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INTRODUZIONE

Termine
Il nome scienza delle finanze rimanda al termine finanza. Bisogna subito evitare di confondere la finanza
pubblica con la finanza privata. Scienza delle finanze è un nome antico per indicare i problemi di finanza
pubblica. E’ d’aiuto molto il termine inglese che, per indicare il corso di finanza pubblica, si parla di public
finance.

Cenni storici
Il termine scienza delle finanze rimanda alla metà dell’800, un periodo nel quale la finanza privata, almeno
in Europa, NON era così importante come lo è oggi. Allora, lo sviluppo dei mercati finanziari (es. borsa
valori) NON è paragonabile allo sviluppo che ha oggi la borsa valori. I contratti di tipo finanziario sono
numerosissimi e oggi ci si confronta con un'economia dove il mondo della finanza privata è divenuto
importantissimo. Quando si parla di finanza, la prima cosa che viene in mente è la finanza privata, NON la
finanza pubblica. Tornando indietro nel tempo, invece, ai primi corsi di scienza delle finanze, uno iniziò a
tenersi a Pavia presso la facoltà di giurisprudenza. A quell’epoca la finanza privata era poco sviluppata, in
compenso, spesso i grandi capitali erano pubblici. Per l’Italia ed altri Paesi europei, la costruzione delle
ferrovie o l’arrivo dell’elettricità o gli acquedotti, sono opere che venivano finanziate attraverso fondi
pubblici. La finanza pubblica era molto importante in termini quantitativi, mentre la finanza privata era
molto più ristretta. Questo è il motivo per cui il nome scienza delle finanze aveva un senso perché la finanza
era soprattutto finanza pubblica, i grandi fondi e capitali erano fondi pubblici. La finanza privata esisteva ma
aveva delle dimensioni molto più limitate rispetto ad oggi. Nel tempo, per una sorta di tradizione, si è
continuato a parlare di scienza delle finanze quando, in realtà, si parla di finanza pubblica.

Si parla di finanza pubblica per indicare, dal lato delle uscite, la spesa pubblica (es. infrastruttura elettrica,
ferroviaria, telefonica venivano finanziate dalla spesa pubblica). I fondi per la spesa pubblica derivano
principalmente dalle imposte e tasse. Questo spiega perché, quando si studia la finanza pubblica, da un lato si
studiano i problemi della spesa e dall’altro lato, quello delle entrate ci sono le imposte.

Differenza tra imposte e tasse


Imposte e tasse NON sono sinonimi. Si parla di imposte quando si parla delle imposte sul reddito (IRPEF),
pagata nella dichiarazione dei redditi di maggio. Viene pagata in base al reddito dei contribuenti. I fondi, che
vengono raccolti con questa imposta, sono a disposizione dello Stato che li può usare per diverse finalità (es.
finanziare le spese militari, spese per la giustizia, spese per le strade attraverso gli enti locali). Quando si
raccolgono le imposte, lo Stato NON si vincola a definire per il contribuente lo scopo delle imposte, ma si
crea un fondo da cui attingere per finanziare spese molto diverse tra di loro. Le tasse, invece, hanno la
destinazione del fondo vincolato (es. tasse universitarie pagate per frequentare l’università e vanno in un
fondo che serve per pagare i docenti, costruire le strutture, comprare i materiali. Lo Stato finanzia
l’università in parte con i fondi raccolti tramite imposte). In Italia, i fondi che vengono raccolti con le
imposte NON sono sufficienti per finanziare l’università. Il sistema universitario è, in parte finanziato come
la giustizia, dal fondo che viene raccolto attraverso le imposte sul reddito ma questi fondi NON bastano e si
chiede un contributo agli studenti che dipende dal reddito. La tassa sui rifiuti si paga per finanziare il sistema
di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Il termine imposta rimanda all’idea che ci sia un’imposta che colpisce il reddito e i fondi possono essere
destinati per vari tipi di scopi > Stato li usa liberamente. Le tasse universitarie, invece, vanno a finire in un
fondo dell’università che le usa per varie finalità. L’università pubblica NON si finanzia solo con le tasse
universitarie delle famiglie degli studenti ma ricevono anche un fondo ministeriale che si accumula grazie al
pagamento delle imposte.

Il termine finanza pubblica rimanda ai problemi di analisi della spesa pubblica e delle imposte e tasse. Oggi,
quando si parla della finanza pubblica, anche nei corsi universitari, si può usare il termine scienza delle
finanze (public finance) ma spesso si ricorre al termine di economia pubblica. Nel campo degli studi si è
passati dallo studiare principalmente i problemi finanziari dello Stato che vengono registrati nel bilancio
pubblico (es. come e quanto spende lo Stato, come raccoglie i fondi per finanziare le spese). In realtà, con il
passare del tempo, sono diventati sempre più rilevanti i problemi di economia pubblica. Nel bilancio
pubblico da un lato c’è la spesa pubblica e dall’altro le entrate e le imposte. Nel corso del tempo si è passati
da bilanci pubblici in equilibrio (equilibrio tra spesa e entrate) a bilanci pubblici che evidenziavano un
disavanzo pubblico o deficit pubblico. Si fa riferimento al fatto che la spesa pubblica, via via, ha superato le
entrate (fondi raccolti con imposte e tasse).

Molta spesa viene finanziata in deficit perché i fondi raccolti con imposte e tasse NON sono sufficienti. Se
NON sono sufficienti, questo vuol dire che i bisogni che deve soddisfare lo Stato, attraverso la spesa
pubblica, devono essere accresciuti da un lato. Dall’altro ci si pone il problema su come vengono utilizzati i
fondi pubblici. Lo Stato e gli altri enti locali fanno sempre un utilizzo accorto nei fondi raccolti dalle
imposte? L’allocazione delle risorse nel settore pubblico è un’allocazione efficiente? Oppure in alcuni casi
NON lo è? In un'economia dove le entrate NON sono più sufficienti per coprire le spese si genera un deficit
che, con il tempo, diventa problematico perché se si fa spesa ogni anno in deficit, nel corso degli anni, si crea
il debito pubblico. Quando si finanzia in deficit vuol dire che si chiede in prestito ai cittadini una parte delle
somme necessarie per finanziare la spesa > emissione dei titoli del debito pubblico (BOND). Ogni anno, se le
imposte e le tasse NON sono sufficienti, si fa spesa in deficit e si chiedono prestiti, attraverso l’emissione di
buoni del tesoro, ma se lo Stato accumula debiti verso i cittadini, bisogna rimborsare il debito. Il
risparmiatore sottoscrive un titolo del debito pubblico per ottenere un interesse. Quando lo Stato si fa
prestare soldi ed emette il titolo, promette al risparmiatore anche un interesse. Se il cittadino ha sottoscritto il
titolo del debito pubblico, ogni anno può staccare una cedola che rappresenta gli interessi che si sono
accumulati sul debito. Col passare del tempo, il deficit crea debito per lo Stato che deve rimborsare i titoli
emessi e, al contempo, deve ripagare gli interessi. In Italia, il debito è diventato così grande a causa del
deficit che lo Stato NON riesce ad avere i fondi sufficienti per pagare gli interessi ed emette nuovo debito
che serve solo per parare gli interessi sul debito. Questo crea la crescita del debito pubblico come avvenuto
in Italia. L’Italia, nell’ambito della finanza pubblica, ha grossi problemi perché il suo debito è circa il 150%
del PIL, tra i debiti più alti al mondo e crea un problema di sostenibilità finanziaria. Con il patto di stabilità si
è richiesta una graduale diminuzione del debito.

Un modo per ridurre il debito sono le privatizzazioni. Negli anni ‘90 sono state fatte tante privatizzazioni.
Privatizzare vuol dire che lo Stato era azionista di società pubbliche, ha ceduto le azioni a degli azionisti
privati e ha raccolto molti soldi che li ha destinati al fondo di ammortamento del debito pubblico, come se
fosse un mutuo. La proprietà sono le azioni e le partecipazioni nelle imprese pubbliche che diventano private
o parzialmente private. E’ un problema attuale con l’ultima legge di bilancio e sono previste privatizzazioni
nell’ENI, ENEL, Poste Italiane e altre società in cui lo Stato è ancora presente. Si vendono delle proprietà
per ridurre il debito.
Dietro gli aspetti finanziari, si nascondono degli aspetti economici. Se si crea tanto debito, è perché cresce
tantissimo la domanda di servizi pubblici (Stato chiamato a soddisfare sempre di più delle domande che
vengono dai cittadini per i servizi pubblici come sanità, istruzione) oppure c’è un problema di allocazione
delle risorse nel settore pubblico (come vengono utilizzate le risorse che lo Stato si procura con le imposte
per finanziare i servizi pubblici e come vengono prestati, in maniera inefficiente o efficiente). Questo
rimanda da un problema di finanza pubblica ad un problema di economia pubblica perché l’economia si
occupa di studiare l’allocazione di risorse scarse per soddisfare molteplici obiettivi. Le risorse sono scarse,
gli obiettivi molteplici > economia, anche economia pubblica, insegna ad allocare le risorse in maniera
efficiente (senza sprechi).

Questo rimanda a una serie di domande.

L'economia del settore pubblico è cresciuta molto nel tempo. Si vive in un sistema di economia mista dove
ci sono un settore privato e uno pubblico, il quale conta circa per il 50% su tutta l’economia > 50% delle
risorse, in qualche modo, vengono intermediate dalla sfera pubblica. Il 50% delle risorse vengono utilizzate
nell’ambito della sfera pubblica > Stato, Regioni, Comuni, PA, INPS, università pubbliche, sanità pubblica.
Tutto questo conta per circa il 50% dell'economia nazionale italiana. Questa cifra NON è uguale in tutti gli
Stati livello europeo o mondiale. In Scandinavia conta di più del 50%, mentre nel Regno Unito la cifra è più
bassa (40%). Questa cifra dice quanto è importante il settore pubblico nell’economia nazionale. Vuol dire
che, per il 50%, le risorse a disposizione vengono allocate attraverso decisioni pubbliche che scaturiscono
dalla politica che forma i governi > decisioni che scaturiscono dal Governo, nazionale o locale, e dai
funzionari pubblici che sono chiamati a mettere in pratica le decisioni. La maggior parte delle economie
capitaliste sono economie miste > grande economia privata e una sfera pubblica che conta molto. Nel tempo
la quota è cresciuta e si può dire che ci sono più domanda di servizi pubblici oggi rispetto al passato. Lo
Stato interviene maggiormente. Un sistema nazionalista cerca di controllare di molto l’economia (es. Iran,
Italia post-fascismo si trovava con un settore pubblico importante con l’IRI). La dittatura tende a controllare
le sfere di interesse dei cittadini, compresa quella economico-finanziaria. In presenza di un governo
dittatoriale, si tenderà maggiormente ad ampliare la sfera pubblica rispetto alla sfera privata. Si deve avere
un metodo per capire quando l’intervento dello Stato è necessario e indispensabile e quando, invece,NON lo
è. Ci sono degli Stati che ampliano la sfera di intervento pubblico e altri la riducono. Il tipico tema riguarda
la sanità e l’istruzione (es. sanità statunitense è basata soprattutto su assicurazioni private, NON esiste un
sistema universalistico di copertura sanitaria. Esistono 2 tipi di assicurazioni pubbliche, medicaid e medicare,
riservate o agli anziani o ai cittadini più poveri. In questo caso interviene una sorta di sistema sanitario
pubblico che ha un peso minoritario. Una parte del sistema sanitario italiano è pubblica e una privata).

