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Indice
INSIEMI NUMERICI E OPERAZIONI 3
Teoria degli insiemi 3
Insiemi numerici 6
Topologia della retta reale: gli intervalli 10
Radici ennesime, potenze e valore assoluto 14
Numeri complessi 17
SERIE NUMERICHE 63
Serie numeriche 63
Criteri di calcolo per serie a termini non negativi 68
Criteri di calcolo per serie a segni alterni 71
DERIVATE 78
Punti di derivabilità e derivata prima 78
1
Punti di non derivabilità 84
Punti critici, massimi, minimi e teoremi del calcolo differenziale 86
Derivate successive e formula di Taylor 96
Punti di flesso, concavità e convessità 100
INTEGRALI 102
Integrale definito di Riemann 102
Integrale indefinito 107
Metodi di calcolo degli integrali indefiniti 109
Metodi di calcolo degli integrali definiti 114
Significato geometrico dell’integrale definito 119
2
Insiemi numerici e operazioni
Teoria degli insiemi
Gli insiemi sono gli oggetti matematici che costituiscono l’ambiente dell’analisi
matematica, laddove le funzioni costituiscono il suo oggetto.
Gli insiemi sono concetti primitivi, cioè concetti che, data l’estrema semplicità, si
rinuncia a definire.
Dal punto di vista della nomenclatura, si indicano per mezzo delle lettere maiuscole
dell’alfabeto latino; al loro interno si collocano degli elementi, i quali si indicano
invece per mezzo di lettere minuscole dell’alfabeto latino.
Simbologia base
Per stabilire le varie relazioni tra insiemi ed elementi o tra insiemi stessi, si utilizzano
una serie di simboli, che si suddividono in simboli di appartenenza, quantificatori e
relazioni fra insiemi. Di seguito sono elencati i primi due gruppi:
Simboli di appartenenza:
o Appartenenza ad un insieme: ∈ ; es: 𝑥 ∈ 𝐴
o Non appartenenza ad un insieme: ∉ ; es: 𝑥 ∉ 𝐴
Quantificatori:
o Quantificatore universale: ∀ ; viene utilizzato nel caso in cui si voglia
indicare che, per ogni 𝑥 appartenente ad un insieme 𝐴 (∀𝑥 ∈ 𝐴), si
verifica una certa condizione;
o Quantificatore esistenziale: ∃ ; viene utilizzato nel caso in cui si voglia
indicare che esiste un elemento 𝑥 appartenente ad un insieme 𝐴 (∃𝑥 ∈
𝐴), tale che si verifichi una certa condizione;
o Negazioni dei precedenti
PROPRIETA’:
1) 𝐴 = 𝐵 𝑠𝑒 𝐴 ⊆ 𝐵 𝑒 𝐵 ⊆ 𝐴
A B
Intersezione: ∩ ; 𝐴 ∩ 𝐵 ≔ {𝑥 ∈ 𝑋 ∶ 𝑥 ∈ 𝐴 , 𝑥 ∈
𝐵} costituisce a sua volta un insieme dato dagli 𝐴∩𝐵
elementi che appartengono
contemporaneamente sia ad 𝐴 che a 𝐵;
PROPRIETA’:
1) Insiemi disgiunti: 𝐴 ∩ 𝐵 ≔ ∅
2) (𝐴 ⊆ 𝑋) 𝐴 ∩ 𝑋 ≔ {𝑥 ∈ 𝑋 ∶ 𝑥 ∈ 𝐴 , 𝑥 ∈ 𝑋} = 𝐴 ;
3) Commutativa: 𝐴 ∩ 𝐵 = 𝐵 ∩ 𝐴 ;
4) Associativa: 𝐴 ∩ (𝐵 ∩ 𝐶) = (𝐴 ∩ 𝐵) ∩ 𝐶 ;
4
A B
Unione: ∪ ; 𝐴 ∪ 𝐵 costituisce a sua volta un
insieme dato da tutti gli elementi che
appartengono ad 𝐴 e a 𝐵;
𝐴∪𝐵
PROPRIETA’:
1) 𝐴 ∪ ∅ ≔ 𝐴
2) 𝐴 ∪ 𝑋 ≔ 𝑋 ;
3) Commutativa: 𝐴 ∪ 𝐵 = 𝐵 ∪ 𝐴 ;
4) Associativa: 𝐴 ∪ (𝐵 ∪ 𝐶) = (𝐴 ∪ 𝐵) ∪ 𝐶 ;
5) Distributiva: 𝐴 ∩ (𝐵 ∪ 𝐶) = (𝐴 ∩ 𝐵) ∪ (𝐴 ∩ 𝐶) ;
A B
Differenza: \ ; 𝐴 ∖ 𝐵 ≔ {𝑥 ∈ 𝑋 ∶ 𝑥 ∈ 𝐴 , 𝑥 ∉ 𝐵}
costituisce l’insieme di tutti gli elementi di 𝐴 che 𝐴∖𝐵
non appartengono anche a 𝐵;
A Ac
5
Prodotto cartesiano
Siano 𝐴 ⊆ ℝ e 𝐵 ⊆ ℝ due insiemi: il prodotto cartesiano di 𝑨 e 𝑩 costituisce
l’insieme di tutte le coppie (𝑎, 𝑏) tali che 𝑎 ∈ 𝐴 e 𝑏 ∈ 𝐵:
𝐴 × 𝐵 = {(𝑎, 𝑏) ∶ 𝑎 ∈ 𝐴, 𝑏 ∈ 𝐵 }
Il prodotto cartesiano può essere definito per 𝑛 insiemi:
𝐴1 × 𝐴2 × … × 𝐴𝑛 = {(𝑎1 , 𝑎2 , … , 𝑎𝑛 ) ∶ 𝑎1 ∈ 𝐴1, 𝑎2 ∈ 𝐴2 , … , 𝑎𝑛 ∈ 𝐴𝑛 }
Insiemi numerici
Gli insiemi numerici sono particolari insiemi contenenti infiniti elementi
prettamente numerici, i quali sono classificati in base a determinate caratteristiche:
Numeri naturali: indicati con ℕ = {0, 1, 2, 3, 4, … }, costituiscono insieme di
tutti i numeri interi non negativi;
Numeri interi relativi: indicati con ℤ = {0, ±1, ±2, ±3, … }, costituiscono
l’insieme di tutti i numeri interi non negativi e dei corrispettivi opposti
negativi (ℤ = ℕ ∪ ℕ− );
𝑎
Numeri razionali relativi: indicati con ℚ = { : 𝑎, 𝑏 ∈ ℤ , 𝑏 ≠ 0}, costituiscono
𝑏
insieme di tutte le frazioni di numeri interi relativi (numeri decimali limitati o
illimitati periodici);
Numeri irrazionali relativi: indicati con 𝕀, costituiscono insieme di tutti i
numeri decimali illimitati non periodici (radicali, 𝜋, 𝑒);
Numeri reali: indicati con ℝ = ℚ ∪ 𝕀, costituiscono l’insieme derivante
dall’unione di tutti i numeri razionali e irrazionali.
Numeri complessi: indicati con ℂ, costituiscono l’insieme di tutti quei numeri
non definibili all’interno dei reali, e nella cui espressione appare ed è non
nulla l’unità immaginaria 𝑖 (se fosse nulla il numero apparterrebbe ai reali).
Analizzeremo in maniera più approfondita i numeri complessi in una sezione a
parte.
Si noti inoltre un’importante relazione di inclusione propria fra gli insiemi numerici,
definita come segue:
ℕ⊂ℤ⊂ℚ⊂ℝ⊂ℂ
6
Prodotto scalare e operazioni binarie
Siano 𝐴 e 𝐵 due insiemi: il prodotto scalare di 𝑨 e 𝑩 corrisponde ad una funzione
che associa a due elementi appartenenti al prodotto cartesiano di due insiemi
uguali (operazione interna) o differenti (operazione esterna) la somma o il prodotto
dei suddetti elementi, la quale può ricadere a sua volta in 𝐴 o 𝐵.
Nello nostro caso, consideriamo il prodotto scalare 𝐴 × 𝐴, con 𝐴 ⊆ ℝ, il quale
definisce un’addizione interna e una moltiplicazione interna:
∀𝑎, 𝑏 ∈ 𝐴 ⟹ 𝑎 ∗ 𝑏 ∈ 𝐴
7
Gruppi algebrici e campi
Sia 𝐴 un insieme non vuoto: un gruppo algebrico di 𝑨 corrisponde ad una struttura
algebrica che indica uno o più prodotti scalari applicabili con le relative proprietà tra
gli elementi di 𝐴 ed eventuali altri insiemi o tra gli stessi elementi di 𝐴. Nel nostro
caso definiamo il gruppo commutativo ed il campo dei numeri reali:
Ordinamenti
L’ordinamento è una relazione binaria 𝕽 fra elementi dell’insieme 𝐴 ⊆ ℝ, che gode
delle seguenti proprietà:
1) Antisimmetrica: ∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ, se 𝑎ℜ𝑏 e 𝑏ℜ𝑎 allora 𝑎 = 𝑏 ;
2) Riflessiva: ∀𝑎 ∈ ℝ 𝑎ℜ𝑎 ;
3) Transitiva: ∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ se 𝑎ℜ𝑏 e 𝑏ℜ𝑐 , allora 𝑎ℜ𝑐 ;
4) Totalità: ∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ, 𝑎ℜ𝑏 oppure 𝑏ℜ𝑎
Assioma di completezza
Dati gli insiemi 𝐴, 𝐵 ⊂ ℝ , questi si dicono separati se, ∀𝑎 ∈ 𝐴, ∀𝑏 ∈ 𝐵, ∃𝑐 ∈ ℝ ∶
𝑎≤𝑐≤𝑏.
Ci è utile per dimostrare il teorema dell’esistenza dell’estremo superiore o inferiore
di un insieme.
Intervalli limitati
Un intervallo limitato è un insieme che ammette maggioranti e minoranti:
Intervallo chiuso: [𝑎, 𝑏] = {𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ≤ 𝑥 ≤ 𝑏} , cioè che comprende anche
gli estremi;
𝑎 = min[𝑎, 𝑏];
𝑏 = max[𝑎, 𝑏];
10
Intervallo aperto: ]𝑎, 𝑏[ = {𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 < 𝑥 < 𝑏} , cioè che non comprende
anche gli estremi;
∄min]𝑎, 𝑏[;
∄max]𝑎, 𝑏[ ;
Intervalli illimitati
̃ = ℝ ∪ {−∞, +∞}
Definiamo la retta reale estesa ℝ
Un intervallo illimitato è un insieme che non ammette maggioranti e/o minoranti:
Intervallo illimitato superiormente e inferiormente: ]−∞, +∞[ =
{𝑥 ∈ ℝ ∶ −∞ < 𝑥 < +∞};
∄min]−∞, +∞[;
∄max]−∞, +∞[;
Non esistono né minoranti né maggioranti;
11
Intervallo illimitato inferiormente e limitato superiormente: ]−∞, 𝑎] =
{𝑥 ∈ ℝ ∶ −∞ < 𝑥 ≤ 𝑎};
∄min]−∞, 𝑎];
𝑎 = max]−∞, 𝑎];
Non esistono minoranti ma esistono maggioranti;
Dimostrazione:
Dato l’insieme 𝐴 ⊂ ℝ limitato superiormente, definiamo l’insieme 𝐵 ⊂ ℝ non vuoto
i cui elementi corrispondono ai maggioranti di A:
𝐵 = {𝑘 ∈ ℝ ∶ 𝑘 è 𝑢𝑛 𝑚𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜𝑟𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐴}
A e B sono separati, in quanto ∀𝑎 ∈ 𝐴, ∀𝑏 ∈ 𝐵 𝑎 ≤ 𝑏; per l’assioma di
completezza ∀𝑎 ∈ 𝐴, ∀𝑏 ∈ 𝐵 ∃𝑐 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ≤ 𝑐 ≤ 𝑏; da ciò:
12
𝑐 ∈ 𝐵, quindi fa parte dei maggioranti di A;
∀𝑏 ∈ 𝐵 𝑐 ≤ 𝑏, quindi 𝑐 è il minimo di B (dei maggioranti), cioè l’unico
estremo superiore di A.
𝑐 = min𝐵 = sup𝐴
Intorni di un punto
Consideriamo un punto 𝑥0 ∈ ℝ; un intorno di 𝒙𝟎 è un intervallo aperto contenente
𝑥0 tale che i due estremi di tale intervallo (detto in questo caso intorno centrato
𝐼 (𝑥0 , 𝛿 )) siano 𝑥0 − 𝛿 e 𝑥0 + 𝛿, con 𝛿 corrispondente ad una quantità infinitesimale
reale:
𝐼 (𝑥0 , 𝛿 ) = ]𝑥0 − 𝛿, 𝑥0 + 𝛿 [
̃ , possiamo definire:
Se si considera 𝑥0 ∈ ℝ
Intorno di +∞: 𝐼 (+∞) = ]ℎ, +∞[ , con ℎ ∈ ℝ;
Intorno di −∞: 𝐼 (−∞) = ]−∞, ℎ[, con ℎ ∈ ℝ;
Punti di accumulazione
Sia 𝐴 ⊆ ℝ; consideriamo un punto 𝑥0 ∈ ℝ; 𝑥0 è detto punto di accumulazione per
l’insieme 𝑨, se per ogni intorno 𝐼 (𝑥0 ) si verifica che 𝐴 ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 } ≠ ∅.
Di conseguenza, si verifica che, dato l’intorno 𝐼 (𝑥0 ) = ]𝑎, b[, anche gli estremi sono
punti di accumulazione (𝑎 + 𝛿 ∈ ]𝑎, b[ e 𝑏 − 𝛿 ∈ ]𝑎, b[).
13
Genesi dei numeri reali dai razionali
Sulla base di quanto detto finora, analizziamo il ragionamento che ha portato
all’intuizione dell’esistenza di numeri irrazionali e reali:
Definiamo l’insieme 𝐴 = {𝑞 ∈ ℚ ∶ 𝑞 ≥ 0, 𝑞2 ≥ 2};
L’insieme è non vuoto in quanto 22 = 4 ≥ 2 ⟹ 2 ∈ 𝐴;
L’insieme è limitato inferiormente, in quanto 02 = 0 ≤ 2 ⟹ 0 ∉ 𝐴, e quindi
0 è un minorante di A;
Per il teorema dell’esistenza dell’estremo inferiore di un insieme, essendo
questo limitato inferiormente, ∃𝛼 = inf𝐴 ∶ 𝛼 2 = 2;
𝛼 ∉ ℚ , bensì 𝛼 ∈ 𝕀 ∶ 𝛼 = √2 ; l’unione tra numeri razionali e irrazionali da
così vita all’insieme dei numeri reali.
∀𝑥 ∈ ℝ, 𝛼 = 𝑛√𝑥 = inf{𝑞 ∈ ℚ ∶ 𝑞 ≥ 0 , 𝑞𝑛 ≥ 𝑥 };
14
𝑛
√𝑥 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 0
𝑛 { 𝑛 𝑠𝑒 ∀𝑚 ∈ ℕ 𝑛 = 2𝑚 + 1
√𝑥 = { − √−𝑥 𝑠𝑒 𝑥 < 0
𝑛
√𝑥 𝑠𝑒 ∀𝑚 ∈ ℕ 𝑛 = 2𝑚
Potenze
La potenza è un costrutto matematico del tipo 𝑎𝑚 , con 𝑚 ∈ ℝ, definito come segue:
∀𝑎 ∈ ℝ:
Esponente naturale: ∀𝑛 ∈ ℕ 𝑎𝑛 = 𝑎 ∙ 𝑎 ∙ 𝑎 ∙ 𝑎 ∙ … 𝑎𝑛 : Si definisce come il
prodotto di 𝑎 per se stesso eseguito 𝑛 volte;
𝑎 𝑧 𝑠𝑒 𝑧 ≥ 0
Esponente intero relativo: ∀𝑧 ∈ ℤ , 𝑎 ≠ 0 𝑎 = { 𝑧
1 −𝑧 : Si
( ) 𝑠𝑒 𝑧 < 0
𝑎
definisce come il prodotto di a per se stesso eseguito 𝑧 volte, se 𝑧 ≥ 0 ,
oppure come il prodotto del reciproco di 𝑎 per se stesso eseguito 𝑧 volte
cambiato di segno, se 𝑧 <0;
𝑚
𝑚
Esponente razionale: ∀𝑞 ∈ ℚ , 𝑎 ≠ 0, 𝑞 =
𝑛
𝑚, 𝑛 ∈ ℤ , 𝑎𝑞 = 𝑎 𝑛 = √𝑎𝑚 :
𝑛
𝑚
Definito 𝑞 = , 𝑎 si definisce come la radice 𝑛 - esima di 𝑎𝑚 ;
𝑞
𝑛
Esponente irrazionale: ∀𝑟 ∈ 𝕀 , 𝑎 ≠ 0 𝑎𝑟 =
inf{𝑎𝑞 ∶ 𝑞 ∈ ℚ , 𝑞 > 𝑟} 𝑠𝑒 𝑎 ≥ 1
{ 1 −𝑟 : Si definisce come l’estremo inferiore
( ) 𝑠𝑒 0 < 𝑎 < 1
𝑎
dell’insieme degli elementi 𝑎𝑞 tale che 𝑞 ∈ ℚ e 𝑞 > 𝑟, se 𝑎 ≥ 1, oppure come
il reciproco di 𝑎 elevato a 𝑟 cambiato di segno, se 0 < 𝑎 < 1 .
