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I Longobardi del Sud

catalogo a cura di
Adele Coscarella
Repubblica Italiana Regione Calabria Unione Europea

I Longobardi del Sud Progettazione Eventi Culturali Teche e vetrine Museo Archeologico di Venosa
Dipartimento 11 Pietranera Vetrine (Gruppo nord est Vetrine) Museo Archeologico Nazionale dell’Abruzzo, Chieti
Istruzione, Cultura, Alta Formazione, Università, Inno- Zupo arreda Museo Archeologico Nazionale di Paestum
Museo del Presente, Rende vazione tecnologica Museo dell’Abruzzo bizantino ed altomedievale di Crec-
23 maggio – 14 luglio 2008 Responsabile della sicurezza
chio, Chieti
Settore 39 Massimo De Luca
PROGETTO COFINANZIATO DALL’UNIONE Museo Nazionale del Castello Piccolomini di Celano,
Cultura, Promozione Culturale, Eventi culturali
EUROPEA Servizi di vigilanza L’Aquila
COMUNE DI RENDE Servizio 119 Istituti Riuniti di Vigilanza s.r.l. Museo Provinciale del Sannio, Benevento
Biblioteche, Archivi, Musei, Teatri, Eventi Culturali Giorgio Otranto
PROMOSSA DA Paolo Peduto
Comunità Europea Con il patrocinio di
Consulenti Fabio Redi
PROGRAMMA OPERATIVO REGIONALE 2000-2006 Tonino Sicoli Giuseppe Roma
ASSE II RISORSE CULTURALI Marcello Rotili
MISURA 2.2 SERVIZI PUBBLICI PER LA VALORIZZAZIONE Direzione artistica Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise
DEL PATRIMONIO CULTURALE Massimo Di Stefano Direzione Generale per i Beni Culturali e
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata
FONDO EUROPEO DI SVILUPPO REGIONALE Luigi Magli Paesaggistici della Calabria
Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria
Regione Calabria - Assessorato alla Cultura Ufficio Stampa Soprintendenza per i Beni Archeologici di Caserta-Be-
PROGETTO PER LA PROMOZIONE E DIFFUSIONE Cinzia Gardi nevento-Capua
Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo
DI EVENTI CULTURALI IN CALABRIA Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli
Coordinamento delle attività di comunicazione
PROGRAMMA VISIONI SIMULTANEE Soprintendenza per i Beni Architettonici, Artistici, Pae-
Francesca Sallusto
saggistici di Potenza
Università degli Studi della Calabria Fondazione Zetema, Matera
Progetto “Visioni simultanee” Facoltà di lettere e Filosofia -
Mostra a cura di
Università degli Studi della Calabria Si ringraziano per la gentile collaborazione e l’aiuto fornito
Giuseppe Roma
Comando Carabinieri tutela Patrimonio Culturale - Nu-
Coordinamento direttivo Con i contributo di cleo di Cosenza
In collaborazione con Giuseppe Roma, Adele Coscarella Ministero per i Beni e le Attività Culturali Comune di Capua - Assessorato alla Pubblica Istruzione
Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici e Cultura
Coordinamento organizzativo della Calabria Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici
Università della Calabria, Adele Coscarella, Università degli Studi della Calabria Facoltà di Lettere e Filosofia - di Salerno
Cattedra di Archeologia Cristiana e Medievale Direzione tecnica Università degli Studi della Calabria Museo Archeologico di Taranto
Sabatino Laurenza, Università degli Studi della Calabria Con il sostegno di Scintille Gioielleria
Antiquarium di Loreto Aprutino Cooperativa Rende 2000
Progetto e coordinamento tecnico dell’allestimento
Biblioteca Statale del Monumento Nazionale dell’Abba- Maria Grazia Aisa
Cristiana Coscarella, Università degli Studi della Cala-
zia benedettina della SS. Trinità di Cava dei Tirreni Maurizio Anastasi
COMUNE DI RENDE bria
Direzione Generale per i Beni Culturali Pietro Arpaia
Umberto Bernaudo, sindaco Segreteria organizzativa e Paesaggistici dell’Abruzzo Giampaolo Calabrese
Assessorato alla Cultura Domenico De Presbiteris, Franca C. Papparella, L. Fer- Museo Archeologico di Venosa Adele Campanelli
Adelina Fabiano, Assessore alla Cultura nanda Ruffo Museo Archeologico Nazionale dell’Abruzzo, Chieti Rosanna Ciriello
Museo Archeologico Nazionale di Paestum Domenico De Presbiteris
Dirigente Comitato scientifico
Museo dell’Abruzzo bizantino Paola di Tommaso
Valdo Vercillo, Dirigente settore II Gioia Bertelli, Università degli Studi di Bari
ed altomedievale di Crecchio, Chieti Maria Fariello
Carlo Carletti, Università degli Studi di Bari
Coordinamento Tecnico Museo nazionale del Castello Piccolomini di Celano, Rosa Fiorillo
Giorgio Otranto, Università degli Studi di Bari
Francesco Stellato L’Aquila Alfonso Forgione
Paolo Peduto, Università degli Studi di Salerno
Museo Provinciale del Sannio, Benevento Antonio Garzia
Coordinamento organizzativo Fabio Redi, Università degli Studi dell’Aquila
Museo Campano, Capua Ida Pennarelli
Roberta Vercillo (Museo del Presente) Giuseppe Roma, Università degli Studi della Calabria
Provincia di Benevento - Dirigente settore Cultura Chiara Lambert
Marcello Rotili, Seconda Università degli Studi di Napoli
Segreteria amministrativa Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo Ilaria Lazzarotti
Patrizia Molinaro Con la collaborazione di Soprintendenza per i Beni Archeologici della Basilicata Giorgio Leone
Ermanno A. Arslan, Accademia dei Lincei Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria Antonio Lio
Valeria Ceglia, Soprintendenza per i Beni archeologici del Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli-Ca- Vincenzo Lopresti
Molise serta Silvana Luppino
PROMOSSO DA Paolo Coen, Università degli Studi della Calabria Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise Antonina B. Nucera
Regione Calabria, Assessorato alla Cultura Enrico Giannichedda, Università degli Studi di Siena Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli Franca C. Papparella
Ciro Robotti, Università degli Studi di Napoli Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno-Avel- Ernesto Principe
IN COLLABORAZIONE CON Andrea Staffa, Soprintendenza per i Beni archeologici lino-Benevento Saverio Regesto
Direzione generale per i Beni e le Attività Culturali del- dell’Abruzzo Soprintendenza per i Beni Architettonici, Artistici, Giovanni Riccardi
la Calabria Paesaggistici di Potenza Lucia Fernanda Ruffo
Immagine e comunicazione
Comune di Catanzaro Fondazione Zetema, Matera Silvia Serano
Bruno La Vergata
Comune di Cosenza Floriana Stati
Progettazione e realizzazione Logo Referenze fotografiche Maria Toscano
Comune di Lamezia Terme Antiquarium di Loreto Aprutino
Comune di Palmi Gigi Altomare Antonio Troisi
Archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Archeo- Marco Trotta
Comune di Reggio Calabria Elaborazioni grafiche e web design logici dell’Abruzzo, Chieti
Comune di Rende Paolo Urso
Nemi graphics s.r.l. Gioia Bertelli
Comune di Vibo Valentia Maria Voza
Sistemi multimediali e videoproiezione Biblioteca Statale del Monumento Nazionale dell’Abba- Antonio Zappani
Presidente della Giunta regionale Video Rental s.r.l. zia Benedettina
On. Agazio Loiero della SS. Trinità di Cava dei Tirreni
Realizzazione e video editing Carlo Carletti
Laura Mancuso, Dirigente Generale Marcello Malaguti con Areavisiva 5 Casa Editrice l’Orbicolare, Milano
Pasquale Santelli, Dirigente di settore Comune di Capua - Assessorato alla Pubblica istruzione
Giacinto Gaetano, Dirigente di servizio Musiche
Riccardo Prencipe e Cultura
Responsabile del procedimento, della struttura Operativa e lo- Direzione Generale per i Beni Culturali e Paesaggistici
gistica degli Eventi Culturali Allestimento dell’Abruzzo
Giacinto Gaetano Delta s.r.l. Fondazione Zetema, Matera
collaboratore S.O.G. Assicurazione e trasporti Francesco Valletta - Leonardo Vitola, Soprintendenza
Sante Foresta Axa art insurance - Montenovi s.r.l. per i Beni Archeologici di Salerno-Avellino-Benevento
Grenzi Editore
La crescita culturale della società calabrese è stata fin da subito un vero e proprio obiet-
tivo primario di questa giunta regionale perché siamo convinti che soltanto un adeguato
progresso socio-culturale può garantire un avanzamento economico e sociale di tutto il
contesto regionale. E in questa direzione ci siamo mossi, anche attraverso il contributo
dell'on. Sandro Principe che, quando è stato assessore alla Cultura, ha sposato tante
meritevoli iniziative legate alla riscoperta del nostro territorio e alla sua valorizzazione.
Tra queste iniziative trova giusta collocazione “I Longobardi del Sud”, una mostra che
ha il pregio di svelarci parte della nostra lunga storia e di condurci per mano alla cono-
scenza di siti fortificati, luoghi di culto, monumenti di cui talvolta ignoriamo l'esistenza.
Tutto ciò si apprende non dalle fonti scritte, che sono ahimè rarissime, bensì dagli studi
condotti negli ultimi anni dal prof. Giuseppe Roma, studioso apprezzato anche al di là
dei confini nazionali, e dalla sua équipe che operano all'interno della Cattedra di Ar-
cheologia cristiana e medievale dell'Università della Calabria, un luogo in cui si pratica
con abnegazione la ricerca, così preziosa per la conoscenza delle nostre origini.
Questa mostra sui I Longobardi del Sud, va anche oltre sfatando il mito di un Mezzo-
giorno dell'Italia diverso dal Nord. Ecco perché essa è importante ed ecco perché espri-
mo il mio apprezzamento: solo recuperando la memoria, riacquisiremo la nostra iden-
tità. Solo così potremo vivere un nuovo protagonismo.
Saluto dunque questa iniziativa che costituisce un volano di sviluppo culturale, ricrean-
do un legame solido con le nostre antiche radici.

On. Agazio Loiero


Presidente della Regione Calabria

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Ho scoperto la vicenda dei Longobardi nel Sud qualche anno fa, quando sono arrivato
a Salerno come Soprintendente. Le strade del centro storico, in gran parte intitolate a
personaggi dai nomi germanici, i resti del palazzo del principe Arechi sollecitarono da
subito la mia curiosità per un pezzo di storia solitamente trascurato, e che io in partico-
lare ignoravo del tutto.
Mi venne incontro, nello sforzo di colmare questo vuoto, il bel libro di Paolo Delogu sulla
storia di Salerno in quel periodo, così vivido di testimonianze contemporanee da far sen-
tire il lettore quasi presente allo svolgersi degli avvenimenti.
Allo stesso tempo percepii che la vicenda era ancora sentita come un fattore importante
dell’identità cittadina e del suo territorio, e che esisteva una tale ricchezza di testimo-
nianze materiali di quel periodo da permettere la valorizzazione di un sistema di monu-
menti e di siti, nel nome appunto dei Longobardi del Sud.
Questo fu il titolo di una piccola mostra documentaria che la Soprintendenza organizzò
allo scopo di illustrare le testimonianze architettoniche e artistiche di quella straordinaria
vicenda storica, eccezionale per la sua lunga durata e per l’impronta forte che tuttora
resta non solo nella città di Salerno, ma in tutto il territorio dei ducati longobardi.
Per questo, nel mio nuovo ruolo di Direttore dei Beni Culturali calabresi, ho voluto
sostenere il progetto di Giuseppe Roma di dedicare finalmente una grande mostra ai
Longobardi nel mezzogiorno d’Italia, capace di documentare, al pari delle iniziative già
promosse nel Nord, il peso avuto da questa civiltà nella storia del Medioevo italiano.
Perché, d’accordo con Roma, ritengo anch’io che nel caso dei Longobardi di civiltà si
debba parlare, e particolarmente nel Sud, dove questi popoli hanno saputo radicarsi per
tanti secoli, lasciando forte la loro impronta.

Francesco Prosperetti
Direzione Generale
per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria

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Presentare una mostra su I Longobardi del Sud, in un Museo del Sud, riveste una valen-
za non solo scientifica, per la ricostruzione che si fa di un periodo storico, ma assume
un’importanza politica, in quanto ci permette di cogliere quel carattere unitario della nostra
identità nazionale, che si è venuta formando, a Nord come a Sud, attraverso l’incontro di
varie civiltà.
La presenza longobarda ha segnato la storia della nostra penisola per più secoli, eserci-
tando una forte influenza su un territorio che, da Pavia e Milano, si estendeva fino a
Spoleto e Benevento, comprendendo anche la Calabria settentrionale.
La cultura longobarda ha lasciato un’eredità molteplice, per l’influenza sulla nostra lin-
gua, nei toponimi e in alcuni usi e costumi, non ultimo il contributo delle leges lango-
bardorum nella nostra cultura giuridica.
La mostra, che il Comune di Rende, insieme all’Assessorato alla Cultura della Regione
Calabria, ha promosso nell’ambito del programma “Visioni Simultanee”, vuole offrire
l’opportunità di conoscere gli aspetti salienti del periodo longobardo, quali la società, la
cultura materiale e gli insediamenti. La ricostruzione della vita quotidiana, con i centri
di potere, i luoghi di culto, le fortificazioni, il sistema viario, le necropoli, consente di pre-
sentare una sintesi di quel momento storico, con finalità che sono certamente scientifi-
che ma anche divulgative e didattiche.
La collaborazione con la cattedra di Archeologia cristiana e medievale dell’Università della
Calabria, diretta dal professor Giuseppe Roma, ha permesso di realizzare un progetto di
ricerca ed un evento culturale, che getta nuova luce su un fenomeno storico poco cono-
sciuto, ma che ha costituito un momento importante nella formazione del Mezzogiorno.
La riscoperta di una matrice comune della civiltà meridionale con quella dell’Italia set-
tentrionale, rafforza il senso di appartenenza ad un’unica nazione, nel segno di una sto-
ria che unisce.
Riappropriarsi di questa memoria collettiva aiuta a prendere nuova consapevolezza della
nostra identità meridionale, ma anche a sentire più forte l’orgoglio di essere italiani.

On. Sandro Principe


Consigliere regionale - Calabria

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La mostra “I Longobardi del Sud”, promossa dall’Assessorato alla Cultura della Regio-
ne Calabria e dal Comune di Rende che l’ha gestita e curata scientificamente dal prof.
Giuseppe Roma dell’Università della Calabria, ha come sede espositiva il Museo del Pre-
sente di Rende, che negli ultimi tempi si è venuto sempre più qualificando come conte-
nitore culturale e luogo di confronto ideale non solo per l’area urbana di Rende-Cosen-
za, ma per tutto il territorio regionale.
Una mostra non è solo occasione in cui si incontrano epoche, mondi e culture diverse,
ma è anche uno strumento efficacissimo per conoscere i contesti storici e crescere cultu-
ralmente.
Se poi la mostra affronta fasi della Storia delle regioni meridionali, finora poco note o
completamente ignorate, allora è due volte feconda, “I Longobardi del Sud”, infatti, non
illustra soltanto un periodo della nostra Storia, ma è utile ai fini di un recupero della me-
moria e dell’identità di intere aree regionali.
La sfida posta dalla globalizzazione si gioca oggi anche sul recupero di identità e sulla cre-
scita culturale delle nostre comunità.
Una iniziativa di alto profilo culturale come quelle sui Longobardi, che vede coinvolte nel
comitato scientifico tutte le Università dei territori meridionali, non può non trovare nel
Comune di Rende la massima attenzione e il sostegno più convinto.

