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Analisi Matematica 1

Indice
INSIEMI NUMERICI E OPERAZIONI 3
 Teoria degli insiemi 3
 Insiemi numerici 6
 Topologia della retta reale: gli intervalli 10
 Radici ennesime, potenze e valore assoluto 14
 Numeri complessi 17

FUNZIONI, SUCCESSIONI E LIMITI 21


 Funzioni elementari 21
 Funzioni non elementari 32
 Limiti di funzioni 37
 Metodi di calcolo dei limiti di funzioni 41
 Successioni 55
 Limiti di successioni 56

SERIE NUMERICHE 63
 Serie numeriche 63
 Criteri di calcolo per serie a termini non negativi 68
 Criteri di calcolo per serie a segni alterni 71

CONTINUITA’ E DISCONTINUITA’ DI FUNZIONI 72


 Punti di continuità 72
 Punti di discontinuità 74

DERIVATE 78
 Punti di derivabilità e derivata prima 78
1
 Punti di non derivabilità 84
 Punti critici, massimi, minimi e teoremi del calcolo differenziale 86
 Derivate successive e formula di Taylor 96
 Punti di flesso, concavità e convessità 100

INTEGRALI 102
 Integrale definito di Riemann 102
 Integrale indefinito 107
 Metodi di calcolo degli integrali indefiniti 109
 Metodi di calcolo degli integrali definiti 114
 Significato geometrico dell’integrale definito 119

2
Insiemi numerici e operazioni
Teoria degli insiemi
Gli insiemi sono gli oggetti matematici che costituiscono l’ambiente dell’analisi
matematica, laddove le funzioni costituiscono il suo oggetto.
Gli insiemi sono concetti primitivi, cioè concetti che, data l’estrema semplicità, si
rinuncia a definire.
Dal punto di vista della nomenclatura, si indicano per mezzo delle lettere maiuscole
dell’alfabeto latino; al loro interno si collocano degli elementi, i quali si indicano
invece per mezzo di lettere minuscole dell’alfabeto latino.

Simbologia base
Per stabilire le varie relazioni tra insiemi ed elementi o tra insiemi stessi, si utilizzano
una serie di simboli, che si suddividono in simboli di appartenenza, quantificatori e
relazioni fra insiemi. Di seguito sono elencati i primi due gruppi:
 Simboli di appartenenza:
o Appartenenza ad un insieme: ∈ ; es: 𝑥 ∈ 𝐴
o Non appartenenza ad un insieme: ∉ ; es: 𝑥 ∉ 𝐴

 Quantificatori:
o Quantificatore universale: ∀ ; viene utilizzato nel caso in cui si voglia
indicare che, per ogni 𝑥 appartenente ad un insieme 𝐴 (∀𝑥 ∈ 𝐴), si
verifica una certa condizione;
o Quantificatore esistenziale: ∃ ; viene utilizzato nel caso in cui si voglia
indicare che esiste un elemento 𝑥 appartenente ad un insieme 𝐴 (∃𝑥 ∈
𝐴), tale che si verifichi una certa condizione;
o Negazioni dei precedenti

Rappresentazione degli insiemi


Gli insiemi si possono rappresentare in due modi:
 Per elencazione: 𝐴 = {𝑎, 𝑏, 𝑐, 𝑑} : usata per rappresentare insiemi contenenti
pochi elementi;
3
 Caratteristica: 𝐴 = {𝑥 ∈ 𝑋 ∶ 𝑝(𝑥)} : usata per rappresentare insiemi
contenenti numerosi elementi 𝑥 appartenenti all’insieme ambiente 𝑋 tale che
una determinata proposizione 𝒑(𝒙) sia vera.
[Proposizione: frase che ha valore di verità assoluta, cioè non ambigua;
Predicato: proposizione dipendente da una variabile].

Esempio: 𝐴 = {italiani} ; 𝑥 ≔ persona ; 𝑝(𝑥 ) ≔ 𝑥 è nato nel 2001


𝑋 = {𝑥 ∈ 𝐴 ∶ 𝑝(𝑥 ) è vera} = {𝑥 ∈ 𝐴 ∶ 𝑥 è nato nel 2001}

Simboli di relazioni fra insiemi


 Inclusione propria: ⊂ ; in figura 𝐴 ⊂ 𝐵, il simbolo di
A B
inclusione propria indica che l’insieme A è incluso
nell’insieme B (ne è sottoinsieme proprio);

Inclusione propria o impropria: ⊆ ; il simbolo di inclusione propria o


impropria indica che l’insieme 𝐴 è incluso nell’insieme 𝐵 in maniera non
necessariamente propria;

PROPRIETA’:
1) 𝐴 = 𝐵 𝑠𝑒 𝐴 ⊆ 𝐵 𝑒 𝐵 ⊆ 𝐴

A B
 Intersezione: ∩ ; 𝐴 ∩ 𝐵 ≔ {𝑥 ∈ 𝑋 ∶ 𝑥 ∈ 𝐴 , 𝑥 ∈
𝐵} costituisce a sua volta un insieme dato dagli 𝐴∩𝐵
elementi che appartengono
contemporaneamente sia ad 𝐴 che a 𝐵;

PROPRIETA’:
1) Insiemi disgiunti: 𝐴 ∩ 𝐵 ≔ ∅
2) (𝐴 ⊆ 𝑋) 𝐴 ∩ 𝑋 ≔ {𝑥 ∈ 𝑋 ∶ 𝑥 ∈ 𝐴 , 𝑥 ∈ 𝑋} = 𝐴 ;
3) Commutativa: 𝐴 ∩ 𝐵 = 𝐵 ∩ 𝐴 ;
4) Associativa: 𝐴 ∩ (𝐵 ∩ 𝐶) = (𝐴 ∩ 𝐵) ∩ 𝐶 ;

4
A B
 Unione: ∪ ; 𝐴 ∪ 𝐵 costituisce a sua volta un
insieme dato da tutti gli elementi che
appartengono ad 𝐴 e a 𝐵;
𝐴∪𝐵
PROPRIETA’:
1) 𝐴 ∪ ∅ ≔ 𝐴
2) 𝐴 ∪ 𝑋 ≔ 𝑋 ;
3) Commutativa: 𝐴 ∪ 𝐵 = 𝐵 ∪ 𝐴 ;
4) Associativa: 𝐴 ∪ (𝐵 ∪ 𝐶) = (𝐴 ∪ 𝐵) ∪ 𝐶 ;
5) Distributiva: 𝐴 ∩ (𝐵 ∪ 𝐶) = (𝐴 ∩ 𝐵) ∪ (𝐴 ∩ 𝐶) ;

A B
 Differenza: \ ; 𝐴 ∖ 𝐵 ≔ {𝑥 ∈ 𝑋 ∶ 𝑥 ∈ 𝐴 , 𝑥 ∉ 𝐵}
costituisce l’insieme di tutti gli elementi di 𝐴 che 𝐴∖𝐵
non appartengono anche a 𝐵;

ponendo 𝐴 ⊂ 𝑋, 𝐴𝑐 = 𝑋 ∖ 𝐴 , dove 𝐴𝑐 è l’insieme complementare


dell’insieme A, all’interno dell’insieme ambiente X.

A Ac

PROPRIETA’ DEGLI INSIEMI COMPLEMENTARI:


1) Doppia negazione: (𝐴𝑐 )𝑐 = 𝐴
2) 𝐴 ∪ 𝐴𝑐 = 𝑋 ;
3) 𝐴 ∩ 𝐴𝑐 = ∅ ;
4) Prima legge di De Morgan: (𝐴 ∩ 𝐵)𝑐 = 𝐴𝑐 ∪ 𝐵 𝑐 ;
5) Seconda legge di De Morgan: (𝐴 ∪ 𝐵)𝑐 = 𝐴𝑐 ∩ 𝐵 𝑐 ;

5
Prodotto cartesiano
Siano 𝐴 ⊆ ℝ e 𝐵 ⊆ ℝ due insiemi: il prodotto cartesiano di 𝑨 e 𝑩 costituisce
l’insieme di tutte le coppie (𝑎, 𝑏) tali che 𝑎 ∈ 𝐴 e 𝑏 ∈ 𝐵:
𝐴 × 𝐵 = {(𝑎, 𝑏) ∶ 𝑎 ∈ 𝐴, 𝑏 ∈ 𝐵 }
Il prodotto cartesiano può essere definito per 𝑛 insiemi:
𝐴1 × 𝐴2 × … × 𝐴𝑛 = {(𝑎1 , 𝑎2 , … , 𝑎𝑛 ) ∶ 𝑎1 ∈ 𝐴1, 𝑎2 ∈ 𝐴2 , … , 𝑎𝑛 ∈ 𝐴𝑛 }

Insiemi numerici
Gli insiemi numerici sono particolari insiemi contenenti infiniti elementi
prettamente numerici, i quali sono classificati in base a determinate caratteristiche:
 Numeri naturali: indicati con ℕ = {0, 1, 2, 3, 4, … }, costituiscono insieme di
tutti i numeri interi non negativi;
 Numeri interi relativi: indicati con ℤ = {0, ±1, ±2, ±3, … }, costituiscono
l’insieme di tutti i numeri interi non negativi e dei corrispettivi opposti
negativi (ℤ = ℕ ∪ ℕ− );
𝑎
 Numeri razionali relativi: indicati con ℚ = { : 𝑎, 𝑏 ∈ ℤ , 𝑏 ≠ 0}, costituiscono
𝑏
insieme di tutte le frazioni di numeri interi relativi (numeri decimali limitati o
illimitati periodici);
 Numeri irrazionali relativi: indicati con 𝕀, costituiscono insieme di tutti i
numeri decimali illimitati non periodici (radicali, 𝜋, 𝑒);
 Numeri reali: indicati con ℝ = ℚ ∪ 𝕀, costituiscono l’insieme derivante
dall’unione di tutti i numeri razionali e irrazionali.
 Numeri complessi: indicati con ℂ, costituiscono l’insieme di tutti quei numeri
non definibili all’interno dei reali, e nella cui espressione appare ed è non
nulla l’unità immaginaria 𝑖 (se fosse nulla il numero apparterrebbe ai reali).
Analizzeremo in maniera più approfondita i numeri complessi in una sezione a
parte.

Si noti inoltre un’importante relazione di inclusione propria fra gli insiemi numerici,
definita come segue:
ℕ⊂ℤ⊂ℚ⊂ℝ⊂ℂ

6
Prodotto scalare e operazioni binarie
Siano 𝐴 e 𝐵 due insiemi: il prodotto scalare di 𝑨 e 𝑩 corrisponde ad una funzione
che associa a due elementi appartenenti al prodotto cartesiano di due insiemi
uguali (operazione interna) o differenti (operazione esterna) la somma o il prodotto
dei suddetti elementi, la quale può ricadere a sua volta in 𝐴 o 𝐵.
Nello nostro caso, consideriamo il prodotto scalare 𝐴 × 𝐴, con 𝐴 ⊆ ℝ, il quale
definisce un’addizione interna e una moltiplicazione interna:
∀𝑎, 𝑏 ∈ 𝐴 ⟹ 𝑎 ∗ 𝑏 ∈ 𝐴

 Addizione interna: ∀𝑎, 𝑏 ∈ 𝐴 ⟹ 𝑎 + 𝑏 ∈ 𝐴


PROPRIETA’:
1) Esistenza dell’elemento neutro: 0 ∈ ℝ , 𝐴 ⊂ ℝ , ∀𝑎 ∈ 𝐴 ⇒ 𝑎 + 0 = 𝑎 ;
2) Esistenza dell’opposto: ∀𝑎 ∈ ℝ ∃(−𝑎) ∈ ℝ ∶ 𝑎 + (−𝑎) = 0 ;
 Osservazione: Teorema dell’unicità dell’opposto: ∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ ,
se 𝑎 + 𝑏 = 0 𝑒 𝑎 + 𝑐 = 0, allora 𝑏 = 𝑐 :
𝑏 = 𝑏 + 0 = 𝑏 + (𝑎 + 𝑐 ) = (𝑏 + 𝑎) + 𝑐 = 0 + 𝑐 = 𝑐
3) Associativa: ∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ (𝑎 + 𝑏) + 𝑐 = 𝑎 + (𝑏 + 𝑐 ) ;
4) Commutativa: ∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ 𝑎 + 𝑏 = 𝑏 + 𝑎 ;

 Moltiplicazione interna: ∀𝑎, 𝑏 ∈ 𝐴 ⟹ 𝑎 ∙ 𝑏 ∈ 𝐴


PROPRIETA’:
1) Esistenza dell’elemento neutro: 1 ∈ ℝ , 𝐴 ⊂ ℝ , ∀𝑎 ∈ 𝐴 ⇒ 𝑎 ∙ 1 = 𝑎 ;
2) Esistenza dell’inverso: ∀𝑎 ∈ ℝ ∃𝑎−1 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ∙ 𝑎 −1 = 1 ;
 Osservazione: Teorema dell’unicità dell’inverso: ∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ ,
se 𝑎 ∙ 𝑏 = 1 𝑒 𝑎 ∙ 𝑐 = 1, allora 𝑏 = 𝑐 :
𝑏 = 𝑏 ∙ 1 = 𝑏 ∙ (𝑎 ∙ 𝑐 ) = (𝑏 ∙ 𝑎) ∙ 𝑐 = 1 ∙ 𝑐 = 𝑐
3) Associativa: ∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ (𝑎 ∙ 𝑏) ∙ 𝑐 = 𝑎 ∙ (𝑏 ∙ 𝑐 ) ;
4) Commutativa: ∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ 𝑎 ∙ 𝑏 = 𝑏 ∙ 𝑎 ;

 Osservazione: Legge di annullamento del prodotto: ∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ ,


se 𝑎 ∙ 𝑏 = 0 , allora 𝑎 = 0 ⋁ 𝑏 = 0

7
Gruppi algebrici e campi
Sia 𝐴 un insieme non vuoto: un gruppo algebrico di 𝑨 corrisponde ad una struttura
algebrica che indica uno o più prodotti scalari applicabili con le relative proprietà tra
gli elementi di 𝐴 ed eventuali altri insiemi o tra gli stessi elementi di 𝐴. Nel nostro
caso definiamo il gruppo commutativo ed il campo dei numeri reali:

 Gruppo abeliano o commutativo: (ℝ, +) e (ℝ ∖ {0}, ∙), ossia un insieme ℝ in


cui opera una determinata operazione e in cui vale la proprietà commutativa;
 Campo dei numeri reali: (ℝ, +, ∙), ossia l’insieme dei numeri reali che gode
delle proprietà di addizione e moltiplicazione e della proprietà distributiva:
∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ 𝑎 ∙ (𝑏 + 𝑐 ) = 𝑎 ∙ 𝑏 + 𝑎 ∙ 𝑐

Ordinamenti
L’ordinamento è una relazione binaria 𝕽 fra elementi dell’insieme 𝐴 ⊆ ℝ, che gode
delle seguenti proprietà:
1) Antisimmetrica: ∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ, se 𝑎ℜ𝑏 e 𝑏ℜ𝑎 allora 𝑎 = 𝑏 ;
2) Riflessiva: ∀𝑎 ∈ ℝ 𝑎ℜ𝑎 ;
3) Transitiva: ∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ se 𝑎ℜ𝑏 e 𝑏ℜ𝑐 , allora 𝑎ℜ𝑐 ;
4) Totalità: ∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ, 𝑎ℜ𝑏 oppure 𝑏ℜ𝑎

Vi sono 4 tipi di ordinamento:


∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ
 Maggiore o uguale: 𝑎 ≥ 𝑏 ⟺ 𝑏 ≤ 𝑎;
 Minore o uguale: 𝑎 ≤ 𝑏 ⟺ 𝑏 ≥ 𝑎 ;
 Maggiore: 𝑎 > 𝑏 ⟺ 𝑏 ≤ 𝑎 ∧ 𝑎 ≠ 𝑏 ;
 Minore: 𝑎 < 𝑏 ⟺ 𝑏 ≥ 𝑎 ∧ 𝑎 ≠ 𝑏 ;

Proposizione: invarianza dell’ordinamento rispetto all’addizione


E’ possibile sommare un termine ad entrambi i membri di una disequazione
lasciando invariato il segno della stessa:
∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ 𝑎 ≤ 𝑏 ⇒ 𝑎 + 𝑐 ≤ 𝑏 + 𝑐
8
Osservazione: legge del trasporto:
∀𝑎, 𝑏 ∈ ℝ 𝒂 ≤ 𝒃 ⟹ 𝑎 + (−𝑏) ≤ 𝑏 + (−𝑏) ⟹ 𝒂 − 𝒃 ≤ 𝟎

Proposizione: compatibilità dell’ordinamento rispetto alla


moltiplicazione
E’ possibile moltiplicare un termine ad entrambi i membri di una disequazione
modificando l’ordinamento secondo i seguenti criteri:
∀𝑎, 𝑏, 𝑐 ∈ ℝ 𝑎 ≤ 𝑏
 ∀𝑐 > 0 𝑎 ∙ 𝑐 ≤ 𝑏 ∙ 𝑐 ;
 ∀𝑐 < 0 𝑎 ∙ 𝑐 ≥ 𝑏 ∙ 𝑐 ;

Assioma di completezza
Dati gli insiemi 𝐴, 𝐵 ⊂ ℝ , questi si dicono separati se, ∀𝑎 ∈ 𝐴, ∀𝑏 ∈ 𝐵, ∃𝑐 ∈ ℝ ∶
𝑎≤𝑐≤𝑏.
Ci è utile per dimostrare il teorema dell’esistenza dell’estremo superiore o inferiore
di un insieme.

Massimo e minimo di un insieme


Dato un insieme 𝐴 ⊂ ℝ , si definisce massimo di A l’elemento 𝑀 ∈ 𝐴 ∶ ∀𝑎 ∈ 𝐴
𝑎 ≤ 𝑀 ; in tal caso, 𝑴 = 𝐦𝐚𝐱𝑨

Dato un insieme 𝐴 ⊂ ℝ , si definisce minimo di A l’elemento 𝑚 ∈ 𝐴 ∶ ∀𝑎 ∈ 𝐴


𝑎 ≥ 𝑚 ; in tal caso, 𝒎 = 𝐦𝐢𝐧𝑨

 Osservazione: Teorema dell’unicità di massimo e minimo: Supponiamo per


assurdo che l’insieme 𝐴 ⊂ ℝ ammetta due massimi: 𝑀1 = 𝑚𝑎𝑥𝐴, 𝑀2 =
𝑚𝑖𝑛𝐴, 𝑀1 ≠ 𝑀2 ; ∀𝑎 ∈ 𝐴
𝑎 ≤ 𝑀1 ⟹ 𝑎 = 𝑀2 ⟹ 𝑀2 ≤ 𝑀1
𝑎 ≥ 𝑀2 ⟹ 𝑎 = 𝑀1 ⟹ 𝑀1 ≤ 𝑀2
9
Per la proprietà antisimmetrica degli ordinamenti 𝑀1 = 𝑀2 = 𝑀𝑢𝑛𝑖𝑐𝑜
Dunque: se un insieme ammette massimo (o minimo), questo è unico.

Maggioranti e minoranti di un insieme


Dato un insieme 𝐴 ⊂ ℝ , si definiscono maggioranti di 𝑨 tutti gli elementi 𝑘 ∈ ℝ ∶
∀𝑎 ∈ 𝐴 𝑎 ≤ 𝑘 ;
 se esistono, i maggioranti di un insieme, sono infiniti;
 il massimo di un insieme è un maggiorante dello stesso insieme, ma non è
detto che, se esistono i maggioranti, esiste anche il massimo.

Dato un insieme 𝐴 ⊂ ℝ , si definiscono minoranti di 𝑨 tutti gli elementi ℎ ∈ ℝ ∶


∀𝑎 ∈ 𝐴 𝑎 ≥ ℎ ;
 se esistono, i minoranti di un insieme, sono infiniti;
 il minimo di un insieme è un minorante dello stesso insieme, ma non è detto
che, se esistono i minoranti, esiste anche il minimo.

Topologia della retta reale: gli intervalli


Un intervallo in ℝ, con 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ e 𝑎 < 𝑏 costituisce un insieme con le seguenti
caratteristiche:
[𝑎, 𝑏] = {𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ≤ 𝑥 ≤ 𝑏} , dove 𝑎 = min[𝑎, 𝑏] e 𝑏 = max[𝑎, 𝑏]
Esistono intervalli limitati e illimitati.

Intervalli limitati
Un intervallo limitato è un insieme che ammette maggioranti e minoranti:
 Intervallo chiuso: [𝑎, 𝑏] = {𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ≤ 𝑥 ≤ 𝑏} , cioè che comprende anche
gli estremi;
𝑎 = min[𝑎, 𝑏];
𝑏 = max[𝑎, 𝑏];

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 Intervallo aperto: ]𝑎, 𝑏[ = {𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 < 𝑥 < 𝑏} , cioè che non comprende
anche gli estremi;
∄min]𝑎, 𝑏[;
∄max]𝑎, 𝑏[ ;

 Intervallo chiuso inferiormente e aperto superiormente: [𝑎, 𝑏[ =


{𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ≤ 𝑥 < 𝑏};
𝑎 = min[𝑎, 𝑏[;
∄max[𝑎, 𝑏[ ;

 Intervallo chiuso superiormente e aperto inferiormente: ]𝑎, 𝑏] =


{𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 < 𝑥 ≤ 𝑏};
∄min]𝑎, 𝑏];
𝑏 = max]𝑎, 𝑏];

 Intervalli limitati discontinui: [𝑎, 𝑏] ∪ {𝑐, 𝑑, … 𝑛} = {𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ≤ 𝑥 ≤


𝑏 ⋀ 𝑥 ∈ {𝑐, 𝑑, … 𝑛}};
𝑎 = min[𝑎, 𝑏] ∪ {𝑐, 𝑑, … 𝑛};
𝑛 = max [𝑎, 𝑏] ∪ {𝑐, 𝑑, … 𝑛};

Intervalli illimitati
̃ = ℝ ∪ {−∞, +∞}
Definiamo la retta reale estesa ℝ
Un intervallo illimitato è un insieme che non ammette maggioranti e/o minoranti:
 Intervallo illimitato superiormente e inferiormente: ]−∞, +∞[ =
{𝑥 ∈ ℝ ∶ −∞ < 𝑥 < +∞};
∄min]−∞, +∞[;
∄max]−∞, +∞[;
Non esistono né minoranti né maggioranti;

 Intervallo illimitato superiormente e limitato inferiormente: [𝑎, +∞[ =


{𝑥 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ≤ 𝑥 < +∞};
𝑎 = min[𝑎, +∞[;
∄max[𝑎, +∞[;
Esistono minoranti ma non maggioranti;

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 Intervallo illimitato inferiormente e limitato superiormente: ]−∞, 𝑎] =
{𝑥 ∈ ℝ ∶ −∞ < 𝑥 ≤ 𝑎};
∄min]−∞, 𝑎];
𝑎 = max]−∞, 𝑎];
Non esistono minoranti ma esistono maggioranti;

Estremi superiori e inferiori di un intervallo


Dato un insieme limitato superiormente 𝐴 ⊂ ℝ , si definisce estremo superiore di
𝐴 = [𝑎, 𝑏] il minimo dei maggioranti 𝐿 ∈ ℝ : 𝑳 = 𝐬𝐮𝐩𝑨;
Definizione:
𝑎 ≤ 𝐿 ∀𝑎 ∈ 𝐴
𝐿 = sup𝐴 ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑎̅ ∈ 𝐴 ∶ 𝐿 − 𝜀 ≤ 𝑎̅

Dato un insieme limitato inferiormente 𝐴 ⊂ ℝ , si definisce estremo inferiore di


𝐴 = [𝑎, 𝑏] il massimo dei minoranti 𝑙 ∈ ℝ : 𝒍 = 𝐢𝐧𝐟𝑨;
Definizione:
𝑎 ≥ 𝑙 ∀𝑎 ∈ 𝐴
𝑙 = inf𝐴 ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑎̅ ∈ 𝐴 ∶ 𝑙 + 𝜀 ≥ 𝑎̅

Teorema dell’esistenza dell’estremo superiore e inferiore di un


insieme
Se 𝐴 ⊂ ℝ è limitato superiormente (o inferiormente), ammette estremo superiore
(o inferiore), e poiché questo è il minimo dei maggioranti (o massimo dei minoranti),
è unico.

Dimostrazione:
Dato l’insieme 𝐴 ⊂ ℝ limitato superiormente, definiamo l’insieme 𝐵 ⊂ ℝ non vuoto
i cui elementi corrispondono ai maggioranti di A:
𝐵 = {𝑘 ∈ ℝ ∶ 𝑘 è 𝑢𝑛 𝑚𝑎𝑔𝑔𝑖𝑜𝑟𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑑𝑖 𝐴}
A e B sono separati, in quanto ∀𝑎 ∈ 𝐴, ∀𝑏 ∈ 𝐵 𝑎 ≤ 𝑏; per l’assioma di
completezza ∀𝑎 ∈ 𝐴, ∀𝑏 ∈ 𝐵 ∃𝑐 ∈ ℝ ∶ 𝑎 ≤ 𝑐 ≤ 𝑏; da ciò:
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 𝑐 ∈ 𝐵, quindi fa parte dei maggioranti di A;
 ∀𝑏 ∈ 𝐵 𝑐 ≤ 𝑏, quindi 𝑐 è il minimo di B (dei maggioranti), cioè l’unico
estremo superiore di A.
𝑐 = min𝐵 = sup𝐴

Dato l’insieme 𝐴 ⊂ ℝ limitato inferiormente, definiamo l’insieme 𝐵 ⊂ ℝ non vuoto i


cui elementi corrispondono ai minoranti di A:
𝐵 = {ℎ ∈ ℝ ∶ ℎ è un minorante di 𝐴}
A e B sono separati, in quanto ∀𝑎 ∈ 𝐴, ∀𝑏 ∈ 𝐵 𝑏 ≤ 𝑎; per l’assioma di
completezza, ∀𝑎 ∈ 𝐴, ∀𝑏 ∈ 𝐵 ∃𝑐 ∈ ℝ ∶ 𝑏 ≤ 𝑐 ≤ 𝑎; da ciò:
 𝑐 ∈ 𝐵,quindi è un minorante di A;
 ∀𝑏 ∈ 𝐵 𝑐 ≥ 𝑏 , quindi c è il massimo di B (dei minoranti), e quindi l’unico
estremo inferiore di A.
𝑐 = max𝐵 = inf𝐴

Intorni di un punto
Consideriamo un punto 𝑥0 ∈ ℝ; un intorno di 𝒙𝟎 è un intervallo aperto contenente
𝑥0 tale che i due estremi di tale intervallo (detto in questo caso intorno centrato
𝐼 (𝑥0 , 𝛿 )) siano 𝑥0 − 𝛿 e 𝑥0 + 𝛿, con 𝛿 corrispondente ad una quantità infinitesimale
reale:
𝐼 (𝑥0 , 𝛿 ) = ]𝑥0 − 𝛿, 𝑥0 + 𝛿 [
̃ , possiamo definire:
Se si considera 𝑥0 ∈ ℝ
 Intorno di +∞: 𝐼 (+∞) = ]ℎ, +∞[ , con ℎ ∈ ℝ;
 Intorno di −∞: 𝐼 (−∞) = ]−∞, ℎ[, con ℎ ∈ ℝ;

Punti di accumulazione
Sia 𝐴 ⊆ ℝ; consideriamo un punto 𝑥0 ∈ ℝ; 𝑥0 è detto punto di accumulazione per
l’insieme 𝑨, se per ogni intorno 𝐼 (𝑥0 ) si verifica che 𝐴 ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 } ≠ ∅.
Di conseguenza, si verifica che, dato l’intorno 𝐼 (𝑥0 ) = ]𝑎, b[, anche gli estremi sono
punti di accumulazione (𝑎 + 𝛿 ∈ ]𝑎, b[ e 𝑏 − 𝛿 ∈ ]𝑎, b[).
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Genesi dei numeri reali dai razionali
Sulla base di quanto detto finora, analizziamo il ragionamento che ha portato
all’intuizione dell’esistenza di numeri irrazionali e reali:
 Definiamo l’insieme 𝐴 = {𝑞 ∈ ℚ ∶ 𝑞 ≥ 0, 𝑞2 ≥ 2};
 L’insieme è non vuoto in quanto 22 = 4 ≥ 2 ⟹ 2 ∈ 𝐴;
 L’insieme è limitato inferiormente, in quanto 02 = 0 ≤ 2 ⟹ 0 ∉ 𝐴, e quindi
0 è un minorante di A;
 Per il teorema dell’esistenza dell’estremo inferiore di un insieme, essendo
questo limitato inferiormente, ∃𝛼 = inf𝐴 ∶ 𝛼 2 = 2;
 𝛼 ∉ ℚ , bensì 𝛼 ∈ 𝕀 ∶ 𝛼 = √2 ; l’unione tra numeri razionali e irrazionali da
così vita all’insieme dei numeri reali.

Proposizione: Assioma di Archimede


Si dimostra che per ogni numero reale 𝑥 esiste un numero naturale 𝑛 maggiore di 𝑥:
∀𝑥 ∈ ℝ ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑛 > 𝑥

Radici ennesime, potenze e valore assoluto


Radici ennesime
∀𝑥 ∈ ℝ, si definisce radice ennesima di 𝒙 il numero reale 𝛼 = 𝑛√𝑥 ∈ ℝ che
costituisce l’estremo inferiore dell’insieme di tutti gli elementi 𝑞 ∈ ℚ tale che 𝑞 ≥ 0
e 𝑞𝑛 ≥ 𝑥:

∀𝑥 ∈ ℝ, 𝛼 = 𝑛√𝑥 = inf{𝑞 ∈ ℚ ∶ 𝑞 ≥ 0 , 𝑞𝑛 ≥ 𝑥 };

Se 𝑛 ∈ ℕ è dispari, allora si può calcolare la radice ennesima in ℝ di qualsiasi


numero reale; se invece è pari, allora si può calcolare in ℝ soltanto la radice
ennesima di numeri positivi (la radice ennesima di numeri negativi in questo caso
cadrebbe all’interno dei numeri complessi ℂ)

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𝑛
√𝑥 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 0
𝑛 { 𝑛 𝑠𝑒 ∀𝑚 ∈ ℕ 𝑛 = 2𝑚 + 1
√𝑥 = { − √−𝑥 𝑠𝑒 𝑥 < 0
𝑛
√𝑥 𝑠𝑒 ∀𝑚 ∈ ℕ 𝑛 = 2𝑚

Potenze
La potenza è un costrutto matematico del tipo 𝑎𝑚 , con 𝑚 ∈ ℝ, definito come segue:
∀𝑎 ∈ ℝ:
 Esponente naturale: ∀𝑛 ∈ ℕ 𝑎𝑛 = 𝑎 ∙ 𝑎 ∙ 𝑎 ∙ 𝑎 ∙ … 𝑎𝑛 : Si definisce come il
prodotto di 𝑎 per se stesso eseguito 𝑛 volte;

𝑎 𝑧 𝑠𝑒 𝑧 ≥ 0
 Esponente intero relativo: ∀𝑧 ∈ ℤ , 𝑎 ≠ 0 𝑎 = { 𝑧
1 −𝑧 : Si
( ) 𝑠𝑒 𝑧 < 0
𝑎
definisce come il prodotto di a per se stesso eseguito 𝑧 volte, se 𝑧 ≥ 0 ,
oppure come il prodotto del reciproco di 𝑎 per se stesso eseguito 𝑧 volte
cambiato di segno, se 𝑧 <0;

𝑚
𝑚
 Esponente razionale: ∀𝑞 ∈ ℚ , 𝑎 ≠ 0, 𝑞 =
𝑛
𝑚, 𝑛 ∈ ℤ , 𝑎𝑞 = 𝑎 𝑛 = √𝑎𝑚 :
𝑛
𝑚
Definito 𝑞 = , 𝑎 si definisce come la radice 𝑛 - esima di 𝑎𝑚 ;
𝑞
𝑛

 Esponente irrazionale: ∀𝑟 ∈ 𝕀 , 𝑎 ≠ 0 𝑎𝑟 =
inf{𝑎𝑞 ∶ 𝑞 ∈ ℚ , 𝑞 > 𝑟} 𝑠𝑒 𝑎 ≥ 1
{ 1 −𝑟 : Si definisce come l’estremo inferiore
( ) 𝑠𝑒 0 < 𝑎 < 1
𝑎
dell’insieme degli elementi 𝑎𝑞 tale che 𝑞 ∈ ℚ e 𝑞 > 𝑟, se 𝑎 ≥ 1, oppure come
il reciproco di 𝑎 elevato a 𝑟 cambiato di segno, se 0 < 𝑎 < 1 .