Per le potenze si definiscono delle proprietà sia rispetto alle operazioni sia rispetto
all’ordinamento:
Proprietà rispetto alle operazioni:
o Somma degli esponenti: 𝑥 𝑝 ∙ 𝑥 𝑞 = 𝑥 𝑝+𝑞 ;
o Prodotto delle basi: 𝑥 𝑝 ∙ 𝑦 𝑝 = (𝑥 ∙ 𝑦)𝑝 ;
o Prodotto degli esponenti: (𝑥 𝑝 )𝑞 = 𝑥 𝑝∙𝑞 ;
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Proprietà rispetto all’ordinamento:
𝑥 𝑝 > 𝑦 𝑝 𝑠𝑒 𝑝 < 0
o Ordinamento sulla base: 0 < 𝑥 < 𝑦, { 𝑝 ;
𝑥 < 𝑦 𝑝 𝑠𝑒 𝑝 > 0
𝑥 𝑝 > 𝑥 𝑞 𝑠𝑒 0 < 𝑥 < 1
o Ordinamento sull’esponente: 𝑝 < 𝑞, { .
𝑥 𝑝 < 𝑥 𝑞 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 1
Valore assoluto
Il valore assoluto è un costrutto matematico che opera sul segno di un valore 𝑥 ∈
ℝ; in particolare:
𝑥 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 0
∀𝑥 ∈ ℝ , |𝑥| = {
−𝑥 𝑠𝑒 𝑥 < 0
Anche nel caso del valore assoluto sono definite delle proprietà rispetto alle
operazioni e all’ordinamento:
Proprietà rispetto alle operazioni:
∀𝑥 ∈ ℝ :
o Positività del valore assoluto: |𝑥| ≥ 0 ;
o Valore assoluto e 0: |𝑥| = 0 ⟺ 𝑥 = 0 ;
o Uguaglianza dei valori assoluti di numeri opposti: |−𝑥| = |𝑥| ;
16
Numeri complessi
L’insieme dei numeri complessi costituisce l’insieme numerico nato a partire dal
problema di definizione per le radici quadrate dei numeri negativi, molto ricorrenti
in branche più o meno avanzate dell’analisi e della matematica in generale.
Lo studio dei numeri complessi parte dalla definizione del concetto di unità
immaginaria 𝑖 = √−1, e approda di conseguenza al concetto di numero complesso
𝑧 = 𝑎 + 𝑏𝑖, con 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ, ossia un particolare numero formato da una parte reale 𝑎
e da una parte immaginaria 𝑏𝑖.
Definiamo quindi l’insieme dei numeri complessi ℂ = {𝑧 = 𝑎 + 𝑏𝑖 ∶ 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ}.
Rappresentazioni
Algebrica: 𝑧 = 𝑎 + 𝑏𝑖 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ , con 𝑎 definita parte reale del numero
complesso (𝑎 = Re(𝑧)) e 𝑏 come parte immaginaria del numero complesso
(𝑏 = Im(𝑧));
17
Polare o trigonometrica: Partendo dalla rappresentazione grafica, poniamo il
modulo ‖𝑧‖ = 𝑟 = √𝑎2 + 𝑏2 e 𝜑 = arg 𝑧 ; dalla trigonometria otteniamo
𝑎 = 𝑟 ∙ cos 𝜑
che: {𝑏 = 𝑟 ∙ 𝑖 ∙ sen 𝜑 da cui: 𝑧 = 𝑟(cos 𝜑 + 𝑖 sen 𝜑) , con 𝜑 = arctan ( ) .
𝑏
𝑏 𝑎
= tan 𝜑
𝑎
𝜋
𝜑= 𝑠𝑒 𝑏 > 0
2
Nota: se 𝑎 = 0, allora { 3𝜋
𝜑= 𝑠𝑒 𝑏 < 0
2
Esponenziale: Dalla formula di Eulero otteniamo: 𝑒 𝑖𝜑 = cos 𝜑 + 𝑖 sin 𝜑 ; da
cui: 𝑧 = 𝑟𝑒 𝑖𝜑 .
Osservazione: 𝑧 = 𝑒 𝑖𝜑 = cos 𝜑 + 𝑖 sin 𝜑:
𝑧 −1 = 𝑒 −𝑖𝜑 = 𝑒 𝑖(−𝜑) = cos(−𝜑) + 𝑖 sin(− 𝜑) = cos 𝜑 −
𝑖 sin 𝜑 ;
𝑒 𝑖𝜑 +𝑒 −𝑖𝜑 (cos 𝜑+𝑖 sen 𝜑)+(cos 𝜑−𝑖 sen 𝜑) 2 cos 𝜑
= = = cos 𝜑
2 2 2
𝑒 𝑖𝜑 −𝑒 −𝑖𝜑 (cos 𝜑+𝑖 sen 𝜑)−(cos 𝜑−𝑖 sen 𝜑) 2𝑖 sen 𝜑
= = = sen 𝜑 .
2𝑖 2 2𝑖
18
Operazioni
Addizione: definiti 𝑧 = (𝑎, 𝑏) e 𝑧 ′ = (𝑎′ , 𝑏′ ) 𝑎, 𝑎′ , 𝑏, 𝑏′ ∈ ℝ ;
𝑧 + 𝑧 ′ = (𝑎, 𝑏) + (𝑎′ , 𝑏′ ) = (𝑎 + 𝑎′ , 𝑏 + 𝑏′ ) = (𝑎 + 𝑎′ ) + (𝑏 + 𝑏′ )𝑖 ;
Per quel che riguarda la rappresentazione grafica, per sommare i vettori 𝑧 e 𝑧 ′
si usa la regola del parallelogramma.
PROPRIETA’
1) Associativa
2) Commutativa
3) Esistenza dell’elemento neutro: 𝑧 = 0 ;
4) Esistenza dell’opposto: 𝑧 + (−𝑧) = 0 ;
PROPRIETA’
1) Associativa
2) Commutativa
3) Esistenza dell’elemento neutro: 𝑧 = 1 ;
1 1
4) Esistenza dell’opposto: 𝑧 ∈ ℂ , 𝑧 ≠ 0, ∃ ∈ ℂ ∶ 𝑧 ∙ = 1 ;
𝑧 𝑧
Coniugato di un numero complesso: si definisce 𝑧 ∈ ℂ come 𝑧 = 𝑎 − 𝑏𝑖
1 1 𝑧 𝑧 𝑧
= = = 2 =
𝑧 𝑎 + 𝑏𝑖 𝑧(𝑎 + 𝑏𝑖) 𝑎 + 𝑏2 ‖𝑧‖2
19
Radice ennesima: sono calcolabili in ℂ tutte le radici ennesime. Le radici
𝑛-esime calcolate in ℂ ammettono 𝑛 soluzioni.
Dati 𝑧, 𝑤 ∈ ℂ ⟹ 𝑧 = 𝑛√𝑤 ⟺ 𝑧 𝑛 = 𝑤.
Regola di calcolo: definiti 𝑧 = 𝑟(cos 𝜗 + 𝑖 sen 𝜗 ) e 𝑤 = 𝜌(cos 𝜑 + 𝑖 sen 𝜑) ;
𝑧 𝑛 = 𝑟 𝑛 (cos(𝑛𝜗) + 𝑖 sen(𝑛𝜗)) = 𝜌(cos 𝜑 + 𝑖 sen 𝜑) = 𝑤;
𝑛 𝑟 = 𝑛√𝜌
𝜌=𝑟
𝑧𝑛 = 𝑤 ⟺ { {
𝑛𝜗 = 𝜑 + 2𝑘𝜋 𝜗 = 𝜑 + 2𝑘𝜋 𝑐𝑜𝑛 𝑘 = 0, 1, 2, … , 𝑛 − 1
𝑛
20
Funzioni, successioni e limiti
Funzioni elementari
La funzione 𝒇 a una variabile reale è una legge che associa ad ogni elemento 𝑥 di un
insieme 𝐴 ⊆ ℝ = {𝑥 ∶ 𝑥 ∈ ℝ} (detto dominio) uno e un solo elemento 𝑦 (detto
immagine) di un insieme 𝐵 = {𝑦 ∶ 𝑦 ∈ ℝ} (detto codominio). Si indica con 𝑦 =
𝑓 (𝑥 ).
L’insieme 𝑓 (𝐴) = { 𝑦 = 𝑓 (𝑥 ) ∶ 𝑥 ∈ ℝ } è detto insieme delle immagini; non è detto
che coincida con il codominio (se così fosse, diremmo che la funzione è suriettiva).
Le funzioni si rappresentano graficamente su un piano cartesiano, mettendo il
dominio sull’asse delle ascisse e il codominio sull’asse delle ordinate. La
rappresentazione di una funzione su un piano cartesiano è detta grafico della
funzione, che corrisponde all’insieme di tutti i punti di componenti (𝑥, 𝑓 (𝑥 )):
𝐺𝑓 = {(𝑥, 𝑓(𝑥 )) ∶ 𝑥 ∈ 𝐴}
21
Suriettività, iniettività, biunivocità e invertibilità
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ 𝐵:
𝑓 è suriettiva se 𝑓(𝐴) = 𝐵, cioè se per ogni elemento del codominio
corrisponde almeno un elemento del dominio;
𝑓 è iniettiva se ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 ≠ 𝑥2 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≠ 𝑓(𝑥2 ) cioè se per ogni
immagine corrisponde uno e un solo elemento del dominio;
𝑓 è biunivoca se è contemporaneamente suriettiva e iniettiva;
𝑓 è invertibile se è biunivoca. La funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde
graficamente alla funzione simmetrica ad 𝑓 rispetto alla bisettrice del I e del III
quadrante. Si verifica in tal caso la seguente relazione:
𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ 𝐵 ⟺ 𝑓 −1 ∶ 𝐵 ⟶ 𝐴
𝑥 ⟼ 𝑦 = 𝑓(𝑥 ) ⟺ 𝑦 ⟼ 𝑥 = 𝑓 −1(𝑦)
Una funzione non suriettiva può essere resa tale restringendo il suo codominio
all’insieme delle immagini; una funzione non iniettiva può essere resa tale
prendendo in considerazione soltanto un intervallo del suo dominio (per esempio, la
funzione 𝑓 ∶ ℝ ⟶ [−1, 1], 𝑓 (𝑥 ) = sin 𝑥 non è iniettiva: per renderla tale basta
𝜋 𝜋
considerare la stessa funzione, ma con 𝑓 ∶ [− , ] ⟶ [−1, 1]).
2 2
22
Di conseguenza, si verifica facilmente tramite un teorema che se 𝑓 è strettamente
monotòna, allora 𝑓 è iniettiva:
Per l’ordinamento, si verifica infatti che ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≶ 𝑓 (𝑥2 ), e
che quindi ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 ≠ 𝑥2 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≠ 𝑓 (𝑥2 ).
Una funzione non è monotòna se:
∃𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 < 𝑥3 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≤ 𝑓 (𝑥2 ) ≥ 𝑓(𝑥3 );
∃𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 < 𝑥3 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≥ 𝑓 (𝑥2 ) ≤ 𝑓(𝑥3 );
∀𝑥1, 𝑥2 , 𝑥3 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 < 𝑥3 ⟹ 𝑓 (𝑥1) = 𝑓(𝑥2 ) = 𝑓 (𝑥3 ) (funzione
costante).
23
Funzioni limitate
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ:
𝑓 è limitata superiormente se l’insieme delle immagini 𝑓 (𝐴) ammette
maggiorante: ∃𝑘 ∈ ℝ ∶ 𝑘 ≥ 𝑓 (𝑥 ) ∀𝑥 ∈ 𝐴; in questo caso abbiamo che
sup𝑓 (𝑥 ) = 𝑘 e inf𝑓 (𝑥 ) = −∞;
𝑓 è limitata inferiormente se l’insieme delle immagini 𝑓(𝐴) ammette
minorante: ∃ℎ ∈ ℝ ∶ ℎ ≤ 𝑓 (𝑥 ) ∀𝑥 ∈ 𝐴; in questo caso abbiamo che
sup𝑓 (𝑥 ) = +∞ e inf𝑓 (𝑥 ) = ℎ;
𝑓 è limitata se è limitata sia superiormente sia inferiormente: ∃ℎ, 𝑘 ∈ ℝ ∶ ℎ ≤
𝑓 (𝑥 ) ≤ 𝑘 ∀𝑥 ∈ 𝐴; in questo caso abbiamo che sup𝑓 (𝑥 ) = 𝑘 e inf𝑓 (𝑥 ) = ℎ;
24
o È generalmente biunivoca, quindi invertibile. La funzione inversa 𝑓 −1
1
corrisponde ad un’altra funzione lineare 𝑓 (𝑥 ) = 𝑚1𝑥 + 𝑞1, con 𝑚1 =
𝑚
𝑞
e 𝑞1 = − ;
𝑚
o E’ generalmente strettamente monotòna: se 𝑚 > 0, 𝑓 è strettamente
crescente; se 𝑚 < 0, 𝑓 è strettamente decrescente;
o E’ illimitata.
25
o E’ invertibile solo se si impone 𝐶𝑜𝑑(𝑓 (𝑥 )) = 𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, +∞[. In
questo caso, 𝑓 −1 è detta funzione radice quadrata.
o Non è monotòna: ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ ℝ, 𝑥1 < 0 < 𝑥2 ⟹ 𝑓(𝑥1) ≥ 0 ≤ 𝑓 (𝑥2 );
o E’ non negativa;
o E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 0.
Funzione radice quadrata: 𝑓 ∶ [0, +∞[ ⟶ [0, +∞[ ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = √𝑥; è la
funzione inversa della funzione quadratica definita da [0, +∞[ a [0, +∞[.
o E’ biunivoca, e quindi invertibile;
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ non negativa;
o E’ E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 0.
𝜋 𝜋
Funzione arcoseno: 𝑓 ∶ [−1, 1] ⟶ [− , ]; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = arcsin 𝑥;
2 2
o E’ biunivoca, quindi invertibile. E’ la funzione inversa della funzione
𝜋 𝜋
seno con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [− , ];
2 2
o E’ monotòna strettamente crescente;
𝜋 𝜋
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = e inf𝑓 (𝑥 ) = − ;
2 2
28
Funzione coseno: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ [−1, 1]; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = cos 𝑥; graficamente
corrisponde ad un’“onda” che interseca infinite volte l’asse delle ascisse,
𝜋
analoga alla funzione sinusoidale ma sfasata di rispetto a quest’ultima.
