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RICHIAMI DI TERMODINAMICA DEI GAS

Prima di affrontare lo studio degli impianti a gas è utile richiamare alcune nozioni della termodinamica dei
gas.
Ci occupiamo di gas assimilabili a gas perfetti, in altre parole gas che soddisfano l’equazione di stato

pn - R T = 0 dove v = 1/r ed R è la costante del gas (diversa per ciascun gas)

R=
R Costante Universale
M Massa molecolare

La Costante Universale dei gas ha il valore di R= 1,986 kcal/kmol K = 8,314 kJ/kmol K.


Se il fluido è un gas perfetto, si ha

ìc p = c p0 + f (T )
ï
íc v = c v0 + f (T )
ï
î R = c p - c v = c p0 - c v 0
Un gas ideale è un gas perfetto per il quale cp e cv non variano neppure con la temperatura; nella pratica

rispondono a questo requisito i soli gas monoatomici. In genere, per il campo di temperature caratteristico

delle macchine in esame può porsi f(T) @ aT (approssimazione di Langen), oppure mediante forme
polinomiali che possono raggiungere, ai fini di precisioni molto elevate, anche il 5o o il 6o ordine.
Per l’aria, in condizioni di temperatura usuali (T < 1000 °C):

c p0 = 0,228 é kCal kg ° Cù
ëê ûú
c v0 = 0,159 é kCal kg ° Cù
ëê ûú
é ù
a = 0,36 ´ 10-4 ê kCal 2ú
ë kg ° C û

Si ricordi che per un gas perfetto si ha


du = c v (T )dT
dh = c p (T )dT
e quindi u ed h dipendono dal solo parametro temperatura.

Se la variazione di temperatura di una trasformazione termodinamica è sufficientemente contenuta, può


ammettersi cp e cv @ cost e questa trasformazione può identificarsi con una politropica
pn m = cost = p 0 n 0m
al variare di m si hanno tutti quei casi che nella tecnica maggiormente interessano; m è univocamente legato
a cp e cv , (che, ricordiamo, sono approssimate, per un gas, costanti nell’intervallo di temperatura della
trasformazione considerata):
cp - c
m=
cv - c
dove c è il calore specifico della politropica, anche questo costante.

Appunti di Macchine 55
v
Nei piani (p- ) e (T-S) si possono rappresentare le tipologie delle varie trasformazioni utili nel campo
delle macchine e degli impianti:

p T
m = 0 isobara m = 1 isoterma

m = ¥ isocora m = 1 isoterma (iperbole equilatera) m = k isoentropica


m = 0 isobara

m = k = cp/cv isoentropica m = ¥ isocora

v
S

Sappiamo, inoltre, che per il 1° principio della termodinamica

dQrev = TdS = pdv + cvdT = -vdp + cpdT

se si ha una trasformazione a volume costante (isocora):

dT T dT
dS = c v Þ S - S0 = òT c v ( T)
T 0 T
e se si ha una trasformazione a pressione costante, (isobara):

dT T dT
dS = c p Þ S - S0 = òT c p ( T)
T 0 T

Le due formule precedenti, per un gas ideale, cp = cost, cv = cost assumono le seguenti espressioni:
T T
per n º cost ® S - S0 = c v ln per p º cost ® S - S0 = c p ln
T0 T0

dQ TdS dT T
È evidente che c= = da cui = per cui nel piano (T-S),
dT dT dS c
essendo cp > cv, la pendenza dell’isobara è minore della pendenza dell’isocora; è opportuno evidenziare
che tutte le isobare nel piano (h-S) (ovvero (T-S)), in relazione a diverse trasformazioni termodinamiche di
un gas assimilabile ad un gas perfetto, possono ottenersi graficamente le une dalle altre traslando
rigidamente in direzione orizzontale (parallela all’asse delle S) una qualsiasi di tali curve. La famiglia delle
isobare, così come quella delle isocore, è una famiglia di curve CONGRUENTI.

a parità di Dt si hanno due stesse


isocora quantità di calore scambiato
T indipendentemente dalla pressione

T2

isobara
T1

S
IRA 56
Identico discorso può farsi per la famiglia delle isocore (tratteggiate in fig.); questo perchè cp nel 1° caso
e cv nel 2° sono funzioni della sola temperatura
calori scambiati a pressione ed a
dQp = cp dT, cp = cp(T) volume costante, rispettivamente;
dQv = cv dT, cv = cv(T) (nell’ipotesi di reversibilità)

In un impianto a gas possiamo avere a che fare con un gas puro (nel Compressore si ha esclusivamente
aria) ovvero con una miscela gassosa (nella Turbina si ha aria più gas combusti).
Nel caso di miscela gassosa dobbiamo scrivere

å m ihi (T ) å m iu i (T )
h (T ) = i
ed analogamente u (T ) = i

å mi å mi
i i

dove mi può essere la frazione in massa oppure la massa del singolo gas componete.

Analizziamo, ora, i processi di compressione e d’espansione di un gas.

Formuliamo l’ipotesi che in seno alla macchina il campo di temperatura sia sufficiente-mente contenuto
per approssimare il comportamento del gas perfetto con quello del gas ideale (Dt dell’ordine massimo di
poche centinaia di gradi, °C, cp, cv @ cost); si tratta cioè di confondere la sede limite con quella ideale;
all’interno di una macchina a fluido (operatrice o motrice) ciò è in generale verificato con discreta
approssimazione.
p Lc
IPOTESI DI GAS IDEALE : Ll = Ls
2 2’ adiabatica (reale)
p2

Dv = v r - v s
p1
adiabatica - 1
isoentropica

v
Lo stato termodinamico iniziale, NOTO, è quello relativo al punto 1 (inizio compressione), mentre 2
corrisponde alla compressione conclusa. La trasformazione 1-2’, adiabatica reale, può essere
approssimata con una politropica d’esponente opportuno.

L’equazione dell’energia in forma termica 1 è sempre

dQ + dL = dh + cdc +gdz (1)

nel caso di fluidi aeriformi il dEpot non è mai significativo; per quanto riguarda dEcin , esso è notevole se si fa
riferimento ad un singolo elemento (statore o rotore) di una turbomacchina, mentre, se si integra il termine
sull’intero compressore questo può ritenersi trascurabile; dQ può, infine, trascurarsi in quanto il processo è
assimilabile ad adiabatico.

L’equazione dell’energia in forma meccanica è sempre

dL = vdp + cdc + gdz + dLp (dLp = dQiI > 0) (1)

1
In termini di lavoro tecnico

Appunti di Macchine 57
Integrando l’equazione dell’energia, trascurando anche dEcin, per l’adiabatica reversibile e quindi
isoentropica si ha, in sede limite
L = Ll = h - h Nin forma termica
s 2 1
2
ovvero L = L = ò ndp Nin forma meccanica
s l 1
dove il pedice s sta per isentropico.