Nel caso della sanità, gli Stati fanno scelte diverse perché si può pensare ad una sanità esclusivamente
privata > pagamento della prestazione sanitaria desiderata. In Europa, rispetto agli USA, si ritiene che la
salute è un bene essenziale e, per far si che tutti i cittadini godano di buona salute, è necessario che
intervenga lo Stato perché, se la sanità è lasciata solo ai privati, i privati si arricchiranno ma molti cittadini,
NON riuscendo ad avere l’assicurazione sanitario, saranno esclusi dal bene sanità. E’ una considerazione che
NON si rifà ai principi di efficienza, ma di equità > si decide che la salute è il bene essenziale e, come tale, lo
Stato deve intervenire per permettere ai cittadini di goderne liberamente. La sanità viene pagata attraverso
imposte e NON contratti di assicurazione. Nell’ambito dell’istruzione ci sono considerazioni di equità per cui
si vuole garantire il diritto allo studio ad un numero maggiore di persone > scuole pubbliche. La situazione
può variare da Stato a Stato (es. tasse universitarie italiane coprono in fascia massima 5mila€, nel sistema
francese e tedesco l'università è quasi gratuita perché gli universitari tedeschi pagano 500€ all’anno). Tra
Italia, Germania e Francia, rispetto ad un bene come l’istruzione, sono state fatte delle scelte diverse perché
in quei Paesi si ritiene che deve essere garantito a tutti un diritto allo studio, anche per l’istruzione
universitaria, e lo studente NON deve pagare migliaia di euro. Su 2 capitoli essenziali della spesa pubblica
(istruzione e sanità), si possono compiere scelte diverse e il confine tra Stato e mercato è diverso nei vari
Paesi.

Si può allargare il discorso in maniera generale per affrontare il problema di capire quanto deve essere
ampia la sfera pubblica e quanto quella privata e perché può essere necessario un intervento pubblico, perché
NON si può lasciare tutto al mercato. Studiare questo aiuta a definire i confini tra Stato e mercato e
rispondere meglio alla domanda dell’impatto dello Stato nell’economia. Studiando economia pubblica, si
cercano di capire quali sono le motivazioni dell’intervento pubblico e se una parte delle decisioni di
allocazione delle risorse riguardano il settore pubblico, perché NON si può lasciare tutto al mercato
(economia privata) > perché il mercato NON può essere il mezzo per allocare le risorse scarse.

Il mercato può funzionare bene in molti casi. Ci sono casi dove l'equilibrio di mercato rappresenta anche
un’allocazione Pareto-efficiente > NON esiste un’altra allocazione che possa far felice qualcuno senza
danneggiare qualcun altro. E’ un criterio che si usa quando si devono allocare risorse. Se i mercati fossero
tutti concorrenziali, il mercato funzionerebbe sempre bene come meccanismo di allocazione delle risorse,
solo che, in realtà, NON sempre i mercati sono concorrenziali > monopolio, oligopolio. In questo caso,
l’allocazione delle risorse garantita dal mercato NON è quella Pareto-efficiente > si crea la necessità di un
intervento pubblico. Quando si creano delle forti concentrazioni economiche che hanno forte potere di
mercato (applicare prezzi più alti del mercato concorrenziale) interviene, a livello pubblico quando ci sono
nel mercato delle concentrazione di potere economico molto forti con un forte potere di mercato (riuscire ad
applicare prezzi alti). Se si creano queste forti concentrazioni di mercato, lo Stato interviene con l’autorità
garante della concorrenza e del mercato. L’antitrust interviene quando viene sollecitata da un soggetto che si
accorge che c’è una concentrazione economica nel mercato. Cerca di far cessare il comportamento lesivo
della concorrenza e impone multe molto alte. Si occupa delle grandi concentrazioni economiche e anche di
pubblicità ingannevole che distorce il comportamento dei consumatori, facendoli compiere delle scelte che
senza la pubblicità ingannevole NON avrebbero compiuto (es. pandoro-gate). L’antitrust interviene nei casi
in cui i mercati NON sono concorrenziali e l’allocazione delle risorse NON può essere considerata Pareto-
efficiente ed è necessario un intervento pubblico.

Ci sono dei casi che sono chiamati casi di fallimento del mercato, in cui il mercato fallisce come strumento
che garantisce un’allocazione delle risorse Pareto-efficiente e lo Stato deve intervenire. I casi di fallimento
del mercato sono quelli relativi alla mancanza di mercati concorrenziali, oligopoli, concentrazioni ma anche
l’esistenza di beni pubblici (es. esercito, difesa, sicurezza dei cittadini, giudici). In questo caso, il privato
NON può funzionare per garantire i beni pubblici > istituzioni finanziate dal settore pubblico, in tutti gli
Stati. Nel caso dei beni pubblici c’è un fallimento del mercato > mercato NON costituisce il mezzo idoneo
per garantire una migliore allocazione delle risorse. In un caso di fallimento di mercato deve intervenire lo
Stato, se NON c’è fallimento del mercato NON è necessario l’intervento pubblico, dal punto di vista
dell’efficienza.

Per farlo, si parte da un'economia in cui lo Stato NON c’è e dove l’allocazione delle risorse è sempre Pareto-
efficiente. Si considera il mercato come strumento che garantisce l’efficienza nell’allocazione delle risorse
andando a studiare un'economia nella quale lo Stato NON c’è per capire quando lo Stato deve intervenire.
Questi sono gli interventi dello Stato dovuti al fallimento del mercato e spiegano una quota importante
nell’intervento pubblico, ma NON è l’unico caso. Lo Stato interviene con le politiche monetarie e fiscali
perché il mercato, lasciato a se stesso, NON garantisce la stabilità macroeconomica. Ci soni i cicli
economici > alternarsi di fasi di boom e di recessione (es. stabilità per il tasso di inflazione, di occupazione).
Lo Stato interviene per cercare di garantire una certa stabilità per quanto riguarda il tasso di occupazione…
C’è bisogno di un intervento stabilizzatore dello Stato perché esistono i cicli economici e, se NON si agisce,
si rischia di intercorrere in crisi e situazioni peggiori. E’ una funzione di stabilizzazione macroeconomica.

Un’altra funzione. In caso di mercati funzionali, c’è un’altra questione. Il mercato alloca le risorse. Se NON
ci sono casi di fallimento del mercato, il mercato è il miglior mezzo per allocare efficientemente le risorse.
Oltre al problema dell’efficienza nell’allocamento delle risorse, c’è anche il problema che riguarda la
distribuzione del reddito. Il mercato funziona bene come mezzo per allocare efficientemente le risorse ma
NON è detto che, quando le risorse sono allocate efficientemente, dal punto di vista distributivo ci sia anche
un’equità nella distribuzione del reddito. Storicamente, si è passati da distribuzioni del reddito più eque a
distribuzioni del reddito sempre meno eque. Il mercato può operare in maniera efficiente nell’allocazione
delle risorse, senza sprechi, ma la distribuzione del reddito che emerge dal mercato è causale. Il mercato dà
luogo ad una distribuzione del reddito in cui chi ha un reddito da profitto ha un reddito che può essere 1000
volte maggiore di chi ha un reddito da salario. Il mercato funziona bene rispetto al criterio dell’efficienza
però, rispetto al criterio dell’equità, il mercato genera una distribuzione del reddito in maniera casuale. In
questo caso si parla di avversione alla disuguaglianza. Ci sono Stati più avversi alla disuguaglianza e che
sono interessati ad una distribuzione del reddito più equa. Ci sono degli Stati o delle parti politiche che sono
meno avverse alla disuguaglianza e pensano che faccia bene (es. partito repubblicano americano). Il mercato
funziona in maniera efficiente, genera, se NON ci sono fallimenti, un’allocazione delle risorse Pareto-
efficiente ma NON è detto che questa allocazione delle risorse sia equa. Se la società ha una certa avversione
alla disuguaglianza, NON le piace che quelli che guadagnano mille volte di più di chi guadagna di meno.

Senza fallimenti, il mercato funziona bene e genera un’allocazione Pareto-efficiente, però poi si nota che il
grado di disuguaglianza è eccessivo > quota del reddito nazionale che va ai profitti e alle rendite è troppo alta
rispetto a quella che va ai salari. Se NON piace la distribuzione del reddito che emerge dal mercato, la si
deve modificare. Qui entra in gioco di nuovo lo Stato che può dare dei sussidi a chi è più povero > preleva
delle risorse con le imposte e ne trasferisce una parte a chi è più povero. Il sistema delle imposte sul reddito è
molto progressivo > chi guadagna di più paga più che proporzionalmente. Un sistema di imposte sul reddito
molto progressivo, fa pagare ai ricchi delle tasse molto alte e molto basse ai poveri. Attraverso le imposte e
sussidi si può intervenire sulla distribuzione del reddito che emerge dal mercato > salari sono una certa quota
percentuale del reddito, i profitti un’altra e le rendite un’altra. Se questa distribuzione del reddito NON piace,
si può modificare attraverso imposte e sussidi > intervento redistribuitivo dello Stato. Si parte dalla
distribuzione del reddito nazionale emersa dal mercato e la si modifica. Questo fa capire perché lo Stato
fornisce certi beni e servizi ai cittadini.

L’intervento dello Stato si spiega sia per ragioni di efficienza > ci sono dei casi in cui il mercato, strumento
principe per raggiungere una dotazione delle risorse pareto efficiente, in alcuni casi il mercato fallisce. il
mercato raggiunge un equilibrio NON efficiente ed è necessaria una correzione dello stato che interviene nel
mercato con una serie di strumenti (es. tasse, sussidi, regolamentazioni). L’intervento dello Stato riguarda i
fallimenti del mercato.