2
o E’ suriettiva, ma non iniettiva. Si può rendere iniettiva imponendo
𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, 𝜋]. La funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde alla funzione
arcocoseno;
o Non è monotòna;
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = 1 e inf𝑓 (𝑥 ) = −1;
29
𝑥 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 0
Funzione valore assoluto: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = |𝑥| = { ;
−𝑥 𝑠𝑒 𝑥 ≤ 0
o Non è né suriettiva né iniettiva;
o Non è monotòna;
o E’ non negativa;
o E’ illimitata superiormente;
𝑐1 𝑠𝑒 𝑥 ∈ [𝑘, +∞[
Funzione a gradino: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = { , con
𝑐2 𝑠𝑒 𝑥 ∈ ]−∞, 𝑘 [
𝑘 ∈ ℝ; Graficamente si presenta come due semirette appartenenti a due
distinte rette costanti, con differenza di ordinate corrispondente a |𝑐1 − 𝑐2|;
o Non è né suriettiva né iniettiva;
o Non è monotòna;
o E’ Positiva se 𝑐1 > 0 e 𝑐2 > 0; è negativa se 𝑐1 < 0 e 𝑐2 < 0;
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = 𝑐1 (o 𝑐2) e inf𝑓 (𝑥 ) = 𝑐2 (o 𝑐1);
30
Funzione parte intera: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = ⌈𝑥⌉ = 𝑛, con 𝑛 ≤ 𝑥 ≤ 𝑛 +
1; Graficamente si presenta come una funzione a gradino con infiniti 𝑐𝑛 con
𝑥 ∈ [𝑛, 𝑛 + 1];
o Non è né suriettiva né iniettiva;
o Non è monotòna;
o E’ illimitata;
31
Funzione logaritmica: 𝑓 ∶ ]0, +∞[ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓(𝑥 ) = log 𝑎 𝑥; è l’inverso
della funzione esponenziale, che mai tocca l’asse delle ordinate e che diverge
a più infinito se 𝑎 > 1 e a meno infinito se 0 < 𝑎 < 1;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è la funzione
esponenziale;
o E’ monotòna strettamente crescente se 𝑎 > 1; è monotòna
strettamente decrescente se 0 < 𝑎 < 1;
o E’ illimitata;
Somma di funzioni
Siano 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓) ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ:
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )
𝑓 + 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ) ∩ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) = { ⟶ℝ
𝐷𝑜𝑚(𝑔)
32
Prodotto di funzioni
Siano 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓) ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ:
𝐷𝑜𝑚 (𝑓 )
𝑓 ∙ 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ∩ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) = { ⟶ℝ
𝐷𝑜𝑚(𝑔)
Rapporto di funzioni
Siano 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓) ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ:
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )
𝑓
∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ∩ 𝐷𝑜𝑚(𝑔)\{𝑥 ∈ 𝐷𝑜𝑚 (𝑔) ∶ 𝑔(𝑥 ) = 0} = { 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ
𝑔
𝑔(𝑥 ) ≠ 0
Inverso di funzioni
Siano 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓) ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ;
Sia 𝑓 (𝑥 ) = 1:
1 𝐷𝑜𝑚 (𝑔)
∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑔)\{𝑥 ∈ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ∶ 𝑔(𝑥 ) = 0} = { ⟶ℝ
𝑔 𝑔(𝑥 ) ≠ 0
Funzioni composte
Siano 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ 𝐵 e 𝑔 ∶ 𝐶 ⟶ 𝐷;
Sia 𝑓 (𝐴) ⊆ 𝐶:
𝐴 ⟶ 𝑓 (𝐴 ) ⊆ 𝐶 ⟶ 𝐷
𝑥 ⟼ 𝑓(𝑥 ) ∈ 𝐶 ⟼ 𝑔(𝑓 (𝑥 )) = 𝑔 ∘ 𝑓
𝑥∈𝐴
𝑔∘𝑓 ∶ { ( ) ⟶ 𝐷
𝑓 𝑥 ∈ 𝐶
33
Esempi di funzioni non elementari e caratteristiche
1
Funzione iperbole: 𝑓 ∶ ℝ\{0} ⟶ ℝ\{0}; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = ; graficamente
𝑥
corrisponde a due rami di iperbole equilatera, con gli assi cartesiani come
asintoti.
o E’ biunivoca, e
quindi
invertibile: la
funzione inversa
𝑓 −1 è identica
alla funzione di
partenza;
o Non è
monotòna;
o E’ illimitata.
𝐷𝑜𝑚 (sin 𝑥 ) ℝ
Funzione tangente: 𝑓 ∶ {𝐷𝑜𝑚 (cos 𝑥 ) = { ℝ =
𝜋
cos 𝑥 ≠ 0 x ≠ + 𝑘𝜋, 𝑘 ∈ ℤ
2
𝜋 sin 𝑥
ℝ\ { + 𝑘𝜋 ∶ 𝑘 ∈ ℤ} ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = = tan 𝑥.
2 cos 𝑥
o È suriettiva, ma non iniettiva. Per renderla tale, basta restringere il
𝜋 𝜋
dominio all’intervallo ]− , [; la funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde alla
2 2
funzione arcotangente;
o Non è monotòna;
o E’ illimitata.
34
𝜋 𝜋
Funzione arcotangente: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ]− , [; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = arctan 𝑥.
2 2
−1
o È biunivoca: la funzione inversa 𝑓 corrisponde alla funzione tangente
𝜋 𝜋
definita in ]− , [;
2 2
o E’ monotòna strettamente crescente;
𝜋 𝜋
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = e inf𝑓 (𝑥 ) = − .
2 2
𝑒 𝑥 −𝑒 −𝑥
Funzione seno iperbolico: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = = sinh 𝑥;
2
graficamente si presenta come una simil-cubica passante per l’origine;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è detta
funzione settore seno iperbolico o arcoseno iperbolico;
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ illimitata;
35
Funzione settore seno iperbolico/arcoseno iperbolico: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo
𝑓 (𝑥 ) = ln(𝑥 + √𝑥 2 + 1) = arcsinh 𝑥 = sett sinh 𝑥; è l’inverso della funzione
seno iperbolico;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è la funzione
seno iperbolico;
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ illimitata;
𝑒 𝑥 +𝑒 −𝑥
Funzione coseno iperbolico: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ [1, +∞[; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = =
2
cosh 𝑥; graficamente si presenta come una simil-parabola con il vertice in
(0, 1);
o E’ suriettiva, ma non iniettiva. Si può rendere iniettiva imponendo
𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, +∞]. La funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde alla
funzione settore coseno iperbolico o arcocoseno iperbolico;
o Non è monotona;
o E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 1;
36
Funzione settore coseno iperbolico/arcocoseno iperbolico: 𝑓 ∶ [1, +∞[ ⟶
[0, +∞]; del tipo 𝑓(𝑥 ) = ln(𝑥 + √𝑥 2 − 1) = arccosh 𝑥 = sett cosh 𝑥; è
l’inverso della funzione coseno iperbolico;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è la funzione
coseno iperbolico con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, +∞];
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 0;
Limiti di funzioni
̃ punto di accumulazione per 𝐴 e 𝑙 ∈ ℝ
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ ℝ ̃:
Si dice che 𝑓 ammette limite 𝒍 per 𝒙 che tende a 𝒙𝟎 se, per ogni intorno 𝐼 (𝑙), esiste
un intorno 𝐼 (𝑥0 ) tale che 𝑓 (𝑥 ) appartenga a 𝐼 (𝑙) per ogni 𝑥 appartenente ad 𝐴 ∩
𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }:
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀ 𝐼 (𝑙) ∃ 𝐼(𝑥0 ) ∶ 𝑓 (𝑥 ) ∈ 𝐼(𝑙) ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }
𝑥→𝑥0
37
Se 𝑙 ∈ ℝ, allora 𝑓 converge ad 𝑙;
Se 𝑙 = +∞, allora 𝑓 diverge positivamente;
Se 𝑙 = −∞, allora 𝑓 diverge negativamente;
Dimostrazione
Per la definizione di limite, sappiamo che:
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀𝜀 > 0, ∃𝐼 (𝑥0 ) ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }
𝑥→𝑥0
Corollario
̃ punto di accumulazione per 𝐴:
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ ℝ
Se 𝑓 > 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴, se esiste il lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, allora vale la seguente relazione:
𝑥→𝑥0
𝑙 ≥ 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;
Se 𝑓 < 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴, se esiste il lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, allora vale la seguente relazione:
𝑥→𝑥0
𝑙 ≤ 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;
40
Dimostrazione
Supponiamo per assurdo che esistano lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙1 e lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙2 , con 𝑙1 ≠ 𝑙2 e
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑙1 , 𝑙2 ∈ ℝ.
lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙1 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝐼1(𝑥0 ) ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙1 | < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼1(𝑥0 )\{𝑥0 };
𝑥→𝑥0
lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙2 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝐼2(𝑥0 ) ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙2 | < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼2(𝑥0 )\{𝑥0 };
𝑥→𝑥0
41
Metodo di calcolo: limiti di monomi
Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, una funzione monomiale e sia 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione
per 𝐴:
Si dimostra che, in questo caso, il lim 𝑓 (𝑥 ) è uguale al valore che la funzione
𝑥→𝑥0
assume nel punto 𝑓(𝑥0 ):
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0
Esempio: Siano 𝑓 (𝑥 ) = 3𝑥 e 𝑥0 = 2:
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (2) = 3 ∙ 2 = 6
𝑥→2
Se invece 𝑥0 = ±∞:
lim 𝑓 (𝑥 ) = [3 ∙ (±∞)] = ±∞
𝑥→±∞
lim 𝑥 3 = +∞
𝑥→+∞
43
2 2
𝑔(𝑥 ) + ℎ(𝑥 ) (𝑔(𝑥 )) − (ℎ (𝑥 ))
𝑓 (𝑥 ) = (𝑔(𝑥 ) − ℎ(𝑥 )) ( )=
𝑔(𝑥 ) + ℎ(𝑥 ) 𝑔(𝑥 ) + ℎ (𝑥 )
E sia 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴; per le proprietà dei limiti sappiamo che il
limite del rapporto è uguale al rapporto dei limiti, e che quindi:
lim 𝑁(𝑥 )
𝑁 (𝑥 ) 𝑥→𝑥 𝑙
0
lim 𝑓 (𝑥 ) = lim = =
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝐷 (𝑥 ) lim 𝐷 (𝑥 ) 𝑚
𝑥→𝑥0
0 lim 𝑁(𝑥 ) 0
𝑥→𝑥0
[ ] 𝑠𝑒 =[ ]
0 lim 𝐷 (𝑥 ) 0
{ 𝑥→𝑥0
44
𝟎
Quest’ultima è detta forma indeterminata [ ], e si calcola generalmente
𝟎
scomponendo algebricamente numeratore e denominatore con le tecniche di
scomposizione note (divisione tra polinomi, prodotti notevoli, scomposizione con
metodo di Ruffini ecc…) oppure applicando altre tecniche già esaminate in base alla
situazione.
Esempi:
√𝑥−1
lim ( ):
𝑥→1 𝑥−1
𝑥 2 −4𝑥−12
lim ( ):
𝑥→6 6−𝑥
𝑥 2 − 4𝑥 − 12 0 (𝑥 − 6)(𝑥 + 2)
lim ( ) = [ ] = lim (− ) = − lim (𝑥 + 2) = −8
𝑥→6 6−𝑥 0 𝑥→6 𝑥−6 𝑥→6
∞
Se 𝑥0 = ±∞, allora generalmente ci si ritrova nella forma indeterminata [ ], che si
∞
risolve in maniera analoga alla forma indeterminata [∞ − ∞]; infatti basta
considerare il limite del termine di grado maggiore al numeratore e di quello al
denominatore, operare le semplificazioni del caso e quindi calcolare il limite di
quanto rimane.
45
2𝑥 4 +𝑥3 +2
Esempio: lim ( ):
𝑥→+∞ 6𝑥 3 +3𝑥2 +𝑥+5
1 2
2𝑥 4 + 𝑥 3 + 2 ∞ 𝑥4 2+ + 2
lim ( 3 ) = [ ] = lim 3 ( 𝑥 𝑥 )
2
𝑥→+∞ 6𝑥 + 3𝑥 + 𝑥 + 5 ∞ 𝑥→+∞ 𝑥 3 1 5
6+ + 2+ 3
𝑥 𝑥 𝑥
1 2
2+ + 2 1
𝑥 𝑥
= ( lim 𝑥) ( lim ( )) = lim 𝑥 = +∞
𝑥→+∞ 𝑥→+∞ 3 1 5 3 𝑥→+∞
6+ + 2+ 3
𝑥 𝑥 𝑥
𝑥 𝑥
Esempio: lim [( ) ]:
𝑥→0 𝑥+1
𝑥 𝑥 𝑥
)
lim [( ) ] = [00] = lim (𝑒 𝑥 ln(𝑥+1 ) = lim (𝑒 𝑥(ln 𝑥−ln(𝑥+1)))
𝑥→0 𝑥 + 1 𝑥→0 𝑥→0
𝑥 ln 𝑥 0
𝑒 𝑒
= lim ( 𝑥 ln(𝑥+1)) = 0 = 1 (𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑒𝑓𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 lim 𝑥 ln 𝑥 = 0)
𝑥→0 𝑒 𝑒 𝑥→0
46
supponiamo che esistano e che siano coincidenti e convergenti i limiti:
lim ℎ(𝑥 ) = lim 𝑔(𝑥 ) = 𝑙;
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
Dimostrazione
Applicando la dimostrazione del teorema dell’unicità del limite, abbiamo che:
lim ℎ(𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝐼2(𝑥0 ) ∶ |ℎ(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼2(𝑥0 )\{𝑥0 };
𝑥→𝑥0
lim 𝑔(𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝐼1(𝑥0 ) ∶ |𝑔(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼1(𝑥0 )\{𝑥0 };
𝑥→𝑥0
Allora:
lim 𝑓(𝑥 ) = +∞ ⟹ lim 𝑔(𝑥 ) = + ∞: se la funzione minore diverge a +∞,
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
allora anche la maggiore diverge a +∞;
lim 𝑔(𝑥 ) = −∞ ⟹ lim 𝑓 (𝑥 ) = − ∞: se la funzione maggiore diverge a −∞,
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
allora anche la minore diverge a −∞;
47
Definizione di infinitesimo
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo che 𝒇 è
un infinitesimo per 𝑥 tendente a 𝑥0 se lim 𝑓 (𝑥 ) = 0. Da ciò osserviamo che:
𝑥→𝑥0
𝑓(𝑥)
Se lim = 0, allora diremo che 𝒇 è un o-piccolo di 𝒈 (𝑓(𝑥 ) = 𝑜(𝑔(𝑥 ))),
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
cioè 𝑓 è un infinitesimo di ordine maggiore di 𝑔 (𝑓 si avvicina a 0 “più
velocemente” rispetto a 𝑔);
𝑓(𝑥)
Se lim = ± ∞, allora diremo che 𝒈 è un o-piccolo di 𝒇 (𝑔(𝑥 ) =
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
𝑜(𝑓 (𝑥 ))), cioè 𝑔 è un infinitesimo di ordine maggiore di 𝑓 (𝑔 si avvicina a 0
“più velocemente” rispetto ad 𝑓);
𝑓(𝑥)
Se lim = 1, allora diremo che 𝒇 e 𝒈 sono infinitesimi dello stesso
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
ordine, ovvero sono asintoticamente equivalenti per 𝒙 → 𝒙𝟎 (𝑓 (𝑥 ) ~ 𝑔(𝑥 ));
Ordine di infinitesimi
Siano:
𝑓 (𝑥 ) = log 𝑎 (1 + 𝑥 ), con 𝑎 > 1;
𝑔(𝑥 ) = 𝑎𝑥 − 1, con 𝑎 > 1;
ℎ(𝑥 ) = 𝑥 𝛼 , con 𝛼 > 1;
𝑙(𝑥 ) = 𝑥;
Si dimostra che, per 𝑥 → 0:
𝑓 (𝑥 ) ~ 𝑔(𝑥 ) ~ 𝑙(𝑥 ) (sono infinitesimi dello stesso ordine);
48
ℎ(𝑥 ) = 𝑜(𝑓 (𝑥 ));
ℎ(𝑥 ) = 𝑜(𝑔(𝑥 ));
ℎ(𝑥 ) = 𝑜(𝑙 (𝑥 ));
Inoltre, in generale:
𝑥 𝑛 = 𝑜 (𝑥 𝑛−𝑝 ) ∀𝑛, 𝑝 ∈ ℕ ∶ 𝑛 > 𝑝
Definizione di infinito
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝒇 è un infinito per 𝑥 tendente a 𝑥0 se lim 𝑓 (𝑥 ) = ± ∞.