In sede reale, invece, per i due casi analoghi prececedenti si ha

L = h -h Nin forma termica


r 2' 1
2'
ed L = ò ndp + L Nin forma meccanica dove Lp è il lavoro passivo nel percorso da 1 a 2’.
r p
1

v
Nel piano (p- ) possiamo rappresentare come area il solo lavoro limite (il lavoro passivo non trova,
infatti, una sua rappresentazione) e, per questo motivo, adotteremo la rappresentazione della compressione
del fluido sul piano (T-S).
2 2
Possiamo scrivere Lr = ò v dp + ò Dv dp + Lp dove Dv = v
r
- vs a parità di p
1 1

ovvero Lr = Ll + Lc + Lp
dove Lc è il lavoro di controrecupero, dovuto alla maggiore dilatazione (vr > vs) del fluido in sede reale
rispetto a quella isoentropica.
Nell’integrale precedente è indifferente usare il simbolo 2 o 2’ perché la variazione di pressione è unica
(p2’ = p2).

( )
T2
Possiamo, inoltre, scrivere L = Ll = ò c p dT = c p T - T1
s T1
2

essendo dL = dh ed essendo, per un gas perfetto, dh = cpdT

( )
T2 '
quindi L = ò c p dT = c p T - T
r 2' 1
T1

NB. il cp medio tra T1 e T2 è molto simile al cp medio tra T1 e T2’ !

Analizziamo la medesima situazione nel piano (T-S)

T p2
area º lavoro Ls (= Ll) (lavoro isoentropico)
2’ p1
adiabatica
isoentropica 2 adiabatica reale
(assimilabile ad area º lavoro Lc (lavoro di controrecupero)
2* una politropica di
esponente
1 opportuno) 2'
dQ dQ iI
area º ò TdS , dS = +
1 T T

A B C S nella trasformazione
adiabatica reale (dQ = 0)
ì L s = Ll = Area ( A 2*2 B)
ï
í L c = Area (122' )
ï L = Q = Area ( B12' C)
î p iI

La rappresentazione delle trasformazioni termodinamiche sul piano (T-S) è, dunque, di grande utilità
poiché, sotto forma di area, è rappresentabile l’intero bilancio del lavoro.

IRA 58
Introduciamo, ora, il rendimento di compressione:
Ls
RENDIMENTO ADIABATICO o ISOENTROPICO had ( iabatico ) = hs( isoentropico ) =
Lr
A questo punto vediamo di calcolare la trasformazione, (1-2), adiabatica isoentropica, in sede limite:
partiamo dall’equazione dell’energia in forma termica dL = dh = cp dT

k -1 k -1
æ T2 ö c p æ T2 ö c p p1 éæ p 2 ö k ù
k p
é
æ p ö k ù
Ls = c p (T2 - T1 ) = c p T1 ç - 1÷ = T1Rç - 1÷ = êç ÷ ú
-1 = 1 êç ÷ 2
- 1ú
è T1 ø R è T1 ø c p - c v r1 êè p1 ø ú k - 1 r1 êè p1 ø ú
ë û ë û
k -1

æ T2 ö æ p 2 ö k
avendo usato l’equazione di Poisson2: çç ÷÷ = çç ÷÷ . per l’adiabatica isoentropica.
è T1 ø è p1 ø

Rimane da calcolare il lavoro lungo l’adiabatica reale, (1-2’); sempre partendo dall’equazione
dell’energia in forma termica, possiamo scrivere

c p p1 éæ p2 ö m ù é ù
m-1 m-1
æ T2' ö c p æ T2' ö ê ú k p 1êæ p ö m
Lr = c p (T2' - T1 ) = c p T1 ç - 1÷ = T1Rç - 1÷ = ç ÷ -1 = ç ÷ 2
- 1ú
è T1 ø R è T1 ø c p - c v r1 êè p1 ø ú k - 1 r1 êè p1 ø ú
ë û ë û
m
dove l’equazione di Poisson, applicata alla politropica pv = cost , ci consente di scrivere che

m-1
m m-1
p 2 æ r2 ö æ T2 ' ö æ r2 ö æ T2 ' ö æ p 2 ö m
=ç ÷ ; ç ÷ =ç ÷ ; ç ÷ =ç ÷
p1 è r1 ø è T1 ø è r1 ø è T1 ø è p1 ø
Possiamo, quindi, indicare l’espressione del rendimento precedentemente definito come:
k -1
æ p2 ö k
ç ÷ -1
Ls è p1 ø
had = =
L r æ ö mm-1
p
ç 2÷ -1
è p1 ø

dove il valore di k definisce il tipo di fluido ed il valore di m quantifica l’entità delle irreversibilità di 1a specie.

Se supponiamo di aver scelto un fluido e di effettuare una compressione, ci rendiamo conto che:

had non dipende solamente dal livello tecnologico della macchina ma, in maniera diretta, dal rapporto
manometrico di compressione; il suo valore numerico acquista significato nel senso indicato se e
solo se si fissa b = p2/p1.

Il rendimento politropico è invece definito come:


L pol. rev .
hpol =
Lr
se assumiamo come trasformazione reversibile di riferimento, anziché la adiabatica reversibile (isoentropica)
la politropica reversibile che approssima la trasformazione reale. Per il calcolo del lavoro politropico
reversibile conviene usare l’eq.ne dell’energia in forma meccanica (essendo qui Q ¹ 0, la forma termica
non è conveniente), ottenendo:

2
Simeon Denis POISSON, (1781,1840), matematico Francese.

Appunti di Macchine 59
p1 éæ p2 ö m ù
m-1
p2
m
Lpol.rev. = ò v r dp = êç ÷ - 1ú
m - 1 r1 êçè p1 ÷ø ú
p1
ë û
e pertanto l’espressione di hpol sarà:
k -1 m
hpol =
k m -1
che non dipende dal rapporto di compressione b = p2/p1.

Mentre had è usato abitualmente nei calcoli ed ha un significato ingegneristico specifico, in quanto si
confronta il lavoro realmente speso con quello che si spenderebbe qualora la macchina, permanendo
adiabatica, operasse reversibilmente; hpol è, col suo valore numerico, quantitativamente indicativo del livello
tecnico-tecnologico della macchina, proprio in quanto non dipende da b ma soltanto – a parità di fluido,
cioè di K – dall’”andamento” delle irreversibilità, descritto da m.
Se poniamo in un grafico il rendimento adiabatico had otteniamo la figura seguente:

had hpol

hpol
had < hpol had
dove si vede che: lim had = hpol
b ®1

1 b = p2/p1

Studiamo, ora, l’espansione di un gas applicando le medesime considerazioni fatte per la


compressione.
Sul piano (p - v), si ha 1
p1
v
D
adiabatica reale
adiabatica
isoentropica
area di recupero
p2
2 2’
V = 1/r

Anche in questo caso non possiamo visualizzare il Lp. nel piano (p, v).

