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FILOSOFIA
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ROM A
ISTITUTO DI

UNI
Fondazione
G. Gentile

7716

BIBLIOTECA

LO1 98308

· JOHANNIS GENTILE
V: 4 ใหม่ 5018

. . - 16
|
GIOVANNI PASCOLI

LYRA ROMANA

AD USO

DELLE SCUOLE CLASSICHE

FAVNI VATESQVE . VETERES POETAE.


Neótepol (CATVLLVS - VERGILIVS).

Q. HORATIVS FLACCVS

6.5.1.
CA
BIBLIOTE
a
FSUA

LIVORNO
TIPOGRAFIA DI RAFFAELLO GIUSTI
EDITORE-LIBRAIO

1895
PROPRIETÀ LETTERARIA
AI MIEI COLLEGHI

INSEGNANTI DI LATINO E GRECO


NELLE SCUOLE CLASSICHE
ITALIANE

DEDICO E DONO .

1
PREFAZIONE

Cari Colleghi e Amici,

Voi (non dico , noi : tanti tra voi conosco avanti i quali
la modestia è per me come dovere così piacere) voi date
alla scuola , per legge, più tempo che gli altri egregi nostri
compagni , e, per scelta, nella scuola voi mettete tutto il
vostro studio, tutto il vostro amore, tutta la vostra vita.
E con questo , nessuno più di voi persegue , anche fuori della
scuola, un ideale d'arte e di scienza ; nessuno legge, indaga ,
critica più di voi, nè più di voi scrive e produce. E sì che
non si può dire che siate incoraggiati ! Voi non siete sem
pre i prediletti degli alunni e de loro genitori . Molti vi
credono , perchè insegnate lingue morte, fuori di posto
nella febbrile e fiera vita presente : vi guardano con ti
more , qualche volta persino con odio , come usciti da rovine
e da tombe. Ma voi avete tanta serena giovinezza nel
cuore e nel pensiero i quali sono animati da sentimenti e
idee d'una umanità più estesa nel tempo, più esperta di
vita , più commossa d'amore e sventura, che o perdonate
o non li udite o li fate ricredere . Più spesso , li fate ricre
dere. E i giovinetti salgono con voi , faticosamente sì, ma
salgono a un dilettoso monte, donde si scopre non per più
largo tratto la pianura e il mare e i fiumi e le città che
si lasciarono nel salire, ma tutto un mondo che prima non
c'era , un mondo di cui si era sentito parlare , ma come di
VIII PREFAZIONE.

morto e sparito . E l'anima di quei giovinetti prova allora


la sensazione che fa più alteri e più felici e più sereni nel
provarla , la sensazione dell'uomo cui si adempiesse quel
vóto che composto non più che di parola e sospiro , fac
ciamo così spesso : di rinascere. Poichè a poco a poco si
svolge in quelle anime da un angolo misterioso e intimo
la coscienza del lavorìo secolare che ci volle a ridurle così
come elle sono : il cuore si stringe per angoscie che lo
affannarono quando non era ancora e già palpitava, e si
invasa d'un entusiasmo che dura tuttavia mentre la causa
svanì da secoli , e si piangono lagrime già piante con altri
occhi, e si riconosce col sorriso una madre che ci arrise
qualche millennio prima che nascessimo. L'uomo sente
allora per quali misteriose fibre sia congiunto all'uma
nità che fu e a quella che sarà, e comincia a consolarsi
non solo dell'esser nato come tanti altri, che morirono ,
ma anche del dover morire lasciando tanta parte di sè ad
altri, che nasceranno . Due foglie dello stesso grande al
bero , a primavera , l’una, fogliolina gommosa e tenera che
spunta dalla gemma, l'altra, vicina a lei , foglia accartoc
ciata e scabra che si stacca dal nodo , se pensassero di
:
essere e avessero la coscienza di appartenere all'albero,
forse potrebbero sentire e pensare l'una di nascere e l'altra
di morire ? L'albero nasce e muore ; gli uomini spuntano
e si staccano, appariscono e spariscono : foglie, anch'essi ,
che sentono però di vivere della linfa di cui vissero le
altre foglie che ingiallano, che marciscono , che si dissol
verono a piedi dell'albero.
Oh ! come sdegno io i soliti argomenti di quelli che
hanno l'aria di scusare ( per pietà, forse, di noi , comandata
dal buon cuore più che consigliata dalla ragione) di scu
sare, non difendere, gli studi classici! Come li rifiuto io i
loro argomenti: ginnastica intellettuale, tradizione, gloria
o che so io. No, no : non è codesto. Ai nostri avversari , a
quelli , o conservatori o rivoluzionari, che o nel presente
o nell'avvenire tutto misurano dall'utile, io affermo che
1 nulla è più utile di ciò che soddisfa a questa necessità
nostra intima e assoluta di ripensare, di riavere, il pas
sato e annullare la morte. Se essi, in nome dell'utile, voles
PREFAZIONE. IX

sero abolire l'amore (e perchè no ? ci si provano , credo), vor


rebbero cosa non più irragionevole e impossibile. Accanto
all'amore che crea, c'è quello che conserva ; e tutti e due
repugnano alla morte contendendole l'uno l'avvenire e
l'altro il passato. Il sentimento che tiene a un uomo occu
pata dei suoi morti la memoria e l'anima , anche quando
sorride a nuove vite da lui create, è quello stesso che spinge
la collettività umana vivente a ricordare e studiare quella
che si spense . Si spense , ma non d'un tratto ; sì dopo
un'agonia di secoli , nella quale raccogliendo e nascondendo
i suoi tesori d'esperienza, d'arte , di dottrina, mostrò d'a
vere in mente un erede , fosse pure lontano, non nato an
cora. E l'erede vorrà e potrà rinunziare a quei tesori e
disprezzare quell'amore? Non solo ricordare e onorare i
morti , ma ripensare ' il pensiero d'una madre buona, d'un
padre savio, come potrà dirsi inutile o disutile ? A ogni
modo, come potrebbe impedirsi, poichè il nostro pensiero
è il loro pensiero ? È natura : a lei non vogliate contra
stare.
Chi , uomo o popolo d'uomini , non conosce passato su
che esercitare questo suo sentimento vivificatore, ne crea,
ne finge uno . S'illude per essere meno infelice. E in ve
rità tra uomo buono e uomo cattivo , tra popolo civile e
popolo bruto , la differenza è tutta qui ; nell'avere quelli
più complesso che questi , l'intelletto , e più parlante , per
così dire, la coscienza : l'uno per il molto pensiero depo
stovi , l'altra per le molte voci inspiratele dai progenitori
che pensavano , agivano, amavano, adoravano. Io voglio
imaginare uomo che non sappia di che genitori sia nato e
non conosca la loro anima e comprenda di non poterla
conoscere mai . Il filo che lo congiunge all'umanità pas
sata è come non fosse, perchè è nelle tenebre , e l'uomo si
avanza smarrito . Il bene e il male comincia con lui . Egli
non ha nulla da raccontare. Vive, ma solo una mezza vita ...
ma che dico ? un uomo simile non c'è e non può esserci ,
come non c'è un popolo che si trovi nelle condizioni di
quest'uomo ; un popolo che non guardi con venerazione
certe pietre annerite e animate dal tempo e non o da con
rapimento certe parole , che non intende, e che hanno
X PREFAZIONE.

acquistato dal tempo una risonanza · misteriosa, echeg


giante nel più intimo e oscuro dell'essere . Un popolo che
non cerchi sé stesso nel suo passato, non c'è. Bisognerà
aspettare quello che vogliono preparare questi riformatori.
Così fatti pensieri mi consolano spesso quando sento
combattute e minacciate o spregiate e derise le discipline
nostre ; chè alla domanda la quale faccio allora a me stesso ,
se per caso io non fossi a carico della società e dello stato,
un di più , ayoos apoúpns , rispondo di gran cuore che no , che
tutt'altro, che nessun altro meno. E aggiungo tra me che
io desidererei che si facesse prova di abolire questi studi ;
e si vedrebbe . Quanta gioia sarebbe di chi conservasse il
culto interdetto , nel vedere ripopolarsi il tempio e riac
cendersi l'altare ! Ma forse, dirà alcuno, gli uomini non
tornerebbero più a voi , paghi di conoscere, senza fatica ,
volgarizzato e ridotto, quello che voi gli offrivate a prezzo
di tanti sudori e algori . L'Anfiteatro Flavio e le Terme
Antoniniane, rispondo , sono ancora visitate ; e sì che certe
fotografie sono esatte oltre ogni desiderio !
Ma torno a voi , cari colleghi e amici, che tra l'indif
ferenza o l'avversione , tra il disprezzo o l'odio, lavorate
serenamente. A voi offro questo libro nel quale io volevo
(dico subito che non sempre volere è potere) dimostrare
che gran parte delle necessarie riforme alle nostre disci
pline spettava alla nostra industria ed esperienza. Io ho
osservato che l'alunno, il quale pur si mostri svogliato
e indifferente, esige piuttosto maggior copia che minore
delle cognizioni che noi dobbiamo dargli . Il troppo e il
troppo poco : uitium utrumque, diceva Quintiliano; peius
tamen illud quod ex inopia quam quod ex copia uenit. Per
ciò alle odi di Orazio ho fatto precedere una scelta abbon
dante da Catullo e dagli altri poeti ' nuovi ', e a questi,
perchè fosse giustificata la denominazione, ciò che v'era
di lyrica prima di loro. L'alunno nello scrittore antico
desidera spesso l'anima e la vita . E io ho disposto i carmi
sì di Catullo e sì d'Orazio in ordine più che potei crono
logico, in modo che si potesse seguire, alla meglio, lo svol
gimento dell'ingegno loro e assistere ai fatti, interni o
esterni, che ispirarono le loro poesie . L'alunno si annoia
PREFAZIONE. X1

della fatica, lessicale e grammaticale, che dura a interpre


tare l'autore, ma non tanto perchè ella sia grave quanto
perchè è unica. Pare quasi che egli creda di essere tenuto
a vile, invitato come è, soltanto, a scoprire una cosa che
gli è stata appiattata a prova . E io gli nascondo il meno
che posso e gli dico liberalmente che così credo io o crede
il tale e tale altro ; che egli può forse pensare qualche
cosa di meglio . Il mostrargli non ancora compiuto il la
voro d'interpretazione e di lezione, può dare, o aggiun
gere, alla sua mente una ragione di questi studi ; e l'in
certezza nostra, che a noi non fa torto, fa cuore a lui . Ma,
>
ripeto, io volevo : volevo sì far questo e sì ' interessare
con tutti i mezzi il lettore alla sua lettura, con la storia,
con la critica , con l'estetica, chè tutto è buono , e per uno
vale ciò che per altri non vale : c'è bisogno che io sog
giunga, o amici, che non credo di esserci riuscito ? che
anzi ho disperato sin dal principio di riuscirci ? E allora
perchè ho perseverato, perchè vi offro questo saggio ?
Il perchè è questo . Voi potete , se volete , migliorare
tanto questo libro quanto basti a farlo utile alla scuola.
Voi potete migliorarlo a viva voce per i vostri alunni,
correggendo, disputando, dichiarando ; se poi comuniche
rete a me le vostre osservazioni (non mi spavento al pen
siero che saranno molte) voi lo avrete migliorato anche
per me , e avrete fatto un libro non cattivo : voi , dico, non io .
Ma quanto ci vorrà ! quanti difetti e vizi , errori e abbagli
vedo e sospetto io stesso, nello sfogliare il volume a cui ho
pur tanto vegliato ! Era proprio necessario adoperare questa
scrittura del latino, più propria di un'edizione critica che
di una compilazione scolastica ? No , non era necessario ,
nemmeno utile, sebbene in un'ora l'alunno vi si possa abi
tuare , sebbene quel non so che d'antico nella scrittura
possa dare all'occhio il senso di poesia che dà all'orecchio
la parola antica e insomma all'intelletto l'antico pensiero .
E d'altra parte l'alunno cesserà di essere impacciato, come
qualche volta pare che sia, avanti un bel libro di Aldo o
del Gryphius. Ma in fine, non era necessario . E la grafia
delle parole greche e latine in italiano ? Qui proprio sono
in un mare di dubbi , e voi vedrete continuamente gli ef
XII PREFAZIONE.

fetti della mia incertezza la quale volli mostrare a bella


posta. Si ha proprio da travestire , soli noi italiani o quasi
soli , la parola antica ? in tutto ? sempre ? senza , per es. ,
tener conto delle aspirate, dell’y, dei dittonghi ? La parola
così ridotta e spogliata sa di sproposito. Ma scrivere, per
es. , come farebbe un francese, ' di Munatius, a Brutus ' ?
Anche questo sa di sgrammaticatura. Come scrivere dun
que ? chi ce lo dice ? In verità fare l'ortografia ( perchè non
orthographia ?) oggetto d'un congresso non sarebbe male.
Ci sono tanti dubbi , oltre questi da me riferiti che sono
i minimi : tanti dubbi ! E lo scrittore passa sempre o quasi
sempre per capriccioso o per ignorante, per affettato o
per sciatto .
Voi dunque , o miei colleghi , vorrete dirmi su questo
e su tutto il vostro giudizio ; e io ne trarrò profitto e ve
ne saremo grati io e la scuola . Perchè qualche cosa di
buono io spero che vorrete riconoscere nella mia fatica.
Non oso affermarlo , ma non vi pare che questi poemi
così disposti abbiano quasi un'altra aria ? Così le grigie
rovine, che nell'inverno furono studiate e dichiarate dal
dotto, gli appaiono mutate quando ritorna a vederle nel
l'estate. Esse da tutte le crepe spingono fuori i ciuffi rossi
delle bocche di leone e i grappoli bianchi dello smilace.
Sorridono come risorte. Qualche iscrizione o qualche fregio
sparisce sotto il capelvenere o la madreselva; ma il dotto
non pensa a lagnarsene, e sorride anch'esso.

Livorno, Ottobre del 1894.

GIOVANNI PASCOLI.
NOTA

L'ortografia di Catullo ho curato che fosse precisamente quella


che si raccoglie dai manoscritti . Quindi è varia e incerta. Non so se
debba pentirmi del fatto che dei molti esempi di consonanti non ge
minate (di che vedi Catulli Veronensis Liber , Recensuit Aemilius
Baehrens, V. Prius, Lipsiae, 1876 ; a pag. XLV e segg. ) io abbia rice
vuto nel testo flama, flameum costantemente . In verità, mi pare pro
babile che questa forma si debba a Catullo stesso ; non al Frontoniano
emendatore supposto dal Baehrens. Come mai ? È chiaro l'etymon di
flamma ; a flagrando. Eppure Seruius ad Aen . 1 , 436 dice : quotiens
incendimus significatur, quod flatu alitur, per 1 dicimus. E perchè
fiatu alitur, qualcuno poteva pensare e scrivere flāma, invece di
flamma da flagma. Il testo d'Orazio è invece ridotto all'ortografia la
quale pare probabile dagli studi del Brambach che dominasse al
tempo d'Augusto. In ciò ho seguito il Kiessling, con qualche modi
ficazione. I manoscritti d'Orazio contengono qualche traccia di tale
ortografia : come alla Satira quarta del libro secondo, v. 62 in inundis,
all'ode sestà del terzo libro inpermissa e vai dicendo . Questa diver
sità di sistema da Catullo a Orazio avrei potuto e non ho voluto
evitarla : non ho voluto dare per certo ciò che ancora è incerto . I
pochi e piccoli errori di stampa sono raccomandati alla discrezione
del lettore : uno però è da correggersi subito, a pag. 174, v.. 23 , dove
è et invece di te . Lo attrasse l'et del v . seguente .
Alcuni trascorsi di cifra nelle date sono corretti nelle note alla
storia.
STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO

All'aurora nato, a mezzo il giorno bene citareggiava ’ Her


meias. () Presto l'uomo trovò gli strumenti che imitassero le voci
della natura ; coi quali egli potesse da sè e a sua posta creare il me.
raviglioso mormorio che lo circondava . E presto vi associò piuttosto
grida sul principio che parole, quasi a vincere il frastuono incessante
del mondo esterno e ad affermare la vita e forza della sua anima
avanti il Tutto. Nella Grecia, da cui , come da maestra di Roma e
di tutti, è bene cominciare, risonavano nei tempi lontani grida come :
ie Paieon ; io Bacche ; Hymen ai o ; ai Line : gioia, delirio, amore,
morte. Di tali canti primitivi è questo che par fatto apposta per
destar l'eco nelle valli, al tempo della mietitura : (* )
Πλείστον ούλoν ίει ίουλον ζει

nel quale appello melodioso si può vedere come il grido si trasformi


in parola ; il suono in idea. A queste parole e grida l'uomo univa
i movimenti cadenzati dei piedi, delle braccia e della testa . Ecco la
poesia lyrica.
Or quando essi furono giunti ove loro era parso di porre l'in
sidia, presso il botro ove venivano ad abbeverarsi tutti i greggi,
quivi posavano, coperti di rosso bronzo : in tanto, in disparte dagli
altri , due vedette sedevano spiando se mai vedessero le pecore e i
bovi lisci lucidi. E quelli presto giunsero, e venivano insieme due

(4) Hymni Hom. 2, 17. La chelys che Hermeias fece cantatrice, pasceva avanti
la porta, quando egli la vide e se la portò dentro, dicendo, con molte altre sue fe
stevolezze, “ In casa è meglio stare, poichè dannoso è lo star faori '; v. 36, il quale
da molti è rifiutato per trovarsi in Hesiodo 0. et D. 365. Non sarebbe assurdo so
spettare che derivasse da un'antica canzone sulla Xéus, di cui avremmo il primo
verso, almeno, in quella cantilena di fanciulle, conservata da Poll. 9, 125 : " Cheli
chelone, che fai in quel mezzo ? '
(2) Ouloi ed iouloi erano le biche di grano, ossia l'insieme dei covoni. E loulo
era chiamata anche Demeter, e ouloi e iouloi gl' inni ad essa. Athen. 14, 618.
XVI STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

pastori dilettandosi della syrinx ... ' (4) Ecco la poesia pastorale e uno
strumento a fiato, de' primi tempi . · Una sola viottola conduceva a
quella, per dove andavano i vignaioli , quando vendemmiavano la
vigna. E vergini e giovanetti, dal lieto cuore, in canestri intrecciati
reggevano il frutto dolce come miele. In mezzo a loro un fanciullo
con la phorminx squillante amabilmente citareggiava e il linos bella
mente cantava sotto quel suono , con gracile voce . E quelli pigiando
in cadenza con mosse di ballo e con l'iygmos (grido di gioia ?) lo se
condavano trepestando ’: (* ) Ed ecco la poesia campestre e uno stru
mento primitivo a corde . ' Quivi giovinetti e fanciulle che portano
in dote le mandre di bovi, danzavano tenendo le mani l'una nel carpo
dell'altra. Di loro quelle sottili drappi di lino portavano, quelli tu
niche vestivano, ben tessute, lucide dell'olio del tessitore. E le une
belle ghirlande avevano, gli altri spade avevano , d'oro , pendenti da
argentei baltei . Ora correvano con abili piedi assai facilmente, come
quando la sua rota adattata nelle mani , seduto , un vasaio tenti se
corra ; ora ricorrevano in fila gli uni verso gli altri . E molta folla
stava intorno l'amabile choros, godendo, e tra essi cantava il divino
aoidos sonando la phorminz, e due giocolieri tra loro, mentre il can
tore andava innanzi col canto, si rotavano nel mezzo ' . (3) Così la
poesia epica parlava della lyrica, che viveva accanto ad essa ora
dilettando il pastore solitario , ora secondando i vendemmiatori , pre
sente a nozze e funerali, accompagnando la spola della tessitrice,
consolando il bambino dell'esser nato . Solo però quando l'epos cessò
di fiorire, quando fu mietuta quella messe e portato via quel rac
colto, la lyrica germinò, per così dire, nella maggese di quello, pro
fittando della sua lingua, dei suoi modi e motivi .
L'epos, anzi, aveva intelaiato nella sua cornice qualche canto
lyrico , come preghiere e giuramenti, come threnoi, come descrizioni ed
osservazioni naturali. Una preghiera : ' Odimi, Arco-d'argento, che
a Chryse t'aggiri intorno e a Cilla molto divina, e di Tenedos sei
forte signore, se mai ... ' e così per altri quattro versi . (*) Con questa
Cryses domanda la vendetta, con un'altra pur di sei versi e con la
stessa invocazione, (5 ) domanda il perdono. Un giuramento : ‘ Zeu
padre, che dall'Ida imperi , gloriosissimo, grandissimo ; e Sole che
tutto vedi e tutto odi ; e Fiumi e Terra, e voi che, di sotto, gli
uomini rifiniti nella morte punite, se alcuno abbia spergiurato ; voi
siate testimoni e custodite i giuramenti di fede '. (O) E in altrettanti
(1) Hom. Il. 520.
(9) id. ib. 535.
(6) id . ib. 593. 1
(" id. II. A 37.
(5) id. ib. 451 .
(6) id. II. T 276.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XVII

versi (nel primo dei quali le parole solenni Ζεύ κυδιστε μέγιστε hanno
altra sede) è fatta l'esecrazione : * Zeu gloriosissimo, grandissimo , e
voi altri immortali Dei, a quali de’ due misfacciano al giuramento,
così il cervello fluisca a terra, come questo vino : il loro e quello
dei loro figli; e le mogli ad altri siano dome ’ : ( " ) E chi non conosce
i threnoi sopra il cadavere di Hector ? Il goos della moglie : “ Ma
rito, giovine d'età moristi e me abbandonasti vedova nella casa e
un bimbo ancora non parlante, così; cui facemmo tu e io, infelici...
Non mi porgesti morendo dal letto le mani, nè una savia parola mi
dicesti , di cui per sempre mi ricordassi , le notti e i giorni , pian
gendo ! ' . E il goos della madre : * Hector, al mio cuore di tutti i
figli il molto più caro ... ' . E il goos della cognata : * Hector al mio
cuore di tutti i cognati il molto più caro ... ’ ( )
Udiamo ancora : Bada, quando tu oda la voce della gru che in
alto dalle nuvole ogni anno squilla : ella porta il segno dell'aratura
e mostra la stagione dell'inverno piovoso , e suol mordere il cuore
dell'uomo che non ha i bovi ’: (0 ) Anche : ' Quando il cardo è in
fiore e la risonante cicala sull'albero versa il suo stridulo canto mi
nuto di sotto l'ali, nella stagione dell'estate faticosa, allora più grasse
che mai sono le capre e più buono il vino... ' (^ ) Non sono questi
canti di popolo, rilavorati da un buon aoidos ? Non sono del popolo
le osservazioni sulla rondine opporón ( che geme la mattina), avanti
il cui ritorno bisogna potar le viti ; sulla chiocciola sepéoixos (che
porta la sua casa), la quale quando da terra sale alle piante, non
si deve più scalzar la vigna ? del popolo che trovò la storiella del
senza ossa ’ (åvooTEOS) , il polipo che nell'inverno , per campare, si
succhia i suoi molti piedi ; che vide la ' savia ’ (idpis), la nera e pic
cola massaia , fare il suo raccolto al tempo che il ragno fila la tela,
nei giorni lunghi ; che chiamò il ro ' l'uomo che rme di giorno '
(Quepózoutos), che chiamò ‘ soavità ' (suppóvn ) la notte, in cui il la
voratore riposa dalle fatiche, e che defini in questo modo ingegnoso
una cosa brutta a farsi, anche in un banchetto d'uomini , e nemmeno
bella a dirsi : ' Dal ceppo che ha cinque rami (dTo Tevto CO10) nel
banchetto splendido degli dei non tagliare il secco dal verde ’ : (*

( 1) Hom. Il . T 298.
(2) id. Il . 2 720-776.
( 5) Hesiod. Opera et Dies 448. Aristophanes, Aues 710 : Seminare quando la
gru, gracchiando, alla Libya valica e allora al marino dice ' appendi il timone e
dormi ’. Arist. derivò questo, forse, da un canto popolar e tale canto poteva es
sere più antico dei versi di Hesiodo.
(4) Id. ib. 582. Alcaios derivò probabilmente i suoi choriambi (fg. 39 Bergk : lo
conservò Proclos al passo surriferito di Hes.) dalla stessa fonte & cut - attinse il
poeta d'Ascra.
) Vedi Hes. 0. et D. v. 568, 571 , 524, 778, 605, 560, 742 ,
BLIOTECA
PASCOLI, Lyra Romana * BI
FSORIA
01
XVIII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

Ma l'epos sfiorì : il mondo eroico degli uomini più grandi , più


forti, più belli , meraviglia di quelli otol VŨv Bpotoi sisi, ( " ) non attrae
più i Greci, che sono più affaccendati, appassionati, travagliati dalla
vita reale . La poesia, più necessaria che mai , perchè ella è conforto,
risuona più specialmente nei convivii , dove l'uomo o dimentica i
suoi mali o si fa più forte contro essi o si lascia da essi commuovere
sino alle lagrime e al canto . Da tre specie di convivii si possono
supporre derivate , o meglio fissate, tre specie di poesia. È parola
in Omero del banchetto funebre , detto tápos , come la sepoltura,
tanto era la stessa cosa . (° ) A tali banchetti in tempi assai remoti
si usava, pare, un cantico lamentevole, ëheyos, parola e cosa deri
vata da Cari e da Lydi , da popoli , insomma , dell'Asia minore . Il
lamento era accompagnato dal flauto, ajhóç. È ricordato poi in
Hesiodo , il banchetto allegro e sfrenato, o l'ultima parte di esso, il
kõjos : ' da altra parte giovani facevano un comos , al suono del
l'aulos, gli uni scherzando con danza e con canto, gli altri mot
teggiando ’ : ( ) Nell'inno a Hermeias sono ' i giovinetti nel fior
dell'età ' che nelle thaliai gareggiano con motti cantati all'improv
viso . ( 4 ) Si tratta di banchetti , in origine, di soli uomini , di soli
giovani ; e il convito che facevano lo sposo e i suoi compagni di
gioventù nella casa maritale , prima che fosse addotta la sposa, ( )
doveva rassumigliarsi ad essi , come quello che chiudeva l'età spen
sierata della vita. Ma in altri convivii sedevano uomini e donne ; e
quando ne uscivano per la città, grida di gioia sonavano per tutto,
danzatori turbinavano , splendevano fiaccole; oltre lo squillo dei flauti,
s'udivá il tintinno della lyra : le donne, sulla porta di casa, guarda
vano ammirạndo il corteo nuziale passare . ( Nel banchetto funebre
nacque l'elegia, nel convivio nuziale in casa dello sposo si svolse
la poesia iambica, nel convivio nuziale in casa della sposa sbocciò
la poesia melica . Il pensiero della morte dominava sul primo ; e lo
scherno gioviale e spesso amaro , e sempre libero , informava il se
condo ; l'amore ardeva nel terzo . Ciò , forse, in origine ; ma col
tempo l'elegia non si associò solo al taphos, sì a ogni convivio ; nè

(1) Hom. Il. M, 449.


(2) id. ib. Y 29, Od. y 309. Il medesimo senso ha forse távos nell'ultimo verso
dell' Iliade.
(3) Hes. Scut. Herc. 281. Il comos se in origine era un banchetto, in seguito fu
del banchetto solo la chiassosa conclusione. Il comos dello Scudo d'Ercole è quasi
l'opposto d'un hymenaios che è in altra parte della città festeggiante.
(4) Hymn. H. 2, 55.
(5) Vedi a pag. 97 il [LXII) di Catullo, canto che è un'imitazione Lesbiaca.
(6) Hom. Il. & 418 e segg.: nell'una nozze erano e convivii (eilapinai) '. Hes.
Scut. Her. 272 e segg. Anche in queste nozze sono i convivii ( thaliai, v. 284) e
le phorminges con le syringes, nel corteo nuziale : nel comos solo l'aulos.
SINO ALLA MORTE DI ' ORAZIO . XIX

comoi furono più solo la conclusione rumorosa di cene in occasione


di nozze, ma ogni festino di giovani , rallegrato anche da auletridi
e altre donne ; e non più solo nelle nozze i giovani si trovarono nel
symposio vicino alle giovani . Nei paesi eolici la donna ebbe una
libertà ignota nel resto dell'Hellade ; e quindi in essi fiorì la poesia
erotica e la sympotica, che sono spesso la stessa cosa, poichè il con
vivio è sovente la scena dove si svolge il piccolo drama d'amore. ( ™ )
Tutto col tempo si mescolò e confuse ; ma la nota primitiva persiste
sempre : le anfore, benchè infuse d'altro liquore , conservano il sot
tile e vago aroma del primo che vi fu versato ; e questo aroma
sembra mutare la natura e l'essenza del secondo . Come è sospiroso
l'amore nell'elegia ! come è amaro o scurrile nell'iambo ! E se il
pensiero della morte entra nella dolce melodia del symposio amo
roso, come ne viene cacciato dalla gioia del vivere ! ' I Soli possono
tramontare e ritornare : noi, appena tramontato questo breve dì , una
notte dobbiamo dormire, infinita, senz'alba... Dammi mille baci , poi
cento, poi altri mille, poi altri cento ... ' (º) Così nell'anima del poeta,
come il cupo ronzio del mare nelle volute della conchiglia, è l'eco
dei convivi antichissimi dopo i quali (8) ardeva la pira, dopo i quali
dalla casa, in cui la gente udiva da ore un giocondo strepito, (4) usci
vano o l'allegra compagnia dei giovani che cantavano canzoni a
cui le donne chiudevano le orecchie , o i gentili cori di vergini e
fanciulli, che le donne, fattesi sugli usci , ammiravano . (5) Così sembra
a noi e il cantore iambico cantare sempre nell'assenza della donna,
e il cantore melico modulare i suoi inni tra persone che parlino
d'amore, e il cantore elegiaco aver veduto prima del canto, o essere
per vedere dopo , le fiamme d'un rogo .
È naturale che l'elegia s'ispirasse da prima più per la morte incon
trata nei campi di battaglia e nella fortunosa navigazione : naturale
(1) Dal Neue (Sapph. Mytil. Fragmenta Berolini 1827 , p. 57 ) è attribuito a Sappho
il fg. che è il 46 Bergk di Alcaeus : ' Voglio alcuno chiami il grazioso Menone, se
i symposii hanno a essere a me di diletto ' . Le ragioni del Neue a me paiono an
cora buone, non ostante il parere del Bergk. E del resto, di quale se non di una
poesia conviviale può essere l'altro fg. di Sappho, indubbiamente di Sappho (Athen.
13, p. 564, 62 di Neue, 29 di Bergk) ? • Stammi avanti , caro, e scopri la grazia de'
tuoi occhi ’ . Troppo in lungo mi porterebbe l'esame del passo di Arist. Rhet. 1 , 9,
in cui è riferita quella sorta di contrasto tra Alcaios e Sappho che tutti conoscono.
Forse è un dialogo in mezzo i calici. Il fg. 59 Bergk di Alcaios è il lamento di fan
ciulla che (è verisimile dall'imitazione di Orazio : vedi a pag. 179) per severità di
qualche parente, non può andare ai convivii.
(2) Vedi a pag. 49, il carme [V] di Catullo e nota al v. 7.
(3) Il taphos di Patroclo fu imbandito prima del funerale, quello di Hector dopo.
Vedi Il. ll. ll.
(4) Xenophanes 1 , .12.
(5) Della poesia chorale dorica non è necessario parlare in una introduzione alla
storia della Lyrica Romana.
XX STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

che il poeta prendesse motivo di incoraggiare i presenti ad amare la


morte bella, nelle prime file d'un esercito, a non spaventarsi della
morte oscura, nei gorghi del mare . Callinos : ' — la morte allora sarà
quando le Moirai l'abbiano destinato la morte, non è destino
che l'uomo possa fuggirla : può fuggire sì la mischia selvaggia e
la romba dei dardi, ma la moira della morte lo coglie in casa. Oh !
ma egli non è caro e desiderato al popolo : l'altro, se alcun che gli
accade, è pianto dal piccolo e dal grande . come un baluardo lo
hanno avanti gli occhi ; chè da solo ei fa cose che sarebbero molte
a molti ’: ( 1 ) Archilochos : nei convivii non si allegrerà più il
cittadino e la città : tali ingoiò il flutto del mare fragoroso, e noi
per il rammarico abbiamo gonfio il cuore. Ma ai mali inmedicabili,
o caro, gli dei apprestarono un farmaco : la pazienza. Il male l'ha
or uno, or l'altro . Ora s'è volto a noi, e noi gemiamo per la piaga
sanguinosa . Quindi andrà ad altri. Or via, togliete quel rammarichio
di donne e siate pazienti . nascondiamo sotterra i mesti doni di
Poseidaon , il signore . nè piangendo rimedierò nè peggiorerò se
guendo divertimenti e convivi ’: ( ) Tyrtaios : * Esser morto ! è bello
quando il prode è caduto tra i promachoi, combattendo per la sua
patria il prode... stimi nemica la vita e la nera morte, cara ;
come i raggi del sole ! ' ( ) Di morte in questa prima forma d'elegia
è il ricordo in tutti a ogni tratto ; del banchetto dove ella era nata,
è traccia più in Archilocho, in quello che era nel tempo stesso scu
diero del dio della guerra e maestro nell'arte delle dee del canto, di
quello per cui la lancia era pane e vino . (*) I frammenti elegiaci di
questo poeta conservano più il tipo originario sebbene quasi in parodia.
La confessione stessa d'aver lasciato ' non volendo’il suo scudo presso
un cespuglio , sembra essere fatta in un convivio, tra amici, ed è in
stridente contrasto con le lodi che in simili convivi si dicevano , nello
stesso metro, di quelli che sullo scudo erano riportati morti dalle
battaglie . Egli invece sfuggì la morte ; quanto allo scudo, ne acqui
sterà un altro non peggiore . ( ') In metro elegiaco egli domanda il vino
per passare bene la notte lunga della crociera : ' prendi il vino rosso
sin dal fondo; non potremo noi stare sobri in questa veglia in armi’. (0)
Ma con queste affermazioni audaci di vita siamo, sembra, lontani
dal pensiero della morte che dominava nella elegia guerriera dei
primi tempi. Eppure, no : anche in quella , dalla morte rampollava

(1) Callinos 1 Bergk, v. 9, 13.


(2) Archilochos 9, 10, 13.
(5) Tyrtaeus 10, v. 1 e 2, 11 , v. 5 e 6.
(1) Arch. 1 e 2.
(5) id. 6.
(6) id. 4.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXI
la la vita. Il valore dà gloria sì al guerriero caduto e si a quello che
lla sopravvisse. Infatti se fugge alla morte e vittorioso ha il chiaro
ara vanto della “ lancia ', tutti l'onorano, giovani e vecchi, e se ne va
all' Hade dopo aver goduto molti piaceri . (") Tyrtaios descrive l'uomo
che per paura della morte preferì abbandonare la patria al difen
b! derla. Egli erra con la triste famiglia odioso a tutti , oppresso dal
gi bisogno : diventa brutto ! La viltà è dunque come la vecchiaia, che
Llo * fa l'uomo brutto insieme ed infelice ’: (9) La vecchiaia ! donde, se
bite non da antiche elegie in morte d'un giovane prode, ha ricavato i
suoi motivi Mimnermos ? ' Due sorti nere ne stanno sopra : l'una
pol con la vecchiaia molesta, l'altra con la morte... quando la lieta sta
bull, gione è passata, oh ! allora meglio la morte che la vita ': ( * ) E la gio
ba vinezza, ' il fiore della giovinezza, soave e bello, dovrebbe durare più
aga a lungo : e invece è breve come un sogno ’. Perciò bisogna goderla,
shiv ' amando . Poichè la vita che è senza l'aurea dea dell'Amore ’ ? Oh !
i di morire, quando non siano più per noi i suoi doni . (4) E così l'amore
se entra nell'elegia naturalmente, e noi possiamo supporre che sempre
ello ci sia stato ; l'amore è fratello della morte ; e sempre vi rimase, sebbene
sua irrequieto, insoddisfatto , come quello che vede le due ' sorti nere ’.
ara: Le tristi riflessioni del banchetto funebre, le gnomai amare, ricor
egia rono alla mente del poeta innamorato anche se egli non voglia,
ata , poichè sono indissolubili dall'esiguo elegos nel quale e per il quale
SCU sono nate. ' Non mai, Cyrno, dire una parola grande (temeraria) :
nessuno dei viventi sa ciò che notte e giorno ad uomo porterà. Chi
i ha un male chi un altro ; proprio felice nessuno è, de viventi, quanti
dia. ne vede dall'alto il sole ’. (5) Il sorriso è fuggevole, triste: ' Gioiscimi,
esso o cuore : altri uomini presto saranno, e io morto sarò nera terra ': (0)
è in Nessuno degli uomini, cui la terra potente abbia nascosto e sia
jelo disceso all'Erebo, alla casa di Persephone, gode a udire la lyra e
lalle il sonatore d'aulos, e a bere il dono di Dionysos . Questo vedendo,
qui io bene ubbidirò al mio cuore, finchè ancora snelle le ginocchia io
vino abbia e porti dritta la testa ’: 0 Stolti e bimbi gli uomini che pian
OSSO gono i morti, e non distrutto il fiore di giovinezza ! ’ Così il convivio,
pur cessando d'essere funebre, non sempre è lieto : ' poniamo nei con
tani vivi il nostro animo, finchè egli comporti le amabili opere della gioia.
dei Presto, come un pensiero, trascorre la bella giovinezza, nè impeto
lari
(1) Tyrt. 12, v. 35.
(2) Tyrt. 10, v. 3. Mimnermos 1, v. 7.
(5) Mimn. 2.
() id. 5, v. 4 ; 1 , v. 1.
(5) Theognis 159.
i (6) id. 877.
( id. 973.
XXII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

di cavalle è più veloce ; di cavalle che portano il signore alla guer


riera fatica degli eroi , con foga, godendo della pianura fertile di
grani ’. (4 ) L'elegia, fatta politica, in Solone sembra dimenticare la
sua origine conviviale e funebre, non ostante qualche accenno fa
talistico , come, La Moira ai mortali porta il male e anche il bene,
e i doni degli dei immortali vengono inevitabili ’ ; (*) non ostante che
nella famosa Salamis (di cui vedi Plut. Sol. c . 8) egli abbia forse
scelto il metro elegiaco, perchè intonato alla sua simulata pazzia,
come quello che ricordava il vino e il convivio. (3) Fatta poi filosofica,
in Xenophane l'elegia, nel convivio , risuona grave e composta, rigetta
i discorsi di battaglie, mitiche e civili , alle quali era avvezza, e parla
di virtù e di saggezza : “ chè di forza d'uomini e cavalli è migliore la
nostra sapienza ” . (*) Così ella cambia d'argomento e di tono, ma
ricorda sempre le sue origini : ' Beviamo , scherziamo, vada per la
notte il canto, ognuno danzi ! ... ' ( ) Il pavimento è pulito : l'acqua
è data alle mani, i calici lustrano . Un servo pone al capo dei con
vitati la ghirlanda di mortella e di rose, un altro porge l'odoroso
balsamo nella fiala . Il cratere è in mezzo : il vino sente di fiori.
L'olibano brucia facendo sentire il suo odore sacro : l'altare è pieno
di fiori e la mensa di pani biondi e miele e latte rappreso . (*) Fra questi
profumi, si leva l'elegia, dolce canto antico, che se non tramanda
più all'immortalità un giovane guerriero, morto nelle prime file e
bello anche da morto, dà a persona vivente e amata le ali con cui
sul mare e sulla terra potrà volare facilmente. E presente essa per
sona sarà in tal modo ai banchetti e ai festini tutti, e i giovani negli
amabili comoi la canteranno coi piccoli flauti chiarosonanti. (*)
Ma nei comoi s'udiva più la seconda specie di poesia lyrica,
l'iambo, che ha con l'elegia in comune l'aulos, e in qualche modo
le assomiglia, se noi vediamo lo stesso poeta, come Archilochos e
Soion, trattare i due generi . Pensando ad Archilocho, si direbbe che
egli abbia piegato fino a che si potè, la cantica derivata da un con
vivio sì, ma funebre, a esprimere il suo sentimento allegro e fresco
della vita ; dove non si potè, ricorse all ' iambo ; all'iambo memore
d'altri festini. Questa poesia procace era congiunta anche al culto
della dea Demeter ; poichè Iambe è l'ancella che con le sue facezie
muove l'afflitta madre a sorridere e racconsolarsi : onde ' anche dopo,

( 1) Theogn. 983.
(2) Solon 13, 63.
(3) Non è anche dei convivi furere ? Vedi, per esempio, a pag. 188, v. 28.
(4) Xenoph. 1 , v. 21 e segg. 2, v. 11 .
(5) Io Chius, 2, 7. 1
(6) Xenoph . 1. 1
(7) Theogn. 237. 1
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXIII

ciò le piacque nelle sue feste ’. ( 1 ) Aristotele conferma che la legge


concedeva per certe divinità il tw9CoMóv ; (º) ma i giovanetti non do
vevano udirlo . Ed è notevole che Paros, la patria di Archilocho, sia
dopo Eleusis, il paese prediletto di Demeter, sì che l'isola si chiamò
Demetrias . (0) Archilochos fece anzi alle due dee un inno . (4) Per il
poeta Pario era dunque questo tothasmos già noto e abituale ; e ciò
spiega come il genere iambico nascesse con lui perfetto. Ben poco
resta a noi di tutta quella grande opera poetica che lo fece chiamare
il più grande dopo Omero, il più Omerico . Più che dai frammenti, ne
deduciamo la nota generale dal drama che gli antichi derivarono dal
l'opera stessa ; l'amore di Neobule . Era la poesia dell'amore respinto,
quella d’Archiloco, della fede spergiurata ; e ciò con tutte le ondu
lazioni d'un'anima che passa da una finta rigidezza a un inteneri
mento improvviso, dall'ironia amara all'odio aperto e grave . È la
poesia della lotta per la vita nel suo momento più commotivo , in
quello dell'amore ; ed è poesia che parla di donne, ma ad uomini ;
quindi cruda nella espressione . ' Una cosa io so , una, ma grande ',
egli dice ' a chi mi ha fatto male rendere atroce il male ' . Si fa
talora coraggio : ' O cuore, cuore tumultuante per dolori intollera
bili , in alto ! vittorioso, non menar vanto palesemente, vinto non
buttarti giù, non piangere, serrato in casa ; ma delle gioie godi,
de’ mali rammaricati, pure non troppo : riconosci qual condizione è
l'umana ”. (0) Spera negli dei : ' Negli dei riponi il tutto : spesso dai
mali rialzano gli uomini che giacevano sulla nera terra , e spesso
rovesciano e gettano supini quelli che fieri incedevano . Ecco , molti
guai sopravvengono e l'uomo va errante in cerca di vitto, fuori di
sè ': ( ) motivi, questi , dell'elegia. Ma l'amore persiste: ' infelice io
bi sto fisso nel mio amore, senza più vita... ' ( *) E ripensa come e quale
la vide : ' Aveva un ramo di mirto e i bei fiori del rosaio , e si tra
stullava : la chioma le ombrava le spalle ’ : (º ) E rifà la storia del
tradimento, raccontando la favola della volpe e dell'aquila . L'aquila
dall'alto si ride del povero animale, a cui ha mangiato i figlioli ; ma
quello si rivolge a Zeus : ' O Zeu, Zeu padre, tu hai la signoria del
cielo, tu sorvegli le azioni degli uomini, ingiuste e giuste, tu hai a

(1) Hymn. H. 4, v. 205 leggendo invece di o prais dei codd. o di oprun del
Buecheler, toptats col Voss.
(2) Arist. Pol. 7, 15.
(3) Hymn. H. 4, v. 492 ; Steph. Byz. alla parola IIđpos.
(4) Schol. Aristoph. Aues. 2.
(5) Arch. 65.
(6) id. 66.
( id, 56. Cfr. Theogn. 1048.
(8) id. 84.
(9) id. 29.
XXIV STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

cuore delle bestie il male e il bene ' . ( " ) E Zeus vendica l'impotente .
Restano ancora le solenni parole con cui il poeta si rivolge a Ly.
cambe : ‘ Hai violato il giuramento grande : il sale e la mensa ' . An
che in Simonide ( o meglio Semonide) d’Amorgo si trova la nota fonda
mentale di questa poesia : egli anzi raccoglie e svolge nella sua lunga
* Satira ’, i motteggi sulle donne, paragonate a bestie, motteggi che fa
cevano le spese dei comoi. (*) Ma in Hipponax, l'inventore dell'iambo
zoppo , la situazione del poeta iambico è più chiara e compita : egli
è il brutto, il misero, lo spregiato ; ha freddo e fame, odia gli dei
e gli uomini che non lo aiutano o lo deridono . Egli si rivolge bensì
alla divinità : ' O Herme , caro Herme, figlio di Maia, Cyllenaio , ti
prego : ho freddo . Dà un mantello a Hipponacte ; ho un freddo, un
freddo ; e búbbolo ’; ( ) ma bestemmia, quando non ottiene ciò che
ha domandato . Egli dice : “ A me Ploutos (egli è veramente cieco)
non è venuto mai in casa a dirmi : Hipponax, eccoti mine trenta
d'argento, e molte altre cose ancora : egli è vile di cuore ! '. D'un
medimno di orzo ha bisogno, per farsi la farinata, d'un paio di pan
tofole per i suoi piedi rotti dai geloni . E tra queste lugubri voci di
miseria volgare e sfacciata, suona un verso dolcissimo, sospirato più
che detto : ' Se mi amasse una vergine, bella e tenerina '. (1) Anche
le donne entravano in questa poesia di miseria e dispetto ; ma le
idee e i sentimenti del poeta sono tutti in questi due versi zoppi :
* Due giorni d'una donna sono i più soavi, quando si sposa e quando
si porta a seppellire ’ : (5) Così è in questi poeti veramente il drama
della vita, palpitante di realtà ; e si comprende come ne prendessero
i loro metri e i loro accenti sì la comedia e sì la tragedia . Già al
cune loro poesie erano piccole tragedie e comedie, come s’induce,
per es . , dal fg. 74, di Archilocho , in cui parla Lycambes, e più
dalle imitazioni di Orazio . (Ⓡ)
Dai paesi ionici passiamo nell'Eolia, e specialmente nell'isola più
musicale di tutte ', Lesbo ; dove il poeta uomo, o tra le armi o tor
nato dalla navigazione, cantava tuttavia l'amore nei lieti conviti ;
dove il poeta donna esprimeva tutte le cose belle e tutti i gentili
affetti con la cetra esperta d'hymenaei . Alcaios dice : o Giglio , nel
seno ti accolsero le pure Chariti ’ . ( ) Sappho : ' stammi in faccia,

( 1) Arch. 86, 87, 88.