𝑥→𝑥0
𝑓(𝑥)
Se lim = ±∞, allora diremo che 𝒇 è un o-grande di 𝒈 (𝑓(𝑥 ) =
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
𝑂(𝑔(𝑥 ))), cioè 𝑓 è un infinito di ordine maggiore di 𝑔 (𝑓 si avvicina a ±∞ “più
velocemente” rispetto a 𝑔);
𝑓(𝑥)
Se lim = 0, allora diremo che 𝒈 è un o-grande di 𝒇 (𝑔(𝑥 ) = 𝑂(𝑓 (𝑥 ))),
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
cioè 𝑔 è un infinito di ordine maggiore di 𝑓 (𝑔 si avvicina a ±∞ “più
velocemente” rispetto a 𝑓);
𝑓(𝑥)
Se lim = 1, allora diremo che 𝒇 e 𝒈 sono infiniti dello stesso ordine,
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
ovvero sono asintoticamente equivalenti per 𝒙 → 𝒙𝟎 (𝑓(𝑥 ) ~ 𝑔(𝑥 ));
Ordine di infiniti
Siano:
𝑓 (𝑥 ) = log 𝑎 𝑥, con 𝑎 > 1;
𝑔(𝑥 ) = 𝑥 𝛼 ;
ℎ(𝑥 ) = 𝑎𝑥 , con 𝑎 > 1;
Si dimostra che, per 𝑥 → ±∞:
49
ℎ(𝑥 ) = 𝑂(𝑔(𝑥 ));
𝑔(𝑥 ) = 𝑂(𝑓 (𝑥 )).
Esempio:
sin(5𝑥)
lim+ :
𝑥→0 √ln(1+4𝑥 2 )
sin(5𝑥) 0
lim+ = [ ] ; sin(5𝑥) ~ 5𝑥 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → 0+ ,
𝑥→0 √ln(1 + 4𝑥 2 ) 0
sin(5𝑥 ) 5𝑥
ln(1 + 4𝑥 2 ) ~ 4𝑥 2 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → 0+ ⟶ lim+ = lim+
𝑥→0 √ln(1 + 4𝑥 2 ) 𝑥→0 √4𝑥 2
5𝑥 5 5
= lim+ = lim+ =
𝑥→0 2𝑥 𝑥→0 2 2
50
Metodo di calcolo: confronto fra infiniti e infinitesimi e forme
0 ∞
indeterminate [ ] e [ ]
0 ∞
∞ 0
Le forme indeterminate [ ] o [ ], oltre ai metodi già analizzati, possono essere
∞ 0
risolte applicando il confronto tra gli ordini degli infinitesimi e degli infiniti.
𝑓(𝑥) ∞
Se lim = [ ] allora si possono verificare due casi:
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) ∞
𝑓(𝑥)
o 𝒇(𝒙) = 𝑶(𝒈(𝒙)): in questo caso, per 𝑥 → 𝑥0 abbiamo che ~ 𝑓 (𝑥 )
𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥)
e che dunque lim = lim 𝑓 (𝑥 ) = ±∞;
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 𝑥→𝑥0
𝑓(𝑥) 1
o 𝒈(𝒙) = 𝑶(𝒇(𝒙)): in questo caso, per 𝑥 → 𝑥0 abbiamo che ~ e
𝑔(𝑥) 𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥) 1 1
che dunque lim = lim = [ ] = 0;
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) ∞
𝑓(𝑥) 0
Se lim = [ ] allora si possono verificare due casi:
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 0
𝑓(𝑥) 0
o 𝒇(𝒙) = 𝒐(𝒈(𝒙)): in questo caso, per 𝑥 → 𝑥0 abbiamo che ~ e
𝑔(𝑥) 𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥) 0
che dunque lim = [ ] = 0;
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) ∞
𝑓(𝑥) 𝑓(𝑥)
o 𝒈(𝒙) = 𝒐(𝒇(𝒙)): in questo caso, per 𝑥 → 𝑥0 abbiamo che ~[ ]
𝑔(𝑥) 0
𝑓(𝑥) ∞
e che dunque lim = [ ] = ±∞;
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 0
Esempi:
𝑒𝑥
lim :
𝑥→+∞ ln 𝑥
𝑒𝑥 ∞ 𝑥
𝑒𝑥 𝑥
𝑒𝑥
lim = [ ] ⟶ 𝑒 = 𝑂 (ln 𝑥 ) ⟶ ~ 𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → +∞ ⟶ lim
𝑥→+∞ ln 𝑥 ∞ ln 𝑥 𝑥→+∞ ln 𝑥
𝑥
= lim 𝑒 = +∞
𝑥→+∞
51
ln(1+𝑥)
lim+ :
𝑥→0 𝑥2
ln(1 + 𝑥 ) 0
lim+ 2 = [ ] ⟶ 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → 0+ , ln(1 + 𝑥 ) ~ 𝑥 ⟶ 𝑥 2 = 𝑜(𝑥 ) ⟶ 𝑥 2
𝑥→0 𝑥 0
ln(1 + 𝑥 ) ln(1 + 𝑥 )
= 𝑜(ln(1 + 𝑥 )) ⟶ lim+ = [ ] = +∞
𝑥→0 𝑥2 0+
ln(1+𝑥)
lim+ : In questo caso, sulla base di quanto detto nel precedente
𝑥→0 𝑥
esempio, ln(1 + 𝑥 ) ~ 𝑥 per 𝑥 → 0+ ; di conseguenza, essendo le due funzioni
due infinitesimi dello stesso ordine, non è possibile applicare il confronto fra
infinitesimi per risolvere il limite in questione.
Limiti notevoli
I limiti notevoli sono dei particolari limiti per la cui risoluzione bisogna operare una
serie di considerazioni di tipo teorico basate sui teoremi del confronto sopra
enunciati:
sin 𝑥 sin 𝑥
lim = 1: dalla trigonometria sappiamo che sin 𝑥 ≤ 𝑥 ≤ tan 𝑥 ⟹ ≤
𝑥→0 𝑥 sin 𝑥
𝑥 tan 𝑥 𝑥 1 sin 𝑥
≤ ⟹1≤ ≤ ⟹ cos 𝑥 ≤ ≤ 1: lim cos 𝑥 = 1,
sin 𝑥 sin 𝑥 sin 𝑥 cos 𝑥 𝑥 𝑥→0
sin 𝑥
lim 1 = 1, e quindi, per il teorema dei carabinieri: lim = 1.
𝑥→0 𝑥→0 𝑥
Da tale limite notevole si possono definire anche:
sin(𝑓(𝑥))
o lim = 1;
𝑥→0 𝑓(𝑥)
sin 𝑥 𝑛
o lim ( ) = 1.
𝑥→0 𝑥
52
sin 𝑥 + 𝑥; per il teorema del confronto per funzioni divergenti: lim 𝑥 − 1 =
𝑥→+∞
+∞ ⟹ lim sin 𝑥 + 𝑥 = + ∞.
𝑥→+∞
1 𝑥
lim (1 + ) = 𝑒: Limite di Nepero;
𝑥→+∞ 𝑥
1 1
ln(1+𝑥) ln(1+𝑥) 1
lim = 1: = ln(1 + 𝑥 ) = ln(1 + 𝑥 )𝑥 ⟹ lim ln(1 + 𝑥 )𝑥 =
𝑥→0 𝑥 𝑥 𝑥 𝑥→0
1 𝑥
lim ln (1 + ) = lim ln 𝑒 = 1;
𝑥→+∞ 𝑥 𝑥→+∞
𝑎𝑥 −1
lim = ln 𝑎: Da tale limite notevole ricaviamo anche:
𝑥→0 𝑥
𝑒 𝑥 −1
o lim = 1.
𝑥→0 𝑥
lim 𝑥 ln 𝑥 = 0;
𝑥→0
𝑥 ∞ 𝑥 1
lim (𝑥𝑒 −3𝑥 ) = [0 ∙ ∞] = lim ( ) = [ ] ⟶ 𝑒 3𝑥
= 𝑂 (𝑥 ) ⟶ ~ 𝑝𝑒𝑟 𝑥
𝑥→+∞ 𝑥→+∞ 𝑒 3𝑥 ∞ 𝑒 3𝑥 𝑒 3𝑥
𝑥 1
→ +∞ ⟶ lim ( 3𝑥 ) = lim ( 3𝑥 ) = 0
𝑥→+∞ 𝑒 𝑥→+∞ 𝑒
Asintoti
Il concetto di limite ci introduce ad un’entità matematica particolarmente utile nello
studio di funzione, ovvero gli asintoti. Essi corrispondono a delle rette del piano
rispetto alle quali il grafico della funzione si avvicina sempre di più senza mai
intersecarle; possono essere verticali, orizzontali, obliqui:
Data 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 )\{𝑥0 } ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∉ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) punto di
accumulazione per 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ):
53
se lim 𝑓(𝑥 ) = ±∞, allora la retta 𝑥 = 𝑥0 è un asintoto verticale di 𝑓 (𝑥 ).
𝑥→𝑥0
Data 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ) ⊆ ℝ ⟶ ℝ, con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) non limitato superiormente o
inferiormente:
se lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, con 𝑙 ≠ ±∞, allora la retta 𝑦 = 𝑙 è un asintoto orizzontale
𝑥→±∞
di 𝑓 (𝑥 ).
Data 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ) ⊆ ℝ ⟶ ℝ, con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) non limitato superiormente o
inferiormente:
se lim 𝑓 (𝑥 ) = ±∞, allora non c’è asintoto orizzontale, ma potrebbe esserci
𝑥→±∞
un asintoto obliquo di 𝑓 (𝑥 ) con equazione del tipo 𝑦 = 𝑚𝑥 + 𝑞, con 𝑚 =
𝑓(𝑥)
lim e 𝑞 = lim [𝑓 (𝑥 ) − 𝑚𝑥 ]. Se i limiti che definiscono 𝑚 e/o 𝑞
𝑥→±∞ 𝑥 𝑥→±∞
𝑓(𝑥)
tendono a ±∞, allora 𝑚 e/o 𝑞 non esistono; in particolare, se lim =
𝑥→±∞ 𝑥
±∞, allora non esiste asintoto obliquo.
Nella figura a seguire è rappresentata una generica funzione 𝑓 (𝑥 ) che ha 𝑥 = 1
come asintoto verticale (tale che lim− 𝑓 (𝑥 ) = −∞ e lim+ 𝑓 (𝑥 ) = +∞), 𝑦 = 1 come
𝑥→1 𝑥→1
asintoto orizzontale (tale che lim 𝑓 (𝑥 ) = 1), e 𝑦 = 𝑥 come asintoto obliquo:
𝑥→−∞
Successioni
54
Si definisce successione una funzione 𝑓 ∶ ℕ ⟶ ℝ che associa ad ogni elemento 𝑛 ∈
ℕ uno e un solo elemento 𝑓 (𝑛) = 𝑎𝑛 , tale che:
0 ↦ 𝑓(0) = 𝑎0
1 ↦ 𝑓 (1) = 𝑎1
2 ↦ 𝑓(2) = 𝑎2
…
𝑛 ↦ 𝑓(𝑛) = 𝑎𝑛
Il grafico di una successione corrisponde ad una nube di punti appartenenti
all’insieme 𝐺𝑓 = {(𝑛, 𝑎𝑛 ) ∶ 𝑛 ∈ ℕ}.
Successioni limitate
Data {𝑎𝑛 }:
𝑎𝑛 è limitata superiormente se ammette maggiorante: ∃𝑘 ∈ ℝ 𝑎𝑛 ≤
𝑘 ∀𝑛 ∈ ℕ; in questo caso abbiamo che 𝐿 = sup{𝑎𝑛 } = 𝑘;
𝑎𝑛 ≤ 𝐿 ∀𝑛 ∈ ℕ
𝐿 = sup{𝑎𝑛 } ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 > 𝐿 − 𝜀
55
𝑎𝑛 ≥ 𝑙 ∀𝑛 ∈ ℕ
𝑙 = inf{𝑎𝑛 } ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 < 𝑙 + 𝜀
𝑎𝑛 è limitata inferiormente e superiormente se ammette minorante e
maggiorante: ∃ℎ, 𝑘 ∈ ℝ ℎ ≤ 𝑎𝑛 ≤ 𝑘 ∀𝑛 ∈ ℕ; in questo caso abbiamo che
sup 𝑎𝑛 = 𝑘 e inf 𝑎𝑛 = ℎ.
Limiti di successioni
Punti di accumulazione e punti isolati
Data {𝑎𝑛 }, tutti i punti 𝑛 ∈ ℕ sono punti isolati, in quanto ∄𝑛 ∈ 𝐼 (𝑛)\{𝑛} ⟹ ∄𝑛 ∈
ℕ ∶ 𝑛 < 𝑛 < 𝑛 + 1.
L’unico punto di accumulazione per ℕ è +∞, da cui ricaviamo che gli unici limiti di
successioni possibili sono quelli per 𝒏 che tende a +∞.
56
Teorema di corrispondenza tra convergenza e limitatezza di una
successione
Sia {𝑎𝑛 } una successione convergente; allora, {𝑎𝑛 } è anche limitata (ma non
obbligatoriamente una successione limitata è anche convergente).
Dimostrazione
Sia {𝑎𝑛 } una successione convergente
Per la definizione di limite di successione convergente: ∀𝜀 > 0 ∃𝜈 > 0 ∶
|𝑎𝑛 − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑛 > 𝜈;
Costruiamo l’insieme 𝐴 = {𝑎0 , 𝑎1 , 𝑎2 , … , 𝑎𝜈 , 𝑙 − 𝜀, 𝑙 + 𝜀};
𝐴 contiene al più 𝜈 + 2 elementi, e dunque è un insieme finito; essendo tale,
∃ℎ = min 𝐴 e ∃𝑘 = max 𝐴;
Di conseguenza, si può osservare come ℎ e 𝑘 siano rispettivamente un
minorante e un maggiorante per la successione, in particolare il massimo dei
minoranti (estremo inferiore) e il minimo dei maggioranti (estremo
superiore);
La successione è limitata (ℎ ≤ 𝑎𝑛 ≤ 𝑘).
∀{𝑎𝑛 }, lim 𝑎𝑛 = 𝑙
𝑛→+∞
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ {
𝑥→𝑥0 lim 𝑓 (𝑎𝑛 ) = 𝑙
𝑛→+∞
57
In virtù di tale teorema, per i limiti di successioni valgono tutte le operazioni (con
relative forme indeterminate) e i teoremi dei limiti di funzione:
Teorema dell’unicità del limite;
Teorema della permanenza del segno;
Teorema del confronto tra funzioni convergenti;
Teorema del confronto tra funzioni divergenti;
Tale teorema è utile per la dimostrazione della non esistenza dei limiti di funzione:
Esempio: Dimostrare che ∄ lim sin 𝑥:
𝑥→+∞
58
Corollario
Se {𝑎𝑛 } è convergente, allora:
Se 𝑎𝑛 > 0 ∀𝑛 ∈ ℕ, lim 𝑎𝑛 = 𝑙, allora vale la seguente relazione: 𝑙 ≥ 0;
𝑛→+∞
Se 𝑎𝑛 < 0 ∀𝑛 ∈ ℕ, lim 𝑎𝑛 = 𝑙, allora vale la seguente relazione: 𝑙 ≤ 0;
𝑛→+∞
Dimostrazione
{𝒂𝒏 } crescente o strettamente crescente e limitata superiormente:
o Ipotesi 1: 𝑎𝑛 ≤ 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ; 𝑎0 = min{𝑎𝑛 };
𝑎𝑛 ≤ 𝐿 ∀𝑛 ∈ ℕ
o Ipotesi 2: ∃𝐿 = sup{𝑎𝑛 } ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 > 𝐿 − 𝜀
Da tali relazioni, deduciamo che ∀𝑛 > 𝑛 𝑎𝑛 > 𝑎𝑛 ; dunque:
𝐿 − 𝜀 < 𝑎𝑛 < 𝑎𝑛 < 𝐿 < 𝐿 + 𝜀
59
Da cui ricaviamo la definizione di limite di successione regolare
convergente:
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ |𝑎𝑛 − 𝐿| < 𝜀 ∀𝑛 > 𝑛
60
Ordine di infiniti di successioni
𝑎𝑛 = log 𝑎 𝑛, con 𝑎 > 1;
𝑏𝑛 = 𝑛𝛼 ;
𝑐𝑛 = 𝑎𝑛 , con 𝑎 > 1;
𝑑𝑛 = 𝑛!
𝑒𝑛 = 𝑛𝑛
Tali successioni sono tutte infiniti (il loro limite tende a infinito) di ordine crescente
dall’alto verso il basso.