Eseguiamo l’analisi termodinamica, partendo dall’equazione dell’energia in forma termica, utilizzabile sia
nell’adiabatica reversibile (isoentropica) che in quella reale

dQ + dL = dh + cdc +gdz
mentre, in forma meccanica
dL = vdp + cdc + gdz + dLp (dLp = dQiI > 0)

dove gdz è trascurabile nel caso di aeriformi ed il termine cdc = dEcin può essere rilevante se
riferito ad un solo elemento dello Stadio, statore o rotore, ma se integrato sulla intera macchina può ritenersi
trascurabile.
Le precedenti, allo scopo di trattare con quantità positive, le possiamo scrivere
dL = dh
dL = ndp - dL p

IRA 60
e, integrando la prima, otteniamo:
T2
L s = Ll = h1 - h2 = ò c dT
p
T1
T 2'
L r = h1 - h2 ' = ò c dTp
T1
Utilizzando l’equazione dell’energia in forma meccanica, si ha
2
L s = Ll = ò ndp
1
e, quindi
2'
Lr = ò ndp - L p
1
Possiamo anche scrivere
2' 2 2

ò ndp = ò ndp + ò Dndp


1 1 1

dove Dv = vr - vs > 0

In definitiva, si ha L r = Ll + L R - L p ovvero: L r = Ll - ( L p - L R )
dove LR è il lavoro di recupero.
Il lavoro di recupero è dovuto, come avviene in una compressione, ad una maggiore dilatazione del
fluido in sede reale rispetto alla sede limite. Questo effetto rappresenta un vantaggio nel caso
dell’espansione ed uno svantaggio nel caso della compressione. Mentre nella compressione il lavoro di
controrecupero si viene ad aggiungere al lavoro passivo, nell’espansione tale lavoro rappresenta un
a
parziale recupero del lavoro perduto per le irreversibilità di 1 specie.

La situazione è ben evidenziata (in termini di aree T


rappresentative dei lavori considerati) sul piano (T-S)

Ll = Ls = Area ( A22* C) 1 2*

L r = Area ( B2' 2* C)
Si ha, infatti 2' 2’
2
L p = ò TdS = Area (12' BA)
1

L R = Area (122' )
S
A B C
Lr
Per una espansione in turbina possiamo definire il rendimento adiabatico ηad = ηs =
Ls

per valutare le espressioni dei lavori Lr, Ls, Lpol-rev , in valore assoluto, possiamo avvalerci delle equazioni
precedenti, ottenute nello studio della compressione, cambiando i segni al secondo membro:

é k -1
ù
2
é T ù cpk p1 æ p ö
ê1 - ç 2 ÷ ú
k
L s = h1 - h2 = ò c p dT = -c p (T2 - T1 ) = c p (T1 - T2 ) = RT1 ê1 - 2 ú =
R ë T1 û k - 1 r1 ê çè p1 ÷ø ú
1
êë ûú

Appunti di Macchine 61
k p1 é æ p2 ö m ù
m -1
2'
é T ù cp
ma anche Lr = h1 - h2' = ò c pdT = -c p (T2' - T1 ) = RT1 ê1 - 2' ú = ê1 - çç ÷÷ ú
R ë T û k - 1 r ê è p1 ø ú
1
1 1
ë û
m p1 éæ p2 ö m ù
m -1
p2
Lpol rev = ò v r dp = êçç ÷÷ - 1ú
m - 1 r1 êè p1 ø ú
p1
ë û

come si evince integrando vr dp secondo l’eq.ne della trasformazione: pv m = p1v1m = cost .


Anche l’espressione di Ls può ottenersi dall’equazione dell’energia in forma meccanica, integrando vs
dp secondo l’eq.ne della trasformazione: pv k = p1v k = cost .
1

m -1

æ p2 ö m
1 - çç ÷÷
p
Ricaviamo, quindi, l’espressione del rendimento adiabatico ηad = ηs = è 1 ø k-1
æp ö k
1 - çç 2 ÷÷
è p1 ø
Lr k m -1
e del rendimento politropico: ηpol = = .
L pol rev k -1 m

Per quanto riguarda l’utilità ed i significati di had ed hpol valgono considerazioni analoghe a
quelle già fatte a proposito della compressione.

Anche qui si ha: lim had = hpol essendo b = p2/p1 il rapporto manometrico di espansione.
b®1

Il grafico di had in funzione di 1/b è di seguito riportato:

had hpol
had
hpol
had > hpol

1 1/b = p1/p2

È evidente che in compressione è had < hpol e l’opposto avviene in espansione, ove è had > hpol :
nel primo caso il lavoro di controrecupero gioca a sfavore del rendimento adiabatico, nel secondo caso il
lavoro di recupero gioca invece a suo favore. Per tale motivo, in ordine a considerazioni puramente
termodinamiche (prescindendo da considerazioni fluidodinamiche, importantissime soprattutto quando
trattasi di turbomacchine) è molto più difficile comprimere che espandere un gas con
elevati rendimenti adiabatici.
a
Dopo questi richiami ai gas ci possiamo occupare di una 2 classe di impianti motori termici in grado
di sviluppare grandi potenze: gli impianti motori a gas.

IRA 62
IMPIANTI MOTORI A GAS
Analizziamo uno schema semplice di impianto a gas che, contrariamente a quanto accade per gli impianti
motori a vapore, è di uso corrente nelle pratiche applicazioni.

SCHEMA di IMPIANTO a GAS a CIRCUITO SEMPLICE

a) COMBUSTIONE INTERNA (circuito aperto) 3

C.C. (camera di combustione)

T utilizzatore
(alternatore)

C
tre elementi fondamentali
C; C.C.; T
compressore
turbina FLUIDO MOTORE:
ARIA/GAS COMBUSTI

b) COMBUSTIONE ESTERNA (circuito chiuso)

caldaia ad aria o riscaldamento dell’aria


SCAMBIATORE mediante combustione
S.C.
CALDO esterna

quattro elementi fondamentali


C C; S.C.; T; S.F.

FLUIDO MOTORE: ARIA od


SCAMBIATORE
altro gas
FREDDO

S.F.
H2O

Il 1° impianto, a parità di potenza installata, è più economico dal punto di vista costruttivo, innanzi tutto
perché presenta un elemento in meno, ovvero lo scambiatore freddo, le cui superfici di scambio sono molto
ampie. Nel 1° caso, tuttavia, la T elabora gas combusti, il che non avviene nel 2° impianto, dove il fluido
motore non è “inquinato” dai prodotti della combustione.

3
La quasi totalità degli impianti con turbina a gas sono a CIRCUITO APERTO cioè a COMBUSTIONE INTERNA.

Appunti di Macchine 63
Analizziamo l’evoluzione termodinamica del fluido nei due diversi impianti, riferendoci al piano (T, S).

p2
T p1
Q1 3
espansione
compressione
(aria + gas combusti)
(solo aria)
2
in sede limite il Ciclo (1234) è detto
4 di JOULE
1
Q2
S

È lecito considerare, in sede limite, il ciclo come se fosse percorso solo da aria ?

Ricordiamo che il rapporto pratico maria / mcomb è molto elevato (@ 50 ¸ 60) mentre il rapporto
stechiometrico è 14¸15, in altre parole lavoriamo con un notevolissimo eccesso di aria (dell’ordine del 250 ¸
300% !); i prodotti della combustione sono così ricchi d’aria che considerare, ai fini dei calcoli, il fluido che
evolve nella T dissimile da quello che evolve nel compressore è, pressocchè, insignificante, a meno che la
precisione richiesta dai calcoli non sia molto severa.

