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Dispensa Globale Master di PNLS

Per cominciare….
La PNL nasce da un atteggiamento

- assunzione della propria responsabilità nelle relazioni


- adozione di flessibilità nei comportamenti
- disponibilità alla osservazione
- disponibilità alla sperimentazione
- apertura alle informazioni di ritorno

... Si adottano comportamenti - si sperimentano nelle relazioni - si osservano le relazioni, nel rispetto degli altri - si
adottano comportamenti...

La PNL può essere pensata come:

- una mappa di come organizziamo i nostri processi di pensiero


- una cornice per scoprire cose su come lavoriamo, viviamo, pensiamo
- un modo di organizzare la propria attenzione
- uno sviluppo di abilità, di azione e interazione

L’importante è sperimentare nella vita quotidiana alcune delle proposte che ci rivolge

PERSONALE PROFESSIONALE

C’è una grande area che è comune tra sviluppo personale e professionale.
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CONTENUTO - PROCESSO

Siamo multifunzionali e reagiamo a vari livelli di informazioni.

Riteniamo di agire sulla base del contenuto (cosa), ma in realtà reagiamo in misura molto maggiore al processo
(come).

Il significato che attribuiamo a ciò che percepiamo dipende dal contesto e dalla relazione che abbiamo con ciò che
vediamo, udiamo, sentiamo.

CONTENUTO
(verbale - “cosa”)

PROCESSO
(non verbale - “come”)

Da tale atteggiamento scaturisce una metodologia:

- differenziare mappe e territorio


- fare modelli
- usare ciò per obiettivi

Questo ci consente di evidenziare come agiamo e come mettiamo insieme i vari pezzi della nostra esperienza.

Da tale metodologia si sviluppa una tecnologia, utile all’applicazione di tecniche in ambiti specifici.
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COMPORTAMENTI, PROCESSI, STATI

- comportamenti esterni (cosa facciamo)

- processi interni (come facciamo a fare una determinata cosa)

- stati interni (emozioni, intenzioni, valori, perché fare una determinata cosa)

La fisiologia ci dice cosa la persona


sta facendo, non il perché

PROCESSI INTERNI
(attenzione)

COMPORTAMENTI
ESTERNI (azione)

STATI INTERNI
(interazione)
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RAPPRESENTAZIONI - FORMULA DI COMPORTAMENTO

FILTRI

RAPPRESENTAZIONI
INTERNE
(VAK) Cancellazione
Distorsione
Generalizzazione

EVENTI
ESTERNI

STATI
INTERNI

COMPORTAMENTO
FISIOLOGIA ESTERNO
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IL FEED BACK

Il feedback può essere definito come informazione di ritorno.

Il comportamento produce conseguenze osservabili ed il modo in cui noi utilizziamo il feedback influenza il nostro
comportamento successivo.

In questo senso ogni persona può scegliere a cosa e come reagire, esponendosi a propria volta ad un feedback.

Il modo in cui si utilizza sarà ciò che determina la prestazione: le persone che hanno prestazioni straordinarie in un
campo, hanno in quel campo un sistema di feedback raffinatissimo, che consente loro di affinare al massimo le
prestazioni.
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STRATEGIE

Zingarelli '95
Strategia = Branca dell'arte militare che tratta della condotta di guerra.
Comportamento strategico tenuto da un comandante, un esercito e simili.
Abilità nel raggiungere lo scopo voluto, specialmente in situazioni non facili.

P.N.L.
Strategia = Sequenza di rappresentazioni (VAK) sensoriali interne ed esterne che
termina con un risultato, prevede consequenzialità fra i suoi passi ed ha un
senso in relazione ad un obiettivo.

 Ogni comportamento è conseguenza di schemi neurologici, ossia di sequenze di rappresentazioni all'interno


dei nostri sistemi rappresentazionali
 Se ha luogo lo schema neurologico, ha luogo il comportamento. Se non ha luogo lo schema neurologico, non
ha luogo il comportamento.
 Queste sequenze di rappresentazioni si chiamano strategie.
 Ogni nostro comportamento manifesto è regolato da strategie operanti internamente.
 Vi sono strategie funzionali all'ottenimento di risultati desiderati e vi sono strategie disfunzionali che ne
impediscono l'ottenimento.
 Le strategie possono essere modificate e se ne possono creare di nuove.
 Cambiare le strategie può servire ad esempio ad aumentare le scelte a disposizione del soggetto, eliminare
sensazioni "K-" determinate da strategie inadeguate, incrementare la capacità e facilità di apprendimento.

In questa sua ricerca la PNL prende avvio dal modello proposto da Miller, Pribram e Galanter, 1960, "Piani e struttura
del comportamento".

Il t. o. t. e.

Le strategie vengono descritte in termini di T.O.T.E.


Il T.O.T.E. è l'unità minima per descrivere una particolare sequenza di comportamento ed è un sistema di
complessizzazioni successive.

T. test
0. operation
T. test
E. exit

Nel modello di tote sono inseriti i concetti di feedback e di risultato. Il che può venire definito anche
un'operazione dì retroazione come attività fondamentale inserita tra lo stimolo e la risposta, (Sulla retroazione e
feedback è interessante la prima parte di “L'estetica del cambiamento”, v. bibliografia).
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Elicitazione di strategie

Esempio di tote

1. Test: volume dello stereo alto


2. Operazione: regolo pulsante del volume
3. Test: volume o.k.
4. Uscita: blocco pulsante del volume
oppure
3. Test: volume non o.k,
allora
2. Operazione: regolo ulteriormente pulsante del volume
3. Test: volume o. k.
4. Uscita: blocco pulsante del volume

Anche i singoli punti di questo tote sono descrivibili in termini di tote (quello relativo alla mia strategia per sapere che il
volume é troppo alto, o per sapere come e quanto girare il pulsante ecc.) inoltre questo tote intero può essere parte di
uno più ampio “metto un cd”)

Esempio di VAK - strategia

Ascolto volume stereo Ae / sensazione spiacevole K- / confronto il suono stereo con mio suono interno Ai / guardo
posizione pulsante Ve / confronto posizione pulsante con mia immagine pulsante Vri/ allora giro pulsante e rifaccio i
due confronti A; V / provo sensazione gradevole K+ che mi consente di uscire.

Non è affatto necessario avere coscienza di tutte le fasi di una particolare strategia perché essa entri in azione, avviene
anzi il contrario: quanto più abituale ed inconscio diviene un comportamento tanto più segnala che lo abbiamo
incorporato (v. ciclo della competenza).

Le strategie possono venire elicitate, cioè estratte, rese consapevoli e manifeste.


Sì possono porre domande specifiche al soggetto, non del tipo troppo ampio "che strategia usi per ... ?" ma che vadano
nella direzione di "come fai a fare ?" e "cosa vedi ascolti e provi quando/mentre ... ?" e anche “come fai a sapere che
...?” oppure si può mettere il soggetto nella situazione in cui questa strategia si presenta naturalmente (magari con un
"come se") eventualmente ricreando/simulando parte dei contesto in cui si innesca ed agisce; a volte può essere di
aiuto far amplificare o esagerare parte della strategia per recuperare la consapevolezza del resto.

Conclusione: la sequenza di sistemi rappresentazionali così come si presenta in questa tal strategia or ora elicitata è
adeguata al compito? (distinguere una sfumatura di colore usando rappresentazioni A ed escludendo quelle V potrebbe
rivelarsi impresa interessante ma certo ardua...)
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APPRENDIMENTO

• Apprendimento 0:

è quello della specificità della risposta, dei riflessi condizionati, della saldatura delle connessioni causali tra stimolo e
risposta, della risposta determinata in massima parte da fattori genetici, di quei comportamenti adattivi in cui tutti gli
“errori” non sono suscettibili di correzione per “tentativi di errori”, pertanto le azioni non sono passibili di
modificazioni.

• Apprendimento 1:

è possibile la correzione della scelta all’interno dell’ambito dello stesso insieme di alternative; si tratta di un
cambiamento correttivo o rimediale. E’ legato al condizionamento classico pavloviano, di apprendimento che si
presenta in contesti di ricompensa strumentale, di apprendimento meccanico, di distruzione o annullamento di un
apprendimento già “completato”, a seguito di un cambiamento o di assenza di rinforzo.

• Apprendimento 2:

si tratta di un cambiamento generativo.


Può essere definito come apprendimento d’insieme, apprendere ad apprendere, trasferimento di apprendimento.
Viene cambiato il sistema delle alternative cioè si effettua un cambiamento nel processo di apprendimento 1. I
fenomeni dell’apprendimento 2 possono essere tutti classificati come cambiamenti nel modo in cui il flusso di azione
ed esperienza è segmentato o suddiviso in contesti.
Ciò che viene appreso è un modo di segmentare gli eventi.

• Apprendimento 3:

si tratta di un cambiamento evolutivo.


Apporta correzioni all’interno del sistema degli insiemi di alternative. Se l’apprendimento 2 è un apprendimento dei
contesti dell’apprendimento 1, allora l’apprendimento 3 è un apprendimento dell’apprendimento di quei contesti.
Esso conduce a una maggiore flessibilità nelle premesse acquisite mediante il processo di apprendimento 2 e ad
una liberazione dalla loro tirannia perciò una ridefinizione dell'io, che non fungerà più da argomento cruciale nella
segmentazione dell’esperienza.

I livelli di apprendimento sono legati ai livelli logici (comportamenti, capacità, credenze, identità) e nelle pagine di
Bateson sulle categorie logiche dell’apprendimento e della comunicazione (pagg. 302 -338 di “Verso un’ecologia della
mente” ed. Adelphi) le riflessioni che l’autore propone sono meglio definite con numerosi esempi tratti dalla ricerca
biologica, fisica, antropologica, sociale.
Sono anche interessanti le riflessioni sui contesti e sull’apprendimento delle macchine e sui legami tra tipologie logiche,
tipologie di apprendimento e quelli che la PNL chiama livelli logici.
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MODELLAMENTO

Scopo del modellamento è creare una mappa pragmatica di alcuni fenomeni particolari che possono essere usati per
riprodurre quel fenomeno da chiunque sia motivato a farlo.

Per il modellamento occorre identificare gli elementi essenziali di pensiero e di comportamento richiesti per creare la
risposta/risultato desiderato. In questo modello è contenuta la descrizione di ciò che è necessario e sufficiente per
raggiungere l’obiettivo prefisso. In PNL si definisce “eleganza”.

Qual è il TOTE per un modellamento efficace?

Caratteristiche di un modellamento efficace

- identificare i fini del modellamento


- identificare le evidenze sensoriali usate dal modello nel suo percorso verso l’obiettivo
- identificare il set di scelte usate dal modello per raggiungere l’obiettivo ed i comportamenti
usati per attuare queste scelte

Il modellamento può avere una forma implicita, quando si costruisce l’esperienza soggettiva dalla seconda posizione
percettiva; può avere una forma esplicita quando dalla terza posizione percettiva si descrive una struttura esplicita
dell’esperienza del soggetto, che sia anche trasferibile ad altri.

Cosa entra in gioco col modellamento?


Rapport
Ricalco e guida
Posizioni percettive
Domande
Metamodello
Evidenze sensoriali, elicitazione di strategie
Obiettivi
Metaprogrammi
Livelli logici
E altro ancora...?

P.S. Il modello (nel senso di colui che intendiamo modellare) può essere più d’uno.
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PROGETTO DI MODELLAMENTO
Foglio di lavoro

1. Scrivi un titolo o una frase dove è definita l’essenza del tuo progetto di modellamento

2. Qual è la capacità o il risultato su cui si impernia il tuo progetto?

3. Chi prenderai a modello?

4. Esistono contesti o situazioni particolari in cui hai bisogno di coinvolgere e osservare le persone prese a modello?

5. Quali sono i risultati desiderati (scopi e obiettivi) del progetto di modellamento?

6. Quali sono gli effetti del progetto di modellamento ? (Ottica di sistema: chi ne trarrà vantaggio e come, in che modo
andrà a beneficio di un sistema o di una comunità più ampia ecc.)

7. Quali convinzioni/criteri guideranno il progetto?

8. Quali saranno gli output specifici del tuo progetto?

9. Qual è la cornice temporale in cui intendi realizzare il tuo progetto di modellamento?


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PROCEDIMENTO DI VERIFICA PER IL MODELLAMENTO

Preparazione :

• Quali criteri userai per individuare la persona da modellare?

• Come farai a sapere che la persona ha l’abilità da modellare?

• Come fanno gli altri a sapere che la persona ha l’abilità considerata?

Raccolta informazioni:

• Quali criteri userai per sapere di aver preso efficacemente a modello la capacità? (Elicitazione strategie,
metaprogrammi, convinzioni, rappresentazioni interne…)

• Come fa la persona presa a modello a sapere di avere l’abilità considerata o di aver raggiunto il risultato
desiderato? (T.O.T.E.)

• Come farai tu a sapere di aver appreso l’abilità posseduta dal modello?

• Come faranno gli altri a sapere che tu hai appreso questa abilità?(OUTPUT)
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MODELLAMENTO E LIVELLI LOGICI


Domande per il modellamento a più livelli

1. Qual è il contesto in cui la capacità ha luogo?

2. Quali sono i comportamenti specifici associati al processo?

3. Quali pensieri e capacità interni sono associati a questi comportamenti?

4. Che cosa è importante per te mentre esprimi questa capacità?

5. Perché questa capacità e comportamenti esprimono i tuoi valori e in cosa credi?

6. Se tu esprimi questi valori, convinzioni, abilità e comportamenti, chi sei o a chi somigli?

7. A chi altri è utile la tua attività? Qual è la tua missione?

8. Qual è la tua idea del sistema più ampio in cui stai realizzando la tua missione? Qual è la tua visione?
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IL MODELLO S.O.A.R.

Maestro non è chi sa già le risposte e possiede le soluzioni, ma chi è in grado di porre domande utili e indirizzare il
processo di apprendimento (Robert Dilts)

Il S.O.A.R. (State-Operator-And-Result) è un struttura per risolvere problemi e gestire processi informativi. Venne
sviluppato da Allen Newell, Herbert Simon e Clifford Shaw negli anni 50 e fu usato per creare programmi che sapessero
giocare a scacchi. Per fare questo svilupparono un modello con il quale insegnare al computer a diventare un esperto
di scacchi imparando dalla propria esperienza ricordando come faceva a risolvere di volta in volta le situazioni sulla
scacchiera.

Quindi la struttura del S.O.A.R. fu sviluppata per permettere ai computer di imparare a risolvere problemi complessi
come giocare a scacchi. I computer non furono programmati per giocare a scacchi, ma piuttosto per imparare a giocare
a scacchi attraverso la ricezione del feed-back dall’attività di giocare a scacchi. Ogni volta che gioca a scacchi il
computer impara qualcosa di nuovo. Di conseguenza diventa sempre più abile.

Usando il modello S.O.A.R., il processo di raggiungimento del risultato in un sistema implica muoversi da uno stato
presente (Sp) ad uno stato desiderato (Sd) attraverso un percorso di transizione tra stati che coprono diverse aree del
problema.

Stato di Partenza Stato di arrivo


Stato Problema Stato Risorsa
Stato Presente Stato Desiderato

Lo spazio problema ha a che fare con tutti gli elementi fisici e non fisici che influenzano lo stato del sistema.
Nel gioco degli scacchi, per esempio, lo spazio problema è definito dalla scacchiera, dai vari pezzi e dai giocatori. Lo
stato presente è definito dalla posizione dei vari pezzi sulla scacchiera. L’obiettivo è dare scacco matto all’avversario.
Le operazioni sono le mosse legali associate ad ogni pezzo. [SOAR Model, NLP University Press]

In ambito cognitivo lo spazio problematico non è semplicemente lo spazio fisico associato a un dato problema, ma può
essere formato anche dai rapporti, dai valori, dalle percezioni e dalle convinzioni.
Lo spazio problematico viene definito quindi dagli elementi, fisici e non, che creano o contribuiscono a creare il
problema.
Un’efficace problem-solving implica due fasi: 1) arricchire e chiarire la nostra percezione dello spazio problematico e 2)
definire o creare una zona di spazio risolutivo sufficientemente ampia da affrontare tutti gli aspetti rilevanti dello spazio
problematico.

“il nostro pensiero crea problemi che lo stesso


pensiero non può risolvere”
(Albert Einstein)

L’intero scopo di un efficace problem-solving consiste nel trovare un modo di pensare diverso da quello che genera il
problema, dopo di che, auspicabilmente, quest’altro modo di pensare ci condurrà a uno spazio risolutivo ampio almeno
quanto quello problematico, se non di più, e in cui sia possibile reperire alternative e risorse adeguate.

Un problema può essere definito essenzialmente come il divario tra lo stato attuale e lo stato che si desidera, nonché
come l’insieme delle questioni che devono essere affrontate per raggiungerlo.
[Robert Dilts, Creare modelli con la PNL]
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Applicazione della PNL al modello “S.O.A.R.” (State Operator And Result)

I principi concettuali e comportamentali e gli strumenti della PNL ci permettono di applicare questo modello alle aree del
problem–solving umano, del management e della comunicazione.

Intraprendiamo azioni in un sistema a partire dal nostro modello di quel sistema. Se il modello è limitato possiamo
intraprendere azioni limitate o non ecologiche.
Gli elementi chiave in PNL sono: riconoscere quello che c’è (pacing) e poi aggiungere (leading).

La domanda di partenza è: come usare la PNL per guidare il cambiamento.


Per gestire un sistema e guidarlo verso il cambiamento, occorre averne un modello, creare una mappa del sistema.

Come concettualizzare un sistema? Come creare un modello, una mappa? Cosa includere nella mappa?
Serve un modello per interpretare il feed-back, per decidere cosa fare, che tecniche usare, per anticipare quello che
succederà.

Tutti i modelli di PNL sono modi di punteggiare l’esperienza. La mappa è la conseguenza del tipo di punteggiatura
usata.
(Punteggiare per metaprogrammi è una macro punteggiatura, per grandi chunks, punteggiare per movimenti oculari,
respiro è una micro punteggiatura, per piccoli chunks).

Una stessa esperienza può essere punteggiata in tanti modi diversi. La punteggiatura si collega a credenze, valori,
assunti, può svelare presupposti. Come punteggiamo un sistema determina il modo in cui poi andiamo a cambiarlo.

E’ molto importante scoprire la diversità delle mappe ma anche la struttura che connette i diversi elementi della mappa;
in questa interconnessione tra gli elementi nel sistema possono essere trovati elementi di comunanza.

Ci sono prospettive diverse da cui fare una mappa: ad esempio, dalla prospettiva del leader, identificando sé come
parte del sistema; oppure dalla prospettiva di un di un dipendente d’azienda, oppure ancora da una prospettiva esterna
al sistema stesso.

La posizione percettiva determina il modo di vedere le interconnessioni nel sistema.

Per pensare sistemico occorre che nella mappa, oltre agli elementi di struttura (chi e che cosa) vengano inclusi i circuiti
di feed-back (mappa di processo).
Peter Senge in “Learning Organization” dice che per fare una mappa sistemica occorre identificare i circuiti di feed-back
fondamentali che si collegano allo stato ed alle condizioni del sistema.
Le mappe sistemiche sono mappe di processo e non solo mappe di struttura.
Viene descritto così uno scenario che ha a che fare con ciò che inibisce o libera le capacità (feed-back negativo e
positivo: il primo riduce la variazione, il secondo la amplifica).
Il feed-back può avvenire a diversi livelli logici e può produrre cambiamenti e amplificazioni ad altri livelli.

L’obiettivo in termini di sopravvivenza di un sistema è l’equilibrio, la ricerca di un punto di stabilità. L’ecologia è il criterio
primario nel pensiero sistemico.
Ma per sopravvivere i sistemi devono crescere e cambiare e questo implica avere i problemi da risolvere.
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Problem solving

Pensare alla soluzione di un problema per la PNL non è pensare in termini di soluzione giusta.
Si tratta piuttosto di arricchire la mappa all’interno della quale qualcosa è pensato come problema; di creare cioè uno
spazio-soluzione che sia più ampio dello spazio-problema e che permetta alla persona o all’organizzazione di avere più
risorse, più scelte nella situazione o di considerare la stessa da un punto di vista diverso. (Vedi anche presupposto della
varietà necessaria).

Per favorire questo cambiamento (che è un cambiamento di significato) e aprire spazi per la soluzione dei problemi la
PNL introduce tre distinzioni.

Il primo modo di trasformare il significato è di cambiare la cornice temporale in cui viene percepito un evento (es.
esperienze di crisi diventate in momenti successivi esperienze di apprendimento).

Il secondo modo riguarda le posizioni percettive: ha a che fare col trovare altre prospettive. Niente ha un unico
significato. Da un certo punto di vista non posso trasgredire delle regole, da un altro punto di vista posso essere
contento di trasgredire delle regole.

Un terzo modo implica i livelli logici: è una questione di cosa fare o cosa sono io?

L’esplorazione di queste tre aree permette di ampliare lo spazio soluzione di un problema, di trovare nuovi modi di
pensiero, di attivare risorse che la persona o l’organizzazione ha ma che non vengono attivate nella mappa dello spazio
problema.

Una volta definiti i parametri del modello SOAR, chi risolve il problema deve elaborare una strategia di ricalco dello
stato presente e di guida verso lo stato desiderato, trovando la sequenza di operatori che porteranno dallo stato di
partenza a quello di arrivo.

Ogni stato di transizione è un luogo di feed-back, che consente di sapere se si sta andando verso lo stato desiderato.

L’obiettivo della PNL è di aumentare le possibilità di scelta delle persone, avendo come premessa che permette questo
la flessibilità, l’ampliamento delle mappe e degli spazi percettivi.
Il contributo della PNL sta nel creare modelli sempre più efficaci dei sistemi nei quali opera.

Il valore fondamentale di qualsiasi tipo di modello consiste nella sua utilità. Una mappa strumentale consente di agire
con maggiore efficacia: la ‘precisione’ o la ‘realtà’ della mappa sono meno importanti della sua ‘utilità’.
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Le idee base del modello SOAR sono che:

 Noi operiamo all’interno di uno SPAZIO PROBLEMA


 Questo spazio include tutte le possibili manifestazioni di uno STATO, anche quelle che non appaiono, quelle
potenziali (Non c’è solo il sintomo visibile ma anche le cause nel passato).
 Include quindi anche gli elementi relativi
• allo stato desiderato
• a possibili stati di transizione
 comprende gli elementi per soddisfare l’ecologia (Sé / Altri)
 evidenzia gli “ostacoli” / interferenze da superare

Il modello SOAR permette quindi di comprendere lo spazio totale coinvolto nelle manifestazioni di un problema, di un
obiettivo e nella loro dinamica. Il suo successo è nell’approccio sistemico.

“Se tu fai quello che hai sempre fatto, otterrai


quello che hai sempre ottenuto” (David
Gordon)
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Spazio problema

Definisce lo spazio o ambito cognitivo, gli elementi rilevanti, significativi del problema all’interno del quale si
verificano una sequenza di stati e una serie di operazioni che permettono di passare da uno stato all’altro.

Osservazione di un sistema è:

 osservare la struttura: come è fatto?


 analisi della dinamica: come funziona? (struttura dei processi)

Per cambiare un sistema domandarsi:

 quale effetto voglio ottenere dal sistema?


 qual è l’obiettivo?
 che cosa devo immettere nel sistema per ottenere l’effetto che desidero? (stimolazioni)

Lo spazio del problema nelle relazioni umane è dato da relazioni fra sé ed altri, fra sé e sé, fra altri ed altri in
rapporto ad obiettivi.

Uno spazio risolutivo contiene alternative e risorse che ci consentono di superare, trasformare o evitare il
problema.
Quando le soluzioni trovate risultano comunque inadeguate, è perché non affrontano tutti gli elementi del
problema.
[Robert Dilts, Creare modelli con la PNL]

SPAZIO RISOLUTIVO SUFFICIENTE

SPAZIO PROBLEMA

SPAZIO RISOLUTIVO INSUFFICIENTE


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Gli stati

All’interno di uno spazio problema ci sono STATI che cambiano.


Uno stato è determinato da come le relazioni tra noi, gli altri e gli obiettivi sono organizzate in termini di:

 livelli logici (a cui avvengono scambi o interazioni)


 posizioni percettive (dalle quali gli eventi vengono percepiti)
 cornici temporali (che sono implicate).

Livelli logici

• Sono il modello base per esaminare la complessa struttura gerarchica del comportamento umano.

Id en tità: C h i? C am biam ento


ev olutivo
M issione/scopo gen erale: il sen so d i ciò

N o n v isib ile
V a lori/C o n vin zion i: C o sa c’è d i im p ortan te? P erch é?
Il m io sistem a di co n v izio n i – valo ri, criteri – P erm esso e m o tivazion e
So no in gerarch ia, So no generalizzazion i d i s trategie e abilità e n om ina lizzaz io ni
C am biam ento
genera tivo
A b ilità /C a p acità: C om e lo faccio ?
Le m ie capac ità – Stati, strategie, m app e, p ia ni – D irezion e
Son o strategie d i com p ortam en ti: una d eco ntestu alizzazion e d i com po rtam enti

C om p ortam en ti: C o sa faccio?


V isib ile C om po rtam en ti specific i – A z ion i
C am biam ento
In terazio ne con qu alcun o o con l’am b iente rim ediale
A m b ien te: D ove lo faccio ?
C o ntesto esterno – R eazio ni – V inco li e op po rtun ità

E ’ u na piram ide perch é m ano a m ano ch e sa liam o g li o g getti dim in u isco no in nu m ero m a au m en tan o in com p lessità.

• Il cervello, e di fatto ogni sistema biologico o sociale, è organizzato in livelli. Il cervello ha diversi livelli
di elaborazione, cui corrispondono diversi livelli di pensiero e modi di essere.

• Gregory Bateson (1973) ha fatto notare come, nei processi di apprendimento, di cambiamento e di
comunicazione, ci siano delle gerarchie naturali di classificazione. La funzione di ciascun livello era
per lui quella di organizzare l’informazione del livello sottostante. Le regole per cambiare qualcosa ad
un certo livello erano diverse da quelle per cambiare qualcosa al livello sottostante. Il cambiamento di
qualcosa ad un livello più basso poteva influenzare i livelli più alti, anche se non necessariamente; ma
il cambiamento ai livelli più alti avrebbe necessariamente modificato le cose ai livelli sottostanti,
perché potessero sostenere i cambiamenti dei livelli superiori.
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Posizioni percettive

In un problema possono essere coinvolte più persone (o parti) significative. Le posizioni percettive si
riferiscono ai punti di vista che ognuno di noi può prendere riguardo a una relazione tra se stesso e
un’altra persona.

 Le persone percepiscono l’esperienza da diverse posizioni percettive:

• dalla propria posizione (1.a posizione): la persona vede il mondo con i propri occhi, associata al
proprio punto di vista, alle sue convinzioni, ai suoi valori.

• in metaposizione, vedere se stessi in posizione dissociata rispetto a sé.

• in 2.a posizione, associata al punto di vista dell’altro, come se si fosse nei suoi panni, si avesse
la sua visione del mondo.

• in 3.a posizione, in posizione dissociata, dal punto di vista di chi osserva la relazione fra sé e
l’altro. Punto di vista esterno alla relazione fra voi e l’altra persona, che tiene in considerazione
tutti i livelli di entrambe le posizioni.

 Uno stato problema/soluzione può richiedere di:

• rappresentare punti di vista diversi (del sé / di altri)


• rappresentare obiettivi ed interferenze del sé e di altri.

 Le persone hanno pattern di posizioni percettive tipiche della loro organizzazione dell’esperienza
soggettiva.

 La capacità di mettersi nei panni di un altro, (2.a posizione) nella sua visione del mondo al livello
appropriato, è un prerequisito per comunicare efficacemente, per integrare obiettivi comuni.

 Le posizioni percettive sono un modello fondamentale per fare cambiamenti.

Cornici temporali

Le persone hanno modalità diverse di organizzare l’esperienza percettiva del tempo.

Le cornici temporali a cui l’esperienza percettiva è riferita possono riguardare:

 il passato
 il presente
 il futuro

Percepire un compito o una relazione in rapporto con il passato remoto darà loro un significato e una
prospettiva diversi rispetto al percepirli in rapporto alla situazione attuale, il futuro immediato o il futuro a
lungo termine.
La valutazione che una persona fa di una particolare esperienza cambierà a seconda della cornice
temporale che usa per soppesarla.
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Gli operatori

Nell’applicazione del modello in PNL non si possono cambiare direttamente le posizioni percettive, o i
livelli logici o le cornici temporali perché questi sono concetti cognitivi, astrazioni che noi creiamo
mentalmente.
Tuttavia è possibile agire su di essi tramite gli operatori del LINGUAGGIO, dei SISTEMI
RAPPRESENTAZIONALI, della FISIOLOGIA per modificare gli stati.

Gli stati sono percepiti tramite i sensi, il linguaggio, il comportamento fisico. Sono questi gli unici processi
direttamente accessibili ad essere osservati e influenzati.

In ultima analisi, sono queste le abilità cognitive, linguistiche e comportamentali che determinano
l’efficacia o l’inefficacia dei comportamenti.
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Applicazione del modello “S.O.A.R.” in PNL

Schema riassuntivo

I principi concettuali e operativi e gli strumenti della PNL ci permettono di applicare questo modello alle aree
della soluzione dei problemi umani, del management, della comunicazione.

Lo Spazio problema

Possiamo definire lo spazio problema delle interazioni umane come la relazione tra le dimensioni del Sé,
Altri e Obiettivi esterni.
Per esempio le abilità di leadership debbono essere esercitate rispetto a tutti i livelli fondamentali che
costituiscono lo “spazio problema” della leadership: (a) la persona del leader; (b) la relazione che questi
intrattiene con i suoi collaboratori; (c) il sistema nel quale opera e (d) gli obiettivi che intende raggiungere
con i suoi collaboratori entro quel dato sistema.
[Robert B. Dilts, Leadership e visione creativa, Guerini e Associati]

Abilità di pensiero sistemico

Sistema
Abilità personali

Sé Obiettivo Abilità di pensiero


strategico

Altri
soggetti
coinvolti
Abilità relazionali
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Esempio di spazio problema

Ad esempio Mohandas Gandhi riteneva che la sua missione spirituale fosse quella di esprimere “l’energia
spirituale” fra le comunità britannica e indiana nel modo tumultuoso e in guerra della prima metà del
ventesimo secolo. Egli diede corpo alla sua missione attuando la sua famosa campagna di resistenza non
violenta al servizio dell’idea di un’India libera e unita.

Es. impero inglese nella


prima parte del XX secolo

Es. campagna Sistema


gandhiana di non
violenza
allargato

Es. creazione di
Missione Visione un’India libera e
Sé unita

Comunità
Altri
coinvolte
Es. britannica e indiana

[Robert B. Dilts, Leadership e visione creativa, Guerini e Associati]


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Gli Stati

Gli stati sono determinati dal modo in cui le relazioni con noi stessi, gli altri intorno a noi e i nostri obiettivi
esterni sono organizzate in diversi livelli logici, posizioni percettive e cornici temporali.

1° posizione percettiva Metaposizione 3° posizione 2° posizione


percettiva percettiva

Abilità di pensiero sistemico

Sistema

Abilità personali
Presente Abilità di pensiero
Sé Obiettivo strategico

Altri soggetti
coinvolti
Abilità relazionali Livelli logici

Passato
Futuro
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Il Castello

Quello che avete con questo particolare modello è un insieme di dimensioni che creano un contesto per il
cambiamento. Il cambiamento viene dall’intersezione dei livelli di prospettiva con le strutture del tempo
nell’ambito del contesto. [Robert Dilts, I livelli di pensiero, NLP-ITALY]
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Gli Operatori

Non possiamo cambiare il tempo, il “sé”, ecc. direttamente.


Piuttosto, possiamo influenzarli attraverso gli operatori del linguaggio, del nostro sistema
rappresentazionale sensoriale e la fisiologia.

Linguaggio

Soma K
Fisiologia

Rappresentazioni
(VAK|og)
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Le strategie

Concentrandosi sul problema si è associati allo stato problematico (quello presente), e dissociati dalla
soluzione. Utilizzando la cornice “come se” la soluzione è associata al presente e il problema è dissociato
nel passato.

Chi risolve il problema deve trovare una strategia guida che gli permetta trovare gli operatori che lo
conducano all’obiettivo.

Le strategia guida possono essere:

Descrizione Uso Livello Uso del Approccio


Strategia cambiamento metamodello
Per tentativi ed Per principianti. Uso specifico Rimediale Metamodello 1: Casuale: la
errori Utilizzo base Confrontazione prima cosa
degli strumenti specifica delle che capita.
della PNL violazioni.
Passo, passo Livello Uso direzionato Generativo Metamodello 2: Seguo il
intermedio Confrontazione in sintomo: fare
rapporto al fine. la scelta
migliore in
quel
momento
(hic et nunc).
Sistemica Livello esperto Uso sistemico Evolutivo Metamodello 3: Analisi dei
domande che mezzi e dei
escono dallo fini e del loro
schema stesso e rapporto.
fanno evolvere il
sistema.

Pattern del S.O.A.R.

 Definiamo lo stato presente o stato problema o stato di partenza.


 Definiamo lo stato desiderato o stato di risorsa o stato di arrivo.
 Definiamo gli stati rilevanti intermedi da raggiungere.
 Identifichiamo la sequenza degli operatori per passare da Sp  Sd.
 Ricalchiamo lo Sp e guidiamo verso lo Sd.
 Applichiamo la sequenza di operatori in modo appropriato ed ecologico per quello spazio problema.
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Esercizio

Cambiamento di uno Stato Problema in uno stato di Risorsa con il SOAR.


A gruppi di due.
Tempo 25’ a persona.

B sceglie uno stato di eccellenza che sia una risorsa nel processo di guida e se lo ancora.
A individua nella propria esperienza attuale una relazione con un’altra persona che risulti problematica e la descrive
brevemente (K-: A1,V1,K1).
A immagina di vedere davanti a sé la persona con la quale ha il problema. B calibra lo stato K- di A. Adesso B esplora i
livelli logici di A rispetto a questa situazione (“Dove si svolge?” (ambiente), “Quale comportamento stai agendo?”
(comportamenti), “Quali abilità stai agendo?” (abilità), “Di cosa sei convinto?” o meglio “Cosa c’è di importante per te in
questa situazione?” e “Che obiettivo hai quando agisci questo comportamento?” o ancora “Quale utilità hai da questa
situazione?” (valori/convinzioni) e poi “Chi sei quando agisci questo comportamento?” (identità)).
Fatto questo A esce dallo schema. Poi va a mettersi al posto della persona con la quale ha il problema e assume le
sue modalità. B interviene se osserva delle incongruenze (A potrebbe avere delle resistenze ad entrare in 2° posizione
e a starci). Adesso A si associa alla 2° posizione (B osserva e ferma se non è ben associato – eventualmente àncora).
Ancora B esplora i livelli logici di A.
Fatto questo A esce dallo schema. A va a mettersi in una posizione spaziale utile ad osservare in dissociato e osserva
la situazione. Ancora B esplora i livelli logici che A osserva nel sistema (es. Cosa c’è di importante in questa
situazione? Quali sono i processi sistemici? Chi è A in questa situazione? Chi è l’altra persona in questa situazione?).
Adesso B chiede ad A di trovare un posto nella stanza che corrisponda ad un momento nel futuro in cui tutto questo
sarà risolto. A lo individua e ci va fisicamente. B chiede ad A di osservare la situazione COME SE fosse risolta, come
si sente e cosa è cambiato. Dopodiché invita A con gli occhi chiusi o aperti a percorrere la linea del tempo che lo
ricongiunge al presente immaginando cosa cambia.
Finito questo A torna al posto iniziale e si riassocia allo Sp (Stato problema).
A dice come si sente. Dovrebbe essere accaduto che dall’iniziale K- (A1,V1,K1) si è giunti ad un altro K (A2,V2,K2).
B da un feed-back sensorialmente basato ad A sui cambi di stato.
A da un feed-back sensorialmente basato a B sulla guida.

Riassumendo:

1. B entra in stato di eccellenza


2. A trova relazione problematica e descrive
3. A entra nello stato problema
4. B esplora i livelli logici di A in 1° posizione
5. rottura di schema
6. A va al posto della persona con la quale ha il problema e si associa alla 2° posizione
7. B esplora i livelli logici di A in 2° posizione
8. Rottura di schema
9. A si dissocia e osserva la situazione in 3° posizione
10. B fa domande ad A per esplorare i livelli logici della situazione
11. A trova un posto che corrisponda al futuro, ci va e osserva la situazione COME SE fosse risolta e dice cosa
è cambiato
12. B invita A a percorrere la linea del tempo che lo ricongiunge al presente immaginando cosa cambia.
13. A torna alla posizione iniziale e sente cosa è cambiato.
14. Giro di feed-back.
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LETTURE DI

APPROFONDIMENTO

Alle “STRATEGIE”

è dedicato un capitolo (da pag. 41 a pag. 69) del libro

“Programmazione Neurolinguistica”

R. Dilts, J. Grinder, R. e L. Bandler, J. Delozier

Astrolabio – Roma 1982


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LA METAFORA

La metafora può essere definita come una storia presentata allo scopo di consigliare, educare, divertire, influenzare,
offrire opportunità di cambiamento.

Metafora è anche una figura retorica molto usata nel linguaggio letterario e quotidiano. Classicamente è considerata
una comparazione accorciata.

Paolo è un leone GROUND

A è come se B A B

Caratteristiche analoghe tra A e B


Campo affine in comune tra i due campi semantici

Consideriamo anche che:

- già il linguaggio è una metafora

- la metafora non è una semplice analogia; ha in più funzione persuasiva e cognitiva, si colloca a livello della
struttura
(Allegoria:una certa cosa è simile ad un'altra. Metafora: una certa cosa è un'altra)

- si rivolge contemporaneamente ai due emisferi del cervello, "distraendo" il sinistro e parlando più direttamente al
destro.

- tramite l'analogia si crea un buon punto di contatto.


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Potenza evocatrice delle metafore

Ciascuno ha la sua, o meglio le sue mappe dei mondo, delle quali cerca di conservare la coerenza e l'equilibrio.
Qualunque novità causa uno squilibrio della coerenza interna e provoca una reazione a catena per integrare nel
sistema la nuova esperienza; ciò ha a che fare con quella che in PNL si chiama ricerca transderivazionale.
Se la nuova informazione si rivela troppo straordinaria e non inseribile nelle nostre mappe, viene ignorata o considerata
assurda.

Una metafora ben costruita "incontra" la persona, facilita il passaggio di informazioni anche molto nuove e diverse.
Una metafora ben costruita è anche ecologica, a ulteriore garanzia dei "sistema ricevente".
L'effetto è spesso a lungo termine.

Condizioni:

- rapport con lo/gli ascoltatore/i


- presupposti del narratore sulle risorse interne del/degli ascoltatore/i, sulle possibilità
della metafora e sul suo ruolo nei confronti del/dei ricevente/i.

Le metafore possono essere

- aperte: lasciano all'ascoltatore la responsabilità di trovare una soluzione (ad es. possono finire con una domanda)
- complete: si chiudono con una possibile soluzione
- presentate in forma diretta ("vi racconto una metafora")
- presentate con una o più cornici a incastro, più o meno complesse ("ho letto che..." "una volta è successo che..."
oppure storie con altre storie all'interno)

Una metafora può servire a

- instaurare un rapporto di fiducia tra l'interlocutore e l'uditorio


- preparare a ricevere nuove cognizioni
- aggirare una "resistenza" cosciente
- chiarire un punto
- suggerire soluzioni, altri punti di vista, altre categorie di informazioni
- dare direttive
- fare una diagnosi
- realizzare un intervento terapeutico
- altro....
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David Gordon ricorda che

- far percorrere interamente una tecnica ad una persona non dà risultati se non si incontra la persona, adattando la
tecnica alla persona e non il contrario. La tecnica infatti è solo una struttura rituale all'interno della quale è
possibile avere i cambiamenti, un contesto speciale. Il potere però sta in ciò che le due persone coinvolte nel
rituale ci portano dentro e non nel rituale in sé.
- Per ottenere una metafora, ricavare le informazioni dall'interlocutore, tramite rapport ed entrando nella sua
posizione.
Prendere le analogie ed espanderle in una storia applicando l'isomorfismo, così la
metafora avrà la stessa struttura della persona cui è destinata. Qual è il problema da
affrontare nella metafora?
Nella storia il problema può diventare ricorrente e venire aggravato per costruire il
bisogno di soluzione.
- Per proporre soluzioni (aperte o complete) occorre chiedersi: di cosa ha bisogno la persona per raggiungere il suo
obiettivo? Cosa voglio comunicarle? E questo, cosa renderà possibile dopo?
(la soluzione non è mai..."dove l'altro dovrebbe andare secondo noi"...)

