. totale responsabilità di una sola parte, i
Il Forcaccio era un edificio agricolo lavoratori, come verrà stabilito al pro-
ed abitativo, nel cuore della antica cesso. Mi domando perché, in una
azienda della Partecipanza di Medicina, situazione pericolosa, tanta impreviden-
fallita e ceduta a privati sul finire za da parte dei guardiani nell’armarsi di
dell'Ottocento; all'epoca dei fatti nel fucile e pistole ed esporre al rischio
1920 era proprietà di Ignazio Benelli. anche i propri cari: chi poteva avere
Era ai margini del “Quadrone”, dove garantito loro la sicurezza? Non certo le
termina il suo corso il Canale di organizzazioni operaie che, per altro,
Medicina, raggiungibile da una strada di non sarebbero state credute. Giovanni
campagna che partiva da Buda per arri- Garda direttore della cooperativa brac-
vare a nord alla località “Schiappa”, ulti- cianti, più volte interpellato, negò sem-
mo centro abitato prima della selva pro- pre questa circostanza. Se qualcuno
dotta dal delta del Po. aveva rassicurato i guardiani, mandan-
Dunque, cosa avvenne al Forcaccio, doli allo sbaraglio, doveva essere malle-
la mattina del 9 agosto del 1920? vatore autorevole tanto da essere credu-
Giovanni Parini scrive: “Cinque guardia- to. E ancora perché non risultano chia-
ni della tenuta con le rispettive mogli mati a presidio i carabinieri, come sem-
raggiunsero il Forcaccio per procedere pre succedeva in quei tempi? Ai fatti
alla trebbiatura”. Pare che il prodotto analoghi di Decima erano ben presenti,
fosse anche di loro proprietà, esistevano anzi il loro comandante trafiggerà a scia-
in quegli anni contratti atipici che lo pre- bolate il sindacalista che vi morì. La loro
vedevano. Luciano Trerè ha pubblicato presenza al Forcaccio avrebbe forse evi-
di recente la informativa della Polizia in tato il contatto fisico che generò la tra-
proposito. Il documento in parte differi- gedia. Una assenza alquanto sospetta.
sce dal testo del Parini. Si legge: Parini ancora racconta che i lavoratori
“Leghisti in maggioranza armati di ran- che operavano nei dintorni, informati
delli, vanghe, forconi, e alcuni anche di dei fatti, si diressero copiosi dove si treb-
armi da fuoco... Ostentavano una attitu- biava, in circa 1500-2000.
dine pacifica da non allarmare comple- Sempre Parini ricorda che intorno
tamente i guardiani... Dal gruppo dei alle 9,30 si sviluppò un forte contrasto
leghisti si fecero avanti alcuni capi a par- tra il guardiano Gesù Ghedini e il capo-
lamentare coi guardiani... Allorché lega Luigi Poggi; si scatenò uno scon-
improvvisamente i leghisti con mossa tro nel quale alcuni scioperanti cercaro-
fulminea li disarmarono del fucile... Il no di disarmare i guardiani, partì un
primo colpo di arma da fuoco colpì alla colpo che ferì mortalmente il giovane
testa il Ghedini, altri colpi si susseguiro- bracciante Celestino Dovesi. Seguì una
no per circa un quarto d'ora tirati parte mischia furibonda, durata circa un
dai leghisti e parte dai guardiani che si quarto d’ora, al termine della quale
difesero con le rivoltelle”. rimasero a terra morti i guardiani Gesù
Colpisce positivamente nel testo una Ghedini, Roberto Poletti e Luigi
malcelata simpatia verso i lavoratori e le Barbieri, orrendamente mutilati. Oltre
loro organizzazioni. Tanto che Trerè a Celestino Dovesi fra i manifestanti si
aggiunge questo commento: “Anche i contarono diversi feriti anche gravi.
R.R.C.C. all'inizio neutrali cominciarono Fu una grande tragedia che colpì
a prendere posizione”. Sembra molto nel profondo tutta la comunità di
tormentata la coscienza del funzionario Portonovo cui appartenevano le vitti-
di polizia autore dell' informativa, forse me. Morti, feriti, indagati e condannati:

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Storia, cultura, personaggi, eventi

si possono calcolare in molte decine le


persone coinvolte.
Sacrosanti i sentimenti di rispetto e di
lutto che seguiranno quegli anni. Anche
se è sembrata mancare una ricerca della
verità, necessaria per le nuove genera-
Nella foto
zioni e per ristabilire la verità storica. Le il cippo
organizzazioni operaie del tempo e i nel cimitero
socialisti non esitarono a sostenere i loro di Portonovo
dirigenti coinvolti, non manifestarono eretto negli
anni Trenta e
mai dubbi sulla loro non colpevolezza. Le dedicato, oltre
organizzazioni provinciali, al processo che ai caduti
che ne seguì, fornirono un forte collegio in guerra, ai
di difesa composto dai più eminenti lega- “caduti per la
li a disposizione. Si batteranno forte in causa fascista”
Barbieri,
difesa degli imputati ricordando anche le Ghedini e
numerose azioni compiute nel frattem- Poletti, uccisi
po dalle nascenti squadre fasciste come al Forcaccio.
l'assassinio a Via Nuova del giovane (Foto
G. Argentesi,
socialista Ugo Morara e le azioni degli 2015).
squadristi di Portonovo, i famosi
Zampanón, in varie parti del Comune, ritosi sempre in via Portonovo.
compreso l'assalto al circolo socialista di All'estero dal 1919”. Il secondo docu-
Ganzanigo. Tutto fu inutile al processo mento recita: “Antonio Gubellini nato il
che si celebrò a Bologna nel 1923, già 11 giugno 1895 a Medicina da Cesario
imperante il fascismo che rese impossi- e Stignani Raffaella”; il domicilio viene
bile una sentenza giusta, magari con un indicato in una generica “Zona di cam-
pur discutibile concorso di colpa; la sen- pagna”, collocabile dalle parti di Buda.
tenza appare scritta sotto dettatura, “In Russia dal 1919”. I due atti verran-
prima di entrare in aula. no successivamente modificati, con le
Rinviati a giudizio risultarono trenta- seguenti aggiunte a mano: il primo
trè imputati, tutti di parte operaia, tren- documento con l'aggiunta della parola,
tuno presenti in aula, due contumaci. “latitante”. Il secondo con le parole,
Undici saranno assolti, alcuni dopo “latitante per i fatti di Portonovo”.
avere scontato un lungo carcere preven- Come si vede due aggiunte che modifi-
tivo, venti saranno condannati a pene cano il testo originario. Quasi certamen-
variabili, le più severe (30 e 25 anni di te da mano diversa: perché? Possibile
carcere) colpirono i latitanti, Luigi Poggi che le date originarie (1919) fossero un
e Antonio Gubellini considerati i mag- tentativo maldestro dei socialisti, che nel
giori responsabili. Il grosso dei condan- 1920 avevano il governo del comune, di
nati sarà scarcerato a metà degli anni offrire un alibi ai due. E che la successi-
Trenta a seguito di una amnistia reale. I va andata al potere dei fascisti abbia
due latitanti rimasero alla macchia pro- portato alla correzione degli atti.
tetti da compagni, amici e parenti, pro- Comunque, anche questo rimane un
babilmente fino alla sentenza, poi espa- mistero non indagato né chiarito. In
triarono certamente in Russia da dove ogni caso è certo che i due erano al
non fecero mai ritorno in patria. Forcaccio e parteciparono ai fatti di cui
La conferma si trova negli atti dello parliamo e che solo successivamente
stato civile del Comune di Medicina. Si ripararono in Russia.
legge: “Luigi Poggi nato il 18 dicembre Del Poggi è stata trovata di recente
1896 a Medicina da Vincenzo e Biagi una traccia negli archivi sovietici, in cui
Elisa abitanti in via Portonovo 95 trasfe- si legge: “Luigi Poggi nato il 18 dicem-

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BSRODO
ERPE
di
bre 1896 a Medicina, in Russia dai Donini, fu testimone di accusa molto
primi anni Venti, arrestato il 5 settem- ascoltato. Mi domando, come mai? Un
bre 1937, fucilato il 10 dicembre testimone non presente ai fatti? La sen-
1937”. Dunque finito nel vortice delle tenza fu dunque un fatto politico, non
purghe staliniane. Del Gubellini nel un atto di giustizia. Questa probabile
dopoguerra non sono comparse tracce verità andava gridata forte nel secondo
sicure, ad eccezione delle voci diffuse a dopoguerra, così non è stato. I fatti di
Portonovo che lo davano in cui parliamo sortirono nel 1905 l'effetto
Cecoslovacchia felicemente sposato. politico desiderato a Molinella con
Al processo di Bologna il P.M. otten- Massarenti costretto ad emigrare a San
ne la condanna piena dei lavoratori. Se Marino. A Medicina la situazione non fu
ebbe dubbi li tenne per sè, come i fasci- più come prima, con il capo socialista
sti desideravano. Così si amministrava in Nicola Luminasi vilmente brutalizzato e
quei tempi la giustizia. In quegli stessi costretto all'esilio. Quanto avvenne al
anni a Perugia la compagna di Giacomo Forcaccio non fu affatto una tragedia da
Matteotti, al processo ai carnefici del “Strapaese”, ma un episodio di rilevan-
martire ritirò il Collegio di Parte Civile,
considerandone inane la presenza.
Tuttavia sono propenso a credere che il
Pubblico Ministero non avesse del tutto
torto negando la casualità dei fatti.
Sbagliava a mio avviso la direzione nella
quale cercare eventuali colpevoli. I lavo-
ratori rossi non erano affatto gli “asseta-
ti di sangue” di cui si parlava. Vero che
anche le nostre mondine intonavano un
La lapide canto mantovano in cui si gridava,
in memoria “Taiém la testa ai siuri”. Era un detto,
di Celestino
Dovesi posta parole forti, non un proposito omicida.
nel 2008. Quelle brave donne sapevano, fin
dall'Ottocento, che padroni e crumiri
erano avversari da sconfiggere, non za nazionale delle tante lotte della eman-
nemici da trucidare. cipazione dei lavoratori.
Penso che neanche il gruppo dei Questa valenza volevano significare,
trebbiatori fosse colpevole. In sostanza nella piazza del paese, i giovani di
mi sento di sostenere che morirono Portonovo che si mobilitarono alla fine
degli innocenti. del secolo scorso. Fui rattristato dalla
Al posto del Pubblico Ministero avrei proposta di un ricordo, non in piazza
cercato altrove la “manina” che procurò ma in un angolo del cimitero: una sem-
l'incendio: non escludendo ambienti plice lapide a Celestino Dovesi in mezzo
della Agraria in quegli anni molto pro- a tante. Tuttavia meglio di niente.
pensa a promuovere una svolta autorita- Celestino Dovesi non fu un morto
ria alla crisi del paese. Mi viene in pro- qualsiasi ma uno dei tanti caduti nelle
posito l'accostamento tra i fatti di lotte per il riscatto dell'umanità. Poggi e
Guarda di Molinella del 1905 con quelli Gubellini non furono due giovani qual-
del Forcaccio. Tante similitudini anche siasi “arruffapopoli” dei quali avvolgere
se a distanza di tempo. A Guarda era il ricordo in una coltre di nebbia. Ma
presente e guidò l'operazione l'avv. personaggi veri delle lotte democratiche
Donini segretario degli agricoltori bolo- e sociali. E' auspicabile che altri abbia la
gnesi. Al Forcaccio non si riscontrano voglia di indagare ancora. Non è mai
presenze di questo tipo. Tuttavia al pro- troppo tardi per cercare la verità. La
cesso l'avv. Calisto Paglia, successore di storia è sempre maestra di vita.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

GENTE DI PORTONOVO:
ADELMO
ZAMBRINI
di GIUSEPPE ARGENTESI
EVO CONFESSARE che per me disastrosa Adelmo
D fino all’età adulta le frazioni di
Medicina dell’estremo nord-est,
situazione
economica
Zambrini.