Sia in sede limite che ideale si può ritenere che l’impianto funzioni secondo il Ciclo Joule.
Mentre negli impianti a vapore si confronta sempre il ciclo reale con quello limite e non si parla mai di
ciclo ideale (in quanto il fluido, acqua, non può ritenersi neppure in prima approssimazione schematizzabile
con un gas), in un impianto a gas (che può ritenersi, almeno in prima approssimazione, un gas ideale) si può
fare riferimento anche al ciclo ideale. Il ciclo ideale assolve una funzione abbastanza interessante in quanto
con esso può confondersi il ciclo limite (avendo vantaggi operativi non indifferenti) senza errori macroscopici
di calcolo.
Analizziamo quali sono i limiti di questa approssimazione; in ambedue i casi non vi sono irreversibilità di
1a specie; nel caso ideale cp e cv sono costanti; nel caso limite questi si approssimano ad opportuni valori
medi (approssimazione entro certi limiti valida nell’ambito dei campi di temperature che si hanno negli
4
impianti termici ). Quest’ultima approssimazione non è molto accettabile negli impianti di generazione
recente dove t3 > 1000 °C, t4 @ 500 ¸ 600 °C, t1 @ 30 °C, t2 @ 300 °C perché l’escursione totale di
T nell’impianto intero è rilevante.
Nel caso di circuito chiuso abbiamo, inoltre, bisogno di sostituire la camera di combustione (dove si ha
un’alterazione della composizione chimica del fluido) con uno scambiatore a superfice; ciò comporta
modifiche a livello dei calcoli. Significa supporre che il ciclo sia percorso, anche in sede limite, dalla sola aria,
in altre parole non si ha variazione di composizione chimica del fluido motore.

Analizziamo, da un punto di vista termodinamico, questi impianti, dove il problema principale, ai fini della
precisione dei calcoli, è rappresentato dalla variabilità del cp. T 3

Facendo riferimento agli schemi precedenti b molto


consideriamo in primo luogo la sede limite, valida b molto alto piccolo
2
nei casi in esame, sia per il ciclo chiuso sia per L
quello aperto 4

4 S
Confondere la sede ideale con la sede limite comporta di ritenere il cp medio di turbina pari a quello del compressore.
Se tale approssimazione, che introduce inevitabilmente un errore, era valida per vecchi impianti (t 3 @ 650 °C), non lo è
più per gli impianti di attuale installazione (t 3 > 1000 °C); nella compressione si ha un DT @ 300 - 30 = 270 °C, mentre
nell’espansione si ha DTvecchio @ 650 - 500 = 150 °C, DTnuovo @ 1000 - 500 = 500 °C.

IRA 64
Q 2id L id
si può scrivere che hid = 1 - =
Q1id Q1id

Se consideriamo un Ciclo Ideale, con funzione di Ciclo di Riferimento nel piano (T-S), si può scrivere:
Q2id = h4 - h1 = c p (T4 - T1 )
Q1id = h3 - h2 = c p (T3 - T2 )
ed anche
Lid = Lavoro T - Lavoro C = (h - h ) - (h - h ) = Q id - Q id
3 4 2 1 1 2

In un Impianto Motore a gas il lavoro richiesto dal compressore non è trascurabile, a differenza di quanto
accade in un Impianto Motore a vapore, dove il lavoro assorbito dalle macchine operatrici (pompe) è, almeno
in prima approssimazione, trascurabile. Questo spiega i bassi rendimenti degli Impianti Motori a gas,
penalizzati dalla presenza del Compressore, rispetto ai rendimenti più elevati degli Impianti a vapore di tipo
avanzato.

Possiamo esprimere, in funzione dei parametri chiave dell’impianto,b = p2/p1, t = T3/T1, (dove b è il
rapporto di compressione e t quello delle temperature assolute massima/minima del ciclo), Q1id, Q2id ed Lid
e, ricordando che i dati del punto 1 corrispondono, in generale, alle condizioni ambientali, il rendimento
ideale del ciclo:
c p (T4 - T1 )
hid = 1 -
c p (T3 - T2 )
i due cp coincidono nel ciclo ideale in quanto, convenzionalmente, cp è costante; il che corrisponde a
considerare IDEALE il gas PERFETTO. In sede limite, invece, i valori medi dei cp sono diversi per i
diversi campi di temperatura ed è opportuno tenerne conto se si devono soddisfare esigenze di accuratezza
severe.

La formula precedente, moltiplicando e dividendo per T1 il numeratore ed il denominatore del 2° membro,


diventa:
æ T4 ö
ç - 1÷
èT ø
hid = 1 - 1
æ T3 T2 ö
ç - ÷
è T1 T1 ø
ponendo:
k -1
T2 æ p 2 ö k T4 T4 T3 t
=ç ÷ = be ed anche = × = e
T1 è p1 ø T1 T3 T1 b
risulta, infine:
t
-1
be æ t - be ö 1 1
hid = 1 - e = 1-
ç ÷ e = 1- e
t -b è t -b ø b
e
b
e, quindi, fissato b, indipendentemente da t, il ciclo assume un rendimento ben definito. Si intuisce che,
aumentando T3, l’effetto Carnot favorisce il ciclo, mentre l’effetto di molteplicità delle sorgenti lo penalizza e
nel complesso i due effetti si bilanciano, cosicché il rendimento del ciclo dipende solo da b e non da t.
hid
Possiamo porre in un grafico hid in funzione di b ed
ottenere una curva crescente e tendente ad 1. 1

Appunti di Macchine 65
1 b
Vediamo adesso l’andamento del lavoro specifico (ovvero del lavoro per unità di massa, area del ciclo in
sede Limite ovvero Lavoro Limite ottenibile dall’unità di massa di fluido evolvente)
Lid = Lid T - Lid C = Q1id - Q 2id = c p (T3 - T2 ) - c p (T4 - T1 )

introduciamo il lavoro normalizzato, (adimensionale) lid dividendo Lid per cpT1


L id T T T t
l id = = 3 - 2 - 4 + 1 = t - be - e + 1
c p T1 T1 T1 T1 b
per t = cost e, nel caso di aria, k = 1,38 ed e = 0,275 (assumendo per k un valore medio nel
campo di temperatura del ciclo)
ìïb = 1
l id = 0 í 1
ïîb = t e

Per il teorema di Rolle5, il lavoro del ciclo presenta, dunque, almeno un massimo relativo nel predetto
intervallo di variabilità di b.