Avv. Umberto Bernaudo


Sindaco di Rende

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Prefazione
Giuseppe Roma

Quarant’anni dopo la prima mostra sui Longobardi, allestita a Milano nel 1978, seguita da
altri tre appuntamenti espositivi, sullo stesso tema, a Cividale e a Villa Marin di Passariano
nel Friuli nel 1990, a Brescia nel 2000 e, infine, a Torino nel 2007, riproporne un’altra
potrebbe sembrare eccessivo. É il caso però di sottolineare come le quattro mostre appena
citate, sia pure con impostazioni espositive e tagli scientifici diversi, hanno tutte preso in
considerazione soltanto le testimonianze attestate sui territori dell’Italia settentrionale, tra-
scurando la Storia di età longobarda dei territori meridionali sui quali, negli anni imme-
diatamente successivi all’ingresso dei Longobardi in Italia nel 568, si era costituito un
ducato con capitale Benevento. Da questa città, dopo la caduta di Pavia del 774, veniva
raccolta l’eredità politica del regno longobardo in Italia e Arechi mutava il titolo ducale
beneventano da vir gloriosissimus in vir excellentissimus, titolo riservato ai re longobardi,
adottando anche formulari e metodi della cancelleria pavese. Intraprese, inoltre, un ambi-
zioso programma edilizio facendo erigere la chiesa di S. Sofia e un palatium, trasformando,
così, la modesta Benevento nella Ticinum geminum, la seconda Pavia, come amava sottoli-
neare lo storico Erchemberto nel Proemio della sua opera.
Negli ultimi decenni, a causa della limitatissima documentazione scritta, è stata la docu-
mentazione archeologica a trasformare profondamente la lettura della Storia dei territori
meridionali nel periodo altomedievale e la mostra allestita nel Museo del Presente a Rende
si prefigge come compito la ricostruzione del contesto storico e la trasformazione sociale
delle istituzioni, dell’economia e della cultura dei territori longobardizzati.
Il termine Longobardi reca in sé una connotazione di ambiguità.
Se la storiografia più recente, infatti, ha superato i rigidi modelli interpretativi del XIX
secolo nel dibattito sul Medioevo, nell’opinione corrente, anche colta, vige ancora immu-
tata la dicotomia fra “romano” e “barbaro”, per cui le identità etniche sono percepite in
una dimensione cristallizzata e immutabile, anziché come un processo dinamico, in inces-
sante formazione. In quest’ottica i Greci, i Romani, i Bizantini, i Goti, i Longobardi, gli
Arabi e tutte le altre etnie sono non capitoli di occupazione straniera, ma fasi della Storia
d’Italia che hanno generato la complessità della cultura sociale odierna.
Vi è da aggiungere che anche la ricerca antropologica ha contribuito a cancellare il con-
cetto di razza, funzionale al periodo della genesi dei nazionalismi e degli “Stati nazione” di
cui lingua, razza, costumi e religione, ne definivano l’essenza e l’appartenenza. È anche vero
che Paul Geary fa risalire ai Romani l’invenzione dei “Germani”, che egli ritiene la più
grande e duratura creazione del loro genio politico, ma, ripeto, è l’Ottocento a radicare
nella cultura europea gli schemi interpretativi rigidi che hanno condotto agli stermini del
secondo conflitto mondiale e alle stragi etniche recenti.
Così, se si guardano i secoli trascorsi attraverso lo specchio della contemporaneità, il
rischio rilevante che si corre è quello di “creare un nuovo passato per il presente”. Ha ragio-
ne Settia quando dice, che più che di “longobardi”, è il caso di parlare di “età longobarda”,

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in quanto fin dal loro arrivo in Italia i Longobardi sono un popolo multietnico composto
da Sassoni, Gepidi, Bulgari, Sarmati, con un’identità fluida che ben presto viene influen-
zata dalla civiltà tardoromana. Ancora nel IX secolo, nel Ducato di Benevento, i Bulgari
conservano una doppia identità: si definivano longobardi, perché erano sui territori del
Ducato e militavano per il duca, ma conservavano proprie tradizioni e usavano l’idioma
bulgaro, così come tante volte è accaduto e accadrà nella storia dei territori. Basti, come
esempio, la migrazione degli albanesi in Calabria alla fine del XV secolo, i quali, anco-
ra oggi, parlano la loro lingua, anche se infarcita di neologismi locali, e conservano le
loro tradizioni, ma come Italiani hanno combattuto le guerre risorgimentali e quelle suc-
cessive. Nell’Altomedioevo, come dice il Werner, si definirono Longobardi gli abitanti
del Regno (nel nostro caso del Ducato) e Romani quelli dei territori dell’Italia bizantina,
ma in ogni caso la denominazione più che definire la stirpe indica la sua evoluzione o
come sostiene Marc Bloch nell’Apologie de l’histoire, gli uomini somigliano più al loro
tempo che ai loro padri.
È evidente che “la civiltà romana” costituì un ambito “modello” di riferimento per i grup-
pi al di fuori dei confini dell’Impero e la stessa conversione al cattolicesimo dei Longobardi
è una prova e un implicito riconoscimento della supremazia civile e morale delle popola-
zioni tardoromane assoggettate. Vi è traccia di questo anche nelle attestazioni materiali.
Già dal VII secolo i Longobardi latinizzano anche i nomi come documentano, per esem-
pio, alcune fibulae con la scritta + Lupu +. Lupus, infatti, è nome latinizzato ed è già comu-
ne presso i Longobardi del VII secolo.
Al Museo del Presente la mostra si articolerà in cinque sezioni, che svilupperanno, con l’e-
sposizione di reperti e con la ricostruzione virtuale dei contesti archeologici, la vicenda sto-
rica dei territori del ducato longobardo di Benevento.
Mi preme però precisare, prima di terminare, che nella prima sarà illustrato il percorso della
migrazione dalla Pannonia in Italia nella sua forma “classica”. Si è preferito seguire, infat-
ti, il racconto di Paolo Diacono e non porre la questione in maniera problematica (i
Longobardi già presenti nella regione in qualità di federati? Provenivano dalla Scandinavia
o da altre regioni?), in quanto una mostra, aperta al grande pubblico, ha, oltre al compito
ovvio di illustrare in maniera chiara e comprensibile il tema, anche il dovere di interpre-
tare correttamente le fonti, siano esse storiche o archeologiche. Ora è evidente che nessu-
no sarà in grado di localizzare su una carta il percorso o i luoghi indicati da Paolo Diacono,
ma è pur vero, come è stato sostenuto, che “il mito delle origini” doveva costituire e non
solo per i Longobardi, un fortissimo richiamo identitario se già nel VII secolo l’Origo gen-
tis Langobardorum e Paolo Diacono nell’VIII lo fanno proprio. “Il mito delle origini” viene
a rappresentare il collante unitario che fa di tante etnie e tribù un popolo, per cui entra
nella cultura e nei comportamenti di una società e viene percepito come Storia condivisa.
Di certo questa mostra darà il suo apporto per togliere, in parte, la polvere dell’oblio che si
era depositata su questo versante della memoria storica dei nostri territori e, in un periodo
di grandi cambiamenti sociali come quello che viviamo, porterà forse con sé un messaggio
relativamente rassicurante contribuendo a far inquadrare, a ognuno, gli avvenimenti, tutti
gli avvenimenti, nell’incessante dinamica della Storia.

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Introduzione
Adele Coscarella

La mostra intende analizzare una tematica che ben si inserisce nel dibattito sto-
riografico sui primi secoli del Medioevo in Italia, in particolare su quell’età che
vide la formazione di un nuovo impero nel cuore d’Europa e durante la quale la
presenza dei “barbari” contribuì al rinnovamento della società antica.
Negli ultimi decenni gli studi sull’età longobarda sono stati incrementati da una
più incisiva lettura delle testimonianze scritte e materiali, avviando un filone di
ricerca tendente ad approfondire aspetti e problemi legati al territorio in un
momento cruciale della storia europea. La società longobarda, con i suoi usi e
costumi, si andò pian piano definendo e caratterizzando, fino a diventare prota-
gonista della storia della penisola italiana.
L’elaborazione di un progetto espositivo, riguardante più nello specifico la presen-
za dei Longobardi nel Mezzogiorno d’Italia, ha il compito di conseguire un preci-
so fine scientifico, fornendo il bilancio delle ricerche finora effettuate attraverso
l’analisi dei processi di stanziamento e acculturazione, e uno divulgativo dello
stato delle conoscenze raggiunte con l’ausilio dell’archeologia: per conseguire il
duplice obiettivo è stato adottato un metodo espositivo innovativo multimediale,
tendente ad evidenziare i diversi approcci anche per i non addetti ai lavori. Il
gioco fra l’alternanza di immagini statiche e ricostruzioni dinamiche, il colloquio
continuo fra icona, ricostruzione virtuale e filmato, il passaggio predisposto tra la
narrazione storica e i moderni metodi di rappresentazione, danno luogo ad un’al-
ternanza piacevole di tradizione e innovazione, accompagnando il visitatore alla
progressiva scoperta della storia, della cultura e della vita quotidiana del popolo
longobardo, ancora per certi versi misterioso e, per questo, affascinante. La sede
espositiva, il Museo del Presente, ben si adatta ad una lettura e interpretazione
dell’antico con una visione moderna che utilizza le nuove tecnologie: in fondo, la
presentazione delle metodologie impiegate oggi dagli archeologi nella raccolta ed
elaborazione dei dati desunti dal contesto territoriale andava offerta al pubblico
secondo modalità proprie dell’era attuale.
Il metodo adottato per l’allestimento tende ad organizzare in una resa fluida ed
efficace quella difficile connessione fra oggetto e contesto di appartenenza, spes-
so evanescente, fra immagine e contenuto intrinseco, con criteri innovativi che
consentano una interpretazione critica, nonostante l’attenzione prestata alla sem-
plificazione dei testi da recepire, e permettano la conoscenza delle diverse proble-
matiche connesse allo studio della civiltà longobarda, in modo da soddisfare la
curiosità del pubblico.

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La trattazione del tema I Longobardi del Sud è articolata in cinque sezioni (La
migrazione e la conquista, Attraverso lo scavo, Centri del potere e siti fortificati, Edifici
di culto, Necropoli), suddivise nelle diverse sale, ma legate tra loro da accorgimen-
ti narrativi che tendono a ristabilire il filo conduttore anche nel passaggio degli
ambienti: l’elemento comune è costituito dal territorio, palcoscenico primario
della storia, con i suoi diversificati elementi, spesso opera dell’uomo.
Nella prima sala (La migrazione e la conquista) si tende ad evidenziare la migra-
zione dei Longobardi, dalla Scandinavia attraverso la Pannonia, per giungere in
Italia: la particolare grafica consente di percorrere, con animazioni e virtuosi-
smi, l’itinerario compiuto dal luogo d’origine fino in Calabria, accompagnati da
una voce narrante che tende a richiamare alla memoria i fatti desumibili dalle
fonti scritte: le origini dell’antico popolo dei Winnili, le tappe principali della
loro affermazione, l’arrivo in Pannonia, la trasformazione del nome in
Langobardi, quindi la discesa in Italia. La raffigurazione dei principali personag-
gi che hanno caratterizzato la storia di questo popolo, Arechi, Rotari, lo stesso
Paolo diacono…, accompagnati da immagini desumibili dai codici più impor-
tanti, fra le fonti scritte a disposizione, e da brani scelti (Origo gentis
Langobardorum, Historia Langobardorum, Dialoghi, Vita Barbati episcopi beneventa-
ni, Erchemberto), consente di coinvolgere in pieno il visitatore per introdurlo
con una giusta atmosfera nel percorso di quei secoli caratterizzati dalla presenza
longobarda nel Mezzogiorno.
Nella seconda sala (Attraverso lo scavo) si affronta un momento di conoscenza del
cammino che quotidianamente l’archeologo compie nel condurre studi appro-
priati a tavolino, sul campo, in laboratorio, per giungere all’edizione scientifica di
quanto analizzato. Realizzate ormai secondo un comune metodo d’indagine, le
ricerche archeologiche investono campi eterogenei tanto da indurre, ai fini espo-
sitivi, alla presentazione di una campionatura relativa alle operazioni più usuali:
survey, scavo, rilievo, schedatura, catalogazione, riprese fotografiche da elicottero,
col pallone e strumentazione satellitare, ricostruzioni tridimensionali, interventi
di restauro, tecniche ausiliarie, etc. Ma, per quanto la trattazione dell’argomento
sembri non interessare direttamente la tematica in oggetto, se non come cronaca
delle giornate di lavoro dell’archeologo, in questa sala si presenta lo sviluppo di
una specifica branca di studio: l’archeologia della produzione. L’analisi dei cicli
produttivi costituisce, infatti, un campo di indagine in cui le scienze ausiliarie
fiancheggiano la lettura macroscopica del manufatto, portando alla definizione di
problematiche legate alle modalità di esecuzione degli oggetti, al luogo di produ-
zione e al loro commercio. Inoltre, per ritornare in tema, si è scelto di analizzare
in dettaglio il ciclo produttivo del metallo, con le sue particolari e tipiche tecni-
che di lavorazione: appaiono così alcuni dei materiali più caratterizzanti e discus-
si tra i reperti testimoni della cultura longobarda.
Un punto di passaggio fra gli antefatti storiografici e le realtà archeologiche, che
seguiranno nelle altre sale, offre spunti di conoscenza su La Fortuna storica dei

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Longobardi nel campo della letteratura e dell’arte in età moderna e contempora-
nea, dimostrando la validità nel tempo della magica considerazione avuta verso
quei “barbari” le cui saghe ci raccontano, ancora oggi, le origini, le migrazioni, le
guerre affrontate, le vicende delle fare (nuclei familiari), i fatti dei gruppi egemo-
ni, i rituali funerari, per giungere alla graduale contaminazione degli orizzonti cul-
turali e sociali, longobardo e romano.
La terza sala (Centri del potere e siti fortificati) affronta più direttamente le argo-
mentazioni legate allo stanziamento dei Longobardi nelle sedi del Mezzogiorno,
nella forma del potere regio signorile (palazzo ducale) e in quella del sistema
militare difensivo e di controllo del territorio (cinte fortificate), quindi le forme
di popolamento (piccoli villaggi con abitazioni in legno). L’approccio iniziale è
dato dalla visione globale del territorio in oggetto su cui è stata tracciata la
distribuzione degli insediamenti principali lungo le arterie viarie utilizzate in
quell’epoca; alla concreta esistenza di realtà abitative viene collegata anche la
distribuzione dei toponimi di derivazione longobarda, che tende ad estendere la
superficie di interesse. La presentazione dei casi più significativi di monumenti
di fondazione longobarda, simbolo del potere, è affiancata dalla ricostruzione
ipotetica di scene di vita urbana, in cui il personaggio imperiale o la figura fem-
minile appaiono, in questo contesto, sfoggiando la tipicità dei loro costumi.
Segue l’analisi del sistema di difesa militare adottato nelle terre conquistate,
spesso ai confini con i possedimenti bizantini; qui la figura del cavaliere o del
guerriero, abbigliati secondo il tipico costume e con pregevoli accessori, troverà
nella stessa sala confronto e raffronto tangibile nell’esposizione di manufatti,
quali armi, oggetti legati all’abbigliamento, utensili collegati alle attività agri-
cole o rappresentativi di momenti ludici.
In modo lento e inconsapevole, la società longobarda comincia a risentire del
sostrato culturale locale, nonostante il tentativo di divisione dei nuclei abitativi,
longobardi e romani: consuetudini, usi e costumi, scelte iconografiche e tipologie
di manufatti, certamente filtrarono fra i due mondi apparentemente divisi, dando
luogo all’assimilazione degli orizzonti culturali.
Se allo scorcio del VI secolo si assisteva ad una coesistenza di cristianesimo e
paganesimo nella corte longobarda, con la fine del VII secolo il potere regio inve-
ste nella costruzione di cenobi (San Vincenzo al Volturno, Farfa) e di edifici di
culto (Santa Sofia) per meglio manifestare il fervore religioso acquisito e l’accet-
tazione del cattolicesimo. E’ la venerazione per l’Arcangelo Michele, diffusasi ini-
zialmente al Sud, introdotta poi nel Nord dell’Italia da Grimoaldo quando salì al
trono nel 661/2, a prevalere su altri culti nel territorio meridionale. Sono, dun-
que, le testimonianze materiali sul culto micaelico ad introdurre il visitatore alla
nuova sezione: questa, unitamente all’archeologia funeraria, svolge il ruolo di
inquadrare il mondo religioso dei Longobardi, prima pagani, poi ariani, quindi cri-
stiani. La preesistenza di tale devozione all’arrivo dei Longobardi e l’attaccamen-
to all’antico mito pagano del dio Odino-Wotan agevolarono l’adozione del culto