(2) Simonides Amorginus 7. Cfr. Phocylides 3.
(3) Hipponax 16, 17, 18, 19.
(') id. 20, 43, 19.
(5) id. 29.
(6) Vedi a pag. 137, Epodon (V) e a pag. 144, Ep. [II ].
) Alcaeus 62. ' Giglio ” è la traduzione di Kpivol, gentile nome di donna, al
vocativo, rintracciato dal Bergk nel K povw di Hephaest. 59.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXV

mpotente. caro, e spandimi la grazia che hai negli occhi ’. ( ' ) Sono dolci bisbigli
Ige a Ly: sussurrati nel convito . Ma i conviti di Alceo non sono sempre così
nsa '.An: placidi . . Ora bisogna inebbriarsi e bere di forza ; è morto Myrsilos ’ ; 3
ota fonda così esclama al sentir la morte del tiranno . ( *) In un banchetto, egli
sua lunga al suo fratello, reduce da battaglie in paesi lontani, diresse il saluto :
Egi che fa * Venisti dai confini della terra, riportandone un'elsa d'avorio legata
Hell'iamba d'oro ... ' °) Questi e altri accenni ricordano l'elegia del primo tipo; e
epita : egli sono conviviali nel tempo stesso che stasiotici, come attesta Aristotele
Jia gli del per cui è melos scolion una poesia choriambica contro Pittaco. (*) E
olge bens nelle poesie sympotiche entrava spesso l'amore, come nelle amorose
-llenaio , ti il symposio . ( ) Sono poesie nate tra i calici , dette con sul petto le
freddo, un ghirlande intrecciate di aneto, e il petto stillante di balsamo soave . (*)
ne ciò che E qual incanto a un'occhiata che si getti sui frammenti di Sappho
ente cieco) la bella . Essi dànno l'imagine d'una rovina d'un bel tempio antico :
cine trenta due sole statue sono intere o quasi ; del resto rimane qualche capi
re!'. D'un tello , qualche pezzo di fregio, qualche scheggia di bassorilievo, una
aio di pan mano, un piccolo piede ; tutto a terra. Tra l'edera e i rovi essi bian
bri voci di cheggiano, e gli usignuoli hanno posto qua e là il loro nido di foglie
spirato pri secche ; e la luna piena illumina il luogo misterioso e una fonte
(4) Anche gorgoglia e il vento stormisce tra gli alberi. Lunghe fila di vergini
Eto ; ma le e fanciulli si vedono passare, se pure non sono nuvole bianche così
ersi zoppi tenui che ne trasparisce l'azzurro del cielo . Una stella d'oro è nel
a e quando cielo ; e si sente un grido, lontanissimo e quasi vano, ripetuto da
e il drama gracili voci: Hymenaon, Hymenaon. Ma a volte passa un'ondata di
prendessero dolore e di passione : “ Muore, Cyterea, il molle Adonis : che fac
lia. Già al. ciamo ? palma a palma, o fanciulle, battete ; stracciate le tuniche.
e s'induce Oton Adonin ! Quanto tempo è passato ! come esso qui ha mo
abes , o pii strata la sua potenza, abbattendo, seppellendo, distruggendo ! Eppure :
* Intorno il vento fresco sussurra tra i rami del melo, e allo stormir
l'isola pia delle foglie fluisce il sonno profondo donne di Creta così bella
armi o tor mente una volta danzavano coi piedi delicati intorno all'ameno al
eti conviti tare, calcando molli il tenero fior dell'erba piena appariva la luna,
ti i gentii ed esse come stettero presso l'altare ... è tramontata la luna e
Giglio, nel le Pleiadi, è mezza notte, il tempo passa, e io dormo sola — il nunzio
i in faccia di primavera, l'usignuolo dalla voce d'amore ... che cosa a me,

(1) Sappho 29.


9. Alc. 20.
) id. 33. Trovo una certa somiglianza tra questo frammento e l'ode ( II - VII]
d'Orazio (pag. 186) e altre a reduci ; donde la supposizione che sia conviviale.
(4) id. 21, 23, 25, 27-31 . Arist. Pol. 3, 9, 5. Egli conserva della poesia un fram
mento che è il 37 A del Bergk.
) Vedi per es. il fg. 39 con l'osservazione di Plinio HN. 22, 43 ; il fg. 41, al
de di donus, v.13; il fg. 55, 56, 57, 59 e 63.
(6) Alc. 36 .
XXVI STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

cara rondinella di Pandione ? ... ' (4 ) La fantasia compie il frammento ,


che sorride intero, per un istante, come un'apparizione, e poi vanisce
lasciandoci della grazia nel cuore . Ecco la fanciulla innamorata :
* Dolce madre, no non posso tessere questa tela, domata dall'amore
d'un giovinetto, per la molle Aphrodite ’: ( ) Ecco una bambina : ' Io
ho una bella bimba, che ha la grazia dei fiori d'oro, Cleis l'amata ,
per la quale io nè la Lydia tutta nè l'amabile ... ' * ) Lascio le due
odi, note a tutti : che cosa di più forte e gentile di questi tocchi ?
come una bimba corro alla madre battendo le ali Amore mi
scosse il cuore, vento che nel monte si getto sulle quercie come
il dolce pomo arrossa in cima al ramo , in cima del ramo più in cima :
se ne dimenticarono i coglitori ; no , non se ne dimenticarono, ma non
poterono arrivarvi come il giacinto nei monti i pastori pestano
coi piedi e a terra rosseggia il fiore ... - Espero, tu porti quanto di
sperse l'aurora, porti l'agnella, porti la capra, porti alla madre la
figlia via ’ : (*) Qual dolcezza ingenua di lode, che sa di convivio nu
ziale, in queste espressioni, più bianca dell'ovo, più oro dell'oro ’ !
Sappho la bella non è morta e non morrà mai ; ella non è davvero
quella di cui parlò così : Morta tu giacerai, una volta ; e memoria
di te non sarà nè allora nè poi ; chè non sei partecipe delle rose
della Pieria ; e anzi oscura nelle case dell'Invisibile andrai coi ciechi
morti svolazzando ’: 0 ) Questa poesia, passando il mare, incantava
e beava gl'Ioni : Solone vecchio voleva imparare una delle odi di
Sappho e morire. (Ⓡ) I quali Ioni presto s'impadronirono come già
dell'epos, così del melos eolico. Anacreon è un imitatore dei Lesbii,
sebbene molto derivi anche dall'elegia ionica . Per esempio, il fg. ele
giaco 94, nel quale biasima chi presso il cratere pieno parla di risse e
della guerra lagrimosa, ricorda il suo contemporaneo Xenophane.È
vero che egli non vuole nemmeno i discorsi di virtù e di sapienza, sì
di poesia e d'amore. E certo derivò in qualche modo da Mimnermo
quello che era il motivo dominante delle sue poesie autentiche, se
dominò in quelle de'suoi imitatori e contraffattori: il dissidio tra l'età
canuta e il cuore giovane . Come Solon già volle correggere il Li
gyastade ' cancella quel sessanta ; solo 'a ottant'anni mi colga la
morte ’ ; così Anacreon diede conclusione diversa alle meste premesse
di Mimnermo . Egli dice che Eros lo tempra nell'acqua, come un fabbro
il ferro ; e vuole intendere che lo rafforza, lo ringiovanisce . Delle due

(1) Sappho 4, 54, 53, 52, 39, 88.


(2) Ead. 90 .
(5) Ead. 85.
(0) Ead. 38, 42, 93, 94, 95.
( 5) Ead.
(6) Stobaeus Serm . 29, 28.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXVII

Kõpeç nere, egli teme più la morte : ' Grigi sono già i miei cernecchi
e bianco il capo, e la graziosa giovinezza non è più, e i denti sono
tremoli per vecchiaia. Della dolce vita non rimane più molto tempo ;
per questo, piango sovente per paura del Tartaro . Chè dell'Hades
terribile è la spelonca, e dura è la discesa ad esso : chi andò giù non
può tornare più su ’: ( 1 )
Così fiorì nell'Hellade la poesia del sentimento, la poesia sog
gettiva, in due secoli, dal settimo al quinto . Dopo la morte di Ales
sandro, quando per i meravigliosi avvenimenti della epopea del Ma
cedone, per la conquista al genio greco dell'Asia e dell'Egitto, questo
tempo dei piccoli tiranni parve antico , si tornò a questi poeti, mezzo
dimenticati, con l'interesse con cui si guardano le reliquie e le ro
vine. I dotti grammatici si provarono a studiarne la vita, a racco
glierne e dividerne le opere . Poi li imitarono ; e così rifiorì l'elegia.
Allora s'intuì che il tipo d'elegia che avesse più l'impronta della sua
origine ed essenza , era quello di Mimnermo; e così Mimnermo fu
il più imitato . E il piccolo epigramma, che in origine era un'iscri
zione funebre e votiva , divenne la forma più amata di poesia , e
servì all'amore e all'odio, alla satira scherzosa e alla riflessione se
vera . Si ripetè in certo modo la storia dell'elegia sua madre : dalla
morte all'amore, a tutto. Esso accolse anche metri melici e iambici. Ma
l'iambo dopo la consacrazione fattane dal drama, difficilmente si adattò
a vivere fuor del dialogo e dell'azione, a cui , del resto, era nato . E
così nacquero i mimiambi , scenette meravigliose della vita cittadi.
nesca e popolare. E vicina ad essi fiorì la poesia bucolica coi suoi
quadretti (Biol.2.c) della vita rustica, pastorale, marina ; la qual
poesia s'ispirò al melos e accolse in ' sé molti motivi e lesbiaci e più
antichi ; non ricusando qualche volta di gareggiare col mimiambo e
dialogare anch'essa qualche scena di città . Sì il mimiambos e sì
l’eidyllion sono , o vogliono essere, in lingua popolare, l'uno in ionico,
l'altro in dorico : e per il metro e il tono diversi, l'uno ha dall ' iambo
zoppo di Hipponax come maggior vita , così maggiore volgarità e
licenza, l'altro dall'esametro d'Omero un'idealità semplice e antica,
che è incanto dell'anima.

1.

E tu popolo italico , tu nostra italica Roma, non avevi nell'anima


questa poesia, e non la estrinsecasti col canto ? Sono due questioni
che vanno trattate a parte, e richiederebbero maggiore studio e più

(1) Anacreon 94, 47, 43.


XXVIII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

parole di quelle che posso spendere io qui ora. Avevano i Romani


la facoltà intima di animare nel loro pensiero l'inanimato e idea
lizzare il reale ? Sì, e in una certa misura nessuno lo nega . Bastino
alcune imagini della loro mitologia particolare . Ianus è il dio dalla
cui mano tutto è chiuso e aperto, è il ianitor del cielo : quando egli
apre, la terra s'illumina, quando egli chiude, tutto si oscura. Così
il mondo è un grande tempio ; di cui era imagine quello che egli
aveva in terra presso il Tarpeio . Il sole indora il tutto nel giorno, come
la fiamma del sacrifizio fa lustrare l'oro del tempio aperto ; e nella
notte, tutto riposa e dorme nel tempio serrato . È pace. Così la
guerra è giorno e vita, la pace, così rara nell'istoria del popolo dei
Quiriti, è notte e sonno. ( 1 ) Carmentis è la dea che predice l'avve
nire e presiede ai parti : essa è la levatrice avanti l'oscuro grembo
delle cose ; per essa una nuova vita è una nuova parola d'un libro
misterioso che ella sa. Anna Perenna è la luna piena di primavera,
la prima luna dell'anno antico, come lanus è il primo sole del
l'anno rinnovato, il primo lanus. Liberando il mito dalle frasche,
Anna Perenna è una vecchierella errante , dai capelli bianchi, che
dà i liba alla povera gente. È condotta al talamo col volto velato ;
quando lo scopre, è già invecchiata, e rapidamente volge, non alla
morte, ma all'oscuramento da cui perennemente esce nell'anno . (*)
Così il sole è aliusque et idem . Noi non abbiamo alcuna traccia
d'inno rustico e popolare cantato alla luna fecondatrice, a quella
che ' compiendo a parte a parte colle sue fasi mensili l'annuo giro
empie all'agricoltore la rustica capanna di buono e grande raccolto ’ . ( )
Ma noi possiamo indurre qual canto adombrato nell'anima, se non
espresso con la voce, fosse dei buoni popolani che alle Idi di Marzo
si sdraiavano sull'erba, nel bosco della dea lungo il Tevere, bevendo
e augurando : ' o vecchierella bianca , sempre in volta, che passi i
mari e ti nascondi nei fiumi, che entri ed esci per le finestre, che
quando ti levi il velo nuziale, mostri una faccia rugosa e ridente ;
o vecchierella buona che distribuisci le focaccie alla gente, dànne
anche a noi , sempre, per tutto l'anno, Anna Perenna ’. Faunus è
il dio dei boschi e canta con la voce bene augurante del vento tra
le fronde. Egli dice ciò che avverrà : poterlo sapere ! ma chi intende
quel canto di foglie ? il uates e la casmena. Ma non voglio moltipli
care gli esempi a dimostrare che il Romano , o, più generalmente,
l'Italico aveva e il desiderio e la facoltà d’idealizzare, di animare,
di poetare. (4) Però non sapeva troppo esprimere con parole i fan

(1) Vedi, tra altro, Ouid. Fastorum 1, v. 65 e segg.


( 2) Ouid. F. 3. 523 e segg. specialmente v. 379, 643, 645, 657, 690.
(5) Catullus (XXXIV ] v. 17. (pag. 87).
(4) Vedi MOMMSEN Storia Romana , vol. 1, cap. 15.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXIX
Dan tasmi del suo pensiero, intendere e significare ' quel canto di foglie ’;
o non voleva . A ogni modo, rispetto ai Greci, che tutto atteggiando
e sceneggiando umanamente , perdevano e facevano perdere la pri
Talla mitiva emozione dello spettacolo naturale, gl'italici erano più intima
mente poeti, avevano più quel sentimento religioso o poetico , che è
Cosi tutt'uno, il quale comanda il silenzio più che non muova la parola.
Ma quando la parola è mossa, ella è più grave se non più colorita ;
e se non disegna più precisamente il fantasma che ha il poeta nella
le mente, esprime però con più profondità il commovimento dell'anima
1ild avanti ad esso . ' O Sole, sorgi e invadi il tutto ! Al vestibolo del cielo,
del tu sei , o Iane, gentile ianitor . Un buon Cerus tu sei, un buon lanus. O
vre benefattore de' viventi, porta il giorno e nascondilo ! ' ( ) Così, presso
a poco, cantavano i Salii , sin dai primi tempi , movendo gli ancilia,
ibro in uno dei loro molti axamenta . Questo era in onore di Ianus. Eccone
era un altro in onore di Iuppiter tonante : Quando tuoni, o Leucesio,
dels tremano già di te quanti uomini ti udirono tonare ’ : ( ) Il quale
che axamentum è interpretato da altri con più genialità, sebbene con
che maggior licenza : quando toni , Leucesie, tremano già di te quanti
ato in ogni luogo sono uomini , dei , tutto il mare, monti e piani ’: ( ) Anti
chissimo e di lezione più certa, come quello che giunse inciso su
pietra, è il canto dei fratelli Arvali o Aratori . Lo cantavano dan
Ccia zando, un poco per uno : carmen descindentes tripodiauerunt, come
è nella lapide stessa . Dubbia assai è l'interpretazione ; certo piace
giro l'imagine che, secondo il Preller, è nel terzo verso : ' Sazio d'infu
riare, passa la soglia, ferma la sferza ! ' Il che alluderebbe alle tem
NOD peste, dopo le quali il seme si svolge e mostra, facendo verdi le
arz porche . Marmar o Mauors o Mars è il dio degli agricoltori che a
ndo lui chiedono d'essere salvi dalla lue e dalla rue, essi e le loro fa
SI iniglie e i loro animali ; e con quegli agricoltori , fattisi un pilumnus
che poplus, diventò guerriero. (* ) I quali agricoltori nella guerra si ri
ote: cordavano poi di quella religione loro, così campestre e così alta . Le
cerimonie e le formule dei Fetiales ne sono la testimonianza più chiara .
Quando si faceva o feriva un foedus, domandava il Fetialis al re i
sagmina, le sacre verbene . La dichiarazione solenne di guerra del
nde popolo Romano era in origine una domanda di rifacimento di danni
pli fatta da una tribù agreste alla sua vicina. Ma quanto grave e mae
ate (1) Vedi a pag. 1. Lezione e interpretazione in Versus italici antiqui Carolus
ar Zander, Lundae 1890, pag. 29.
3.! (2 Vedi pag. 1. Lezione e interpretazione in De satyrnio Latinorum Versu,
scripsit L. Havet. Paris, Vieweg, 1880. (Bibliotheque de l'École des hautes Études ,
43me fascicule ).
( ) Zander, gentile anima di poeta, sottile ingegno di critico : ib. pag. 30.
(4) Vedi a pag. 2 , Carmen Aruale. Festus : Pilumnoe poploe in carmine Saliari
Romani uelut pilis uti assueti.
XXX STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

stosa ! " Odi , Iuppiter, udite confini, mi oda la giustizia divina. Io


sono il pubblico nunzio del popolo Romano e vengo legato secondo
la legge umana e divina : sia fede alle mie parole ' . E dopo avere
fatto la sua domanda chiamava in testimonio Iuppiter e diceva : " Se
io contro la legge umana e divina domando che mi siano consegnati
quegli uomini e quelle cose, non mi fare tornar più nella patria mia ”.
E dopo trenta tre giorni indiceva la guerra, invocando tutti gli dei
del cielo e di sopra e di sotto la terra . ( ™ )

6
II.

Nella campagna è la prima vita dei Romani e la prima loro


poesia. La Grecia, quando vinse il suo vincitore , trovò ancora agreste
il Lazio . ( 4) Il faunus che cantava agli uomini, era il dio dei boschi ;
e i uates che accoglievano e ridicevano le sue parole, dovevano più
aggirarsi per i boschi che per la Via Sacra. La lustrazione del campo
si faceva con una cantilena religiosa conservataci da Catone . (Ⓡ)
Mars pater era invocato non perchè desse la vittoria in guerra, ma
perchè facesse crescere e riuscire a bene frutti frumenti, vigneti
virgulti , e conservasse sani i pastori e il loro gregge. Ma il con
tadino cantava certo anche in altre occasioni : nelle campagne è
tutto un cantare . Canta Simylus macinando il grano per il suo mo 1.
retum ; canta la fida moglie vergiliana tessendo nella veglia inver
nale . Tali canti non erano sempre gentili nè innocenti : vi erano
canzoni d'improperi , canzoni d'infamia e anche formule misteriose
capaci di attrarre nel proprio le messi del campo vicino . (4) In bocca
di agricoltori certo, e forse nelle nozze sin dal principio più che in
altra occasione , risonarono i Fescennini che erano pure conuicia ,
come li chiama Lucano , tali quali chiama Orazio quelli del vendem
miatore e del passeggiero . (6 ) Nelle feste campestri si udì tra quelle
ridde il Triumpe triumpe dei sacerdoti di Mars, dio degli agricol
tori, prima che accompagnasse il carro del capitano vittorioso ; e
della rozzezza e licenza dei canti trionfali è causa, più che altro,
questa origine. Quanti cognomi di illustri genti e famiglie Romane,
cognomi villeschi, che ricordano legumi e bestie, saranno stati uditi
la prima volta nei tripudi della villa, come quello di Torquato in

(1) Liuius 1, 24. Pag. 2 Obtestationes.


(2) Pag. 15 Fauni uatesque, 2.
(5) Pag. 3.
(4) Pag. 20 Cantica, 6, 5, 2, 3 ; pag. 15 Occentatio, etc. 1 , 2, 3.
(5) Pag. 16 Fescennini ; pag. 20 Cantica, 2.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXXI

un tripudio militare ! ( 4 ) Il verso stesso o numerus in cui erano al


meno da principio queste canzoni , si chiamava Saturnius, quanto a
dire, nato nelle seminagioni. Ma gran parte della poesia contadina
era seria e grave : osservazioni agricole o morali o l'uno e l'altro
insieme . Delle prime è, per esempio : ' Quando inverno è polveroso,
primavera limacciosa, molto farro e molto bello , o figliuolo, mieterai ’ .
Un'altra : ' (La sementa) per tempo spesso falla, tardi falla sempre ”.
Delle seconde è questa : ' Gli dei aiutano chi fa ' , o questa : ‘ Presto
assai se assai bene ’ . Delle terze : ' L'uva invaia in veder l'uva ’ , o
" Tu non sai che cosa porta la stella della sera ', o ' La scabbia
d'una bestia infetta tutto il branco ’: ( ) Vi era tutta una precettistica
agreste in cui il vecchio insegnava al camillo ; mancò solo forse un
Esiodo a raccogliere questa sapienza sparsa, sebbene Appio Cieco e
Catone, a quanto sembra , vi si provassero ; aggiungendo naturalmente
del loro : Ma chi sembra essere stato più veramente una specie di
Esiodo romano è Marcius Vates, il cui nome è da Mars, il cui ag
giunto fu interpretato col tempo come profeta, mentre non valeva
che poeta ; poeta , s'intende, primitivo . Nel fatto, secondo Isidoro ,
praecepta composuit, e hanno l'aria di precetti i suoi piccoli e diffi
cili frammenti autentici. ( ) Tornando ai proverbi, abbondano quelli
suggeriti da una tanto fine quanto scettica considerazione della vita :
finezza e scetticismo proprii di buoni contadini . Per esempio : “ La
pentola degli amici bolle male, Hai un asse, un asse vali ’ e simili.
Altri si riferiscono a favolette e storielle come : Chi non può al
l'asino dà al basto , Ti prenda su chi non ti conosce ’ . Abbiamo un
canto che si diceva nelle feste Meditrinalia assaggiando il vin nuovo
col vin vecchio ; si diceva ominis gratia : ' Vecchio nuovo il vino
io bevo, curo un vecchio nuovo male ' . E pei mali si avevano molte
formule, tra il misterioso e il villanesco, a cui Catone , Varrone , Plinio,
credevano . E il bambino era addormentato con la dolce nenia ' Lalla
lalla lalla, aut dormi aut lacte ’: ( 4 ) Dalle culle alle tombe . Nei se
polcri si incidevano sin da tempo antico iscrizioni che senza dubbio
sono in versi. E questo può far sospettare che fossero tutt'uno con
la nenia che si cantava nel funerale in lode del morto , al suono
della tibia. (* ) Questa nenia era dunque una specie di elegia romana :
e così l'elogium , come si chiamò l'iscrizione dei monumenti , viene

( ) Pag. 17 Carmina triumphalia e specialmente 4 e note a 8 e 13.


( 3) Pag. 4-6 Carmina rustica, prouerbia : 6 , 27, 14, 18, 11 , 12, 28. Il 14 Di fa
cientes adiuuant, Mureto interpreta eos qui rite operantur sacris, contro l'interpre
tazione di Erasmo : Mur. ad Tibullum 1 , 1 , 11.
(5) Pag. 7 e 18.
(1) Pag. 4-6 Carmina rustica, prouerbia : 20, 22, 13, 23, 31 , 7 .
(5) Pag. 19 Carmina etc. specialmente 5 e nota.
XXXII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

ravvicinato alla cosa significata dalle parole greche elegos, elegeion ,


elegeia , dalle quali pur lontano , secondo il Mommsen, per l'etimo
logia . Elogium verrebbe da eligere e significherebbe primamente le
note che si ' trasceglievano ' per ricordare negli stemmata uno della
famiglia che avesse occupato offici curuli . ( ' ) O indica forse la scelta
fatta nella lunga nenia funebre ? Checchè sia di ciò, la poesia di
questi elogia è ora severa e quasi ufficiale, ma sempre piena di sen
timento e di solennità , ora affettuosa e dolce quanto più si possa.
Il poeta consola il figlio del primo Africano, che portò l'apex di
flamine diale, di aver avuto troppo breve il campo alla gloria e alla
virtù ; consola un altro Scipione morto giovinetto, di non avere avuto
onori : idee romane . E romanamente è figurata la donna perfetta, sul
sepolcro di una Claudia : Domum seruauit, lanam fecit. L'uomo era
per la patria, la donna per la famiglia. (?)

III.

Appius Caecus scrisse carmina, come è nella orazione a Cesare


dell'incerto Sallustio ; sententias, secondo Festo . Egli fu censore nel
l'anno 442, console nel 447 e nel 458. Ebbe grandissimo sapere ; fu
oratore pieno di forza . Esisteva al tempo di Cicerone l'orazione con
la quale egli , vecchio e cieco, dissuase il senato dal far pace con
Pyrrho . Restano a noi due versi dell'orazione che fa presso Ennio :
Quo uobis mentes rectae quae stare solebant Antehac dementes sese
flexere uiai ? Quanto al suo carmen , come lo chiama Cicerone ,
pareva a lui Pythagoreum, ispirato dalla filosofia Pythagorica, che ,
secondo lui , era filtrata in Roma. ( ) Memorabile è la sentenza :
Ognuno è artefice della sua fortuna '. Altissima sarebbe, se fosse
certa la lezione e l'interpretazione, l'altra : “ Tu dimentichi la tua
miseria quando vedi un amico . Ora sia tuo nemico quello che
vedi : ebbene , pensatamente , e non volentieri come con l'amico ,
tieni lo stesso contegno , tuttavia ’: (*) Ma queste sentenze che a
Cicerone davano sentore di pythagorico , sono però molto rozze di
stile e di verso . Il numerus o uersus Şaturnius persistè per molto
tempo ancora, non ostante le filtrazioni greche . Però esso si trovò
presto , non cinquanta anni dopo la morte di Appio , accanto e a
fronte, il verso ellenico, specialmente l'iambico e trochaico della
( 1) CIL, 1 , pag. 277 e segg.
(2) Pag. 9-12 specialmente III, IV , VII.
(5) Cic. Tuşcul. Disput. 4 , 2, 4.
( 4) Pag. 8 Appius Caecus.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXXIII

comedia e tragedia . Donde permanò nel popolo , se si hanno a


credere molto antichi e di questi tempi (erano certo antichi al
tempo di Orazio) alcuni versi quadrati, in uso nei giochi dei fan
ciulli : “ E la scabbia prenda quello che pervenga ultimo a me ; Re
sarà chi farà bene , non sarà chi non farà '. E di gioco fanciullesco
è forse l'altro : ' Come coglie a spiga a spiga la sua messe il mie
titore ’ . Un senario cantavano i monelli romani dopo il castigo degli
aruspici etruschi che avevano dato il mal consiglio . ( ) Ora è note
vole che il metro nazionale si conserva più a lungo nei monumenti ,
per esempio, degli Scipioni , nei quali solo dopo il 615 si incide una
iscrizione che non sia in saturni . (4 ) Non mi pare che si possa cre
dere all'antico carmen Priami, come non so che pensare del tetra
metro iambico conservato da Festo alla parola obstinet. (*) Fondan
domi sopra basi più sicure, vedo che il saturnio si conserva nella
letteratura per così dire nobile e ufficiale . In saturni era probabil
mente il carmen che Livio Andronico scrisse per ordine dei pontefici
nella seconda guerra punica. Me ne persuadono le parole abhorrens
et inconditum che Tito Livio adopera per qualificarlo. (^ ) In saturni
Naeuius assalì i nobili Metelli e in saturni ebbe la minacciosa ri
sposta . E si che Nevio sapeva fare benissimo i versi iambici e tro
chaici , e sì che i Metelli che seppero fare o far fare il più perfetto
e regolare dei versi saturni, il tipo anzi del genere, avrebbero po
tuto rispondere a versi grecaniei con versi grecanici . Ma il poeta
Campano preferì in questo che era come un atto pubblico , il verso
del Bellum Punicum e non quelli delle sue palliate . ( ) Il suo epi
tafio come gli altri due di Plauto e Pacuvio credo che siano Var
roniani .

IV .

Oh il buon tempo di Roma ! che cosa è questa nuova ars poe


tica ? Catone non ne era contento, non ostante che avesse egli tro
vato e posto in luce il grande Ennio , non ostante che anch'egli
scrivesse in versi, il Carmen de moribus. In questo anzi egli esclama

(1) Pag. 6 Alia uetera carmina 2, 3, 1 , 6. Il senario però che, forse , è preso da
Esiodo e fu cantato avanti la prima guerra punica, deve essere il raffazzonamento
di un saturnio.
(9) Pag. 10 V.
(5) Pag. 7 Alia uetera carmina 5 , 7.
O Pag. 12 Liuius Andronicus. Nella nota a 1 correggi 547 in 545.
☺ Pag. 13 Naeuius , 1 .
PASCOLI, Lyra Romana C
XXXIV STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

che ' allora ’ non era in onore l'arte poetica e che crassator era
chiamato sì il poeta e si il parassita. ( 1 ) Ma il severo Censore fa
ceva distinzione tra poesia e poesia, tra poeta e poeta o , a dir me
glio , tra poeta e uates. Egli rimproverò Marco Fulvio Nobiliore di
aver condotto poetas in provincia . La parola poetas è certo del testo
di Catone . ( ) Egli verisimilmente designava con questo nome quelli
che abbandonavano la via dei maggiori e nel metro e nel fine del
l'arte. Il uersus longus Enniano trovò forse grazia presso lui, poichè
cantava la gloria di Roma negli Annales ; ma tutta l'altra Grecità
dramatica e lyrica non gli piaceva . Ho detto lyrica ; e forse dovevo
fermarmi alla prima parola, anche perchè con una tragedia praetexta
il poeta celebrò l'imprese del suo patrono in Etolia . Ma i conviti
che Catone mette così vicini all'arte poetica, danno sospetto ch'egli
abbia disapprovato un cambiamento delle sane usanze romane proprio
in essi conviti. Non rimpiangeva egli i carmina de clarorum uiro
rum laudibus che presso i maggiori , molte generazioni avanti la sua
età, erano cantati dai singoli banchettanti al suono della tibia ? )
E sappiamo anche, da Cicerone, quanto egli si dilettasse modicis
conuiuiis. (4) E sappiamo che per lui era licentia , sia pure data dalla
gloria, quella di Duilio di farsi accompagnare , privato , a casa dai
sonatori di tibia . ( ) E che cosa è naturale che non dicesse, se a' suoi
tempi era stato introdotto alle mense romane l'uso di canzoni con
viviali ? A me pare veramente probabile che per qualche cosa di
simile Catone ricordasse nelle Origini il detto costume, rimproverando
i contemporanei di avere presa altronde una cattiva usanza invece
della buona e domestica. Ma, si obietterà, Cicerone l'avrebbe detto nei
due o tre passi in cui riferisce la notizia di Catone . Si può rispondere
che Cicerone ha riferito del passo catoniano la parte che approvava
e taciuta quella che non approvava . Nel fatto, l'Arpinate pensava
differentemente dal Tusculano rispetto alla poesia e ai poeti . Come
vedremo . Intanto Ennio dopo gli esametri dell'epos, introduceva in
Roma anche i distici dell'elegeia , mentre Catone esprimeva il suo
malcontento , per questa come per molte altre novità, col buon verso
saturnio dei vecchi . (6 )

(1) Pag. 14 Cato, 4. Grassator è inteso dal Mommsen nel senso di vagabondo.
(2) Pag. 13 Nota a Naeuius, 1 ; pag. 15 , nota al v. 4 di 1 , Fauni Vatesque.
(5) Pag. 19 Carmina etc. 2, 3, 5.
(9) Cic. de sen . 13, 44.
(5) id . ib.
(6) Pag. 14 Cato ; pag. 21 Ennius.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXXV

V.

Catone, che tutto riferiva alla patria e al comune, non aveva


torto di temere la nuova poesia, che già con Ennio si mostrava sog.
gettiva, come è naturale che fosse, e lodatrice di viventi e privati .
Più avrebbe temuto se avesse potuto vedere quanto sdolcinata e
puerile si mostrasse in quelli che scrissero versi elegiaci nella prima
metà del secolo settimo . Era il tempo quello del fiorire di Lucilio ,
di cui restano due distici interi e altri frammenti dal suo libro ven
li tesimo secondo . Dei due distici interi uno è un'epigramma epitym
bion, l'altro parte di un'epigramma amatorio . Nell'uno e nell'altro
c'è l'impronta dell'unghia leonina. L'esempio forse del grande Sa
3
tirico fece pullulare gl'imitatori ? Noi abbiamo tali epigrammi di
quattro scrittori , Pompilio , Valerio Edituo , Porcio Licinio o Licino ,
Quinto Catulo ; e un verso di Tito Quintio Atta . Quest'ultimo, poeta
8
di togate, morto nel 677 , è citato in epigrammatibus. Pompilius fu
discepolo di Pacuvio come Pacuvio di Ennio ed Ennio delle Muse :
egli dice di sè in un distico citato da Varrone e conservato da Nonio . ( * )
Fu autore dunque dramatico anch'esso . Catulo fu console nel 652 .
I loro epigrammi , salvo quello di Pompilio che è del genere degli
scoptica, derivano dalla musa paidice degli alessandrini . Di uno di
Catulo (il primo) conosciamo anche il modello . (* ) Noi non possiamo
partecipare nè all'ammirazione di Aulo Gellio , che come i buoni
vecchi pedanti amava le chicche , nè alla stima di Cicerone che ri
porta il secondo di Catulo, porgendo così indizio di ciò che ho affer
mato nel capitolo precedente. In una parete di Pompei fu trovato
un altro saggio di questo genere dove è continuamente discorso di
freddo e di caldo , le quali parole ne possono dare la definizione:
amore espresso freddamente . Di Porcio Licinio restano anche dodici
settenari trochaici contro Terenzio per le sue relazioni coi grandi
di Roma. Altri due versi pur settenari rimangono , in cui afferma
che la poesia entrò in Roma nella seconda guerra punica; il che
sotto un certo aspetto sarebbe stato ammesso anche da Catone . ( )
Un poeta tra didattico e iambico era Volcacius Sedigitus che si
occupava di storia letteraria mordendo questo e quello . Tra didattico

(1) Nonius 87, 32.


(3) Anthologia Palatina XII, 3. Kardigdxou .
(3) Pag. 22-24. I due versi, ultimi ricordati, sono a pag. 15 nota å 2 Fauni ua
tesque. Orazio dicendo ferum uictorem aveva certo in mente bellicosam gentem
feram di Porcio.
XXXVI STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

invece e idillico è Sueius che scrisse dell'allevamento e della vita


degli uccelli e forse un'altra operetta intitolata Nidus. È citato poi
da Macrobio un suo idyllion del titolo Moretum e ne sono ripor
tati otto esametri . ( “) Dal 650 al 670, il tempo che corre dalla inva
sione dei Cimbri e Teutoni sino alla fine della prima guerra Mitridatica,
fiorirono Gnaeus Mattius o Matius e Laeuius. Il primo tradusse
l'Iliade e fu dottissimo , a detta di Gellio ; il secondo nascosto nei
manoscritti sotto il nome or di Naeuius or di Liuius e Laelius e
altri ancora, è poco noto . Mattius scrisse nel metro di Hipponax
mimiambi , imitando Heronda, ( ° ) e, pare , piuttosto pedestremente, ( )
poichè del primo frammento , per esempio , è chiara la somiglianza
con passi del mimiambo terzo di Herondas e anche col frammento ,
che di Heronda già si conosceva : ' O mi giuoca alla mosca di rame
o alla pentola o attaccando agli scarabei uno spago mi dà noia al
vecchio ” . Il secondo fa chiaramente indovinare sotto le parole latine
le parole greche ; il quinto e il sesto ricordano certo più il mercato
greco che il romano . Laeuius è particolarmente importante per la
varietà dei metri che introduce e per la regolarità e anche snellezza
con cui li tratta. Porphyrione lo ricorda avanti Orazio come il solo
che abbia scritto lyriche, dimenticandosi, per non dire altri , Catullo .
Soggiunge : sed uidentur illa non Graecorum lege ad lyricum chara
cterem exacta . In verità egli in versi lyrici sembra fosse racconta
tore di storielle allegre . Gellio ne ammirava l'arditezza e la novità
nelle espressioni, specialmente nei composti . Sappiamo da lui stesso
che egli aveva dei censori molto fieri che chiamava uituperones
subducti supercili carptores, i quali dovevano inarcare le ciglia tanto
per l'audacia della sua elocuzione quanto per la licenza della sua
parola. L'opera sua era intitolata Erotopaegnion, in sei libri. Sono
ricordate come parti di essa l'Adone , la lo , la Protesilaudamia , la
Sirenocirca, i Centauri , l’Alcestis . Prisciano lo cita in polymetris.
Un giochetto secondo l'uso degli alessandrini che figuravano coi
versi più brevi e più lunghi la cosa di cui verseggiavano , (la Scure,
le Ali d'Amore, l'Altare, l'Ovo di rondine , la Zampogna, di Theocrito
questa ultima) era il Pterygion Phoenicis. (*) Quanto alla sua vita,

( 1) Pag. 24 Volcacius Sedigitus ; pag. 26 Sueius.


(4) Il Buecheler sospetta che Mattius abbia detto questo da sè, nei due versi,
Nam uatem eundem est Attico thymo tinctum Pari lepore consecutus et metro, versi che
Terentianus Maurus (2417) avrebbe presi e riportati da lui, ponendo eundem invece
di erondem che doveva essere nel testo. Certo anche Herondas parla di sè nel IX
fr. 6. Resta a me il dubbio (quanti dubbi , cari colleghi, con così pochi mezzi di stu
dio !) sulla quantità della prima sillaba di Herondem .
( ) Pag. 27 Cn. Mattius.
( ) Pag. 28-30 Parrebbe verisimile che nel Pterygio si trattasse della fenice
maravigliosa che rinasce dalle sue ceneri : ma io non mi ci raccapezzo. Trovo in
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO , XXXVII

condizione, morte, nulla . Forse secondo il Buecheler, egli è il Laeuius


Melissus di Suetonio (Gramm . 3 ) ; un liberto grammatico greco , pro
babilmente ; il quale soleva chiamare ' amore di Pan ' per cauillationem
nominis, un altro liberto e grammatico , Lutatius Daphnis.

VI.

Intorno all'anno 690 fioriva in Roma un giocondo crocchio di


amici che amavano la poesia ; e , ciò che era alquanto strano , non
erano liberti e non erano grammatici ; se non forse uno solo tra loro,
Valerio Catone, della Gallia Cisalpina. Di lui in vero si diceva dagli
altri che fosse un liberto ; esso affermava di essere “ ingenuo ' ma
spogliato ai tempi di Sulla, meno d'un venti anni prima , del suo pa
trimonio e, in certo modo, del suo stato civile . Egli insegnava, ma
a giovani di buona nascita, tra cui viveva alla pari. Era un critico
esimio : ricordava Zenodoto per la severità un poco arbitraria del
giudizio, Crate per l'amarezza nella polemica. Sapendo assai bene
il greco e ammirando la poesia hellenica , specialmente quella ele
gante e artificiosa degli Alessandrini, censurava nei poeti Romani
la trascuratezza specialmente metrica. Lucilio, per esempio, grande
ingegno senza dubbio, non sapeva fare i versi. Catone volgeva la
mente de ' suoi amici più che discepoli , ai poemi di Apollonio Rodio,
di Euphorione, di Callimacho . I quali sono dell'albero, se si può dire,
non il fiore, ma il frutto : frutto maturo e mézzo che è per cadere
e lasciare il seme alla terra . ( 1 ) Sin d'allora, forse, era chiamato la
Siren latina : egli saziava il petto dei giovani col canto e li riman
dava più dotti. O forse a qualche vecchio settatore del suo omonimo,
pareva pericolosa e mortale la sua voce lusinghiera ? Può essere .
Erano di quel crocchio altri transpadani come Valerio Catone : Cor
nelius Nepos, dotto e grave, che conosceva personaggi importanti ,
Furius Bibaculus, un buontempone di molto ingegno, Quintilius Varus,
Cornificius. Ne faceva parte, di Romani proprio , C. Licinius Macer
Caluus, non più che giovinetto (era nato nel 672), natura assai com
plessa , in cui forse la tragica morte del padre, avvenuta nel 688,
poneva un'amarezza che col fondo allegro di essa doveva produrre e
l'orazione elegante e violenta, sottile e feroce, e la poesia ora dolce
come di Sappho ora velenosa come di Hipponax. Ne faceva parte

vece naturale che all'ingegno malizioso di Levio suggerisse molte idee burlesche
e procaci ciò che Phoenix , il vecchio Amyntorides, racconta di sè in Il. I , 447,
quando era giovane e primamente lasciò l'Hellas dalle belle donne '.
(1) Pag. 101 M. Furius Bibaculus 1, 1 .
XXXVIII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

L. Manlius Torquatus, un po' orgoglioso della sua nascita, un po'sde


gnoso dei peregrini; ma molto studioso della storia, gran lettore
e recitatore di poeti. ( " ) Vi si lasciava vedere, non forse proprio in
quest'anno 690 ma poco dopo , un giovinetto , savio e arguto nel
tempo stesso, Asinius Pollio, che si preparava a essere quello che fu,
un grand’uomo . Non mancavano i poetastri, zimbello dei compagni,
nè i giovanotti che frequentavano la compagnia per passare un'ora
allegra , e amavano quelle persone, sebbene, non perchè, dotte . Le
quali erano degnate qualche volta della presenza del più famoso
oratore di Roma, Hortensius Ortalus, che parlava bene ma troppo,
e verseggiava e troppo e male . L'altro grande oratore e mediocre
verseggiatore M. Tullius Cicero, era a questi tempi troppo immerso
nella politica, per esser dei loro ; ma da molti di essi era ammirato
e amato, sì per la genialità della mente e sì per la bontà de' suoi
principij : perchè, in generale, questi giovani non amavano le novità
se non nella poesia, e un poco , forse, nei costumi . Ed esso che era
conservatore anche in poesia, trovava audaci questi cantores Eupho
rionis, e sorrideva, come di puerilità, delle loro eleganze metriche
e delle loro diligenze prosodiche , chiamandoli vsøtepou e poetae
noui. (* )

VII .

Tra loro , poco prima o poco dopo il 690, emerse un giovane ve


ronese, C. Valerio Catullo . Egli conosceva probabilmente alcuni di
essi , suoi terrazzani o provinciali ; era certo conosciuto dal più auto
revole e grave, da Cornelio ; (*) il quale forse aveva fatto menzione
di lui nelle sue Chronica , come nella vita d'Attico ricordò poi L. Iulio

( 1 ) Pag. 55 (LXVIII] specialmente nota al v. 8. Cicero pro Sulla 8, 24.


( ) Cic. Tusc. 3, 19, 45 O poetam egregium ( Ennium )! quamquam ab his canto
ribus Euphorionis contemnitur. Ciò però nel 709, quando la copia aveva generato
sazietà. Un anno prima parlando dell'elisione dell's finale avanti consonante, diceva
quam nunc fugiunt poetae noui: Or. 49, 161. Prima ancora, nel 704, scriveva ad At
tico, 7, 2 : ita belle nobis Flauit ab Epiro lenissimus Onchesmites. hunc OTTOVCELÓ
Govta si cui uoles tūV vew tépwy pro tuo uendita. Cicerone allude più che ad
altro , agli epyllia di questi poeti, pieni, come vediamo dal LXIV di Catullo, di
versi spondaici quali trovavano nei loro modelli alessandrini. In greco abbon
dano le brevi, quindi è prezioso lo spondaico : in latino, è il contrario . Del resto
i nostri amavano queste preziosità false anche nelle elegie. In queste (CXVI, v. 3)
è anzi l'unico verso di Catullo , tutto di spondei : Qui te lenirem nobis neu conarere .
(3) Pag. 31 Il prenome e nome di Catullo ha Heronymus ad Euseb. chron. a.
Abr. 1930 = ante Chr. 87 : Gaius Valerius Catullus scriptor lyricus Veronae nascitur.
Apuleius Apol . 10 conferma il prenome, Gaius. Il prenome Quintus è in codici di
Plinio (HN. 37, 6, 81 ) poco degni di fede.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XXXIX

Calido, il più elegante de' poeti della sua età, post Lucreti Catullique
mortem . Catullo era nato nel 667. La sua famiglia, appartenente alla
gente Valeria, di cui un ramo si era trapiantato nella Transpadana,
era legata di amicizia e ospitalità con C. Cesare . A Roma venne
giovane e vi si stabilì . Mi pare verisimile che quando vi giunse,
fosse già molto dotto di greco . Forse egli era già stato in paesi di
favella greca, poichè suo padre poteva avere nell'Asia Minore affari
di commercio o d'altro . Un fratello di Gaio morì, come vedremo,
nella Troade : non pare che fosse della cohors di qualche pretore ;
che cosa dunque vi stava a fare ? Nel fatto, Catullo aveva copia
grande di autori greci , specialmente poeti, in particolare Alessan
drini, sopra tutti Callimacho . ( ' ) Conobbe, si può credere , Valerio
Catone, la Sirena : a cui è probabilmente diretto un poema di sette
versi, che ha movenza Archilochea ; ( ) ma non pare verisimile che
avesse da imparare qualche cosa da lui . Tutto al più ne fu confer
mato nel suo indirizzo alessandrino e abbozzò , a dimostrazione di
questo, il suo poemetto delle nozze di Peleo e Thetide . (3 ) Certo ri
volse a sè molta parte dell'ammirazione che si aveva per il gram
matico . Egli era così ilare, così fine ! poi qualche cosa di bello
era già uscito dal suo ingegno se si deve credere che Cornelio lo
lodasse nelle Chronica da lui edite dal 687 al 690. Di tutto il croc
chio Catullo amò subito Calvo, più giovane di lui di cinque anni .
La loro amicizia divampò, per così dire, in un grazioso duello poe
tico . Si conoscevano certo e si stimavano anche prima ; ma Calvo
era ancor Licinius per Catullo che doveva essere per l'altro ancora
Valerius. Licinio dunque aveva trovato Catullo che prendeva qualche
nota nei suoi pugillares. Dove ? forse in una taberna e forse della via
tavernae ueteres, dove era il tempio dei divini fratelli pileati. (4) Vennero
a gara di versi e di spirito ; i pugillares di Catullo servirono a tutti
e due . Catullo ne uscì stordito dall'arguzia, prontezza, versatilità di
quel ' cosellino tutto voce e penne ’ ; 6 ) e rileggendone nelle sue tavo

(1) Pag. 58 v. 36, e pag. 51 , v. 33 e nota ; pag. 54, v . 16. Il [CXVI] diretto a un
Gellio che il poeta poi assale con velenosissimi epigrammi, ha l'unico esempio dell's
eliso avanti consonante : tu dabis supplicium , e ha un verso , come ho detto , tutto
di spondei. Potrebbe non aver nulla che vedere con gli altri epigrammi Gelliani ed
essere de' primi fatti e testimoniare col primo distico delle domande di libri greci
che si facevano al nuovo venuto .
(2) È il [LVI ), da me tralasciato .
(5) Secondo lo Schwabe (Ludouicus Schwabius - V. 1 P. 1. Quaestionum Ca
tullianarum Liber 1. Gissae 1872) questo epyllion può essere stato composto in un
anno . qualunque dal 692 al 700 : inchina per altro a crederlo dell'età matura ed
esperta. Forse fu abbozzato nei primi tempi e ripulito e pubblicato dopo la gita
Bithynica.
( ) Per questo, vedi a pag. 67, nota al XXXV.
( ) Per questo, a pag. 84, [LIII) v. 5.
XL STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

lette le tante cose graziose e maliziose , non potè prender sonno. Dal
letto passò al lettuccio : voglio dire, si pose nel letticciuolo da studio
e scrisse un poema col quale significava la sua ammirazione e il suo
affetto. Il poema è in hendecasyllabi phalaecii : il verso che è già
in Levio, se il luogo di Macrobio dove è citato è sano e integro ; ( 1 )
verso però che a ogni modo è probabile che Catullo deducesse da
Sappho, anche più che dagli Alessandrini. Il verso diverrà popolare.
Da quel giorno Catullo e Calvo furono amici. Da allora prese Calvo,
in arte, il gusto dell'amico, e scrisse anch'egli epithalamii ed hyme
naei, a modo di Catullo. Perchè questi cantò sin dai primi tempi
l'Epithalamio almeno di Manlio e Aurunculeia. Prima del 695, nel
quale anno Manlio era vedovo, fu composto di certo ; e tempo prima,
anche ; poichè se dalla morte fosse stato rotto il vincolo pochissimo
tempo dopo che fu stretto , nell'elegia lxviii sarebbe un cenno di
particolare così crudele . Nel detto canto nuziale è traccia della poe
tessa di Lesbo , sebbene il metro sia più di Anacreonte. Il gentile
Veronese portava per primo in Roma le rose Pierie di Sappho. Esso
studiava gli Alessandrini, ma attingeva anche alla fonte viva e pura.
Dalla quale derivò quel soave contrasto nuziale in cui è più di Sappho
che in tutti i frammenti di lei e in tutti i melydria di Theocrito .
Arieggia invece Anacreonte il breve e bello inno a Diana . (*)

VIII.