Per le potenze si definiscono delle proprietà sia rispetto alle operazioni sia rispetto
all’ordinamento:
 Proprietà rispetto alle operazioni:
o Somma degli esponenti: 𝑥 𝑝 ∙ 𝑥 𝑞 = 𝑥 𝑝+𝑞 ;
o Prodotto delle basi: 𝑥 𝑝 ∙ 𝑦 𝑝 = (𝑥 ∙ 𝑦)𝑝 ;
o Prodotto degli esponenti: (𝑥 𝑝 )𝑞 = 𝑥 𝑝∙𝑞 ;

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 Proprietà rispetto all’ordinamento:
𝑥 𝑝 > 𝑦 𝑝 𝑠𝑒 𝑝 < 0
o Ordinamento sulla base: 0 < 𝑥 < 𝑦, { 𝑝 ;
𝑥 < 𝑦 𝑝 𝑠𝑒 𝑝 > 0
𝑥 𝑝 > 𝑥 𝑞 𝑠𝑒 0 < 𝑥 < 1
o Ordinamento sull’esponente: 𝑝 < 𝑞, { .
𝑥 𝑝 < 𝑥 𝑞 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 1
Valore assoluto
Il valore assoluto è un costrutto matematico che opera sul segno di un valore 𝑥 ∈
ℝ; in particolare:
𝑥 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 0
∀𝑥 ∈ ℝ , |𝑥| = {
−𝑥 𝑠𝑒 𝑥 < 0

Anche nel caso del valore assoluto sono definite delle proprietà rispetto alle
operazioni e all’ordinamento:
 Proprietà rispetto alle operazioni:
∀𝑥 ∈ ℝ :
o Positività del valore assoluto: |𝑥| ≥ 0 ;
o Valore assoluto e 0: |𝑥| = 0 ⟺ 𝑥 = 0 ;
o Uguaglianza dei valori assoluti di numeri opposti: |−𝑥| = |𝑥| ;

o Moltiplicazione: |𝑥 ∙ 𝑦| = |𝑥| ∙ |𝑦| , ∀𝑦 ∈ ℝ ;


𝑥 |𝑥|
o Divisione: | | = | | , ∀𝑦 ∈ ℝ ;
𝑦 𝑦

 Proprietà rispetto all’ordinamento:


∀𝑥 ∈ ℝ :
o Valori interni: |𝑥| ≤ 𝑟 ⟺ −𝑟 ≤ 𝑥 ≤ 𝑟 , ∀𝑟 ∈ ℝ ;
o Valori esterni: |𝑥| ≥ 𝑟 ⟺ 𝑥 ≤ −𝑟 ⋁ 𝑥 ≥ 𝑟 , ∀𝑟 ∈ ℝ
o Disuguaglianza triangolare: |𝑥 + 𝑦| ≤ |𝑥| + |𝑦| , ∀𝑦 ∈ ℝ ;
Dimostrazione: |𝑥| ≤ |𝑥| ⟺ −|𝑥| ≤ 𝑥 ≤ |𝑥| ;
Sommiamo membro a membro:
−|𝑥1 | ≤ 𝑥1 ≤ |𝑥1| e −|𝑥2 | ≤ 𝑥2 ≤ |𝑥2 |
−(|𝑥1 | + |𝑥2 |) ≤ 𝑥1 + 𝑥2 ≤ (|𝑥1| + |𝑥2 |) ⟺
|𝑥1 + 𝑥2 | ≤ |𝑥1 | + |𝑥2 |
Utilizziamo la disuguaglianza triangolare, ad esempio, nella
dimostrazione del teorema dell’unicità del limite.

16
Numeri complessi
L’insieme dei numeri complessi costituisce l’insieme numerico nato a partire dal
problema di definizione per le radici quadrate dei numeri negativi, molto ricorrenti
in branche più o meno avanzate dell’analisi e della matematica in generale.
Lo studio dei numeri complessi parte dalla definizione del concetto di unità
immaginaria 𝑖 = √−1, e approda di conseguenza al concetto di numero complesso
𝑧 = 𝑎 + 𝑏𝑖, con 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ, ossia un particolare numero formato da una parte reale 𝑎
e da una parte immaginaria 𝑏𝑖.
Definiamo quindi l’insieme dei numeri complessi ℂ = {𝑧 = 𝑎 + 𝑏𝑖 ∶ 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ}.

Rappresentazioni
 Algebrica: 𝑧 = 𝑎 + 𝑏𝑖 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ , con 𝑎 definita parte reale del numero
complesso (𝑎 = Re(𝑧)) e 𝑏 come parte immaginaria del numero complesso
(𝑏 = Im(𝑧));

 Coppia ordinata: (𝑎, 𝑏) 𝑎, 𝑏 ∈ ℝ , con 𝑎 = 𝑅𝑒 𝑧 e 𝑏 = 𝐼𝑚 𝑧 ;


Osservazione: Dati 𝑧 = 𝑎 + 𝑏𝑖 e 𝑧 ′ = 𝑎′ + 𝑏′ 𝑖 :
𝑎 = 𝑎′
𝑧 = 𝑧 ′ ⟺ (𝑎, 𝑏) = (𝑎′ , 𝑏′ ) ⟺ {
𝑏 = 𝑏′

 Grafica su Piano di Gauss: com’è intuibile dal tipo di rappresentazione del


punto precedente, un numero complesso (𝑎, 𝑏) definisce un vettore 𝑧 di
modulo ‖𝑧‖ = 𝑟 = √𝑎2 + 𝑏2 appartenente al piano di Gauss, il quale
costituisce di fatto un’estensione bidimensionale della consueta retta euclidea
per la rappresentazione dei numeri reali; l’angolo 𝜑 è l’angolo tra il vettore e
le ascisse (asse dei numeri reali) ed è detto argomento di 𝑧 (𝜑 = arg(𝑧)); la
coppia ordinata (𝑟, 𝜑) indica le coordinate polari del vettore 𝑧:

17
 Polare o trigonometrica: Partendo dalla rappresentazione grafica, poniamo il
modulo ‖𝑧‖ = 𝑟 = √𝑎2 + 𝑏2 e 𝜑 = arg 𝑧 ; dalla trigonometria otteniamo
𝑎 = 𝑟 ∙ cos 𝜑
che: {𝑏 = 𝑟 ∙ 𝑖 ∙ sen 𝜑 da cui: 𝑧 = 𝑟(cos 𝜑 + 𝑖 sen 𝜑) , con 𝜑 = arctan ( ) .
𝑏
𝑏 𝑎
= tan 𝜑
𝑎
𝜋
𝜑= 𝑠𝑒 𝑏 > 0
2
Nota: se 𝑎 = 0, allora { 3𝜋
𝜑= 𝑠𝑒 𝑏 < 0
2
 Esponenziale: Dalla formula di Eulero otteniamo: 𝑒 𝑖𝜑 = cos 𝜑 + 𝑖 sin 𝜑 ; da
cui: 𝑧 = 𝑟𝑒 𝑖𝜑 .
Osservazione: 𝑧 = 𝑒 𝑖𝜑 = cos 𝜑 + 𝑖 sin 𝜑:
𝑧 −1 = 𝑒 −𝑖𝜑 = 𝑒 𝑖(−𝜑) = cos(−𝜑) + 𝑖 sin(− 𝜑) = cos 𝜑 −
𝑖 sin 𝜑 ;
𝑒 𝑖𝜑 +𝑒 −𝑖𝜑 (cos 𝜑+𝑖 sen 𝜑)+(cos 𝜑−𝑖 sen 𝜑) 2 cos 𝜑
= = = cos 𝜑
2 2 2
𝑒 𝑖𝜑 −𝑒 −𝑖𝜑 (cos 𝜑+𝑖 sen 𝜑)−(cos 𝜑−𝑖 sen 𝜑) 2𝑖 sen 𝜑
= = = sen 𝜑 .
2𝑖 2 2𝑖

18
Operazioni
 Addizione: definiti 𝑧 = (𝑎, 𝑏) e 𝑧 ′ = (𝑎′ , 𝑏′ ) 𝑎, 𝑎′ , 𝑏, 𝑏′ ∈ ℝ ;
𝑧 + 𝑧 ′ = (𝑎, 𝑏) + (𝑎′ , 𝑏′ ) = (𝑎 + 𝑎′ , 𝑏 + 𝑏′ ) = (𝑎 + 𝑎′ ) + (𝑏 + 𝑏′ )𝑖 ;
Per quel che riguarda la rappresentazione grafica, per sommare i vettori 𝑧 e 𝑧 ′
si usa la regola del parallelogramma.

PROPRIETA’
1) Associativa
2) Commutativa
3) Esistenza dell’elemento neutro: 𝑧 = 0 ;
4) Esistenza dell’opposto: 𝑧 + (−𝑧) = 0 ;

 Moltiplicazione: definiti 𝑧 = (𝑎, 𝑏) e 𝑧 ′ = (𝑎′ , 𝑏′ ) 𝑎, 𝑎′ , 𝑏, 𝑏′ ∈ ℝ ;


𝑧 ∙ 𝑧 ′ = (𝑎, 𝑏) ∙ (𝑎′ , 𝑏′ ) = (𝑎 + 𝑏𝑖) ∙ (𝑎′ + 𝑏′ 𝑖) = 𝑎𝑎′ + 𝑎𝑏′ 𝑖 + 𝑎′ 𝑏𝑖 − 𝑏𝑏′
= (𝑎𝑎′ − 𝑏𝑏′ ) + (𝑎𝑏 ′ + 𝑎′ 𝑏)𝑖;

definiti 𝑧 = 𝑟(cos 𝜗 + 𝑖 sen 𝜗) e 𝑧 ′ = 𝜌(cos 𝜑 + 𝑖 sen 𝜑) :


𝑧 ∙ 𝑧 ′ = 𝑟𝜌(cos(𝜗 + 𝜑) + 𝑖 sen(𝜗 + 𝜑))
Formula di De Moivre: 𝑧 𝑛 = 𝑟 𝑛 (cos(𝑛𝜗) + 𝑖 sen(𝑛𝜗))

PROPRIETA’
1) Associativa
2) Commutativa
3) Esistenza dell’elemento neutro: 𝑧 = 1 ;
1 1
4) Esistenza dell’opposto: 𝑧 ∈ ℂ , 𝑧 ≠ 0, ∃ ∈ ℂ ∶ 𝑧 ∙ = 1 ;
𝑧 𝑧
Coniugato di un numero complesso: si definisce 𝑧 ∈ ℂ come 𝑧 = 𝑎 − 𝑏𝑖
1 1 𝑧 𝑧 𝑧
= = = 2 =
𝑧 𝑎 + 𝑏𝑖 𝑧(𝑎 + 𝑏𝑖) 𝑎 + 𝑏2 ‖𝑧‖2

 Moltiplicazione scalare-complesso: definiti 𝑧 = 𝑎 + 𝑏𝑖 e 𝛼 ∈ ℝ :


𝛼 ∙ 𝑧 = 𝛼𝑎 + (𝛼𝑏)𝑖

 Potenza: 𝑧 𝑛 = (𝑎 + 𝑏𝑖)𝑛 con 𝑛 ∈ ℕ

19
 Radice ennesima: sono calcolabili in ℂ tutte le radici ennesime. Le radici
𝑛-esime calcolate in ℂ ammettono 𝑛 soluzioni.
Dati 𝑧, 𝑤 ∈ ℂ ⟹ 𝑧 = 𝑛√𝑤 ⟺ 𝑧 𝑛 = 𝑤.
Regola di calcolo: definiti 𝑧 = 𝑟(cos 𝜗 + 𝑖 sen 𝜗 ) e 𝑤 = 𝜌(cos 𝜑 + 𝑖 sen 𝜑) ;
𝑧 𝑛 = 𝑟 𝑛 (cos(𝑛𝜗) + 𝑖 sen(𝑛𝜗)) = 𝜌(cos 𝜑 + 𝑖 sen 𝜑) = 𝑤;
𝑛 𝑟 = 𝑛√𝜌
𝜌=𝑟
𝑧𝑛 = 𝑤 ⟺ { {
𝑛𝜗 = 𝜑 + 2𝑘𝜋 𝜗 = 𝜑 + 2𝑘𝜋 𝑐𝑜𝑛 𝑘 = 0, 1, 2, … , 𝑛 − 1
𝑛

Il numero dei 𝑘 determinano il numero delle soluzioni della radice.


Graficamente, sul Piano di Gauss le radici ennesime corrispondono agli 𝑛
vertici di un poligono regolare: in figura sono rappresentate le quattro radici
complesse dell’equazione 𝑥 4 + 1 = 0:

20
Funzioni, successioni e limiti
Funzioni elementari
La funzione 𝒇 a una variabile reale è una legge che associa ad ogni elemento 𝑥 di un
insieme 𝐴 ⊆ ℝ = {𝑥 ∶ 𝑥 ∈ ℝ} (detto dominio) uno e un solo elemento 𝑦 (detto
immagine) di un insieme 𝐵 = {𝑦 ∶ 𝑦 ∈ ℝ} (detto codominio). Si indica con 𝑦 =
𝑓 (𝑥 ).
L’insieme 𝑓 (𝐴) = { 𝑦 = 𝑓 (𝑥 ) ∶ 𝑥 ∈ ℝ } è detto insieme delle immagini; non è detto
che coincida con il codominio (se così fosse, diremmo che la funzione è suriettiva).
Le funzioni si rappresentano graficamente su un piano cartesiano, mettendo il
dominio sull’asse delle ascisse e il codominio sull’asse delle ordinate. La
rappresentazione di una funzione su un piano cartesiano è detta grafico della
funzione, che corrisponde all’insieme di tutti i punti di componenti (𝑥, 𝑓 (𝑥 )):

𝐺𝑓 = {(𝑥, 𝑓(𝑥 )) ∶ 𝑥 ∈ 𝐴}

21
Suriettività, iniettività, biunivocità e invertibilità
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ 𝐵:
 𝑓 è suriettiva se 𝑓(𝐴) = 𝐵, cioè se per ogni elemento del codominio
corrisponde almeno un elemento del dominio;
 𝑓 è iniettiva se ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 ≠ 𝑥2 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≠ 𝑓(𝑥2 ) cioè se per ogni
immagine corrisponde uno e un solo elemento del dominio;
 𝑓 è biunivoca se è contemporaneamente suriettiva e iniettiva;
 𝑓 è invertibile se è biunivoca. La funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde
graficamente alla funzione simmetrica ad 𝑓 rispetto alla bisettrice del I e del III
quadrante. Si verifica in tal caso la seguente relazione:
𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ 𝐵 ⟺ 𝑓 −1 ∶ 𝐵 ⟶ 𝐴
𝑥 ⟼ 𝑦 = 𝑓(𝑥 ) ⟺ 𝑦 ⟼ 𝑥 = 𝑓 −1(𝑦)

Una funzione non suriettiva può essere resa tale restringendo il suo codominio
all’insieme delle immagini; una funzione non iniettiva può essere resa tale
prendendo in considerazione soltanto un intervallo del suo dominio (per esempio, la
funzione 𝑓 ∶ ℝ ⟶ [−1, 1], 𝑓 (𝑥 ) = sin 𝑥 non è iniettiva: per renderla tale basta
𝜋 𝜋
considerare la stessa funzione, ma con 𝑓 ∶ [− , ] ⟶ [−1, 1]).
2 2

Funzioni monotòne e non monotòne


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ:
 𝑓 è detta monotòna crescente se ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≤ 𝑓 (𝑥2 );
 𝑓 è detta monotòna strettamente crescente se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 ⟹
𝑓 (𝑥1 ) < 𝑓 (𝑥2 );
 𝑓 è detta monotòna decrescente se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 ⟹ 𝑓(𝑥1) ≥ 𝑓(𝑥2 );
 𝑓 è detta monotòna strettamente decrescente se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 ⟹
𝑓 (𝑥1 ) > 𝑓 (𝑥2 );

22
Di conseguenza, si verifica facilmente tramite un teorema che se 𝑓 è strettamente
monotòna, allora 𝑓 è iniettiva:
Per l’ordinamento, si verifica infatti che ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≶ 𝑓 (𝑥2 ), e
che quindi ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ 𝐴, 𝑥1 ≠ 𝑥2 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≠ 𝑓 (𝑥2 ).
Una funzione non è monotòna se:
 ∃𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 < 𝑥3 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≤ 𝑓 (𝑥2 ) ≥ 𝑓(𝑥3 );
 ∃𝑥1 , 𝑥2 , 𝑥3 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 < 𝑥3 ⟹ 𝑓 (𝑥1 ) ≥ 𝑓 (𝑥2 ) ≤ 𝑓(𝑥3 );
 ∀𝑥1, 𝑥2 , 𝑥3 ∈ 𝐴, 𝑥1 < 𝑥2 < 𝑥3 ⟹ 𝑓 (𝑥1) = 𝑓(𝑥2 ) = 𝑓 (𝑥3 ) (funzione
costante).

Funzioni positive, negative e nulle


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ:
 𝑓 è positiva (𝑓 > 0) se 𝑓 (𝑥 ) > 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;
 𝑓 è negativa (𝑓 < 0) se 𝑓 (𝑥 ) < 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;
 𝑓 è non positiva (𝑓 ≤ 0) se 𝑓(𝑥 ) ≤ 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;
 𝑓 è non negativa (𝑓 ≥ 0) se 𝑓 (𝑥 ) ≥ 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;
 𝑓 è nulla (𝑓 = 0) se 𝑓 (𝑥 ) = 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;

Se la funzione interseca l’asse delle ascisse (𝑓 = 0) nel punto 𝑥 ∈ 𝐴, si dirà che 𝑥 è


uno zero della funzione; viceversa, se la funzione interseca l’asse delle ordinate (𝑥 =
0) ciò avviene nel punto 𝑓 (0).

23
Funzioni limitate
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ:
 𝑓 è limitata superiormente se l’insieme delle immagini 𝑓 (𝐴) ammette
maggiorante: ∃𝑘 ∈ ℝ ∶ 𝑘 ≥ 𝑓 (𝑥 ) ∀𝑥 ∈ 𝐴; in questo caso abbiamo che
sup𝑓 (𝑥 ) = 𝑘 e inf𝑓 (𝑥 ) = −∞;
 𝑓 è limitata inferiormente se l’insieme delle immagini 𝑓(𝐴) ammette
minorante: ∃ℎ ∈ ℝ ∶ ℎ ≤ 𝑓 (𝑥 ) ∀𝑥 ∈ 𝐴; in questo caso abbiamo che
sup𝑓 (𝑥 ) = +∞ e inf𝑓 (𝑥 ) = ℎ;
 𝑓 è limitata se è limitata sia superiormente sia inferiormente: ∃ℎ, 𝑘 ∈ ℝ ∶ ℎ ≤
𝑓 (𝑥 ) ≤ 𝑘 ∀𝑥 ∈ 𝐴; in questo caso abbiamo che sup𝑓 (𝑥 ) = 𝑘 e inf𝑓 (𝑥 ) = ℎ;

Esempi di funzioni elementari e caratteristiche


 Funzione lineare: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = 𝑚𝑥 + 𝑞; graficamente
corrisponde ad una retta con coefficiente angolare 𝑚.

24
o È generalmente biunivoca, quindi invertibile. La funzione inversa 𝑓 −1
1
corrisponde ad un’altra funzione lineare 𝑓 (𝑥 ) = 𝑚1𝑥 + 𝑞1, con 𝑚1 =
𝑚
𝑞
e 𝑞1 = − ;
𝑚
o E’ generalmente strettamente monotòna: se 𝑚 > 0, 𝑓 è strettamente
crescente; se 𝑚 < 0, 𝑓 è strettamente decrescente;
o E’ illimitata.

Alcuni casi particolari sono i seguenti:


 Funzione della prima bisettrice: del tipo 𝑓 (𝑥 ) = 𝑥 (𝑚 = 1 e 𝑞 = 0);
 Funzione della seconda bisettrice: del tipo 𝑓(𝑥 ) = −𝑥 (𝑚 = −1 e 𝑞 =
0);
 Funzione costante: del tipo 𝑓(𝑥 ) = 𝑐, con 𝑐 ∈ 𝐶𝑜𝑑(𝑓(𝑥)) (𝑚 = 0, 𝑞 =
𝑐): graficamente corrisponde ad una retta parallela all’asse delle ascisse
e passante per 𝑦 = 𝑐; non è né iniettiva né suriettiva (non è quindi
invertibile), è costante ed illimitata;
 Funzione nulla: del tipo 𝑓 (𝑥 ) = 0, (𝑚 = 0, 𝑞 = 0): graficamente
corrisponde ad una retta coincidente con l’asse delle ascisse; non è né
iniettiva né suriettiva (non è quindi invertibile), è costante ed illimitata;
Di seguito degli esempi di funzione costante e prima bisettrice:

 Funzione quadratica: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = 𝑥 2 ; graficamente


corrisponde ad una parabola con vertice in 𝑥 = 0.
o Non è suriettiva, in quanto 𝐶𝑜𝑑(𝑓 (𝑥 )) = ℝ ≠ 𝑓 (ℝ) = [0, +∞[, né
iniettiva, in quanto ∀𝑦 ∈ [0, +∞[ ∃𝑥1, 𝑥2 𝑥1 ≠ 𝑥2 ∶ 𝑓(𝑥1 ) = 𝑓(𝑥2 );

25
o E’ invertibile solo se si impone 𝐶𝑜𝑑(𝑓 (𝑥 )) = 𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, +∞[. In
questo caso, 𝑓 −1 è detta funzione radice quadrata.
o Non è monotòna: ∀𝑥1, 𝑥2 ∈ ℝ, 𝑥1 < 0 < 𝑥2 ⟹ 𝑓(𝑥1) ≥ 0 ≤ 𝑓 (𝑥2 );
o E’ non negativa;
o E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 0.

 Funzione radice quadrata: 𝑓 ∶ [0, +∞[ ⟶ [0, +∞[ ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = √𝑥; è la
funzione inversa della funzione quadratica definita da [0, +∞[ a [0, +∞[.
o E’ biunivoca, e quindi invertibile;
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ non negativa;
o E’ E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 0.

 Funzione cubica: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = 𝑥 3 ;


o E’ biunivoca, e quindi invertibile: 𝑓 −1 è detta funzione radice cubica;
o E’ monotòna strettamente crescente;
26
o E’ illimitata.

 Funzione radice cubica: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = √𝑥 ; è la funzione inversa


3

della funzione cubica.


o E’ biunivoca, e quindi invertibile;
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ illimitata.

Le funzioni potenza 𝑥 𝑘 appena definite valgono ∀𝑘 ∈ ℝ; se 𝑘 ∈ ℕ, allora


graficamente la funzione si esprime come parabola/simil-parabola se 𝑘 è pari; se
𝑘 ∈ ℤ, allora la funzione corrisponde alla funzione iperbole; se 𝑘 ∈ ℚ, allora la
funzione corrisponde alla funzione radice ennesima; se 𝑘 ∈ 𝕀, allora la funzione
corrisponde ad una simil-parabola con valori soltanto per 𝑥 ∈ [0, +∞[.
27
 Funzione seno: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ [−1, 1]; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = sin 𝑥; graficamente
corrisponde ad un’“onda” che interseca infinite volte l’asse delle ascisse.
o E’ suriettiva, ma non iniettiva. Si può rendere iniettiva imponendo
𝜋 𝜋
𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [− , ]. La funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde alla
2 2
funzione arcoseno;
o Non è monotòna;
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = 1 e inf𝑓 (𝑥 ) = −1;

𝜋 𝜋
 Funzione arcoseno: 𝑓 ∶ [−1, 1] ⟶ [− , ]; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = arcsin 𝑥;
2 2
o E’ biunivoca, quindi invertibile. E’ la funzione inversa della funzione
𝜋 𝜋
seno con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [− , ];
2 2
o E’ monotòna strettamente crescente;
𝜋 𝜋
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = e inf𝑓 (𝑥 ) = − ;
2 2

28
 Funzione coseno: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ [−1, 1]; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = cos 𝑥; graficamente
corrisponde ad un’“onda” che interseca infinite volte l’asse delle ascisse,
𝜋
analoga alla funzione sinusoidale ma sfasata di rispetto a quest’ultima.
2
o E’ suriettiva, ma non iniettiva. Si può rendere iniettiva imponendo
𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, 𝜋]. La funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde alla funzione
arcocoseno;
o Non è monotòna;
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = 1 e inf𝑓 (𝑥 ) = −1;

 Funzione arcocoseno: 𝑓 ∶ [−1, 1] ⟶ [0, 𝜋]; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = arccos 𝑥;


o E’ biunivoca, quindi invertibile. E’ la funzione inversa della funzione
coseno con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, 𝜋];
o E’ monotòna strettamente decrescente;
o E’ non negativa;
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = 𝜋 e inf𝑓 (𝑥 ) = 0;

29
𝑥 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 0
 Funzione valore assoluto: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = |𝑥| = { ;
−𝑥 𝑠𝑒 𝑥 ≤ 0
o Non è né suriettiva né iniettiva;
o Non è monotòna;
o E’ non negativa;
o E’ illimitata superiormente;

𝑐1 𝑠𝑒 𝑥 ∈ [𝑘, +∞[
 Funzione a gradino: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = { , con
𝑐2 𝑠𝑒 𝑥 ∈ ]−∞, 𝑘 [
𝑘 ∈ ℝ; Graficamente si presenta come due semirette appartenenti a due
distinte rette costanti, con differenza di ordinate corrispondente a |𝑐1 − 𝑐2|;
o Non è né suriettiva né iniettiva;
o Non è monotòna;
o E’ Positiva se 𝑐1 > 0 e 𝑐2 > 0; è negativa se 𝑐1 < 0 e 𝑐2 < 0;
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = 𝑐1 (o 𝑐2) e inf𝑓 (𝑥 ) = 𝑐2 (o 𝑐1);

30
 Funzione parte intera: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = ⌈𝑥⌉ = 𝑛, con 𝑛 ≤ 𝑥 ≤ 𝑛 +
1; Graficamente si presenta come una funzione a gradino con infiniti 𝑐𝑛 con
𝑥 ∈ [𝑛, 𝑛 + 1];
o Non è né suriettiva né iniettiva;
o Non è monotòna;
o E’ illimitata;

 Funzione esponenziale: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ]0, +∞[; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = 𝑎 𝑥 ; graficamente


si presenta come una curva esponenziale che mai tocca l’asse delle ascisse e
che diverge ad infinito se 𝑎 > 1 e converge a 0 se 0 < 𝑎 < 1;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è detta
funzione logaritmica;
o E’ monotòna strettamente crescente se 𝑎 > 1; è monotòna
strettamente decrescente se 0 < 𝑎 < 1;
o E’ positiva;
o E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 0;

31
 Funzione logaritmica: 𝑓 ∶ ]0, +∞[ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓(𝑥 ) = log 𝑎 𝑥; è l’inverso
della funzione esponenziale, che mai tocca l’asse delle ordinate e che diverge
a più infinito se 𝑎 > 1 e a meno infinito se 0 < 𝑎 < 1;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è la funzione
esponenziale;
o E’ monotòna strettamente crescente se 𝑎 > 1; è monotòna
strettamente decrescente se 0 < 𝑎 < 1;
o E’ illimitata;

Funzioni non elementari


Una funzione non elementare è una funzione 𝑓 risultante dalle relazioni fra 𝑛
funzioni elementari 𝑔1 , 𝑔2 , … , 𝑔𝑛 . Vi sono cinque tipologie principali di funzioni non
elementari: somma di funzioni, prodotto di funzioni, rapporto di funzioni, inverso di
funzione e funzioni composte. Di seguito la loro definizione ed il calcolo del loro
dominio.

Somma di funzioni
Siano 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓) ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ:
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )
𝑓 + 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ) ∩ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) = { ⟶ℝ
𝐷𝑜𝑚(𝑔)

32
Prodotto di funzioni
Siano 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓) ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ:
𝐷𝑜𝑚 (𝑓 )
𝑓 ∙ 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ∩ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) = { ⟶ℝ
𝐷𝑜𝑚(𝑔)

Rapporto di funzioni
Siano 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓) ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ:
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )
𝑓
∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ∩ 𝐷𝑜𝑚(𝑔)\{𝑥 ∈ 𝐷𝑜𝑚 (𝑔) ∶ 𝑔(𝑥 ) = 0} = { 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ
𝑔
𝑔(𝑥 ) ≠ 0

Inverso di funzioni
Siano 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓) ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ⟶ ℝ;
Sia 𝑓 (𝑥 ) = 1:
1 𝐷𝑜𝑚 (𝑔)
∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑔)\{𝑥 ∈ 𝐷𝑜𝑚(𝑔) ∶ 𝑔(𝑥 ) = 0} = { ⟶ℝ
𝑔 𝑔(𝑥 ) ≠ 0

Funzioni composte
Siano 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ 𝐵 e 𝑔 ∶ 𝐶 ⟶ 𝐷;
Sia 𝑓 (𝐴) ⊆ 𝐶:
𝐴 ⟶ 𝑓 (𝐴 ) ⊆ 𝐶 ⟶ 𝐷
𝑥 ⟼ 𝑓(𝑥 ) ∈ 𝐶 ⟼ 𝑔(𝑓 (𝑥 )) = 𝑔 ∘ 𝑓
𝑥∈𝐴
𝑔∘𝑓 ∶ { ( ) ⟶ 𝐷
𝑓 𝑥 ∈ 𝐶

33
Esempi di funzioni non elementari e caratteristiche
1
 Funzione iperbole: 𝑓 ∶ ℝ\{0} ⟶ ℝ\{0}; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = ; graficamente
𝑥
corrisponde a due rami di iperbole equilatera, con gli assi cartesiani come
asintoti.
o E’ biunivoca, e
quindi
invertibile: la
funzione inversa
𝑓 −1 è identica
alla funzione di
partenza;
o Non è
monotòna;
o E’ illimitata.