Portonovo e Fantuzza, erano nomi di prodotta da


località poco più che sconosciute; sarà decenni di
perché fino alla laurea l’unico mezzo di gestione
locomozione di mia proprietà fu la dissennata.
bicicletta “Cimatti” regalatami dai miei Così che
per il 12˚ compleanno, con cui non l’unica Partecipanza rimastaci da allora
andavo troppo lontano: le mete più è quella di Villa Fontana, nei territori di
remote per noi ragazzi di allora, primi S. Antonio e Fiorentina, a continuare
anni ‘50, erano “la Pianta” di Castel la millenaria tradizione di questa
Guelfo e “la Garda” di S. Antonio per singolare forma di proprietà collettiva e
bagni estivi nei buriòn del fiume e nel a segnalare l’importanza della maggiore
canale a rischio di grapèla. Così ho frazione di Medicina che non a caso fu
visto Portonovo solo da adulto e devo comune autonomo per cinque secoli
dire che la sua configurazione fino all’incorporazione a Medicina del
urbanistica, la singolarità dei suoi periodo napoleonico. Aree, quelle della
palazzi mi ha sempre impressionato. Tenuta di Portonovo, passate dopo la
Eppure di Portonovo, dei fatti Partecipanza, ad altri proprietari finché
accadutivi, della sua importanza nella non furono rilevate da Ignazio Benelli
storia e nelle vicende sociali del nostro nel 1894, che le tenne per trent’anni
paese erano già stati pieni i racconti fino al 1924, realizzandovi un
ascoltati nell’infanzia e nella giovinezza: imponente processo di bonifica che
andando indietro nella nostra lunga rese coltivabili circa 1000 ettari di
storia, l’essere stato, dopo terreno paludoso (vedi l’articolo di M.
l’interramento del Porto Vecchio di Costa in Brodo di Serpe 2012), prima
Buda nel 1325, il Porto Novo del di divenire poi proprietà delle
canale di Trecenta che, dal 1334 per Assicurazioni Generali di Trieste che
circa cinque secoli, conduceva al mare ancora in gran parte le detengono. È a
Adriatico per via fluviale attraverso le partire dal ‘700, con la gestione della
valli di Marmorta e di Argenta, al Po di Partecipanza che Portonovo assume le
Primaro. Poi l’essere state le terre caratteristiche odierne, con i grandi e
intorno a Portonovo le aree della significativi edifici, alcuni di valore
Partecipanza di Medicina per poco storico e architettonico, che le sono
meno di un millennio: motivo di tante propri, una frazione che arriva a
lotte, ricchezza e vanto della comunità contare oltre 2000 residenti, dotata di
ma anche motivo di grandi conflitti infrastrutture civili (palazzo direzionale,
interni ed esterni ad essa, fino alla imponenti magazzini, scuole, chiesa,
scomparsa della stessa, negli ultimi presidio dei Carabinieri, teatro) da
anni dell’Ottocento, a causa della centro autonomo importante. Ho

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BSRODO
diERPE

Il Palazzo
del Direttore.

Sotto:
il Magazzino.

che la sosteneva, alla classe


bracciantile, che costituiva la
stragrande maggioranza della
popolazione del nostro Comune,
organizzata dal partito socialista, poi
anche da quello comunista, dalle
Leghe sindacali e dal movimento
cooperativo, che lottava, insieme ai
mezzadri, per ottenere più adeguati
salari e condizioni di vita più umane.
C’è un poco di personale e di
familiare in questo interesse: come ha
raccontato mio zio Duilio nel suo Nelle
case e nelle strade di un paese
emiliano, l’arrivo degli Argentesi a
Medicina dal ferrarese avviene nel
sempre trovato così singolare l’assetto 1910, quando i grandi proprietari dei
della nostra frazione da farne, in tempi terreni intorno a Portonovo tentarono
recenti, motivo di piccole escursioni: di fare venire da fuori paese dei crumiri
già per tre volte vi ho portato amici ad occupare terre che i grandi scioperi
bolognesi con interesse al nostro del periodo lasciavano incolte: fra essi i
paesaggio e tutti hanno riconosciuto tre fratelli Argentesi con le famiglie, i
con un certo stupore (Portonovo è quali, avendo solidarizzato con gli
ancora quasi sconosciuta) la singolarità scioperanti, furono subito cacciati dal
e l’imponenza del suo tessuto urbano. podere e accompagnati su un carro a
Ma il mio interesse per Portonovo Medicina con banda e bandiere dalla
fu soprattutto dovuto al fatto che Lega dei socialisti.
proprio in quelle terre si ebbero forse Non è un caso che l’episodio
gli episodi cruciali, anche tragici, saliente, quasi finale della prima fase di
dell’aspro scontro sociale, di classe che quello scontro storico, un episodio che
contrappose per decenni, fino al ebbe conseguenze decisive sugli anni
fascismo prima e poi fino agli anni successivi, sia avvenuto nel 1920 vicino
‘60, la grande proprietà terriera, la a Portonovo, in località Forcaccio,
cosiddetta agraria, e il potere statale dove un bracciante prima cadde ucciso

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Storia, cultura, personaggi, eventi

da una fucilata partita da un gruppo a Medicina nel maggio scorso nel vasto
che, per conto dei padroni, si programma delle celebrazioni del 70˚
opponeva agli scioperanti, poi tre della Liberazione.
guardiani furono linciati e fatti a pezzi Intanto è doveroso ricordare che
da una folla di braccianti inferociti. I Zambrini, fra gli 84 medicinesi
quattro caduti, tutti portonovesi, sono perseguitati nel ventennio per
sepolti nel locale cimitero: i tre di parte antifascismo, di cui 12 inviati al
padronale in un cippo eretto al centro confino a Ponza e Ventotene, è quello
nel periodo fascista (mi ha sempre che detiene il doloroso primato del più
colpito che sia uno dei pochissimi lungo periodo di detenzione: più di 80
cimeli fascisti che è sopravvissuto mesi (7anni!): prima dall’ottobre 1932
praticamente intatto alle “pulizie” al marzo 1935 nel carcere di Bologna
successive alla caduta del regime); il e al confino di Ponza, insieme agli altri
quarto, il bracciante Celestino Dovesi, cinque medicinesi Orlando Argentesi,
è ricordato in una lapide un po’ defilata Alessandro Badiali, Elio Corsini,
su una parete interna di destra. Gaetano Bersani e Riniero Sasdelli;
Portonovo è in quel periodo, insie- poi dal novembre 1938 all’agosto
me a Fiorentina, la frazione dei grandi 1943 nelle carceri di Bologna,
contrasti: è lì che i grandi proprietari Civitavecchia e al confino di
terrieri, fra loro il citato Ignazio Benelli Ventotene. Ritenuto antifascista e
che fu, oltre che primo presidente della comunista irriducibile, Adelmo potè
Bonifica Renana, uno degli esponenti di tornare libero solo dopo la caduta del
punta dell’associazione degli agrari di fascismo di fine luglio 1943.
Bologna, reclutarono fra i loro dipen- Del lungo periodo passato da
denti, fattori e diretti collaboratori, i Adelmo al confino il volumetto della
primi nuclei fascisti armati. Già nel figlia Nilvia è denso di descrizioni
1921 infatti, oltre al Capoluogo, è pro- toccanti e precise; in particolare per
prio a Portonovo e Fiorentina che si l’ultima fase, quella di Ventotene nel
costituiscono le prime due squadre di periodo bellico 1940-1943, quando ai
bastonatori fascisti, che a partire dai soprusi e alle angherie della direzione
mesi successivi imperversarono in tutto fascista (censura della posta, limitazioni
il territorio del comune. di ogni tipo nei contatti con l’esterno
Però per me la notorietà di ecc.) si aggiunse l’assoluta carenza di
Portonovo è legata, oltre e più che ai alimenti, essendo rimasta Ventotene a
suoi edifici e agli eventi succedutivi, al lungo isolata e senza rifornimenti, e
nome di alcune persone originarie della costretti, residenti e confinati, a cibarsi
frazione: tutti penseranno che si tratti di prodotti in natura locali come
di Giacomo Bulgarelli, la mitica castagne, erbe amare dei prati,
mezzala del Bologna e della nazionale addirittura pale di fico d’India bollite.
italiana degli anni ‘60, mio coetaneo, Anche l’acqua mancò e si usò la poca
che ha reso Portonovo nota a milioni acqua piovana raccolta da cisterne a
di appassionati di calcio. Invece no: per cielo aperto; la quasi totale mancanza
me Portonovo è legato da sempre al di medicinali provocò il dilagare di
nome di Adelmo Zambrini, malattie che colpirono buona parte dei
personaggio di grande rilievo confinati.
dell’antifascismo e del movimento Tuttavia appena rientrato a
bracciantile di Medicina, la cui vicenda Portonovo il 30 agosto 1943, un mese
umana e politica è stata di recente dopo la caduta del fascismo, seppure
ricordata con affetto e precisione dalla nello scomodo ruolo di “vigilato
figlia Nilvia nella bella pubblicazione dal speciale”, Zambrini si impegna subito
titolo significativo “Il prezzo degli nella organizzazione delle file
ideali”, uscito nel 2012 e ripresentato dell’antifascismo, nel reclutamento di