Così i due amici poetavano di dolci cose. E che buona vita condu
cevano in quei primi tempi ! È il giorno dei Saturnali. Vengono e
vanno augurii e regali . A Catullo viene da parte di Calvo un bel vo
lume . Svolge da intorno agli umbilici la carta (era forse carta regia e
gli umbilici erano nuovi e il tutto elegante e lustro) e legge : versi e
versi ; ma brutti , orribili , esecrabili . Bisogna leggere : è rito . Come si
vendicherà Catullo ? Con una poesia nella quale egli insinua che tale
perversa raccolta deve essere il guadagno fatto dall'avvocato Calvo
nella causa di un Sulla , maestro di scuola. Poveretto ! non avendo altro
da dare, il maestro ha fatta un'anthologia e l'ha mandata al suo pa
trono , che con questi guadagni si farà d'oro. E non basta : Catullo dice
che sceglierà i veleni di tutti i poetastri , che pullulavano, farà così
una specie di toxicologia e la manderà al traditore . ( 0) I poetastri !
erano la disperazione di Catullo . E come li dipinge , come li ba ' fis
( 1) Pag. 30 IX, nota .
(2) Pag. 88 (LXI ) , p. 97 [ LXII ), p. 87 [XXXIV).
(3) Vedi a pag. 32 [L].
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO , XLI
sati per sempre in ' Suffenus ’ : ( ' ) È forse questo il suo primo
poema in choliambi o iambi zoppi . Sono i versi di Mattio, usati
anche da Levio . Ma qual differenza ! Catullo non traduce o riduce ;
non ci fa assistere a scenette, graziose quanto si vuole, ma di agore
greche : egli presenta col barcollante verso d'Hipponax un bel tipo
de' suoi tempi e della sua città, e così vivamente che ci par di co
noscerlo anche noi. È un galantuomo e un gentiluomo perfetto , gra
zioso spiritoso ' mondano ’. Ma fa versi, e come e quanti ! Questo
vizio, o vogliamo dire malattia, corrompe e nasconde tutte le sue
virtù . E non gli basta di farli; li trascrive e li manda attorno . E ve
dessi che belle ' edizioni ’ ! Il curioso è che nulla è tanto alieno dalla
sua natura quanto il verseggiare, e che nulla fa così volentieri, come
versi . ( ) E come Suffenus, così vive ancora quello zotico del fratello
maggiore di Asinio Pollione, che era faceto ' di mano ' , rubando i su
daria a chi non si badava. (8 ) Vive l'oratore, freddo come la tramontana,
Sestio , che invita a cena a patto che si legga qualche sua orazione.
E si perde la cena e la salute ; perchè la lettura dà il raffreddore. (^)
Due graziose figure sono Veranius e Fabullus, gli amici del cuore,
che sono sempre per le provincie a cercare lucelli aliquid coi pre
tori. Qualche volta incontrano di questi egoisti che vogliono tutto
per sè ; e allora i due poveri amici , ritornati a mani vuote, stanno nei
trivi alla posta di qualcuno che dica loro : Oggi a cena con me . Con
quale affetto li saluta reduci da una delle loro peregrinazioni , dalle
quali sogliono portare un regaluccio per lui, e tanti racconti ! ( *)
Catullo aveva una villetta, nella Sabina , diceva chi lo voleva offendere,
in quel di Tibur, diceva esso e chi non gli voleva male. Ne parlava,
pare , spesso . * Dici che è così bene esposta ? affermano invece che
v'imperversa ora lo scirocco ora la tramontana, che d'inverno si gela
e d'estate si scoppia ” . Così un Furius, che probabilmente è Bibaculus .
E Catullo : ‘ non è opposita nè ai venti che dite voi , nè a quelli che
dico io ' . * Comemai ? ' ' È opposita a quindicimila e dugento se
sterzi . Avete capito, una volta ? '. Insisto su questo scherzo di una pa
rola, che ha un senso generale per tutti e uno speciale per i legulei ,
perchè è traccia preziosa della superiorità che gli riconoscevano gli
amici . Bibaculus , dopo molti anni , lo imitò, ( ) e come in questo è
vero, così nel resto è verisimile , e come di lui così degli altri . Catullo
è un caposcuola sì in questi scherzi, nugae e ineptiae, e sì nei poe

(") Pag. 36 (XIV).


(2) Pag. 34 (XXII] .
(5) Pag. 37 [XII) .
(9) Pag. 39 [XLIV] .
(5) Pag. 41 e 42 (IX ) e (XIII) .
(6) Pag. 101 Bibaculus II ; e cap. XVI di questa piccola storia.
XLII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

metti elaborati con l'arte degli Alessandrini e gremiti dei loro spon
daici , e sì negli epithalamii , condotti o in glyconei o in esametri.
Ma sopra tutto è grande e nuovo nel gettare in forme greche, per
fettamente imitate, pensieri e sentimenti suoi , la vita sua con le
dolcezze e tristezze, col serio e ridicolo che vi trova. E ciò con
una naturalezza e disinvoltura che innamora . Non vi ha poeta che
sia meno grammaticus o “ professore' di lui : egli ama , beve, ride
e piange, senza specchiarsi o ascoltarsi mai . Vive come tutti gli altri :
solamente, ogni piccolo avvenimento lo muove ; ogni leggiero alito
fa vibrare le corde tese della sua lyra . Capita, per esempio, al tri
bunale, dove un alto personaggio , stato console l'anno innanzi in
un grande frangente della repubblica , chiarissimo oratore, uomo
dotto e geniale, deve parlare in una causa di ciuitas . L'uomo che è
accusato d'aver usurpata la cittadinanza, è greco e poeta. Il praetor
giudicante è anch'esso un uomo non alieno dalle lettere. Catullo si
trova in una folla hominum litteratissimorum . ( " ) M. Tullius Cicero
parla dimostrando che quel Graeculus, quel Poeta non solo , essendo
cittadino, non aveva da essere tolto dal novero, ma se non fosse
stato, aveva da essere annoverato tra i cittadini. Alle alte parole
dell'oratore che chiamava, con Ennio , sanctum il nome di poeta, si
commuove il giovane e manda a Cicerone, che pur amando gli studi
poetici , nou approvava i poeti nuovi , una ' tavoletta ' con sette versi ,
ringraziando e ammirando. Da quel giorno , la vittoria della Grecia
era riconosciuta ; la poetica cominciava a essere in onore, per sè, per
il diletto che dava, ancor che non aiutasse ad percipiendam colen
damque uirtutem . (?)

IX .

Si strinse amicizia tra il piccolo poeta e il grande oratore ? Co


nobbe il poeta frequentando la compagnia dell'oratore, la moglie
di Metello Celere ? Questi fu console nel 694 ; ed essa era sorella
di Clodio, figlia di Appio Claudio Pulcro ; e aveva, l'anno del con
solato ' di suo marito, un po' più di trent'anni , forse. In quell'anno
medesimo P. Claudius Pulcher, suo fratello , per ottenere il tribu
nato , si fece adottare da un plebeo e si chiamò Clodius : e anche
essa ne seguì l'esempio e si faceva chiamare Clodia . Cicerone che
le era stato amico ed estimatore e ammiratore, cominciò da allora

( 1) Pag. 34 [XLIX] e note . Cic. pro Archia , 2, 3 e 4.


(9) Cic. pro Arch. 7 , 16.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XLIII

a odiarla. Era molto bella, molto libera, molto colta : amava le let
tere ( dice uno scholiasta di Cicerone ) e la danza, rassomigliando
così a quella Sempronia in cui Sallustio delinea un tipo di matrona
romana di giorno in giorno più comune . ( “ ) Restò vedova nel 695 ,
l'anno dopo il consolato di Metello, non senza sospetto che in ciò
entrasse il suo volere, e si diede allora a una vita di lusso, di vizio,
di amori , che ci è, con qualche esagerazione certo, dipinta nella sua
Caeliana da Cicerone, fattosi di lei mortale nemico . Ma allora, nel
l'anno 692 nel quale Metello era propretore nella Gallia, egli era
tanto in buone relazioni con l'elegante BowTis , come la chiamava ,
che pare si spargessero novelle di un matrimonio e due divorzi :
donde grande gelosia di Terentia. (º ) Come Catullo conoscesse Clodia
non sappiamo ; sappiamo che non ebbe più pace non appena l'ebbe
conosciuta . Le sue spese furono subito troppe . La sua villa Tiburtina
o Sabina fu opposita a quel vento orribile che vedemmo, e la borsa
del poeta si trovò piena di ragnateli . Come l'innamorato che de
scrive Lucrezio, egli cercò di stordirsi nei convivii , di obliare tra
il vino, i balsami, i fiori. (*) Nei convivii non trovò l'oblio , ma la
poesia : quella specie di poesia che dei con ivii è così propria luce e
fragranza come la luce dei lychni , la fragranza delle rose. Egli tra
dusse per esprimere il sentimento nuovo, che l'invadeva tutto , un'ode
di Sappho, una appunto (ci aveva pensato ?) nata in un convivio . La
ignota di Sappho siede di contro a un uomo, parla soave e canta
amabile : dove, se non nel convito ? Catullo tralascia l'ultima strofa
della Lesbia e conclude di suo, volgendosi a sè stesso , chiamandosi
a nome con un triste presentimento . (4) Lesbia egli chiama la donna
amata, come a dire Sappho, perchè bella, percbè appassionata , perchè
partecipe delle rose Pierie . Descrisse poi lo stato della sua anima in
questo tempo : le sue espressioni ricordano un poco i vecchi poeti ,
di cui al cap . V, ma quanta vita ! qual calore e colore ! La sua pas

(1) Schol. Bob. ad Cic. Sest. 54. Sallustius Cat. 25.


(2) Plutarchus, Cic. 29.
(5) Pag. 42 e 43 (XIII) e (XXVII) .
(4) Pag. 44 (LI) . Mi sono domandato qualche volta se Catullo nel dare a Clodia
l nome di Lesbia ricordasse e non curasse, o non sapesse o non credesse ciò che di
Sappho avevano detto i comici attici e poteva malignamente interpretare ogni let
tore. Questa ode stessa... ma io credo che egli , avendola forse senza l'ultima strofa ,
la riputasse soggettiva bensì ma, per così dire, in persona d'altri , dell'uomo. Non era
anche in Alcaeo una poesia in persona di donna ? (Vedi a pag. 179, nota) . Oppure
è cosa che condurrebbe a considerare in modo assai nuovo la poesia Lesbiaca,
che, sparsasi e fattasi popolare (ricordiamo Solone vecchio che impara la canzone
d'oltre mare) fu poi dai grammatici e critici Alessandrini distribuita tra due can
tori, dal nome un po' sospetto, il Forte, Cicis'e la Clara, Sappho ’. Il contrasto
dei due , (vedi sopra nota 1 a pag. XIX) riportato da Aristotele pare piuttosto un
frammento unico d'un'unica poesia, che due di due. Ma di ciò altrove.
XLIV STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

sione evoca monti che eruttano fiamme, acque che ribollono, pioggie
scroscianti e fiumi correnti , la pianura sotto il solleone, il mare
sotto il nero temporale. Una buona brezza dissipa le nuvole e tutto
è sereno . Il poeta ricorda la soglia consunta d'una casa silenziosa
e lo scricchiolio di un calzaretto elegante. ( ' )

X.

Si amarono, gli occhi di Catullo non videro più che lei. È un


grande avvenimento nella sua vita la morte d'un passerino addo
mesticato . I vecchi bròntolino a loro posta : la vita è breve, la morte
è certa, dunque bisogna godere . Soltanto occorre guardarsi dagli in
vidiosi e dai fascinatori. La felicità sia infinita : così sarà fuori dai
calcoli della gente . I baci siano quanti i grani dell'arena del deserto,
quante le stelle del cielo : chi li potrà contare ? e così gettare la
malìa ? (*) Ma in mezzo a questo delirio , lo sorprende una trista no
tizia : il suo fratello è morto , lontano lontano , in quel sepolcro del
l'Asia e dell'Europa che è la Troade . Con lui si seppelliva tutta la
famiglia. (*) L'espressione non è sola enfasi di dolore, forse. Forse ,
questo fratello ed era maggiore di Gaio ed era il sostegno della casa
o il rappresentante del padre, per i suoi commerci o altro, era la
speranza della propagazione del sangue e del nome . Catullo volò a
Verona e si abbandonò al suo dolore, tenero e acre, quasi capric
cioso, come di fanciullo . Dopo qualche tempo si riscuote dal suo
isolamento e se ne lamenta come di un abbandono. ' Amico, sto male,
male assai. E tu qual conforto mi hai dato ? due versi bastavano '.
* O tu che mi abbandoni, dopo avermi detto tanto d'amarmi ! imme
more, infedele, spergiuro, cattivo ! ' (4) Passa ancora un po 'ditempo.

(1) Pag. 45-47 [LXVIII]b. Che Lesbia sia Clodia (cosa non ammessa da tutti)
risulta da Apuleio, Apol. 10 ; accusent C. Catullum quod Lesbiam pro Clodia nomi
narit. Lesbia (dello stesso numero e valor di sillabe che Clodia ) è rappresentata
in Catullo, come nupta nel [LXXXIII) , e poi come tale che potesse nubere nel [LXX).
Clodia era maritata e restò vedova. Il marito di Lesbia era fatuus (83, 2) : Metello
è per Cicerone (ad Att. 1 , 18) non homo sed litus atque aer et solitudo mera. Ca
tullo ebbe per rivale un Caelius, un Rufus (58 e 77) e Caelius Rufus fu amante di
Clodia. Nella difesa poi che ne fa Cicerone, sono molte particolarità della vita, co
stumi, relazioni di Clodia che combinano perfettamente con ciò che Catullo dice di
Lesbia.
(2) Pag. 47 [II], [III], [V] , [VII) . Tantum basiorum del [V] v. 13 è veramente
la somma dei baci precisa ', che si poteva fare facilmente dopo tanto regolare
alternarsi di migliaia e centinaia.
Ő ) Pag. 56, v. 22.
(1) Pag. 51-53 (XXXVIII) e (XXX].
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO. XLV
Catullo cerca sollievo nello studio : ha con sè una capsa de' suoi pre
ziosi volumi , il prediletto tra gli Alessandrini Callimacho, e traduce
la Chioma di Berenice . Egli la manda a Hortensio Ortalo, con una
piccola sua elegia, nella quale si sfoga, rinarrando a sè stesso più
che all'amico la sua perdita e il suo dolore . ( 1 ) * Catullo ’ sembra dire
* in tanto affanno non dimentica come è dimenticato '. E conclude
con una comparazione gentilissima, che ci pone avanti gli occhi un
idyllio d'amore . La mente dell'addolorato torna a poco a poco ai
pensieri consueti . In tanto riceve una lettera, scritta colle lagrime,
di quel L. Manlio Torquato , di cui aveva cantato le nozze. Vinia Au
runculeia erae morta, senza, forse, che si fosse avverato il praeconio
del poeta : un Torquato piccolino voglio che dal grembo di sua
mamma porgendo le manine dolcemente rida al babbo con socchiusa
la boccuccia '. Era morta giovane la gentile che pareva il fior del
l'hyacintho ; e Manlio scrive domandando consolazione o una visita
o qualche libro di poeti . Non scrive da Roma, pare : aveva domandato
la quaestura nell'anno 692 che per me è presso a poco l'anno delle
nozze : ora, nel 694 e 695, poteva essere in qualche prouincia , o ad
Asculum , donde era sua madre. Risponde il poeta, raccontando la
disgrazia sua che gli impedisce di consolare l'altrui . Libri , non ne
ha seco : sono a Roma. Andrebbe a trovarlo , se avesse modo di con
solarlo o con parole sue o con quelle dei vecchi scrittori , così amati
da Manlio ; ma non ha modo . ( ) Però il suo cuore già ritorna in
grado di sentire altre ferite ; il suo dolore non lo occupa tutto, non
rende impossibili altri dolori . Egli ha notizie di Lesbia, non buone :
ama un altro . E allora scrive un'elegia (8) che è la sua cosa più per
fetta per l'arte . Vi è il lutto per il fratello, nel bel mezzo, ma prima
e dopo , Lesbia , Lesbia per tutto . Ella è la sua luce e la sua vita .
Così il poeta ritorna a Roma. (* )

(1) Pag. 53 [ LXV) .


( 2) Pag. 55 [ LXVIII) . Il tutto è molto incerto. La mia interpretazione si fonda
per gran parte sul leggere, al v. 27 Quare, quod scribis “ Veronae turpe , Catulle,
Esse, quod hic (cioè ego ), qui sit de meliore nota, Frigida deserto tepefactat membra
cubili » Id , Manli, non est turpe, magis miserum est.
(3) Le elegie e gli epigrammi che riporto in questo libro e stampo con carat
teri di corpo più piccolo, sono a illustrare i primordi della lyrica Romana, nei quali
l'elego è strettamente connesso con le altre forme jambiche e meliche. Dopo, se ne
libera e si svolge per conto suo. Orazio non scrisse elegi, non ostante che gliene
attribuissero, Tibullo non scrisse iambi e odi , sebbene vada sotto il suo nome una
sconcia Priapea.
( ) Pag. 58 e pag. 45 [LXVIII]h.
XLVI STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

XI .

Quello che egli provasse nei primi giorni , è consegnato in una


poesia , che si può definire veramente la tempesta in un'anima ' .
Dispera e rimpiange ; fa proponimento di dimenticare ed evoca tutto
il passato gaudioso . Parla a sè stesso , come veramente si vedesse ;
sè prima prega, a sè poi comanda . È finita : Catullo è sano , è libero,
è forte. A questo punto si rivolge a lei , ricordando, con domande
affrettate, ansiose, amare, tutto l'amor di lei , tutto l'amor suo . È
una poesia sentita quanto ben poche delle antiche , vissuta, pianta.
Eppure ne traspare la speranza , anzi l'intenzione, di riavere l'amore,
che dice perduto . Già, è in choliambi , nel metro con cui ha deriso
il povero Suffeno e il freddo Sestio . Non fa meraviglia a noi che la
poesia iambica sappiamo ispirata specialmente dalla repulsa d'amore
e dal disprezzo sociale . Pure in tanta passione ci aspetteremmo un
altro metro . Ma no : Catullo minaccia ; solo mostrando la saetta ,
egli minaccia, senza aggiungere parola . ( ' ) Le parole sono tutte per
indurre nell'infedele la memoria dell'antico amore ; per farlo riav
vampare, Catullo afferma di rassegnarsi a riconoscerlo spento . ( )
In verità, è spento così poco che si rivolge al suo rivale, già amico
suo , Caelio Rufo, con parole che ancor più che l'odio e l'ira , mo
strano un profondo infinito rammarico . ( 8) Ma Caelius lascia la pe
ricolosa Medea del Palatino, la Clytaemestra quadrantariam. La
quale cercherà poi , in vano mercè la parola di Marco Tullio, di ven
dicarsi del suo infedele Jasone é Aigistho : per allora, tornò a Ca
tullo . Esso aveva avuto sentore di questo ritorno ; sapeva che Clodia
parlava sì male di lui , ma non parlava che di lui : ora egli faceva
il medesimo e sentiva d’amarla tanto ; dunque ne era amato . (4)
Presto fu necessaria una spiegazione. “ Perchè dici male di me ? '
mandò a dire il lupo all'agnello . E Catullo rispose : “ Io ? della mia
vita ? di quella che amo tanto ? Non dar retta a quel sussurrone
che hai intorno ’ : 0 ) La pace fu fatta . La gioia che ne provò Catullo,

(1) Vedi a pag. 64, nota al v. 5 : uibrare vale in questo verso veramente agi
tare minacciosamente ' o meglio ' palleggiare e provare ' , come in Cic. or. 80 : ui
brant hastas ante pugnam .
(2) Pag. 59 (VIII).
(3) Pag. 60 61 ( LXXVII e [LXXIII]
(6) Pag. 61 (XCII) . Il primo verso non è troppo bene spiegato nella nota : va
inteso come qui sopra, e avverti il chiasmos in tutta la frase, che comincia con mi
e termina con me.
(5) Pag. 62 (CIV).
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . XLVII

palpita ancora negli otto versi che ne scrisse . Come nella prima
dichiarazione, vi si sente l'anima della poetessa di Lesbo . Nessuno
è più felice di Catullo. (1) Pure quando la sua vita ' giura che
l'amore sarà mutuo e perpetuo , il poeta si rivolge ai dodici iddii mag
giori , domandando che facciano che possa avverarsi ciò che ella
promette . Dubita ? Un poco , quel poco di dubbio che in ogni grande
gioia ci fa domandare se non è sogno. (º ) E i due amanti celebrano
il sacrifizio della riconciliazione . E un voto di Lesbia . Ella si era
votata a sacrificare i versi d’un pessimo poeta ', di lui , Catullo .
Catullo porta la vittima da sostituire a quella che troppo gli pre
meva : fa apparire la cerva al posto di Iphigenia. Questa vittima
suffecta è la carta sudicia d'un poeta Enniano . ' O Dea dell'amore
e dell'eleganza , accetta questo scioglimento del voto . Annali di Vo
lusio , carta imbrattata, al fuoco ! ' (3)

XII .

Lesbia dice cose affettuose e graziose . Certo , certo ; ma chi non


sa che le donne dicono agl’innamorati ciò che vogliono , non ciò che
sentono ? È sapienza volgare : in aqua scribere bisogna ciò che di
cono . Oltre i proverbi , che sono generali , qualche indizio particolare
doveva tenere agitato e sospettoso il nostro poeta che un bel giorno
rivolge alla sua donna un rimprovero velato, lodando la sincerità del
proprio amore, la propria fedeltà, tacendo di lei . Ella non intende . Il
poeta si spiega meglio : ' Tu hai promesso e giurato , e io ti ho amato
con la passione dell'amante e con la tenerezza d'un padre . Ora ti
conosco. La passione è più ardente, ma non ti stimo più ’ . Ella non
si commuove . Vedi lo stato della mia anima : non ti posso voler bene
più , nemmeno se tu divenga la più pudica delle donne, non posso
cessar d'amarti , nemmeno se tu ti riduca delle donne la più trista ’: (0)
Amarla, dunque, sempre . E allora si volge contro i rivali , giovani
eleganti, vanitosi, nulli , e, come a lui pareva, intinti chi di questa
chi di quella pece. Si leva di tra i piedi un Rauido, che, nel cor
teggiare Lesbia e provocare Catullo, cercava soltanto di far parlare
di sè. Assale fieramente coi choliambi hipponactei tutta una com

(1) Pag. 62 [CVII). Nella nota al v. 6 la lezione del Baehrens è lucem e candi
diore nota : l'e si smarrì. Sappho si sente non solo in carius ro, ma nella gemi
natio di restituis.
(2) Pag. 63 (CIX].
(3) Pag. 63 [XXXVI).
(1) Pag. 65 e 66 [LXXV] , [LXXXVII ], [LXXII), (LXXV] .
XLVIII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

pagnia che frequentava la nona taberna della via tabernae ueteres.


Tra loro si pompeggia Egnatius, un Celtibero barbatulus, che ride
sempre per mostrare i denti bianchi . Ride al tribunale, ride ai fu
nerali, nel momento più commovente dell'orazione e della sepoltura.
Volete sapere (vuol sapere Lesbia ? par che dica) perchè ha i denti
così bianchi ? I Celtiberi si sciacquano con un'acqua .... Più i denti
sono netti, e più Egnatius ne ha bevuto . ( 1 ) Così Catullo si vendica.
Archilochos e Hipponax rivivono in lui, sebbene non sempre egli
adoperi i loro metri . Ma la pena non cessa . Prima non poteva bene
uelle; ora odia a dirittura ; e ama sempre. Il suo cuore si spezza
in questi due contrari sentimenti. All'ultimo Catullo è da lei aper
tamente respinto . Egli prega, implora di poter continuare a soffrire.
In vano : ella si fa vedere una belva, un mostro : (º) non c'è speranza
che in Dio . E alla divinità si rivolge il poeta, con accento tale che
noi , nell'intimo dell'anima, sentiamo, come di rado ci accade, di
1 rispettare quella religione di dei , che poteva ispirare anch'essa tanta
fede e suggerire una preghiera così spirituale e ardente . Non chiede
di essere riamato, chiede di guarire dalla malattia di quell'amore
orribile. ( 8) Guarì in fatti . Tuttavia dopo tre anni , respingendo le
profferte che l'ammaliatrice gli faceva per due amici falsi e interes
sati , e mandandole a dire che non contasse più sul suo amore, parla
di questo amore con una pietà così accorata e con espressioni così
carezzevoli , che si vede quanto egli dovesse aver sofferto e durato
prima di dimenticare. (™ )

XIII.
i
Catullo seguì in Bithynia C. Memmio pro praetore . Questi era
di buone lettere; schifava però le latine sebbene avesse avuto dal
grandissimo Lucrezio la dedicazione del suo Poema . Perchè Catullo
andò con lui ? ne era stato invitato forse con l'altro poeta de' nuovi ,
C. Helvio Cinna, in grazia dei comuni studi e amori ? Può essere,
poichè anche Memmio era poeta erotico . Ma Catullo aveva altre ra
gioni di accettare e andare . Giunto nella Troade portò al sepolcro
del fratello , sebben tardi , il dono funebre, e parlò alla cenere muta :
aue atque uale. (0 Che facesse poi nell'anno , non si sa : del propre

() Pag. 66 e 67 [XL] e [XXXIX).


( 3) Pag. 69 [LXXXV], [LX].
(5) Pag. 69 [LXXVI).
(4) Pag. 71 (XI) .
(5) Pag. 73 (CI).
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO. XLIX

tore si sa che non ebbe a lodarsi, chè non badava che a sè e non
stimava quanto un capello solo tutta la coorte . Ma venne la pri
mavera dell'anno seguente. Oh ! i giocondi preparativi della par
tenza ! i chiassosi saluti tra amici , i quali prendono , chi una strada
chi un'altra, che li riconduce però tutti in patria ! Soffiano i venti
tiepidi e senza mutamento ; i piedi sentono il formicolìo di andare
e correre . Catullo si propone di visitare le splendide, per arte e
fama, città dell'Asia minore ; ( ' ) e a ciò prende ad Amastris un buon
veliero, capace anche di andare a remi , un phasellus. Il che può con
fermare la supposizione che il padre di Catullo avesse affari nel
l’Asia, e possedesse navi . La rotta di Catullo, indicata da lui stesso
molto brevemente e generalmente, fu Ponto, Propontide , Thracia,
Rhodi , Cycladi, Adriatico ; donde, per il Po e un canale navigabile
che pare fosse tra Verona e Valeggio, giunse a Verona, al Benaco ,
alla diletta Sirmio, alla sua villa che, già silenziosa, sembra risve
gliarsi all'arrivo del padrone e fargli festa col vario tramestìo di
persone e cose . Qual dolcezza il riposo dopo tanto aggirarsi , dopo
tanta navigazione ! Coi fardelli del viaggio gli pare di deporre un ca
rico dell'anima, anche più grave, e finalmente, dopo le dormiveglie,
tutte sognacci e incubi , d'un anno e più, gusta il vero sonno in un
vero letto : nel suo . *) Questo saluto a Sirmio, che pare un so
spiro di sollievo , è in choliambi . Il poeta si dimentico della mordace
natura storica del verso, per considerarne solo la spezzatura e per
così dire fiacchezza del ritmo. È il poema, in vero, della stanchezza
e del sonno ; e le onde del lago cantano all'ultimo la ninna nanna ,
con una cadenza lenta. Nel lago è ancorato, o tirato in secco sul
lido, il phasellus . Egli passerà la sua vecchiaia gloriosa, in riposo ,
come il cavallo Enniano, spatio qui saepe supremo Vicit Olimpia nunc
senio confectus quiescit. (* ) Riposa e, per chi sappia intenderlo, parla .
Il poeta ne interpreta le parole che sono in agilissimi iambi puri ,
alate come il suo corso d'una volta. Si ricorda il tarlato phasellus d'es
sere stato selva viva e parlante, in paesi lontani. Quel legname che
imputridisce dice : Io sibilai sulla vetta del Cytore . Noi vediamo come
un'apparizione di verde, udiamo uno stormire improvviso ; poi la nave
parte, ha portato via in un attimo quel verde e quel fruscio. Il mare
succede al mare e la nave fila sempre . Sed haec prius fuere. Ora la
vecchiaia, il riposo e la morte. ( *) Catullo si fermo qualche tempo
a Sirmio e a Verona, dove forse arricchì di nuovi ornamenti poetici

(1) Pag. 74 [XLVI].


(2) Pag. 75 [XXXI).
(3) Baehrens FPR. p. 97, fg. 273.
(4) Pag. 76 [IV]. Il grazioso poema era molto nella memoria di Orazio, come
annoto qua e là. Se ne vedono traccie anche in C. 1 , 14, specialmente ai v. 11 e 13.
PASCOLI, Lyra Romana d
L STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

o compose a dirittura il suo carme LXIV, cioè le nozze di Peleo e


Thetide, e il LXIII , ossia l'Attis. Da Verona scrisse a un poeta
d'amori di Como Nuova un piccolo papyro di hendecasyllabi , invi
tandolo ad andare da lui : ' voglio che apprenda certe fantasie d'un
grande amico suo e mio '. Pare che si tratti dell'Attis, che Catullo
vuol leggergli e forse dedicargli . Ma il papyrus è molto oscuro . ( 1 )
In tanto il poeta era preso di un'Aufilena che presto conobbe valer
molto poco, sebbene gli paresse prima più cara degli occhi suoi.

XIV.

Tornò a Roma dopo poco . Era ancor fresco del ritorno dal viaggio
Bithynico quando Varo, forse il Quintilio Varo che conosciamo, lo
condusse a vedere la sua amica , una donnetta assai spiritosa e gra
ziosa. Si chiacchierò del più e del meno ; in fine il discorso cadde
sulla Bithynia e sui grandi guadagni che Catullo vi doveva aver
fatto . ' Con quel pretore ? nemmeno un po' di balsamo per i capelli ’ .
* Però hai comprato certo dei lecticarii, che là fanno robusti molto '.
Catullo, per darsi un poco d'aria, ' Oh ! di cotesti , la provincia non
era così cattiva che io non potessi provvedermene otto e ben por
tanti ’ . La donnetta allora : ‘ Di grazia, Catullo mio, prestameli per
oggi : voglio andare al tempio di Serapis ’. E Catullo : “ Ecco, di co
desto che dicevo d'avere, non ricordavo più come stesse la cosa . Gli
otto lecticarii ci sono ; ma sono dell'amico Cinna. Ma, miei o suoi, è
lo stesso ’. È un mimo narrato , tutta grazia e naturalezza. (1) In
tanto il suo compagno di viaggio, C. Heluius Cinna, pubblicava la
tanto limata e attesa Zmyrna. Catullo annunzia la preziosa operetta
lodandola per ciò che si poteva deridere o biasimare in essa, cioè
la lunga elaborazione, l'erudizione oscura , la piccolezza del volume.
Egli dice : Il volgo ammira la facilità di Ortensio, la popolarità di
Volusio, e i volumoni di Antimacho . Io amo ed ammiro Cinna, e
appunto perchè è il contrario di tutti e tre . (*) E, come Cinna, egli
ammirava ed amava Calvo, che aveva pubblicato elegie tenerissime
in morte di Quintilia, sua moglie. (*) Può essere di questo anno
un'imprecazione, quella contro il vecchio Cominio, e un'allegra ri
sata, quella sulla pronuncia di Arrio . (%) E nel principio del 699

(1) Pag. 78 (XLIV] .


(3) È il [X] da me omesso.
(3) Pag. 80 [ XCV ).
(") Pag. 82 [XCVI).
(5) Pag. 82 e 83 (CVIII] e [LXXXIV ].
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LI

si trovò in tribunale, a sentir tonare l'amico Calvo contro il nemico


della loro prima giovinezza, Vatinio . I due poeti erano tenaci nel
l'odio. ( 1 ) Ma Vatinio fu assolto, fu pretore e si tenne da allora si
curo il consolato. Catullo desiderò morire. (º ) Egli passava il suo
tempo tra Verona e Roma. E a Verona e a Roma esercitava l'animo
in odii e in amori ; amori indegni o infelici. Gli hendecasyllabi vola
vano a ferir questo e quello . I più velenosi toccarono a Cesare e a
Mamurra, di lui praefectus fabrum . I più pungenti andarono a quei
due amici inseparabili e famelici, Furio ed Aurelio . Fa pena vedere
questo gentilissimo gettato nell'iambo dalla Musa, perchè non avesse
a superare Sappho e Anacreonte ; come l'epigramma afferma di
Archilochos, perchè non vincesse Omero . Ma prima di morire egli
si beò ritraendo un amore felice . È un altro mimo narrato : un mimo
amoroso . Il dio, che egli altrove raffigura candido con la tunica
color di croco , gira intorno a due innamorati ; e manda loro augurii
buoni con piccoli starnuti. I due innamorati sono un Romano e
una Greca. (3) Si direbbe un simbolo. In questa poesia sono nomi
nate insieme la Syria e la Britannia, il che ne dà il tempo : l'anno
delle spedizioni di Cesare e di Crasso . Non vi è in altre poesie allu
sione ad avvenimenti posteriori. Tacque il poeta, o morì ? Morì; poichè
Hieronymus, pure sbagliando l'anno, afferma che morì giovane : a
Roma . E giovanili chiama Ovidio le tempie di lui nell'Elysio .

XV.

Catullo fu un giovane (caro agli dei fu, e del dono divino non dob
biamo essere immemori) sincerissimo e pronto perciò sì all'amore e
si all'odio . Come era di natura buona ed elegante, così più sovente
era offeso da ciò che vedeva di tristo e di brutto, che consolato dal
bene dal bello . Egli fu quindi più spesso iambico che melico, più
spesso amaro nell'elegia che tenero . E i metri melici e iambici con
fonde alle volte sì che non raramente nei primi saetti l'odio , nei se
condi espanda l'amore. Per questa prevalenza iambica Quintiliano, che
lo loda con Bibaculo tra i iambographi , ne tace tra i lyrici : at lyri
corum idem Horatius fere solus legi dignus. (*) Così Porphyrio cita solo
Levio, come scrittore lyrico avanti Orazio . (6) In verità, questa mistura

(1) Pag. 84 [LIII).


(2) Pag. 85 (LII) .
(3) Pag. 85 [XXXXV) .
(4) Quintil. IO. 10, 1 .
(5) Porphyrio Od. 3, 1 , 2.
LII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

e confusione di generi è ciò per cui piacque e piace, per cui sembrò e
sembra originale il poeta Veronese . La sua poesia è ' vita ' descritta,
e la vita ha vicino il sorriso alla lagrima e il sogghigno al dolore. Con
gli hendecasyllabi che da Sappho derivò Catullo , dice Plinio il iuniore,
iocamur ludimus, amamus dolemus, querimur irascimur, describimus
aliquid modo pressius modo elatius. ( “) A ciò era necessaria una
lingua, come quella di Catullo ; in cui si trova il provincialismo vi
vace (a es. basium) vicino all'elegante grecismo (come mnemosynum
papyrus zonula) ; i nessi prosaici ( quare, quandoquidem ), le parole
volgari ( salaputium ), le espressioni del comune conversare ( bellus,
tantum basiorum ), presso quei cari diminutivi (come erano già in
Levio ), ad es . solaciolum , misellus, turgiduli, versiculi molliculi, mu
nuscula e vai dicendo , ora detti per vezzo, ora per pietà, ora per
ispregio, ora per amore . L'anaphora anima ogni tanto l'ingenua espo
4 sizione ( Quicum ludere quem — Quoi ) ; la geminatio la riscalda (Non
non hoc tibi, false, sic abibit) ; l'allitteratio la colorisce ( bene ac
beate) ; l'homoeoteleuton la isveltisce ( Diuersae uariae uiae) . Così
ella è fresca, come fatta a voce da lui proprio, rinato o non mai
morto . Non meraviglia che l'ira e l'amarezza avanzino gli opposti
sentimenti : nella vita è così . E il più buono soffre più del men
buono ; e non è egli così generalmente mite come si vuol credere ;
poichè il mite comincia col perdonare internamente a sè stesso quello
che perdona agli altri . Il che non è poi grande bontà . Catullo fu
ammirato , abbiamo veduto e vedremo , dai suoi eguali, lodato già da
Cornelio , lodato poi da Velleio Paterculo . (* ) Egli fu un caposcuola .
Anche quelli che si scostarono poi dalle sue orme , cominciarono col
l'imparare da lui . Valga per tutti Vergilio . Orazio mostra un certo
dispetto della sua popolarità , é deride la scimmia Demetrio che
era Nil praeter Caluum et doctus cantare Catullum ; eppure anche in
lui è traccia d'imitazione e di studio di Catullo . Quanto a ciò che
afferma, d'aver mostrato per primo al Lazio gl'iambi Parii e primo
aver derivata in Italia la poesia Eolica, ( *) ciò si può riconoscere per
vero , e si può non vedervi offesa per il predecessore ; poichè Orazio
allude alla perfetta distinzione dei generi e interpretazione dei metri .
Resti a Orazio la gloria d'aver fatta poesia più bella e regolare , e si
conservi a Catullo quella d'aver fatta poesia più viva e sentita . Dopo
il secolo d'Augusto la fama di lui crebbe, non che si oscurasse dopo
il fulgore del Venusino . Fu anzi tanto imitato e contraffatto , che venne
a noia . Così è : un'opera d'arte buona e bella, ha nella sua bontà e
bellezza la ragione del suo dissolvimento ; poichè quella eccellenza
(1) Plin. Ep. 4, 11, 3.
(2) Vell . Paterc. 2, 36.
(5) Hor. S. 1 , 10, 19 ; Epl. 1 , 19, 23 ; C. 3, 30, 14.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LIII
la fa amare, l'amore la fa imitare, l'imitazione la rode, la consuma ,
l'annulla. Si fa silenzio e buio intorno a essa. Passano secoli e secoli.
Finalmente di sotto il moggio è tratto il lume, che si credeva estinto .
Il piccolo libro torna a splendere e vivere , e a far rivivere un'anima
e un'età .

XVI .

