Sei sulla pagina 1di 9

DIMOSTRAZIONI

1) Principio di induzione:
Se una proprietà P(ℕ) vale per 𝑛 = 1 e, se supposta vera per 𝑛, risulta vera per 𝑛 + 1, allora
P(ℕ) risulta vera per ogni 𝑛.
Disuguaglianza di Bernouilli

(𝟏 + 𝒂)𝒏 ≥ 𝟏 + 𝒏𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒂 ≥ −𝟏

DIM: Per 𝑛 = 1 abbiamo


1 + 𝑎 ≥ 1 + 𝑎 che è vera.
Supponiamola vera per 𝑛 e dimostriamo che è vera anche per 𝑛 + 1 e ciò vuol dire che
(1 + 𝑎)𝑛+1 ≥ 1 + (𝑛 + 1)𝑎.
Abbiamo supposto vera la relazione per un certo 𝑛 e quindi
(1 + 𝑎)𝑛 ≥ 1 + 𝑛𝑎
Siccome 𝑎 ≥ −1, allora 1 + 𝑎 ≥ 0. Moltiplichiamo ambo i membri della precedente
disuguaglianza per il numero non negativo 1 + 𝑎
(1 + 𝑎)(1 + 𝑎)𝑛 ≥ (1 + 𝑎)(1 + 𝑛𝑎)
Dalla proprietà additiva delle potenze
(1 + 𝑎)𝑛+1 ≥ (1 + 𝑎)(1 + 𝑛𝑎)
Moltiplicando il secondo membro, possiamo scrivere
(1 + 𝑎)𝑛+1 ≥ 1 + 𝑎 + 𝑛𝑎 + 𝑛𝑎2 = 1 + (1 + 𝑛)𝑎 + 𝑛𝑎2 ≥ 1 + (1 + 𝑛)𝑎
Pertanto
(1 + 𝑎)𝑛+1 ≥ 1 + (1 + 𝑛)𝑎
Per il principio di induzione, la disuguaglianza di Bernouilli è sempre vera.

2) √2 non è razionale

DIM : Se esistesse una frazione che è la radice quadrata di 2, si avrebbe


𝑝
√2 =
𝑞
con la frazione ridotta ai minimi termini. Quindi si avrebbe
𝑝2
2= ⇒ 𝑝2 = 2𝑞 2
𝑞2

Dall’ultima relazione vediamo che 𝑝2 è un numero pari e di conseguenza è pari anche 𝑝.


Quindi 𝑝 = 2𝑘 per qualche intero 𝑘. Sostituendo nella precedente relazione, otteniamo

4𝑘 2 = 2𝑞 2 ⇒ 𝑞 2 = 2𝑘 2

Quindi 𝑞 2 è pari ed anche 𝑞. Abbiamo raggiunto un assurdo poiché 𝑝 e 𝑞 sono primi tra
loro. Quindi la innocua radice quadrata di due è un nuovo numero che chiamiamo
irrazionale.

3) Assioma di Dedekind: ∀ sezione (𝐴, 𝐵) di ℝ ∃! 𝐿 ∈ ℝ t.c. 𝑎 ≤ 𝐿 ≤ 𝑏 ∀𝑎 ∈ 𝐴 e ∀𝑏 ∈ 𝐵. Il


numero 𝐿 è detto elemento separatore e sta in 𝐴 o in 𝐵.

Questo assioma esplicita la continuità dei reali che non hanno “buchi”. Mostriamo che ℚ
non verifica l’assioma di Dedekind:
𝐴 = {𝑥 ∈ ℚ: 𝑥 < 0} ∪ {𝑥 ∈ ℚ: 𝑥 ≥ 0, 𝑥 2 < 2} e 𝐵 = {𝑥 ∈ ℚ: 𝑥 ≥ 0, 𝑥 2 ≥ 2}. E’ facile
vedere che (𝐴, 𝐵) è una sezione di ℚ. Supponiamo che esiste l’elemento separatore e che sta
in 𝐴. Quindi 𝐿 è un numero positivo tale che 𝐿2 < 2. Ora sia 𝑁 un intero tale che