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diERPE
compreso il Parroco che lasciò la
chiesa aperta e abbandonata. Un
gruppo di partigiani – compreso mio
padre –, durante la notte prese una
cassa, vi mise dentro tutto ciò che di
prezioso vi era nella chiesa (calici
dorati, pissidi, paramenti sacri e
quant’altro) e corse a seppellirla in un
campo. Tornato in canonica il Parroco
fu disperato alla vista della chiesa
spoglia di tutti gli arredi preziosi.
Trascorso diverso tempo mio babbo
fece sapere a Don Renato il punto
preciso dove trovare gli arredi della
chiesa. Alla domanda sibillina e
provocatoria: “Come mai mio babbo e
compagni, che erano atei, entrarono in
una chiesa per salvare il salvabile?” La
sua risposta fu: “Il compito dei
partigiani non è quello di distruggere i
beni del paese, ma di salvare il salvabile
per il bene della comunità, perché
anche la chiesa è un bene della
comunità tutta!”... È forse per questo
che il Parroco nutriva per mio padre
molta stima e simpatia...”.
Sono diversi gli episodi del rapporto
di Don Renato di Portonovo con
Zambrini e i comunisti, non solo locali,
che appaiono difformi dal rapporto, in
genere conflittuale, tipico delle restanti
parrocchie di Medicina; sul perché di
questa anomalia, mi è stato fatto
osservare che negli anni in questione
Scheda della giovani che nei mesi successivi Portonovo dipendeva ancora dalla
condanna di entreranno a fare parte della diocesi di Ravenna, guidata allora da
Adelmo Resistenza armata al tedesco occupante un vescovo meno allineato al regime
Zambrini
da parte del ed alla R.S.I. Nel giugno 1944 parte fascista del bolognese Nasalli Rocca. Il
Tribunale con un nutrito gruppo di partigiani, primo riguarda il matrimonio di
Speciale diversi dei quali di Portonovo, per Zambrini, avvenuto il 10 settembre
fascista (25 rafforzare la 36^ Brigata “Bianconcini” 1935, nell’intervallo fra la detenzione a
luglio 1939).
sulle colline dell’imolese, da cui Ponza e la successiva a Civitavecchia-
rientrerà alcune settimane dopo per Ventotene, così descritto da Nilvia:
assolvere da Portonovo a funzioni di “...Il matrimonio fu celebrato nella
raccordo fra le brigate di pianura e Chiesa Parrocchiale di Portonovo il
quella di montagna che gli varrà il mattino alle 5 in quanto il rito religioso
riconoscimento del grado di poteva stridere agli occhi di altri
sottotenente. compagni atei e non confacersi agli
Fra gli episodi del periodo ideali di mio padre; dopo questa breve
partigiano mi sembra significativo che cerimonia, con due testimoni
Nilvia ricordi questo: “...Durante un recuperati la sera precedente e amici di
bombardamento tutti si corse ai rifugi lavoro, tutti si recarono al lavoro nei

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Storia, cultura, personaggi, eventi

campi. Non ci si poteva permettere di difficili momenti Nilvia fa un quadro di


perdere la giornata di lavoro. A verità e di triste sincerità; mentre
spingerli al matrimonio religioso fu Adelmo viveva nascosto nei cascinali di
l’insistenza della nonna Marcella contadini che parteggiavano per la
(mamma della mia mamma) che allora Resistenza o sulle colline imolesi e
era la “perpetua” del parroco Don faceva rare e brevi comparse in casa
Renato e l’ora antelucana fu accettata solo di notte: “...alcuni fascisti del
su sua raccomandazione”. luogo facevano ubriacare i più deboli e
Nel successivo periodo di confino di meno colti, per utilizzarli come delatori
Adelmo la sua famiglia dovette li mandavano a spiare quanti erano
condurre una vita di stenti, privazioni e noti come contrari al regime: fra questi
discriminazioni; l’asilo di Portonovo, vi era anche un cognato di mio
gestito dal regime fascista, fu negato padre... Terminata la guerra molti di
alla piccola Nilvia, figlia di un coloro che lo avevano tradito facendo
bracciante comunista e confinato; la la spia, si andarono a scusare con lui
madre bracciante veniva spesso per essersi comportati così e si
discriminata e non chiamata al lavoro, giustificarono a causa della loro
pur essendo il suo magro salario l’unico debolezza nei confronti del regime
sostegno della famiglia, usato anche fascista. In una frazione di poco più di
per inviare qualche pacco di generi duemila abitanti dove ci si conosceva
alimentari e vestiti al confinato. tutti e i legami di parentela erano
Significativo che Don Renato invece, stretti, non si poteva vivere fianco a
causa anche l’età avanzata della fianco nutrendo acrimonia o peggio
perpetua, chiamasse periodicamente a odio verso chicchessia”.
servizio la madre di Nilvia “...versando Nelle prime libere elezioni comunali
regolarmente i previsti contributi del 31 marzo 1946 Zambrini viene
previdenziali e fiscali”. eletto consigliere nella lista PCI-PSI;
Vorrei di questo rapporto citare nelle successive del 27 maggio 1951
infine un particolare che mi sembra viene confermato nella lista del PCI. Di
significativo; alcuni anni fa, nella quel periodo Nilvia ricorda la sua
ricerca che ho fatto per documentare proposta di elevare l’obbligo scolastico
su Brodo di Serpe l’esperienza della ad almeno 13 anni, le iniziative per la
accoglienza a Medicina negli anni del emancipazione femminile,
dopoguerra di bambini provenienti l’organizzazione delle prime gite in
dalle zone più povere di Italia, pullman, l’ospitalità di bambini delle
recuperai in Municipio l’elenco delle zone più povere. È al mondo dei
352 famiglie medicinesi ospitanti nel braccianti, di cui Zambrini si è sempre
1951 i bambini provenienti da Massa sentito espressione, che egli dedica il
Carrara. In quell’elenco l’unico parroco suo impegno di lavoro entrando nella
che compare è quello di Portonovo, Cooperativa Lavoratori Terra; sul
che prese in carico un bambino, in un finire del 1947 assume il ruolo di
momento in cui, come noto, l’iniziativa fattore dell’azienda Vallona di
era in genere vista con sospetto e proprietà della Partecipanza, gestita in
diffidenza da parte dei cattolici come affitto dalla CLT in compartecipazione
iniziativa di parte e strumentale della al 50% con l’affittuario comm. Sarti.
Amministrazione di sinistra. A onor del Per questo trasferisce la famiglia in
vero, occorre dire che due bambine una abitazione di S. Antonio.
furono ospitate anche dal Partenotrofio In questo ruolo Adelmo vive in
di Medicina, evidentemente grazie ai prima persona uno degli episodi social-
buoni uffici di Monsignor Vancini. mente e politicamente più laceranti del
Di quale fosse il clima dei rapporti dopoguerra: il lungo scontro fra i
fra gli abitanti di Portonovo in quei 4000 braccianti soci della CLT e le

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di lavoro ad aziende private trovano
regolarmente l’ostacolo di informazioni
di Carabinieri e Parrocchie che, causa
il suo passato, lo definiscono “elemento
fazioso e pericoloso”; cambia più volte
alloggio, sempre in condizioni precarie.
Soprattutto gli manca Portonovo, la
sua gente, i suoi braccianti. Dopo
alcuni anni finalmente, a seguito della
acquisizione della Azienda di Buda da
parte della Cooperativa Lavoratori
Terra, il presidente Franco Sangiorgi,
suo grande amico e seguace, può
offrire a Zambrini l’assunzione col ruolo
di fattore della tenuta di Buda con
relativa residenza.
Sembra arrivare così a positiva
conclusione il travaglio degli ultimi
Adelmo centinaia di partecipanti, in buona anni di Adelmo: un lavoro sicuro e
Zambrini, parte braccianti essi stessi. Nel 1951 il adatto alle sue capacità, un ambiente
seduto al fallimento del Sarti porta la di lavoro di persone che lo conoscono
centro, con Partecipanza a chiedere la rescissione
compagne e e lo stimano, il ritorno fra la sua gente,
compagni del contratto d’affitto della Vallona che quella cui ha dedicato una vita di lotte
(anno 1960). sarebbe scaduto solo nel 1954, al fine e sacrifici. Ha ancora meno di 50
di tornare all’uso delle terre per i soli anni, la figlia ha un buon impiego a
partecipanti con lo storico sistema della Bologna nella cooperazione agricola:
assegnazione per teste. La cooperativa potrebbero attenderlo anni di serenità
si oppone e la questione va per vie giu- e di proficuo impegno. Invece il
diziarie, con varie sentenze per lo più destino gli negherà queste meritate
favorevoli alla Partecipanza; dopo soddisfazioni: il 29 dicembre 1961, a
ingiunzioni e sequestri dei prodotti soli 52 anni, una scarica elettrica lo
della Vallona con danni ingenti per la uccide nella cabina ENEL dell’azienda
cooperativa, nel settembre 1953 i ter- di Buda. I suoi funerali a Medicina
reni vengono infine riconsegnati alla furono seguiti da una grande folla, a
Partecipanza e l’intero personale fisso, testimonianza della stima, dell’affetto,
salariati e impiegati, della Vallona viene della riconoscenza e del rimpianto di
licenziato. tanti che lo avevano conosciuto.
Fra essi anche Zambrini, che decide Ricordo solo per concludere che il
allora di trasferirsi a Bologna per seme sparso a Portonovo da Adelmo
cercarvi un lavoro oltre che per Zambrini e da altri della sua
ricongiungersi con Nilvia che vi aveva generazione ha dato importanti frutti;
fatto i primi due anni di ragioneria in voglio solo citare tre portonovesi che
un abbastanza oneroso collegio hanno avuto ed hanno ruoli di grande
femminile di suore. rilievo, a volte decisivi, negli ultimi 70
Gli anni di Bologna per la famiglia anni di Medicina nelle organizzazioni
Zambrini sono duri; pur col suo della sinistra, partiti, sindacato,
passato di antifascista e partigiano, cooperazione, e nella Amministrazione
Adelmo non reclama una Comunale: Franco Sangiorgi, Elio
“sistemazione” al suo partito (che Cocchi e Onelio Rambaldi, tutti legati
differenza col personale politico dei da un rapporto forte di riconoscenza, il
nostri tempi!), si arrangia in vari terzo, l’attuale Sindaco, anche di
mestieri e occupazioni, le sue domande parentela, con Adelmo Zambrini.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

GIOVANNI BERSANI,
MEDICINESE
AD HONOREM
di ENRICO CAPRARA

OCHI MESI FA CI HA LASCIATI


P il Senatore Giovanni Bersani. Dopo
una lunga vita vissuta per testimoniare
e mettere in pratica il messaggio del
Vangelo.
Nato nel luglio del 1914 frequentò
la Fuci degli anni Trenta dove conobbe
la possibilità di un pensiero diverso da
quello che il regime fascista inculcava
nelle menti dei giovani. Frequentando
in particolare il Circolo di Azione
Cattolica Leone XIII, insieme a molti
che saranno negli anni Cinquanta gli
esponenti della Democrazia Cristiana
bolognese, egli formò la propria
coscienza nei principi di solidarietà Giovanni
umana e di pacifica convivenza nel Bersani
rispetto delle idee altrui. a Villa Maria.
Partecipò al secondo conflitto
mondiale e, dopo l’otto settembre Bersani e Medicina
1943, collaborò con le brigate nell’immediato dopoguerra…
partigiane sulle montagne bolognesi,
nella Valle dell’Idice. Nel dopoguerra La figura di Giovanni Bersani è
fu tra i fondatori della Democrazia stata molto importante per la vita
Cristiana bolognese e ne rappresentò sociale, politica ed economica del
l’ala più sensibile alle necessità dei nostro territorio. Egli, quando
lavoratori. Fu eletto in Parlamento, ricordava i primissimi anni del
prima deputato, poi senatore, dal dopoguerra, raccontava di essere
1948 al 1978. venuto a Medicina per partecipare ad
Fu poi eletto al Parlamento un comizio che si tenne in quello che
Europeo come deputato e allora si chiamava Cinema Garibaldi
Vicepresidente dell’Assemblea. In (l’edificio in cui oggi si trova la Banca
questa sede ha dimostrato tutta la sua Popolare dell’Emilia Romagna);
sensibilità per le condizioni sociali delle conservava nitido il ricordo di una sala
popolazione dei paesi poveri, in gremita all’inverosimile di persone che
particolare dell’Africa. Egli infatti ha sostenevano (come la grandissima
promosso instancabilmente progetti a maggioranza dei medicinesi di allora) le
favore dei lavoratori del Sud del forze di sinistra, in particolare PCI e
mondo. PSI. Al termine degli interventi si alzò