𝐷𝑜𝑚 (sin 𝑥 ) ℝ
 Funzione tangente: 𝑓 ∶ {𝐷𝑜𝑚 (cos 𝑥 ) = { ℝ =
𝜋
cos 𝑥 ≠ 0 x ≠ + 𝑘𝜋, 𝑘 ∈ ℤ
2
𝜋 sin 𝑥
ℝ\ { + 𝑘𝜋 ∶ 𝑘 ∈ ℤ} ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = = tan 𝑥.
2 cos 𝑥
o È suriettiva, ma non iniettiva. Per renderla tale, basta restringere il
𝜋 𝜋
dominio all’intervallo ]− , [; la funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde alla
2 2
funzione arcotangente;
o Non è monotòna;
o E’ illimitata.

34
𝜋 𝜋
 Funzione arcotangente: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ]− , [; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = arctan 𝑥.
2 2
−1
o È biunivoca: la funzione inversa 𝑓 corrisponde alla funzione tangente
𝜋 𝜋
definita in ]− , [;
2 2
o E’ monotòna strettamente crescente;
𝜋 𝜋
o E’ limitata: sup𝑓 (𝑥 ) = e inf𝑓 (𝑥 ) = − .
2 2

𝑒 𝑥 −𝑒 −𝑥
 Funzione seno iperbolico: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = = sinh 𝑥;
2
graficamente si presenta come una simil-cubica passante per l’origine;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è detta
funzione settore seno iperbolico o arcoseno iperbolico;
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ illimitata;

35
 Funzione settore seno iperbolico/arcoseno iperbolico: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ ℝ; del tipo
𝑓 (𝑥 ) = ln(𝑥 + √𝑥 2 + 1) = arcsinh 𝑥 = sett sinh 𝑥; è l’inverso della funzione
seno iperbolico;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è la funzione
seno iperbolico;
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ illimitata;

𝑒 𝑥 +𝑒 −𝑥
 Funzione coseno iperbolico: 𝑓 ∶ ℝ ⟶ [1, +∞[; del tipo 𝑓 (𝑥 ) = =
2
cosh 𝑥; graficamente si presenta come una simil-parabola con il vertice in
(0, 1);
o E’ suriettiva, ma non iniettiva. Si può rendere iniettiva imponendo
𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, +∞]. La funzione inversa 𝑓 −1 corrisponde alla
funzione settore coseno iperbolico o arcocoseno iperbolico;
o Non è monotona;
o E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 1;

36
 Funzione settore coseno iperbolico/arcocoseno iperbolico: 𝑓 ∶ [1, +∞[ ⟶
[0, +∞]; del tipo 𝑓(𝑥 ) = ln(𝑥 + √𝑥 2 − 1) = arccosh 𝑥 = sett cosh 𝑥; è
l’inverso della funzione coseno iperbolico;
o E’ biunivoca, e quindi invertibile; la funzione inversa 𝑓 −1 è la funzione
coseno iperbolico con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 (𝑥 )) = [0, +∞];
o E’ monotòna strettamente crescente;
o E’ limitata inferiormente: inf𝑓 (𝑥 ) = 0;

Limiti di funzioni
̃ punto di accumulazione per 𝐴 e 𝑙 ∈ ℝ
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ ℝ ̃:

Si dice che 𝑓 ammette limite 𝒍 per 𝒙 che tende a 𝒙𝟎 se, per ogni intorno 𝐼 (𝑙), esiste
un intorno 𝐼 (𝑥0 ) tale che 𝑓 (𝑥 ) appartenga a 𝐼 (𝑙) per ogni 𝑥 appartenente ad 𝐴 ∩
𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }:
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀ 𝐼 (𝑙) ∃ 𝐼(𝑥0 ) ∶ 𝑓 (𝑥 ) ∈ 𝐼(𝑙) ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }
𝑥→𝑥0

37
 Se 𝑙 ∈ ℝ, allora 𝑓 converge ad 𝑙;
 Se 𝑙 = +∞, allora 𝑓 diverge positivamente;
 Se 𝑙 = −∞, allora 𝑓 diverge negativamente;

Di seguito le definizioni specifiche per ogni tipo di limite:


 𝑥0 ∈ ℝ, 𝑙 ∈ ℝ: lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝛿 > 0 ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈
𝑥→𝑥0
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )\{𝑥0 } |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿;

 𝑥0 ∈ ℝ, 𝑙 = +∞: lim 𝑓 (𝑥 ) = +∞ ⟺ ∀𝑀 > 0 ∃𝛿 > 0 ∶ 𝑓(𝑥 ) > 𝑀 ∀𝑥 ∈


𝑥→𝑥0
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )\{𝑥0 } |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿;
 𝑥0 ∈ ℝ, 𝑙 = −∞: lim 𝑓 (𝑥 ) = −∞ ⟺ ∀𝑚 < 0 ∃𝛿 > 0 ∶ 𝑓(𝑥 ) < 𝑚 ∀𝑥 ∈
𝑥→𝑥0
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )\{𝑥0 } |𝑥 − 𝑥0 | < 𝛿;

 𝑥0 = +∞, 𝑙 ∈ ℝ: lim 𝑓 (𝑥 ) = l ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝑁 > 0 ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑁 ∈


𝑥→+∞
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )\{𝑥0 } 𝑥 > 𝑁;
 𝑥0 = −∞, 𝑙 ∈ ℝ: lim 𝑓 (𝑥 ) = l ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝑛 < 0 ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑁 ∈
𝑥→−∞
𝐷𝑜𝑚(𝑓 )\{𝑥0 } 𝑥 < 𝑛;

 𝑥0 = +∞, 𝑙 = +∞: lim 𝑓 (𝑥 ) = +∞ ⟺ ∀𝑀 > 0 ∃𝑁 > 0 ∶ 𝑓 (𝑥 ) >


𝑥→+∞
𝑀 ∀𝑁 ∈ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 )\{𝑥0 } 𝑥 > 𝑁;
 𝑥0 = −∞, 𝑙 = −∞: lim 𝑓 (𝑥 ) = −∞ ⟺ ∀𝑚 < 0 ∃𝑛 < 0 ∶ 𝑓 (𝑥 ) <
𝑥→−∞
𝑚 ∀𝑛 ∈ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 )\{𝑥0 } 𝑥 < 𝑛;
 𝑥0 = +∞, 𝑙 = −∞: lim 𝑓 (𝑥 ) = −∞ ⟺ ∀𝑚 < 0 ∃𝑁 > 0 ∶ 𝑓(𝑥 ) <
𝑥→+∞
𝑚 ∀𝑁 ∈ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 )\{𝑥0 } 𝑥 > 𝑁;
 𝑥0 = −∞, 𝑙 = +∞: lim 𝑓 (𝑥 ) = +∞ ⟺ ∀𝑀 > 0 ∃𝑛 < 0 ∶ 𝑓 (𝑥 ) >
𝑥→−∞
𝑀 ∀𝑛 ∈ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 )\{𝑥0 } 𝑥 < 𝑛;

Limite destro e sinistro


Data 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ punto di accumulazione per [𝑎, 𝑏]:
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀ 𝐼 (𝑙) ∃ 𝐼(𝑥0 ) ∶ 𝑓 (𝑥 ) ∈ 𝐼 (𝑙) ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏] ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }
𝑥→𝑥0
38
da ciò deduciamo che 𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏] ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 } ⟺ 𝑥 ∈ ([𝑎, 𝑏] ∩ ]𝑥0 − 𝛿, 𝑥0 [\{𝑥0 }) ∪
([𝑎, 𝑏] ∩ ]𝑥0 , 𝑥0 + 𝛿 [\{𝑥0 });
da cui traiamo le definizioni di limite destro e limite sinistro:
 Limite destro: lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀ 𝐼 (𝑙) ∃ 𝐼(𝑥0 ) ∶ 𝑓(𝑥 ) ∈ 𝐼 (𝑙) ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏] ∩
𝑥→𝑥0
]𝑥0 , 𝑥0 + 𝛿 [\{𝑥0 };
 Limite sinistro: lim− 𝑓(𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀ 𝐼 (𝑙) ∃ 𝐼 (𝑥0 ) ∶ 𝑓 (𝑥 ) ∈ 𝐼 (𝑙) ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏] ∩
𝑥→𝑥0
]𝑥0 − 𝛿, 𝑥0 [\{𝑥0 };

Proposizione: esistenza del limite


Data 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ punto di accumulazione per [𝑎, 𝑏]:
 𝑓 ammette limite lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ lim− 𝑓(𝑥 ) = lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙;
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
 𝑓 ammette limite lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ lim 𝑓 (𝑥 ) = lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙;
𝑥→𝑎 𝑥→𝑎 𝑥→𝑎
 𝑓 ammette limite lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ lim 𝑓 (𝑥 ) = lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙;
𝑥→𝑏 𝑥→𝑏 𝑥→𝑏

Teorema del limite di funzioni composte


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ e considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, supponiamo
̃.
che esista lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, con 𝑙 ∈ ℝ
𝑥→𝑥0

Data 𝑔 ∶ 𝐵 ⟶ ℝ, con 𝑓 (𝐴) ⊆ 𝐵, e considerato 𝑙 un punto di accumulazione per 𝐵,


̃ , allora lim 𝑔(𝑓 (𝑥 )) = 𝑚.
se esiste lim 𝑔(𝑦) = 𝑚, con 𝑚 ∈ ℝ
𝑦→𝑙 𝑥→𝑥0

Teorema della permanenza del segno


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ ℝ ̃ punto di accumulazione per 𝐴, supponiamo
̃.
che esista lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, con 𝑙 ≠ 0 e 𝑙 ∈ ℝ
𝑥→𝑥0

Allora, esiste un 𝐼 (𝑥0 ) tale che:


 Se 𝑙 ∈ ℝ, allora 𝑓 (𝑥 ) ⋅ 𝑙 > 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 };
 Se 𝑙 = +∞, allora 𝑓 (𝑥 ) > 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼 (𝑥0 );
 Se 𝑙 = −∞, allora 𝑓 (𝑥 ) < 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼 (𝑥0 ).
39
Nel punto 𝑥0 , il segno della funzione è concorde col segno del limite 𝑙.

Dimostrazione
Per la definizione di limite, sappiamo che:
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀𝜀 > 0, ∃𝐼 (𝑥0 ) ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ∩ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }
𝑥→𝑥0

L’espressione |𝑓(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 può essere riscritta come 𝑙 − 𝜀 < 𝑓 (𝑥 ) < 𝑙 + 𝜀;


𝑙 𝑠𝑒 𝑙 > 0
operiamo ora la sostituzione 𝜀 = |𝑙| = { , ottenendo così:
−𝑙 𝑠𝑒 𝑙 < 0
𝑙 − |𝑙| < 𝑓 (𝑥 ) < 𝑙 + |𝑙|
In base al valore del limite, si verifica che:
 Se 𝑙 > 0, allora 0 = 𝑙 − 𝑙 < 𝑓 (𝑥 ) < 𝑙 + 𝑙 = 2𝑙 ⟹ 𝑓 (𝑥 ) ⋅ 𝑙 > 0 (+ per +, segni
concordi);
 Se 𝑙 < 0, allora 2𝑙 = 𝑙 + 𝑙 < 𝑓 (𝑥 ) < 𝑙 − 𝑙 = 0 ⟹ 𝑓 (𝑥 ) ⋅ 𝑙 > 0 (- per -, segni
concordi);
 Se 𝑙 = +∞ allora ∀𝑀 > 0 ∃𝐼(𝑥0 ) ∶ 𝑓 (𝑥 ) > 𝑀 ∀𝑥 ∈ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ∩
𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 } ⟹ 0 < 𝑀 < 𝑓 (𝑥 );
 Se 𝑙 = −∞ allora ∀𝑚 < 0 ∃𝐼(𝑥0 ) ∶ 𝑓 (𝑥 ) < 𝑚 ∀𝑥 ∈ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ∩
𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 } ⟹ 𝑓 (𝑥 ) < 𝑚 < 0;

Corollario
̃ punto di accumulazione per 𝐴:
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ ℝ
 Se 𝑓 > 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴, se esiste il lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, allora vale la seguente relazione:
𝑥→𝑥0
𝑙 ≥ 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;
 Se 𝑓 < 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴, se esiste il lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, allora vale la seguente relazione:
𝑥→𝑥0
𝑙 ≤ 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴;

Teorema dell’unicità del limite


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, se esiste
il lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 questo è unico.
𝑥→𝑥0

40
Dimostrazione
Supponiamo per assurdo che esistano lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙1 e lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙2 , con 𝑙1 ≠ 𝑙2 e
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑙1 , 𝑙2 ∈ ℝ.
 lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙1 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝐼1(𝑥0 ) ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙1 | < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼1(𝑥0 )\{𝑥0 };
𝑥→𝑥0
 lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙2 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝐼2(𝑥0 ) ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑙2 | < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼2(𝑥0 )\{𝑥0 };
𝑥→𝑥0

∀𝜀 > 0, definiamo 𝐼 (𝑥0 ) = 𝐼1(𝑥0 ) ∩ 𝐼2(𝑥0 ); di conseguenza, entrambe le definizioni


sopracitate sono valide ∀𝑥 ∈ 𝐼 (𝑥0 );
 Allora, possiamo porre |𝑙1 − 𝑙2 + 𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥 )| = |(𝑓 (𝑥 ) − 𝑙2 ) +
(𝑙1 − 𝑓 (𝑥 ))|;
 Per la disuguaglianza triangolare: |(𝑓 (𝑥 ) − 𝑙2 ) + (𝑙1 − 𝑓 (𝑥 ))| ≤
|𝑓(𝑥) − 𝑙2 | + |𝑓(𝑥) − 𝑙1 |;
 Per la definizione di limite: |𝑓(𝑥) − 𝑙2 | + |𝑓(𝑥) − 𝑙1| < 𝜀 + 𝜀 = 2𝜀;
 Per la proprietà transitiva: |𝑙1 − 𝑙2 + 𝑓 (𝑥 ) − 𝑓(𝑥 )| = |𝑙1 − 𝑙2 | < 2𝜀;
|𝑙1 −𝑙2 |
 Se scegliamo 𝜀 = , otteniamo |𝑙1 − 𝑙2| < |𝑙1 − 𝑙2 |, che è assurdo;
2

Di conseguenza, i due limiti non possono non essere uguali.

Metodi di calcolo dei limiti di funzione


Operazioni coi limiti
Date 𝑓, 𝑔 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴 e 𝛼 ∈ ℝ, se esistono i
limiti per 𝑥 tendente a 𝑥0 di 𝑓 e di 𝑔 risultano calcolabili anche i limiti di 𝑓 ±
𝑔, 𝛼𝛼, 𝑓 ∙ 𝑔; in particolare:
 Limite della somma (additività): lim (𝑓 ± 𝑔) = lim 𝑓 (𝑥 ) ± lim 𝑔(𝑥 );
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
 Limite del prodotto per costante (omogeneità): lim (𝛼𝑓 ) = 𝛼 lim 𝑓 (𝑥 );
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
 Limite del prodotto: lim (𝑓 ∙ 𝑔) = lim 𝑓 (𝑥 ) ∙ lim 𝑔(𝑥 );
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑓 lim 𝑓(𝑥)
 Limite del rapporto: lim ( ) =
𝑥→𝑥0
;
𝑥→𝑥0 𝑔 lim 𝑔(𝑥)
𝑥→𝑥0

41
Metodo di calcolo: limiti di monomi
Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, una funzione monomiale e sia 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione
per 𝐴:
Si dimostra che, in questo caso, il lim 𝑓 (𝑥 ) è uguale al valore che la funzione
𝑥→𝑥0
assume nel punto 𝑓(𝑥0 ):
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0

Lo stesso procedimento si può idealmente applicare anche nel caso in cui 𝑥0 = +∞


o 𝑥0 = −∞ (ricordando che un qualsiasi numero moltiplicato per ±∞ dà ±∞, con le
rispettive concordanze dei segni).

Esempio: Siano 𝑓 (𝑥 ) = 3𝑥 e 𝑥0 = 2:
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (2) = 3 ∙ 2 = 6
𝑥→2

Se invece 𝑥0 = ±∞:
lim 𝑓 (𝑥 ) = [3 ∙ (±∞)] = ±∞
𝑥→±∞

Metodo di calcolo: limiti di funzioni polinomiali e forma


indeterminata [∞ − ∞]
Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, una funzione polinomiale della forma:
𝑓 (𝑥 ) = 𝑎𝑛 𝑥 𝑛 + 𝑎𝑛−1𝑥 𝑛−1 + ⋯ + 𝑎1 𝑥 + 𝑎0

E sia 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴; si possono verificare i seguenti casi:


𝑓 (𝑥0 ) 𝑠𝑒 𝑥0 ∈ ℝ
lim 𝑓 (𝑥 ) = { ±∞
𝑥→𝑥0 {[ 𝑠𝑒 𝑥0 = ±∞
∞ − ∞]

Quest’ultima è detta forma indeterminata [∞ − ∞], che troviamo ad esempio nel


seguente caso:
𝑓 (𝑥 ) = 3𝑥 3 + 𝑥 2 − 4𝑥
42
lim 𝑓 (𝑥 ) = [+∞ − ∞]
𝑥→+∞

Per risolvere tale limite:


 Si riconduce 𝑓 (𝑥 ) ad una funzione asintoticamente equivalente, ovvero una
funzione che, per 𝑥 → +∞, si comporta allo stesso modo di 𝑓 (𝑥 ); in questo
caso, raccogliendo a fattor comune l’incognita di grado maggiore, ci
accorgiamo che:
1 4 1 4
lim (3𝑥 3 + 𝑥 2 − 4𝑥 ) = lim 𝑥 3 (3 + − 2 ) = ( lim 𝑥 3 ) ∙ lim (3 + − 2 )
𝑥→+∞ 𝑥→+∞ 𝑥 𝑥 𝑥→+∞ 𝑥→+∞ 𝑥 𝑥
Nel calcolo dei limiti, qualsiasi quantità divisa per +∞ dà 0+ (ovvero una
quantità infinitamente piccola maggiore di 0) e qualsiasi quantità divisa per
−∞ dà 0− (ovvero una quantità infinitamente piccola minore di 0); dunque
abbiamo che:
1 4
lim (3 + − ) = lim (3 + 0 − 0) = 3
𝑥→+∞ 𝑥 𝑥2 𝑥→+∞

lim 𝑥 3 = +∞
𝑥→+∞

lim 𝑓 (𝑥 ) = lim 3𝑥 3 = [3 ∙ (+∞)] = +∞


𝑥→+∞ 𝑥→+∞

Dunque, alla luce di quanto detto, otteniamo una relazione di equivalenza


asintotica:
3𝑥 3 + 𝑥 2 − 4𝑥 ~ 3𝑥 3 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → ±∞
Possiamo quindi risolvere la forma indeterminata in questione riconducendo il
limite della funzione polinomiale al limite del solo termine di grado massimo:
𝑎𝑛 𝑥 𝑛 + 𝑎𝑛−1𝑥 𝑛−1 + ⋯ + 𝑎1 𝑥 + 𝑎0 ~ 𝑎𝑛 𝑥 𝑛 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → ±∞
lim (𝑎𝑛 𝑥 𝑛 + 𝑎𝑛−1𝑥 𝑛−1 + ⋯ + 𝑎1 𝑥 + 𝑎0 ) = lim 𝑎𝑛 𝑥 𝑛
𝑥→±∞ 𝑥→±∞

 Se si ha 𝑓 (𝑥 ) nella forma 𝑔(𝑥 ) − ℎ(𝑥 ) e non si può risolvere con il metodo


𝑔(𝑥)+ℎ(𝑥)
precedente, si procede moltiplicando 𝑓 (𝑥 ) per , in modo da ottenere:
𝑔(𝑥)+ℎ(𝑥)

43
2 2
𝑔(𝑥 ) + ℎ(𝑥 ) (𝑔(𝑥 )) − (ℎ (𝑥 ))
𝑓 (𝑥 ) = (𝑔(𝑥 ) − ℎ(𝑥 )) ( )=
𝑔(𝑥 ) + ℎ(𝑥 ) 𝑔(𝑥 ) + ℎ (𝑥 )

Quest’ultima espressione si può così ricondurre al caso del limite di funzioni


razionali fratte.

Metodo di calcolo: limiti di funzioni razionali fratte e forme


0 ∞
indeterminate [ ] e [ ]
0 ∞
Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, una funzione razionale fratta della forma:
𝑁(𝑥 ) 𝑎𝑛 𝑥 𝑛 + 𝑎𝑛−1𝑥 𝑛−1 + ⋯ + 𝑎1𝑥 + 𝑎0
𝑓 (𝑥 ) = =
𝐷 (𝑥 ) 𝑏𝑑 𝑥 𝑑 + 𝑏𝑑−1𝑥 𝑑−1 + ⋯ + 𝑏1 𝑥 + 𝑏0

E sia 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴; per le proprietà dei limiti sappiamo che il
limite del rapporto è uguale al rapporto dei limiti, e che quindi:
lim 𝑁(𝑥 )
𝑁 (𝑥 ) 𝑥→𝑥 𝑙
0
lim 𝑓 (𝑥 ) = lim = =
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝐷 (𝑥 ) lim 𝐷 (𝑥 ) 𝑚
𝑥→𝑥0

Se 𝑥0 ∈ ℝ, allora si possono verificare i seguenti casi:

𝑙 lim 𝑁(𝑥 ) 𝑙∈ℝ


𝑥→𝑥0
𝑠𝑒 =
𝑚 lim 𝐷 (𝑥 ) 𝑚 ∈ ℝ\{0}
𝑥→𝑥0
lim 𝑁(𝑥 ) 𝑙 ∈ ℝ\{0}
𝑥→𝑥0
±∞ 𝑠𝑒 =[ ]
lim 𝐷 (𝑥 ) 0
𝑥→𝑥0
lim 𝑓 (𝑥 ) =
𝑥→𝑥0 lim 𝑁(𝑥 ) 0
𝑥→𝑥0
0 𝑠𝑒 =[ ]
lim 𝐷 (𝑥 ) 𝑚 ∈ ℝ\{0}
𝑥→𝑥0

0 lim 𝑁(𝑥 ) 0
𝑥→𝑥0
[ ] 𝑠𝑒 =[ ]
0 lim 𝐷 (𝑥 ) 0
{ 𝑥→𝑥0

44
𝟎
Quest’ultima è detta forma indeterminata [ ], e si calcola generalmente
𝟎
scomponendo algebricamente numeratore e denominatore con le tecniche di
scomposizione note (divisione tra polinomi, prodotti notevoli, scomposizione con
metodo di Ruffini ecc…) oppure applicando altre tecniche già esaminate in base alla
situazione.

Esempi:
√𝑥−1
 lim ( ):
𝑥→1 𝑥−1

√𝑥 − 1 0 (√𝑥 − 1)(√𝑥 + 1) 𝑥−1


lim ( ) = [ ] = lim ( ) = lim ( )
𝑥→1 𝑥 − 1 0 𝑥→1 (𝑥 − 1)(√𝑥 + 1) 𝑥→1 (𝑥 − 1)(√𝑥 + 1)
1 1
= lim ( )=
𝑥→1 √𝑥 + 1 2

𝑥 2 −4𝑥−12
 lim ( ):
𝑥→6 6−𝑥

𝑥 2 − 4𝑥 − 12 0 (𝑥 − 6)(𝑥 + 2)
lim ( ) = [ ] = lim (− ) = − lim (𝑥 + 2) = −8
𝑥→6 6−𝑥 0 𝑥→6 𝑥−6 𝑥→6


Se 𝑥0 = ±∞, allora generalmente ci si ritrova nella forma indeterminata [ ], che si

risolve in maniera analoga alla forma indeterminata [∞ − ∞]; infatti basta
considerare il limite del termine di grado maggiore al numeratore e di quello al
denominatore, operare le semplificazioni del caso e quindi calcolare il limite di
quanto rimane.

45
2𝑥 4 +𝑥3 +2
Esempio: lim ( ):
𝑥→+∞ 6𝑥 3 +3𝑥2 +𝑥+5

1 2
2𝑥 4 + 𝑥 3 + 2 ∞ 𝑥4 2+ + 2
lim ( 3 ) = [ ] = lim 3 ( 𝑥 𝑥 )
2
𝑥→+∞ 6𝑥 + 3𝑥 + 𝑥 + 5 ∞ 𝑥→+∞ 𝑥 3 1 5
6+ + 2+ 3
𝑥 𝑥 𝑥
1 2
2+ + 2 1
𝑥 𝑥
= ( lim 𝑥) ( lim ( )) = lim 𝑥 = +∞
𝑥→+∞ 𝑥→+∞ 3 1 5 3 𝑥→+∞
6+ + 2+ 3
𝑥 𝑥 𝑥

Metodo di calcolo: forme indeterminate [1∞ ], [00 ] 𝑒 [∞0 ]


Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, una funzione composta che si presenta nella forma:
𝑔(𝑥)
ℎ(𝑥 ) = (𝑓 (𝑥 ))
E’ evidente che, in base alle situazioni, calcolando il lim ℎ(𝑥 ) ci potremmo trovare
𝑥→𝑥0
∞] 𝟎] 𝟎]
in una delle forme indeterminate [𝟏 , [𝟎 o [∞ .
Per risolvere tali forme indeterminate bisogna trasformare le funzioni sfruttando le
proprietà dei logaritmi:
𝑔(𝑥) 𝑔(𝑥)
(𝑓 (𝑥 )) = 𝑒 ln(𝑓(𝑥)) = 𝑒 𝑔(𝑥)∙ln(𝑓(𝑥))

𝑥 𝑥
Esempio: lim [( ) ]:
𝑥→0 𝑥+1

𝑥 𝑥 𝑥
)
lim [( ) ] = [00] = lim (𝑒 𝑥 ln(𝑥+1 ) = lim (𝑒 𝑥(ln 𝑥−ln(𝑥+1)))
𝑥→0 𝑥 + 1 𝑥→0 𝑥→0
𝑥 ln 𝑥 0
𝑒 𝑒
= lim ( 𝑥 ln(𝑥+1)) = 0 = 1 (𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑒𝑓𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 lim 𝑥 ln 𝑥 = 0)
𝑥→0 𝑒 𝑒 𝑥→0

Metodo di calcolo: Teorema del confronto di funzioni convergenti


(teorema dei carabinieri)
Date 𝑓, 𝑔, ℎ ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴:
 supponiamo che ℎ(𝑥 ) < 𝑓 (𝑥 ) < 𝑔(𝑥 );

46
 supponiamo che esistano e che siano coincidenti e convergenti i limiti:
lim ℎ(𝑥 ) = lim 𝑔(𝑥 ) = 𝑙;
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

Allora, esiste il lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑙.


𝑥→𝑥0

Dimostrazione
Applicando la dimostrazione del teorema dell’unicità del limite, abbiamo che:
 lim ℎ(𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝐼2(𝑥0 ) ∶ |ℎ(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼2(𝑥0 )\{𝑥0 };
𝑥→𝑥0
 lim 𝑔(𝑥 ) = 𝑙 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝐼1(𝑥0 ) ∶ |𝑔(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ∩ 𝐼1(𝑥0 )\{𝑥0 };
𝑥→𝑥0

∀𝜀 > 0, definiamo 𝐼 (𝑥0 ) = 𝐼1(𝑥0 ) ∩ 𝐼2(𝑥0 ); di conseguenza, entrambe le definizioni


sopracitate sono valide ∀𝑥 ∈ 𝐼 (𝑥0 );
 A questo punto, possiamo affermare le seguenti relazioni:
o 𝑙 − 𝜀 < ℎ (𝑥 ) < 𝑙 + 𝜀;
o 𝑙 − 𝜀 < 𝑔(𝑥 ) < 𝑙 + 𝜀;
 Da cui otteniamo quindi che 𝑙 − 𝜀 < ℎ(𝑥 ) < 𝑔(𝑥 ) < 𝑙 + 𝜀;
 Visto che, per ipotesi, ℎ (𝑥 ) < 𝑓 (𝑥 ) < 𝑔(𝑥 ), otteniamo le disuguaglianze 𝑙 −
𝜀 < ℎ (𝑥 ) < 𝑓 (𝑥 ) < 𝑔(𝑥 ) < 𝑙 + 𝜀;
 Da ciò 𝑙 − 𝜀 < 𝑓 (𝑥 ) < 𝑙 + 𝜀, e quindi, adoperando la definizione di limite,
otteniamo che lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙.
𝑥→𝑥0

Metodo di calcolo: Teorema del confronto di funzioni divergenti


Date 𝑓, 𝑔 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴,
 supponiamo che 𝑓(𝑥 ) ≤ 𝑔(𝑥 );
 supponiamo che esistano i limiti lim 𝑓(𝑥 ) = lim 𝑔(𝑥 );
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

Allora:
 lim 𝑓(𝑥 ) = +∞ ⟹ lim 𝑔(𝑥 ) = + ∞: se la funzione minore diverge a +∞,
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
allora anche la maggiore diverge a +∞;
 lim 𝑔(𝑥 ) = −∞ ⟹ lim 𝑓 (𝑥 ) = − ∞: se la funzione maggiore diverge a −∞,
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
allora anche la minore diverge a −∞;

47
Definizione di infinitesimo
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo che 𝒇 è
un infinitesimo per 𝑥 tendente a 𝑥0 se lim 𝑓 (𝑥 ) = 0. Da ciò osserviamo che:
𝑥→𝑥0

 lim 𝑓(𝑥 ) = 0 ⟺ lim |𝑓(𝑥)| = 0;


𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
 Il prodotto di una funzione limitata ed una funzione infinitesima darà una
1
funzione infinitesima: sin 𝑥 (𝑙𝑖𝑚𝑖𝑡𝑎𝑡𝑎 ) ∙ (𝑖𝑛𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑒𝑠𝑖𝑚𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → +∞) =
𝑥
sin 𝑥
(𝑖𝑛𝑓𝑖𝑛𝑖𝑡𝑒𝑠𝑖𝑚𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → +∞);
𝑥

Date 𝑓, 𝑔 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, supponiamo


che esistano i limiti lim 𝑓(𝑥 ) = 0 e lim 𝑔(𝑥 ) = 0:
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

𝑓(𝑥)
 Se lim = 0, allora diremo che 𝒇 è un o-piccolo di 𝒈 (𝑓(𝑥 ) = 𝑜(𝑔(𝑥 ))),
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
cioè 𝑓 è un infinitesimo di ordine maggiore di 𝑔 (𝑓 si avvicina a 0 “più
velocemente” rispetto a 𝑔);

𝑓(𝑥)
 Se lim = ± ∞, allora diremo che 𝒈 è un o-piccolo di 𝒇 (𝑔(𝑥 ) =
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
𝑜(𝑓 (𝑥 ))), cioè 𝑔 è un infinitesimo di ordine maggiore di 𝑓 (𝑔 si avvicina a 0
“più velocemente” rispetto ad 𝑓);

𝑓(𝑥)
 Se lim = 1, allora diremo che 𝒇 e 𝒈 sono infinitesimi dello stesso
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
ordine, ovvero sono asintoticamente equivalenti per 𝒙 → 𝒙𝟎 (𝑓 (𝑥 ) ~ 𝑔(𝑥 ));

Ordine di infinitesimi
Siano:
 𝑓 (𝑥 ) = log 𝑎 (1 + 𝑥 ), con 𝑎 > 1;
 𝑔(𝑥 ) = 𝑎𝑥 − 1, con 𝑎 > 1;
 ℎ(𝑥 ) = 𝑥 𝛼 , con 𝛼 > 1;
 𝑙(𝑥 ) = 𝑥;
Si dimostra che, per 𝑥 → 0:
 𝑓 (𝑥 ) ~ 𝑔(𝑥 ) ~ 𝑙(𝑥 ) (sono infinitesimi dello stesso ordine);
48
 ℎ(𝑥 ) = 𝑜(𝑓 (𝑥 ));
 ℎ(𝑥 ) = 𝑜(𝑔(𝑥 ));
 ℎ(𝑥 ) = 𝑜(𝑙 (𝑥 ));
Inoltre, in generale:
 𝑥 𝑛 = 𝑜 (𝑥 𝑛−𝑝 ) ∀𝑛, 𝑝 ∈ ℕ ∶ 𝑛 > 𝑝

Definizione di infinito
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝒇 è un infinito per 𝑥 tendente a 𝑥0 se lim 𝑓 (𝑥 ) = ± ∞.
𝑥→𝑥0

Date 𝑓, 𝑔 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, supponiamo


che esistano i limiti lim 𝑓(𝑥 ) = ± ∞ e lim 𝑔(𝑥 ) = ± ∞:
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

𝑓(𝑥)
 Se lim = ±∞, allora diremo che 𝒇 è un o-grande di 𝒈 (𝑓(𝑥 ) =
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
𝑂(𝑔(𝑥 ))), cioè 𝑓 è un infinito di ordine maggiore di 𝑔 (𝑓 si avvicina a ±∞ “più
velocemente” rispetto a 𝑔);

𝑓(𝑥)
 Se lim = 0, allora diremo che 𝒈 è un o-grande di 𝒇 (𝑔(𝑥 ) = 𝑂(𝑓 (𝑥 ))),
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
cioè 𝑔 è un infinito di ordine maggiore di 𝑓 (𝑔 si avvicina a ±∞ “più
velocemente” rispetto a 𝑓);

𝑓(𝑥)
 Se lim = 1, allora diremo che 𝒇 e 𝒈 sono infiniti dello stesso ordine,
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
ovvero sono asintoticamente equivalenti per 𝒙 → 𝒙𝟎 (𝑓(𝑥 ) ~ 𝑔(𝑥 ));

Ordine di infiniti
Siano:
 𝑓 (𝑥 ) = log 𝑎 𝑥, con 𝑎 > 1;
 𝑔(𝑥 ) = 𝑥 𝛼 ;
 ℎ(𝑥 ) = 𝑎𝑥 , con 𝑎 > 1;
Si dimostra che, per 𝑥 → ±∞:
49
 ℎ(𝑥 ) = 𝑂(𝑔(𝑥 ));
 𝑔(𝑥 ) = 𝑂(𝑓 (𝑥 )).