Sotto-successioni
Data {𝑎𝑛 }, si scelga una successione crescente di indici 𝑛1 < 𝑛2 < 𝑛3 < ⋯ < 𝑛𝑘
della successione (cioè si scelgano soltanto alcuni degli 𝑛 indici di 𝑎𝑛 ). Si ottiene così
la successione {𝑎𝑛𝑘 }, detta sotto-successione di {𝒂𝒏 }.
Due sotto-successioni sono:
Sotto-successione di posto pari: ossia la sotto-successione {𝑎2𝑘 } di tutti gli
indici pari (cioè con 𝑛𝑘 = 2𝑘, con 𝑘 ∈ ℕ);
Sotto-successione di posto dispari: ossia la sotto-successione {𝑎2𝑘+1} di tutti
gli indici dispari (cioè con 𝑛𝑘 = 2𝑘 + 1, con 𝑘 ∈ ℕ).
Tale teorema è utile per la dimostrazione della non esistenza dei limiti di
successione:
(−1)𝑛 𝑛+𝑛
Esempio: Dimostrare che ∄ lim :
𝑛→+∞ 𝑛+1
61
4𝑘
Svolgiamo i limiti di entrambe le sotto-successioni: lim =2e
𝑛→+∞ 2𝑘+1
lim 0 = 0;
𝑛→+∞
(−1)𝑛 𝑛+𝑛
I due limiti sono diversi: ∄ lim .
𝑛→+∞ 𝑛+1
62
Serie numeriche
Serie numeriche
Simbolo di sommatoria
Si definisce sommatoria il simbolo operatorio che permette di indicare in modo
conciso la somma di più addendi con l’indice che varia da un determinato valore 𝑘 =
𝑘0 (per esempio 𝑘 = 0) ad 𝑛; il simbolo di sommatoria è Σ. Il concetto di
sommatoria è alla base delle serie numeriche.
𝑛
∑ 𝑎𝑘 = 𝑎0 + 𝑎1 + 𝑎2 + ⋯ + 𝑎𝑛
𝑘=0
Serie numeriche
Si dice serie numerica la scrittura formale che indica la somma degli infiniti
elementi di una successione {𝒂𝒏 } con l’indice che varia da un determinato valore
𝑘 = 𝑘0 (per esempio 𝑘 = 0) a +∞:
+∞
∑ 𝑎𝑘 = 𝑎0 + 𝑎1 + 𝑎2 + ⋯ + 𝑎𝑛 + ⋯
𝑘=0
∑ 𝑎𝑘 = lim 𝑠𝑛 = 𝑆
𝑛→+∞
𝑘=0
la serie ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 diverge positivamente ⟺ {𝑠𝑛 } diverge positivamente (quindi
se lim 𝑠𝑛 = +∞):
𝑛→+∞
+∞
∑ 𝑎𝑘 = lim 𝑠𝑛 = +∞
𝑛→+∞
𝑘=0
la serie ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 diverge negativamente ⟺ {𝑠𝑛 } diverge negativamente
(quindi se lim 𝑠𝑛 = −∞):
𝑛→+∞
+∞
∑ 𝑎𝑘 = lim 𝑠𝑛 = −∞
𝑛→+∞
𝑘=0
la serie ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 è indeterminata ⟺ {𝑠𝑛 } è indeterminata.
Dimostrazione:
La serie è convergente, dunque lim 𝑠𝑛 = 𝑆; si osservi che 𝑠𝑛 = 𝑠𝑛−1 + 𝑎𝑛 , da cui
𝑛→+∞
𝑎𝑛 = 𝑠𝑛 − 𝑠𝑛−1; svolgendo il limite di ambo i membri otteniamo che
64
lim 𝑎𝑛 = lim 𝑠𝑛 − lim 𝑠𝑛−1 = 𝑆 − 𝑆 = 0
𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 𝑛→+∞
Osservazione:
Se lim 𝑎𝑛 ≠ 0, allora sicuramente la serie non converge;
𝑛→+∞
Serie notevoli
SERIE DI MENGOLI:
+∞
1
∑
𝑘 (𝑘 − 1)
𝑘=2
1 1 1
Il termine generale della serie è 𝑎𝑛 = = − ; sulla base di questa,
𝑛(𝑛−1) 𝑛−1 𝑛
costruiamo la successione delle somme parziali {𝑠𝑛 }:
1 1
o 𝑠2 = 𝑎2 = = ;
2(2−1) 2
1 1 1 1
o 𝑠3 = 𝑠2 + 𝑎3 = +( − )= 1− ;
2 2 3 3
1 1 1 1
o 𝑠4 = 𝑠3 + 𝑎4 = 1 − + ( − ) = 1 − ;
3 3 4 4
…
1
o 𝑠𝑛 = 1 − ; (detto comportamento della successione).
𝑛
65
SERIE ARMONICA GENERALIZZATA:
+∞
1
∑ , 𝛼>0
𝑘𝛼
𝑘=1
1
Prendiamo in analisi il caso di 𝛼 = :
2
+∞
1
∑
𝑘=1
√𝑘
1
Il termine generale della serie è 𝑎𝑛 = ; sulla base di questa, costruiamo la
√𝑛
successione delle somme parziali {𝑠𝑛 }, stabilendo una determinata relazione
d’ordine:
o 𝑠1 = 𝑎1 = 1;
1 1 1
o 𝑠2 = 𝑠1 + 𝑎2 = 1 + > + = √2;
√2 √2 √2
1 1 1 1 1
o 𝑠3 = 𝑠2 + 𝑎3 = 1 + + > + + = √3;
√2 √3 √3 √3 √3
…
1 1 1
o 𝑠𝑛 = 1 + + +⋯ > √𝑛.
√2 √3 √𝑛
lim √𝑛 = +∞ ⟹ lim 𝑠𝑛 = +∞
𝑛→+∞ 𝑛→+∞
da cui:
+∞
1
∑ = lim 𝑠𝑛 = +∞
√𝑘 𝑛→+∞
𝑘=1
_____________________________________________________________________
SERIE GEOMETRICA DI RAGIONE 𝒙:
+∞
∑ 𝑥𝑘
𝑘=0
66
per la convergenza di una serie identifichiamo per quali valori di 𝑥 la serie
converge, diverge o è indeterminata:
∄
𝑠𝑒 𝑥 ≤ −1
0 𝑠𝑒 − 1 < 𝑥 < 1
lim 𝑎𝑛 = lim 𝑥 𝑛 = {
𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 1 𝑠𝑒 𝑥 = 1
+∞ 𝑠𝑒 𝑥 > 1
+∞
𝑘
1 − 𝑥 𝑛+1 1
𝑆 = ∑ 𝑥 = lim 𝑠𝑛 = lim =
𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 1 − 𝑥 1−𝑥
𝑘=0
In definitiva:
+∞ 𝑖𝑛𝑑𝑒𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑒 𝑥 ≤ −1
1
∑ 𝑥𝑘 = { 𝑠𝑒 − 1 < 𝑥 < 1
1−𝑥
𝑘=0
+∞ 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 1
Dimostrazione:
Costruiamo la successione delle somme parziali {𝑠𝑛 }:
𝑠0 = 𝑎0 ;
𝑠1 = 𝑠0 + 𝑎1 ≥ 𝑠0;
𝑠2 = 𝑠1 + 𝑎2 ≥ 𝑠1;
…
𝑠𝑛+1 = 𝑠𝑛 + 𝑎𝑛+1 ≥ 𝑠𝑛 ;
67
Essendo 𝑠𝑛+1 ≥ 𝑠𝑛 , sappiamo che la successione {𝑠𝑛 } è monotòna crescente; per il
teorema di regolarità delle successioni monotòne, deduciamo dunque che {𝑠𝑛 } è
una successione regolare, da cui, per la definizione di carattere di una serie, anche
∑+∞
𝑘=0 𝑎𝑘 è regolare.
Convergenza assoluta
Diremo che la serie ∑+∞ +∞
𝑘=0 𝑎𝑘 è assolutamente convergente se ∑𝑘=0|𝑎𝑘 | è
convergente.
68
Criterio del confronto
Supponiamo che ∑+∞ +∞
𝑘=0 𝑎𝑘 e ∑𝑘=0 𝑏𝑘 siano due serie a termini non negativi, con 0 ≤
𝑎𝑘 ≤ 𝑏𝑘 : allora:
Se ∑+∞ +∞
𝑘=0 𝑏𝑘 converge ad 𝑆, allora anche ∑𝑘=0 𝑎𝑘 converge ad 𝑆;
Se ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 diverge, allora anche ∑+∞
𝑘=0 𝑏𝑘 diverge.
1
Esempio: Esplicitare il carattere della serie armonica generalizzata ∑+∞
𝑘=0 :
𝑘𝛼
69
Criterio della radice
Supponiamo che ∑+∞
𝑘=0 𝑎𝑘 sia una serie a termini non negativi; allora:
3𝑘+1
Esempio: Esplicitare il carattere della serie ∑+∞
𝑘=0 :
3𝑘
𝑘
Esempio: Esplicitare il carattere della serie ∑+∞
𝑘=0 𝑘 : 𝑒
70
Criteri di calcolo per serie a segni alterni
+∞
Data ∑𝑘=0 𝑎𝑘 , tale serie è detta a segni alterni se la successione del termine
generale può essere scritta come 𝑎𝑛 = (−1)𝑛 𝑏𝑛 con 𝑏𝑛 > 0 ∀𝑛 ∈ ℕ. Per stabilire
il carattere di queste serie ci si avvale di alcuni criteri.
Criterio di Leibnitz
Supponiamo che ∑+∞ +∞ 𝑘
𝑘=0 𝑎𝑘 = ∑𝑘=0(−1) 𝑏𝑘 sia una serie a segni alterni; se:
(−1)𝑘 𝑘
Esempio: Esplicitare il carattere della serie ∑+∞
𝑘=0 (𝑘+1)3 :
𝑛
E’ una serie a segni alterni, con 𝑏𝑛 = (𝑛+1)3 > 0 ∀𝑛 ∈ ℕ.
Criterio di Leibnitz: stabiliamo se {𝑏𝑛 } è strettamente decrescente ed
infinitesima:
o Per essere strettamente decrescente, la successione deve soddisfare la
relazione d’ordine 𝑏𝑛+1 < 𝑏𝑛 : procedendo col calcolo algebrico della
disequazione otteniamo 2𝑛3 + 6𝑛2 + 4𝑛 > 1, la quale è verificata
∀𝑛 ∈ ℕ; dunque, la successione è monotòna;
𝑛
o Affinché {𝑏𝑛 } sia infinitesima, lim 𝑏𝑛 = 0: lim (𝑛+1)3 = 0 dunque la
𝑛→+∞ 𝑛→+∞
successione è infinitesima.
In virtù del criterio di Leibnitz, la serie è convergente.
71
Continuità e discontinuità di funzioni
Punti di continuità
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴:
𝑓 è continua in 𝑥0 se esiste il limite lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ed è uguale a 𝑓 (𝑥0 ):
𝑥→𝑥0
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 ) ⟺ ∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑥0 è detto punto di continuità;
𝑓 è continua in 𝐴 se risulta essere continua ∀𝑥 ∈ 𝐴.
72
Osservazione: Se 𝑓 è una funzione strettamente monotòna, allora ammette un solo
zero.
Il teorema resta valido per quanto riguarda le funzioni continue definite negli
intervalli aperti se si sostituisce il valore del limite al valore della funzione nel punto:
Se 𝑓 ∶ ]𝑎, 𝑏[ ⟶ ℝ e lim+ 𝑓 (𝑥 ) ∙ lim− 𝑓(𝑥 ) < 0, allora ∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 (𝑥0 ) =
𝑥→𝑎 𝑥→𝑏
0;
Se 𝑓 ∶ ]𝑎, +∞[ ⟶ ℝ e lim+ 𝑓(𝑥 ) ∙ lim 𝑓 (𝑥 ) < 0, allora ∃𝑥0 ∈ ]𝑎, +∞[ ∶
𝑥→𝑎 𝑥→+∞
𝑓 (𝑥0 ) = 0;
Se 𝑓 ∶ ]−∞, 𝑏[ ⟶ ℝ e lim 𝑓(𝑥 ) ∙ lim− 𝑓 (𝑥 ) < 0, allora ∃𝑥0 ∈ ]−∞, 𝑏[ ∶
𝑥→−∞ 𝑥→𝑏
𝑓 (𝑥0 ) = 0.
Teorema di Weierstrass
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione continua in tutto l’intervallo limitato [𝑎, 𝑏]; allora 𝑓
ammette massimo e minimo assoluti:
73
∃𝑥1 , 𝑥2 ∈ [𝑎, 𝑏] ∶ min 𝑓 = 𝑓 (𝑥1 ) ≤ 𝑓 (𝑥 ) ≤ 𝑓 (𝑥2 ) = max 𝑓 ∀𝑥 ∈ ]𝑎, 𝑏[
[𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]
Punti di discontinuità
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝑥0 è un punto di discontinuità in 𝑓 se 𝑓 non è continua in 𝑥0 . Vi sono tre tipi di
punti di discontinuità: di I specie, di II specie e di III specie.
Discontinuità di I specie
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝑥0 è un punto di discontinuità di prima specie se esistono sia il limite destro che
il limite sinistro per 𝑥 che tende a 𝑥0 di 𝑓, ma tali limiti sono diversi:
∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙1 , ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙2 , 𝑙1 ≠ 𝑙2
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
74
Osservazione: La discontinuità di prima specie è l’unica tipologia di discontinuità
che possono avere le funzioni monotòne.
Discontinuità di II specie
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝑥0 è un punto di discontinuità di seconda specie se almeno uno dei due limiti
per 𝑥 che tende a 𝑥0 da destra e da sinistra di 𝑓 tende a ±∞ o non esiste
∄ lim+ 𝑓 (𝑥 ) , ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = ± ∞, ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 , ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = ±∞
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
75
Discontinuità di III specie
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝑥0 è un punto di discontinuità di terza specie se esistono sia il limite destro che
il limite sinistro per 𝑥 che tende a 𝑥0 di 𝑓 e sono uguali, ma il valore del limite è
diverso da quello della funzione in 𝑥0 :
∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, 𝑙 ≠ 𝑓 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
76
Tale discontinuità è detta anche discontinuità eliminabile previo utilizzo di
prolungamento per continuità.
77
Derivate
Punti di derivabilità e derivata prima
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴:
𝑓 è derivabile in 𝑥0 se esiste ed è finito il limite per ℎ che tende a 0 del
rapporto incrementale (ovvero la distanza tra i punti (𝑥0 , 𝑓 (𝑥0 )) e
(𝑥0 + ℎ, 𝑓 (𝑥0 + ℎ)) appartenenti al grafico di 𝑓, con ℎ ∈ ℝ e ℎ ≠ 0) e si pone
che:
𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓 (𝑥0 ) 𝑑 𝑓 (𝑥0 + ℎ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim = 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 𝑓 (𝑥 ) ⟺ ∃ lim+
ℎ→0 ℎ 𝑑𝑥 ℎ→0 ℎ
𝑓 (𝑥0 + ℎ ) − 𝑓 ( 𝑥0 )
= 𝑓+′ (𝑥0 ) = lim− = 𝑓−′ (𝑥0 ) = 𝑓 ′ (𝑥0 )
ℎ→0 ℎ
𝑥0 è detto punto di derivabilità;
𝑓 ′ (𝑥0 ) è detta derivata prima di 𝒇 nel punto 𝒙𝟎 ;
𝑓+′ (𝑥0 ) e 𝑓−′ (𝑥0 )sono dette rispettivamente derivata prima destra e derivata
prima sinistra di 𝒇 nel punto 𝒙𝟎 .
𝑓 è derivabile in 𝐴 se risulta essere derivabile ∀𝑥 ∈ 𝐴.