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dell’arcangelo guerriero, contribuendo alla valorizzazione del complesso rupestre
garganico, meta da sempre di pellegrinaggi.
Questo centro religioso domina, con la sua storia e il suo articolato impianto, il
passaggio alla sezione dedicata agli Edifici di culto. La raffigurazione della statuetta
di rame dorato dell’Arcangelo Michele, dalle ali spiegate, simboleggia l’acquisita
religiosità, quindi il compimento del processo di trasformazione sociale e cultura-
le, nonché il definitivo stanziamento del grande popolo migratore. Al simbolo per
eccellenza della nuova devozione cristiana si affianca la visione delle testimo-
nianze, documentate su alcune aree del Mezzogiorno, dei toponimi collegati al
culto dell’Arcangelo, indicativi di una distribuzione territoriale ampia del culto
micaelico e spesso riferibili a unità rupestri. Alla rappresentazione della grotta del
Gargano fanno da corollario alcune fra le architetture religiose più rappresentati-
ve dell’ambiente centro-meridionale di età longobarda. I sovrani e i duchi longo-
bardi sono i committenti di vari edifici religiosi, come stabilito dall’Editto di
Rotari, e si avvalgono degli artigiani del posto e delle più esperte maestranze edili,
dando luogo a strutture monumentali generalmente a pianta centrale.
Il viaggio nella storia dei Longobardi si conclude, come il viaggio della vita, nel-
l’ultima sala, con la trattazione dei luoghi di deposizione dei defunti: le necropoli.
L’ormai consueta carta di distribuzione tematica, introduttiva alla sezione, evi-
denzia per contesti regionali la ripartizione territoriale dei siti funerari di età lon-
gobarda.
Considerata la difficoltà di esprimere il complesso problema legato alle trasfor-
mazioni culturali subite in Italia, la mostra non può essere intesa come semplice
presentazione di testimonianze materiali più o meno d’effetto, bensì essa richiama
alla memoria le successive tappe storiche della discesa e affermazione dei
Longobardi, dalla originaria tribù guerriera alla formazione di una società curten-
se in un ambiente già pregno di forti suggestioni. La stirpe longobarda gradual-
mente si adatta al nuovo ambiente, che possedeva già proprie peculiarità, giun-
gendo ad apprezzare la cultura scritta, come mezzo per tramandare la propria
memoria, gestire il potere, regolamentare i contratti, celebrare i committenti di
opere monumentali.
Le tradizioni pagane e la cultura longobarda, peculiare della bassa Sassonia, ven-
gono inizialmente adattate nelle alte sfere alle nuove usanze con contaminazioni
fra la simbologia cristiana e il tipico stile pannonico, ornamentale zoomorfo
nastriforme, conseguenza dell’iniziale adozione del Cristianesimo come esigenza
squisitamente diplomatica. L’archeologia ha contribuito notevolmente all’analisi
delle tematiche offerte dalla documentazione funeraria, soprattutto in relazione
all’inquadramento delle cronologie e degli stili connessi ai singoli oggetti di cor-
redo; da qui l’affermazione della difficoltà di assegnare in maniera certa l’identità
etnica del defunto. Le credenze legate alla mitologia traspaiono non solo negli
oggetti caratterizzati dall’elemento decorativo zoomorfo, ma anche dalla antropo-
nimia longobarda: ricorrono, infatti, i nomi Ibor, il condottiero dei Winnili, e

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Freia, la divinità simbolo di fertilità; altri portano un nome che significa cinghia-
le e spesso sono presenti collegamenti a vari altri animali. Il complesso insieme di
credenze e rituali pagani, sempre vitali, in quella struttura tribale pregnante di
mitologia, ci viene trasmesso dalle poche fonti a disposizione (Gregorio Magno,
Paolo Diacono, Vita Barbati), mentre l’archeologia funeraria dai depositi italiani
fornisce le testimonianze, quali amuleti e crocette, che rimandano alla sfera del
magico adattata alla nuova suggestione.
L’esempio, esposto in mostra, di una delle 167 tombe rinvenute nella necropoli di
Vicenne (Campochiaro, CB) diventa rappresentativo di un contesto pluricultu-
rale con presenze etniche diverse. I casi di seppellimento contestuale del cavalie-
re con il suo cavallo, l’intero equipaggiamento di armi e di finimenti sono i testi-
moni dell’esistenza di un insediamento di tipo nomade, in cui la ritualità pagana
è legata a popoli di origine centroasiatica, con un maggiore riferimento agli Avari,
come è suggerito dalla presenza nella tomba delle staffe. Tali affermazioni emer-
gono dallo studio dei manufatti rinvenuti, quali le monete, ma anche dalle ricer-
che di antropologia e bioarcheologia: così, se la presenza esclusiva dell’anello sigil-
lare nella tomba 33, dall’eccezionale corredo, è indizio di un alto ruolo sociale del
defunto, l’analisi delle lesioni degenerative articolari sui campioni scheletrici di
sesso maschile consente di interpretare le attività svolte in vita (arciere, cavalie-
re, guerriero, etc.) evidenziando quelle lesioni che possono essere conseguenza di
azioni belliche e di scontri violenti e letali, così come nei campioni ossei femmi-
nili è possibile leggere i segni di un’attività lavorativa domestica.
Altresì, i casi di necropoli presentati ad illustrare la sezione tendono a richiama-
re alla memoria l’usanza funeraria longobarda, di origine avara e di tipo militare,
delle perticae, secondo cui in ambito cimiteriale si usavano innalzare aste sormon-
tate dalla figura di una colomba lignea a ricordo del guerriero longobardo caduto
in battaglia: in Calabria e Basilicata tale costume trova attestazione, come già a
Pavia, in cui la fondazione della chiesa di Santa Maria ad Perticas ad opera della
regina Rodelinda lascia trasparire l’esigenza di stabilire un collegamento tra la
famiglia reale, di origine bavarese, ma indirizzata al cattolicesimo, e il vicino
sepolcreto pagano, luogo intriso di antiche tradizioni.
Mito e storia, conquiste e insediamento di un popolo di eroi, migratore e guerrie-
ro, condotto da re e duchi potenti, custode di antiche tradizioni, in bilico tra paga-
nesimo e cristianesimo, capace di sottoporsi e di sopravvivere a profondi muta-
menti sociali e culturali: questi sono gli elementi caratterizzanti la storia dei
Longobardi, che viene proposta al pubblico con la mostra I Longobardi del Sud.

13
Cronologia dei principali avvenimenti legati alla storia dei Longobardi

166-168 d.C. I Longobardi partecipano alle guerre tra 605 Trattato di pace tra Bizantini e Longobardi
Marcomanni e Roma 641-643 Rotari, re longobardo conquista la Liguria e l’Emilia
410 I Visigoti occupano Roma occidentale; Editto di Rotari
453-455 Morte di Attila e dissolvimento dell’impero Unno 662 Grimoaldo, duca di Benevento, diventa re dei
476 Odoacre spodesta l’ultimo imperatore romano Longobardi; Franchi e Avari in conflitto
d’Occidente in Italia 663 L’imperatore Costante II invade l’Italia meridionale; nel
488-489 I Longobardi occupano il territorio dei Rugi 668 viene assassinato in Sicilia
Gli Ostrogoti, con a capo Teodorico, invadono l’Italia 680 Trattato di pace tra Bizantini (Costantino IV) e
Longobardi
493-526 Teodorico alla testa del regno ostrogoto in Italia
698 Sinodo di Pavia: si sancisce l’adesione dei Longobardi
507-510 I Longobardi sconfiggono gli Eruli
all’ortodossia cattolico-romana
526-527 I Longobardi attraversano il Danubio e occupano
700-730 Fondazione di monasteri in territorio longobardo
parte della Pannonia
713-742 Re Liutprando conquista territori bizantini e ha la
535 Belisario, a capo dei Bizantini, invade l’Italia, dando
supremazia nel Mezzogiorno longobardo d’Italia
luogo alla Guerra Gotica
725 Papa Gregorio II da luogo alla frattura con Bisanzio
540 Belisario occupa Ravenna
746 Leggi di Ratchis
546 L’Imperatore Giustiniano cede ai Longobardi parte della
Pannonia e del Norico 750-755 Leggi di Astolfo che nel 751 occupa Ravenna; nel
548-567 Primi conflitti fra Longobardi e Gepidi 751 Pipino “il Breve”, deposto l’ultimo sovrano merovingio,
viene eletto re dei Franchi
553-554 Fine della guerra Gotica in Italia, Narsete governa-
tore imperiale 755-756 Invasione in Italia di Pipino III di Francia;
l’Esarcato viene ceduto dai Longobardi al papa Stefano II
560-563 Conquista delle ultime fortezze gote e franche
nell’Italia settentrionale 772 Desiderio marcia contro Roma
568-569 Migrazione longobarda in Italia sotto il re Alboino 773-774 Spinto da papa Adriano, Carlo Magno conquista
l’Italia longobarda
572 Pavia viene conquistata; Alboino, in seguito viene assas-
sinato 774 Arechi II di Benevento assume il titolo di Principe
574-584 Periodo di interregno ducale nell’Italia longobarda 778 Carlomagno assume il controllo di Benevento
590 Fallimento dell’assalto franco-bizantino contro i 800 Carlomagno è incoronato imperatore a Roma
Longobardi 849 Creazione del Principato di Salerno
590-604 Papato di Gregorio I (Gregorio Magno) 891-894 I Bizantini annettono Benevento
591-593 Conflitti nell’Italia centrale 897 Radelchi II riconquista il Principato
604 Trattato fra Longobardi e Franchi 1055 Occupazione normanna di Benevento

Re longobardi in Italia Duchi longobardi Principi longobardi

Alboino 560-572 Benevento Benevento


Clefi 572-574 Zottone 570-590 Arechi II 774-787
Autari 584-590 Arechi 590-640 Grimoaldo III 788-806
Agilulfo 590-616 Aione 640-641 Grimoaldo IV 806-817
Adaloaldo 616-626 Rodoaldo 641-646 Sicone 817-832
Arioaldo 626-636 Grimoaldo I 646-671 Sicardo 832-839
Rotari 636-652 Romualdo I 662-687 Radelchi I 839-852
Rodoaldo 652-653 Grimoaldo II 687-689 Radelgardo 851-853
Ariperto I 653-661 Gisulfo I 689-706 Adelchi 853-878
Pertarito 661/2-672/688 Romualdo I 706-731 Gaideri 878-881
Godeperto 661-662 Audelahis 731-732 Radelchi II 881-884
Grimoaldo 662-671 Gregorio 732-740 Aio 884-890
Garibaldo 671-672 Godescalco 740-742 Urso 890-891
Cuniperto 679-700 Gisulfo II 742-751 Radelchi II (rielezione) 897-900
Alachis 688-689 circa Liutprando 751-758 Atenolfo I 900-910
Raginperto 700-701 Arechi II 758-787 Landolfo I 910-943
Ariperto II 701-712 Landolfo II 943-961
Ansprando 712 Spoleto Pandolfo I 943-981
Liutprando 712-744 Faroaldo I 576-591
Ildeprando 735-744 Ariolfo 591-600 Salerno
Ratchis 744/749-756/7 Teudelapio 600-653 Siconulfo 839-849
Astolfo 749-756 Trasamondo I 663-700 Guaiferio 861-890
Desiderio 757-774 Faroaldo II 700 circa Guaimario I 880-901
Adelchi 759-774 Wachilapo 705 circa
Trasamondo II 710-740
Ilderico 739
Agiprando 744- ?

14
15
Sezione 1
La migrazione e la discesa

In mancanza di fonti storiche, risulta difficile descrivere con precisione le ori-


gini dei Longobardi.
Il racconto di Paolo Diacono (Historia Langobardorum - fine VIII secolo) ci con-
sente, unitamente ad alcune fonti romane (Velleio Patercolo, Strabone, Tacito),
di fornire alcune indicazioni circa le origini di questo popolo avvolte nel mistero.
Inoltre, la narrazione delle leggende ad essi legate ci aiuta a conoscere il loro an-
tico nome. Un tempo chiamati Winnili, usciti dalla Scandinavia sotto la guida di
Ibor, giunsero nella regione detta Scoringa: erano pochissimi di numero e nel fiore
della giovinezza. Intenzionati a passare in Mauriga e bloccati dagli Assipitti, con
uno stratagemma iniziale e la lotta fra soli due rappresentanti delle parti, riusciro-
no ad acquisire il diritto di transito.
Ancora vaghe sono le notizie sull’avanzata dei Longobardi dalla Bassa Sassonia
verso il Danubio. Dalla Mauringa si spinsero poi in Golanda, sempre in area balti-
ca, dove si scontrarono con i Bulgari. È questo il periodo dell’elezione del primo
re longobardo, Agelmundo (380-410 (?)).
Se i tentativi di analizzare le testimonianze materiali delle necropoli attestate fra
il Reno e l’Elba hanno fatto desumere la possibile loro presenza nella Bassa Sasso-
nia, le attestazioni del passaggio verso il medio Danubio restano ancora incerte.
In seguito alla lotta di Odoacre contro i Rugi, e dopo il suo ritorno in Italia, i Lon-
gobardi passarono nella terra dei Rugi per poi imbattersi nel regno degli Eruli e im-
padronirsene.
Le conquiste avevano portato al rafforzamento dell’esercito, anche a seguito della
sottomissione di popoli diversi e al repentino crollo dell’impero unno. Nella se-
conda metà del V secolo d.C. si assistette a profondi mutamenti che portarono al-
la formazione di piccoli stati germanici: fra questi, Turingi, Rugi, Eruli. Anche qui,
sulla base del rinvenimento di sepolcreti, è possibile tracciare il movimento della
popolazione dalla Bassa Austria alla Moravia, regioni in cui le fonti scritte atte-
stano la presenza longobarda.