Metodo di calcolo: confronto asintotico tra limiti di funzioni


Date 𝑓, 𝑔 ∶ 𝐴 ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴: come prima
𝑓(𝑥)
definito, se 𝑔(𝑥 ) ≠ 0 per ogni 𝑥 appartenente al dominio e se esiste il lim = 1,
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥)
allora 𝑓 e 𝑔 sono dette asintoticamente equivalenti per 𝒙 → 𝒙𝟎 , ovvero:
𝑓 (𝑥 ) ~ 𝑔(𝑥 ) 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → 𝑥0
lim 𝑓 (𝑥 ) = lim 𝑔(𝑥 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

Tale criterio ci permette di semplificare limiti di funzioni particolarmente complesse


trasformandole in limiti di funzioni equivalenti per 𝑥 → 𝑥0 .
Di seguito alcuni esempi di funzioni equivalenti per 𝑥 tendente a determinati valori:
 sin(𝑓(𝑥)) ~ 𝑓(𝑥) per 𝑥 → 0;
1
 1 − cos(𝑓(𝑥)) ~ [𝑓(𝑥)]2 per 𝑥 → 0;
2
 ln(1 + 𝑓(𝑥)) ~ 𝑓(𝑥) per 𝑥 → 0;
 (1 + 𝑓(𝑥))𝛼 − 1 ~ 𝛼 ∙ 𝑓(𝑥) per 𝑥 → +∞

Esempio:
sin(5𝑥)
 lim+ :
𝑥→0 √ln(1+4𝑥 2 )

sin(5𝑥) 0
lim+ = [ ] ; sin(5𝑥) ~ 5𝑥 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → 0+ ,
𝑥→0 √ln(1 + 4𝑥 2 ) 0
sin(5𝑥 ) 5𝑥
ln(1 + 4𝑥 2 ) ~ 4𝑥 2 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → 0+ ⟶ lim+ = lim+
𝑥→0 √ln(1 + 4𝑥 2 ) 𝑥→0 √4𝑥 2
5𝑥 5 5
= lim+ = lim+ =
𝑥→0 2𝑥 𝑥→0 2 2

50
Metodo di calcolo: confronto fra infiniti e infinitesimi e forme
0 ∞
indeterminate [ ] e [ ]
0 ∞
∞ 0
Le forme indeterminate [ ] o [ ], oltre ai metodi già analizzati, possono essere
∞ 0
risolte applicando il confronto tra gli ordini degli infinitesimi e degli infiniti.
𝑓(𝑥) ∞
 Se lim = [ ] allora si possono verificare due casi:
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) ∞

𝑓(𝑥)
o 𝒇(𝒙) = 𝑶(𝒈(𝒙)): in questo caso, per 𝑥 → 𝑥0 abbiamo che ~ 𝑓 (𝑥 )
𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥)
e che dunque lim = lim 𝑓 (𝑥 ) = ±∞;
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 𝑥→𝑥0

𝑓(𝑥) 1
o 𝒈(𝒙) = 𝑶(𝒇(𝒙)): in questo caso, per 𝑥 → 𝑥0 abbiamo che ~ e
𝑔(𝑥) 𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥) 1 1
che dunque lim = lim = [ ] = 0;
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) ∞

𝑓(𝑥) 0
 Se lim = [ ] allora si possono verificare due casi:
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 0

𝑓(𝑥) 0
o 𝒇(𝒙) = 𝒐(𝒈(𝒙)): in questo caso, per 𝑥 → 𝑥0 abbiamo che ~ e
𝑔(𝑥) 𝑔(𝑥)
𝑓(𝑥) 0
che dunque lim = [ ] = 0;
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) ∞

𝑓(𝑥) 𝑓(𝑥)
o 𝒈(𝒙) = 𝒐(𝒇(𝒙)): in questo caso, per 𝑥 → 𝑥0 abbiamo che ~[ ]
𝑔(𝑥) 0
𝑓(𝑥) ∞
e che dunque lim = [ ] = ±∞;
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 0

Di seguito alcuni esempi esplicativi:

Esempi:
𝑒𝑥
 lim :
𝑥→+∞ ln 𝑥
𝑒𝑥 ∞ 𝑥
𝑒𝑥 𝑥
𝑒𝑥
lim = [ ] ⟶ 𝑒 = 𝑂 (ln 𝑥 ) ⟶ ~ 𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → +∞ ⟶ lim
𝑥→+∞ ln 𝑥 ∞ ln 𝑥 𝑥→+∞ ln 𝑥
𝑥
= lim 𝑒 = +∞
𝑥→+∞

51
ln(1+𝑥)
 lim+ :
𝑥→0 𝑥2
ln(1 + 𝑥 ) 0
lim+ 2 = [ ] ⟶ 𝑝𝑒𝑟 𝑥 → 0+ , ln(1 + 𝑥 ) ~ 𝑥 ⟶ 𝑥 2 = 𝑜(𝑥 ) ⟶ 𝑥 2
𝑥→0 𝑥 0
ln(1 + 𝑥 ) ln(1 + 𝑥 )
= 𝑜(ln(1 + 𝑥 )) ⟶ lim+ = [ ] = +∞
𝑥→0 𝑥2 0+

ln(1+𝑥)
 lim+ : In questo caso, sulla base di quanto detto nel precedente
𝑥→0 𝑥
esempio, ln(1 + 𝑥 ) ~ 𝑥 per 𝑥 → 0+ ; di conseguenza, essendo le due funzioni
due infinitesimi dello stesso ordine, non è possibile applicare il confronto fra
infinitesimi per risolvere il limite in questione.

Limiti notevoli
I limiti notevoli sono dei particolari limiti per la cui risoluzione bisogna operare una
serie di considerazioni di tipo teorico basate sui teoremi del confronto sopra
enunciati:
sin 𝑥 sin 𝑥
 lim = 1: dalla trigonometria sappiamo che sin 𝑥 ≤ 𝑥 ≤ tan 𝑥 ⟹ ≤
𝑥→0 𝑥 sin 𝑥
𝑥 tan 𝑥 𝑥 1 sin 𝑥
≤ ⟹1≤ ≤ ⟹ cos 𝑥 ≤ ≤ 1: lim cos 𝑥 = 1,
sin 𝑥 sin 𝑥 sin 𝑥 cos 𝑥 𝑥 𝑥→0
sin 𝑥
lim 1 = 1, e quindi, per il teorema dei carabinieri: lim = 1.
𝑥→0 𝑥→0 𝑥
Da tale limite notevole si possono definire anche:
sin(𝑓(𝑥))
o lim = 1;
𝑥→0 𝑓(𝑥)
sin 𝑥 𝑛
o lim ( ) = 1.
𝑥→0 𝑥

1−cos 𝑥 1 1−cos 𝑥 1+cos 𝑥 1−cos2 𝑥 sin2 𝑥 sin2 𝑥 1


 lim = : ∙ = = = ∙ ⟹
𝑥→0 𝑥2 2 𝑥2 1+cos 𝑥 𝑥 2 (1+cos 𝑥) 𝑥 2 (1+cos 𝑥) 𝑥2 1+cos 𝑥
sin2 𝑥 1 1 1−cos 𝑥 1
lim = 1, lim = ⟹ lim = .
𝑥→0 𝑥2 𝑥→0 1+cos 𝑥 2 𝑥→0 𝑥2 2

 lim sin 𝑥 + 𝑥 = + ∞: sin 𝑥 è una funzione limitata all’intervallo [−1, 1] ⟹


𝑥→+∞
−1 ≤ sin 𝑥 ≤ 1; essendo 𝑥 tendente a +∞, consideriamo soltanto la
disuguaglianza −1 ≤ sin 𝑥, e sommiamo 𝑥 ad ambo i membri: 𝑥 − 1 ≤

52
sin 𝑥 + 𝑥; per il teorema del confronto per funzioni divergenti: lim 𝑥 − 1 =
𝑥→+∞
+∞ ⟹ lim sin 𝑥 + 𝑥 = + ∞.
𝑥→+∞
1 𝑥
 lim (1 + ) = 𝑒: Limite di Nepero;
𝑥→+∞ 𝑥
1 1
ln(1+𝑥) ln(1+𝑥) 1
 lim = 1: = ln(1 + 𝑥 ) = ln(1 + 𝑥 )𝑥 ⟹ lim ln(1 + 𝑥 )𝑥 =
𝑥→0 𝑥 𝑥 𝑥 𝑥→0
1 𝑥
lim ln (1 + ) = lim ln 𝑒 = 1;
𝑥→+∞ 𝑥 𝑥→+∞
𝑎𝑥 −1
 lim = ln 𝑎: Da tale limite notevole ricaviamo anche:
𝑥→0 𝑥
𝑒 𝑥 −1
o lim = 1.
𝑥→0 𝑥
 lim 𝑥 ln 𝑥 = 0;
𝑥→0

Metodo di calcolo: forma indeterminata [0 ∙ ∞]


L’ultima forma indeterminata da analizzare è la forma indeterminata [𝟎 ∙ ∞];

quest’ultima si può risolvere riconducendola ad un caso di forma indeterminata [ ]

0
o [ ], e quindi procedere con i metodi di risoluzione finora esaminati per queste
0
forme indeterminate (eventuali scomposizioni algebriche, confronto fra infiniti o
infinitesimi ecc…).

Esempio: lim (𝑥𝑒 −3𝑥 ):


𝑥→+∞

𝑥 ∞ 𝑥 1
lim (𝑥𝑒 −3𝑥 ) = [0 ∙ ∞] = lim ( ) = [ ] ⟶ 𝑒 3𝑥
= 𝑂 (𝑥 ) ⟶ ~ 𝑝𝑒𝑟 𝑥
𝑥→+∞ 𝑥→+∞ 𝑒 3𝑥 ∞ 𝑒 3𝑥 𝑒 3𝑥
𝑥 1
→ +∞ ⟶ lim ( 3𝑥 ) = lim ( 3𝑥 ) = 0
𝑥→+∞ 𝑒 𝑥→+∞ 𝑒

Asintoti
Il concetto di limite ci introduce ad un’entità matematica particolarmente utile nello
studio di funzione, ovvero gli asintoti. Essi corrispondono a delle rette del piano
rispetto alle quali il grafico della funzione si avvicina sempre di più senza mai
intersecarle; possono essere verticali, orizzontali, obliqui:
 Data 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 )\{𝑥0 } ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∉ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) punto di
accumulazione per 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ):
53
se lim 𝑓(𝑥 ) = ±∞, allora la retta 𝑥 = 𝑥0 è un asintoto verticale di 𝑓 (𝑥 ).
𝑥→𝑥0
 Data 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ) ⊆ ℝ ⟶ ℝ, con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) non limitato superiormente o
inferiormente:
se lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, con 𝑙 ≠ ±∞, allora la retta 𝑦 = 𝑙 è un asintoto orizzontale
𝑥→±∞
di 𝑓 (𝑥 ).
 Data 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ) ⊆ ℝ ⟶ ℝ, con 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) non limitato superiormente o
inferiormente:
se lim 𝑓 (𝑥 ) = ±∞, allora non c’è asintoto orizzontale, ma potrebbe esserci
𝑥→±∞
un asintoto obliquo di 𝑓 (𝑥 ) con equazione del tipo 𝑦 = 𝑚𝑥 + 𝑞, con 𝑚 =
𝑓(𝑥)
lim e 𝑞 = lim [𝑓 (𝑥 ) − 𝑚𝑥 ]. Se i limiti che definiscono 𝑚 e/o 𝑞
𝑥→±∞ 𝑥 𝑥→±∞
𝑓(𝑥)
tendono a ±∞, allora 𝑚 e/o 𝑞 non esistono; in particolare, se lim =
𝑥→±∞ 𝑥
±∞, allora non esiste asintoto obliquo.
Nella figura a seguire è rappresentata una generica funzione 𝑓 (𝑥 ) che ha 𝑥 = 1
come asintoto verticale (tale che lim− 𝑓 (𝑥 ) = −∞ e lim+ 𝑓 (𝑥 ) = +∞), 𝑦 = 1 come
𝑥→1 𝑥→1
asintoto orizzontale (tale che lim 𝑓 (𝑥 ) = 1), e 𝑦 = 𝑥 come asintoto obliquo:
𝑥→−∞

Successioni

54
Si definisce successione una funzione 𝑓 ∶ ℕ ⟶ ℝ che associa ad ogni elemento 𝑛 ∈
ℕ uno e un solo elemento 𝑓 (𝑛) = 𝑎𝑛 , tale che:
0 ↦ 𝑓(0) = 𝑎0
1 ↦ 𝑓 (1) = 𝑎1
2 ↦ 𝑓(2) = 𝑎2

𝑛 ↦ 𝑓(𝑛) = 𝑎𝑛
Il grafico di una successione corrisponde ad una nube di punti appartenenti
all’insieme 𝐺𝑓 = {(𝑛, 𝑎𝑛 ) ∶ 𝑛 ∈ ℕ}.

Successioni monotòne e non monotòne


Data {𝑎𝑛 }:
 𝑎𝑛 è detta monotòna crescente se 𝑎𝑛 ≤ 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ;
 𝑎𝑛 è detta monotòna strettamente crescente se 𝑎𝑛 < 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ;
 𝑎𝑛 è detta monotòna decrescente se 𝑎𝑛 ≥ 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ;
 𝑎𝑛 è detta monotòna strettamente decrescente se 𝑎𝑛 > 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ;
Una successione non è monotòna se:
 ∃𝑛 ∈ ℕ ⟹ 𝑎𝑛 ≤ 𝑎𝑛+1 ≥ 𝑎𝑛+2;
 ∃𝑛 ∈ ℕ ⟹ 𝑎𝑛 ≥ 𝑎𝑛+1 ≤ 𝑎𝑛+2;
 ∀𝑛 ∈ ℕ ⟹ 𝑎𝑛 = 𝑎𝑛+1 = 𝑎𝑛+2.

Successioni limitate
Data {𝑎𝑛 }:
 𝑎𝑛 è limitata superiormente se ammette maggiorante: ∃𝑘 ∈ ℝ 𝑎𝑛 ≤
𝑘 ∀𝑛 ∈ ℕ; in questo caso abbiamo che 𝐿 = sup{𝑎𝑛 } = 𝑘;
𝑎𝑛 ≤ 𝐿 ∀𝑛 ∈ ℕ
𝐿 = sup{𝑎𝑛 } ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 > 𝐿 − 𝜀

 𝑎𝑛 è limitata inferiormente se ammette minorante: ∃ℎ ∈ ℝ 𝑎𝑛 ≥ ℎ ∀𝑛 ∈


ℕ; in questo caso abbiamo che 𝑙 = inf{𝑎𝑛 } = ℎ;

55
𝑎𝑛 ≥ 𝑙 ∀𝑛 ∈ ℕ
𝑙 = inf{𝑎𝑛 } ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 < 𝑙 + 𝜀
 𝑎𝑛 è limitata inferiormente e superiormente se ammette minorante e
maggiorante: ∃ℎ, 𝑘 ∈ ℝ ℎ ≤ 𝑎𝑛 ≤ 𝑘 ∀𝑛 ∈ ℕ; in questo caso abbiamo che
sup 𝑎𝑛 = 𝑘 e inf 𝑎𝑛 = ℎ.

Usando un’altra notazione, possiamo dire che 𝑎𝑛 è limitata inferiormente e


superiormente se ∃𝑀 ∈ ℝ, 𝑀 > 0 ∶ |𝑎𝑛 | < 𝑀 ∀𝑛 ∈ ℕ.

Limiti di successioni
Punti di accumulazione e punti isolati
Data {𝑎𝑛 }, tutti i punti 𝑛 ∈ ℕ sono punti isolati, in quanto ∄𝑛 ∈ 𝐼 (𝑛)\{𝑛} ⟹ ∄𝑛 ∈
ℕ ∶ 𝑛 < 𝑛 < 𝑛 + 1.
L’unico punto di accumulazione per ℕ è +∞, da cui ricaviamo che gli unici limiti di
successioni possibili sono quelli per 𝒏 che tende a +∞.

Successioni regolari convergenti e divergenti, e successioni


indeterminate
Data {𝑎𝑛 }, diremo che la successione è regolare se converge ad un dato punto 𝑙 ∈ ℝ
o diverge a ±∞ per 𝑛 che tende a +∞:
lim 𝑎𝑛 = 𝑙 lim 𝑎𝑛 = ±∞
𝑛→+∞ 𝑛→+∞

Di seguito le definizioni particolari per ogni tipo di limite di successioni:


 𝑙 ∈ ℝ: lim 𝑎𝑛 = 𝑙 ⟺ ∀𝜀 > 0 ∃𝜈 > 0 ∶ |𝑎𝑛 − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑛 > 𝜈;
𝑛→+∞
 𝑙 = +∞: lim 𝑎𝑛 = +∞ ⟺ ∀𝑀 > 0 ∃𝜈 > 0 ∶ 𝑎𝑛 > 𝑀 ∀𝑛 > 𝜈;
𝑛→+∞
 𝑙 = −∞: lim 𝑎𝑛 = −∞ ⟺ ∀𝑚 < 0 ∃𝜈 > 0 ∶ 𝑎𝑛 < 𝑚 ∀𝑛 > 𝜈.
𝑛→+∞

Data {𝑎𝑛 }, diremo che la successione è indeterminata se non converge né diverge.

56
Teorema di corrispondenza tra convergenza e limitatezza di una
successione
Sia {𝑎𝑛 } una successione convergente; allora, {𝑎𝑛 } è anche limitata (ma non
obbligatoriamente una successione limitata è anche convergente).

Dimostrazione
Sia {𝑎𝑛 } una successione convergente
 Per la definizione di limite di successione convergente: ∀𝜀 > 0 ∃𝜈 > 0 ∶
|𝑎𝑛 − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑛 > 𝜈;
 Costruiamo l’insieme 𝐴 = {𝑎0 , 𝑎1 , 𝑎2 , … , 𝑎𝜈 , 𝑙 − 𝜀, 𝑙 + 𝜀};
 𝐴 contiene al più 𝜈 + 2 elementi, e dunque è un insieme finito; essendo tale,
∃ℎ = min 𝐴 e ∃𝑘 = max 𝐴;
 Di conseguenza, si può osservare come ℎ e 𝑘 siano rispettivamente un
minorante e un maggiorante per la successione, in particolare il massimo dei
minoranti (estremo inferiore) e il minimo dei maggioranti (estremo
superiore);
 La successione è limitata (ℎ ≤ 𝑎𝑛 ≤ 𝑘).

Corrispondenza tra divergenza e limitatezza di una successione


 Se {𝑎𝑛 } è divergente a +∞, allora non è limitata superiormente:
∀𝑘 ∈ ℝ ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 > 𝑘
 Se {𝑎𝑛 } è divergente a −∞, allora non è limitata inferiormente:
∀ℎ ∈ ℝ ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 < ℎ

Teorema di corrispondenza tra limiti di funzione e limiti di


successione
̃ punto di accumulazione per [𝑎, 𝑏] e 𝑙 ∈ ℝ
Data 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ ℝ ̃:

Il lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 si può definire anche come segue:


𝑥→𝑥0

∀{𝑎𝑛 }, lim 𝑎𝑛 = 𝑙
𝑛→+∞
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ⟺ {
𝑥→𝑥0 lim 𝑓 (𝑎𝑛 ) = 𝑙
𝑛→+∞
57
In virtù di tale teorema, per i limiti di successioni valgono tutte le operazioni (con
relative forme indeterminate) e i teoremi dei limiti di funzione:
 Teorema dell’unicità del limite;
 Teorema della permanenza del segno;
 Teorema del confronto tra funzioni convergenti;
 Teorema del confronto tra funzioni divergenti;

Tale teorema è utile per la dimostrazione della non esistenza dei limiti di funzione:
Esempio: Dimostrare che ∄ lim sin 𝑥:
𝑥→+∞

 Prese due successioni qualunque {𝑎𝑛 } e {𝑏𝑛 }, entrambe devono soddisfare la


condizione del teorema;
𝜋
 Poniamo {𝑎𝑛 } = 2𝜋𝑛 e {𝑏𝑛 } = + 2𝜋𝑛;
2
 Svolgiamo i limiti di entrambe le successioni: lim 2𝜋𝑛 = +∞ e
𝑛→+∞
𝜋
lim + 2𝜋𝑛 = +∞; la prima condizione è soddisfatta, in quanto il limite di
𝑛→+∞ 2
entrambe le successioni è uguale;
𝜋
 Svolgiamo ora lim sin(2𝜋𝑛) = 0 e lim sin ( + 2𝜋𝑛) = 1; perché la
𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 2
condizione fosse verificata, i due limiti sarebbero dovuti essere uguali;
essendo questi diversi, concludiamo che ∄ lim sin 𝑥.
𝑥→+∞

ESEMPIO: Teorema di permanenza del segno per limiti di


successione
̃.
Data {𝑎𝑛 }, supponiamo che esista lim 𝑎𝑛 = 𝑙, con 𝑙 ≠ 0 e 𝑙 ∈ ℝ
𝑛→+∞

Allora, ∃𝜈 ∈ ℕ tale che:


 Se 𝑙 ∈ ℝ, allora 𝑎𝑛 ⋅ 𝑙 > 0 ∀𝑛 > 𝜈;
 Se 𝑙 = +∞, allora 𝑎𝑛 > 0 ∀𝑛 > 𝜈;
 Se 𝑙 = −∞, allora 𝑎𝑛 < 0 ∀𝑛 > 𝜈.

58
Corollario
Se {𝑎𝑛 } è convergente, allora:
 Se 𝑎𝑛 > 0 ∀𝑛 ∈ ℕ, lim 𝑎𝑛 = 𝑙, allora vale la seguente relazione: 𝑙 ≥ 0;
𝑛→+∞
 Se 𝑎𝑛 < 0 ∀𝑛 ∈ ℕ, lim 𝑎𝑛 = 𝑙, allora vale la seguente relazione: 𝑙 ≤ 0;
𝑛→+∞

Teorema della regolarità delle successioni monotòne


Se {𝑎𝑛 } è una successione monotòna, allora:
 Se {𝑎𝑛 } è crescente o strettamente crescente e limitata superiormente, allora
{𝑎𝑛 } converge e risulta:
lim 𝑎𝑛 = sup{𝑎𝑛 }
𝑛→+∞

 Se {𝑎𝑛 } è crescente o strettamente crescente e illimitata, allora {𝑎𝑛 } diverge e


risulta:
lim 𝑎𝑛 = +∞
𝑛→+∞

 Se {𝑎𝑛 } è decrescente o strettamente decrescente e limitata inferiormente,


allora {𝑎𝑛 } converge e risulta:
lim 𝑎𝑛 = inf{𝑎𝑛 }
𝑛→+∞

 Se {𝑎𝑛 } è decrescente o strettamente decrescente e illimitata, allora {𝑎𝑛 }


diverge e risulta:
lim 𝑎𝑛 = −∞
𝑛→+∞

Dimostrazione
 {𝒂𝒏 } crescente o strettamente crescente e limitata superiormente:
o Ipotesi 1: 𝑎𝑛 ≤ 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ; 𝑎0 = min{𝑎𝑛 };
𝑎𝑛 ≤ 𝐿 ∀𝑛 ∈ ℕ
o Ipotesi 2: ∃𝐿 = sup{𝑎𝑛 } ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 > 𝐿 − 𝜀
Da tali relazioni, deduciamo che ∀𝑛 > 𝑛 𝑎𝑛 > 𝑎𝑛 ; dunque:
𝐿 − 𝜀 < 𝑎𝑛 < 𝑎𝑛 < 𝐿 < 𝐿 + 𝜀

59
Da cui ricaviamo la definizione di limite di successione regolare
convergente:
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ |𝑎𝑛 − 𝐿| < 𝜀 ∀𝑛 > 𝑛

 {𝒂𝒏 } decrescente o strettamente decrescente e limitata inferiormente:


o Ipotesi 1: 𝑎𝑛 ≥ 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ; 𝑎0 = max {𝑎𝑛 };
𝑎𝑛 ≥ 𝑙 ∀𝑛 ∈ ℕ
o Ipotesi 2: ∃𝑙 = inf{𝑎𝑛 } ⟺ {
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 < 𝑙 + 𝜀
Da tali relazioni, deduciamo che ∀𝑛 > 𝑛 𝑎𝑛 < 𝑎𝑛 ; dunque:
𝑙 − 𝜀 < 𝑙 < 𝑎𝑛 < 𝑎𝑛 < 𝑙 + 𝜀
Da cui ricaviamo la definizione di limite di successione regolare
convergente:
∀𝜀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ |𝑎𝑛 − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑛 > 𝑛
 {𝒂𝒏 } crescente o strettamente crescente e illimitata:
o Ipotesi 1: 𝑎𝑛 ≤ 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ; 𝑎0 = min{𝑎𝑛 };
o Ipotesi 2: ∀𝑀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 > 𝑀
Da tali relazioni, deduciamo che ∃𝑛 > 𝑛 ∶ 𝑎𝑛 > 𝑎𝑛 ; dunque:
𝑀 < 𝑎𝑛 < 𝑎𝑛
Da cui ricaviamo la definizione di limite di successione regolare divergente
positivamente:
∀𝑀 > 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 > 𝑀 ∀𝑛 > 𝑛

 {𝒂𝒏 } decrescente o strettamente decrescente e illimitata:


o Ipotesi 1: 𝑎𝑛 ≥ 𝑎𝑛+1 ∀𝑛 ∈ ℕ; 𝑎0 = max {𝑎𝑛 };
o Ipotesi 2: ∀𝑚 < 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 < 𝑚
Da tali relazioni, deduciamo che ∃𝑛 < 𝑛 ∶ 𝑎𝑛 < 𝑎𝑛 ; dunque:
𝑎𝑛 < 𝑎𝑛 < 𝑚
Da cui ricaviamo la definizione di limite di successione regolare divergente
negativamente:
∀𝑚 < 0 ∃𝑛 ∈ ℕ ∶ 𝑎𝑛 < 𝑚 ∀𝑛 > 𝑛

60
Ordine di infiniti di successioni
 𝑎𝑛 = log 𝑎 𝑛, con 𝑎 > 1;
 𝑏𝑛 = 𝑛𝛼 ;
 𝑐𝑛 = 𝑎𝑛 , con 𝑎 > 1;
 𝑑𝑛 = 𝑛!
 𝑒𝑛 = 𝑛𝑛
Tali successioni sono tutte infiniti (il loro limite tende a infinito) di ordine crescente
dall’alto verso il basso.

Sotto-successioni
Data {𝑎𝑛 }, si scelga una successione crescente di indici 𝑛1 < 𝑛2 < 𝑛3 < ⋯ < 𝑛𝑘
della successione (cioè si scelgano soltanto alcuni degli 𝑛 indici di 𝑎𝑛 ). Si ottiene così
la successione {𝑎𝑛𝑘 }, detta sotto-successione di {𝒂𝒏 }.
Due sotto-successioni sono:
 Sotto-successione di posto pari: ossia la sotto-successione {𝑎2𝑘 } di tutti gli
indici pari (cioè con 𝑛𝑘 = 2𝑘, con 𝑘 ∈ ℕ);
 Sotto-successione di posto dispari: ossia la sotto-successione {𝑎2𝑘+1} di tutti
gli indici dispari (cioè con 𝑛𝑘 = 2𝑘 + 1, con 𝑘 ∈ ℕ).