Infatti, da

d æç L id ö÷
= -eb e-1 + teb-e-1 = 0 Þ be-1 = tb-e-1 Þ b2e = t
db çè c pT1 ÷ø

discende che
¶l id
(l id )max Û =0 per b=t
1
2e

¶b
che individua la condizione di massimo lavoro specifico.

hid , lid
Per b = 1 il ciclo degenera nella trasformazione 1- 4
hid
percorsa nei due sensi (area nulla º lavoro nullo di
compressione e di espansione); per b = t 1/e il ciclo 1
degenera nella sola trasformazione (1 – 2), anche essa
percorsa nei due sensi (calori Q1id e Q2 id nulli). Nel grafico lid
del rendimento ideale possiamo tracciare anche l’andamento di
lid per fare delle semplici considerazioni.
1 t 1/2e t 1/e b

Usando una scala logaritmica per l’ascissa b, il grafico lid risulta simmetrico:

hid

lg b/ lg t

0 1/2 e 1/e

5
Michel Rolle, (1652-1719), matematico francese.

IRA 66
Facciamo un esempio numerico con valori corrispondenti alla tecnica attuale:

se T1 = 300 K e T3 = 1.250 K, valore corrispondente a tecnologie dei materiali per alte temperature
abbastanza moderne ma non avanzatissime, cui corrisponde un t @ 4,2 ; per e = 0,275, si avrà un
massimo del lavoro specifico, (lid)max, per b @ 14, valore piuttosto elevato, giustificabile in sede limite,
mentre in sede reale, per impianti di recente generazione questo massimo si ottiene per b = 8 ¸ 10, come
in seguito si vedrà.
La scelta di b, in sede reale, sarà operata in modo da rispettare sia la condizione di massimo rendimento
sia quella di massimo lavoro specifico (valore di compromesso).

Analizziamo la sede reale ipotizzando (cp (medio 2-3) = cp23 @ cp (medio 4-1) = cp14).
Se si tiene conto dei notevolissimi eccessi d’aria in un impianto di questo tipo (impianto a combustione
interna) possiamo eseguire il bilancio termico relativo alla camera di combustione nel computo
approssimato:

Hi
Q1id = c p (T3 - T2 ) =
1+ a

dove Hi è il potere calorifico inferiore del combustibile ed a, rapporto in massa aria/combustibile, è fissato in
base alla temperatura massima, T3 , che si vuole raggiungere e si prefissa in sede di progetto.
Dalla precedente, assumendo un b = 9, una T3 = 1.250 K ed un Hi = 10.000 Kcal/kg @ 42.000
kJ/kg, di un comune gasolio, ricaviamo il dato che ci interessa, a @ 50 ¸ 55, ciò significa che per ogni kg
di combustibile si impiegano circa 55 kg di aria, allo scopo di limitare la T3 a circa 1.000 °C.
In un impianto a circuito aperto l’isobara (4 - 1) di chiusura del ciclo corrisponde ad un processo in
atmosfera libera; il calore Q2 equivale, quindi, alla differenza tra l’entalpia dei fumi scaricari nell’atmosfera e
quella dell’aria prelevata dall’atmosfera; il calore Q1 è, invece, direttamente legato alla quantità di
combustibile introdotta in camera di combustione, nell’unità di massa di aria. Nelle turbine a gas si riesce,
oggi, a realizzare una combustione pressochè perfetta; il potere calorifico inferiore (per definizione riferito ad
1 kg di combustibile) interessa (1 + a) kg di fluido costituito dai gas combusti. Ricordando che l’ a
stechiometrico è sempre circa 14 ¸ 15; questo dato conferma che operiamo con eccessi d’aria dell’ordine
del 250 % :
a - a stech
e = 100 ×
a stech
Passando ad analizzare la sede reale, possiamo confondere, accettando errori non trascurabili ma
neppure macroscopici, il rendimento limite hl con quello ideale:

hl » hid
T 3
stabilendo che cp è costante, ed opportuna-mente
scelto il suo valore medio, segue che k ed e sono
costanti. La portata massima evolvente è costante;
se le perdite di carico in camera di combustione 4’
2’
sono trascurabili, possiamo tracciare il diagramma 2
nel piano (T- S) come in figura e possiamo scrivere 4
che

Q1r = cp (T4’ -T1) 1


Q2r = cp (T3 - T2’)
S
ed anche che
Q 2r Lr Lr T - Lr C
hr = 1 - = =
Q1r Q1r Q1r

Appunti di Macchine 67
dove
Lr T = (h3 - h 4’) =cp (T3 - T4’)
Lr C = (h 2’ - h 1) =cp (T2’ - T1)

valutiamo i rendimenti adiabatici della turbina e del compressore:

LrT h -h c p (T3 - T4 ' )


(T3 - T4' )
hT = = 3 4'
= @
L limT h -h
3 4
c p (T3 - T4 ) (T3 - T4 )
L lim C h -h c (T - T1 ) (T2 - T1 )
hC = = 2 1
= p 2 @
Lr C h -h 2' 1
c p (T2 ' - T1 ) (T2 ' - T1 )

dove, con la notazione di comodo:


L idT @ Ll T @ L T
L idC @ Ll C @ L C
possiamo scrivere
L r T = hT c p (T3 - T4 )
c p (T2 - T1 )
L r C = 1 h × c p (T2 - T1 ) =
C hC
Ricordando il rendimento interno del ciclo, hi , ci conviene valutare il rendimento interno hi dell’impianto
e calcolare, hr come prodotto:
1
hr = hi × hl ricordando che hl » hid = 1 -
be
da cui
hr L r - L r Q1
hi = = ×T C

hl L T - L C Q1 r

dove
LT - LC Lr T - Lr C
hl = ed hr =
Q1 Q1r
e pertanto
Q1 c p ( T3 - T2 ) T3 - T2 T3 T1 - T2 T1 t - b e
= = = =
Q1r c p ( T3 - T2 ' ) T3 - T2 ' T3 T1 - T2 ' T1 T
t - 2'
T1
dato che
T2 - T1 T2 - T1 T2' be - 1
T2 ' - T1 = Þ T2 ' = T1 + Þ = 1+
hC hC T1 hC

in definitiva possiamo individuare una grandezza Q:


Q t - be
Q= 1 = >1
Q1r be - 1
t -1-
hC
che non riveste notevole importanza ai nostri fini essendo poco variabile (dell’ordine di 1,05).

IRA 68
Si ha anche:

Lr T - Lr C hT LT - LC hC 1 hChT LT - LC 1 hChT - LC LT 1 é 1 - hC hT ù
= = × = × = × ê1 -
LT - LC LT - LC hC LT - LC hC 1 - LC LT hC ë 1 - LC LT úû
dove possiamo valutare:
T2
L C c p (T2 - T1 ) T1 - 1 be - 1 be
= @ =
L T c p (T3 - T4 ) T3 - T4 t = t
T1 T1 t - b e

facendo un’approssimazione discutibile, soprattutto per impianti con t elevato, nel porre cp12 @ cp34 .

In questo modo hi può esprimersi in funzione dei soli parametri caratteristici dell’impianto
é ù
1 ê 1 - hC hT ú
hi = Q × ê1 - ú
hC ê be ú
êë 1-
t úû
be
questo risultato ci permette di affermare che hi > 0 (ovvero hr > 0) se hC hT > .
t
be
Se fosse hi < 0 , si avrebbe anche hr < 0 ovvero LrT < LrC ed al limite, se hC hT = , l’impianto
t
non produrrebbe più potenza utile perchè il lavoro prodotto dalla Turbina sarebbe completamente assorbito
dal Compressore.
be
Il conseguimento della diseguaglianza hC hT > ha impegnato per diversi decenni i tecnici che si
t
be
occupavano dello sviluppo industriale delle turbine a gas; si ottenevano rapporti particolarmente elevati
t
solo perchè si avevano valori bassi di t (@ 3,3); bisognava quindi diminuire b e, pertanto, si otteneva un
limitato lavoro specifico; si impegnavano quindi, per ottenere una certa potenza, enormi portate.
Negli anni ‘30 - ‘60 si è cercato essenzialmente di innalzare le prestazioni dell’impianto migliorando i
rendimenti della Turbina e, soprattutto, del Compressore (infatti è più facile espandere con elevato
rendimento adiabatico un fluido aeriforme che comprimerlo; è opportuno ricordare che per la compressione
Lr = Ls + Lc + Lp mentre per l’espansione ½Lr½= ½Ls½ - (Lp - LR).
Si assiste, allora, a seguito di sviluppi teorici e pratici (teoria alare, perfezionamento dei materiali
resistenti alle elevate temperature, ecc.) alla nascita del Compressore Assiale industriale, che sostituisce
quello centrifugo e lo soppianta, per le applicazioni che richiedono portate di fluido molto elevate, grazie alle
enormi portate smaltibili ed ai rendimenti prestigiosi conseguibili.