2𝐿 + 1
𝑁>
2 − 𝐿2
Allora
2𝐿 + 1
𝑁(2 − 𝐿2 ) > 2𝐿 + 1 ⇒ 2 − 𝐿2 >
𝑁
Quindi

2𝐿 + 1
2 > 𝐿2 +
𝑁
Leggendola al contrario

2𝐿 + 1
𝐿2 + <2
𝑁

Ma

1 2 1 2𝐿 1 2𝐿 2𝐿 + 1
(𝐿 + ) = 𝐿2 + 2 + < 𝐿2 + + = 𝐿2 + <2
𝑁 𝑁 𝑁 𝑁 𝑁 𝑁
1 1
Questo vuol dire che 𝐿 + 𝑁 ∈ 𝐴. Ma 𝐿 + 𝑁 > 𝐿 e quindi 𝐿 non è l’elemento separatore.
Analogamente si esclude il caso 𝐿 ∈ 𝐵

4) Teorema unicità del limite: Se il limite di una funzione in un punto esiste, esso è unico.
DIM: Supponiamo per assurdo che lim 𝑓(𝑥) = 𝑙1 e lim 𝑓(𝑥) = 𝑙2 . Sia 𝑙1 < 𝑙2 e
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
𝑙2 −𝑙1
scegliamo 𝜀 < . Dalla definizione di limite abbiamo che
2

|𝑓(𝑥) − 𝑙1 | < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟1 ) e |𝑓(𝑥) − 𝑙2 | < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟2 ).

Nell’intorno intersezione valgono entrambe le disuguaglianze e quindi possiamo scrivere

𝑙1 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙1 + 𝜀


{
𝑙2 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙2 + 𝜀

Dal precedente sistema osserviamo che

𝑙2 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙1 + 𝜀.


Quindi
𝑙2 − 𝑙1
𝑙2 − 𝜀 < 𝑙1 + 𝜀 ⇒ 𝑙2 − 𝑙1 < 2𝜀 ⇒ 𝜀 >
2

contro l’ipotesi. Poiché l’assurdo è nato dall’aver supposto l’esistenza di più limiti, il limite
è unico.

5) Teorema della permanenza del segno: Se lim 𝑓(𝑥) = 𝑙 ≠ 0, allora la funzione è


𝑥→𝑥0
localmente concorde con il limite

DIM: Se lim 𝑓(𝑥) = 𝑙, allora


𝑥→𝑥0

𝑙 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙 + 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟)

Scegliamo 𝜀 = |𝑙| ottenendo

𝑙 − |𝑙| < 𝑓(𝑥) < 𝑙 + |𝑙|

Dalla relazione appena scritta notiamo che se 𝑙 > 0

0 < 𝑓(𝑥) < 2𝑙

e quindi la funzione è positiva. Se invece 𝑙 < 0,

2𝑙 < 𝑓(𝑥) < 0


e quindi la funzione è negativa.

6) Teorema del confronto ( dei carabinieri ): Se ℎ(𝑥) ≤ 𝑓(𝑥) ≤ 𝑔(𝑥) ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟) e


lim ℎ(𝑥) = lim 𝑔(𝑥) = 𝑙, allora anche lim 𝑓(𝑥) = 𝑙
𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0 𝑥→𝑥0
DIM: Dalla definizione di limite si ha che

∀𝜀 > 0 |ℎ(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟1 )


e
|𝑔(𝑥) − 𝑙| < 𝜀 ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟2 )

Se consideriamo l’intorno intersezione, le due relazioni valgono contemporaneamente e


possiamo scrivere

𝑙 − 𝜀 < ℎ(𝑥) ≤ 𝑓(𝑥) ≤ 𝑔(𝑥) < 𝑙 + 𝜀

Quindi si ha che

𝑙 − 𝜀 < 𝑓(𝑥) < 𝑙 + 𝜀

Pertanto

𝑙𝑖𝑚 𝑓(𝑥) = 𝑙
𝑥→𝑥0

7) Teorema degli zeri ( Bolzano ): Sia 𝑓: [𝑎, 𝑏] → ℝ continua. Se 𝑓(𝑎) ∙ 𝑓(𝑏) < 0,allora esiste
almeno un 𝑥0 ∈ (𝑎, 𝑏) tale che 𝑓(𝑥0 ) = 0

Dim: Supponiamo 𝑓(𝑎) < 0 e 𝑓(𝑏) > 0. Supponiamo per assurdo che
𝑓(𝑥) ≠ 0 ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏] e consideriamo l’insieme

𝐴 = {𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]: 𝑓(𝑥) < 0}

Sicuramente 𝐴 ≠ ∅ poiché contiene almeno 𝑎. Inoltre è limitato superiormente e ci sarà un