Catullo morì dunque giovane ; sino all'ultima vecchiaia visse Va


lerio Catone, il grammatico . Questi vide altri poeti e udì altre can
zoni, sentì sfiorire la sua fama, e la sua Lydia e la sua Diana cedere
il posto a poemi degni di Esiodo e di Omero . ( ' ) Egli restava fedele
ai suoi vecchi e opponeva Lucilio ad un nuovo grandissimo poeta
di Saturae, sostenendo che la verseggiatura dell'antico si poteva cor
reggere con poca fatica . (4 ) Ma non gli badavano più ; non si accor
gevano di lui. I poeti Augustei avevano ville e poderi e onori e
gloria ; esso cadeva nell'oscurità e nei debiti. Un bel giorno, nel
l'anno 730 o giù di lì, un creditore, che aveva ipoteca sulla sua villa
di Tusculo, offriva questa in vendita . Fu venduta, e Catone nascose
la sua povertà e vecchiaia in una catapecchia, vivucchiando del pro
dotto d'un poco d'orticello . Dove erano i suoi amici d’un tempo ?
il lepido e generoso Catullo, che scherzava così volentieri coi loro
due nomi : quicquid amas, Cato, Catullum ? ( 8) il dotto e servizievole
Cinna, che aveva fatto così alto augurio alla sua Dictynna ? Morto
l'uno, nel fior dell'età, morto l'altro tragicamente, ucciso per errore,
nel lugubre giorno dei funerali di Cesare : fatto anche questo già lon
tano . Memmio ? morto esule nella sua Grecia, circa l'anno 706. Cor.
nificio ? morto nell'Africa , l'anno 713, abbandonato da' suoi soldati
che soleva chiamare lepri con l'elmo. Poteva Catone passar qualche
parola con un grammatico come lui, povero e vecchio quanto e più
di lui , Orbilio Pupillo di Benevento, che abitava in soffitta ; ma non
avevano, pare, buon sangue tra loro . Il Beneventano era scontroso
estroso rabbioso a dirittura, mentre il Transpadano sapeva mo
strare lenius la sua ammirazione per il passato e il suo malcontento
per il presente . (4) Nessuno vi era ad aiutare e consolare il vecchio
(1) Lydia doctorum maxima cura liber, disse Ticida, poeta di hymenaei e epi.
grammi, il quale cantò i suoi amori con una Metella , cui chiamò Perilla. È nominato
da Ouid. Trist. 2, 433, dopo Catullo e Calvo, avanti Cinna, insieme con Memmio.
Ciò nei primi otto versi subditicii della Sat. decima del libro primo in Orazio.
(3) Catull. [LVI ), omesso.
(4) Vedi gli otto versi sopra detti. L'eques grammaticus è forse Orbilius che equo
meruit (Suet. gramm . 9) ed era naturae acerbae — etiam in discipulos (id. ib.). Orazio
provò, pare, la sua scutica, come di professor da fanciullo , così di critico da grande.
LIV STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

maestro ; nessuno, se non Furius Bibaculus . Questi che Bibaculus


erat et uocabatur, ( " ) era sopravvissuto ; e rimasto fedele agli amici
e alla poesia di quel bel tempo , conobbe e fece conoscere la indegna
miseria del maestro unico, che sapendo tutto figuratevi se sapeva il
nomen, egli che era summus grammaticus ; eppure avanti un nomen
si trovava imbarazzato : quello che aveva col suo inesorabile creditore .
C'è nomen e nomen, chi bene intende, come una villa può essere op
posita in un modo e in un altro . Dopo quanti anni dalla morte di
Catullo , riappariva il suo sorriso ne' suoi vispi phalaecii ? Imagi
niamo, trent'anni almeno ; poichè Catone si può tutto al più e con
grande difficoltà supporre nato nel 648 ; onde nel 730 o 731 avrebbe
avuto ottanta e più anni. Ma se Bibaculo era nato nel 651 o 652,
come dice Hieronymus , sarebbe stato vecchio anch'esso e non avrebbe
avuto ragione di parlare della vecchiaia dell'altro che era male co
mune. Tanto più che Bibaculo vide, a quel che pare, Orbilio decre
pito , di quasi cent'anni , quando egli stesso ne avrebbe avuti, se
guendo Hieronymus, quasi novanta ; poichè Orbilio era cinquantenne
nell'anno del consolato di Cicerone. Dunque ? par probabile che Hie
ronymus abbia errato, e che Bibaculo , come si rivela imitatore di
Catullo, così sia stato o suo eguale o anche suo minore . (º) Imita
tore fu di certo , anche nell'assalire Cesare con l'acerbità dell'iambo,
sebbene ne facesse poi ammenda con una pragmatia belli gallici, º
di cui un verso è deriso da Orazio . Notevole è che questa Prag
matia (o Annales) belli Gallici mostra come nella metrica e prosodia
la diligenza ed eleganza nuova, così nell'argomento e in qualche
espressione l'imitazione di Ennio . A Ennio anzi o male inteso o
voluto agguagliare con troppo minori spiriti si deve quel Iuppiter
che hibernas cana niue conspuit Alpes. Così è : Bibaculo, ' tra lo stil
de' moderni e il sermon prisco ', prepara Vergilio. Ma nei carmina
segue ancora ed emula i soggetti, i metri , lo stile delle nugae e
ineptiae Catulliane, e ciò , dopo che erano stati mostrati al Lazio i
veri iambi di Paro e adattate alle corde della lyra italica le me
lodie di Lesbo . Gli altri poetae noui, C. Licinius Caluus, C. Heluius
Cinna, Ticida, Q. Cornificius, non arrivarono al tempo in cui avreb
bero potuto considerarsi o essere considerati ueteres: poco dopo la
morte di Cesare, erano tutti o quasi tutti (di Ticida non sappiamo
nulla) morti, come abbiamo detto ; morti dopo aver composto, epi
grammata o poemata, epyllia, epithalamia : brevi poesie ispirate dal
l'amore o dall'amicizia, da tutto ciò che fa ridere e fremere e pian
(1) Pag. 40 nota al [XXVI).
(2) Pag. 101-104 M. Furius Bibaculus I, II, III, IV , V, e note, specialmente al
III, v. 8.
(5) Tacit. ann. 4, 34. Acron ad Hor. Sat. 2, 5, 40.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LV

gere ; piccoli laboriosi poemetti epici come lo di Calvo , Zmyrna di


Cinna , Glaucus di Cornificio ; hymenaei sapphici , o in glyconei
conclusi da pherecratei o in esametri. Di tutta questa poesia re
stano pochi avanzi . ( " ) Restano bensì alcune saette iambiche popo
lari che si possono credere se non foggiate proprio , almeno acuite,
da questi poeti . Per esempio, l'epigramma in choliambi contro quel
Rufus, che fu iniziatore, auctor , di cucinare le cicogne, ha un fare
tutto catulliano ed è metricamente correttissimo . Per esempio an
cora, i versi quadrati che si cantarono, giusta Suetonio, nel trionfo
di Cesare e cominciano Gallias Caesar subegit, non sono versi fatti
a orecchio come gli altri Gallus Caesar in triumphum ; e possono
essere nati, come si può indurre anche per le solite iambiche accuse,
quali erano in Catullo e Calvo, nell'umbracula di qualche poeta, piut
tosto che al sole delle marcie e al fuoco dei bivacchi . ( ) Così nel
l'epigramma contro Octaviano per il suo empio lectisternium di uo
mini-dei, (º ) è un indizio sia pur fievolissimo ( lo spondaico verso
quinto), che la musa dei nuovi , già non più nuovi , continua a per
seguitare Cesare nel suo figlio adottivo . Ma qui è importante con
siderare che i veáte poi tutti o almeno tutti i principali , divennero
poi, a quel che sembra, Cesariani . Furono , a dir vero, sempre per
Cesare Cornificio e Quintilio Varo, transpadani ; divennero col tempo ,
pare, Heluius Cinna e Bibaculus, transpadani anch'essi . Persino Ca
tullo, che aveva assalito così fieramente quello che egli aveva chia
mato magnum, non senza allusione all'altro Magno di cui mostra così
di non riconoscere la grandezza ' officiale ', fece ammenda de' suoi
iambi e fu liberalmente riaccolto . Persino Calvo che del resto aveva
vilipeso Magno, quem metuunt omnes, in un epigramma che ci re
sta, (“ ) volle riamicarsi con Cesare e trattò per mezzo di amici co
muni , ma Cesare per primo gli scrisse e si riconciliò con lui . ( )
Ciò forse cominciata la guerra civile , nella quale l'eloquente accusa
tore , se vedeva Vatinio dalla parte di Cesare, sapeva essere dal
l'altra Cicerone , il quale egli doveva considerare come il principale
autore della morte del padre suo, e col quale, a detta di Seneca ,
diu – iniquissimam litem de principatu eloquentiae habuit. ( 6) Ma
di questo, non sappiamo gran fatto . Degli altri però tutti , com
(1) Pag. 104-107.
(²) Pag. 107 e 108.
(3) Pag. 109.
(0) Schol. Lucani 7, 726, e Seneca rhet. 382 Keil.
(5) Tanto per Catullo, quanto per Calvo vedi Suet. Caes. 73. Vedi anche a
pag. 72, nota al v. 10.
(6) C. Licinius L. f. Macer, padre dell'oratore, accusato avanti Cicerone pretore
per concussioni fatte nella sua provincia pretoria e da lui condannato, si diede la
morte nel 688. Di lui vedi Cic. Brut. 238. Per il resto Sen. contr. 7, 4, 6.
LVI STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

preso Catullo, possiamo supporre ragionevolmente che fossero attratti,


oltre che dal finissimo gusto e dalla graziosa urbanità di Cesare,
oltre che dal suo genio, oltre che dalla sua causa, chi prima e chi
1 dopo, dai benefizi che egli fece ai Transpadani , dai diritti di ciuitas
che egli concesse loro, nel suo proconsolato, diritti che il Senato non
voleva riconoscere. ( " ) Come che sia, furono all'ultima per lui, e nella
loro poesia doveva essere l'antidoto alle contumelie velenose, che
noi leggiamo o di che sappiamo ; contumelie, del resto, che per la loro
uniformità faceva sorridere chi ne era assalito, come le caricature,
fatta ragione dei tempi , non turbano i nostri uomini di stato ; doveva
esservi l'antidoto, o il veleno non doveva esservi troppo nè troppo
forte, se essa poesia fu poi la delizia di Mecenate e di Mecenatiani . (*)
Essa resistè al grande fragore delle guerre civili e tra quelle e dopo
quelle spianò le sopracciglia di grandi e di poeti, nei belli orti, pieni
di ronzii , co' noci Albani e i meli Piceni, e le zucche e i cocomeri
sdraiati gravemente a terra e la menta e il basilico odorosi. Una
rozza statua lignea di Priapo dominava lì tra le lattughe e i porri .
Qualche volta il dio aveva anche un tempietto, un sacellum. Il
Priapo, il sacellum, anche gli alberi, sono gremiti di versi ; versi che
fanno arrossire, ma sentono l'eleganza Catulliana. (3 ) Vergilio gio
vane, pare, se ne dilettò, (“ ) e non paia strano : il libellus di Catullo
era nelle mani di lui tuttora giovanetto . Rimane la graziosa parodia
del Phasellus che egli fece da scolaro, deridendo, probabilmente, il
suo maestro di retorica, un tal Sabinus che era stato mulattiere
prima che retore. E quando può lasciare quella scuola e andare a
Roma, ad ascoltare il filosofo che appacia l'anima, egli saluta l'as
sordante strepito della retorica e il noioso professore ( scholasticus),
con un poema in choliambi , che ricorda Catullo . (5) E Catullo ; in
quest'anno 701 , in cui P. Vergilius Maro, giovinetto impacciato e
pensieroso , veniva a Roma, al porto della felicità ; a Roma moriva
o da poco era morto ; mentre là nell'oriente la sconfitta di Carrhae,
preparava, per sua parte e contro quel che avrebbe dovuto essere,
il cozzo delle armi civili di Cesare e Pompeo .
(1) Mommsen SR. 5, 9 .
(2) C. Cilnius Maecenas, nato nelle idi di Aprile tra il 680 e il 690, morto nel 740.
Vedi a pag. 110.
(5) Pag . 118 e 119 Priapea.
( ) Pag. 111-113 P. Vergilius Maro Priapea.
6 ) Pag. 114-116 (P. Vergilius Maro) Catalepton I e II. Le traccie di Catullo nel
secondo si vedono, per es., al v. 7 Vale Sabine, iam ualete formosi, posto vicino a
Vale, puella, iam dell' (VIII] del poeta Veronese.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LVII

XVII.

Di lì a pochi anni tutto fu pieno di guerra ; guerra in Italia, in


Hispania, in Thessalia, in Africa. Due grandi battaglie, nel 706 a
Pharsalo, nel 708 a Thapso prostravano la dominazione oligarchica
del senato . La repubblica era spenta, e M. Porcius Cato, che aveva
passati gli anni a segnalarne i nemici e i pericoli , come una ve
detta, comprendeva che la sua uigilia era finita e si uccideva, la
sciando come un raggio d'eroismo alla sua causa, che i posteri dove
vano ammirare : Victrix causa Deis placuit sed uicta Catoni. ( 1 ) Ma
in tanto era perduta, che la campagna dei figli di Pompeo e di
Labieno in Hispania non parve che una ribellione al diritto già co
stituito . Il mondo Mediterraneo si raccoglieva sotto Cesare comin
ciando già a gustare l'ordine, la pace e la prosperità ; quando il
vincitore di tante battaglie e il promulgatore di tante leggi , il pacifi
catore e il riformatore, cadeva sotto il pugnale dei senatori congiurati .
Nel tempo stesso , si andavano adunando in Occidente le soldatesche
che dovevano conquistare la Britannia e in Oriente quelle con le
quali Cesare voleva vendicare la rotta di Crasso e assicurare per
frontiera la linea dell’Euphrate . La morte del grand’uomo fece ri
sorgere i tempi di Mario e Sulla. La rabbia civile penetrò nelle case
distruggendo tutto ciò che v'è di sacro e santo . Gli uomini non fi
darono più nei loro familiari, non contarono sulle cose loro, non
sperarono nel domani. La disperazione aveva occupati gli animi di
tutti . Dopo due anni di questo delirio, si trovarono a fronte a Phi
lippi pili a pili , aquile ad aquile : pili ed aquile, destinate queste
al Reno e alla Britannia, quelle all’Euphrate e ai Parthi. D'una
schiera era parola d'ordine Libertas, e dell'altra, non si sa. Quale
che ella fosse, la vittoria di questa parte non doveva parer fare pro
messe credibili e palesi . Una tromba squillò da una parte e dall'altra.
Le fanfare si levarono, comandando e incorando . Poi un gran silenzio .
Di lì a poco, grida di guerra e cozzi d'armi e sibili di freccie e
romba di frombole e il galoppo dei cavalli e lo schiacciarsi l'un
con l'altro di due muri mobili di bronzo e di ferro . Quella gior
nata di sangue non bastò : la vittoria fu divisa. Ci volle un'altra
battaglia nel medesimo luogo , perchè l'una delle due aquile , la re
pubblicana, fosse vinta e fuggisse. (*) Per un poco il mondo romano

( 1) Lucanus Pharsalia 1, 128.


(2) Dio Cassius XLVII 43 e segg.
LVIII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

parve tornato come dopo la battaglia di Thapso o di Munda, sebbene


tre fossero i dominatori e nessuno paresse avere l'anima e la mente
del divo Iulio, e i mari fossero corsi da Sesto Pompeo, avanzato
alla prima guerra. Ma Cesare Octaviano, l'erede del grande, tor
nando dalla vittoria in Italia, la trovava di nuovo in tumulto e guerra
per opera del fratello e della moglie di Antonio, che era triumviro
con lui e Lepido . Chi poteva più imaginare un fine alla guerra civile,
preparata nel 694, cominciata nel 705, che nel 708 parve finita e
ricominciò, ed estinta al tutto in quell'anno, divampava più violenta
che mai dopo l'uccisione di Cesare, e soffocata in Italia turbinava
in Thracia, e spenta in Thracia infieriva in Italia ? Roma dunque
doveva perire, doveva essere spianata e deserta ? era condannata
per un antico delitto , che pesava sui nepoti ? In questo momento
d'angoscia suprema, si udì la voce non di un poeta, ma di un uates .
Egli aveva bensì imparate tutte le finezze dell'arte greca e cono
sceva tutti i progressi dell'arte romana ; ma aveva studiato, più che
ogni altro, i poeti che per primi si erano trovati avanti a un fan
tasma poetico e lo avevano espresso con sentimento semplice e pa
rola vergine ; i poeti, che non avevano altri a cui prendere sia pure
per migliorare, ma s'ispiravano alla cosa nuova , non al libro vecchio .
Di questi egli voleva essere e sentiva poter essere in Roma ; e pren
deva perciò il nome, disusato dai Catulliani , sacro agli antichi, che
significava l'interprete delle voci misteriose, cantore e profeta, uates .
Il uates fingeva di presentarsi al popolo col suo canto, come già So
lone . Come già Archilochos, invitava i cittadini ad abbandonare la pa
tria. Ma si trattava di ben altro che della conquista d'una isoletta
e della partenza d'una colonia ! Roma, dopo secoli di vittorie, cade
per sua mano, dà volontariamente causa vinta ai Parthi . Bisogna
fuggire. E il uates sa un luogo, lontano e remoto , dove è felicità
e pace. ( 1) Qui il poeta imagina il popolo in un momento di tregua
e di resipiscenza. Si domandano , gli infelici, come potranno essere
salvi ; e quando sanno qual via, unica e triste, di salvezza loro ri
manga, gli uni si traggono in disparte non credendo e non ubbidendo ,
gli altri piangono : piangono quelli che non vogliono seguire il vate
nelle isole lontane, piangono quelli che ve lo seguiranno, lasciando
la dolce patria condannata. In un'altra poesia , il vate si presenta
al popolo nel momento del suo delirio di sangue, e dopo averlo
fatto vergognoso della sua bestialità, domanda : è pazzia la vostra, di
cui siete inconscienti ? o la sentite una forza che vi trascina, una colpa
che dovete espiare ? A questa domanda, tacciono , impallidiscono ,

(1) Iambi (Epodon) I (XVI).


SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LIX

tremano . Sì : è il sangue del fratricidio antico . ( " ) Queste due poesie


hanno un tono oratorio, quale è naturale di chi fa önv avt' ayo
pñs. (™) Sono, per il metro, in quella composizione disticha propria
di Archilocho, nella quale o un verso più breve è fatto seguire a
un più lungo, o versi ed elementi iambici, propri dello scherno e
dell'ira, per così dire, viva, sono variamente accostati a versi ed
elementi dattilici , propri di sentimenti e di memorie d'un tempo
che fu . La prima ha i distici composti dell'esametro e del trimetro :
dopo la grave contemplazione fatidica, il rapido fulmineo grido d'or
rore, di sdegno, d'allarme. La seconda è di trimetri e dimetri iam
bici , distico che l'autore predilesse : dopo l'espressione tragica o
comica, il singulto o la risata . L'esametro e il trimetro della prima
hanno qualche traccia di Catullo : due degli esametri sono spondaici ,
però in nome proprio ; i trimetri sono di iambi puri , come nel Pha
sellus che piacque tanto anche a Vergilio. E altro ancora fa vedere
che il uates ha letto e studiato il poeta. Ma, profittando di ciò che
l'uno ha innovato e corretto, l'altro lascia le orme degli Alessan
drini imitatori, e ricorre al modello e alla fonte. È nuovo rispetto
ai nuovi.

XVIII .

Il uates novissimo è Q. Horatius Flaccus. Al principio forse


del 713 egli era tornato in Italia, profittando dell'amnistia concessa ai
superstiti di Philippi . Poichè si era trovato, tribuno militare, a quella
orribile duplice battaglia, nell'esercito di Bruto : era quindi stato
vittorioso nella prima giornata, nella seconda travolto negli amari
passi della fuga. Cioè no : nel momento critico della battaglia, in
cui la fanteria cedè e quindi piegò anche la cavalleria, tra i nemici
e i suoi si trovò il giovane tribuno e si salvò come per miracolo :
si sentì, come egli poi disse a foggia di simbolo, sollevato in alto
con molto suo spavento, e avvolto da una nuvola . Era il dio dei
poeti che lo traeva in salvo. (%) Nato VI idus decembris del 689,

(1) I. [Ep .) II (VII).


( 2) Solon Salamis 1 , 2.
(3) Vedi a pag. 186 nota al v. 10 di [II-VII]. Quei versi sono per me pieni an
cora di dubbio. Sensi fugam può valere fugi ? o non varrà piuttosto ' provai le amare
conseguenze della fuga degli altri ? ' E l'abl. ass. relicta -parmula non dipende egli
da fugam , meglio che da sensi ? C'è tanta relazione tra fugere e relinquere ! Cesare,
a Munda, ai suoi che cominciavano a fuggire, diceva : proinde uiderent quem et quo
loco imperatorem deserturi forent (Vell. Pat. I, 55) . Due cose dunque per me sono
chiare : qui sentit fugam non vale fugit; qui fugit, non qui sentit fugam , relinquit
LX STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

consoli L. Cotta e L. Torquato, a Venusia, colonia romana, era stato


liberalmente educato da suo padre, un liberto riscotitore di ga
belle, come dice egli , o, secondo Suetonio, salsamentario . Apprese
i primi elementi da un tale Flavio, che insegnava ai figli de' grandi
centurioni di Venusia . ( ! ) . Poi dall'amorevole padre fu condotto a
Roma, dove fu alla scuola di Orbilio Pupillo, che dettava, a suon
di busse, l'Odyssea di Livio Andronico. Dal medesimo però è veri
simile che imparasse anche il greco ; seppure questa non era sua
lingua domestica. Sin dai primi anni in greco lesse il fonte d'ogni
poesia, Omero ; e si sentì tentato a scrivere in versi in quella lingua.
Al che rinunziò vedendo la grande moltitudine di poeti tra cui si
sarebbe trovato : segno che già aveva coltura larga e profonda. (Ⓡ )
Ma se ciò fosse prima della sua andata in Atene o durante la sua
dimora colà, è incerto. ( 8) Ad Atene si recò verso il 709, a udirvi
i filosofi. Mentre studiava quelle dottrine, cercando la pace dell'anima
specialmente presso gli Epicurei, veniva in Atene nel mese sestile
dell'anno 710 M. Bruto, cui il sangue di Cesare faceva mirabile a
quei giovani adoratori di Catone ; di Catone, che era morto leg
gendo un filosofo greco . Il giovane Orazio seguì Bruto in Macedonia,
poi in Asia. Fu tribuno militare, cioè comandante, con altri cinque,
d'una legione. In tale grado si trovò alle due giornate di Philippi,
donde scampato e ottenuto , con gli altri , il perdono , tornò a Roma .
Il suo padre era morto ; il suo patrimonio era sparito, per confisca.
Egli si trovò costretto a domandare un impiego, uno scriptum quae
storium ; e così fu scriba. E intanto la paupertas, che sveglia le arti,
come dice Theocrito, che è audax, come dice esso Orazio, lo spinse a
far versi . (4) La quale espressione è bene uno scherzo del poeta giunto
al fine della sua carriera e che riposa, come il fortis equos di Ennio ;
uno scherzo col quale egli accomuna la poesia a tutte le arti e me

aliquid o aliquem. Quindi non ' reliqui parmulam et fugi ’; ma sensi fugam in qua
relicta est parmula. Può dunque significare (sebbene vi ripugni parmula , in tanta scar
sezza di diminutivi Oraziani) sentii l'amarezza in Philippi , di quella fuga e di
quell'abbandono di scudi ’ , senza la menoma nota di dispregio per sè e per Pompeo
Varo : Tecum ! Si è mai considerato abbastanza che egli dice ' con te ' ? Oppure si
gnifica sentii l'amaro di quella fuga, quando fu abbandonata la cavalleria, che do
vette piegare anch'essa '. A ogni modo, lontano ogni cenno d'ignavia. In così fiera
battaglia ! con così buon commilitone ! nel dì del ritorno, nell'ora dei racconti fami
liarmente eroici !
(1) Hor. Sat. 1 , 6, 72.
(2) Sat. 1 , 10, 31 .
( ) Natus mare citra in quel luogo a L. Mueller pare non si possa dire se non
di chi fosse in Italia, allora. Ma citra e ultra sono cenni in latino molto aiutati
dalla pronta fantasia . Vedi per es. Liu. 21 , 26 : leggerai citeriore agro, ulteriorem
ripam, che rispetto a Livio sono il campo di là e la riva di qua.
(4) Epl. 2, 2, 46 e segg.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXI

stieri ; ma accenna pure anche al fatto che in vero da quella sua arte
fu vinta quella povertà. Ora pensava Orazio a questo fine non ideale,
sin d'allora, sin dai suoi primi versi ? pensava che quei versi gli
avrebbero procacciato, non dico danaro da librai, il che non pare
verisimile potesse sperare, ma il rispetto e la protezione de' potenti ?
Chi pensa il pregio in che erano tenute le lettere e in specie i versi
dai Romani , chi ricorda che non si conta , si può dire, tra loro uomo
di stato e guerriero che non fosse, più o meno, scrittore e poeta ;
non può dubitare che l'eccellenza in un'arte, come questa , non avesse
a essere considerata, da chi sperava raggiungerla, come fonte di onori
e anche di ricchezza . E ciò senza bisogno d'asservirla al potere e
d'avvilirla con l'adulazione e la menzogna. Orazio attese da prin
cipio a fare poesie belle e niente altro che belle ; rinnovò la satira
di Lucilio sperando di far riconoscere la sua superiorità su quel
poeta tanto ammirato e lodato ; mostrò gl ' iambi veri di Archilocho
al Lazio che non conosceva se non quelli alessandrini di Catullo .
In ciò era tanta gloria che non sarebbe mancato chi fosse per to
gliere il poeta al suo scriptum quaestorium . Che egli non mirasse
a conciliarsi l'affetto e l'ammirazione di questi più che di quelli, e
specialmente di coloro , contro i quali aveva combattuto a Philippi ,
si comprende dal fatto che in una delle satire prime che scrisse ,
nella prima anzi , gli antichi sospettavano fosse morso Maecenas
stesso, nella figura di Malthinus che passeggia mollemente con la
tunica lunga e sciolta, (“ ) e che i suoi primi iambi sono diretti non
contro una delle due parti contendenti , ma contro tutte e due, e
mostrano che egli non augura a questa la vittoria su quella, ma
dispera della patria straziata dagli uni e dagli altri . Che poi l'uomo,
sorto a togliere dall'oscurità e dal bisogno il buon poeta, contasse
sulla riconoscenza di lui, e il poeta gliela dimostrasse, può sembrare
cosa cattiva e turpe solo a chi non fece mai il bene o mai non lo
riconobbe fatto . In tanto Orazio, diradatasi ancora quella nuvola mi
nacciosa di guerra civile, continuava nel suo disegno di dare a Roma
una satura più perfetta della Luciliana e degl'iambi più regolari dei
Catulliani . Egli aveva, in questi come in quella, il modello davanti ,
ma s'ispirava a sentimenti propri . Cantò, per esempio, il suo amore
disprezzato da Neаera con tale accento di verità, che si trova nella
poesia persino il suo nome e un cenno alla sua condizione . Eppure

(1) Sat. 1 , 2, 25. Vedi Porphyrione a questo verso : sub Malthini nomine quidam
Maecenatem suspicantur significari. Vedi però Madvig Opusc. 1 , pag. 64, vedi anche
Cima ne' suoi acuti Saggi , pag. 6 ; ma osserva a ogni modo che se gli antichi in
dussero che Malthino fosse Maecenas dalla concordanza dell'abito e del portamento
(Sen. Ep. 114), nessuno più di Orazio vedeva tale concordanza. Che se non satireggiò
Mecenate in persona, egli derise certo il suo fare e il suo costume in altri.
LXII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA
Il
si può riconoscervi qualche traccia di Catullo . ( ' ) Un'altra poesia ci
rivela anche meglio la vita e i pensieri di Flacco, a quei tempi. Il
cielo è contratto e buio, piove e nevica, il mare mugghia, sibila la
1 selva . Gli amici hanno le rughe nella fronte, come vecchi . Orazio
incoraggia loro e sé stesso, esortando ad obliare nel vino e a sperare ci
in un dio . (Ⓡ)

XIX .

Deus haec fortasse ... In queste parole è forse espressa una se


greta speranza del giovane, tornato dall'Oriente con le penne tarpate,
che non ha più il suo podere, non ha più la sua casa, e vive tristamente
d'un lavoro che non fa per lui. Prima del 715 egli si era stretto
in amicizia con Vergilio . Questi conosciuto già per le sue nugae, che
egli poi chiamò xatè dettóv, e per poemetti d'imitazione, in un
triste caso della sua vita potè trovare favore presso Asinio Pollione
e Cornelio Gallo, poeti anch'essi nel tempo stesso che uomini di
stato e di guerra ; ( 3 ) che lo conoscevano e lo fecero conoscere a
Mecenate. Di Octaviano era stato, se è vera notizia, condiscepolo . (1)
A tutti il soave poeta Mantovano mostrò la sua gratitudine, sin da
questi tempi , nelle eclogbe ; e nella prima di esse sin da questi tempi
egli diceva del giovane Cesare : erit ille mihi semper deus. (6) E Orazio
sperò dunque anch'esso , confortato forse dalle parole del verecondo
amico. Col quale doveva parlare spesso dell'arte comune, di cui però
trattavano generi diversi , come voleva la diversa natura. Avevano
del resto gusti uguali : nè all'uno nè all'altro piacevano i poeti che
affettavano l'antico ; e a questi non piacevano essi, come è naturale.
Vergilio aveva molti detrattori . Mevio, Bavio , Anser e anche un Cor.
nificio Gallo . Orazio , molti più : Valerio Catone, Orbilio Pupillo,
Bibaculo stesso, tutti i Luciliani e tutti i Catulliani . I poetastri che
pungevano Vergilio erano di questi tali, che anche noi conosciamo
di vista e di persona, che per una parola la quale non sembri loro
coniata o usata bene, buttano il libro e dicono dello scrittore, che

(1) I. [Ep.) III (XV). Il nome (agnomen ) è nel v. 12, a modo quasi di bisticcio.
Solennemente pone il nomen in C. 4, 6, 45, Vatis Horati. Fuor di questi due luoghi,
non è mai nelle poesie meliche e iambiche il suo nome o cognome o prenome. Ca
tullo invece, abbiamo veduto, si nomina a ogni momento. Di imitazione Catulliana
è dunque segno anche si quid in Flacco uiri est.
( 2) I. [Ep.] IV (XIII ).
(3) Pag. 117 nota a III [X] .
(4) Pag. 115 nota a II (VIII) .
(5) Ecl. 1, 7 .
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXIII

non sa'nemmeno’la lingua . Cornificio Gallo, per esempio , e Bavio


e Mevio con lui, davano per spacciato Vergilio perchè aveva detto
ordea al plurale: Ordea qui dixit superest ut tritica dicat. ( ) Di tali
pedanteschi detrattori di Vergilio si sa che Meuius era sectator uo
cum antiquarum , che Anser era poeta d'Antonio e scriveva le sue
lodi. (*) Che anche Meuius fosse poeta d'Antonio , che anche Anser
andasse a caccia di parole antiquate , si fa verisimile quando si ri
corda che Antonio nello scrivere appunto scavizzolava arcaismi nelle
Origin di Catone, come Sallustio . Che Bauius avesse gli stessi gusti
linguistici di Meuius è chiaro dal verso Vergiliano : Qui Bauium non
odit, amet tua carmina, Meui ; che seguisse la stessa clientela poli
tica, si fa probabile dal fatto che Bauius come Meuius non rimasero
a lungo in Roma e si recarono in Oriente : come non ad Antonio ? (3)
Or dunque contro Mevio e forse contro Bavio si esercitò l'arco di
Orazio che minaccia questo , perchè molestava co ’ suoi latrati di lon
tano gli ospiti innocui, e maledice quello , mentre s'imbarca per
l'Oriente. (^) Così le freccie iambiche sono dirette a vere persone,
con odio vero. Orazio si sente ispirato dal suo affetto per Vergilio
e dal culto del medesimo ideale . Io gioisco di cogliere , sebbene da
un'infinita distanza , una qualche parola tra i conversari dei due mas
simi poeti Romani . Non parlavano essi de' loro disegni ? non legge
vano a vicenda i loro tentativi ? non s'ispiravano l'uno dall'altro ?
Vergilio imitava da Theocrito la pharmaceutria : Orazio pensava
anch'esso una scena di sortilegi, ma cittadinesca, tragica. Vergilio
abbozzava parlando , o leggeva abbozzato l'idyllio campestre del se
condo libro delle Georgiche , e Orazio faceva anch'esso , quasi in pa
rodia, il suo bozzetto campagnolo, ma in persona d'uno strozzino : un
idyllio comico . (6) Con Vergilio il giocondo e fine Venosino conobbe
gli altri poeti, Vario nato per l'epos, Fundanio, scrittore d'argute co
medie , Pollione, autore di forti tragedie. Non andò molto, e Virgilio
prima e poi Vario presentavano a Mecenate quello che compieva il
numero : il Lucilio nuovo, il Catullo migliore . Orazio avanti il potente
amico di Cesare, arrossì e balbettò , e dopo poche parole fu accom
miatato . Dopo nove mesi , fu richiamato e ammesso tra gli amici.
Poco prima o poco dopo, il poeta aveva dato prova della sua virtù
Archilochea contro un villano rifatto, uno schiavo liberato, che la
faceva da eques, un eques come nè più nè meno Mecenate il discen

(1) Baehrens FPR. pag. 341 .


(2) Pag. 132 nota a VI (X). Seruius ad ecl. 9, 36.
(3) Pag. 108, nota al 2. Pag. 131 nota a V [VI], pag. 132, nota a VI [X].
(4) I. [Ep.] V (VI), VI ( X) .
(5) I. (Ep.] IX (V), X (II). Alcuni da queste somiglianze deducono che l'epodo
sia posteriore alle Georgiche.
LXIV STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

dente di re Etruschi . “ Quando un uomo simile è tribuno militare,


a che armare navi contro i masnadieri e gli schiavi liberati di
Sesto Pompeo ? ’: ( ) Così egli dice ; e noi possiamo notare che alla
vigilia d'una nuova guerra civile non condanna più tutte e due le
parti, poichè vede già la salute di Roma nella causa di Cesare. E
in ciò mostra tanto poco di servilità, che per l'appunto egli inveisce,
con quel carme, a quel che pare , contro un amico , o vecchio o nuovo,
di Octaviano . Orazio narrò poi, quasi otto anni dopo , i primi tempi
della sua familiarità con Mecenate. ' Per questo solo (cominciò a
annoverarmi tra' suoi) per avere chi prender su in raeda, viaggiando,
e a cui confidare bagattelle di questa specie : Che ore sono ? Gal
lina il Thrace può stare a fronte di Syro ? comincia a far freddo la
mattina : bisogna riguardarsi ’ : ) S’intende che ciò è detto con un
sorriso ; ma in fondo è vero, ed è ragionevole che così fosse, sul bel
principio . Di queste giterelle in raeda pare essere un ricordo anche
negli lambi . Videro essi in qualche aia, imaginiamo, dei contadini T
mangiare un moretum : il moretum che Vergilio giovanetto aveva
cantato . Mecenate se ne invogliò e ne mangiarono anch'essi . L'aglio
che yi entrava in gran copia, fece male a Orazio e lasciò un non.
grato odore in bocca a tutti e due . Donde uno scherzo iambico, (®)
che dovè ricordare a Mecenate, col suo finto pathos, la maniera del
l'amato Catullo , quando egli ebbe letto, per esempio , l'anthologia di
Sulla il litterator. Ma Orazio si occupava più delle Sature o Ser
mones, dei quali offriva al protettore il primo libro nel 719, due
anni dopo il dilettoso viaggio a Brindisi con lui e Vergilio e Vario.
Mecenate, che preferiva forse gl'iambi , gli domandava spesso no
tizie del libretto, cominciato tanto tempo prima, ancora prima che
lo conoscesse. E Orazio rispondeva : Non me la sento più ; sono
innamorato e più che i versi d’Archilocho mi si convengono quelli
di Anacreonte. (^) Tuttavia in iambi cantò il presagio della vittoria
di Cesare su Antonio, nei primi mesi del 723 ; quando tutti i Romani
erano in grandi ansie, sapendo le minaccie di Cleopatra e ricordando
la virtù guerriera di Antonio . ( ) In tanto Cesare che si era imbar
cato per sorprendere Antonio, respinto da una burrasca, era tornato
a Brindisi , e ivi aveva convocati tutti i senatori e cavalieri che
potevano . Tra questi era Mecenate, che peraltro fu rimandato a go
vernare la repubblica. Orazio, nel pensiero che il protettore e amico
sarebbe forse andato alla guerra, gli diresse una poesia, così piena

(1) I. [Ep.] VII (IV) .


(2) Sat. 2, 6, 42.
(3) I. [Ep.] VIII [III].
(4) I. [Ep.) XI ( XIV ] e vedi anche l' [XI) tralasciato.
(5) I. [Ep.) XII (VIII).
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXV

di tenerezza e di gratitudine, che sebbene , forse, l'ultima composta


in iambi, pose prima nel libro, come dedica . ( * )

XX.

Era innamorato, e il poeta voleva i metri leggieri di Anacreonte ;


si aveva speranza di vittorie e banchetti trionfali, e il poeta prepa
rava la lyra e le tibie. Aveva nel campo della vera iambica Archi
lochea posto il piede in terreno non segnato da orme ; voleva far
lo stesso nel campo della melica Lesbia . Peraltro è da notarsi che
prima che ai melici Lesbiaci , egli pensò ad Anacreonte . Ciò è forse
per gli hemiambi Anacreontei , per i quali dalla poesia Paria è facile
il passaggio alla poesia Teia ? Non vorrei affermarlo. ( ° ) Ma, a ogni
modo, in Anacreonte non si fermò. È certo delle sue prime odi quella
a Chloe, (3) come si vede da negligenze metriche . Ora essa è, per il
soggetto, certa imitazione di Anacreonte ; per il metro, non forse, (4 )
sebbene abbia un pherecrateo e un glyconeo per terzo e quarto verso
d'ogni strofa . Presto egli dunque lasciò le lievi melodie del poeta, che
era ionico come Archilochos, per ricorrere alla fonte donde erano an
ch'esse sgorgate. Ma prima nei metri stessi, usati già epodicamente,
si provò di gettare pensieri e sentimenti più propri della poesia melica,
facendo soltanto quaternarie le strofe. Una di esse poesie ( ) svolge
questo pensiero : Come non sempre si vede nuvolo nel cielo, così non
sempre si deve avere la tristezza nell'anima : il vino fa obliare ogni
dolore. Così il [XIII) epodon , presso a poco . E questo epodo e quell'ode
concludono con un esempio eroico, l'uno del Centauro che ammonisce
Achille, l'altra di Teucro che incuora i compagni . La differenza è
nel principio ; poichè l'ode esordisce con uno di quei proemi pin
darici , che a bella prima non si comprende dove abbiano a parare ,
Poi, è tetrasticha. Un'altra ode, dello stesso metro, ha analogia coi
[V] e [II] Epodon , perchè contiene un drama, perchè si apre col di
-scorso di persona che non è il poeta. Ma mentre dei due carmi
epodici, il primo ha il grottesco vicino al tragico , il secondo il bur
lesco presso l'idyllico ; l'ode ha , con un'ombra d'ironia, una serietà
(1) I. [Ep.) XIII [1 ].
(2) Pag. 149, v. 10 e nota. Pure nella nota al 12 si aggiunga che il pes non ela
boratus può essere di questi hemiambi, schietti, non accompagnati, come per es.
proprio in quella poesia, da esametri, e in altre da trimetri, e in altre allineati con
mezzi elegiaci : s'intende, nella loro forma acatalecta.
(5) Pag. 214.
(4) Il metro pare di Alcaios. Vedi fg. 43 Bergk.
(6) Carmina I ( I- VII ).
PASCOLI, Lyra Romana e
LXVI STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

e severità solenne e pietosa . ( " ) Alla prima di queste odi , e perciò


al (XIII) Epodon, rassomiglia l'ode quarta del primo libro, da me
omessa. (° ) Ora questa è a dirittura Archilochea per il metro, seb
bene tetrasticho . I versi impari sono composti d'un tetrametro dat
tilico seguito da una tripodia trochaica ; i versi pari d'un trimetro
iambico catalectico ; il quale ha sempre la caesura dopo la terza
arsi, onde ciò che resta, forma una tripodia trochaica. Con una tri
podia trochaica si conclude dunque e il verso pari e l'impari ; e la
prima parte, in questo è dattilica, in quello iambica, con ritmo li
discendente , qui ascendente . Grande analogia con questo metro ha
quello d’un'altra ode, (*) che ha pur somiglianza d'argomento, con 2
tenendo tutte e due il pensiero della morte. 1 versi pari ha questa
uguali a quella e tagliati dalla medesima caesura . I versi impari
sono in questa un semplice dimetro trochaico catalectico, di ritmo
quindi discendente, ma terminante in arsi : di che forse la preva
lenza dello spondeo nella prima sede dei versi pari dell'una, e del
l'iambo nella medesima di quelli della seconda . (*) Il modello di
quest'ultima era però in Alcaeo, come afferma Caesius e come
conferma il frammento 95 Bergk, che è appunto un dimetro tro
chaico catalectico . Altra ode, quella di Lydia e Sibari, è condotta con
artifizio simile : ed è curioso osservare che è unica nel suo metro,
come le precedenti, aggiungendovi degli epodi oltre il (XIII), anche
l ' [XI] . L'ode accennata ( 5 ) ha la seconda metà d'ogni verso pari costi
tuita da un hemistichio in tutto simile e uguale al verso impari .
Erano insomma studi metrici questi, ed è molto simile al vero che
fossero fatti già prima di rinunziare alla poesia iambica : tanto più
che hanno, per la contenenza, un carattere così generico e sbiadito
che sembrano esercitazioni con appena appena un'ombra di realtà. Il
poeta provava il nuovo istrumento . E a me sorride il pensare che
il primo suo canto veramente e francamente melico sia il propempticon
a Vergilio , al dolce amico , suggerito forse più che dal disegno non
colorito d'un viaggio di Vergilio , dal fatto avvenuto del viaggio di
Mevio . ( 6 ) Di ciò potrebbe persuadere la sproporzione delle parti, il
tumore dello stile, l'oscurità del tutto , difetti che vi si trovano al certo,
se indussero il Peerlkamp a considerare l'ode per gran parte fattura
( ) Carmina II ( I- XXVIII).
(2) Pag. 166 nota in fine.
(5) C. III ( II-XVIII ).
(4) I versi pari della [I-IV] hanno tutti lo spondeo nella prima sede fuori che
il v. 2 Trahuntque : quelli della [ II-XVIII) tutti l'iambo, fuorchè il v. 6. Ignotus e
il v. 34 Regumque .
Ő C. VII (I-VIII) : vedine la nota anche per l' [XI] Epodon.
(6) C. IV (I-III).
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXVII
d'altri che Orazio. ( ' ) Ma sia d'Orazio , tutta ; è delle prime però . Come
è delle prime, quando la via non era ancora piana e il passo sicuro,
la profezia di Nereo a Paride, che sarebbe al tutto un'esercitazione
più retorica che poetica, se non avesse, qua e là, cenni allegorici
ad Antonio e Cleopatra . (*) Così è allegoria, e non ben condotta ,
l'apostrofe alla nave, ( ) e di allegoria è sentore nell'appello, tutto
interrogazioni, a Lydia , che con l'amor suo corrompe un uomo che
era famoso per la sua fortezza . (4 ) Il poeta studia ancora, nell'anno
che Antonio (il Paris, il Sibaris ) e Cleopatra ( la Helene, la Lydia )
minacciano il Capitolium . Egli sfoglia il grande poeta stasiotico,
Alcaios, il cantore delle battaglie e delle fughe di tiranni ; e si fa
la mano su metri di lui meno caratteristici , come quello dell'ode
[ II -XVIII] già ricordata, e un altro , adoperato anch'esso una volta
sola, a esprimere il lamento d'una fanciulla innamorata a cui è con
teso e l'amore e l'oblio. (5 ) La fanciulla, Neobule, ha dimenticato le
tele e il fuso, come Sibaris le armi e i cavalli ; ed è innamorata d'un
giovane, quale Sibaris era prima che lo amasse Lydia . Il metro è io.
nico a minori, come è anche così spesso in Anacreonte ; ma Orazio
non pensa più al molle poeta di Teos . Nell'anno , in cui di nuovo è
in gioco Roma e la sua fortuna, egli è tutto rivolto al poeta My
tileneo di cui la grande casa sfavilla di bronzo. (Ⓡ)

XXI .

Presta dunque, o poeta che cantasti la morte di Myrsilo , il tuo


barbiton al poeta romano : võv xpr ... Fu decretata la supplicatio che
precede il trionfo ; nei templi tutti , avanti gli dei, protettori dell'im
pero , è fatto il lectisternium . Gli dei banchettano , banchettino anche
gli uomini ; la città è in festa, sia in festa ogni casa . Nella prima
vera del 723 , quando la speranza combatteva ancora col timore,
Orazio aveva domandato : Quando berremo il Caecubo del trionfo ?
(1) Il Peerlkamp rifiuta i vv. 15-20, e i vv. 25-36. All'obbiezione sua ( di cui vedi
a pag. 172 nota al v. 36, e in fine) Hercules non erat homo, si può bensì rispondere
oltre che con Tac. Ann . 4 , 38 optumos quippe mortalium altissima cupere : sic Her
culem et Liberum apud Graecos; oltre che con quella faccia del mito secondo la
quale i giganti erano invincibili, se con gli dei non era anche un uomo, Heracles
appunto ; si può rispondere che persino in Orazio Hercules è uomo che si conquista
l'immortalità ; ma è, a ogni modo, un esempio che invita a tentare, non a posare.
(2) C. V [I-XV).
( 3) C. IV [ I- XIIII ).
( C. VII [I-VIII) .
(5) C. VIII (III -XII ].
(6) Alc. 15 Bergk .
LXVIII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

Nell'autunno dell'anno medesimo , si combatteva la battaglia di Ac


tium . La vittoria di Cesare era grande, ma rimanevano in vita sì
Antonio , che poteva serbare qualche sorpresa, e sì Cleopatra, che
poteva ammaliare il nuovo come aveva sedotto il vecchio Cesare,
o sfuggirgli. Finchè quella donna era viva e regina, i Romani non
potevano darsi alla gioia. Ma nell'autunno nel 724, un anno dopo
la vittoria Actiaca, giungeva la notizia, portata dal figlio di Cice
rone, che la donna che parve fatale, era morta : morta in modo mi
sterioso che non si seppe bene allora, nè poi. Le menti però si
fermarono all'aspide velenoso. Il poeta trova, in tale momento , in
Alcaeo il metro e la mossa del suo canto di gioia. ( ' ) La mossa e
non più : che cosa poteva esserci di simile tra il tirannello Myrsilo
e il fatale monstrum che miracciava il Capitolium ? Le imitazioni
Romane non ci compensano certo della perdita che abbiamo fatto
dei modelli greci ; Orazio non ci fa dimenticare Archilocho e Alcaeo :
tuttavia noi possiamo essere sicuri che in Archilocho , che guida
con suo padre la colonia a Thaso, in Alcaeo , che gioisce della morte
di Myrsilo, non avremmo trovato l'accento sublime del vate Romano
che invita i cittadini a lasciar Roma e cercare le isole lontane, o
a bere il Caecubo per la morte della donna che non volle essere
' trionfata '. Il metro è sì il metro d'Alcaeo, fatto latino sebbene non
ancora del tutto . Orazio tralascia una volta, al v . 14, la dieresi che ,
a differenza del Lesbio, egli s'impose : s'impose, a che, se non a ren
dere più sensibile a orecchie latine il metro greco ? Così egli adatta
alla sua lyra Romana la più forte delle strofe Lesbie, quella che
userà più e meglio. Di simile ispirazione, dello stesso metro, d'un
uguale numero di versi (è caso ? ), è un canto bacchico . (4) Il poeta ha
veduto tra erme rupi e boschi il dio che ammansa le fiere più sel
vaggie, persino il Cane della Morte, ed empie di forza portentosa le
Maenadi . Ha ancora nell'orecchio le grida del thiaso, euhoe, ha ancora
avanti gli occhi il dio terribile, eppure non armato che di thyrso . È
il dio che rende innocui i serpenti, il dio che pugnò contro i Giganti,
che in pace e in guerra mostra ugualmente il suo potere. La theopha
neia è per il poeta come una consacrazione : egli si sente ora capace
di cantare di tutti i soggetti più misteriosi e grandiosi . Nell'ode che
fu da lui preposta alle altre come proemio e che contiene il pro
posito e l'idealità del poeta ; ode che non è necessario supporre
composta l'ultima ; afferma che la corona di edera lo pone tra gli dei ,
che le danze delle Nymphae e ai Satyri lo tengono lontano dal volgo. (*)
Or qui egli si trova tra Satyri e Nymphae e ode i carmi dell’Ederigero .
( 1) C. IX ( I- XXXVII).
(2) C. X ( II -XIX ).
5) Carmina [I-1] a pag. 156.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXIX

In tanto Orazio riabbracciava un compagno d'armi. Dopo dodici anni


così pieni d'avvenimenti e mutamenti, rivide Pompeo Varo , il primo
de' suoi sodales, con cui si trovò a tanti pericoli e a tanti banchetti,
per la Macedonia, l’Asia, la Thracia. Era un'alternativa di morte e
vita, bella ora a ripensarla ; che fu conclusa da una mischia terri
bile , da un giorno oscuro di fuga e strage , nel quale si persero di
vista. Ora si ritrovano e si ripete uno di quei giocondi convivi di
dodici anni prima. ( 1 ) Forse a un altro reduce è diretta l'ode Musis
amicus : (*) ma il reduce è non più che un giovinetto. L. Aelius Lamia
aveva probabilmente seguito Cesare in Egitto ; ora, di ritorno , è
salutato e festeggiato da Orazio che si fa bello, come nelle due odi
precedenti, della sua consecrazione di poeta lyrico . Sub lauru mea
riposa : dice a Pompeo ; o dolce Musa nuova, fa una ghirlanda di
fiori sbocciati al sole per il mio Lamia : esclama in questa. Orazio,
perchè amato dalle Muse, non ha più alcun timore . Le nuvole, che
il giovinetto reduce afferma esserci ancora in Oriente, per i tumulti
dei Parthi e per i movimenti dei Daci , Orazio le dissipa al vento .
Egli ha la lyra nuova , il plectro Lesbio . Il che si riferisce, come
in genere a tutta la poesia lyrica, così in ispecie alla strofa alcaica,
nuova conquista d'un momento di tripudio alla notizia che le guerre
civili erano finite per sempre.

Er
XXII .