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BSRODO
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dal pubblico e disse: “Chiedo la parola nascita di diverse cooperative agricole
a nome della Democrazia Cristiana”, a Acli sul territorio medicinese, cercando
quel punto “sembrava che venisse giù di dare una concreta realizzazione a
il teatro da quanti fischi ed insulti quella riforma agraria che aveva
volarono contro di me! Ma riuscii ad contribuito ad attuare in Parlamento e
ottenere la parola ed esprimere le mie nel governo De Gasperi con l’incarico
ragioni!”. Raccontava queste vicende di sottosegretario. La riforma agraria
con il sorriso sulle labbra, quasi a voler prevedeva che i contadini potessero
edulcorare la durezza dei suoi racconti. acquistare i terreni grazie ad un
L’episodio che ho riportato credo prestito con un mutuo molto agevolato
sia quasi un simbolo di ciò che ha garantito dal governo. Era un modo
significato la presenza politica sul per permettere a chi la terra la
nostro territorio di persone come lavorava di acquistarla e passare da
Bersani: egli, insieme a Giulio Sgarzi e mezzadro o bracciante a piccolo
don Gaetano Tanaglia, ha garantito il proprietario terriero. Anche a questo
principio di libertà e democrazia a scopo furono costituite le cooperative
Medicina in quegli anni così difficili e agricole, per permettere ai contadini di
duri. Non dimentichiamo che alle lavorare la terra non più di proprietà
elezioni dell’Assemblea Costituente il dell’agrario di turno, ma della
fronte social comunista ottenne ben cooperativa di cui era socio. Lo
l’85% dei voti. Pensarla diversamente scontro con le cooperative rosse a
da una maggioranza così forte, e Medicina, come in tutto il territorio
magari dichiararlo pubblicamente emiliano, fu duro; esse, infatti, erano
prevedeva una dose di coraggio che in cooperative di lavoratori: non
pochi avevano. prevedevano quindi l’acquisto di
Ebbene sì, proprio di coraggio si terreni; la linea era: la terra ai
trattava! Il coraggio delle proprie idee contadini va assegnata, data
che potevano essere capite e realizzate gratuitamente. Perciò nel primo
anche in un territorio così difficile. I tre periodo degli anni Cinquanta
personaggi che ho citato sono stati all’interno delle cooperative rosse era
molto coraggiosi e sarebbe molto forte il dibattito se comprare la terra
interessante approfondire, oltre alla oppure no.
figura di Bersani, quelle di Giulio Fu costituita anche una cooperativa
Sgarzi e don Gaetano Tanaglia, di consumo Acli, che fu fondata nel
uomini di umanità, fede, coraggio e dicembre 1948 ed iniziò l’attività nel
forza straordinari. 1949, nel negozio di piazza Garibaldi
Non era facile organizzare attività n. 27. Anche la nascita di questo
politica per la Democrazia Cristiana a spaccio provocò proteste da parte
Medicina, molti erano scoraggiati o della maggioranza dei partiti
non se la sentivano di uscire allo medicinesi. Erano frequentissime le
scoperto. Bersani, però, trovò i suoi manifestazioni davanti al negozio di
punti di riferimento, capaci di dare piazza Garibaldi, tutti gli scioperi si
garanzie e di coinvolgere altre concludevano proprio lì. In esso era
persone. Si trattava, non solo di individuato il rappresentante del
svolgere attività politica, ma anche di governo nazionale a Medicina, chi lo
dare risposte concrete alle necessità frequentava veniva additato e gli si
delle donne e degli uomini che con la consigliava di “cambiare fornitore”.
guerra avevano perso quel poco che Lo stesso sindaco Orlando
avevano e che ora volevano ricostruire Argentesi fu criticato da alcuni suoi
un futuro per sé, per i propri figli e compagni di partito perché aveva
per l’Italia. concesso la licenza alla cooperativa
Bersani perciò diede impulso alla Acli, ciò dimostra che, nonostante

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Storia, cultura, personaggi, eventi

Il senatore
Giovanni
Bersani
all’inaugura-
zione dell’Oasi
del Quadrone
(settembre
1992).

l’apparenza granitica, anche il PCI dall’altra. Ma chi andava a Villa Maria


medicinese aveva diverse anime. non sarebbe mai andato al
Grazie all’impegno di molte “Cremlino”, né chi faceva spesa
persone1 furono numerose le opere all’ACLI avrebbe mai messo piede alla
che le Acli poterono attivare nel nostro Popolare!
Comune. Diverse cooperative agricole, Bersani veniva spesso a Medicina,
e anche il circolo di Villa Maria, che fu con la sua bicicletta raggiungeva case
un luogo di ritrovo ed incontro per di campagna e canoniche per tessere
persone del capoluogo e delle frazioni. una rete sul territorio che potesse
Erano gli anni della guerra fredda, realizzare le idee del cattolicesimo
gli anni dei due schieramenti che non sociale. Nei suoi racconti ricordava il
potevano avere nulla in comune. Così pericolo di viaggiare esposto a possibili
tutto il paese era diviso a metà: i violenze, lui infatti come Giuseppe
cattolici e i socialcomunisti. Erano Fanin2 (e diversamente da Giulio
quasi due mondi paralleli che invece di Sgarzi e da Raineri Fin3) non
incontrarsi si scontravano. Nei luoghi possedeva armi.
istituzionali c’era un certo rispetto, non
mancavano in entrambi gli …e negli anni del boom
schieramenti coloro che erano aperti
al dialogo, in particolare Orlando Con l’avvento degli anni Sessanta
Argentesi da una parte e Giulio Sgarzi lo scontro frontale divenne meno duro,
1 È difficile fare un elenco delle persone che con coraggio hanno sostenuto le loro idee, in particolare qui
vorrei ricordare Antonio Tinti e Guerrino Dall’Olio, uomini onesti e coraggiosi che sostennero le iniziative
promosse dalle ACLI anche mettendo in gioco le loro proprietà.
2 Giuseppe Fanin, di S. Giovanni in Periceto, esponente del sindacalismo cattolico fu ucciso per motivi
politici nel novembre 1948 a bastonate mentre rientrava a casa in bicicletta.
3 Raineri Fin, di Poggio Grande, esponente del sindacalismo cattolico.

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BSRODO
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le posizioni diventavano più morbide, Rebecchi, insignì Giovanni Bersani
le vicende politiche a livello nazionale della cittadinanza onoraria.
ed internazionale lo permettevano. Le
opere realizzate nel primissimo 11 luglio 1952
dopoguerra in questi anni si rafforzano
e consolidano, cala un po’ Nel febbraio 1948 il governo De
l’entusiasmo nella vita politica, così Gasperi (grazie anche al fondamentale
l’attenzione di Giovanni Bersani si contributo di Giovanni Bersani e
sposta dal livello nazionale a quello Raineri Fin) varò il cosiddetto Lodo De
internazionale. È tra i sostenitori di Gasperi che portava verso nuove
una Comunità Europea forte e forme di compartecipazione dei
solidale, per questo viene eletto, come braccianti agricoli alla proprietà della
ho detto prima, al Parlamento terra che coltivavano. Questo
Europeo. Anche in questi anni per i provvedimento istituiva particolari
medicinesi Bersani rimane un punto di agevolazioni in materia creditizia e
riferimento importantissimo, è una fiscale a favore della piccola proprietà
persona che dimostra come si deve da contadina con l’obiettivo evidente di
un lato consolidare il benessere che attuare una migliore perequazione
l’Italia (e l’Emilia) stava raggiungendo, sociale nelle campagne (si tenga conto
ma dall’altro fa sentire vivissimo il che oltre i due terzi della proprietà
dovere morale di aiutare i popoli che agraria nazionale era nelle mani di
conoscono la povertà a superarla con meno di mille soggetti). Il Lodo De
le loro forze. Aveva una sensibilità Gasperi diede la possibilità ai contadini
fortissima per i lavoratori e le che la lavoravano di acquistare la terra
lavoratrici che volevano riscattarsi da con prestiti assai agevolati. Le sinistre
una situazione di povertà e erano assolutamente contrarie a
sottomissione culturale. Per questo questo provvedimento poiché
cercava costantemente di tessere reti sostenevano che la terra andasse
di relazioni tra politici italiani, europei distribuita ai contadini gratuitamente.
e dei popoli in via di sviluppo. Egli era L’11 luglio 1952 il sottosegretario
particolarmente sensibile alla vicenda al Lavoro Giovanni Bersani chiese al
dei popoli africani, con i quali ha Parlamento una proroga triennale delle
mantenuto a lungo importanti agevolazioni fiscali previste nel Lodo.
relazioni. Ha conservato fino agli ultimi È proprio durante la discussione
anni una straordinaria lucidità di analisi della proroga che si svolse uno scontro
e progettuale, quando illustrava i suoi assai duro tra Bersani, dai banchi del
progetti sembrava parlasse un governo, e l’onorevole Giuseppe Di
trentenne con tutta la vita davanti. Vittorio che riguardò proprio una
Dava il senso della speranza e del cooperativa Acli di Medicina. Secondo
dovere morale di agire per i poveri. gli esponenti comunisti essa era stata
Negli ultimi anni Bersani ha promosso ammessa al finanziamento senza
con l’Associazione “Pace adesso” un averne il diritto e a discapito dell’altra
progetto in Brasile prendendo grande cooperativa rossa. Si metteva
ispirazione e sostegno dalla dunque in discussione l’imparzialità
Partecipanza di Villa Fontana e dalle della “Cassa per la formazione della
altre partecipanze della Provincia. piccola proprietà contadina”
Anche tramite quest’ultima iniziativa è sostenendo che venivano
stato capace di entusiasmare e avvantaggiate le cooperative bianche.
coinvolgere diversi giovani medicinesi. Naturalmente Bersani nella replica
Nel gennaio 2009 difese appassionatamente il
l’Amministrazione Comunale di provvedimento e replicò con puntualità
Medicina, guidata dal sindaco Nara alle accuse sulla cooperativa Acli di

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Storia, cultura, personaggi, eventi