17
La migrazione e la conquista: dalla Scandinavia all’Italia

Cividale del Friuli,


Città del Vaticano, Archivio Capitolare,
Biblioteca Apostolica Codice membranaceo,
vaticana. Forojulensis, XXVIII
Cod. Vat. 4917, f. I (secolo IX).
(secolo X). Paolo Diacono, Historia
Historia Langobardorum, gentis Langobardorum,
inizio del libro I libro IV

18
Codice Vat. Lat. 927, c. 134v.
Uscita dei Winnili dalla
Scandinavia

19
Fu nel III e IV secolo, momento in cui i barbari entrarono in contatto con l’Im-
pero romano come mercenari e federati, che il popolo germanico passò dal rito
dell’incinerazione a quello dell’inumazione, seppellendo i propri defunti con ric-
co corredo.
Alla fine del V secolo gli spostamenti nell’Europa centrodanubiana si seguono
con maggiore precisione: è questo il momento della lotta fra Odoacre e i Rugi.
Dopo l’abbandono della Boemia, nel primo decennio del VI secolo, i Longobardi
passano il Danubio e si dirigono verso la Pannonia (moderna Ungheria) e il No-
rico: qui la difficile convivenza con gli Eruli porta ad una guerra, vinta dai Lon-
gobardi. Questo è il periodo in cui sono attestate sepolture che ricordano il rito
pagano-germanico, adottato da Slavi e Avari, di sacrificare il cavallo alla morte
del guerriero e deporlo insieme al corredo di armi.
Da Paolo Diacono e l’Origo gentis Langobardorum (metà VII secolo) apprendiamo
che i Longobardi si stanziarono in Pannonia per circa cinquant’anni prima di pas-
sare in Italia: intorno al 530 Giustiniano tentò di riconquistare i territori occi-
dentali dell’impero romano, cercando alleati fra i barbari in un momento di con-
flitto fra Longobardi, Gepidi ed Eruli, che comunque erano federati.
Il contatto con le schiere bizantine e la possibilità di scoprire nuove terre con città
e fortezze sollecitarono il popolo di conquistatori a discendere in Italia: fu l’inizio
di una grande e leggendaria impresa!
Alcuni spunti offerti dalle poche immagini degli anelli sigillari e dai volti impres-
si sulle lamine d’oro decorate, unitamente al racconto delle fonti scritte e agli af-
freschi perduti del palazzo reale di Monza, ci consentono di delineare le caratteri-
stiche fisiognomiche del longobardo: baffi e barba lunghi (da qui il nome Longo-
bardo), capelli lunghi divisi al centro o corti con frangia, vestiti di pantaloni o
gambali e tuniche, preferibilmente di lino, dalle larghe maniche, lunghe fino alla
coscia con una cintura in vita, spesso decorate con larghe strisce tessute di vario
colore, calzari stretti da lacci in cuoio.
Queste brevi descrizioni desumibili dalle fonti scritte, trovano ulteriori indicazio-
ni nei corredi funerari: costituiscono accessori per l’abito le fibbie per cintura e un
borsello contenente la cote per affilare e la pietra focaia, quindi coltello, pettine
e pinzetta. Rare sono le attestazioni legate all’uso di un mantello. Armature la-

20
Cava dei Tirreni (SA),
Archivio dell’Abbazia della
SS. Trinità, Cod. 4 (già 22):
Origo Gentis Langobardrum,
Ms. del XII secolo.
Saga dei Longobardi:
con l’inganno di Frea,
Wotan attribuisce ai Winnili
(poi Longobardi) la vittoria
sui Vandali

21
mellari ed elmi, invece, costituivano il corredo d’élite. Riccamente decorati e la-
vorati in materiale prezioso erano i fermagli e le fibule, opera di orafi itineranti.
Alla metallotecnica, caratterizzata dall’agemina, dalla niellatura, dal cloisonné,
dalla filigrana, dalla punzonatura, dalla damaschinatura (per la produzione delle
armi), si affiancava la produzione di origine pannonica, di un particolare tipo di
ceramica, realizzata a tornio lento e decorata da stampigliature, e la lavorazione
dell’osso per realizzare i pettini a una o due file di denti o le pedine per il gioco.
La gens Langobardorum, quel gruppo di popolazioni a dominanza longobarda, per-
tanto, giunse dalla Pannonia in Italia a Pasqua sotto il comando di Alboino (Ori-
go gentis Langobardorum), conquistando i primi castra “ senza alcun ostacolo” (Hi-
storia Langobardorum).
Sembra che i primi stanziamenti fossero di tipo rurale, al fine di colonizzare terre
non abitate: si ricorda come il toponimo farae indichi gruppi familiari. Mentre i
nobili, come duchi e conti, abitavano in città.
Il popolo dei nuovi dominatori barbarici d’Italia, numericamente ridotto, cercò di
mantenere una coesione culturale per non essere fagocitato dalla forte civiltà ro-
mano-bizantina e di assumere una posizione di controllo sui gruppi germanici di
diversa stirpe.
Se in Pannonia i Longobardi riuscirono a mantenere una fisionomia di popolo
equestre con sepolcreti attestanti una prevalenza di costumi e usanze pagane, con
una distinzione sociale in semiliberi, liberi e pochi aristocratici, che detenevano
le maggiori ricchezze, in Italia l’invasione fu caratterizzata da Alboino, personag-
gio rappresentativo della figura del capo politico e, nel contempo, dell’eroe.
Le vie romane indirizzarono il percorso della discesa. Da Savogna sull’Isonzo a Fo-
rum Iulii (Cividale, Friuli), si giunse a Verona attraverso la via Postumia; e, per-
correndo la via Gallica, entrarono a Milano (569) per poi proseguire verso il Pie-
monte. In questo tragitto furono occupate città come Treviso, Vicenza, Verona,
Brescia, Bergamo dando luogo alla conquista in poco tempo dell’area padana, con
la fuga dalle propri sedi di personalità rilevanti, quali i metropoliti: in fase di emi-
grazione il nuovo potere del comando fu affidato ai duchi, guerrieri illustri scelti
nei diversi momenti di conquista, circostanza che diede luogo, per la incontrolla-
bile velocità delle azioni, al sorgere di ambizioni interne. Nel 572, Pavia si arrese

22
Cava dei Tirreni (SA),
Archivio dell’Abbazia della
SS. Trinità, Cod. 4 (già 22).
Re Rotari ed emanazione
dell’editto

23
e Alboino tornò a Verona per porre la sua residenza nel palazzo appartenuto a Teo-
dorico, già re ostrogoto. Qui, nello stesso anno, Alboino moriva in seguito ad una
congiura organizzata da Rosmunda.
Il duca Clefi sostituì il grande re, ma solo per due anni. Per dieci anni furono i du-
chi ad imporre il controllo e il potere sulle circoscrizioni ducali che si costituiro-
no a volte intorno ad aree fortificate di confine. Ma anche nell’arco del cosiddet-
to decennio ducale ci si espanse conquistando, fra le altre, anche Mantova e Al-
tino nel Sempione. Quindi, in una visione globale, gli interessi si rivolsero verso
i nodi strategici del territorio settentrionale dell’Italia.
Nel 584 si diede luogo all’elezione del nuovo re, Autari. Erano quelli gli anni in cui
il dominio si era esteso anche in Toscana, Umbria con il centro politico di Spole-
to, le valli del Sangro e del Volturno, fino al Sannio con Benevento. La leggenda
(Historia Langobardorum, III,32) narra che il re giunse fino a Reggio Calabria e che,
nel toccare con la punta della sua lancia una colonna posta tra le acque, af-
fermò ”Fin qui saranno i confini dei Longobardi” (Historia Langobardorum, II, 32).

Cividale del Friuli. Bicchiere in ceramica stampigliata dalla T. 43. Metà del VI secolo

24
Cava dei Tirreni (SA),
Archivio dell’Abbazia della
SS. Trinità, Cod. 4 (già 22):
un re a convivio

25
Sezione 2
Attraverso lo scavo

L’archeologia ha subìto in Italia, negli anni Settanta del XX secolo, una tra-
sformazione nelle modalità di approccio metodologico. Da allora si cominciò ad
applicare, discutendone, l’archeologia stratigrafica, quel particolare metodo di stu-
dio e di analisi del naturale sedimentarsi delle testimonianze lasciate dall’uomo in
un determinato posto e in un preciso arco di tempo.
Lo scavo archeologico consente di recuperare i dati relativi alla lettura di
quelle testimonianze per poter ricostruire la storia del sito. Ma la raccolta
delle informazioni idonee alla ricostruzione storica di un territorio non si
conclude con le operazioni compiute sul terreno in un solo luogo o su un sin-
golo edificio, ma si integra con quanto giunge in ausilio da variegate fonti di
informazione.
Per poter arrivare alla formulazione delle teorie sui grandi avvenimenti storici o,
ad esempio, per comprendere come si giunse ad una conquista tecnologica nella
realizzazione di un manufatto, occorre percorrere strade diverse per formulare una
corretta interpretazione di quanto accaduto.
Come una sola parola lascia intendere il suo peculiare significato, mentre la frase
intera fa cogliere il senso compiuto di quanto è stato espresso, così le successive
operazioni eseguite dall’archeologo sul campo per raccogliere testimonianze, a
volte anche esigue, di singole azioni successive devono essere collegate tra loro e
finalizzate alla raccolta del bagaglio complessivo di informazioni desunte, che con-
sentirà di ben interpretare le tracce recuperate. La complessa operazione dello sta-
bilire la successione e la correlazione fra le diverse azioni individuate porta ad
identificare le fasi e i periodi cronologici, che inquadrano e circoscrivono l’arco
temporale delle attività avvenute.
Ma come si arriva a ciò? La paziente ricomposizione del puzzle avviene tramite i
complessi studi propri della scienza archeologica che non si limitano all’esecuzio-
ne di un intervento di scavo sul campo e alla sua ricostruzione stratigrafica nello
stabilire la sequenza dei fatti, bensì tendono ad arricchire le conoscenze acquisite

27
con apporti sempre maggiori, derivanti dall’analisi delle fonti scritte o da esami
effettuati in laboratorio.
Storia sociale, storia economica, organizzazione del territorio, forme insediative,
circolazione delle merci e tecniche produttive, sono fra le tematiche trattate dal-
l’archeologia che si avvale di tecnologie e metodologie innovative, per un esame
sempre più dettagliato del particolare.
Diverse sono le fonti di informazione e di conoscenza, dal manufatto opera del-
l’uomo, ai resti botanici e faunistici, agli apparati murari, etc., per sfruttare al
meglio il potenziale informativo fornito dal reperto stesso. L’arco di vita di un coc-
cio, per citare un caso, passa dall’estrazione dell’argilla, alla produzione dell’og-
getto, al suo uso, all’abbandono nel terreno, al recupero da parte dell’archeologo.
In tutti questi momenti, che hanno creato la storia del manufatto, esso ha imma-
gazzinato una memoria fisica che può essere conosciuta e ricostruita. Il manufat-
to conserva in sè, quindi, le caratteristiche fisiche e le tracce delle tecniche di
lavorazione adottate: la scelta della materia prima da utilizzare, la conoscenza
delle tecniche di trasformazione di questa, le modalità di esecuzione restano nel-
l’oggetto e vengono “rilette” dall’archeologo. Informazioni di tipo socio-economi-
co, culturale e cronologico si ricavano con studi specifici, che si avvalgono del-
l’impiego di analisi chimiche e fisiche per poter cogliere dati importanti, anche
sulla datazione, indipendentemente dal contesto di appartenenza: si impiegano il
radiocarbonio e la dendrocronologia, ad esempio, nel caso di manufatti di legno e
osso, la termoluminescenza e l’archeomagnetismo nel campo delle argille cotte.
Così, nella ricostruzione storica di un tipo di produzione, l’artigianato metallurgi-
co di età altomedievale non sembra aver subìto grandi trasformazioni rispetto al
mondo romano, se non nel sistema di adeguamento della produzione al minor
numero di apparati produttivi presenti sul territorio e caratterizzati da una distri-
buzione del prodotto a livello locale. Per l’età longobarda, nonostante l’episodi-
cità degli studi di archeometallurgia, alcuni dei reperti recuperati nelle tombe
(guarnizioni di cintura o croci in lamina d’oro) hanno costituito un campionario
di oggetti da analizzare fra i più indicativi, quali testimoni della presenza longo-
barda in Italia. Ma, nel contempo, le restanti tipologie di materiali in metallo
sono le attestazioni degli apporti culturali di una realtà artigianale di substrato

28
locale, nonché di matrice bizantina: questi attestano l’integrazione delle cono-
scenze e dei metodi artigianali, evidenziati nella scelta dei caratteri stilistici e
della morfologia dell’oggetto in materiale prezioso.
Non molto tempo dopo la conquista del Mezzogiorno d’Italia, le testimonianze
recuperate nel territorio di pertinenza del ducato di Benevento e di Spoleto espri-
mono, in più casi, l’avvenuta integrazione dei saperi tecnologici e stilistici, men-
tre monili di lusso, tra i quali spiccano una fibula da Canosa, gli orecchini e un
anello da Senise, un anello da Campochiaro-Vicenne, denotano un unico
ambiente orafo di impronta bizantina.
Anche la storia inerente la lavorazione del ferro nei primi secoli dell’Alto
Medioevo è stata contrassegnata da un sistema economico a base regionale, in un
certo qual modo subordinato anche alle esigenze legate alla produzione agricola.
La lavorazione del ferro nell’Italia di età longobarda è attestata dai recuperi effet-
tuati in ambiente abitativo o funerario, che, unitamente agli spunti forniti
dall’Editto di Rotari (Edictus Rothari regis), documentano un’attività siderurgica
sviluppata che dall’estrazione del minerale giunge al prodotto finito.
È questo il periodo in cui si assiste alla confluenza di elementi e di apporti fra la
metallotecnica di tradizione romana e quella di impronta longobarda. Al momen-
to del loro ingresso in Italia, le conoscenze dell’arte metallurgica erano saldamen-
te ancorate ad una struttura socio-culturale ben impostata in cui l’artigiano, parte
della generazione immigrata, si ritrova poi in un contesto artistico romano e
bizantino. In particolare, gli esami condotti su alcun campioni di armi, cioè ogget-
ti legati alla lavorazione del ferro, in particolare spade (spatha) da una necropoli
ungherese e 5/6 esemplari unitamente ad un sax dalla necropoli di Benevento
(armamento tipicamente germanico insieme allo scudo), hanno consentito di
rivelare l’ottima qualità della produzione, risultato di un lavoro di assemblaggio di
parti lavorate separatamente con metodi e materiali diversi, denotando una tec-
nica della forgiatura alquanto evoluta, simile a quella di tradizione germanica.
Altro reperto generalmente in ferro, significativo per la sua funzione, nonché per
l’utilizzo e l’impiego iniziale in area alamanno-bavara, quindi sul territorio italia-
no, è la staffa, elemento fondamentale per la cavalcatura, la cui tecnica di forgia-
tura è risultata essere alquanto raffinata. Rinvenuta in tombe del Piemonte, del

29
Friuli, del viterbese e del Molise (Campochiaro-Vicenne), le staffe trovano atte-
stazione nel costume funerario tipicamente avaro. A tale proposito è bene ricor-
dare gli stretti contatti avuti tra Avari e Longobardi che, durante il loro domi-
nio in Italia, diedero un forte impulso all’artigianato metallurgico grazie a quel
patrimonio tecnologico acquisito nel tempo, conseguente anche ai contatti con
vari popoli germanici portatori di fondamentali esperienze tecniche in quel
campo specifico.