Mercato che genera una dotazione delle risorse Pareto-efficiente


Economia di puro scambio
L'attività economica è solo lo scambio tra individui e, per farlo, si ricorre alla storia di 2 fidanzati che si sono
sposati, sono andati in viaggio di nozze in crociera ma c’è stato un naufragio. In seguito al naufragio, Anna e
Bill si trovano su un’isola deserta e hanno solo come beni da consumare quello che tengono nelle loro valige.
I beni, per semplicità, sono il cibo e il vestiario. La prima decisione economica che i 2 devono prendere è se
rimanere con le proprie dotazioni di beni ciascuno per sé o passare allo scambio di beni tra loro. L’economia
di puro scambio si rappresenta come una scatola, formata prendendo gli assi cartesiani. Si chiama scatola di
Edwarth. Quello che c’è nelle valigie di Anna e BIll (dotazione iniziale) è un punto nella scatola > dotazione
omega. Nella valigia di Bill c’è più cibo e meno vestiario e in Anna l’opposto. La decisione è consumare la
propria dotazione iniziale o iniziare uno scambio di beni tra i 2 consumatori. La decisione di Anna e Bill
dipende dalle loro preferenze che possono essere rappresentate con le curve di indifferenza. Per il punto di
dotazione iniziale passa una curva di indifferenza di Anna e una di Bil > assiomi delle preferenze. I
consumatori sono sempre in grado di ordinare qualsiasi paniere di beni e sono sempre in grado di dire se un
paniere è preferito o indifferente ad un altro. Se l’ordinamento delle preferenze è completo, per quel punto
passa sicuramente una curva di indifferenza. Significa che, se i 2 devono decidere se limitarsi a consumare la
propria dotazione iniziale (equilibrio autotartichico) o iniziare lo scambio, i consumatori decideranno in base
alle curve di indifferenza. Più le curve di indifferenza sono di livello elevato, maggiore è la soddisfazione dei
2 consumatori. Si può provare ad immaginare se, spostandosi dalla dotazione iniziale, si possono raggiungere
delle curve di indifferenza di livello più elevato. Anna ha ceduto un po’ di vestiario a Bill per cibo e
viceversa. Le curve di indifferenza che passano per il punto A, adesso Anna sta su una curva di indifferenza
di livello più elevato I’. I 2 consumatori, dopo lo scambio, stanno meglio rispetto al punto di dotazione
iniziale > conviene scambiare. I punti all’interno della lente si possono raggiungere con lo scambio e danno
luogo ad un livello più alto per Anna e Bill. Attraverso lo scambio si è definita una lente di dimensioni più
piccole. Il processo di scambio prosegue perché, definendo la lente più piccola, si può raggiungere attraverso
lo scambio, ulteriori punti per i quali passano curve di indifferenza di livello più elevato. Lo scambio
continua finché si raggiunge un punto all’interno della lente. Lo scambio continuità finché NON si raggiunge
il punto E, dove le curve di indifferenza di Anna e di Bill sono l’una tangente all’altra. Quando le curve di
indifferenza sono l’una tangente all’altra vuol dire che NON è possibile raggiungere attraverso lo scambio un
numero maggiore. Se il punto E è in comune, significa che in quel punto succede che l’allocazione delle
risorse è Pareto-efficiente perché NON è più possibile, attraverso una riallocazione. L’allocazione è Pareto-
efficiente quando NON è più possibile con una riallocazione raggiungere un punto in cui un consumatore ha
una situazione maggiore senza che l’altro abbia una situazione peggiore. Le 2 curve di indifferenza sono
tangenti > se si misura la pendenza delle curve di indifferenza in quel punto (pendenza della retta tangente al
punto), la pendenza della retta tangente è uguale. Dal punto di vista economico, la tangenza rappresenta il
saggio marginale di sostituzione. I panieri che si trovano su una curva di indifferenza sono diversi l'uno
dall’altro. Se si passa dal punto A più in basso, per rimanere sulla stessa curva e mantenendo la stessa
soddisfazione, si riduce la quantità del bene A e si aumenta la quantità del bene. La pendenza della curva dice
la quantità di un bene da dare al consumatore che rinuncia alla quantità di un altro bene. La pendenza della
curva di indifferenza diminuisce lungo la curva. Lungo la curva di indifferenza, il saggio marginale di
sostituzione. La pendenza diminuisce passando da A a diminuire. Dice quanto vale per il consumatore un
bene rispetto all’altro perché se ci fossero curve di indifferenza di forma diversa, il saggio continua a
decrescere e i valori sono diversi. Riducendo di poco Y, si devono dare al consumatore quantità molto più
grandi di bene X. Il bene Y è così importante per il consumatore per dargli quantità stragrandi. Deve essere il
consumatore con una forte preferenza. Nel punto E, economicamente, il saggio marginale di sostituzione tra
il bene X e il bene Y per Anna è uguale al SMS tra X e Y per Bill (SMS A xy = SMS B xy). Si sono sfruttati
tutti i possibili vantaggi derivati dallo scambio. Per definire un’allocazione Parto efficiente è dire che se
l’allocazione è Pareto efficiente NON ci sono possibilità di scambio o sono strati sfruttati tutti i vantaggi
derivanti dallo scambio. Nel punto di dotazione iniziale omega era conveniente partire con gli scambi perché,
se si vede nel punto omega ω qual è. Si è in alto sulla curva di indifferenza di Anna e in basso sulla curva di
indifferenza di Bill. C’è una retta tangente con una pendenza molto minore. Nel punto di dotazione iniziale
ω, il saggio marginale di sostituente per Anna è diverso dal SMSxy per Bill. Se nel punto iniziale, il valore
relativo di cibo e vestiario in quel punto è diverso per Anna e per Bill. La diversità spinge Anna e Bill. a
scambiare per ottenere una maggiore utilità. Sono diversi i valori attribuiti ai 2 beni e ci sono possibilità di
scambio. Il punto omega NON rappresenta una situazione Pareto efficiente perché con lo scambio si può
migliorare la soddisfazione dei 2 consumatori. Nell’economía di scambio, per i 2 consumatori, è sempre
possibile raggiungere un’allocazione Pareto efficiente. Il punto raggiunto dipende dal punto di dotazione
iniziale in cui ci si trova. Se nella stessa scatola ci fosse stato un punto omega diverso, si compie lo stesso
ragionamento. Si raggiunge un punto E che rappresenta sempr eun’allocazione pareto efficiente. Se si
considerano tutti i possibili punti di partenza e di arrivo, si ha un insieme di punti che costituiscono tutte le
situazioni pareto efficienti della scatola. In ciascuno di questi punti, le curve di indifferenza sono tangenti >
tutti i punti che stanno sulla curva sono allocazioni pareto efficienti perché appartengono alla curva dei
contratti. La curva che va dall’origine di Anna all’origine di Bill appartengono alla curva dei contratti,
chiamata così perché c’è uno scambio tra i 2 consumatori dei 2 beni. Dentro la scatola di Edwarth negli assi
ci sono le quantità dei beni e si vede la soddisfazione dei consumatori con le curve di indifferenza. Si può
avere una curva analoga se si cambia lo spazio > anziché avere un piano cartesiano con le quantità di beni, si
utilizza un nuovo piano cartesiano che misura l’utilità derivante dai 2 beni. Si avrà una specie di frontiera di
Pareto perché tutti questi punti sulla frontiera sono le allocazioni Pareto efficiente situate sulla curva dei
contratti. Se si raggiunge un punto su una curva è come se si fosse raggiunto un punto sulla curva dei
contrati > combinazione pareto efficiente. Se si considera un punto entro la frontiera di Pareto, si può
incrementare l’utilità di Anna e di Bill dal punto w al punto z, situato sulla frontiera dove NON è possibile
incrementare l’utilità. Tutti i punti sulla frontiera di Pareto sono indifferenti sotto il profilo dell’efficienza.
Dal punto di vista dell’efficienza, scegliere un punto o un altro NON cambia nulla perché tutti i punti
rappresentano punti pareto efficienti. Se si prende il punto F è un’allocazione pareto efficiente, ma bill ha
un'utilità maggiore rispetto ad Anna > Bill avrà una quantità maggiore rispetto ad Anna, ma resta il fatto che
Bill sta meglio di Anna. Se si prendesse il punto G accadrebbe il contrario. Questo dice che l’efficienza e
l’equità sono 2 cose completamente diverse. Sulla base di un principio di giustizia dire che. Attraverso la
quantità di beni che i consumatori hanno, possono migliorare e raggiunge un’allocazione pareto efficiente. Se
uno partiva con di più, quando arriveranno alla condizione di pareto, quello che era ricco rimane ricco e
quello povero rimane povero ma, attraverso lo scambio, stanno meglio. I punti che stanno sulla frontiera di
parete sono indifferenti sotto il profilo dell’equità.