Medicina. Non fu la sua una


difesa formale, ma egli
dimostrò la conoscenza
approfondita dei fatti ed
entrò in medias res.
Ripercorse la storia della
Cooperativa di Portonovo
che si era costituita nel 1950
e che aveva sottoscritto un
compromesso per l’acquisto
di terreni di proprietà delle
Assicurazioni Generali.
Mentre la cooperativa Acli
era in attesa di vedere
riconosciuto il finanziamento,
nella primavera del 1951 la
cooperativa rossa inviò una
lettera alla Cassa contadina
nella quale richiedeva
l’acquisto della stessa azienda in realtà il rischio della morte, come Bersani con i
già venduta alla cooperativa Acli Ansaloni, Righini, Rebellato, Sgarzi presidenti delle
diversi mesi prima sostenendo di (…), o abbiano preferito il rischio di cooperative
agricole
essere maggiormente rappresentativa debiti paurosi, dell’incomprensione di Medicina
dei contadini e braccianti medicinesi. di tanti dinanzi all’ardimento del Cenacchi,
Iniziò un battibecco tra Bersani e Di loro programma di emancipazione Bressan,
Vittorio, entrambi portavano a delle zone più remote della bassa Cesari e un
funzionario
sostegno delle loro tesi dati e numeri emiliana, piuttosto che continuare a dell’Ispettorato
molto precisi riguardanti la situazione vivere nei vostri collettivi o nelle dell’Agricoltura.
medicinese. Medicina, quel giorno, è vostre cooperative a collettivo (…) (Foto
stata protagonista nell’aula del senza più speranza di una integrale R. Tassinari).
parlamento italiano. Furono quasi tre liberazione?”4. Nel suo durissimo
ore di fuoco. Bersani proseguì intervento Bersani si riferiva ad
demolendo con precisione chirurgica esponenti della cooperazione e del
tutte le argomentazioni sostenute dai sindacato cattolici di Pieve di Cento,
deputati comunisti e fece addirittura Ozzano, Molinella e Medicina (Giulio
una puntuale disamina delle proprietà Sgarzi) che furono oggetto di
che aveva in affitto la cooperativa intolleranze e vere e proprie
rossa. L’onorevole Di Vittorio aggressioni da parte di persone di
continuava a proporre a Bersani, opinione diversa.
interrompendolo, se fosse disponibile Lo stesso vicepresidente della
ad accettare il criterio della Camera richiamò Bersani ad occuparsi
distribuzione proporzionale a tutti, della legge in discussione. Ma
senza distinzione. Fu in quel momento probabilmente la sua partecipazione
che la risposta di Bersani si fece agli avvenimenti ed alle tensioni sociali
sentire: “In tutta l’Emilia lo era tanta che in quel momento, forse
accetterei subito, se potessimo anche provocato dall’opposizione,
liberare tutti i braccianti dalla paura lasciò emergere la sua indisponibilità a
creata da voi (…) Non vi dice nulla, cedere su principi per lui irrinunciabili
onorevoli colleghi, che questi umili come il rispetto della libertà e dignità
braccianti abbiano preferito correre di ciascuno.

4 R. Bartolomei, S. Palmieri, G. Stupazzoni, Giovanni Bersani - Una vita da Nobel, 2014.

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BSRODO
ERPE
di

GIUSEPPE SCHIASSI
(1911-1983)
Importante studioso
di filologia greca e latina
di CLAUDIO TUGNOLI, Docente di Filosofia a Trento

L’8 aprile 2016, al Liceo Galvani di Bologna, si terrà un incontro


di approfondimento sulla figura di Giuseppe Schiassi, insegnante
e studioso di filologia classica, medicinese. Sarà un’occasione utile
per conoscere questo personaggio e il suo “lavoro” di intellettuale,
che si compone di molte pubblicazioni e di commenti a classici della
letteratura greco-latina.
Un corpus vasto, quello di Schiassi, che spazia da commenti sulla tragedia
greca (euripidea e sofoclea) a riflessioni sulla prosa latina
di Seneca e Cicerone, passando per ricerche di lessicografia e filologia.
Crediamo sia importante riportare alla luce questa figura di classicista
medicinese, per continuare con la composizione di un patrimonio
antropologico e culturale che si arricchisca di tracce e spunti sempre nuovi.
JESSY SIMONINI

IUSEPPE SCHIASSI ha dato “Tulliano” di Arpino, poi al


G contributi significativi in vari ambiti
della filologia greca e latina, come si
“Morgagni” di Forlì, prima di
approdare al “Galvani” di Bologna
coglie immediatamente scorrendo la dove sarebbe rimasto dal 1º ottobre
bibliografia dei suoi scritti. Enzo 1945 al 30 settembre 1974, allorché
Degani, illustre classicista decise di lasciare l’insegnamento per
dell’Università di Bologna, in un motivi personali (Schiassi era affetto da
profilo di Giuseppe Schiassi che risale tempo dal morbo di Parkinson) e
alla fine degli anni ‘801, ricordava che familiari (la grave malattia congenita
Schiassi era nato a Medicina (Bologna) della figlia). Tra i motivi che indussero
l’8 settembre 1911 e si era laureato in Schiassi a lasciare anzitempo
Letteratura Greca presso l’Università di l’insegnamento Degani inserisce anche
Bologna il 15 novembre 1935. Dopo gli episodi di contestazione studentesca
brevi supplenze nei Licei classici di dei quali Schiassi fu vittima nei primi
Bologna e Cesena, divenne docente di anni Settanta. Chi è stato suo allievo
ruolo di Latino e Greco nel 1937 in può aggiungere che Schiassi negli
seguito a concorso e insegnò prima al ultimi anni lasciava trasparire una
1 E. Degani, «Profilo di Giuseppe Schiassi. Nota di Enzo Degani Accademico corrispondente residente», in
Scritti di Enzo Degani, a cura di Maria Grazia Albiani, Giovanna Alvoni, Andrea Barbieri, Francesco
Bossi, Gabriele Burzacchini, Francesco Citti, Federico Condello, Elena Esposito, Alberta Lorenzoni,
Massimo Magnani, Ornella Montanari, Simonetta Nannini, Camillo Neri, Vinicio Tammaro, Renzo Tosi, 2
Volumi, Georg Olms Verlag Hildesheim - Zürich - New York 2004, II volume, pp. 1191-1196.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

profonda stanchezza e un’amara


delusione, il distacco di chi si fosse
ritirato dai rapporti umani, nell’il-
lusione di poter continuare a svol-
gere l’onerosa attività di docente
solo mettendo tra parentesi, per
così dire, tutto ciò che non era
strettamente attinente alla pratica
didattica. Infine, fiaccato da tutte
le circostanze ricordate, i raggiunti
limiti di età lo indussero ad abban-
donare quell’insegnamento che
aveva sempre praticato con serietà
e dedizione, dimostrando una
competenza indiscutibile di grande
studioso, malcelata dal suo tempe-
ramento riservato, di uomo schivo
e alieno da qualsiasi forma di alba-
gia e tracotanza baronale. Dopo il
ritiro dall’insegnamento liceale
Schiassi continuò a tenere presso
l’Università di Bologna i corsi libe-
ri di Letteratura Greca: li tenne
per vent’anni, dal 1958 (dopo
aver ottenuto la Libera Docenza in
Letteratura Greca - D.M. 30 giu-
gno 1958) all’anno accademico
1978-79. La sua carriera è stata
modesta, avara di riconoscimenti
per i suoi meriti di studioso che
furono notevolissimi.
Degani ricorda che il suo
unico, grande e venerato maestro
era stato Goffredo Coppola, stu-
dioso a sua volta di notevole valo-
re. Coppola si era laureato a
Napoli con Alessandro Olivieri nel
1921; dal 1921 al 1929 era stato
scolaro di Girolamo Vitelli a temporaneamente al lavoro del mio
Firenze. Schiassi fu allievo prediletto di giovane scolaro Giuseppe Schiassi,
Coppola negli anni in cui quest’ultimo che, nella sua tesi di laurea redatta in
era ancora dedito con impegno e serie- latino, ha studiato intelligentemente le
tà alla ricerca e all’insegnamento. Nella commedie di Eupoli, giungendo a con-
Premessa alla sua ultima pubblicazione clusioni sicure e interessanti per la sto-
di una certa rilevanza, ricorda Degani, ria della commedia antica»2. Coppola
nella prima e unica parte de Il teatro avrebbe abbandonato presto l’idea di
di Aristofane, Bologna 1936, pubblicare il secondo volume dell’ope-
Coppola aveva scritto: «Io spero… che ra, mentre Schiassi continuò a lavorare
il secondo volume possa uscire con- nel periodo di espletamento

2 «Profilo di Giuseppe Schiassi. Nota di Enzo Degani Accademico corrispondente residente», cit., p. 1192.

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BSRODO
diERPE
degli incarichi di insegnamento nelle che «l’impietosa fine dell’humanissi-
varie sedi provvisorie di inizio carriera mus magister costituì per lui un trau-
(Arpino, Cesena, Forlì) e concluse la ma dal quale mai si riprese completa-
dissertazione De Eupolidis comici mente»4. Negli anni ’50 ritornò all’atti-
poetae fragmentis, pubblicata nel vità scientifica con una serie di articoli
1944 a Bologna, nella serie e saggi5. I contributi scientifici di
“Pubblicazioni straordinarie della Schiassi, a giudizio di Degani, sono
Accademia delle Scienze”, n. 9: ben impostati e tuttora utili, con una
dissertazione ampia, 185 pagine sola eccezione. Le sue congetture sono
scritte in un elegante latino, in cui tuttora apprezzabili per l’intelligenza e
Schiassi sviluppa le intuizioni di l’acume che dimostrano6.
Coppola su Eupoli e Cratino, ma I commenti scolastici di Schiassi
rivelandosi più cauto e controllato del rivelano la profondità e la serietà
maestro3. Le congetture di Schiassi scientifica della sua preparazione; e
nella ricostruzione di passi corrotti anche nei suoi numerosi commenti di
sono sempre state molto ponderate e testi classici, partendo sempre dal testo
felici, tali da meritare di essere e riformulando personalmente le
segnalate e collocate in prima fila nelle questioni esegetiche e testuali, Schiassi
edizioni critiche. adottava il metodo per cui si deve
Dopo la lunga parentesi della guer- battere “la via della lingua e dello stile,
ra, Schiassi si dedicò quasi esclusiva- la sola che possa portare alla retta
mente all’insegnamento liceale per valutazione dell’opera d’arte”, come
circa un quinquennio. Degani rivela scrive nella prefazione alle Troiane.
3 «Profilo di Giuseppe Schiassi. Nota di Enzo Degani Accademico corrispondente residente», cit., p. 1192.
4 «Profilo di Giuseppe Schiassi. Nota di Enzo Degani Accademico corrispondente residente», cit., p. 1194.
5 De temporum quaestionibus ad Atticas IV saeculi meretrices et eiusdem comicas fabulas pertinenti-
bus, RFIC, XXIX (1951), pp. 217-245; La parte di Euneo e Toante nell’Ipsipile euripidea, RFIC XXXI
(1953), pp. 193-209; I Prospaltii di Eupoli, PP XL (1955), pp.295-306; Parodia e travestimento mitico
nella commedia attica di mezzo, RIL LXXXVIII (1955), pp. 99-120; La Comoedia Florentina e la sua
attribuzione alle Koneiazomenai di Menandro, “Dioniso” XIX, 1956, pp. 253-265; De novo
Archilocho, RFIC, XXXV, 1957, pp. 151-166; Sul dramma satiresco Αγήν, “Dioniso”, XXI, 1958, pp.
83-94; Sull’“Aspis” di Menandro, RhM, CXX, 1977, pp. 95 segg.
6 «Profilo di Giuseppe Schiassi. Nota di Enzo Degani Accademico corrispondente residente», cit., p. 1195.