Attualmente si ha, per impianti di notevoli dimensioni e di tecnologia mediamente avanzata, t @ 4,3
(T3 = 1.000 °C) ed hC, hT @ 0,88 ¸ 0,90.

Calcoliamo, in sede reale, il lavoro

hC = hT c p (T3 - T4 ) - c p (T2 - T1 ) hC
LC
L r = L r T - L r C = hT L T -

Appunti di Macchine 69
e, quindi, il lavoro specifico normalizzato
æ T2 ö
ç - 1÷
L æT T ö è T1 ø æ t ö (b e - 1)
l r = r = hT ç 3 - 4 ÷ - = hT ç t - e ÷ -
c p T1 è T1 T1 ø hC è b ø hC
se fissiamo t ad un certo valore, imponendo:

¶l r
b = (thC hT )
1
=0 Û 2e
valore di b corrispondente al massimo lavoro specifico
¶b

Ricordiamo, per comodità di studio, il diagramma di hl e di ll al fine di confrontarlo con quello riferito
al ciclo reale

h l , ll h i , h r , h l , ll
hl
hl

1 1
hi

ll
hr
ll

1 @ 9 ¸ 10 @ 20 b
1 t 1/2e t 1/e b

é ù
æ 1ö Q ê 1 - hC hT ú
e ricordiamo anche che hr = hi hl : segue hr = ç 1 - e ÷ × ê1 - ú
è b ø hC ê be ú
1-
êë t úû
A questo punto è opportuno fare un esempio numerico, fissando le seguenti grandezze:

T1 = 300 K
T3 = 1250
. K (t = 4,17) che, sostituiti nelle formule
hC = 88 %
hT = 90 %
é ù
æ 1 ö Q ê 1 - hC hT ú ì h l = 0 , 447
h l = çç 1 - e ÷÷ ; h i = ê1 - ú consentono di ottenere í h r = 0 , 335
è b ø hC ê be ú î h i = 0 , 75
1-
ëê t ûú
sede limite che
Si ha, poi, in l l è max per b » 14 e hl è monotono crescente con b
mentre, in sede reale l r è max per b » 9 e hr è max per b » 18

La perdita di rendimento nel passaggio dal b per hr max al b per lr max non è molto elevata e ciò perché
la pendenza della curva di hr è, a cavallo del punto di massimo, molto modesta; ciò è importante perché il
tecnico deve scegliere il valore di b giungendo ad un compromesso tra due valori di b che sono molto
diversi tra loro.

IRA 70
In definitiva, il progettista sceglie un b molto più vicino a quello di massimo lr che a quello di massimo
hr , sia perché la perdita di rendimento è modesta sia perché il dimensionamento di un impianto
caratterizzato da un lr elevato è molto più economico. Se, infatti, il lavoro Lr è elevato, a parità di potenza Pr
di progetto da installare, la portata di fluido M sarà minore, essendo ovviamente:

Pr = M Lr
Ad una minore portata in massa corrisponderà un impianto di dimensioni più contenute e quindi meno
ingombrante, meno pesante e certamente più economico in termini di oneri di investimento.
Ricordiamo sempre che, per qualsiasi impianto motore e indipendentemente dal tipo (a vapore, a gas,
combinato, idraulico etc.), elevato hr significa conveniente economia di esercizio ed elevato lr significa
conveniente economia di investimento.
I moderni impianti a gas, sofisticati e di notevole potenza, hanno rendimenti intorno al 30%, ben inferiori
a quelli degli impianti a vapore con rigenerazione e doppio surriscalda-mento, che possono superare il 41%.
Il minore rendimento degli impianti a gas è, poi, aggravato, nel caso di impianti a circuito aperto6 dal
maggiore costo dei combustibili impiegati per salvaguardare la durata d’esercizio dell’impianto stesso; il
basso rendimento è dovuto, principalmente, all’elevata potenza consumata dal Compressore, potenza che
viene erogata dalla Turbina (contrariamente a quanto accade per le pompe presenti in un impianto a vapore
che richiedono solo alcuni % della potenza erogata dalla turbina).

Sul piano (T-S) consideriamo un esempio numerico per sottolineare questo ultimo aspetto.

3 p2 p1
I lavori reali della turbina e del compressore sono

L r T = c p (T3 - T4 ' ) = hT c p (T3 - T4 )


T

c p (T2 - T1 )
L r C = c p (T2 ' - T1 ) =
hC

se cp = 0,26 [Kcak /kg K], cv = 0,19 [Kcal/kg K] 4’


2 2’
e, quindi, k = cp/cv = 1,38, il rapporto tra i lavori del 4
Compressore e della Turbina sarà
1
Lr C S
2
= = 0,58
Lr T 4,88
ìT2 = 549 K
ï
se abbiamo adottato le seguenti temperature íT2' = 583 K
ïT = 762 K
î 4'
Si vede che il Compressore assorbe circa il 60% del lavoro prodotto dalla Turbina; così pure se si
considera il rapporto tra le potenze si vede anche che

Pr C M C Lr C
=
Pr T M T Lr T
dove, per un circuito chiuso MC / MT =1, mentre per uno aperto MC / MT = a / (a +1) @ 0,98.
Lr
C
In questo ultimo caso, pur avendosi un leggero “sconto” sul rapporto , tale rapporto rimane del
Lr
T
medesimo ordine di grandezza.

6
Ovvero a combustione interna. La camera di combustione e la turbina risentono degli effetti dannosi dei gas combusti, per la presenza del Vanadio.
Si tratta, quindi, di una scelta onerosa per quanto concerne i costi d’esercizio.

Appunti di Macchine 71
REGOLAZIONE DELLA POTENZA
Vediamo come sia possibile regolare la potenza erogata da un impianto a gas, limitandoci a considerare
gli impianti caratterizzati da utenze a giri costanti utilizzati, di solito, per la produzione di energia elettrica.