𝑠𝑢𝑝𝐴 = 𝑥0 < 𝑏. Certamente 𝑓(𝑥0 ) ≠ 0 poiché 𝑓(𝑥) ≠ 0 ∀𝑥 ∈ [𝑎, 𝑏]. Se 𝑓(𝑥0 ) < 0, per la
permanenza del segno ∃𝑟 > 0 𝑡. 𝑐. ∀𝑥 ∈ 𝐼(𝑥0 , 𝑟) si ha 𝑓(𝑥) < 0. Quindi in (𝑥0 , 𝑥0 + 𝑟) si ha
𝑓(𝑥) < 0 e vuol dire che 𝑥0 non è un maggiorante. Se 𝑓(𝑥0 ) > 0, sempre per la permanenza
del segno, in (𝑥0 − 𝑟, 𝑥0 ) si ha 𝑓(𝑥) > 0 e vuol dire che 𝑥0 non è il minimo dei
maggioranti.

8) Teorema dei valori intermedi (Bolzano): Sia 𝑓: [𝑎, 𝑏] → ℝ continua con 𝑓(𝑎) < 𝑓(𝑏).
Allora la funzione assume tutti i valori compresi tra 𝑓(𝑎) 𝑒 𝑓(𝑏) cioè è una funzione
suriettiva su [𝑓(𝑎), 𝑓(𝑏)].

Dim: Consideriamo un 𝑦 ∈ (𝑓(𝑎), 𝑓(𝑏)). Consideriamo la funzione continua


𝑔(𝑥) = 𝑓(𝑥) − 𝑦 osservando che

𝑔(𝑎) = 𝑓(𝑎) − 𝑦 < 0


𝑔(𝑏) = 𝑓(𝑏) − 𝑦 > 0
Per il teorema degli zeri esiste 𝑥0 ∈ (𝑎, 𝑏) tale che

𝑔(𝑥0 ) = 𝑓(𝑥0 ) − 𝑦 = 0

Quindi 𝑦 = 𝑓(𝑥0 ).

9) Teorema di Fermat: Sia 𝑓: 𝐴 → ℝ e sia 𝑥0 un punto di massimo o di minimo relativo


interno ad 𝐴. Se 𝑓 è derivabile in 𝑥0 , risulta 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0.

Dim: Supponiamo che 𝑥0 sia un punto di massimo relativo interno. Allora esiste un intorno
completo 𝐼𝑥0 di 𝑥0 tale che

𝑓(𝑥) ≤ 𝑓(𝑥0 ) ∀𝑥 ∈ 𝐼𝑥0

Ciò significa che

𝑓(𝑥0 + ℎ) ≤ 𝑓(𝑥0 ) ∀ℎ ∈ ℝ 𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑥0 + ℎ ∈ 𝐼𝑥0

Pertanto

𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓(𝑥0 )
≤0 𝑝𝑒𝑟 ℎ > 0

𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓(𝑥0 )
≥0 𝑝𝑒𝑟 ℎ < 0

Siccome la funzione è derivabile in 𝑥0 , ricordando il teorema della permanenza del segno si ha

𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓(𝑥0 )
𝑓 ′ (𝑥0 ) = lim+ ≤0
ℎ→0 ℎ
𝑓(𝑥0 + ℎ) − 𝑓(𝑥0 )
𝑓 ′ (𝑥0 ) = lim− ≥0
ℎ→0 ℎ
La derivata dovrà essere contemporaneamente minore o uguale a zero e maggiore o uguale a zero.
Ciò è possibile solo se 𝑓 ′ (𝑥0 ) = 0. Con un ragionamento analogo si dimostra il caso in cui 𝑥0 è un
punto di minimo relativo interno.

Un punto dove la derivata si annulla è detto punto stazionario.

10) Teorema di Rolle:Se 𝑓(𝑥) è continua in [𝑎, 𝑏], derivabile in (𝑎, 𝑏) con 𝑓(𝑎) = 𝑓(𝑏), allora
esiste almeno un 𝑐 ∈ (𝑎, 𝑏) 𝑡. 𝑐. 𝑓 ′ (𝑐) = 0.

Dim: La funzione è continua nell’insieme chiuso e limitato e, per il teorema di Weierstrass, ha


massimo e minimo assoluti. Nel caso banale che questi si trovano agli estremi dell’intervallo, la
funzione è costante e quindi ha derivata sempre nulla. Infatti dalla terza ipotesi del teorema si ha
che il massimo coinciderà con il minimo e dunque la funzione non può che essere costante. Se
almeno uno dei due è interno ed è raggiunto per una certa ascissa 𝑐, poiché la funzione è derivabile,
il teorema di Fermat ci garantisce che 𝑓 ′ (𝑐) = 0.