BIBLIOGRAFIA
Nell’impossibilità materiale di pubblicare per esteso la bibliografia di G.S., ricordiamo per
capitoli le sue opere principali:
• Con Zanichelli (Bologna) ha pubblicato nel 1944 la tesi di laurea su Eupoli; introduzioni e commenti
per: “Elettra” di Euripide, tre volumi di M.T. Cicerone, “Epitafio” di Lisia, “De tranquillitate animi” di
Seneca, “Edipo re” di Sofocle (anni dal 1956 al 1977).
• Con Vallecchi (Firenze): “Le Troiane” di Euripide (1953).
• Con La Nuova Italia (Firenze): “Le Trachinie” di Sofocle (1953) e “Critone” di Platone (1975).
• Con Sansoni (Firenze): “Epitaphius” di Hiperidis (1959) e “Electra” di Sofocle (1961).
• Con Dante Alighieri (Città di Castello): “Menesseno” di Platone (1961).
• Con Marietti (Torino): “Apologia di Socrate” di Platone (1974).

• Saggi e articoli di G.S. sono apparsi su varie riviste fra cui:


“Antiquitas, rivista trimestrale di antichità classica” (1946).
“Rivista di filologia e d’istruzione classica” (1951, 1953, 1954, 1956, 1957)
“La parola del passato. Rivista di studi antichi” (1955).
“Bollettino dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico” (1958).
“I quaderni di cultura del Liceo ‘Luigi Galvani’ di Bologna” (1964, 1965, 1966, 1967, 1968, 1970).
“Culta Bononia: rivista di studi bolognesi” (1970).

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Storia, cultura, personaggi, eventi

UN’OFELIA
DI NOME VIRGINIA
di CLARA GHELLI

IA MADRE È NATA A attesa di un bimbo. Probabilmente no


“M MIMOSO, in Brasile.” Quando
lo dico catalizzo immediatamente
o, forse, lei glielo ha taciuto per timore
di compromettere la partenza e quel
l’attenzione di chi mi ascolta. Occhi loro grande sogno finalizzato a
che mi osservano interrogativi ed migliorare la propria condizione. Il 27
incuriositi. Ma in quegli sguardi mi par febbraio 1896 nasce una bambina cui
di scorgere immagini di corpi che si la mia nonna dà il nome di Virginia.
muovono al ritmo della samba nel Sarà intercorsa una rara
carnevale di Rio oppure di spiagge corrispondenza tra i due e penso che il
incontaminate e vegetazioni nonno avrà saputo del lieto evento.
lussureggianti. Nulla di tutto ciò: la mia Coraggiosamente la nonna decide
è una storia di emigranti. Di quei di raggiungere il suo uomo e, dai
poveri diavoli che alla fine documenti consultati, risulta che
dell’ottocento coraggiosamente Lullini Adele e Lullini Virginia si
abbandonarono le loro povere cose imbarcano per Espirito Santo il 16
per cercare fortuna in quel continente dicembre 1896. Non oso pensare alle
che pareva pieno di promesse. condizioni di quel lungo e disagiato
Se oggi posso testimoniare i viaggio intrapreso in pieno inverno
racconti che mia madre mi fece è solo con una bimba di soli dieci mesi.
dovuto al fatto che sono nata quando i Comunque il nucleo famigliare si
miei genitori erano in età avanzata e, ricongiunge ed è là che il 12
da loro, mi separano, di fatto, non settembre 1898 nasce Maria, mia
una, ma due generazioni. madre. Là vivranno ancora tre anni,
Dal documento di imbarco poi il 9 aprile 1901 ritornano in Italia.
gentilmente fattomi pervenire dalla Il sogno si era infranto.
storica Lorenza Servetti, autrice del Nel libro della Servetti un capitolo
libro “Trenta giorni di nave a vapore” titola “Siepi di mandarini, caschi di
riguardante “Storie di emigrazione banane e mucchi di caffè” e si descrive
dalla Valle dell’Idice”, apprendo che come negli occhi dei bambini ritornati
Alberto Cattani, di anni 27, di in Italia con le loro famiglie, fosse
professione fabbro, sale sulla nave rimasta impressa l’immagine di una
Matteo Bruzzo nel porto di Genova. terra meravigliosa, di spazi immensi, di
Dai documenti consultati nel comune frutti squisiti (mandarini, aranci,
di Medicina risulta emigrato in Espirito banane) di cui potevano fruire in
Santo (Brasile) il 12 luglio 1895. Si abbondanza, di montagne di chicchi
tratta del mio nonno che sbarcherà, bruni e profumati di caffè. Niente di
dopo le fatiche di quei terribili viaggi tutto ciò nei racconti di mia madre.
pieni di speranze, il 5 agosto 1895 nel Solo angoscia.
porto brasiliano di Vitoria. La sua città di nascita è senz’altro
È solo. Ha lasciato una fidanzata di Mimoso do Sul, nello Stato di Espirito
soli venti anni, Adele Lullini, a Santo vicino a città come Santa Rosa.
Villafontana di Medicina. Chissà se Solo un centinaio di chilometri dal
quando è partito sapeva che era in luogo di sbarco, Vitoria. A Mimoso fin

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Alberto Cattani
(1869-1925)
e Adele Lullini
(1875-1957).

dal 1852 ci sono grandi coltivazioni di qualunque autonomia e sottoposto a


caffè e con ogni probabilità il nonno un ritmo pesantissimo di lavoro.”
lavorava in una di queste fazendas. Il clima caldo e umido non aiutava
Mia madre mi ha sempre raccontato ed il nonno avrà avuto un attimo di
che vivevano in una sorta di capanna e stanchezza, avrà interrotto
che il nonno era stato minacciato da probabilmente il lavoro, provocando le
un nero a cavallo che imbracciava un minacce del guardiano nero.
fucile. Ho sempre pensato che si Nel 1888 era stata abolita la
trattasse di una questione di confini di schiavitù ed i maggiori produttori di
un territorio che quei novelli pionieri caffè, che avevano una grande
avevano conquistato, ma una citazione necessità di mano d’opera, a volte
nel libro già nominato mi ha illuminato utilizzavano anche agenzie
sulla realtà. Si tratta di un articolo, spregiudicate che reclutavano
citato dalla Servetti, apparso su lavoratori italiani con tante promesse
“L’illustrazione Italiana” del gennaio ed illusioni.
1898, proprio nel periodo in cui i miei La vita che si conduceva laggiù era
nonni vivevano in Brasile. grama, aggravata dalla necessità di
“Il colono italiano sostituisce lo crescere due bambine così piccole.
schiavo nero. A volte gli si danno da Nonna Adele inoltre deperiva sempre
abitare le stesse capanne. La fazenda più e non se ne capiva la ragione. Una
da ogni lato è circondata dalla foresta notte il nonno si svegliò per uno
vergine ed impenetrabile; ma la si strano rumore e vide un serpente che
circonda ancora d’una fossa e poi si avvicinava alla nonna attratto
d’una fitta siepe di filo di ferro, una dall’odore del latte che emanavano le
palizzata e un grande fossato dividono mammelle di Adele che ancora
dalla foresta, per impedire qualunque allattavano la piccola Maria. Il pericolo
tentativo di fuga. Il lavoratore fu scongiurato, ma sorsero tanti dubbi
(prosegue la Servetti) così era come sulla debolezza di Adele. Soprattutto si
prigioniero del padrone e degli fece più forte il desiderio di un ritorno
amministratori, controllato dai nelle proprie terre.Virginia ha cinque
capisquadra, i capangasche, privo di anni, mia madre poco più di due anni

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Storia, cultura, personaggi, eventi

e mezzo quando L’opera è conservata


decidono e riescono nella Tate Gallery di
ad imbarcarsi per Londra. Ofelia,
l’Italia. vittima ormai della
La data di rientro sua follia, dopo aver
risulta essere il 9 raccolto qua e là fiori
aprile 1901. Ma è si lascia andare
durante il viaggio di mollemente nelle
ritorno che si acque del fiume,
consuma il dramma. poichè non vuole più
Scoppia a bordo vivere. Lo sguardo è
della nave una di spento, le braccia
quelle terribili abbandonate in una
epidemie dovute alla sorte di estremo
mancanza di igiene, saluto, i fiori
all’acqua potabile che abbandonati al
scarseggiava ed alla proprio destino. La
promiscuità con cui ricca veste affiora
si viveva a bordo. qua e là. In
Virginia si ammala e contrapposizione, ai
non riesce a lati del fiume, una
sopravvivere. Nonna vegetazione
Adele non riuscirà lussureggiante, quasi
mai più a un inno alla vita.
dimenticare il In qualche modo
momento in cui deve avevo idealizzato una
abbandonare Virginia tragedia ed una Maria Cattani
calata nella sua realtà molto più in una foto
tomba in fondo crude. Sempre dalla scattata
a Rimini
all’oceano. Servetti, che ha nell’agosto
La storia di questa attinto queste del 1919.
mia zia bambina di informazioni dai diari
cui non conosco il volto (non esistono di bordo, apprendo che quelle povere
sue foto) mi ha sempre profondamente vittime venivano avvolte in un
colpita. Ma non so per quale motivo lenzuolo, con una pietra per far
irrazionale abbia sempre pensato che zavorra e calate in mare. Spesso tali
per la sua sepoltura fosse stata vestita operazioni venivano effettuate di notte
di un abito bianco, adornata la fronte per evitare ulteriori angosce, in
di una coroncina di fiori e traversate così disagiate ed inumane.
abbandonata dolcemente sulle onde. Il Ma quel terribile viaggio di ritorno
volto pallido, ma sereno. La gonna si non aveva ancora terminato le
sarebbe gonfiata e per un po’ avrebbe sorprese. La nave andò ad urtare
fatto da salvagente poi, poco a poco e l’albero di una precedente
con grande dolcezza, le onde scure imbarcazione affondata, si creò una
avrebbero impregnato completamente falla e l’acqua cominciò a penetrare
la stoffa per condurla lentamente nella con invadenza. Immagino il terrore ed
profondità del fondale marino. il dramma di quei momenti. Furono
Credo che, ancora una volta, la trasferiti tutti, nel trambusto generale,
suggestione derivi dall’arte e, in nelle scialuppe, poichè il danno
particolare, dall’opera “Ofelia” di John ricevuto era irreparabile. Poteva
Everett Millais, un preraffaelita, che la essere la fine. Furono invece soccorsi
dipinse nel biennio 1851-1852. da un’altra nave che li trasse in salvo

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BSRODO
ERPE
di

“Ofelia” di
John Everett
Millais.

per consentire loro di terminare il soltanto una conosce questa storia


viaggio e tornare ai patrii lidi. americana, perchè gliene parlava sua
“Tornarono più poveri di quando madre e, purtroppo, non c’è più
erano partiti. Non possedevano più nessuno che possa aggiungere altri
nulla. Qualcuno dei conoscenti regalò particolari ai miei ricordi.
loro qualche stoviglia, altri un Nel richiedere poi il certificato di
materasso o un po’ di biancheria.” morte di Virginia ho dovuto scontrarmi
Questa testimonianza me l’ha fornita con un’altra sorpresa. Risulta deceduta
la zia Ida, moglie di un fratello più il 3 marzo 1903 a Villafontana di
giovane di mia madre e deceduta solo Medicina all’età di anni sette.
qualche anno fa. Penso che con il dolore nel cuore e
E ancora quel dolore immenso di tutti i problemi che dovettero
Adele per la piccola Virginia. affrontare i nonni non abbiano proprio
I nonni ricercarono il filo della loro pensato ad espletare questo atto
vita tentando, con la disperazione dei burocratico.
vinti, di poter continuare. Inoltre il fatto che la nave fosse
Si sposarono il 27 novembre 1902 affondata avrà comportato anche la
ed ebbero altri quattro figli, tutti perdita dei diari di bordo e, quindi, la
maschi, di cui uno morì ad appena possibilità di dimostrare quanto
dieci mesi nell’aprile del 1903. successo. Forse si scelse la strada più
Non ho mai conosciuto il nonno semplice denunciando la morte
Alberto, poichè morì abbastanza tardivamente. Tanto, a chi poteva più
giovane sedici anni prima che io interessare quella triste vicenda!
nascessi, ho conosciuto invece la Ma io so, cara Virginia, che
nonna Adele che morì quando io ero nessuna tomba racchiude i resti mortali
appena un’adolescente relativamente del tuo piccolo corpo di bambina,
interessata a queste storie di un vittima, come tanti, della povertà e del
passato che mi pareva talmente desiderio di affrancarsene. Che questo
lontano... racconto sia l’epitaffio della tomba che
Dei cugini che ho interpellato non ti è stata concessa.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