All'annunzio della morte di Cleopatra , la strofa di Alcaeo ; al


ritorno del vincitore, quella di Sappho . In Alcaeo, che Orazio pre
feriva, egli vedeva la strofa così detta Sapphica, adoperata special
mente, se non esclusivamente, negl'inni . ( 8) In verità è di un ritmo
proprio della contemplazione, sia il poeta avanti la divinità pos
sente, sia in presenza della propria anima turbata . La placida on
dulazione del dattilo tra le due dipodie trochaiche culla, in certo
modo, il sentimento religioso e amoroso , finchè nell'Adonio , a un
tratto, si leva, continuando senza mutamento, a un'esclamazione o a
un lamento . Nell'alcaica invece l'anacrusi dà un soffio o spinta iam
bica ai trochei, anapaestica ai dattili ; e quando il ritmo al terzo
verso sembra appaciarsi nella doppia dipodia, guizzano i due dattili
e prorompe il doppio adonio del quarto . Con lo stesso translato che
fece chiamare femminile la caesura dopo thesi e maschile quella dopo
(1) C. XI ( II - VII ].
(2) C. XII [-I-XXVI) .
È scholion il fg. 36 Bergk .
LXX STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

arsi, noi per la conclusione sempre acatalecta degli hendecasyllabi


sapphici e sempre catalectica degli Alcaici , potremmo chiamare ma
schile la strofa di Alcaeo, e femminile quella di Sappho : pensiero
questo a cui forse ubbidirono gli antichi grammatici ponendo tali
nomi a quei metri. Perchè in tutti e due i poeti è questa e quella
strofa ; e non si può affermare in alcun modo, non ostante che Alcaeo
sia detto un poco più vecchio di Sappho, chi de' due sia l'inventore
dell'una o dell'altra . Forse vi era tra i due qualche differenza nel trat
tarle : forse , per es. , Alcaeo nelle due sedi prime degli hendecasyllabi
sapphici , poneva sempre l'epitrito, mentre Sappho spesso il ditrocheo .
Nel fatto, Catullo che si modellava su Sappho, ha qualche volta i
due trochei , Orazio che emulava Alcaeo, ha sempre trocheo e spondeo .
Ma più che certi atteggiamenti , egli presė dal Lesbio gli spiriti e il
senso del metro . (™ ) Cesare ritorna per trionfare. È il 725 : sono
corsi quindici anni dall'uccisione, che gettò di nuovo il mondo nella
tempesta. Se nella strofa alcaica il poeta espresse il fremito di gioia
che lo scosse nell'apprendere la vittoria, ora esprime nella sapphica
il sentimento di riconoscenza alla divinità, sentimento che si fa pro
fondo e quasi triste nell'ora della gioia presente per il pensiero del
dolore passato . Il poeta, dopo averè ripercorsi i prodigi che alla morte
di Cesare parvero mostrare la fine d'un'età, si trova così presente
all'affanno che ha evocato , che non dice “ chi doveva ' ma ' chi deve
invocare il popolo, quali preghiere devono formulare le vergini in
violabili ? '. Le preghiere furono trovate, il dio vendicatore scese in
terra. Ma non è egli nè la molle divinità dell'amore nè la feroce
deità della guerra ; è il dio alato, il dio compagnevole, il dio che
uccise Argos e che trovò la lyra . Egli vendicò Cesare, fa tornare
con la pace la prosperità e vorrà punire i Parthi a cui pensava quel
grande quando fu ucciso . È Mercurio, è Cesare Octaviano. (%) Ma
l'inno non si chiude lietamente, poichè vi è espresso il timore che
il dio non levi sulle ali sue, lasciando i Romani ai loro vizi e i
Parthi senza vendetta. In verità, la colpa fu troppo grande . Siffatto
dubbio domina nell'ode ad Asinio Pollione , che in questo anno 725
attendeva alla storia dello sconvolgimento civile finito l'anno prima .
Finito veramente ? le faville, dice il poeta, covano sotto la cenere,
il sangue civile è ancora sulle nostre armi. E ripensa le battaglie e
le stragi , per mare e per terra, in tutte le parti del mondo . A un certo
punto, tutto pareva domato : restava contumace un'anima, Catone.
E dire che questa orribile guerra cominciò dopo l'ultima grande
sconfitta delle armi Romane da parte d'un altro popolo ! E i Ro

(1) C. XIV [I-X).


(2) C. XIII ( I- II ).
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXXI

mani, piuttosto che vendicarsi o difendersi, si uccidevano tra loro !


placavano anzi col loro sangue le ombre dei nemici già trionfati in
altri tempi ! Quanto sangue, quanto sangue ! Il poeta ammonisce sè
stesso a cercare altri canti, invece di queste nenie funebri. ( - ) An
che dall'inno trionfale, dopo simili lotte, è inseparabile la tristezza .
I vincitori vogliono che il poeta narri le loro gesta, ma egli non
può . È colpa dell'arte non pari a quel soggetto eroico, o dell'anima
negata a quelle compiacenze crudeli ? Si meriterebbe l'accusa di giu
dicare cose antiche con senso moderno chi asseverasse che era
l'anima che non si prestava alla gioia funebre della vittoria civile.
Eppure l'interruzione al fine della detta ode ha molto significato.
A ogni modo, Orazio stesso diceva che era colpa dell'arte. Credia
mogli. ʻO Agrippa, un altro cantore ti occorre per le tue gesta
eroiche : Vario, il poeta epico . Io canto non battaglie , ma conviti ,
o battaglie sì ma di fanciulle ’: ( ? ) O Maecenas, narra tu in prosa
le battaglie di Cesare : io non so dire che di Licymnia, che canta
così dolce e danza così snella ’: (*)

XXIII .

Convivi e amori ! la melica torna , donde mosse . In Alcaeo più


che delle poesie politiche ( troppo diversi gli uomini , le città, i tempi)
trovava delle sympotiche ed erotiche il modello . E qual modello
insuperabile ! È un guerriero , è un marino che banchetta e ama :
egli combatteva forse la mattina del giorno nella cui sera doman
dava amore, e mentre si faceva versare in fretta il vino e diceva
lo scolio, i suoi uomini si apparecchiavano a sciogliere gli ormeggi
della nave . Quindi intenso era il sentimento e pittoresca, rapida,
calda l'espressione. Orazio, la cui vita , del resto , in qualche parte
rassomigliava a quella d'Alcaeo , certo non doveva essere pari al suo
autore ; ma per noi è pure ammirevole più in queste che nelle altre
odi. Già egli nelle conviviali pone sovente tratti e accenti personali
e Romani , sì che la sua non è un'imitazione pedestre . Non copia
egli, ma s'ispira, nè solo ad Alcaeo , sì anche ad altri , ad Anacreonte
specialmente . E sempre ? tutte proprie queste odi sono fatte di pietre
scavate a Lesbo é , aggiungo , a Teo ? I nomi sono sempre o quasi
sempre greci, è vero ; ciò era richiesto dal gusto dominante ; ma in
alcune è tanta vivacità e tanta spontaneità, che mal possiamo in
(1) C. XV ( II - I].
(2) C. XVI (I-VI).
(5) C. XVII [ II-XII ).
LXXII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

durci a crederle non originali . Ma a che tali ricerche ? contentiamoci


di assistere a questi convivi d'un tempo, ora chiassosi, ora tristi, in
cui dalla rissa si conchiude alla gioia, e dalla oscurità della sta
gione si prende ispirazione all'amore . Leuconoe, fanciulla medita
bonda, non pensiamo alla morte, beviamo; Postumo Postumo, beviamo,
si deve morire ! I monti sono bianchi di neve, le selve scricchiolano :
si ponga legna sul focolare. Il mare frange le ondate alle scogliere :
si filtri il vino . Il vino toglie ogni affanno, se usato moderatamente,
porta ogni guaio, se smodatamente bevuto . (' ) E sono le donne d'Ora
zio tutte greche come dice il nome ? tutte hetaerae ? Vi è bensì
Pyrrha mutabile come il mare : guai a chi fida in quella bonaccia !
Ma vi è la giovinetta che trema come la foglia da cui ha il nome.
Vi è Barine, cui la perfidia dà bellezza e il tradimento aggiunge
adoratori . Ma vi è Asterie, che piange , che ha il marito lontano, che
ha un insidioso vicino ; vi è Lyce che lascia piangere sulla soglia
vietata l'amatore. Ma il capolavoro è il dialogo di Lydia e di Orazio .
Acme e Septimius parlano certo con parole e frasi più native e giu
live. Ma se noi diciamoe leggendo Catullo come è vero ’, avanti
Orazio esclamiamo come è profondo ’ . Là è la verità aperta a tutti,
qua la verità scoperta dal poeta. È così: il poeta non deve sempre
e soltanto ritrarre, deve rivelare, deve far sì che il lettore dopo aver
riconosciuta la verità della cosa rappresentata, abbia a soggiungere
che era così facile a vedersi ma che egli non la vedeva. L'ode ac
cennata, nona del libro terzo, non poteva essere imaginata e con
dotta se non da un profondo conoscitore di anime . Comincia l'uomo
col rimpiangere la sua felicità passata : un rimprovero e una lode a lei
indirettamente, non altro . Parla in fatti di un preferito, potior, parla
del collo di Lydia che era così bianco ! Il rimprovero è rintuzzato fie
ramente : Lydia può dire anche il nome della rivale, Chloe . E resa
è la lode, indirettamente : l'uomo ha lodato della donna la bellezza,
la donna loda dell'uomo la fama e la gloria . E il rimpianto della
felicità passata è anche in lei . Dunque ? non sono essi d'amore e
d'accordo ? No : sarebbe semplice, ma non vero . L'uomo sente il bi
sogno e di scusarsi e di accusarsi , di confermare che la colpa è di
lei e di affermare che ne è venuto il piacer suo . La conferma è in
una paroletta, nunc : ora sì, non allora . Ma non importa : esso è
tanto felice ! E felicissima è la donna : dice il nome dell'amato, due
volte morrebbe per lui . Solo ora la riconciliazione è matura , poichè
l'uno e l'altra ha cresciuto pregio all'amor suo desiato e goduto da
(1) Vedi le odi raccolte sotto il titolo IV. I convivii. L'amor di Glycera ([I-XIX]
e [ I -XXX ] omesse) acquista col (III- XIX] colore di verità, ma confrontando il v. 1
della [ I- XIX ] col v . 5 della (IV-I] e il tono e il metro, sospetto in tutto l'inten
zione simbolica. Di che meglio altrove.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXXIII

altri. Ma tali poesie non sono, si può dire, personali . C'è tutto al
più l'anima e il pensiero del poeta come quella e quello dell'autore
dramatico nelle parlate dei personaggi del drama. Che però, in quella,
l'amatore di Lydia sia Orazio, si può sospettare dal fuggevole ac
cenno Multi Lydia nominis : ( " ) delle altre si deve negare che ab
biano per soggetto un amore vero di lui . Raccogliendo e ordinando
A questi sparsi poemetti erotici e conviviali , si avrebbe non la storia
dell'anima e degli amori di Flacco, ma, ciò che a me pare meglio,
la pittura più colorita e geniale della vita giovanile nel mondo greco
romano . E si vedrebbe (non è questo il luogo dove dimostrarlo a
SCH. parte a parte) che Orazio intese, molto obbiettivamente, a fare questa
pittura più compiuta che si potesse, vincendo di molto Luciano e i suoi
Dialoghi . In Orazio è la donna di tutte le età , da Chloe a Lyce,
R: di tutte le condizioni , da Lyce a Barine, dell'indole più diversa,
Asterie e Pyrrha . Orazio ha voluto figurare come tutte le specie
az di donne, così tutti i momenti dell'amore : il principio, la gelosia,
il rammarico, la riconciliazione, l'addio . Parla ora uno che vuol per
suadere con racconti lugubri , ora uno che implora con pianto amaro,
e persino chi consiglia e chi ammonisce . Se ne potrebbe fare uno
svariato romanzo di costumi ; se ne potrebbe dipingere un quadro
pieno di vita gioconda , in cui di figure maschili non avrebbe a es
gere servi la sola del buon Venusino . Sì ! se fosse nostrum dilatus in aeuum,
ne sorriderebbe egli per primo. La sua anzi , forse, non avrebbe a
CON esservi affatto . Al pittore ( mi si passi questa fantasia) vorrei rac
comandare che ponesse nel bel mezzo e bene in luce quel grazioso
e snello bronzo Praxiteleo, che è il Nearchus dell'ode vigesima del
libro terzo ; il Nearchus che ha il ramo di palma sotto il piede nudo
file e lascia tremolare a un poco di vento i capelli profumati e sparsi
Tesa sugli omeri .
zza.
XXIV.

ch
èi Nel principio del 727 Caesar Octauianus ebbe il nome di Au
11 gustus. Munatius Plancus aveva proposto questo appellativo religioso,
invece d'un altro nome, che poteva suscitare odi e sospetti , Romulus.
Ma in vero Cesare meritava di essere agguagliato al fondatore di
Roma, egli che la aveva tratta da una morte parsa sicura . Un'idea
uda che serpeggiò sino a che divenne fatto , da Cesare arrivando a Co
stantino, errava nel mondo antico : che Roma non potesse continuare
a essere la sede dell'impero . Si sapeva o diceva che Iulio Cesare
ten
(1) Vedi le odi raccolte sotto il titolo, V. Jie Donne.
LXXIV STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

aveva manifestato il proposito di trasferirla ad Alessandria o ad


Ilio, si era veduto o creduto che Antonio, che presso molti passava
per il vero continuatore di Cesare, minacciasse la stessa diminuzione
all'Urbe. Le ragioni che tre secoli dopo parvero buone a Costantino,
non erano cattive nemmeno ora, e di Octaviano si poteva dubitare,
sospettare, temere, che le trovasse ottime . Quando fu noto e aperto
il consiglio suo di rimanere in Roma , il che fu probabilmente si
gnificato dall'ordine di ricostruire i templi arsi o rovinati, dugustus
egli divenne per il popolo , e il poeta inneggiò a lui come a dio .
L'opera non era compiuta : ai confini rumoreggiavano popoli non
domi o mal domi; ma il domarli non sembrava più se non questione
di tempo, ora che l'impero aveva riacquistato la sua unità e la sua
forza. Le discordie civili erano finite, bastava ora regolare le nozze ,
rinvigorire l'educazione, emendare i costumi e riafforzare il carat
tere dei cittadini . Il rimedio disperato di riportare in Oriente i penati
di Troia, era messo da parte, e il Capitolium si vedeva raggiare col
fastigio d'oro in mezzo al mondo pacificato. Queste idee e sentimenti
esprime Orazio con una specie di poema gnomico ed eroico nel tempo
stesso, originalissimo, che ha i liberi trapassi e gli episodi dell'alta ly
rica ; dell'alta lyrica i suoi luoghi , direi quasi , d'ombra di silenzio di
mistero, in cui l'uditore rapito medita e contempla. Il poeta preannun
ziò questo canto sublime con un dithyrambo ( l'ode vigesima quinta
del libro III) che ad altri parve stare a sè, e dire le lodi di Cesare
il grande, egregii Caesaris, nelle parole stesse con le quali le pro
mette. Ma a me pare che di tale artifizio il poeta non avrebbe me
nato vanto così altamente, nè solo con le parole insigne recens adhuc
Indictum ore alio, che da alcuni si riferiscono al fatto cantato più
che al canto stesso, ma col simbolico suo smarrirsi in paesi selvaggi
non segnati da orme . Il che si conviene mirabilmente ai carmina
non prius Audita, i quali come hierodoulos delle Muse canta alla
nuova generazione quegli che uates nella sua giovinezza fu testi
mone della rovina imminente della patria e consigliere dell'abban
dono di essa per plaghe felici e pie . Ora egli dice : la Necessità della
morte preme su tutti . La Virtù sola ce ne libera. Per questa Caesar
è consacrato al cielo , come fu già Quirinus . Il quale fu fatto dio ma
a un patto : che non si trasferisse l'impero in Oriente . E il nuovo
Augustus questo patto ha attenuto . Egli vinse le sedizioni interne ;
vincerà i nemici esterni , che già ha atterrito , che già sono vinti,
perchè è per tornare in fiore il costume e la disciplina dei maggiori. (' )
In altre poesie egli insiste sull'argomento del corruzione, dell'avi
dità, del lusso . Nessuno creda che il poeta non sia sincero in quelle

(1) Vedi le odi raccolte sotto il titolo, VI. Canto Nuovo.


SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXXV

invettive e moniti e consigli ! La ridente e serena pittura della medio


erità campestre e frugale è la nota comune dei primi poeti Augustei ,
Vergilio, Orazio, Tibullo . Vogliamo credere a una parola d'ordine
data loro da Mecenate o da Augusto ? E come anche a Tibullo ? No :
era un sentimento comune, un grande desiderio di pace che pren
deva quelle sante anime piene del timore d'uno sfacelo, veduto im
minente, poi allontanato bensì ma ancora in vista. Orazio più di
tutti ebbe il presentimento del futuro, egli che uates giovane sentì
già nella Roma fatta deserto il calpestìo di cavalli barbarici, e ma
turo poi pensò ai popoli forti casti poveri , come gli Scythi e i
Geti , in confronto ai Quiriti degenerati . Orazio fu , in questo presen
timento, il precursore di Tacito .

XXV .

Le odi , che abbiamo detto, symposiache e amorose, sono dunque


parti di dialogo ( una è dialogo vero e proprio) ; sono piccoli mimi in
cui per lo più ignoriamo il nome dell'interlocutore di cui sentiamo
le parole . I carmi ' non prima uditi ’, di cui sopra, sono sì in per
sona di Orazio, ma di Orazio invasato dalla divinità, d'un sacerdote
delle Muse, cui la infanzia miracolosa predestinava e consacrava .
L'anima di Orazio è in quelle come riflessa, in questi quasi transfi
gurata. Meglio noi possiamo coglierla in altre poesie , nelle quali
troviamo la conosciuta sorridente faccia dell'autore dei sermoni e
delle epistole. Sono le odi ispirate dalla campagna, dalla religione,
dall'amicizia. Sin dall'anno 723 Orazio aveva avuto da Mecenate in
dono la villa Sabina, con un bel fondo coltivato , a quel che pare, da
cinque famiglie di mezzaioli , più otto opere . Sappiamo quanto Orazio
se ne compiacesse, con quanta sollecitudine cogliesse ogni occasione
per andare a respirare l'aria montanina impregnata dell'odor del
timo . Vi era stato anche, per esempio , nel tempo che componeva
il suo poema lyrico sull’Augusto , e in quella campagna aveva ripen
sato la sua fanciullezza, i paeselli Lucani posti sulle roccie come
nidi, il Volture pieno di selve e le selve piene di paurosi serpenti
e orsi. Orazio era fedele alle sue memorie . Aveva nell'orecchio , si
può dire, il mormorìo d'una fonte che lo aveva dissetato e addor
mentato nelle sue gite di ragazzo ardito ; della fonte Bandusia vi
cina alla sua Venosa : ed egli ingannò il suo desiderio ponendo il
nome di Bandusia alla sorgente vicina alla villa Sabina, la qual sor
gente poi diventava ruscello , scendendo alla valle di Ustica. Sgorgava
essa all'ombra dei lecci , e i bovi sazi d'arare e gli armenti e i greggi
erranti vi trovavano acqua e rezzo, e il poeta sentiva in quel gor
LXXVI STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA
goglio parole sommesse . Era Bandusia, la nympha lucana che gli
parlava di suo padre, della sua nutrice, della sua patria. Un pino,
sacro a Diana, nereggia accanto alla villa ; echeggia nella valle lo
zufolo del vento primaverile ; passa tra gli albatrelli densi un branco
scalpicciante che si rivela al grave e improvviso odore . Viene l'in
verno, sono le None decembri . I contadini banchettano sull'erba, i
boyi hanno scianto anch'essi , e il vento porta per tutto l'odore
buono dei sacrifizi e il suono di canzoni e di ballonzoli . Cadono le
foglie ... è la selva che festeggia a suo modo il dio che passa invi
sibile facendo sentire una melodia di zampogna tra il fogliame già
rado degli alberi : Fauno . Conobbe il poeta tra quelle ridde o vide
alla fonte la contadinella Phidyle, tutta economia e religione ? Non
importa ’, egli le dice, pensare a vittime, che sono fatte per i ricchi:
una ghirlanda di rosmarino e mortella, un poco di mola salsa, che
scoppietta nel focolare, una preghiera al nascere della luna e la tua
fede innocente, basteranno a disperdere, o Phidyle, o piccola mas
saia, le tue piccole disgrazie ’. La pietà e la bontà è tutto : non fu
per essa salvo il poeta da un grosso lupo che incontrò errando per
i monti ? E un'altra volta corse pericolo d'essere schiacciato da un
albero . Quell'albero era stato piantato in un giorno in cui la reli
gione vietava il lavoro, dalla mano d'un malvagio : onde la pena
doveva ricaderne sui nepoti, se non sul poeta innocente. Il quale,
ogni anno, nel dì anniversario del pericolo mortale, ossia nel Calen
dimarzo festeggiava la sua salvazione con un sacro banchetto . ( ")
Profondo in Orazio è il sentimento religioso , per quanto l'espressione
ne scolorisca e vanisca nei molti e vari nomi e simboli del polytheismo .
Ma chi migliorò Omero nella rappresentazione del Dio Cuncta su
percilio mouentis, aveva della divinità un concetto molto vicino a
quello de' monotheisti. Un baleno, un tuono, di cui trema l'universo ;
e la navicella che erra, rifà la sua rotta. Il poeta, che da Epicuro
ha appreso gli dei securos agere aeuum , sente però la forza d'un
ignoto potere che abbatte e innalza senza rivelarsi agli uomini .
Gl’inni alle divinità greche sono meno sentiti; pure è soave di pietà
la preghiera ad Apollo, a cui con Pindaro non chiede oro e terre,
ma la salute, la limpidezza della mente e della coscienza, una vec
chiaia serena e consolata dalla poesia . È animato nel fine dall'amor
di patria l'inno a Diana e ad Apollo . Latina invece quasi tutta e
perciò più severa e grandiosa l'ode alla Fortuna, che si chiude con
l'augurio del vate ai guerrieri di Roma che vanno a compiere il
programma del divo ulio . (Ⓡ )

(1) Vedi le odi raccolte sotto il titolo, VII. In campagna.


(2) Vedi le odi raccolte sotto il titolo, VIII, Alla divinità.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO. LXXVII

XXVI .

Nè gli amici ebbero da Orazio i peggiori de' suoi canti . Sia che
finga di dirigere loro alate parole nel convivio, sia che mandi il
suo dono poetico invece d'un vaso corinthio o di una patera cesel
lata, noi ammiriamo non solo l'artista, ma l'uomo; l'uomo che mo
stra ora un buon sorriso, ora una lagrima di compianto, ora festeggia,
ora consola. Iccius parte per l'Oriente alla guerra ; e il poeta lo saluta ,
tutto meravigliato di vedere un filosofo mutare i libri in armi , desi
deroso di ricchezze e di piaceri . Numida torna dall'Occidente, e il
poeta lo festeggia con un banchetto pieno di letizia nel quale, tra
il fumo degli incensi e il tintinno delle cetre, mostra al reduce ciò
che egli ritrova di più dolce nella patria, gli amici e l'amata. Mu
rena è fatto augure : non manca l'ode, nella quale circonda il nuovo
augure delle persone che più ama, unite in ilare convivio ; e tra
queste è forse Maecenas, il marito di Terentia di lui sorella, co ' suoi
dotti discorsi, ai quali si oppone il vocìo dei propipanti e lo squillo
delle tibie e delle pive e delle lyre . ( ' ) La cornacchia chiama acqua :
domani sarà burrasca, e il bosco sarà pieno di foglie cadute e il
lido tutto nero d'alghe. O nobile Lamia, prepara per domani un buon
fuoco e una bella cena ! Il vino della Sabina non è generoso, tu
lo sai , o Mecenate, ma fu messo nell'anfora nel giorno d'una tua
gioia ! (*) A questi symposii amichevoli , cui già cantò e iambicamente
e melicamente, dopo Philippi e dopo Actium , la canzone all'anfora
è come il preludio . Vi è dentro il vino fatto nel suo anno nata
lizio, per il qual vino mostra una predilezione quasi superstiziosa .
È dentro l'anfora il lamento e lo scherzo, la rissa e il sonno, l'ispi
razione all'eroismo e al canto, distrazione ed espansione, speranza,
conforto, coraggio . (*) Lo sa ben egli , che nel triste giorno invernale ,
in cui la fronte sua e quella degli amici era solcata di rughe , doman
dava già il vino fatto Torquato consule meo. Ma quali erano gli
amici d'allora ? Ora si chiamano Maecenas, Vergilius, Valgius, Albius
Tibullus , Licinius Murena , Sallustius Crispus , Dellius , Septimius .
Sono, col protettore e amico sopra tutti caro, poeti e potenti . I
suoi canti vanno a questi e quelli con lo stesso tono familiare e
sincero . Egli nel 728 consola Mecenate uscito allor allora da una

( 1) L'ode decima nona del terzo : piena di dubbi.


( 3) L'ode vigesima del primo, ancor più incerta.
(5) Vedi le odi raccolte sotto il titolo, IX. Banchetti con amici.
LXXVIII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

gravissima malattia assicurandolo che, quando sarà l'ora, insieme


andranno nell'ultimo cammino . Come avvenne. Con Dellio, l'acro
bata delle guerre civili , se la cava consigliando l'equanimità, perchè
si deve morire a ogni modo, e la natura stessa ci consiglia a go
dere dei brevi fiori della vita . A Sallustio Crispo, il ricco nepote
dello storico, il rivale di Mecenate nel favore d'Augusto, l'imitatore
di Mecenate nel nascondere con una vita molle l'ambizione e la
forza, loda l'uso moderato delle ricchezze . È un'ode di carattere
generale, incolora se si vuole . Ma certo più che lo spendereccio e
il ricco Sallustio vi si loda il generoso Proculeius che divise coi fra
telli immiseriti le sue ricchezze, vi si loda il sapiente che disprezza
i tesori . Nel fatto, Orazio era dalle sue relazioni con Mecenate e
Augusto messo nella necessità di dedicare qualche canto a perso
naggi che non amava e non poteva stimare . Nessuno avrebbe potuto
trarsi d'impiccio con più serena franchezza. Egli prendeva le mosse
da qualche particolarità dell'uomo , la varia fortuna (doveva dire
altrimenti ) del girella Dellio, la fastosa ricchezza del molle Sallustio ;
e poi poetava per conto suo . Ne veniva fuori qualche cosa di meno
piacevole per le orecchie di Sallustio e di Dellip ? Lasciava correre :
fingeva di non averci pensato , come quelli avrebbero finto di non
capire . A Grospho, un ricco siciliano, loda la pace che non si com
pra con l'oro e oppone alla ricchezza e agli sfoggi di lui , la sua
mediocrità e la sua poesia . Il barbiton modulato già dal ciuis di
Lesbo non poteva risonare di adulazione e di menzogna. Il poeta
sembra avvertirne nell'ode trigesima seconda del primo , che si deve
porre a capo di questi canti ad amici . Ma coi poeti era più a suo
agio . Non senza un sorrisetto ironico esorta Valgio, il poeta ele
giaco d'amori , a cantar d'altro ; non piove sempre, non venta sem
pre, non gela sempre. Non senza un sorrisetto malizioso consola
Albio Tibullo, il sommo elegiaco , del tormento di seguire chi fugge.
Il poeta mostra di amare molto e Valgio e Tibullo , Valgio amico
vecchio, Tibullo candido giudice dei suoi sermoni, ( " ) ma di non
amare troppo i versi che nell'Arte Poetica chiama exiguos, e qui
mollis querellas e miserabilis elegos. E sì che ne furono attribuiti anche
a lui, come ha Suetonio nella sua Vita . Con Vergilio, l'anima di
tutte più candida e più a lui congiunta insieme con Vario, egli piange
nel 730 sulla morte appunto di Vario ; e con una delicatezza e una
dolcezza degna del Parthenias, evoca Orpheus, il cantore udito da
gli alberi , di cui Vergilio aveva cantato , a cui · Vergilio assomi
gliava . Ma chi è Septimius? di qual anno è il canto a lui diretto ?
il canto , in cui l'amicizia è espressa con tanta tenerezza, in cui

(1) Sat. 1, 10, 82 ; Epl. 1 , 4.


SINO ALLA MORTE DI ORAZIO. LXXIX

l'animo del poeta si mostra così stanco , eppur così rassegnato . È ,


l'amico e il canto , della prima giovinezza ? è degli anni 728 e 729
in cui i capelli del vate amico già imbiancavano ? Donde l'aspira
zione a Tibur e a Taranto , i paesi, che , come si può raccogliere da
fuggevoli indizi, amò da giovane, prima di avere la villa sabina ?
E ora, invecchiando, cancella, in un momento di rammarico , tutto
lo spazio di vita che gli è corso dopo quei giorni , in cui era stanco
veramente di marcie e di mare, e povero , in Roma, ripensava alla
milizia in cui, sotto la condotta di Bruto , si ternavano banche
e battaglie ? ( " )

XXVII .

Sopra tutti gli amici era l'Augustus . Orazio che aveva combattuto
contro luia Philippi , si teneva da lui alquanto in disparte forse perchè
non paresse adulazione quella che sentiva di dovergli lode divina.
Aveva veduto i tempi oscuri , il poeta ; aveva disperato che si potesse
mai riuscire alla pace e all'ordine. Il furore civile era giunto a tal
grado di delirio, che il cittadino preferiva il nemico della patria al suo
avversario cittadino . Non era morto nelle file dei Parthi , mandatovi
da Bruto e Cassio, il figlio di Labienu ? Ora vedeva , per esempio, in
torno all'Augusto i figli di Cicerone e di Antonio, onorati e soddisfatti.
Veramente egli era un dio, un Dionysos che ammansava, un Mercurius
che conciliava. Le campagne riavevano i loro coltivatori, le case si
riaprivano agli esuli . A mano a mano i nemici che avevano messo in
pericolo l'impero, erano vinti e tenuti in rispetto . Che poteva desi
derare di più un buon cittadino ? Anche le forme della repubblica
erano conservate ; e sì che di queste doveva importare ben poco a
Orazio, figlio di un liberto . Laonde egli con pienezza di cuore cantava,
sebbene indirettamente , le glorie di questo grande , ugualmente
grande in guerra e in pace. Nel 729, mentre Iulia la figlia si ma
ritava a Marcello il nepote, Augusto andava a debellare i Cantabri ,
popolo fierissimo dell'Hispania. E Orazio componeva in onore di lui
un inno, dalla movenza Pindarica , in quel metro Sapphico cui col
primo saggio aveva come consacrato allo stesso eroe. Quando poi
tornò, l'anno dopo, vincitore, invita con un'altra ode pure sapphica
il popolo a festeggiare il glorioso reduce , ed egli stesso appresta il
conuiuium aduenticium . La gioia trabocca . Ma al poeta già cominciano
a imbiancarsi i capelli , e si ricorda della sua balda giovinezza, Con

(1) Vedi le odi raccolte sotto il titolo, X. Cantį ad amici.


LXXX STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

sule Planco . ( ) Già, quell'anno che Planco era console, Orazio aveva
venti tre anni . Diciotto anni erano corsi da allora, diciotto anni di
lavoro e di gloria. Dentro essi pubblicò per mezzo dei fratelli Sosii
un primo libro di Sermoni, l'Epodon , il secondo libro dei Sermoni. In
questo anno 730 diede fuori tre libri di Carmina. Nel distribuire e
disporre le odi non fece tutto a caso . Le prime nove odi del libro
primo sono in nove metri diversi : saggio della varietà del libro e
omaggio alle Muse. Le prime tre sono consacrate a Mecenate, ad
Augusto , a Vergilio . Vi è anche traccia d'un ordine per il quale a
capo e in fine di gruppi di nove odi starebbe una poesia sapphica,
poichè sapphica è la seconda e la decima, la dodicesima e la ven
tesima, la vigesima seconda e la trentesima, la trentesima e la tri
gesima ottava. Dopo l'ode di proemio, la prima del libro è una
sapphica, una sapphica l'ultima . Il secondo libro è il libro degli
amici. Mecenate che è il più diletto ha tre odi : dieci altri, una ognuno .
Le prime tre odi sono dedicate ad Asinio Pollione, Sallustio Crispo
e Dellio, tre potenti . Al complesso di tutti i tre libri pose un proemio
e un epilogo, nello stesso metro . Nel proemio parla dell'edera, di
lauro nell'epilogo . Poichè anche il libro secondo si conchiude con
un'ode in cui si ripromette l'immortalità e questa ode, che è la ven
tesima, è dedicata a Mecenate, come la prima e la ventesima del
primo, e poichè fra il terzo e i due primi libri si trovano alcune
leggiere differenze di lingua e di metro, alcuni credono che i primi
due fossero dati fuori insieme prima, e il terzo da sè poi . Senza cre
dere che le differenze siano casuali, noi possiamo ammettere che si
debbano a particolare cura o trascuratezza del poeta nel dare l'ultima
mano alle poesie che raccoglieva. Quanto all'ode di chiusa, si potrebbe
sostenere che anche il libro primo ne ha una : l'invito al puer di non
aggiungere nulla alla ghirlanda di mirto ; e così il mirto di Venere
sarebbe terzo tra l’edera di Baccho e il lauro della Musa. E si po
trebbe osservare che togliendo al primo libro il proemio e il detto
piccolo epilogo conviviale, le odi sarebbero trenta sei , quanto a dire
quattro novene, e negli altri due libri, considerando come un solo
carme le sei odi del principio del terzo e conservando l'ultima, che
è però la chiusa di tutti e tre, avremmo quaranta cinque odi, ossia
cinque novene : nove novene avrebbe dunque messe insieme il uates
Qui Musas amat inparis, e chiede perciò Ternos ter cyathos (3, 19 ).
La qual somma meglio risulta levando alle 83 odi (le sei prime del
terzo valgono per una) di questi libri, il proemio e l'epilogo . Ma per
fare più legittimi questi computi, che sono oziosi per giunta, biso
gnerebbe essere certi di non contare, tra i carmi d'Orazio, qualche

(1) Vedi le odi raccolte sotto il titolo, XI. Per Augusto.


SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXXXI

esercitazione o imitazione d'altri . Dedurne l'integrità e autenticità


assoluta dell'opera Oraziana, sarebbe strano più che audace. Che però
non manchino di base, può essere la prova nel carme sopra citato
costituito dalle prime sei odi del libro terzo ; in cui le strofe, prese
a due a due, come è lecito per la cadenza del senso, procedono, sino
alla quinta ode, per novene precedute da proemi ( 1 + 9 + 9 + 1 + 9) .
Checchè sia di ciò, il poeta levava la mano dall'opera sua certo del
l'immortalità, e ricordava nella chiusa l'umile sua origine, ( ' ) come
nell'ultima ode composta prima della chiusa, pensava con sicura co
scienza e grazioso rimpianto alla giovinezza sua fiera e al consolato
di Planco ; all'anno, cioè, in cui combatteva a Philippi ed era salvato :
dal dio dei poeti.

XXVIII .

Orazio lasciò a questo punto il barbiton lesbio e attese a scri


vere epistole . Nel 734 probabilmente pubblicava il primo libro di
esse facendole precedere da un'introduzione e dedica a Mecenate .
Prima dicta mihi, summa dicende camena : ' O tu, il cui nome è a
capo della mia prima opera e sarà a capo di questa che è l'ultima ,
vorresti di nuovo fare entrare nella lizza il gladiatore che ha già
avuta la sua rudis ? l’età non è più quella , la voglia è mutata ’ .
Così dice il poeta , nel dichiarare di deporre i versi et cetera ludicra .
Che cosa voleva Mecenate da Orazio ? un altro libro d'iambi ? Non
parrebbe improbabile a chi ricordasse le sollecitazioni che gli faceva
in gioventù , per averne finito quel promissum carmen . (² ) Voleva un
poema epico ? un quarto libi odi ? di odi , come pare al Cima , (Ⓡ )
erotiche ? Parrebbe non improbabile, poichè già melica soggettiva
e poesia amorosa sono per gli antichi una cosa . Orazio delle fides,
senza coro, dice essere officio iuuenum curas et libera uina referre. (^ )
Né senza questo motivo egli pone a introduzione del quarto libro
un'ode quasi simbolica in cui la facoltà d'amare è come identificata
con quella di poetare, in cui sono riprese le parole Non eadem est
aetas dell'epistola con queste altre : Non sum qualis eram . Ma, più
semplicemente, per me Orazio pone o finge che Mecenate gli domandi
appunto ciò che esso gli offre, dei versi in genere , le epistole . Le
parole Non eadem est aetas, non mens sono non la ragione del rifiuto
(1) Vedi le due Odi di Commiato '.
(2) Pag. 149 (XI] nota.
(5) Saggi : pag. 54.
(1 ) Ars poetica v. 85.
PASCOLI, Lyra Romana f
LXXXII STORIA DELLA POESIA LYRICA IN ROMA

a verseggiare secondo l'invito del patrono, ma la scusa di non aver


verseggiato così bene come e il poeta e l'altro avrebbero voluto. Ha
bensì Orazio una voce interna che gli mormora, Sciogli , sciogli il
cavallo che invecchia ; ma Orazio non l'ha ancora sciolto . L'ultima
sua corsa è questa ; d'or innanzi riposerà . ( 4 ) Ma egli stesso dirà poi
di sè : Ipse ego qui nullos me adfirmo scribere uersus, Inuenior Parthis
mendacior : con la quale espressione, del resto , a me par di vedere
che alluda quanto e più che alla fides di quei popoli, alla lor fuga
simulata, alla battaglia che cominciano proprio nell'atto di schi
varla. (°) Questo scrivendo ad Augusto, nel 737 o giù di lì . Nel quale
anno fu il trinoctium dei Ludi Secolari. Il terzo giorno, nel tempio
d'Apollo Palatino, tre volte nove fanciulli e altrettante vergini, pa
trimi e matrimi , dovevano cantare un inno ad Apollo e Diana . Au
gusto diede l'incarico dell'inno ad Orazio . Egli riprese il metro degli
inni suoi , il metro che aveva in certo modo consacrato ad Augusto,
e cantò il suo canto più bello . Gli anni corsi dal 730 erano stati di
pace quasi al tutto, se non di felicità. Nel 731 Augusto si era veduto
rapire nel fior degli anni e delle speranze Marcello , il nepote e ge
nero . Ma un grande successo aveva avuto il principe : nel 734 Phra
hates aveva rimandato le insegne di Crasso . Questo fatto poteva com
pensare la iattura dell'erede. L'anno dopo moriva Vergilio , lasciando
incompiuto il poema della gente Iulia e di Roma ; mentre la gloria
di Augusto era al suo colmo . Egli promulgò nel 736 la legge sun
tuaria, quella sui costumi e sui maritaggi . Così preparava la città
e il mondo alle feste secolari . E l'inno del poeta fu pari alla grande
occasione . Sembra, in certo modo, come la sintesi dell'azione Au
gustea, così il riassunto dell'opera del vate ; di due vati , anzi. Orazio
fa sentire, in questo giorno solenne , anche la voce dell'amico estinto,
di Vergilio il cantore eroico di Aenea che pietate insignis et armis
raffigura Augusto, ed è vero fondatore di Roma e il capostipite della
gens Iulia. La parte centrale dell'inno è l'argomento e l'intenzione
dell'Aeneis . E due strofe prima è il ricordo delle Georgiche . Nel
resto tutte le odi , dirò così, pubbliche di Orazio come uates, hanno
il loro compimento. Egli aveva temuto lo spopolamento di Roma ,
aveva paventata la degenerazione, aveva preveduta la vittoria dei
barbari , rattenuti solo dal mare , non ostante il mare Latio inmi
(1) Può fare difficoltà iterum antiquo me includere ludo. Una seconda volta ! men
tre prima e summa accennano che le camenae o le opere poetiche sue dovevano es
sere, come sono, più di dué. Iterum dunque potrebbe dare ansa alla supposizione
che Mecenate volesse un altro libro di Jambi, più ancora che un altro libro di Cur
onina, specialmente per chi creda non essere una sola sylloge quella dei tre libri. Ma
no : il poeta ha in mente solo il gladiatore congedato, che dopo la rude si vorrebbe
di nuovo, iterum , nell'arena.
(2) Epl. 2, 111. Egli fa versi proprio nel dire che non li fa.
SINO ALLA MORTE DI ORAZIO . LXXXIII

nentis : ora l'Urbe aveva larga promessa di Quiriti , rifiorivano i


costumi , i nemici erano vinti e alcuni senza spargimento di sangue,
con più sicuro effetto di pace , poichè il sangue fermenta la vendetta .
O buon Vergilio, e, secondo il tuo voto, la Saturnia tellus ha le sue
messi rigogliose, i suoi vigneti e oliveti, i suoi briosi cavalli e i bianchi
bovi trionfali. In vero , come è nel tuo canto, Aeneas doveva dare
agli esuli d'Ilio plura relictis. Ma nell'inno sublime è anche una
voce più antica e profonda ; un'eco degli axamenta : “ O Sole della
vita, che col carro di luce mostri il giorno e lo nascondi, e sempre
altro e sempre lo stesso nasci , possa non illuminare nella tua corsa
città più grande dell'Urbe Roma ! '. ( ) E questa eco di axamenta si
trova anche in alcuna delle odi che seguirono il Carmen Saeculare
e sono nel quarto libro il quale, secondo la notizia di Suetonio nella
citata Vita, da Augusto fu il poeta costretto ad aggiungere ex longo
interuallo ai primi tre . Di queste odi , alcune esprimono l'incre
mento dell'idea di poesia e di gloria poetica, il quale si fece nell'a
nimo del poeta dopo l'inno secolare. Altre si aggirano intorno ad
amori senili o invecchiati quasi con essi sia simboleggiata la stan
chezza dell'ispirazione . Altre sono forse avanzi dell'età giovanile,
bozze riassunte e ripulite . Altre infine celebrano Augusto , la pro
sperità la costumatezza la pace la gloria che egli conserva inalte
rate . La sconfitta di Lollio nel 738 è seguita l'anno dopo dalle vit
torie di Tiberio e Druso . Le quali vittorie sono appunto gli argomenti
dati , secondo Suetonio, da Augusto ad Orazio . Egli li trattò con
qualche sforzo di stile e di lingua, con qualche disuguaglianza di
tono e di spirito . Il poeta è veramente stanco ; tuttavia, nel 740 a
significare il desiderio che si aveva di Cesare assente, nel 741 a ce
Tebrarne il ritorno, quando fu eretta l'ara deila Pace, il poeta canta
più sciolto e più sincero . Il secondo anzi fu il canto del cigno , canto
di pace e d'amore e di gloria e di serenità. (* ) Rileggiamo con questo
il suo primo Epodo : Altera iam. teritur bellis ciuilibus aetas . Parte
per parte, i guai d'allora sono ora cessati . Non più il timore del
deserto, non più la vergogna dei Parthi , non più la guerra, non più
la corruzione: Tua, Caesar, aetas ! Visse ancora più di cinque anni ,
Javorando al secondo libro delle epistole e all ' Arte poetica . ( Ⓡ)
Nel 746, V. Kal . dec. , poco dopo Mecenate, morì .
(1) Vedi II. Carmen Saeculare.
(2) Vedi III. Odi del quarto libro.
(3) Al Sabbadini l'Arte poetica e l'Epistola a Floro paiono anteriori al Carmen
Saeculare. Vedi Le Epistole di Orazio comm . da R. Sabbadini, Loescher, pag. 9 e
segg. Le ragioni sono ingegnose : una ingegnosissima. Ma bisognerebbe tener conto
anche delle particolarità linguistiche e metriche. Ne accenno qualcuna : l'A. P. non
ha esempio d'hyperbaton di et ; contiene molti più neologismi, per es. le caratte
ristiche formazioni di sost, in tor e di avverbi in ter etc.
!
cant

1 &CO
METRICA DELLA LYRICA ROMANA

I.

Versus Saturnius. – 1. È il verso nel quale, secondo Ennio ,


cantavano Fauni uatesque. Il suo schema regolarissimo sarebbe
ULU Turcil Lulur
ossia anacrusi e due tripodie trochaiche separate da dieresi . Le ce
sure sono dopo la seconda arsi di ciascuna tripodia. L'esempio clas
sico è il verso dei Metelli
a. Dabunt malum | Metelli | Naeuio I poetae

È perfetto ma unico .
2. Si possono sopprimere le penultime tesi , o l'una (b) o l'altra ( c)
o tutte e due (d), delle due tripodie ; quindi possiamo avere saturni
come questi foggiati sul primo :
b. Dabunt maluin Rufi || Naeuio poetae
C. Dabunt malum Metelli || Naeuio uati
d. Dabunt malum Rufi || Naeuio uati.
Le ultime delle due tripodie sono ancipiti .
3. Come si allungarono le tesi dei versi iambici e trochaici gre
canici, così, e a più forte ragiosi allungarono quelle di questi
versi italici. Raro però l'allungamento della quarta . Alle lunghe si
possono sostituire due brevi. Quindi sarebbero saturni questi :
a. Consol censor aidilis || quei fuit apud uos

in cui (or e it sono lunghe) sono allungate le tesi prima e seconda ;


cen e ai ;
a . Inmortales mortales || si foret fas flere
LXXXVI METRICA

in cui sono allungate le tesi prima, seconda, e quinta ;


b. Aetate quom parua || posidet hoc saxsum

in cui ( det è lungo) è allungata la quinta tesi e forse la prima ;


c. Mors perfecit tua ut essent || omnia breuia

in cui (omnia ha l'a lungo) la prima tesi è una lunga, la seconda è


HICH
di due brevi . L'ultimo piede è per me dubbio se debba considerarsi
un anapesto o uno spondeo .
4. Così possono essere sostituite da due brevi le arsi, e l'anacrusi
può essere lunga o sciolta in due brevi :
a. Honos fama uirtusque || gloria atque ingenium

in cui ( fama ha l'ultima lunga) l'arsi sesta è sciolta in due brevi,


se pure, come nell'esempio prec. , non si tratta di i fatto consonante ;
a. Bene rem geras et ualeas || dormias sine qura
Tere
in cui l'anacrusi è di due brevi, di due brevi l'arsi terza, come di
due brevi la quinta tesi .
5. Finalmente vi sono versi in cui manca o nel primo o nel se
condo hemistichio, o in tutti e due, ma raramente, la cesura così
detta korschiana dal nome di chi la osservò, Theodoro Korsch ; la
cesura che è avanti la tesi la quale si può sopprimere, e che fece
preferire molte volte un ordine di parole più libero a quello più na
turale ; per esempio :
Consol censor aidilis
Gnaiuod patre prognatus
invece di
Aidilis consol censor
Patre prognatus Gnaiuod. tro
Questa cesura, dunque, in qualche verso manca.
Nel primo hemistichio manca : 10
e. Luciom Scipione. || Filios Barbati
nel secondo :
f. Hospes gratum est quod apud meas || restitistei seedes
in tutti e due
WU
g. Semunis 'alternei || aduocapit conctos. (1)
6. Anche la dieresi tra l'uno e l'altro hemistichio può essere so
stituita dalla cesura dopo la terza arsi :
h. Olliti sunt | Romae I loquier lingua | latina si
(1) Luciom avrebbe i lungo, cosa molto contradetta ; meas è monosillabo.
DELLA LYRICA ROMANA . LXXXVII

in cui la tesi della terza arsi mae, è rappresentata dalle due brevi
loqui.
7. Che queste leggi non siano poi al tutto persuasive, si argo
menti dal fatto che molti dotti ne hanno cercato e cercano delle
nuove. Alcuni, per esempio , misurano i saturni secondo il numero
delle sillabe e l'accento delle parole . Altri ammettono che il primo
hemistichio possa non avere anacrusi e possa averla il secondo ; altri
dichiarano il saturnio un verso composto, non di due tripodie, ma
di versi semplici differenti: de' quali nel capitolo seguente .