Teorema di convergenza delle sotto-successioni


 Se {𝑎𝑛 } è una successione monotòna convergente ad 𝑙 ∈ ℝ, allora ogni sotto-
successione {𝑎𝑛𝑘 } di {𝑎𝑛 } converge ad 𝑙.
 Se {𝑎2𝑘 } e {𝑎2𝑘+1} convergono ad 𝑙 ∈ ℝ, allora lim 𝑎𝑛 = 𝑙.
𝑛→+∞

Tale teorema è utile per la dimostrazione della non esistenza dei limiti di
successione:
(−1)𝑛 𝑛+𝑛
Esempio: Dimostrare che ∄ lim :
𝑛→+∞ 𝑛+1

 Consideriamo la sotto-successione di posto pari e quella di posto dispari:


1∙2𝑘+2𝑘 4𝑘 (−1)∙(2𝑘+1)+(2𝑘+1) 0
{𝑎2𝑘 } = = ; {𝑎2𝑘+1} = = = 0;
2𝑘+1 2𝑘+1 2𝑘+1+1 2𝑘+2

61
4𝑘
 Svolgiamo i limiti di entrambe le sotto-successioni: lim =2e
𝑛→+∞ 2𝑘+1
lim 0 = 0;
𝑛→+∞
(−1)𝑛 𝑛+𝑛
 I due limiti sono diversi: ∄ lim .
𝑛→+∞ 𝑛+1

62
Serie numeriche
Serie numeriche
Simbolo di sommatoria
Si definisce sommatoria il simbolo operatorio che permette di indicare in modo
conciso la somma di più addendi con l’indice che varia da un determinato valore 𝑘 =
𝑘0 (per esempio 𝑘 = 0) ad 𝑛; il simbolo di sommatoria è Σ. Il concetto di
sommatoria è alla base delle serie numeriche.
𝑛

∑ 𝑎𝑘 = 𝑎0 + 𝑎1 + 𝑎2 + ⋯ + 𝑎𝑛
𝑘=0

Serie numeriche
Si dice serie numerica la scrittura formale che indica la somma degli infiniti
elementi di una successione {𝒂𝒏 } con l’indice che varia da un determinato valore
𝑘 = 𝑘0 (per esempio 𝑘 = 0) a +∞:
+∞

∑ 𝑎𝑘 = 𝑎0 + 𝑎1 + 𝑎2 + ⋯ + 𝑎𝑛 + ⋯
𝑘=0

dove 𝑎𝑘 è detto termine generale della serie.


Per poter determinare il carattere di una serie (cioè se la somma degli infiniti
elementi della successione converge o diverge) si introduce il concetto di
successione delle somme parziali.

Successione delle somme parziali


Data {𝑎𝑛 }, alla serie ∑+∞
𝑘=0 𝑎𝑘 si associa una successione {𝑠𝑛 } detta delle somme
parziali, la quale si costruisce come segue:
 𝑠0 = 𝑎0 ;
 𝑠1 = 𝑎0 + 𝑎1 = 𝑠0 + 𝑎1 ;
 𝑠2 = 𝑎0 + 𝑎1 + 𝑎2 = 𝑠1 + 𝑎2 ;

 𝑠𝑛 = 𝑠𝑛−1 + 𝑎𝑛 ;
63
Carattere di una serie
+∞
Date {𝑎𝑛 }, la serie ∑𝑘=0 𝑎𝑘 e la successione delle somme parziali {𝑠𝑛 }:
 la serie ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 converge ad un dato valore 𝑆 (detto somma della serie) ⟺
{𝑠𝑛 } converge allo stesso valore 𝑆 (quindi se lim 𝑠𝑛 = 𝑆):
𝑛→+∞
+∞

∑ 𝑎𝑘 = lim 𝑠𝑛 = 𝑆
𝑛→+∞
𝑘=0

 la serie ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 diverge positivamente ⟺ {𝑠𝑛 } diverge positivamente (quindi
se lim 𝑠𝑛 = +∞):
𝑛→+∞
+∞

∑ 𝑎𝑘 = lim 𝑠𝑛 = +∞
𝑛→+∞
𝑘=0

 la serie ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 diverge negativamente ⟺ {𝑠𝑛 } diverge negativamente
(quindi se lim 𝑠𝑛 = −∞):
𝑛→+∞
+∞

∑ 𝑎𝑘 = lim 𝑠𝑛 = −∞
𝑛→+∞
𝑘=0

 la serie ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 è indeterminata ⟺ {𝑠𝑛 } è indeterminata.

Le serie convergenti e divergenti sono dette regolari; le serie indeterminate sono


dette irregolari.

Teorema: Condizione necessaria di convergenza di una serie


Se ∑+∞
𝑘=0 𝑎𝑘 è convergente, allora, necessariamente e non sufficientemente
lim 𝑎𝑛 = 0.
𝑛→+∞

Dimostrazione:
La serie è convergente, dunque lim 𝑠𝑛 = 𝑆; si osservi che 𝑠𝑛 = 𝑠𝑛−1 + 𝑎𝑛 , da cui
𝑛→+∞
𝑎𝑛 = 𝑠𝑛 − 𝑠𝑛−1; svolgendo il limite di ambo i membri otteniamo che

64
lim 𝑎𝑛 = lim 𝑠𝑛 − lim 𝑠𝑛−1 = 𝑆 − 𝑆 = 0
𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 𝑛→+∞

Osservazione:
Se lim 𝑎𝑛 ≠ 0, allora sicuramente la serie non converge;
𝑛→+∞

Se lim 𝑎𝑛 = 0, allora la serie potrebbe convergere (condizione necessaria ma non


𝑛→+∞
sufficiente);

Serie notevoli
 SERIE DI MENGOLI:
+∞
1

𝑘 (𝑘 − 1)
𝑘=2

1 1 1
Il termine generale della serie è 𝑎𝑛 = = − ; sulla base di questa,
𝑛(𝑛−1) 𝑛−1 𝑛
costruiamo la successione delle somme parziali {𝑠𝑛 }:
1 1
o 𝑠2 = 𝑎2 = = ;
2(2−1) 2
1 1 1 1
o 𝑠3 = 𝑠2 + 𝑎3 = +( − )= 1− ;
2 2 3 3
1 1 1 1
o 𝑠4 = 𝑠3 + 𝑎4 = 1 − + ( − ) = 1 − ;
3 3 4 4

1
o 𝑠𝑛 = 1 − ; (detto comportamento della successione).
𝑛

A questo punto calcoliamo:


+∞
1 1
𝑆=∑ = lim 𝑠𝑛 = lim 1 − = 1
𝑘 (𝑘 − 1) 𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 𝑛
𝑘=2

Diremo dunque che la serie converge; a riconferma di ciò, come conseguenza


della condizione necessaria per la convergenza di una serie, lim 𝑎𝑛 = 0.
𝑛→+∞

65
 SERIE ARMONICA GENERALIZZATA:
+∞
1
∑ , 𝛼>0
𝑘𝛼
𝑘=1

1
Prendiamo in analisi il caso di 𝛼 = :
2
+∞
1

𝑘=1
√𝑘

1
Il termine generale della serie è 𝑎𝑛 = ; sulla base di questa, costruiamo la
√𝑛
successione delle somme parziali {𝑠𝑛 }, stabilendo una determinata relazione
d’ordine:
o 𝑠1 = 𝑎1 = 1;
1 1 1
o 𝑠2 = 𝑠1 + 𝑎2 = 1 + > + = √2;
√2 √2 √2
1 1 1 1 1
o 𝑠3 = 𝑠2 + 𝑎3 = 1 + + > + + = √3;
√2 √3 √3 √3 √3

1 1 1
o 𝑠𝑛 = 1 + + +⋯ > √𝑛.
√2 √3 √𝑛

Da quest’ultima relazione d’ordine possiamo applicare il teorema di


confronto delle successioni divergenti, per il quale:

lim √𝑛 = +∞ ⟹ lim 𝑠𝑛 = +∞
𝑛→+∞ 𝑛→+∞
da cui:
+∞
1
∑ = lim 𝑠𝑛 = +∞
√𝑘 𝑛→+∞
𝑘=1

_____________________________________________________________________
 SERIE GEOMETRICA DI RAGIONE 𝒙:
+∞

∑ 𝑥𝑘
𝑘=0

Il termine generale della serie è la progressione geometrica 𝑎𝑛 =


1, 𝑥, 𝑥 2 , … , 𝑥 𝑛 . Essendo 𝑥 una variabile, sfruttando la condizione necessaria

66
per la convergenza di una serie identifichiamo per quali valori di 𝑥 la serie
converge, diverge o è indeterminata:


𝑠𝑒 𝑥 ≤ −1
0 𝑠𝑒 − 1 < 𝑥 < 1
lim 𝑎𝑛 = lim 𝑥 𝑛 = {
𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 1 𝑠𝑒 𝑥 = 1
+∞ 𝑠𝑒 𝑥 > 1

da cui ricaviamo che la serie diverge positivamente per 𝑥 ≥ 1, è


indeterminata per 𝑥 ≤ −1, e potrebbe convergere per −1 < 𝑥 < 1. Per
verificare la convergenza, costruiamo la successione delle somme parziali
1−𝑥 𝑛+1
{𝑠𝑛 }: per definizione, 𝑠𝑛 = ∑𝑛𝑘=0 𝑥 𝑘 = ; dunque:
1−𝑥

+∞
𝑘
1 − 𝑥 𝑛+1 1
𝑆 = ∑ 𝑥 = lim 𝑠𝑛 = lim =
𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 1 − 𝑥 1−𝑥
𝑘=0

In definitiva:
+∞ 𝑖𝑛𝑑𝑒𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎𝑡𝑎 𝑠𝑒 𝑥 ≤ −1
1
∑ 𝑥𝑘 = { 𝑠𝑒 − 1 < 𝑥 < 1
1−𝑥
𝑘=0
+∞ 𝑠𝑒 𝑥 ≥ 1

Teorema di regolarità delle serie a termini non negativi


+∞
La serie ∑𝑘=0 𝑎𝑘 a termini non negativi (cioè con 𝑎𝑘 ≥ 0) è regolare (convergente o
divergente)

Dimostrazione:
Costruiamo la successione delle somme parziali {𝑠𝑛 }:
 𝑠0 = 𝑎0 ;
 𝑠1 = 𝑠0 + 𝑎1 ≥ 𝑠0;
 𝑠2 = 𝑠1 + 𝑎2 ≥ 𝑠1;

 𝑠𝑛+1 = 𝑠𝑛 + 𝑎𝑛+1 ≥ 𝑠𝑛 ;

67
Essendo 𝑠𝑛+1 ≥ 𝑠𝑛 , sappiamo che la successione {𝑠𝑛 } è monotòna crescente; per il
teorema di regolarità delle successioni monotòne, deduciamo dunque che {𝑠𝑛 } è
una successione regolare, da cui, per la definizione di carattere di una serie, anche
∑+∞
𝑘=0 𝑎𝑘 è regolare.

Esempio: Dimostrare che ∑+∞ 𝑘


𝑘=0 𝑥 = +∞ se 𝑥 > 1:

 se 𝑥 > 1, 𝑎𝑛 = 𝑥 𝑛 > 0 ∀𝑛 ∈ ℕ; di conseguenza ∑+∞ 𝑘


𝑘=0 𝑥 è una serie a
termini non negativi (positivi in questo caso), e quindi, per il teorema di
regolarità delle serie a termini non negativi, la serie è regolare;
 Per stabilire se è regolare convergente o divergente, basta verificare se
rispetta la condizione necessaria per la convergenza di una serie:
lim 𝑎𝑛 = +∞
𝑛→+∞
+∞
Non la rispetta, e dunque ∑𝑘=0 𝑥 𝑘 = +∞.

Convergenza assoluta
Diremo che la serie ∑+∞ +∞
𝑘=0 𝑎𝑘 è assolutamente convergente se ∑𝑘=0|𝑎𝑘 | è
convergente.

Teorema della convergenza assoluta


+∞
Data ∑𝑘=0 𝑎𝑘 , se la serie è assolutamente convergente allora è convergente:
+∞ +∞

∑|𝑎𝑘 | 𝑐𝑜𝑛𝑣𝑒𝑟𝑔𝑒 ⟹ ∑ 𝑎𝑘 𝑐𝑜𝑛𝑣𝑒𝑟𝑔𝑒


𝑘=0 𝑘=0

Criteri di calcolo per serie a termini non negativi


+∞
Data ∑𝑘=0 𝑎𝑘 , tale serie è detta a termini non negativi se 𝑎𝑘 ≥ 0 ∀𝑘 ∈ ℕ. Per
stabilire il carattere di queste serie ci si avvale di alcuni criteri

68
Criterio del confronto
Supponiamo che ∑+∞ +∞
𝑘=0 𝑎𝑘 e ∑𝑘=0 𝑏𝑘 siano due serie a termini non negativi, con 0 ≤
𝑎𝑘 ≤ 𝑏𝑘 : allora:
 Se ∑+∞ +∞
𝑘=0 𝑏𝑘 converge ad 𝑆, allora anche ∑𝑘=0 𝑎𝑘 converge ad 𝑆;
 Se ∑𝑘=0
+∞
𝑎𝑘 diverge, allora anche ∑+∞
𝑘=0 𝑏𝑘 diverge.

1
Esempio: Esplicitare il carattere della serie armonica generalizzata ∑+∞
𝑘=0 :
𝑘𝛼

 E’ una serie a termini non negativi ∀𝑘 ∈ ℕ, dunque, per il teorema di


regolarità delle serie a termini non negativi, la serie è regolare;
 Per studiare la regolarità della serie, bisogna analizzarla al variare di 𝛼:
+∞
1 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑔𝑒 𝑠𝑒 𝛼 ≤ 1
∑ = {
𝑘𝛼 𝑐𝑜𝑛𝑣𝑒𝑟𝑔𝑒 𝑠𝑒 𝛼 > 1
𝑘=1

 Se per esempio 𝛼 < 0, allora lim 𝑎𝑛 = lim 𝑛−𝛼 = +∞; la condizione


𝑛→+∞ 𝑛→+∞
necessaria per la convergenza di una serie non è soddisfatta, e dunque la serie
diverge;
1
 Se per esempio 𝛼 = 2, allora lim 𝑎𝑛 = lim = 0; la condizione
𝑛→+∞ 𝑛→+∞ 𝑛2
necessaria per la convergenza di una serie è soddisfatta, e dunque la serie
converge; inoltre, se consideriamo il termine generale della serie di Mengoli,
1 1 1
ossia 𝑏𝑛 = , intuiamo algebricamente che < ; sappiamo per il
𝑛(𝑛−1) 𝑛2 𝑛(𝑛−1)
calcolo della serie di Mengoli che questa converge, e dunque, per il criterio
+∞ 1
del confronto di serie a termini non negativi, anche ∑𝑘=1 converge.
𝑘2

Criterio del confronto asintotico


Data la serie ∑+∞ +∞
𝑘=0 𝑎𝑘 a termini non negativi e la serie ∑𝑘=0 𝑏𝑘 a termini positivi, se
𝑎
esiste ed è finito il lim 𝑘 , allora entrambe le serie hanno lo stesso carattere (o
𝑛→+∞ 𝑏𝑘
convergono entrambe o divergono entrambe).

69
Criterio della radice
Supponiamo che ∑+∞
𝑘=0 𝑎𝑘 sia una serie a termini non negativi; allora:

𝑙 < 1 ⟹ 𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑟𝑖𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑣𝑒𝑟𝑔𝑒


𝑛
lim √𝑎𝑛 = { 𝑙 > 1 ⟹ 𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑟𝑖𝑒 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑔𝑒
𝑛→+∞
𝑙 = 1 ⟹ 𝑖𝑙 𝑐𝑟𝑖𝑡𝑒𝑟𝑖𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑑à 𝑖𝑛𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖

3𝑘+1
Esempio: Esplicitare il carattere della serie ∑+∞
𝑘=0 :
3𝑘

 E’ una serie a termini non negativi ∀𝑘 ∈ ℕ, dunque, per il teorema di


regolarità delle serie a termini non negativi, la serie è regolare;
3𝑛+1
 lim = 0; dunque, essendo la condizione necessaria per la convergenza
𝑛→+∞ 3𝑛
di una serie soddisfatta, la serie potrebbe convergere;
𝑛
𝑛 3𝑛+1 √3𝑛+1 1
 Criterio della radice: lim √
𝑛
= lim = lim √3𝑛 + 1 =
𝑛→+∞ 3𝑛 𝑛→+∞ 3 3 𝑛→+∞
1 𝑛 1 𝑛 𝑛 2
lim √3𝑛 = lim √3 + √𝑛 = < 1 → la serie converge.
3 𝑛→+∞ 3 3
𝑛→+∞

Criterio del rapporto


Supponiamo che ∑+∞
𝑘=0 𝑎𝑘 sia una serie a termini non negativi; allora:

𝑙 < 1 ⟹ 𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑟𝑖𝑒 𝑐𝑜𝑛𝑣𝑒𝑟𝑔𝑒


𝑎𝑛+1
lim ={ 𝑙 > 1 ⟹ 𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑟𝑖𝑒 𝑑𝑖𝑣𝑒𝑟𝑔𝑒
𝑛→+∞ 𝑎𝑛
𝑙 = 1 ⟹ 𝑖𝑙 𝑐𝑟𝑖𝑡𝑒𝑟𝑖𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑑à 𝑖𝑛𝑓𝑜𝑟𝑚𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖

𝑘
Esempio: Esplicitare il carattere della serie ∑+∞
𝑘=0 𝑘 : 𝑒

 E’ una serie a termini non negativi ∀𝑘 ∈ ℕ, dunque, per il teorema di


regolarità delle serie a termini non negativi, la serie è regolare;
𝑛
 lim 𝑛 = 0; dunque, essendo la condizione necessaria per la convergenza
𝑛→+∞ 𝑒
di una serie soddisfatta, la serie potrebbe convergere;
𝑛+1
𝑒𝑛+1 𝑒 𝑛 (𝑛+1) 𝑛+1 1 𝑛+1
 Criterio del rapporto: lim 𝑛 = lim = lim = lim =
𝑛→+∞ 𝑒𝑛 𝑛→+∞ 𝑛𝑒 𝑛+1 𝑛→+∞ 𝑛𝑒 𝑒 𝑛→+∞ 𝑛
1
< 1 → la serie converge.
𝑒

70
Criteri di calcolo per serie a segni alterni
+∞
Data ∑𝑘=0 𝑎𝑘 , tale serie è detta a segni alterni se la successione del termine
generale può essere scritta come 𝑎𝑛 = (−1)𝑛 𝑏𝑛 con 𝑏𝑛 > 0 ∀𝑛 ∈ ℕ. Per stabilire
il carattere di queste serie ci si avvale di alcuni criteri.

Criterio di Leibnitz
Supponiamo che ∑+∞ +∞ 𝑘
𝑘=0 𝑎𝑘 = ∑𝑘=0(−1) 𝑏𝑘 sia una serie a segni alterni; se:

 {𝑏𝑛 } è una successione strettamente decrescente;


 {𝑏𝑛 } è una successione infinitesima;
Allora ∑+∞
𝑘=0 𝑎𝑘 è convergente.

(−1)𝑘 𝑘
Esempio: Esplicitare il carattere della serie ∑+∞
𝑘=0 (𝑘+1)3 :

𝑛
 E’ una serie a segni alterni, con 𝑏𝑛 = (𝑛+1)3 > 0 ∀𝑛 ∈ ℕ.
 Criterio di Leibnitz: stabiliamo se {𝑏𝑛 } è strettamente decrescente ed
infinitesima:
o Per essere strettamente decrescente, la successione deve soddisfare la
relazione d’ordine 𝑏𝑛+1 < 𝑏𝑛 : procedendo col calcolo algebrico della
disequazione otteniamo 2𝑛3 + 6𝑛2 + 4𝑛 > 1, la quale è verificata
∀𝑛 ∈ ℕ; dunque, la successione è monotòna;
𝑛
o Affinché {𝑏𝑛 } sia infinitesima, lim 𝑏𝑛 = 0: lim (𝑛+1)3 = 0 dunque la
𝑛→+∞ 𝑛→+∞
successione è infinitesima.
In virtù del criterio di Leibnitz, la serie è convergente.

71
Continuità e discontinuità di funzioni
Punti di continuità
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴:
 𝑓 è continua in 𝑥0 se esiste il limite lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 ed è uguale a 𝑓 (𝑥0 ):
𝑥→𝑥0
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 ) ⟺ ∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑥0 è detto punto di continuità;
 𝑓 è continua in 𝐴 se risulta essere continua ∀𝑥 ∈ 𝐴.

Relazioni tra funzioni continue


Date due funzioni 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ 𝐵 ⊆ ℝ ⟶ ℝ continue in 𝑥0 ∈ 𝐴 e uno
scalare 𝛼 ∈ ℝ, sono continue anche le funzioni 𝑓 ± 𝑔, 𝑓 ∙ 𝑔, 𝛼𝑓, 𝑓 ∘ 𝑔, |𝑓|.
Risultano dunque essere funzioni continue le funzioni polinomiali.

Continuità a destra e sinistra


Data 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ e la definizione di funzione continua di cui prima:
 Se 𝑥0 = 𝑎, 𝑓 è continua in 𝑎 ⟺ lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑎) ⟺ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑎) :
𝑥→𝑎 𝑥→𝑎
diremo quindi che 𝑎 è un punto di continuità a destra;
 Se 𝑥0 = 𝑏, 𝑓 è continua in 𝑏 ⟺ lim 𝑓(𝑥 ) = 𝑓(𝑏) ⟺ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑏):
𝑥→𝑏 𝑥→𝑏
diremo quindi che 𝑏 è un punto di continuità a sinistra;

Teorema dell’esistenza degli zeri


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione continua in tutto l’intervallo [𝑎, 𝑏] tale che 𝑓(𝑎) ∙
𝑓 (𝑏) < 0 (le immagini dei suoi estremi hanno segni discordi): allora 𝑓 ammette
almeno uno zero (intersezione con l’asse delle ascisse) in ]𝑎, 𝑏[:
∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 (𝑥0 ) = 0

72
Osservazione: Se 𝑓 è una funzione strettamente monotòna, allora ammette un solo
zero.

Il teorema resta valido per quanto riguarda le funzioni continue definite negli
intervalli aperti se si sostituisce il valore del limite al valore della funzione nel punto:
 Se 𝑓 ∶ ]𝑎, 𝑏[ ⟶ ℝ e lim+ 𝑓 (𝑥 ) ∙ lim− 𝑓(𝑥 ) < 0, allora ∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 (𝑥0 ) =
𝑥→𝑎 𝑥→𝑏
0;
 Se 𝑓 ∶ ]𝑎, +∞[ ⟶ ℝ e lim+ 𝑓(𝑥 ) ∙ lim 𝑓 (𝑥 ) < 0, allora ∃𝑥0 ∈ ]𝑎, +∞[ ∶
𝑥→𝑎 𝑥→+∞
𝑓 (𝑥0 ) = 0;
 Se 𝑓 ∶ ]−∞, 𝑏[ ⟶ ℝ e lim 𝑓(𝑥 ) ∙ lim− 𝑓 (𝑥 ) < 0, allora ∃𝑥0 ∈ ]−∞, 𝑏[ ∶
𝑥→−∞ 𝑥→𝑏
𝑓 (𝑥0 ) = 0.

Teorema dei valori intermedi


Sia 𝑓 ∶ 𝐼 ⊆ ℝ ⟶ ℝ una funzione continua in tutto l’intervallo limitato 𝐼; essendo la
funzione in questione continua in un intervallo limitato, possiamo intuitivamente
affermare che ammette estremo superiore 𝐬𝐮𝐩 𝒇 ed estremo inferiore 𝐢𝐧𝐟 𝒇;
dunque:
∀𝑦 ∈ ]inf 𝑓 , sup 𝑓 [ ∃𝑥 ∈ 𝐼 ∶ 𝑓(𝑥 ) = 𝑦
Dimostrazione:
 Consideriamo un intervallo [𝑎, 𝑏] ⊂ 𝐼, e supponiamo che 𝑓(𝑎) < 𝑓 (𝑏);
 Proviamo a questo punto che, ∀𝜆 ∈ ]𝑓 (𝑎), 𝑓(𝑏)[ esiste 𝑥 ∈ ]𝑎 , 𝑏[ tale che
𝑓 (𝑥 ) = 𝜆:
o Consideriamo la funzione 𝐹 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ, 𝐹 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ) − 𝜆;
o Dall’insieme di appartenenza di 𝜆 sappiamo che 𝐹 (𝑎) = 𝑓 (𝑎) − 𝜆 < 0 e
𝐹 (𝑏) = 𝑓 (𝑏) − 𝜆 > 0
o Applichiamo il teorema degli zeri ad 𝐹: ∃𝑥 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝐹 (𝑥 ) = 0, da cui
otteniamo che 𝑓 (𝑥 ) − 𝜆 = 0 ⟹ 𝑓 (𝑥 ) = 𝜆.

Teorema di Weierstrass
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione continua in tutto l’intervallo limitato [𝑎, 𝑏]; allora 𝑓
ammette massimo e minimo assoluti:

73
∃𝑥1 , 𝑥2 ∈ [𝑎, 𝑏] ∶ min 𝑓 = 𝑓 (𝑥1 ) ≤ 𝑓 (𝑥 ) ≤ 𝑓 (𝑥2 ) = max 𝑓 ∀𝑥 ∈ ]𝑎, 𝑏[
[𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]

Osservazione: Da questo teorema deduciamo anche che se una funzione è continua


in un dato intervallo limitato chiuso, allora è anche limitata superiormente e
inferiormente (ammettendo dunque sia massimo che minimo assoluto).

Teorema di continuità delle funzioni inverse


Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ una funzione continua e invertibile; allora 𝑓 −1 ∶ 𝑓 (𝐴) ⟶ 𝐴 è
continua.

Punti di discontinuità
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝑥0 è un punto di discontinuità in 𝑓 se 𝑓 non è continua in 𝑥0 . Vi sono tre tipi di
punti di discontinuità: di I specie, di II specie e di III specie.

Discontinuità di I specie
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝑥0 è un punto di discontinuità di prima specie se esistono sia il limite destro che
il limite sinistro per 𝑥 che tende a 𝑥0 di 𝑓, ma tali limiti sono diversi:
∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙1 , ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙2 , 𝑙1 ≠ 𝑙2
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

Da un punto di vista grafico, la differenza fra i due limiti è detta salto.

74
Osservazione: La discontinuità di prima specie è l’unica tipologia di discontinuità
che possono avere le funzioni monotòne.

Discontinuità di II specie
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝑥0 è un punto di discontinuità di seconda specie se almeno uno dei due limiti
per 𝑥 che tende a 𝑥0 da destra e da sinistra di 𝑓 tende a ±∞ o non esiste
∄ lim+ 𝑓 (𝑥 ) , ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, ∄ lim− 𝑓(𝑥 )


𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = ± ∞, ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙 , ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = ±∞
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

75
Discontinuità di III specie
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, diremo
che 𝑥0 è un punto di discontinuità di terza specie se esistono sia il limite destro che
il limite sinistro per 𝑥 che tende a 𝑥0 di 𝑓 e sono uguali, ma il valore del limite è
diverso da quello della funzione in 𝑥0 :
∃ lim+ 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, ∃ lim− 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, 𝑙 ≠ 𝑓 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

76
Tale discontinuità è detta anche discontinuità eliminabile previo utilizzo di
prolungamento per continuità.

Prolungamento per continuità


Data 𝑓 ∶ 𝐴\{𝑥0 } ⊂ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴 punto di accumulazione per 𝐴, se
esiste il lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑙, allora è possibile definire la funzione prolungamento 𝑓 ∶
𝑥→𝑥0
𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ come segue:
𝑓(𝑥 ) 𝑠𝑒 𝑥 ∈ 𝐴\{𝑥0 }
𝑓 (𝑥 ) = {
𝑙 𝑠𝑒 𝑥 = 𝑥0

𝑓 è continua nel punto 𝑥0 , ed è quindi detta prolungamento per continuità di 𝒇(𝒙)


in 𝒙𝟎 .

77
Derivate
Punti di derivabilità e derivata prima
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴:
 𝑓 è derivabile in 𝑥0 se esiste ed è finito il limite per ℎ che tende a 0 del
rapporto incrementale (ovvero la distanza tra i punti (𝑥0 , 𝑓 (𝑥0 )) e
(𝑥0 + ℎ, 𝑓 (𝑥0 + ℎ)) appartenenti al grafico di 𝑓, con ℎ ∈ ℝ e ℎ ≠ 0) e si pone
che:
𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓 (𝑥0 ) 𝑑 𝑓 (𝑥0 + ℎ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim = 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 𝑓 (𝑥 ) ⟺ ∃ lim+
ℎ→0 ℎ 𝑑𝑥 ℎ→0 ℎ
𝑓 (𝑥0 + ℎ ) − 𝑓 ( 𝑥0 )
= 𝑓+′ (𝑥0 ) = lim− = 𝑓−′ (𝑥0 ) = 𝑓 ′ (𝑥0 )
ℎ→0 ℎ
𝑥0 è detto punto di derivabilità;
𝑓 ′ (𝑥0 ) è detta derivata prima di 𝒇 nel punto 𝒙𝟎 ;
𝑓+′ (𝑥0 ) e 𝑓−′ (𝑥0 )sono dette rispettivamente derivata prima destra e derivata
prima sinistra di 𝒇 nel punto 𝒙𝟎 .
 𝑓 è derivabile in 𝐴 se risulta essere derivabile ∀𝑥 ∈ 𝐴.
Ponendo 𝑥0 + ℎ = 𝑥, possiamo scrivere il rapporto incrementale anche come:
𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
𝑥 − 𝑥0

78
Significato geometrico di derivata prima
Data una funzione 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, determiniamo i parametri della retta secante la
funzione e passante per i punti (𝑥0 , 𝑓(𝑥0 )) e (𝑥0 + ℎ, 𝑓 (𝑥0 + ℎ)); per fare ciò,
risolviamo il seguente sistema lineare:
𝑓 (𝑥0 + ℎ) = 𝑚(𝑥0 + ℎ) + 𝑞
{
𝑓 (𝑥0 ) = 𝑚𝑥0 + 𝑞

𝑓(𝑥0 +ℎ)−𝑓(𝑥0 )
Sottraendo membro a membro, otteniamo 𝑚 = , cioè il rapporto

incrementale. L’equazione della retta secante risulta quindi essere:
𝑓 (𝑥0 + ℎ) − 𝑓 (𝑥0 )
𝑦= (𝑥 − 𝑥0 ) + 𝑓 (𝑥0 )

Da cui possiamo ottenere l’equazione della retta tangente in (𝑥0 , 𝑓 (𝑥0 )):
𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓 (𝑥0 )
𝑦 = (lim ) (𝑥 − 𝑥0 ) + 𝑓 (𝑥0 )
ℎ→0 ℎ
𝑦 = 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) + 𝑓 (𝑥0 )
Da cui otteniamo che la derivata prima di una funzione in un punto 𝑥0 è uguale al
coefficiente angolare della retta tangente il grafico della funzione nel punto
(𝒙𝟎 , 𝒇(𝒙𝟎 )).