DUE CASE
LUNGO
UNA VIA
NELLA BASSA
di LORELLA GROSSI
UE CASE LUNGO UNA VIA, nella venire la speranza. Così, con la speran- “Segni
D bassa, tra le città di Bologna e
Ravenna, ma lontane da tutto. Due case
za è nato e cresciuto il loro amore:
bello e sano.
del tempo”.
(Foto
di Costanza
ugualmente povere, semplici, senza fon- Guglielmo, il capofamiglia dei De Stefani).
damenta, come appoggiate lì sulla terra Manaresi, ebbe poi un lavoro migliore,
umida. Due case, una in fronte all’altra, divenne il boaro delle Generali, più
una da un lato e l’altra dal lato opposto impegno e responsabilità, forse meno
della strada. Attorno la pianura e in vista fatica, più prestigio, ma soprattutto più
poco distante l’argine pensile di un sicurezza economica. Ines, così chiamata
fiume. Due case, una “Alle Brutte” e da tutti, ma in verità Olga Rossi, del
una “Alle Case Nuove”, tra Buda e ramo dei Rossini, lavorava come mondi-
Portonovo, i due piccoli centri abitati na e come bracciante. Lui un uomo pic-
più prossimi con un’osteria con cucina, colo di statura, dai capelli rossi, con por-
una scuola e poco altro. tamento fiero, di poche parole, burbero
Lei è una ragazzina bionda con gli con uno sguardo dolce. Lei più alta,
occhi tra il marron e il verde bosco, la imponente nella corporatura, con gli
più grande di tre figli, con un fratello e occhi stretti e allungati, un poco dell’est,
una sorella. Lui è un ragazzo moro con e il viso tondo sempre incorniciato dal
gli occhi chiari, quasi uomo, uno di due fazzoletto. Entrambi non disposti a su-
fratelli. Lei è della famiglia Manaresi, bire ingiustizie. Guglielmo nel 1924 votò
pigionanti e braccianti, lui è dei Grossi, con voto palese NO al fascismo, lo
con la stessa condizione sociale. Sergio, conoscevano già come “e Ross” (il
appena ha avuto l’età giusta, si è messo Rosso), certo per il colore dei capelli, ma
a guardare la Gigliola, che era davvero non solo. Lei, pur di avere riconosciuti i
poco più che una bambina. Lei aveva diritti delle donne, delle lavoratrici e dei
appena compiuto i quattordici anni e lui lavoratori della terra non si è mai tirata
ne aveva ventitré. La determinazione indietro: in prima fila nelle manifestazio-
dell’amore non ha paura dei numeri e ni di protesta, sui palchi dei comizi sinda-
Sergio non teme l’impegno, ha scelto, cali, organizzatrice senza sosta delle
ha già scelto la sua morosa e si dichiara lotte, senza paura. La fotografia che la
al padre di lei, così potrà, due sere la ritraeva nel massimo della sua fierezza è
settimana, andare a casa sua e passare di lei con le compagne di battaglia all’u-
con lei un poco di tempo in cucina, sor- scita dal carcere di San Giovanni in
vegliati a vista dall’Ines, la madre. Monte. La polizia a cavallo aveva fatto
Pensare a quella strada bassa tra i una retata nei campi occupati dalle brac-
campi, a quella casa umida, a quegli cianti in uno sciopero a rovescio e aveva
inverni lunghi, a quelle nebbie e pensa- fatto salire in una camionetta le donne e
re al calore del loro innamoramento fa le aveva portate in prigione.

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Dopo la morte del figlio Leonida rimediare un poco di vino e un poco di
Fortunato, colpito da una polmonite che pane. Le regole sociali, la famiglia e il
era difficile curare a quei tempi, probabil- matrimonio gli imponevano di compor-
mente ancor più in una famiglia povera, tarsi da uomo perbene, quale lui senza
Guglielmo e Ines divennero ancora più dubbio era. Si narra che inviato
determinati nel lottare per la giustizia. dall’Erminia il sabato a comprare un
Gigliola, pure lei chiamata da tutti poco di carne da brodo, si ripresentas-
così, ma al battesimo registrata come se solo verso il far della sera della
Ermenegilda, era cresciuta in questo domenica con la carne ormai avariata
ambiente e ancora piccola aveva il nel sacchetto appeso al manubrio della
compito di occuparsi di sua sorella sua amata bicicletta da lui chiamata
minore Rosanna, mentre i genitori “La Norma”. Forse una sbornia e una
erano al lavoro. Vedeva cosa era la dormita lungo un fosso lo avevano trat-
fatica, sapeva cosa significava quando tenuto per la notte.
Ines arrivava a casa dalla monda con Di lui ricordo vividamente i giorni
un sacco di riso, che era parte prima della sua morte, quando io bambi-
integrante della paga. Ciononostante na stavo ai piedi del suo letto di ospeda-
era una bambina con i suoi riccioli le: una grande camera spoglia, diversi
d’oro ed era allegra e anche birichina, ricoverati e lui seduto arzillo con la sua
non sempre obbediva alle consegne sigaretta in bocca e in mano una canna
che la madre le faceva prima di da pesca virtuale con la quale continua-
inforcare la bicicletta per andare a va a pescare. In tutto ciò immaginate
lavorare. Sapeva anche che i malestri che l’Erminia era anche una donna deli-
si pagavano con inevitabili sculacciate, cata e dalle movenze un poco lente.
ma il coraggio e la spensieratezza Vorrei tornare a quella ragazzina
erano parte di lei, non poteva esimersi bionda con i ricci e gli occhi verde cupo
dal seguire la sua indole. e a quel giovane dai bei capelli neri che
Erminia e Pietro Grossi, i genitori di portava all’indietro con una fluente
mio padre, erano una buffa coppia, lui onda. Baciati dalla bellezza e dalla
una specie di normanno con occhi gioventù, fedeli al loro amore per tutto
azzurro ghiaccio, zigomi pronunciati, il resto della vita.
lineamenti scolpiti, capelli fluenti, alto, Il loro fidanzamento era così solido
un personaggio alla Hemingway, lei che entrambi con i passatempi propri
non propriamente bella, con un viso del loro tempo potevano divertirsi: lei
arcigno e uno sguardo burbero. Si dice con le amiche e lui con gli amici. Ho
che quando andavano al mercato a una foto bellissima di mia madre in
Conselice, Pietro camminasse di buon lambretta con un’amica, entrambe con
passo avanti da lei e a chi gli chiedeva elegantissimi calzoni e il fazzoletto in
se quella fosse sua moglie, lui con fare testa. Ho una bella foto di mio padre
deciso negava ogni evidenza. Era un che torna dal Festival della Gioventù di
appassionato e anche accanito pesca- Berlino del 1951. Ho una
tore, pescava nei fiumi e nei canali straordinaria foto di mia madre che
nelle terre basse tra il bolognese, l’imo- con le compagne parte per fare scuola
lese e il ferrarese. Aveva un dito mozzo di partito alla gente dell’Appennino.
nella mano destra e questo lo rendeva Nonostante il lavoro, l’impegno poli-
per me davvero un uomo leggendario: tico, il divertimento con gli amici c’è il
gli era stato amputato in seguito ad tempo per fare anche l’amore, e quan-
una infezione dovuta al foro di un acu- do Gigliola si sente ormai grande abba-
leo di pescegatto. stanza lascia che le cose vadano come
Era un anarchico, forse senza saper- devono andare e resta incinta. Così nel-
lo, avrebbe probabilmente vissuto sotto l’attesa del matrimonio e della nascita
un ponte, andando di casa in casa a del piccolo, ci sarà un intermezzo nel

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Storia, cultura, personaggi, eventi