Ponendo 𝑥0 + ℎ = 𝑥, possiamo scrivere il rapporto incrementale anche come:
𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
𝑥 − 𝑥0
78
Significato geometrico di derivata prima
Data una funzione 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, determiniamo i parametri della retta secante la
funzione e passante per i punti (𝑥0 , 𝑓(𝑥0 )) e (𝑥0 + ℎ, 𝑓 (𝑥0 + ℎ)); per fare ciò,
risolviamo il seguente sistema lineare:
𝑓 (𝑥0 + ℎ) = 𝑚(𝑥0 + ℎ) + 𝑞
{
𝑓 (𝑥0 ) = 𝑚𝑥0 + 𝑞
𝑓(𝑥0 +ℎ)−𝑓(𝑥0 )
Sottraendo membro a membro, otteniamo 𝑚 = , cioè il rapporto
ℎ
incrementale. L’equazione della retta secante risulta quindi essere:
𝑓 (𝑥0 + ℎ) − 𝑓 (𝑥0 )
𝑦= (𝑥 − 𝑥0 ) + 𝑓 (𝑥0 )
ℎ
Da cui possiamo ottenere l’equazione della retta tangente in (𝑥0 , 𝑓 (𝑥0 )):
𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓 (𝑥0 )
𝑦 = (lim ) (𝑥 − 𝑥0 ) + 𝑓 (𝑥0 )
ℎ→0 ℎ
𝑦 = 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) + 𝑓 (𝑥0 )
Da cui otteniamo che la derivata prima di una funzione in un punto 𝑥0 è uguale al
coefficiente angolare della retta tangente il grafico della funzione nel punto
(𝒙𝟎 , 𝒇(𝒙𝟎 )).
79
Approssimazione lineare di I ordine
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ derivabile, considerata 𝑥 ∈ 𝐴, possiamo approssimare il valore
dell’immagine 𝑓 (𝑥 ) previo utilizzo dell’approssimazione lineare di I ordine.
Consideriamo dunque una retta 𝑟 tangente a 𝑓 in un punto 𝑥0 ∈ 𝐴 prossimo ad 𝑥;
l’immagine di 𝑥 su 𝑟 è 𝑦, che in virtù della formula della retta tangente in 𝑥0
possiamo scrivere come 𝑦 = 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) + 𝑓 (𝑥0 ); da ciò otteniamo dunque che:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑦 = 𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) − 𝑓 (𝑥0 )
81
Teorema di continuità delle funzioni derivabili
Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ e 𝑥0 ∈ 𝐴; se 𝑓 è derivabile in 𝑥0 allora sarà continua in 𝑥0 .
Dimostrazione:
Sia 𝑓 derivabile in 𝑥0 ; proviamo che 𝑓 è continua in 𝑥0 , cioè che lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 );
𝑥→𝑥0
da quest’ultima uguaglianza otteniamo l’identità lim (𝑓 (𝑥 )) − 𝑓 (𝑥0 ) = 0; per
𝑥→𝑥0
verificare se la funzione è continua, dobbiamo verificare la suddetta identità:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim (𝑓 (𝑥 )) − 𝑓 (𝑥0 ) = lim 𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 ) = lim ∙ (𝑥 − 𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
= 𝑓 ′ (𝑥 ) ∙ 0 = 0
L’identità è verificata, dunque la funzione è continua.
𝑑
Esempio: Calcolare log 𝑎 𝑥:
𝑑𝑥
𝑓1(𝑥 ) 𝑎 ≤ 𝑥 < 𝑥0
𝑓 (𝑥 ) = { 𝑦0 𝑥 = 𝑥0
𝑓2(𝑥 ) 𝑥0 < 𝑥 ≤ 𝑏
La derivata prima di 𝑓 non ci dà informazioni sulla derivabilità nel punto di cambio
della legge 𝑥0 ; per studiare la derivabilità in tale punto, dobbiamo svolgerci la
derivata prima destra e sinistra previa definizione: se queste coincidono, 𝑓 è
derivabile in 𝑥0 :
𝑓 (𝑥 ) − 𝑦0 𝑓 (𝑥 ) − 𝑦0
lim+ = lim− = 𝑓 ′ (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
83
Punti di non derivabilità
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴, diremo che 𝑥0 è un punto di non
derivabilità in 𝑓 se 𝑓 non è derivabile in 𝑥0 . Vi sono quattro tipi di punti di non
derivabilità: punti angolosi, punti di flesso a tangente verticale, punti di cuspide a
tangente verticale e punti di non derivabilità indeterminati.
Punti angolosi
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴, diremo che 𝑥0 è un punto angoloso se
esistono sia la derivata prima destra che la derivata prima sinistra di 𝑓 in 𝑥0 , ma
sono diverse:
∃𝑓+′ (𝑥0 ), ∃𝑓−′ (𝑥0 ), 𝑓+′ (𝑥0 ) ≠ 𝑓−′ (𝑥0 )
Entrambe le derivate possono essere finite, o al limite una di esse può essere uguale
a ±∞.
84
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
∃𝑓 ′ (𝑥0 ), lim = ±∞
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
85
Punti di non derivabilità indeterminati
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴, diremo che 𝑥0 è un punto di non
derivabilità indeterminato se
non esistono né la derivata
prima destra né la derivata
prima sinistra di 𝑓 in 𝑥0 :
∄𝑓+′ (𝑥0 ), ∄𝑓−′ (𝑥0 )
E’ il caso del punto 𝑥0 = 0 nella
1
funzione 𝑓 (𝑥 ) = sin ( ):
𝑥
Teorema di Fermat
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione derivabile in ]𝑎, 𝑏[ e sia 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ un punto di
massimo o minimo relativo per 𝑓; allora 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0 (cioè 𝑥0 è un punto critico).
𝑀(𝑥0 , 𝑦0 ); 𝑦0 = max 𝑓 ⟹ 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0
Dimostrazione
Supponiamo che 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ sia un punto di massimo, cioè che
∃𝐼 (𝑥0 ) ⊂ [𝑎, 𝑏] ∶ 𝑓 (𝑥 ) ≤ 𝑓 (𝑥0 ) ∀𝑥 ∈ 𝐼 (𝑥0 )
Possiamo dunque riscrivere la precedente relazione d’ordine come
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 ) ≤ 0
Osservazioni
Nel caso delle funzioni non derivabili, non tutti i punti di massimo o minimo relativo
sono punti critici, in quanto potrebbero essere anche punti di non derivabilità.
Il teorema di Fermat fornisce dunque un criterio per trovare gli eventuali punti di
massimo e minimo, i quali vanno dunque cercati fra gli eventuali punti critici.
Teorema di Rolle
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione:
Continua in [𝑎, 𝑏];
Derivabile in ]𝑎, 𝑏[;
Tale che 𝑓 (𝑎) = 𝑓 (𝑏);
Allora la funzione ammette almeno un punto critico, cioè ∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0.
88
Dimostrazione
Per ipotesi sappiamo che 𝑓 è continua in [𝑎, 𝑏]: essendo tale, possiamo applicare il
teorema di Weierstrass: ∃𝑥1 , 𝑥2 ∈ [𝑎, 𝑏] ∶ 𝑓 (𝑥1 ) = min 𝑓 , 𝑓 (𝑥2 ) = max 𝑓; a questo
[𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]
punto possono presentarsi due casi:
Se 𝒙𝟏 = 𝒂 e 𝒙𝟐 = 𝒃 (o viceversa), allora 𝑓(𝑎) = 𝑓(𝑥1) = min 𝑓 ≤ 𝑓 (𝑥 ) ≤
[𝑎,𝑏]
max 𝑓 = 𝑓(𝑥2 ) = 𝑓 (𝑏); essendo per ipotesi 𝑓 (𝑎) = 𝑓(𝑏), per le proprietà
[𝑎,𝑏]
dell’ordinamento min 𝑓 = 𝑓(𝑥 ) = max 𝑓 ; 𝑓 è quindi una funzione costante,
[𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]
cioè tutti i punti di 𝑓 sono punti critici.
Se almeno uno tra 𝒙𝟏 e 𝒙𝟐 è interno ad ]𝒂, 𝒃[ (per esempio 𝒙𝟏 ∈ ]𝒂, 𝒃[),
allora ad esempio 𝑓 (𝑥1 ) = min 𝑓: per il teorema di Fermat 𝑓 ′ (𝑥1 ) = 0, e
dunque 𝑥1 è un punto critico.
Contro-esempi
𝑥 0≤𝑥<1
𝒇 non è continua in [𝒂, 𝒃]: data la funzione 𝑓(𝑥 ) = { definita in
0 𝑥=1
[0, 1], 𝑓 risulta essere derivabile in ]0, 1[, 𝑓 (0) = 𝑓 (1), ma la funzione non è
continua in [0, 1] (vi è un salto per 𝑥0 = 1); la funzione non presenta infatti
punti critici.
𝒇 non è derivabile in ]𝒂, 𝒃[: data la funzione 𝑓 (𝑥 ) = |𝑥| definita in [−1, 1], 𝑓
risulta essere continua in [−1, 1], 𝑓(−1) = 𝑓(1) , ma la funzione non è
derivabile in tutto ]−1, 1[ (vi è un punto angoloso per 𝑥0 = 0); la funzione
non presenta infatti punti critici.
89
𝒇(𝒂) ≠ 𝒇(𝒃): data la funzione 𝑓 (𝑥 ) = 𝑥 definita in [−1, 1], 𝑓 risulta essere
continua in [−1, 1], derivabile in ]−1, 1[, ma 𝑓 (−1) ≠ 𝑓 (1) (𝑓 (−1) = −1 e
𝑓 (1) = 1); la funzione non presenta infatti punti critici.
Teorema di Lagrange
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione:
Continua in [𝑎, 𝑏];
Derivabile in ]𝑎, 𝑏[;
𝑓(𝑏)−𝑓(𝑎)
Allora ∃𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 ′ (𝑐 ) = .
𝑏−𝑎
Dimostrazione
Consideriamo i due punti (𝑎, 𝑓(𝑎) ), (𝑏, 𝑓(𝑏) ) ∈ 𝒢𝑓 , e definiamo la retta passante
per i due punti in questione:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓(𝑎) 𝑥 − 𝑎 𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎)
= ⟶ 𝑓 (𝑥 ) = (𝑥 − 𝑎) + 𝑓(𝑎)
𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎) 𝑏 − 𝑎 𝑏−𝑎
𝑓(𝑏)−𝑓(𝑎)
Definiamo ora la funzione 𝐹(𝑥 ) = 𝑓(𝑥 ) − (𝑥 − 𝑎) − 𝑓 (𝑎); sappiamo che:
𝑏−𝑎
90
𝐹 è derivabile in ]𝑎, 𝑏[;
Calcoliamo la derivata prima di 𝐹 (𝑥 ):
𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎) 𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)
𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 ′ (𝑥 ) − ∙ 1 − 0 = 𝑓 ′ (𝑥 ) −
𝑏−𝑎 𝑏−𝑎
Calcoliamo 𝐹 (𝑎) ed 𝐹 (𝑏): svolgendo i passaggi algebrici, concludiamo che
𝐹 (𝑎) = 𝐹 (𝑏) = 0
Trovandoci nelle condizioni, applichiamo il teorema di Rolle a 𝐹:
∃𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝐹′ (𝑐 ) = 0
Sostituendo quest’ultimo valore alla formula della derivata di 𝐹, otteniamo:
𝑓(𝑏) − 𝑓 (𝑎) 𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)
0 = 𝑓 ′ (𝑐 ) − ⟶ 𝑓 ′ (𝑐 ) =
𝑏−𝑎 𝑏−𝑎
Osservazione
Geometricamente, il teorema di Lagrange ci dice che, date le ipotesi di cui prima,
esiste un punto del grafico della funzione tale che la retta tangente al grafico in quel
punto abbia lo stesso coefficiente angolare della corda congiungente i punti
𝑓(𝑏)−𝑓(𝑎)
(𝑎, 𝑓 (𝑎)) e (𝑏, 𝑓 (𝑏)), cioè che sia parallela a quest’ultima (si osservi che è
𝑏−𝑎
la formula di calcolo del coefficiente angolare di una retta passante per i punti
(𝑎, 𝑓 (𝑎)) e (𝑏, 𝑓 (𝑏))).
Dimostrazione
Supponiamo che 𝑓 ′ (𝑥 ) > 0; presi 𝑥1 , 𝑥2 ∈ 𝐴, con 𝑥1 < 𝑥2 , applichiamo il teorema di
Lagrange all’intervallo [𝑥1, 𝑥2 ] ⊆ 𝐴, tale che:
91
𝑓(𝑥2 ) − 𝑓 (𝑥1 )
∃𝑥0 ∈ ]𝑥1 , 𝑥2 [ ∶ 𝑓 ′ (𝑥0 ) =
𝑥2 − 𝑥1
Sappiamo per certo che 𝑥2 − 𝑥1 > 0; dunque, affinché 𝑓 ′ (𝑥 ) > 0, dobbiamo
imporre che
𝑓 (𝑥2 ) − 𝑓 (𝑥1 ) > 0
Dalla precedente relazione d’ordine otteniamo che 𝑓 (𝑥1 ) < 𝑓 (𝑥2 ) con 𝑥1 < 𝑥2 ,
cioè la definizione di funzione monotòna strettamente crescente.
Osservazione
Per studiare i punti critici e stabilire se essi sono punti di massimo o minimo relativo,
basta studiare il segno della derivata; dato quindi un punto critico 𝑥0 ∈ 𝐷𝑓 :
Teorema di Cauchy
Siano 𝑓, 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ due funzioni:
Continue in [𝑎, 𝑏];
Derivabili in ]𝑎, 𝑏[;
Allora ∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 ′ (𝑥0 )[𝑔 (𝑏) − 𝑔(𝑎)] = 𝑔′ (𝑥0 )[𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)].
Dimostrazione
Definiamo la funzione 𝐹 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ tale che:
𝐹 (𝑡) = 𝑔(𝑡)[𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎)] − 𝑓(𝑡)[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)]
𝐹 risulta essere:
Continua in [𝑎, 𝑏];
Derivabile in ]𝑎, 𝑏[;
92
Valutiamo ora 𝐹 (𝑎) ed 𝐹 (𝑏):
𝐹 (𝑎) = 𝑔(𝑎)[𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎)] − 𝑓(𝑎)[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)] = 𝑔(𝑎)𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎) 𝑔(𝑏)
𝐹 (𝑏) = 𝑔(𝑏)[𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)] − 𝑓 (𝑏)[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)] = −𝑔(𝑏)𝑓 (𝑎) + 𝑓 (𝑏)𝑔(𝑎)
Da cui otteniamo che 𝐹 (𝑎) = 𝐹 (𝑏).
Siamo nelle condizioni di applicare il teorema di Rolle, secondo il quale:
∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝐹′ (𝑥0 ) = 0
Otteniamo in tal modo che:
𝐹 (𝑥0 ) = 𝑔(𝑥0 )[𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)] − 𝑓 (𝑥0 )[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)] = 0
𝑔(𝑥0 )[𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎)] = 𝑓 (𝑥0 )[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)]
𝑓(𝑥) 𝑓′ (𝑥)
Allora, lim = lim (se quest’ultimo esiste).
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 𝑥→𝑥0 𝑔 ′ (𝑥)
0 ∞
Il teorema di L’Hopital si può applicare alle forme indeterminate del tipo [ ] e [ ] e
0 ∞
a tutte le forme indeterminate ad essi riconducibili, come ad esempio [∞ ∙ 0].
Rispetto al confronto tra infiniti o infinitesimi, tale teorema permette di calcolare
limiti anche di rapporti di infiniti o infinitesimi dello stesso ordine per 𝑥 → 𝑥0 .
Dimostrazione
𝑓′ (𝑥)
Applichiamo la dimostrazione al caso in cui lim (che corrisponde ad una forma
𝑥→𝑥0 𝑔 ′ (𝑥)
0 ∞ 0
indeterminata [ ] o [ ] riconducibile a [ ]) esiste ed è finito (il caso in cui sia infinito
0 ∞ 0
è analogo).