II.

Versus Italici simplices. 1. Erano ( seguiamo presso a poco


in questo il dotto e geniale Carlo Zander) nell'antica Italia come
versi composti , così versi semplici . Questi sono di ritmo iambico ,
se hanno l'anacrusi ; di ritmo trocaico , se non l'hanno . Lo schema
perfetto dei iambici (a) e dei trocaici ( b) sarebbe
a.
b.
a . Longe fugit qui suos fugit

in cui suos è monosillabo ;


b. Mutuum muli scabunt.

2. Anche le tesi seconde e quarte negl'iambici, prime e terze nei


trocaici possono essere rappresentate da una lunga o due brevi. Es.
a. Vuam uua uidendo uaria fit
1
in cui il secondo piede ua uiden è anapesto, come il terzo do uari
è dattilo con l'ictus sulle brevi ;
b. Di facientes adiuuant
in cui il primo piede Di faci è dattilo Lww.
3. Le tesi ultime possono essere soppresse, come anche le altre,
purchè non ne sia troppo oscurato il ritmo.
a. Assem habeas assem ualeas

in cui la prima sede e la terza sono occupate da un dattilo, che,


s'intende, ha l'ictus sulle brevi ;
b. Segetem ne defruges.
LXXXVIII METRICA

in cui la prima sede è un anàpesto con l'ictus sulle brevi ; fru vale
come arsi e tesi ; e ges è arsi.
4. Con tutte queste libertà, il verso iambico diventa spesso ana
pestico e il trocaico, dattilico .
a. Tollat qui te non nouit
è anapestico ;
b. Omnia tempus reuelat

( 8 di tempus si elide) è dattilico .


5. Si uniscono questi versicoli a fare strofe o canti sciolti . È per
es. strofa distica di due tetrapodie trocaiche, questa :
Nihil cum fidibus graculost
Nihil cum amaracino sui

il cui schema è : due anapesti con ictus sulle brevi, un trocheo, una
lunga ; un tribrachi con ictus sulle brevi , un dattilo, un trocheo,
una lunga (parole iambiche come nihil diventano pirrichiche per
l'influsso dell'accentata prima breve) .
È strofa di una tetrapodia iambica e di una trocaica quest'altra :
Matura saepe decipit
Sera numquam quin mala sit

il cui schema è spondeo, e tre iambi ; trocheo e spondeo, dattilo e


lunga . Altre strofe si possono vedere in Carmen saliare, 1 , in Obte
stationes ; la Conprecatio etc. parrebbe un canto sciolto .
6. Pure riconoscendo gran parte di trovato in queste ricerche, è
difficile acconsentire che, per esempio,
Hiberno puluere uerno luto
debba essere letto
Hiberno puluere luto uerno

e avere due spondei , un proceleusmatico (luto due brevi) un altro


spondeo e formare un dimetro anapestico ; e
Nec mula parit
Nec lanam fert lapis
si debba leggere
Nec parit mula
Nec lapis fert lanam
formando due tripodie trocaiche, con l'omissione della seconda tesi
del primo versicolo, e l'allungamento della seconda del secondo. 1
Siamo ancora in un'incertezza dalla quale uscire del tutto non pare
possibile .
DELLA LYRICA ROMANA . LXXXIX

III.

Versus iambici et trochaici Comicorum. - 1. Dalla commedia


derivarono nel popolo i tetrametri trocaici o versi quadrati il cui
schema perfetto è
a.

i trimetri iambici, o senarii, il cui schema è


b. L ]
i tetrametri iambici acatalecti, che constano di quattro dipodie .
Questi versi possono, come nei comici , avere lunghe tutte le
tesi fuorchè l'ultima :
2. Quasi per messim messor unum | quemque spicum collegit
( collegit sta per colligit e il verso comincia con anapesto) .
b. Malum consilium consultori pessimum

(consilium può essere pronunziato consiljum , e allora avremmo


un verso tutto di spondei, tolto il primo e l'ultimo piede) .
c. Sed iam se caelo cedens Aurora obstinet suum patrem

verso che forse deve essere considerato come un distico di Levio ,


composto d'un versicolo denis syllabis e d'un dimetro trocaico cata
lectico. (1)
Non pare impossibile ma è certo improbabile che nel popolo fosse
entrato anche il sotadeo, il cui schema puro è

Non te peto piscem peto quid me fugis Galle


in cui fugis sarebbe pirrichio .

IV.

1. Elegi ueterum poetarum. - Salvo le ragioni prosodiche


(elisione di s), sono uguali a quelli dei più recenti .
(1) Vedi Prisciano, 1 , 258 H. Questa dei versi decasillabi Leviani è oscura que
stione. Erano forse cretici, e il mio un epibatos, e se Archilochos usò l'epibatos con
gl'iambi, poteva Levio pensare ad alternarlo con trochei.
XC METRIOA

11

2. Trimetra et tetrametra Licini, Suei , Sedigiti. – Non dif


feriscono da quelli dei comici . Vedi III. Es.
a. Dum lasciuiam nobilium et laudes fucosas petit
b. Multos incertos certare hanc rem uidimus.
3. Claudi senarii Cn . Matti . Lo schema è
ul

La cesura principale è la semiquinaria , ad es.


Curasque acerbas / sensibus gubernare.

Quando è semisettenaria, allora dopo i due primi piedi è dieresi;


ad es .
Iam tonsiles | tapetes | ebrii fuco
Quindi nel verso
Qua propter edulcare conuenit uitam
edulcare è diviso da tmesi e || dulcare. Si trova il tribrachi in
Commune lumen hominibus uoluptatis
Sumas ab alio lacte diffluos grossos
ossia men homi; ab ali.
4. Versus Laeui . Si trovano di Levio
a . Dimetri iambici acatalecti

b. Tetrametri dactylici in syllabam

c. Ionici a minori apaclomeni

equivalenti a questo schema senz'anaclasi wue-vue- .


d. Ionici a maiori , decametro ed enneametro cat. , il cui schema
puro è uw ripetuto dieci nel primo e nove volte nel secondo
verso . Ma si possono inserire dipodie trocaiche tra le dipodie ioniche.
e. Phalaecii hendecasyllabi (ma è molto dubbio che gli ap
partengano)
Esempi :
a. Andromacha per ludum manu
- ‫ب ا‬ ‫اربا‬ I ‫ا‬ ‫ ا‬.
DELLA LYRICA ROMANA . XCI
b. Nunc Laertie belle para

c. Inibi inruunt cachinnos

d. Venus amoris altrix genetrix cuppiditatis mihi etc.

e. Hac qua sol uagus igneas habenas.


Altre specie di versi ha Levio, che non sono riportati da me.

V.

CATVLLIANA .

I. Versus.
1. Hexameter dactylicus.
u -1
Non parliamo dell'esametro nel LXIV. La cesura è più spesso
semiquinaria (a) . La semisettenaria non manca (b ). Non è sempre
accompagnata dalla semiternaria ( c) . Rarissima la cesura dopo il
terzo trocheo (d). Non ignota la dieresi bucolica (e) .
Esempi :
a. Nec fugiens saeclis | obliuiscentibus aetas
b. Non possum | reticere deae | qua me Allius in re
.c. Coniugis ante coacta noui | dimittere collum
d. Digna ferat quod siquis | inaniter adiurarit
e. Vesper adest iuuenes consurgite : || Vesper Olympo.

I versi spondaici, nelle elegie, sono una diecina o giù di lì . Uno


(116, 3) è tutto di spondei . Gli spondaici hanno quasi sempre (l'ec
cezione d . è solo apparente) la cesura semiquinaria . ( “)
Es.
f. Atque illud prono | praeceps agitur decursu .
2. Pentameter dactylicus .
ll su

La chiusa dei pentametri Catulliani è ancora lontana dall'arte


Ovidiana, che nella seconda parte dell'elego fa coincidere l'accento
grammaticale coll'arsi per tutto , fuorchè nell'ultima arsi. Tuttavia
(1) Si afferma che Catullo non ha mai tagliato l'esametro' al quarto trocheo.
Ciò però nell'Epyllio. Di esempi in elegie vedine uno a pag. 46, v. 9 ; un altro a
pag. 69, carme (76) y. 1 ; un altro a pag. 83, c. (84) v. 5.
XCII METRICA

non sono rari i versi così fatti nemmeno in Catullo (a) . Frequenti
però sono le chiuse in cui l'accento discorda due volte ( b ), non man
cano quelle dove l'accento discorda tutte e tre le volte (c), ci sono
esempi invece in cui , almeno in apparenza, tutte e tre le volte s'ac
corda (d) .
Esempi :
a. Quam mihi non si se Iuppiter ipse petat
b. Expulit ex omni pectore laetitias
Scitis et in quo me corruerit genere
d. Vere quantum a me Lesbia amata mea est
Aut facere haec a te dictaque factaque sunt.
Ma negli esempi d . bisogna tener conto dell'enclisis, che ba, del
resto, gran parte della metrica Catulliana.
3. Trimeter iambicus purus.

uleucu
Più comune è la cesura semiquinaria (a) ; non rara la semiset
tenaria, con la quale deve essere la dieresi dopo la prima dipodia (b) .
Esempi :
a. Phasellus ille, 1 quem uidetis, hospites,
b. Opus foret | uolare , siue linteo
La cesura è nascosta dalla tmesi in
a. Nequisse praeter | ire siue palmulis
la dieresi in
b. Nisi uncta de l uorare patrimonia.
4. Trimeter iambicus Archilochius .
yeu - ul Jeug
Esempio :
Sella in curuli struma Nonius sedet.

5. Trimeter iambicus Hipponacteus siue claudus ( choliambus,


scazon) .
uluu
Le stesse cesure che nel trimetro puro.
a. Marique uasto i fert uterque Neptunus
b. Cum mens onus | reponit , ac peregrino.

Vedi IV. 3. Rara (tre volte) è la soluzione dell'arsi, come in questo


a. Quem non in aliqua I re uidere Suffenum
dove in ali sta per un iambo .
6. Tetrameter iambicus catalecticus (septenarius) .
nuell veu
DELLA LYRICA ROMANA . XCIII

Sempre dieresi dopo le due prime dipodie, sì che è come un distico


composto di iambici dimetri , acatalecto e catalectico . Esempio :
Vel anseris medullula | uel imula oricilla. (1)
7. Versus Phalaecius siue hendecasyllabus .

La cesura è per lo più dopo l'arsi terza (a) , ma si trova spesso anche
dopo l'arsi seconda (b), dopo la quarta (c), o dopo la seconda e la
quarta (d), qualche volta al secondo trocheo (e) e qualche volta
manca ( f).
Esempi :
a . Si tecum attuleris 1 bonam atque magnam
b. Sic inquit , mea uita Septimille
C. Furi, uillula nostra non | ad Austri
Quare aut hendecasyllabos | trecentos
d. Miserunt | mihi muneri | Fabullus
e. At defessa | labore membra postquam
f. Tam te basia multa hasiare .

Il primo piede può essere, invece di spondeo, iambo o trocheo .


Esempi :
con l'iambo a. Meas esse aliquid putare nugas
col trocheo b. Arida modo pumice expolitum . (*)
8. Versus Glyconeus .

Non è ancipite l'ultima se non in fine d'un periodo ritmico. Nella


prima sede oltre lo spondeo (a) e il trocheo (b) ha luogo raramente
l'iambo ( c ).
Esempi : a. Siluarumque uirentium
b. Montium domina ut fores ,
c. Puellae et pueri integri.
9. Versus Pherecrateus.

Nella prima sede oltre, raramente, lo spondeo (a) e il più comune


trocheo (5) ha, ma una volta sola, l'iambo (c) . Una volta sola si
trova lo spondeo per il dattilo (d) .
Esempi :
a. Non abscondis amorem
b. Luteumue papauer
c. Puellaeque canamus
d . Nutriunt humore.

(1) Il carme 25, unico esempio di questo verso, è da me omesso.


). È om esso il 55 dove, in molti versi, il dattilo è contratto in spondeo, per
imitare così la lena affannata di chi ha molto corso : Oramus si forte non mole
stum est.
XOIV METRICA

10. Versus Priapeus.


Lulliu

È composto d'un glyconeo e d'un pherecrateo . Raro lo spondeo


in tutte e due le prime sedi (a) ; frequente il trocheo nell'una e nel
l'altra (b) ; qualche volta lo spondeo è solo nella prima (c), non mai,
in Catullo, solo nella seconda. ( 1 )
Esempi :
a. Tantumdem omnia sentiens || quam si nulla sit usquam
b. Ipse qui sit, utrum sit an ||non sit, id quoque nescit
c. Adseruanda nigerrimis || diligentius uuis.
11. Versus Asclepiadeus maior
il I Tuul , Juuru

Comunemente sono osservate le dieresi dopo i coriambi, Luwe (a) ;


quando non sono osservate , o dopo il primo (b) , o dopo il secondo (c),
si fa cesura dopo l'arsi seguente .
Esempi :
a. Alphene inmemor atque || unanimis || false sodalibus
b. Nec facta impia fallacum | hominum || caelicolis placent
c. Si tu oblitus es, at || dii meminerunt | meminit Fides.
12. Versus Sapphicus hendecasyllabus .

La cesura comune è quella dopo la terza arsi (a) ; qualche volta


dopo la seconda e il terzo trocheo (b) , qualche altra volta dopo la
seconda e la quarta (c) ; una volta dopo il terzo trocheo e la quarta
arsi (d), una volta dopo la seconda arsi (e) .
Esempi :
a. Tintinant aures | gemina teguntur
b. Qui sedens | aduersus | identidem te
c. Otium | Catulle tibi , inolestum est.
d. Pauca nuntiate I meae | puellae
e. Gallicum | Rhenum horribile aequor ulti
Il verso
Seu Sacas sagittiferosue Parthos
ha la cesura avanti l'enclitica ue, oltre che dopo Sacas. Nel verso
Vitimi flos praetereunte postquam
è tmesi tra praeter ed eunte. La seconda sede è occupata dal trocheo
tre volte : precedenti c. e d . e il v. Seu Sacas etc.
13. Versus Adonius .

(1) Gli esempi sono del 17, omesso. Vedi peraltro esempi di questo verso a
Maecenas e Vergilius Maro .
DELLA LYRICA ROMANA . XCV
Es .
Perdidit urbes.
14. Versus Galliambus
!
1 Es.
Super alta uectus Attis | celeri rate maria
È adoperato nel 63, che è veramente un epyllion , quindi fu
omesso .
II. Metra.
1. Distichon Elegiacum .
È l'unione d’un Hexameter e d’un Pentameter (Versus 1 e 2) .
2. Systema ex Glyconeis .
È una volta di strofe tetrastiche, un'altra di pentastiche ; tre e
quattro glyconei conclusi da un pherecrateo (8 e 9 ) . Sono i versi
uniti xatà ouvádelav, non è permessa sillaba ancipite e iato . La
strofa pentastica parve al Lachmann constare di due periodi , così:

Vedi pag . 96, nota al v. 218 , e osserva le strofe che terminano col
opp! ritornello .
uari 3. Distichon Asclepiadeum siue choriambicum .
Si compone di due Asclepiadei maggiori (Versus 11 ) . È imita
zione di Sappho . Il carme 30 è forse lacunoso , guasto nel v. 7
(vedi a pag. 52), il qual verso va forse emendato con la ripetizione
di inique, facendo synaloephe col seguente verso: Chè forse era metro
xată ouvádelay , e forse i due unici versi , 3 e 9, che terminano con
breve, pretendono la lunga, sì che perfide sia avverbio , e in factaque
l'enclitica si allunghi sotto la percussione .
4. Systema Sapphicum .
Tre hendecasyllabi Sapphici e un Adonio (Versus 12 e 13 ) xata
Ouvdelav. L'ultima è cinque volte breve in trentanove versi.
Gli altri versi sono usati xatd otixov . Gli esametri per altro
nel carme 62 (pag. 97) son divisi stroficamente . E così, forse, gli
altri versi, qua e là, se non sempre come pare all'Ellis e ad altri .
La metrica dei ' poeti nuovi ’ è questa di Catullo .
XCVI METRICA

1
VI .

HORATIANA .

I. Versus.
1. Hexameter dactylicus. HE
1

Questo verso è adoperato da Orazio nei Sermoni e nelle Epi


stole ; xatå otixov. Noi parliamo solo di quello adoperato negli Epodi
e nelle Odi . Qui rarissima è la synaloephe. La cesura è per lo più
semiquinaria (a) . Otto volte si trova la semisettenaria accompagnata
dalla semiternaria (b) ; una volta, sola (c) ; due volte la cesura dopo l'ac
il terzo trocheo (d ) .
Esempi :
a. Nox erat et caelo 1 fulgebat luna sereno
b. Ambiguam tellure noua | Salamina futuram
C. Ab Ioue Neptunoque sacri custode Tarenti
d. Naturae uerique. I sed omnis una manet nox
Intonsosque agitaret | Apollinis aura capillos.

Ma, per i versi c. e d . è da osservarsi che la cesura potrebbe es


sere avanti l'enclitica.
Quattro volte ha la cadenza spondaica , ma in nomi propri di
quattro sillabe, e sempre con cesura semiquinaria. Negli epodi non
taglia mai il quarto dattilo tra le due brevi ; di raro ( due o quattro
volte ) nelle odi . Ecco due esempi , il primo di spondaico, il secondo
di taglio al quarto trocheo :
a. In mare seu celsus | procurrerit Apenninus
a. At tu nauta wagae i ne parce i malignus arenae.

2. Tetrameter dactylicus catalecticus siue archilochius

Nell'epodo XII non ha, pare , cesura fissa, poichè non mancano
versi che tutto al più hanno cesure trocaiche (a) ; delle odi (due del
primo libro), la 28 segue nel tetrametro più l'epodo, la 7 ha in esso
sempre la cesura o dopo la seconda arsi (b), o dopo la rza (c)
dopo l'una e l'altra (d).
Esempi :
a. Namque sagacius unus odoror
Quam noua collibus arbor inhaeret
Teque piacula nulla resoluent
DELLA LYRICA ROMANA . XCVII
5. Mobilibus | pomaria riuis
c. Quam domus Albuneae | resonantis
d. Mensorem | cohibent | Archyta.

La forza della cesura semiternaria è così grande da permettere


un verso come questo :
Ossibus et capiti | inhumato.
Si noti il verso d . , unico spondaico, e in nome proprio . Il verso è
detto anche Alcmanio e confuso con quello che Marius Victorinus
chiama alcmanicum , il tetr. ac . Contrazioni più rare nell ' Epodo .
3. Trimeter dactylicus catalecticus in syllabam .

È la seconda parte dell'elego : i dattili non possono essere so


stituiti dallo spondeo . Su quattordici versi nella 4 , 7, in due soli
l'accento grammaticale discorda da tutte e tre le arsi (c), in sei con
corda una volta ( b), in sei , due volte ( a) .
Esempi:
a . Ducere nuda choros
b. Nos ubi decidimus
c . Restituet pietas.
4. Trimeter iambicus purus.
ULULUTLULULUU
Ha sempre la cesura semiquinaria (a), fuori che una volta la
semisettenaria tra nomi propri ( b).
Esempi:
a . Suis et ipsa | Roma uiribus ruit
b. Minacis aut || Etrusca | Porsinae manus.

Vedi V. 3. Esempi di tmesi :


a. Parentibusque ab | ominatus Hannibal
& . Etrusca praeter | et uolale litora.

5. Trimeter iambicus Archilochius.


u - ul

Ha comunemente la cesura semiquinaria ( a) , qualche volta la


semisettenaria accompagnata dalla dieresi dopo la prima dipodia (b) .
Esempi:
a. Parumne campis | atque Neptuno super
b. V't horridis | utrumque , uerberes latus.
La cesura è nascosta dalla tmesi in
Quodsi meis in ' aesluet praecordiis
PASCOLI, Lyra Romana g
XCVIII METRICA
la dieresi in
b . Paratus ex | piare seu poposceris.
Non frequente (una ventina di volte) la soluzione delle arsi for
mando dattilo e tribrachi ; e spesso in nomi propri o nomi greci o
per un effetto di armonia imitativa; rarissima la soluzione della tesi ,
a formar l'anapesto .
Esempi, di dattilo in prima sede
a . Ionius udo cum remugiens sinu

di tribrachi in seconda
a. Insurgat Aquilo quantus altis montibus

di anapesto in prima e quinta e tribrachi in seconda


a. Pauidumque leporem et aduenam laqueo gruem

nel qual ultimo verso si può sospettare in pauidum una sincope come
ha Catullo in Rauide (pag. 66 [XL] v. 1 ) , e in laqueo la synizesi.
6. Trimeter iambicus catalecticus.
ce
VLULUI
Esempio :
Nec prata canis | albicant pruinis.
Ha nelle due odi in cui è adoperato, sempre la cesura semiqui
naria. Nella 1 , 4 in cui viene dopo un verso concluso da trocheo
acatalecto, ha sempre , fuorchè in un verso, la prima lunga, nella 2, 18
in cui segue a un verso trocaico catalectico, ha, fuori che in due
casi , la prima breve . Nel v. 34 di questa sarebbe, se non si spie
gasse con synizesi, l'unico esempio di soluzione di lunga :
Regumque pueris nec satelles Orci.
Si noti anche che la terza tesi in 1 , 4 è sempre lunga, o nel
l'altra anche breve ma di rado, quattro volte . L'ultima sempre lunga.
7. Dimeter iambicus acatalectus.
I u U Luv

Rare le soluzioni , il penultimo piede è per lo più spondeo .


Esempio :
Amica uis pastoribus.
8. Dimeter trochaicus catalecticus.

Esempio :
Pauperem laboribus. 1
1
DELLA LYRIJA ROMANA . XCIX
9. Ionicus decameter
dieci volte .

È xxtà ouvá pelxv. Ha dieresi costante dopo i piedi primo, se


condo , quarto, settimo, ottavo . A che la dieresi sia in tutti i quattro
versi dopo ogni dipodia, fa ostacolo Bellerophonte (un nome proprio)
nel terzo .
Esempio :
Miserarum est neque amori ll dare ludum neque dulci || etc.
3, 12 .
Asynarteti.
10. Archilochius .
Lu
u - lu ' -uulluu

È composto da un tetrameter dactylicus acatalectus (alcmanicus)


e d'un ithyphallicus o tripodia trochaica. L'ultima è sempre lunga .
Tra le due serie non è ammesso iato . Il tetrametro ha sempre la
cesura semiquinaria (a) e, fuori che in due versi (b) , anche la se
misettenaria .
Esempi :
a. Soluitur acris hiems | gruta | uice || ueris et Fauoni
b. Et domus exilis | Plutonia | quo simul mearis.

11. Elegiambus .
ulunu u tu

È composto da un trimeter dactylicus catalecticus ( vedi più su


v . 3 ) e da un dimeter iambicus acatalectus (a ) . Tra le due serie può
esservi syllaba anceps (b) ed hiatus (c) .
Esempi:
a. Scribere uersiculos || amore percussum graui
b. Arguit et latere || petitus imo spiritus
C. Feruidiore mero 1) arcana promorat loco.
12. Iambelegus.
uu ,
vullevu

Il contrario del precedente (a) . Vi è tra l'una e l'altra serie


syllaba anceps (b) ; hiatus, no, nè forse a caso, per il cozzo degli
ictus .
Esempi :
a. Niuesque deducunt Iouem || nunc mare nunc siluae
b. Leuare diris pectora || sollicitudinibus.
с METRICA

Logaoedi.
13. Adonius
L. U
Non ha mai elisioni . Es .
Terruit urbem

14. Alcaicus decasyllabus

È un doppio Adonius. È prediletta la cesura maschile dopo la


seconda (a) e la terza arsi (b) o tutte e due (c) : non mancano versi
con cesura trocaica, ma sono rari (d) .
Esempi :
a. Incolumi | Ioue et urbe Roma
b. Altior Italiae / ruinis
c. Perniciem , ueniens l in aeuum
d. Hospitis ille | uenena Colcha .

È nascosta da tmesi e da enclisis (spessissimo) in questi :


a. Porticus ex | cipiebat arcton
b. Ales Hyperboreos | que campos
dall'una e dall'altra in
C. Adferet in i domitae l que morii
15. Pherecrateus.

Non elisioni . È un dattilo tra due spondei . L'ultima è sempre


lunga. Tra esso è il verso seguente è hiatus solo in due versi della
1 , 23, poesia forse giovanile .
Esempio :
Vix durare carinae.

16. Aristophanius.
Iu u Lulu
Non elisioni .
Esempio :
Lydia dic per omnis .
17. Glyconeus . dis

Ha per lo più l'ultima lunga, salvo se non sia adoperato come


verso ultimo della strofa .
DELLA LYRICA ROMANA . CI

Esempio .
Emirabitur insolens.

Solo nell'ode 1 , 15 , che si deve considerare giovanile, si trova


nella prima sede il trocheo :
Ignis Iliacas domos
e forse
Teucer et Sthenelus sciens .

18. Sapphicus hendecasyllabus


Tuusu
Vedi V. 12. In Orazio la seconda sede è sempre spondaica .
La cesura è semiquinaria (a ) nel libro terzo , trocaica raramente
nel primo e secondo libro, assai frequente nel Carmen Saeculare e
nel quarto. E questa spesso è accompagnata dalla cesura semiter
naria e semisettenaria (b) o dall'una delle due (c ) ; rarissimamente,
e solo nel C. S. e nel quarto libro , sola (d ) .
a. Iam satis terris , niuis atque dirae
Mercuri I facunde | nepos | Atlantis
C. Siderun | regina | bicornis audi
d. Lenis Ilithyia | tuere matres.
19. Sapphicus maior.
Tuull

Esempio
Te deos oro | Sibarin || cur properes amando.
Ciò che vien dopo la dieresi è un Aristophanius . Se si toglie il
coriambo ( -uwe ) dopo la prima dipodia, resta un Sapphicus hen
decasyllabus .
20. Alcaicus hendecasyllabus.
u

È un Sapphicus hendecasyllabus con anacrusi e catalexi , ossia ,


con una sillaba di più in principio e di meno in fine. L'anacrusi è
raramente breve (b) nei primi tre libri, nel quarto non mai ( a ) .
a. Maior Neronum || mox graue proelium
b. Perire quaerens || nec muliebriter
Il secondo piede è sempre spondaico. Farebbero eccezione il v . 17
di 3 , 5 , e il v . 9 di 3 , 6 ; ma solo in apparenza. La dieresi è tra
lasciata due volte sole, nella prima alcaica che Orazio forse scrisse
e in una delle ultime ; 1 , 37 , 14 ; 4, 14, 17 :
Menlemque lymphatam | Mareotico
Spectandus in | certamine Marlio .
CU METRICA

21. Alcaicus enneasyllabus .

È adoperato in unione a versi logaoedici , quindi ha luogo qui .


Esempio :
Quantis fatigaret | ruinis .
IO
Si trova la cesura dopo la seconda arsi rappresentata da un mo
nosillabo (b) , una sola volta nel primo libro (26, 11 : giovanile) dopo
polisillabo ( c) ; qualche volta dopo la prima arsi (d), spesso, nel primo
e secondo, dieresi dopo le prime cinque sillabe (e) o dopo le prime
sette (f ) . E
b. Culpante nunc | torrentia agros
C. Hunc Lesbio | sacrare plectro
d. Pones | iambis siue flamma
e. Cantare riuos || atque truncis
f . Hic classe formidatus || ille
Queste cesure sono alle volte con tmesi :
F
b. Si fractus in | labatur orbis
d. Non del colorauere caedes.

Asclepiadei siue Choriambi.

22. Asclepiadeus minor .


llevu
La dieresi dopo il coriambo , fuori che in un solo verso, molto
sospetto, 4, 8, 17 (c), è osservata in questo verso come negli altri
dove sono coriambi, (a) ; qualche volta è ottenuta con la tmesi (b).
Esempi :
a. Maecenas atauis ledite regibus
b. Cum flagrantia de || torquet ad oscula
c. Non incendia Carthaginis inpiae.
23. Asclepiadeus maior.
I u u
ilivu uc
La dieresi dopo i coriambi è sempre osservata, come non in Ca
tullo . Vedi V. 3 .
Esempio:
Nullam Vare sacra || uite prius || seueris arborem.
II . Metra .
' 1. Iambi . – Trimeter Archil . (5) ripetuto stichicamente. Scherno
amaro .
DELLA LYRICA ROMANA . CITI

Epod . 17 .
d ) DistichA .
2. Epodi dactylici. Un hexameter ( 1 ) seguito da un tetrameter
dact . (2) . Parodia eroica : ironia beffarda.
Epod . 12.
3. Epodi pythiambici II . – Un hexameter ( 1 ) seguito da un tri
meter iamb. purus (4) . Sentimento di venerazione per il passato e
di ira per il presente .
Epod . 16 .
4. Epodi pythiambici I. – Un hexameter ( 1 ) seguito da un di
meter iamb. ( 7) . Contrasto tra l'amore e il dolore , tra la passione
e lo sdegno , non senza rassegnazione .
Epod. 14, 15 .
5. Epodi iambelegi . – Un hexameter ( 1 ) e un iambelegus ( 12) ..
Un raggio tra le nuvole .
Epod . 13.
6. Epodi elegiambi. Un trimeter ( 5 ) e un elegiambus ( 11 ) .
Ricordo triste nella gioia presente .
Epod . 11 .
7. Epodi iambici. – Un trimeter ( 5) seguito da un dimeter (6 ) .
Gioia con dubbio, tristezza con sorriso, odio con beffa, orrore con
sarcasmo.
Epod . 1-10 .
B ) TetrastiCHA .
8. Metrum dactylicum ( alcmanium ). - Un hexameter ( 1 ) alter
nato con un tetrameter dact. ( 2) . Come il 2, ma in strofe di quattro
versi . Parodia eroica : ma ironia grave e dolce, alta e solenne.
I. 7 , 28.
. 9. Metrum Archilochium I. Un hexameter ( 1 ) alternato con
un trimeter dact. (3) . Nota elegiaca nella letizia.
IV. 7 .
10. Metrum Archilochium IV. - Un Archilochius ( 10) alternato
con un trimeter iamb. cat. (6) . Sorriso triste.
I, 4 .
11. Metrum trochaicum ( Hipponacteum ) . Un dimeter troch.
cat . (8) e un trimeter iamb. cat. (6) . Contrasto tra la calma e la
smania.
II . 18.
12. Systema ionicum . Il decameter ionicus (9) ripetuto senza
syllaba anceps e hiatus . Querimonia.
III. 12, ode di una strofa sola.
13. Metrum Sapphicum . – Tre sapphici hendecasyllabi ( 18) e
CIV METRICA DELLA LYRICA ROMANA .

un Adonius ( 13) . Contemplazione, pace , amore tranquillo, serenità


e libertà dell'anima. ( 0 )
I. 2 , 10, 12, 20, 22, 25 , 30, 32, 38 .
II . 2 , 4, 6, 8, 10, 16 .
III . 8, 11 , 14 , 18, 20, 22, 27 .
IV. 2 , 6, 11. Carmen Saeculare.
14. Metrum Sapphicum maius . Un Aristophanius ( 16 ) alter
nato con un Sapphicus maior ( 19 ) . Rapida, insistente, tronca voce ap .
passionata in mezzo a una monotona placidità .
1. 8 .
15. Metrum Alcaicum . – Due Alcaici hendecasyllabi (20) un Al
caicus enneasyllabus (21 ) un Alcaicus decasyllabus ( 14) . Eccitazione
e agitazione che finisce con appaciarsi e appagarsi ; pace e trionfo . (?)
I. 9 , 16 , 17 , 26, 27 , 29, 31 , 34, 35, 37 .
II . 1 , 3, 5 , 7 , 9 , 11 , 13, 15, 17 , 19, 20.
III . 1-6, 17 , 21 , 23 , 26, 29.
IV. 4 , 9, 14, 16.
16. M. Asclepiadeum I. Quattro Asclepiadei minori ( 22) . Com
movimento intimo di orgoglio .
I. 1 III . 30 IV. 8 .
17. M. Asclepiadeum II . – Tre Asclepiadei minori ( 22) seguiti
da un Glyconeus ( 17 ) . Guerra e pace, dolore e conforto .
I. 6, 15 , 24, 23 II . 12 N. 10, 16 IV. 5 , 12 .
18. M. Asclepiadeum III . – Due Asclepiadei minori ( 22) seguiti
da un Pherecrateus ( 15) e Glyconeus ( 17 ) uniti i due ultimi xată
ouvá felav fuori che in I, 23. Fremito pianto tempesta seguiti da de
siderio di pace ; pullulare dell'acqua che a poco a poco addormenta.
I. 5 , 14, 21 , 23 III . 7 , 13 IV . 13 .
19. M. Asclepiadeum IV . – Glyconeus ( 17 ) e Asclepiadeus mi
nor (22) alternati. Vivace espansione d'amore e anche d'orgoglio e
di sdegno.
I. 3, 13 , 19, 36 III . 9, 15, 19 , 24, 25, 28 IV . 1 , 3 .
20. M. Asclepiadeum V. - Quattro Asclepiadei maggiori ( 23) .
Nota triste o lieta che interrompe o limita un sentimento vivace
di gioia o di tristezza .
I. 11 , 18 IV. 10 .

(1) È da notarsi che nelle odi del quarto libro non c'è mai hiatus tra verso e
verso ; in quelle degli altri, qualche volta.
(3) Nel quarto non m nia tra verso e verso .
LYRA ROMANA

FAVNI VATESQVE

Carmen Saliare.

1 O Zaul adoriese omnia !


uerom ad patula coemis es ianeus Ianes,
duonus Cerus es, duonus Ianus,
ueueis promerios prome dius enum recumde !

2 Diuum em pa cante
diuum deo supplicate.

3 Cume tonas, Leucesie, prai tet tremonti


quoti ibe tet uiri audeisunt tonare .
Canti dei Salii. dius è acc. plur. da dius, ef. nudius.enum ,
Storia.i Metrica.i App. 1 per la lingua an umbro enem , osco inim = et. einom , an
che dei seguenti. che nell'iscrizione dresseliana.
2- Varro LL.7, 26 : 'diuum empta cante
1- Versus Ianuli, poichè, secondo Fe diuum deo supplicante '. Scelgo tra molte
sto p. 3, in deos singulos uersus facti a la lezione e interpretazione di H(avet) :
nominibus eorum appellabantur. ut la diuorum eum ( Iouem ) patrem canite, di
nūli, Iunonii, Mineruii. Così lo Z (ander) uorum deo supplicate. 1 pa è patrem se
lesse in questo arruffio di Varrone LL, condo una, incerta invero, testimonianza
7, 26 ° in carmine Saliari sunt haec: cozeu di Festo p. 205, “ Pa pro parte est in
lodori esc omnia uero adpatula coemisse Saliari Carmine ’. OMueller emendò in
inncusianes duonus ceruses dunus ianus patre, cante Varrone stesso dice che è
de uet pom elios eum recum’e interpreta per canite. E questi saranno uersus Iouii ,
così : o sol oriens inuade omnia ! portarum come į seguenti.
ad patulos aditus comis es ianitor, Iane. 3 È in Terenzio Scauro p. 28 : ' antiqui
bonus Genius es, bonus Ianus. uiuis (dat. pro hoc aduerbio (quom ) cume dicebant,
plur.) (optime) promeritus, prome dies ut Numa in Saliari Carmine : cuine po
et reconde - i Adoriese è adorire. 2 ue nas Leucesiae praetexere monti quot ibet
rom = portarum Z. induce dall'osco ve etinei (eunei P) deis cum tonarem '. - H.
ru(m) umbro veres (abl.) e confronta ape interpreta: cum tonas, Luceti,praetremunt
rio per apverio. ianeus è spiegato in Fe te quot ibi te uiri audierunt tonare. Per
sto p. 103, ianitor. Per lanes Tertulliano, Leucesie, Macrobio Sat. 1 , 15, 14 Iouein
Apol. c. 10, riferisce che i Salii dicono lucis auctorem , unde et Lucetium Salii
Iane per Iano. Di pom elios Z. fece pro prai o prae tet tremonti è spiegato in
merios ricordando in Festo ‘ promerion : Festo p. 305, praetemunt pe ' facilmente
praecipuum; praeter ceteros meritum ?. emendato in pruetremunt te '.
PASCOLI, Lyra Romana 1
2 LYRA ROMANA .

Carmen Aruale.

Enos , Lases, iuuate ,


Neue lue rue , Marmar , sins incurrere in pleores .
Satur fu, fere Mars. Limen sali. Sta . Berber.
Semunis alternei aduocapit conctos.
Enos , Marmor, iuuato . 5
Triumpe triumpe triumpe triumpe triumpe .

Obtestationes.

1 Si ego iniusted inpiedque


illos homines illasque
res dedier mi exposco :
tum patriae compotem me
numquam siris esse .

2 Audi Diespiter et tu Ianes Quirine ;


deiueique omnes caelestes uosque terrestres
uosque inferni audite.

L'Inno dei Fratelli Aratori. dei romani di non urtare, entrando, col
S.i M.i piede nella soglia. sta ' fermati' detto,
secondo il M. a un compagno ; secondo
È tratto dagli Acta fratrum Arualium il P.al Dio : siste Cessa, ferma ’. berber =
scoperti nel 1778 e pubblicati da G. Mari verbera ' batti ’ la soglia M ; ' di sferzare,
ni nel 1795. Il testo e l'interpretazione su la sferza'P.4 Semunis = semones semi
per giù è del M(ommsen). 1 Enos = nos dei ’ (nel latino arcaico homones = homi
con l'e esclamativo che si trova in Eca . nes). aduocapit aduocabitis : futuro di
stor Edepol e simili. Lases =Lares, sono comando. conctos = cunctos. 6 Triumpe è
gli “ Spiriti magni ’ di Ronia. 2 lue rue imperativo e significa tripudia ’. I cin
senza la terminazione come fu comune que primi versi erano ripetuti tre volte
nel latino sì più antico e sì più re ognuno.
cente : peste e rovina ’. Anche in Lu
cano Ph. 3, 99 sono unite queste due Formule dei Feziali.
idee : subitaeque ruinae Et terrae caeli S. M.ii
que lues. Lues è morte lenta, ruina o
rues (parola insolita e qui veduta dal M.) 1 Liuius 1,32 : Legatus — Iouem te
è morte improvvisa. Marmar = Mai's. stem facit : Si ego - esse '. Divisione me
sins = sines o sinas o meglio siris dalla trica dello Z. che aggiunse l'antica termi
variante sers . pleores per pleioses (cf. nazione da iniuste e inpie per togliere
Theloves ) = plures significando ` i più , l' iato . L'in di iniusted resta breve nono
il popolo ’ 3 fu pare un imperativo del stante la posizione. Il Ribbeck cancella
secondo tema del verbo esse. sali danza ' da illos a res e fa due saturnii.
ed è secondo il M. detto ai fratelli. Se 2 - Liuius l.1 : si non deduntur quos
condo il P (reller ), che legge furere per exposcit, diebus tribus et triginta (tot enim
fu fere, è detto al Dio : sazio d' infu sollennes sunt) peractis, bellum ita in
riare trapassa la soglia ' del tuo tempio. dicit : Audi - audite '. Il resto della for
Con sali si accennerebbe alla religione mola, secondo Z., prosa.
FAVNI VATESQVE. 3

Conprecatio agrum lustrantis.

Mars pater , te precor quaesoque


uti sies uolens propitius
mihi domo familiae nostrae .

Quoius rei ergo


agrum terram fundumque 5
suouitaurilia haece
circumagi iussi :

Uti tu mortem morbos


uisos inuisosque
uiduertatem uastitudnem 10
calamitates intemperias
prohibessis defendas
auerruncassisque,

Uti fruges frumenta


uineta uirgulta 15
grandirei dueneque
euenire siris
pastores pecuaque
salua seruasis,

Duisque duonam salutem 20


ualetudnemque
mihi domo familiae nostrae :

Harunce rerum ergo ,


mei fundi terrae agrique
lustrandi lustrique 25
recte faciendi ergo, sicuti dixi,

Il canto della lustrazione. mortem è aggiunta da Z. da quest'altro


canto conservato in Festo p . 210 Auer
S.ii M.ii tas morbum mortem Labem nebulam im
„petiginem Pesestatem ' ed è congettura,
Cato A. 141. Agrum lustraresic oportet, tra tante allitterazioni, probabile . 9 inui
impera suouitaurilia circumagi, Ianum 808: solo in unione a uisus, significa non
Iovemque ' uino praefamino, sic dicito, veduto ’. 10 uiduertatem - sterilità ’. 13
Mars pater – esto '. La trascrizione e la auerruncassisque. Nel testo è auerrunces.
divisione metrica è dello Z. Il verbo è solenne storna ' . 16 grandirei.
6 suouitaurilia ' la triplice vittima, Nel testo è grandire, duene = bene. 17
un porcello, un agnello, un torello '. 8 siris = siueris, vedi Car. Ar. 2. 20 duis
4 LYRA ROMANA .

Mars pater macte hisce


suouitaurilibus lac-tentibus nostris
emmolandis esto.

Carmina rustica Proverbia.

1 Haueat haueat haueat !


ista pista sista !
dannabo danna ustra.
2 Terra, pestem teneto .
salus hic maneto .
3 Reseda, morbis reseda !
scin scin quis hic pullus egerit radices ?
nec caput nec pedes habeant !
4 Nec mula parit,
nec lanam fert lapis,
nec huic morbo caput crescat.
si creuerit tabescat.
5 Pastores te inuenerunt,
sine manibus collegerunt ,
sine foco coxerunt ,
sine dentibus comederunt.
6 Hiberno puluere, uerno luto
grandia farra , camille, metes.

= des. 27 macte vocativo unito con esto 3 Plinius HN, 27, 131. Presso Ri
del 29 ‘ sii accresciuto , sii beato '. 29 mini, dice egli , è un'erba detta reseda
emmolandis immolandis come è nel buona per le enfiagioni e le infiamma
testo di Catone che Z. parcamente ha zioni. Bisogna dire tre volte lo scongiuro
variato di arcaismi. Gli ultimi tre versi e tre volte sputare, morbis per 2. è nom.
si dovevano ripetere tre volte, e ce n'è sing. morbus, per uno scambio assai
traccia nei codici catoniani. frequente di declinazioni. reseda, la se
conda volta è verbo e vale residat si
Canzoni contadine Proverbi. appiani '.
S.ii M.ii 4 Marcellus Empiricus Liber de me
dicamentis 171. Lo Z. traspone ne' due
1 - Cato A. 160. È lo scongiuro per primi versicoli le parole a formare dei
guarire delle slogature, conservatoci dal trochei; ma la cadenza in questa e nella
grave Catone, e così raffazzonato dallo Z. precedente e seguente cantilena ha più
Nel suo linguaggio, più ingenuamente importanza del metro. E lapis assuona
misterioso che rozzamente villereccio, à parit. E lo scongiuro del fignolo.
ma l'uno e l'altro , significherebbe: Va 5 · Mạrc. Emp. L. de med. 154. Era u
leat, ualeat, ualeat ' colui che ha l'osso sata nel mal di cuore (?). Si scriveva in
slogato ; ista pestis sistat, cioè cessi ; una lamina di stagno e si appendeva al
damnabo damna uestra , cioè di voi, ossa collo, ma prima si cantava .
slegate. Ma è incerto il tutto. Scongiuri 6 - Macrobius Saturnalia 5 , 20. E il
simili usano ancora nel popolo e si chia canto è riportato anche in Plinio e Fe
mano orazioni o medicine, sto e Servio. È un padre che insegna al
2 - Varro RR. 1 , 2, 27. È lo scongiuro giovinetto figlio : tutti i fanciulli erano
della gotta. hic, cioè ne' miei piedi. in antico chiamati camilli. Virgilio dice
FAVNI VATESQVE . 5
7 Lalla lalla lalla aut dormi aut lacte .
8 Longe fugit qui suos fugit.
9 Necessitas caret feriis.
10 Aer aqua terra industria .
11 Vuam uua uidendo uaria fit.
12 Nescis quid uesper serus uehat.
13 Qui asinum non pote, stratum caedit.
14 Di facientes adiuuant.
15 Frons occipitio prior .
16 Mutuum muli scabunt.
17 Seritur sacculo hordeum .
18 Sat cito si sat bene .
19 Quantum habebis tantus eris.