quale Gigliola e Sergio, pur così legati


continueranno a vivere ciascuno nella
propria famiglia. Il matrimonio avverrà
poco prima della nascita del bimbo e
sarà consacrato con gli zuccherini. Il pri-
mogenito nascerà prematuro e verrà
nascosto accuratamente per evitare di
mostrarlo in pubblico – si dice che fosse
così bruttino da mettere in imbarazzo
soprattutto la nonna Ines! Venne porta-
to a casa e tenuto sempre accanto al
fuoco con una bottiglia di acqua calda
accanto a lui dentro la culla di legno.
Con tanta cura è cresciuto bene e
anche le sue importanti orecchie al
vento con l’età si sono un poco allinea-
te. Le foto da bambino fanno pensare
ad Olmo, il socialista dalle tasche buche l’aiuto della levatrice e tornare dopo Sergio,
del film “Novecento” di Bertolucci. pochi giorni a lavorare. Gigliola con
All’unione coniugale di Sergio e i figli Leonida
Della bottega si potrebbero scrivere e Lorella e
Gigliola e alla nascita del piccolo segue romanzi, le merci, gli orari dall’alba al la commessa
un sodalizio lavorativo che vedrà i miei tramonto e anche la domenica, i clienti, Vanna Martelli
genitori lavorare insieme poi per tutto il ma quello che mi preme ricordare è il nello spaccio
resto della loro vita. Il primo impiego rapporto tra Sergio e la Gigliola. Sergio cooperativo di
con abitazione annessa è stato al CRAL Sant'Antonio.
era affabile e gioviale, per nulla perma-
di Buda. Ho sempre fantasticato molto loso, conciliante e divertente e con que-
sulla loro attività di baristi, anche se il sto suo modo manteneva la clientela
CRAL l’ho frequentato più tardi, quan- fedele; la Gigliola era pragmatica, meto-
do al loro posto ci lavoravano lo zio dica … insomma una certezza! Mentre
Attilio, fratello di mio padre, e la zia Sergio ogni tanto andava al bar a fare
Rosa. Per me bambina, che trascorrevo una sosta o nel magazzino a prendere
qualche giorno di vacanza a Buda dei prodotti o a Medicina per l’ammini-
durante l’estate, il CRAL era davvero un strazione, lei ormai divenuta statuaria
luogo magico: c’era la spuma di arancia, dopo due gravidanze troneggiava dietro
la cedrata, i cof (i ghiaccioli), le caramel- al bancone. Quando Sergio nel servire
le nei vasi di vetro e quell’odore intenso qualche “sposa” si dilungava in smance-
di fumo di sigaretta, toscano, pipa e di rie, Gigliola gli dava un pestotto sui
tutto quello che di vegetale nella bassa si piedi e lui si ricomponeva.
poteva fumare. C’erano ancora i vecchi Gigliola conservava tutte le ricette,
con il tabarro che a carte si giocavano il per cui bastava che una “zdora” dices-
bicchier di vino o il caffè. se: – Devo fare la torta di riso –, che
Da Buda la famiglia è emigrata a Gigliola preparava gli ingredienti dosati.
Sant’Antonio, non quello del Texas, ma Per mio fratello e per me la bottega
a pochi chilometri di distanza. In bici- era delizia e tormento: potevamo farci
cletta per la via del canale da Buda a indimenticabili panini come le S alla
Sant’Antonio ci voleva forse mezz’ora. mortadella, o farciture con stracchino e
Il nuovo impiego, diciamo sempre acciughe e sgranocchiare al volo scaglie
socialmente utile, era presso lo Spaccio di parmigiano o ciuffetti di magro maci-
Cooperativo della Coop Consumo La nato, ma se intercettati dai genitori ci
Popolare. Io nascerò lì, mia madre si toccava fare sempre qualche servizio. Io
assenterà dai banchi della bottega per più piccola venivo sempre incastrata,
farmi nascere al piano di sopra con mio fratello riusciva a “telare” con più
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di
agilità. Non parliamo poi dei giochi: gli desiderio era avere, dopo tanti anni di
scatoloni vuoti della bottega venivano lavoro, una casa per tutta la famiglia,
spesso impiegati da mio fratello che, con attorno un poco di terra per fare
legandoli con una corda, creava dei vei- l’orto. Con i risparmi oculati degli anni
coli semoventi; mi metteva poi seduta di attività è riuscito nel suo intento, ha
nell’abitacolo dello scatolone e mi trasci- proprio coronato il suo sogno. Ricordo
nava sull’asfalto. Talvolta mi sono “grat- che nelle mattine gelate con la galaver-
tugiata” le natiche perché lo scatolone na era sveglio alle 6 e con i calzoni da
cedeva alle asperità del manto stradale. sotto, di lana, e una giacca infilata in
A Sant’Antonio, nostra residenza fretta, era nell’orto, dietro casa, a van-
fino ai miei diciotto anni, io e mio fratel- gare ed era felice.
lo abbiamo fatto dall’asilo alle scuole ele- In quella casa grande tutta la famiglia
mentari, poi con la corriera a Medicina aveva il suo spazio e quella era la gioia
le scuole medie e a Bologna le superiori. più grande di Grossi: così anche noi figli
Mio padre all’inizio si spostava con lo chiamiamo, anche adesso che non è
un Morini rosso, bellissimo; quando mi più qui con noi, così lo ha sempre chia-
portava con sé mato anche Gigliola, riconoscendogli il
io mi divertivo ruolo del capofamiglia. I nipoti però lo
moltissimo, ma hanno chiamato nonno e questa parola
spesso al ritor- lo faceva letteralmente commuovere.
no dai nostri E ora che Sergio e Gigliola non sono
giri cadevo più qui con noi io penso sempre che
addormentata e non possiamo più chiedere loro di rac-
pencolavo dalle contarci ancora una volta questa storia,
sue braccia, la che ci hanno raccontato tante volte, di-
gente per stra- scutendo sulle diverse sfumature da dare
da faceva cenni al racconto: mentre mia madre ne face-
a mio padre va una narrazione orgogliosa per aver
per evitare che scoccato nel cuore di Sergio una freccia,
Sergio mi perdesse lungo il percorso. Quando mio padre, un poco burbero, ne narrava
e Gigliola nel mio padre comprò una Millecento Fiat i fatti asciutti senza poter nascondere il
50° del loro usata, mia madre prese un motorino, sorriso nei suoi occhi cerulei e brillanti.
matrimonio.
così lei poteva andare autonomamente Ho pensato che questa storia vera e
a Medicina dai suoi genitori. bella dovevo scriverla subito, di getto,
Dopo aver lavorato 25 anni nello senza pensare, con nel cuore la paura di
spaccio Coop, mio padre andò in pen- dimenticarla. Potrò così ogni volta che
sione e tutta la famiglia si trasferì in un sovrappensiero mi viene in mente di
luogo sperduto a Fossatone, dove in chiedere a mio padre o a mia madre di
cambio dell’abitazione i miei facevano i raccontarmela, andare almeno a rileg-
custodi di una fabbrica: le “Trafilerie gerla. Questa è una piccola parabola
Emiliane”. Dopo un breve periodo, della loro vita fatta di tanto amore,
finalmente la mia famiglia si inurbò nel impegno, serietà e rigore.
nuovo quartiere residenziale di Mia madre dopo la morte di mio
Medicina: in Area Pasi. Da ormai veri padre aveva scelto una fotografia, che
animatori culturali di indiscussa fede avrebbe voluto sulla lapide che un gior-
politica fondarono la Festa dell’Unità no li avrebbe visti uniti: è un fotogram-
della Quercia: una piccola festa all’a- ma dove i loro volti sorridenti si avvici-
perto sotto l’ombra di una grande quer- nano per darsi un bacio alla festa del
cia, che aggregò tutti i nuovi abitanti loro anniversario per i cinquant’anni
provenienti dalle varie frazioni. del loro matrimonio. Questa immagine
Ma mio padre serbava un sogno che dolce, allegra e passionale è il suggello
aveva un nome: la Ca’, la casa. Il suo della loro unione.

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Storia, cultura, personaggi, eventi

È SUCCESSO
A MEDICINA
di CORRADO PELI

Angelo Venturoli
Un’eredità lunga 190 anni
IN OCCASIONE DEI 190 ANNI della
fondazione del Collegio intitolato ad
Angelo Venturoli sono state tantissime
le iniziative in programma a Medicina
e su tutto il territorio bolognese di campagna, chiese, campanili,
dedicate a questa ricorrenza. Mostre, residenze urbane e via via fin agli
convegni, visite guidate, feste a tema, arredi domestici ed ecclesiastici. Alla
un ricco calendario di appuntamenti sua morte, con la scelta di fondare una
che per diversi mesi hanno portato istituzione a suo nome, inaugurata nel
visitatori e appassionati d’arte nella 1825, lasciò un segno ancora più
nostra città. L’architetto Angelo indelebile per la storia locale e non
Venturoli (Medicina, 1749 - Bologna, solo: nel corso di quasi due secoli dal
1821) è stato uno dei protagonisti del Collegio Artistico Venturoli è uscito il
neoclassicismo bolognese, attivo in meglio della pittura, della scultura e
tutti i grandi cantieri dell’epoca, al dell’architettura bolognese, e alcuni dei
servizio delle grandi famiglie patrizie e suoi artisti hanno avuto rinomanza
senatorie, della borghesia mercantile, nazionale, quando non mondiale. A
del Governo municipale, della Curia. testimonianza del grande lavoro che è
Nel corso della sua vita ha chiamato stato fatto per rendere omaggio ad
intorno a sé il meglio della pittura e Angelo Venturoli la mostra, allestita
della scultura felsinea, organizzando nella Pinacoteca “Aldo Borgonzoni”,
volta per volta le squadre che meglio si ha ottenuto la Medaglia del Presidente
adattavano per la realizzazione di ville della Repubblica.

La vecchia cabina telefonica


si è trasformata
nella “Casa dei Libri Volanti”
È STATA INAUGURATA DOMENICA 14
dicembre 2014 la Casa dei Libri Volanti, una
sorta di originale mini biblioteca allestita dentro
una cabina telefonica. Grazie all’iniziativa
volontaria dell’Associazione Aquiloni e del
Gruppo di Lettura Libri Gabbiani, con il sostegno
tecnico-economico del Comune di Medicina, una
vecchia cabina telefonica si è trasformata in un
magico luogo di cultura, dove chiunque può
prendere liberamente un libro scegliendolo da un
catalogo appeso all’interno della cabina. Gli stessi
libri presenti nella cabina sono donati dai lettori.
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I 70 anni dalla Liberazione
“LA MEMORIA: IL CUORE DEL
FUTURO”, è stato intitolato così il
calendario di iniziative organizzate in
occasione del 70esimo anniversario
della Liberazione e nel ricordo dei 100
anni dallo scoppio della Grande
Guerra. Un grande impegno, possibile
grazie alla collaborazione dell’Anpi e di
altre associazioni di volontari, che
hanno contribuito per rendere omaggio
a queste due importanti ricorrenze. Tra
le iniziative organizzate si ricordano
un’operetta dedicata ai bambini, lettu-
re, concerti, commemorazioni, proie-
zioni, incontri nelle scuole, presentazio- da un gruppo di ricerca composto da
ni di libri, una mostra, incontri in studenti del Liceo Scientifico “E. Fermi”
Biblioteca, una performance di arte di Bologna dal titolo “Medicina e il sal-
pubblica, una biciclettata, un raduno di vataggio degli ebrei”. Il lavoro del grup-
veicoli storici, la proiezione di un docu- po, guidato dalla professoressa Antonia
mento audiovisivo inedito, l’inaugura- Grasselli, si è focalizzato sul caso delle
zione di un monumento e il viaggio famiglie medicinesi dei Monterumisi e
della memoria a Mauthausen. E’ stata dei Poli, protagoniste del salvataggio di
inoltre presentata la graphic novel una famiglia ebrea mantovana, i Dalla
“L’inverno di Diego” con l’intervento Volta. Alla presentazione, che si è svol-
dell’autore Roberto Baldazzini, che ha ta in Auditorium, sono intervenuti lo
voluto raccontare la formazione di un storico locale Luciano Trerè, Giuliana
giovane attraverso la Resistenza. Grandi, i discendenti delle famiglie
Da non dimenticare, infine, la presenta- coinvolte e gli studenti del Liceo “G.
zione dell’esito della ricerca storica fatta Bruno” di Medicina.

Trent’anni della nostra storia


È STATA ALLESTITA PRESSO LA
CHIESA DEL CARMINE, tra aprile e maggio
2015, la mostra “Trent’anni della nostra
storia”, curata dallo storico medicinese
Luciano Trerè e da Lorenzo Monti. Oggetti,
immagini, testimonianze che hanno creato
un suggestivo percorso attraverso i trent’anni
che vanno dal 1915 al 1945. L’allestimento
è stato possibile anche grazie alla
collaborazione di tanti cittadini medicinesi
che hanno reso disponibili reperti, fotografie
o anche solo testimonianze orali di quel
periodo difficile della storia italiana.
Qualche giorno prima dell’inaugurazione era stato presentato il libro di Luciano
Trerè “In memoria dei Medicinesi Combattenti nella Guerra 1915 – 1918”. La
mostra è stata anche occasione per alcuni eventi collaterali di grande importanza,
come la proiezione del documentario “Un bel giorno oggi sarà il passato”, di
Claudio Spottl e Lorenzo Monti, che ha ripercorso la Seconda Guerra Mondiale
attraverso i ricordi e le emozioni di chi l’ha vissuta in prima persona.
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Grafica e impaginazione
ARMANDO E SIMONA PINCHIORRI
pinchiorri@gmail.com

Foto di copertina tratta da “Medicina una Terra 2007\08”

Stampato nel mese di novembre 2015


presso la GRAFICA RAGNO
Via Lombardia 25, 40024 Tolara di Sotto, Ozzano Emilia (Bologna)

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