79
Approssimazione lineare di I ordine
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ derivabile, considerata 𝑥 ∈ 𝐴, possiamo approssimare il valore
dell’immagine 𝑓 (𝑥 ) previo utilizzo dell’approssimazione lineare di I ordine.
Consideriamo dunque una retta 𝑟 tangente a 𝑓 in un punto 𝑥0 ∈ 𝐴 prossimo ad 𝑥;
l’immagine di 𝑥 su 𝑟 è 𝑦, che in virtù della formula della retta tangente in 𝑥0
possiamo scrivere come 𝑦 = 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) + 𝑓 (𝑥0 ); da ciò otteniamo dunque che:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑦 = 𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) − 𝑓 (𝑥0 )

Dividiamo ad ambo i membri la quantità 𝑥 − 𝑥0 e svolgiamo il limite per 𝑥 che tende


a 𝑥0 di ambo i membri:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑦 𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim = lim
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
Da cui:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) − 𝑓 (𝑥0 ) 𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim = lim ( ) − 𝑓 ′ (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0 𝑥→𝑥 0 𝑥 − 𝑥0
′( ) ′( )
= 𝑓 𝑥0 − 𝑓 𝑥0 = 0

Da tale relazione possiamo dedurre che 𝑓 (𝑥 ) − 𝑦 (cioè il valore


dell’approssimazione lineare tra il valore di 𝑓 (𝑥 ) e quello di 𝑦) è un infinitesimo di
ordine superiore rispetto a 𝑥 − 𝑥0 , cioè che:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑦 = 𝑜(𝑥 − 𝑥0 )

Funzione derivata prima


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ derivabile, possiamo definire la funzione derivata prima come
segue:
𝑓′ ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ
𝑥 ↦ 𝑦 = 𝑓 ′ (𝑥 )
Si dimostra l’esistenza della funzione derivata prima come segue: essendo la
definizione di derivata basata sul limite del rapporto incrementale, in virtù del
teorema dell’unicità del limite per ogni 𝑥 ∈ 𝐴 esiste una e una sola derivata prima
𝑓 ′ (𝑥 ) (definizione di funzione).
80
𝑑
Dal punto di vista della notazione, diremo che 𝑓 ′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ) (rispettivamente
𝑑𝑥
notazione di Lagrange e notazione di Leibnitz)

Alcune derivate di funzioni elementari


𝑑
 Funzione costante: 𝑐 = 0;
𝑑𝑥
𝑑
 Funzione bisettrice principale: 𝑥 = 1;
𝑑𝑥
𝑑
 Funzione potenza: 𝑥 𝑛 = 𝑛𝑥 𝑛−1
;
𝑑𝑥
𝑑 1
 Funzione radice ennesima:
𝑛
𝑑𝑥
√𝑥 = 𝑛 𝑛√𝑥𝑛−1;
𝑑
 Funzione seno: sin 𝑥 = cos 𝑥;
𝑑𝑥
𝑑
 Funzione coseno: cos 𝑥 = − sin 𝑥;
𝑑𝑥
𝑑 1
 Funzione tangente: tan 𝑥 = ;
𝑑𝑥 cos2 𝑥
𝑑
 Funzione esponenziale: 𝑥 𝑥
𝑎 = 𝑎 ∙ ln 𝑎;
𝑑𝑥
𝑑
 Funzione esponenziale naturale: 𝑒𝑥 = 𝑒𝑥;
𝑑𝑥
𝑑
 Funzione seno iperbolico: sinh 𝑥 = cosh 𝑥;
𝑑𝑥
𝑑
 Funzione coseno iperbolico: cosh 𝑥 = sinh 𝑥;
𝑑𝑥

Operazioni con le derivate


Date 𝑓, 𝑔 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ derivabili e 𝛼 ∈ ℝ, risultano derivabili anche le funzioni 𝑓 ±
𝑓
𝑔, 𝛼𝛼, 𝑓 ∙ 𝑔, ; in particolare:
𝑔
𝑑 𝑑 𝑑
 Derivata della somma (additività): (𝑓 ± 𝑔) = 𝑓± 𝑔;
𝑑𝑥 𝑑𝑥 𝑑𝑥
𝑑 𝑑
 Derivata del prodotto per costante (omogeneità): (𝛼𝑓 ) = 𝛼 𝑓;
𝑑𝑥 𝑑𝑥
𝑑 𝑑 𝑑
 Derivata del prodotto: (𝑓 ∙ 𝑔) = 𝑓∙𝑔+𝑓∙ 𝑔;
𝑑𝑥 𝑑𝑥 𝑑𝑥
𝑑 𝑑
𝑑 𝑓 𝑓∙𝑔−𝑓∙𝑑𝑥𝑔
 Derivata del rapporto: ( )= 𝑑𝑥
;
𝑑𝑥 𝑔 𝑔2

Da ciò deduciamo che sono derivabili tutte le funzioni polinomiali e le funzioni


razionali fratte.

81
Teorema di continuità delle funzioni derivabili
Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ e 𝑥0 ∈ 𝐴; se 𝑓 è derivabile in 𝑥0 allora sarà continua in 𝑥0 .

Dimostrazione:
Sia 𝑓 derivabile in 𝑥0 ; proviamo che 𝑓 è continua in 𝑥0 , cioè che lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 );
𝑥→𝑥0
da quest’ultima uguaglianza otteniamo l’identità lim (𝑓 (𝑥 )) − 𝑓 (𝑥0 ) = 0; per
𝑥→𝑥0
verificare se la funzione è continua, dobbiamo verificare la suddetta identità:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim (𝑓 (𝑥 )) − 𝑓 (𝑥0 ) = lim 𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 ) = lim ∙ (𝑥 − 𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
= 𝑓 ′ (𝑥 ) ∙ 0 = 0
L’identità è verificata, dunque la funzione è continua.

Derivata di funzioni composte


Date 𝑓 ∶ 𝐴 ⟶ 𝐵 e 𝑔 ∶ 𝐶 ⟶ 𝐷, con 𝑓 (𝐴) ⊆ 𝐶, se 𝑓 è derivabile in 𝑥0 ∈ 𝐴 e 𝑔 è
derivabile in 𝑓(𝑥0 ) ∈ 𝐶, allora 𝑔 ∘ 𝑓 è derivabile in 𝑥0 ed inoltre:
(𝑔 ∘ 𝑓 )′ = 𝑔′ (𝑓 (𝑥0 )) ∙ 𝑓 ′ (𝑥0 )

Derivata di funzioni inverse


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, se 𝑓 è continua, derivabile e strettamente monotòna in 𝐴,
allora 𝑓 è biunivoca e quindi invertibile; per il teorema di derivabilità delle funzioni
inverse, 𝑓 −1 è derivabile in 𝑦0 = 𝑓 (𝑥0 ) ed inoltre:
′ 1
(𝑓 −1(𝑦0 )) =
𝑓 ′ (𝑥0 )

𝑑
Esempio: Calcolare log 𝑎 𝑥:
𝑑𝑥

 La funzione logaritmo è la funzione inversa della funzione esponenziale:


𝑓 −1 ∶ ]0, +∞[ ⟶ ℝ
𝑑𝑒𝑓
𝑦 ↦ x = log 𝑎 𝑦 ⇔ 𝑦 = 𝑎𝑥
82
 La funzione esponenziale è derivabile in tutto il suo dominio, dunque per il
teorema di derivabilità delle funzioni inverse, anche il logaritmo è derivabile in
tutto il suo dominio;
𝑑 1 1 1 ln 𝑒 1 1
 log 𝑎 𝑦 = 𝑑 𝑥 = = ∙ = ∙ log 𝑎 𝑒 = ∙ log 𝑎 𝑒;
𝑑𝑦 𝑎 𝑎𝑥 ∙ln 𝑎 𝑎𝑥 ln 𝑎 𝑎𝑥 𝑦
𝑑𝑥
 Cambiando la variabile, otteniamo che:
𝑑 1
log 𝑎 𝑥 = ∙ log 𝑎 𝑒
𝑑𝑥 𝑥
𝑑 1
ln 𝑥 =
𝑑𝑥 𝑥

Alcune derivate di funzioni inverse


𝑑 1
 Funzione logaritmo: ln 𝑥 = ;
𝑑𝑥 𝑥
𝑑 1
 Funzione arcotangente: arctan 𝑥 = ;
𝑑𝑥 1+𝑥 2
𝑑 1
 Funzione arcoseno: arcsen 𝑥 = ;
𝑑𝑥 √1−𝑥 2
𝑑 1
 Funzione arcocoseno: arccos 𝑥 = − ;
𝑑𝑥 √1−𝑥 2

Derivata di funzioni definite a tratti


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione continua definita a tratti e 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[:

𝑓1(𝑥 ) 𝑎 ≤ 𝑥 < 𝑥0
𝑓 (𝑥 ) = { 𝑦0 𝑥 = 𝑥0
𝑓2(𝑥 ) 𝑥0 < 𝑥 ≤ 𝑏
La derivata prima di 𝑓 non ci dà informazioni sulla derivabilità nel punto di cambio
della legge 𝑥0 ; per studiare la derivabilità in tale punto, dobbiamo svolgerci la
derivata prima destra e sinistra previa definizione: se queste coincidono, 𝑓 è
derivabile in 𝑥0 :
𝑓 (𝑥 ) − 𝑦0 𝑓 (𝑥 ) − 𝑦0
lim+ = lim− = 𝑓 ′ (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0

83
Punti di non derivabilità
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴, diremo che 𝑥0 è un punto di non
derivabilità in 𝑓 se 𝑓 non è derivabile in 𝑥0 . Vi sono quattro tipi di punti di non
derivabilità: punti angolosi, punti di flesso a tangente verticale, punti di cuspide a
tangente verticale e punti di non derivabilità indeterminati.

Punti angolosi
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴, diremo che 𝑥0 è un punto angoloso se
esistono sia la derivata prima destra che la derivata prima sinistra di 𝑓 in 𝑥0 , ma
sono diverse:
∃𝑓+′ (𝑥0 ), ∃𝑓−′ (𝑥0 ), 𝑓+′ (𝑥0 ) ≠ 𝑓−′ (𝑥0 )
Entrambe le derivate possono essere finite, o al limite una di esse può essere uguale
a ±∞.

Punti di flesso a tangente verticale


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴, diremo che 𝑥0 è un punto di flesso a
tangente verticale se esiste la derivata prima di 𝑓 in 𝑥0 , ma il limite del rapporto
incrementale tende a ±∞:

84
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
∃𝑓 ′ (𝑥0 ), lim = ±∞
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0

Punti di cuspide a tangente verticale


Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴, diremo che 𝑥0 è un punto di cuspide a
tangente verticale se esistono sia la derivata prima destra che la derivata prima
sinistra di 𝑓 in 𝑥0 , ma i corrispettivi limiti del rapporto incrementale tendono uno a
±∞ e l’altro a ∓∞:
𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
∃𝑓+′ (𝑥0 ), ∃𝑓−′ (𝑥0 ), lim+ = ±∞,
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim− = ∓∞
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
Sono considerati tali anche gli estremi del dominio, laddove il limite destro o sinistro
del rapporto incrementale tenda a ±∞.

85
Punti di non derivabilità indeterminati
Data 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ, considerato 𝑥0 ∈ 𝐴, diremo che 𝑥0 è un punto di non
derivabilità indeterminato se
non esistono né la derivata
prima destra né la derivata
prima sinistra di 𝑓 in 𝑥0 :
∄𝑓+′ (𝑥0 ), ∄𝑓−′ (𝑥0 )
E’ il caso del punto 𝑥0 = 0 nella
1
funzione 𝑓 (𝑥 ) = sin ( ):
𝑥

Punti critici, massimi, minimi e teoremi del calcolo differenziale


Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ una funzione derivabile ∀𝑥 ∈ 𝐴; se 𝑥0 ∈ 𝐴 ed 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0, allora
𝑥0 è detto punto stazionario o punto critico.
Geometricamente, i punti critici corrispondono ai punti della funzione in cui la
tangente al grafico della stessa è una retta costante.
Lo studio dei punti critici di una funzione apre la strada allo studio di massimi e
minimi relativi di una funzione e dei maggiori teoremi del calcolo differenziale.

Massimi e minimi relativi


Siano 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ ed 𝑥0 ∈ 𝐴; diremo che 𝑥0 è:
86
 Un punto di massimo relativo per 𝑓 se esiste un intorno 𝐼(𝑥0 ) tale che
𝑓 (𝑥 ) ≤ 𝑓 (𝑥0 ) ∀𝑥 ∈ 𝐼 (𝑥0 );
 Un punto di minimo relativo per 𝑓 se esiste un intorno 𝐼 (𝑥0 ) tale che 𝑓 (𝑥 ) ≥
𝑓 (𝑥0 ) ∀𝑥 ∈ 𝐼 (𝑥0 );
Si dimostra, tramite il teorema di Fermat, che i punti di massimo e minimo relativo
sono punti critici.

Teorema di Fermat
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione derivabile in ]𝑎, 𝑏[ e sia 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ un punto di
massimo o minimo relativo per 𝑓; allora 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0 (cioè 𝑥0 è un punto critico).
𝑀(𝑥0 , 𝑦0 ); 𝑦0 = max 𝑓 ⟹ 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0

Dimostrazione
Supponiamo che 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ sia un punto di massimo, cioè che
∃𝐼 (𝑥0 ) ⊂ [𝑎, 𝑏] ∶ 𝑓 (𝑥 ) ≤ 𝑓 (𝑥0 ) ∀𝑥 ∈ 𝐼 (𝑥0 )
Possiamo dunque riscrivere la precedente relazione d’ordine come
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 ) ≤ 0

Calcoliamo il limite del rapporto incrementale:


87
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 ) 𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 ) 𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim ⟺ lim+ = lim− = 𝑓 ′ (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
𝑓(𝑥)−𝑓(𝑥0 )
 Nel caso di lim+ , il denominatore tende a 0 da destra, quindi
𝑥→𝑥0 𝑥−𝑥0
corrisponde ad un valore positivo; essendo il numeratore negativo, possiamo
affermare che 𝑓+′ (𝑥0 ) ≤ 0;
𝑓(𝑥)−𝑓(𝑥0 )
 Analogamente, nel lim− il denominatore del rapporto incrementale
𝑥→𝑥0 𝑥−𝑥0
è invece un valore negativo; essendo anche il numeratore negativo, possiamo
affermare che 𝑓−′ (𝑥0 ) ≥ 0;
Per ipotesi sappiamo che 𝑓 è derivabile ∀𝑥 ∈ ]𝑎, 𝑏[, e dunque anche in 𝑥0 :
dobbiamo quindi imporre che
𝑓+′ (𝑥0 ) = 𝑓−′ (𝑥0 ) = 𝑓 ′ (𝑥0 )
Per le proprietà dell’ordinamento, otteniamo che 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0, e che quindi 𝑥0 è un
punto critico.

Osservazioni
Nel caso delle funzioni non derivabili, non tutti i punti di massimo o minimo relativo
sono punti critici, in quanto potrebbero essere anche punti di non derivabilità.
Il teorema di Fermat fornisce dunque un criterio per trovare gli eventuali punti di
massimo e minimo, i quali vanno dunque cercati fra gli eventuali punti critici.

Teorema di Rolle
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione:
 Continua in [𝑎, 𝑏];
 Derivabile in ]𝑎, 𝑏[;
 Tale che 𝑓 (𝑎) = 𝑓 (𝑏);
Allora la funzione ammette almeno un punto critico, cioè ∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0.

88
Dimostrazione
Per ipotesi sappiamo che 𝑓 è continua in [𝑎, 𝑏]: essendo tale, possiamo applicare il
teorema di Weierstrass: ∃𝑥1 , 𝑥2 ∈ [𝑎, 𝑏] ∶ 𝑓 (𝑥1 ) = min 𝑓 , 𝑓 (𝑥2 ) = max 𝑓; a questo
[𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]
punto possono presentarsi due casi:
 Se 𝒙𝟏 = 𝒂 e 𝒙𝟐 = 𝒃 (o viceversa), allora 𝑓(𝑎) = 𝑓(𝑥1) = min 𝑓 ≤ 𝑓 (𝑥 ) ≤
[𝑎,𝑏]
max 𝑓 = 𝑓(𝑥2 ) = 𝑓 (𝑏); essendo per ipotesi 𝑓 (𝑎) = 𝑓(𝑏), per le proprietà
[𝑎,𝑏]
dell’ordinamento min 𝑓 = 𝑓(𝑥 ) = max 𝑓 ; 𝑓 è quindi una funzione costante,
[𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]
cioè tutti i punti di 𝑓 sono punti critici.
 Se almeno uno tra 𝒙𝟏 e 𝒙𝟐 è interno ad ]𝒂, 𝒃[ (per esempio 𝒙𝟏 ∈ ]𝒂, 𝒃[),
allora ad esempio 𝑓 (𝑥1 ) = min 𝑓: per il teorema di Fermat 𝑓 ′ (𝑥1 ) = 0, e
dunque 𝑥1 è un punto critico.

Contro-esempi
𝑥 0≤𝑥<1
 𝒇 non è continua in [𝒂, 𝒃]: data la funzione 𝑓(𝑥 ) = { definita in
0 𝑥=1
[0, 1], 𝑓 risulta essere derivabile in ]0, 1[, 𝑓 (0) = 𝑓 (1), ma la funzione non è
continua in [0, 1] (vi è un salto per 𝑥0 = 1); la funzione non presenta infatti
punti critici.
 𝒇 non è derivabile in ]𝒂, 𝒃[: data la funzione 𝑓 (𝑥 ) = |𝑥| definita in [−1, 1], 𝑓
risulta essere continua in [−1, 1], 𝑓(−1) = 𝑓(1) , ma la funzione non è
derivabile in tutto ]−1, 1[ (vi è un punto angoloso per 𝑥0 = 0); la funzione
non presenta infatti punti critici.

89
 𝒇(𝒂) ≠ 𝒇(𝒃): data la funzione 𝑓 (𝑥 ) = 𝑥 definita in [−1, 1], 𝑓 risulta essere
continua in [−1, 1], derivabile in ]−1, 1[, ma 𝑓 (−1) ≠ 𝑓 (1) (𝑓 (−1) = −1 e
𝑓 (1) = 1); la funzione non presenta infatti punti critici.

Teorema di Lagrange
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione:
 Continua in [𝑎, 𝑏];
 Derivabile in ]𝑎, 𝑏[;
𝑓(𝑏)−𝑓(𝑎)
Allora ∃𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 ′ (𝑐 ) = .
𝑏−𝑎

Dimostrazione
Consideriamo i due punti (𝑎, 𝑓(𝑎) ), (𝑏, 𝑓(𝑏) ) ∈ 𝒢𝑓 , e definiamo la retta passante
per i due punti in questione:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓(𝑎) 𝑥 − 𝑎 𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎)
= ⟶ 𝑓 (𝑥 ) = (𝑥 − 𝑎) + 𝑓(𝑎)
𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎) 𝑏 − 𝑎 𝑏−𝑎
𝑓(𝑏)−𝑓(𝑎)
Definiamo ora la funzione 𝐹(𝑥 ) = 𝑓(𝑥 ) − (𝑥 − 𝑎) − 𝑓 (𝑎); sappiamo che:
𝑏−𝑎

 𝐹 è continua in [𝑎, 𝑏];

90
 𝐹 è derivabile in ]𝑎, 𝑏[;
Calcoliamo la derivata prima di 𝐹 (𝑥 ):
𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎) 𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)
𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 ′ (𝑥 ) − ∙ 1 − 0 = 𝑓 ′ (𝑥 ) −
𝑏−𝑎 𝑏−𝑎
Calcoliamo 𝐹 (𝑎) ed 𝐹 (𝑏): svolgendo i passaggi algebrici, concludiamo che
𝐹 (𝑎) = 𝐹 (𝑏) = 0
Trovandoci nelle condizioni, applichiamo il teorema di Rolle a 𝐹:
∃𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝐹′ (𝑐 ) = 0
Sostituendo quest’ultimo valore alla formula della derivata di 𝐹, otteniamo:
𝑓(𝑏) − 𝑓 (𝑎) 𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)
0 = 𝑓 ′ (𝑐 ) − ⟶ 𝑓 ′ (𝑐 ) =
𝑏−𝑎 𝑏−𝑎

Osservazione
Geometricamente, il teorema di Lagrange ci dice che, date le ipotesi di cui prima,
esiste un punto del grafico della funzione tale che la retta tangente al grafico in quel
punto abbia lo stesso coefficiente angolare della corda congiungente i punti
𝑓(𝑏)−𝑓(𝑎)
(𝑎, 𝑓 (𝑎)) e (𝑏, 𝑓 (𝑏)), cioè che sia parallela a quest’ultima (si osservi che è
𝑏−𝑎
la formula di calcolo del coefficiente angolare di una retta passante per i punti
(𝑎, 𝑓 (𝑎)) e (𝑏, 𝑓 (𝑏))).

Conseguenze del teorema di Lagrange


Sia 𝑓 ∶ 𝐴 ⊆ ℝ ⟶ ℝ una funzione derivabile in 𝐴; allora:
 Se 𝑓 ′ (𝑥 ) > 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ⟹ 𝑓 è strettamente crescente;
 Se 𝑓 ′ (𝑥 ) < 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ⟹ 𝑓 è strettamente decrescente;
 Se 𝑓 ′ (𝑥 ) = 0 ∀𝑥 ∈ 𝐴 ⟹ 𝑓 è costante;

Dimostrazione
Supponiamo che 𝑓 ′ (𝑥 ) > 0; presi 𝑥1 , 𝑥2 ∈ 𝐴, con 𝑥1 < 𝑥2 , applichiamo il teorema di
Lagrange all’intervallo [𝑥1, 𝑥2 ] ⊆ 𝐴, tale che:

91
𝑓(𝑥2 ) − 𝑓 (𝑥1 )
∃𝑥0 ∈ ]𝑥1 , 𝑥2 [ ∶ 𝑓 ′ (𝑥0 ) =
𝑥2 − 𝑥1
Sappiamo per certo che 𝑥2 − 𝑥1 > 0; dunque, affinché 𝑓 ′ (𝑥 ) > 0, dobbiamo
imporre che
𝑓 (𝑥2 ) − 𝑓 (𝑥1 ) > 0
Dalla precedente relazione d’ordine otteniamo che 𝑓 (𝑥1 ) < 𝑓 (𝑥2 ) con 𝑥1 < 𝑥2 ,
cioè la definizione di funzione monotòna strettamente crescente.

Osservazione
Per studiare i punti critici e stabilire se essi sono punti di massimo o minimo relativo,
basta studiare il segno della derivata; dato quindi un punto critico 𝑥0 ∈ 𝐷𝑓 :

 Se 𝑓 ′ (𝑥 ) > 0 per 𝑥 < 𝑥0 e 𝑓 ′ (𝑥 ) < 0 per 𝑥 > 𝑥0 , allora 𝑥0 è un punto di


massimo relativo;
 Se 𝑓 ′ (𝑥 ) < 0 per 𝑥 < 𝑥0 e 𝑓 ′ (𝑥 ) > 0 per 𝑥 > 𝑥0 , allora 𝑥0 è un punto di
minimo relativo;
 Se 𝑓 ′ (𝑥 ) ≷ 0 per 𝑥 < 𝑥0 e 𝑓 ′ (𝑥 ) ≷ 0 per 𝑥 > 𝑥0 , allora non abbiamo
informazioni sufficienti per stabilire la natura di 𝑥0 .

Teorema di Cauchy
Siano 𝑓, 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ due funzioni:
 Continue in [𝑎, 𝑏];
 Derivabili in ]𝑎, 𝑏[;
Allora ∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝑓 ′ (𝑥0 )[𝑔 (𝑏) − 𝑔(𝑎)] = 𝑔′ (𝑥0 )[𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)].

Dimostrazione
Definiamo la funzione 𝐹 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ tale che:
𝐹 (𝑡) = 𝑔(𝑡)[𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎)] − 𝑓(𝑡)[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)]
𝐹 risulta essere:
 Continua in [𝑎, 𝑏];
 Derivabile in ]𝑎, 𝑏[;
92
Valutiamo ora 𝐹 (𝑎) ed 𝐹 (𝑏):
𝐹 (𝑎) = 𝑔(𝑎)[𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎)] − 𝑓(𝑎)[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)] = 𝑔(𝑎)𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎) 𝑔(𝑏)
𝐹 (𝑏) = 𝑔(𝑏)[𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)] − 𝑓 (𝑏)[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)] = −𝑔(𝑏)𝑓 (𝑎) + 𝑓 (𝑏)𝑔(𝑎)
Da cui otteniamo che 𝐹 (𝑎) = 𝐹 (𝑏).
Siamo nelle condizioni di applicare il teorema di Rolle, secondo il quale:
∃𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ∶ 𝐹′ (𝑥0 ) = 0
Otteniamo in tal modo che:
𝐹 (𝑥0 ) = 𝑔(𝑥0 )[𝑓 (𝑏) − 𝑓 (𝑎)] − 𝑓 (𝑥0 )[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)] = 0
𝑔(𝑥0 )[𝑓 (𝑏) − 𝑓(𝑎)] = 𝑓 (𝑥0 )[𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)]

Metodo di calcolo dei limiti di funzione: Teorema di L’Hopital


Siano 𝑓, 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ due funzioni che soddisfino le seguenti condizioni:
 Sono continue in [𝑎, 𝑏];
 Sono derivabili in [𝑎, 𝑏]\{𝑥0 };
 𝑔(𝑥 ) ≠ 0, 𝑔′ (𝑥 ) ≠ 0 ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏];
 lim 𝑓(𝑥 ) = 0 e lim 𝑔(𝑥 ) = 0 oppure lim 𝑓 (𝑥 ) = ±∞ e lim 𝑔(𝑥 ) = ±∞;
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

𝑓(𝑥) 𝑓′ (𝑥)
Allora, lim = lim (se quest’ultimo esiste).
𝑥→𝑥0 𝑔(𝑥) 𝑥→𝑥0 𝑔 ′ (𝑥)

0 ∞
Il teorema di L’Hopital si può applicare alle forme indeterminate del tipo [ ] e [ ] e
0 ∞
a tutte le forme indeterminate ad essi riconducibili, come ad esempio [∞ ∙ 0].
Rispetto al confronto tra infiniti o infinitesimi, tale teorema permette di calcolare
limiti anche di rapporti di infiniti o infinitesimi dello stesso ordine per 𝑥 → 𝑥0 .

Dimostrazione
𝑓′ (𝑥)
Applichiamo la dimostrazione al caso in cui lim (che corrisponde ad una forma
𝑥→𝑥0 𝑔 ′ (𝑥)
0 ∞ 0
indeterminata [ ] o [ ] riconducibile a [ ]) esiste ed è finito (il caso in cui sia infinito
0 ∞ 0
è analogo).

93
𝑓′ (𝑥)
Per ipotesi, sappiamo dunque che esiste lim = 𝑙 ∈ ℝ; scriviamone dunque la
𝑥→𝑥0 𝑔 ′ (𝑥)
definizione previo utilizzo di un intorno 𝐼 (𝑥0 ):
𝑓 ′ (𝑥 )
∀𝜀 > 0 ∃𝐼(𝑥0 ) ∶ | ′ − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 )\{𝑥0 }
𝑔 (𝑥 )
Consideriamo ora 𝑥 > 𝑥0 (lo stesso ragionamento può essere applicato anche con
𝑥 < 𝑥0 ) e un ulteriore intorno 𝐼2 (𝑥0 ) = ]𝑥0 , 𝑥 [ ⊂ 𝐼 (𝑥0 ) ⊂ [𝑎, 𝑏]; 𝑓 ′ e 𝑔′ risultano
essere continue in [𝑥0 , 𝑥 ] e derivabili in ]𝑥0 , 𝑥 [, dunque ci troviamo nelle condizioni
di poter applicare il teorema di Cauchy, per il quale:
∃𝑐 ∈ 𝐼2 (𝑥0 ) ∶ 𝑓 ′ (𝑐 )[𝑔(𝑥 ) − 𝑔(𝑥0 )] = 𝑔′ (𝑐 )[𝑓 (𝑥 ) − 𝑓(𝑥0 )]
Per ipotesi sappiamo inoltre che:
 𝑔′ (𝑐 ) ≠ 0 ∀𝑐 ∈ [𝑎, 𝑏];
 𝑔(𝑥 ) ≠ 𝑔(𝑥0 ), in quanto la funzione è per ipotesi continua in [𝑥0 , 𝑥 ],
derivabile in ]𝑥0 , 𝑥 [, ma 𝑔′ (𝑐 ) ≠ 0 ∀𝑥 ∈ [𝑥0 , 𝑥 ], condizione che dimostra la
non soddisfazione della terza ipotesi del teorema di Rolle;
Dunque, possiamo riscrivere la formula del teorema di Cauchy come:
𝑓 ′ (𝑐 ) 𝑓(𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
=
𝑔′ (𝑐 ) 𝑔(𝑥 ) − 𝑔(𝑥0 )
Per ipotesi lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 ) = 0 e lim 𝑔(𝑥 ) = 𝑔(𝑥0 ) = 0, dunque:
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

𝑓 ′ (𝑐 ) 𝑓 (𝑥 )
=
𝑔′ (𝑐 ) 𝑔(𝑥 )

𝑓′ (𝑥) 𝑓(𝑥)
Dato che 𝑐 ∈ 𝐼 (𝑥0 )\{𝑥0 }, possiamo affermare che = , e che dunque:
𝑔 ′ (𝑥) 𝑔(𝑥)

𝑓 (𝑥 ) 𝑓 ′ (𝑥 )
lim = lim ′
𝑥→𝑥0 𝑔 (𝑥 ) 𝑥→𝑥0 𝑔 (𝑥 )

Conseguenze del teorema di L’Hopital


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione:
 Continua in [𝑎, 𝑏];
94
 Derivabile in [𝑎, 𝑏]\{𝑥0 };
Allora, se esiste finito lim 𝑓 ′ (𝑥 ) = 𝑙, 𝑓 è derivabile in 𝑥0 e 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 𝑙.
𝑥→𝑥0

Dimostrazione
 Scriviamo la derivata prima di 𝑓 in 𝑥0 sotto forma di limite del rapporto
incrementale:
𝑓 (𝑥 ) − 𝑓 (𝑥0 )
lim
𝑥→𝑥0 𝑥 − 𝑥0
 Applichiamo il teorema di L’Hopital al limite del rapporto incrementale,
ottenendo:
lim 𝑓 ′ (𝑥 ) = 𝑙 = 𝑓 ′ (𝑥0 )
𝑥→𝑥0

 Dunque, 𝑓 risulta essere derivabile in 𝑥0 ed 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 𝑙.