IL SETTORE PUBBLICO IN UN’ECONOMIA MISTA


Sistema di economia mista
E’ presente un settore privato e uno pubblico dell’economia. Si parla di sistemi con economie di mercato. Se
si cercano i Paesi che NON sono ad economia di mercato si fa una grande fatica (es. Corea del Nord). C’è il
rapporto tra lo Stato e le economie di mercato. Lo Stato incide con la regolamentazione dei privati, attraverso
l’imposizione dei tributi (tasse, imposte, contributi sociali) e fornisce sussidi ad alcune attività. I sussidi
possono essere di povertà o alle fonti di energia rinnovabili. Il confronto sarebbe tra economie di mercato e
sistemi di economia pianificata, dove lo Stato controlla tutta l’attività economica, come succedeva un tempo
nell’URSS.
Cambiamento storico dell’intervento pubblico nelle economie miste
Fino agli anni ‘80 lo Stato interveniva NON solo come soggetto che tassa, ma esistevano molte imprese
pubbliche che producevano beni e servizi (es. automobili, energia, conserve). Dagli anni ‘80 in poi si è
verificata una privatizzazione > Stato rimane nella produzione di alcuni beni e servizi, dove c’è un
monopolio naturale, ma è uscito da altri beni (es. panettoni, conserve, banche e assicurazioni). La
privatizzazione consiste nel fatto che si crea una società per azioni costituta interamente da partecipazioni
pubbliche che poi si vendono tra privati. Contemporaneamente alla privatizzazione avvenuta in grandi
dimensioni, è avvenuta anche la liberalizzazione. C’erano monopoli pubblici (es. enel, telecom) in questo
caso NON solo questi monopoli pubblici sono diventate imprese che sono ancora a partecipazione pubblica
perché lo Stato può avere una quota del 30% ma in parte sono imprese quotate e NON sono più monopoli
perché è avvenuta la liberalizzazione (es. importazione di gas naturale, telecomunicazioni). Lo Stato, dopo di
che, nella crisi del 2008. Nel 2008 lo Stato è intervento in america per salvare le banche e i risparmi dei
cittadini e in Italia ugualmente. Lo Stato che era uscito dalla privatizzazione delle banche, è tornato di nuovo
a salvare le banche (es. monte dei paschi di siena). Lo Stato segue una strategia di uscita dal settore, dove
NON ci sono forti motivazioni di banche pubbliche, ma quando si arriva a conseguenze, lo Stato è costretto
al salvataggio delle banche e c’è una sorta di parziale ripubblicizzazione per salvare le banche. Insieme al
salvataggio delle banche, per evitare che si riproducessero crisi di questo tipo, sono aumentate le
regolamentazioni finanziarie. Prima del 1961, l’energia elettrica era prodotta e venduta da società private.
Esisteva un oligopolio dell’elettricità con un forte potere economico. In seguito ad eventi disastrosi, si è
ritenuto che l’elettricità dovesse essere controllata dallo Stato e tutte queste società private sono state
acquisite dall’Enel che è diventato quasi l’unico produttore di elettricità. Dagli anni ‘90 Enel è stata
privatizzata. Ci sono delle oscillazioni sul tema della pubblicizzazione che NON sono sempre spiegabili sotto
il punto di vista economico, ma seguono anche la situazione storica e politica e le preferenze dei cittadini.
Questo confine fra economia privata ed economía statale cambia nel tempo. E’ utile studiare i principi
dell’economía pubblica perché dicono quali sono le attività che dicono dov’è utile che rimanga lo Stato come
regolamentatore, per limitare la sfera di intervento pubblico. Le soluzioni dipendono anche da scelte
politiche.

Evoluzione storica del pensiero economico


In un’epoca pre-industriale, l’attività privata era soprattutto commerciale e in quell’epoca prevaleva una
dottrina mercantilista. C’erano le grandi monarchie assolute e si riteneva che lo Stato dovesse promuovere il
commercio, soprattutto internazionale, ed era lecito creare dei dazi nel surplus dei bilanci perché la ricchezza
coincideva con i surplus. La ricchezza era costituita dalle monete e metalli preziosi importanti dagli altri
continenti in Europa. Significa accumularne nelle mani dei monarchi. La dottrina del mercantilismo dice che
lo stato deve accumulare dei surplus anche ricorrendo a dazi. Questo tipo di dottrina si trasforma quando si
passa dalla ricchezza creata solo con il commercio internazionale a quella dell’industria con la dottrina dei
grandi campioni nazionali > da un lato, più cresce il commercio internazionale e più il commercio
internazionale è libero, più si arricchisce. Prevale un approccio più concorrenziale per cui ogni Stato cerca di
prevalere sugli altri nel commercio internazionale ed è lecito ricondurre ai dazi sui prodotti industriali (es.
guerra protezionista Trump-Cina). Per rendere più forti le priorie imprese nell’ambito della competizione
internazionali bisogna proteggerle all’interno. Una reazione alla dottrina mercantilista è l’affermarsi della
dottrina liberista con Smith che afferma una dottrina che si oppone al mercantilismo perché sostiene che la
creazione di benessere e ricchezza dipende dal libero scambio. E’ lo stato che deve cercare di limitare al
massimo il suo intervento nell’economía perché il libero commercio internazionale porta ricchezza. Secondo
Smith e la dottrina liberista, è la concorrenza e la motivazione del profitto che, in qualche modo, induce le
imprese a produrre i beni desiderati dai consumatori a produrli al minimo costo se c’è libera concorrenza
perfetta. Per sopravvivere sul mercato, l’impresa deve cercare di soddisfare le esigenze, le imprese scalzano
sul mercato le imprese meno efficienti e questo è un meccanismo che crea benessere per tutti. Secondo
questa dottrina, l’imprenditore che massimizza il suo profitto fa i suo interesse personale e riesce a creare un
benessere e una ricchezza per la collettività. Lo Stato NON deve interferire con il mercato > fronte opposto
al mercantilismo. Questa dottrina liberista va di pari passo con la rivoluzione industriale che, però, è
portatrice di ricchezza e benessere ma NON per tutti. La rivoluzione industriale portava anche a condizioni
di lavoro NON dignitose (es. lavoro infantile nelle fabbriche dell’inghilterra). Criticando il liberismo e
l'economia capitalistica, sottolinea che l’economía di mercato produce sfruttamento. Secondo marx e i
marxisti la proprietà privata dei mezzi di produzioni porta allo sfruttamento di pochi su tanti e ad una
situazione di miseria e disugualizan per gli altri. Marx propone che venga abolita la proprietà privata che
deve appartenente a tutta la collettività. Marx ritiene che sia lo stato a diventare proprietà dei mezzi di
produzione, creando la dottrina socialista che riserva un ruolo molto importante per lo Stato. Si tratta di
superare il capitalismo per avere un’economía fondata sui mezzi di produzione. Questo avrebbe creato le
basi, l’evoluzione successiva sarebbe stato il comunimo dove si dava a ciascuno in base ai propri bisogni. E’
un’utopia importante perché attraversa l’800 fino all’URSS ma nel confronto con le economie capitalistiche,
l’economía sovietica crolla ed è una sconfitta dell’utopia marxista. E’ una dottrina importante perché si
dibatte su questo per più di 100 anni, fino a quando c’è il crollo delle economie socialiste che hanno iniziato
una transizione verso le economie di mercato che si è estesa ai Paesi ex socialisti. Dopo il crollo del muro di
berlino si è fondato un consenso sul fatto che le economie basate sul mercato sono superiori rispetto alla
proprietà statale dei mezzi di produzione dove il mercato NON c’è. Questo crea una dissonanza tra le
preferenze dei consumatori. Oggi, dopo una fase durata parecchio tempo, siè formato un consenso diffuso sul
fatto che le economie di mercato sono superiori. Superata tutta la controversia storica, si forma il consenso.
Anche se c’è un consenso diffuso sulla superiorità dell’economía di mercato, ci sono differenze a livello
nazionale. Nei Paesi scandinavi si pagano imposte molto elevate ma si gode di servizi pubblici elevati.,
All’altro estremo ci sono gli USA, dove anche sanità ed istruzione sono private. Si pagano meno imposte ma
i servizi pubblici sono limitati e coloro che hanno meno risorse faticano ad accedere alla sanità e
all’istruzione.

Intervento pubblico necessario a causa dei fallimenti del mercato.


Se si avessero n beni, lo scambio sarebbe reso più difficile perché con 2 beni si può fare un confronto. Se si
avessero più beni si deve stabilire il valore di scambio per ogni bene. Lo scambio, in questo caso, diventa
molto macchinoso. Nelle economie di mercato si usa la moneta come mezzo di scambio e i valori di scambio
sono definiti come prezzi in termini monetari. Il passaggio ad un'economia di puro scambio dove c’è un
mezzo di scambio (moneta) e i beni hanno un valore di scambio in termini di prezzo. In un’economía
semplice implica che ci sia qualcuno (banditore) che genera i prezzi. Si suppone che ci sia un banditore che
fissa il prezzo del cibo e del vestiario. Se avviene lo scambio mediato dai prezzi in termini monetari, si deve
individuare un equilibrio per l'economia di puro scambio. Un equilibrio è composto da una coppia di prezzi
dove la domanda e l’offerta di beni sono uguali → NON ci sono eccessi di domanda e di offerta. Si vuole
individuare il prezzo di equilibrio del cibo e del vestiario. Sia il mercato del cibo che del vestiario sono in
equilibrio.