Sassone (Morano, CS). Anfora, in fase di restauro integrativo, in ceramica comune con dipinture in rosso

30
Giuseppe Bezzuoli, Lo svenimento di Ermengarda.
Matita nera, biacca su carta bianca (mm 293 x 414).
1837 Firenze, Soprintendenza Speciale per il Polo
Museale Fiorentino, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi

31
Sezione 3
Centri del potere e siti fortificati

Il dibattito storiografico sul tentativo di definizione dell’identità del Longo-


bardo in Italia è ancora oggi molto vivo: diverse le teorie sulla “questione lon-
gobarda” e su tutto ciò che tale analisi comporta. Più volte si è tentato di met-
tere a confronto le fonti scritte e quelle archeologiche per ricavarne una visio-
ne d’insieme in grado di inquadrare quel gruppo di “barbari”, giunti nel VI se-
colo in Italia impossessandosi di parte del territorio. Ma non sempre i tentativi
compiuti hanno prodotto la formulazione di giuste interpretazioni, perché spes-
so fuorviate dalla visione parziale e partigiana di quanti ci hanno tramandato te-
stimonianze e narrazioni su quel popolo. Se nelle lettere di Gregorio Magno si
parla di nefandissimi Langobardi, è possibile scorgere giudizi differenti in altre re-
lazioni contrassegnate da maggiore correttezza (Registrum epistolarum, IX,127);
se Procopio, cronista di Giustiniano, racconta (Bella, VIII,33,2) della mancanza
di disciplina dei Longobardi affiliati nell’esercito di Narsete (552) e delle abitu-
dini di dar fuoco agli edifici o di essere predatori e torturatori (Gregorius Ma-
gnus, Dialogi), se “non Romanorum sed Langobardorum episcopus factum sum”
commentava Gregorio Magno (Registrum epistolarum, I,30), d’altro canto alcune
espressioni quali Langobardorum civitates o Langobardi Beneventani (Paolus Dia-
conus, Historia Langobardorum, V,7;VI,40) lasciano scorgere una identità fisica
tangibile a livello territoriale e la realtà di un radicamento sul territorio non
tratteggiabile solo a tinte fosche. E’ rilevante, ad esempio, l’attività giuridica che
porta alla costituzione di un corposo nucleo di leggi: queste furono emanate da
Rotari e Liutprando e da esse si può dedurre una tacita convivenza e interscam-
bio fra i Langobardi e i Romani. La stessa antroponimia della Langobardia Minor,
rispetto alla Maior che subì maggiori influenze franche, si caratterizzava per una
maggiore impronta germanico-longobarda.
La società longobarda, durante la fase di migrazione, era composta da guerrieri il-
lustri che, raggiunto il comando, venivano indicati col titolo di duca (dux) e po-
sti, inizialmente, a capo di una fara. Gli arimanni, coloro che detenevano le armi,

33
costituivano l’assemblea degli uomini liberi, mentre la guida dell’aristocrazia guer-
riera, specie di fronte a gravi pericoli, era il re. In Italia il potere assunse caratteri
sempre più legati al territorio: la città, con a capo il duca, era il centro politico,
amministrativo e militare di un territorio denominato ducato e comprendente le
fare. Così come i gastaldi, ufficiale regio nominato dal sovrano longobardo, da Au-
tari in poi, amministravano i domini spettanti alla corona e nel contempo, con i
loro poteri militari, giuridici e di polizia, costituivano un freno alle autorità dei
duchi. Dall’Editto di Rotari si apprende, inoltre, dell’esistenza della curtis che in-
dica l’insieme di proprietà di un solo signore, dotata di autonomia giurisdizionale.
Nel racconto di Paolo Diacono, le origini e le vicende dei due ducati di Spoleto
e Benevento sono solo accennate e per questo evanescenti. L’occupazione longo-
barda del Mezzogiorno si caratterizza per l’istituzione autonoma ad opera di
Ariulfo e poi Teudelapio del ducato di Spoleto e per mano di Arechi I di quello
di Benevento: non per volontà regia, quindi, ma inizialmente come “evoluzione
delle prerogative dell’ufficio ducale”. In seconda battuta le relazioni con il potere
regio si intensificarono e si rafforzarono con l’elezione di Grimoaldo, già duca di
Benevento, e re dei Longobardi (metà VII secolo). Sotto Liutprando (713-744) i
due ducati furono costretti a destreggiarsi in una complessa politica, che vide
coinvolti il regno, il papato e le forze imperiali e che portò il re all’imposizione
con la forza di accordi e vincoli. Nel 774 il duca Arechi II assunse il titolo di prin-
cipe, trasformando l’antico ducato beneventano in un principato in cui si man-
tennero gli equilibri e più a lungo si conservò quella realtà longobarda: lo storico

Salerno, cappella palatina di S. Pietro a Corte di Arechi II.. Titulus marmoreo, metrico. VIII secolo.
Soprintendenza per i Beni ambientali, architettonici, artistici, storici di Salerno e Avellino

34
Benevento. Foto satellitare con delimitazione dell’area di età longobarda

Salerno. Foto satellitare con delimitazione dell’area di età longobarda

35
Erchemperto, più tardi, descriveva Benevento come Ticinum geminum paragonan-
dola a Pavia come la nuova capitale.
Il sistema politico era incentrato sul rapporto fra i duchi e la nobiltà, detentrice
della ricchezza patrimoniale e di ruoli nei pubblici uffici, sui quali vigeva il con-
trollo del potere regio longobardo affiancato dall’esercito, dominante su una stra-
grande maggioranza di popolazione composta da contadini. L’aristocrazia general-
mente risiedeva in città e i loro patrimoni erano spesso concentrati intorno a fon-
dazioni ecclesiastiche private, mentre i conti e soprattutto i gastaldi si dedicava-
no alle funzioni pubbliche collegate al campo giudiziario, militare e di gestione dei
beni fiscali anche di quelle curtes regie. L’amministrazione locale, quindi, era ba-
sata su una peculiare circoscrizione, il gastaldato, istituita già nel ducato di Bene-
vento negli anni di Grimoaldo I (646/7-671): alla fine del VII secolo l’estensione
del ducato andava dall’Abruzzo, al Lazio meridionale, alla Calabria settentriona-
Pettine in osso le e al Salento, parzialmente in mano ai Bizantini.
lavorato. VII secolo.
Rosciano, loc. Piano La struttura economica, pertanto, dall’iniziale sistema di produzione curtense, dei
Tedesco, Villa Oliveti. cui beni fondiari il duca era il maggior titolare e colui il quale elargiva concessio-
Museo dell’Abruzzo
Bizantino ed Altome- ni, solo con il IX secolo passò ad un sistema nuovo conseguente alle trasforma-
dievale di Crecchio
zioni del tipo di insediamento in cui la popolazione si concentrava attorno ad un
luogo fortificato.
All’analisi del tipo di società costituitosi in età longobarda è legato l’aspetto del-
la monetazione. La prima generazione non aveva ancora la giusta comprensione
dell’uso della moneta con i suoi impliciti meccanismi economici: allora, la mone-
ta era usata come pendente, parte di collane. Nei primi tempi di stanziamento nel
Sud dell’Italia, le emissioni beneventane sono caratterizzate da un sistema econo-
mico monetale fortemente dettato dall’adiacente mondo bizantino e solo più tar-
di a Benevento nei Solidi e nei Tremisses compare l’indicazione del duca Romual-
do II (706-731).
Per quanto concerne l’assetto insediativo di età longobarda in Italia, esso è carat-
terizzato da città, fortezze e insediamento rurale sparso ed è condizionato a livello
regionale soltanto dalla morfologia del paesaggio, da esigenze difensive e di ge-
stione delle terre: l’organizzazione del territorio in gastaldati portò ad effettuare
delle scelte insediative conseguenti anche ai già esistenti assi viari principali e al

Pettine in osso lavorato, con doppia fila di denti.


VII secolo. Loreto Aprutino, loc. Colle Fiorano.
Antiquarium Loreto Aprutino (PE)

36
Solido di Romoaldo II (706-731)
(a nome di Giustiniano II)

Solido di Gisulfo II (742-751)


(a nome di Giustiniano II)

Tremissis di Arichis II duca (765-774)

Denaro di Sicone (817-832).

37
relativo reticolo della viabilità secondaria, agli ambiti urbani e a quelli rurali. I ga-
staldati, struttura amministrativa portante del ducato, alla metà dell’VIII secolo
nella Langobardia minor erano circa cinquantadue. Con la divisio ducatus dell’849
tra Benevento e Salerno e la successiva dell’860 tra Salerno e Capua, questi furo-
no suddivisi attribuendoli all’uno o all’altro principato.
La difesa delle città, sedi del potere, e del territorio, spesso confinante con la po-
tenza bizantina, dettò l’organizzazione del sistema di occupazione e stanziamento
nelle terre conquistate. Il controllo del territorio si avvalse di un sistema difensi-
vo costituito da castra e, a volte, da torri di segnalazione e avvistamento. Nell’as-
setto del territorio, pertanto, al quadro desolante offerto nei passi di Gregorio Ma-
gno tanto delle città quanto delle campagne si contrappongono nuovi piani ur-
banistici che collocano la curtis regia in prossimità delle mura e di una porta urbi-
ca, e che si avvalgono di un centro religioso, tempio della gens Langobardorum.
Per citare solo alcuni degli esempi più significativi, che lasciano intendere lo sta-
to delle ricerche e la tipologia delle testimonianze superstiti, dopo l’arrivo dei
Punte di lancia
in ferro lavorato.
Longobardi, ad esempio, la città di Benevento subì delle trasformazioni che tese-
VII secolo. ro ad escludere, con la realizzazione di un circuito murario, l’antica area occiden-
Celano, Museo
Nazionale, Castello tale; questa, nel diventare extraurbana, portò al disuso di alcuni importanti im-
Piccolomini,
Collezione Torlonia
pianti esistenti, quali l’anfiteatro. Con la creazione della Civitas nova voluta da
Arechi II si diede luogo alla nuova linea difensiva, che utilizza materiali di spo-
glio di età classica, cui si affianca la costruzione della curs ducis con il Sacrum Pa-
latium per dare maggiore dignità alla sede del nuovo sovrano. Allo stesso Arechi
si deve la costruzione della chiesa di Santa Sofia dal particolare impianto stellare
con annesso monastero. Case e numerose aree produttive completavano la fisio-
nomia dell’area urbana di età longobarda connotata da strutture e attività origi-
nali.
Salerno, altresì, con il nuovo sistema urbano rifondato da Arechi II trova un am-
pliamento nella parte orientale e la Nova civitas venne munita di un fossato, men-
Ascia in ferro. tre per le parti restanti si effettuarono solo interventi di consolidamento delle
VI-VII secolo.
Celano, Museo strutture preesistenti per poi, solo più tardi, rafforzare il circuito murario occiden-
Nazionale, Castello
Piccolomini,
tale e meridionale. Anche Salerno, attivo centro di potere, fu dotato del Sacrum
Collezione Torlonia Palatium, cui fu annessa la cappella palatina dedicata ai Santi Pietro e Paolo.

38
Sassone. Modello tridimensionale dell’area fortificata

Sezione III

39
Di rimando, il sistema difensivo destinato alla protezione dei confini era incen-
trato sulla distribuzione dei gastaldati e dei castra, quelle aree fortificate idonee ad
accogliere la popolazione sparsa che viveva nel territorio circostante e che, nel
contempo, costituivano dei punti strategici militari.
Non disponiamo di dati relativi alla consistenza numerica dell’esercito longobar-
do nelle fasi della conquista, specie nel Sud: è presumibile che tali forze non fos-
sero sufficienti a soddisfare le esigenze difensive degli ambiti fortificati conquista-
ti. Per tale motivo si è ipotizzato un coinvolgimento della popolazione locale an-
che per mantenere nel tempo il controllo. L’esiguità numerica e il ritmo delle in-
cursioni portano a ritenere che si tese a non modificare l’assetto difensivo esi-
stente, ma ad utilizzarlo in conseguenza di un elaborato progetto di controllo del
territorio e delle vie di comunicazione, come hanno dimostrato gli scavi sistema-
tici condotti lungo le linee di confine.

Benevento. Foto aerea: chiesa di S. Sofia

40
Cod. Vat. Lat. 4939, f. 28v. Arechi, principe longobardo di Benevento, offre il modello della chiesa di S. Sofia
Sezione 4
Edifici di culto

Sin dall’epoca del governo di Agilulfo si era tentato di riorganizzare la struttura


politica longobarda nell’istituire un legame con la società romana, sollecitati, attra-
verso rapporti epistolari, a una convivenza pacifica dallo stesso papa Gregorio Ma-
gno. La regina Teodolinda, nel ruolo importante di interlocutrice e alcuni perso-
naggi, quali notai e teologi che figurano alla corte longobarda come consiglieri, sug-
gerirono al re di accattivarsi i vescovi cattolici per giungere alla popolazione. La cor-
te longobarda, pertanto, cominciò ad occuparsi più direttamente delle questioni ec-
clesiastiche, a protezione della chiesa e, nel contempo, a regolare le sue questioni,
per una maggiore acquisizione del potere politico del popolo longobardo.
Mediatrice della protezione divina per la stirpe, come racconta Paolo Diacono,
Teodolinda fece edificare alcuni santuari a Monza e a Pavia. Dopo di lei, la co-
struzione di chiese, di cappelle palatine e di monasteri fu incentivata e tenuta in
gran conto. L’analisi dei rapporti fra Longobardi e Chiese locali ha portato la sto-
riografia ad analizzare il fenomeno della scomparsa, anche nella prima fase di in-
sediamento dei Longobardi nel Mezzogiorno, di molti vescovadi, fatto inizialmen-
te imputato ai metodi immediati della conquista. Ma studi ulteriori hanno colle-
gato tali fatti a ben altri fattori storici. La dimostrazione di una tolleranza nei con-
fronti dell’ordinamento ecclesiastico nei territori di conquista ci giunge dalla da-
ta di edificazione della cattedrale beneventana relativa alla fine del VI secolo.
L’attenzione da parte dei Longobardi al fattore religioso la si evince dal lungo elen-
co di edifici di culto sorti per loro volere o, comunque, sotto il loro beneplacito: fra
le altre, la cappella, dal carattere palatino, di Arechi II a Salerno; la cripta di una
delle chiese di S. Vincenzo al Volturno, la chiesa di San Giovanni a Corte di Ca-
pua; il complesso di Cimitile; la chiesa di Santa Sofia a Benevento; i complessi mo-
numentali di Venosa e di Canosa. L’attività edilizia a carattere religioso comincia
ad assumere segni consistenti già dagli ultimi decenni del VII secolo, momento che
coincide con la conversione dei Longobardi del Mezzogiorno. Promotrice ne fu
Teoderata, moglie di Romualdo I, che inizialmente fece costruire, fuori dalle mura

43
di Benevento, una basilica dedicata a San Pietro e un monastero. Mentre sotto il
ducato di Gisulfo I si diede luogo alla fondazione del monastero di San Vincenzo
al Volturno.
Tali esempi ci consentono di desumere lo sviluppo e l’incremento, nei secoli di
dominazione longobarda nel Sud dell’Italia, delle circoscrizioni diocesane e dei di-
stretti ecclesiastici minori che contribuirono ad attivare il controllo del territorio,
quindi ad attuare la politica ecclesiastica dei duchi e ad attestare la conversione
dei Longobardi del Sud.
Fra le opportunità offerte dalla ricerca tendente ad individuare le tappe della lo-
ro espansione, l’indagine sui toponimi legati al culto micaelico ha offerto notevo-
li spunti di trattazione. Numerose sono le dediche all’Arcangelo di edifici di culto
o di cavità rupestri, spesso in continuità con località in cui sorgevano templi paga-
ni o comunque già luogo di culto cristiano. Ciò attesta la diffusione nel Mezzogior-
no in età longobarda di tale peculiare culto dell’Arcangelo, figura che ben com-
pendia in sé il carattere guerriero del ceto dominante.
Alla metà del VII secolo, il santuario micaelico del Gargano comincia a gravitare
nella sfera di controllo del territorio dei Longobardi beneventani. Fu Grimoaldo I,
duca di Benevento, ad accorrere prontamente in difesa del santuario in seguito agli
attacchi bizantini: qui si venerava Michele, il santo guerriero capo dell’esercito ce-
leste, figura che ben ricordava l’antico culto pagano di Wotan. Da allora il culto del-
l’Arcangelo si diffuse tra i Longobardi e la frequente dedizione la si evince dalla edi-
ficazione di diverse chiese dedicate al santo, nonché dalla volontà di raffigurare sul-
le monete o sugli scudi la sua effigie. Le dedicazioni micaeliche dal VII secolo si mol-
tiplicano notevolmente: fra queste, a titolo esemplificativo, si ricordano anche il
complesso eremitico di San Michele a Olevano sul Tusciano, l’abbazia di San Mi-
chele in Vulture, la chiesa di Sant’Angelo in Formis.
Meta di pellegrinaggio in tutto il Medioevo, il Santuario garganico in età longo-
barda fu oggetto di grande interesse tanto da essere più volte restaurato dai lon-
gobardi del Principato di Benevento che hanno lasciato le proprie tracce nell’ar-
chitettura e nell’epigrafia.
A Romualdo I (663-687), con il sostegno di Barbato vescovo di Benevento, si de-
ve il primo intervento edilizio ducale di consolidamento e restauro dell’originario

44
Santa Sofia: modello tridimensionale

45
Fasano, loc.
Seppannibale (BR).
Iscrizione, in caratteri
latini, posta su arco.

Fasano, loc. Seppannibale (BR). Tempietto

46
Venosa. Edificio triconco
della SS. Trinità

47
Gargano (FG). Grotta di San Michele, interno

Gargano (FG). Grotta di San Michele Arcangelo,


particolare della scalinata

48
Matera. Grotta del Peccato originale

impianto tardoantico. A testimonianza e ricordo della nuova organizzazione degli


spazi, nonché delle successive operazioni di monumentalizzazione intraprese da
Romualdo II e Gumperga si riferiscono due epigrafi collocate in posizioni ben vi-
sibili: l’una dedicatoria, l’altra a carattere votivo-celebrativo sono entrambi testi-
moni del rapporto diretto tra santuario e corte beneventana e, altresì, della vo-
lontà politica di approccio al cattolicesimo. Si ricorda come su 165 iscrizioni do-
cumentate, l’analisi onomastica ha classificato ben 97 nomi di sicura origine ger-
manica, gran parte longobarda.

