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Caterina De Medici
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20/08/23, 15:01 Altro che stile italiano nel mondo: l’Italia della moda perde la faccia – La Voce di New York
Il cibo, il vino, i mobili, le auto…sono solo alcune delle creazioni Made in Italy che ci fanno
sentire così forti e amati fuori dai nostri confini. Ma l’orgoglio più grande è di sicuro la moda.
Non serve ricordare quali altissimi valori di qualità e stile vengano associati con i marchi italiani
in tutto il mondo. E anche quando il paese barcolla economicamente, i suoi prodotti del lusso
La pubblicità offensiva di Dolce & Gabbana pizza, spaghetti e cannoli con le bacchette. Lo
commentata in Cina
sconcerto mediatico è frastornante: i video vengono
bufera di commenti sul profilo social Instagram, Stefano Gabbana si lascia andare a insulti
durante una lite via messaggio resa pubblica dalla follower interessata, definendo la Cina un
mafiosi”. Lo show viene annullato dal governo cinese e in poche ore l’intero e-commerce dei
prodotti Dolce & Gabbana in Cina sparisce. Patetico il messaggio ufficiale sul profilo Instagram
dell’azienda sostenendo che l’account di Stefano Gabbana fosse stato sabotato da terzi. E allo
stesso modo ridicolo il tentativo di sistemare le cose con un video in cui i due stilisti siciliani si
scusano dal profondo del loro cuore dichiarando il loro amore per il Paese del sol levante.
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20/08/23, 15:01 Altro che stile italiano nel mondo: l’Italia della moda perde la faccia – La Voce di New York
Il mese seguente Prada mette nelle sue vetrine natalizie dei pupazzetti a forma di scimmia di
colore marrone scuro con delle grosse labbra rosse. Negli Stati Uniti si grida allo scandalo.
L’animaletto pare una diretta rappresentazione di “black face”, una caricatura divenuta simbolo
dell’oppressione sociale degli afroamericani negli USA dell’800’ poiché utilizzata per ridicolizzare
l’allora segregata popolazione di colore. E’ subito protesta mediatica, e davanti al negozio Prada
scuse, spiegando che il riferimento avvenuto fosse stato del tutto non intenzionale e
Le scuse di Gucci per il suo prodotto offensivo “Happy black history month”, “Canceled”, “Racist”
semplici scuse. È di pochi giorni fa la notizia dell’incontro avvenuto ad Harlem, quartiere di New
York, tra Marco Bizzarri CEO di Gucci e il designer afro-americano Dapper Dan, stilista
leggendario della moda hip-hop da un paio d’anni collaboratore con il marchio italiano. Il
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20/08/23, 15:01 Altro che stile italiano nel mondo: l’Italia della moda perde la faccia – La Voce di New York
Insomma, in pochi mesi tre dei più grandi nomi della moda hanno dato scandalo producendo
immagini considerate razziste e offensive. Il denominatore comune? Tutti e tre sono italiani.
Nonostante Gucci abbia preso una posizione innovativa per un cambiamento radicale, la strada
da fare per il resto del paese è ancora lunga. Da designer di moda italiana, a New York da quasi
nove anni, mi sono trovata non solo a riflettere a lungo su questi episodi, ma soprattutto a
sempre la stessa. L’Italia è un paese omogeneo contraddistinto da una cultura locale e non
internazionale. Non c’è confronto con altre culture all’interno dei suoi confini e tantomeno
esiste una conoscenza o coscienza di altri. Anzi, regna un senso di superiorità che riscontro
spesso vivendo all’estero. Un esempio riguarda gli italiani in vacanza a New York. Criticano cibo
e quant’altro e rapportano tutto ai propri usi e costumi, credendo di sapere come si dovrebbe
mangiare e vivere, basandosi solo sulle loro aspettative. Senza minimamente accorgersi che qui
non vige uno stile di vita unico ma centinaia, quante le nazionalità che popolano questa
metropoli.