Fig. 17.8

Si suppone che la dotazione iniziale omega sia nel punto E. In partenza, si hanno 50 unità di cibo per Anna e
50 unità di cibo per Bill, 100 unità di vestiario per Anna e 100 unità di vestiario per Bill. La retta
negativamente inclinata è il vincolo di bilancio per Anna e per Bill. Per costruire il vincolo di bilancio si ha
bisogno dei prezzi. I prezzi relativi sono la pendenza del vincolo di bilancio. In questo semplice caso, i prezzi
del cibo e del vestiario sono uguali → pendenza -1. In questo caso, il vincolo di bilancio si definisce per
Anna come M = Pf * omega A F + PcomegaC A ed è il reddito di Anna. Al variare della quantità di cibo e di
vestiario (omega), dati i prezzi, si ha un valore della ricchezza di Anna. Lo stesso vale per Bill. Il vincolo di
bilancio da luogo, se si volesse esprimere la quantità di vestiario in temrni di cibo darebbe luogo ad una retta
inclinata negativamente.
M - PFWA F = PcWA C WC A = M/PC - PF/PC * A ω F
Si possono ricercare i prezzi di equilibrio. Si suppone di partire da un prezzo di equilibrio del cibo che è
uguale al prezzo di equilibrio del vestiario. Se i prezzi fossero uguali, la quantità di cibo e vestiario che
domanderebbero Anna e Bill dipende dal vincolo di bilancio e dalle loro preferenze (curve di indifferenza).
Supposti i prezzi uguali e le preferenze, la domanda di cibo e vestiario di Anna dipende dalla soluzione del
problema di ottimo del consumatore → pendenza del vincolo di bilancio uguale alla pendenza del SMS. La
curva di indifferenza più alta tangente al vincolo di bilancio raggiungibile da Anna. Nel punto di tangenza la
domanda di vestiario per Anna (120) e la domanda di cibo per Anna (30). Signifca che, avendo 50 di cibo,
offre sul mercato la differenza tra 50 e 30. Quello che si offre è basato su quello che si ha a disposizione.
Anna vorrebbe 20 in più di vestiario ed è disposta ad offire sul mercato 20 unità di cibo, se i prezzi sono
uguali e la pendenza è -1. Per Bill, i prezzi e le dotazioni di partenza sono uguali. Domanda, in base alle sue
preferenze (curva di indifferenza più alta tangente al vincolo di bilancio) domanda 120 di vestiario (20 in
più) ed è disposto ad offrire 20 di cibo. La quantità di cibo che è offerta da Bill e la quantità di vestiario
domandata da Bill. Ci si chiede se i prezzi sono di equilbrio → generano sul mercato domadna = offerta di
cibo e domanda = offerta di mercato. In partenza Bill e Anna hanno 100 come massimo di vestiario, ma ne
vorrebbero di più. Ci docrebbero essere 240 unità di vestiario, ma la quantità massima disponibile è 200. Sul
mercato del vestiario, c’è un eccesso di domanda sia per Anna che per Bill mentre sul mercato del cibo c’è
un eccesso di offerta. Essendo gli eccessi di domanda e offerta positivi NON si ha un equilibrio sul mercato.
Il banditore deve generare dei nuovi prezzi e si può immaginare che se tutti e 2 vogliono più vestiario ma la
quantità di vestiario è data, un modo per razionare la quantità di vestiario sarà aumentare il prezzo del
vestiario rispetto a quello del cibo. Si deve avere un’altra quota di prezzi che genera un prezzo relativo
differente (6/5). Se il prezzo del vestiario è 6 e del cibo 5. Il fatto che sia aumentato il prezzo del vestiario
dovrebbe andare nella direzione di generare una minor quantità di vestiario → tendenza maggiore in valore
di assoluto superiore a 1, cambia la pendenza del vincolo di bilancio perché cambiano i prezzi relativi. Sono
cambiati i prezzi e date le preferenze di Anna e Bill, le richieste e le offerte di cibo e vestiario cambiano
perché adesso il vincolo di bilancio ha cambiato pendenza ed è cambiata la curva di indifferenza per Anna e
per BIll. Ai nuovi prezzi si ha un’altra curva di indifferenza per Anna tale per cui Anna domanda più cibo e
meno vestiario. Anna ha 100 di vestiario, a quel prezzo decide che le conviene offrire un po’ di vestiario sul
mercato perché il prezzo è cresciuto. Questo fa sì che, rispetto a prima, si riduca la domanda di vestiario. c’è
una piccola offerta di 10 di vestiario da parte di Anna. Il prezzo del cibo è inferiore al prezzo del vestiario e
Anna decide di domandarne 12. Il comportamento di Bill è simmetrico. C’è una domanda da parte di Anna di
cibo pari a 12 e una parte di vestiario che viene offerta da Anna. La curva di indifferenza di Bill fa sì che dal
punto di vista di Bill ci sia la richiesta di una quantità di vestiario 110 minore rispetto a prima 120. In base
alle sue preferenze, richiede solo 10 in più e rispetto alla quantità di cibo di cui dispone ritiene di averne
bisogno 38 unità → 12 unità le offre sul mercato. In questo caso, succede che su un mercato del vestiario
Anna offre 10 e Bill domanda 10. La domanda di vestiario è uguale all’offerta di vestiario → eliminazione
dell’eccesso di domanda. Sul mercato del cibo Anna ne vuole 12 in più che vengono dati da Bill. Questo
significa che il nuovo prezzo relativo può essere considerato una quota di prezzi di equilibrio che elimina gli
eccessi di domanda e di offerta preesistenti → equilibrio sul mercato del cibo e del vestiario. Avendo un
equilibrio si può parlare delle proprietà di questo equilibrio. A questo punto le curve di indifferenza di Anna e
di Bill sono tangenti l’una all’altra → nel punto di equilibrio si ha un equilibrio del mercato e si ha raggiunto
una situazione pareto efficiente perché i SMS sono uguali. Nel punto di equilibrio c’è l’uguaglianza tra
SMSXY A = SMSXY B = 𝑃𝑥 𝑃𝑦

Economia a mercati concorrenziali vuol dire che NON ci sono ostacoli allo scambio. Lo scambio è libero e
corrisponde all’idea che i mercati sono perfettamenti concorrenziali. In base alle preferenze dei consumatori
e dati i prezzi, i consumatori riescono ad ottimizzare l’utilità, si raggiunge un’allocazione Pareto-efficiente
→ NON esistono ulteriori vantaggi derivanti dallo scambio. L’equilibrio dei mercati concorrenziali è Pareto-
efficiente e corrisponde al Teorema della Mano Invisibile di Smith, chiamato Prima Teorema dell’Economía
del benessere → l’equilibrio di un’economía è ottimale nel senso di Pareto-ottimale.
Sembra che il mercato, attraverso i prezzi, operi come una mano invisibile → consumatori individualmente
riescono a massimizzare l’utilità sotto il vincolo di bilancio. Dal punto di vista collettivo si raggiunge una
situazione Pareto ottimale.

Si suppone che, durante l’intervallo, arrivi una cesta di panini (risorse messe a disposizione dal bar). La
cameriera distribuisce i panini tra tutti i 60 studenti. Ritiene che un’allocazione sia quella di dare un panino a
testa. La distribuzione dei panini segue un principio di giustizia. La questione è che se l'allocazione che
segue il principio di giustizia sia anche un’allocazione pareto efficiente → massimizza il benessere dei
consumatori e genera un equilibrio sul mercato.
L’allocazione Pareto-efficiente può essere raggiunta attraverso lo scambio. Per saperlo, si deve vedere se
NON esiste un’altra allocazione che possa migliorare il benessere di qualcuno senza danneggiare un altro.
Nell’economia si possono scambiare i panini dati. Lo scambio dipende dalle preferenze di ciascun
consumatore. Se si apre lo scambio, succede che i consumatori più affamati consumeranno 2 panini e il
secondo lo chiederanno a chi NON ha fame in cambio di qualcosa. Dopo la riallcoazione dei panini si è
migliorato perché i consumatori erano contenti di cederlo per 1€ e altri erano disposti a pagarli. Hanno
soddisfatto la loro domanda di panini. L’allocazione di partenza era giusta → avveniva secondo un criterio di
equità ma NON era Pareto-efficiente perché NON teneva conto delle preferenze dei consumatori. Attraverso
l’attività economica dello scambio, è migliorata l’allocazione delle risorse. Dal punto di vista dell’efficienza,
è migliorata l’allocazione delle risorse. L’allocazione che comprende lo scambio è superiore nel senso di
Pareto. L’unico difetto è che NON si potrebbe avere un equilibrio. Ci potrebbe essere uno squilibrio perché i
consumatori disposti a dare un panino panini sono maggiori di quelli disposti a compralo. Il prezzo NON è
tale da generare un equilibrio. Se c’è uno squilibrio tra domanda e offerta si deve vedere se ridurre il prezzo
del panino. L’allocazione raggiunta è superiore. Questo è il primo teorema dell'equilibrio del benessere.

continuazione intervento dello Stato a livello storico


L’idea che c’è in economía pubblica è che una delle cause dell’intervento pubblico sono il fallimento del
mercato. In alcuni casi, NON generano allocazioni efficienti (es. a livello macroeconomico ci sono i cicli
economici. Un'economia, anche se di mercato, è soggetta a periodi di boom e recessione). La recessione del
‘29 mise in crisi i principi dell’ideologia liberista → mercato prima o poi eliminerà le imprese inefficienti e
se si parte da una situazione di disoccupazione si ritornerà ad una situazione in cui le imprese efficienti
investono. Keynes le mise in discussione perché se ci sono situazioni macroeconomiche sono necessarie
politiche monetarie e fiscali che intervengono sul ciclo e in periodi di recessione si cerca di ridurre il tasso di
interesse, ridurre le imposte in maniera tale che si passi dalla recessione ad un periodo di nuova espansione.
Si cerca di stabilizzare un ciclo con le politiche economiche fiscali. Il sistema economico lasciato a se stesso
raggiunge l’equilibrio con la piena occupazione. Lascia sul terreno povertà, disoccupazione, fallimento delle
banche. E’ meglio cercare di intervenire quando c’è una crisi per attenuarne le conseguenze. Le conseguenze
della crisi del 2008 NON sono paragonabili a quella del 29 perché esisteva un Welfare State che prevede
sussidi di disoccupazione, salvataggio delle banche e delle imprese… tali per cui se una crisi genera
conseguenze negativi sono contenuti. Il fatto stesso che esista un sistema pensionistico, possibilità di salvare
le banche attenua le conseguenze della crisi economica. Questo è l’intervento dello Stato quando il mercato
fallisce nel garantire la piena occupazione. Dopo Keynes, lo Stato assume un ruolo più attivo. Più politiche
macroeconomiche, più regolamentazioni finanziarie per proteggere i risparmiatori, intervento nel settore
pubblico. Altri interventi sono per la mitigazione degli effetti sociali → previdenza e assistenza (es. sussidi a
chi NON trova lavoro perché il mercato NON offre). Sanità intesa come un diritto per tutti e sistema
universalistico per cui tutti vi possano accedere pagando nulla o una cifra modesta. Dopo Keynes, queste
politiche macroeconomiche e le politiche che hanno creato lo Stato sociale, hanno assicurato un periodo con
alti tassi di crescita e aumento di benessere fino agli anni ‘70. Questo periodo è stato interrotto a metà degli
anni ‘70 si è manifestata la stagflazione. Nei periodi di recessione diminuisce l’output, l’occupazione e i
prezzi (deflazione). Sono periodi di stagnazione e inflazione. Questo venne provocato dal fatto che ci fu un
cambiamento epocale nel mercato petrolifero e i prezzi quadruplicarono. Questo, insieme ai sistemi fissi,
provocò inflazione. Questi elevati prezzi del petrolio incisero anche sulla crescita del commercio
internazionale, trainante per l'economia. Anche se all’interno i consumi si riducono, l'economia cresce. Fu un
periodo abbastanza lungo da cui si uscì con un’inversione dei prezzi del petrolio e la ripresa del commercio
internazionale. Anche un sistema in cui ci sono politiche macroeconomiche rimangono degli squilibri, anche
territoriali. L'economia di mercato NON esclude che si formino delle povertà. Aumentare la spesa pubblica
NON ha risolto il problema degli squilibri economico sociali ma NON è riuscita ad affrontare il problema
della povertà o gli squilibri territoriali. La presenza strutturale dello Stato nell'economia, assistenza,
previdenza attenua gli effetti. Se si interviene nel mercato perché ci sono i fallimenti del mercato, si ha
sperimentato che ci sono anche i fallimenti dello Stato → Stato NON riesce sempre ad intervenire in maniera
efficace per raggiungere gli obiettivi con i programmi di spesa pubblica perché ci sono effetti indesiderati e
inattesi. I sussidi all’agricoltura sono messi in atto dalla comunità europea da decenni. Servivano a
mantenere in vita le piccole imprese con conseguenze negative a livello paesaggistico e di occupazione. I
sussidi all’agricoltura hanno creato vantaggi soprattutto per le grandi imprese. Dando sussidi all’agricoltura,
provoca un aumento dei prezzi dei terreni che vengono comprati dalle grandi imprese agricole che possono
sfruttare economie di scala. Senza i sussidi, le conseguenze sarebbero state più gravi. I sussidi sociali creano
un problema chiamato trappola della povertà → se si percepisce un sussidio di 500€ al mese e si offre un
lavoro di 600€ al mese preferisce mantenere il sussidio. Il problema può essere anche il salario troppo basso.
Si dice che, anche se ci sono i fallimenti dello Stato, NON deve essere limitato ma migliorato l’intervento
pubblico dal punto di vista del target → andare a concedere il sussidio a chi ne ha veramente bisogno e
questo implica meccanismi più sofisticati di quelli messi in atto. Che ci sia bisogno di intervento pubblico
deriva dall’eccessiva disuguaglianza nella distribuzione dei redditi. Oggi il problema distributivo in Italia e
altri Paesi è diventato molto più grande → grande differenza tra redditi elevati e redditi bassi. La
sperequazione è cresciuta enormemente e se NON ci fossero minimi interventi sulla distribuzione dei redditi,
il mercato NON sarebbe in grado di farvi fronte. Negli ultimi decenni la risposta a chi poneva questo
problema era sempre la crescita. L’idea è che se l'economia cresce è come dire che la torta a disposizione
cresce e si può darne una fetta più grande a tutti quanti. Bisogna puntare l’attenzione sulla crescita
dell'economia perché attraverso la crescita staranno meglio i più ricchi e i più poveri. Alla prova dei fatti,
l’idea di puntare sulla crescita per migliorare la situazione dei redditi ha dimostrato di NON funzionare
perché esiste il fenomeno delle persone che lavorano ma hanno stipendi bassi. Se si creano più posti di
lavoro, vuol dire che anche avere un posto di lavoro rischia di finire sotto la soglia di povertà. La crescita
NON è l’unica soluzione al problema delle sperequazioni. Bisogna intervenire con imposte, tasse, sussidi e
con un aumento dei salari. Il mercato conduce un’allocazione delle risorse efficiente ma sono ipotesi
restrittive. Nell’economía di mercati perfettamente concorrenziali sono pochi, sono maggiori i casi di
oligopoli. In caso di concorrenza perfetta, beni pubblici, esternalità e informazione incompleta il risultato del
primo teorema del benessere NON vale più. L’intervento pubblico deve insistere dove le conseguenze del
mercato sono significative. Gli economisti americani hanno un grosso peso sulle teorie. Qualcuno ha una
posizione estrema e dice che l’intervento pubblico deve limitarsi alle politiche di contrasto, mentre sono le
imprese che devono continuare ad avere un ruolo centrale. Queste opinioni diverse dipendono da quanto
sono gravi i fallimenti del mercato e quanto può porne rimedio l’intervento pubblico. C’è il contrasto tra
repubblicani e democratici. C’è una diversità di opinioni a questo livello perché si da un’importanza diversa
ai fallimenti di mercato. Un fallimento del mercato dovuto alle esternalità negative spiega i fenomeni del
cambiamento climatico. Per qualcuno richiedono l’intervento pubblico, per altri NON sono rilevanti. C’è
l’avversione alla disuguaglianza. Nelle varie società l’avversione alla disuguaglianza è differente tra i Paesi.
Si può pensare che la disuguglianza sia un valore che incentivi gli individui a migliorare le loro condizioni.
Le divergenze attuali sono minori di quelle di 100 anni fa e il ripensametnto si è tradotto in politiche di
liberalizzazione e privatizzazione. Il mercato dei voli era controllato dagli Stati, poi ha portato benefici. In
altre settori le regolamentazioni sono cresciute perché esiste il problema dell’inquinamento e le
regolamentazioni finanziarie.