20 Sociorum olla male feruet.


21 Malo nodo malus cuneus .
22 Assem habeas, assem ualeas.

(G. 1 , 101): hiberno laetissima puluere incertum sit '. E Verg. G. 1, 461 e Deni
farra ', e i nostri contadini: Gennaio que quid uesper serus uehat
secco Villan ricco ; Polvere di Gennaio 13 – Petronius 45. E noi diciamo : Chi
Carica il granaio ; Se Gennaio fa polvere non può battere il cavallo batte la sella .
I granai si fan di rovere. (cf. Illius in Chi non può dare all'asino dà al basto.
mensae ruperunt horrea messes . Verg . 14 – Varro RR. 1 , 1 , 4. Noi : Chi s'aiuta
G. 1 , 49). Nel Logudoro si afferma: * E Iddio l'aiuta.
ranu folthe, Trigu a colthe '. Z. inverte 15 - Cato. A. 4. È spiegato da Plinio
luto e uerno perchè gli consti un dimetro HN. 18, 5, 31 : ' frontemque domini plus
anapestico con luto pirrichio. prodesse quam occipitium ’. Noi : Triste è
7 - Scholia in Persium 3, 16 : ' quae in quel podere Che il suo signor non vede.
fantibus, ut dormiant, solent dicere saepe: 16 - Titolo d'un'altra satura di Var
Lalla - lacte '. E la ninna-nanna roma rone, e significa: tu a me e io a te ; e si
na. lallare = far la nanna . lacte o lacta, dice a burlare quelli che s'ammirano tra
come altri legge, è imperativo. loro.
8 - Titolo d'una satura di Varrone, 17 – Plinius HN. 18, 7, 79 ' sapientes
direttá, pare, contro gli stoici che si cre agricolae triticum cibariis tantum serunt,
devano fuori dell'umana società e mi hordeum sacculo seri dicunt '. Altri legge
seria. Nello stesso senso Terenzio ha sarculo '. Plinio osserva che l'orzo è
( Phormio. 5, 2, 2) ita fugias ne praeter tanto utile quanto sicuro ricolto.
casam . 18 - Hieronymus (ep. 66, 9) che lo at
9 Palladius 1 , 6, 7. Z. traspone caret tribuisce a Catone. Noi: Chi fa bene fa
e feriis per averne un dimetro giam presto.
bico con caret pirrichio. 19 -Augustinus (de disc. Christ. 11 ,
10 · Palladius 1 , 2 eligendi et bene co 12) che lo chiama uetustum et uulgare pro
lendi agri ratio quattuor rebus constat : uerbium . Noi, e come ne mancheremmo
aere indust ria noi?: Tanto vali quanto tieni.
11 - Schol. ad Iuuenalem. 11 , 81 ( Vua 20 - Petronius 38. È detto degli amici
que conspecta liuorem ducit ab uua : detto la cui pentola, al tuo bisogno, trovi non
del contagio del mal esempio). Notevole bollire.
il proverbio per la ricca allitterazione 21 - Hieronymus (ep. 69, 5) che lo
* L'uva invaia a veder l'uva ' invaiare. chiama uulgareprouerbium . Noi : A ciccia
12 Titolo d'un'altra satura di Var di lupo, zanne di cane. E altrimenti .
rone, che vi parla della brevità della vita 22 - Petronius 77. Vedi il 19 ; e ag
e dell'incertezza della fine. Del proverbio giungi: Chi ha è, chi non ha non è : Chi
usò Livio 45, 8, 6 Decet nec praesenti non ha non sa.
credere fortunae, cum quid uesper ferat
6 LYRA ROMANA .
23 Tollat te qui non nouit.
24 Iucundi acti labores.

25 Segetem ne defruges.
26 Nihil cum fidibus graculost,
nihil cum amaracino sui .
27 Matura saepe decipit,
sera numquam quin mala sit.
28 Vnius pecudis scabies
totum commaculat gregem .

29 Qui semel scurra numquam pater familias.


30 Diues aut iniquus aut iniqui heres
31 Vetus nouom uinum bibo ,
ueteri nouo morbo medeor

Alia uetera carmina.

1 Quasi per messim messor unumquemque spicum collegit.


2 Habeat scabiem quisquis ad me uenerit nouissimus.

23 Quintilianus I. 6, 3. ' homini ne 29 Lo cita Porfirione al passo d'Ora


quam lapso et ut adleuaretur roganti, zio menzionato più sopra al 23. Cicerone
Tollat nouit '. Leggi in Orazio (Epl. 1 , (pro Quintio. 55) vi aīlude ' uetus est de
17, 58) il grazioso bozzetto del planus scurra multo facilius diuitem quam pa
che s'è rotta la gamba, piange e giura trem familias fieri posse '.
per Osiride : Credite, non ludo; crudeles, 30 - 0 scetticismo umano ! Eppure
tollite claudum ! Si ? la gente che fu can questa è in S. Girolamo cui pare sen
zonata altra volta, risponde a tutte le tentia uerissima ' ep. 120, 1. Noidiciamo
sue grida: Quaere peregrinum ! con crudele alliterazione: Chi non ruba,
24 - Cicero fin . 2, 105. uulgo enim di non ha roba ; o con velata parabola : Arno
citur : i. a. l.'Proverbio francese : Il est non ingrossa se non intorbida.
toujours feste Après besogne faite . 31 – Festo p. 123Mos erat Latinis
25 - Plinius (HN. 18, 200) e lo dice ora populis dicere ominis gratia : uetus --
culum illud . Si trova anche in Catone A. medeor '. Ciò nel giorno dei Meditrinalia .
5 ' segetem ne defrudet ' cioè defraudet. Varrone (LL. 6, 21) afferma che si gu
26 - Gellius praef. 19. * Vetus adagium stava vin nuovo e vecchio medicamenti
est : nihil — sui ' LMueller ne fa un set causa : onde Meditrinalia. Veniva questa
tenario giambico (M.iii). L'amaracinum festa l'11 d'ottobre,
era soave unguento e olio ricavato dal
l'amaracus che forse è la maggiorana. Altre canzoni antiche.
27 - Columella 11. È detto della se S.iii M.iii
menta. E l'abbiamo anche noi in molte
forme, e anche (lo credereste ?) in Sa 1- Festus p . 333. Trasposi permessim
turnii; Chi sémina á buon'óra quálche e messor, perchè facesse un tetrametro
volta fálla, E chí semina tárải falla trocaico . Collegit è presente. Havet vi
quasi sempre. vede un saturnio , più collegit.
28 — Hieronymus Comm . in Gal. 3, 489 2 - Porphyrio ad Hor. AP. 417 ' hoc ex
iuxta uulgare prouerbium : Vnius- gre. lusu puerorum sustulit, qui ludentes solent
gem Giovenale 2, 79, 80. grex totus in dicere, Quisquis ad me nouissimus uene
agris Vnius scabie cadit et porrigine rit habeat scabiem ”. LMueller trasponendo
porci. vi riconobbe il tetr. troc. sopra scritto.
FAVNI VATESQVE.

3 Rex erit qui recte faciet qui non faciet, non erit.
4 Non te peto, piscem peto : quid me fugis, Galle ?
5 Veteres Casmenas cascam rem uolo profari
Et primum
6 Malum consilium consultori pessimum .
7 Sed iam se caelo cedens Aurora obstinet suum patrem

MARCIVS VATES .

1 Postremus dic , primus tace.


2 Ne ninculus mederi queat
3 Quamuis nouentium duonum negumate .
4 Amnem , Troiugena , fuge Cannam , ne te alienigenae
Cogant manus in campo. Diomedis conserere.
Sed neque credes tu mihi , donec conpleris sangui
Campum , miliaque multa occisa tua
Citus deferet amnis in pontum magnum 5

3 — Porph . ad Hor. Epl. 1 , 1 , 59 ' pueri Marcio il profeta .


lusu cantare solent Rex - erit; quam ne S.ii M.i e ii
піат — Era forse nel gioco della palla,
nel quale, secondo Schol. Plat. Theaet. 1- Isidorus orig. 6, 7, 12. apud Lati
p. 146, i vincitori erano chiamati re, i nos Marcius uates primus praecepta com
vinti asini. Quindi la congettura “ grex posuit, ex quibus est illud : postremus dicas
erit , primus taceas '. La correzione è dello Z.
4 - Festus p. 285 Retiario aduer 2 - Festus p. 176. Ningulus nullus.
sum mirmillonem pugnanti cantatur, Non Marcius uates : ne – queat '.
- Galle '. È un'eco delle lotte feroci del 3 — Fest.p. 165 · Negumate in carmine
circo. Il mirmillone aveva un pesce im Cn . Marcii uatis significat, negate, cum
prontato nell'elmo ed era armato alla ait : quamuis negumate mouentium
Gallica. hanno i codici : nouentium per nuntium
5 - Varro LL. 7, 28 ' in carmine Pria pose Buecheler. Ma non ci si intende. Il
mi quod est : ueteres — primum '. Secon Baehrens legge : quamuis mouetis odium ,
do Z. ueteres casmenas è genitivo. H. duonum ne negumate. E ci site intende
corregge, seguendo lo Scaligero , primum rebbe : per quanto eccitia avver
in Priamum . Ma forse Priami del testo sione ".
varroniano fu suggerito dal primum del Liuius 25, 12. Nel 542 di Roma
verso antico. Che in questa parola si vennero in mano di M. Emilio pretore
nasconda l'antica forma , non bene ac urbano due vaticinii del famoso antico
certata, del superlativo di prae o prai, profeta. Il primo, che s'era già avverato
o di pro ? Insomma mi par dubbia l'esi perchè prediceva la battaglia di Canne,
stenza d'un carme antichissimo italico fece credere al secondo. Naturalmente
su Priamo. sono un'invenzione del tempo ; ci si
6- Gellius NA.4,5. La statua di Orazio sente Omero : pure possono essere stati
Coclite fu colpita dal fulmine. Chiamati fatti in qualche parte a imitazione del
aruspici etruschi ad espiare quella fol l'antico vate. Do la lezione e divisione
gore, persuasero, con animo nemico, di metrica dell' H. che qua e là traspose, e
trasportare la statua dove sole mai non poco aggiunse o mutò. IWordsworth ne
la toccasse. Di che furono accusati ed fa degli esametri e ha più ragione.
uccisi ; i monelli cantarono questo se 1 Togli genae in fine: avrai un primo
nario . esametro. 2 Si chiamavano Diomedis
7 - Festus p. 167 obstinet ostendit, campi nell'Apulia, quelli che a lui toc
ut in ueteribus carminibus, Sed - pa carono nella divisione del regno, che fece
trem , se cedens tmesi. con Dauno. 3 sangui legge H. dopo
8 LYRA ROMANA .

Ex terra frugifera ; piscibus atque auibus


Ferisque quae incolunt terras, iis fuat esca
Caro tua ; nam mihi ita Iuppiter fatust.

5 Hostem , Romani , si ex agro pellere uultis


Vomicam quae gentium uenit ea longe,
Apollini uouendos censeo ludos :
Quotannis comiter Apollini fiant;
Cume populus dederit ex publico partem ,
Priuati uti conferant pro sed atque suis ;
Iis ludis faciendis praeerit praetor
Qui ius populo plebeique is dabit summum ;
Decemuiri graeco ritu hostiis faciant.
Hoc si recte facitis, gaudebitis semper 10
Fietque res melior, nam is diuus exstinguet
Vestros qui campos pascunt placide perduelles.

APPIVS CAECVS .

1 Suae quisque faber fortunae.


2 Quis animi compote esse ,
ne quid fraudis stuprique
ferocia pariat.
3 Amicum cum uides oblisceres miserias ;
inimicus sies : commentus nec libens aeque
idem tamen teneto.

Hermann. 7 fuat = sit. quemque fortunae '.


5 - Liuius l . 1. e Macrobius Sat. 1, 17, 2 - Festus p. 317 stupro pro turpitu
28. 1 expellere hanno Liv. e Macr. 2 uo dine - in Appi sententiis '. Emendo, di
micam ulcere maligna '. 3 ea (aggiunto vise, interpretò Z.
da H) è pleonasmo di cui è esempio e 1 Quis da queo ' puoi ?. compote, nom .
altrove e in Livio : Quorum eorum ope senza terminazione, come pote per potis.
ac consilio (8, 37, 8). gentium - longe da I codici hanno compotem . 2 stuprique è
genti lontane ' 4 comiter con magnifi spiegato da Festo: ' turpitudine'. 3 ferocia
cenza ', 5 cume : vedi Car. Sal. 3. 6 con è lo stato di chi non è compos animi:
ferant ' contribuiscano '. 10 facitis : i sfrenatezza.
codici, facietis. 12 Liv. perduellis ue 3 – Priscianus 1, 384. Appius Caecus:
stros qui uestros campos pascunt placide : amicum – aeque . Il resto è aggiunto da
perduellis è hostis : quello il proprio no 2. a illustrare la sua interpretazione.
me, questo il nome mitigato ' hostis 1 obliscere = oblivisceris ' tu dimentichi
enim apud maiores nostros is dicebatur 2 sies = sis ha valore condizionale : eb
quem nunc peregrinum dicimus Cic. bene poniamo che tu sia '. cominentus
Off. 1, 12 con valore d'avverbio : pensatamente,
a bella posta '. nec libens aeque per
Appio Cieco. quanto non volentieri '. 3 i. t. 7. tieni
S.iii M.i e ii ugualmente quel contegno”. Romana sen
tenza ingegnosamente qui trovata dallo
1- Incertus Sallustius ad Caes. oratio Zander : Nascondi il tuo dolore e tra gli
1,2 sed res docuit id uerum esse quod in amici e tra i nemici, che non se ne dol
carminibus Appius ait, fabrum esse suae gano quelli, questi non se ne rallegrino.
FAYNI VATESQVE. 9

Elogia .

I.
Cornelius Lucius Scipio Barbatus,
Gnaiuod patre prognatus fortis uir sápiensque,
Quoius forma uirtutei parisuma fuit,
Consol censor aidilis quei fuit apud uos,
Taurasia Cisauna Samnio cepit, 5
Subigit omne Loucanam opsidesque abdoucit.
II.
Honç oino ploirume cosentiont Romai X
Duonoro optumo fuise uiro uiroro
Luciom Scipione. Filios Barbati .
Consol censor aidilis hic fuet apud vos,
Hee cepit Corsica Aleriaque urbe pugnandod,
Dedet Tempestatebus aide meretod uotam .
III .

Quei apice insigne dialis flaminis gesistei


Iscrizioni dei sepolcri. staurata o rifatta .
S.ii M.i 1 Hunc unum plurimi consentiunt Ro
mae. Do la iscrizione come la supplì, nelle
I. Questo Scipione fu console con parti mutili, il Ritschl). Il Visconti com
Fulvio Massimo Centumalo nel 456 di pie questo verso con Romani, B(uecheler)
Roma : cfr . Livio 10, 11 . e Z (ander) con Romane. 2 bonorum uiro
1 Lucius, che si deve, forse, pronun rum uirum optimum fuisse. Però questo
ciare con l'i lunga, è scritto in tutte verso, come il seguente, è intero nella
lettere e posposto al nomen , per il me lapide e fuise deve misurarsi con la
tro. 2 Gnaiuod, abl . con l'antica ter prima e l'ultima lunghe. 3 filios o è er
minazione e ormai a quei tempi disu rore dello scalpellino per filio =filium ,
sata, = Gnaeuo, Gnaeo. Il in questa o è sottinteso il verbo :* fu figlio ?. 4 fuet
parola e in subigit del v. 6 è dei primi = fuit. 5 Hec = hic come in altro epi
esempi dell'uso di questa lettera nel la tafio que per quei = qui. pugnandod. Z.
tino. 3 parisuma superlativo di par armis, B. clasid = classe, altri altrimenti.
affatto pari ’. 5 Taurasia. Livio 40, 38 6 dedit Tempestatibus aedem merito quam
menziona ager publicus populi Romani uouerat. Z. exuoto. E di questo tempio
in Samnitibus qui Taurasinorum [fue così Ovidio Fast. 6, 113 Te quoque,
qat] '. Cisauna è affatto ignota. Sono due Tempestas, meritam delubra fatemur Cum
accusativi senza terminazione come omne paene est Corsis obruta classis aquis '.
del v . 6. Samnio con Mommsen credo III. - È forse il figlio del vincitore di
ablativo. 6 subigit, abdoucit sono proba Zama, quegli che adottò Scipione Emi
bilmente presenti storici. liano. Di lui Cicerone (Cat. 11, 35 ; de
II. - Questo è il figlio del precedente. Off. 1 , 83, 121 ; Brut. 19, 77) dice che fu
Fu console nel 495 di Roma ; invase la cagionevole di salute, ma dotto ed elo
Corsica con una flotta e prese Alesia e quente e che sarebbe stato un altro
sottomise l'isola intera. Trionfo de Poe lumen ciuitatis . E Livio 49, 42 ; in locum
neis et Sardin ( ia ) Corsica an. CDXCIV, eius ( Sp. Postumi auguris ) P. Scipionem ,
V id. Mart. L'iscrizione è più antica filium Africani, augures cooptarunt.
della precedente , la quale fu forse re 1 Qui apicem insignem-gessisti. L'apex
10 LYRA ROMANA.
Mors perfecit tua ut essent omnia breuia
Honos fama uirtusque gloria atque ingenium :
Quibus sei in longa licuisset tibe utier uita
Facile facteis superases gloriam maiorum . 5
Quare lubens te in gremiu , Scipio , recipit
Terra , Publi , prognatum Publio , Corneli.
IV.
Magna sapientia multasque uirtutes
Aetate quom parua posidet hoc saxsum .
Quoiei uita defecit non honos honore,
Is hic situs, quei numquam uictus est uirtutei .
Annos gnatus uiginti is loceis mandatus. 5
Ne quairatis honore quei minus sit mandatus.
v.

Virtutes generis mieis moribus accumulaui,


Progenie mi genui , facta patris.petiei .
Maiorem optenui laudem ut sibei me esse .creatum
Laetentur : stirpem nobilitauit honor.
VI.
Hoc est factum monumentum Maarco Caicilio.
Hospes gratum est quod apud meas restitistei seedes .
Bene rem geras et ualeas dormias sine qura .

era un berretto conico fatto della pelle V.-C. Cornelius Cn. f.Scipio Hispanus,
di un agnello bianco. Il flamen dialis, o Fu pretore nel 615 di Roma. L'epitafio
sacerdote di Giove, era sempre veduto è il saggio più antico di distico elegiaco,
con esso. 6 In gremiu è tutta una pa eccettuati alcuni epigrammi d' Ennio.
rola nella iscrizione. 7 Terra Z. pone Vedi più sotto.
nel v. 6. Per Publi posposto al cogno 1 mieis = mis = meis. cf. IV, 3. accu
men vedi sopra I, 1 . mulaui' accrebbi ’. 2 Progenie. L'i si pro
IV. - L. Cornelius Scipio. Cn. f. Cn. n. nunzia così tenue che non fa posizione ,
È forse il figlio di Hispallus che morì come consonante , nè sillaba, come vo
console nel 578. cale. Dunque progenie progeniem è
1 Magnam sapientiam . 2 quom = cum dattilo come oriundi in Lucrezio 2, 991 ,
prep. posidet possidet. saxsum = sa è bacchio . Così nella · Tabula deuotionis
хит. зquotei quoi quoei poichè Aretina ' è desacrificio per desacrifico .
nella scrittura del VII secolo iei = i = ei, petiei = petiï ' raggiunsi, emulai ’. sibei
al quale '. honos ‘ il merito ' honore vale come pirrichio .
honori finale: per avere onori ’. 4 quei VI. – EPITAFIO DI MARCO CECILIO. -
= qui ` il quale ?, uirtutei = uirtute . 5 10 La forma delle lettere pare del tempo
ceis M. (diueis B. Diteist R.) locis = lo di Silla. Gli arcaismi vi sono forse af
culis del sepolcro. 6. Sottintendi: vi dico fettati. Fu trovato nella via Appia.
l'età che non '. quairatis = quaeratis. 1 Marco, nel S. C. de Thisbaeis
honore = honorem è il soggetto della Mdapxos, onde il M. congettura la
prop. seg. anticipato come oggetto di forma antica Maharcus . 2 seedes
quaeratis. quei = qui = quomodo in che sedes.
modo non gli furono dati onori '. Altri
altrimenti.
FAVNI VATESQVE . 11

VII.
Hospes quod deico paullum est : asta ac pellige :
Heic est sepulcrum hau pulcrum pulcrai feminae.
Nomen parentes nominarunt Claudiam .
Suom mareitum corde dilexit souo .
Gnatos duos creauit ; horunc alterum
In terra linquit , alium sub terra locat.
Sermone lepido, tum autem incessu commodo .
Domum seruauit, lanam fecit. Dixi : abei .
VIII.
Mater mea mihi monumentum
maerens coerauit. quae me
desiderat uehementer .
me heice situm inmature !
Vale. Salue.
IX.
Aemilia Prima salue .
Et tu : quaequae dices
omnia eueniant tibei ?.
X.
Fili bene quiescas.
mater tua rogat te
ut me ad te recipias. uale.

VII. - LA DONNA ROMANA . - La lapide, poni trovarono (Livio 1, 57) ' nocte sera
trovata già in co' del ponte di S. Barto deditam lanae ' . Poi la donna romana,
lomeo a Roma , non ci rimane. I versi come Sempronia in Sallustio, Cat. 25 ,
sono trimetri giambici. M.iii, 1 deico = cominciò a ' psallere, saltare elegantius
dico. asta= adsta. pellige = perlege. Parla quam necesse est probae ’. abei ' va ’, non
la pietra del sepolcro 2 hau pulcrum è perder tempo : te lo dicevo io : paul
scherzo di parola , che può parere fuori lum est.
di luogo. Ma nel dolore e nella morte è VIII. - IL FIGLIO E LA MADRE.
solito e triste il sorriso. 3 Nomen - no l'epitafio di P. Critonio Polione. Divise
minarunt. Non è propriamente ' mi po e supplì, qui e appresso Z. Per i versi
sero nome ' ma dal nome dei miei fui vedi M.ii. 2 coerauit = curauit fece fare
nominata'.4 suum maritum corde - suo . 4 heice = hic , inmature nella lapide è in
6 linquit, locat : vedi I, 6, 7 Sermone le ciso in due parole : in mature .
pido. A questo aggettivo Orazio (AP,273) IX. GENTILEZZA DEL SEPOLCRO.
oppone inurbanus, incessu commodo an Supplì il Mommsen. Il passeggero saluta
datura garbata ': gentile e onesta, direbbe e la morta risponde soavemente.
Dante. Non così era nè l' incessus nè il X. POVERA MADRE. Nella lapide
sermo di Clodia, di cui vedi Cic. pro Cae (trovata in Narbona) si legge anche un
lio , 49, 8 Domum seruauit ‘ fu donna di le
nome : Lagge. 3 Ricordati parole dol
casa ’ non si dilettò, come la sopra detta cissime : Addio, Cecilia ! riposa in pace !
1.c., ' aquis, navigatione, conuiuiis ’, lanam Stasera verremo anche noi, per restar
fecit ' attese ai lavori donneschi come sempre insieme '.mater tua mamma tua '
l'antica Lucrezia la quale quei buontem nel linguaggio materno vuol dire : io.
12 LYRA ROMANA.

XI.
Ego tibi quod tu mi
facere dibuisti.
mi qui faciat nescio .
XII.
Dum uixi uixi quomodo
condecet ingenuom .
id quod comedi et ebibi tantum meu est.
XIII.
Haue Manlia Anthusa.
* Bene siet tibi , qui legis,
et tibi qui praeteris,
et mihipte, qui hoc loco
monumentum feci et meis ' . 5

LIVIVS ANDRONICVS .

1 ) Decreuere pontifices ut uirgines ter nouenae per urbem euntes


carmen canerent. id cum in Iouis statoris aede discerent, conditum
ab Liuio poeta , carmen, tacta de caelo aedes in Auentino Iunonis
Reginae tum septem et uiginti uirgines, longam indutae uestem ,
carmen in Iunonem Reginam canentes ibant ; illa tempestate forsitan
laudabile rudibus ingeniis, nunc abhorrens et inconditum, si referatur.
in foro pompa constitit ; et, per manus reste data, uirgines sonum
uocis pulsu pedum modulantes incesserunt.
2) Cum Liuius Andronicus bello unico secundo scripsisset car- ,
XI. UNA VEDOVA. - Dafine fece al L’Inno a Giunone di Lirio Andronico .
marito Sabidio. 2 dibuisti = debuisti ' a S.iii
vresti dovuto'.3 È sola al mondo : non
ha chi le chiuda gli occhi. 1 Liuius 27, 37. Fu nell'anno 547 di
XII. - UN EPICUREO . E P. Clodio Roma, anno pieno di sinistri prodigi.
Stepio. 1 uixi ha senso una volta di Asdrubale si avvicinava ; i due consoli,
* vissi’, l'altra di godei '. Così un'altra Livio Salinatore e Claudio Nérone, con
iscrizione : Amici, dum uiuimus, uiuamus. due guerre alle mani, erano per partire ;
3 Questo è un trimetro (M.iii). tantum a qual destino ? Nel rozzo inno di Livio ,
soltanto ”. Il resto lo prese l'erede.Vedi si alludeva forse alla memore ira di Giu
Hor. C. 2, 3, 20 e 2, 14, 15 e 4, 7, 19 e none e all'origine mitica di Roma e
altrove. della gente ' quae cremato fortis ab Ilio -
XIII. COLLOQUIO. 1 Non è, se Natosque maturosque patres Pertulit Au
condo Z., un verso; e nella lapide è in sonias ad urbes '. Hor. C. 4, 4, 53. Che
lettere maggiori. 2 siet Z. nella lapide, qualche nota dell'inno del vecchio scrit
sit. Uno si ferma a leggere, l'altro passa tore, si trovi in quest'ode oraziana ?
oltre indifferente . Ma il poeta fa salu Adorea ?
tare alla morta gentile e l'uno e l'altro. 2 - Festus 333. Si tratta, a parer mio ,
FAVNI VATESQVE. 13

men quod à uirginibus est cantatum, quia prosperius respublica po


puli romani geri coepta est, publice attributa est ei in Auentino
aedes Mineruae, in qua liceret scribis histrionibusque consistere ac
dona ponere, in honorem Liui, quia is et scribebat fabulas et agebat.

NAEVIVS .
1 Fato Metelli Romae consules fiunt

2 Inmortales mortales si foret fas flere


Flerent diuae Camenae Naeuium poetam :
Itaque postquam est Orci traditus thesauro,
Obliti sunt Romae loquier lingua latina.

Epigramma Plauti .

Postquam est mortem aptus Plautus comoedia luget,


Scaena est deserta, dein Risus Ludus Iocusque
Et Numeri innumeri simul omnes conlacrimarunt.

Epigramma Pacuui.

Adulescens tam etsi properas te hoc saxum rogat


Ut sese adspicias, deinde quod scriptum est legas.
Hic sunt poetae Pacuui Marci sita
Ossa. . Hoc uolebam nescius ne esses. Vale .
dell'inno detto di sopra. La prop. ' quia - rone, come, certo, il seguente di Plauto,
coepta est ’ dipende da ciò che segue, La lode che a Gellio (1 , 24, 4) il quale
non da ciò che precede. Poichè l'inno conservò l'epigramma , sapeva di super
di preghiera ebbe quel glorioso effetto bia campana, è la stessa qui e lì : pian
della vittoria al Metauro, il popolo diede gerebbero le Camene, piange la Co
tal premio al vate bene augurante. media ; non si parla più l'antica buona
lingua,non c'è più teatro. Poeta , poi, non
Nevio. l'avrebbe detto di sé Nevio, tanto più
S.iii. M.i. che con vatem il verso tornava lo stesso .
I. - UN MOTTO SALATO. Ps. Asconius L’epitafio di Plauto.
in Cic. Verr. 140. Romae può dipendere Gellius 1, 240 ° epigramma Plauti, quod
tanto da consules quanto da fato, che dubitassemus an Plauto foret , nisi (
varrebbe per disgrazia ’. Non mi pare
che il malizioso versicolo dovesse aver M. Varrone positum esset in libro de poetis
compagnia : era solo, come solo il verso primo '. Il qual libro de poetis è forse il
minaccioso che risposero i Metelli : ' Da medesimo che quello de imaginibus nel
bunt malum Metelli Naeuio poetae ’ ; nel quale sotto le imagini di grandi poeti e
qual verso poetae è detto per istrazio, scrittori Varrone aveva posto suoi epi
come dire ' crassator ' : vedi, Cato, 4, più grammi. Sono esametri. L'a di deserta
sotto, e ricordati ciò che l'austero Tu è lunga ; l'8 di Ludus non si pronuncia.
sculano rimbrottò a Nobiliore ; quod is
in prouinciam poetas duxisset. Questi L'epitafio di Pacuvio.
poetae, al plurale, consistevano nel solo Gellius. 1. 1. E anche questo è attri
e grande Ennio. buito dal B. a Varrone ; ed è fatto con
II. - L'EPITAFIO DI Nevio, il quale più antica semplicità e modestia. Cfr.
consento col Baehrens) essere di Var Elogia, VII. Sono senarii.
14
LYRA ROMANA .

CATO.

1 Auaritiem putabant cuncta uitia habere.


Qui cupidus sumptuosus elegans uitiosus
Inritus habebatur auidus is audibat.
2 In foro uestiri mos erat honeste,
Domi satis quod esset.
3 Carius sibi equos sos quam quoquos emebant .
4 Artis poeticae honos erat nullus ;
Quis ei re studebat aut sese adplicabat
Conuiuiis, cognomen ei erat crassator .
5 Nam uita nostra sic fere est uti ferrum ,
Si exerceas id usus conterit minuitque ;
Si non exerceas tam interficit robigo .
Item homines exercendo conteri uidemus ;
Si nil exerceas inertia ac torpedo
Plus detrimenti infert quam exest exercitio .

Frammenti del libro dei costumi ' Gellius 1.l. ' poeticae artis honos
di Catone . S.iv. M.i non erat : si quis in ea re ludebat aut sese
ad conuiuia adplicabat, crassator (un
1- Gellius 11 , 2. 1 habere ' contenere '. cod. solo : grassator) uocabatur '. 2 re =
2 elegans. Avverte appunto Gellio che rei. sese adplicabat: sospetto che non
al tempo di Catone questa parola sonava significhi solo si dava ’ ; ma ' s'invitava
male e valeva “ qui nimis lecto amoeno da sè ’ ; poichè secondo Festo, grassari
que cultu uictuque esset ' - raffinato '. valeva adulari e si diceva dei parassiti
uitiosus strano certamente con uitia che assaltavano ' la gente per farsi in
del prec., avrebbe senso di pieno di vitare a pranzo. I poeti dunque, al bel
stravizzi '. 3 inritus significherebbe ‘leg tempo di Roma, erano assomigliati non
gero, instabile ' poichè in Festo, p. 274, forse a ' buontemponi ' ma a ' scrocconi
è : ' alioqui pro firmo, certo ponitur ra addirittura.
tus et ratum '. auidus, da pronunciarsi 5 — Anche questo frammento è molto
audus, is audibat ' era chiamato avido '. diverso in Gellio (1. c.) ; nè meraviglia ,
I codici hanno ' is laudabatur '. La le chè egli stesso dice di citare a memo
zione per questo e i seguenti, è dello ria ( commeminimus). 3 tam = tamen , 4
Zander : ma pare anche a lui molto in exest da exedo ' rode ' qui fa bella allit
certa. terazione.
2 Gellius 1. 1. honesle con decoro '. Il Baehrens di questo aveva fatto degli
3 - Gellius l. 1. sos = sUos. quoquos anapesti :
coquos. ' spendevano (i nostri vecchi) più
nei loro cavalli che nei cuochi '. Così in Vita humanast prope uti ferrum ;
Gellio 4 , 12 è un frammento d'orazione di quod si exerces , usu teritur,
Catone ' item quis eques romanus equum si non , tamen exest rubigo ;
habere gracilentum aut parum nitidum item homo se exercendo teritur,
si non , at inertia, torpedo
uisus erat, inpolitiae notabatur '. Dopo le plus deterit ei quam exercitio.
conquiste Asiatiche, narra Livio ( 39, 6)
coquus, uilissimum antiquis mancipium Degli altri afferma egli che non sentono
et aestimatione et usu , in pretio esse ; di verso e sono forse tratti da una pre
et , quod ministerium fuerat , ars haberi fazione storica, in cui si lodava il buon
coepta '. tempo antico.
FAVNI VATESQVE. 15

Testimonia .

Fauni uatesque .

1 scripsere alii rem


Vorsubus, quos olim Fauni uatesque canebant,
Cum neque Musarum scopulos tendebat ad altos
Nec docti dicti studiosus quisquam erat ante hunc .
Nos ausi reserare 5
2 Graecia capta ferum uictorem cepit et artis
Intulit agresti Latio : sic horridus ille
Defluxit numerus Saturnius et graue uirus
Munditiae pepulere .

Occentatio, mala carmina, pipulus.

1 Nostrae... XII Tak . cum perpaucas res capite sanxissent, in


his hanc quoque sanciendam putauerunt: si quis occentauisset siue
carmen condidisset, quod infamiam faceret flagitiumue alteri.

- 2 Qui malum carmen incantassit occentassit.


3 Qui fruges excantassit neue alienam segetem pellexerit.

I versi dei Fauni e dei Vati. pone più l'arte e lo studio : et me fecere
poetam Pierides - me quoque dicunt Va
1 – Ennius in Cic. Brut. 19 , 76 e 18, 71 , tem pastores. Verg. Ecl . 9, 32.
e nell'Or. 47, 157 e altrove. Supplì il 2 Horatius Epl. 2, 1 , 156. Festo alla
Baehrens). È verisimilmente il princi parola Saturnius : Versus antiquissimi,
pio del Libro 7 degli Annali. Certo vi quibus Faunus fata cecinisse hominibus
parla di Nevio che anch'esso aveva scrit uidetur, Saturnii appellantur . Ciò av
to in rozzi versi Saturnii (quos — cane venne, (Gellius 17, 21) secondo Porcio
bant) la guerra (rem ) punica prima, che Licinio che pensava ad Ennio, un poco
Ennio si accingeva a cantare in versi prima: ' Poenico bello secundo Musa pen
lunghi , cioè esametri. 1 alii, con disde nato gradu Intulit se. bellicosani in Ro
gno, (cfr. poetas ' di Catone) accenna al muli gentem feram '.
solo Nevio . 4 docti è supplito da un altro
verso d'Ennio (Lib. 8 , 4. Ed. B.) : hautè Canzonaccie, incantesimi, baiate.
doctis dictis certantes - . hunc = me ;
detto con gesto superbo. Fortuna delle 1 - Cicero Rep. 4, 12. Occentare è spie
parole ! Vates suona sprezzo in bocca di gato in Festo : conuicium facere quod id
Ennio che parla di Nevio ; poeta suona clare et cum quodam canore fit, ut procul
dispetto in bocca dei Metelli che minac exaudiri possit '. E si diceva : occentare
ciano Nevio e di Catone che rimprovera ostium o ad fores per fare una serenata
M. Nobiliore a proposito di Ennio. Ed o mattinata d'amore o di scherno '.
Ennio fa dire di sè, forse a Omero : Enni 2 Plinius HN. 28, 2, 17 – Festus p .
poeta, salue, qui mortalibus Versus pro 181. È delle XII Tavole. Col primo verbo
pinas flammeos medullitus. Non. 33, 7. e s'intende d'un canto magico, col secondo
139. Poi, al buon tempo d'Augusto, le d'una canzone infamante.
due parole paiono equivalersi, se non 3 - Plin. 1. 1. 10. Seruius in Verg. Ecl.
forse la prima implica più l'ispirazione 8, 99. Parole , anche queste, delle XII Ta
naturale e si congiunge a un senso di vole. Si tratta di canti capaci di “ satas
modestia e di semplicità ; l'altra presup alio - traducere messes '
16 LYRA ROMANA.

4 Ita me bene amet Lauerna, te iam nisi reddi


Mihi uasa iubes, pipulo hic differam te ante aedis.

Fescennini.

1 Agricolae prisci, fortes paruoque beati


Condita post frumenta leuantes tempore festo
Corpus et ipsum animum, spe finis dura ferentem ,
Cum sociis operum , pueris et coniuge fida,
Tellurem porco, Siluanum lacte piabant, 5
Floribus et uino Genium memorem breuis aeui.
Fescennina per hunc inuenta licentia morem
Versibus alternis opprobria rustica fudit,
Libertasque recurrentis accepta per annos
Lusit amabiliter, donec iam saeuus apertam 10
In rabiem coepit uerti iocus et per honestas
Ire domos inpune minax . Doluere cruento
Dente lacessiti; fuit intactis quoque cura
Condicione super communi ; quin etiam lex
Poenaque lata, malo quae nollet carmine quemquam 15
Describi ; uertere modum, formidine fustis
Ad bene dicendum delectandumque redacti.

2 Non, sicut antea, Fescennino uersum similem inconpositum te


mere ac rudem alternis iaciebant.

4- Plautus. Aul. 3, 2. Parla Congrione , i davano : breve ma grande gioia. 7 8


il cuoco cacciato via, carico di mazzate, Il senso è : quella che fu poi licenza Fe
dall'avaro Euclione. Lauerna è la dea scennina ed ebbe la prima origine in
de ladri, uasa sono le cazzeruole. pipulo: questa usanza, dapprima si limitò a beffe
con una baiata '. grossolane in versi alternati. 9 Accepta
benvenuta ogni anno ’. 10 amabiliter
Fescennini. inoffensiva ' come l' insania dicui Orazio
nelle "Odi (3, 4, 5). saeuus è opposto a
1 - Hor. Epl. 2, 1 , 139. Qui Orazio inoffensiva’direi quasi ' riscaldandosi '.
parla non tanto dei canti nuziali quanto iam credo meglio unirlo a coepit. 11 aper
di tutta la poesia popolare antica di Ro tam in rabiem in maldicenza sfrenata
ma ; poesia villesca , bensì, e rozza, ma addirittura ’. per honestas domos nella
non nata tutta dalle feste e dagli stra vita privata de' galantuomini ’. 12 ire
vizzi. Certo sapeva più di iambi, che di entrare ’. inpune: perchè non v'era an
melos. i fortes rubesti ’: paruo beati. cora lex poenaque. 13 Se ne diedero pen
Verg. G. 2, 472 € exiguoque adsueta iu siero anche gli illesi, perchè si potevano
ventus '. 2 Le feste antiche, dice Aristo trovare nello stesso caso. 15 nollet ' vie
tele, nacquero dopo le raccolte. 3 spe tava assolutamente ', 16 describi che
finis. Pensavano essi : Chi vuol riposare fosse diffamato '. uertere modum e cam
convien travagliare. 4 I primi aiuti del biarono il tono ’ fustis ' del supplizio in
contadino sono i suoi ragazzi e la mas fame ' : morte preceduta da fustigazione.
saia. 5 Tellurem : la Madre Terra ita 17
e bene dicendum, nota già Porfirione,
lica, invocata anche da Varrone RR. 1 , non male dicenduin ' significat. 'a lasciar
1 , 4. Siluanus era tutor finium (Hor. Ep. la maldicenza, la diffamazione '.
2, 22). piabant ' rendevano propizi ’. 6 2 - Liuius 7, 2, 7. Si parla dei giovani
Genium il dio che con noi nasce e sa Romani che, imitando i ludiones chiamati
che breve è la vita '. * Est animus suus dall'Etruria, poi perfezionandosi inpletas
cuique ' dice Apuleio . Fiori e vino gli si modis saturas, descripto iam ad tibicineira
FAVNI VATESQVE. 17

3 Non soliti lusere sales nec more sabino


Excepit tristis conuicia festa maritus .
4 Fescennium oppidum est ubi nuptialia inuenta sunt carmina .

Carmina triumphalia.

1 Epulae instructae dicuntur fuisse ante omnium domos : epu


lantesque cum carmine triumphali et sollemnibus iocis, comissan
tium modo, currum secuti sunt.
2 Cum ex senatusconsulto urbem ouans introiret (C. Valerius) ,
alternis inconditi uersus militari licentia iactati.
3 Dictator, recuperata ex hostibus patria, triumphans in urbem
redit : interque iocos militares, quos inconditos iaciunt, Romulus ac
parens patriae conditorque alter urbis haud uanis laudibus appellatur.
4 Inter carminum prope modum incondita quaedam militariter
ioculantes, Torquati cognomen auditum : celebratum deinde posteris
etiam familiaeque honori fuit.
5 Celebrata inconditis carminibus militaribus non magis uicto
ria Q. Fabii, quam mors praeclara P. Decii est : excitataque memoria
parentis, aequata euentu publico priuatoque filii laudibus.
6 Notatum, eo die plura carmina militaribus iocis in C. Clau
dium, quam in consulem suum iactata.
7 Carmina a militibus ea in imperatorem (Cn . Manlium) dicta
ut facile appareret, in ducem indulgentem ambitiosumque ea dici ;
triumphum esse militari magis fauore, quam populari , celebrem .
8 Qui (milites) et ipsi laureati et quisque donis, quibus donati
cantu , motuque congruenti peragebant. I esercito e popolo odiavano questo con
giocolieri o istrioni Etruschi furono chia sole Valerio Potito, 345 di R.
mati in Roma nel 391 di R. 3 – L. 5, 49. Il dittatore era Camillo ,
3 - Lucanus Ph. 2, 368. Si tratta delle 365 di R.
seconde tristi nozze di Catone e Marcia 4- L. 7 , 10. Non si tratta d'un trionfo :
in piena guerra civile. sono i soldati che accompagnano al Dit
4 - Seruius ad Aen. 7, 695. Però leggi tatore T. Quinzio Penno, il giovane T.
in Festo p. 85 : “ Fescennini uersus cane Manlio, vincitore, nel 395 di R., del Gallo
bantur in nuptiis ex urbe Fescennina gigantesco.
allati, siue ideo dicti, quia fascinum pu 5 — L. 10, 30. Anno 457 di R.
tabantur arcere '. Klotz crede che verso 6 – L. 28, 9. Fu nel trionfo dei con
fescennino significhi verso pieno di fa soli vincitori di Asdrubale, nel 545 di R.
scinus = odio. In Plinio (HN.5, 8) la città M. Livio procedeva in quadriga; Nerone,
è chiamata Fescennia. poichè s'era combattuto nella provincia
e cogli auspicii del primo, seguiva a ca
vallo e senza i suoi soldati .
Canzoni nei trionfi. L. 39, 7. Gneo Manlio aveva caricato
di doni i soldati, 566 di R.
1 - L (iuius) 3, 29. Nel trionfo di Quin 8 L. 45, 38. E un passo dell'orazione
zio Cincinnato, 296 di R. Vedi anche al di M. Servilio (585 di R ) controGalba che
4, 20 il trionfo di Cosso che i soldati ag contrastava il trionfo a L. Emilio Paullo,
guagliavano a Romolo. vincitore di Perseo. triumphum - cient :
2 - L. 4, 53. Non era un canto di lode : gridano : ' Io triumphe ' come ritornello .
PASCOLI, Lyra Romana 2
18 LYRA ROMANA .

sunt, insignes, triumphum nomine cient, suasque et imperatoris lau


des canentes per urbem incedunt.
9 Laetior hunc (L. Anici) triumphum est secutus miles, mul
tisque dux ipse carminibus celebratus.
10 Gallico denique triumpho milites eius inter cetera carmina,
qualia currum prosequentes ioculariter canunt, etiam uulgatissimum
illud pronuntiauerunt : Gallias Caesar subegit hoc disticho
apparet, iactato aeque a militibus per Gallicum triumphum : ' Vrbani
seruate uxores
11 Plecteris, si recte facies, si non facies rex eris .
12 Olus quoque siluestre est lapsana, triumpho diui Iulii cele
bratum : alternis quippe uersibus exprobrauere lapsana se uixisse
apud Dyrrachium , praemiorum parsimoniam cauillantes : est autem
id cyma siluestris .
13 Inter iocos militares , qui currum Lepidi Plancique secuti
erant, inter exsecrationem ciuium usurpabant hunc uersum
De germanis non de Gallis duo triumphant consules .

14 Consueuere iocos uestri quoque ferre triumphi ,


Materiam dictis nec pudet esse ducem.

MARCII FRATRES. PVBLICIVS.

1 Quid ? Asiae rex Priamus nonne et Helenum filium et Cas.


sandram filiam diuinantes habebat, alterum auguriis, alteram mentis
incitatione et permotione diuina ? quo in genere Marcios quosdam
fratres, nobili loco natos apud maiores nostros scriptum uidemus .

L. 45, 43. È il trionfo di L. Anicio anzi esecrabili egoisti, come quelli che
sugli Illirii,(585 di R.) non offuscato dal proscrissero o lasciarono proscrivere i
recente di L. Emilio. loro fratelli; Paullo, il primo ; Plozio, il
10 Suetonius. Caes. 49-50. I canti secondo. Il lugubre gioco di parole è
sono in tetrametri trocaici. Chi li vuol chiaro : germani vale tanto fratelli
leggere, sfogli Suetonio . Noi non siamo quanto Germani '. Il verso è tetr. troc.
sboccati come i soldati di Cesare. come quelli del 10. Del resto non v'erano
11 - Dio Cassius 43, 20. Anche questo propriamente canti trionfali, se non l'e
è del trionfo di Cesare. È un tetrametro. sclamazione ' Io triumphe ’: ma si can
12 - Plinius HN. 19, 144. Cesare (BC. tavano in quella giornata solenne, da
3, 48) racconta d'una radica, detta chara, questi e da quelli (alternis. cfr. 2 e 12) ,
che mescolata con latte i suoi soldati ri tutte le canzoni che già avevano riso
ducevano a pane. È questa lalapsana di nato negli accampamenti e nelle marcie.
Plinio ? Bello è che quei duri legionari 14 Martialis 1 , 5, 3. Parla a Domi
si rifacessero dei loro stenti sul loro ziano, per giustificare la sua lasciua
grande imperator, in questo bel giorno pagina ' e spianare il supercilium del ter
del Giugno 708. Del suo esercito dice Ce ribile suo padrone.
sare : miserrimo et patientissimo – cui
semper omnia ad necessarium usum de Dei fratelli Marcii e di Publicio.
fuissent ’ BC. 3, 96.
13 Velleius Pat. 2, 67. Furono con 1 , Cic. Diuin. 1, 89. Vedi a. ' Marcius
soli nel 42 : colebri tentennini e girelle ; uates !
FAVNI VATESQVE. 19
2 multa et uaticinantibus saepe praedicta sunt, neque so
lum uerbis, sed etiam
Versibus, quos olim Fauni uatesque canebant.
similiter Marcius et Publicius uates cecinisse dicuntur.

Carmina de clarorum uirorum laudibus. Neniae.