49
Sezione 5
Le necropoli

Le tracce indicanti lo stanziamento longobardo nelle sedi urbane o extraurba-


ne costituiscono l’elemento guida nello studio dei sepolcreti nel Mezzogiorno. Già
per l’ambiente pannonico è risultato difficile determinare l’estensione, quindi la
densità di popolazione, dell’insediamento longobardo, deducendolo essenzialmen-
te dall’analisi del corredo funerario, elemento discriminante per un’attribuzione
etnica del defunto e del suo status sociale. L’analisi dei reperti contenuti nelle tom-
be, affiancato da letture antropologiche tendenti alla determinazione del sesso,
della statura, dell’età, dell’etnia, hanno costituito l’oggetto di interesse primario
della trattazione da parte di quanti si sono occupati di quei popoli germanici mi-
gratori che nel VI secolo giunsero sul nostro territorio. Com’è accaduto per il
Nord-Europa, anche in Italia, inizialmente, ci si è dedicati allo studio dei reperti
tombali e dell’evoluzione degli stili decorativi (stile zoomorfo I, nord-europeo di
fine V secolo; stile zoomorfo II, mediterraneo di VI - metà VII secolo) indispen-
sabili per tracciare un quadro cronologico, andando a fornire gli elementi di di-
scussione per una conoscenza di alcuni aspetti legati alla società e alla cultura lon-
gobarda. Ma, di rimando, le testimonianze materiali relative alle sedi di stanzia-
mento lungo il percorso della loro discesa non hanno contribuito, se non in mini-
ma parte, alla definizione dell’evoluzione di quella cultura materiale in rapporto
alle modalità di vita stabilitesi con la popolazione indigena: per quest’ultima pro-
blematica, si presuppone che fra i Longobardi, inferiore numericamente, e gli in-
digeni, da cui dipendevano per il sostentamento, ci sia stata una tacita coopera-
zione.
Sono soprattutto gli ultimi decenni di indagini archeologiche, condotte in ambi-
ti funerari, urbani e di difesa, ad aver fornito maggiori elementi per una corretta
interpretazione dei vari aspetti concernenti l’insediamento, la cultura, i costumi e
la società longobarda.
Nella storia del costume funerario di età longobarda alla metà del VII secolo si av-
vertono dei cambiamenti: i vecchi indirizzi di ricerca, che tendevano a porre l’ac-

51
cento sulla presenza o assenza di certi particolari elementi di corredo presenti nel-
la tomba (spatha, scramasax, scudo con umbone punta di lancia guarnizioni per
cintura …) tipici di una aristocrazia guerriera, sono risultati a volte forvianti
quando ci si è resi conto che i cimiteri accoglievano sepolture promiscue di Ro-
mani e Longobardi. Il confronto con quanto desumibile dal mondo pannonico ha
fornito l’opportunità di evidenziare delle differenze in ambito italiano nella scelta
dei tipi di manufatti deposti insieme al defunto, andando ad individuare quei fatto-
ri di diversità: la disposizione delle sepolture non più per filari paralleli e l’adozione
della crocetta aurea (segno di cristianizzazione o amuleto magico!) in cui si eviden-
ziano cambiamenti nelle tradizioni con la conseguente trasformazione dei significa-
ti originali. Oggi, lo studio del campionario di manufatti legati a quell’artigianato
metallurgico, che contraddistingueva la produzione germanica in Pannonia e dei

Croce astile in lamina aurea con decorazio- Croce astile in lamina d’argento con raffigu- Croce astile in bronzo con bracci a termina-
ne incisa. VI-VII secolo. razione del volto di Cristo. zione espansa.
Pratola Serra (AV), loc. Pioppi-Basilica di VI-VII secolo. Pratola Serra (AV), loc. Pioppi- VII secolo. Venosa (PZ), area basilica esterna
S.Giovanni; Museo Archeologico Nazionale Basilica di S. Giovanni; Ufficio per i Beni Ar- SS. Trinità; Museo Archeologico di Venosa
di Paestum cheologici, Avellino

52
Crocetta aurea. VII secolo.
Museo del Sannio, Benevento

Crocetta aurea. VII secolo.


Museo del Sannio, Benevento

Crocetta in lamina aurea con gancio. VII secolo.


Taurasi (AV); Museo Archeologico Nazionale di Paestum

53
primi decenni di stanziamento in Italia, ha portato ad evidenziare gli influssi stili-
stici e, a secondo delle tipologie di manufatti, a desumere una attività produttiva di
tradizione longobarda e distinti bacini produttivi con artigiani romanzi, e che nel
ducato di Benevento e Spoleto si caratterizzano con un artigianato di matrice me-
diterranea.
La stessa tipologia ceramica (con decorazioni a stampigliatura e a stralucido), pe-
culiare della fase pannonica, introdotta in Italia e ritrovata inizialmente nei soli
contesti funerari di personaggi di cultura germanica, trovava negli studi generale
convinzione di una produzione pannonica importata o nella prima fase di occu-
pazione prodotta da gruppi germanici. Il rinvenimento in contesti insediativi del-
l’Italia settentrionale e lo studio più approfondito del vasellame in associazione,
invece, sembrano smentire la forte connotazione etnica del sistema artigianale di
origine.
Per la Langobardia minor si incorre in maggiori difficoltà di identificazione di quei
sepolcreti da attribuire a gruppi etnici longobardi.
All’esemplare e caratteristico caso della T. 33 della necropoli di Campochiaro-Vi-
cenne, in territorio ricadente un tempo nel ducato di Benevento, rappresentativo
di quelle usanze funebri che rimandano alle tribù nomadi della steppa come Ava-

Cuspide di lancia.
VI-VII secolo.
Castrovillari, Celimarro (CS);
Museo Civico, Castrovillari
Bottiglia ansata in ceramica comune.
VI-VII secolo.
Castrovillari, Celimarro (CS);
Museo Civico, Castrovillari

54
Fibula zoomorfa.
VI-VII secolo.
Castrovillari, Celimarro (CS);
Museo Civico, Castrovillari

Fibula bronzea ad anello aperto


con estremità a protomi animali.
VI-VII secolo.
Belsito, Torre Toscana;
Museo Nazionale della Sibaritide

55
ri e Bulgari, con allineamento delle tombe e con la deposizione affiancata di guer-
riero e cavallo e ricco corredo, si contrappongono gli esempi di altre necropoli
che, con i loro corredi, pongono l’accento sulla difficoltà di ritenerle “tombe lon-
gobarde”. Di rimando, se la necropoli di Benevento (VI-fine VIII) ha restituito
reperti quali spade, umboni di scudo, fibule e orecchini che hanno consentito di
analizzare i processi culturali di integrazione fra i due mondi, longobardo e roma-
no-bizantina, altre (Venosa, Celimarro) contribuiscono a scorgere quelle scelte o
simbolismi culturali legati all’orizzonte cronologico e ai costumi di quel popolo
guerriero che col tempo cambiò la sua pratica religiosa.

Campochiaro, Vicenne (CB). Tomba 33 in fase di scavo

56
Rilievo della Tomba 33 con
evidenziazione dei reperti

57
Sezione V

58
Fonti

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rum Langobardicarum et Italicarum, saec. VI-IX, Hannoverae 1878.
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verae 1878.
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59
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61
Introduction
The exhibition aims to analyse a thematic well integrated in the historiographical discussion about the early Mid-
dle Ages in Italy, especially concerning the period of a new empire formation in the very heart of Europe and the
presence of these “Barbarians” who contributed to the renewal of the antic society.
During the last decades, the Lombard Age studies have been increased by a closer reading of the written resources
and materials, opening a research line able to study in depth problems and aspects linked to the territory, at a cru-
cial moment of the European history. The Lombard society, through its uses and customs, characterized and defined
itself till it became a protagonist of the Italian peninsula history.
The project of an exhibition on the Lombard presence in southern Italy has to attain a scientific purpose, giving a
balance of the researches through an analyse of the settlement and acculturation processes, and a popular purpose
of the knowledge reached by archaeological studies, using an innovative multimedia show able to explain to a non
professional public, the different methods of research. The alternation of static images and dynamic reconstruc-
tions, the constant dialogue between pictures, virtual reconstructions and movies, the marked out path from his-
torical narration to modern methods of representation give a pleasant balance between tradition and innovation,
driving the visitor to discover the Lombard people culture history and its daily life, still mysterious for many aspects,
and for this reason – fascinating.
The exhibition hall, the Museum of Present fits perfectly a presentation and interpretation of the antiquity with a
modern look that uses new technologies: in fact, the presentation of the methods nowadays used by archaeologists
to collect and work out data stemming from the territory context had to be exploited in the most relevant way.
The display proposed aims to organize in a fluid and efficient output, the complex connexion between the object
and its belonging context very often evanescent, between the picture and its inherent content, with innovative
standards that allow a critical but easy understanding interpretation, through a multilevel organisation of the dif-
ferent themes in a way to satisfy the visitor’s curiosity.
The topic “the Lombards in southern Italy” has been divided in five sections (The migration and the conquest,
Through the excavation, Centres of power and fortifies sites, Cult buildings, Necropolis), and linked together by narra-
tions that maintain the thread running through the different rooms. The common element remains the territory,
first background of the history, with its different man-made attendances.
In the first section, (The migration and the conquest), the Lombard migration from Scandinavia, through Pannonia,
towards Italy is brought to the fore by an animated map that consents to follow the road from the original place to
Calabria, and by a narrating voice that reminds of the facts inferable to the written sources: the origins of the Win-
niler people, the main stages of their assertion, the arrival in Pannonia, the transformation of their name in Lom-
bard, and finally, the way down to Italy. The representation of the principal personalities who characterised the his-
tory of this people, Arechis, Rothari, and Paul the Deacon…, illustrated by pictures drawn from the more impor-
tant codices of the written sources available and from chosen passages (Origo gentis Langobardorum, Historia Lango-
bardorum, Dialoghi, Vita Barbati episcopi beneventani, Erchempert) involve the visitor in a fascinating atmosphere to
follow the route among the centuries of Lombard presence in south Italy (Mezzogiorno).
In the second section, (Through the excavation) is exhibited the daily work of the archaeologists: in theory, on the
field, in laboratory, to end by the scientific edition of the analysed data. Nowadays elaborated with a common
method of investigation, the archaeological research invests heterogeneous ranges here shown as they are usually
used: survey, excavation, relieves, cataloguing, photographic shootings from helicopter, from balloons and satellites,
3D reconstructions, restoration interventions, auxiliary techniques, etc. But even if the treatment of the argument
doesn’t concern directly the object theme, if not as an element of the archaeologist’ work, this room presents a par-
ticular branch of study: the archaeology of the production. The analysis of the production cycles is a field of study
where the auxiliary sciences line the macroscopic examination of the artefact, defining the making process issues,
the production place and the trade schemes. To illustrate such a specific investigation, the exhibition shows in de-
tails the production cycle of the metal, with its particular and typical manufacturing techniques, among the most
characteristic and discussed materials of the Lombard culture finds.
A path between historiographical backgrounds and the following archaeological evidences, gives notions of knowl-
edge about The historical richness of the Lombards through literature and art of modern and contemporaneous times,
demonstrating the magical interest for these “barbarians” whose saghe tell us until today, the origins, the migrations,
the wars, the fare life (family groups), the hegemonic groups facts, the burial rituals, up to the gradual mix of the
Lombards and Romans cultural and social patterns.
The third section, (Centres of power and fortified sites) deals with the appropriation of south Italy centres by the
Lombards, under a royal power pattern (ducal palace), the military defense and territory control systems (fortified
walls) and then the peopling schemes (small villages of wooden houses). The first approach is given by a global vi-

62 62
sion of the territory, where the main settlements are distributed, along the principal roads used at this time and
where the distribution of place-names resulting of Lombard origin enlarges the concerned area. The presentation
of the most important monuments founded by the Lombards, symbols of power, is lined by the hypothetic recon-
struction of urban daily life scenes in which the imperial character or the female figure are shown in this context
with their typical costumes. Afterwards comes the analysis of the military defensive system adopted in the con-
quered areas, often at the borders with the Byzantine possessions. The presentation of the horseman or the warrior,
dressed with the typical costume and ornaments finds in the same room the elements of comparison with the arte-
facts exposed such as weapons, dressing ornaments, objects used for agricultural activities or playing time.
Slowly and unconsciously, the Lombard society begins to reveal the local cultural substratum, despite the tentative
to keep separated the Lombard and Roman living places. Habits, uses and costumes, iconographic choices, artefacts
typologies certainly interpenetrated these two worlds apparently divided, occurring cultural frameworks assimila-
tion.
If at the close of the VI century, Christianity and paganism coexist at the Lombard court, at the end of the VII cen-
tury the royal power starts the construction of monasteries (San Vicenzo al Volturno, Farfa) and of places of wor-
ship (Santa Sofia) to express the religious fervour and the acceptance of Catholicism. The cult of Archangel
Michael, first spreading out in the South, and then brought in Northern Italy by Grimoald when began his reign
in 661/2 prevailed over the other cults in the southern territories. That’s why the Archangel cult material testi-
monies are opening this new section of the exhibition together with the funerary archaeology and the Lombard re-
ligious sphere, first pagans, then Arians and at the end Christians. This archangelic cult, pre-existing to the Lom-
bards arrival and the antic pagan myth of Odin-Wotan smoothed the adoption of the Warrior archangel worship
and enhanced the rupestrian complex of the Gargano headland, already aim of pilgrimages. The history of this com-
plex makes the link to the section dedicated to Cult buildings. The holographic presentation, in the middle of the
room of the golden copper statue of Archangel Michael with its opened wings symbolises the acquired religiosity,
the completion of the social and cultural transformation process and the definitive settlement of the great migrat-
ing people. The pre-eminently religious symbol lines in the southern area the documented evidences of the to-
ponyms inherent to the Archangel worship, and shows its huge spread especially in rupestrian places. Together with
the virtual presentation of the Gargano cave are illustrated some of the most important religious buildings of the
Lombard period in the centre-southern areas of Italy. The Lombard sovereigns and dukes are the purchasers, as writ-
ten in the Edict of Rothari, and use the local skilled construction craftsmen who mainly design central mapped
buildings.
The journey along the Lombard history ends as the life time, with the presentation in the last hall of the funerary
places: the necropolis. The introductive map clearly shows region by region the thematic distribution of the funer-
ary complexes of Lombard Age.
The difficulty to express the complex problem linked to the cultural transformations that happened in Italy, not
only as a presentation of the evidences more or less pertinent, reminds us of the complex historical steps of the way
down and of the achievement, from the warriors original tribes to the formation of a court society, in a environ-
ment made of new and strong characteristics. The Lombard progeny slowly adapts to its new environment, with
all its complex particularities, coming so far as to appreciate the written culture as a mean to perpetuate its own
memory, to run the power, to regulate contracts and celebrate the purchasers of monumental works.
The pagan traditions and the Lombard culture, peculiar from the low Saxony are first adapted to new uses in the
high social classes through contaminations between the Christian symbolic and the typical zoomorphic ornamen-
tal ribbon-shaped style from Pannonia, as a consequence of the Christianity adoption lived as a diplomatic fact. Ar-
chaeology contributes considerably to the analysis of the funerary documentation, especially to fix the chronolo-
gies and the different style of the objects; its remains, however difficult to confirm precisely the ethnic identity of
a dead. The mythological believes still rise to the surface on the objects decorated with zoomorphic elements but
also in the Lombard anthroponomy. Ibor, the Winniler chief and Frea, the fertility goddess have a name meaning
wild boar, or the figure is associated with different animals. The complex whole of believes and pagan rituals, still
alive in the tribal structure, deeply impressed by the mythology come to us through few available funds (Gregory
the Great, Paul the Deacon, Vita Barbati) while the funerary archaeology in Italy brings the evidences like amulets,
little crosses that remind of the magic sphere now adapted to the new appearance.
The exhibited example, one of the 167 graves of the necropolis of Vicenne (Campochiaro, CB) illustrates the pluri-
cultural context, with the presence of different ethnic groups. The burial of the horseman with his horse, the whole
equipment of weapons and harness testifies to the existence of a nomadic pattern settlement, with pagan rituals
bound up to people from Central Asia, probably the Avars, as supposed from the presence of stirrups in the grave.
These hypothesis come from the study of the artefacts as coins, and anthropological and bio archaeological re-
searches. The exclusive seal ring found in the very rich grave n°33 attests a high social position. The examination

63 63
of the degenerative lesions on the articulations of a sample of male skeletons allows supposing activities such as
archer, horseman, warrior, or other war actions with violent or deadly consequences, while the female skeletons are
characterised by housework activities.
Other examples of necropolis presented in this section remind of a Lombard funerary uses, the perticae, from Avar
origin and of military types, made up of erecting in the cemetery areas high poles ended by the representation of a
dove to remember the Lombard warrior fallen in battle: such evidences have been found in Calabria and Basilica-
ta, as well as in Pavia, where the foundation of the Santa Maria ad Perticas Church, purchased by Queen Rodelin-
da underlines the intention of drawing a link between the royal family from Bavaria, turned to Catholicism, and a
pagan burial place, rich of traditions.
Heroes, migratory and warrior people, conquests and settlements, royal power, paganism, Christianity, traditions,
social and cultural changes are the elements that compose the history of the Lombards as presented in this struc-
tured exhibition dealing with The Lombards in Southern Italy.

