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Impronta ecologica

Un requisito fondamentale per la sostenibilità è prelevare dal pianeta meno risorse


di quelle che gli ecosistemi del pianeta sono in grado di rigenerare. Le valutazioni di
Impronta Ecologica e biocapacità si basano proprio su questo requisito.
Quando la domanda dell’uomo supera il tasso di rigenerazione, entriamo in una
situazione di superamento ecologico che porta all’impoverimento del capitale
naturale e di conseguenza ad una diminuzione del benessere economico e sociale.
Per capire che cos’è l’impronta ecologica bisogna considerare innanzitutto che si
tratta di un indicatore di sostenibilità, utilizzato per calcolare l’impatto
sull’ambiente di prodotti, servizi, processi, individui, aziende e paesi.

Secondo Global Footprint Network, un’organizzazione internazionale di ricerca che


promuove la sostenibilità mediante l’ecological footprint, l’impronta ecologica è il
calcolo di quanto rapidamente vengono consumate le risorse ecologiche e generati
rifiuti, in relazione alla capacità della natura di assorbirli (in particolare le emissioni
di carbonio) e generare nuove risorse utili: una metrica utilizzata, dunque, per
determinare il livello di sostenibilità di una certa entità.

In questo modo è possibile rilevare l’effettivo impatto ambientale delle attività


umane sulla Terra, informazioni essenziali con cui i governi possono definire con
maggiore accuratezza le strategie di sviluppo sostenibile, mentre aziende e
individui possono capire meglio come adottare comportamenti realmente
ecocompatibili e rispettosi dell’ambiente.

i principali indicatori utilizzati per rilevare l’impronta ecologica individuale sono:

 Frequenza nel consumo di prodotti alimentari di origine animale;


 Percentuale di cibo consumato non processato, prodotto localmente e senza
imballaggi;
 Tipologia di immobile di residenza (materiali costruttivi, dimensioni, efficienza
energetica);
 Numero di persone che compongono il proprio nucleo familiare;
 Percentuale di energia elettrica consumata proveniente da fonti rinnovabili;
 Quantità di rifiuti prodotti in confronto alla media locale;
 Distanza percorsa ogni settimana per spostarsi e forme di mobilità utilizzate;
 Spostamenti effettuati in aereo ogni anno misurati in ore di viaggio.

L’impronta ecologica si calcola confrontando le risorse naturali consumate da un


singolo individuo con lo spazio che egli occupa – vale a dire il rapporto tra superficie
totale della Terra e popolazione mondiale, esprimendo questo rapporto in
chilogrammi per ettari (kg/ha).

L’impronta ecologica dell’umanità sta peggiorando di anno in anno, in quanto al


ritmo attuale avremmo bisogno di 1,75 Pianeti per supportare il nostro stile di vita,
con forti disparità tra i vari paesi.

L’influenza dei Paesi dell’Europa occidentale sull’ambiente sono mediamente


elevate, come dimostra la mappa del Global Footprint Network.

La biocapacità è un indicatore di sostenibilità ambientale applicabile ad un dato


territorio per stimare i servizi ecosistemici che quel territorio è in grado di erogare.
La biocapacità rappresenta dunque la produzione (principalmente biologica) di
risorse naturali da parte degli ecosistemi; a questo si aggiunge poi la loro capacità di
rinnovare ciclicamente tali beni e di assorbire i rifiuti derivanti dalle attività
antropiche.

Rispetto all'Impronta Ecologica, che stima i servizi ecologici richiesti dalla


popolazione locale, la Biocapacità si occupa della capacità potenziale di erogazione
di servizi naturali a partire dagli ecosistemi locali.
Calcolare la biocapacità
La biocapacità, esattamente come l’impronta ecologica è calcolata come una misura
spaziale. Anch’essa, infatti, è espressa in ettari globali (Gha), ovvero l’area
bioproduttiva totale della regione che si sta considerando.