Primo teorema dell’economia del benessere


Se tutti i mercati sono in concorrenza perfetta giungono all’equilibrio, si ha raggiunto sia l’equilibrio di
mercato che un’allocazione Pareto-efficiente perché nel punto di equilibrio le curve dei consumatori sono
tangenti. Richiama il Teorema della Mano Invisibile di Smith. La concorrenza perfetta nella realtà è difficile
da osservare, la maggior parte dei mercati sono oligopoli o monopoli (concorrenza imperfetta). Massimizza
benefici individuali e collettivi.
Secondo Teorema dell’Economia del Benessere
Tutte le allocazioni che stanno sulla curva dei contratti corrispondono ad allocazioni Pareto-efficienti, nei
quali i consumatori, attraverso lo scambio, massimizzano tutti i guadagni derivanti dallo scambio. NON è
possibile ottenere ulteriori vantaggi dello scambio se ci si sposta verso altri punti perché il miglioramento del
benessere di qualcuno NON porta beneficio ad un altro. Il perseguimento della massima efficienza NON
modifica la distribuzione del reddito. Tutti i punti sulla curva dei contratti sono efficienti sotto il criterio di
Pareto ma differiscono sotto il criterio di equità. Il secondo teorema interviene. Si supponga che
nell'economia ci sia un sistema per ottenere allocazioni più eque. Se nel contesto dell’isola, ci fosse una
preferenza per allocazioni più eque. Si suppone che nell’isola ci sia un capo con potere politico avverso alla
disuguaglianza e preferisce allocazioni più eque. Questo capo, osservando la situazione dei 2 naufraghi,
vuole portarli in equilibrio. Se si tratta solo di 2 consumatori su cui interviene il capo, un modo molto
semplice per arrivare ad E potrebbe essere quello di far aprire le valige ai consumatori e il capo redistribuisce
i beni tra Anna e Bill, togliendo (tassando) parte dei beni di Bille e li concede (sussidi) ad Anna. In questo
modo Anna avrà di più, Bill di meno e l’allocazione sarà più equa. In un’economía in cui ci sono diversi beni
e diversi consumatori, questa operazione che ha come obiettivo il raggiungimento di maggiori livelli di
utilità può NON avvenire allo stesso modo. Il secondo Teorema afferma che, sotto condizioni poco
restrittive, qualsiasi allocazione sulla curva dei contratti può essere sostenuta come equilibrio competitivo.
Mentre nel primo teorema si dice che ogni equilibrio assume Pareto-ottimale, nel secondo si può ottenere
qualsiasi allocazione Pareto-ottimale come equilibrio di un’economia di puro scambio. Sotto relazioni poco
restrittive vuol dire che si può tenere ogni allocazione sulla curva dei contratti come equilibrio competitivo
purché vi sia un'opportunità di redistribuzione delle risorse iniziali. L’operazione redistributiva consiste nel
tassare alcuni consumatori e sussidiare altri consumatori. Partendo da una situazione iniziale, interviene
l’autorità politica che decide di tassare alcuni consumatori e sussidiarne altri. Il livello dipende dall’obiettivo
che si vuole raggiungere. Vale per qualsiasi punto della curva dei contratti. Per raggiungere l’obiettivo di
equità posto, attraverso tasse e sussidi, si modifica l’allocazione iniziale. Si parte da una certa allocazione
iniziale, dopo di che qualcuno sarà tassato e avrà meno di quello che aveva nell’allocazione iniziale,
qualcuno sarà sussidiato e avrà d più di quello che aveva nell’allocazione iniziale. Questa è l’opportuna
redistribuzione. Il teorema dice che, una volta avvenuta la redistribuzione delle risorse o del reddito,
funzionano i mercati competitivi > individui possono scambiare i beni tra di loro e, attraverso lo scambio, se
l’allocazione NON era Pareto-ottimale, attraverso lo scambio mediato dai prezzi, si può arrivare ad un
equilibrio dei mercati competitivi. Gli step sono
- redistribuzione > cambia le dotazioni iniziali
- consumatori, con nuove dotazioni, scambiano i beni, massimizzano la loro utilità in base al vincolo di
bilancio dati i prezzi
- prezzo di equilibrio coincidente con una nuova allocazione Pareto-efficiente
Con tasse e sussidi si può raggiungere qualsiasi altro punto sulla curva dei contratti. Quando ci sono tanti
beni e tanti consumatori si tassa chi ha di più, si sussidia chi ha di meno e il ruolo dell’autorità politica si
ferma. Sono cambiate le allocazioni iniziali e, per raggiungere un’allocazione Pareto-efficiente, si usa il
meccanismo dello scambio su mercati competitivi. E’ necessario un meccanismo complesso per cui l’autorità
politica deve solo tassare e sussidiare, poi deve intervenire il mercato e trovare il prezzo di equilibrio. Si può
partire da qualsiasi punto esterno alla curva dei contratti e, attraverso lo scambio su mercati competitivi, si
arriva sempre in un punto sulla curva, che dipende da quello di partenza. Lo Stato, con la sua autorità di
sussidiare e tassare, NON porta subito all’equilibrio ma arriva in un’altra allocazione perché lo Stato NON
conosce le preferenze dei consumatori. L’economia di mercato opera in maniera decentrata perché ogni
consumatore conosce le sue preferenze. In base alle proprie preferenze e vincolo di bilancio, si tende a
massimizzare l’utilità per ottenere la combinazione di beni preferita e che si può permettere. Lo Stato NON
sa quello che individualmente è preferito e favorito. Il motivo per cui lo Stato NON può subito portare tutti
in equilibrio perché NON conosce le curve di indifferenza. Qualsiasi punto sulla curva può essere ottenuto
purché vi sia un’opportunità distribuzione delle risorse iniziali. L’idea fondamentale è che, con il secondo
teorema, si distinguono i problemi di efficienza e di equità. Lo strumento per migliorare l’effficienza è il
funzionamento dei mercati, che devono essere di concorrenza. Se si parte da un’allocazione NON Pareto-
ottimale, mediante lo scambio si può sempre raggiungere un equilibrio Pareto-efficiente, situato sulla curva
dei contratti. Attraverso il mercato si ha uno strumento per raggiungere la massima efficienza sul mercato dei
beni. Alcuni punti, in base alle preferenze politiche, possono piacere di più o di meno. Lo Stato provvederà a
tassare i più ricchi e sussidiare i più poveri. Con le tasse e i sussidi si raggiunge un altro punto che sarà più di
gradimento. Sono i mercati che funzionano attraverso un meccanismo decentrato in cui i consumatori
massimizzano l’utilità e decidono cosa comprare o produrre in base ai prezzi. Questo avviene attraverso un
meccanismo di mercato.