Costruzione dell'isomorfismo

L'isomorfismo è il parallelismo tra la situazione "reale" e quella "metaforica".

Stato presente allegoria stato desiderato

persone reali personaggi della storia obiettivi


strategie risolutive
avvenimenti vicende e scenario ristrutturazione
della storia domande
risorse
ecologia
..........
..........
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Caratteristiche della metafora

Quando un ascoltatore ascolta la metafora, la deve sentire come sua esperienza

MOTIVANTE

in risonanza
(analogia e isoformismo)

contestualizzata
(anche se l’isomorfismo non deve
essere troppo scoperto,
l’ascoltatore deve riuscire a collegare
la metafora all’area della sua vita in
cui ha bisogno)
ricca
(analogia, isoformismo,
VAK, 2° posizione)

utile coinvolgente
(obiettivo, ecologia) (L’ascoltatore entra nella storia, in
quel momento per lui è l’unica cosa che esiste)
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LA STRUTTURA METAFORICA DEL PENSIERO

Per capire la portata della proposta teorica avanzata da George Lakoff e dai suoi collaboratori (cfr. Lakoff, Johnson,
1980; Lakoff, Turner, 1990, nonché il saggio qui tradotto),(2) occorre partire dalla distinzione fra metafore concettuali di
base, intrinsecamente cognitive, ed espressioni particolari che realizzano tali metafore concettuali nel linguaggio.
L’interesse di questi autori è concentrato sul primo livello, di cui il secondo è considerato un semplice epifenomeno.
Di più, dire che una sequenza di parole è una metafora può essere a loro avviso addirittura fuorviante in quanto
sottolinea erroneamente la natura linguistica della metafora: le espressioni linguistiche non sono infatti di per sé né
metaforiche né letterali, e solo trasferimenti di strutture concettuali da un dominio a un altro possono essere etichettati
quali metafore. La metafora concerne il pensiero e non il linguaggio, ripetono più volte Lakoff e Turner (1989).
Queste metafore concettuali sono parte dell'apparato cognitivo condiviso dai membri di una cultura (cfr. Holland, Quinn,
1987) e hanno le seguenti caratteristiche: sono sistematiche, in quanto vi è una corrispondenza fissa fra la struttura del
dominio che deve essere compreso e la struttura del dominio attraverso cui lo comprendiamo (ad esempio
comprendere il dominio della vita attraverso quello del viaggio); sono inoltre inconsapevoli, nel senso che possono
essere attivate senza un consapevole controllo su di esse; sono infine ampiamente generalizzabili, produttive e
convenzionalizzate nel linguaggio, molte sono cioè le parole e le espressioni della lingua che dipendono da tali
metafore.
Alla innumerevole quantità di metafore producibili tramite il linguaggio corrisponde cioè un numero finito di metafore
concettuali di base che si combineranno fra di loro (Lakoff parla di “grappoli” di metafore concettuali) per dar luogo a ciò
che comunemente definiamo come frase metaforica. Alcuni esempi di metafore concettuali generali e riferite a due
domini specifici (la vita e la morte) sono elencati di seguito (sono scritte per convenzione degli autori in lettere
maiuscole per distinguerle dalle corrispondenti frasi metaforiche, cfr. Lakoff, Turner, 1989, p. 52):

a) metafore generali: GLI SCOPI SONO DESTINAZIONI; GLI EVENTI SONO AZIONI;
b) metafore concernenti la vita e la morte: LA VITA E’ UN VIAGGIO; LA MORTE E’ UNA
PARTENZA; LE PERSONE SONO PIANTE; LA VITA E’ UN GIORNO; LA MORTE E’ UN
SONNO; LA VITA E’ UN TEATRO.

Concettualizzare la vita nei termini di un viaggio consiste nel proiettare (in senso matematico, sostiene Lakoff), cioè
far corrispondere la struttura del VIAGGIO con quella della VITA, col risultato di una riorganizzazione del dominio
oggetto di tale proiezione (la vita) che rispetta le proprietà e le relazioni tipiche del dominio - fonte (il viaggio).

[... ]

________
(2) La Cognitive Linguistics sta assumendo un certo rilievo negli Stati Uniti, grazie anche all’associazione e alla rivista
(Cognitive Linguistics) che si è data.
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Queste proiezioni sono strutturate secondo corrispondenze ontologiche (legate cioè a strutture di conoscenze) ed
epistemiche (che corrispondono a strutture di ragionamento). Ciò che dunque costituisce la metafora della vita - come -
viaggio non sono certe parole o espressioni, ma queste proiezioni di strutture concettuali da un dominio su un altro.
Esse avvengono in modo convenzionale e vengono apprese tanto attraverso l'esperienza quanto dall'appartenenza a
una certa cultura, non certo tramite rappresentazioni astratte e proposizionali.
Sebbene tali schemi concettuali metaforici pervadano e organizzino il nostro sistema cognitivo e le conoscenze che vi
sono rappresentate ciò non significa che tutto sia metaforico, Lakoff, situa infatti il contrasto fra letterale e figurato nel
livello di autonomia concettuale: sono da intendersi come letterale tutti quei concetti che sono compresi e strutturati
autonomamente, cioè senza far uso di strutture appartenenti a concetti provenienti da altri e diversi domini concettuali.
Vi sono ovviamente diversi tipi di struttura metaforica: proiezioni di strutture e immagini schematiche (image - schema
mappings, come la vita - come - viaggio); proiezioni di immagini (come nelle metafore "one-shot" esemplificate dal
verso di Bréton “mia moglie... il cui busto è come una clessidra”); grappoli di metafore incassate una nell'altra che
strutturano metafore complesse.
Molte di quelle che vengono comunemente definite come “metafore morte” sono in realtà metafore concettuali entrate
ormai a far parte del modo convenzionalizzato di descrivere un dominio di esperienza nei termini di un altro. Un
esempio è la concettualizzazione, in inglese, di 'conoscere' nei termini di "vedere" che può essere spiegata, secondo
Lakoff, facendo ricorso a una metafora concettuale, un tempo assai diffusa (CONOSCERE E’ VEDERE), entrata a poco
a poco nel sistema semantico in modo sia da modificare la nostra percezione del significato letterale del conoscere sia
da permettere l'applicazione di altri verbi di percezione visiva a questo dominio.
L'approccio di Lakoff e collaboratori (che si estende anche alla metonimia, ai proverbi e agli indovinelli) rappresenta
certamente una sfida aperta tanto alle teorie tradizionali quanto all'altra ipotesi sulla natura concettuale della metafora,
quella di Glucksberg e Keysar.

Quest'ultima si differenzia dall'ipotesi lakoffiana (pur non essendole del tutto alternativa, collocandosi infatti a un livello
diverso) perché sostiene l'idea, più plausibile psicologicamente, che la metafora rappresenti un ponte fra le parole e
l'apparato concettuale, in quanto la predicazione figurata fonderebbe nuove categorie, piuttosto che registrare
corrispondenze antologiche o creare somiglianze fra domini. Tanto l'impresa del modello dell'inclusione in classi quanto
quella implicita nell'idea della metaforicità del pensiero ridefiniscono il quadro concettuale entro cui la metafora va
pensata. Occorreranno ovviamente ancora anni e molte ricerche empiriche per dimostrare se e chi abbia ragione, o se
invece le metafora sia destinata a restare un tropo definibile solo per tautologia, come aveva preconizzato Eco nella
citazione con cui abbiamo aperto questa introduzione.

A COSA SERVE LA METAFORA

Per concludere, proviamo a tirare le fila del ragionamento e a chiederci a cosa serva allora una metafora.
Probabilmente ci sono tante risposte quanti sono gli ambiti in cui è possibile usare tale tropo: lo scopo di una metafora
prodotta da un paziente psichiatrico non sarà necessariamente simile a quello di una frase dello stesso tipo usata da
uno scienziato nel corso di una scoperta scientifica; una metafora di un poeta sarà probabilmente solo in parte simile a
una contenuta in uno slogan pubblicitario che usa contemporaneamente il registro visivo e verbale, e così via. Ma
questi diversi ambiti, attori e scopi corrispondono davvero a differenze di sostanza o sono invece semplici declinazioni
di un insieme collegato di funzioni che ogni metafora potenzialmente può svolgere?
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Una possibile tipologia delle funzioni della metafora non potrà dunque ignorare i seguenti usi di essa:

 un uso argomentativo, facilmente rintracciabile negli studi sul discorso filosofico (Perelman, 1977) e politico
(Bollettieri Bosinelli, 1986);

 un uso comunicativo quotidiano per le doti di compattezza, vividezza e plurivocità espressiva già ricordate;

 un uso espressivo della sfera delle emozioni (Davitz, Mattiz, 1969; Ortony, Fainsilber, 1987; Kovecses, 1986);

 un uso nella rappresentazione delle conoscenze di sistemi esperti o comunque a base simulativa (Carbonell,
Minton, qui tradotto);

 un uso nella progettazione organizzativa aziendale quale strumento facente parte di problem setting e problem
solving di tipo figurato - analogico (Holskov Madsen, 1989);

 un uso educativo, quale modo per acquisire una più estesa competenza metalinguística e creativa;

 un uso turistico documentato da coloro che hanno indagato il ruolo della metafora nel procedere di una
scoperta scientifica (vedi, ad esempio, Mary Hesse, 1953; Hoffman, Honeck, 1980; Hoffman, 1980);

 un possibile uso in diversi setting terapeutici (Billow et al., 1987) e per studiare gli effetti neuropsicologici di
lesioni cerebrali (Tompkins, 1990);

 una funzione pragmatica che consiste nel permettere un gioco col linguaggio e creare pertanto sia un
distanziamento sia un senso di comunanza fra coloro che ne condividono le potenzialità espressive;

 un uso poetico - letterario, su cui non vale la pena di insistere essendo il più chiaramente attribuito alla
metafora.

Una tipologia siffatta non solo non è completa, ma non pretende neppure di esserlo. Al lettore il compito di colmare le
eventuali lacune investigando, autoriflessivamente, le proprie intenzioni quando parla metaforicamente.

Come ha scritto Lotman (1980), infatti, “il tropo non è un ornamento che appartiene soltanto alla sfera dell'espressione,
non è l'abbellimento di un contenuto invariante, ma è il meccanismo di costruzione di un contenuto non costruibile
all'interno di una lingua e [... ] nasce dal punto di congiunzione di due lingue ed è isostrutturale alla coscienza creativa
in quanto tale” (p, 1055).

[... ]

Tratto da: “ TEORIE DELLA METAFORA” L’acquisizione, la comprensione e l’uso del linguaggio figurato.
A cura di Cristina Cacciari - Raffaello Cortina Editore - Milano 1992
………
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MILTON MODEL

Differenza in termini linguistici tra un Domenicano ed un Gesuita.


Il Domenicano chiede al suo Superiore: “Posso fumare mentre prego?”
La risposta del suo Superiore: “No!!!”

Il Gesuita chiede al suo Superiore: “Posso pregare mentre fumo?”


La risposta del suo Superiore è: “Sì!”

Osservando chi comunicava con lui mentre era ammalato, Milton Erickson ha sviluppato inconsciamente queste abilità
linguistiche relative al linguaggio di persuasione, dal quale Bandler, Grinder, Rossi, Bateson e altri hanno ricavato un
modello.

Si tratta di un linguaggio indiretto: la struttura è precisa, ma il sentiero è libero perché il soggetto ci metta i contenuti ed i
significati che preferisce.
L’efficacia del linguaggio di persuasione non passa però solo dalla conoscenza, per quanto minuziosa e approfondita, di
questa tecnica, che funziona solo in una cornice di autentico rapport e che comprende la guida come opposto alla
manipolazione: come minimo l’inconscio percepisce l’incongruenza e la rifiuta.
Lasciamo tutto lo spazio alla mappa dell’interlocutore, o “completiamo” la sua con pezzi della nostra?

I presupposti linguistici del linguaggio di persuasione si basano sul fatto che ad una sola struttura superficiale (la
confezione linguistica proposta come descrizione di un’esperienza) corrispondano più strutture profonde (esperienze
complete non ancora influenzate e mappate tramite patterns del metamodello).

Scopo del Milton Model è portare ad uno stato alterato / amplificato di coscienza, facendo dell’inconscio un alleato.
Il Milton Model è composto per un quarto di metafore, per un quarto da elementi di confusione e per metà da linguaggio
aspecifico.

Ciò consente di ricalcare, guidare, distrarre l’emisfero dominante, accedere all’emisfero non dominante utilizzandone le
funzioni e creando la dissociazione conscio/inconscio.

Sappiamo quanta velocità e quante informazioni contemporanee in più siano appannaggio dell’inconscio rispetto alla
parte conscia.
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MILTON MODEL

ELENCO N. 1

1. Presupposizioni: presupporre implicitamente come vero qualcosa che non è stata esplicitata: es. “Rimani in ascolto”
(il presupposto è che stai ascoltando).

2. Postulati conversazionali: domande che presuppongono un comando: es. “Puoi sentirmi?; Sai l’ora?”.

3. Lettura della mente: “So che siete sorpresi; Stai diventando più sicuro”.

4. Nominalizzazioni: sensazioni, esperienze, consapevolezza, soddisfazione.

5. Causali implicite: mentre, durante, prima, dopo, quando, durante tutto, es. “Mentre stai seduta e ascolti, ti rilassi
sempre più”.

6. Congiunzione semplice: e, ma, e non. Es. “Tu stai ascoltando la mia voce e rilassandoti”.

7. Causa effetto: farà, causerà, provocherà, forzerà, perché, esige, es. “Star seduti ad ascoltare vi renderà più
rilassati”.

8. Predicati di verità (factive predicate): predicati che presuppongono la verità delle clausole che seguono; chiedersi,
essere consapevoli, rendersi conto, avere la sensazione di... Es. “Mi chiedo se sei consapevole di essere
profondamente imbarazzato”.

9. Inclusioni di strutture minori: mi chiedo se sei completamente a tuo agio. (Domanda indiretta: “Sei completamente a
tuo agio?”. Tu puoi sedere (comando nascosto: “Siedi”).

10. Violazione della selezione restrittiva: allargamenti di certi processi o relazioni che sono solitamente attribuite solo a
certe classi di oggetti. Es.: “L’azienda è contenta di voi; dentro quelle mura c’è un palpito”.

11. Mancanza di indice referenziale: es.: “In situazioni simili qualcuno può sentirsi a disagio”.

12. Cancellazioni: es.: “E continua a farsi domande, e realmente...”.

13. Predicati non specifici: chiedersi, pensare, sapere, capire, ricordare.

14. Sottolineature analogiche: uso di modi non verbali di comunicazione per identificare la comunicazione in unità
separate di messaggi. Es.: “Una volta conoscevo un uomo che veramente sapeva come sentirsi bene. Sottolineare
sentirsi bene con tono, tempo, inflessione, gesti, espressione.

15. Predicati temporali: Es.: era, ora, passato, una volta, futuro, non specifici e ambigui. “Tu eri adesso felice”.

16. Ambiguità fonologiche, sintattiche, di prospettiva, di punteggiatura...

17. Domande nascoste: presupposizione di un comando che serve a distrarre l’emisfero dominante, e non è
esplicitamente richiesta una risposta. X - verbo di domanda - se - Y - verbo di consapevolezza - di Z ; io, tu, la
gente, qualcuno si chiede, è curioso, non sa, riflette su: se, che cosa, quando, come, su, perché: Es.: “Mi chiedo se
sai quale risposta ti arriverà per prima. Sono curioso su che cosa vuoi veramente per te stessa”.
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18. Comandi nascosti: dare suggerimenti indirettamente. Tu, la gente, gli altri, alcuni. Giuseppe, può, potrebbe,
dovrebbe, è capace di, deve. Es.: “Molta gente può ricordare piacevoli esperienze infantili”. Oppure costruire il
comando nascosto sostituendo il nome del cliente dopo un operatore modale. Es.: “I bambini possono, Giuseppe,
sedersi e rilassarti”.

19. Virgolette: inserire il comando nel contesto di una citazione diretta o indiretta di un’altra persona, un altro tempo,
luogo, situazione. Indiretto: Es.: “I miei amici mi dicono di sentirmi a mio agio e di lasciarmi andare quando sono
fuori con loro, quando siamo insieme”. Diretto: Es.: “Avevo un’amica che un giorno mi disse: Anna grattati il naso;
ciò non aveva molto senso per me, ma lei continuamente me lo diceva” “Ho appena incontrato uno per la strada e
sai cosa mi ha detto: tu sei...”.

20. Domande etichettate: vero? Siete d’accordo? O no? Es.: “Tu sai cosa intendo dire, non è vero? O no?”.
Questo modello è l’opposto del Meta Model; il suo corpo è quello di distrarre la mente conscia in modo che si possa
guidare la mente inconscia per elicitare le risposte volute.
Comprende: tutte le violazioni del Metamodello a cui vanno aggiunte: minori strutture incluse: domande incastrate;
comandi incastrati.
Significati derivati: costruzione dei presupposti; costruzione dei postulati di conversazione: predicati di verità.

Violazioni delle selezioni restrittive.

Ambiguità fonologica / lessicale; sintattica; di portata; di punteggiatura.


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MILTON MODEL
(livello base)

PNL E IPNOSI

IL LINGUAGGIO DI PERSUASIONE
(teoria e pratica)

“... Per comprendere questa tecnica è opportuno tenere presente il comportamento del prestigiatore che non intende
informare, bensì distrarre per poter realizzare i suoi fini”.
(M.H. Erickson, “Tecniche di ipnoterapia breve” in Opere vol. IV° pag. 184).

Le costruzioni linguistiche qui sotto riportate contribuiscono a creare effetti di tre tipi:
• Ricalco e guida dell’esperienza del cliente;
• Dimostrazione e utilizzazione delle funzioni dell’emisfero dominante;
• Accesso all’emisfero non dominante e utilizzazione delle sue funzioni.

IL RICALCO E LA GUIDA

Cogliere il comportamento osservabile e verificabile (per il cliente stesso) e tradurlo in parole è detto ricalco.
Es.: “... Sei seduto lì, respiri, le tue mani sono poggiate sui braccioli, e i tuoi piedi sul pavimento ecc....”.
Connettere il comportamento osservabile e verificabile con il comportamento dell’operatore desiderato è detto guida.
Es.: “L’essere lì seduto, respirare, sentire le tue mani poggiate sui braccioli, i tuoi piedi sul pavimento, crea quello stato
di iniziale benessere per cui ecc...”.
La modalità linguistica principale con cui si effettua la manovra denominata guida è la costruzione e l’utilizzazione di
quei particolari tipi di modellamento linguistico detti:

PROCESSI CAUSALI

Ognuno di noi costruisce dalle proprie esperienze un modello o rappresentazione del mondo in cui viviamo.
Per la costruzione di questo modello impieghiamo i tre processi universali del Metamodello umano: la
generalizzazione, la deformazione e la cancellazione.
E’ per effetto di questi tre tipi principali di processi che tendiamo a creare collegamenti tra un’esperienza ed un’altra,
collegamenti che rispettano una logica lineare per cui da A procede B e B è preceduto da A.
Questo tipo di pensiero estremamente economico è (in ambito relazionale ed umano in generale) solitamente fonte di
problemi e/o di problematiche soluzioni a naturali difficoltà, ma è quello che il nostro cervello sinistro (che possiamo
assimilare al conscio ericksoniano) solitamente compie.
La tendenza a stabilire nessi causali in ipnosi è utilizzata per effettuare la guida dell’esperienza del cliente dopo averne
effettuato il ricalco, ed è un modo di utilizzare una delle funzioni dell’emisfero dominante (sinistro per i destrimani,
destro per i mancini).

1. I tipi di processi causali:


Relazione causa - effetto
Causative implicite
Congiunzioni
Lettura del pensiero (associazione processi corporei + processi mentali del cliente -
processi mentali dell’ipnotista).
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Vediamoli nei dettagli:

La relazione causa - effetto:


E’ il tipo di processo causale per antonomasia e consiste nel creare una connessione tra un comportamento
sperimentato dal cliente e un comportamento desiderato dall’operatore.
Questa la costruzione:
• Primo passo: stabilire il tipo di comportamento che si vuole suscitare nel cliente: lo si chiami Y;
• Secondo passo: individuare un comportamento che il cliente stia già sperimentando: lo si chiami X;
• Terzo passo: costruire una frase in cui X causa Y.
I verbi connettivi possono essere: causare, obbligare, richiedere, spingere, tirare, chiudere, aprire, determinare, indurre,
creare, comportare ecc.
Es.: “... lo stare comodamente in poltrona crea la migliore condizione per una benefica trance ...”.

Causative implicite:
Questa categoria linguistica utilizzando avverbi o perifrasi causali suggerisce l’esistenza di una relazione tra due classi
di esperienze o di eventi.
Questa è la costruzione:
• Primo passo: stabilire il tipo di comportamento che si desidera suscitare nel cliente: lo si chiami Y.
• Secondo passo: individuare un comportamento che il cliente stia già sperimentando: lo si chiami X.
• Terzo passo: costruire una frase del tipo: X congiunge Y.
Gli avverbi o le perifrasi che suggeriscono una congiunzione possono essere: mentre, quando, prima di, durante, per
tutto il tempo che, in seguito a, fintanto che, pertanto, anche, (e naturalmente la congiunzione) e, ecc.
Es.: “...Mentre ascolti la mia voce il tuo respiro varierà ecc.”.

Lettura del pensiero:


Si tratta di asserzioni in cui si chi parla avanza la pretesa di conoscere l’esperienza interiore dell’ascoltatore non
specificando attraverso quale processo sia giunto ad avere tale conoscenza.
Questa la costruzione:
• Primo passo: individuare uno stato d’animo o un’esperienza interiore del cliente che sia coerente con le
informazioni su di lui di cui l’operatore dispone;
• Secondo passo: formare una frase da cui risulti che l’operatore sa che il cliente sta avendo quella data esperienza.
I predicati che esprimono uno stato d’animo possono essere: chiedersi, imparare, sentire, pensare, ricordare,
sperimentare, ecc.
Es.: “... Puoi sperimentare la sensazione della tua mano sul bracciolo della poltrona chiedendoti quanto leggera essa
possa diventare...”.
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IL FENOMENO TRANSDERIVAZIONALE

Il termine (proposto da Grinder, Postal e Perlmutter) denomina la ricerca di significato che ogni ascoltatore compie
nell’udire una frase.
(Definizione).
Letteralmente: l’ascoltatore - parlante deriva (fenomeno derivazionale) significato dalla struttura superficiale (conscia)
della frase udita attraverso (trans-) varie strutture profonde (inconscie) presenti nel suo modello del mondo.
Naturalmente maggiore sarà l’indeterminatezza di una frase a livello di struttura superficiale, maggiore sarà il numero di
strutture profonde che saranno confrontate per attribuirle significato.
E’ nei confronti di strutture linguistiche che hanno subito l’effetto del modellamento (Cancellazione, Generalizzazione,
Deformazione) che si attiva spontaneamente il fenomeno.
Dal punto di vista neurolinguistico ciò determina una leggera dissociazione tra funzioni dell’emisfero dominante e
funzioni di quello non dominante che si traducono in uno stato alterato la cui intensità dipende dalla capacità
dell’operatore di mantenerlo in atto.
(Modelli plausibili di come ciò si verifichi sono presentati a pag. 176 di “I Modelli della Tecnica Ipnotica di Milton H.
Erickson” Bandler e Gringer ed. Astrolabio)
Qui ci occuperemo specificamente solo di alcuni...
... Tipi linguistici che attivano il fenomeno transderivazionale:
Indice referenziale generico;
Violazione della limitazione selettiva;
Cancellazioni;
Nominalizzazioni
Vediamole nei particolari:
Indice referenziale generico:
Con questo termine s’intende riferirsi alla genericità del soggetto e/o dell’oggetto cui il predicato si riferisce: es. “...la
gente applaudì”.
La gente = indice referenziale generico (chi specificamente applaudì?).
Applaudì = predicato
---------- = indice referenziale cancellato (chi / cosa specificamente fu applaudito?).
Nella situazione di terapia o in genere tra due parlanti (in cui quindi l’informazione analogica è di qualcuno che parla a
qualcun’altro) l’emissione di frasi, contenenti indici referenziali generici o cancellati, attiverà automaticamente quel
fenomeno che abbiamo definito transderivazionale in cui dalla struttura superficiale della frase mediante una ricerca
(anch’essa definita transderivazionale), l’ascoltatore riempirà la generalizzazione o la cancellazione con contenuti
presenti nella propria struttura profonda.
Praticamente gli indici saranno riferiti a se stesso e alla propria situazione.
Dal punto di vista psicolinguistico l’ascoltare seguirà il racconto con il conscio mentre opererà la ricerca e la sostituzione
con l’inconscio.
Si riesce così a ricalcare l’esperienza in atto dal cliente, a guidarlo (cancellando e generalizzando strategicamente gli
indici referenziali) attraverso un’esperienza, contemporaneamente distraendo l’emisfero dominante mediante una
rappresentazione, e utilizzando le funzioni associative di quello non- dominante.
Questa la costruzione:
• Primo passo: determinare il messaggio di cui l’operatore vuole che il cliente abbia una comprensione inconscia;
• Secondo passo: costruire una frase (o una serie di frasi) che comunichi tale messaggio in forma diretta;
• Terzo passo: sostituire, ogni volta che ricorrano, i nomi recanti indici referenziali che riguardano il cliente, e quelli
recanti indici referenziali che riguardino la situazione e il problema in atto, con nomi che non abbiano attinenza né
con il cliente, né con la situazione ed il problema in atto di cui ci si sta occupando.
Es.: “... La gente trae il meglio di ogni occasione per apprendere”.
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Una variante di notevole rilevanza è il suggerimento di sostituzione dei nomi.


Consiste nell’aggiunta del nome della persona cui si vuol fare arrivare il messaggio all’interno di una frase che presenta
un indice referenziale generico.
Es.: “... La gente, Susan, trae il meglio di ogni occasione per apprendere”.

Violazione della limitazione selettiva:


In ogni lingua naturale specifici verbi (predicati) non possono essere associati ad alcuni specifici sostantivi senza creare
una incongruenza semantica.
Questa incongruenza semantica dai linguisti è stata definita violazione della limitazione selettiva.
Es.: “ ... Una pianta di pomodoro può sentirsi bene...”.
Per la maggior parte dei parlanti nativi la frase sopra rappresentata è “strana” in quanto il verbo sentire richiede che il
soggetto che compie l’azione sia un animale o un essere umano.
Nella relazione tra ipnotista e il suo cliente l’impossibilità logistica a matacomunicare l’assenza di senso di quanto è
stato udito favorirà la ricerca di un significato mediante strutture profonde in cui vi sia un significato sufficientemente
pertinente.

Con alta probabilità la ricerca si fermerà allorché il cliente proporrà se stesso e la propria situazione come soggetto del
predicato (cfr. pag. 4 riga 22).
Egli opererebbe insomma una finzione del tipo “come se” per dar senso alla rappresentazione suggerita dall’ipnotista ---
..(e se...) pianta di pomodoro (...fossi io...)...--- ed inoltre modellerebbe il predicato relativo in modo automatico
---... ... può sentirsi bene (...potrei sentirmi bene ...).
Il vantaggio consiste nell’impedire che il modello del mondo del cliente e/o la costruzione logica che ha fatto del suo
problema contestino l’asserzione contenuta nel predicato, in questo caso ... puoi sentirti bene.
Questa la costruzione:
• Primo passo: determinare il messaggio di cui l’ipnotista vuole che il cliente abbia una comprensione inconscia;
• Secondo passo: costruire una frase o una serie di frasi che comunichi tale messaggio in forma diretta;
• Terzo passo: sostituire, ogni volta che ricorrano, i nomi recanti indici referenziali che riguardino il cliente, e quelli che
riguardino la situazione e il problema in atto, con nomi che non abbiano attinenza né con il cliente né con la
situazione e il problema in atto di cui si sta occupando.

Una variante di estrema eleganza (nel senso della potenza e dell’economicità dell’intervento) è data dal ricalco della
sensazione generata dall’incongruenza (per mezzo della lettura del pensiero), precedentemente creata.
Es.: “... Una pianta di pomodoro può, Joe, sentirsi bene... è strano parlare di sentirsi bene a proposito di una pianta di
pomodoro, vero Joe?”.
Potrà notarsi l’uso nell’esempio precedente del “suggerimento di sostituzione di nome”, che unitamente alla violazione
della “restituzione selettiva” e dal “ricalco dell’incongruenza” generano quel effetto di elevato valore ipnotico di cui si
parlerà più avanti.
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Cancellazione:
La cancellazione è una delle tre modalità con cui avviene il modellamento umano dell’esperienza.
Letteralmente il termine indica la cancellazione del soggetto e/o dell’oggetto, e/o dell’agente di predicato.
Es.: ... i fenomeni della vita (quali fenomeni? Della vita di chi?) ... la messa a fuoco dei suoi occhi che cambia (cambia
da cosa a che cosa?).
L’ascolto di una cancellazione, nella situazione ipnotica, comporterà da parte del cliente una ricerca transderivazionale
tale da rintracciare nella sua struttura profonda i termini cancellati (cfr. pag. 3 Il fenomeno transderivazionale).
Ciò determinerà una intensa partecipazione conscia del cliente per comprendere la struttura superficiale (cfr.
Utilizzazione dell’emisfero dominante), la possibilità di ricalcarne l’esperienza senza specificarne i dettagli (cfr. Ricalco),
e l’induzione della ricerca transderivazionale per comprenderne il significato risalendo alla struttura profonda (cfr.
Accesso all’emisfero non-dominante).

Esistono due tipi di cancellazione:


1. La cancellazione grammaticalmente corretta, in cui la struttura superficiale della frase è grammaticalmente ben
formata: es. cfr. pag. 6 riga 20, 22.
2. La cancellazione grammaticalmente scorretta, in cui nella struttura superficiale della frase compaiono ripetizioni,
errori di genere, di costruzione temporale ecc.
Es.: “... E tu vuoi e ti occorre...”;
“... Tu ti rendi perfettamente conto così bene...”.
Quale lo scopo?
Rispondono Bandler e Grinder in I Modelli della Tecnica Ipnotica di Milton Erickson: “... Di fronte ad un gran numero di
cancellazioni sgrammaticate, il cliente sembra abbandonare il compito di dare un senso all’insieme della comunicazione
e sembrano intasarsi i suoi normali meccanismi di elaborazione linguistica” (pag. 202).
La percezione soggettiva di una frase in cui compaiono frasi grammaticalmente scorrette è di solito parcellare, tale che
con un’opportuna punteggiatura o con la messa tra “virgolette” di una parte si possa dare senso alla frase.
Una percezione siffatta rende ridondanti alcuni concetti, o permette di accostarne altri senza rilevarne l’incongruenza.
Questa la costruzione:
• Primo passo: individuare il messaggio che si vuol far capire al cliente a livello inconscio;
• Secondo passo: formare una frase che rechi questo messaggio;
• Terzo passo: cancellare i nomi in essa contenuti finché:
Sia stato tolto il maggior numero di
nomi, compatibilmente con la buona
formazione della frase;
oppure
siano stati cancellati quanti nomi si
desiderino indipendentemente dal
fatto che la frase che ne risulta sia ben
formata oppure no.
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Nominalizzazione:
Con questo termine i linguisti indicano la trasformazione in sostantivo di un predicato.
(Definizione).
Es.: Frustrare = frustrazione
Soddisfare = soddisfazione
Una tale trasformazione cancella automaticamente gli indici referenziali del predicato, e permette di trattare
semanticamente un processo (un fenomeno che ha bisogno di una certa temporalità) in un evento (qualcosa che esiste
di per sé stesso).

L’uso che l’ipnotista può fare della nominalizzazione è prevalemtemente legato al ricalco (particolarmente quando la
l’esperienza interiore del cliente è poco manifestata dai movimenti corporei), e alla guida (in quanto egli suggerisce il
tipo di esperienza interiore da generare).

Questa la costruzione:
• Primo passo: individuare il tipo di comportamento in cui si intende ricalcare o guidare il cliente;
• Secondo passo: formare una frase che usi il predicato che descrive l’esperienza;
• Terzo passo: cancellare tutti i nomi e cambiare il predicato nella sua forma nominalizzata.

I predicati che più facilmente si prestano ad una nominalizzazione durante la suggestione ipnotica sono: il domandarsi,
soddisfare (= soddisfazione), l’imparare, il pensare, avere la sensazione ecc.
Es.: “...(Il) domandarti cosa sta facendo la tua mano, aumenterà la soddisfazione (...) nell’imparare (...) qualcosa di
nuovo...

AMBIGUITA’ SEMANTICA

Con il termine di ambiguità semantica i linguisti intendono quella situazione per cui ad una sola struttura superficiale (la
frase come essa è espressa) corrispondano più strutture profonde (significati da attribuire alla frase):

STRUTTURA PROFONDA 1

STRUTTURA PROFONDA 2

STRUTTURA PROFONDA N

STRUTTURA SUPERFICIALE

(Definizione).
In altre e più semplici parole si può definire ambigua (semanticamente) quella frase che presenti più di una
interpretazione.
In realtà qualsiasi frase può avere più di una interpretazione dipendendo quest’ultima dal contesto che scegliamo per
essa, come ben sa chi apprezza le barzellette.
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Ma nel normale processo d’ascolto di una frase noi elaboriamo consciamente soltanto un significato per volta, è solo a
livello inconscio che accediamo a più significati (Plath e Bever, Specification and Utilization of a Trasformational
Grammar 1968 pag. 43).

L’utilizzazione di questo fenomeno in ipnosi consente di distrarre ed utilizzare l’emisfero dominante e di accedere alle
funzioni di quello non-dominante (elaborazione di nuove strutture profonde).
E’ possibile distinguere quattro diversi tipi di ambiguità semantica:

1. Ambiguità fonologica;
2. Ambiguità sintattica;
3. Ambiguità di portata;
4. Ambiguità di punteggiatura (cancellazione per sovrapposizione)

Ambiguità fonologica:
Con questo tipo di ambiguità si indica il diverso significato che una stessa parola
possiede nella lingua dell’ascoltatore nativo.
(Definizione).

Es.: Mobile = oggetto d’arredamento / che si muove


Secca = magra / asciutta
Curve = svolte / profilo femminile
Accordo = insieme di note musicali / intesa
Acerbo = frutto non maturo / troppo giovane
Bollore = l’atto del bollire / stato d’eccitazione.
Nota: E’ necessario tenere presente che molto spesso le persone compiono spontaneamente una attribuzione di
significati dei termini in senso corporeo (prevalentemente i cenestesici) e ciò se saputo ben utilizzare comporta la
possibilità di “parlare al corpo” dei propri clienti. (La comunicazione Mente-Corpo in Ipnosi M.H. Erickson ed.
Astrolabio).
In italiano, inoltre, esistono numerose parole che possono essere scisse foneticamente e far ricalcare maggiormente un
significato oppure un altro.
Es.: contro-mano, contro-piede, para-piglia, im-palma-re, talis-mano, satur-azione, capp-otto, calz-(s)ette, cinque-tta.
Quattro-centesco, tre-ccia, deci-due, ciasc-uno.
Come si costruisce:
• Primo passo: individuare il messaggio che si vuol far ricevere al cliente;
• Secondo passo: fare l’elenco delle parole che vi sono interessate;
• Terzo passo: controllare ogni parola dell’elenco per stabilire se qualcuna di esse sia fonologicamente ambigua (si
noti come è indispensabile per l’operatore ricorrere al dialogo auditivo da evidenziare l’ambiguità).
• Quarto passo: usare le parole ambigue nelle frasi che si rivolgono al cliente segnando in forma verbale (cfr. minori
strutture incluse ) le parole stesse.

Ambiguità sintattica:
Ci si trova di fronte ad un’ambiguità sintattica di una parola allorché essa assume significati differenti a seconda del
legame con differenti parti della frase.
Es.: “... Ascoltando mentre ti rilassi capisci il senso di ciò che ti dico”.
La frase “mentre ti rilassi” può essere legata ad “...ascoltando”, nella forma: “...Ascoltando ,mentre ti rilassi, capisci il
senso di ciò che ti dico”.
Il legame sintattico in italiano viene determinato principalmente dall’uso della punteggiatura.
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Quest’ultima nel discorso parlato è sostituita dalla variazione tonale e dalla pausa.
L’assenza di pausa e/o di variazione tonale rende le parole contenute nella frase ambigue sintatticamente, ambigue
cioè circa il loro rapporto reciproco.
Altro es.: “...Letti per bambini di ferro verniciati a fuoco”.
Come si costruisce:
• Primo passo: individuare il messaggio che si vuol far giungere al cliente;
• Secondo passo: inserirlo in un’altra frase in modo tale da legarlo ambiguamente con i singoli segmenti della frase
(sia il segmento A della frase + messaggio abbiano un senso; sia il segmento B della frase + messaggio abbiano un
senso; sia il segmento A + il segmento B abbiano un senso);
• Terzo passo: evitare di dare un senso mediante la punteggiatura tonale;
• Quarto passo: sottolineare analogicamente la parola ambigua (cfr. pag. 10 riga 39).

Ambiguità di portata (semantica):


Con questo termine Bandler e Grinder indicano la difficoltà per l’ascoltatore di poter stabilire se una frase e/o una parola
è riferita al parlante, a lui come ascoltatore, o è connotativa di una parte ulteriore della frase stessa.
(Definizione).
(Portata = il punto dove si può giungere Diz. Garzanti).
Es.: “... E adesso ti parlerò come parla un bambino).

Come si costruisce:
• Primo passo: identificare il messaggio che si vuol comunicare;
• Secondo passo: costruire una frase in cui la parola inserita darà origine ad una interpretazione ambigua circa che
e/o a cosa la parola si riferisca;
• Terzo passo: sottolineare analogicamente la parola ambigua.
(Nota: la sottolineatura analogica serve per attirare sulla parola l’attenzione dell’ascoltatore in modo tale che dia inizio
ad una ricerca trasderivazionale).

Ambiguità di punteggiatura:
Con il termine “ambiguità di punteggiatura” Bandler e Grinder intendono una sequenza di parole costituite da due frasi
sintatticamente ben formate unite da una parola perno che è parte costitutiva sia della prima che della seconda frase.
(Definizione).
Il risultato è una frase malformata a livello di struttura superficiale , ma che consente al parlante di sovraccaricare i
processi di elaborazione linguistica dell’emisfero sinistro (cfr. Linguaggio e pensiero Remo Job e Rino Rumiati pag. 48).
Es.: “... E semplicemente saprai quello che veramente conta le dita della mia mano”.
“Conta” in questo caso è la parola perno utilizzata come terza persona singolare indicativo presente nella prima frase e
come imperativo seconda persona singolare nella seconda.
Solitamente questa tecnica si rivela molto efficace per interrompere i processi di elaborazione dell’emisfero sinistro
(come sopra detto) o per far eseguire un comando (nel caso dell’esempio sopra riportato... conta le dita della mia
mano!).
Come si costruisce:
• Primo passo: individuare il messaggio che si desidera inviare al cliente;
• Secondo passo: controllare ogni parola per stabilire se sia fonologicamente ambigua;
• Terzo passo: formare due frasi, una delle quali termini con la parola fonologicamente ambigua; mentre la seconda -
un comando - inizi con questa stessa parola;
• Quarto passo: cancellare la parola iniziale della seconda frase e dire al cliente l’intera sequenza.
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STRUTTURE MINORI INCLUSE

I parlanti / ascoltatori nativi di una lingua hanno la capacità non solo di capire il significato delle singole parole che
costituiscono la frase, e di cogliere relazioni tra di esse, ma anche di stabilire una gerarchia tra gli elementi di una frase.
Solitamente la risposta e/o il commento viene consciamente data nei confronti della struttura considerata
gerarchicamente maggiore mentre a livello inconscio alle strutture minori.
Sono da considerare strutture maggiori le domande, gli ordini, i commenti espressi direttamente (Che ore sono? Apri la
porta per favore! Hai ragione), strutture minori sono invece le domande, gli ordini, i commenti che fanno seguito ad una
struttura maggiore espressa direttamente (C’è qualcuno qui dentro che sa che ore sono? In questa stanza si gela con
la porta aperta! - battendo i piedi sul pavimento e guardando la porta - Penso che tu hai ragione).
Negli esempi sopra sono segnati in corsivo le strutture maggiori.
Le strutture maggiori sono caratterizzate dalla seguente costruzione sintattica:
inizio frase - Soggetto + Predicato + Complemento -...
Le strutture minori si trovano incluse nella precedente costruzione come complemento:
inizio frase - soggetto + predicato + complemento (Soggetto + Predicato + Complemento ).
L’utilizzazione delle minori strutture incluse consiste nella costruzione di messaggi indiretti.