Geometricamente il teorema di Rolle afferma che, per una funzione 𝑓(𝑥) continua in [𝑎, 𝑏],
derivabile in (𝑎, 𝑏), con 𝑓(𝑎) = 𝑓(𝑏), esiste in (𝑎, 𝑏) almeno un punto in cui la retta tangente è
orizzontale

11) Teorema di Cauchy: Se 𝑓 𝑒 𝑔 sono due funzioni continue in [𝑎, 𝑏] e derivabili in (𝑎, 𝑏),
allora esiste almeno un 𝑐 ∈ (𝑎, 𝑏) tale che
[𝑓(𝑏) − 𝑓(𝑎)]𝑔′ (𝑐) = [𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)]𝑓 ′ (𝑐)
Dim: Costruiamo la seguente funzione
ℎ(𝑥) = [𝑓(𝑏) − 𝑓(𝑎)]𝑔(𝑥) − [𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)]𝑓(𝑥)
Essa è continua in [𝑎, 𝑏] poiché è somma di funzioni continue, derivabile in (𝑎, 𝑏) poiché è somma
di funzioni derivabili ed inoltre si ha che
ℎ(𝑎) = 𝑓(𝑏)𝑔(𝑎) − 𝑓(𝑎)𝑔(𝑎) − 𝑔(𝑏)𝑓(𝑎) + 𝑔(𝑎)𝑓(𝑎) = 𝑓(𝑏)𝑔(𝑎) − 𝑔(𝑏)𝑓(𝑎)
ℎ(𝑏) = 𝑓(𝑏)𝑔(𝑏) − 𝑓(𝑎)𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑏)𝑓(𝑏) + 𝑔(𝑎)𝑓(𝑏) = −𝑓(𝑎)𝑔(𝑏) + 𝑔(𝑎)𝑓(𝑏)
Quindi ℎ(𝑎) = ℎ(𝑏). La funzione ℎ(𝑥) soddisfa le tre ipotesi del teorema di Rolle e quindi esiste
almeno un 𝑐 ∈ (𝑎, 𝑏) 𝑡. 𝑐. ℎ′ (𝑐) = 0. Quindi
ℎ′ (𝑐) = [𝑓(𝑏) − 𝑓(𝑎)]𝑔′ (𝑐) − [𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)]𝑓 ′ (𝑐) = 0
Pertanto
[𝑓(𝑏) − 𝑓(𝑎)]𝑔′ (𝑐) = [𝑔(𝑏) − 𝑔(𝑎)]𝑓 ′ (𝑐)

12) Teorema di Lagrange: Se 𝑓(𝑥) è continua in [𝑎, 𝑏] e derivabile in (𝑎, 𝑏), allora esiste
almeno un 𝑐 ∈ (𝑎, 𝑏) 𝑡. 𝑐.
𝑓(𝑏) − 𝑓(𝑎)
𝑓 ′ (𝑐) =
𝑏−𝑎
Dim: Consideriamo la funzione 𝑔(𝑥) = 𝑥 che verifica le due ipotesi qualunque sia l’intervallo
[𝑎, 𝑏]. Inoltre 𝑔′ (𝑥) = 1. Applichiamo il teorema di Cauchy ad 𝑓(𝑥) 𝑒 𝑔(𝑥) ottenendo
[𝑓(𝑏) − 𝑓(𝑎)] = [𝑏 − 𝑎]𝑓 ′ (𝑐)
Cioè
𝑓(𝑏) − 𝑓(𝑎)
𝑓 ′ (𝑐) =
𝑏−𝑎

Geometricamente vuol dire che, in queste ipotesi, ci sarà almeno un punto dove la retta tangente al
grafico della funzione è parallela alla retta che congiunge gli estremi della funzione stessa.

13) Teorema della Media Integrale: Sia 𝑓: [𝑎, 𝑏] → ℝ integrabile secondo Riemann, allora
𝑏

𝑖𝑛𝑓𝑓(𝑥) ∙ (𝑏 − 𝑎) ≤ ∫ 𝑓(𝑥)𝑑𝑥 ≤ 𝑠𝑢𝑝𝑓(𝑥) ∙ (𝑏 − 𝑎)


𝑎
Se 𝑓 è anche continua, esiste un 𝑐 ∈ [𝑎, 𝑏] tale che
𝑏

∫ 𝑓(𝑥)𝑑𝑥 = 𝑓(𝑐) ∙ (𝑏 − 𝑎)
𝑎

Dim: Si ha ovviamente che


𝑖𝑛𝑓𝑓(𝑥) ≤ 𝑓(𝑥) ≤ 𝑠𝑢𝑝𝑓(𝑥)

e dunque, integrando, si ottiene subito da (*) e (5) la prima parte del teorema
𝑏