Attività produttiva
Anna e Bill sono rimasti sull’isola e si dedicano a produrre beni perché NON bastano più quelli a
disposizione in partenza. Sugli assi ci sono i fattori produttivi. L’attività di produzione consiste nel
trasformare gli input (lavoro, capitale) in output (cibo, vestiario). Dal lato dell’impresa che produce vestiario
c’è la quantità di lavoro L sulle ascisse e la quantità di capitale K sulle ordinate. Ogni punto dell’isoquanto
rappresenta una combinazione di capitale e lavoro perché si sta supponendo una certa possibilità di sostituire
lavoro e capitale. NON sono perfetti sostituti. Se fossero stati perfetti sostituti, l’isoquanto avrebbe avuto la
forma di una retta negativamente inclinata. Si ha un isoquanto per ogni output prodotto. Tutti i punti sono
combinazioni capitale-lavoro che consentono di ottenere una quantità di output. Viene indicata una lente
perché, se si avessero solo 2 imprese che usano lavoro e capitale, Anna e Bill potrebbero scambiarsi lavoro e
capitale in base alle esigenze. Attraverso lo scambio di input, partendo da un punto con una certa dotazione
iniziale di lavoro e capitale, si arriva ad un punto. Partendo da una certa dotazione iniziale di lavoro-capitale
che NON è quella ottimale per le 2 imprese. Siccome capitale e lavoro sono sostituibili, Anna e Bill possono
scambiarsi i beni e, spostandosi verso l’interno della lente, si arriva nel punto in cui le curve di isoquanto
sono tangenti. Partendo da R e spostandosi sulla curva dei contratti, Anna ha meno capitale e più lavoro,
mentre Biella avrà meno lavoro e più capitale. Si sta riproducendo l’economia di puro scambio solo che si
scambiano fattori della produzione per produrre output. Tuttavia, vale sempre che se si parte dal punto, si
può migliorare la situazione delle 2 imprese scambiando fattori produttivi e arrivare sulla curva dei contratti
dove gli isoquanti sono tangenti. Per produrre di più è necessaria una maggior quantità di fattore produttivo.
Lo scambio è basato sui fattori produttivi con la finalità di produrre output in maniera efficiente. La
pendenza della retta tangente in un punto dell’isoquanto è il saggio marginale di sostituzione tecnica tra i 2
output (vestiario e cibo) > SMST = ∆K/∆L. Nel punto iniziale succede che il saggio marginale di sostituzione
tecnica tra lavoro e capitale nell’impresa che produce vestiario (SMST C L,K). I capi delle 2 imprese
avranno convenienza a scambiarsi lavoro e capitale fino al punto in cui i saggi marginali di sostituzione sono
uguali. Spostandosi verso destra, si ottiene un nuovo isoquanto. Anche l’altra impresa, scambiando lavoro e
capitale, avrebbe la possibilità di ottenere una quantità di cibo maggiore e arriverebbe su un isoquanto di
livello più alto. Scambiando lavoro e capitale si può produrre di più. Si continua a scambiare finché NON ci
saranno più vantaggi derivanti dallo scambio > isoquato più alto possibile. Nel punto di equilibrio, il saggio
marginale di sostituzione tecnica tra lavoro e capitale è uguale al saggio marginale di sostituzione tecnica
nella produzione di vestiario e capitale. Il valore degli input è uguale e NON c’è più convenienza allo
scambio. E’ un punto ottimale.
Anche nel caso della produzione si deve porre il problema del passaggio da 2 consumatori e 2 beni a n
consumatori ed n beni. Lo scambio degli input tra le imprese avverrebbe tramite la moneta > lavoro e
capitale sono input che le imprese acquistano sul mercato con un prezzo
- salario > lavoro
- tasso di interesse > capitale
Si avrà un mercato anche del lavoro e del capitale dove i prezzi di equilibrio sono il salario e il tasso di
interesse. Lo scambio NON si svolge più con le stesse modalità di quando ci sono solo 2 imprese che si
scambiano lavoro e capitale perché è facile definire il valore di scambio del lavoro in termini di capitale e
viceversa. Nel caso generale si compra lavoro e capitale tramite moneta. Ciascuna impresa, se compra lavoro
e compra capitale avrà un costo totale dato dal costo unitario del lavoro (TC = W * L + r *K). Ciascuna
impresa compra lavoro e capitale e deve decidere qual è la quantità di lavoro e capitale che vuole acquistare
sui mercati. Questa decisione l’impresa la prende con l’obiettivo di minimizzare i costi di produzione > ogni
impresa sceglierà quella combinazione di lavoro e capitale che le consente di produrre al minimo costo. Se si
vuole avere K=f(L) si avrà
TC - W*L = r*K
TC/r - W/r *L = K
É una retta decrescente rappresentabile nello spazio. L’impresa vuole massimizzare la quantità di output
prodotta minimizzando il livello di costo. Si produrrà una quantità di output pari a Q0 e si ha la
combinazione di input L * e K * massima possibile. Nel punto Q0 la pendenza della retta tangente
all’isoquanto (SMSTL,K = W/r) W/r sono i prezzi relativi e pendenza dell’isocosto. Se lo scambio avviene
attraverso il mercato, nella scatola di Edgeworth, si parte da una certa dotazione iniziale R e si arriva ad un
punto sulla curva dei contratti E. C’è una retta che attraversa R ed E ed è una retta di isocosto per le 2
imprese. Le imprese hanno intenzione di massimizzare la produzione con le risorse che hanno a disposizione
o producono il massimo dato il budget che hanno. Raggiungono il punto E dove i 2 isoquanti sono tangenti
l’uno all’altro. Vale se il prezzo del salario e del capitale sono di equilibrio. Si supponeva che W ed r erano il
prezzo di equilibrio sul mercato del lavoro e del capitale > prezzi per cui NON ci sono eccessi. Il punto E è
un’allocazione Pareto-efficiente, dove i prezzi sono di equilibrio.

Efficienza del mix di produzione e del mix desiderato dai consumatori


Si potrebbe avere efficienza nello scambio e nella produzione ma la produzione dei beni desiderata dai
consumatori tramite lo scambio può NON corrispondere alla produzione di beni delle imprese. Il mix
desiderato dai consumatori deve corrispondere al mix delle imprese. Ci sarà un altro punto corrispondente ad
un altro mix. Curva di trasformazione o curva delle possibilità produttive o frontiera delle possibilità
produttive. Unendo i 3 punti si ottiene la curva dei contratti nella produzione. L’economía con i fattori
produttivi a disposizione può produrre tutti i punti sulla frontiera delle possibilità produttive. Sugli assi ci
sono le quantità dei fattori produttivi e di beni. Serve per vedere i mix produttivi che l’economía può
produrre. Si devono conciliare questi mix con il mix considerato dai consumatori nello scambio.

Lezione precedente
Per avere l’efficienza nell’allocazione nelle risorse si deve avere
- efficienza nello scambio > se i mercati sono concorrenziali, l’equilibrio che si determina. Nel punto di
equilibrio le curve sono tangenti, i SMS uguali
- produzione
Aggiungendo la produzione > consumatori diventano imprenditori e utilizzano lavoro e capitale per produrre
beni (abbigliamento e cibo), siccome le imprese minimizzano i costi, si avrà un’allocazione delle risorse
Pareto-ottimale dove gli isoquanti sono tangenti alla retta di isocosto e tra loro. Sul mercato del capitale e del
lavoro avvengono scambi come sul mercato dei prodotti. Raggiungego l’equilibrio sul mercato del lavoro e
del capitale, le imprese scambiarono o acquistano sul mercato questi fattori. L’equilibrio che viene a
determinarsi sul mercato degli input è efficiente perché nel punto di equilibrio gli isoquanti sono tangenti >
SMST è uguale. I fattori sono allocati in maniera efficiente e si ha efficienza nella produzione