93
𝑓′ (𝑥)
Per ipotesi, sappiamo dunque che esiste lim = 𝑙 ∈ ℝ; scriviamone dunque la
𝑥→𝑥0 𝑔 ′ (𝑥)
definizione previo utilizzo di un intorno 𝐼 (𝑥0 ):
𝑓 ′ (𝑥 )
∀𝜀 > 0 ∃𝐼(𝑥0 ) ∶ | ′ − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 )\{𝑥0 }
𝑔 (𝑥 )
Consideriamo ora 𝑥 > 𝑥0 (lo stesso ragionamento può essere applicato anche con
𝑥 < 𝑥0 ) e un ulteriore intorno 𝐼2 (𝑥0 ) = ]𝑥0 , 𝑥 [ ⊂ 𝐼 (𝑥0 ) ⊂ [𝑎, 𝑏]; 𝑓 ′ e 𝑔′ risultano
essere continue in [𝑥0 , 𝑥 ] e derivabili in ]𝑥0 , 𝑥 [, dunque ci troviamo nelle condizioni
di poter applicare il teorema di Cauchy, per il quale:
∃𝑐 ∈ 𝐼2 (𝑥0 ) ∶ 𝑓 ′ (𝑐 )[𝑔(𝑥 ) − 𝑔(𝑥0 )] = 𝑔′ (𝑐 )[𝑓 (𝑥 ) − 𝑓(𝑥0 )]
Per ipotesi sappiamo inoltre che:
𝑔′ (𝑐 ) ≠ 0 ∀𝑐 ∈ [𝑎, 𝑏];
𝑔(𝑥 ) ≠ 𝑔(𝑥0 ), in quanto la funzione è per ipotesi continua in [𝑥0 , 𝑥 ],
derivabile in ]𝑥0 , 𝑥 [, ma 𝑔′ (𝑐 ) ≠ 0 ∀𝑥 ∈ [𝑥0 , 𝑥 ], condizione che dimostra la
non soddisfazione della terza ipotesi del teorema di Rolle;
Dunque, possiamo riscrivere la formula del teorema di Cauchy come:
𝑓 ′ (𝑐 ) 𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
=
𝑔′ (𝑐 ) 𝑔(𝑥 ) − 𝑔(𝑥0 )
Per ipotesi lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 ) = 0 e lim 𝑔(𝑥 ) = 𝑔(𝑥0 ) = 0, dunque:
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑓 ′ (𝑐 ) 𝑓 (𝑥 )
=
𝑔′ (𝑐 ) 𝑔(𝑥 )
𝑓′ (𝑥) 𝑓(𝑥)
Dato che 𝑐 ∈ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }, possiamo affermare che = , e che dunque:
𝑔 ′ (𝑥) 𝑔(𝑥)
𝑓 (𝑥 ) 𝑓 ′ (𝑥 )
lim = lim ′
𝑥→𝑥0 𝑔 (𝑥 ) 𝑥→𝑥0 𝑔 (𝑥 )
Dimostrazione
Scriviamo la derivata prima di 𝑓 in 𝑥0 sotto forma di limite del rapporto
incrementale:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
Applichiamo il teorema di L’Hopital al limite del rapporto incrementale,
ottenendo:
lim 𝑓 ′ (𝑥 ) = 𝑙 = 𝑓 ′ (𝑥0 )
𝑥→𝑥0
Applicazioni
Possiamo applicare tali conseguenze allo studio della derivabilità delle funzioni
definite a tratti: data 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ:
𝑓1 (𝑥 ) 𝑎 ≤ 𝑥 < 𝑥0
𝑓(𝑥 ) = { 𝑦0 𝑥 = 𝑥0
𝑓2 (𝑥 ) 𝑥0 < 𝑥 ≤ 𝑏
Se 𝑓 è continua ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏], allora, se esistono finiti lim+ 𝑓 ′ (𝑥0 ) = lim− 𝑓 ′ (𝑥0 ) =
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
′( ′(
lim 𝑓 𝑥0 ) = 𝑙 = 𝑓 𝑥0 ), la derivata della funzione sarà:
𝑥→𝑥0
𝑓1′ (𝑥 ) 𝑎 ≤ 𝑥 < 𝑥0
𝑓 ′ (𝑥 ) = { 𝑙 𝑥 = 𝑥0
𝑓2′ (𝑥 ) 𝑥0 < 𝑥 ≤ 𝑏
95
Derivate successive e formula di Taylor
Derivata seconda
Date 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ⟶ ℝ derivabile in 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ), ed 𝑓 ′ ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ′ ) ⟶ ℝ, se 𝑓 ′ è
𝑓′ (𝑥)−𝑓′ (𝑥0 )
derivabile in 𝑥0 ∈ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ′ ), cioè se esiste finito lim , diremo che la
𝑥→𝑥0 𝑥−𝑥0
derivata prima di 𝑓 ′ in 𝑥0 corrisponde alla derivata seconda di 𝒇 in 𝒙𝟎 ; questa si
indica con 𝑓 ′′ (𝑥0 );
Se 𝑓 ′ è derivabile in tutto 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ′ ), allora possiamo definire la funzione derivata
seconda 𝑓 ′′ ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ′′ ) ⟶ ℝ, che in notazione di Lagrange si esprime come 𝑓 ′′ (𝑥 )
𝑑2
e in notazione di Leibnitz come 𝑓 (𝑥 ).
𝑑𝑥 2
(𝑛) ( (𝑛−1) (
′ 𝑑𝑛
𝑓 𝑥 ) = (𝑓 𝑥 )) = 𝑛 𝑓 (𝑥 )
𝑑𝑥
Classi di funzioni
E’ dunque possibile classificare una funzione in base a quante volte è derivabile
rispetto ad uno stesso dominio definito da un intervallo [𝑎, 𝑏], nel quale le derivate
successive sono continue: in generale, diremo che una classe di ordine 𝒏 di funzioni
𝒇 rispetto all’intervallo [𝒂, 𝒃] corrisponde all’insieme di tutte le funzioni 𝑓 per le
quali esistono e sono continue le derivate successive rispetto a [𝑎, 𝑏] fino all’ordine
𝑛:
𝐶 𝑛 ([𝑎, 𝑏])
Ad ogni classe di ordine 𝑛 appartengono sia le funzioni derivabili fino alla derivata
successiva 𝑛-esima, ma anche le funzioni derivabili fino a derivate successive di
ordine superiore ad 𝑛: da un punto di vista insiemistico, possiamo dunque affermare
che:
𝐶 ∞([𝑎, 𝑏]) ⊂ ⋯ ⊂ 𝐶 𝑛 ([𝑎, 𝑏]) ⊂ ⋯ ⊂ 𝐶 2([𝑎, 𝑏]) ⊂ 𝐶 1([𝑎, 𝑏]) ⊂ 𝐶 0([𝑎, 𝑏])
96
Con 𝐶 0 ([𝑎, 𝑏]) classe di tutte le funzioni continue ma non necessariamente
derivabili, e 𝐶 ∞ ([𝑎, 𝑏]) classe di funzioni derivabili successivamente infinite volte.
Polinomio di Taylor
Data 𝑓 ∈ 𝐶 𝑛 ([𝑎, 𝑏]), considerato 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[, consideriamo le derivate successive di
𝑓 definite in 𝑥0 :
𝑓 (𝑥 ) ⟶ 𝑓 (𝑥0 );
𝑓 ′ (𝑥 ) ⟶ 𝑓 ′ (𝑥0 );
𝑓 ′′ (𝑥 ) ⟶ 𝑓 ′′ (𝑥0 );
…
𝑓 (𝑛)(𝑥 ) ⟶ 𝑓 (𝑛)(𝑥0 );
′(
𝑓 ′′ (𝑥0 ) 2
𝑓 ′′′ (𝑥0)
𝑃(𝑥 ) = 𝑓(𝑥0 ) + 𝑓 𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) + (𝑥 − 𝑥0 ) + (𝑥 − 𝑥0 )3 + ⋯
2 3!
(𝑛) ( ) 𝑛 (𝑘) ( )
𝑓 𝑥0 𝑓 𝑥0
+ (𝑥 − 𝑥0 )𝑛 = ∑ (𝑥 − 𝑥0 )𝑘
𝑛! 𝑘!
𝑘=0
97
In maniera simile a quanto visto per l’approssimazione lineare di I ordine, è possibile
calcolare l’errore che si commette quando in 𝑥 si sostituisce ad 𝑓(𝑥 ) il valore del suo
polinomio di Taylor 𝑃 (𝑥 ) di centro 𝑥0 e di ordine 𝑛: tale errore corrisponde alla
funzione resto di Peano 𝑹(𝒙) .
′( 𝑑 𝑛 𝑓 (𝑘) (𝑥0 )
𝑓 𝑥) − (∑ (𝑥 − 𝑥0 )𝑘 )
𝑓 ′ (𝑥 ) − 𝑃′ (𝑥 ) 𝑑𝑥 𝑘=0 𝑘!
= lim = lim
𝑥→𝑥0 ((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )′ 𝑥→𝑥0 𝑛(𝑥 − 𝑥0 )𝑛−1
′( ) 𝑛 𝑓 (𝑘) (𝑥0 )
𝑓 𝑥 − ∑𝑘=1 (𝑥 − 𝑥0 )𝑘−1 𝑓 ′ (𝑥 ) − 𝑓 ′ (𝑥0 )
(𝑘 − 1)!
= lim = lim
𝑥→𝑥0 𝑛(𝑥 − 𝑥0 )𝑛−1 𝑥→𝑥0 𝑛 (𝑥 − 𝑥0 )𝑛−1
0 𝐿′ 𝐻𝑜𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙 𝑓𝑖𝑛𝑜 𝑎 𝑛 𝑅 (𝑥 ) 𝑓 (𝑛) (𝑥 ) − 𝑓 (𝑛)(𝑥0 )
=[ ]→ lim = lim
0 𝑥→𝑥0 (𝑥 − 𝑥0 )𝑛 𝑥→𝑥0 ((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )(𝑛)
0
= lim = 0 ⟶ 𝑅 (𝑥 ) = 𝑜((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )
𝑥→𝑥0 𝑛!
98
𝑛
𝑓 (𝑘) (𝑥0 )
𝑓 (𝑥 ) = ∑ (𝑥 − 𝑥0 )𝑘 + 𝑜((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )
𝑘!
𝑘=0
sin 𝑥−𝑥+2𝑥5
Esempio: Calcolare lim :
𝑥→0 3𝑥 3
99
Punti di flesso, concavità e convessità
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione derivabile due volte ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]; se 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ed
𝑓 ′′ (𝑥0 ) = 0, allora 𝑥0 è detto punto di flesso.
Geometricamente, i punti di flesso corrispondono ai punti della funzione in cui varia
la concavità. Si possono inoltre presentare due possibilità:
Punto di flesso a tangente orizzontale: 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 𝑓 ′′ (𝑥0 ) = 0, con equazione
della retta tangente in 𝑥0 corrispondente a 𝑦 = 𝑓 (𝑥0 );
Punto di flesso a tangente obliqua: 𝑓 ′ (𝑥0 ) ≠ 𝑓 ′′ (𝑥0 ) = 0, con equazione
della retta tangente in 𝑥0 corrispondente a 𝑦 = 𝑓 (𝑥0 ) + 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 );
Concavità e convessità
Siano 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ
Diremo che 𝑓 è convessa se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ ]𝑎, 𝑏[ il segmento che unisce i punti
(𝑥1 , 𝑓(𝑥1)) e (𝑥2 , 𝑓 (𝑥2 )) si trova al di sopra del grafico della funzione ∀𝑥 ∈
]𝑥1 , 𝑥2 [;
Diremo che 𝑓 è concava se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ ]𝑎, 𝑏[ il segmento che unisce i punti
(𝑥1 , 𝑓(𝑥1)) e (𝑥2 , 𝑓 (𝑥2 )) si trova al di sotto del grafico della funzione ∀𝑥 ∈
]𝑥1 , 𝑥2 [;
100
Proposizione: Condizione del I ordine
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione derivabile in [𝑎, 𝑏]:
Se 𝑓 convessa in [𝑎, 𝑏], allora, ∀𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[, la tangente al grafico in 𝑥0 si trova
al di sotto del grafico di 𝑓;
Se 𝑓 è concava in [𝑎, 𝑏], allora, ∀𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[, la tangente al grafico in 𝑥0 si
trova al di sopra del grafico di 𝑓.
Da ciò possiamo intuitivamente affermare che la derivata prima delle funzioni
convesse è una funzione crescente, mentre la derivata prima delle funzioni concave
è una funzione decrescente.
Osservazione
Per studiare i punti di flesso ed il cambio di concavità ad essi legato, basta studiare il
segno della derivata seconda; dato quindi un punto critico 𝑥0 ∈ 𝐷𝑓 :
101
Integrali
Integrale definito di Riemann
Partizione di un intervallo
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione limitata; si dice partizione 𝑷 dell’intervallo [𝒂, 𝒃] la
suddivisione dello stesso in 𝒑 sotto-intervalli disgiunti tali che la loro unione sia
uguale all’intervallo [𝑎, 𝑏] di partenza:
[𝑎, 𝑏] = ⋃[𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ]
𝑖=1
⋂]𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 [ = ∅
𝑖=1
102
Somma inferiore e superiore della funzione
Siano 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione limitata e 𝑃 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏]) una sua partizione, tale
𝑝
che [𝑎, 𝑏] = ⋃𝑖=1[𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ]; possiamo intuitivamente affermare che la “misura” di
[𝑎, 𝑏] è uguale alla somma delle misure di tutti i sotto-intervalli della partizione:
𝑝
𝑏 − 𝑎 = ∑(𝑥𝑖 − 𝑥𝑖−1)
𝑖=1
Alla luce di ciò, essendo [𝑎, 𝑏] limitato, allora saranno limitati anche tutti i sotto-
intervalli [𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ], i quali ammetteranno minimo assoluto min 𝑓 = 𝑙𝑖 e massimo
[𝑥𝑖−1 ,𝑥𝑖 ]
assoluto max 𝑓 = 𝐿𝑖 , tali che min 𝑓 = 𝑙 ≤ 𝑙𝑖 ≤ 𝐿𝑖 ≤ 𝐿 = max 𝑓.
[𝑥𝑖−1 ,𝑥𝑖 ] [𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]
Si dice somma inferiore di 𝒇 relativa alla partizione 𝑷 la somma dei 𝑝 rettangoli che
hanno come base la misura dell’intervallo [𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ] e come altezza il min 𝑓 = 𝑙𝑖 :
[𝑥𝑖−1 ,𝑥𝑖 ]
𝑝
103
Si dice somma superiore di 𝒇 relativa alla partizione 𝑷 la somma dei 𝑝 rettangoli
che hanno come base la misura dell’intervallo [𝑥𝑖−1 , 𝑥𝑖 ] e come altezza il max 𝑓 =
[𝑥𝑖−1 ,𝑥𝑖 ]
𝐿𝑖 :
𝑝
104
Tale relazione d’ordine si può dimostrare graficamente come segue:
Si è così dimostrato che gli insiemi 𝑠(𝑓 ) ed 𝑆(𝑓 ) sono separati (tutte le somme
superiori saranno sempre maggiori uguali rispetto a quelle inferiori). Per l’assioma
di completezza possiamo dunque dire che:
∃𝑐 ∈ ℝ ∶ 𝑠(𝑓, 𝑃0 ) = 𝑙(𝑏 − 𝑎) ≤ 𝑠(𝑓, 𝑄 ) ≤ 𝑐 ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃) ≤ 𝐿 (𝑏 − 𝑎) = 𝑆(𝑓, 𝑃0)
E che quindi:
∃ inf 𝑠(𝑓 ) = 𝑠(𝑓, 𝑃0)
∃ sup 𝑠 (𝑓 )
∃ inf 𝑆(𝑓 )
∃ sup 𝑆(𝑓 ) = 𝑆(𝑓, 𝑃0 )
105
Integrale definito di Riemann
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione limitata; diremo che 𝑓 è integrabile (secondo la
definizione di Riemann) se esiste una partizione 𝑃 tale che sup 𝑠 (𝑓 ) = inf 𝑆(𝑓 ); tale
valore è detto integrale definito nell’intervallo [𝒂, 𝒃] di 𝒇; si indica con:
𝑏
∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 = sup 𝑠(𝑓 ) = inf 𝑆(𝑓 )
𝑎
Integrale indefinito
Primitiva di una funzione
Se 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ diremo che 𝐹 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ è una sua primitiva se 𝐹 è derivabile
in [𝑎, 𝑏] e la sua derivata è proprio uguale a 𝑓:
𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ) ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]
Dimostrazione
Sia 𝐴 = {𝐺 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ ∶ 𝐺 ′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 )} l’insieme delle primitive di 𝑓, e sia 𝐵 =
{𝐹 + 𝑐 ∶ 𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ), 𝑐 ∈ ℝ} l’insieme delle primitive di 𝑓 sommate ad una
costante; Dimostriamo che 𝐴 = 𝐵, cioè che 𝐴 ⊆ 𝐵 e 𝐵 ⊆ 𝐴:
𝑩 ⊆ 𝑨) 𝐹 + 𝑐 ∈ 𝐵; dobbiamo dimostrare che (𝐹 + 𝑐 ) ∈ 𝐴: (𝐹 + 𝑐 )′ = 𝐹′ =
𝑓 ⟹ 𝐹 + 𝑐 è di per sé una primitiva che può essere scritta come 𝐺 = 𝐹 +
𝑐 ⟹ 𝐹 + 𝑐 ∈ 𝐴;
107
Integrale indefinito
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ; si definisce integrale indefinito di 𝑓 l’insieme delle primitive di 𝑓;
si indica come segue:
∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 = {𝐹 (𝑥 ) + 𝑐 ∶ 𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ), 𝑐 ∈ ℝ} = 𝐹 (𝑥 ) + 𝑐
Teorema di Darbaux
Sia 𝐹 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una primitiva di 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ; se 𝑓 è derivabile in [𝑎, 𝑏], allora
l’insieme delle immagini della sua derivata prima 𝐹′ ([𝑎, 𝑏]) è un intervallo.