Consideriamo lo schema di un impianto a combustione interna

C.C. (camera di combustione)

U
C
n = cost
compressore
turbina

per regolare la potenza esistono due possibilità:

a) si può variare la portata di aria al Compressore (mantenendo costate la velocità di rotazione, perché
l’alternatore deve ruotare a velocità costante) in due modi:

1) strozzando con una valvola il flusso di aria aspirato dal compressore (causa di gravi perdite);

2) regolando, con tecnologie sofisticate, l’orientamento delle palettature statoriche (e talvolta


rotoriche) del Compressore (variazione del calettamento delle pale); con questo metodo,
contrariamente a quello del punto 1), si interviene sulla portata senza penalizzare in maniera
notevole il rendimento del Compressore.
Questo tipo di regolazione può applicarsi convenientemente durante i transitori di avviamento e di
spegnimento dell’impianto, ma non consente una regolazione di potenza con “range” di ampiezza
elevata, quali quelli richiesti spesso dalla rete esterna.

b) si può variare il rapporto aria/combustibile (a), mediante variazione della portata di combustibile
introdotta in camera di combustione mantenendo inalterata quella dell’aria al compressore.

È opportuno esaminare queste ipotesi sia nel piano (T-S) che in quello (h -S)

3 p2 3 p2
T h
P1
P1
3
3

4’ 4’
2 2’ 2 2’
4 4
4 4
1 1
S S
a seguito della regolazione b) si ha un abbassamento delle temperature T3 e T4 (che assumeranno i valori
T3 e T4 ) per l’espansione in turbina; evidentemente la riduzione della T4 è una conseguenza della
riduzione della T3 che comporta una riduzione del salto entalpico in Turbina, infatti (h 3 - h 4
) < (h 3 -h 4 );
tale riduzione si verifica ovviamente anche in sede reale.

IRA 72
Questo metodo di regolazione è estremamente semplice ed economico; tuttavia, il rendimento adiabatico
della turbina diminuirà perchè diminuirà la velocità c del fluido in ogni stadio della Turbina a seguito della
riduzione del salto entalpico (la velocità di rotazione della Turbina, invece, deve rimanere costante). Per
quanto concerne il compressore tutto rimane invariato.
La diminuzione del rendimento adiabatico della turbina, dovuta alla variazione del rapporto u/c1 (u =
velocità periferica della turbina, c1 = modulo della velocità del fluido all’ingresso nel rotore) comporterà una
riduzione del rendimento interno dell’impianto.
S.C.
Consideriamo, adesso, un impianto a
circuito chiuso, a combustione esterna
C T

compressore
ausiliario
n = cost

H2O S.F.

La regolazione della potenza, in un impianto di questo tipo, si presenta particolarmente interessante


perché, oltre a variare la portata di combustibile nel circuito esterno possiamo regolare la potenza erogata
variando (modulando) la portata del fluido motore che circola all’interno dell’impianto modificando la
pressione di base p1. Questa regolazione si effettua introducendo un compressore ausiliario, azionato da un
proprio motore, con il doppio compito di compensare le perdite di fluido attraverso le tenute dell’impianto e di
modulare nel contempo la pressione d’ingresso p1.

Sul piano (h - S) si avrà, semplicemente, una traslazione del ciclo (su un “binario” orizzontale) al variare
della p1 Notare il “comportamento” del ciclo in fase di
regolazione dell’impianto senza alterazione della sua
h b = cost
geometria

p1v1 = p1/r1 = RT1

M=rWc portata nell’impianto

modificando p1 varia proporzionalmente, a parità di T1,


p1’ r1 e, quindi, M ovvero la Potenza
p1
(le velocità non sono teoricamente alterate, poiché non
si modificano le temperature e quindi i salti entalpici)
S

Con questo tipo di regolazione la Turbina non subisce, teoricamente, perdite di rendimento in fase di
regolazione. La regolazione è, in altre parole, teoricamente a rendimento di impianto costante. Questo
metodo è, dunque, estremamente vantaggioso rispetto a quello che si otterrebbe agendo esclusivamente su
a: rimane inalterata la geometria del ciclo ovvero i salti entalpici e poichè non varia la velocità del fluido, si
mantengono costanti sia hT che hC . Il Rendimento del Ciclo rimane pertanto invariato.
Va aggiunto, tuttavia, che anche se la regolazione, attraverso a, degli impianti a circuito aperto non è una
regolazione a rendimento costante, la penalizzazione di rendimento non è di entità molto grave. Ciò è dovuto
al fatto che il compressore consuma circa il 60% della potenza prodotta dalla turbina; di conseguenza, per
regolare ad es. la potenza utile al 50% della potenza nominale, sarà sufficiente diminuire la potenza della
turbina (e quindi il suo salto entalpico) di un solo 15 ¸ 20%, il che non comporterà pesanti variazioni delle
velocità c1 del fluido e quindi dei rapporti u/c1 ottimali ai fini del rendimento della turbina (e quindi
dell’impianto).

Appunti di Macchine 73
VALUTAZIONE GLOBALE DEGLI IMPIANTI A GAS

Vantaggi degli impianti a circuito aperto:

1) assenza di acqua di raffreddamento (impianto anidro);


2) maggiore semplicità e minori costi di investimento (la camera di combustione è meno “delicata” e
costosa dello scambiatore caldo);

Vantaggi degli impianti a circuito chiuso:

1) migliore possibilità di regolazione della potenza (a rendimento costante);

2) poiché la combustione è esterna gli organi dell’impianto (in particolare la Turbina) non sono soggetti
ad azioni chimiche corrosive (minori costi di esercizio e manutenzione);

3) il combustibile può essere meno pregiato, e quindi meno costoso, in quanto i gas combusti non
investono il circuito percorso dal fluido motore (combustione esterna);

4) l’impianto a circuito chiuso, in quanto tale, può essere realizzato per funzionare con gas alternativi
(anche costosi) all’aria: ad es. si possono usare gas triatomici, come CO2, nell’intento di elevare – a
parità di temperature del ciclo – il lavoro specifico grazie al maggiore cp del gas; oppure si può usare
un gas monoatomico, caratterizzato da K e quindi e più elevato, a favore di un maggior rendimento
dell’impianto.

Il 1° tipo d’impianto ha conseguito un vero e proprio decollo industriale; il 2° tipo è invece poco
impiegato, e limitatamente a impianti di piccola potenza, perché i costi di realizzazione sono molto elevati ma
anche per motivi dovuti alle tradizioni industriali del settore.

La potenza di un impianto a gas si può indicare come P = M×DHutile


in particolare
1
P @ M × (DH )Tr - M × (DH )C r = M × (DH )Ts hT - M × (DH )C s ×
hC
mentre in un impianto a vapore, se si trascura la potenza assorbita dalle P.A. e P.E.

P @ M × (DH )Tr = M × (DH )Ts hT


A parità di portata il rapporto tra le potenze installate è dato dal rapporto dei DH che possiamo esprimere
approssimativamente con:

DH = cp DT
c p vap 1
ricordando che @ =2 e, tenendo conto che solo il 40% della potenza della
c p aria 0,5
Turbina a gas è utilizzata dall’alternatore perchè il 60% viene assorbito dal Compressore, possiamo scrivere

Pgas
= 0,5 ´ 0,4 = 0,2
Pvap
che giustifica come le taglie dei grandi impianti a vapore sono ordinariamente dell’ordine dei 600¸1000
MW mentre quelle delle turbine a gas sono ordinariamente dell’ordine dei 110¸220 MW.