𝑖𝑛𝑓𝑓(𝑥) ∙ (𝑏 − 𝑎) ≤ ∫ 𝑓(𝑥)𝑑𝑥 ≤ 𝑠𝑢𝑝𝑓(𝑥) ∙ (𝑏 − 𝑎)


𝑎

Se la funzione è continua nell’insieme chiuso e limitato, al posto di estremo inferiore e


superiore possiamo parlare di minimo e massimo ottenendo
𝑏

𝑚 ∙ (𝑏 − 𝑎) ≤ ∫ 𝑓(𝑥)𝑑𝑥 ≤ 𝑀 ∙ (𝑏 − 𝑎)
𝑎
Pertanto
𝑏
1
𝑚≤ ∫ 𝑓(𝑥)𝑑𝑥 ≤ 𝑀
𝑏−𝑎
𝑎

1 𝑏
Il numero 𝑏−𝑎 ∫𝑎 𝑓(𝑥)𝑑𝑥 è compreso tra il minimo ed il massimo e per il teorema dei valori
intermedi la funzione assume tutti i valori compresi. Per tale motivo esisterà un 𝑐 ∈ [𝑎, 𝑏]
tale che
𝑏
1
𝑓(𝑐) = ∫ 𝑓(𝑥)𝑑𝑥
𝑏−𝑎
𝑎
Geometricamente capiamo che esisterà un rettangolo di base (𝑏 − 𝑎) ed altezza 𝑓(𝑐) con
area uguale all’integrale di Riemann della funzione.

Definizione: Se 𝑓(𝑥) è integrabile secondo Riemann in [𝑎, 𝑏], si definisce funzione integrale
𝑥

𝐹(𝑥) = ∫ 𝑓(𝑡)𝑑𝑡
𝑎
al variare di 𝑥 in [𝑎, 𝑏].

Lo studio delle relazioni che intercorrono tra 𝐹(𝑥) 𝑒 𝑓(𝑥) è alla base del calcolo integrale

14) Teorema fondamentale del calcolo integrale:Se 𝑓(𝑥) è continua in [𝑎, 𝑏], la sua funzione
integrale è derivabile e si ha che
𝐹 ′ (𝑥) = 𝑓(𝑥)
e si dice che F(x) è una primitiva di f(x)
Dim: Consideriamo il rapporto incrementale della funzione integrale
𝑥+∆𝑥 𝑥
𝐹(𝑥 + ∆𝑥) − 𝐹(𝑥) ∫𝑎 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 − ∫𝑎 𝑓(𝑡)𝑑𝑡
=
∆𝑥 ∆𝑥
Dalla proprietà 3) degli integrali abbiamo che
𝑥 𝑥+∆𝑥 𝑥
𝐹(𝑥 + ∆𝑥) − 𝐹(𝑥) ∫𝑎 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 + ∫𝑥 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 − ∫𝑎 𝑓(𝑡)𝑑𝑡
=
∆𝑥 ∆𝑥
Utilizzando il teorema della media integrale
𝑥+∆𝑥
𝐹(𝑥 + ∆𝑥) − 𝐹(𝑥) ∫𝑥 𝑓(𝑡)𝑑𝑡
= = 𝑓(𝑧)
∆𝑥 ∆𝑥
dove 𝑧 ∈ [𝑥, 𝑥 + ∆𝑥]. Se l’incremento tende a zero, ovviamente z tende a x. Quindi
𝐹(𝑥 + ∆𝑥) − 𝐹(𝑥)
𝑙𝑖𝑚 = 𝐹 ′ (𝑥) = 𝑓(𝑥)
∆𝑥→0 ∆𝑥

15) Osserviamo che se 𝐹(𝑥) è una primitiva, anche 𝐹(𝑥) + 𝑐 lo è


𝑥

∫ 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 = 𝐹(𝑥) + 𝑐
𝑎

Se 𝑥 = 𝑎, si ottiene
𝐹(𝑎) + 𝑐 = 0 ⇒ 𝑐 = −𝐹(𝑎)
Quindi
𝑏

∫ 𝑓(𝑡)𝑑𝑡 = 𝐹(𝑏) − 𝐹(𝑎)


𝑎

che è detta formula fondamentale del calcolo integrale.

Potrebbero piacerti anche