Tipi di strutture minori incluse:


Domande incastrate;
Comandi incastrati;
Citazioni.

Domande incastrate (in una struttura sintattica maggiore):


Vi sono alcuni predicati i quali hanno come oggetto naturale una frase completa definita come interrogazione.
Per es.: i predicati chiedersi, chiedere, domandare, essere curioso, sapere, capire, vedere, ecc. comportano una
proposizione predicativa retta dal “se”.
Es.: “...Mi chiedo se; Mi domando se; Sono curioso di sapere se; Vedo se; ecc.”.
Questi predicati utilizzati in forma predicativa diretta comportano solitamente una risposta tipo “Si/No”, (es.: “...Sai dov’è
il tuo ginocchio destro?) in forma indiretta come minore struttura inclusa invece determinano una risposta coperta
solitamente fornita analogicamente (es.: “...Mi chiedo se sai dov’è il tuo ginocchio destro! - e l’ascoltatore guarda per un
attimo il suo ginocchio destro -).
In altre parole l’ascoltatore quando sente una domanda incastrata tende a rispondere come se si trattasse di una
domanda diretta.
L’ipnotista può utilizzare in più modi questa risposta coperta.
In primo luogo, siccome sa che il cliente sta rispondendo copertamente alle domande incastrate, conosce una parte
dell’esperienza del cliente stesso, il quale non si rende conto di avergliela resa nota: situazione perfetta per un’efficace
lettura del pensiero.
In secondo luogo, con l’accorta scelta delle domande da incastrare nel discorso, l’ipnotista può guidare il cliente verso
l’acquisizione degli obiettivi del lavoro ipnotico.

Come si costruisce:
• Primo passo: individuare il messaggio che si vuol far giungere al cliente;
• Secondo passo: formulare una domanda che guidi il cliente verso il messaggio che si vuol far ricevere;
• Terzo passo: inserire una domanda in uno dei verbi elencati sopra per farle assumere la forma di domanda
incastrata o indiretta.
Per rendere assai più efficace questa tecnica la si può combinare con presupposti e segni analogici.
(cfr. Sottolineatura analogica pag. 14 riga 1).

Comandi incastrati (in una struttura sintattica maggiore).


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Hanno la stessa posizione teorica delle domande incastrate soltanto che vengono utilizzati senza l’ausilio di predicati
che reggono frasi interrogative.
L’effetto che comunque producono è sempre l’esecuzione di un ordine.
Comunque (così come per le domande incastrate) possono essere utilizzati per vendere il grado di guida che è
possibile con quel determinato cliente, naturalmente a parte l’evitare atteggiamenti autoritari che favorirebbero la
resistenza.
Come si costituisce:
• Primo passo: individuare il messaggio che si vuole inviare al cliente;
• Secondo passo: formare un comando con tale messaggio;
• Terzo passo: trovare una frase in cui inserire il comando stesso senza che ne risulti una frase grammaticalmente
scorretta.
Es.: “... Una pianta di pomodoro può Joe sentirsi meglio” “... La gente Susan può imparare molte cose”.

Citazioni:
Nel raccontarci a vicenda le nostre esperienze in una comunicazione verbale, spesso riportiamo testualmente brani di
conversazioni o scambi verbali avuti con le altre persone.
Per es.: raccontando una vicenda ci può capitare di dire qualcosa del genere:
“...Sì, ed allora lui mi ha detto: - Grattati il naso -...”.
Il materiale linguistico posto tra virgolette (segnato dal cambiamento della voce nell’esposizione in forma auditiva) è
materiale che viene citato.
A livello cosciente l’ascoltatore lo percepisce come un comando diretto a qualche persona implicata nella vicenda
narrata, non a se stesso.
Tuttavia Erickson otteneva costantemente con il materiale citato l’effetto che avrebbe ottenuto impartendo
all’ascoltatore il comando in forma diretta, ad eccezione del fatto che questi rispondeva a livello inconscio.
Questa tendenza si fonda sull’inclinazione dell’ascoltatore a commettere un errore di tipizzazione logica a livello
inconscio: ossia a rispondere al materiale citato come se fosse una meta-asserzione rivolta a se stesso.
Come si costruisce:
• Primo passo: individuare il messaggio che si desidera far giungere al cliente;
• Secondo passo: dare al massaggio la forma di comando;
• Terzo passo: costruire un racconto in cui uno dei personaggi pronunci con enfasi il comando o i comandi.
Sottolineatura analogica:
Le precedenti tre tecniche accrescono la loro efficacia allorché vengano combinate con i segni analogici (vocali o visivi).
Qui sotto la strategia di base per la sottolineatura analogica:
• Primo passo: individuare il messaggio che si desidera inviare al cliente;
• Secondo passo: costruire una serie di frasi che comprendano, in un sottoinsieme appropriato, tutte le parole che, se
fossero stralciate, comunicherebbero il messaggio direttamente;
• Terzo passo: segnare in forma analogica (con cambiamenti di tono, del corpo, di ritmo ecc.) il sottoinsieme di parole
compreso nella comunicazione per inviare il messaggio che vi è incluso.
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SIGNIFICATI DERIVATI

Abbiamo già detto che i parlanti/ascoltatori nativi della lingua hanno la capacità di comprendere la sequenza di suoni
contenuti nei sintagmi (la struttura superficiale), e il significato dell’insieme dei sintagmi (la struttura profonda).
Oltre a ciò dobbiamo immaginare che essi posseggano la complessa capacità di derivare un significato supplementare
costituito dalla comprensione (per derivazione della struttura superficiale) dei presupposti impliciti di una sequenza ben
formata.
Es.: “ Chiudi la porta!” presuppone:
Io che parlo a Te
Tu che ascolti Me
Che sussiste una Porta in un Luogo vicino a Me e a Te
Che la porta è Aperta
Che Tu puoi chiudere la porta.
Es. “...Puoi chiudere la porta?” presuppone gli stessi punti dell’esempio precedente.
Nel contesto ipnotico l’uso di particolari
tipi di frasi che contengano significati derivati nascosti all’ascoltatore, impedisce a quest’ultimo di contestare
consciamente la struttura superficiale proposta.

Tipi di significati derivati:


Presupposti
Postulati di conversazione
Falsa opzione

Presupposti:
Con questo termine si intendono i postulati impliciti che devono necessariamente essere accettati affinché la frase
abbia un senso.
Nel contesto ipnotico (ma anche nella semplice conversazione) un abile impiego dei presupposti permette al parlante di
costruire un modello cui far aderire l’ascoltatore distraendolo ed impegnandolo consciamente.
Es.: “... Non so fra quanto tempo la tua mano destra comincerà a sentirsi più leggera e non so se questo processo
avverrà con un’iniziale pesantezza...”.
In questo esempio i due presupposti contenuti nella frase sono:
Che la mano si solleverà;
Che questo processo avverrà nel prossimo futuro;
Che io parlante non so come ciò accadrà;
mentre l’attenzione dell’ascoltatore viene concentrata sul quando e sul come.
Come si costruisce:
• Primo passo: individuare il messaggio che si vuole inviare;
• Secondo passo: formare una frase che contenga la suggestione, la si chiami A;
• Terzo passo: scegliere uno degli ambienti sintattici di presupposizione (cfr. I Modelli Ipnotici della Tecnica di M.H.
Erickson pag. 226);
• Quarto passo: incastrare la frase del passo secondo nell’ambiente sintattico scelto.

Postulati di conversazione:
Con questo termine ci si riferisce a quei postulati che solitamente vengono utilizzati nel corso di una normale
conversazione, sostenuti da un operatore modale di possibilità (potere) o dalla negazione di uno di necessità (non è
necessario) nella struttura maggiore, mentre in quella minore è sottinteso un ordine.
Es.: “...Puoi appoggiare la tua mano destra sul bracciolo mentre ascolti quello che ti dirò!”.
Es.: “...Non è strettamente necessario che lasci libero dalla tua mano il bracciolo destro della poltrona mentre ascolti
quello che ti dirò!”.
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Il lettore potrà notare come il primo esempio sia molto vicino alla domanda incastrata (cfr. 12 riga 8), e se ne differenzia
soltanto per l’uso del predicato (che nel postulato è un operatore modale di possibilità o la negazione di un operatore
modale di necessità, mentre nella domanda incastrata esso regge una frase interrogativa).
Come si costruisce un postulato positivo di conversazione:
• Primo passo: individuare la suggestione: “Aprite gli occhi”;
• Secondo passo: trasformare la suggestione in un comando: “Apri gli occhi!”;
• Terzo passo: incastrare un operatore modale di possibilità: “Puoi aprire gli occhi!”.
Come si costituisce un postulato negativo di conversazione:
• Primo passo: individuare la suggestione: “Mantenere alzato il braccio”;
• Secondo passo: invertire nel suo contrario la suggestione: “Abbassare il braccio”;
• Terzo passo: individuare una negazione di un operatore modale di necessità: “Non occorre”;
• Quarto passo: costruire la frase anteponendo il terzo passo al secondo: “Non occorre abbassare il braccio”.

Falsa opzione:
Questa tecnica consiste nel presentare al soggetto due o più opzioni, ma nel senso desiderato dal parlante.
Es.: “...Né io né lei sappiamo se si solleverà la sua mano destra o quella sinistra, né sappiamo se avverrà tra due minuti
o forse tre o forse tra zero minuti e quattro minuti...”.
In questo esempio il parlante distrae l’attenzione conscia del cliente creando un dubbio (sarà il destro o il sinistro? Ed
accadrà tra quattro, tre, due, un minuto?), ma il presupposto è che accadrà e che si solleverà il braccio.

L’effetto che questa tecnica determina è identico all’effetto determinato dal doppio legame, preferiamo però utilizzare la
dizione “Falsa opzione” per evitare (per quanto è possibile) la connotazione negativa che Watzlawick e colleghi hanno
dato in questa tecnica (cfr. Pragmatica della comunicazione Umana pag. 203).
L’uso che Erickson ne fa è strettamente rispettoso dell’integrità della persona, ma sfrutta la tecnica per favorire con alta
probabilità il verificarsi di un evento.
Come si costruisce:
• Primo passo: identificare l’effetto che si vuol ottenere: “braccio sollevato”;
• Secondo passo: allargare il numero delle opzioni possibili nella stessa area: “braccia = destro - sinistro”;
• Terzo passo: presentare una frase in cui ci si interroga su quale delle opzioni presentate cadrà la scelta.

Nota:
Gli schemi linguistici riportati sopra costituiscono gli elementi basilari di comprensione e di impiego dell’ipnosi
ericksoniana.
Essi costituiscono per così dire i “mattoni” per la successiva costruzione dell’edificio rappresentato dall’obiettivo che
ciascun ipnologo si prefigge.
Combinati in maniera differente creeranno differenti effetti, sia per quanto riguarda la profondità della trance che per
l’uso che di essa volesse farsi nel rispetto dello stile personale del medico e del cliente.

Ricordiamo ancora una volta che: la induzione e la suggestione ipnotica determinano effetti di:
Ricalco;
Guida;
Distrazione dell’emisfero dominante;
Utilizzazione delle funzioni dell’emisfero dominante;
Accesso all’emisfero non dominante;
Utilizzazione delle funzioni dell’emisfero non dominante.
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L’induzione e la suggestione cui va attribuito il valore più elevato è quella che raggiunge i suddetti obiettivi con il minor
numero di parole e seguendo contemporaneamente il modello del mondo del cliente.
Ciò viene realizzato con due modalità:
L’intersezione dei significati inconsci;
Il principio della massima direzione.

INTERSEZIONE DEI SIGNIFICATI INCONSCI

La probabilità che la suggestione sia accolta e posta in atto dal cliente è direttamente proporzionale al numero di
tecniche di persuasione che contengano lo stesso messaggio.
(Definizione).
In altre parole:
Se uno dei significati (strutture profonde) originato dalle ambiguità, minori strutture incluse, significati derivati, dai
messaggi segnati analogicamente ecc. è P, P sarà il messaggio che a livello inconscio avrà la massima intersezione e
P sarà il messaggio che avrà la più alta probabilità di essere eseguito.

PRINCIPIO DELLA MASSIMA DIREZIONE

La massima direzione si ottiene allorché l’operatore emette messaggi che siano accolti dalla visione del mondo
(conscio) del cliente nella loro formulazione superficiale, ma che nella struttura profonda (inconscio) si rinforzano a
vicenda essendo il messaggio seguente il passaggio logico per quello precedente.
(Definizione).
In altre parole:
Se l’operatore emette messaggi P1,P2,P3... essi devono essere nella loro struttura superficiale (ciò che letteralmente
viene ad essere detto ovvero ciò che il cervello sn. Percepisce) coerenti e riproducenti la visione del mondo (o parti
significative di esso) del cliente.
Ed inoltre i significati inconsci che P1,P2,P3...Pn contengono devono essere ordinati in modo tale che P1 preceda P2 e
P3 sia logica conseguenza di P2 fino a che Pn sia intravisto come punto di arrivo della sequenza.

Milton H. Erickson aveva inconsciamente sviluppato queste capacità, Bandler e Grinder, E. Rossi, S. Rosen, G.
Bateson, ed altri le hanno rese riproducibili analizzando il complesso sistema linguistico.
Nessuno, però potrà sperare che l’assimilazione di esse passi dalla semplice conoscenza seppur minuziosa
dell’analisi: l’eleganza, la creatività, la spontaneità applicativa, l’efficacia deriveranno dalla paziente esercitazione di
questa conoscenza.
Comunque anche dopo aver appreso... tutto converrebbe ricordarci delle parole di Ernest Rossi:
“...Io sono convinto che la vera fonte della sua efficacia come terapeuta sia questa: i pazienti avvertivano a svariati livelli
che le capacità di Erickson come terapeuta derivavano da autentiche esperienze e conoscenze personali.
Era davvero il medico sofferente che aveva imparato a guarire gli altri guarendo se stesso.
E ciò vale anche per tutti coloro che tra noi sentono un’autentica vocazione per questa professione.
Ognuno di noi, in un modo o nell’altro, ha qualche ferita.
La nostra riuscita sempre parziale nel guarire le nostre proprie ferite ci porta alla vocazione di esplorare insieme agli
altri ulteriori modi di adattarci alla nostra comune condizione umana e di ampliarne le possibilità.
I pazienti hanno ragione a risentirsi quando sentono di subire una manipolazione per mezzo di “aride tecniche”,
impiegate da un operatore che non ha alcun rapporto personale o conoscenza della fonte dei problemi e della malattia
che sono in tutti noi.
Questi operatori cercano d’impiegare la “tecnica” come mezzo di potere e prestigio per controllare gli altri.
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Ma l’inconscio dei pazienti, naturalmente, avverte tutta la superficialità di questa vuota messinscena, e nulla cambia
davvero; non fanno che manifestarsi delle “resistenze”.
Anche se cambia sintomo, non è ancora avvenuto nessun profondo coinvolgimento con quelle fonti interne di malattia e
creatività, che è il vero scopo di tutto il lavoro terapeutico.
(Guarire con l’ipnosi M.H. Erickson a cura di E. Rossi, M. Ryan, F. Sharp, ed. Astrolabio pag. 54).

LETTURE DI

APPROFONDIMENTO

Per saperne di più sulle metafore, potete leggere

(da pag. 13 a pag. 44)

“La metafora: un modo di comunicare da sempre utilizzato”


e

“Il posto della metafora nella psicoterapia”

tratti da

“L’uso della metafora in psicoterapia”

Philip Barker

Astrolabio – Roma 1987


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STORIE DELLA STORIA DEI METAPROGRAMMI

La tendenza a categorizzare ha, per certi versi, cambiato senso col passare dei secoli; definire l'uomo attraverso i tipi di
umori o i segni zodiacali aveva un significato metaforico, simbolico e processuale, senza pretese di "etichettare"
stabilmente una realtà "scientifica" da usare come il letto di Procuste: chi non rientra nelle esatte dimensioni del letto
verrà tagliato o allungato.

S. Freud è uno degli studiosi, nella storia della psicologia, che si sono dedicati a definire gli elementi che costituiscono
la base della personalità. I metaprogrammi si basano ampiamente sul pensiero di Carl Jung, esposto nel suo libro "Tipi
psicologici" (1923). Scopo di Jung è quello di definire a quale tipo appartenga una persona, con l'intento di prevedere la
sua personalità e quindi il suo comportamento.
Il lavoro di Jung è stato continuato da lsabel Myers Briggs, che lo ha usato per creare l'indice dei Tipi Myers-Briggs,
metodo largamente usato sul mercato del lavoro e in ambito politico per tracciare il profilo psicologico delle persone.
Tre elementi corrispondono direttamente alle distinzioni tracciate da Jung riguardo alla personalità e sono Introverso l
Estroverso - Sensoriale l intuitivo - Pensiero l sentimento. Il quarto elemento è implicito nel lavoro di Jung e compare
nell'opera di Myers Briggs come la preferenza dei Judger / Perceiver (Giudicante / Percepiente).
Queste quattro tipologie di base sono considerate una preferenza, filtri usati in maniere diverse ed in contesti diversi:
Myers Briggs usa circa 25 domande per stabilire ciascuna delle quattro preferenze, in modo che il risultato abbia una
certa attendibilità.

Altri hanno lavorato sulle tipologie, come ad esempio Sheldon che ha definito tre gruppi: gli ectomorfi (magri, sviluppano
pelle e cervello), i mesomorfi (sviluppano soprattutto i muscoli) e gli endomorfi (sviluppano organi interni, tessuto
connettivo e grasso); questi tipi sono correlati anche a certi ambienti di vita.
Edward T. Hule (“La dimensione nascosta”) ha lavorato molto sui filtri culturali, relativi ad esempio all'uso dello spazio,
del tempo, orientamento al lavoro, matrimonio, crescita dei figli.
Spesso i filtri culturali sono comportamenti introiettati prima dei tre anni, tanto che poi l'adulto non ne è consapevole.

E' interessante osservare come i modelli di Jung e Myers Briggs si adattino al modello della PNL. La PNL si occupa di
Processi Interni, Stati Interni e Comportamenti Esterni. I processi interni riguardano il come facciamo ciò che facciamo;
gli stati interni sono gli stati emotivi sperimentati dall'individuo da cui scaturisce il perché facciamo ciò che facciamo; il
comportamento esterno è ciò che viene prodotto come risultato di una combinazione tra i primi due. Un'ulteriore
distinzione riguarda l'influenza derivante a ciascuna persona dalla memorizzazione del tempo e quindi dal suo rapporto
col cambiamento. La corrispondenza con i tipi psicologici di Jung e Myers Briggs risulta così piuttosto evidente.
E' possibile ipotizzare anche che questi quattro metaprogrammi di base vadano a formare quelli complessi attraverso
una loro interazione.

Il primo a parlare esplicitamente e lungamente di metaprogrammi è Robbins nel suo libro "Come ottenere il meglio da
sé e dagli altri" (1986). Definisce i metaprogrammi come "le chiavi delle modalità con cui un individuo elabora le
informazioni, moduli interni che lo aiutano a formare le sue interne rappresentazioni e a scegliere il proprio
comportamento.

I metaprogrammi sono insomma i programmi interni di cui ci serviamo per decidere a cosa fare attenzione."
Robbins li paragona al "tono giusto" grazie al quale si può dire tutto. Essendo per lui preminente lo scopo di
comunicare per persuadere, considera l'utilizzo dei metaprogrammi uno strumento potente per costruire comunicazioni
a misura della mappa degli interlocutori, nella convinzione che "gli individui dispongono di moduli di comportamento e di
moduli in base ai quali organizzano la propria esperienza per istituire quei comportamenti", tenendo conto di ciò, si
potrà "andare a segno".
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Passa poi in rassegna le caratteristiche dei principali metaprogrammi. Certe persone si orientato secondo ciò che
desiderano ottenere, altre secondo ciò che vogliono evitare; alcune persone preferiscono ricevere prove e conferme da
persone o fatti esterni, altre soprattutto da se stesse; alcune rilevano primariamente somiglianze, altre primariamente
differenze; alcune hanno bisogno inizialmente di molti particolari, altre comprendono meglio a partire da un quadro
generale; e così via.
Robbins conclude il capitolo ribadendo la forza dei metaprogrammi nella comunicazione e la possibilità di cambiarli, per
sé o per gli altri, per favorire il cambiamento personale.

Anche nel libro "Oltre la vendita" ( anno 1987 ) Bagley e Reese parlano di metaprogrammi, definendoli "schemi di
funzionamento" poiché secondo gli autori noi "tendiamo a prendere le nostre decisioni nello stesso modo con il quale le
abbiamo già prese in passato"; "questi schemi sono basati primariamente sul modo con il quale le persone selezionano
mentalmente le informazioni".
Scegliamo un certo acquisto in base al nostro sistema di valutazione interna personale, o in base alla conferma di altre
persone o documentazioni? Confrontiamo il prodotto o la nostra scelta in base principalmente alle somiglianze o alle
differenze che rivela con altri prodotti o scelte? Consideriamo maggiormente i risultati ottenuti nel passato o le
possibilità che un prodotto ci offrirà nel futuro? Ciò che scegliamo, lo scegliamo in funzione di ottenere qualcosa o di
evitare un inconveniente?
Gi autori concludono il capitolo con esempi anche dettagliati relativi all'uso dei metaprogrammi nel contesto della
vendita: ciò che viene messo in luce riguarda osservazioni sul cliente (linguaggio e comportamento) e domande da
rivolgergli.

In "Convincere ... per vendere meglio" (anno 1989 ) anche C. Cudicio sottolinea l'importanza dei metaprogrammi per
ricondurre i diversi comportamenti ad alcune categorie di criteri, in modo da consentire una migliore comprensione e
previsione dei criteri dei cliente. Esemplifica idealmente con le figure del guerriero, del pastore, dello scriba e del
mercante le caratteristiche dei possibili clienti relative al loro modo di elaborare le informazioni. E ricorda comunque di
non generalizzare e dare per scontato un certo schema.

I ricercatori PNL hanno raccolto il materiale riguardante i metaprogrammi in periodi e rielaborazioni successive; tra i
primi Tad James ha preparato una serie di domande per poter inventariare 16 filtri. Queste non sono numerose, poiché
gli strumenti della PNL quali ad esempio il rapport, la calibrazione, l'attenzione al linguaggio permettono di raccogliere
molte informazioni a fronte di un esiguo numero di domande. I "filtri" considerati riguardano la direzione, la motivazione,
il riferimento, la persuasione, alcune caratteristiche del lavorare in gruppo, altre riguardanti il formato dell'informazione, il
confronto e il tempo. In stretto collegamento, James propone altre domande riguardanti i valori, la loro evoluzione
durante la vita di una persona, i loro quadri di riferimento, il modo per scoprirli ed attribuirvi un ordine di importanza ed il
loro cambiamento.

La PNL ricorda che la comprensibilità di messaggi, inviati all'interno di una cornice di rapport è legata a filtri sensoriali
(VAKog), culturali e sociali ed alla capacità di riconoscere la mappa dell'altro. Definisce i metaprogrammi come una
serie di filtri selettivi che si collocano a livello meta rispetto a quelli sensoriali, sociali e culturali. Attraverso di essi le
persone strutturano la percezione del "reale", le danno significato costruendo la propria mappa del mondo in base alla
quale agiscono e reagiscono senza esserne spesso consapevoli. Sono in pratica i programmi interni di cui ci serviamo
per decidere a cosa, come e perché fare attenzione in un determinato contesto. Contribuiscono quindi in misura
determinante alla genesi dei nostri stati e processi interni, delle nostre scelte di reazione al mondo esterno, del nostro
comportamento.
Alcune notazioni sono anche particolarmente interessanti: i metaprogrammi si formano nel processo di crescita della
persona e possono subire variazioni anche significative nel corso della vita. Permettono di descrivere e motivare
comportamenti e di descrivere i criteri di congruenza ed equilibrio con cui si aggregano nella persona valori, credenze e
capacità.
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Sono particolarmente dipendenti dal contesto ma ogni persona ne ha comunque un certo numero di preferenziali. Si
possono rintracciare quelli di prevalenza a seconda di contesti tipo "lavoro" "apprendimento" "relazione" ecc.
Anche qui vale il principio secondo cui avere più scelte e più strumenti per un solo stimolo o situazione consente una
migliore gestione che avere una sola risposta, un solo strumento. Non ci sono metaprogrammi "giusti" o "sbagliati" o
"inutili" o "di qualità".
Fino ad ora sono stati individuati circa una cinquantina di metaprogrammi.

Ulteriori elaborazioni sono rintracciabili in alcuni seminari tenuti sull'argomento.


Nel seminario del 1993 Willie Monteiro collega strettamente i metaprogrammi ai valori.
I valori sostengono la nostra attività e i nostri comportamenti, sono il perché delle nostre scelte, il come sapere quando
abbiamo abbastanza di una certa cosa. Sono i criteri attraverso i quali sappiamo se siamo soddisfatti ed il carburante
motivazionale per giungere ad un certo obiettivo.
Un valore è qualcosa di attraente verso cui vogliamo andare (metaprogramma: verso) o è avversivo e ce ne vogliamo
allontanare (metaprogramma: via da).
E' come se un valore fosse una cornice percettiva: pensare ad un party cambia il significato di quel party conforme al
modo di pensarci (il party significa gente che si diverte o macchie sul tappeto?). La struttura dei valori che una persona
ha influisce sulla sua percezione degli eventi, facendo da filtro. In un certo senso i valori operano come un sistema di
filtro a livello superiore; i metaprogrammi sono questa struttura di valori, filtri percettivi elevati.
I metaprogrammi sono strettamente correlati anche ai sistemi rappresentazionali: quando pensiamo a qualcosa, in che
termini la pensiamo? Come categorizziamo? Si tratta di un dettaglio o di una grande cosa? A quale categoria
appartiene la cosa a cui pensiamo? L'abilità e la flessibilità nel passare a chunk up, down o laterali sono abilità nel
comunicare a misura di interlocutore, di sperimentare altre possibili risposte. Si tratta di un'abilità particolarmente utile
per lavorare nei gruppi e per negoziare, è parte del processo della leadership.
Valori e metaprogrammi non sono semplici concetti astratti, ciò che li spinge è la neurologia.
Le domande del metamodello tendono a portare fuori dalla mappa del mondo rappresentato per riportare alla mappa
delle esperienze sensoriali: sono chunk down poiché specificano ciò che nel costruire la mappa è stato cancellato;
sono chunk up nelle distorsioni perché riportano al processo di formazione della mappa.
Possibilità e necessità: avere familiarità con una o con l'altra delle due parti porta a differenti cornici: come si incontrano
in una riunione d'affari due partners di cui uno molto procedurale e l'altro molto opzionale? Non si tratta solo di un
legame col contesto, ma anche con la finalità.

Ciascuno ha il suo modo di percepire le cose per aspetti simili o differenti, trovando o non trovando una relazione tra
elementi. La propensione di ciascuno a trovare prima e più somiglianze o differenze risulta anche dal linguaggio; circa il
50% della popolazione (nel nostro tipo di cultura) coglie soprattutto somiglianze, con alcune differenze. Questo
elemento è altamente considerato dalla pubblicità, che difficilmente propone qualcosa di assolutamente identico al
precedente o di assolutamente nuovo e diverso: la proposta è quella di un prodotto che sia "un pò di più...".
Anche il tempo è una distinzione di metaprogramma: dentro a quale durata di tempo la persona tende a collocarsi?
I melaprogrammi hanno a che fare con le modalità di convincimento: come fa una persona a convincersi di qualcosa? Il
convincimento sottende una strategia, che ha a che vedere coi sistemi rappresentazionali, con il tempo e con valori di
riferimento.

Fabio Rondot nel suo seminario dei 96 introduce i metaprogrammi in stretta correlazione con la mappa; propone di
chiamarli algoritmi, definiti come somma di operazioni che portano ad un certo risultato e qui finiscono, cioè una
procedura reiterata e riproducibile; considera algoritmo fondamentale la comparazione, più ampia del cercare
somiglianze o differenze.
Due sono le modalità di comparare: 1. cosa c’è di simile. 2. cosa c'è di diverso.
E' più facile pensare "come sta comparando?" che non "va per somiglianze o differenze?" perché la seconda domanda
tende a creare una dicotomia che esclude l'altra metà e a dividere settorialmente le persone in categorie.
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Altre comparazioni sono legate a luoghi, persone, oggetti, che a loro volta possono essere astratti, concreti, generici,
specifici variamente mescolati.
La storia dei metaprogrammi comincia molto prima di noi: si tratta di una coelaborazione, che risale ben oltre i genitori.
Trovare gli algoritmi significa capire come le persone si procurano il materiale, come lo preparano e come lo
assemblano per realizzare la loro costruzione. In genere il bambino elabora in modo diverso, cambia idea più
facilmente. L'adulto ha una traccia cognitiva ben definita: ad esempio sa già come finirà una storia che ha già letto
mentre il bambino che rivede lo stesso cartone animato "non sa" come finirà.
L'abitudine è fatta da tracce cognitive, costruite con i metaprogrammi; è difficile perciò cambiare abitudine, è più facile
mantenerla introducendo però delle modifiche.
Nella loro comparazione, le persone si sbilanciano sul tempo e sullo spazio. Vado a fare un viaggio; quanto lontano?
1000 km. o 10 ore? Quando torno? Tra 2 giorni o tra 2300 km?. Il tipo di domanda orienta (“quando” ? orienta al tempo
e “dove” ? orienta allo spazio), ma spesso le risposte sono indipendenti (ha fatto un viaggio lungo tre ore). A volte la
preferenza è stabile, a volte è legata al contesto.
La comparazione si verifica anche tra associato e dissociato, anche se in realtà non esiste la dissociazione ("dissociati"
è un comando negativo, come “non pensare alla papera viola!” ). Meglio pensare in termini di "associati a
qualcos'altro".

l metaprogrammi sono strettamente collegati con i valori; riconoscere un valore non significa necessariamente
condividerlo; i valori hanno anche una dimensione agita (il valore del rispetto si trasmette con un'azione che ne è la
traduzione pratica - secondo la mappa di ciascuno). l valori sono nominalizzazioni, ma vanno slegati dalla sola
dimensione linguistica: odio e amore nella quotidianità sono azioni ben concrete.
Riconoscere i metaprogrammi è legato alla calibrazione: l'osservatore proietta le sue misure sull'osservato per valutare
se può misurarlo con queste; poi compara e verifica con l'osservato stesso e così impara.
l chunk sono generalizzazioni o passaggi minimi rispetto ad una unità di misura.

Il modo di agire di una persona potrebbe variamente


ASTRATTO
attraversare questi 4 quadranti o rimanere sempre in
G S
E P
uno solo. Se i partecipanti ad una riunione si
N E comportassero in modo che il grafico descrittore del loro
E C comportamento fosse per ciascuno in un quadrato
R I differente, come si capirebbero?
A F Una persona il cui grafico attraversasse più quadranti
L I potrebbe diventare il mediatore o il divulgatore.
E C
O
CONCRETO

Il chunk riguarda anche la quantità di implicito che posso mettere in un discorso: posso generalizzare il mio discorso
nella misura in cui ciò che è implicito è condiviso dagli altri; quanto analogico mi posso permettere e quanto digitale
dovrò inserire perché il mio discorso sia comprensibile?
I metaprogrammi non sono solo linguistici, ma anche ben ancorati al movimento e alla mimica; badare solo alla parola è
limitante. Siccome i metaprogrammi sono legati alla struttura, il corpo dà segnali maggiori e più sicuri.
Ci sono tipologie di metaprogrammi di base, per costruire (ad esempio spazio e tempo) e tipologie di relazione tra
persona e mappa (vía da - verso); con i primi costruisco qualcosa (colloco spazio e tempo rispetto agli eventi che vive
una persona) e con i secondi mi ci muovo ("come ti orienti e ti muovi nella tua mappa?")
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La comparazione consente di riconoscere la direzione: in ogni caso andare verso qualcosa è anche andare via,
allontanarsi da dove si è. A volte conta più il modo che non la direzione, cioè il "come" mi muovo verso o via da.
Di chi sono i parametri che uso per decodificare qualcosa? Miei o altrui? L'adolescente passa dalla referenza esterna
dei genitori a quella esterna del gruppo, che gli serve a fare prove. Sposto le referenze all'esterno quando questo è un
pò simile a me, o se ho poche risorse, o se c'è condivisione di un obiettivo importante per me, o se ho paura.
Attenzione e referenza sono cose diverse.
I metaprogrammi sono un mezzo per produrre una varietà di informazioni; trasformarli in un fine è qualcosa di diverso
(che senso avrebbe dire..."nella vita è meglio fare il via da" ... ? Lo scopo è quello di avere il maggior numero possibile
di informazioni di qualità sulle rappresentazioni nostre e dei nostri interlocutori. I metaprogrammi sono trasversali nel
loro elaborare informazioni, ma ci sono contesti che ne elicitano di preferenza alcuni, cosa che è anche in relazione con
la mappa della persona.
I metaprogrammi sono strettamente collegati, si potrebbero definire a grappoli; se prendo un algoritmo che è una
tessera, scopro che intorno si allacciano altre tessere - algoritmo; per farne emergere uno, blocco questa relazione
perché fissare un metaprogramma fa emergere costellazioni di relazioni; porre l'attenzione su un certo punto già
"genera" un metaprogramma.
I metaprogrammi sono collegati anche col modellamento, che è qualcosa di più che una riproduzione del modello
prescelto. Intervistando i camionisti su come fanno a parcheggiare così magnificamente i loro tir si diventa bravi
intervistatori; per diventare bravi parcheggiatori bisogna parcheggiare! Ovvero chi modella il suo maestro non lo batterà
mai.

Nel seminario del 98 lvano Boscardini definisce i metaprogrammi come strutture formali astratte che organizzano e
comprendono le informazioni dentro ad alcune categorie; sono una sorta di attrattori attorno ai quali si vanno a
configurare le informazioni.
Svolgono la funzione di orientare nella scelta e quella di creare un equilibrio tra valori, criteri, convinzioni, capacità. Il
valore si esprime attraverso una nominalizzazione, ma è collegato a migliaia di azioni, situazioni, persone; è legato alle
convinzioni, che lo uniscono ad un comportamento, un'esperienza, un fatto.
Le convinzioni si formano già da bambini, passate dai genitori e altri adulti significativi o acquisite da esperienze.
I criteri sono valori che hanno un senso in determinati contesti (come scegliamo un posto in treno? Con un mix di valori
e convinzioni).
Anche i metaprogrammi sono contestualizzati e non sono una struttura rigida del tipo “quella persona è fatta così" ma
dicono semplicemente che in quel momento quella persona è più sensibile a quel certo tipo di configurazione.

Anche nel seminario del 99 Willie Monteiro collega strettamente i valori ai metaprogrammi. Interessante è l'ampiezza
attribuita al chunking, inteso non semplicemente come il formato dell'informazione ma come qualcosa di trasversale, un
modo di punteggiare e quindi di attribuire significato all'esperienza ed alle informazioni, un filtro attraverso il quale
guardare gli altri metaprogrammi, un elemento da tenere in considerazione nella scelta delle domande da porre
all'interlocutore (in che direzione lo stiamo orientando? Il chunk relativo alla domanda è allineato alla finalità che la
domanda stessa si propone?)
Anche i metaprogrammi, così come gli altri "componenti" della PNL, hanno senso e sono di qualità solo in una cornice
di autentico rapport.
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I PRINCIPALI METAPROGRAMMI

VERSO
VERSO con componente VIA DA
• FILTRO DI DIREZIONE VERSO + VIA DA
VIA DA con componente VERSO
VIA DA

• FILTRO DI DIREZIONE VERSO


NEI RAPPORTI VIA DA
CONTRO

possibilità / volontà

OPERATORI MODALI entrambe

necessità
• FILTRI DI MOTIVAZIONE PRO SE’
PRO ALTRI

PROCESSO
OBIETTIVO

PROCEDURE
OPZIONI

INTERNO
INTERNO con controllo esterno
• FILTRO DI RIFERIMENTO EQUILIBRATO
ESTERNO con controllo interno
ESTERNO
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(come) SEZIONE DEL SISTEMA


RAPPRESENTAZIONALE

• FILTRI DI PERSUASIONE
AUTOMATICO
(intensità N° DI VOLTE / ESEMPI
della verifica) PERIODO DI TEMPO
COSTANTE

Persone
contenuto Luoghi
FILTRO DI INTERESSE PRIMARIO Cose
Attività
• FILTRI DI SELEZIONE Informazioni

modalità
FILTRO D’ACCOPPIAMENTO
E/O CONTRAPPOSIZIONE

Adeguante Disadeguante
Matching Mismatching
Somiglianze Somiglianze Somiglianze Differenze Differenze
con eccezioni con eccezioni con eccezioni

SUPERATTIVO

ATTIVO

RIFLESSIVO / REATTIVO
• FILTRO D’AZIONE
ENTRAMBE

Soddisfatto

INATTIVO
Apatico
PASSIVO
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PASSATO

ORIENTAMENTO NEL TEMPO PRESENTE

FUTURO

• FILTRI DEL TEMPO ORGANIZZAZIONE/ MEMORIZZAZIONE IN TIME


DEL TEMPO
THROUGH
TIME

ACCESSO AL TEMPO CAUSALE

SEQUENZIALE

PICCOLO CHUNK (specifico)

• FILTRO DI DIMENSIONE DAL PICCOLO AL GRANDE CHUNK


DEL CHUNK (dallo specifico al globale)

DAL GRANDE AL PICCOLO CHUNK


(dal globale allo specifico)

GRANDE CHUNK (globale)

GIOCATORI INDIPENDENTI

• FILTRO DI AFFILIAZIONE GIOCATORI DI SQUADRA

GIOCATORI PROSSIMI

ASSOCIATO

• FILTRO DI POSIZIONE PERCETTIVA DISSOCIATO


(RISPOSTA EMOTIVA)
SCELTA
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se stessi
• FILTRO DI DIREZIONE
DELL’ATTENZIONE (centratura)
altri

PERFEZIONE

• FILTRO DELL’OBIETTIVO
OTTIMIZZAZIONE

QUANTITATIVO

• FILTRO DI CONFRONTO QUALITATIVO

NATURA DEL CONFRONTO

MODELLI / CONCETTI
DIMOSTRAZIONE
• FILTRO DI CONOSCENZA ESPERIENZA
AUTORITA’

FASE INIZIALE
• FILTRO DI COMPLETAMENTO FASE INTERMEDIA
FASE FINALE

COSE
• FILTRO DI PREFERENZA SISTEMA
DI LAVORO PERSONE

SE STESSI E GLI ALTRI


SOLTANTO SE STESSI
• FILTRO DI DIREZIONE SOLTANTO GLI ALTRI
MANAGERIALE SE STESSI, MA NON GLI ALTRI
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METAPROGRAMMI E COSTRUTTIVISMO

Il costruttivismo è una forma di pensiero - ormai largamente diffusa in diverse discipline scientifiche - le cui premesse
sono particolarmente affini ai presupposti PNL.

In sostanza, secondo il pensiero costruttivista, noi non siamo passivi e neutrali registratori di una realtà esterna, ma al
contrario la “costruiamo” attivamente con i nostri filtri sensoriali, psicologici e culturali.
Ciò non implica beninteso che la realtà sia un’invenzione del soggetto, quanto piuttosto il fatto che ognuno di noi ,
attraverso i suoi filtri, dà senso e forma a “quel qualcosa là fuori” che in sé è inconoscibile.

Tutto questo non è diverso dal concetto di mappa; tuttavia George Kelly, psicologo americano e fondatore del
costruttivismo, elaborò già negli anni ’50 un modello epistemologico per una psicologia dei costrutti personali.

Il postulato fondamentale della teoria di Kelly afferma che


“I processi di una persona sono psicologicamente canalizzati in funzione dei modi con i quali essa anticipa gli eventi”.

Secondo Kelly la mente di una persona qualsiasi funziona come quella di uno scienziato, cioè costruendo ipotesi
anticipatorie basate su veri e propri modelli teorici personali. Quando un fisico sperimentale vuole confermare una sua
teoria, “costruisce” un esperimento di cui anticipa gli esiti in base al modello che sta utilizzando.