64 64
Chronology of the main events of the Lombard history

166-168 BC. The Lombards take part in the wars between 605 Peace treaty between the Lombards and the Byzantines.
the Marcomanni and Rome. 641-643 Rothari, Lombard king conquers Liguria and
410 The Visigoths occupy Roma western Emilia; Rothari‘s edict.
453-455 Attila’s dead and slicing up of the Huns Empire.
662 Grimoald, duke of Benevento becomes king of the
476 Odoacer dethrones the last Roman emperor of
Lombards; Franks and Avars in conflict.
Occident in Italy
488-489 The Lombards occupy the Rugians territory 663 Emperor Constans the II invades southern Italy; he is
(Rugiland). murdered in 668, in Sicily.
488 The Ostrogoths with Theodoric at their head invade 680 Peace treaty between the Byzantines and the Lombards.
Italy.
700-730 Foundation of the monasteries on the Lombard
493-520 Theodoric chief of the Ostrogoth reign in Italy.
territory.
507-510 The Lombards defeat the Heruli.
713-742 King Liutprand conquers Byzantine territories and
526-527 The Lombards come across the Danube and
occupy part of the Pannonia. gets supremacy in the southern Lombard Italy.
535 Belisarius leader of the Byzantines invades Italy causing 725 Pope Gregory II breaks with Byzantium.
the Gothic War. 746 Ratchis laws.
540 Belisarius occupies Ravenna.
750-755 Aistulf laws. Occupies Ravenna in 751.
546 The emperor Justinian cedes part of the Pannonia and
of the Noricum to the Lombards. 755-756 Pepin the III of France invades Italy; the
548-567 First conflicts between Lombards and Gepids. Exarchate is ceded from the Lombards to Pope Stephen II.
553-554 End of the Gothic War in Italy, Narses becomes 772 Desiderius walks against Rome.
imperial governor. 773-774 Induced by Pope Adrian, Charlemagne conquers
560-563 Conquest of the last Goth and Frank fortresses in the Lombard Italy.
northern Italy.
774 Arechis the II of Benevento assumes title of prince.
568-569 Lombard migration in Italy under King Alboin
reign. 778 Charlemagne assumes control on Benevento.
572 Pavia is conquered. 800 Charlemagne is crowned emperor in Rome.
574-584 Period of ducal inter reign in the Lombard Italy.
849 Creation of the princedom of Salerno.
590 Failure of the Frank and Byzantine assault against the
Lombards. 891-894 The Byzantines annex Benevento.
591-593 Conflicts in central Italy. 897 Radelchi II conquers again the princedom.
604 Treaty between the Lombards and the Franks. 1055 Norman occupation of southern Italy and Benevento.

List of the Lombard kings List of the Lombard Dukes List of the Lombard Princes
in Italy
Benevento Benevento
Alboin 560-572 Zotto 570-590 Arechis II 774-787
Cleph 572-574 Arechis 590-640 Grimoald III 788-806
Authari 584-590 Aiulf 640-641 Grimoald IV 806-817
Agilulf 590-616 Rodoald 641-646 Sico 817-832
Adaloald 616-626 Grimoald I 646-671 Sicard 832-839
Arioald 626-636 Romuald I 662-687 Radelchi I 839-852
Rothari 636-652 Grimoald II 687-689 Radelgard 851-853
Rodoald 652-653 Gisulf I 689-706 Adelchi 853-878
Aripert 653-661 Romuald I 706-731 Guaifer (Gaideri) 878-881
Perctarit 661/2- 672/688 Adelais 731-732 Radelchi II 881-884
Godepert 661-662 Gregory 732-740 Aiulf 884-890
Grimoald 662-671 Godescalc 740-742 Orso 890-891
Garibald 671-672 Gisulf II 742-751 Radelchi II (reelection) 897-900
Cunipert 679-700 Liutprand 751-758 Atenulf I 900-910
Alahis 688-689 (about) Arechis II 758-787 Landulf I 910-943
Raginpert 700-701 Landulf II 943-961
Aripert II 701-702 Spoleto Pandulf I 943-981
Ansprand 712 Faroald I 576-591
Liutprand 712-744 Ariulf 591-600 Salerno
Hildeprand 735-744 Theodelap 600-653 Siconulf 839-849
Ratchis 744/749 - 756/7 Thrasimund I 663-700 Guaifer 861-890
Aistulf 749-756 Faroaldo II 700 about Guaimar I 880-901
Desiderius 757-774 Wachilap 705 about
Adelchi 759-774 Thrasimund II 710-740
Hilderic 739
Agiprand 744-?

65 65
Section 1
Because of the lack of historical resources, it is still difficult to describe precisely the origins of the Lombards. Paul
the Deacon’s tale (Historia Langobardorum, end of the VIII century) allows, together with some Roman funds (Mar-
cus Velleius Paterculus, Strabo, Tacitus) to get some information about the still mysterious roots of this people. The
narration of the legends bound up with them helps to know their antic name. Formerly named Winnilers, they
came out of Scandinavia, under Ibor’s guide to come to a region called Scoringa; they were very few of them and all
rather young. Intending to go to Mauriga but stopped by the Assipitti they finally obtained the right to go further,
with a former stratagem and by a duel between two members of each part.
We still know very little about the progression of the Lombards from the Low Saxony towards the Danube. From
Mauriga, they pushed ahead to Golanda, in Baltic area, where they clashed with the Bulgars. Here takes place the
election of the first Lombard king: Agelmund (380-410(?)).
The attempts to analyse the material evidences founded in the necropolis located between the Rhine and the El-
ba River let suppose their presence in Low Saxony, but the evidences of the passage towards the central Danube
are still very vague.
After the struggle of Odoacer against the Rugians, and after his return to Italy, the Lombards went to Rugiland to
stumble upon the realm of the Heruli and take possession of it.
The conquests had strengthened the power of the army and subjugated many different peoples, at the collapse of
the Huns Empire. During the second half of the V century AC, deep changes took place, causing the formation of
little Germanic states such as Thuringii, Rugians and Heruli. Once more, in this case it is possible to draw through
cemeteries study the movement of the population from the low Austria to Moravia, areas where the Lombard pres-
ence is attested in written funds.
During the III and the IV centuries when the barbarians entered in contact with the Roman Empire as mercenar-
ies and federates, the Germanic people leaved the incineration ritual for the inhumation ritual, burying the dead
with rich outfits.
At the end of the V century, the movements in the central danubian Europe are more obvious to follow: this is the
very time of the fight between Odoacer against the Rugians. After the abandon of the Bohemia, during the first
decade of the VI century, the Lombards cross the Danube and go towards Pannonia (the modern Hungary) and
Noricum: the difficult cohabiting with the Heruli drives to a war that the Lombards will win. There are, at this pe-
riod, evidences of graves that remind the Germanic pagan ritual adopted by the Slavs and the Avars, of sacrifying
the horse when the warrior dies and burying them together, with their weapons equipment.
From Paul the Deacon’s tale and from the Origo gentis Langobardorum (half of the VII century) we know that the
Lombards have been stationed in Pannonia for about fifty years before they moved to Italy: near 530 Justinian tries
to conquer again the occidental territories of the Roman Empire, looking for allies in the barbarians people, be-
tween the Lombards, the Gepids and the Heruli, already federated. The contact with Byzantines troops and the
possibility to discover new lands with cities and fortresses induced the conqueror people to go down to Italy.
From the very few seals images, from the faces printed on the decorated golden leaves, together with the tales of
written funds and the lost frescos in the royal palace of Monza, we can sketch out the physiognomic characters of
a Lombard: long beards and moustaches (that give the name Lombard), long hair parted in the middle, or short cut
with a fringe, wearing trousers or leggings and preferably a linen tunic, with large sleeves, long till the thigh and
tightened by a belt, often ornamented with large coloured cloth bands, wearing leather laced up tight boots.
These descriptions extracted from written resources are completed by indications given by the funerary equipments:
the costume’s accessories were constituted by belt-buckles and a little purse for a whetstone, a flint stone, a knife,
a comb and tweezers. There are very rare evidences of the use of a coat, whereas lamellate armours and helmets
form the elite equipment. Made of precious materials by travelling goldsmiths, the clasp-buckles and the fibula were
richly decorated.
Together with the metallurgical techniques such as agemina, niello, enamel cloisonné, filigree, punching, and dam-
ascening (for the weapons production) cohabits a particular production of a ceramic type, originally from Pannon-
ia, made on a slow lathe and decorated with stamping and the bones work to produce one or two teeth-ranks combs,
or game pawns.
The gens Langobardorum, group of populations mainly Lombard, therefore reached Italy coming from Pannonia at
Easter, under the commandment of Alboin (Origo gentis Langobardorum) conquering the first mansions “without
any obstacle” (Historia Langobardorum).
It seems that the first settlements were rural, in such a way to colonize non inhabited areas: just to remember that
the toponym farae means family group, whereas dukes and counts were living in cities.
The new barbarian dominator people in Italy, numerically reduced, tried to maintain a cultural cohesion not to be

66
swallowed up by the strong Roman Byzantine civilisation and to take up a position of control upon the different
extractions Germanic groups.
If in Pannonia the Lombards show to be an equestrian people with burying places that attest the pre-eminence of
pagan rituals and uses, with a social stratification between free, half-free people and few richer aristocrats, the in-
vasion in Italy has been characterised by king Alboin, typical figure of the political chief as well as the hero.
The Roman roads drove the way down. From Savogna on the Isonzo river to the Forum Iulii (Cividale, Fruili),
Verona was reached following the via Postumia; then travelling over the via Gallica, the migrant people entered
in Milan (569) to go further towards the Piedmont. On this way the cities of Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, and
Bergamo have been occupied, bringing on in a little time the conquest of the whole Padania area, putting to flight
many relevant personalities such as the metropolitan bishops: during the emigration phase, the power has been en-
trusted to the dukes, famous warriors chosen during different moment of the conquest causing many personal am-
bitions due to the uncontrolled speed of their actions.
In 572, the city of Pavia surrendered itself and Alboin went back to Verona to set his residence in the former
Theodoric’s palace, already king of the Ostrogoths. There, during the same year, Alboin died by a conspiracy of his
wife Rosemud.
The duke Cleph replaced the great king, for only two years. For ten years, the dukes had imposed control and run
the power on the ducal circumscriptions built sometimes nearby the fortified areas on the border. All along this
ducal decade, the conquest spread up to Mantova and Altino in the Simplon Pass. Afterwards, in a global vision,
the interests turned to the strategical knots of the northern Italian territories.
The election of a new king, Authari took place in 584. During these years, the dominion extended also to Tuscany,
Umbria with the political centre of Spoleto, the valleys of the Sangro and of the Volturno rivers till the Sannio
with Benevento. The legend (Historia Langobardorum, III, 32) tells that the king reached Reggio Calabria and
touching a column standing in the see water with the tip of his lance said: “Up to here will be the borders of the
Lombards”.

Section 2
Archaeology in Italy, during the 70’s of the XX century went through a transformation concerning the method-
ological approach. Since then, Stratigraphic archaeology, the particular study of natural sedimentation of the man
made evidences due to his living began to be run.
The archaeological excavation allows collecting the data indispensable to the reconstruction of the site history. But
the collect of the information fit to a territory historical restitution doesn’t end with the field operations on a par-
ticular place or building, but needs the complement of different information funds. In fact, many research ways are
necessary to be able to put forward theories on important historical events, or to be able to understand a techno-
logical conquest in an artefact realisation.
To be able to give theories about important historical events, for example to understand how was reached the mas-
tery of a technology to realise an artefact, we have to try many cognitive ways. In the same way that a single word
gives it signification while the whole sentence gives the sense of a concept, the different field works of the archae-
ologist to understand the signs, sometimes very thin which attest of an action, aim to collect the information need-
ed to make a good interpretation. Establishing the succession and correlation of the different detected actions of
fabrication, is sometimes difficult but drives to individuate the phases and chronological periods of the time span
during which the activities happened.
How do we manage to that result? The patient reconstruction of the puzzle progresses through archaeological stud-
ies that go further than a simple excavation operation and its stratigraphy analysis and is completed by the use now
very fluent of information coming from written funds or laboratory analysis.
Social history, economic history, territorial organisation, settlement patterns, goods circulation and productive
techniques are the themes that archaeology deals with, helping itself with innovative methods which consent more
detailed examinations. The information resources, from the man made artefact to botanical and animal remains
and building bonds, etc. are very varied to use in the best way the knowledge potential of the very artefact.
The life time of a potsherd for example lasts from the clay extraction to production of the object, from its use till
it is abandoned on the field until it is collected by the archaeologist. All these moments have given him a physi-
cal memory that can be known. The artefact keeps therefore the physical characteristics and the traces of its fabri-
cation such as the choice of the raw material, the knowledge of its transformation techniques, all information
“read” by the archaeologist. Social-economic data as well as cultural and chronological information can be drawn
from chemical and physical analysis that allow to propose a dating apart from the belonging context (radiocarbon,

67
dendrochronology for wooden or bone objects, thermo luminescence, and archaeomagnetism for terracotta.)
According to the historical reconstruction of a production type, the early medieval metallurgy doesn’t seem to have
changed a lot comparing to the Roman world, apart from the production adjustment to a smaller number of re-
gional-scale centres of distribution. For the Lombard time, despite the occasional studies on archaeometallurgy, the
few remains collected in the graves (belt ornaments, golden leave crosses) constitute a reliable sample of evidences
to be analysed. The metal objects typologies attest the local cultural contribution and a Byzantine matrix: the in-
tegration of the know-how, the craftsmen methods underlined by the stylistic choices and the morphology of pre-
cious material objects are obvious.
Soon after the southern Italy conquest, the evidences collected on the territories of the Benevento and Spoleto
duchies often express the already completed integration of technological and stylistic knowledge, while luxurious
necklaces, and especially a fibula from Canosa, a pair of earrings and a ring from Senise, a ring from Campochiaro-
Vicenne, reveal a single Byzantine-like goldsmith environment.
The iron work history, during the first centuries of the Early Middle Age has been also characterised by a regional-
scale economic system, linked to the agricultural production needs. The iron work in Italy of the Lombard Age is
testified by recoveries from living and funerary contexts, and from notes of the Rothari Edict (Edictus Rothari Reg-
is) confirming a steel-making activity from the mineral extraction to the finished product.
At this time, takes place a merging of elements and contributions between the metal techniques from Roman tra-
dition and from Lombard stamp. When they came in Italy, the metallurgical know-how was deeply rooted in a so-
cio cultural structure well defined in which the craftsman, from the emigrated generation finds afterwards himself
in a Roman and Byzantine artistic context. In particular, studies on samples of weapons and swords (spatha) from a
Hungarian grave, together with five or six examples from the Benevento necropolis (typical Germanic armament
with the shield) related to the iron work have revealed a high quality level as a result of a assembly of different parts
separately worked with various methods and materials, attesting a highly evolved forging technique, very similar to
the Germanic tradition.
Another iron significant object, important for its function and for its former use in the Alaman Bavarian area and
then on the Italian territory is the stirrup, fundamental mount element whose forging technique appears very re-
fined. The stirrups attested in the typical Avarian burial uses have been found in graves situated in Piedmont, in
Friuli, in the Viterbo region and in Molise (Campochiaro-Vicenne). It is worth reminding the close contacts be-
tween Avars and the Lombard people which gave a strong impulse to the metallurgical handicrafts during its dom-
ination in Italy, with a technological heritage acquired along the time and as a consequence of these contacts with
Germanic populations, carriers of strong technical experience.