In Italia è diffusa una chiusura mentale e culturale che si verifica costantemente. Ad esempio
siamo un paese piccolo che parla una lingua unicamente sua. Eppure siamo tra i peggiori nella
nella moda. Perché non si verificano simili episodi in case di moda francesi o inglesi? Perché
queste si trovano in società sicuramente più multietniche dove, per quanto anche loro sofferenti
di insorgenze e movimenti razzisti, esiste sicuramente una naturale sensibilità nei confronti di
cittadini non bianchi, perché parte della popolazione stessa da molte generazioni. Mentre in
Italia, storicamente paese di emigrazione, si è solo da poco alle prese con l’arrivo di flussi
migratori da altre regioni del mondo. Ora, viene spontaneo domandarsi, ma è ancora possibile
Apparentemente si. Ma ciò che trovo grave e inaccettabile non è tanto questo stallo culturale.
Resto dell’idea, anche se ovviamente in disaccordo con il mio concetto di società evoluta, che a
casa tua hai il pieno diritto di fare quello che vuoi e credere in ciò che vuoi. Quello che davvero
sconcerta invece e’ che questa piccolezza culturale sia ramificata all’interno di aziende che
servono un mercato internazionale, globale. Nel mondo di oggi unificato da Instagram, Facebook
e Youtube, non si può più pensare come vent’anni fa che siano i marchi e le riviste a dettare legge
dall’alto in fatto di canoni estetici, stile e tendenze. A quel tempo il pubblico metabolizzava
passivamente tali informazioni senza avere una piattaforma dove dibattere. Con la venuta dei
subito una vera e propria inversione di potere. Ora è il consumatore a dettare legge su ciò che
piace ed è di moda. E non solo: ne è creatore in prima persona, vedi il fenomeno “influencers”
Quindi, più che mai non trovo possibile giustificare questa perpetua totale ignoranza culturale
quando si tratta di approcciare clientele di altri paesi formate da molteplici gruppi etnici. Se poi
aggiungiamo che le popolazioni offese nello specifico fossero fette di mercato fondamentali dalle
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20/08/23, 15:01 Altro che stile italiano nel mondo: l’Italia della moda perde la faccia – La Voce di New York
quali queste firme prendono pure ispirazione e ne idolatrano lo stile come nel caso di Gucci e la
cultura hip-hop, allora lo scandalo è ancora più grave perché risultato di una vera blaxploitation.
Ossia uno sfruttamento della cultura afro come superficiale fonte di ispirazione al fine di
riguardo. La sensazione che si ha è che la cultura afro piaccia a livello del mondo dello spettacolo,
musica e moda, ma venga sempre apprezzata comunque mantenendo una debita distanza.
Più internazionale è il mercato e maggiori sono le responsabilità etiche e sociali che un’azienda
deve assumere. E non perché lo dico io, ma perché lo dice il pubblico stesso, pronto a rivoltarsi
con la forza letale di uno tsunami denunciando e distruggendo la reputazione dei più grandi
marchi sui social, chiamandoli razzisti e ipocriti, causando buchi da miliardi di dollari di
Caterina De Medici
So Much for Global Italian Style: Altro che stile italiano nel mondo:
Italy Loses Face in Fashion Flub l’Italia della moda perde la faccia
Caterina De Medici Caterina De Medici
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4 Commenti
1 Accedi
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Wolfgang Achtner − ⚑
4 anni fa
Antonio,
Allora, sarebbe fondamentale tenere in conto i loro usi e costumi per evitare
errori. Fondamentalmente, è anche una questione di rispetto e siccome, oggi, è
facilissimo - soprattutto per una grande azienda informarsi su certe cose - il
non farlo, più ancora della stupidità e dell’arroganza (che questa volta D&G han
pagato a caro presso) - è proprio una questione di mancanza di rispetto.
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Wolfgang Achtner − ⚑
5 anni fa edited
Nei casi riguardanti Dolce e Gabbana, Prada e Gucci, queste aziende sono state
costrette - dal clamore internazionale e dalle perdite economiche - a fare
pubbliche scuse e a cercare di riparare in fretta un’enorme perdita d’immagine,
ma fino a quando nelle aziende italiane non sarà possibile porre in discussione
le decisioni dei capi senza per questo rischiare il posto o la carriera, non sono
per niente certo che queste esperienze negative servano ad evitare errori simili
in futuro.
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A
Alice A. − ⚑
4 anni fa
Brava Greta, mi raccomando resta a New York, qui in Italia stiamo benissimo
senza di te.
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A t i A t ⚑
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