Dalle premesse di Kelly discende che il vantaggio e il senso evolutivo della mente (non solo umana) sta nella sua
capacità – che la selezione naturale e culturale ha sempre più affinato – di anticipare in modo sempre più definito un
numero sempre maggiore di eventi di complessità crescente.

Anche l’attribuzione di significati, in questa ottica, è resa possibile dall’anticipazione delle diverse implicazioni di un
possibile evento.
Se per esempio si dà un significato negativo a qualcosa – ad esempio una malattia - ciò avviene semplicemente grazie
all’anticipazione di eventi spiacevoli ad essa correlati.

Il primo corollario al postulato di Kelly, definito Corollario della Costruzione, asserisce che “Una persona anticipa gli
eventi costruendone le repliche”.
In sostanza, per dare significato a qualcosa che potrebbe riguardarlo, un individuo costruisce una rappresentazione
(corporea e/o mentale e/o linguistica) di tale evento basata su elementi di somiglianza e contrasto con altri eventi
conosciuti.

Queste strutture di somiglianza e contrasto formano il sistema di costrutti personali di una persona. Ogni costrutto
pertanto si definisce in forma bipolare come simile a qualcosa e differente da qualcosa d’altro.

Potremmo dire che il sistema complessivo dei costrutti bipolari di un individuo forma un reticolo di “percorsi semantici”:
una specie di sistema viario dove viaggiano – in entrambe le direzioni - i significati, le speranze e i timori della persona
che ne è dotata.

E’ interessante notare che il sistema di costrutti serve non solo ad anticipare gli eventi, ma anche a delimitare il campo
degli eventi che si possono anticipare.
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E’ possibile infatti fare anticipazioni – e quindi dare senso - solo per quegli eventi per i quali disponiamo di un sistema di
costrutti adeguato.

Con il Corollario dell’Organizzazione Kelly specifica che “Allo scopo di anticipare gli eventi ognuno sviluppa, a modo
suo, un sistema costruttivo che prevede relazioni ordinali fra i costrutti “.

Questo corollario ci consente di inquadrare completamente i Metaprogrammi all’interno del sistema elaborato da Kelly: i
Metaprogrammi infatti, con la loro struttura bipolare, altro non sono che costrutti di ordine molto elevato in grado di
governare un grande numero di costrutti subordinati.

Riprendendo il modello T.O.T.E, potremmo osservare che i Metaprogrammi sono generatori di criteri per lo costruzione
di T.O.T.E di vario genere:
per decidere, descrivere, scegliere, relazionarsi e così via.

Una apparente contraddizione fra Metaprogrammi e costrutti personali sta nel fatto che i Metaprogrammi sono definiti
come uguali per tutti gli individui che li manifestano, mentre per Kelly i costrutti sono strettamente personali:
ad esempio, mentre nel Metaprogramma Adeguante/Disadeguante le polarità sono le stesse per tutti, nella psicologia
dei costrutti potrebbe benissimo riscontrarsi un costrutto diverso: Adeguante vs. Antipatico oppure vs. Maleducato e
così via. La contraddizione viene risolta da un altro corollario di Kelly, quello della Comunalità: “I processi psicologici di
una persona sono simili a quelli di un’altra persona nella misura in cui la prima costruisce l’esperienza in modo simile
alla seconda.”

Quali implicazioni ha tutto questo sull’uso del modello PNL ?

All’interno di una certa cultura è altamente probabile che molti costrutti di ordine generale siano largamente diffusi e
condivisi. E’ questo il caso dei numerosi Metaprogrammi rilevati dai diversi autori PNL. Ma è anche utile, prima di
etichettare il cliente, fare alcune domande di verifica sulle polarità implicite nei suoi criteri.

Riferendoci infatti al modello dei livelli logici, la Teoria dei Costrutti Personali ci avverte che convinzioni e valori sono in
realtà solo i poli emergenti di un costrutto bipolare con un’estremità “sommersa”. Se per me è importante la sincerità,
cosa sarà invece da evitare? La disonestà? L’ambiguità? Oppure la reticenza?

La Teoria dei Costrutti Personali ci dà una chiave importante e maneggevole per liberare i Metaprogrammi da quella
fissità diagnostica che contrasta decisamente con i presupposti e i metodi della PNL.
Grazie a questa teoria possiamo affermare che i Metaprogrammi sono semplicemente strutture che in termini di
probabilità è facile riscontrare – non caselle prefissate dove ognuno di noi deve per forza adattarsi.
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CHUNKING, CATEGORIZZAZIONE, CAMPO.

Steve Andreas (2005) osserva che nel Chunking come viene comunemente divulgato esiste una “confusione di base”
fra due concetti cognitivi molto diversi da loro: la categorizzazione e il campo (in inglese: scope ).

La categorizzazione è quel processo cognitivo che ci consente di costruire classi di oggetti scelti in base a determinate
proprietà comuni. Ad esempio si potrebbero raggruppare fra loro tutti i tavolini (classe di ordine 1), i quali –assieme ai
tavoli da pranzo, da gioco ecc. (altre classi di ordine 1) costituiscono la classe dei tavoli (classe di ordine 2). Si potrebbe
poi proseguire affiancando a questa ultima classe tutte le altre classi di sedie, letti ecc. ottenendo così la classe di tutti i
mobili (classe di ordine 3).

E’ facile notare che le categorie vengono composte attraverso un processo di semplificazione della realtà. Cosa
accomuna ad esempio fra loro tutti i possibili tavolini (rotondi, quadrati, in legno oppure in plastica ?). Fra tutte le
proprietà riscontrabili nei diversi tavolini, solo alcune vengono estratte per definire un concetto di “tavolinità”.
Più in generale, la gerarchia ordinale fra diversi oggetti non è data una volta per tutte, ma definita di volta in volta sulla
base dei criteri di categorizzazione.

Altro punto fondamentale è la netta demarcazione fra classi e oggetti che ne fanno parte: l’insieme di tutti i tavolini NON
è un tavolino, e l’insieme di tutti i tavoli NON è un tavolo. Il Chunking up e down fra categorie significa spostarsi fra
oggetti separati dai diversi livelli di categorizzazione. Fare Chunk laterale fra categorie è sempre possibile e ci porta ad
afferrare un oggetto sempre diverso e senza relazioni di contiguità spaziale con quello di partenza.

Il concetto di Campo (Scope) è del tutto diverso. Il Campo definisce la scala di grandezza che stiamo usando per una
descrizione contestuale di un determinato oggetto.
Se l’oggetto è ad esempio un’ auto, fare Chunk up significa allargare il campo.
E qui possiamo vedere un garage, e il garage dentro un condominio, e il condominio dentro a un isolato e così via.
Fare Chunk down vuol dire invece - ad esempio - passare dall’auto al motore e poi all’albero e via via ancora più nel
particolare. Il Chunking laterale nel Campo non sempre è possibile (ad esempio Bicchiere > Chunk Down > Birra>
Chunk laterale > ? ). Quando lo è, ci porta verso oggetti che possono essere dello stesso tipo oppure differenti, ma in
tutti i casi caratterizzati da una relazione di contiguità spaziale all’interno del Campo (Es. Auto > Chunk down >Motore >
Chunk Laterale > Frizione).

Per capire la differenza fra i due modi di fare Chunking, torniamo all’esempio del tavolino:

TAVOLINO Chunk up Chunk down Chunk laterale

Chunk Classe di tutti i tavoli Classe dei tavolini Un altro tavolino


per categoria in plastica

Chunk Un salotto Una gamba del tavolino Un divano


di campo
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A questo punto è utile evidenziare due concetti.

1. Il primo è che la commistione fra Chunking per categoria e Chunking di campo è una fonte inesauribile di
fraintendimenti, incomprensioni e confusioni logiche. Anche fra certi PNL-isti

2. Il secondo concerne il fatto che il Chunking è un processo fondamentale nelle tecniche di ristrutturazione,
ovvero quei pattern che consentono di fornire nuove risorse ad una persona individuando percorsi di senso
diversi per una sua situazione vissuta come negativa o limitante.
Per le ristrutturazioni, che possono essere di significato o di contesto, i due tipi di Chunking sopra descritti
funzionano in modo diverso.

• Ristrutturazione con Chunking per categoria:

Creazione di percorsi alternativi fra classi dello stesso ordine o di ordini diversi

• Ristrutturazione con Chunking di campo:

Allargamento o restringimento del campo per spostare il focus su nuovi livelli di osservazione
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LETTURE DI

APPROFONDIMENTO

Sui metaprogrammi è interessante leggere anche

“Particolarità dell’eccellenza: metaprogrammi”

tratti da

“Come ottenere il meglio da sé e dagli altri”

Anthony Robbins

Edizioni Bompiani – Milano 1994


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SLEIGHT OF MOUTH

La PNL ci offre 3 modelli linguistici:


 Un modello linguistico di precisione (Metamodello) che serve prevalentemente per scoprire/esplorare,
dischiudere, rivelare, ciò che c’è nella mappa della persona, facendo affiorare cancellazioni, contro esempi alle
generalizzazioni, strategie di realtà per capire cosa produce le distorsioni. Facendo questa operazione di
svelamento può anche produrre ristrutturazioni, ma partendo sempre dall’esplorazione della mappa del
soggetto.
 Due modelli linguistici di persuasione ovvero di influenzamento e ristrutturazione: Sleight of Mouth e Milton
Model (modello ipnotico che è linguisticamente l’opposto, in termini di struttura, del Metamodello e viene
utilizzato con l’obiettivo di produrre nella mappa del soggetto delle distorsioni/generalizzazioni con un obiettivo
di indurre trance e/o reframing, accedendo direttamente alle risorse inconsce e bypassando i controlli consci).
Naturalmente non è così netto il confine fra precisione e persuasione. La modellizzazione qui proposta ci aiuta ad avere
in mente in maniera semplice che modelli usare in base all’obiettivo, come prima ipotesi.
Ciascun piennelleuta poi a seconda di come si sente in sintonia con modelli linguistici e risultati che ottiene, costruisce
la propria mappatura degli strumenti, linguistici e non.
Il SOM, Sleight of Mouth, è un modello linguistico di persuasione, cioè influenza, modifica, fa reframing
(ristrutturazione), incidendo sulla struttura delle convinzioni, usando 17 strumenti/strutture linguistiche.
Le convinzioni su cui applichiamo il SOM sono convinzioni che limitano le scelte del soggetto (convinzioni limitanti) in
termini di comportamenti, stati d’animo, relazioni, etc. oppure producono effetti secondo noi indesiderati sulla relazione
che noi abbiamo con lui (vincoli) o sui nostri obiettivi (es. esprime convinzioni che sono obiezioni a un nostro obiettivo di
vendita/negoziazione/persuasione).
Perché il SOM possa essere applicato bisogna avere a disposizione la struttura di una convinzione del soggetto
espressa secondo due schemi:
equivalenza complessa: x = y
(si distingue perché posso sempre ascoltare un primo elemento osservabile, x e inserire nella frase l’espressione
“significa che”, seguito da y, ovvero un significato arbitrario/soggettivo, che è nella mappa del soggetto)
o
causa effetto: x causa y
(si distingue perché posso sempre ascoltare un primo elemento osservabile, x e inserire nella frase l’espressione
“produce/causa che”, seguito da y, ovvero un effetto arbitrario/soggettivo, che è nella mappa del soggetto, e di solito è
uno stato d’animo o un comportamento).
Nella struttura profonda delle convinzioni del soggetto c’è appunto una convinzione, e la stessa convinzione può essere
espressa, di volta in volta, come equivalenza, come causa effetto, come lettura della mente, etc.
Il SOM viene applicato sulla struttura linguistica (struttura superficiale) espressa/pronunciata dal soggetto.
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Per esempio io posso pensare che tu ce l’abbia con me, ma posso esprimere questa convinzione, linguisticamente, in
vari modi:
 ti guardo e ti dico solo “tu ce l’hai con me!” (lettura della mente)
 posso dire “il fatto che mi guardi così significa che ce l’hai con me” (equivalenza)
 posso dire “quando mi guardi così mi fai pensare che ce l’hai con me” (causa effetto)
 etc.
Noi ascoltiamo il soggetto, eventualmente applichiamo il Metamodello fino ad arrivare a individuare una convinzione
espressa come equivalenza o causa effetto, e poi applichiamo una o più ristrutturazioni del SOM con l’obiettivo di
muovere leggermente la convinzione, producendo altri comportamenti/stati nel soggetto (grazie alla modifica della
convinzione).
Alcuni interventi di PNL agiscono idealmente più a livello di comportamenti (modifiche “rimediali”, livello 1 del
cambiamento secondo i livelli logici di Bateson: per es. questo potrebbe accadere per collassi di ancore) – il SOM si
suppone agisca direttamente a un livello logico alto, quello delle convinzioni, avendo così effetti generativi, anche
imprevedibili, che possono modificare la mappa del soggetto, rendendola più flessibile.
Data comunque la struttura circolare e sistemica dell’esperienza, è difficile stabilire in anticipo quale tipo di intervento
produrrà effetti rimediali e quali generativi.
Ricordiamo sempre che vogliamo essere all’interno di una dinamica e/e e non o/o ovvero, quando il soggetto esprime la
convinzione, ciò che gli offriamo è la possibilità che sia credibile quella convinzione o anche un’altra, non che la sua sia
sbagliata e dovrebbe sostituirla rigidamente con quella che gli offriamo noi!
Ricordiamo anche in ottica di pensiero complesso e per non rischiare di cadere nuovamente in una logica di causa
effetto, che la nostra ristrutturazione offre un ampliamento possibile della mappa al soggetto, che sceglierà se accettarla
e come metabolizzarla, producendo forse alcune modifiche utili per lui e/o per noi e la relazione che abbiamo con lui. Il
SOM e la PNL in generale, NON sono un modello deterministico, cioè NON determinano cambiamenti in ottica di causa
effetto (faccio questo e quindi produco necessariamente quest’altro). La PNL è un modo per concepire e organizzare
l’esperienza, ritenendo utile farlo, per aumentare le proprie scelte (aumentare le variabili discriminanti, cioè che
possiamo scegliere e ridurre le variabili ambientali, cioè quelle esterne che incidono su di noi). Così il SOM è un
modello linguistico che ci aiuta a organizzare l’esperienza in una maniera che può aiutarci a organizzarla e guidarla. Ma
è sempre un modello e comunque flessibile. È un’opportunità. Non un causa effetto.
Utilizziamo il SOM come se osservassimo con mentalità matematica il linguaggio del soggetto, visualizzando le parti
della struttura della convinzione come una relazione algebrica:
x=y
x causa y
e scegliamo se agire su una delle parti della struttura o su tutta la struttura.
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Le 17 strutture:

 Alcune agiscono sulle parti della struttura: sulla prima parte (x) o sulla seconda (y), sostituendo o
modificando con vari processi, una delle due parti dell’equivalenza/convinzione/causa-effetto;
 altre su tutta la struttura (x = y o x causa y vengono trattate come una mega-Xe poste in relazione con un
secondo elemento t, costruendo e installando nella mappa del soggetto una distorsione, sia essa
un’equivalenza, un causa effetto, una lettura della mente, etc.).
Usiamo come esempio:
x causa y
- (x) Il fatto che il mio capo mi chieda di occuparmi di un nuovo lavoro
- (y) mi manda in confusione e mi prende il panico

7 Strutture che agiscono su una delle parti della relazione (x o y):


ovvero ridefinisco o sostituisco una delle parti della struttura o ne faccio chunk up/down con le prime 5
strutture, oppure offro controesempi o altri modelli del mondo, con le altre 2, per offrire altre possibili relazioni
di significati o di causa-effetto

1. Ridefinire X (comportamento) o Y (effetto)


a) il comportamento (causa) x che causa (o significa) Y
b) l’equivalenza (effetto) Y

Ridefinisco x (esprimo x con parole leggermente diverse che ne spostano di poco il significato, ma abbastanza da
produrre qualche modifica nella percezione del soggetto – magari aiutando il tutto con un tono di voce che sottolinea,
riducendola o rendendola “assurda” la relazione causale):

- Mi stai dicendo che quando il tuo capo viene da te con un progetto nuovo vai in confusione?
Ridefinisco y (esprimo y con parole leggermente diverse che ne spostano di poco il significato, ma abbastanza
da produrre qualche modifica nella percezione del soggetto - magari aiutando il tutto con un tono di voce che
sottolinea, riducendola o rendendola “assurda” la relazione causale):
- Mi stai dicendo che quando il tuo capo ti chiede di occuparti di un nuovo lavoro hai una reazione fobica?

2. Altre x: Altra causa (sulla causa) – agisce su x:


(non è x che produce y, ma t che produce y)
- il panico (y) ti viene prodotto non da x (richiesta di fare cose nuove), ma: (t) dal fatto che ti dici nella testa delle
cose tremende, o (t) dal fatto che il lavoro che fai non ti piace etc.

3. Altre y: Altri obiettivi (sull’effetto) – agisce su y:


(y non è prodotta da x, ma da t)
- x (richiesta di fare cose nuove), non produce y (il panico) ma, per es., (t) una maggiore attenzione, (t)
apprendimento, (t) rottura della routine, etc.
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4. Chunk down (scomporre in piccoli pezzi) x o y:


Chunk down di x:
- mi stai dicendo che mentre sei seduta alla scrivania e digiti al pc e compili scartoffie, il fatto che ti venga
chiesto di scrivere un documento in più, digitando al pc per una mezz’ora una lettera o facendo qualche
telefonata ti manda in panico?
Chunk down di Y:
- mi stai dicendo che quando il tuo capo ti chiede di fare una cosa nuova questo ti fa aumentare un po’ la
sudorazione, ti sfreghi le mani, ti dici delle cose nella testa, ti accelera un pochino il battito cardiaco, ti guardi
intorno smarrita…

5. Chunk up (alzare su categorie più ampie) x o y:


Chunk up di x:
- mi stai dicendo che quando sei impegnata in un compito che svolgi con competenza basta un imprevisto a
produrti il panico??
Chunk up di Y:
- mi stai dicendo che quando il tuo capo ti chiede di fare una cosa nuova perdi la tua esperienza, professionalità
e competenza?

6. Controesempio: offro un controesempio che è nella mia mappa o nella mappa di qualcun altro
(Nel metamodello: chiedo al soggetto di trovare nella sua mappa il controesempio, con l’obiettivo di
esplorare e anche di ristrutturare: Hai mai incontrato una persona che…?, c’è mai stata una volta in
cui…?
Nel S. O. M. offro un controesempio che è nella mia mappa o nella mappa di qualcun altro, con
l’obiettivo di ristrutturare: Sai ….. per me … per qualcun altro …. una volta, x non ha causato/significato
y ma t - oppure: per me o per qualcun altro una volta non è stata x, ma t, che ha causato/significato y )
- Sai … anche a me è capitato diverse volte di affrontare un nuovo impegno al lavoro e ciò mi ha indotto uno
stato di operatività molto utile a risolvere situazioni difficili da affrontare con urgenza.
- Pensa … invece un mio collega, persona molto calma e tranquilla, non si è preoccupato per tempo ad
affrontare un nuovo impegno lavorativo, rimandandone la soluzione, e si è trovato molto male perché poi non è
stato in grado di gestire la situazione.

7. Modello del mondo:


Simile al precedente, ma non è un esempio specifico, bensì ciò che c’è nella mappa, in generale, mia o di
qualcun altro (Sai, in generale, per me … per qualcun altro …. x non causa/significa y ma t - oppure: per
me o per qualcun altro non è x, ma t, che ha causa/significa y)
- Sai….. per gli americani fare cose nuove stimola l’intelligenza
- Sai… per i Giapponesi (per gli uomini primitivi, per i bambini), fare cose nuove ha spinto lo sviluppo
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3 Strutture che agiscono sulla prima parte della struttura, ovvero su x, significando o producendo altre y :
contesto,
tempo,
test:

8. Cambiare contesto (luogo/spazio) a x (comportamento) producendo un’altra y, cioè t


(significato/effetto):
x non significa/causa sempre y: in alcuni contesti, x significa/causa t
- Quando sei in vacanza al mare e i tuoi familiari ti chiedono di fare una cosa nuova, magari cambiare spiaggia,
non ti prende il panico
- Quando affronti un imprevisto o una nuova esperienza a casa o fra gli amici contribuisci in modo significativo a
risolvere i problemi e le situazioni difficili.

9. Cambiare cornice (tempo) - (è simile al precedente, ma cambia la cornice temporale a x, ottenendo


quindi effetti e significati diversi, cioè t invece di y ):
- Nell’età del fuoco, la novità era di stimolo all’evoluzione

10. Strategia di realtà: estraggo il test di realtà, come nel metamodello, che mantiene la relazione fra x e y
(che test stai usando per mantenere questa convinzione nella tua mappa? La struttura della domanda è:
In che modo x significa/produce y? - Come fai a sapere che è proprio “x” che produce “y”?)
- Come fai a sapere che è il fatto che il tuo responsabile ti chieda di occuparti di un nuovo lavoro che ti manda in
confusione e ti fa venire il panico?
- Come fa la richiesta del tuo capo a mandarti in panico?

7 Strutture che agiscono su tutta la relazione (x che significa y - x che causa y):
quantificatori,
distorsioni ovvero causa-effetto, equivalenza, lettura della mente,
metaprogramma via da,
criteri,
metafora

11. Quantificatori universali: offro un quantificatore universale (sempre/tutti)


propongo l’ipotesi, assurda, che quella relazione sia sempre vera per lui o per tutti (il soggetto
prenderà le distanze dall’ipotesi del sempre, trovando magari qualche controesempio, come avviene
col metamodello)
- Mi stai dicendo che tutte le volte che il tuo capo ti chiede di occuparti di un nuovo lavoro ti manda in
confusione?
- Mi stai dicendo che tutti, quando gli si chiede di fare una cosa nuova, dovrebbero andare in panico?
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12. Conseguenze: installo un causa effetto


(avere nella propria mappa x=t, che funziona ora da primo elemento della relazione
della convinzione, significa/causa t)
Dove t è indesiderabile, se si vuole attivare nella persona un metaprogramma “via da” le conseguenze
indesiderate prodotte dall’avere quella convinzione
- Se ti capita di affrontare un imprevisto o una nuova esperienza e vai in confusione e ti prende il panico, finisci
con il diventare incapace di gestire le tue emozioni e quindi le relazioni con gli altri (via da t)
oppure t è desiderabile, se per qualche ragione è utile semplicemente tranquillizzare la persona sul
fatto che “avere quella convinzione è ok, perché produrrà conseguenze ok”, attivando quindi un
metaprogramma “verso” l’avere la convinzione e le conseguenze che produce
- Se ti capita di affrontare un imprevisto o una nuova esperienza e vai in confusione e ti prende il panico puoi
cogliere l’opportunità di metterti in discussione per imparare in fretta ed avere successo (verso t)

13. Metacornice: installo un’equivalenza


(framing: nel senso di attribuzione di significati; cioè tutta la tua convinzione penso sia uguale a “t” ; in
pratica il fatto che tu abbia queste convinzioni significa che …..):
- Il fatto che tu abbia questa convinzione significa che tu sei attenta ai tuoi stati emotivi.

14. Intenzione (faccio una lettura delle mente):


attribuire una intenzione positiva alla convinzione, come se si leggesse la mente del soggetto
- Sai …. Secondo me tu dici di non farcela a fare il nuovo lavoro perché per te è un modo per spronarti a
cogliere la sfida ed a vincerla, come del resto spesso ti succede; in realtà tu sai che puoi farcela!

15. Referenza a sé (agisce attivando il metaprogramma via da, offrendo la comprensione di conseguenze
indesiderate, ribaltando la convinzione addosso al soggetto)
in pratica butta addosso al soggetto la sua convinzione, come effetto indesiderato da cui prenderà le
distanze: cioè la tua “x” produce l’effetto “t” su di te:
- Mi stai quindi dicendo che non si può fare affidamento su di te per gestire le situazioni nuove perché vai in
panico? Forse il tuo capo penserà, se hai questa convinzione, che sia meglio non averti come collaboratore…
- Mi stai dicendo che quando mi chiedi una cosa nuova, come ora che richiedi consiglio, io dovrei andare in
panico e diventare incapace di aiutarti?

16. Gerarchia dei criteri (chunk up su tutta la relazione o su y considerato come criterio/valore)
(Sai … è importante avere questa convinzione, ma è più importante qualcos’altro)
- Capisco che è importante mantenere la calma di fronte a una cosa nuova sul lavoro, ma è più importante
essere in generale soddisfatti del proprio posto di lavoro e delle scelte che si fanno nella vita
- È importante la calma, ma soprattutto è importante avere le competenze (piuttosto che essere calmi e
incompetenti, ma tu sei competente)
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17. Metafora

(Ricalca la struttura della convinzione e poi racconta la storia sotto metafora, con un finale ristrutturante):
- Un lavoratore della Bayer era solito avere un approccio al lavoro influenzato tantissimo dalla preoccupazione:
ciò per lui significava non farsi trovare mai impreparato ed essere sempre in condizione di dare una risposta ed
una soluzione ad ogni nuovo problema che gli presentavano. Questo comportamento lo mandava in
confusione e diventava preda del panico. Questa sua preoccupazione lo portava a dare delle risposte affrettate
che, nell’immediato, sembravano dare una soluzione plausibile al problema facendo buona impressione al suo
responsabile. Quando però la soluzione prospettata doveva essere messa in pratica, non avendo avuto il
tempo per approfondire il nuovo lavoro, predisponendo per esempio un progetto di fattibilità, di fatto i tempi si
allungavano. Dopo anni di lavoro con questo sistema si convinse a ridurre l’entità degli impegni, dicendo
qualche no, mantenendo la tranquillità. Così facendo si ritrovò più tempo a disposizione. Questa nuova
condizione lavorativa gli permise innanzitutto di programmare il proprio lavoro e quindi di affrontare ogni nuovo
impegno in maniera sempre pronta, ma con sicurezza, senza più farsi prendere dal panico. Il risultato fu che
diventò capace di affrontare ogni nuovo impegno lavorativo e, soprattutto, di realizzare con prontezza ed
efficacia quanto gli era stato chiesto di fare, con maggiore gratificazione da parte sua e piena soddisfazione
del suo responsabile.
Dispensa Globale Master di PNLS

LO SLEIGHT OF MOUTH
(di Larry e Melanie Rawlins)

Iniziamo con una situazione problematica che il consulente potrebbe ascoltare da un cliente: “Mia madre sta per
andarsene via tutto il fine settimana”.
Voi siete il consulente: “Come rispondereste?”. (Accettate parecchie risposte).
Provate “Come mai questo per te è un problema?”.
“Quando mia madre è via mio padre potrebbe picchiarmi”.
...che ci porta ad una più chiara definizione del problema:

Causa..............................................Effetto
A = L’assenza della madre
B = La paura di abuso del padre
Così il fatto che tua madre stia andando via crea in te la paura che tuo padre ti picchi.

Oppure , visto in altro modo:


Complessa ................................Equivalenza
A= L’assenza di tua madre
(significa)
B= che tuo padre potrebbe picchiarti.
Così il fatto che tua madre stia andando via significa che tuo padre potrebbe picchiarti.
Una volta che il problema è chiaramente definito, o come causa - effetto o come equivalenza complessa, potete
applicare le tecniche dello sleight of mouth.
ES. Giratevi verso il vostro vicino e fate degli esposti di problemi tipici come C/E e Eq/C.

Una delle mie tecniche SOM preferite è il controesempio:


A: Non è sempre un problema quando la mamma sta per andare via, non è vero?
B: Non è meno probabile che tuo padre ti picchi ora che sa che potrebbe trovarsi in grossi guai?
A/B: Sei mai stato solo con tuo padre una volta senza che lui ti picchiasse?

Es. Provate il controesempio con il vostro compagno, usando il problema che avete costruito prima.

Un’altra tecnica SOM che uso di frequente è la Mappa del Mondo:


A: Per come la vedo io anche se tua madre restasse a casa questa volta ci saranno altre volte in cui non potrà farlo.
B: Vedo il tuo problema in modo diverso: dal momento in cui tua madre se ne sarà andata, tuo padre avrà l’opportunità
di riguadagnare la tua fiducia.
A/B: Vedo il problema da una prospettiva differente.
Se tua madre resta a casa non avrai l’opportunità di imparare ad andare d’accordo con tuo padre.

Es. Provate il meccanismo Mappa del Mondo con il vostro vicino.


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Una terza tecnica SOM è cambiare la grandezza dei chunks.


Chunking up : significa prendere più in generale.
Chunking down: significa prendere più specificatamente.
Chunking laterale: significa provare una risposta diversa allo stesso livello logico.

Chunking up (che cos’altro è simile a questo o è un esempio di questo?)


A: Il supporto di tua madre è importante per te.
B: Essere al sicuro vicino a tuo padre sembra improbabile per te.
A/B: La prolungata assenza di tua madre disturba certamente il tuo senso di calma e benessere in casa.

Chunking down (cosa/come specificatamente?).


A: Quanto tempo esattamente tua madre starà via?
B: Precisamente cosa ti aspetti che tuo padre faccia dopo che tua madre se n’è andata?
A/B: Come specificatamente sai di essere in pericolo quando sei solo con tuo padre?

Chunking laterale
A: Tua madre è a casa adesso?
B: Che cosa deve fare tuo padre per provare che è cambiato?
A/B: Quanto tempo può star via tua madre, e tu puoi ancora sentirti al sicuro con tuo padre?

Esercitate Chunk up / down / laterale

Strategie della realtà (come sai che...)


A: Come sai che tua madre starà via troppo a lungo?
B: Come sai che tuo padre ti picchierà?
A/B: Come sai che l’assenza di tua madre porterà all’abuso di tuo padre?

Praticate la strategia della realtà.

Frame size (grandezza dei dintorni)


A: Anche se tua madre se ne andrà, entrambi tu e tuo padre sapete che tornerà indietro.
B: Tuo padre ti ha picchiato nel passato; è probabilmente ben consapevole di che cosa succederebbe se lo facesse
ancora.
A/B: Tua madre non se ne andrebbe se pensasse che sei in pericolo; questo è un test importante per mostrarti quanto è
cambiato tuo padre.
Dispensa Globale Master di PNLS

METAMODELLO III

Basato su analisi statistiche delle risposte fornite dalle persone quando rispondono alla Griglia di Elicitazione (la quale
probabilmente dovrebbe essere chiamata Griglia che elicita le distorsioni), c’è un’alta probabilità che otterrete le
seguenti categorie di risposte a queste particolari domande.

A queste domande Otterrete questo tipo di risposta

“Chi?” un indice referenziale (+ possibilmente una


descrizione)

“Cosa?” un indice referenziale (+ un operatore modale di


possibilità)

“Quando?” tempo x o una causa - effetto

“Dove?” un nome, una frase nominale, un posto, o il


recupero di una cancellazione

“Perché?” causa - effetto

“Come?” equivalenza complessa

N.B. ricordate che questa è una proiezione di probabilità.


E’ possibile che ogni tanto riceverete una risposta diversa.

Eric Robbie, Jim November, Bill Dreiss and Willie Monteiro.


Agosto 1983.
Dispensa Globale Master di PNLS

SLEIGHT OF MOUTH

1. Iniziamo con una situazione problematica che il consulente potrebbe ascoltare da un cliente: “Mia madre sta per
andarsene via tutto il fine settimana”.

2. Voi siete il consulente: “Come rispondereste?”


(Accettate parecchie risposte)

3. Provate “Come mai questo per te è un problema?” “Quando mia madre è via mio padre potrebbe picchiarmi”.

4. ... che ci porta ad una chiara definizione dello stato problema:

CAUSA EFFETTO

A B

L’assenza della madre fa / causa la paura di abuso da parte


del padre

Così il fatto che tua madre stia andando via crea in te la paura che tuo padre ti picchi.

5. Oppure, visto in un altro modo:

COMPLESSA EQUIVALENZA

A B

L’assenza di tua madre significa che tuo padre potrebbe


picchiarti

Così il fatto che tua madre stia andando via significa che tuo padre potrebbe picchiarti.

6. Una volta che il problema è chiaramente definito, o come causa - effetto o come equivalenza complessa, potete
applicare le tecniche dello sleight of mouth (SOM)

Es. Giratevi verso il vostro vicino e fate degli esposti di problemi tipici come C/E e Eq/C

7. Una delle mie tecniche SOM preferite è il contro-esempio:

A: Non è sempre un problema quando la mamma sta per andare via, non è vero?

B: Non è meno probabile che tuo padre ti picchi ora che sa che potrebbe trovarsi in
grossi guai?

A/B: Sei mai stato solo con tuo padre una volta senza che lui ti picchiasse?
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Es: Provate il contro-esempio con il vostro compagno, usando il problema che avete
costruito prima

8. Un’altra tecnica SOM che uso di frequente è la Mappa del Mondo.

A: Per come la vedo io anche se tua madre restasse a casa questa volta ci
saranno altre volte in cui non potrà farlo

B: Vedo il tuo problema in modo diverso: dal momento in cui tua madre se ne sarà
andata, tuo padre avrà l’opportunità di riguadagnare la tua fiducia

A/B: Vedo il tuo problema da una prospettiva differente. Se tua madre resta a casa
non avrai l’opportunità di imparare ad andare più d’accordo con tuo padre.

Es: Provate il meccanismo Mappa del Mondo col vostro vicino.

9. Una terza tecnica SOM è cambiare la grandezza dei chunks.

Chunking up: Significa prendere più in generale.

Chunking down: Significa prendere più specificatamente.

Chunking laterale: Significa provare una risposta diversa allo stesso livello logico.

Chunking up (Che cos’altro è simile a questo o è un esempio di questo?)

A: Il supporto di tua madre è importante per te.

B: Essere al sicuro vicino a tuo padre sembra improbabile per te.

A/B: La prolungata assenza di tua madre disturba certamente il tuo senso di calma e
di benessere in casa.

Chunking down (Cosa / Come specificamente?)

A: Quanto tempo esattamente tua madre starà via?

B: Precisamente cosa ti aspetti che tuo padre faccia dopo che tua madre se n’è
andata?

A/B: Come specificamente sai di essere in pericolo quando sei solo con tuo padre?

Chunking laterale

A: Tua madre è a casa adesso?


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B: Che cosa deve fare tuo padre per provare che è cambiato?

A/B: Quanto tempo può star via tua madre, e tu puoi ancora sentirti al sicuro con tuo
padre?

Esercitare Chunk up / down / laterale.

10. Strategie della realtà (Come sai che ...)

A: Come sai che tua madre starà via troppo a lungo?

B: Come sai che tuo padre ti picchierà?

A/B: Come sai che l’assenza di tua madre porterà all’abuso da parte di tuo padre?

Praticate la Strategia della realtà.

11. Frame size (Grandezza dei contorni)

A: Anche se tua madre se ne andrà, entrambi tu e tuo padre sapete che tornerà
indietro.

B: Tuo padre ti ha picchiato nel passato; è probabilmente ben consapevole di che


cosa succederebbe se lo facesse ancora.

A/B: Tua madre non se ne andrebbe se pensasse che sei in pericolo; questo è un
test importante per mostrarti quanto è cambiato tuo padre.

Praticate il Frame Size.


Dispensa Globale Master di PNLS

ESERCIZIO: SLEIGHT OF MOUTH

I seguenti esempi contengono o causa - effetto o equivalenze complesse.


Riconoscerle e confrontarle in almeno due modi.

• Il suo sguardo mi ha colpito.

• Mi fa arrabbiare quando mi parla così

• Se tu fossi più serio avviseresti quando sei in ritardo

• Non mi apprezza più: non mi manda più in trasferta

• Consegnare i lavori puntualmente denota serietà professionale

• L’atteggiamento del mio socio nei confronti di quel cliente ha causato la rottura del contratto

• Il successo gli ha dato alla testa

• Vorrei stare di più, ma so che se lo facessi ti annoierei

• La tua competitività con Mario sta deteriorando il clima del reparto

• Le tue urla mi fanno venire il mal di testa

• La paura di non riuscire mi sta bloccando

• E’ avido, vende i suoi prodotti a prezzi elevatissimi

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LISTA DELLE SOTTOMODALITA’

VISIVE AUDITIVE CENESTESICHE OLFATT./GUST.

A COLORI RITMO PRESSIONE INTENSITA’


IN B/N
TONO POSIZIONE DURATA
LUMINOSITA’
OSCURITA’ VOLUME TRAMA POSIZIONE

GRANDEZZA TIMBRO TEMPERATURA STRUTTURA

FORMA DURATA MOVIMENTO UMIDITA’

POSIZIONE POSIZIONE DURATA TEMPERATURA

DISTANZA FONTE SONORA FORMA


INT./EST.
TRIDIMENS. FREQUENZA
PIATTO CADENZA
PESO
ASSOCIATO CHIAREZZA
DISSOCIATO DENSITA’

CHIAREZZA INTENSITA’

PRIMO PIANO
SFONDO

TUNNEL
PANORAMA

VISIONE A
IMBUTO

FUOCO

CONTORNI

FILM /FOTO
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LETTURE DI

APPROFONDIMENTO

Sullo “Sleigh of mouth” potete leggere:

“La ristrutturazione”

R. Bandler, J. Grinder,

Astrolabio – Roma 1983

e ancora:

“Convinzioni”

R. Dilts, T. Halbom, S. Smith

Astrolabio – Roma 1998


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Sulle sottomodalità vi consigliamo di leggere

“Guida per esperto alle submodalità ”

R. Bandler, Mcdonald

Astrolabio – Roma 1991

oppure

“Cambiare la mente: nuovi schemi submodali di Programmazione Neurolinguistica ”

S. Andreas, C. Andreas

Astrolabio – Roma 1993


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CAMBIAMENTO DI STORIA

Si tratta di una tecnica che prevede almeno cinque tappe.


Alla base di questa tecnica vi è la ricerca transderivazionale che è il processo per il quale le persone ritrovano quelle
esperienze che hanno determinato l’attribuzione di significato dell’esperienza presa in esame.
Il cambiamento di storia è una tecnica utile per generalizzare e utilizzare le risorse possedute nel presente, che non
erano disponibili per il soggetto nelle esperienze precedenti, anche nel passato.
In questo modo traumi passati o eventi particolarmente svantaggiosi possono essere migliorati con il contributo di
risorse e di esperienze positive avvenute dopo.
Nel cambiamento di storia il soggetto si lascia andare indietro nel tempo e si ferma ad ogni tappa rilevante fino a
ritrovare l’episodio originario nel quale per la prima volta ha sperimentato il comportamento inadeguato che ora
desidera cambiare.
(Può accadere che l’episodio originario, ovvero la prima esperienza di risposta sia di natura traumatica e che pertanto le
sensazioni interne del soggetto siano troppo intense: in questi casi è opportuno prima intervenire con una dissociazione
V/K).

CAMBIAMENTO DI UN’ESPERIENZA PASSATA

 Stabilite e mantenete il rapport


 Costruite un’ancora (A) di sicurezza del qui e ora
 Ancorate la sensazione spiacevole, o da eliminare (B)
 Mediante quest’ancora, aiutate il cliente a trovare una recente occasione in cui si è sentito in questo stato
 Ancorate quest’esperienza
 Utilizzando l’ancora B, fate riandare il cliente indietro nel tempo alla ricerca di 4 o 5 esperienze isomorfiche
nelle quali egli ha provato la sensazione di eliminare, rivedendo tutta l’esperienza così come è avvenuta,
annotando l’età del cliente in ciascuna di esse (la più antica deve essere antecedente agli 8 anni)
Ancorate ciascuna esperienza con un’ancora uditiva (nome diverso), poi riportatelo al presente.
 Chiedete al cliente di quali specifiche risorse avrebbe avuto bisogno in quelle situazioni del passato, per
essere soddisfacenti.
 Assicuratevi che si tratti di risorse che influenzano il comportamento e l’esperienza del cliente. Una volta
identificata/e la risorsa/e, aiutate il cliente ad accedervi appieno.
 Ancoratele.
 Impiegando l’ancora delle risorse e le ancore delle esperienze passate, fate rivivere al cliente le esperienze
passate con la risorsa/e ora a sua disposizione. Così cambieranno queste esperienze passate in
un’esperienza soddisfacente.
 Fate ricordare al cliente le esperienze passate senza nessuna ancora, in modo da vedere, dal suo resoconto e
tramite la calibrazione, se effettivamente i ricordi hanno subito un cambiamento soggettivo.
 Quando le esperienze passate sono cambiate, fate un ricalco anticipato.
 Chiedete al cliente di immaginare qual è la prossima volta in cui comparirà una situazione o un contesto
isomorfici alle esperienze passate e via via che il cliente immagina il contesto, fategli inserire le risorse in esso,
senza l’impiego di alcuna ancora.
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REIMPRINTING

Si definisce imprinting una significativa esperienza del passato nella quale una persona ha formato una credenza o un
insieme di credenze. Inoltre un’esperienza di imprint spesso implica l’inconscio role - modelling di altre significative.
Lo scopo della tecnica del “reimprinting” è quello di trovare le risorse necessarie per cambiare le credenze e per portare
in accordo con quanto si conosce allo stato attuale quei role - models che si erano formati (non semplicemente per
risolvere i temi emozionali come farebbe la tecnica del cambiamento della storia personale).