IRA 74
IMPIANTI COMBINATI
Da diversi decenni si studiano impianti di potenza di tipo combinato, nei quali si utilizza il calore di scarico
di un impianto, disponibile a temperatura sufficientemente elevata per essere sfruttato, per alimentare un
impianto sottoposto. Si hanno, cioè, due impianti tra loro termicamente connessi. Astraendo, per ora,
dall’effettiva costituzione, possiamo schematizzare un impianto combinato nel seguente modo, dove con j
si intendono le potenze termiche:

j 1'
impianto I
(Sovrapposto)
I
j '2
j 1" impianto II
(Sottoposto)
II

j "2
Gli impianti combinati possono essere di due tipologie diverse a) e b):

a) se j 2 = j 1
' "
tipo (l’intero fabbisogno di potenza termica dell’impianto sottoposto è fornito
dall’impianto sovrapposto)
b) se j = j + Dj Dj
" '
tipo 1 2 dove è fornito dall’esterno all’impianto sottoposto.

Gli impianti di potenza combinati hanno prestazioni di tipo diverso a seconda che siano di tipo a) oppure
b).

j '2 j "2
Nel 1° caso possiamo scrivere che hI = 1 - ed hII = 1 -
j1' j1''
mentre le perdite di rendimento saranno
j '2 j "2
q I = 1 - hI = ' e q II = 1 - hII = ''
j1 j1
ed il rendimento dell’impianto combinato è
j "2
h =1- '
j1
mentre la perdita di rendimento è
j"2 j1''
q = 1- h = × e poichè j'2 = j1" si avrà q = qI qII
j1'' j1'
e, quindi, (1 - h) = (1 - hI ) × (1 - hII ) ovvero h = hI + hII - hI hII

Per fare un esempio possiamo considerare


hI = 0,30 (impianti a gas attuali)
hII = 0,40 (impianti a vapore attuali)

segue che h = 0,30 + 0,40 – (0,30 ´ 0,40) = 0,58 risultato assai valido !

Appunti di Macchine 75
Esaminiamo ora gli impianti di tipo b)
j 1'
se j 1" = j '2 + Dj
I
possiamo scrivere, come può facilmente verificarsi:
Dj j '2
(1 - h) = æç1 - hI ö÷(1 - hII ) j 1"
è mø
j ' + Dj
II
dove si è posto m= 1 ' >1
j1
j "2
Negli anni ‘50 sono stati realizzati impianti combinati, assimilabili approssimativamente al tipo a),
sovrapponendo due impianti binari a vapore i quali utilizzavano due diversi fluidi (acqua inferiormente e
mercurio superiormente). Questi impianti non ebbero un grande sviluppo. Gli impianti di tipo b) sono
decisamente più interessanti, soprattutto nel caso, di gran lunga il più frequentemente adottato, di un
impianto a gas sovrapposto ad impianto a vapore. Lo schema che si può concepire, in questo caso, è il
seguente

C.C. T
Dj al camino
U

C
U G.V.

C T.G.
gas a 500 °C

P.A. P.E.
Z

Il G.V. può essere, essenzialmente, di tre tipi:

1) caldaia a recupero semplice (senza post-combustione) funziona esclusivamente con i gas di scarico
della Turbina dell’impianto sovrapposto per produrre vapore surriscaldato a temperatura moderata;

2) caldaia con post-combustione, in cui il vapore surriscaldato viene prodotto a temperatura più elevata;

3) la caldaia non è a recupero, ma un “classico” G.V. per grandi impianti dove il gas di scarico della
turbina a gas assume il ruolo di aria fortemente preriscaldata (> 500 °C).

Impianti di questo tipo raggiungono rendimenti termodinamici superiori al 45% e, a seguito di accurate
progettazioni ottimizzate, possono in taluni casi raggiungere rendimenti dell’ordine del 55 ¸ 60%.

I particolari oneri progettuali e realizzativi che ne conseguono sono dovuti ai problemi per la regolazione
della potenza.

IRA 76
Fra l’altro, si sono studiati impianti con disposizione stellare

200 MW 200 MW
G G

V 1.000 MW

G 200 MW G 200 MW

Nell’esempio schematizzato abbiamo a che fare con potenze molto elevate e la regolazione si può
effettuare accendendo o spegnendo 1 o più impianti a gas e regolando uno o più degli impianti a gas ancora
funzionanti, conseguendo una regolazione fine della potenza dell’impianto globale.
L’onere costruttivo di un impianto di questo tipo è assai elevato e vi è, poi, un grave problema di
interfacciamento. Il problema principale è rappresentato dalla Caldaia d’interfaccia per la quale sarebbe
conveniente uno sfuttamento ottimale dei gas di scarico in ogni condizione di esercizio.

Appunti di Macchine 77
IMPIANTI COGENERATIVI

Esaminiamo, adesso, gli IMPIANTI COGENERATIVI, che sono impianti motori termici non solo
destinati alla produzione di potenza meccanica ma anche, in parte, di potenza termica.

In generale, per il bilancio di un impianto motore destinato alla sola produzione di potenza, si ha una
perdita di rendimento
Q2 j 2
1- h = = ; L = Q1 - Q 2 ; P = j1 - j 2
Q1 j 1
dove j , è una potenza termica, ovvero il calore scambiato nell’unità di tempo.

In questo tipo di impianto si utilizza l’energia termica associata al flusso di un fluido, se la temperatura è
sufficientemente elevata, rilasciato dall’impianto per alimentare una utenza termica (industriale, civile o
terziaria).

Qualora si potesse sfuttare interamente j2 si raggiungerebbe un “rendimento economico” hec


unitario, quindi, se con P si indica la Potenza meccanica
P + j2
hec = @1
j1

Una prima classe di impianti cogenerativi a vapore d’acqua si può suddividere in due tipi:

a) impianti a contropressione;

b) impianti a condensazione con spillamento/i controllato/i.


Un impianto a contropressione è un classico impianto a vapore, funzionante secondo il Ciclo di Hirn, nel
quale la condensazione del vapore avviene ad una pressione superiore a quella atmosferica.

Lo schema è il seguente

3
h U
2 T.V.

4 G.V. SC
utenza
C termica

1 p0

P.A.. valvola laminatrice


Z
0

S
P
perché l’impianto sia economicamente valido deve essere < 0,2 ¸ 0,3 .
j2
Le specifiche di progetto sono tv, la temperatura alla quale è richiesto il vapore, che condiziona la
temperatura di esercizio, e la pressione p0 corrispondente del vapore; quindi, fissata la potenza termica
richiesta j2 =M(H4 - h0) @ Mr0 è possibile determinare la portata in massa di vapore necessaria.

IRA 78
Un impianto a condensazione e spillamento controllato è rappresentato nella figura che segue

T.V.
h 3
U
2 G.V.
4*
M (DM)
SC
C 4
4’ utenza
termica
1 p0
1* P.E.

0 Z

S P.A.

In questo caso, per la potenza prodotta, possiamo scrivere che

P = ( M + DM )(H 3 - H 4* ) + DM (H 4* - H 4 )
j2
essendo M= ( r1* = H *4 - h1 )
r1*
e DM (calcolabile dalla formula di P) la portata destinata al condensatore.

Appunti di Macchine 79

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