Osservazione:
Siano 𝑓 ∶ 𝐼 ⊂ ℝ ⟶ ℝ ed 𝐹 ∶ 𝐼 ⊂ ℝ ⟶ ℝ, con 𝐹 derivabile; 𝐹 è una primitiva di
𝑓 ⟺ 𝐹′ = 𝑓; allora, per il teorema di Darbaux, 𝐹′ (𝐼 ) = 𝑓 (𝐼 ), e quindi anche 𝑓 (𝐼 )
dev’essere un intervallo; se così non fosse, 𝑭 non sarebbe una primitiva di 𝒇.
0 −1≤𝑥 ≤0
Esempio: Dimostrare che 𝑓 (𝑥 ) = { non è integrabile in [−1, 1] (non
1 0<𝑥≤1
ammette primitiva 𝐹):
𝑓 è una funzione a gradino definita da due leggi, e dunque l’insieme 𝑓 ([−1, 1]) =
{0, 1} non è un intervallo; di conseguenza, per le considerazioni operate sul teorema
di Darbaux, la funzione non è integrabile in [−1, 1].
109
Integrazione per parti
𝑑
Siano 𝑓, 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ e siano 𝐹, 𝐺 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ primitive di 𝑓 e 𝑔: (𝐹𝐺 ) =
𝑑𝑥
𝑓𝐺 + 𝐹𝑔 ⟹ ∫(𝑓𝐺 + 𝐹𝑔) 𝑑𝑥 = 𝐹𝐺 ⟹ ∫ 𝑓𝐺 𝑑𝑥 + ∫ 𝐹𝑔 𝑑𝑥 = 𝐹𝐺 ⟹ ∫ 𝑓𝐺 𝑑𝑥 =
𝐹𝐺 − ∫ 𝐹𝑔 𝑑𝑥;
Riscriviamo la formula dell’integrazione per parti come segue:
Di seguito alcune sostituzioni per gli integrali indefiniti di alcune funzioni elementari:
∫ 𝑓( 𝑛√𝑥 ) 𝑑𝑥 ⟺ 𝑡 = 𝑛√𝑥
∫ 𝑓 (𝑒 𝑥 ) 𝑑𝑥 ⟺ 𝑡 = 𝑒 𝑥
110
Integrazione di funzioni razionali
𝑁(𝑥)
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ integrabile: 𝑓 (𝑥 ) = , con 𝑁(𝑥 ) e 𝐷 (𝑥 ) due funzioni
𝐷(𝑥)
polinomiali: l’integrale di 𝑓 va svolto seguendo delle regole di calcolo definite dal
grado dei polinomi in questione:
𝐠𝐫(𝑵(𝒙)) ≥ 𝐠𝐫(𝑫(𝒙)): Nel caso in cui il grado del numeratore sia maggiore
del grado del denominatore si procede effettuando la divisione di 𝑁(𝑥 ) per
𝐷 (𝑥 ):
𝑁(𝑥 ) 𝐷(𝑥 )
𝑅 (𝑥 ) 𝑄(𝑥 )
𝑁(𝑥) 𝑅(𝑥)
tale che 𝑁(𝑥 ) = 𝐷 (𝑥 ) ∙ 𝑄 (𝑥 ) + 𝑅(𝑥 ) ⟹ = 𝑄 (𝑥 ) + :
𝐷(𝑥) 𝐷(𝑥)
𝑵(𝒙) 𝑹(𝒙)
∫ 𝒇(𝒙) 𝒅𝒙 = ∫ 𝒅𝒙 = ∫ 𝑸(𝒙) 𝒅𝒙 + ∫ 𝒅𝒙
𝑫(𝒙) 𝑫(𝒙)
Si dimostra inoltre che gr(𝑅 (𝑥 )) < gr(𝐷 (𝑥 )), e che quindi ci si riconduce
sempre al caso in questione.
𝐠𝐫(𝑵(𝒙)) < 𝐠𝐫(𝑫(𝒙)): Nel caso in cui il numeratore sia minore del
denominatore si distinguono tre casi:
o 𝐠𝐫(𝑵(𝒙)) = 𝟎 , 𝐠𝐫(𝑫(𝒙)) = 𝟏: in questo caso ci si riconduce
all’integrale immediato della funzione iperbolica:
𝐴 1 𝐴 𝑎 𝑨
∫ 𝑑𝑥 = 𝐴 ∫ 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥 = 𝐥𝐧|𝒂𝒙 + 𝒃| + 𝒄
𝑎𝑥 + 𝑏 𝑎𝑥 + 𝑏 𝑎 𝑎𝑥 + 𝑏 𝒂
111
𝛼𝑥 + 𝛽 1 𝛼𝑥 + 𝛽
∫ 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥
𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )(𝑥 − 𝑥2 )
1 𝐴 𝐵
= ∫ + 𝑑𝑥
𝑎 (𝑥 − 𝑥1 ) (𝑥 − 𝑥2 )
1 𝐴𝑥 − 𝐴𝑥2 + 𝐵𝑥 − 𝐵𝑥1
= ∫ 𝑑𝑥
𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )(𝑥 − 𝑥2 )
1 (𝐴 + 𝐵 )𝑥 + (−𝐴𝑥2 − 𝐵𝑥1 )
= ∫ 𝑑𝑥
𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )(𝑥 − 𝑥2 )
𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑛𝑜𝑚𝑖𝑎𝑙𝑒 𝐴+𝐵 =𝛼
⇒ {
−𝐴𝑥2 − 𝐵𝑥1 = 𝛽
La risoluzione di quest’ultimo sistema lineare nelle incognite 𝐴 e 𝐵
permette di riscrivere l’integrale di partenza come segue:
𝛼𝑥 + 𝛽 𝐴 1 𝐵 1
∫ 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥 + ∫ 𝑑𝑥
𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 𝑎 (𝑥 − 𝑥1) 𝑎 (𝑥 − 𝑥2 )
𝑨 𝑩
= 𝐥𝐧|𝒙 − 𝒙𝟏 | + 𝐥𝐧|𝒙 − 𝒙𝟐 | + 𝒄
𝒂 𝒂
112
𝑏
Con 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 = (𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 ) + 𝑐 = (𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + )−
2√𝑎
𝑏 𝑏 2 𝑏2
+ 𝑐 = (√𝑎𝑥 + ) − + 𝑐; procedendo con i calcoli
2√𝑎 2√𝑎 4𝑎
otteniamo che:
𝛼𝑥 + 𝛽 𝛼𝑥 + 𝛽
∫ 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥
𝑏 2 𝑏2 𝑏 2 𝑏 2 − 4𝑎𝑐
(√𝑎𝑥 + ) − +𝑐 𝑎 (𝑥 + ) −
2√𝑎 4𝑎 2𝑎 4𝑎
𝛼𝑥 + 𝛽
=∫ 𝑑𝑥
𝑏 2 (−Δ)
𝑎 (𝑥 + ) +
2𝑎 4𝑎
𝛼𝑥 + 𝛽
=∫ 2 𝑑𝑥
(−Δ) 4𝑎2 𝑏
[ (𝑥 + ) + 1]
4𝑎 (−Δ) 2𝑎
4𝑎 𝛼𝑥 + 𝛽
= ∫ 2 𝑑𝑥
(−Δ) 4𝑎2 𝑏
1+ (𝑥 + )
(−Δ) 2𝑎
4𝑎 𝛼𝑥 + 𝛽
= ∫ 𝑑𝑥
(−Δ) 2𝑎 𝑏 2
1+[ (𝑥 + )]
√−Δ 2𝑎
4𝑎𝛼 𝑥
= ∫ 𝑑𝑥
(−Δ) 2𝑎 𝑏 2
1+[ (𝑥 + )]
√−Δ 2𝑎
4𝑎𝛽 1
+ ∫ 𝑑𝑥
(−Δ) 2𝑎 𝑏 2
1+[ (𝑥 + )]
√−Δ 2𝑎
4𝑎𝛽 1 2𝛽 1
∫ 2 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑡
(−Δ) 2𝑎 𝑏 √−Δ 1 + 𝑡2
1+[ (𝑥 + )]
√−Δ 2𝑎
2𝛽 2𝑎 𝑏
= arctan ( (𝑥 + )) + 𝑐
√−Δ √−Δ 2𝑎
113
Quest’ultimo sarebbe il risultato finale se nell’integrale iniziale
non ci fosse stato il termine di primo grado al numeratore; nel
nostro caso, per calcolare il primo integrale procediamo con i
calcoli algebrici per ottenere un’espressione alla quale possa
essere applicata l’integrazione immediata per funzioni
iperboliche, ottenendo infine la seguente espressione:
𝜶𝒙 + 𝜷
∫ 𝟐 𝒅𝒙
𝒂𝒙 + 𝒃𝒙 + 𝒄
𝜶 𝟐𝒂 𝒃 𝟐
= 𝐥𝐧 |𝟏 + [ (𝒙 + )] |
√−𝚫 √−𝚫 𝟐𝒂
𝟐𝒃𝜶 𝟐𝒂 𝒃
− 𝐚𝐫𝐜𝐭𝐚𝐧 ( (𝒙 + ))
(−𝚫) √−𝚫 𝟐𝒂
𝟐𝜷 𝟐𝒂 𝒃
+ 𝐚𝐫𝐜𝐭𝐚𝐧 ( (𝒙 + )) + 𝒄
√−𝚫 √−𝚫 𝟐𝒂
114
Dimostrazione
Proviamo che 𝐹𝐼 è continua in [𝑎, 𝑏]: fissiamo dunque 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ e proviamo
che lim+ 𝐹𝐼 (𝑥 ) = lim− 𝐹𝐼 (𝑥 ) = lim 𝐹𝐼 (𝑥 ) = 𝐹𝐼 (𝑥0 ), analizzando i due casi
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
considerando prima 𝑥 < 𝑥0 e poi 𝑥 > 𝑥0 :
o 𝒙 < 𝒙𝟎 : Consideriamo:
𝑥 𝑥0 𝑥0
|𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| = |∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 − ∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡| = |− ∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡|
𝑎 𝑎 𝑥
𝑥0
≤ ∫ |𝑓(𝑡)| 𝑑𝑡
𝑥
o 𝒙 > 𝒙𝟎 : Consideriamo:
𝑥 𝑥0 𝑥
|𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| = |∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 − ∫ 𝑓(𝑡) 𝑑𝑡| = |∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡|
𝑎 𝑎 𝑥0
𝑥
≤ ∫ |𝑓(𝑡)| 𝑑𝑡
𝑥0
Proviamo che 𝐹𝐼 è derivabile in [𝑎, 𝑏] e che 𝐹𝐼′ (𝑥0 ) = 𝑓 (𝑥0 ): per ipotesi, la
funzione è continua, e dunque:
𝑑𝑒𝑓
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 ) ⇔ ∀𝜀 > 0 ∃𝛿 > 0 ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑓 (𝑥0 )| < 𝜀 ∀𝑥
𝑥→𝑥0
∈ 𝐼 (𝑥0 , 𝛿 ) ∩ Dom(𝑓 )
Per dimostrare che 𝐹𝐼′ (𝑥0 ) = 𝑓 (𝑥0 ), dobbiamo dimostrare che
𝐹𝐼 (𝑥)−𝐹𝐼 (𝑥0 ) 𝐹𝐼 (𝑥)−𝐹𝐼 (𝑥0 )
lim = 𝑓 (𝑥0 ), e che quindi | − 𝑓 (𝑥0 )| < 𝜀 ∀𝑥 ∈
𝑥→𝑥0 𝑥−𝑥0 𝑥−𝑥0
𝐼 (𝑥0 , 𝛿 ) ∩ dom(𝑓 ):
𝑥 𝑥
Dalla prima parte della dimostrazione sappiamo che ∫𝑥 |𝑓(𝑡)| 𝑑𝑡 ≤ ∫𝑥 𝑑𝑡 =
0 0
𝐿(𝑥 − 𝑥0 ), per cui:
116
𝑥 𝑥 𝑥
|∫𝑥 |𝑓(𝑡) − 𝑓 (𝑥0 )| 𝑑𝑡| |∫𝑥 𝑑𝑡| 𝜀 |∫𝑥 𝑑𝑡 |
0 0 0
≤ ≤
|𝑥 − 𝑥0 | |𝑥 − 𝑥0 | |𝑥 − 𝑥0 |
𝑥
𝜀|∫𝑥 𝑑𝑡 | 𝐿|𝑥−𝑥0 |
0
L’espressione |𝑥−𝑥0 |
può essere riscritta nella forma 𝜀 |𝑥−𝑥0 |
, con 𝐿 = 1, per
cui:
𝑥
𝜀 |∫𝑥 𝑑𝑡|
0
=𝜀
|𝑥 − 𝑥0 |
Osservazione
𝑥
Data 𝐹𝐼 (𝑥 ) = ∫𝑎 𝑓(𝑡) 𝑑𝑡 (con 𝐹𝐼 (𝑎) = 0) è una delle infinite primitive 𝐹 della
funzione 𝑓:
𝑥
𝐹 (𝑥 ) = 𝐹𝐼 (𝑥 ) + 𝑐 ⟹ 𝐹 (𝑥 ) = ∫ 𝑓(𝑡) 𝑑𝑡 + 𝑐
𝑎
Dimostrazione
𝑥
Consideriamo 𝐹 (𝑥 ) = 𝐹𝐼 (𝑥 ) + 𝑐 = ∫𝑎 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 + 𝑐; calcoliamo quindi 𝐹 (𝑎) ed 𝐹 (𝑏):
𝐹 (𝑎) = 𝐹𝐼 (𝑎) + 𝑐 = 𝑐
117
𝑏 𝑏
𝐹 (𝑏) = 𝐹𝐼 (𝑏) + 𝑐 = ∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 + 𝑐 = ∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 + 𝐹 (𝑎)
𝑎 𝑎
𝑏
∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 = 𝐹 (𝑏) − 𝐹 (𝑎)
𝑎
Media integrale
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ integrabile; si dice media integrale la seguente espressione:
𝑏
∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑀= 𝑎
𝑏−𝑎
Dimostrazione
Essendo 𝑓 continua, per il teorema di Weierstrass ∃𝑚 = min 𝑓, ∃𝑀 = max 𝑓 tali
[𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]
che:
𝑏
𝑠(𝑓, 𝑃0) = 𝑚(𝑏 − 𝑎) ≤ ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑎
𝑏
𝑆(𝑓, 𝑃0 ) = 𝑀(𝑏 − 𝑎) ≥ ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑎
Dividiamo per (𝑏 − 𝑎) :
𝑏
∫ 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑚≤ 𝑎 ≤𝑀
𝑏−𝑎
118
Per il teorema di Weierstrass la funzione 𝑓 assume tutti i valori compresi fra 𝑚 ed
𝑀, dunque ∃𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ tale che:
𝑏
∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
= 𝑓 (𝑐 )
𝑏−𝑎
119
Interpretazione geometrica
Sia 𝑓 ∈ ℛ ([𝑎, 𝑏]), con 𝑓 ≥ 0; alla luce delle proprietà di monotonia, deduciamo
che, geometricamente, l’integrale definito di 𝑓 nell’intervallo [𝑎, 𝑏] corrisponde
all’area compresa tra il grafico della funzione, l’asse delle ascisse e le due rette di
equazione 𝑥 = 𝑎 e 𝑥 = 𝑏.
120
Il che è impossibile.
Definiamo dunque l’area in questione come segue:
𝑏 𝑐 𝑏 𝑐
𝐴 = ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 + |∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥| = ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 − ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑐 𝑎 𝑐 𝑎
121