1. Identifica i sintomi specifici (che possono essere sensazioni, parole o immagini) associati con l’impasse. Molte
persone tendono ad evitare i sintomi perché sono scomodi. Ma è importante ricordare che evitarli non risolve la
limitazione. Fai in maniera che il soggetto focalizzi sui sintomi, entri nella loro linea del tempo (guardando verso il
futuro) e cammini velocemente all’indietro fino a che lui o lei raggiungano l’esperienza più precoce della sensazione
e/o dei sintomi collegati con l’impasse.

a) Mantenendo il soggetto nello stato associato / regresso fai in modo che lui o lei verbalizzi le generalizzazioni o le
credenze che si erano formate da quell’esperienza

2. Fai in modo che il soggetto faccia un passo indietro a un tempo prima dell’iniziale esperienza di imprint. Poi fai in
modo che il soggetto venga fuori dalla linea del tempo e ritorni al presente e guardi indietro all’esperienza di
“imprint” da una “meta - posizione”.

a) Chiedi al soggetto di notare l’effetto che quella precoce esperienza ha avuto sulla sua vita, fai anche in modo
che il soggetto verbalizzi ogni altra generalizzazione o credenza che si erano formate come risultato
dell’esperienza di imprint. (Spesso le credenze si formano dopo il fatto).

3. Trova l’intento positivo o il vantaggio secondario dei sintomi o delle risposte che si sono formati a seguito
dell’esperienza di imprint. Identifica anche altre eventuali persone significative coinvolte nell’esperienza di imprint. I
sintomi possono infatti provenire dal role - modelling di altre persone significativamente importanti. Trova comunque
l’intento positivo del loro comportamento. Questo può essere fatto ponendo domande dirette alla persona secondo
lo schema sottoriportato:

Esperienza di
Imprint

Se
pre - Imprint 1° Posizione
Passato Linea del Tempo Futuro

Presente
Altro Significativo
2° Posizione
Posizione
Meta
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4. Per ciascuna delle persone coinvolte nell’esperienza di imprint:

a) identifica le risorse o le scelte di cui la persona avrebbe avuto bisogno allora e che non ha avuto, ma che il
soggetto ha a disposizione ora. Ricorda che non hai bisogno di limitarti alle capacitò che il soggetto o le altre
persone significative avevano a quel tempo.
A condizione che il soggetto (non le altre persone significative) abbia quelle risorse disponibili adesso puoi
usarle per aiutarlo a cambiare quell’esperienza.
Fai in modo che il soggetto entri nella loro linea del tempo nel luogo dove lui o lei hanno sperimentato in maniera
più forte di avere quella data risorsa ed ancora ciò. (Renditi sicuro che la risorsa sia al livello logico appropriato).

b) Tenendo ancorata la risorsa, fai in modo che il soggetto venga fuori dalla linea del tempo, vada indietro
all’esperienza di imprint, entri nella posizione della persona che aveva bisogno della risorsa e riviva l’esperienza
di imprint dal punto di vista di quella persona che ha incorporato la risorsa necessaria.

c) Chiedi al soggetto di venire fuori dalla linea del tempo, fuori dall’esperienza di imprint, e aggiorna o modifica le
generalizzazioni che lui o lei sceglierebbero di fare dall’esperienza. Ripeti questa procedura per ciascuna delle
persone significative coinvolte nell’esperienza di imprint.

5. Chiedi al soggetto di identificare le più importanti risorse o credenze delle quali avrebbe avuto bisogno dal suo
punto di vista. Ancora la risorsa e portala indietro al punto della linea del tempo prima che l’esperienza avvenisse.
Fai in modo che il soggetto prenda la risorsa nel suo sé più giovane e ripercorra tutta la linea del tempo fino al
presente, sperimentando i cambiamenti fatti dal “reimprinting”.
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CREAZIONE DI UNA NUOVA PARTE

1. Voglio una parte che faccia “X”

2. Esperienza/e in cui avete fatto “X” o simili. Associatevi e rivivetela/e in tutti i sistemi rappresentazionali.

3. Create molte immagini dettagliate su come vi comportereste se effettivamente steste mettendo in atto ciò che
la parte vi fa fare per raggiungere “X”.
- Prima in dissociato V e A
- Poi in associato
- Cambiare fino alla soddisfazione sia esterna che interna

4. Verifica ecologica: obiezioni di qualche parte sulla creazione di una parte che realizzi “X”. Verifica in tutti i
sistemi rappresentazionali
Se ci sono obiezioni
- Chiedete alla parte di intensificare un segnale per SI e diminuire per NO
- Che funzione assolvi per me, cosa fai per me
- Se non capite qual è l’obiezione, chiedete qual è la tua obiezione o preoccupazione
- Fate l’elenco completo, scritto di tutte le parti e le obiezioni e le funzioni.

5. Soddisfate tutte le parti che fanno obiezioni


- Ridefinite la parte che state creando
- Tornate alla fase 3
- Verificate che ciascuna parte sia sicura che la nuova non interferirà

6. Chiedete al Vostro inconscio di analizzare questa fantasia e di ricavarne gli ingredienti essenziali. L’inconscio
utilizzerà le informazioni per costruire una parte e darle un’identità.
“Ricava da questa fantasia ciò che hai bisogno di sapere per essere in grado di costruire una parte di te che
momento per momento possa fare queste operazioni con precisione e senza fatica ogni volta che ce n’è
bisogno”

7. Verificate che la parte ci sia


- Chiedeteglielo direttamente
- Fate un ricalco anticipato ripetuto
- Fate agire la parte per vedere se si comporta adeguatamente.
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RISTRUTTURAZIONE IN 6 FASI

Si tratta di una tecnica per modificare i comportamenti indesiderati.


Il comportamento può essere un’abitudine, una sequenza di attività o persino qualche cambiamento che riguarda
disturbi fisici.

Accade che le persone parlino di un comportamento che vorrebbero non avere, ma che continuano a ripetere. Le
espressioni verbali sono: “Voglio smettere di…., ma non riesco”; “Vorrei fare…., ma qualcosa me lo impedisce”.

Il presupposto insito nello schema a 6 fasi è che la persona abbia una parte di sé che le impedisce liberamente di
comportarsi in un dato modo, oppure, al contrario che la costringe a comportarsi in un dato modo.
Il presupposto è: se esiste un comportamento apparentemente “sbagliato” per la persona, la parte responsabile di quel
comportamento ha un’intenzione positiva.

Ciò che caratterizza questa tecnica è il ruolo di consulente del programmatore, infatti non occorre conoscere il
contenuto del problema.
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PARADIGMA DELLA RISTRUTTURAZIONE IN 6 FASI

1. Identificare la parte problematica: potrebbe essere un’abitudine, un sentimento cronico, qualsiasi cosa, da un
comportamento esterno indesiderabile a un disturbo dell’umore. Ancorarla.

2. Stabilire un canale di comunicazione con quella parte, ricordarsi sempre che qualsiasi reazione può essere
considerata un messaggio comunicativo. Spesso le parole sono meno attendibili di una impercettibile
contrazione del piede, di un cambiamento dell’incarnato o di un’immagine interna.

3. Identificare e separare la parte con l’intento positivo dai suoi tentativi di raggiungere questo intento
(comportamento indesiderabile). Ancorare il proposito. Abbiamo ritenuto abbastanza utile dare per scontata
un’intenzione positiva dietro qualunque comportamento, al di là di quanto logico possa sembrare. Supporre
l’esistenza di qualsiasi altra intenzione che non sia positiva, significa creare un’altra intenzione .

4. Recuperare un insieme di 4-ple per la “creatività” e ancorarlo.

5. Far sì che il cliente crei tre modi per soddisfare l’intento positivo senza coinvolgerlo nel comportamento
problematico. Potete associare le ancore stabilite nelle fasi 3 e 4.

6. Fare in modo che la parte originaria “si assuma la responsabilità” di rendere effettivi i nuovi comportamenti. Ciò
assicura che questi siano associati e ancorati allo stimolo o alla rappresentazione che si manifesta all’inizio del
comportamento indesiderato.

7. Controllo ecologico – chiedere cioè se qualche parte del cliente si oppone ai cambiamenti. Se c’è, tornare alla
fase 2 e ricominciare. Possono essere parti della persona o di altre persone che sono ‘parti’ della sua famiglia
o del suo sistema sociale.
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DISSOCIAZIONE V/K

E’ una tecnica utilizzata in PNL, efficace per il trattamento delle fobie e dei traumi; inoltre è adatta nel caso di stati
ansiogeni legati a limitazioni, restrizioni, esitazioni, timidezze, ecc.
Di seguito presentiamo la versione abbreviata della dissociazione V/K e la dissociazione V/K in tre posizioni, che è
quella più completa e utilizzata più frequentemente.

DISSOCIAZIONE V/K

1. recuperare un’esperienza di una sensazione di sicurezza nel qui ed ora.


2. Ancorarla
3. Trattenere la sensazione di sicurezza e vedere e ascoltare soltanto quell’esperienza disturbante lì.

4. Lasciare che una parte di voi stessi si allontani da voi e si metta a osservare e imparare da lì fuori.

5. Ripercorrere l’esperienza che volete dissociare mantenendo costante la nuova “sicurezza” cenestesica.
Lasciare al cliente tutto il tempo necessario a completare la ri-proposizione dell’episodio doloroso.

6. Re-integrare la parte cenestesica (dalla fase 5)


7. Re-integrare la parte visiva che osserva (dalla fase 4)
8. Ancora il cambiamento a stimoli che probabilmente si presentino nel futuro (ricalco nel futuro).
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DISSOCIAZIONE V/K IN TRE POSIZIONI

1. Invitate il cliente a pensare, brevemente, ad un’esperienza fobica o traumatica, evitando che egli vi si inoltri
troppo a fondo o troppo a lungo, ma soltanto quanto vi basti per calibrarne lo stato e ancorarlo (ancora A).

2. Chiedete al cliente di osservare la stanza in cui si trova e di notare dove egli è, e generare un’ancora (ancora
B). Si tratta dell’ancora di sicurezza.
Chiedete al cliente di ricordare un momento in cui si sentiva a proprio agio, come al sicuro. Ancorate (ancora
C) questo momento e usatelo nel corso della dissociazione, quando risulti necessario.

3. Chiedete al cliente di ricordare pochi dei primi momenti dell’esperienza traumatica o fobica, proiettandoli
all’esterno su di uno schermo. Usate parole come: “guarda te stesso più giovane, là sullo schermo”.
Fategli quindi arrestare il film. Ora il cliente vede se stesso e così è “in dissociato” cioè
egli è osservatore di se stesso. In caso di necessità azionare l’ancora B.

4. Dite ora al cliente: “Ora guardati, guarda te stesso lì seduto, che guarda te giovane, là sullo schermo”.
Ancorate questo momento (ancora D).
Il cliente è ora “in dissociato” una seconda volta e così è osservatore di se stesso che
si osserva.

5. Da questa posizione di sicurezza, chiedete ora al cliente di far scorrere nuovamente il film, che prima aveva
arrestato (usate l’ancora D per mantenere la dissociazione e l’ancora C in caso di necessità).

6. Dite al cliente che, durante il film: “Mentre guardi te stesso che guarda te seduto lì, che guardi te giovane,
attraverso quella esperienza sentendoti al sicuro e fiducioso, osserva ciò che in quel momento, non avevi
notato nel film”.
Se occorre, chiedete al cliente di ripercorrere il film una seconda volta, cominciando ancora dall’immagine
immobile:…” così fallo scorrere ancora e questa volta pensa a cosa potresti fare di diverso adesso, con le
attuali tue risorse”.

7. Invitate il cliente a parlare al sé giovane e fateglielo rassicurare e confortare. Potete dire:“Io so che tu hai fatto
la scelta migliore che tu allora potessi fare…”

8. Rilasciate l’ancora B e fate tornare il sé stesso giovane nel “tu sei lì seduto”. Osservate i segnali di completa
integrazione del corpo.

9. Alla fine, fate pensare al cliente l’esperienza fobica o traumatica e osservate la risposta che ottenete.
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GENERATORE DI NUOVI COMPORTAMENTI

E’ una tecnica che ha alla base un presupposto linguistico che sfida le credenze della persona (si potrebbe dire che è
una forma di sleight of mouth).
E’ come se si dicesse alla persona: tu hai l’abilità di vedere che fai degli errori, il che significa che sai anche che cos’è
che va bene. E questa è solo questione di immaginazione. Immagina che vada bene; adesso, mentre ci pensi, nota
come è cambiato, non è vero......?

- Identificare e contestualizzare un comportamento che si vuole cambiare, che costituisce un


limite o un problema.

- Metamodello dello stato problema e ancoraggio dello stato.

- Come vorresti sentirti in quella stessa situazione?


Come quando ..... Qual è la volta in cui ti sei sentito meglio?
Esistono comportamenti che servirebbero altrettanto e meglio rispetto ai tuoi obiettivi?
Elicitazione di 3 nuovi comportamenti da sostituire.

- Controllo ecologico: cosa succederà quando agirai così?


Verifica inducendo il soggetto a vedersi agire i nuovi comportamenti. (VAK)
Se il test è positivo, ancorare, se no fare le modifiche necessarie e testare di nuovo.

- Far entrare in associato con i nuovi comportamenti e ancorare.

- Tornare nel problema con il nuovo stato (ancorato).

- Immagina 3 o 4 situazioni del futuro in cui ti piacerebbe portare questo nuovo stato
(mantenendo l’ancoraggio).
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LETTURE DI

APPROFONDIMENTO

Sul “cambiamento di storia” e sul “reimprinting”

sono dedicate alcune parti del libro

“Magia pratica”

S. Lankton

Astrolabio – Roma 1989


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TIME LINE

Il senso per cui la PNL è lo studio dell’esperienza soggettiva risulta particolarmente interessante a proposito della linea
del tempo.
Siamo noi che ci costruiamo le nostre mappe e della “realtà” possediamo le rappresentazioni che ce ne facciamo.
Le esperienze quindi hanno significato non di per sé, ma secondo quello che è il significato che noi attribuiamo loro. Ciò
è vero non solo per le esperienze che stiamo facendo proprio in questo momento, ma anche per quelle che, sotto forma
di ricordo, crediamo di aver archiviato e catalogato in maniera definitiva.
Che tipo di relazione desidero avere con i miei ricordi e con le mie esperienze? In che modo possono costituire delle
risorse? Dove li colloco?
Lavorare sulla time line consente di elaborare i ricordi e le esperienze passate alla luce delle nuove conoscenze ed
esperienze, allineando o riallineando passato - presente - futuro. Si può creare un cambiamento di storia che non sarà
puramente rimediale.

ELICITAZIONE DELLA TIME LINE

- Il soggetto pensa ad un’azione semplice ed abituale.

- Pensa a vari momenti del passato in cui ha compiuto questa azione

5 o più anni fa 1 anno fa

lo scorso mese ieri

- Presta attenzione alle sottomodalità del modo in cui si rappresenta questo evento nei diversi
tempi, specificandole con cura. Per il programmatore sono molto utili anche gli indicatori
non verbali che può calibrare.

- Il soggetto dispone poi questi eventi lungo una linea immaginaria che nel passato arriva
almeno fino nascita; dispone la linea anche nel futuro.

- Mentre “passeggia” lungo la sua time line, soffermandosi dove ha collocato gli avvenimenti
per lui più significativi, e si dirige nel passato, torna al presente e poi verso il futuro sono
ancora molto importanti le sottomodalità e gli indicatori non verbali.

Numerose tecniche, tra cui il reimprinting, si avvalgono del modello della time line.
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UNA TECNICA PER ENTRARE IN SECONDA POSIZIONE?


UN DIALOGO INTERNO CHE SI ESTERNA?

“Bene prima o poi doveva succedere. E’ una ragazza giovane e tu ormai hai imboccato la discesa. Perché ti lamenti?”,
mi disse dallo specchio un tipo in costume adamitico che mi assomigliava come una goccia d’acqua.

“Io non mi lamento. So perdere, ma non sopporto la slealtà”, replicai mentre dividevamo la stessa crema da barba.

“Un assassino che parla di lealtà. Stronzo.”, ribatté lui sollevando un rasoio simile al mio.

“Temo che i tuoi brutti scherzi a Istanbul abbiano creato del casino”, disse il tipo che mi guardava dallo specchietto
retrovisore.

Spostai lo specchietto con una manata, perché non continuasse a parlare, ma mi resi conto che aveva ragione.

Quando mi affacciai ad una fontana vidi il tipo con indosso una giacca uguale alla mia: Anche il suo volto rispecchiava
la mia stessa preoccupazione.

“Hai battuto il record mondiale di stronzate” esordì a mò di saluto.

“Lo so; aiutami a pensare” .....

Seguii i consigli del mio doppio.

In un’ora di lettura “Diario di un killer sentimentale” di L. Sepulveda racconta contemporaneamente una spy-story ed
una storia rosa sottoforma di diario.
E offre un campionario di valori, convinzioni, presupposti e dialoghi interni allegramente incorniciati nel codice d’onore di
un killer che sembra sempre poco credibile anche se segue le regole fino in fondo.
A proposito di congruenza.
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“THROUGH TIME” E “IN TIME” : I DUE TIPI*

Chiunque si accinga ad esaminare le “Time Lines” (linee del Tempo) delle persone, si accorgerà ben presto che esse si
organizzano nei modi più diversi. Una persona può essere In Time o Through Time, o in una combinazione di entrambi.
Ho perfino riscontrato che alcune persone hanno i loro futuri davanti, i quali si estendono fino al presente, si avvicinano
al presente e attraversano da sinistra a destra, verso una quantità di tempo non specificata nel passato, e con il resto
dietro di loro – una combinazione di entrambi. Si osservano anche nelle configurazioni a spirale o ad anello e svariate
combinazioni. Ciascuna organizzazione produrrà un determinato effetto sulla persona o sulla sua percezione del tempo.
L’organizzazione dei nostri ricordi e del nostro futuro produrrà sulla nostra personalità un effetto che è possibile
prevedere. Per iniziare, la distinzione principale che dovete fare è la seguente: una parte della Time Line sta dietro la
persona? Se la risposta è affermativa, allora la persona è in Time. Se è negativa, la persona è Through Time.

THROUGH TIME

Le persone che preferiscono codificare il tempo come Through Time, registrano i loro ricordi da sinistra a destra, o da
destra a sinistra, o in qualsiasi altro modo, di modo che tutto il tempo viene a trovarsi di fronte a loro. Il tempo è
continuo e ininterrotto. A loro può sembrare “lungo”. Esse sono consapevoli della durata. Per una persona Through
Time i ricordi sono di solito dissociati. In altri termini, si vedono nella memoria. Inoltre, l’organizzazione del ricordo
amplifica la dissociazione; poiché tutti i ricordi sono sempre di fronte a loro, devono essere dissociati. La loro memoria è
ciò che noi definiamo temporalmente sequenziale – il tempo per loro è lineare, ha una durata che può sembrare lunga.
Le persone Through Time, per esempio, possono concepire il valore di un terapeuta o di un consulente come
l’equivalente del tempo speso. Il valore del loro denaro è calcolato sulla base del tempo ad essi dedicato. Se dedicate
loro la vostra attenzione per un’ora e mezza, ne pretenderanno due.
Per queste persone il tempo e il valore sono spesso equivalenti. “In cambio del mio denaro ho diritto ad ogni minuto che
mi spetta. Devo avere per me tutto il tempo per il quale pago…”.
Le persone Trough Time sono di solito puntuali oppure se arrivano in ritardo ne sono consapevoli. Se avete un
appuntamento con una persona Through Time per le ore 14.00, e arrivate alle 14.05, vi potrà essere rimproverato un
ritardo!
Le persone In Time possono anch’esse percepire i ritardi e alcune si sentono perfino a disagio se non sono puntuali,
ma questa di solito è una conseguenza dell’alto valore da esse assegnato alla tempestività. Una persona Through Time
avrà il suo tempo scandito da eventi lineari. Alcune persone Through Time sanno perfino indovinare che ore sono con
un’approssimazione di pochi minuti. Mia moglie, ve lo posso garantire, sa che ore sono 24 ore su 24.
Il motto “Il tempo è dalla mia parte” è una tipica affermazione Through Time.

* N.d.T. – “Through Time” letteralmente = “Attraverso il tempo”


“ In time” letteralmente = “Nel tempo”
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Appartenere al tipo Through Time offre alcuni vantaggi. Se tutto il vostro tempo è sempre davanti a voi, potrà servirvi da
punto di riferimento. Per esempio, il passato è sempre disponibile come riferimento. E’ una fortuna se le esperienze
passate sono delle esperienze positive. Purtuttavia, abbiamo lavorato con una persona Through Time che nel passato
aveva dei problemi, poiché il passato sembrava sempre guardarla dritto negli occhi. Questa persona aveva dei problemi
nel presente a causa dei suoi sentimenti valutativi sui problemi passati.
Una persona Through Time conserva i suoi ricordi in maniera dissociata. (In altri termini si vedono nella memoria,
piuttosto che attraverso i loro occhi). Possono avere difficoltà di accesso ad un determinato ricordo, dato che le persone
Through Time possono spesso inglobare svariate esperienze in un’unica gestalt. (Una gestalt è una memoria costruita
con ricordi appartenenti allo stesso tipo). Per esempio, se a queste persone viene chiesto di rievocare un periodo
specifico della loro vita in cui erano veramente felici, possono incontrare delle difficoltà per il fatto di aver raccolto tutti i
momenti felici in un’unica esperienza.
Da un punto di vista pratico, un contabile appartenente al tipo Through Time farà bene a seguire la sua strada e
probabilmente potrà svolgere il suo lavoro in tempo. Nella contabilità la tempestività è un fattore importante! Per ciascun
giorno del mese avrà programmato determinati compiti, e di solito sarà in grado di sbrigarli tutti per tempo. Una persona
Through Time farà bene a rimanere aderente ai compiti sul lavoro. Tuttavia una persona Through Time potrà avere
maggiore difficoltà a concentrarsi, ad “essere qui ora”, che non una persona In Time. Una persona Through Time in un
ambiente tumultuoso potrà incontrare dei problemi di concentrazione.
Dal punto di vista del rendimento sul lavoro, il funzionamento di una persona di questo tipo può essere poco
soddisfacente se deve lavorare in un ambiente caotico.
Una persona Through Time considera il tempo dedicato al lavoro del tutto distinto da quello dedicato al gioco (il lavoro è
una cosa seria) e condurrà pertanto una vita più ordinata, più precisa e meglio pianificata. La persona Through Time
sostiene: “Progetta il tuo futuro e esegui il tuo progetto”. Fisserà di solito delle scadenze nel lavoro, cercherà di
rispettarle scrupolosamente e si attende che gli altri facciano lo stesso.
Avvertono il bisogno urgente di concludere - l’impazienza di “andare in scena”. Esiste un alto grado di correlazione fra
una persona Through Time e la descrizione data da Carl Jung di una preferenza per i modi di “giudicare”.
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IN TIME

Una persona In Time preferirà codificare i suoi ricordi da avanti all’indietro, dall’alto al basso, secondo un modello a “v”
o qualsiasi altra organizzazione ove parte del passato, del presente o del futuro viene a trovarsi dietro o dentro di lei.
Questo corrisponde al modello Arabico del quale abbiamo parlato in precedenza. Di solito le persone In Time non
avranno a disposizione una parte della loro storia passata, o una parte futura delle loro Time Lines, a meno che non
decidano di girare la testa. Da ciò scaturisce il detto “Voltati indietro e ridici sopra”. Oppure “Mettici sopra una pietra”.
Sono espressioni In Time, una descrizione linguistica di quanto accade dentro una persona In Time.
Pensateci bene; se una persona Through Time ha subito in passato un evento spiacevole, non potrà “voltarsi indietro e
riderci sopra”. Perché? Ma perché per le persone Through Time i ricordi stanno sempre davanti. D’altro canto la
persona In Time è portata a lasciarsi dietro il passato e sarà incline ad usare una frase come “Mettici una pietra sopra”.
Nell’accedere ai ricordi, le persone In Time risalgono indietro verso un ricordo o un punto nel tempo e sono in quel
ricordo, unite ad esso (guardano attraverso i loro occhi e avvertono i sentimenti). Possono andare indietro fino ad un
certo punto nel tempo, e allora si trovano proprio nel punto in cui sono.
Poiché sono meno consapevoli della durata di quanto non lo siano le persone Through Time, possono rimanere
impigliate nell’”adesso”, e possono incontrare delle difficoltà nel concludere un incontro o una seduta.
Una persona In Time di solito non si accorgerà di essere cinque minuti in ritardo.
Alcuni non potranno nemmeno accorgersi se è passata mezz’ora.
Per esempio, se avete un appuntamento con una persona In Time per le ore 14.00 e arrivate alle 14.15, secondo il suo
punto di vista non siete arrivati in ritardo. La linea di divisione fra il ritardo In Time e Through Time si colloca di solito in
qualche punto fra 5 e 15 minuti.
Con una persona In Time, se arrivate con un ritardo di 15 minuti, siete ragionevolmente puntuali. Potrà perfino avere
dimenticato l’appuntamento o non rendersi conto che non eravate arrivati. Non lo saprà bene.
Per una persona In Time è molto più facile “essere qui adesso”. Per una persona Through Time non è facile essere qui
ora perché il passato, il presente e il futuro, sono sempre davanti a lei, mentre una persona In Time è qui, nel presente.
Proprio qui ed ora. “Essere qui adesso” è un concetto In Time, poiché la maggior parte delle persone In Time sono
costantemente nel presente. Alle persone In Time riesce di solito difficile concentrarsi e restare completamente
concentrate perfino in una situazione caotica, diversamente da quanto accade alle loro controparti Through Time.
Le persone In Time possono apparire inattendibili. Non pongono limiti di tempo e preferiscono lasciare le loro scelte
aperte, per cui spesso oppongono resistenza a qualsiasi decisione perché sentono che ciò limiterebbe la gamma delle
opzioni. Quando prendono una decisione, per esempio in una contrattazione di compravendita, possono in seguito
provare il rimorso del compratore perché sentono che hanno in qualche modo limitato le loro scelte. Possono avere
bisogno dell’aiuto di qualcuno per mantenere costante il loro atteggiamento, perché nel tempo la loro concentrazione
tende a diminuire, come dimostrano i progetti a lungo termine. Hanno spesso delle difficoltà nel selezionare i compiti.
Le persone In Time possono, tuttavia, entrare nel passato e rimanervi più facilmente, perché i loro ricordi sono
associati. Le persone In Time possono di solito andare all’indietro con facilità verso un momento specifico, per cui
possono restare ancorate più facilmente in uno stato completamente associato. E non hanno osservato un accordo
potranno dire: “Non ero io”, oppure “Non ero in me stesso”. In terapia possono portare ogni settimana un problema
diverso.

Una persona In Time ha spesso la stessa concezione del tempo dedicato al lavoro e di quello dedicato ai passatempi –
e quindi il lavoro è come un gioco. La persona In Time vivrà una vita meno ordinata, più spontanea, più flessibile e
meno definita. La persona In Time non fa progetti, ma preferisce “prendere le cose così come si presentano”,
adattandosi alla vita man mano che procede. Di solito non ama fissare delle scadenze limite. Se si trova di fronte ad un
termine massimo potrà stabilire artificialmente una scadenza vicina. (Queste persone conducono i loro compagni
Through Time alla pazzia!) Avrà un forte bisogno di mantenere le sue scelte e di evitare la chiusura. Esiste un alto
grado di correlazione fra la persona In Time e la preferenza di Carl Jung per i modi di “percepire”.
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ELICITAZIONE DELLA TIME LINE

1. Chiedere al soggetto di pensare un’azione semplice e abituale, come lavarsi i denti, andare a lavorare, lavare i
piatti, fare il bagno…

2. Quindi pensare ad una volta in cui lo ha fatto nel passato

a) molto tempo fa, ad es. ; 5 anni


b) un anno fa
c) una settimana fa
d) ieri

3. Far notare le differenze di sottomodalità nel modo in cui rappresenta lo stesso evento in tempi diversi

a) localizzazione b) direzione c) distanza


d) luminosità e)messa a fuoco f) colore
g)movimento h) trasparenza i) grandezza
j) contorni k) associato/dissociato

4. Notate gli indicatori non verbali:

a) movimenti oculari
b) gestualità
c) postura del corpo
d) fluidità del movimento
e) micro-calibrazione

5. Far disporre questi eventi lungo una linea immaginaria che parte dal passato, risalendo almeno fino alla
nascita, e no verso il futuro. Che forma ha?

6. Far identificare una linea sul pavimento, una linea che rappresenti l’orientamento della linea del tempo appena
elicitata.

7. Invitate il soggetto a camminare lungo la sua Time – Line in direzione del passato, collocandovi degli eventi
specifici; invitatelo a voltarsi e tornare verso il presente e quindi a proseguire verso il futuro. Notare i
cambiamenti di sottomodalità
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“THROUGH TIME” (ATTRAVERSO IL TEMPO)

Passato Presente Futuro

- Il tempo è continuo e ininterrotto


- I ricordi sono generalmente dissociati
- Regolarmente in orario
- Uniscono molti eventi in una sola gestalt
- Tendono a stare nelle consegne
- Prendono seriamente le scadenze
- Hanno un grosso bisogno di chiusura (di concludere)
- I ricordi sono “proprio di fronte”
- Sono sensibili alla durata

IN TIME (NEL TEMPO)


F
U
T
- I ricordi sono associati
U
- Sono accessibili uno alla volta R
- Tendono a sentirsi catturati dal presente O
- Sono spesso in ritardo
- Non distraibili, si concentrano sul qui ed ora
- Tengono aperte le opzioni
- Prendono le cose come vengono
- Evitano di stabilire scadenze P
A
S
S
A
T
O
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USI POSSIBILI DELLA TIME LINE

Ci sono diverse possibilità di usare la Time Line per facilitare dei cambiamenti. Ognuno di questi ha un maggiore effetto
a seconda della personalità individuale.

1) Rimuovere dei ricordi: Prendere un ricordo, toglierlo dalla linea del tempo e farlo esplodere nel sole. Poi
sostituirlo con un ricordo piacevole e facilitare la crescita e il benessere

2) Cambiare le emozioni: Si possono modificare emozioni limitanti come colpa, vergogna, ansia e paura. La
procedura è di far fluttuare la persona sopra la sua linea e farla andare ad un momento precedente l’evento
circa il quale la persona ha avuto l’emozione limitante. Poi far guardare la persona verso il presente e dire:
“Ora, dov’è l’emozione?”. L’emozione si modifica. In alternativa si possono sganciare le emozioni (è una
metafora) dall’angolo in basso a destra e far uscire la persona da quadro, farla uscire in modo che possa
vedere se stessa dall’esterno. Questo permette la dissociazione dalle sensazioni.

3) Time Line Therapy (comprendente il cambio di storia): E’ un modello più complesso e completo di trattare
emozioni che sono ancorate ad esperienze del passato.

4) Reimprinting: Modello di intervento che si basa sul cambiamento di storia, ma include anche un cambiamento
di posizione percettiva del soggetto, che è invitato ad entrare nei panni e dare risorse oltre che al sé più
giovane anche ad un altro/i significativi con cui il soggetto si è identificato.

5) Phobia Model: Se viene fatto scorrere più volte l’evento secondo il modello per la fobia, il ricordo viene
cancellato. In questo modello, far scorrere un film della scena in dissociato e in bianco e nero, a grande
velocità fino al punto di massima emozione o fino alla fine, congelare la cornice e sfuocare o oscurare. Poi
dallo sfocamento tornare a ripristinare la luminosità (fino a che la persona può rivedere la scena), riassociare e
farla nuovamente scorrere a colori. Questo è il modello per la fobia. Se lo fate scorrere abbastanza,
distruggerà il ricordo. Potete assistere il processo dando le suggestioni appropriate. Il modello per la fobia
comincia confondendo i particolari della scena durante le prime tre o quattro volte che viene fatto scorrere.
Questo ha l’effetto di far provare alla persona molte meno emozioni legate a quel ricordo. Dopo tre o quattro
volte, la persona potrà avere ancora il ricordo, ma sarà più confuso e meno preciso.

6) Cambiare la direzione della linea del tempo: Si può modificarla dall’In Time al Through Time o viceversa.
Far fluttuare la persona sopra la linea del tempo e dare l’indicazione, mentre ritorna giù verso il presente, di
ruotare la linea del tempo di 90 gradi in modo che tutta la linea stia davanti alla persona e si allunghi da destra
a sinistra (oppure in modo che il suo passato stia dietro di lei).
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Alcune di queste possibilità di uso della linea del tempo vengono qui di seguito descritte più in dettaglio.

1) Uso della linea del tempo (per rimuovere ricordi)

(modalità A)

- Visualizza la tua linea del tempo


- Collocati sul presente
- Alzati sopra la tua linea del tempo fino a galleggiare sopra il tuo presente
- Spostati vero il passato sempre stando sopra la tua linea del tempo, fino a trovare un episodio del tuo passato
che è stato per te limitante o che ha avuto effetti negativi sulla tua vita
- Vedine la fotografia e vedila allontanarsi nello spazio, diventare più luminosa e sparire
- Sostituisci al vuoto lasciato un’altra esperienza positiva
- Vivila e controllane l’adeguatezza
- Risali sopra la tua linea del tempo
- Ritorna sopra il presente e riassociati a te qui

(modalità B)

- Visualizza un ambasciatore dell’inconscio (il tuo mago/a personale, la parte più saggia di te, la tua guida
spirituale)
- Stabilisci segnali visivi per il si e per il no
- Chiedi se conosce la tua linea del tempo (o anche se te la fa vedere)
- Chiedi di riflettere su vantaggi e svantaggi della tua linea del tempo attuale e se ne conosce una migliore per te
- Chiedi a tutte le parti se ci sono obiezioni a cambiarla
- Chiedi di fare il cambiamento perché resti per sempre (o per un periodo di prova e poi per sempre)
- Proiezione nel futuro del cambiamento: chiedi di farti vedere tre conseguenze positive del lavoro svolto che si
verificheranno nel futuro. (Oppure di farti vedere due o tre situazioni del passato come se il cambiamento fatto
adesso fosse già avvenuto allora).
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TIME-LINE THERAPY (comprendente il cambio di storia)

Il cambio di storia è una delle tecniche più potenti della PNL.


La differenza tra cambio di storia “classico” e la Time -Line therapy sta nel fatto che nella prima tecnica si torna al punto
di origine del trauma, meglio definibile come esperienza formativa, per modificare il rapporto con questa, mentre nella
Time-Line therapy si torna indietro a prima di questo evento quando non c'era ancora il problema, facendo accedere ad
uno stato di salute.
Col cambio di storia si possono cambiare le emozioni e le capacità connesse all'esperienza formativa, ma potrebbero
non venire toccati livelli importanti come decisioni, senso dell'autostima, ecc.
Andando invece indietro a prima dell'esperienza, si può avere accesso a decisioni, valori, auto stima che sono presenti
prima dell'evento e quindi rientrando nella situazione traumatica la persona è più attrezzata.
Questo significa che decisioni, concetti, valori possono essere riadattati utilizzando le informazioni di cui la persona si è
arricchita.
Similmente al modello del cambio di storia si fa tornare la persona alla prima esperienza (che si colloca all'incirca
nell'arco dei primi 6/7 anni di vita). E' questo il tempo che corrisponde all'imprinting nella formazione dei valori, quando
la persona prende a prestito informazioni da altri modelli significativi.
Prima di fare un lavoro in un'area come questa è importante ricordare alcune cose (creazione di una cornice generale):
• rapport: le tecniche non funzionano da sole, la cosa che funziona siete voi:
si ottengono risultati a partire dall' interazione con l'altro.
• ancorare il senso di sé al qui ed ora attraverso l'uso di presuppostici linguistici; ancorare al senso di
benessere nel presente consente di andare lontano con sicurezza.
(es: “Ti senti a tuo agio qui su questa sedia? Tra poco faremo un viaggio
nel tempo. Ma per poter viaggiare alla distanza che ci serve in modo
da poter tornare al qui ed ora più tardi, vorrei che ti guardassi in giro per accorgerti bene di dove ti trovi...”)
• stato di risorsa: anche se cercate problemi nel passato la mente del programmatore è orientata al futuro, allo
stato desiderato.
Da questa angolatura sono costruiti i presupposti linguistici che il programmatore inserisce.

PASSI:
1. Dissociate la persona dal presente, invitandola a galleggiare fuori di sé e guardarsi dall'alto. Ancorate buone
sensazioni al processo di guardarsi dall'alto (usando presupposti linguistici).

2. Poi chiedetele di andare all'indietro nel tempo identificando l'ultima volta che ha avuto Quel tipo di sensazioni.
E mentre guarda l'esperienza la persona impara ad adattare la distanza in modo da sentirsi a proprio agio,
rilassata.
Usate l'episodio più recente in modo da fare un esercizio sulla distanza: più intensa è l'esperienza e più la
persona è invitata a distaccarsi.
Calibrate attentamente che lo faccia stando a proprio agio.

3. Trovato l'evento recente, portate la persona indietro nel tempo ricordandole di fare un cenno col capo ogni
volta che trova un'esperienza simile.
Quando la persona lo fa, fatele etichettare l'esperienza in modo da poterla recuperare in seguito.
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4. Arrivate alla prima esperienza. Avete portato la persona sopra questa in modo che possa osservarla; a questo
punto ce la fate entrare dando tre indicazioni:
• deve starci dentro il minimo tempo possibile
• deve riconoscere le sensazioni
• deve scoprire se la persona in quella circostanza ha preso decisioni su stessa e circa la sua relazione
col mondo.
Non avete bisogno di sapere quali sono i contenuti.
Soprattutto ai clienti nuovi è utile insegnare come darvi le informazioni: non c'è bisogno di dettagli e forse non
ne hanno bisogno nemmeno loro.
Si possono cambiare le cose semplicemente riorganizzando la loro relazione con questi eventi.
La persona è in associato con l'esperienza ma mantiene il controllo del grado e dell'intensità dell'associazione.

Quando la persona ha colto queste informazioni è invitata ad uscire di nuovo.


5. Portate la persona. sempre volando. ancora indietro nel tempo a prima che l'esperienza formati va avesse
luogo. Usate parole come "bambino felice, creativo, che ha voglia di fare, esplorare, desideroso di conoscere,
di imparare". Connotate positivamente tutti i possibili comportamenti che i bambini hanno nel loro essere
bambini.
• Dopo questa connotazione positiva riassociate la persona a questo stato di benessere precedente la prima
esperienza formativa.
Chiedete dove sono ora le sensazioni e le decisioni associate all'esperienza formativa.
Aumentate l'associazione allo stato di salute, creatività, benessere.
Questo permette l'accesso alla convinzione che di fatto la persona ha avuto uno stato in cui stava molto meglio
di quanto è accaduto successivamente e che di quello stato si ha dentro di sé l'esperienza.
• Prestate attenzione alla congruenza: se ci sono segnali di incongruenza, la persona sta segnalando che non
ha questo benessere, che quella precedente non era la vera prima esperienza e che occorre andare a cercare
quella che sta ancora prima.
• Riassociate facendo identificare sensazioni e decisioni.
• Ricordate alla persona che possono essere successe molte cose prima che si impari a parlare. Per cui può
non esserci un'etichetta linguistica che descriva quanto successo.
E' solo un modo di ricordare alla persona che c'è anche un modo diverso di codificare le esperienze. Quasi
certamente il modo di codificare le esperienze del bambino è molto diverso dal nostro, in gran parte definito dal
linguaggio, che sappiamo essere un processo di mappatura di secondo livello.

6. Da Quello stato, precedente la prime esperienza formativa, fate guardare al futuro attraverso tutti quegli eventi
che ha percorso.
Fate notare alla persona che adesso si trova in uno stato di benessere.
C'è uno stato di salute adesso, avanti nel futuro c'è nuovamente uno stato di benessere nel mezzo si trova una
serie di eventi a cui la persona è comunque sopravvissuta.
Questi eventi diventano più facilmente gestibili se la persona sa che poi tutto si è risolto.