L’indicatore di biocapacità (BC) è la somma del risultato di una semplice


moltiplicazione di tre fattori, espressa con la seguente equazione:

Cerchiamo di capire il significato di questa equazione.

Il primo termine della moltiplicazione, ANi, rappresenta l’area complessiva di una


data regione che fornisce un determinato prodotto (o servizio)

Il termine YFi rappresenta il fattore di resa, il quale ha un valore diverso per ogni
Paese e tiene conto della capacità di rinnovare le risorse biologiche, a seconda del
tipo di uso e di copertura del suolo. Questo fattore è influenzato sia da fattori
naturali, come il clima , e sia da determinanti antropiche, come l’intensità dello
sfruttamento del suolo.

Infine, il termine EQF indica il fattore equivalente che varia ogni anno assieme al
cambiamento della copertura e dell’uso del suolo. Esso è uguale per ogni Paese e
rappresenta il fattore di normalizzazione per le varie tipologie di uso del suolo in
confronto alle stime globali[2].

Quali elementi influenzano la biocapacità?

Come si è potuto evincere dalla formulazione matematica della capacità biologica,


essa dipende essenzialmente da quanto spazio è lasciato alla natura per la sintesi di
sostanza organica nel processo di fotosintesi.
Ovviamente, un’area forestale presenterà una produttività intrinsecamente
differente da una prateria, da un campo coltivato o addirittura da un ecosistema
marino. Questa differenza è cruciale nel calcolo finale della biocapacità, in quanto la
sostenibilità delle produzioni umane è relativa alla ripartizione territoriale delle
diverse tipologie bioproduttive.
Dalla biocapacità al carico ecologico
avere un indicatore espresso in ettari globali permette non solo di rapportare il dato
all’estensione del territorio considerato, ma soprattutto di confrontare il dato con
l’impronta ecologica e ricavare il cosiddetto carico ecologico. Il carico ecologico non
è altro che la differenza tra la biocapacità e l’impronta ecologica; tale calcolo viene
effettuato per evidenziare un eventuale deficit o surplus ecologico.

Distribuzione globale della biocapacità


Se si pensa alla distribuzione dei vari biomi sulla Terra si intuisce facilmente che la
ripartizione globale della biocapacità non possa essere omogenea.

Infatti, non tutti i Paesi del mondo possono vantare estensioni forestali importanti
come quelle della foresta pluviale in Amazzonia o delle grandi foreste boreali del
Nord America e dell’Eurasia.

Perciò, quando si parla di sostenibilità ambientale, è bene considerare sempre la


realtà bioclimatica di una data zona e il suo stato di conservazione.

Tra i paesi maggiormente sviluppati spiccano gli stati che presentano da diverso
tempo piani ottimizzati per la gestione delle risorse, quindi in grado di garantire il
mantenimento e il rinnovo del capitale naturale.

Tra questi vi sono la Finlandia e il Canada, ma anche l’Australia, data la sua bassa
densità abitativa rispetto all’area totale dell’isola.

Il grafico riportato evidenzia come, a partire dall'inizio degli anni '80, il carico
esercitato dall'uomo sulla Terra abbia superato la Biocapacità mondiale.

Questo vuol dire che l’impronta ecologica dell’umanità ha superato la biocapacità


della Terra di oltre il 50%, e con l’aumento della popolazione mondiale la situazione
andrà sempre peggiorando se non prendiamo coscienza di quello che sta
accadendo.
Cosa possiamo fare, noi, per cercare di ridurre il problema?
Per cambiare la situazione attuale possiamo ripensare il nostro sistema produttivo,
e consumare in modo più critico e sostenibile: evitando di acquistare prodotti dei
quali non abbiamo realmente bisogno, sfruttando sistemi di mobilità più intelligenti,
evitare gli sprechi e fare una buona raccolta differenziata .
In poche parole, dovremmo iniziare seriamente a prenderci cura della Terra, sia
per migliorare la nostra vita ma anche per preservare quella delle generazioni
future che, se non agiamo, si ritroveranno in un mondo disastrato che non
potranno più recuperare.

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