Section 3
The historiographical debate about the definition of the Lombard identity in Italy still very heated with various
theories on the “Lombard question” and about all that concerns such an analysis. It has been tented many times to
compare the written resources with the archaeological data to have a global picture to define this group of “bar-
barians” who came in Italy during the VI century and took possession of part of the territory. But the many tenta-
tives didn’t bring true interpretations because they have been distorted by the biased authors of the narrations.
Even if Gregory The Great speaks in his letters about the nefandissimi Langobardi, but forgets to tell about others
fair events (Registrum epistolarum, IX,127), even if Procopius, Justinian’s chronicler writes (Bella, VIII,33,2) about
the lack of discipline of the Lombards from Narses’ army (552) and about the habit to fire buildings, to rapt and to
torture (Gregorius Magnus, Dialogi), and even if the same Gregory The Great comments “non Romanorum sed
Langobardorum episcopus factum sum” (Registrum epistolarum, I,30), many expressions such as Langobardorum civi-
tates o Langobardi Beneventani (Paul the Deacon, Historia Langobardorum, V,7;VI,40) give a idea of the Lombards
physical appearance and of the real rooting of their own laws on the territory: these were given by Rothari and Li-
utprand and it is possible to imagine a implicit cohabitation and exchanges between Langobardi and Romani from
this lawgiving. The same anthroponomy of the Langobardia Minor, opposed to the Maior that underwent more
franck influences, is characterised by a stronger Germanic-Lombard stamp.
The Lombard society, during the migration phase was composed by famous warriors that once they reached the
commandment took the title of duke (dux), and were at first at the head of a fara. The weapons holders composed
the free men assembly while the warrior aristocracy leadership, in particular in case of big dangers was assumed by
the king. In Italy the power took its characteristics from the territory: the city, headed by the duke was the politi-
cal, administrative and military centre of an area named duchy gathering the farae. As well as the gastalds, royal
officers appointed by the Lombard king (from King Authari on) administrated the Crown lands meanwhile, with

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their military, juridical and police power they restrained the dukes authority. In the Rothari Edict, we learn about
the curtis that means the whole properties of a single lord, provided of jurisdictional autonomy.
In Paul the Deacon’s tale, the origins and the occurrences of both the duchies of Spoleto and Benevento are only
hinted and therefore remain evanescent. The Lombard occupation in south Italy is characterised by the setting up
of the duchy of Spoleto on the initiative of Ariulf and then Theodelap and of the duchy of Benevento by Arechis
the First, no by royal will but at the beginning as an “evolution of the ducal officer prerogatives”. In a further time,
the relations with the royal power increased and strengthened with the election of Grimoald, already Duke of Ben-
evento, and king of the Lombards (half of the VIIth century). Under Liutprand’s reign, (713-744) the both duchies
had to get by in a complex politic that involved the kingdom, the papacy and the imperial forces that obliged the
king to impose by force agreements and ties. In 774, the duke Arechis the Second takes the title of prince, trans-
forming the old duchy of Benevento into a princedom, where the balances kept maintained and at length, con-
served the Lombard reality: the historian Erchempert, described Benevento later as Ticinum geminum comparing it
to Pavia as a new capital.
The political system was centred on the relation between the dukes and the nobility, holder of the properties rich-
ness and of the charges in public offices, on which was in force the Lombard royal power control, helped by the army,
on a huge population mainly farmers. The aristocracy lived generally in city and its properties were often concen-
trated around private ecclesiastical foundations, while the counts and mostly the gastalds devoted themselves to pub-
lic charges in justice, in the army and in taxes management as well as the curtes running. The local administration
therefore was based on a peculiar circumscription, the gastald, already established in the duchy of Benevento under
the reign years of Grimoald the First (646/7-671): at the end of the VI century, the duchy extension spread from
Abruzzo to southern Latium, from northern Calabria to the Salento, in part under Byzantine domination.
The economic structure, from the former court system of production, whose the duke was the main holder of the
landed properties enlarged with concessions, moved into a new system during the IX century, as a consequence of
the transformation of the settlement type, where the population was gathered around a fortified place.
The analysis of the society of Lombard Age is linked to the coining money concept. The first generation didn’t
have a right understanding of the use of the money with its implied economical mechanisms: at this time the coin
was used as a necklace pendant. At the beginning of the settlement in southern Italy, the coining from Beneven-
to are characterised by a monetary economical system strongly influenced by the close Byzantine world, and later
appears in Benevento an indication of the duke Romuald the Second (706-731) on Solidi and Tremisses.
So the city, the fortress and the rural settlement portrays the Lombard Age lay-out in Italy, qualified by the land-
scape on a regional scale, by a worry of defending and managing the lands: the territory organisation in gastalds
drove to choose settling places along the former main roads and networks, the former cities and villages. The
gastalds, administration supporting structure of the duchy, were about fifty two, at the half of the Langobardia mi-
nor VIII century. With the 849 diviso ducatus between Benevento and Salerno, and the following one in 860 be-
tween Salerno and Capua, these have been divided and awarded to one or the other princedom. The defence of
the city, centre of power and of the territory often at the border of the Byzantine sphere induced the organisation
of the settlement in the conquered lands. The control of the territory was made through defending equipment such
as castra and sometimes signalisation and watch-towers. To the territorial lay-out, thus the distressing picture giv-
en by the writings of Gregory The Great concerning the cities and the countryside are opposed to the new urban
mapping that place the curtis regia near the walls and the gate, and that are provided of a religious centre, temple
for the gens Langobardorum.
Just to mention the most relevant illustrations about the research and the typology of the evidences, after the ar-
rival of the Lombards, for example, the city of Benevento went through transformations that aimed to leave the
occidental area out with the construction of a wall circuit; this areas becoming extra urban caused the disuse of
some important existing buildings such as the amphitheatre. According to Arechis the second’s will, the creation
of the Civitas nova, the new defence line has been built, using material from Classical Age, nearby the construction
of the curs ducis with the Sacrum Palatium, to give more dignity to the new sovereign. The construction of the star
planned Santa Sofia Church, with its appended monastery was also due to King Arechis. Many houses and pro-
duction areas were completing the Lombard Age urban zone features marked by original structures and activities.
Salerno also, with a new urban system funded again by Arechis the second, is enlarged in the oriental part and the
Nova civitas is provided with a moat, while in other areas were only carried out consolidation works and then, much
later, the strengthening of the western and southern wall circuit. Salerno also, dynamic centre of power has been
provided with the Sacrum Palatium, lined by the palatine chapel consecrated to Saint Peter and Saint Paul.
While the defending system assigned to the frontiers protection was centred on the gastalds and castra distribution,
fortified areas fit for welcoming the scattered population living on the territory around that became along the time
military strategic points.

69
We don’t have data about the numerical importance of the Lombard army, during the conquest phases, in particu-
lar in the South: it is probable that these forces were not enough to support the defence of the fortified conquered
places. That’s why it has been supposed that the local population was involved also to maintain the control along
the time. The reduced number of effectives and the rhythm of the attacks drive to think that the defence set-up
was not modified, but used according to a complex project of territories and communication roads control, as it has
been proved by the systematic excavations along the frontiers.

Section 4
Since the time of Agilulf government, it had been tried to reorganise the Lombard political structure, through the
establishment of a link with the roman society, invited through letters to a peaceful cohabitation by the pope Gre-
gory the Great. The queen Theodolinda, important interlocutor, together with some characters such as notaries
and theologians, counsellors at the Lombard court, suggested to the king to gain the catholic bishops to reach the
population. The Lombard court, began therefore to deal more directly with ecclesiastical questions, to protect the
Church and, at the same time, to rule its own questions, in a way for the Lombard people to get a larger political
power.
Mediator of the divine protection for the progeny, as told by Paul the Deacon, Theodolinda made some sanctuar-
ies built in Monza and Pavia. After her, the construction of churches, palatine chapels and monasteries have been
encouraged and very well considered.
The analysis of the relations between the Lombards and the local Churches drove to study the phenomenon of the
disappearing of many bishoprics , even in the first phase of settlement of the Lombards in south Italy, which had
been first considered as a direct consequence of the conquest. But further studies connected this fact to other his-
torical events. The demonstration of the tolerance of the ecclesiastical organisation in the conquered territories is
shown by the date of construction of the Benevento cathedral, at the end of the VI century.
The attention paid by the Lombards to the religious fact is obvious in the long list of cult buildings due to their
will, or built under their approval: between them, the chapel palatine-like, of Arechis the Second in Salerno; the
crypt of one of the church of S. Vincenzo al Volturno, the church of San Giovanni a Corte in Capua; the Cimi-
tile complex; the church of Santa Sofia in Benevento; the monumental complexes of Venosa and Canosa. The re-
ligious building activity has began to take importance since the last decades of the VII century, which is the mo-
ment of the conversion of the Lombards from south Italy. Theodora, Romuald the first’s wife worked a lot for it,
asking first for the construction of a basilica dedicated to Saint Peter and a monastery, out of the walls of Ben-
evento. While, during the dukedom of Gisulf the First was founded the monastery of San Vincenzo in Volturno.
Such examples allow us to deduce the development and the growth, during the Lombard domination centuries in
southern Italy, of the dioceses circumscriptions and of the minor ecclesiastical districts that helped to the territory
control, and then to the activation of the ecclesiastical politic of the duchies, as a testimony of the conversion of
the Lombards in the South.
Among the research opportunities that aim to recognise the steps of their expansion, the study of the toponyms
linked to the cult of Archangel Michael offered many points of discussion. The dedicates to the Archangel of cult
buildings or caves are very numerous, often in relation with places where were erected pagan temples or anyway al-
ready places of Christian cult. This testifies of the diffusion in southern Italy during the Lombard period of this pe-
culiar cult for the Archangel, that well illustrates the warrior characteristic of the dominant class.
At the half of the VII century, the Archangel Michael sanctuary of the Gargano begins to enter in the control
sphere of the territory of the Lombards from Benevento. Grimoald the first, duke of Benevento rushed to defend
the sanctuary against the attacks of the Byzantines: there was the place where was worshiped Michael, the holy war-
rior, chief of the celestial army, that well reminded of the antic pagan cult to Wotan. From this time, the Archangel
cult spread between the Lombards and its popularity is obvious in the edification of different churches dedicated to
the saint, but also in its representation on coins or on shields. From the VII century on, the dedicates to the
Archangel become very numerous: as examples we can mention the hermit complex of San Michele in Olevano
on the Tusciano, the San Michele abbey in Vulture, the Sant’Angelo church in Formis.
Place of pilgrimage during the whole Middle age, the sanctuary on the Gargano has been during the Lombard pe-
riod very well considered and restored many times by the Lombards of the Benevento princedom who left their own
marks in the architecture as well as in the epigraphy.
Romuald the first (663-687), with the support of Barbato, bishop of Benevento, took up the first ducal interven-
tion to strengthen and to restore the original late Antiquity building. To testify of the new spatial organisation,
and record the further monumental works purchased by Romuald the Second and Gumperga, two inscriptions have

70
been placed in a very apparent position: the first one, the dedicate and the second one votive and commemorative
are both the testimonies of the direct relation between the sanctuary and the Benevento court, and also of the po-
litical will to approach the Catholicism. It is worth recording that on 165 documented inscriptions, the onomastic
analysis allowed to classify 97 names of assured Germanic origin, most of them Lombard.

Section 5
The Lombard settlement evidences in urban or extra-urban areas are the elements which drive the study of the
cemeteries in South Italy. It had been already difficult to determine the extension, therefore the population densi-
ty of the Lombard settlement in the Pannonian environment essentially from the analysis of the funerary outfits,
that remains a discriminating element for a an ethnic attribution of the dead and his social rank. The study of the
objects from the graves, together with the anthropologic analysis on the skeletons, to determinate the sex, the
height, the age, the ethnic type, have been the main object of interest concerning this Germanic migrating people
which reached our territory during the VI century. As well as for Northern Europe, at the beginning in Italy, the
research was concentrated on the graves’ finds and on the decorative styles evolution (zoomorphic style I, north-
ern Europe end of the V century; zoomorphic style II, Mediterranean aera of the VI, half of the VII century ) in-
dispensable to draw a new chronological picture in a way to bring elements of discussion about some aspects of the
Lombard society and culture. But the material proves related to the settlement places along their way down have
just little contributed to the evolution definition of the material culture in relation with the conditions of life with
the native population: for this last problematic, it has been supposed that between the Lombards, less numerous,
and the local population which gave them sustenance had been agreed a tacit cooperation.
It is during the last decades of archaeological researches, driven on funerary, urban and defending environment that
was brought the main elements for a correct interpretation of the settlement, the culture, the uses and the society
of the Lombards.
At the half of the VII century of the Lombard Age, the history of the burial uses seems to change. The former re-
search lines which emphasized the presence/lack of certain outfit element in the grave, (such as spatha, scramasax,
shield with shield boss, spear point, belt ornaments…) typical from a warrior aristocracy, proved to be incorrect
when the archaeologists realized that the cemeteries were made of both Roman and Lombard graves. The compar-
ison with the information coming from the Pannonian world allowed to show the differences in an Italian envi-
ronment concerning the choice of the artefact types that were placed in the grave with the body, driving to indi-
viduate the diversity elements: the graves lay-out, not anymore in ranks and the adoption of the golden little cross
(as a sign of Christianity or as a magic amulet!), signs of the tradition changes, together with the consequent orig-
inal meanings transformation.
Today, the study of the metallurgical artefacts sample that testified to the Germanic production in Pannonia and
in Italy for the first decades of settlement, drove to highlight the stylistic influences and, according to the artefacts
typologies, to gather a production coming from a Lombard tradition, different from production areas with Roman
craftsmen, characterised in the duchies of Benevento and Spoleto by a Mediterranean pattern.
The same ceramic typology (with stamping decoration and polished), peculiar to the pannonic phase, introduced
into Italy and first found out only in funerary contexts of Germanic culture was supposed in the general studies to
be an imported pannonic production or, in the phase of occupation produced by Germanic groups. The finds in set-
tlement contexts in northern Italy and a deeper study of the associated potteries seem to deny a strong ethnical
connotation of the original craft system.
For the Langobardia minor the identification and therefore the attribution of the graves to Lombard ethnic group is
much more difficult.
The grave N°33 of the Campochiaro-Vicenne cemetery (belonging to the Benevento duchy) is a good example to
illustrate the burial uses reminding of the nomad tribes from the steppes, such as Avars or Bulgars, with a ranging
of the graves and the burying of the warrior with his horse and a rich outfit, while examples in other cemeteries are
difficult to be considered as “Lombard grave”, according to their material. The necropolis of Benevento (VI-end of
the VIII century) revealed finds such as swords, shield bosses, fibulae, hearings that allowed to study the cultural
processes of integration between two worlds, Lombard and Roman-byzantine, when others (Venosa, Celimarro)
help to see these choices linked to the uses of this warrior people, which changed later on their religious custom.

Translation by Sophie Pornet

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Printed by: Tibergraph
Finito di stampare nel mese di maggio 2008

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ISBN 978-88-86210-59-1 (Iva compresa)

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