E' questa informazione che diventa la risorsa più potente e viene inserita sotto forma di presupposto linguistico.
Nei bambini é frequente il timore di non poter sopravvivere ad eventi emotivamente stressanti.
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CORNICE POSITIVA IN CUI VENGONO CONTESTUALIZZATE LE ESPERIENZE


FORMTIVE DI TIPO TRAUMTICO.

• Alla luce di tutto questo chiedete alla persona di rivedere le decisioni.


Invitate a riguardare tutto quanto alla luce di valori molto alti: il senso del destino, il senso e la ragione per
essere al mondo, che la persona non necessariamente conosce, mentre l'inconscio lo sa.

7. Fatto questo la persona risale e lascia che l'altra sotto riprenda la linea del tempo rivalutando la serie delle
esperienze alla velocità che consente alla persona di mantenere quello stato e le decisioni rivisitate in modo da
poter rientrare nelle esperienze in modo diverso.
Mentre procede verso il presente, chiedete alla persona di fare una verifica su ciascuna esperienza, prima che
accada, se ci sono altre risorse di cui può aver bisogno per rivivere l'esperienza e nel caso aggiungetele.
La persona è con voi a fare da angelo custode a quell'altra (il bambino piccolo) che è Iì a rifare l'esperienza
sulla linea del tempo.
Dà al piccolo tutte le risorse di cui ha bisogno in modo che questo possa ripercorrere le esperienze con il
nuovo processo decisionale.
• Si presentano due grosse difficoltà a lasciar andare, e lasciare alle spalle delle esperienze passate:
- ci sono dei valori nell'esperienza, degli apprendimenti senza i quali non si sarebbe chi si è;
- il perdono: la disponibilità a perdonare gli altri e perdonare se stessi (il perdono viene dal cuore e non dal
cervello)
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8. Poi portate la persona fino ad oggi e da lì fate guardare al futuro, ricordando alla persona di notare quanto più
luminoso e brillante appare adesso rispetto a prima, dall'alto.
Chiedetele poi di girarsi e guardare al passato (la persona lo farà comunque nel futuro); voi volete che la
persona si ricordi di vedere con occhi diversi la propria vita.
Poi fate guardare ancora al futuro e fateci collocare esempi di eventi che accadranno in modo diverso, in cui gli
elementi scatenanti di una volta porteranno invece a nuove decisioni e a nuovi comportamenti.

9. Solo dopo che questo è stato fatto, riportate la persona al presente.


A questo punto ricordate anche alla persona che oltre alla parte conscia del lavoro iniziata, c'è anche una parte
di lavoro che l'inconscio continuerà a fare.
Questo è un lavoro che costruisce un nuovo processo decisionale e un nuovo senso di sé.

REIMPRINTING
Si definisce reimprinting una esperienza significativa del passato attraverso la quale una persona si è formata una
convinzione o un insieme di convinzioni. Il periodo dell'imprinting è considerato quello che va da 0 a 7 anni, durante il
quale mettiamo le basi della nostra programmazione individuale e siamo però anche come spugne e inconsciamente
facciamo nostro il comportamento dei genitori.
L'esperienza di imprint spesso implica infatti l'assunzione inconscia del modello di ruolo di altre persone significative.
Lo scopo della tecnica del reimprinting è quello di trovare le risorse necessarie per cambiare
credenze e aggiornare i modelli di ruolo che si erano formati attraverso quelle esperienze. (e quindi risolvere non solo le
implicazioni emotive che queste hanno comportato -come si fa col cambiamento di storia).
Una convinzione non è una rappresentazione, non è un insieme di parole o una sensazione, ma una relazione tra tutto
questo. E questo è un diverso livello di pensiero.
Il modo nel quale si risolve una convinzione non è di liberarsi del contenuto, ma di riorganizzare la relazione.
Molta neurologia rimane coinvolta con il modello di riferimento. Per questo non si può risolvere queste situazioni
semplicemente portando risorse al sé giovane, in quanto questi ha incorporato il ruolo della persona significativa.
Convinzioni e modelli di ruolo sono costruiti con l'esperienza del bambino e restano quindi con le caratteristiche infantili.
Attraverso il reimprinting vengono rivisitati con tutta l'esperienza dell'adulto, arricchendoli, ampliandoli, guardandoli da
altri punti di vista in una prospettiva che permetta di coglierne le intenzioni positive e quindi di scongelarne le fissità.
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PASSI:
1. Identificare i sintomi specifici (che possono essere sensazioni, parole o immagini) associati all'impasse.
2. Creare una linea del tempo della persona localizzata spazialmente: aiuta ad organizzare gli elementi del
sistema e nello stesso tempo a mantenerli separati.
3. Ricerca transderivazionale: in associato con i sintomi far entrare il soggetto nella linea del tempo e invitarlo ad
andare indietro lentamente (mentre guarda verso il futuro), lasciando gli incidenti associati con l'impasse nel
luogo a cui appartengono, fino a tornare alla prima esperienza delle sensazioni o sintomi associati con
l'impasse.
Non. è necessario che avvenga in modo cosciente: la persona può non sapere, ma sentire che c'è qualcosa
collegato alle sensazioni o ai sintomi riguardanti l'impasse.
a. Mantenendo la persona in associato .fare in modo che verbalizzi le convinzioni o le generalizzazioni
che si erano formate da quell'esperienza.
Non interessa tanto il contenuto di ciò che è successo, quanto piuttosto le convinzioni generate
dall'esperienza.
4. Far fare alla persona un passo indietro, ad un momento sereno precedente l'esperienza di imprint e farla
guardare verso il futuro (vedi punto 5 della Time-Line Therapy).
5. Far uscire la persona dalla linea del tempo, farla tornare al presente e guardare indietro all'esperienza di
imprint da una meta-posizione.
Chiedere alla persona di notare l'effetto che quella precoce esperienza ha avuto sulla sua vita; e inoltre far
verbalizzare ogni altra generalizzazione o convinzione che rileva da questa posizione, poiché questa
prospettiva è diversa da quella della associata. (Spesso le convinzioni si formano dopo il fatto).
6. Dalla meta-posizione trovare l'intento positivo, il .vantaggio secondario dei sintomi o delle. risposte che si sono
formate a seguito dell'esperienza di imprint. Forse è stato per proteggere la persona o per impedirle di
dimenticare qualcosa di importante.
a. Da questa posizione far identificare altre eventuali persone significative coinvolte nell'esperienza e
assicurarsi di capire l'intenzione positiva di ciascuna.
I sintomi possono infatti provenire dal modellamento del ruolo di altre persone significativamente
importanti.
Trovare l'intenzione positiva del loro comportamento. Ciò può essere fatto associandosi alle altre
persone significative coinvolte e guardando l'esperienza dal loro punto di vista.
7. Per ognuna delle persone coinvolte nell'esperienza di imprint:
a. identificare le risorse di cui le diverse persone coinvolte avrebbero avuto bisogno allora e non
possedevano (ma che il soggetto ha a disposizione ora).
Assicurarsi che la risorsa sia al livello logico appropriato.
b. ancorare la risorsa richiesta nel luogo della linea del tempo dove il soggetto può sperimentarla in
maniera piena. Tenendo ancorata la risorsa, far uscire la persona dalla linea del tempo e
c. far trasferire questa risorsa alla persona del sistema che ne aveva bisogno, mantenendo la
metaposizione.
Ad es: la risorsa può essere immaginata come un colore o una qualità di luce che viene inviata
attraverso il tempo all'altra persona.
L'utilità di mantenere la metaposizione in questo passo è che si possono sempre aggiungere altre
risorse, se necessario, prima di riassociare la persona all'esperienza di imprint.
Osservare come le relazioni all'interno del sistema cambiano: possiamo cosl sapere se le nuove
risorse sono efficaci ed ecologiche.
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8. A questo punto riportare la persona nell'evento per sperimentare il cambiamento dalla posizione associata,
facendo entrare il soggetto nelle altre persone significative in modo che possa notare com'è assumere la loro
posizione percettiva.
9. Chiedere al soggetto di uscire dalla linea del tempo, fuori dall'esperienza di imprint, far aggiornare le
generalizzazioni antiche a partire dall’esperienza modificata.
Ripetere questa procedura per ognuna delle persone significative coinvolte nell'esperienza di imprint.
10. Chiedere al soggetto, mentre resta in metaposizione, di identificare la risorsa più importante o la convinzione di
cui avrebbe avuto bisogno per se stesso.
Trovare, ancorare e trasferire la risorsa al sé giovane. Riportare poi il soggetto sulla linea del tempo nel punto
che precede l'esperienza di imprint, e fargli ripercorrere la linea del tempo verso il presente, riorganizzando tutti
gli eventi sulla base dei cambiamenti operati dal reimprinting (non è necessario che questa parte del lavoro
venga fatta a livello cosciente.

LA TIME - LINE E GLI OBIETTIVI (secondo Tadd James)


Abbiamo visto gli usi principali della Time Line in relazione al passato di una persona. Ma la nostra linea del tempo si
estende anche nel futuro: una caratteristica preziosa che, associata a ciò che già sappiamo sulle condizioni di buona
formazione degli obiettivi e sulle sottomodalità, ci consente di rendere ancora più realizzabili i nostri sogni, progetti e
desideri. Si può dire che ci mette in grado di programmarci per il nostro futuro, non tanto in senso rigidamente
determininistico, quanto piuttosto nel senso di "prenotare" eventi mediante l'installazione degli eventi stessi nella nostra
Time Line. Questa operazione ci permette di allineare in modo congruente ciò che siamo con ciò che vogliamo in modo
tale che il nostro cervello riconosca quel futuro da noi immaginato come certamente ed inequivocabilmente nostro.

PASSI:

Prima di tutto, decidi cosa vuoi. Assicurati di volerlo veramente. Poi rispondi a questi punti, in modo da fartene un'idea
chiara e precisa:
1. Verifica che sia formulato in positivo.
2. Com'é la situazione attuale? Fattene una rappresentazione completa, in associato.
3. Specifica l'obiettivo. Fattene una rappresentazione completa come se tu lo avessi già raggiunto. Poi lavora con
le sotto- modalità finché diventa motivante al massimo. Dissociati, ed inserisci questa immagine nel tuo futuro,
dove vuoi che l'evento si verifichi.
4. Procedura di evidenza. Come farai a sapere di aver raggiunto l'obiettivo?
5. L'obiettivo é congruamente desiderabile. Cosa ti porterà il suo raggiungimento, o cosa ti consentirà di fare?
6. E' iniziato e mantenuto sotto la tua responsabilità?.
7. E' adeguatamente contestualizzato? Dove, quando, come e con chi vuoi realizzarlo?
8. Risorse: quali hai già disponibili, e di quali hai bisogno per realizzare il tuo obiettivo? Risorse di cui hai già dato
prova? Risorse che ha qualcuno che tu conosci? Fattene una rappresentazione completa, come se le avessi
già.
9. Verifica l'ecologia: per quale scopo vuoi questa cosa? Cosa ci guadagni -o ci perdi -se la ottieni? O meglio:
• cosa succede se la ottieni?
• cosa succede se non la ottieni?
• cosa non succede se la ottieni?
• cosa non succede se non la ottieni?
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Dopo questa inchiesta, avrai probabilmente un'idea molto precisa


di qual il tuo obiettivo. Ora:

1. Immagina di salire e fluttuare sulla linea del tempo, e fermati li sopra, in corrispondenza del momento nel tuo
futuro in cui é più appropriato per te aver raggiunto il tuo obiettivo.

2. Richiama l'immagine dell'obiettivo, e associati. Senti nel tuo corpo tutte le piacevoli sensazioni collegate ad
aver raggiunto ciò che desideri. Gioca con tutte le sottomodalià fino a che i sentimenti e le sensazioni piacevoli
hanno raggiunto il massimo. Quando te la sei goduta bene, dissociati nuovamente e ricolloca l'evento al suo
posto nella tua linea del tempo.

3. Resta a galleggiare sopra quel puntò del tuo futuro, e guarda verso il Presente. Nota come tutti gli eventi da
quel punto a dove tu sei si aggiustano e sistemano in modo da sostenere congruentemente e completamente il
realizzarsi del tuo obiettivo.

4. Ritorna al Presente, e guardando verso il futuro nota come il Presente é semplicemente il punto di partenza
per arrivare alla materializzazione di ciò che desideri. e nota anche come la realizzazione del tuo obiettivo è un
punto lungo una direzione che prosegue ulteriormente nel futuro, una direzione che ti porterà a conseguire
ulteriori risultati positivi. Riconosci ancora quanto è piacevole ottenere ciò che vuoi.

5. Controlla se hai bisogno di altre risorse, o se qualche evento, decisione o convinzione del passato limitano la
possibilità di raggiungimento dell'obiettivo. In caso di risposta affermativa, lavora sul bisogno specifico
utilizzando le tecniche di Time-Line relative.
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Riassumendo:

Struttura di time line


combinazione di metaprogramma tempo e cambiamento di storia

 Valutare come il cliente organizza il tempo


 Far fluttuare sopra la linea del tempo
 Notare le sottomodalità (cercate di sincronizzare passato – presente – futuro)
 Farlo tornare all’esperienza più antica
 Conservare gli apprendimenti
 fare i cambiamenti necessari
 Se si rimuove un ricordo sostituirlo
 Se necessario ripetere il passaggio 4-7
 Test ecologico
 Viaggio nel futuro
 Ritorno al presente

Apprendimento – colpa – decisione limitante – trauma – fobia


Paura – scopi – ansia – obiettivi - direzione
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LETTURE DI

APPROFONDIMENTO

Sulla “Time Line”

è dedicato metà del libro:

“Time Line”

T. James, W. Woodsmall,

Astrolabio – Roma 2001


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LA NEGOZIAZIONE
Gene Early

TU TAGLI, IO SCELGO

E’ una bella giornata d’estate. Il ragazzino di otto anni, quasi nove, sta camminando lungo la via e vede il suo amico.
Rapidamente il ragazzino pensa a cosa fare. Ha in tasca una mela, grossa e bella. E’ una mela così rossa e succosa
che gli fa venire l’acquolina in bocca. Eppure, non riesce ad immaginarsi mangiare la mela davanti al suo amico. Infine
si arrende a sé stesso: “Beh… forse potrei fare a metà con lui”. A questo punto decide.
Quando si trova di fronte all’amico, estrae il suo coltellino tascabile e dice: “Ciao, vuoi un po’ di mela?” L’amico si
illumina, rispondendo: “Sì!”. Porgendogli mela e coltello, il ragazzino dice all’amico: “Tu tagli, io scelgo”.

I rapporti di cooperazione sono come questo. Pare che la maggior parte di noi tenda a desiderare di avere per sé la
grossa mela succosa. Ciò fino a che non comprendiamo che, dividendola con qualcun altro, potremmo ottenere anche
di più. Il desiderio di avere il meglio verrà soddisfatto in ogni caso, solamente verrà soddisfatto in maniera diversa da
quello originariamente immaginato.
Quale è la natura della situazione in cui il ragazzino viene a trovarsi?
Primo: esiste una cosa che egli possiede e vuole. Secondo: egli capisce che o nasconde questa cosa oppure, per
poterla avere, si deve allontanare. Terzo: egli prende la decisione. Quarto: nel momento in cui egli si offre di dividere
questa cosa con l’amico, questi si “illumina”, ed in tal modo ha già prodotto un benefico effetto sull’amico. Per ultimo: il
ragazzino fa uso di un’elegante strategia per assicurarsi che entrambi abbiano la possibilità di scegliere.
Fare a metà della mela, sposta la soddisfazione che egli prova in un contesto più ampio, nel quale si verifica
certamente un effetto di contentezza. In questo lavoro tratteremo del contesto più ampio della soddisfazione dei
rapporti. Troverete delle idee relative alle abilità e ai modelli necessari per lo sviluppo e la conservazione dei rapporti di
cooperazione in contesti quali il lavoro, i rapporti personali e le attività.

Il principio di base dell’accordo

Tutte le cooperazioni si basano sull’accordo. Come farebbero due persone ad incontrarsi ad un appuntamento, se non
si accordassero sull’ora e sul luogo? Potrebbero forse viaggiare insieme, se non si accordassero sulla destinazione?
Oppure, potrebbero lavorare assieme se non si accordassero sul tipo di produzione che intendono realizzare?
A tale livello risulta chiara l’importanza che l’accordo assume. Dove è che la maggior parte delle persone trova delle
difficoltà? Una delle risposte a questo interrogativo è che le difficoltà vengono riscontrate al passaggio della
comunicazione da un livello ad un altro.
In qualità di consulente di un Consiglio di Amministrazione, mi fu chiesto di occuparmi del problema seguente.
Principalmente erano coinvolte quattro persone: il Presidente del Consiglio di Amministrazione aveva uno schema di
contatto con gli altri tre, che, assieme a lui, erano responsabili delle decisioni prese, di questo tipo: “Ho riflettuto su
questo problema. Sono arrivato a questa conclusione. Cosa ne pensate?” E’ chiaro che questo tipo di interrogativo
prendeva alla sprovvista gli altri tre, e non avendo alcuna obiezione da sollevare, la loro risposta era: “ Bene perché no”.
Alla riunione successiva, il Presidente diceva: “Dato che siamo tutti d’accordo su questo problema, ho provveduto in
merito”. Gli altri membri del consiglio di Amministrazione non riuscivano a capacitarsi del perché il prendere delle
decisioni li facesse sentire sempre più frustrati.
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Tutti loro si erano impegnati a raggiungere insieme l’accordo e, apparentemente, l’accordo esisteva, tuttavia
esaminando il livello del “processo” attraverso il quale l’accordo veniva raggiunto, siamo riusciti a portare il problema
allo scoperto.
Le idee relative al modo di agire non erano prodotte dalla interazione del consiglio al completo, ma erano
principalmente originate dal Presidente. In tali decisioni, gli altri membri del Consiglio venivano coinvolti a livello di
risposta, e non di contributo. La loro insoddisfazione insorgeva al momento in cui essi venivano esclusi dagli stadi
iniziali della raccolta di informazione e della creazione dell’idea, ed era a questo livello che NON ERANO D’ACCORDO.
Il nuovo orientamento dato, a questo livello del processo, ha prodotto più profondi livelli di accordo tra queste persone.
Nell’esempio precedente, il disaccordo inibitore risultava per il fatto che alcuni membri del Consiglio di Amministrazione
non venivano riconosciuti a livello del processo. Quando ciò accade, sicuramente ci si troverà a scontrarsi con
comportamenti di opposizione e di resistenza, e, a livello inconscio, persino di sabotaggio. A volte un comportamento
simile può emergere anche a livello conscio. Come si manifesta un tale comportamento quando le persone cercano di
arrivare ad un accordo?
Facciamo un altro esempio.
Si tratta di una coppia venuta da me per espormi i loro problemi coniugali. Il marito entrò con in braccio la loro figlia di
quattro mesi, mentre la moglie portava il carrozzino a borsa. La statura di lei era superiore a quella del marito, ed il suo
comportamento era quello disinvolto di chi ha già avuto esperienza di consulenza individuale. Lui, invece, non
essendosi mai venuto a trovare in una situazione del genere, si teneva in disparte. Fin dall’inizio, fu lei ad esporre il
problema, sul quale entrambi erano d’accordo. Intanto che lei diceva: “Ho perso la sicurezza e la fiducia che avevo in lui
e vorrei riconquistarle”, lui la guardava annuendo in accordo totale, apparendo ansioso di riconquistarsi la fiducia di lei.
Sebbene non ostile, lei appariva distaccata.
Così spiegai loro: “Ritengo che voi, come tutte le coppie, abbiate sviluppato un sistema tutto vostro di comunicazione.
Si tratta di un sistema ben costruito, ed in gran parte inconscio. Oltretutto, è un sistema talmente raffinato che uno sa
quale sarà la risposta dell’altro, quasi prima che venga espressa”.
Osservando il loro sguardo interrogativo, chiesi loro: “Vi stupite mai per qualcosa che l’altro ha detto o fatto?” Rispose
lei: “Non più, non penso. Credo che fosse così quando ci conoscemmo, ma ora non più”. Lui annuiva acconsentendo. A
questo punto spiegai loro un altro principio in uso nei rapporti di cooperazione. “Qualsiasi comportamento,
indipendentemente dalla sua portata, rappresenta un messaggio per il vostro partner. Si può trattare di uno sguardo, di
una parola o di un sospiro. Oppure può essere costituito da un atteggiamento, o da uno schema ripetitivo di
comportamento. In ogni caso, i comportamenti finissimi che voi avete posto nella vostra comunicazione sono quelli che,
tipicamente, sollecitano una risposta nell’altra persona. Quando una coppia inizia ad avere dei problemi, la risposta di
lei sollecita quella di lui che, a sua volta, sollecita quella di lei… Riuscite ad individuare il circolo vizioso che inizia a
crearsi da tutto ciò se non si trova il modo di interrompere la serie di comunicazioni inconsce che si stanno ponendo in
atto?”
Lei annuì immediatamente, ma lui appariva un po’ confuso. Per presentargli un’immagine più chiara, feci uso di alcune
informazioni che avevo ottenuto nell’osservare la loro interazione. “Lei mi ha detto che non crede più in suo marito
come una volta, e da questo, nascono i vostri problemi? Lei confermò. E rivolgendomi a lui continuai: “Suppongo che lei
sia a conoscenza del fatto che sua moglie non crede in lei, ma il perché non lo sa?” Lui annuì, e appariva un po’
sollevato.
Dopo aver stabilito la sensazione di un rapporto, individualmente, con ognuno dei due, ed avendo raggiunto quello che
ritenevo un accordo congruente con la valutazione da me espressa della situazione, continuai, affermando
vigorosamente: “Lei sa di averlo rifiutato”. Ciò la colse di sorpresa: “No assolutamente no”.

Continuai: “Invece é così. Tutte le volte che lui le si fa vicino, anche solo di poco, lei sposta il suo corpo in modo che la
spalla sinistra formi come un ‘barriera’ tra suo marito e lei. Quando suo marito la guarda, per avere un ‘riconoscimento’
da parte sua, lei distoglie lo sguardo. Il risultato è che lei lo ha completamente respinto. Quando lui è entrato, portando
la bimba in braccio, sembrava avere molta delicatezza con la piccola, ma lei gli si è messa di fronte per prenderla. Non
c’è da meravigliarsi del fatto che lei non abbia più fiducia in lui. Lei lo ha rifiutato”.
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Mentre stavo parlando di questo, io facevo notare loro tutte le volte in cui la moglie assumeva questo sottile
atteggiamento. Molto rapidamente, entrambi si resero conto di quanto si stava verificando, e poterono udire come lei
realizzasse, anche verbalmente, questo comportamento, parlando cioè anche a nome di lui, ma usando il pronome
singolare e mai il ‘noi’ e così via.
Una volta dimostrata questa parte del circolo di comunicazione, toccava a lui. A questo riguardo, ciò che risultava
immediatamente evidente era il suo modo grossolano di toccare la moglie. Nel toccarla le strofinava vigorosamente il
braccio, senza prestare attenzione al fatto che lei, per reazione, si ritraeva. Era ovvio il grande desiderio di lui di
toccarla, ma quando lui attuava questo desiderio lei ne era infastidita. Provando una sequenza di modi diversi di
toccarla, ed osservando le varie, sottilissime risposte di lei, egli scoprì di non averle mai consciamente notate prima.
Come risultato di queste e di altre osservazioni, i due scoprirono che la serie di problemi da lei presentati come base del
nostro lavoro, non avevano più alcuna rilevanza. Si trattava delle manifestazioni di schemi comunicativi inconsci
fondamentali.
In questo esempio esisteva un accordo apparente su chi era che aveva il problema, e su quale era il problema.
Tuttavia, come avviene in molti altri casi, ciò che essi reputavano il problema, in realtà non lo era. Erano invece i
messaggi inconsci, emanati dal comportamento di OGNUNO, che formavano un circolo di comunicazione senza via
d’uscita. Il risultato era che tra i due peggioravano lo stato negativo in cui si trovavano, che come conseguenza
continuava a peggiorare. Una volta che furono fatti notare loro tali messaggi comportamentali inconsci, entrambi si
sentirono meglio. Nessuno dei due si sentiva ‘colpevole’, ma entrambi contribuivano al problema, COSI’ COME alla sua
soluzione. La comprensione di ciò rappresentò un gran sollievo per la moglie, in quanto lei riteneva di aver portato tutto
il peso del rapporto. Per il marito ciò costituì un’ispirazione, dato che lui aveva raggiunto un accordo con lei, ritenendo
che lei se ne intendesse di queste cose, e che, pertanto, doveva aver ‘visto giusto’ nella sua analisi del problema. Ora
anche lui aveva un ruolo da giocare.

Anche quando l’accordo è stabilito tra persone, per gruppi, o per coppie, esiste un livello ulteriore di accordo
necessario: l’accordo di tutte le parti all’interno dell’individuo. Spesso i conflitti interiori di una persona vengono
trascurati in quanto irrilevanti, oppure sembrano impossibili da modificare. La stessa formula, utilizzata per raggiungere
l’accordo in un Consiglio di Amministrazione, e in una coppia di coniugi, può essere impiegata su noi stessi. Ciò implica
il riconoscimento del fatto che le varie parti di noi possono assolvere funzioni diverse, e che dette parti possono trovarsi
anche in disaccordo.
Le varie parti possono essere individuate per mezzo delle manifestazioni comportamentali. Si può udire l’espressione
verbale di due parti diverse in frasi tipo: “Sì, ma…” oppure “Sono COMPLETAMENTE sicuro…”, o ancora “Allora…sta
bene (intercalati da una lunga pausa)”.
L’espressione non verbale di una parte la si può osservare quando una persona dice “Sì” scuotendo la testa
orizzontalmente, oppure la si può rilevare dalle variazioni di tono in porzioni di frasi, o la si può notare in certe
espressioni del volto, comunicanti messaggi diversi da quelli comunicati dai gesti (ad es.: viso sorridente e pugni stretti).
Io stesso mi sono trovato lungamente in conflitto. Una parte di me desiderava determinare cose, in particolare
apprendere nuove abilità, mentre un’altra parte era spaventata perché non sapeva come apprenderle.
Conservo un vivido ricordo di questo conflitto che sperimentai all’epoca in cui stavo imparando la ‘Ristrutturazione’ (cfr.
Appendice 1).

Frequentavo un corso facoltativo e ascoltavo il relatore. Questi si entusiasmò moltissimo per il fatto che esistessero
delle realtà che noi non possiamo percepire a causa di limiti neurologici impostici dai nostri corpi di esseri umani.
Parlava della presenza di musica e di luce nella sala, presenza che non si poteva né udire né vedere. Siamo circondati
da onde radio e da bande di luce, non presenti nello spettro percettibile, e tutto ciò che era necessario ero lo strumento
appropriato per riceverle. Questa era la sua premessa all’idea che noi eravamo in grado di identificare quella parte di
noi che si trovava all’origine del comportamento indesiderato, che potevamo scoprire l’intenzione positiva di quella
parte, rivolgerci ad un’altra parte che fosse in grado di soddisfare l’intenzione positiva della prima parte, verificare il
buon funzionamento di ciò in situazioni future, e ‘voilà’: a questo punto il nuovo comportamento poteva insediarsi in noi.
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Ritenevo che avrei sicuramente imparato ad eseguire ciò, se ci riuscivano anche gli altri… la parte di me che era
ansiosa di apprendere nuove abilità si entusiasmò molto. Al contrario, la mia parte spaventata sapeva che non ero
riuscito a seguire la spiegazione e non capiva come avrei potuto realizzare la ristrutturazione su di me o su chiunque
altro. La parte spaventata continuava a ripetermi: “Tieni la testa giù, non far vedere a nessuno che non hai capito”. Al
contrario, la parte ansiosa di conoscere mi faceva fremere di aspettative positive. La parte spaventata mi ricordava tutte
le volte in cui l’altra parte si era catapultata in situazioni di cui non aveva conoscenza perfetta, fiduciosa di venirne fuori
brillantemente, in un modo o nell’altro. La parte desiderosa di apprendere cominciava ad arrabbiarsi con la parte
spaventata. Tutto questo avveniva dentro di me, mentre il relatore proseguiva nella sua enunciazione.
Quello era il periodo in cui iniziavo ad apprendere la PNL, cioè quando ancora non avevo imparato a comunicare con le
parti per aiutarle a trovare un accordo tra loro. In ogni caso, per poter continuare il seminario dovevo escogitare un
sistema per placare questo tumulto interiore. La risposta, adatta al mio caso, sembrò saltare fuori più o meno allorché il
relatore ci stava preparando per l’esecuzione di un esercizio. Avrei dovuto trovare qualcuno di abile nell’eseguire la
ristrutturazione, e questi sarebbe stato il mio partner. In tal modo, la parte spaventata di me sarebbe riuscita a capire
come si fa il modello, per il fatto che lo avrebbe provato, mentre al tempo stesso la parte ansiosa di apprendere sarebbe
stata libera di godersi l’emozione del lavoro di ristrutturazione mentre veniva eseguito su di me. Questo accordo
interiore diede come risultato un esercizio molto fruttuoso, grazie al quale imparai come si fa la ristrutturazione.
Più avanti spiegherò dettagliatamente i vari modi per imparare a raggiungere l’accordo tra le parti interiori, e per
rivolgersi alle parti di altre persone con interventi ben riusciti. Nella realizzazione dei rapporti di cooperazione, uno dei
requisiti fondamentali è costituito dal riconoscimento della comunicazione con le parti (cfr. Appendice – 2).
Nei precedenti esempi ho indicato tre serie di distinzioni utili al raggiungimento dell’accordo. Queste comprendono
l’accordo sul processo e sui livelli di contenuto della comunicazione, l’accordo a livello conscio e a livello inconscio e
l’accordo a livello individuale TRA le parti interne in conflitto.
Passiamo ora a quel processo che fornisce la sostanza specifica alla vostra interazione, una volta raggiunto l’accordo di
base. Allo stesso tempo, continueremo sempre a tenere presente che la conservazione dell’accordo su livelli molteplici
costituisce la garanzia del successo per la fase successiva.

Il processo essenziale della negoziazione

Per realizzare e per conservare l’accordo, è necessaria la negoziazione. Come fa un gruppo di persone, ognuna con
una propria personalità, a continuare qualcosa assieme se non negoziano, per accertarsi che i loro bisogni vengano
soddisfatti? Come fa una coppia a continuare ad appoggiarsi a vicenda se i due non sono soddisfatti del modo in cui
vivono assieme? Come si può riuscire a continuare ad essere efficiente, sia a livello personale che professionale, se le
nostre resistenze interiori non sono state trasformate in risorse?
La negoziazione presuppone una diversità di opinioni, atteggiamenti e credenze in coloro che la attuano. Sono queste
differenze che costituiscono la sostanza del processo di negoziazione. Tipicamente, la negoziazione è considerata il
rapporto antagonista nel quale due o più parti cercano di ottenere il massimo possibile l’una dall’altra. Invece, nel
contesto dei rapporti di cooperazione, la negoziazione unifica le diverse parti allo scopo di ottenere un risultato
superiore a quello che una parte, singolarmente, avrebbe potuto raggiungere.
Qualora un gruppo si formi con l’intenzione di formulare un accordo comune sugli obiettivi, il compito di soddisfare tutte
le varie parti di quello stesso gruppo verrà assolto tramite la negoziazione. L’abilità principale, cioè quella che per prima
viene impiegata a questo fine, consiste nel ‘frazionamento’, nel senso della generalizzazione, livello sul quale tutti
possono trovare l’accordo. Successivamente, il frazionamento si realizza in direzione inversa, cioè attraverso l’esame di
tutti gli specifici criteri che si dovranno prendere in considerazione. L’accordo a livello generale diventa in tal modo
l’intelaiatura cui fare riferimento per tutte le riflessioni a venire.
Detta intelaiatura permette di porre gli interrogativi di base: “Come possiamo soddisfare questi criteri, dato che siamo
d’accordo a livello generale?”. Regolarmente, si fa riferimento all’accordo allo scopo di rafforzare il concetto che tutti
stanno lavorando insieme, e che non vi sono obiettivi contrastanti.
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A questo proposito ricordo un esempio calzante. Stavo lavorando con il gruppo di direzione di una filiale, altamente
specializzata, di una multinazionale. Vi erano sette capi-reparto, due responsabile dei servizi del personale, e il direttore
generale. La prima domanda che rivolsi loro fu: “Come percepire il rapporto funzionale esistente tra voi e il gruppo di
direzione?” Feci sì che disegnassero la risposta su un foglio di grandi dimensioni, così che la risposta potesse essere
visualizzata. Con loro grande sorpresa, l’unico a collocare il gruppo dirigente in un punto di rilievo centrale risultò essere
il responsabile dello sviluppo del personale. Il resto illustrò il gruppo dirigente in maniera vagamente specificata, oppure
in una collocazione completamente marginale rispetto a quelle che erano le loro attività.
Il direttore generale disse: “Non solo mi sono reso conto di non essere mai stato così chiaro prima d’ora a questo
proposito, ma ritengo anche che ora siamo riusciti ad identificare quale è il nostro problema primario relativamente al
gruppo di direzione. Nessuno tra noi, me compreso, possiede una chiara visione dei compiti che il gruppo di direzione
deve assolvere. Ritengo necessario sviluppare questo tipo di coerenza all’interno del nostro gruppo. Ed essa deve
avere origine nell’accordo, condiviso da tutti noi, in merito ai nostri obiettivi”.
In queste parole è racchiusa l’essenza del frazionamento. Quei capireparto, tutti tecnicamente molto abili, avvertivano la
pressione che era esercitata su di loro per il fatto di avere il compito di far funzionare i vari reparti, mantenendone alto il
livello di produttività, soddisfacendo le richieste della clientela e rispondendo alle richieste di dati provenienti dalla sede
centrale. Il gruppo di direzione costituiva una pressione supplementare ed era stato fino ad allora tollerato pur non
avendo una precisa cognizione della funzione che esso aveva e, dunque, non era mai stato fatto oggetto di eccessiva
considerazione.

All’epoca in cui mi occupai di questo caso, raccogliemmo delle informazioni sui vari interessi e bisogni, sia a livello
individuale che di compiti di gruppo di direzione, questo, quale risultato che intendevamo raggiungere, costituiva il punto
di riferimento dei vari commenti. A due dei componenti del gruppo venne assegnato il compito di determinare quale
sarebbe stata la definizione della missione, a partire da tutte le informazioni raccolte e da tutti i feedback ottenuti. Ne
risultò una definizione costituita da tre parole: IMPEGNARSI, CREARE, OTTENERE.
Tale definizione costituiva la sintesi della loro esperienza di negoziazione, volta alla formulazione di un obiettivo
comune sia al gruppo che a tutto il personale dipendente, composto da 3.000 persone. Per loro stessa ammissione, era
divenuto indispensabile dare un orientamento alle loro prestazioni e a quelle del servizio di ricerca, in modo da rendere
significativo questo enunciato. Ed è proprio questa la funzione del frazionamento; si tratta cioè di dare una risposta a
domande del tipo: “Come possiamo far sì che nel corso delle riunioni del nostro gruppo venga dimostrata la nostra
volontà di IMPEGNARCI, CREARE, e OTTENERE?”, “ Come possiamo incoraggiare i nostri dipendenti, a tutti i livelli, a
comportarsi allo stesso modo?”, e ancora, “Come possiamo proseguire nella azione intrapresa, fino al mercato vero e
proprio?”.
Nelle negoziazioni, scoprirete che ogni persona ha una percezione individuale di ciò che desidera e di come fare per
ottenerlo. E’ possibile individuare la mancanza di accordo, a qualsiasi livello, ogni volta che si riscontrano delle difficoltà
nell’attuare la comunicazione inerente al caso specifico. Nel momento in cui le difficoltà raggiungono un determinato
livello, sia sotto forma di punti di vista diversi, che di diverse soluzioni, che della negoziazione viene messo in atto prima
dell’insorgere delle difficoltà. In particolare, mi riferisco ad una coppia di coniugi. Verso i trentacinque anni, i due
avevano riscontrato un notevole successo nella loro rispettiva carriera. Gli impegni di lavoro aumentavano, mentre
simultaneamente diminuiva il tempo a loro disposizione da dedicare ai figli e alla loro vita di coppia. Allo stesso tempo,
iniziava ad aumentare il loro livello di stress. Un giorno, verso la fine dell’estate, la moglie disse: “Sai, quest’anno non
abbiamo fatto ancora una vacanza. Penso che ci servirebbe andare via per un po’ di tempo”. Il marito, sentendosi un
po’ polemico a causa dell’approssimarsi della stagione autunnale, dichiarò di essere d’accordo , ma di non riuscire
proprio a trovare la via per modificare un simile stato di cose.
Tuttavia, la moglie insistette: “Senti, se non ti riesce di trovare un po’ di tempo libero adesso, in estate, tra pochi mesi
sarai esausto, dal momento che ti aspetta un periodo di duro lavoro”. Questo commento distolse la su attenzione: infatti
stava per difendersi dall’accusa di essere troppo impegnato. Sollevato da questa pressione, fu in grado di affrontare la
situazione in modo diverso.
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“Come si può parlare di una vacanza?”. Fecero una lunga passeggiata, discutendo sulla questione. Scoprirono che lui
sapeva che era essenziale prendersi un po’ di tempo libero, ma la tempo stesso si sentiva molto preso dall’andamento
della situazione economica della famiglia. Per questo motivo aveva lasciato perdere e cercato di ignorare la sua
esigenza di avere un po’ di tempo libero. Lei, da parte sua, nel corso dei sette anni precedenti si era sentita piuttosto
annoiata, fino a che, poco tempo prima, la sua carriera aveva ricevuto una svolta decisamente positiva ed
entusiasmante. Non ricevendo sufficienti stimoli da lui, si era dedicata alla propria carriera. Oltre a tutto ciò, c’era anche
da considerare il fatto che ultimamente i loro figli si facevano sempre più esigenti. Il che costituiva una ulteriore spinta a
soddisfare i loro bisogni personali attraverso il lavoro. Durante questa passeggiata pomeridiana, decisero che non
avrebbero cercato di risolvere i loro problemi, ma che avrebbero cercato invece di individuare come, singolarmente,
ognuno di loro viveva. Lui dichiarò: “Sai, se sapessi di potermelo permettere direi che dovremmo programmare, al più
presto, due settimane di vacanza da trascorrere insieme. So già che il mio lavoro ne trarrebbe immediatamente un
effetto benefico, e che in casa sarei di miglior umore. Mi sentirei come se ci fosse qualcosa che mi aspetta”. Lei, da
parte sua, disse: “Vorrei avere un po’ più di tempo per stare con te, e mi piacerebbe provare entusiasmo al pensiero
che andiamo avanti, anche mentre sto dedicandomi alla mia carriera”.