Applicazioni
Possiamo applicare tali conseguenze allo studio della derivabilità delle funzioni
definite a tratti: data 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ:
𝑓1 (𝑥 ) 𝑎 ≤ 𝑥 < 𝑥0
𝑓(𝑥 ) = { 𝑦0 𝑥 = 𝑥0
𝑓2 (𝑥 ) 𝑥0 < 𝑥 ≤ 𝑏
Se 𝑓 è continua ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏], allora, se esistono finiti lim+ 𝑓 ′ (𝑥0 ) = lim− 𝑓 ′ (𝑥0 ) =
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
′( ′(
lim 𝑓 𝑥0 ) = 𝑙 = 𝑓 𝑥0 ), la derivata della funzione sarà:
𝑥→𝑥0

𝑓1′ (𝑥 ) 𝑎 ≤ 𝑥 < 𝑥0
𝑓 ′ (𝑥 ) = { 𝑙 𝑥 = 𝑥0
𝑓2′ (𝑥 ) 𝑥0 < 𝑥 ≤ 𝑏

95
Derivate successive e formula di Taylor
Derivata seconda
Date 𝑓 ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ) ⟶ ℝ derivabile in 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ), ed 𝑓 ′ ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ′ ) ⟶ ℝ, se 𝑓 ′ è
𝑓′ (𝑥)−𝑓′ (𝑥0 )
derivabile in 𝑥0 ∈ 𝐷𝑜𝑚 (𝑓 ′ ), cioè se esiste finito lim , diremo che la
𝑥→𝑥0 𝑥−𝑥0
derivata prima di 𝑓 ′ in 𝑥0 corrisponde alla derivata seconda di 𝒇 in 𝒙𝟎 ; questa si
indica con 𝑓 ′′ (𝑥0 );
Se 𝑓 ′ è derivabile in tutto 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ′ ), allora possiamo definire la funzione derivata
seconda 𝑓 ′′ ∶ 𝐷𝑜𝑚(𝑓 ′′ ) ⟶ ℝ, che in notazione di Lagrange si esprime come 𝑓 ′′ (𝑥 )
𝑑2
e in notazione di Leibnitz come 𝑓 (𝑥 ).
𝑑𝑥 2

Derivate successive ennesime


Il processo definito per la costruzione della derivata seconda, se si verificano le
condizioni di derivabilità nei rispettivi domini, è iterabile 𝑛 volte, permettendo così
di definire la funzione derivata ennesima:

(𝑛) ( (𝑛−1) (
′ 𝑑𝑛
𝑓 𝑥 ) = (𝑓 𝑥 )) = 𝑛 𝑓 (𝑥 )
𝑑𝑥

Classi di funzioni
E’ dunque possibile classificare una funzione in base a quante volte è derivabile
rispetto ad uno stesso dominio definito da un intervallo [𝑎, 𝑏], nel quale le derivate
successive sono continue: in generale, diremo che una classe di ordine 𝒏 di funzioni
𝒇 rispetto all’intervallo [𝒂, 𝒃] corrisponde all’insieme di tutte le funzioni 𝑓 per le
quali esistono e sono continue le derivate successive rispetto a [𝑎, 𝑏] fino all’ordine
𝑛:
𝐶 𝑛 ([𝑎, 𝑏])
Ad ogni classe di ordine 𝑛 appartengono sia le funzioni derivabili fino alla derivata
successiva 𝑛-esima, ma anche le funzioni derivabili fino a derivate successive di
ordine superiore ad 𝑛: da un punto di vista insiemistico, possiamo dunque affermare
che:
𝐶 ∞([𝑎, 𝑏]) ⊂ ⋯ ⊂ 𝐶 𝑛 ([𝑎, 𝑏]) ⊂ ⋯ ⊂ 𝐶 2([𝑎, 𝑏]) ⊂ 𝐶 1([𝑎, 𝑏]) ⊂ 𝐶 0([𝑎, 𝑏])

96
Con 𝐶 0 ([𝑎, 𝑏]) classe di tutte le funzioni continue ma non necessariamente
derivabili, e 𝐶 ∞ ([𝑎, 𝑏]) classe di funzioni derivabili successivamente infinite volte.

Polinomio di Taylor
Data 𝑓 ∈ 𝐶 𝑛 ([𝑎, 𝑏]), considerato 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[, consideriamo le derivate successive di
𝑓 definite in 𝑥0 :
 𝑓 (𝑥 ) ⟶ 𝑓 (𝑥0 );
 𝑓 ′ (𝑥 ) ⟶ 𝑓 ′ (𝑥0 );
 𝑓 ′′ (𝑥 ) ⟶ 𝑓 ′′ (𝑥0 );

 𝑓 (𝑛)(𝑥 ) ⟶ 𝑓 (𝑛)(𝑥0 );

Costruiamo ora il polinomio di Taylor come segue:

′(
𝑓 ′′ (𝑥0 ) 2
𝑓 ′′′ (𝑥0)
𝑃(𝑥 ) = 𝑓(𝑥0 ) + 𝑓 𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 ) + (𝑥 − 𝑥0 ) + (𝑥 − 𝑥0 )3 + ⋯
2 3!
(𝑛) ( ) 𝑛 (𝑘) ( )
𝑓 𝑥0 𝑓 𝑥0
+ (𝑥 − 𝑥0 )𝑛 = ∑ (𝑥 − 𝑥0 )𝑘
𝑛! 𝑘!
𝑘=0

Geometricamente, il polinomio di Taylor corrisponde alla funzione polinomiale


tangente al grafico di 𝒇 in 𝒙𝟎 ; in figura sono rappresentati i polinomi di Taylor di
centro 𝑥0 = 0 sviluppati rispetto alla funzione 𝑓 (𝑥 ) = sin 𝑥:

97
In maniera simile a quanto visto per l’approssimazione lineare di I ordine, è possibile
calcolare l’errore che si commette quando in 𝑥 si sostituisce ad 𝑓(𝑥 ) il valore del suo
polinomio di Taylor 𝑃 (𝑥 ) di centro 𝑥0 e di ordine 𝑛: tale errore corrisponde alla
funzione resto di Peano 𝑹(𝒙) .

Resto di Peano e formula di Taylor


Sia 𝑓 ∈ 𝐶 𝑛 ([𝑎, 𝑏]) e sia 𝑃(𝑥 ) il suo polinomio di Taylor di ordine 𝑛 e di centro 𝑥0 ;
diremo che il resto di Peano corrisponde alla differenza tra il valore della funzione
valutato in un generico punto 𝑥 ed il polinomio di Taylor, ossia l’errore che si compie
quando, valutando l’immagine di 𝑥, si sostituisce ad 𝑓 (𝑥 ) il polinomio di Taylor 𝑃 (𝑥 )
𝑅 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ) − 𝑃(𝑥 )

Si dimostra, tramite il seguente calcolo, che il resto di Peano è un infinitesimo di


ordine maggiore di (𝑥 − 𝑥0 )𝑛 :

𝑅 (𝑥 ) lim 𝑅 (𝑥 ) lim 𝑓(𝑥 ) − 𝑃 (𝑥 ) 𝑓 (𝑥 ) − 𝑃(𝑥 )


𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 0 0
lim 𝑛
= 𝑛
= 𝑛
=
𝑥→𝑥0 (𝑥 − 𝑥0 ) lim (𝑥 − 𝑥0 ) lim (𝑥 − 𝑥0 ) lim (𝑥 − 𝑥0 )𝑛
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑓(𝑥0 ) − 𝑓 (𝑥0 ) 0 𝐿′𝐻𝑜𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙 𝑅 (𝑥 ) 𝑅 ′ (𝑥 )
= =[ ]→ lim = lim
lim (𝑥 − 𝑥0 )𝑛 0 𝑥→𝑥0 (𝑥 − 𝑥0 )𝑛 𝑥→𝑥0 ((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )′
𝑥→𝑥0

′( 𝑑 𝑛 𝑓 (𝑘) (𝑥0 )
𝑓 𝑥) − (∑ (𝑥 − 𝑥0 )𝑘 )
𝑓 ′ (𝑥 ) − 𝑃′ (𝑥 ) 𝑑𝑥 𝑘=0 𝑘!
= lim = lim
𝑥→𝑥0 ((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )′ 𝑥→𝑥0 𝑛(𝑥 − 𝑥0 )𝑛−1
′( ) 𝑛 𝑓 (𝑘) (𝑥0 )
𝑓 𝑥 − ∑𝑘=1 (𝑥 − 𝑥0 )𝑘−1 𝑓 ′ (𝑥 ) − 𝑓 ′ (𝑥0 )
(𝑘 − 1)!
= lim = lim
𝑥→𝑥0 𝑛(𝑥 − 𝑥0 )𝑛−1 𝑥→𝑥0 𝑛 (𝑥 − 𝑥0 )𝑛−1
0 𝐿′ 𝐻𝑜𝑝𝑖𝑡𝑎𝑙 𝑓𝑖𝑛𝑜 𝑎 𝑛 𝑅 (𝑥 ) 𝑓 (𝑛) (𝑥 ) − 𝑓 (𝑛)(𝑥0 )
=[ ]→ lim = lim
0 𝑥→𝑥0 (𝑥 − 𝑥0 )𝑛 𝑥→𝑥0 ((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )(𝑛)
0
= lim = 0 ⟶ 𝑅 (𝑥 ) = 𝑜((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )
𝑥→𝑥0 𝑛!

Alla luce di ciò, è possibile dunque riscrivere la funzione 𝑓 sottoforma di formula di


Taylor:

98
𝑛
𝑓 (𝑘) (𝑥0 )
𝑓 (𝑥 ) = ∑ (𝑥 − 𝑥0 )𝑘 + 𝑜((𝑥 − 𝑥0 )𝑛 )
𝑘!
𝑘=0

Metodo di calcolo dei limiti di funzione: Formula di McLaurin


Nel caso in cui 𝑥0 = 0, la formula di Taylor (nota in questo caso come formula di
McLaurin) diventa:
𝑛
𝑓 (𝑘) (0) 𝑘
𝑓 (𝑥 ) = ∑ 𝑥 + 𝑜(𝑥 𝑛 )
𝑘!
𝑘=0

Di seguito alcuni esempi di funzioni elementari riscritte in questa forma:


𝑥𝑘
 Funzione esponenziale: 𝑓 (𝑥 ) = 𝑒 𝑥 = ∑𝑛𝑘=0 + 𝑜(𝑥 𝑛 );
𝑘!
𝑥 2𝑘+1
 Funzione seno: 𝑓 (𝑥 ) = sin 𝑥 = ∑𝑛𝑘=0(−1)𝑘 (2𝑘+1)! + 𝑜(𝑥 2𝑛+2);
𝑥 2𝑘
 Funzione coseno: 𝑓 (𝑥 ) = cos 𝑥 = ∑𝑛𝑘=0(−1)𝑘 (2𝑘)! + 𝑜(𝑥 2𝑛+1);
𝑥𝑘
 Funzione logaritmo: 𝑓 (𝑥 ) = ln(1 + 𝑥 ) = ∑𝑛𝑘=1(−1)𝑘+1 + 𝑜(𝑥 𝑛 );
𝑘

Riscrivendo le funzioni in questo modo, attraverso lo sviluppo della formula di Taylor


fino ad un ordine appropriato, è possibile calcolare dei limiti altrimenti irrisolvibili.

sin 𝑥−𝑥+2𝑥5
Esempio: Calcolare lim :
𝑥→0 3𝑥 3

 Il limite costituisce una forma indeterminata del tipo 0 su 0. Applichiamo


dunque la formula di Taylor-McLaurin a sin 𝑥 sviluppata fino al terzo ordine
(in quanto al denominatore è presente un monomio di terzo grado):
𝑥3
sin 𝑥 = 𝑥 − + 𝑜(𝑥 3 )
6
 Il limite può dunque essere riscritto come:
𝑥3 𝑥3
𝑥− + 𝑜(𝑥 3) − 𝑥 + 2𝑥 5 − + 𝑜(𝑥 3 ) + 2𝑥 5
lim 6 = lim 6
𝑥→0 3𝑥 3 𝑥→0 3𝑥 3
𝑥 3 𝑥3
− 3
𝑜(𝑥 ) 2𝑥 5 − 𝑥3 1
= lim 6 + + = lim 6 = − lim = −
𝑥→0 3𝑥 3 3𝑥 3 3𝑥 3 𝑥→0 3𝑥 3 𝑥→0 18𝑥 3 18

99
Punti di flesso, concavità e convessità
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione derivabile due volte ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]; se 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ ed
𝑓 ′′ (𝑥0 ) = 0, allora 𝑥0 è detto punto di flesso.
Geometricamente, i punti di flesso corrispondono ai punti della funzione in cui varia
la concavità. Si possono inoltre presentare due possibilità:
 Punto di flesso a tangente orizzontale: 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 𝑓 ′′ (𝑥0 ) = 0, con equazione
della retta tangente in 𝑥0 corrispondente a 𝑦 = 𝑓 (𝑥0 );
 Punto di flesso a tangente obliqua: 𝑓 ′ (𝑥0 ) ≠ 𝑓 ′′ (𝑥0 ) = 0, con equazione
della retta tangente in 𝑥0 corrispondente a 𝑦 = 𝑓 (𝑥0 ) + 𝑓 ′ (𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 );

Concavità e convessità
Siano 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ
 Diremo che 𝑓 è convessa se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ ]𝑎, 𝑏[ il segmento che unisce i punti
(𝑥1 , 𝑓(𝑥1)) e (𝑥2 , 𝑓 (𝑥2 )) si trova al di sopra del grafico della funzione ∀𝑥 ∈
]𝑥1 , 𝑥2 [;
 Diremo che 𝑓 è concava se ∀𝑥1 , 𝑥2 ∈ ]𝑎, 𝑏[ il segmento che unisce i punti
(𝑥1 , 𝑓(𝑥1)) e (𝑥2 , 𝑓 (𝑥2 )) si trova al di sotto del grafico della funzione ∀𝑥 ∈
]𝑥1 , 𝑥2 [;

100
Proposizione: Condizione del I ordine
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione derivabile in [𝑎, 𝑏]:
 Se 𝑓 convessa in [𝑎, 𝑏], allora, ∀𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[, la tangente al grafico in 𝑥0 si trova
al di sotto del grafico di 𝑓;
 Se 𝑓 è concava in [𝑎, 𝑏], allora, ∀𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[, la tangente al grafico in 𝑥0 si
trova al di sopra del grafico di 𝑓.
Da ciò possiamo intuitivamente affermare che la derivata prima delle funzioni
convesse è una funzione crescente, mentre la derivata prima delle funzioni concave
è una funzione decrescente.

Proposizione: Condizione del II ordine


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione derivabile due volte in [𝑎, 𝑏]:
 Se 𝑓 è convessa in [𝑎, 𝑏], cioè la derivata prima di 𝑓 è crescente nel suddetto
intervallo, allora, per le conseguenze del teorema di Lagrange, diremo che
𝑓 ′′ (𝑥 ) > 0 ∀𝑥 ∈ ]𝑎, 𝑏[;
 Se 𝑓 è concava in [𝑎, 𝑏], cioè la derivata prima di 𝑓 è decrescente nel suddetto
intervallo, allora, per le conseguenze del teorema di Lagrange, diremo che
𝑓 ′′ (𝑥 ) < 0 ∀𝑥 ∈ ]𝑎, 𝑏[.

Osservazione
Per studiare i punti di flesso ed il cambio di concavità ad essi legato, basta studiare il
segno della derivata seconda; dato quindi un punto critico 𝑥0 ∈ 𝐷𝑓 :

 Se 𝑓 ′′ (𝑥 ) > 0 per 𝑥 < 𝑥0 e 𝑓 ′′ (𝑥 ) < 0 per 𝑥 > 𝑥0 , allora la funzione in 𝑥0 da


convessa diventa concava;
 Se 𝑓 ′′ (𝑥 ) < 0 per 𝑥 < 𝑥0 e 𝑓 ′′ (𝑥 ) > 0 per 𝑥 > 𝑥0 , allora la funzione in 𝑥0 da
concava diventa convessa;
 Se 𝑓 ′′ (𝑥 ) ≷ 0 per 𝑥 < 𝑥0 e 𝑓 ′′ (𝑥 ) ≷ 0 per 𝑥 > 𝑥0 , allora non abbiamo
informazioni sufficienti per stabilire la concavità della funzione.

101
Integrali
Integrale definito di Riemann
Partizione di un intervallo
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione limitata; si dice partizione 𝑷 dell’intervallo [𝒂, 𝒃] la
suddivisione dello stesso in 𝒑 sotto-intervalli disgiunti tali che la loro unione sia
uguale all’intervallo [𝑎, 𝑏] di partenza:

𝑃 = {𝑥0 = 𝑎, 𝑥1 , 𝑥2 , … , 𝑥𝑝−1, 𝑥𝑝 = 𝑏 ∶ 𝑥0 = 𝑎 < 𝑥1 < 𝑥2 < ⋯ < 𝑥𝑝−1 < 𝑥𝑝 = 𝑏}


I sotto-intervalli in questione si indicano con [𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ] con 𝑖 = 1, 2, … , 𝑝; possiamo
inoltre riscrivere l’intervallo [𝑎, 𝑏] come segue:
𝑝

[𝑎, 𝑏] = ⋃[𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ]
𝑖=1

Essendo inoltre intervalli disgiunti, diciamo che:


𝑝

⋂]𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 [ = ∅
𝑖=1

La partizione 𝑃0 = {𝑥0 = 𝑎, 𝑥1 = 𝑏 ∶ 𝑥0 = 𝑎 < 𝑥1 = 𝑏} è detta partizione banale, in


quanto coincide con l’intervallo [𝑎, 𝑏] di partenza.

Insieme delle partizioni e finezza delle partizioni


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione limitata; si dice insieme delle partizioni
dell’intervallo [𝒂, 𝒃] l’insieme di tutte le possibili partizioni di [𝑎, 𝑏]:
𝒫 ([𝑎, 𝑏])
L’insieme delle partizioni di un intervallo non è mai vuoto, in quanto si dimostra
banalmente che 𝑃0 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏]).
Considerate quindi due partizioni 𝑃, 𝑄 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏]), diremo che:
 𝑷 è più fine di 𝑸 se 𝑄 ⊂ 𝑃 (cioè se 𝑃 possiede più sotto-intervalli di [𝑎, 𝑏]
rispetto a 𝑄);
 𝑷 ∪ 𝑸 è più fine sia di 𝑷 che di 𝑸 ∀𝑃, 𝑄 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏]);

102
Somma inferiore e superiore della funzione
Siano 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione limitata e 𝑃 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏]) una sua partizione, tale
𝑝
che [𝑎, 𝑏] = ⋃𝑖=1[𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ]; possiamo intuitivamente affermare che la “misura” di
[𝑎, 𝑏] è uguale alla somma delle misure di tutti i sotto-intervalli della partizione:
𝑝

𝑏 − 𝑎 = ∑(𝑥𝑖 − 𝑥𝑖−1)
𝑖=1

Alla luce di ciò, essendo [𝑎, 𝑏] limitato, allora saranno limitati anche tutti i sotto-
intervalli [𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ], i quali ammetteranno minimo assoluto min 𝑓 = 𝑙𝑖 e massimo
[𝑥𝑖−1 ,𝑥𝑖 ]
assoluto max 𝑓 = 𝐿𝑖 , tali che min 𝑓 = 𝑙 ≤ 𝑙𝑖 ≤ 𝐿𝑖 ≤ 𝐿 = max 𝑓.
[𝑥𝑖−1 ,𝑥𝑖 ] [𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]

Si dice somma inferiore di 𝒇 relativa alla partizione 𝑷 la somma dei 𝑝 rettangoli che
hanno come base la misura dell’intervallo [𝑥𝑖−1, 𝑥𝑖 ] e come altezza il min 𝑓 = 𝑙𝑖 :
[𝑥𝑖−1 ,𝑥𝑖 ]
𝑝

𝑠(𝑓, 𝑃) = ∑ 𝑙𝑖 (𝑥𝑖 − 𝑥𝑖−1)


𝑖=1

L’insieme delle somme inferiori è l’insieme di tutte le somme inferiori di una


funzione al variare di 𝑃:
𝑠(𝑓 ) = {𝑠(𝑓, 𝑃) ∶ 𝑃 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏])}

103
Si dice somma superiore di 𝒇 relativa alla partizione 𝑷 la somma dei 𝑝 rettangoli
che hanno come base la misura dell’intervallo [𝑥𝑖−1 , 𝑥𝑖 ] e come altezza il max 𝑓 =
[𝑥𝑖−1 ,𝑥𝑖 ]
𝐿𝑖 :
𝑝

𝑆(𝑓, 𝑃) = ∑ 𝐿𝑖 (𝑥𝑖 − 𝑥𝑖−1)


𝑖=1

L’insieme delle somme superiori è l’insieme di tutte le somme superiori di una


funzione al variare di 𝑃:
𝑆(𝑓 ) = {𝑆(𝑓, 𝑃) ∶ 𝑃 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏])}

Relazioni d’ordine tra somme


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione limitata, siano 𝑃, 𝑄 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏]), e sia 𝑃 una
partizione più fine di 𝑄. Allora:
𝑠(𝑓, 𝑄 ) ≤ 𝑠 (𝑓, 𝑃) ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃) ≤ 𝑆(𝑓, 𝑄 )
Da cui:
𝑠(𝑓, 𝑄 ) ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃)

104
Tale relazione d’ordine si può dimostrare graficamente come segue:

Si osservi che la partizione banale è quella meno fine, e che dunque:


𝑠(𝑓, 𝑃0 ) ≤ 𝑠 (𝑓, 𝑃) ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃) ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃0 )

Consideriamo ora la partizione 𝑃 ∪ 𝑄, per la quale, essendo questa per definizione


più fine sia di 𝑃 che di 𝑄, vale la relazione:
𝑠(𝑓, 𝑄 ) ≤ 𝑠 (𝑓, 𝑃 ∪ 𝑄 ) ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃 ∪ 𝑄 ) ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃)

Si è così dimostrato che gli insiemi 𝑠(𝑓 ) ed 𝑆(𝑓 ) sono separati (tutte le somme
superiori saranno sempre maggiori uguali rispetto a quelle inferiori). Per l’assioma
di completezza possiamo dunque dire che:
∃𝑐 ∈ ℝ ∶ 𝑠(𝑓, 𝑃0 ) = 𝑙(𝑏 − 𝑎) ≤ 𝑠(𝑓, 𝑄 ) ≤ 𝑐 ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃) ≤ 𝐿 (𝑏 − 𝑎) = 𝑆(𝑓, 𝑃0)
E che quindi:
∃ inf 𝑠(𝑓 ) = 𝑠(𝑓, 𝑃0)
∃ sup 𝑠 (𝑓 )
∃ inf 𝑆(𝑓 )
∃ sup 𝑆(𝑓 ) = 𝑆(𝑓, 𝑃0 )

Sostituendo alla formula dell’assioma di completezza, otteniamo:


𝑠(𝑓, 𝑃0) = inf 𝑠(𝑓 ) ≤ 𝑠(𝑓, 𝑄 ) ≤ sup 𝑠(𝑓 ) ≤ inf 𝑆(𝑓 ) ≤ 𝑆(𝑓, 𝑃) ≤ sup 𝑆(𝑓 )
= 𝑆(𝑓, 𝑃0 )
Da cui:
sup 𝑠(𝑓 ) ≤ inf 𝑆(𝑓 )

105
Integrale definito di Riemann
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una funzione limitata; diremo che 𝑓 è integrabile (secondo la
definizione di Riemann) se esiste una partizione 𝑃 tale che sup 𝑠 (𝑓 ) = inf 𝑆(𝑓 ); tale
valore è detto integrale definito nell’intervallo [𝒂, 𝒃] di 𝒇; si indica con:
𝑏
∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 = sup 𝑠(𝑓 ) = inf 𝑆(𝑓 )
𝑎

Indichiamo con ℛ ([𝑎, 𝑏]) = {𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ ∶ ∃𝑃 ∈ 𝒫 ([𝑎, 𝑏]) ∶ sup 𝑠(𝑓 ) =


inf 𝑆(𝑓 )} l’insieme di tutte le funzioni integrabili secondo Riemann.

Funzioni integrabili e operazioni con gli integrali


Sono integrabili le funzioni costanti, continue, discontinue con punti di
discontinuità di I specie, monotòne, a gradino.
Date 𝑓, 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ integrabili (𝑓 ∈ ℛ ([𝑎, 𝑏])), 𝛼 ∈ ℝ, 𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ (tale che 𝑓 ∈
ℛ ([𝑎, 𝑐 ]) e 𝑓 ∈ ℛ ([𝑐, 𝑏])), risultano integrabili anche le funzioni 𝑓 ± 𝑔, 𝛼𝛼, 𝑓 ∙
𝑓
𝑔, , |𝑓|; in particolare:
𝑔
𝑏 𝑏
 Integrale della somma (additività): ∫𝑎 (𝑓 ± 𝑔) 𝑑𝑥 = ∫𝑎 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥 ±
𝑏
∫𝑎 𝑔(𝑥 ) 𝑑𝑥;
106
𝑏
 Integrale del prodotto per costante (omogeneità): ∫𝑎 (𝛼𝑓 ) 𝑑𝑥 =
𝑏
𝛼 ∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥;
𝑏 𝑏
 Valore assoluto dell’integrale: |∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥| = ∫𝑎 |𝑓(𝑥)| 𝑑𝑥;
𝑏 𝑐 𝑏
 Somma di integrali: ∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 = ∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 + ∫𝑐 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥;

Integrale indefinito
Primitiva di una funzione
Se 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ diremo che 𝐹 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ è una sua primitiva se 𝐹 è derivabile
in [𝑎, 𝑏] e la sua derivata è proprio uguale a 𝑓:
𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ) ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]

Teorema di caratterizzazione delle primitive


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ; se 𝑓 ammette una primitiva allora ammette infinite primitive
che differiscono per una costante.

Dimostrazione
Sia 𝐴 = {𝐺 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ ∶ 𝐺 ′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 )} l’insieme delle primitive di 𝑓, e sia 𝐵 =
{𝐹 + 𝑐 ∶ 𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ), 𝑐 ∈ ℝ} l’insieme delle primitive di 𝑓 sommate ad una
costante; Dimostriamo che 𝐴 = 𝐵, cioè che 𝐴 ⊆ 𝐵 e 𝐵 ⊆ 𝐴:
𝑩 ⊆ 𝑨) 𝐹 + 𝑐 ∈ 𝐵; dobbiamo dimostrare che (𝐹 + 𝑐 ) ∈ 𝐴: (𝐹 + 𝑐 )′ = 𝐹′ =
𝑓 ⟹ 𝐹 + 𝑐 è di per sé una primitiva che può essere scritta come 𝐺 = 𝐹 +
𝑐 ⟹ 𝐹 + 𝑐 ∈ 𝐴;

𝑨 ⊆ 𝑩) Dobbiamo dimostrare che 𝐺 ∈ 𝐵: 𝐺 ′ = 𝑓 = 𝐹′ ⟹ 𝐺 ′ − 𝐹′ = 0 ⟹


verifichiamo l’identità: 𝐺 ′ − 𝐹′ = 𝑓 − 𝑓 = 0 ⟹ per le conseguenze del
teorema di Lagrange, 𝐺 − 𝐹 è una funzione costante (la sua derivata è nulla
∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]), cioè 𝐺 − 𝐹 = 𝑐 ⟹ 𝐺 = (𝐹 + 𝑐 ) ∈ 𝐵.

107
Integrale indefinito
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ; si definisce integrale indefinito di 𝑓 l’insieme delle primitive di 𝑓;
si indica come segue:

∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 = {𝐹 (𝑥 ) + 𝑐 ∶ 𝐹′ (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥 ), 𝑐 ∈ ℝ} = 𝐹 (𝑥 ) + 𝑐

Teorema di Darbaux
Sia 𝐹 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una primitiva di 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ; se 𝑓 è derivabile in [𝑎, 𝑏], allora
l’insieme delle immagini della sua derivata prima 𝐹′ ([𝑎, 𝑏]) è un intervallo.

Osservazione:
Siano 𝑓 ∶ 𝐼 ⊂ ℝ ⟶ ℝ ed 𝐹 ∶ 𝐼 ⊂ ℝ ⟶ ℝ, con 𝐹 derivabile; 𝐹 è una primitiva di
𝑓 ⟺ 𝐹′ = 𝑓; allora, per il teorema di Darbaux, 𝐹′ (𝐼 ) = 𝑓 (𝐼 ), e quindi anche 𝑓 (𝐼 )
dev’essere un intervallo; se così non fosse, 𝑭 non sarebbe una primitiva di 𝒇.

0 −1≤𝑥 ≤0
Esempio: Dimostrare che 𝑓 (𝑥 ) = { non è integrabile in [−1, 1] (non
1 0<𝑥≤1
ammette primitiva 𝐹):
𝑓 è una funzione a gradino definita da due leggi, e dunque l’insieme 𝑓 ([−1, 1]) =
{0, 1} non è un intervallo; di conseguenza, per le considerazioni operate sul teorema
di Darbaux, la funzione non è integrabile in [−1, 1].