Mix di prodotti
In un'economia con mercati concorrenziali, il mix di prodotti che è desiderato dai consumatori coincide con
il mix di prodotti che è effettivamente fabbricato dalle imprese. La curva delle possibilità. Nella curva dei
contratti si è nello spazio dei beni, quando si traccia la frontiera si è nell’utilità dei consumatori.
Nell'economia di produzione si ha una curva di contratti nella produzione > tutte le allocazioni efficienti che
si ottengono utilizzando efficientemente gli input (capitale e lavoro). Da questa curva si può derivare la curva
delle possibilità produttive > passaggio dallo spazio dei fattori produttivi allo spazio dei beni prodotti. Sugli
assi ci sono i beni prodotti e, date le dimensioni dell’economía, si vede la quantità efficiente che si può
produrre dei 2 beni. I vari punti corrispondo a diversi mix produttivi. Si può immaginare di passare da un
punto all’altro della curva e spostandosi lungo la curva, dall’alto in basso, si sta riducendo la quantità di cibo
e sta aumentando la quantità di vestiario. Se si prende un punto e si considera la pendenza della curva delle
possibilità produttive in tale punto, la retta tangente al punto, si sta misurano il saggio marginale di
trasformazione (MRT). Si vede la quantità di cibo a cui rinunciare se si aumenta la quantità di vestiario. La
pendenza della tangente è pari al rapporto tra la variazione della quantità di cibo e la variazione della
quantità di vestiario. Si sta misurando, dal punto di vista delle possibilità produttive, qual è la quantità di cibo
a cui rinunciare se si vuole aumentare la quantità di vestiario > costo opportunità del vestiario in termini di
cibo. Le risorse sono scarse e si deve scegliere qual è il mix produttivo. Il saggio marginale di sostituzione
rappresenta il costo opportunità. (SMT = ∆F/∆C). Il costo di opportuna, che corrisponde al SMS, è 1 > per
avere un’unità in più di vestiario si deve rinunciare ad un’unità di cibo (rapporto potrebbe essere di 1 a 1).
Vestiario e cibo nella produzione si scambiano di un rapporto 1-1 ma si deve controllare quello che succede
dal lato dei consumatori. Per farlo, si deve andare a vedere, nell’ambito dello scambio, sugli assi c’è sempre
il vestiario (X) e il cibo (Y), una curva di indifferenza e si suppone che, invece nello scambio, tenuto conto
del valore che cibo e vestiario hanno i consumatori, il SMS potrebbe essere 2 a 1. Dal lato del consumo e
dello scambio NON si ha uguaglianza tra SMS e SMT (SMSC,S≠SMT). Se il SMS è diverso dal SMT sulla
curva delle disponibilità produttive vuol dire che il mix produttivo ottenuto a livello di produzione NON
corrisponde al mix produttivo desiderato dai consumatori. Se si prende un'economia con mercati
concorrenziali, questa cosa NON succede. In un'economia con mercati concorrenziali, si ha sempre che il
mix produttivo fornito dalle imprese corrisponde al mix di prodotti desiderato in base alle preferenze dei
consumatori. E’ un’economía di mercati concorrenziali > prezzi di equilibrio. Su un mercato i consumatori
scambiano cibo e vestiario raggiungendo un equilibrio dei prezzi Pareto-efficiente. Il prezzo di equilibrio del
cibo P*F e P*C
SMS(A)C,F =. SMS(B)C,F = P*C/ P*F
Si deve verificare anche l’ uguaglianza tra i prezzi relativi e il SMT
PC*/ P*F = MRTC,F
Per dimostrare l’uguaglianza si parte dalla definizione di SMT = ∆F/∆C e si deve operare un passaggio
intermedio > dimostrare che SMT è anche uguale al rapporto tra il costo marginale di produzione del
vestiario e il costo marginale di produzione del cibo SMT = ∆F/∆C = MCC/MCF (MC=∆TC/∆Q)
Il costo marginale è il costo dell’impresa di produrre un’unità in più di prodotto (cibo, vestiario). Il punto di
partenza è il SMST ∆F/∆C * ∆TC/∆TC. La variazione della quantità di cibo sulla variazione del costo totale,
moltiplicato per la variazione del costo totale fratto la variazione della quantità di abbigliamento ∆F/∆C *
∆TC/∆TC = ∆F/∆TC * ∆TC/∆C = 1/MCF* MCC = MCC/MCF
Il SMT è uguale al rapporto tra i costi marginali di produzione. Tutti i mercati sono concorrenziali. Nei
mercati di concorrenza perfetta, le imprese scelgono la quantità ottimale da produrre in corrispondenza al
prezzo uguale al costo marginale. Dato il prezzo di mercato, l’impresa produce quella quantità per cui il
prezzo è uguale al costo marginale. Il rapporto tra i costi marginali è uguale al rapporto trai i prezzi. PF =
MCF PC = MCC. MCC/MCF = P*C /P*F
SMT = MCC/MCF = P*C/P*F = SMS(A) = SMS(B)
Ai prezzi di equilibrio in cui produce la quantità pari al costo marginale, i consumatori scambiano in maniera
tale che il SMS tra i consumatori sia uguale > tangenza tra le 2 curve di equilibrio dei consumatori. Il mix
produttivo delle imprese è uguale a quello desiderato dai consumatori > si è raggiunta l’efficienza del mix
produttivo. In un’economia di mercato, il mix desiderato dai consumatori diventa anche il mix produttivo
fornito dalle imprese. Il meccanismo è che i consumatori desiderano certe quantità di beni. Se ne desiderano
quantità maggiori, la loro domanda crescerà e il prezzo del bene sul mercato crescerà. Le imprese sono
incentivate a produrre di più dove il prezzo è alto. Usciranno dai mercati dove i prezzi sono bassi per andare
in quelli dov’è più alto. Se il prezzo cresce, le imprese producono una quantità maggiore del bene. Se i
consumatori domandano di meno, il prezzo diminuisce e si produce di meno. Nell’economía di mercato i
prezzi sono dei segnali che i consumatori trasmettono alle imprese per segnalare le quantità di beni preferite
e quelle meno. Nel breve periodo si verifica un aumento della domanda del bene, il prezzo cresce, entrano
più produttori, l’offerta del bene cresce e si torna ad un nuovo equilibrio. I consumatori, alla fine,
disporranno di più di quel bene che desiderano di più. Prima ne disporranno attraverso un aumento del
prezzo > ne vogliono di più, l’offerta NON è sufficiente e il prezzo cresce. Il prezzo che cresce segnala delle
possibilità di extra profitto delle imprese ed entrando, faranno aumentare l’offerta del bene e questo porterà
poi ad una riduzione del prezzo che in concorrenza perfetta nel lungo periodo NON può eccedere il costo
medio minimo. Il risultato trovato con una dimostrazione algebrica è, in realtà, intuitivo. Nell’economía
capitalistica e di mercato ci sono dei settori in declino perché di certi prodotti NON sono noti ed altri, per
qualche fenomeno (es. pubblicità, moda, cambio di preferenze), si crea una maggior preferenza per qualcosa.
Le imprese sono pronte a soddisfare questa preferenza perché, per loro, è un’opportunità di profitto. Ci
possono essere dei periodi di strozzature. Nell’economía pianificata NON c’è il mercato ma il pianificatore
(ufficio del piano) che deve fare una previsione. Trasmette la previsione alle imprese del sistema pianificato
che produco le quantità previste dal piano. Le economie pianificate erano anche sistemi politici dove
prevaleva la dittatura. Si può pensare al caso di un’economia pianificata, dove vengono prodotti 2 beni >
cibo (F) e mitra (M). L’URSS era un sistema ad economia pianificata. Ci sarà una curva delle possibilità
produttive. L’economia pianificata, dal punto di vista della produzione, è efficiente come un’economia di
mercato. Il problema è che, quando si deriva la curva delle possibilità produttive, la combinazione tra cibo e
mitra e il pianificatore darà retta alla dittatura al potere. Il dittatore vuole produrre tante armi e si è in un
punto dove si producono tante armi e poco cibo. Questo corrisponde alla preferenza di un singolo > curva di
indifferenza che rappresenta le preferenze del dittatore IDITTATORE e il dittatore ordina al pianificatore di
prevedere la produzione di tante armi. E’ un costo opportunità. I cittadini NON trovano il cibo che vogliono
acquistare.
MOTIVAZIONI DELL'INTERVENTO PUBBLICO Nelle economie di mercato, spesso, i mercati dei beni
NON sono mercati concorrenziali e crea dei problemi di fallimento del mercato. Le motivazioni
dell’intervento pubblico sul piano dell’efficienza sono i fallimenti del mercato. L’equilibrio del mercato
corrisponde ad un’allocazione Pareto-efficiente > mercato è il modo migliore per allocare risorse scarse. Ci
sono una serie di casi in cui si ha un mercato però l'equilibrio di mercato NON corrisponde ad un’allocazione
efficiente delle risorse. Questo è il caso dei mercati di concorrenza imperfetta.
Un primo caso di fallimento del mercato è l’esistenza di monopolio e concorrenza imperfetta (oligopolio).
In concorrenza perfetta c’è un meccanismo per cui se i consumatori vogliono più beni, si generano
opportunità di extraprofitto ed altre imprese entrano, aumentando l’offerta e il prezzo è diminuito. Al
contempo, le imprese, che sono in un settore in cui c’è meno domanda e il prezzo si abbassa, tendono ad
uscire perché c’è libertà di entrata e di uscita in quel mercato (es. acciaio). Nei mercati monopolistici ci sono
barriere all’entrata (es. brevetto del farmaco, miniere, licenza esclusiva del Comune). Ci sono una serie di
motivazioni per cui, sostanzialmente, NON c’è libertà di entrata. Si è in un settore, se c’è un aumento di
domanda il prezzo aumenterà ma NON sarà possibile per altre imprese entrare e produrre lo stesso bene.
L’offerta di quel bene, sostanzialmente, NON aumenta. Si rischia una situazione in cui il prezzo è aumentato,
l’offerta NO e il produttore-monopolista continuerà ad ottenere dei profitti (rendite dovute alla posizione del
monopolio) ma si avrà un prezzo maggiore. La situazione rimane stabile perché NON c’è possibilità di
entrata. Se vi fosse possibilità di entrata, altre imprese entrerebbero nel settore, l’offerta aumenterebbe e si
avrebbe una situazione nuovamente Pareto-efficiente. In monopolio, l’offerta rimane scarsa e si rimane in
equilibrio > monopolio produce di meno ad un prezzo più alto. La stessa situazione si può verificare in
oligopolio (es. mercato della birra). Anche se cresce la domanda, se si vuole entrare sul mercato si deve fare
un grande investimento per catturare lo stesso numero di consumatori (es. pubblicità). Ci sono dei casi in cui
c’è libertà di entrata ma sono necessari investimenti enormi che nessuno riesce a sfidare i produttori già
presenti sul mercato. Sono i casi in cui il mercato c’è ma si possono determinare equilibri dove la quantità
domandata è troppo bassa.

NON esclusività
Un secondo caso sono i beni pubblici. I beni pubblici sono diversi dai beni privati perché hanno delle
caratteristiche differenti definiti come NON rivalità del consumo > si può consumare la stessa quantità di
bene pubblico e si ottiene la stessa quantità degli altri (es. sicurezza pubblica, giustizia, difesa pubblica). Nel
bene privato c’è la rivalità del consumo. Nei beni pubblici c’è la NON esclusività > nessuno può essere
escluso dal suo beneficio. La conseguenza è che se si prova a vendere il bene pubblico attraverso il mercato,
nessuno sarà disposto a pagare > comportamento di free-riding. Nel caso dei beni pubblici il mercato NON
c’è proprio.

Esternalità.
E’ il terzo caso. C’è una conseguenza negativa. Se nessuno fa niente, l’impresa che inquina e usa l’altra.
L’attività economica provoca dei benefici per l’impresa che vende il suo prodotto ma c’è un costo in più >
costo relativo al danno ambientale. Questo costo l’impresa NON lo contabilizza > impresa sta producendo di
più rispetto a quella che sarebbe la quantità socialmente efficiente. Il costo relativo al danno ambientale è
sempre provocato dall’impresa per produrre un bene ma viene sopportato da quelli che subiscono il danno
ambientale. L’impresa può continuare a produrre. Il fatto che esista un costo NON contabilizzato significa
che l’impresa dovrebbe produrre di meno perché ha costi alti ma sta producendo una quantità eccessiva. Il
problema dell’esternalità negativa è produrre una quantità NON socialmente efficiente ma troppo. Nel caso
delle esternalità ambientali, l’impresa produce di più della quantità socialmente efficiente.
I possibili rimedi sono completamente diversi
- monopolio > rimuovere le barriere all’entrata
- inquinamento > trovare un modo di tener conto del danno NON considerato nella contabilità. Si possono
imporre dei limiti all’inquinamento (carbon tax) o la tassa ambientale. L’impresa avrà un costo e produrrà di
meno
E’ un esempio di fallimenti del mercato che possono dipendere dal fatto che
- mercato esiste ma la quantità prodotta NON è efficiente > monopolio - esternalità negativa - assenza del
mercato perché NON può funzionare > beni pubblici Ci sono altri casi dovuti a - mercati incompleti >
qualche volta il mercato NON esiste (es. mercato delle assicurazioni, assicurazione statale per i piccoli
risparmi)
- informazioni asimmetrica
Sono i casi di fallimento di mercato in cui lo Stato interviene

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