Definendo quanto ognuno di loro voleva, ed individuando alcune delle obiezioni che ciascuno poteva sollevare, la
comunicazione divenne completamente chiara. I bisogni e le esigenze che ognuno dei due aveva rispetto all’altro erano
diversi, si trattava di esigenze e richieste che dovevano essere soddisfatte, probabilmente attraverso una vacanza
come soluzione possibile, ma comunque conservando la facoltà di poter optare anche per altre possibili soluzioni.
E’ fondamentale il fatto che la prima soluzione che si presenta non è necessariamente l’unica o la migliore. Essa
costituisce semplicemente la manifestazione del desiderio di risolvere il problema che sta nascendo.
I due coniugi hanno individuato le loro esigenze. Il fatto di riconoscere di essere d’accordo per quanto riguarda il
desiderio di potersi rilassare maggiormente, di avere contatti migliori l’uno con l’altra e con i figli, e di continuare a
dedicarsi allo stesso tempo alla propria carriera li ha aiutati a specificare quali siano i criteri da soddisfare, qualunque
sia la soluzione adottata.
Una volta determinati tali criteri, nelle negoziazioni successive i due sono stati in grado di creare un certo numero di
comportamenti nuovi, che possono iniziare a soddisfare i criteri suddetti. Le soluzioni adottate includevano una
settimana di vacanza ma, e questo è molto importante, i due hanno scoperto il modo di prendersi un po’ di tempo libero
durante la settimana di lavoro, il che permetterà di dedicarsi ad altre attività singolarmente, in coppia e assieme a tutta
la famiglia.
I figli diminuiranno le loro richieste nella misura in cui, contemporaneamente, avranno ritrovato quell’attenzione che
desideravano e, per finire, questa coppia prova ora molta più soddisfazione nello stare insieme.
Per il processo di negoziazione è essenziale che tutte le parti coinvolte riconoscano come positive le intenzioni degli
altri. Nella coppia di cui ho parlato prima, ognuno dei due era pronto ad ammettere di aver iniziato ad evitare sia l’altro
che i figli, dal momento che sentiva che le proprie esigenze venivano soddisfatte dal lavoro e non dallo stare insieme.
Dal momento che, ancora, non erano arrivati al punto di evitare una discussione, riuscirono a riavvicinarsi, a parlare ed
a risolvere il problema.
Una volta che siano state veramente riconosciute e prese in considerazione le intenzioni positive altrui, viene aperto un
canale di comunicazione tra le parti conflittuali. Quando il canale viene aperto, diventa indispensabile trovare delle
soluzioni, e l’accordo necessario, in modo da poter agire sui canali stessi. Nel caso del singolo, solitamente, ci troviamo
di fronte a delle risorse inconsce che la persona in questione non sapeva neanche di possedere.
Desiderando dimagrire, una signora parlava continuamente di diete e di come seguirle, ma non sembrava mai riuscire a
calare di peso.
Comunicò sia con la parte che manteneva alto il peso, sia con quella che desiderava farla dimagrire. Una volta che le
due parti ebbero riconosciuto la loro reciproca esistenza e le intenzioni positive che le animava, si aprì il canale che
consentì la comunicazione tra le due.
Nella comunicazione, la parte che voleva impedire alla signora di dimagrire dichiarò che la sua intenzione positiva era di
garantire l’esistenza di qualcosa di totalmente suo. Dal momento che il marito era stanco dei suoi discorsi di diete, ciò
costituiva un modo per avere qualcosa di suo. L’altra parte voleva che lei si sentisse a proprio agio nel suo corpo.
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Negoziando su questi punti, le due parti si misero d’accordo. Se la signora fosse riuscita ad avere qualcosa di
completamente suo, qualcosa che fosse diverso dalle diete, la parte che le impediva di perdere peso sarebbe stata
soddisfatta. Allo stesso tempo, avrebbe anche potuto soddisfare il criterio di sentirsi a proprio agio nel suo corpo.
In questo caso si può individuare un esempio di frazionamento che permette di trovare un livello dell’accordo. Nel
cercare di scoprire come soddisfare tali criteri una delle soluzioni presentatesi, con meraviglia della signora, fu che lei
poteva fare colazione da sola nella loro roulotte parcheggiata nel giardino dietro casa. Il porre in atto questa soluzione
le avrebbe lasciato lo spazio necessario per operare le proprie scelte, e per sentirsi libera di dimagrire. Questo tipo di
soluzione, sintetica ed adeguata, è caratteristica delle risposte inconsce.
Proprio come in numerosi altri casi simili, la signora in questione scoprì la grande libertà che le derivava dal decidere da
sola, le discussioni che nascevano tutte le mattine col marito svanirono, e la signora riuscì a dimagrire.

Un altro aspetto della negoziazione qui illustrata, è il suo carattere di ‘proiezione nel futuro’. La soluzione adottata dalla
signora non solo le permise di soddisfare entrambi le parti al momento presente, ma la signora potè proiettare tale
soddisfazione anche nel futuro, per mezzo dell’azione da lei realizzata. Operando sulle nuove informazioni raccolte, la
signora aveva anche definito le condizioni necessarie a darle un feedback dell’efficacia del nuovo comportamento.
Anche qualora non avesse funzionato in maniera totalmente soddisfacente, non avrebbe costituito indicazione di
fallimento. Le avrebbe invece fornito la possibilità di raffinare le sue negoziazione utilizzando nuove e diversi
informazioni.

I risultati continuati dell’azione

La fase finale di questa introduzione alla realizzazione di rapporti di cooperazione è costituita dalla traduzione delle
conclusioni raggiunte nell’azione. Propria di questa fase è l’importanza che riveste il fatto che risultati dell’azione sono
un feedback, non un fallimento. Nel momento in cui le persone esprimono una valutazione del proprio comportamento
in termini di qualcosa di fatto bene o male, spesso passano da un livello morale o etico, in cui sono appropriati i criteri di
‘bene’ e ‘male’, ad un livello di auto-definizione. Così un comportamento adeguato significa essere ‘buoni’, mentre al
contrario un comportamento non adeguato significa essere ‘cattivi’.
Se si distinguono questi due livelli, ci si può rendere conto che una auto-valutazione negativa a livello di auto-
definizione è inibitoria e, tipicamente, esclude la possibilità di trovare un modo per riuscire a fare meglio una certa cosa.
Per questo motivo vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che le risposte ad un comportamento costituiscono un
feedback.
Con un criterio simile, si riesce a regolare il proprio comportamento allo scopo di raggiungere i risultati desiderati e per
far sì che, quali siano le controparti coinvolte nella negoziazione, anch’esse possano raggiungere i risultati sperati.
Tutto ciò trova fondamento in un principio di base: quando le persone si sentono riconosciute e comprese diventano più
creative e flessibili nelle loro risposte alla situazione che si trovano a dover affrontare di fatto.
Stavo negoziando un contratto con una società: eravamo alle primissime fasi e sembrava che fossimo tutti d’accordo
sul fatto che avremmo lavorato insieme. Ci trovammo al momento della vera e propria definizione dell’accordo. Tutto ad
un tratto, uno dei soci sembrò ‘opporre resistenza’, e non capire le proposte che venivano presentate. Ciò costituiva
l’indicazione che c’era qualche parte di lui che non era stata chiamata in causa, e che occorreva porre un rimedio se si
voleva proseguire la negoziazione.
Dopo aver cercato di affrontare il problema in diversi modi, mi risultò chiaro che occorreva che modificassi la mia
percezione di quella persona. Di fatto, il messaggio che costui stava comunicando era la sua esigenza di ottenere un
riconoscimento e un appoggio a livello emotivo, prima di essere in grado di negoziare a livello di informazione.
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Riflettendo sul fatto che ciò era già stabilito in precedenza, il mio ‘fallimento’ nel soddisfare la sua necessità di ricevere
un sostegno emotivo aveva ottenuto, quale feedback, la sua ‘opposizione’. Tuttavia, dato che sapevo che ogni
comportamento costituisce un messaggio, cercai dei modi nuovi per soddisfare le sue esigenze. Modificando
l’immagine interna che mi ero fatto delle sue necessità, fui in grado di fare uso di questo feedback in maniera
costruttiva.
In questo caso, era l’individuo che possedeva una maggiore flessibilità interiore che doveva cambiare. A volte può
risultare necessario per entrambe le persone, o le parti, esercitare la propria flessibilità interna, in modo da ottenere
fruttuosi risultati dalla negoziazione. Questo è spesso vero nelle coppie. A questo proposito può essere d’utilità un
esempio, che è già stato citato in un articolo precedente.

Salendo le scale, lui canticchiava, supremamente soddisfatto dalla sua giornata di lavoro. Raggiunse la porta del suo
appartamento e, mentre inseriva la chiave nella toppa, fece un balzo in avanti con la mente. Così, col pensiero,
abbracciò sua moglie, con tutte le emozioni che questo gli dava. La chiave girò, la porta si spalancò e lui tuonò: “Sono
arrivato!”. Era pieno di aspettative per l’abbraccio di lei.
“Chiudi la porta, fa un freddo polare! Mai che tu ti ricordassi che non vivi da solo, ma che qui ci stanno anche altre
persone. Non hai proprio nessun rispetto!”.
Lui restò di sasso, come tramortito, e contemporaneamente l’immagine del caldo abbraccio andava in pezzi.
Lei proseguì: “Oggi ha telefonato Maria: sta peggio del solito. Non capisco il motivo per cui è sempre a me che telefona
quando si deve scaricare così. Come al solito si lamenta con me. Non ce la faccio più a sopportarla!”.
E’ proprio vero tutto questo?” Si chiese lui. Rendendosi immediatamente conto che lei doveva aver avuto una pessima
giornata, prese la decisione. Si udì persino che diceva: “Non ho nessunissima intenzione di cacciarmi in questo
vespaio”. E arretrando verso la porta vide approssimarsi sua moglie schiumante di rabbia: era pronta a dare battaglia.
Lui uscì con tutta calma dalla porta, e la chiuse. Canticchiava ancora, tra sé e sé, prevedendo l’effetto del suo dietro-
front. Inserì la chiave nella toppa e la girò. Con una gran messinscena, tornò a girare la chiave nella toppa ed entrò
nuovamente in casa. In quell’istante vide sua moglie: si era trasformata. Agli angoli, la sua bocca era increspata da un
sorriso. Si guardarono l’un l’altro. Senza profferire parola scoppiarono a ridere e, di slancio, si abbracciarono entrando
nel soggiorno.
Mentre si avvicinavano l soggiorno lei disse: “Sai, sono contenta che tu sia tornato fuori. Se tu non lo avessi fatto non
sarei riuscita a vincere la rabbia che avevo. Ma poi ho deciso che dovevo farcela. Sono felice che tu sia a casa”.
Volgendosi verso di lei, lui annuì: “Anch’io”. (So little can change so much, p. 1 – Traduzione italiana: Così poco può
cambiare così tanto).
Nel caso succitato, il marito non si inserì nel circolo negativo di comunicazione che avrebbe potuto crearsi. Invece
dovette fare qualche rapido calcolo,tra sé e sé, per poi ricorrere ad una serie di comportamenti diversi.
Anziché arrabbiarsi, oppure lamentarsi con la moglie per il suo comportamento, il cambiamento avvenuto dentro di lui
gli permise di usare il comportamento di lei in quanto feedback nei suoi confronti di un diverso modo di agire. Allo
stesso tempo, sua moglie riconobbe che il comportamento di lui costituiva un feedback di ciò che lei stessa aveva
comunicato. Lei avrebbe potuto sentirsi ferita, oppure arrabbiarsi, ma non lo fece. Invece valutò il proprio
comportamento, prese una decisione, e modificò il proprio stato interiore prima che lui entrasse in casa la seconda
volta.
Come si può constatare, le azioni di questa coppia sono passate attraverso i processi di definizione dell’accordo sul loro
rapporto, e di negoziazione, avente per oggetto il tipo di coppia che i due intendevano formare. L’accordo era che loro
due si amavano e che volevano offrirsi il meglio l’un l’altra.
Nel corso di negoziazioni, realizzate precedentemente, avevano potuto rilevare quanto fosse difficoltoso soddisfare le
loro quotidiane esigenze emotive, impegnandosi a modificare determinati comportamenti, modifica che già era stata
posta in atto. Così, nel momento in cui si verificò l’incidente riportato, esistevano già delle basi su cui fondare
l’utilizzazione dei loro comportamenti in qualità di feedback e non di fallimento.
Sia nell’ambiente di lavoro, che nei rapporti di coppia, che nell’ambito individuale, sono necessari gli stessi procedimenti
utilizzati nel raggiungimento dell’accordo, nella negoziazione e nella realizzazione dell’azione fondata sulle conclusioni.
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In certi casi questo concetto può risultare di difficile comprensione, in quanto le ‘parti’ di noi stessi non sono visibili o
udibili, quanto lo può essere, al contrario, un’altra persona. E’ comunque possibile comunicare con queste parti, e
occorre portare a termine quell’azione sulla quale le parti si sono messe d’accordo.

La signora desiderosa di dimagrire si trovò di fronte ad una difficoltà di questo tipo. Una delle azioni che le sembrava
sciocca, era il fatto di fare colazione da sola dentro la roulotte nel giardino dietro casa. Non voleva farlo. Sulla base
della mia esperienza, le dissi che se non avesse fatto così quella parte non avrebbe più ‘fiatato’ con lei, così che in
futuro la comunicazione si sarebbe resa più difficoltosa. Dopo aver comunicato un po’ con la parte, la signora comprese
la verità di quanto le aveva detto, e la parte le inviò delle gradevoli sensazioni per il fatto di compiere quella determinata
azione.
Per quel che mi riguarda, ricordo una voltaiche stavo negoziando con le mie parti interne: c’era una certa ‘parte’ che
non voleva comunicare direttamente con me. Diceva che non si fidava perché non avrei posto attenzione
nell’uniformarmi a quanto lei aveva da dirmi. Così, dopo aver scoperto che quella ‘parte’ avrebbe accettato di
comunicare con mia moglie, feci sì che fosse lei a comunicare con quella ‘parte’. Mia moglie scoprì ciò che la ‘parte’
voleva che io facessi, ed io mi impegnai sia con la ‘parte’ che con mia moglie a farlo. Comunque il fatto di perseguire
nell’azione fu indispensabile per stabilire una buona comunicazione con quella parte di me.
Per rimanere nello stesso tema, un altro esempio è quello di un amico che negoziò con una determinata ‘parte’. Lui era
solito lavorare a lungo e, spesso, fino a notte inoltrata. Egli osservò che gli succedeva spesso di cominciare a starnutire,
ed a sentirsi come se gli stesse per venire il raffreddore. Decise di scoprire il motivo di questo fatto.
Avendo appreso il modo di comunicare con le parti, salutò quella ‘parte’ che lo faceva starnutire, la ringraziò della sua
presenza (sulla base del presupposto che le intenzioni della ‘parte’ in questione fossero positive), le confermò che le
era grato per il fatto che stesse cercando di comunicargli qualcosa e la interrogò riguardo al preciso messaggio che lei
intendeva inviargli.
La parte comunicò che ciò che voleva dirgli era di smettere di lavorare, e di andare a letto. Dando atto alla parte, egli
raccolse le sue cose e se ne andò a dormire. Tutto questo si ripetè diverse volte, e la risposta di lui fu di lasciar perdere
tutto per quella sera e andare a coricarsi.
Le poche volte in cui si comportò diversamente, senza ascoltare la ‘parte’, si accorse che il giorno successivo non si
sentiva molto bene. Scoprì anche che, comunque, poteva negoziare con quella parte per uno specifico lasso di tempo,
a partire dal primo starnuto, e questo fin tanto che egli dava atto alla ‘parte’della sua esigenza, e le diceva che gli
serviva un altro po’ di tempo. Una volta ottenuto l’accordo della parte, egli poteva continuare a lavorare per il tempo
concordato, con ottimi rendimenti e senza che il giorno dopo egli si sentisse poco bene. Il risultato di queste
comunicazioni fu che egli imparò in fretta a tenere sotto controllo il suo carico di lavoro…. e anche la sua salute.
Nel corso dei precedenti paragrafi sono state prese in esame tre fasi fondamentali nella realizzazione dei rapporti di
collaborazione. La realizzazione dell’accordo, la negoziazione e l’esecuzione dell’azione sulla base delle conclusioni
sono fattori essenziali per stabilire la buona volontà e la fiducia nell’attuazione dei rapporti di collaborazione. Come
accade per molti altri principi della comunicazione, anche questi sono abbastanza semplici, sia come lettura, sia come
riflessione. La capacità di porli in atto è invece tutto un altro paio di maniche. Riflettendo su questo, il prossimo capitolo
è stato redatto in modo da fornire qualche semplice indicazione a questo riguardo.
Questi principi possono essere adoperati per sviluppare rapporti di collaborazione nei quali tutte le parti possano
incontrare sia il riconoscimento delle loro intenzioni positive, sia l’ascolto e l’uso delle loro obiezioni, sia lo sviluppo delle
loro risorse.
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CAPITOLO SECONDO

I MODELLI PER I RAPPORTI DI COLLABORAZIONE

Il Modello Semplice

Il presupposto del modello semplice è l’assenza di forti obiezioni nei confronti della realizzazione dell’accordo, della
negoziazione o dell’esecuzione dell’azione basata sulle conclusioni. Per tali motivi, quanti risultano coinvolti nel
rapporto non solo davanti la volontà di farlo, ma anche sono disponibili a seguire subito le istruzioni. Esercitandosi sul
Modello Semplice ci si occuperà di alcuni temi, su cui sarà poi più facile lavorare in modo da sviluppare la
comprensione del modello su temi più difficili.

Stabilire il quadro accordo

Per questo esercizio supporrò che siano coinvolte due persone, anche se si può far riferimento anche ad un gruppo, o
alle diverse ‘parti’ di un singolo individuo. L’obiettivo di questa fase è far sì che le due persone siano d’accordo a
mettersi d’accordo. Il che implica il processo seguente:

1. Individuate il tema di cui vi occuperete, quale ad es. il prendere una decisione del tipo andare al cinema, fare
le pulizie di casa, oppure prendersi un giorno di vacanza. Otterrete così la risposta alla domanda: “Qual è il
vostro obiettivo?” La risposta potrà trovarsi in uno di questi livelli:
a) Decidere come trascorrere ;
b) Una volta presa questa decisione a che attività specifica ci si dedicherà (come, ad es., quale film
andare a vedere)

2. A questo punto ognuno di voi due è d’accordo che entrambi ARRIVERETE ad una decisione, sulla quale
sarete tutti e due completamente d’accordo. Una volta che entrambi vi sarete impegnati in base a questo
accordo, avrete stabilito il quadro dell’accordo (vedi cap. 1). Questo rappresenterà il riferimento che vi
permetterà di riconoscere il momento in cui la decisione è presa, dato che alla fine sentirete tutti e due che i
vostri desideri e le vostre esigenze sono stati compresi, e che sia l’azione che la decisione vi soddisfino
appieno.

Ad esempio, mia moglie ed io decidemmo di acquistare una nuova auto. Ne parlavamo già da quasi un anno, ma ad un
certo momento ci trovammo d’accordo che era arrivata l’ora di comprarla. Decidemmo anche che la scelta sarebbe
stata fondata sulle informazioni che saremmo riusciti a raccogliere ad una esposizione di autoveicoli che aveva luogo
nella città dove abitiamo. Ci accordammo che su questo punto ci saremmo messi d’accordo. Ora si trattava di scoprire
come sarebbe avvenuta la nostra scelta: quali fattori avremmo preso la nostra scelta: quali fattori avremmo preso in
considerazione per decidere di acquistare una determinata automobile.
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Identificare i fattori da prendere in considerazione

In una negoziazione semplice il numero dei fattori per ogni persona di solito varia da 3 a 5. Se sono di più ci troviamo di
fronte o ad un procedimento complesso, o ad un messaggio indicante che non è stata presa in considerazione qualche
questione di più vasta portata. Per il modello semplice supporremo che il numero di fattori in questione sia limitato.

1. Identificate cosa è importante per voi nel prendere una certa decisione. Vale a dire si tratta di individuare quali
siano i vostri criteri di soddisfazione nel raggiungimento di un certo risultato. E’ indispensabile che vengano
specificati il più precisamente possibile, così da venire a conoscenza del modo in cui possono essere
soddisfatti.

2. Dapprincipio mantenete la distinzione tra i criteri. Il che significa che occorre lasciare che ognuno specifichi i
propri senza negoziarli, per lo meno nelle prime fasi. Nel modello semplice ciò viene attuato di comune
accordo, senza la presenza del negoziatore. In situazioni più impegnative, il compito del negoziatore sarà
quello di portare in luce i criteri di ognuno, separatamente da quelli degli altri. Una volta raggiunta la piena
espressione di tutti i criteri, si passa alla fase successiva.

ESEMPIO – 2° parte: prima di iniziare a visitare l’esposizione di autoveicoli mia moglie, mio figlio ancora adolescente
ed io ci sedemmo a parlare e stabilimmo quali sarebbero stati i nostri criteri nella scelta dell’auto da acquistare. Il mio
primo criterio era di natura finanziaria. Ci soffermammo su questo punto, cercando di definire quale era la cifra massima
che ci saremmo potuti permettere. Dapprima venne fuori una risposta, poi, dopo un ulteriore esame, stabilimmo la cifra
definitiva. Inoltre mia moglie voleva anche essere sicura che la visuale dal sedile di guida fosse buona, e non ci fossero
complicazioni per l’assistenza. Io aggiunsi altri due o tre criteri, come un’altezza da sedile a tetto che mi facesse stare
seduto comodamente e la necessità di economia di consumi e di assistenza tecnica. Nostro figlio ci ricordò che
avremmo dovuto tener conto dello spazio del sedile posteriore, che doveva essere abbastanza ampio da permettergli di
stendere le lunghe gambe. Successivamente concordammo anche che la vettura avrebbe dovuto essere di marca
svedese, tedesca o giapponese.

Capire le intenzioni di ciascuno

Questa fase ha per obiettivo il riconoscimento dell’intenzione positiva dietro le considerazioni individuali. Si verificano
spesso delle incomprensioni, dovute al fatto che la maniera in cui una persona può esprimere le proprie esigenze può
apparire minacciosa nei confronti di un’altra persona. Se le due persone riescono a retrocedere abbastanza, in modo da
poter scoprire quale sia l’intenzione positiva, allora il raggiungimento dell’accordo risulta ormai prossimo.

1. Stabilite una comunicazione diretta tra le persone, per quel che riguarda le considerazioni di ciascuno. In
questa fase l’obiettivo consiste nell’individuare quali siano le intenzioni positive che producono tali
considerazioni.

2. Riconoscete ed accettate l’intenzione positiva sottesa ad ogni considerazione. Accertatevi che sia coerente.
Una volta che questa sarà stata accettata sarà poi possibile prendere in esame anche altri modi per soddisfare
detta intenzione, diversi da quelli suggeriti inizialmente dalla persona stessa. Il principio è proprio questo:
‘Prima la comprensione, poi la creatività’.
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ESEMPIO – 3° parte: per quel che mi riguarda nell’acquisto della vettura era strettamente importante che il costo non
superasse la cifra inizialmente da noi stabilità. Mia moglie, invece, mostrò una certa tendenza ad aumentare di un po’ la
cifra stabilita.

Un altro esempio di comprensione delle intenzioni fu il suo desiderio di avere a disposizione un servizio di assistenza
capillare. Io viaggio molto, mentre mia moglie resta prevalentemente in città. Ciò significava che, con tutta probabilità,
avrebbe dovuto essere lei ad occuparsi dell’assistenza del veicolo, e considerando il gran numero di impegni quotidiani,
desiderava poter disporre del servizio il più rapidamente possibile. Questo voleva dire che avrei dovuto rinunciare alla
mia idea che non importava se non era possibile reperire facilmente un punto vendita, purché il nostro fornitore fosse di
fiducia e potesse garantire un buon servizio.La stessa cosa avvenne per la necessità di mio figlio di avere a
disposizione spazio sufficiente sul sedile posteriore. Questo per lui era un criterio molto importante, dato che entrava in
gioco la sia comodità. Il che significava che io dovevo veramente tenere conto di questa necessità, in quanto sapevo
che c’era una parte di me che desiderava un modello di automobile in cui lo spazio del sedile posteriore veniva ridotto al
minimo.
L’essenza di questo processo è: “Se qualcuno di noi avesse avvertito che le proprie esigenze, così come erano state
percepite, non venivano soddisfatte, le sensazioni negative avrebbero influenzato il nostro atteggiamento al momento
dell’acquisto della macchina… e al momento di adoperarla”.
L’effetto a lungo termine sarebbe stato controproducente, anche qualora i criteri individuali di uno di noi fossero stati
soddisfatti.

Negoziare all’interno del quadro accordo

A questo punto vi siete accordati di mettervi d’accordo, ed avete raggiunto la comprensione sia delle considerazioni che
delle intenzioni positive dell’altra persona. Quale punto di riferimento ci troviamo al momento in cui entrambe le persone
si sentono comprese del tutto. Se così non fosse occorre fare un passo indietro, fino alla fase precedente, per arrivare a
scoprire quali intenzioni positive si celino dietro l’esigenza dell’altra persona. La mancanza di comprensione di queste
intenzioni costituirà, in seguito, fonte di problemi che invece possono essere prevenuti ora.
Giunti a questo punto la domanda chiave della negoziazione è: “Ora che siamo d’accordo, come possiamo trovare delle
soluzioni soddisfacenti per ognuno di noi?”.

1. Ricorrete alle risorse necessarie che vi consentiranno di trovare la soluzione. Si può trattare sia di risorse
interne che di risorse esterne. Un esempio di risorsa interna può essere il ricordo di una volta in cui,
individualmente o insieme ad altri, siete riusciti a trovare una soluzione creativa. La strategia impiegata in
quell’occasione può costituire la risorsa per la situazione presente. Invece una risorsa esterna può essere
costituita da fatti e da cifre, oppure può essere un’altra persona in grado di fornire le informazioni o le abilità
pertinenti del caso, o ancora si può trattare di risorse materiali che permettano di raggiungere il risultato voluto.

2. In ogni fase occorrerà tenere l’attenzione continuamente concentrata sull’accordo. Anche se nel corso del
processo non ho fatto specifico riferimento all’accordo, tutto ciò che si fa è su questo che si fonda. Nel
momento in cui ricorrete alle risorse sapete già di possederne almeno una, proprio per il fatto di aver raggiunto
in altre occasioni degli accordi. Anche il ripercorrere il processo che avete appena compiuto costituisce un
modo efficace per rafforzare l’accordo raggiunto. Ogni ‘sì’ scaturito dall’accordo rappresenta una carica
supplementare per il rapporto. Al contrario ogni ‘no’ che non sia stato preso in considerazione riduce questa
carica. Perciò la ricerca di gruppi di piccoli accordi rende più facile l’intero processo.
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ESEMPIO – 4° parte: Avevamo in tal modo definito la strategia di raccolta delle informazioni relative alle varie vetture.
La nostra prima selezione avvenne attraverso il prezzo. Successivamente, osservando le vetture da noi selezionate, ci
chiedemmo: “Questa macchina costituisce l’espressione di noi come famiglia?” Se la risposta era “No”, allora sapevamo
che potevamo passare ad un altro modello.
Questa strategia costituita dalla verifica dell’auto attraverso questo interrogativo e dalla sensazione che ne ricevevamo
come espressione della nostra famiglia, rappresentava una risorsa. L’avevamo desunta da esperienze precedenti con
decisioni prese in merito ad altri aspetti della nostra vita. Ciò rese più rapida l’operazione di eliminazione della nostra
fascia di selezione di un gran numero di vetture. Passando da una macchina esposta all’altra, ci comportammo in base
ai criteri già definiti. C’era un’auto, di costo appena superiore a quanto da noi determinato, e mia moglie la guardava
con desiderio, ma la scartò, il che produsse in me una forte risposta positiva, rafforzando la sensazione che eravamo
tutti d’accordo. Lo stesso avvenne ogni qualvolta ci rendevamo conto che qualcuno dei criteri stabiliti non era
soddisfatto: e quella vettura non sarebbe stata presa in considerazione, fino a quando non avessimo raccolto tutte le
informazioni che ci servivano.

Verifica dell’accordo definitivo sull’obiettivo prestabilito

L’obiettivo ultimo, nello stabilire un rapporto di collaborazione, è quello di funzionare bene ed efficacemente insieme.
Invece, la linea di base è cosa si può ottenere attraverso il processo di negoziazione. Possono venire attuati dei risultati
soddisfacenti? La verifica finale, prima di intraprendere l’Azione, è la coerenza dell’accordo. Se entrambe le parti sono
d’accordo senza che vi sia obiezione alcuna da parte di nessuna delle due, allora si è pronti a dedicare tutte le proprie
energie alla realizzazione di ciò che, insieme, si desidera. Quando questo si verifica, la sensazione che ne deriva è
stupenda, come stupendi sono i risultati!

1. Osservate ed ascoltate attentamente le altre persone al momento della discussione sull’accordo finale. Dalle
sensazioni che provate, saprete quando queste persone si saranno conformate all’accordo così raggiunto. Non
vi sarà alcuna nota stonata nella voce. Non vi sarà squilibrio nei loro movimenti, nei loro gesti o nelle loro
espressioni.

2. Osservate, ascoltate e sentite se dentro di voi esiste anche solo una minima parte che ha delle obiezioni da
sollevare relativamente all’accordo definitivo. A volte può trattarsi di una piccolissima obiezione, ma che
tuttavia contiene delle valide informazioni. Prestatele attenzione, fatela venire fuori, scoprite il suo messaggio e
prendetelo in considerazione prima di passare all’accordo definitivo. In tal modo vi assicurerete un rapporto
che funzionerà sempre, senza ostacoli.

ESEMPIO – 5° parte: Dopo aver raccolto tutte le informazioni, e dopo aver visto tutte le vetture che potevano costituire
una possibile scelta, discutemmo per raggiungere una decisione definitiva. Mia moglie mi chiese come avrei fatto a
sapere quando avrei trovato la macchina giusta. Le risposi: “Dirò: Eccola!’ nel momento in cui sentirò che è proprio
quella. E vedrò, e avrò la sensazione che anche tu dici la stessa cosa. Avrai un aspetto e un tono di voce particolari,
che mi indicheranno che sei completamente d’accordo”. Mio figlio si mise a ridere perché sapeva con esattezza a che
aspetto e a che tono di voce io mi stessi riferendo.
Decidemmo di tornare indietro e di provare un’ulteriore ‘emozione’ davanti alle tre possibili scelte finali. (Altro esempio
di strategia di risorsa). Così facemmo, e, seduti nella terza vettura, ci chiedemmo: “Quale di queste esprime la nostra
famiglia, in questo momento della nostra vita?”.
Parlammo per un po’ di un’altra macchina, ma non a caso alla fine fummo d’accordo che l’auto su cui ci trovavamo
seduti era proprio quella che avremmo scelto. Lo sentivo, ed inoltre vidi l’espressione del viso di mia moglie, ed udii
qual era il suo tono di voce. Sapevamo di aver trovato ciò che cercavamo.
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Proiezione nel futuro delle conclusioni dell’azione

Una volta raggiunta la conclusione, occorrerà agire in base a questa. Si tratta di una fase essenziale, in quanto essa
rafforza il processo appena seguito, confermandone la validità, sia per voi stessi che per gli altri. Il mio consiglio è di
procedere per piccoli gradi, il più velocemente possibile, per poi passare a qualsiasi altro passo necessario.

1. decidete quale sarà la prima azione che concretamente intraprenderete. Inoltre stabilite un paio di quelle che
saranno le azioni successive, qualsiasi esse siano, in una sequenza adeguata cui bisognerà conformarsi.

2. Realizzare la prima azione e se necessario utilizzatela per modificare, eventualmente, il processo che
seguirete per raggiungere il vostro obiettivo.

ESEMPIO – Ultima parte: La nostra prima azione fu quella di dirci a vicenda: “Abbiamo scelto la nostra macchina!”. Ciò
fu confermato quando uscimmo e salimmo sull’auto che a quell’epoca possedevamo. Nel salire mia moglie affermò:
“Questa qui non ci somiglia proprio.” Dovetti dichiararmi d’accordo, e così fece mio figlio. Lungo la strada del ritorno a
casa continuavamo a parlare della nostra nuova auto, quasi che ci fossimo già sopra.
Successivamente discutemmo per decidere a quale concessionario ci saremmo dovuti rivolgere, usando il criterio della
vicinanza come base per la nostra decisione. Su questo punto dovetti rafforzare l’impegno che avevo assunto di
attenermi all’accordo originale, dato che ciò che mi stava a cuore era la fiducia che il concessionario scelto e la sua
assistenza avrebbero potuto ispirarmi.
Il giorno successivo telefonai ad altri concessionari per avere una verifica incrociata delle informazioni che avevo a
disposizione riguardo alla macchina. Poi telefonai al concessionario più vicino. Gli dissi che avevamo deciso di
acquistare quella determinata auto, e gli domandai di fornirmi alcuni particolari in merito alle condizioni di vendita. Egli
mi rispose: “Venga da me, e possiamo far tutto anche subito”. Così quel pomeriggio stesso ci recammo da lui, e
acquistammo la nostra automobile. Prima che il pomeriggio finisse eravamo già nella nostra nuova auto, compiaciuti
non solo per la macchina ma anche per come l’avevamo scelta.

Il Modello Semplice – Conclusioni

La funzione del modello semplice è quella di chiarire gli obiettivi generali utili nello stabilire i rapporti di collaborazione.
Gli esempi citati mettono in luce alcune delle caratteristiche più interessanti di questo modello.
Tuttavia, come avviene per tutti i modelli, molto è stato tralasciato. Per un generale riesame, vediamo di tornare indietro
per rivivere gli obiettivi principali nell’ambito del Modello Semplice:

1. Definizione del quadro-accordo;


2. Identificazione dei fattori implicati;
3. Comprensione delle intenzioni di ciascuno;
4. Negoziazione nell’abito del quadro-accordo;
5. Verifica dell’accordo finale sull’obiettivo da raggiungere;
6. Proiezione nel futuro delle conclusioni, attraverso la realizzazione dell’azione.

Come già è stato detto, questo modello può rivelarsi utile sia per i gruppi che per voi stessi, o per un’altra persona.
Riguardo alle altre due possibilità, potrà tornare utile qualche esempio.
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1° ESEMPIO: Il gruppo dirigente di una società finanziariamente solida e in via di espansione. Tutti gli appartenenti al
gruppo espressero la loro soddisfazione per il lavoro svolto per l’andamento della società. I problemi esistenti vennero
espressi attraverso una relazione che risultò contenere una serie di ‘ingiurie’ relativamente ai processi di comunicazione
all’interno del gruppo. Raccogliendo le informazioni il consulente si rese conto del fatto che contribuissero a tale
problema modi diversi di percepire le cose.
Il Direttore Generale comprese l’importanza che rivestiva l’espressione delle informazioni necessarie a risolvere i
potenziali conflitti, in modo che fosse assicurato un alto livello di produzione. Una persona, in particolare, esaminando il
problema e la sua causa continuava a ripetere: “C’è tanto da lavorare, tante cose nuove da fare, e COSI’ POCO
TEMPO DA DEDICARCI L’UN L’ALTRO”. Altri membri del gruppo espressero la loro preoccupazione per il fatto che ci
si aspettasse tanto da loro, per la pressione esercitata dal fattore tempo, e per la mancanza di comunicazione tra i vari
uffici.
Il consulente ottenne l’accordo di tutto il gruppo sul fatto che per una buona comunicazione fosse necessario
riconoscere e prendere in considerazione, le esigenze di tutti i vari membri. Il problema essenziale da affrontare per
raggiungere l’accordo era: “avendo così poco tempo disponibile, la ‘comunicazione’ non rappresenterà una perdita di
tempo?” Il consulente ripropose lo stesso interrogativo in un altro contesto, chiedendo: “Come può questo gruppo
riuscire a stabilire una comunicazione ad alto livello, che renda il tempo che le viene dedicato persino più produttivo e
redditizio?”. Nella discussione che ebbe successivamente luogo, egli stabilì che la ‘comunicazione’ in un contesto simile
non era tanto da intendersi come il fatto di dover ascoltare le disgrazie o le diversità di opinioni degli altri, quanto
piuttosto arrivare al nocciolo delle loro intenzioni, comprenderle, ed agire sulla base di questa comprensione in modo da
poter ottenere dei buoni risultati.
Questa ristrutturazione fu di incoraggiamento per tutti i membri del gruppo, diventando la base dello svilupparsi
successivo delle loro discussioni. Risultò essere qualcosa da ricercare, rappresentò quel cambiamento che permise al
gruppo di procedere alle fasi successive, che avrebbero finito per dar luogo ai cambiamenti specifici di comportamento
nell’ambito del lavoro del gruppo stesso. Il cambiamento in questione comprendeva un maggior numero di contatti
informali tra il Direttore Generale ed i membri del gruppo, il riconoscimento della necessità di alcuni di loro di avere ‘più
tempo l’uno per l’altro’, ed un quadro di valutazione dei cambiamenti intervenuti che consentiva di verificare che questi
soddisfacessero delle specifiche esigenze.

2° ESEMPIO: Una donna, parlando di sé, affermava: “Dentro di me si sta combattendo una guerra”. Non riusciva ad
identificare quali fossero le parti specifiche responsabili di questo conflitto; così facendo uso della sua stessa metafora,
le domandai di ‘far sedere i due generali al tavolo della pace’. Ciò detto lei si mise a ridere, e si dichiarò disposta a farlo
una volta che fosse stata a casa.
Di fatto riuscì a far avvicinare le due parti per la negoziazione, il che produsse un cambiamento di notevole importanza
per lei. Le ‘parti? Presero una forma diversa, e divennero una ‘banda’ anziché due eserciti in battaglia. Lei divenne il
capo della banda, così che tutte le parti iniziarono a lavorare assieme, traendone un piacere molto maggiore. Il
comportamento da capobanda della signora si sviluppò anche nella sua vita privata.Questo primo passo le consentì di
ottenere in seguito un risultato più importante. Scoprì di non riuscire a fare a meno di rosicchiarsi le unghie, mentre la
contrario desiderava poter smettere. Così negoziò con quella parte che le stava comunicando per mezzo del
rosicchiarsi le unghie. Questa parte le riferì di essere estremamente nervosa e soprattutto in mezzo alle altre persone,
perciò doveva tenersi occupata con qualcosa (intenzione positiva). Un’altra parte, pur riconoscendo questa necessità,
desiderava invece poter esibire mani e unghie seducenti.
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Nella negoziazione la parte che si rosicchiava le unghie si dichiarò d’accordo a dedicarsi a qualcosa di diverso nelle
situazioni di ansia. Si assunse il compito di osservare i messaggi comportamentali inviati dagli altri. In seguito avrebbe
usato un modo per ricordare queste informazioni, associandole a dita diverse (In PNL questo viene chiamato
ancoraggio). In un secondo tempo la signora riuscì ad accedere di nuovo a rivedere quanto aveva osservato, toccando
le varie dita e ricordando la situazione specifica da lei osservata. Ogni determinato tocco era associato ad una specifica
situazione: in tal modo la parte che si rosicchiava le unghie aveva qualcosa da fare.

Tutte le abilità implicite negli esempi non sono comunque ovvie. Ciò nonostante ritengo che possiate fare uso delle
vostre abilità comunicative, così come gli obiettivi che vi ho illustrato. Nel corso del processo riuscirete a raffinare le
vostre percezioni, tenendo sempre a mente i risultati che desiderate raggiungere. Perseguendo nel modello potrete
interrogare quella parte di voi che è ‘curiosa di sapere come fare funzionare bene le cose’, per ottenere delle idee
creative riguardo l’uso del modello.

Il Modello Differenziato

In questo capitolo sposteremo leggermente il centro dell’attenzione. In precedenza ho fatto riferimento ad altre persone,
e al modo in cui queste abbiano fatto uso dei principi e dei processi della instaurazione dei rapporti di collaborazione. In
questo capitolo invece desidero rivolgere l’attenzione direttamente a voi.
Come ho precedentemente affermato, esistono già in voi numerose abilità per la comunicazione. Ora vi aiuterò ad
organizzare ciò che sapete fare, in modo da consentirvi di AGGIUNGERE DELLE DISTINZIONI AL MODELLO
SEMPLICE. Vi consiglio di leggere e di rileggere il modello semplice fino a che non lo sapete a fondo, e fino a che non
farete vostri i concetti espressi. Poter fare delle nuove distinzioni diventa importante se queste trovano poi una loro
collocazione.
Se siete pronti, continuo. Se invece non lo siete, prendetevi tutto il tempo necessario prima di iniziare questo nuovo
capitolo.

La costituzione del quadro accordo

Una delle abilità che già possedete è quella di ottenere dei ‘sì’. Ogni giorno, nella vostra esistenza, comunicate alle
persone in maniera che esse vi rispondano con dei ‘sì’. Domande semplici come: “Ti dispiacerebbe chiudere la porta?”,
“Potrei avere una tazza di caffè?” o “Che ore sono?” ottengono in risposta un sì, esplicito come nelle prime due
domande, o implicito come nella terza. Si tratta di una abilità utile per il raggiungimento dell’accordo… dal momento che
essere d’accordo significa dire di sì. Per questa ragione esercitatevi nello SCOPRIRE IN QUANTI MODI DIVERSI, ED
IN QUANTI CONTESTI DIVERSI, RIUSCITE A OTTENERE DELLE RISPOSTE ‘SI’.
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Peraltro anche voi, quotidianamente, rispondete ‘sì’ varie volte. Ogni ‘sì’ costituisce un tipo di accordo. Nell’instaurare
dei rapporti di collaborazione risulta vantaggioso avere una forte e chiara rappresentazione del come ci si senta quando
si è d’accordo. Proprio per questo troverete qui un aiuto per costituire quel tipo di rappresentazione per voi stessi.