Alcuni integrali indefiniti di funzioni elementari


 Funzione costante: ∫ 𝛼𝑑𝑥 = 𝛼𝑥 + 𝑐;
𝑥 𝛼+1
 Funzione potenza: ∫ 𝑥 𝛼 𝑑𝑥 = + 𝑐;
𝛼+1
1
 Funzione iperbolica: ∫ 𝑑𝑥 = ln|𝑥| + 𝑐;
𝑥
 Funzione seno: ∫ sin 𝑥 𝑑𝑥 = −cos 𝑥 + 𝑐;
 Funzione coseno: ∫ cos 𝑥 𝑑𝑥 = sin 𝑥 + 𝑐;
 Funzione esponenziale naturale: ∫ 𝑒 𝑥 𝑑𝑥 = 𝑒 𝑥 + 𝑐;
108
 Funzione seno iperbolico: ∫ sinh 𝑥 𝑑𝑥 = cosh 𝑥 + 𝑐;
 Funzione coseno iperbolico: ∫ cosh 𝑥 𝑑𝑥 = sinh 𝑥 + 𝑐;

Metodi di calcolo degli integrali indefiniti


Integrazione per scomposizione
Siano 𝑓, 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ, 𝛼 ∈ ℝ e 𝐹, 𝐺 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ:
 ∫(𝒇 ± 𝒈) 𝒅𝒙 = (𝑭 ± 𝑮) ± 𝒄 = ∫ 𝒇 𝒅𝒙 ± ∫ 𝒈 𝒅𝒙;
 ∫(𝜶𝒇) 𝒅𝒙 = 𝜶 ∫ 𝒇 𝒅𝒙;

Integrazione con integrali immediati


Effettuando la composizione delle primitive di funzioni elementari con altre funzioni,
è possibile stabilire delle regole per il calcolo immediato di alcuni integrali:
𝑓𝛼+1 (𝑥) 𝑑 𝑓𝛼+1 (𝑥)
 Funzione potenza: 𝑥 ⟼ 𝑓 𝛼∈ℝ\{−1} (𝑥 ) ⟼ ⟹ ( ) = 𝑓 𝛼 (𝑥 ) ∙
𝛼+1 𝑑𝑥 𝛼+1
𝒇𝜶+𝟏 (𝒙)
𝑓 ′ (𝑥 ) ⟹ ∫ 𝒇𝜶 (𝒙) ∙ 𝒇′ (𝒙) 𝒅𝒙 = + 𝒄;
𝜶+𝟏
𝑑 𝑓′ (𝑥)
 Funzione iperbolica: 𝑥 ⟼ 𝑓 (𝑥 ) ⟼ ln|𝑓 (𝑥 )| ⟹ (ln|𝑓 (𝑥 )|) = ⟹
𝑑𝑥 𝑓(𝑥)
𝒇′ (𝒙)
∫ 𝒅𝒙 = 𝐥𝐧|𝒇(𝒙)| + 𝒄;
𝒇(𝒙)
𝑑
 Funzione esponenziale naturale: 𝑥 ⟼ 𝑓 (𝑥 ) ⟼ 𝑒 𝑓(𝑥) ⟹ (𝑒 𝑓(𝑥) ) = 𝑒 𝑓(𝑥) ∙
𝑑𝑥
𝑓 ′ (𝑥 ) ⟹ ∫ 𝒆𝒇(𝒙) ∙ 𝒇′ (𝒙) 𝒅𝒙 = 𝒆𝒇(𝒙) + 𝒄;
 Funzione (primitiva) arcotangente: 𝑥 ⟼ 𝑓 (𝑥 ) ⟼ arctan 𝑓 (𝑥 ) ⟹
𝑑 𝑓′ (𝑥) 𝒇′ (𝒙)
(arctan 𝑓 (𝑥 )) = 2 (𝑥)
⟹∫ 𝒅𝒙 = 𝐚𝐫𝐜𝐭𝐚𝐧 𝒇(𝒙) + 𝒄;
𝑑𝑥 1+𝑓 𝟏+𝒇𝟐 (𝒙)
𝑑
 Funzione seno: 𝑥 ⟼ 𝑓 (𝑥 ) ⟼ sin 𝑓 (𝑥 ) ⟹ (sin 𝑓 (𝑥 )) = cos 𝑓(𝑥 ) ∙
𝑑𝑥
𝑓 ′ (𝑥 ) ⟹ ∫ 𝐜𝐨𝐬 𝒇(𝒙) ∙ 𝒇′ (𝒙) 𝒅𝒙 = 𝐬𝐢𝐧 𝒇(𝒙) + 𝒄;
𝑑
 Funzione coseno: 𝑥 ⟼ 𝑓 (𝑥 ) ⟼ cos 𝑓(𝑥 ) ⟹ (cos 𝑓(𝑥 )) = − sin 𝑓(𝑥 ) ∙
𝑑𝑥
𝑓 ′ (𝑥 ) ⟹ ∫ − 𝐬𝐢𝐧 𝒇(𝒙) ∙ 𝒇′ (𝒙) 𝒅𝒙 = 𝐜𝐨𝐬 𝒇(𝒙) + 𝒄;

109
Integrazione per parti
𝑑
Siano 𝑓, 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ e siano 𝐹, 𝐺 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ primitive di 𝑓 e 𝑔: (𝐹𝐺 ) =
𝑑𝑥
𝑓𝐺 + 𝐹𝑔 ⟹ ∫(𝑓𝐺 + 𝐹𝑔) 𝑑𝑥 = 𝐹𝐺 ⟹ ∫ 𝑓𝐺 𝑑𝑥 + ∫ 𝐹𝑔 𝑑𝑥 = 𝐹𝐺 ⟹ ∫ 𝑓𝐺 𝑑𝑥 =
𝐹𝐺 − ∫ 𝐹𝑔 𝑑𝑥;
Riscriviamo la formula dell’integrazione per parti come segue:

∫ 𝒇′ (𝒙) ∙ 𝒈(𝒙) 𝒅𝒙 = 𝒇(𝒙) ∙ 𝒈(𝒙) − ∫ 𝒇(𝒙) ∙ 𝒈′ (𝒙) 𝒅𝒙

Esempio: Calcolare ∫ ln 𝑥 𝑑𝑥:


 Riscriviamo l’integrale come ∫ 1 ∙ ln 𝑥 𝑑𝑥 e consideriamo 𝑓 ′ (𝑥 ) = 1, 𝑔(𝑥 ) =
1
ln 𝑥, e quindi 𝑓 (𝑥 ) = 𝑥, 𝑔′ (𝑥 ) = ;
𝑥
 Applichiamo la formula dell’integrazione per parti: ∫ ln 𝑥 𝑑𝑥 = 𝑥 ln 𝑥 −
∫ 𝑑𝑥 = 𝑥 ln 𝑥 − 𝑥 + 𝑐.

Integrazione per sostituzione


Siano 𝑓 ∶ [𝑐, 𝑑 ] ⟶ ℝ e 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ [𝑐, 𝑑 ] due funzioni derivabili e integrabili:
possiamo definire la funzione composta 𝑓 ∘ 𝑔 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ, integrabile e derivabile
nel suo intervallo, tale che:
𝑑
(𝑓(𝑔(𝑥 ))) = 𝑓 ′ (𝑔(𝑥 )) ⋅ 𝑔′ (𝑥 ) ⟹ ∫ 𝑓 ′ (𝑔(𝑥 )) ⋅ 𝑔′ (𝑥 ) 𝑑𝑥 = 𝑓(𝑔(𝑥 )) + 𝑐
𝑑𝑥
Data quindi ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥, esiste una funzione 𝑔(𝑡) = 𝑥, con 𝑔 biunivoca e derivabile
(𝑔 ≠ 0), per cui 𝑑𝑥 = 𝑔′ (𝑡)𝑑𝑡: possiamo dunque scrivere la seguente identità, che
corrisponde alla formula dell’integrazione per sostituzione con variabile 𝑡:

∫ 𝒇(𝒙) 𝒅𝒙 = ∫ 𝒇′ (𝒈(𝒕)) ⋅ 𝒈′ (𝒕) 𝒅𝒕 = 𝒇(𝒈(𝒕)) + 𝒄

Di seguito alcune sostituzioni per gli integrali indefiniti di alcune funzioni elementari:

 ∫ 𝑓( 𝑛√𝑥 ) 𝑑𝑥 ⟺ 𝑡 = 𝑛√𝑥
 ∫ 𝑓 (𝑒 𝑥 ) 𝑑𝑥 ⟺ 𝑡 = 𝑒 𝑥

110
Integrazione di funzioni razionali
𝑁(𝑥)
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ integrabile: 𝑓 (𝑥 ) = , con 𝑁(𝑥 ) e 𝐷 (𝑥 ) due funzioni
𝐷(𝑥)
polinomiali: l’integrale di 𝑓 va svolto seguendo delle regole di calcolo definite dal
grado dei polinomi in questione:

 𝐠𝐫(𝑵(𝒙)) ≥ 𝐠𝐫(𝑫(𝒙)): Nel caso in cui il grado del numeratore sia maggiore
del grado del denominatore si procede effettuando la divisione di 𝑁(𝑥 ) per
𝐷 (𝑥 ):
𝑁(𝑥 ) 𝐷(𝑥 )
𝑅 (𝑥 ) 𝑄(𝑥 )

𝑁(𝑥) 𝑅(𝑥)
tale che 𝑁(𝑥 ) = 𝐷 (𝑥 ) ∙ 𝑄 (𝑥 ) + 𝑅(𝑥 ) ⟹ = 𝑄 (𝑥 ) + :
𝐷(𝑥) 𝐷(𝑥)
𝑵(𝒙) 𝑹(𝒙)
∫ 𝒇(𝒙) 𝒅𝒙 = ∫ 𝒅𝒙 = ∫ 𝑸(𝒙) 𝒅𝒙 + ∫ 𝒅𝒙
𝑫(𝒙) 𝑫(𝒙)

Si dimostra inoltre che gr(𝑅 (𝑥 )) < gr(𝐷 (𝑥 )), e che quindi ci si riconduce
sempre al caso in questione.

 𝐠𝐫(𝑵(𝒙)) < 𝐠𝐫(𝑫(𝒙)): Nel caso in cui il numeratore sia minore del
denominatore si distinguono tre casi:
o 𝐠𝐫(𝑵(𝒙)) = 𝟎 , 𝐠𝐫(𝑫(𝒙)) = 𝟏: in questo caso ci si riconduce
all’integrale immediato della funzione iperbolica:
𝐴 1 𝐴 𝑎 𝑨
∫ 𝑑𝑥 = 𝐴 ∫ 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥 = 𝐥𝐧|𝒂𝒙 + 𝒃| + 𝒄
𝑎𝑥 + 𝑏 𝑎𝑥 + 𝑏 𝑎 𝑎𝑥 + 𝑏 𝒂

o 𝟎 ≤ 𝐠𝐫(𝑵(𝒙)) ≤ 𝟏 , 𝐠𝐫(𝑫(𝒙)) = 𝟐: in questo caso l’integrazione


procede sulla base del segno del discriminante di 𝐷 (𝑥 ) = 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 +
𝑐 = 0:
 Δ > 0 (Integrazione per parti semplici): l’equazione 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 +
𝑐 = 0 ha due soluzioni reali e distinte ⟹ 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 =
𝑎(𝑥 − 𝑥1 )(𝑥 − 𝑥2 ); in questo caso:

111
𝛼𝑥 + 𝛽 1 𝛼𝑥 + 𝛽
∫ 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥
𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )(𝑥 − 𝑥2 )
1 𝐴 𝐵
= ∫ + 𝑑𝑥
𝑎 (𝑥 − 𝑥1 ) (𝑥 − 𝑥2 )
1 𝐴𝑥 − 𝐴𝑥2 + 𝐵𝑥 − 𝐵𝑥1
= ∫ 𝑑𝑥
𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )(𝑥 − 𝑥2 )
1 (𝐴 + 𝐵 )𝑥 + (−𝐴𝑥2 − 𝐵𝑥1 )
= ∫ 𝑑𝑥
𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )(𝑥 − 𝑥2 )
𝑖𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝑝𝑜𝑙𝑖𝑛𝑜𝑚𝑖𝑎𝑙𝑒 𝐴+𝐵 =𝛼
⇒ {
−𝐴𝑥2 − 𝐵𝑥1 = 𝛽
La risoluzione di quest’ultimo sistema lineare nelle incognite 𝐴 e 𝐵
permette di riscrivere l’integrale di partenza come segue:
𝛼𝑥 + 𝛽 𝐴 1 𝐵 1
∫ 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥 + ∫ 𝑑𝑥
𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 𝑎 (𝑥 − 𝑥1) 𝑎 (𝑥 − 𝑥2 )
𝑨 𝑩
= 𝐥𝐧|𝒙 − 𝒙𝟏 | + 𝐥𝐧|𝒙 − 𝒙𝟐 | + 𝒄
𝒂 𝒂

 Δ = 0: l’equazione 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 = 0 ha due soluzioni reali e


coincidenti ⟹ 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 = 𝑎(𝑥 − 𝑥1 )2 ; in questo caso:
𝛼𝑥 + 𝛽 1 𝛼𝑥 + 𝛽
∫ 2 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥
𝑎𝑥 + 𝑏𝑥 + 𝑐 𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )2
𝛼 𝑥 𝛽 1
= ∫ 2
𝑑𝑥 + ∫ 𝑑𝑥
𝑎 (𝑥 − 𝑥1 ) 𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )2
𝛼 𝑥 − 𝑥1 + 𝑥1 𝛽
= ∫ 𝑑𝑥 + ∫(𝑥 − 𝑥1 )−2 𝑑𝑥
𝑎 (𝑥 − 𝑥1 )2 𝑎
𝛼 1 𝛼𝑥1 1 𝛽
= ∫ 𝑑𝑥 + ∫ 𝑑𝑥 +
𝑎 𝑥 − 𝑥1 𝑎 (𝑥 − 𝑥1)2 𝑎(𝑥 − 𝑥1)
𝛼 𝛼𝑥1 𝛽
+ 𝑐 = ln|𝑥 − 𝑥1 | + + +𝑐
𝑎 𝑎(𝑥 − 𝑥1 ) 𝑎(𝑥 − 𝑥1 )
𝜶 𝜶𝒙𝟏 + 𝜷
= 𝐥𝐧|𝒙 − 𝒙𝟏 | + +𝒄
𝒂 𝒂(𝒙 − 𝒙𝟏 )

 Δ < 0: l’equazione 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 = 0 ha due soluzioni complesse


e distinte ⟹ 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 è irriducibile in ℝ; in questo caso:
𝛼𝑥 + 𝛽 𝛼𝑥 + 𝛽
∫ 2 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥
𝑎𝑥 + 𝑏𝑥 + 𝑐 𝑏 2 𝑏2
(√𝑎𝑥 + ) − +𝑐
2√𝑎 4𝑎

112
𝑏
Con 𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + 𝑐 = (𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 ) + 𝑐 = (𝑎𝑥 2 + 𝑏𝑥 + )−
2√𝑎
𝑏 𝑏 2 𝑏2
+ 𝑐 = (√𝑎𝑥 + ) − + 𝑐; procedendo con i calcoli
2√𝑎 2√𝑎 4𝑎
otteniamo che:
𝛼𝑥 + 𝛽 𝛼𝑥 + 𝛽
∫ 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑥
𝑏 2 𝑏2 𝑏 2 𝑏 2 − 4𝑎𝑐
(√𝑎𝑥 + ) − +𝑐 𝑎 (𝑥 + ) −
2√𝑎 4𝑎 2𝑎 4𝑎
𝛼𝑥 + 𝛽
=∫ 𝑑𝑥
𝑏 2 (−Δ)
𝑎 (𝑥 + ) +
2𝑎 4𝑎
𝛼𝑥 + 𝛽
=∫ 2 𝑑𝑥
(−Δ) 4𝑎2 𝑏
[ (𝑥 + ) + 1]
4𝑎 (−Δ) 2𝑎
4𝑎 𝛼𝑥 + 𝛽
= ∫ 2 𝑑𝑥
(−Δ) 4𝑎2 𝑏
1+ (𝑥 + )
(−Δ) 2𝑎
4𝑎 𝛼𝑥 + 𝛽
= ∫ 𝑑𝑥
(−Δ) 2𝑎 𝑏 2
1+[ (𝑥 + )]
√−Δ 2𝑎
4𝑎𝛼 𝑥
= ∫ 𝑑𝑥
(−Δ) 2𝑎 𝑏 2
1+[ (𝑥 + )]
√−Δ 2𝑎
4𝑎𝛽 1
+ ∫ 𝑑𝑥
(−Δ) 2𝑎 𝑏 2
1+[ (𝑥 + )]
√−Δ 2𝑎

Procediamo con sostituzione per il secondo integrale: 𝑡 =


′ ′
2𝑎 𝑏 𝑡√−Δ 𝑏 𝑡√−Δ 𝑏
(𝑥 + )⟺ =𝑥+ ⟺( ) 𝑑𝑡 = (𝑥 + ) 𝑑𝑥 ⟺
√−Δ 2𝑎 2𝑎 2𝑎 2𝑎 2𝑎
√−Δ
𝑑𝑥 = 𝑑𝑡;
2𝑎

4𝑎𝛽 1 2𝛽 1
∫ 2 𝑑𝑥 = ∫ 𝑑𝑡
(−Δ) 2𝑎 𝑏 √−Δ 1 + 𝑡2
1+[ (𝑥 + )]
√−Δ 2𝑎
2𝛽 2𝑎 𝑏
= arctan ( (𝑥 + )) + 𝑐
√−Δ √−Δ 2𝑎
113
Quest’ultimo sarebbe il risultato finale se nell’integrale iniziale
non ci fosse stato il termine di primo grado al numeratore; nel
nostro caso, per calcolare il primo integrale procediamo con i
calcoli algebrici per ottenere un’espressione alla quale possa
essere applicata l’integrazione immediata per funzioni
iperboliche, ottenendo infine la seguente espressione:
𝜶𝒙 + 𝜷
∫ 𝟐 𝒅𝒙
𝒂𝒙 + 𝒃𝒙 + 𝒄
𝜶 𝟐𝒂 𝒃 𝟐
= 𝐥𝐧 |𝟏 + [ (𝒙 + )] |
√−𝚫 √−𝚫 𝟐𝒂
𝟐𝒃𝜶 𝟐𝒂 𝒃
− 𝐚𝐫𝐜𝐭𝐚𝐧 ( (𝒙 + ))
(−𝚫) √−𝚫 𝟐𝒂
𝟐𝜷 𝟐𝒂 𝒃
+ 𝐚𝐫𝐜𝐭𝐚𝐧 ( (𝒙 + )) + 𝒄
√−𝚫 √−𝚫 𝟐𝒂

o 𝐠𝐫(𝑫(𝒙)) ≥ 𝟑: in questo caso l’integrazione procede sulla base del


segno del discriminante dei polinomi di secondo grado che
compongono 𝐷 (𝑥 ): se per via delle scomposizioni si ottiene un
polinomio 𝐷1(𝑥 ) di grado 𝑛, si può applicare l’integrazione per parti
semplici considerando come 𝑁1 (𝑥 ) un polinomio di grado 𝑛 − 1.

Metodi di calcolo degli integrali definiti


Teorema fondamentale del calcolo integrale
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ integrabile; definiamo la funzione integrale:
𝑥
𝐹𝐼 (𝑥 ) = ∫ 𝑓(𝑡) 𝑑𝑡, 𝑐𝑜𝑛 𝐹𝐼 (𝑎) = 0
𝑎

Si dimostra che la funzione integrale ha le seguenti caratteristiche:


 𝐹𝐼 è continua in [𝑎, 𝑏];
 Se 𝑓 è continua in 𝑥0 , allora 𝐹𝐼 è derivabile in 𝑥0 ed inoltre 𝐹𝐼′ (𝑥0 ) = 𝑓(𝑥0 );
In generale, se 𝑓 è continua in tutto [𝑎, 𝑏], allora 𝐹𝐼 è una primitiva di 𝑓.

114
Dimostrazione
 Proviamo che 𝐹𝐼 è continua in [𝑎, 𝑏]: fissiamo dunque 𝑥0 ∈ ]𝑎, 𝑏[ e proviamo
che lim+ 𝐹𝐼 (𝑥 ) = lim− 𝐹𝐼 (𝑥 ) = lim 𝐹𝐼 (𝑥 ) = 𝐹𝐼 (𝑥0 ), analizzando i due casi
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
considerando prima 𝑥 < 𝑥0 e poi 𝑥 > 𝑥0 :
o 𝒙 < 𝒙𝟎 : Consideriamo:
𝑥 𝑥0 𝑥0
|𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| = |∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 − ∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡| = |− ∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡|
𝑎 𝑎 𝑥
𝑥0
≤ ∫ |𝑓(𝑡)| 𝑑𝑡
𝑥

Sappiamo per ipotesi che 𝑓 è integrabile, e che quindi per definizione è


limitata: ∃𝐿 = sup |𝑓(𝑡)|; inoltre, essendo 𝑓 (𝑡) in valore assoluto, vale
[𝑎,𝑏]
la seguente relazione d’ordine:
𝑥 𝑥
0 ≤ |𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| ≤ ∫ |𝑓(𝑡)| 𝑑𝑡 ≤ ∫ 𝑑𝑡 = 𝐿(𝑥 − 𝑥0 )
𝑥0 𝑥0
0 ≤ |𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| ≤ 𝐿(𝑥 − 𝑥0 )

Applicando il teorema del confronto per funzioni convergenti,


otteniamo che:
lim−|𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| = 0 ⟺ lim− 𝐹𝐼 (𝑥 ) = 𝐹𝐼 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

La prima condizione è dunque verificata.

o 𝒙 > 𝒙𝟎 : Consideriamo:
𝑥 𝑥0 𝑥
|𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| = |∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 − ∫ 𝑓(𝑡) 𝑑𝑡| = |∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡|
𝑎 𝑎 𝑥0
𝑥
≤ ∫ |𝑓(𝑡)| 𝑑𝑡
𝑥0

Sappiamo per ipotesi che 𝑓 è integrabile, e che quindi per definizione è


limitata: ∃𝐿 = sup |𝑓(𝑡)|; inoltre, essendo 𝑓 (𝑡) in valore assoluto, vale
[𝑎,𝑏]
la seguente relazione d’ordine:
𝑥 𝑥
0 ≤ |𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| ≤ ∫ |𝑓(𝑡)| 𝑑𝑡 ≤ ∫ 𝑑𝑡 = 𝐿(𝑥 − 𝑥0 )
𝑥0 𝑥0
0 ≤ |𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| ≤ 𝐿(𝑥 − 𝑥0 )
115
Applicando il teorema del confronto per funzioni convergenti,
otteniamo che:
lim+|𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 )| = 0 ⟺ lim+ 𝐹𝐼 (𝑥 ) = 𝐹𝐼 (𝑥0 )
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0

Anche la seconda condizione è verificata.

La funzione integrale è continua in 𝑥0 ; la stessa dimostrazione è valida per


ogni 𝑥, e quindi è continua in tutto [𝑎, 𝑏].

 Proviamo che 𝐹𝐼 è derivabile in [𝑎, 𝑏] e che 𝐹𝐼′ (𝑥0 ) = 𝑓 (𝑥0 ): per ipotesi, la
funzione è continua, e dunque:
𝑑𝑒𝑓
lim 𝑓 (𝑥 ) = 𝑓 (𝑥0 ) ⇔ ∀𝜀 > 0 ∃𝛿 > 0 ∶ |𝑓(𝑥) − 𝑓 (𝑥0 )| < 𝜀 ∀𝑥
𝑥→𝑥0
∈ 𝐼 (𝑥0 , 𝛿 ) ∩ Dom(𝑓 )
Per dimostrare che 𝐹𝐼′ (𝑥0 ) = 𝑓 (𝑥0 ), dobbiamo dimostrare che
𝐹𝐼 (𝑥)−𝐹𝐼 (𝑥0 ) 𝐹𝐼 (𝑥)−𝐹𝐼 (𝑥0 )
lim = 𝑓 (𝑥0 ), e che quindi | − 𝑓 (𝑥0 )| < 𝜀 ∀𝑥 ∈
𝑥→𝑥0 𝑥−𝑥0 𝑥−𝑥0
𝐼 (𝑥0 , 𝛿 ) ∩ dom(𝑓 ):

𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 ) 𝐹𝐼 (𝑥 ) − 𝐹𝐼 (𝑥0 ) − 𝑓(𝑥0 )(𝑥 − 𝑥0 )


| − 𝑓 (𝑥0 )| = | |
𝑥 − 𝑥0 𝑥 − 𝑥0
𝑥 𝑥 𝑥
∫𝑎 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 − ∫𝑎 0 𝑓(𝑡) 𝑑𝑡 − ∫𝑥 𝑓 (𝑥0 ) 𝑑𝑡
0
=| |
𝑥 − 𝑥0
𝑥 𝑥 𝑥
∫𝑥 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 − ∫𝑥 𝑓 (𝑥0 ) 𝑑𝑡 |∫𝑥 (𝑓 (𝑡) − 𝑓 (𝑥0 )) 𝑑𝑡|
0 0 0
=| |=
𝑥 − 𝑥0 |𝑥 − 𝑥0 |
𝑥
|∫𝑥 |𝑓(𝑡) − 𝑓 (𝑥0 )| 𝑑𝑡|
0

|𝑥 − 𝑥0 |

𝑥 𝑥
Dalla prima parte della dimostrazione sappiamo che ∫𝑥 |𝑓(𝑡)| 𝑑𝑡 ≤ ∫𝑥 𝑑𝑡 =
0 0
𝐿(𝑥 − 𝑥0 ), per cui:

116
𝑥 𝑥 𝑥
|∫𝑥 |𝑓(𝑡) − 𝑓 (𝑥0 )| 𝑑𝑡| |∫𝑥 𝑑𝑡| 𝜀 |∫𝑥 𝑑𝑡 |
0 0 0
≤ ≤
|𝑥 − 𝑥0 | |𝑥 − 𝑥0 | |𝑥 − 𝑥0 |

𝑥
𝜀|∫𝑥 𝑑𝑡 | 𝐿|𝑥−𝑥0 |
0
L’espressione |𝑥−𝑥0 |
può essere riscritta nella forma 𝜀 |𝑥−𝑥0 |
, con 𝐿 = 1, per
cui:
𝑥
𝜀 |∫𝑥 𝑑𝑡|
0
=𝜀
|𝑥 − 𝑥0 |

La condizione è dunque verificata ∀𝑥 ∈ 𝐼 (𝑥0 , 𝛿 ) ∩ dom(𝑓 ).

Osservazione
𝑥
Data 𝐹𝐼 (𝑥 ) = ∫𝑎 𝑓(𝑡) 𝑑𝑡 (con 𝐹𝐼 (𝑎) = 0) è una delle infinite primitive 𝐹 della
funzione 𝑓:
𝑥
𝐹 (𝑥 ) = 𝐹𝐼 (𝑥 ) + 𝑐 ⟹ 𝐹 (𝑥 ) = ∫ 𝑓(𝑡) 𝑑𝑡 + 𝑐
𝑎

Formula fondamentale del calcolo integrale


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ continua e integrabile, ed 𝐹 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ una primitiva di 𝑓;
allora:
𝑏
∫ 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥 = 𝐹 (𝑏) − 𝐹 (𝑎) = [𝐹 (𝑥 )]𝑏𝑎
𝑎

Tale formula è detta formula fondamentale del calcolo integrale.

Dimostrazione
𝑥
Consideriamo 𝐹 (𝑥 ) = 𝐹𝐼 (𝑥 ) + 𝑐 = ∫𝑎 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 + 𝑐; calcoliamo quindi 𝐹 (𝑎) ed 𝐹 (𝑏):

𝐹 (𝑎) = 𝐹𝐼 (𝑎) + 𝑐 = 𝑐

117
𝑏 𝑏
𝐹 (𝑏) = 𝐹𝐼 (𝑏) + 𝑐 = ∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 + 𝑐 = ∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 + 𝐹 (𝑎)
𝑎 𝑎
𝑏
∫ 𝑓 (𝑡) 𝑑𝑡 = 𝐹 (𝑏) − 𝐹 (𝑎)
𝑎

Media integrale
Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ integrabile; si dice media integrale la seguente espressione:
𝑏
∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑀= 𝑎
𝑏−𝑎

Teorema della media integrale


Sia 𝑓 ∶ [𝑎, 𝑏] ⟶ ℝ continua; allora ∃𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ tale che:
𝑏
∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
= 𝑓 (𝑐 )
𝑏−𝑎

Dimostrazione
Essendo 𝑓 continua, per il teorema di Weierstrass ∃𝑚 = min 𝑓, ∃𝑀 = max 𝑓 tali
[𝑎,𝑏] [𝑎,𝑏]
che:
𝑏
𝑠(𝑓, 𝑃0) = 𝑚(𝑏 − 𝑎) ≤ ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑎
𝑏
𝑆(𝑓, 𝑃0 ) = 𝑀(𝑏 − 𝑎) ≥ ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑎

Da cui ricaviamo la seguente relazione d’ordine:


𝑏
𝑚(𝑏 − 𝑎) ≤ ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 ≤ 𝑀(𝑏 − 𝑎)
𝑎

Dividiamo per (𝑏 − 𝑎) :
𝑏
∫ 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑚≤ 𝑎 ≤𝑀
𝑏−𝑎
118
Per il teorema di Weierstrass la funzione 𝑓 assume tutti i valori compresi fra 𝑚 ed
𝑀, dunque ∃𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ tale che:
𝑏
∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
= 𝑓 (𝑐 )
𝑏−𝑎

Calcolo integrale definito con integrazione per parti


Partendo dalle stesse condizioni già definite per l’integrale indefinito, riscriviamo la
formula dell’integrazione per parti riferita stavolta all’integrale definito:
𝒃 𝒃
∫ 𝒇′ (𝒙) ∙ 𝒈(𝒙) 𝒅𝒙 = [𝒇(𝒙) ∙ 𝒈(𝒙)]𝒃𝒂 − ∫ 𝒇(𝒙) ∙ 𝒈′ (𝒙) 𝒅𝒙
𝒂 𝒂

Calcolo integrale definito con integrazione per sostituzione


Partiamo dalle medesime condizioni già definite per l’integrale indefinito.
𝑏
Data quindi ∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥, esiste una funzione 𝑔(𝑡) = 𝑥, con 𝑔 biunivoca e derivabile
(𝑔 ≠ 0), per cui 𝑑𝑥 = 𝑔′ (𝑡)𝑑𝑡; inoltre:
 Se 𝑥 = 𝑎, allora 𝑔(𝑡) = 𝑎 ⟺ 𝑡 = 𝑔−1(𝑎);
 Se 𝑥 = 𝑏, allora 𝑔(𝑡) = 𝑏 ⟺ 𝑡 = 𝑔−1(𝑏);
Possiamo dunque scrivere la seguente identità, che corrisponde alla formula
dell’integrazione per sostituzione con variabile 𝒕 relativa all’integrale definito:
𝒃 𝒈−𝟏 (𝒃)
𝒈−𝟏 (𝒃)
∫ 𝒇(𝒙) 𝒅𝒙 = ∫ 𝒇 (𝒈(𝒕)) ⋅ 𝒈′ (𝒕) 𝒅𝒙 = [𝒇(𝒈(𝒕))]𝒈−𝟏 (𝒂)

𝒂 𝒈−𝟏 (𝒂)

Significato geometrico dell’integrale definito


Proprietà di monotonia dell’integrale definito
Sia 𝑓 ∈ ℛ ([𝑎, 𝑏]):
𝑏 𝑏 𝑏
 𝒇 ≤ 𝒈 ⟹ ∫𝑎 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥 ≤ ∫𝑎 𝑔(𝑥 ) 𝑑𝑥 ⟹ 𝑓 ≥ 0 ⟹ ∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 ≥ 0;
𝑑 𝑏
 Siano 𝒇 ≥ 𝟎 e [𝒄, 𝒅] ⊆ [𝒂, 𝒃] ⟹ ∫𝑐 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 ≤ ∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥;

119
Interpretazione geometrica
Sia 𝑓 ∈ ℛ ([𝑎, 𝑏]), con 𝑓 ≥ 0; alla luce delle proprietà di monotonia, deduciamo
che, geometricamente, l’integrale definito di 𝑓 nell’intervallo [𝑎, 𝑏] corrisponde
all’area compresa tra il grafico della funzione, l’asse delle ascisse e le due rette di
equazione 𝑥 = 𝑎 e 𝑥 = 𝑏.

Definizione dell’area per funzioni non soltanto non negative


Sia 𝑓 ∈ ℛ ([𝑎, 𝑏]); sia 𝑐 ∈ ]𝑎, 𝑏[ tale che
 𝑓 (𝑐 ) = 0;
 𝑓 > 0 ⟺ 𝑥 > 𝑐;
 𝑓 < 0 ⟺ 𝑥 < 𝑐;
Per la prima proprietà della monotonia degli integrali definiti, deduciamo che:
𝑐 𝑏
∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 ≤ 0 ∫ 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥 ≥ 0
𝑎 𝑐
𝑐 𝑏
Supponiamo che |∫𝑎 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥| > ∫𝑐 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥; otteniamo che l’ipotetica area 𝐴
compresa tra la funzione e l’asse delle ascisse è definita dalla seguente espressione:
𝑏 𝑐 𝑏
𝐴 = ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 = ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 + ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 < 0
𝑎 𝑎 𝑐

120
Il che è impossibile.
Definiamo dunque l’area in questione come segue:
𝑏 𝑐 𝑏 𝑐
𝐴 = ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 + |∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥| = ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 − ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥
𝑐 𝑎 𝑐 𝑎

Si dimostra inoltre che, stando alle ipotesi prima definite:


𝑏 𝑏 𝑐
|∫ 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥| ≤ 𝐴 = ∫ 𝑓(𝑥 ) 𝑑𝑥 − ∫ 𝑓 (𝑥 ) 𝑑𝑥 ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]
𝑎 𝑐 𝑎

121

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