1. Trovate un esempio di una volta in cui siete stati in accordo totale con qualcun altro.

a) Utilizzando la sensazione associata a tale ricordo, cercate di ritrovare altri esempi di momenti in cui
avete provato le medesime sensazioni. Ad ogni esempio trovato, rafforzate la sensazione.
b) Vi consiglio di designare la sensazione con un nome. Potrete darle dei nomi tipo ‘la sensazione
dell’accordo’. In questo processo la sensazione viene codificata a livello conscio, in modo che
risulterà poi più facile accedervi in un momento successivo, per poterla adoperare come riferimento
per futuri accordi.

2. Ripetete le stesse operazioni con una situazione di disaccordo. Riuscirete così a definire la distinzione tra
l’accordo e il disaccordo. Potrete in seguito sviluppare delle distinzioni via via più sottili, tra le diverse varietà di
accordo e di disaccordo.

3. Esercitatevi nell’individuare quando le persone con cui state comunicando sono d’accordo e quando invece
non lo sono. Verificate le vostre percezioni in modo da ricevere un feed-back. Potrete anche esercitarvi su voi
stessi, una volta che avrete appreso a comunicare con le parti interiori. Potrete imparare come interrogarvi in
merito alla natura precisa del vostro disaccordo oppure in merito al grado preciso del vostro accordo.

4. Costituitevi dei sistemi non verbali di accesso all’accordo. Il movimento di un sopracciglio al momento
opportuno, l’inflessione della voce che si alza alla fine di una frase, il rivolgervi a qualcuno con la mano aperta
(come a chieder: E tu che ne dici?”): tutte queste cose, adoperate con un’accurata scelta di tempo,
solleciteranno una risposta di questo tipo. Cercate di scoprire qual è il vostro personale vocabolario di ‘accesso
all’accordo’.

5. Nello stabilire l’accordo non bisogna mai sottovalutare la forza del ‘ricalco’, che avviene quando si sviluppa una
corrispondenza tra il vostro comportamento e quello dell’altra persona. Tale corrispondenza può assumere la
forma del ricalco dei comportamenti più sottili, come il ritmo della respirazione, i gesti minimi, oppure i ritmi, le
tonalità e il tempo della voce. Oppure lo si può avere ricalcando gli interessi rilevanti della conversazione, o le
attività preferite, oppure le aspettative e/o le necessità personali. Se ancora non lo sapete fare, provate per
una decina di minuti a ricalcare i comportamenti più sottili di una persona, ed osservate che cambiamento
avverrà nel rapporto!
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Identificazione dei fattori considerati

Le cose che per voi sono importanti troveranno la loro espressione nel comportamento. Man mano che la vostra
sensibilità nei confronti di voi stessi e degli altri aumenterà, sarete in grado di cogliere quegli indizi del comportamento
rilevanti che cosa sia importante. La capacità di identificare tali indizi risulterà di notevole aiuto nell’instaurazione dei
rapporti di collaborazione… dato che non sempre l’altra / le altre persona/e riconoscono questi indizi. Una volta che li
avrete individuati potete avere una comprensione molto più profonda degli altri, ottenendo in tal modo una
comunicazione più efficace.
Il significato della comunicazione NON lo si trova solo nelle parole. Piuttosto, il significato proviene da tutte le risposte
date alla comunicazione. Per questo motivo di fondamentale importanza risulteranno tutti quegli indizi comportamentali
inviati da una persona (o da una sua ‘parte?). In definitiva se un gruppo di lavoro, una coppia, o un individuo,
funzionano bene, in tutti i sensi, allora si può affermare che la comunicazione ha avuto successo. Se la comunicazione
funziona bene, nel senso che permette ad una azienda di realizzare profitti, oppure che consente ad una coppia di far
crescere bene i loro figli fino all’età in cui diventano autosufficienti, oppure che fa sì che l’individuo riesca nella vita MA
nel contempo provoca ulcere, criminalità o depressione, allora la comunicazione non ha avuto successo. Troppi
messaggi sono stati ignorati.
Ritengo che un rapporto di collaborazione si possa instaurare a qualsiasi livello di comunicazione: sia a livello di
processo che di contenuto, sia a livello conscio che inconscio, che al livello dell’armonia interiore. E, per i rapporti di
collaborazione, la considerazione di questi livelli viene per prima. Poi viene la considerazione per i fattori individuali
specifici.
Come si possono fare delle distinzioni più sottili nel riconoscimento di questi fattori?

1. Chiedete verbalmente ad un’altra persona o a voi stessi che cosa sia importante. Si tratta del punto di partenza
nella raccolta delle informazioni, pur riconoscendo l’esistenza di altri messaggi. Prendetene nota mentalmente
o per iscritto. Per ciascuno dei fattori considerati occorre specificare: “Come si fa a sapere quando sarà
soddisfatto questo criterio?”. Un altro modo di ottenere delle specificazioni è quello di scoprire: “Quale è la
vostra esperienza di riferimento che vi permette di sapere che quella determinata cosa è importante?”. Una
volta ottenuto il riferimento potrete anche avere una rappresentazione del modo in cui la persona (o voi stessi)
riconosce l’importanza di quel determinato criterio.

2. Al momento del feedback della comprensione dei fattori considerati da voi stessi o dall’altra/e persona/e,
potrete ottenere ulteriori informazioni al riguardo. Ogni nuova informazione dovrà essere esaminata in
rapporto alla sua ‘coerenza con il resto delle informazioni. Vorrei ricordare che per ‘coerenza’ si intende che
tutti i canali di comunicazione, sia verbali che non, trasmettono il loro accordo con il medesimo messaggio. Il
grado di coerenza della comunicazione dà la misura dell’accordo! Nel momento in cui vi rendete conto che
alcune parti sembrano in contraddizione tra loro, il vostro compito sarà quello di rendere esplicite queste
incoerenze, specificandone il messaggio. Una volta classificati tutti i messaggi, in modo che ciascuno trovi una
precisa collocazione, è possibile trovare delle soluzioni soddisfacenti per tutte le parti.
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Comprendere l’intenzione di ogni persona o di ogni parte

Usando questo modello nell’instaurare i rapporti di collaborazione, è interessante prendere in esame i parallelismi
esistenti tra i gruppi, le coppie e i soggetti singoli. Quando mi trovo a lavorare con un gruppo, spesso penso a questo
come se si trattasse di un organismo individuale, nel quale ogni persona costituisce una parte dell’insieme. Di
conseguenza posso rispondere al gruppo, strutturalmente, come si trattasse di una sola persona. Quando una parte
solleva un’obiezione, essa rappresenta un messaggio inviato DAL GRUPPO, non solo alla persona. Quando una parte
solleva un’obiezione, siamo di fronte ad un messaggio inviato da tutta la persona, non solo da una sua parte.
Riconosco che tutti i comportamenti si basano su un’intenzione positiva. A questo punto sarà necessario scoprire quale
sia l’intenzione (il che costituisce una forma di ‘frazionamento’ in direzione del generale) per poi riuscire a creare delle
nuove possibilità che possano soddisfare quella intenzione (‘frazionamento’ nel senso dello specifico). Vi troverete
molto spesso di fronte a soggetti aventi intenzioni di base assai simili, quali il bisogno di protezione, il desiderio di
piacere, di sentirsi a posto e di mantenere integra la loro immagine di sé stessi. Talvolta ci si trova di fronte a delle
intenzioni particolarissime e molto affascinanti. Per la instaurazione di rapporti di collaborazione sarà necessario
prendere in considerazione sia le intenzioni di base che quelle particolarissime.
Come si può sviluppare l’abilità di prendere in considerazione queste intenzioni?

1. Per sviluppare questa abilità il modello più importante che ho individuato è quello che io definisco
‘COMUNICARE CON LE PARTI’. Questo modello rappresenta l’essenza di tutte le variazioni della
ristrutturazione. Cominciate su voi stessi:

a) Specificate un comportamento, sensazione o pensiero che desiderate conoscere più


approfonditamente.
b) Identificate la parte che lo origina per mezzo del nome della sua manifestazione. (Es. La parte che ha
il singhiozzo, la parte curiosa, la parte che mi critica…ecc.) E’ importante dare un nome alla parte
poiché ciò rende più semplice richiamarla.
c) Salutate la parte chiamandola col suo nome. A questo punto, se prima non vi è mai capitato di farlo
consciamente, potrete incuriosirvi, dato che siamo di fronte ad un nuovo modo di rapportarsi a sé
stessi. Siate contenti di questo. Dopo aver salutato la parte, aspettate che questa vi risponda.
SICURAMENTE lo farà. Si potrà trattare di un’immagine, di una sensazione, di un odore, di un sapore
o persino di una risposta percepibile a livello uditivo. Se all’inizio non vi riesce di percepire questa
risposta continuate a salutare la parte fino a che non ci riuscirete. Molte persone restano stupefatte
per il fatto che veramente esse ottengono una risposta. Generalmente cerco di far comprendere a
queste persone che parlare alle parti è come parlare ad un buon amico. Di conseguenza è necessario
che le parti vengano trattate da amiche, in quanto (ed io stesso ne ho avuto la dimostrazione) queste
parti saranno buone con voi, nella misura in cui voi lo sarete con loro.
d) Ringraziate la parte per il fatto di essere presente. Adesso si fa interessante! Alcune persone che ce
l’hanno con sé stesse (si tratta della parte che provoca il comportamento disadattato) per nessuna
ragione al mondo desiderano ringraziare la parte per la sua presenza. Questo tipo di persone
tipicamente dichiarerà: “Ma guarda cosa mi sta facendo! Io voglio solo liberarmene”. Cercate di tenere
sotto controllo l’esigenza di condannare la parte, ma in modo molto delicato.

State ringraziando la parte PROPRIO PERCHE’ sta facendo il suo dovere, cioè sta comunicando con voi nell’unico
sistema che conosca. Sta attirando su di sé la vostra attenzione, come un bambino che piange, ma non per seccarvi.
La parte non è il comportamento, la sensazione o il pensiero.
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Essa è invece il punto di partenza del messaggio. Una volta attirata la vostra attenzione ed aver ottenuto la
comunicazione da parte vostra, scoprirete che ci mette tutta la sua buona volontà per collaborare con voi.

e) Siate grati alla parte. La gratitudine le è dovuta per la sua insistenza nel cercare di comunicare, nel
preoccuparsi tanto da desiderare il meglio per voi, e per la diligenza con cui svolge il proprio compito.
Ad ogni modo esprimetele a parole la vostra gratitudine, state riconoscendo il valore che questa parte
ha per voi. Ad ogni amico fa piacere essere riconosciuto ed apprezzato in quanto tale. Le parti non
differiscono dagli amici. Ed esistono prove inconfutabili che il desiderio di venire apprezzati e
compresi rappresenta una caratteristica universale.

Di solito le persone che incontrano delle difficoltà nell’applicazione di questo modello non dedicano abbastanza tempo
al ringraziamento e all’apprezzamento della parte. In altre parole state instaurando un rapporto con la parte. Lei
desidera sapere se si può fidare di voi per poter stabilire una buona comunicazione. Attraverso il ringraziamento e
l’apprezzamento aumenta il livello del rapporto e il suo approfondimento, il che vi consente di porre in atto dei contatti
migliori e più profondi con voi stessi… per non parlare poi dei miglioramenti apportati alla conoscenza che avete di voi.

f) Interrogate la parte. Ora siete pronti a raccogliere le informazioni! Per dare più forza al modello vi
consiglio di imparare la serie di domande che in PNL vengono chiamate il META-MODELLO. Queste
infatti possono costituire un notevole supporto per velocizzare e rendere più efficace la specificazione
dell’informazione, così da raggiungere una migliore comunicazione con le parti.

2. L’uso di questo modello vi fornirà l’esperienza del lavoro eseguito su di voi e su altri soggetti singoli. Il livello di
complessità successivo implica la generalizzazione del modello in direzione dei vostri rapporti con l’esterno e
con i gruppi. A questo livello si modifica il riconoscimento dei messaggi. Anziché provare una sensazione,
vedere un’immagine o sentire una voce a livello interiore, dovrete esercitarvi a sentire, vedere ed udire le
comunicazioni delle altre persone, in quanto messaggi.

In secondo luogo, è necessario che comprendiate che i comportamenti altrui costituiscono le espressioni delle loro
diverse parti! Il che sta a indicare che bisogna scoprire l’intenzione positiva che sta dietro il comportamento. Si tratta
comunque di una maniera per rendere più agevole la comunicazione, o per facilitare il raggiungimento degli obiettivi
posti nell’ambito del rapporto. Una volta comprese le intenzioni delle parti delle altre persone, diventerà molto più
semplice raggiungere l’accordo.
Infine, da parte vostra occorre un fermo impegno nell’attenervi a questo quadro, per quel che riguarda i comportamenti
altrui. Dato che la maggior parte delle persone non agisce in base a questi presupposti, gli altri tenderanno a far sì che
anche voi la pensiate come loro. Se il loro modo di pensare funziona, tanto meglio. Comunque, molto spesso non è
così, e allora sarà necessario che restiate fermi nella convinzione che comunicando in questo modo aumenterete il
valore dei vostri rapporti di collaborazione.
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La negoziazione all’interno del quadro accordo

Per il modello semplice avevo supposto che non vi fossero delle obiezioni da parte di nessuna delle persone (o parti).
Accade molto spesso che sussistano delle obiezioni, pur in presenza di accordo in merito al quadro della collaborazione
nell’ambito del rapporto. E ciò è abbastanza naturale. L’esperienza del mondo che ciascuno di noi si è fatto gli deriva da
dentro di sé, ed il modo in cui il mondo appare, i suoi odori, i suoi suoni, i suoi sapori, così come le sensazioni che
ispira, potranno variare da persona a persona come tra me e voi. Perciò sarà utile sapere come ci si deve comportare in
presenza di obiezioni. E’ come ricorrere alle risorse necessarie ad instaurare dei rapporti di collaborazione.
I rapporti di collaborazione ben riusciti sono quelli in cui sussiste l’accordo che tutte le parti VOLGIONO trovare la
strada per risolvere i problemi che insorgono, in modo da poter trarre tutti i vantaggi derivanti dal rapporto stesso. Si
tratta di un accordo realizzato non solo a livello di contenuto, ma anche a livello di processo. Si tratta dell’accordo in
merito al COME si dovrà procedere per riuscire, in modo da sentirsi felici e soddisfatti, e in merito al COSA si potrà
ricavare da una simile esperienza di successo, felicità e soddisfazione.

1. Estrinsecate le obiezioni necessarie a completare l’accordo. Questa fase presuppone che le persone
coinvolte abbiano già espresso i fattori da prendere in considerazione, e che ora, la comunicazione
avvenga RIGUARDO questi fattori. E’ a questo punto che le obiezioni vengono sollevate, il che è
proprio ciò che voi volete (sempre che esistano delle obiezioni). Se non vengono espresse a questo
punto, in un secondo momento potrebbero rappresentare un pericolo per l’accordo. Pertanto allorché
un’obiezione viene espressa, siate soddisfatti e grati, prendendo in considerazione la persona o la
parte che l’ha sollevata, per poter poi raccogliere le informazioni.

2. Ristrutturate le obiezioni. Per questo sono disponibili numerose tecniche, ed io vi consiglierei di


impararle tutte. Ne illustrerò alcune fondamentali che possono creare la flessibilità necessaria alla
realizzazione dei vostri rapporti di collaborazione.

a) Frazionate in direzione del generale. In altre parole aumentate le dimensioni del quadro
rendendo più generale ciò che invece è specifico. Qualcuno (o qualche parte) potrà avere
delle obiezioni relativamente ai costi di una campagna pubblicitaria, oppure per il fatto di
dover partecipare ad una festa o di dedicare del tempo all’apprendimento della
comunicazione con le parti. In questi casi la ristrutturazione potrebbe consistere nel far
osservare alla persona (o alla parte) che il costo della campagna pubblicitaria costituisce un
investimento che consentirà, in futuro, di trarre maggiori profitti; oppure che partecipando a
delle feste si ha modo di incrementare la propria vita sociale (anche se quella festa in
particolare non è molto interessante); o ancora che dedicando un po’ di tempo alla
comunicazione con le parti si potrà poi ridurre il tempo necessario per la raccolta di
informazioni. Essenzialmente lo schema è quello di prendere lo specifico per scoprire di
quale categoria costituisce un esempio. Dopo si tratta di usare questa categoria per definire
la ragione dell’accordo.

b) Frazionate verso lo specifico. Con questa tecnica si diminuiscono le dimensioni del quadro
rendendo più specifico ciò che invece è generale. Qualcuno (o qualche parte) potrà avere
delle obiezioni per il fatto di dover partecipare a tante riunioni, oppure per la poca cura
dedicata ai lavori domestici, oppure per la pressione che gli viene esercitata. Una risposta
potrebbe essere la specificazione delle riunioni cui non si vorrebbe prendere parte o in che
modo, specificamente i lavori domestici non sono eseguiti con la dovuta attenzione, o cosa o
chi, in specifico, provoca la pressione.
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Le risposte che si potranno ottenere saranno di questo tipo: la riunione del venerdì
pomeriggio impedisce a quella persona di andare a vedere il figlio giocare al pallone; il fatto
di lavare i piatti sempre il giorno dopo; o di credere che tutto il lavoro possa essere portato a
termine entro la fine della giornata.
Definendo queste specificazioni si può riuscire a trovare delle soluzioni, il che sarebbe
impossibile se ci si fosse arrestati alla generalizzazione.

c) Troverete dei precisi riferimenti relativamente al modo in cui possono venire realizzati altri tipi
di ristrutturazione nei libri “La Ristrutturazione” e “Programmazione Neurolinguistica” .

In questo contesto la ristrutturazione permette nuovamente l’allineamento delle vostre percezioni, in maniera da rendere
possibile l’accordo sui criteri attraverso cui raggiungere l’accordo. Una volta che questo vi sarà riuscito, potrete essere
creativi nello specificare le soluzioni che soddisfino i criteri. Se si prova a risolvere un problema quando le persone
diverse rappresentano soluzioni differenti, basate su differenti criteri, la situazione resterà caotica.

Verifica dell’accordo definitivo sull’obiettivo prestabilito

Si tratta della fase più delicata, in quanto essa determina il grado del successo delle vostre negoziazioni. Per ‘coerenza
dell’accordo’ si intende che tutte le parti, a questo livello della negoziazione siano d’accordo. Tutto ciò che non rientra
nello specifico ambito delle negoziazioni non è da considerare rilevante… a questo punto. Di nuovo, qui, si devono
affrontare dei livelli che tendono a creare confusione nelle persone. Confusione che, comunque, non è indispensabile.
E’ proprio su questo punto che il quadro accordo rivela tutta la sua utilità.
Una volta che sia stato specificato su che cosa si è d’accordo, si saprà anche che cosa NON è implicato.

E’ vero per tutti i rapporti che, separando e mantenendo separate le varie parti del rapporto, queste risulteranno poi più
facili da trattare. Nei rapporti di collaborazione tutte queste diverse parti vengono incluse in quell’abito più ampio che è
l’impiego a ‘collaborare affinché ciascuno possa migliorare’. Come risultato otterremo un miglioramento sia della
percezione della situazione in cui ci si trova, che della realtà esterna.

1. Come è già stato detto a proposito del modello semplice, tutti i segnali trasmessi da una persona costituiscono
degli indizi di accordo o disaccordo. E’ come quando, spiegando qualcosa a qualcuno, questi dichiara: “Sì, ho
capito”, e così sembra davvero, pur se permane la sensazione che vi sia qualcosa che non funziona. A quel
punto la persona in questione viene interrogata e si viene a scoprire che non ha capito proprio niente, e che si
è solamente nascosta con una maschera. Come si può osservare da questo esempio, al momento della
verifica dell’accordo è importante fare uso della consapevolezza della congruenza dell’accordo, a livello sia
conscio che inconscio.

2. Un altro dei fenomeni che si presentano al momento della verifica della congruenza dell’accordo è quello che
io definisco ‘gli stili di obiezione’. Persone distinte hanno distinti modi di obiettare. Abbiamo quello che
manifesta tutti i suoi dubbi man mano che si procede, cosicchè alla fine, quando non ha più dubbi da
manifestare, possiamo sapere di aver ottenuto il suo accordo. C’è invece quello che punta dritto alla sua meta,
ma è solo quando la può vedere distintamente che scopre di avere delle obiezioni. C’è poi quello che ha la
tendenza a non esprimere obiezioni durante la fase di negoziazione, per poi andarle a sollevare con qualcun
altro. Per i rapporti di collaborazione la chiave consiste nell’ottenere l’accordo relativamente al modo di trattare
le obiezioni. Se si conserva l’ambito delle negoziazioni aperto alle obiezioni, si potrà contribuire alla loro libera
espressione così che sarà poi possibile prenderle in esame durante la fase delle negoziazioni.
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Esistono anche tecniche ben precise che possono venire impiegate. Una di queste consiste nell’identificare a
livello conscio, e per tutti quelli che sono implicati, lo stile di obiettare di ciascuno. Così si potranno evitare le
sorprese. Un’altra tecnica consiste nel mettere in discussione la congruenza, in modo da contribuire alla
manifestazione delle obiezioni. Domande del tipo: “SEI SICURO?”, “Esiste QUALCHE parte di te che ha delle
obiezioni?” oppure “C’è mai stato un momento in cui HAI avuto delle obiezioni riguardo a qualcosa di simile a
ciò che stiamo trattando ora?” (Da cui si possono dedurre obiezioni eventuali riguardo alla situazione
presente). Una terza tecnica consiste nell’iniziare ad intraprendere le azioni scaturite dalla negoziazione per
scoprire, successivamente, quali sono le obiezioni risultanti (Che possono essere anche impiegate come
feedback delle negoziazioni). Si potrà adottare una qualsiasi di queste tecniche, quella più adeguata
all’applicazione per le necessità contingenti della situazione.

a) Scegliete una persona con la quale avete raggiunto l’accordo, e con la quale vi sentite a vostro agio.
RICORDATE un momento in cui, assieme a questa persona, avete deciso qualcosa. Che forma
avevano assunto, allora, le vostre obiezioni? Quando le avete manifestate? Che comportamento
avete avuto voi e l’altra persona riguardo a queste? Oppure FATELO ORA, con un amico. Percorrete
rapidamente tutto il processo del raggiungimento dell’accordo riguardo a qualcosa di specifico.
Individuate i momenti in cui avete delle obiezioni (sia di carattere fattuale che emotivo) e scoprite
come vi comportate di fronte ad esse…e come si comporta l’altra persona. Dato che lo scopo di
questo esercizio è di scoprire lo stile delle vostre obiezioni, potrete anche IMMAGINARE di eseguire
l’esercizio con qualcuno.

b) Usate il metodo di mettere in dubbio la congruenza. Fate un’affermazione riguardo qualcosa di


specifico, che voi ritenete fuori discussione. Rimettete tutto in discussione dubitando della
congruenza, per dare modo anche alla parte più piccola di voi, che ha qualcosa da obiettare in merito
a questa certezza, di esprimersi. E’ necessario considerare anche la più piccola parte, dato che
anche questa ha bisogno di essere ascoltata. Una precauzione: qualcuno potrà cacciarsi in un circolo
vizioso per il fatto di non essere mai completamente certo riguardo nessuna cosa. Per impedire ciò
esiste una tecnica che consiste nel porsi un limite di tempo, in questo modo: “Bene, allo scadere del
tempo mi impegnerò ad attenermi alla decisione migliore che avrò raggiunto, ENTRO quel temine”.
Per raffinare la decisione potrà essere impiegato il successivo feedback.

c) Questa fase è una conseguenza diretta della precedente. Passate all’azione basandovi sulle
conclusioni raggiunte tramite la negoziazione, e lasciate che le nuove considerazioni alimentino
FUTURE negoziazioni. Ricordate, i rapporti di collaborazioni non sono statici, ma avanzano e
progrediscono. Il raggiungimento dell’accordo e la negoziazione hanno per obiettivo quello di dare
origine alla dinamicità.
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Proiezione nel futuro delle conclusioni dell’azione

La proiezione nel futuro è il processo per cui i cambiamenti presenti vengono orientati nel futuro. Ciò può avvenire in
maniera formale che informale. Quando il processo viene realizzato in maniera formale, viene instaurata una strategia
di realizzazione dell’accordo nel futuro. Spesso questo si attua mediante la visualizzazione del contesto (o dei contesti)
futuro, accompagnata dalla ‘costruzione’ delle immagini che diventano in tal modo una precisa raffigurazione delle
aspettative della persona, seguita poi dalle sensazioni derivanti dal trovarsi nel contesto futuro, e dalla messa a fuoco
delle immagini sulla base di quanto risulta dalla sensazione di trovarcisi effettivamente dentro. (Per riferimenti specifici
al Generatore di Nuovi Comportamenti).
Quando invece la proiezione nel futuro viene attuata in maniera informale si fa fondamentalmente leva su di una
strategia di azione preesistente. Una volta concordata l’azione necessaria il procedimento diventa semplice quanto una
domanda del tipo: “Farai quella telefonata?”. Una risposta affermativa può essere sufficiente per porre fine alla
conversazione, dal momento che già si conosce che la persona farà la telefonata.

Ciò che cercate è ciò che trovate

La realizzazione dell’accordo, la negoziazione, e l’azione basata sulle conclusioni costituiscono dei processi che si
attuano nella vita di ognuno di noi molte volte al giorno. Il fatto che io mi sia concentrato sui rapporti di collaborazione
ha per scopo di dimostrare come si possano organizzare le abilità preesistenti dentro uno schema designato per la
instaurazione dei rapporti di collaborazione. Se farete attenzione regolarmente a queste distinzioni, potrete
SVILUPPARE DEI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE, in quanto CIO’ CHE CERCATE E’ CIO’ CHE CERCATE.
Mentre scrivevo questo opuscolo, ero completamente concentrato sui rapporti di collaborazione. Di conseguenza ho
avuto modo di osservare molte persone attraverso il filtro della ‘collaborazione’. Mi ha stupito il fatto di rendermi conto di
quanti, in modo del tutto naturale, selezionino le proprie esperienze per cercare la parte negativa… e riescono a trovarsi
d’accordo con altri, relativamente agli aspetti negativi della vita.
Sono arrivato alla conclusione che, stranamente, se una persona si aspetta che gli accada qualcosa di negativo, nel
momento in cui questa cosa negativa si verifica, la persona è soddisfatta. E’ come se si sentisse contenta nello scoprire
ciò che si aspettava di scoprire, anche qualora si tratti di qualcosa di negativo. E nessuna considerazione viene data
all’influenza che un comportamento simile può avere sugli altri.
Intrinseca nei rapporti di collaborazione è anche la scelta di ciò che vale la pena di ottenere!!!
Se si ricerca ciò che FUNZIONA nella vita così come nei rapporti, SI TROVA CIO’ CHE FUNZIONA. Recentemente mia
moglie ed io abbiamo scritto un articolo dal titolo: “So little Can Change So Much”, nel quale abbiamo raccontato la
storia di una coppia dove sia lui che lei avevano iniziato ad allontanarsi sempre di più, senza apparente motivo. Alla
moglie venne l’idea di fare qualcosa di diverso da ciò che normalmente avrebbe fatto. Propose che ognuno dei due
scrivesse ciò che pensava dell’altro. Il marito redasse una lunga lista di lamentele. Contemporaneamente la moglie
stava invece scrivendo : ‘Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo…’ . Allorché il marito lesse quanto era scritto sul foglio rimase
sorpreso dalla inaspettata piega che le cose avevano preso, cosa che modificava le sue aspettative. Ma, e questo è
ancora più importante, nell’osservarla vide qualcosa che aveva dimenticato di notare da anni. Quel qualcosa in lei che
lo aveva attratto quando si conobbero.
Dopo aver scritto questo articolo su questa coppia continuai a ricordarmi della storia. Era come se un seme fosse stato
piantato, un seme che dopo qualche giorno iniziò a dare i suoi frutti. Iniziai a lasciare bigliettini a mia moglie, in cui
scrivevo ‘Ti amo’. Li nascondevo in dei posti in cui lei non si sarebbe aspettata di trovarli. L’effetto fu istantaneo. Le
piacque moltissimo riceverli, e ciò costituì l’inizio di un piccolo rito. Lei prendeva il bigliettino, lo leggeva, sorrideva e
veniva a darmi un bacio. Dissi a me stesso: “Va bene, continuerò a farlo per qualche giorno ancora e poi basta”.
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Ma questi bigliettini si animarono di una loro ‘vita propria’. Cominciai a diventare creativo nel farli, aggiunsi dei disegnini
e cominciai a lasciarli in qualsiasi posto… sul suo registratore lasciai un disegno che rappresentava il registratore
stesso da cui fuoriuscivano le parole ‘Ti amo’; nei suoi stivali lasciai un disegno di piccole orme sulla neve sulle quali si
trovava il medesimo messaggio; sotto la sua lampada il disegno della stessa con le parole che assumevano la forma
del fascio di luce. Improvvisamente la nostra casa diventò piena di posti in cui poter lasciare dei bigliettini. Nel cesto del
pane, nella zuccheriera, nei suoi libri, nel suo cuscino, nelle tasche del suo cappotto, nel frigorifero ecc… Iniziai a
notare quali erano i posti in cui lei li avrebbe potuti trovare. Decisi poi di creare una serie di bigliettini il cui testo si
riferiva al ‘Giorno del Toccare Tuo Marito’, con brevi messaggi indicanti i vari modi in cui mi sarebbe piaciuto farmi
toccare da lei, e li lasciai in giro per casa. A modo loro diventarono un gioco divertente, Poi anche lei iniziò a lasciarmi
dei bigliettini in punti inaspettati.
Iniziammo ad imparare nuovi modi di comunicare, e mano a mano che li adottavamo scoprivamo delle nuove possibilità
di espansione per questo tipo di comunicazione. Ciò è vero anche per quel che riguarda l’instaurazione di rapporti di
collaborazione. O il rapporto cresce, oppure è destinato a deteriorarsi: non ci si può fermare. Se non c’è la spinta ad
andare avanti si fa marcia indietro. Ed io ritengo che ciò sia vero anche facendo riferimento agli accordi temporanei.
Dedicare delle energie ad avere qualcosa che ne vale la pena, come un rapporto di collaborazione, permette la
realizzazione di un’esperienza positiva, sia sul lavoro che a casa, che su voi stessi.
Ciò che cercate, è ciò che trovate. Se sono i rapporti di collaborazione che cercate, li troverete. Da qui deriva poi il
problema di come fare per instaurarli e conservarli. Se cercate tipi di rapporto diversi, li troverete. E’ proprio come per il
ragazzino con la sua bellissima mela. La decisione da lui presa di dividere la mela col suo amico è diventata
un’esperienza di riferimento per tutta la sua vita. E’ questo il principio dei rapporti di collaborazione. Esiste la possibilità
di scegliere come organizzare l’esperienza della vita quotidiana. E realmente questa scelta influenza tutta la vita.
Cercateli, e troverete i rapporti di collaborazione….ora.
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STATO PRESENTE......................................STATO DESIDERATO

Differenza tra una lamentela e un problema: la lamentela è del tipo "non mi piace questa cosa, così com'è"; in questo
caso non si può fare nulla perchè non c'è una direzione verso cui fare. Il problema invece ha un obiettivo, uno stato
desiderato, quindi una direzione.

Se si pensa al problema dallo S.P., se ne vedono principalmente i limiti. Lo S.D. contiene al suo interno anche le
soluzioni e chiarisce quali risorse si possiedono già e quali mancano. Include l'obiettivo, pur non coincidendovi
perfettamente, infatti è ciò che otteniamo. L'obiettivo ci serve per avere una direzione, ma difficilmente corrisponderà in
maniera totale e completa a ciò che otterremo.
Obiettivo e S.D. organizzano il nostro percorso.

L'obiettivo può essere definito come quello verbale, ben formato; lo S.D. è tutta la parte sensoriale che accompagna
l'obiettivo (la rappresentazione: come sarò, come starò ecc.); lo S. P. è quello in cui l'obiettivo non è ancora definito,
cioè quando il soggetto sta nel problema.

Pensare ad un problema stando all'interno dello S. P. non ci avvicina alla soluzione; spesso infatti ci poniamo un
obiettivo con le stesse limitazioni dello S. P. e così tendiamo a rimanere nello S. P. anzichè cogliere possibilità e
opportunità sviluppandoci verso il futuro.

Come sostiene Einstein, non si può risolvere un problema stando all'interno della stessa logica che l'ha generato: lo S.
D. è uno spazio "più grande" dello S.P. ed è da lì che dobbiamo pensare lo S.P. se vogliamo trovare soluzioni.

Uno Stato Desiderato ha tre condizioni primarie:

- è ben specificato dal punto di vista della neurologia (evidenze sensoriali)


- è ecologico (è facile e si adatta come un guanto)
- motivante (più è forte la motivazione, più direzionerà il nostro percorso)
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I NUCLEI PROFONDI DEL SE’ : CORE TRANSFORMATION

Non sarebbe bello vivere con un senso implicito di integrità e benessere, che le cose vadano bene o no nella nostra
vita?
E’ possibile sentirsi pieni di risorse anche quando tutto sembra andare a rotoli?

Spesso preferiamo allontanarci dalle parti di noi stessi che non ci piacciono; cerchiamo di scansare i sentimenti che non
vogliamo avere.
Il tipo di cambiamento che si opera giungendo alla scoperta dei nuclei profondi del sé significa aprirsi delicatamente
dall’interno: non si tratta di imporre a se stessi un’ennesima serie di norme inderogabili di comportamento né di pensare
a se stessi positivamente; si tratta di vivere sempre di più a partire da quel centro naturale che è veramente noi stessi.

Quando eseguiamo il processo di trasformazione profonda tutte le nostre parti vincono. Scopriamo gli scopi positivi più
reconditi che le nostre parti hanno in serbo per noi, e trasformiamo le parti che ci turbano in alleati interni. Se organizzo
la vita in modo che solo alcuni, ma non tutti, i miei obiettivi vengano perseguiti, le mie parti insoddisfatte finiranno per
interferire.
Scoprire l’obiettivo positivo di ogni parte è l’opposto di ciò che la maggior parte di noi fa: di solito combattiamo le
abitudini e le tendenze indesiderate. Il primo passo per comunicare con le parti consiste nell’imparare ad apprezzarle
per i risultati positivi che vogliono ottenere per noi.

Uno stato profondo è il livello interiore più profondo, interno, di ciò che le parti vogliono per noi.
Possiamo descrivere le cinque categorie di stati profondi:

1. l’essere: non mi vedo o penso a me, ma semplicemente sono, in pienezza e totalità, come esperienza diretta
2. la pace interiore: uno stato di calma centralità, quel posto calmo dentro il nostro cuore che possiamo
consultare ogni volta che la vita ci sorprende
3. l’amore: include tutto e tutti; travalica i confini all’interno di noi stessi e i confini tra le persone
4. lo star bene: trascende il giudizio, è il senso di star bene ad un livello profondo proprio come sono. E’ un senso
profondo di valore intrinseco
5. l’unicità: è come se nell’esperienza i confini personali svanissero; essere più di quanto si immagina; essere il
mondo, l’universo, se stessi e gli altri tutti assieme
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Le fasi della trasformazione profonda


1. Scegliere la parte con cui lavorare (quale sentimento, comportamento o reazione vorresti cambiare?);
sperimentarla, riceverla ed accoglierla

2. scoprire il suo scopo, il primo risultato desiderato (cosa vuoi quando sperimenti, agisci quel comportamento,
sentimento, reazione?)

3. scoprire il concatenamento del risultato: quando la parte ha ottenuto il risultato desiderato (del punto 2), cosa
vuole di ancor più importante? Continuando a chiedere, scopriamo obiettivi sempre più importanti e
meravigliosi all’interno dei nostri comportamenti (anche di quelli che non apprezziamo); le nostre limitazioni
sono di fatto il migliore tentativo della nostra parte di raggiungere un modo intenso di essere nel mondo che
chiamiamo stato profondo, cioè il risultato finale che la parte intende raggiungere e che emerge da questa
esplorazione.

4. lo stato profondo: raggiungere la sorgente interna, concedersi un momento per apprezzare questo stato. Lo
stato profondo è sempre uno stato interno che ha la qualità dell’essere, non dipende da nulla di esterno come il
fare, l’ottenere, il dare, il sapere. Si sperimenta indipendentemente dalle circostanze esterne (quando uno stato
profondo è presente, anche la mia collera sarà più chiara; la riconoscerò invece di perdere il controllo).
Quando si sperimenta uno stato profondo, è presente la sensazione di essersi imbattuti in qualcosa di molto
importante e intenso. Quando si raggiunge lo stato profondo, le risposte alle domande “cosa vuoi ancora?” non
vanno oltre o descrivono le conseguenze dell’avere lo stato profondo.

5. invertire il concatenamento del risultato con lo stato profondo, ripercorrendo a ritroso il cammino delle scoperte
fatte al punto 3, fino a trasformare il contesto originario (in che modo l’avere già questo certo stato profondo
come modo di essere trasforma l’esperienza del punto 1?). Invece di agire spinti dal bisogno o dalla
mancanza, agiamo spinti dalla pienezza. Quando facciamo sì che lo stato profondo trasformi ogni risultato
desiderato, permettiamo che la pienezza o la completezza si diffondano in tutte le sfere della vita di cui la
nostra parte si preoccupa. I risultati desiderati positivi si arricchiscono quando lo stato profondo è presente. Il
cambiamento viene dall’interno.

6. far crescere la parte, evolvendo nel tempo fino all’età attuale, con lo stato profondo fluente in ogni momento.
La vera trasformazione si ha quando abbiamo pieno accesso agli stati profondi in tutto il corpo; quando
eseguiamo questo processo con parti che sono state separate da noi, le accogliamo nuovamente in noi e le
facciamo crescere. Ciò dà loro i vantaggi della nostra esperienza e saggezza in modo che siano integrate nella
pienezza di chi siamo. Come se le “liberassimo da un incantesimo” che le teneva prigioniere di un’età infantile,
consentendole di portare appieno lo stato profondo nell’esperienza quotidiana corrente.

7. portare la parte appieno nel corpo, osservando dove si situa per poter fluire pienamente in tutto il corpo. Molte
parti sono esterne o confinate in un’area ristretta del corpo; farle rientrare facilita l’accesso agli stati profondi.
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8. invertire il concatenamento dei risultati con la parte cresciuta. Questa fase arricchisce l’esperienza di come lo
stato profondo influenza in modo naturale e automatico la nostra vita quotidiana. Quando abbiamo lo stato
profondo e lo accompagniamo attraverso i risultati desiderati, attraversiamo tutte le situazioni della vita a cui
questa parte fa riferimento.

9. cercare le parti antagonistiche, poiché è possibile che una o più parti si oppongano al fatto di avere ora lo stato
profondo come modo di essere nel mondo (ciascuna di queste parti attraverserà il percorso fatto finora)

10. generalizzazione della linea del tempo: questo processo aiuta ad ampliare lo stato profondo dando il modo di
essere in tutto il tempo, presente, passato, futuro. Ciò lenisce gli avvenimenti passati che ne abbiano necessità
e aiuta a far sì che gli stati profondi siano facilmente e automaticamente disponibili in molti tipi diversi di
situazioni future.

Da ultimo, il reimprinting della linea del tempo genitoriale può aiutare a:


• ampliare ulteriormente lo stato profondo
• estenderlo ai genitori e nonni interiori
• approfondire la generalizzazione della linea del tempo
• rendere duraturi e stabili i cambiamenti sperimentati

Ciò avviene dando gli stati profondi ai nostri nonni e attraverso loro ai nostri genitori, assorbendo gli stai profondi dai
genitori e vivendoli attraverso il tempo, radicando gli stati profondi e trasformando ciò che è accaduto… cambiando la
storia.

Quanto sopra descritto è una metafora, un modello, non una ricetta preconfezionata; è passibile di miglioramenti e
limature e non potrà mai sostituire un’esperienza diretta, un esercizio, il supporto di un docente.
Possiamo leggere I NUCLEI PROFONDI DEL SE’ di Andreas e Andreas, edito da Astrolabio nella collana “Cambiare se
stessi” e pensare che anche con ciò che leggiamo ci vuole rapport…ricalco e guida…per ottenere i risultati desiderati,
perché anche i libri hanno un’anima…
Dispensa Globale Master di PNLS

LETTURE DI

APPROFONDIMENTO

Sulla “Negoziazione”

è dedicato un capitolo di

“La ristrutturazione”

R. Bandler, J. Grinder,

Astrolabio – Roma 1983

Sui nuclei profondi potete leggere:

“I nuclei profondi del sé”

Connirae Andreas, Tamara Andreas

Astrolabio – Roma 1995

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