1 In conuiuiis pueri modesti ut cantarent carmina antiqua, in


quibus laudes erant maiorum et assa uoce et cum tibicine .
2 Sero a nostris poetae uel cogniti uel recepti , quamquam est
in Originibus solitos esse in epulis canere conuiuas ad tibicinem
de clarorum hominum uirtutibus, honorem tamen huic generi non
fuisse declarat oratio Catonis, in qua obiecit ut probrum M. Nobi
liori, quod is in prouinciam poetas duxisset. duxerat autem consul
ille in Aetoliam, ut scimus, Ennium .
3 Grauissimus auctor in Originibus dixit Cato , morem apud
maiores hunc epularum fuisse, ut deinceps qui accubarent, canerent
ad tibiam clarorum uirorum laudes atque uirtutes .
4 Vtinam extarent illa carmina, quae multis saeculis ante suam
aetatem in epulis esse cantitata a singulis conuiuis de clarorum ui
rorum laudibus in Originibus scriptum reliquit Cato !
5 Nenia est carmen quod in funere laudandi gratia cantatur
ad tibiam .
6 Honoratorum uirorum laudes in contione memorentur easque
etiam cantus ad tibicinem prosequatur, cui nomen neniae, quo uoca
bulo etiam a Graecis cantus lugubres nominantur.
7 In Truculento : Sine uirtute argutum ciuem mihi habeam pro
praefica ; praefica dicta, ut Aurelius scribit, mulier ad luctum quae
conduceretur, quae ante domum mortui laudeis eius caneret. hoc
factitatum Aristoteles scribit in libro qui inscribitur, Nópeda Bap
Bapixd. quibus testimonium est, quod fretum est Naeui uersu : Haec
2 Cic. 1.1. 115. Vedi più sopra a Fau storia de primi tempi di Roma.
ni uatesque ? 1. Vedi ancora "Cic. Diuin . 5 Festus p . 161. I canti precedenti
2, 113 ; Seruius Aen. ' 6, 70 ; Symmach. erano cantati ' in epulis ’, le nenie in
ep. 4, 34. B funere '. E forse ai banchetti, special
mente funebri, si ricantavano le nenie
Canti in lode dei Grandi. Nenie. dei funerali.
6 -- Cic. leg. 24, 62. Diomede deriva la
1 - Varro in Non. ' assa uoce '. parola da velatov, perchè è l'ultimo
2 - Cic. Tusc. 1 , 2. Vedi più sopra a addio al morto. Poi nenia, o dal tono
Fauni uatesque '. L'argomento di Cico lamentevole o dalla sua rozza semplicità
rone non quadra perchè Catone distin o scempiaggine , si chiamò qualunque
gueva tra uates e poeta. cantilena. Vedi Carmina Rustica e
3 - Cic. Tusc. 4, 2. Carmina Vetera ”.
4 - Cic. Brut. 19, 75. E di queste can 7- Varro LL. 7, 70.
zoni il Niebuhr yuole fosse composta la
20 LYRA ROMANA .

quidem hercle, opinor, praefica est : nam mortuum conlaudat. Claudius


scribit : Quae praeficeretur ancillis quemadmodum lamentarentur,
praefica est dicta.

Cantica.

1 mali culices ranaeque palustres


Auertunt somnos, absentem ut cantat amicam
Multa prolutus uappa nauta atque uiator
Certatim
2 Tum Praenestinus salso niultoque fluenti
Expressa arbusto regerit conuicia, durus
Vindemiator et inuictus, cui saepe uiator
Cessisset magna conpellans uoce cuculum.
3 Laeta operum plebes festinantesque coloni
Vertice nunc summo properant, nunc deiuge dorso,
Certantes stolidis clamoribus : inde uiator
Riparum subiecta terens, hinc nauita labens,
Probra canunt seris cultoribus ; adstrepit ollis
Et rupes et silua tremens et concauus amnis.
4 clamat : Victum date ! Succinit alter :
Et mihi ’, diuiduo findetur munere quadra.
5 Interea longum cantu solata laborem
Arguto coniunx percurrit pectine telas.
6 modo rustica carmina cantat
Agrestique suum solatur uoce laborem .

Canti popolari . dant ?. Porf.


3 - Ausonius. Mosella 165. E l'usanza
1 - Hor. S. 1 , 5, 14. Porfirione com si conservò per un pezzo e si estese.
menta : ' sic enim leues ac uulgares homines Ammira la lieta scena campestre: con
noctu solatia uigiliarum quaerere solent tadini sulla vetta e per il pendio del colle,
cantica amatoria cantantes '. che schiamazzano ; un viandante, un bar
2 - Chi all'equinozio di primavera chettaiolo che stornellano; e l'eco intorno
non aveva potato le viti e s'affrettava che confonde rumori e canti.
dopo col falcetto , sentiva ai viandanti 4 – Hor. Epl. 1 , 17, 48. Acrone com
che lo vedevano sulle prode , fare il verso menta cantilenam mendicorum pulchre
del cuculo dedecus enim habebatur op expressit, qui succinunt sibi inuicem '.
probriumque meritum falcem ab illa uo 5 Vergilius G. 1 , 293. Leggivi il
lucre in uite deprehendi'Plin . HN. 18, 66. quadretto della veglia invernale .
E i villani tantam uerborum amaritudi 6 - Moretum 29. È il povero Similo
nem in eos effundunt, ut uiatores illi ce che si fa la torta. Ora macina e canta .
VETERES POETAE

ENNIVS .

1 Aspicite o ciues senis Enni imaginis formam .


Hic uestrum panxit maxima facta patrum .
Nemo me lacrumis decoret nec funera fletu
Faxit. cur ? uolito uiuus per ora uirum .
2 Hic est ille situs, cui nemo ciuis nec hostis
Quiuit pro factis reddere opis pretium .

Ennio. 4 Faxit = fecerit mi faccia '. uolito ui


S.iv M.iv uus, o meglio uiuos : cfr. la sublime ele
gia di Teognide (v. 237-254) : ' A te le
IL SUO EPITAFIO . Fu conservato ali diedi io con cui pel mare infinite
da Cicerone (Tusc. 1 , 34 e 117). L'i di volerai - Nemmeno allora, nemmeno
Enni si abbrevia (in tesi avanti vocale) morto perderai la tua gloria, anzi sarai
per ciò che Cic. chiama ' distrahere uo nel pensiero degli uomini '. Cfr. anche
ces '. Ma c'è un intoppo : Cic. (Or. 152) di Orazio l'ode ultima del 20 libro, la
dice che i poeti per far tornare i versi quale non è forse senza un fine sorriso
saepe hiabant, e dopo due esempi di Ne e pare come uno svolgimento, quasi co
vio, aggiunge at Ennius semel: Scipio mico, del verso Enniano : ‘ ferar - per
inuicte '. Gli sia sfuggito quest'altro e liquidum aethera Vates - Absint inani
sempio, che poi (due anni forse dopo) funere neniae etc. ?. Cfr. poi l'ultima del
citò ? Può essere, poichè un terzo esem 30 : non omnis moriar '. Il secondo di
pio ancora ce ne resta , pare : questo : stico il B. crede stare senza il primo,
Hos ego in pugna uici (Oros. 4, 1, 14) . ed essere per altri che per sè. Ma Cic.
Ma il B (aehrens) non crede a nessuno dei 1. c . paragona le parole d'Ennio a quelle
tre esempi, e congettura qui: in ima di Solone le quali sono di sè.
gine. 1 Ammira la solennità Enniana. 2 - L'EPITAFIO DELL'AFRICANO. Cic.
Mirate, o cittadini, i tratti dell'effigie legg. 2, 57. Seneca ep. 108. Scaligero rac
del vecchio Ennio '. Ovidio (M, 3, 416) cozzò i due luoghi. 2 Quiuit ' potè '. opis
quasi inversamente ha : imagine formae. (come legge il Vahlen : i codd. operae,
2 panxit ' compose, scrisse . Si diceva Lipsius oprae) , vale, secondo quel luogo
( cfr. Columella , 10, 251) pangere litteram di Seneca emendato dal Vahlen, tanto
in cera , imprimendovi lo stilo. Dopo En auxilium quanto opera : º dare compenso
nio, questo verbo fu quasi sacro a ver adeguato '. Si allude forse alle accuse
seggiare ” ; e due volte l'adopera Orazio, che furono fatte a Scipione, in sua vec
non senza forse accenno ironico al verso chiaia : ' filium captum sine pretio reddi
del pater Ennius'. 3 funera fletu Faxit: tum ' e altro, di cui Livio nel 38, 50 e seg.
allitterazione. Il desiderio di Ennio è Seppure hostis non vale qui peregrinus
l'opposto di quello di Solone, citato e (cfr. p . 8, nota 12) e non è a leggersi
tradotto nel medesimo passo di Cicerone. quibit ' potrà '.
22 LYRA ROMANA .
3 A sole exoriente supra Maeotis paludes
Nemo est qui factis me aequiperare queat.
Si fas endo plagas caelestum ascendere cuiquam est,
Mi soli caeli maxima porta patet.

POMPILIVS.

Ridiculum est, cum te Cascam tua dicit amica,


Fili Potoni, sesquisenex puerum .
Dic ita tu pusum : sic fiet 'mutua muli ’ ;
"Nam uere pusus tu, tua amica senex.

T. QVINTIVS ATTA.
Praeterea lusit resoluta crine capillus.

VALERIVS AEDITVVS .
1 Dicere cum conor curam tibi, Pamphila, cordis,
Quid mi abs te quaeram, uerba labris obeunt,
Per pectus manat subitus gelido mihi sudor :
Sic tacitus , subidus dum pudeo, pereo .

2 Quid faculam praefers, Phileros , quae est nil opus nobis ?


Ibimus sic, lucet pectoris flamma satis .

3 - L'AFRICANO. - Cic. Tusc. 5, 49. Sen. T. Quinzio Atta .


ep. 108, e altri. Congiunse i due distici,
citati il primo dal primo l'altro dall'al Nonius 202, 23, ' crines — feminino -
tro, Scaligero. 1 Maeotis (gen. come in Atta in epigrammatibus. crine, collettivo ,
Plinio HN . 5, 9 : ad os Maeotis, e in Ma capelli ’. capillus chioma ?.
nilio A. 4, 616 : Maeotis et undis emen
dato in et Maeotidos undis) paludes, “ la Valerio Edituo.
palude Meotide ' ossia il mar d'Azow.
2 factis : B. propone me actis. 3 endo = in. 1 - Gellius 19, 9, che afferma nulla
4 caeli m. p. cfr. Verg. G. 260 : ingens trovarsi tra i Greci e i Latini º mundius,
Porta tonat caeli, uenustius, limatius, tersius ' di questo e
Pompilio. dei seguenti epigrammi. O Gellio ! La
S.v lezione è del B. nel suo Catullo ' ; nei
* Frammenti ’ mutò qualche cosa. 1 cu
IL RAGAZZO E LA VECCHIA . Varro ram — cordis il segreto mio affanno '.
LL. 7, 28. 1 Cascam : è il cognome del 2 Quid mi a. t. q. per dire che cosa
ragazzo, e suona vecchia ’. 2 sesquise mi voglia da te '. obeunt B. i codd. abeunt :
nex € vecchia e mezzo ”, cioè ella che interpreto : obuersantur ' si presentano,
è una vecchiona ’, puerum a te che sei mị vengono alle labbra ’, 3 c'è asindeto
un ragazzo ’. Nel chiamarlo, pareva che avversativo : ‘ ma ecco ' 4 tacitus ' non
la vecchia non solo gli cambiasse l'età, potendo parlare '. subidus : ha forse va
ma anche il sesso. 3 Dic ita tu pusum : loro causale per la commozione '. Ma
così credo di leggere : dicit pusum [(pue dubito. Certo vi si sente Saffo, 2, veduta
rum ) puellam pusam] Cod. Flor.: dic forse in qualche imitazione di epigram
rusum (= rursum ' a tua volta ') pusam, matografo alessandrino.
B. ita varrebbe perciò ’: pusum " bimbo ’: 2 Gellius l. 1. La lezione è del B.
mutua muli (cfr. p.5, 16) che tu dia a lei 1 faculam ' facella ’. Phileros caro ad
il tuo, come ella dà a te il suo ' 4 uere Amore ', nome di giovanetto schiavo .
Fa dir il vero ? 2 est B , nei Frammenti ' cancella. pec
VETERES POETAE. 23

Istam nunc potis est uis saeua extinguere uenti


Aut imber caelo concitus praecipitans ;
At contra hunc ignem Veneris, nisi si Venus ipsa,
Nulla est quae possit uis alia opprimere .

PORCIVS LICINIVS.

1 Dum lasciuiam nobilium et laudes fucosas petit,


Dum Africani uocem diuinam haurit auidis auribus,
Dum ad Philum se cenitare et Laelium pulcrum putat, 3
Suis postlatis rebus ad summam inopiam redactus est . 6
Itaque ex conspectu omnium abit ut Graeciae in terram
ſultumam ,
Mortuost Stymphali, Arcadiae in oppido: nil Publio
Scipio profuit, nihil illei Laelius, nil Furius,
Tres per id tempus qui agitabant facile nobilissumei : 10
Eorum ille opera ne domum quidem habuit conducticiam ,
Saltem ut esset quo referret obitum domini seruolus.
2 Custodes ouium teneraeque propaginis agnum,
Quaeritis ignem ? ite buc . quaeritis ? ignis homo est.
Si digito attigero, incendam siluam simul omnem ,
Omne pecus flamma est, omnia qua uideo.

toris (i codd. hanno pectore) del cuore ’. terna . 8 mortuost mortuus est. Publio
flamma : è una fiamma metaforica . (i codd. P. le edd .: Publius) al nostro
3 Istam cioè faculam ' cotesta ' che porti Publio ' cioè a Terenzio. 9 illei = illi.
tu , nunc o mox B. I codd. non senza senso. Furius cioè Philus. 10 agitabant sottin
potis est = potest. uis s. — U.:'una ven tendi aeuum , uitam vivevano '. facile
tata ' . 4 concitus B. (i codd.candidus) im nobilissumei : così il B. i codd. hanno
petuoso '. 5 hunc ignem “ il fuoco che ho nobiles facillime. Si univa l'avverbio con
io'nel cuore. 6 nulla est - uis alia. non agitabant e s'interpretava “ più comoda
v'è altra forza '. opprimere ' spengere ’ . mente '. Qui facile invece va unito con
l'aggettivo, come nella locuzione ' facile
Porcio Licinio . princeps ’ : senza contradizione '. 11 o
pera abl. conducticiam ' a pigione ’: 12
1 CONTRO TERENZIO . Suetonius in perchè ci fosse dove lo schiavo ripor
uita Terenti. I lasciuiam vita oziosa '. tasse : è morto il padrone '. Povero Te
fucosas ' artificiate '. 2 haurit (così legge renzio ! ecco l'amicizia dei Grandi che
B. Il Mureto aveva dalla corrotta lezione cosa ti portò : nessun bene e molto male .
dei codd. ricavato uocem diuinam inhiat) 2- Gellius 19,9.Lezione del B. Il poeta,
beve ’. 3 ad Philum (si deve al Roth , con la fiamma stessa del precedente, par
editore di Svetonio) : ‘ in casa di Filo ? . la a pastori che cercano fuoco. 1 agnum
Su L. Furio Filo vedi tra altri luoghi, = agnorum, e tenerae propaginis è appo
Cic. de orat. 2, 154, e Lael. 4, 14. Di Lelio sizione. 2 ite huc ' venite qua, da me
poi, tra moltissimi , ad Att. 7, 3. 6 suis quaeritis ? lo volete proprio ?.ignis homo
postla.is emendò Ritschl : prima si leg est eccovi un uomo che è fuoco ', 3 at
geva post sublatis e s' rpretava tigero vi toccherò ’. 4 qua video per
fatto il suo fardello ', il che conveniva dove io posso vedere” ; ma non soddisfa :
con abit, non con le Cparole con cui si nei codd. peggiori è quae. Il B. mutò
trova . Vale dunque trascurati i suoi prima “ qua uenio ', poi congetturò è ab
affari ’. 7 utcome, poichè ' (i codd. in ). igne meo .
ultumam più remota dal mare, più in
24 LYRA ROMANA .

Q. CATVLVS.

1 Aufugit mi animus. credo , ut solet, ad Theotimum


Deuenit. sic est: perfugium illud habet.
Quid ? quasi non interdixem , ne illunc fugitiuum
Mitteret ad se intro, sed magis eiceret ?
Ibimus quaesitum , uerum ne ipsei teneamur,
Formido . quid ago ? da, Venus, consilium.
2 Constiteram exorientem Auroram forte salutans,
Cum subito a laeua Roscius exoritur.
Pace mihi liceat, caelestes, dicere uestra :
Mortalis uisust pulcrior esse deo .

Lusus pompeianus .

Aeditui, me, oculei, posquam deducxstis in ignem,


Lamphae uim uestreis largificatis geneis .
Vanum : non possunt lacrumae restinguere flamam :
Haec os incendunt tabificantque animum.

VOLCACIVS SEDIGITVS.

I.
Multos incertos certare hanc rem uidimus,
Palmam poetae comico cui deferant.

Q. Lutazio Catulo. Uno scherzuccio poetico .


1 Gellius 1. 1. Lezione del B. nei È stato scoperto in una parete di Pom
* Frammenti ’. 1 Aufugit ‘ scappò ' co pei. Lezione del B. 1 Aeditui B. cu
me uno schiavo. animus ' anima, cuore stodi ’ del tempio, che conducevano i
2 Deuenit si è ricoverato ’. perfugium visitatori. È detto degli occhi ’. Il Bue
illud habet ' quel giovinetto è il suo rifu cheler, meglio : ' Quid fit ? ui ' che av
gio abituale . 3 Quid ? * O come ? '. quasi viene ? a forza '. posquam = postquam .
( si i codd.) ® come se '. interdixem = in deducxstis= deduxistis. 2 Lumphae uim
terdixissein non gli avessi proibito '. un rovescio d'acqua '. largificatis : non
4 mitteret ad se intro ' di accogliere den è altrove : " largamente fornite ’: geneis
tro sé '. sed magis = potius: sottintendi : ( = genis) ' alle guancie’3 Vanum è inu
dixissem . quaesitum a cercarne ip tile'. flamam = fiammam . 4 Haec = hae
sei (= ipsi) io stesso ’. teneamur sia le lagrime '. os incendunt, ardenti come
ritenuto ’. 6 formido : sott. est mihi : ' ho sono anch'esse. tabificantque: lett. ' lique
gran paura '. quid ago ? che fare ??. fanno ?
L'epigramma è imitazione del 41 di Cal Dal libro de poetis ?
limaco.
2 - Cicero. nat. d. 1 , 79. 1 exorientem di Volcazio Sedigito .
che spuntava ’. 2 a laeua e dalla sini 1 - UN GIUDIZIO SPICCIO. Gellius,
stra ' cioè, di dove ai Romani venivano 15, 24. Queste dispute si facevano anche
i buoni augurii. exoritur spunta ’: 4 ai tempi d'Orazio che ne rideva ( Epl.
uisust = uisus est. deo, cioè dell'Aurora. 2, 1, 55). 1 incertos certare è giuoco
VETERES POETAE. 25

Eum meo iudicio errorem dissoluam tibi,


Vt, contra siquis sentiat, nil sentiat.
Caecilio palmam Statio do mimico ; 5
Plautus secundus acie exsuperat ceteros ;
Dein Naeuius, qui feruet, pretio in tertiost ;
Si erit , quod quarto detur, dabitur Licinio.
Post insequi Licinium facio Atilium ;
In sexto consequetur hos Terentius; 10
Turpilius septimum , Trabea octauom optinet ;
Nono loco esse facile facio Luscium ;
Decimum addo causa antiquitatis Ennium .

di parola, e il senso dell'aggettivo è mo gono esempi. 8 Licinio: rimane un ti


dificato dal verbo. Non vale dunque in tolo, Neaera , d'una palliata di Licinius
certi ’, ma senza sapere di che questio Imbrex . Era dell'età di Cecilio , ed è forse
nino '. hanc rem : certare si unisce con tutt'uno con P. Licinius Tegula , che fece
l'acc. nella locuzione ' certare multam un inno a Giunone, come già Livio An
discutere una proposta di multa. 2 de dronico, per espiare funesti prodigi : vedi
ferant ' assegnino ? 3 meo iudicio col Liv. 31 , 12. 9 Atilium : anche questi del
mio giusto criterio '. errorem quel giu tempo di Cecilio. Era a detta di Cic. (ad
dicare a vanvera '. 4 nil sentiat : come Att. 14, 20 ) poeta durissimus e (de fin .
ouðèv lére ! s vale * dici cose vane 1 , 5) ferreus scriptor . E Sedigito in que
così nil sentire può significare e avere sto suo canone lo pone avanti a Teren
zio ! 10 Terentius: m . 595 di R. Ma Cic.:
un'opinione vana, assurda ’. Ma osser Tu quoque, qui solus lecto sermone, Te
vando che Sedigito si dilettava di giochi renti, etc. E Cesare : Tu quoque, tu in
di parole, più mi arride communi sensu summis, o dimidiate Menander, Poneris
careat o carere uideatur ' cioè, chi non et merito puri sermonis amator. Lenibus
sente con me non abbia il buon senso '.
5 Caecilio Statio : Gallo Insubre, schiavo atque utinam scriptis adiuncta foret uis
d'origine, amico d'Ennio , morto forse Comica ut aequato uirtus polleret honore
nel 588 di R. Di lui Cic. de opt. gen. dic .: Cum Graecis , neue hac despecte ex parte
iaceres ! Vnum hoc maceror aureolo tibi
Caecilius fortasse summus comicus; Varr. desse, Terenti. E Terenzio, il poeta in
ap. Nonium in u . melos: In argumentis felice, morto giovane, avrebbe potuto
Caecilius poscit palmam . E agliamatori consolarsi. 11 Turpilius : fu contempo
in Orazio (1. c.) pareva : Vincere Caecilius raneo di Terenzio , ma visse a lungo ;
grauitate. Sicchè il giudizio pare esatto ; morì, secondo S. Girolamo, nel 651. Si
ma o quel mimico che il Gror ricavo
da minico di due codd . ? Pazienza il conoscono 13 titoli di sue comedie , tutti
comico di altri ; ma l'agg. e l'avv. da greci . Trabea : era del tempo di Cecilio :
mimus hanno cattivo senso. Io leggerei , Varrone dà a lui come a Cecilio e ad
se gli occhiali mi dessero il diritto di Atilio il vanto di commuovere. Lèggine
leggere ', uni unicam ' (cfr. Plauto un frammento in Cic. Tusc. 4 ,67.12 Lut
scium : meno male che Luscius Lanuui
Bacch . 3, 3, 3 : tibi filium uni unicum ) nus, il maliuolus uetus poeta, contro cui
oppure , uni unico ' (cfr. Cat. 73, 6 : unum Terenzio contende nei prologhi di cinque
atque unicum amicum ). o più semplice delle sue comedie , non gli è posto in
mentedono unico ' Altri veda, 6 Plautus : nanzi ! Anch'esso tradusse comedie dal
Sarsinate, n. 500, m. 570 di R. Cic. gli greco e più letteralmente e pedantesca
attribuisce iocandi genus, urbanum , in mente. 13 Ennium : n. 515, m . 585. È
geniosum , facetum ; e Orazio (l.c.), che perciò meno antico e di Nevio e di
non lo amava, riferisce la lode che gli Plauto. Ma Sedigito vuole intendere che
si dava per solito : ad exemplar Sicuii tra questi poeti comici Ennio ha solo
properare Epicharmi. Varrone (1.c.) ne luogo per rispetto all'antichità. Di vero
afferma la superiorità in sermonibus. pare che alla comedia egli non fosse nato.
acie B, i codd. hanno facile come al v.
12. 7 Naeuius: m . secondo Varrone, ri Restano traccie d'una sua Cupuncula e
cordato da Cic. Brut. 60, oltre il 550 di d'un Pancratiastes. Come si vede i poetae,
R. feruet (i codd. seruet) sarebbe detto di cui Sedigito ci dà il canone alla lesta
della vigoria, dell'ardore, di cui ci riman sono tutti autori di comedie palliate.
26 LYRA ROMANA .

II.

Sed ut Afer populo . sex dedit comoedias ,


Iter hinc in Asiam fecit. at nauem ut semel
Conscendit, uisus nunquam est : sic uita uacat.
III.
Publi Terenti hae quae uocantur fabulae ;
Cuiae sunt ? non qui iura gentibus dabat
Has summo honore affectas fecit fabulas ?
IV .

Remouetur Hecura sexta, exilis fabula .

SVEIVS.

I.
!
Se incidunt, exin labellis morsicatim lusitant. '
II.

Escam hic absinthi e iure in os pullo data,


Simul assulatim uiscus assumit cibum .

II. - LA FINE DI TERENZIO . Suet. Sueio.


uit. Terenti. 2 in Asiam; ma si fermò
in Grecia : vedi Porcius Licinius, 1 '. 3 I. - Nonius, 139. 24. È frammento dei
numquam ‘ non più ' sic uita uacat così * Pulli ’ operetta sull'alievamento degli
restò privo della vita '. Per il pres. vedi uccelli, morsicatim a beccatine ?
p. 9 , I, 6 ; e p. 11 , VII, v. 6. II.-Non. 72, 21. Come il precedente, dei
III. - LA CALUNNIA SOLITA.- Donatus Pulli ’. I codd. danno una lezione molto
in auct. Suet. (Terent. Ritschl, p. 214 ). guasta. Corresse il B. e LM. I Romani
Ecco conservata la mala voce che avve amavano molto volatili, sì quelli cui
lenò la vita del gentile poeta. 2 Cuiae richiedeva la frugalitas antiqua ' sì
sunt ? e di chi sono ? ' In Virg. (ecl. 3, 1) : quelli onde si dilettò la “ luxuria poste
cuium pecus ?. q. iura g. d . (i codici rior ’: Varro RR., 3, 3. Leggi nel citato
hanno populis retentibus) " colui che co libro di Varrone e nell'8 di Columella
mandava al mondo ' cioè Scipione Emi le ragioni di questa utile o gentile cul-
liano. 3 fabulas ' comedie '. tura . 1 absinthi e iure : intrisa in succo
IV. - Suet. l.l. Remouetur : i codd. su d'assenzio '. data, imp. da dato , frequen
metur e sumeretur. L'Hecyra la suocera ' tativo di do; si trova anche in Plinio
delle comedie di Terenzio fu la più di (HN. 25, 5) in senso medicale : ' fai pren
sgraziata. La prima volta che si ráppre dere ’. 2 assulatim ' a pezzettini ’, lett.
sentò , populus studio stupidus in funam a scheggine '. uiscus (genit. uisceris)
bulo Animum occuparat (Prol. 4 ). La se cuore ' o più in gen, interiora ” : è il
conda volta non est placita. Solo alla cibo prediletto degli usignoli in gabbia.
terza placuit. Non era fatta , delicata co assumit ‘mangia '. cibum per cibo. Tutto
me è, per il pubblicoromano. Onde par incerto.
probabile l'exilis di B. tratto dall'ex his III.: -
- Charisius 103. Frammento, come
dei codd. vuole il B., d'un'altra operetta intito
1
VETERES POETAE. 27

III.
- inter se degularunt omnia .
IV.
Ascendit e frunde et fritinnit suauiter.

CN. MATTIVS .

I.
Nuper die quarto, ut recordor, et certe
Aquarium urceum unicum domi fregit.
II.
Iam iam albicascit Phoebus et recentatur
Commune lumen hominibus uoluptatis.
III.
Quapropter edulcare conuenit uitam
Curasque acerbas sensibus gubernare.
IV.

Iam tonsiles tapetes ebrii fuco,


Quos concha purpura inbuens uenenauit .

lata Nidus ’: degularunt: il verbo è beggia '. recentatur ' si rinnovella ' poi
spiegato in Nonio per gulae dare ’ chè il sole, come dice Orazio (CS. 10)
IV. Varro LL. 7, 104. Confrontando nasce ogni giorno . aliusque et idem ”.
il canto de Philomela ’, v. 35, raucot 2 B(aehrens) legge : Commune hominibus
cicada fritinit ', il B. vuole che anche lumen et uoluptatis, e quest'ultima parola
qui si tratti della cicala, mentre lo Sca crede al nominativo.
ligero aveva congetturato della rondine. III. - Gellius l . 1. Appartiene forse col
frunde = fronde. Il nome di questo poeta precedente allo stesso Mimo, di cui è il
è chiaro solo in Macrobio (Sat. 3, 18) che IV dell'edizione di LMueller (12 del B.)
lo cita in idyllio, quod inscribitur Mo È forse un buon Epicureo che conforta ,
retum . E ne riporta otto esametri. Ma a modo suo, uno sventurato o consiglia
nei frammenti da me citati, ora è suis , un virtuoso. 1 edulcare = dulcius red
ora ueius, ora uaeius, ora suerus cor dere, come spiega Gellio. conuenit è pre
retto in succius. È un poeta nascosto tra sente. 2 sensibus gubernare : la frase ha
i vepri, come gli uccelli che egli cantò. dello ardito poichè gubernare in senso
traslato si unisce con prudentia ratione
Gneo Mazzio. consiliis e simili ; e qui sensibus vale è se
I. FRAMMENTI DEI MIMIAMBI. Gel condo i piaceri del senso '.
IV . Gellius l. 1. 1 tonsilescimati ”,
lius 10, 24. È forse una mamma che rac tapetes ha , grecamente, la terminazione
conta le malefatte del figliuolo monello, breve. ebrii “ inzuppati '. fuco ' di tinta
come nel 30 dei Mimiambi di Eronda. che si spremeva da un frutice dell'isola
1 nuper die quarto nudius quartus “ tre di Creta , e di essa s'imbeveva la lana
giorni sono . prima d'immergerla nella porpora . 2 con
II. - Gellius 15, 25. 1 albicascit ' al cha ' conchiglia ’, il murice donde si e
28 LYRA ROMANA.

V.
In milibus tot non uidebitis grossum .
VI.
Sumas ab alio lacte diffiuos grossos.

LAEVIVS.

I.
Andromacha per ludum manu
Lasciuola ac tenellula
Capiti meo trepidans, libens
Insolita plexit munera .
II .
Lex Licinia introducitur,
Lux liquida haedo redditur.
III.
Antipathes illud quaeritor.
Philtra omnia undique inruunt :

straeva la porpora. purpura è abl. del lasciava pieno e indefinito uso. Qui si
suo succo '. uenenauit = infecit colorò ’. parla d'un capretto portato per la cena
V. Macrobius Sat. 3 , 19. È di una e rimandato per via della detta legge :
scena di trecche, come il seguente. In la cena poi è imbandita pomis oleri
milibus tot tra tante migliaia ’. grossum : busque’, i quali il poeta chiama lex Lici
dice Macr. grossi appellantur fici quae nia motteggiando col verbo introducitur
non maturescunt '. Noi “ pallone, ficuc che tanto vale si promulga 'quanto può
ciolo . evalere si porta dentro ’. 2 lux liquida
VI. Macrobius 1. 1. lacte di latti pura luce del giorno ', e fa paronomasia
ficcio '. diffluos ‘ stillanti ’. con lex licinia. liquida ha la prima lunga,
ed è infatti comune: cfr. Lucrezio, 4,
Lepio. Frammenti degli “Erotopaegnia' 1257 : Crassaque conueniant liquidis et li
quida crassis.
I. UN EROE TRAVESTITO. Priscia III.- STREGHERIE.- Apuleius. apol. 30.
nus, 1, 536. Parla Ettore, e vedi con Seguo la lezione di LM (ueller ). 1 Anti
quanto strana sdolcinatezza ! Nota i di pathes, qui neutro, è femminino in Plinio
minutivi. 1 Avanti Andromacha i codd. (HN . 37, 10) : ' gemma contro il fascino '.
hanno te che il B. cambia in tu : emenda quaeritor ‘ si cerchi ’. Si tratta, penso,
poi il plexi dei codd. in plexti e così d'uomo o donna repugnante all'amore e
avremmo Ettore che parla ad Andromaca. che è assalito dai filtri di cbi vuole espu
3 capiti — trepidans: i due anapesti espri gnarne la freddezza : ricorda Delphis di
mono bene l'affaccendarsi della donna. Teocrito (id. 2) e Daphnis di Virgilio
Oh ! la santa moglie, la dolorosa madre (ecl. 8). Io penso a Faone, il molto e in
dell' Iliade. vano amato della comedia attica, antica
II. MAGRA CENA. – Gellius 2 , 24. e nuova ; cui ricordò anche Plauto (mil.
Questa legge Licinia determinava la glor. 4, 6 , 37 ). E qui forse, come più
quantità di carne che si poteva imban sopra Andromaca, é travestita Saffo la
dire ogni giorno : dei frutti della terra ayva', 2 asindeto causativo : poichè'.
VETERES POETAE. 29

Trochisci, iunges, taeniae,


Radiculae , herbae , surculi ,
Sauri , inlices bicodulae,
Hinnientium dulcedines.
IV .

Humum umidum pedibus fodit.


V.
Conplexa somno corpora
Operiuntur ac suaui quie
Dicantur.
VI .

Num quaepiam alia de Ilio


Asiatico ornatu adfluens
Aut Sardiano ac Lydio ,
Fulgens decore et gratia ,
Pellicuit ?
VII.
Inibi inruunt cachinnos
Ioca dicta risitantes.
omnia ' d'ogni specie ’. inruunt îmi ven neutro. È tratto dall' “ Adonis ' ed espri
gono contro' : i codd . hanno eruunt. 3 tro me molto vivamente , il pestare che fa il
chisci ' rotelline ’. iunges o iynges * tor cinghiale nella selva.
cicolli ' i quali, per i rapidi movimenti V. - PROTESILAO E LAODAMIA . – Prisc.
del colio, si credeva avessero virtù di 1 , 242. Lo conservò per quie dat. come die
eccitare all'amore. Le donne legavano = diei. 2 operiuntur: l'i si pronuncia te
tale uccelletto a una rota con fili di por nuissimo e non è sillaba : vedi p. 10, V ,
pora e giravano, e così facevano l'in nota al v. 2.
canto. taeniae ‘nastri' quelli che Virgilio VI. GELOSIA. Prisc. 1, 497. E
(1.c.) chiama: Veneris uincula. 4 Radi questo, come i due precedenti, è del
culae, herbae, surculi: caprifichi strappati Protesilaudamia '. Qui Laodamia, che
ai sepolcri, rami di cipresso, erbe d'Iolco non sa che il marito è morto, primo di
e d'Iberia (Hor. Ep. 5) stillanti un latte tutti , sul lido troiano, lo crede imme
velenoso (Verg. Ae. 4, 514). 5 Sauri, in more. 2 ornatu 'abbigliamento'. adfluens
lices bicodulae: lucertole , zimbelli dalla sfarzosa ’ . Ella pensa agli ondeggianti
coda tremola che par doppia . 6 Hin vestiti delle temute rivali. 4 decore da
nientium (LM . corregge in hinientium , decor. 5 Pellicuit = pellexit (nota Pri
senza necessità : cfr. più sotto V. al v.2). sciano) vale sedusse ?.
dulcedines l'amoroso veleno dei ni VII. -- ALLE NOZZE. - Nonius ad uer.
trenti ” cioè dei cavalli, come Orazio * iocus '. Sono forse i cantori di fescen
(Ep. 2, 11) ha mugientium = boum . È ciò nini (strana mescolanza di costumi e
di cui Virgilio Ae. 4, 515 : nascentis equi tempi) alle nozze di Laodamia, 1 inibi
de fronte reuolsus Et matri praereptus (i codd. iunt) ‘ in quello stesso luogo '.
amor : un filtro, amor , costituito da una cachinnos ' risate ' ed è come acc. in
patta sulla fronte del polledro, la quale terno . 2 ioca : per questo neutro Non.
bisognava togliergli prima che la madre conservò il frammento. risitantes ri
la divorasse . dendo spesso ?. Both corregge in missi
IV. IL CINGHIALE D'ADONE. Prisc. tantes mettendo ad ogni tratto ’; altri
1 , 269. ci conservò il verso per humum lusitantes.
30 LYRA ROMANA.

VIII.
Nunc , Laertie belle, para
Ire Ithacam .
IX.
Hac qua sol uagus igneas habenas
Inmittit, propius iugatque terrae.
X.
Venus amoris altrix , genetrix cuppiditatis, mihi quae
diem serenum hilarula praepandere cresti opseculae tuae
ac ministrae,
Etsi ne utiquam , quid foret, expauida, grauis dura fera
asperaque famultas, potui dominio ego accipere superbo.

VIII. CIRCE A ULISSE. Prisc. 1, Phoenix è , suppongo, il buon vecchio ,


302. È frammento del Sirenocirca agitator di cavalli , che rimane (Iliade,
Laertie, vocativo irregolare, ( perciò Pri T , 311) a consolare Achille della morte
sciano riferì il frammento) figlio di di Patroclo. Si può supporre che la donna,
Laerte ’. belle ‘ garbato ’ sa di molto fa obbediente e ministra di Venus, che parla 1
miliare. Traduce Διογενές Λαερ di famultas e di dominio superbo sia Bri
tidón '. Per l'argomento vedi Odissea seide. Si può supporre ch'ella, restituita
al Pelide , appena questi ha col grido
M, 37. spinto tra la mischia i cavalli, ringrazi
IX. Macrobius Sat. 1, 18, 16 : Liber Venere d'averle aperto il giorno sereno
a Romanis appellatur (il sole) quod li del ritorno all'amato, E Levio forse, il
ber et uagus est, ut ait Naeuius : Hac - profanatore dei miti, fa che nella tenda,
terrae. Scaligero corresse in Laeuius. con lei, rimanga il vecchio Fenice. Ed
B. suppone caduto un verso di Nevio ecco anche la gentile belle -guancie '
(Libera lingua loquamur ludis Liberali dell'Iliade , fatta ridicola.
bus ) e il nome dell'autore dei due Faleci, 1 hilarula : un de' soliti diminutivi
che non può essere Levio. Ma che c'entra tutta giuliva ’: praepandere ' aprire pri
il verso di Nevio col fatto che i Romani ma’della mia speranza .cresti ( = creuisti
chiamassero Liber il sole ? Meglio se da cerno) deliberasti '. 2 quid foret che
guire lo Scaligero e dare alla congiun cosa potesse essere, a che potesse giun
zione che accoppia liber e uagus un va gere’e il soggetto è famultas. expauida
lore quasi di ' come quello che è’o sup per quanto ne tremassi ’ : ha valore con
porre caduto un et avanti liber : e non cessivo e si riferisce a ego. grauis d.f.a .:
solo libero ma errante '. aggettivi di famultus: un po' troppi. fa 3
X. - Charisius 288. ' in pterygio Phoe multas #famulitas) · servaggio '. do
nicis Laeuii '. Che è questo pterygium , minio - superbo pur sotto un signore
cioè ala ? Un giochetto metrico a figu despota ’ come Agamennone. Si allude
rare le ali d'amore ? Nel fatto questi sono all'essere ella tornata ' & potijaotos'
(li riconobbe LM.) due sistemi ionici a Il. T, 263. accipere 'provare ”. E il senso
maiore, il primo di 10, il secondo di 9 non mi par compiuto e il tutto mi pare
piedi, catalettici. Ma qual nuovo trave incerto.
stimento di eroi e d'eroine vi è espresso ?
ΝΕΩΤΕΡΟΙ

CATVLLVS .

[1]*

Quoi dono lepidum nouum libellum


Arida modo pumice expolitum ?
Corneli , tibi: namque tu solebas
Meas esse aliquid putare nugas ,
Iam tum cum ausus es unus Italorum 5
Omne aeuum tribus explicare chartis

Catullo. post Lucreti Catullique mortem multo ele


S.vi- XV M.v gantissimum poetam nostram tulisse aeta
La dedica del libretto . tem uere uideor posse contendere expe
diuit. E che amasse. la poesia breve,
1 - AL GRAVE STORICO IL LEGGERO epig atica , e perciò tanto pregiasse
POETA. – 1 Quoi (= cui) dono : non dubita le ramm
nugas di Catullo, si può inferire
se donare, ma a chi : onde l'indicativo. da un altro passo della vita medesima ;
Altrove nel [C] 5, ha Quoi faueam po 18,5 ; in cui di certi epigrammi di Attico,
tius ?; e qui dubita se favorire e chi. sotto a immagini di Grandi, scrive : cum
nouum : uscito or ora dalle mani del uir credendum sit tantas res tam breuiter
librarius. libellum : che cosa è verisimile potuisse declarari '. 4 esse aliquid : detto
contenesse questo libretto, se tutto ciò con modestia valer qualcosa, un po' più
che abbiamo di Catulliano o parte , e di nulla ’; locuzione greca . nugas ; altrove
quando fosse fatto pubblico, si legga nel (XIII)] dice : mearum ineptiarum .
nell'App. 2, alla quale rimando per altre Così chiamavano i Romani le poesie
questioni che riguardano Catullo. 2 arida minori e gli epigrammi: cfr. Orazio S.
( il femminino è attestato da Servio : 1,9, 2, AP . 322. 5 Iam tum cum sin da
dubbia testimonianza) porosa '. pumice quando ' : era passato del tempo. Rac
expolitum : con le frontes, come dire le colse dunque Catullo queste nugas qual
due basi del cilindro, levigate. 3 Corneli, che tempo dopo averle fatte e lette ad
tibi : modo ingenuo' e antico questo do amici e protettori. Il B(aehrens) crede
mandare e rispondere : cfr. Iliade, A, 8. si tratti non di opinione solitamente
Cornelio Nepote (si tratta di lui, come manifestata , ma di menzione fatta dallo
si rileva da Ausonio 23, 1) era conter storico in qualche sua opera, cioè nei
raneo di Catullo e amava la poesia e i tre libri Chronicorum '. unus italorum
poeti nuovi, e seguiva e notava con amore solo degli Italici ’ dopo i Greci. E dopo
i loro saggi. Leggi nella sua vita d'Attico, lui, composero, imitandolo, Varrone tre
12, 4 : idem L. Julium Calidum , quem libri d' Annali e Attico uno. 6 omne
(*) I numeri tra parentesi quadre sono dell'edizioni vulgate.
32 LYRA ROMANA ,

Doctis, Iuppiter , et laboriosis.


Quare tu tibi habe . quid ? hoc libelli ?
Qualecumque quidem, patrona uirgo,
Plus uno maneat peremne saeclo. 10
1. [L]
Hesterno , Licini , die otiosi
Multum lusimus in meis tabellis,

aeuum = omnem rerum memoriam : Cic. miarci l'imbarazzo, scrivendo, invece di


Brut. 3, 13. tribus chartis in tre vo uirgo, Vesta Pallas Musa . Pur se uirgo
lumi ’. Il volume era composto vera ha da significare, di per sè, Minerva, io
mente di molte carte ma attaccate sì da sospetterei che Catullo si dirigesse alla
fare una sola e lunga striscia. Così Se dea ' della biblioteca di Cornelio , come
reno Sammonico chiama charta un libro Marziale , 7, 16, si rivolge alla biblioteca
della storia di Tito Livio. Per altro Ora stessa del patrono : ' Pignus pectoris
zio (S. 1 , 5, 104 e 10, 4) chiama così le sin mei tuere Iuli Biblioteca Martialis '. hoc
Se
gole satire. 7 doctis I. e. l.:la dottrina era non forse vuole indicare Cornelio stesso.
nella scelta dei fatti, la fatica nello svol Ma un nome femminino a un dotto ? Da
gere tante opere, quante erano necessarie un altro dei poeti nuovi (vedi più sotto
all'impresa . 8 tibi habe i codd.; habe tibi, a · Bibaculus I ' ) Catone il grammatico
per racconciare il verso, le edd. È la è chiamato Latina Siren ' . E più tardi
formula del divorzio : il marito, conge da Domizio Marso Q. Cecilio fu designato
dandoe la moglie, diceva : res tuas tibi Epirota tenellorum nutricula uatum
habe prendile , sono tue ?. Onde il B. 10 Plus uno — saeclo : solito augurio de
supplì il tu, rispettando la lezione e la poeti; ma qui ed espresso con litote e
formula. Nel - Commentario ' poi con diretto più al libretto di carta che alleim
getturò: ' mel, tibi habe ' dalla variante mortali poesie pur intendendosi di que
inei d'un codice. quid ? come ? ' hoc ste. peremne : non come torrente che la
Tibelli ? I codd. hanno quicquid hoc libelli, pioggia ingrossa e l'estate asciuga, ma
senza verso con tibi habe. Il B. emendò come fiume imperiale.
nel testo ' : mei hoc libelli; nel com
mentario ’: quidem hoc libelli; e ammoni 1. - Amici e conoscenti dei primi anni.
sce che basta hoc col genitivo a detrarne
alcunchè dal valore : sicchè : questo li I. UNA SFIDA POETICA CON CALVO.
bercoluccio? ? contrapposto alle chartae È incerto il tempo di questo grazioso
laboriosae. L'interrogazione poi è cara al poema: amo riportarlo ai primi mesi
nostro. 9 Qualecumque questo pron. sta della familiarità dei due giovani poeti.
anche senza il verbo esse : cfr . Ovid. a.a. 1 Hesterno – die = heri; ma non è
284 : carmina lector Commendet dulci quia oziosa circoscrizione : vuol dire nella
liacumque sono ) ‘quale esso sia ' . quidem , giornata d'ieri ' : cfr. Cic. in Cat. 3, 5 :
dopo interrogazione, risponde confer hesterno die uocaui et cum adue
mandola e introduce subito una limita sperasceret. Licini: quando l'amicizia do
zione : e sì, però ’: patrova uirgo. Chi è ventò più stretta, lo chiamava coll'agno
questa vergine patronessa ?? AS(tazio) , men (cfr. (XIV] e [LII]). otiosi: otiosus
Minerva cuius in clientela tutela que sint va Catullo a veder l'amica di Varo [X] ;
ingenia ’. Scal(igero) , che legge patrima l'otium , a sua confessione, gli è abituale
che ha solo il padre “ intende pur Mi. e molesto (LI). Avanzava a lui il tempo
nerva. Voss che legge Patroa, vuole sia che difettava al suo piccolo amico che
Vesta , la quale dea de' loro antichi implo poco più che ventenne fece la sua prima
ravano prima i Romani. Sch (wabe) sta accusa. 2 lusimus ' verseggiammo ' al
con lo Scal, e cita Ovid. F. 3, 833 : Mille l'improvviso. in meis tabellis : i pugil
dea est operum, certe dea carminis haec lares ' tavolette spalmate di cera ' erano
est . Il B. anch'esso è per Minerva, ma di Catullo e in esse scrivevano ambedue :
come quella che aveva il suo busto nelle particolarità che par sospetta a molti
Biblioteche e perciò presiedeva alla con critici i quali emendano : Sabellico inui
- servazione dei libri. L'E(llis) infine crede cem libellis; Sch . tueis ; Monse : aemulis
sia ' la Musa ’ quia ( Suet. Gramm . 6) Ma la circostanza non è oziosamente
scriptores ac poetae sub clientela sunt ricordata : i pugillares, appartenendo a
anusarum . Catullo avrebbe potuto rispar Catullo, sono stati a lungo e sono an
N - CATVLLVS . 33
Vt conuenerat esse delicatos.
Scribens uersiculos uterque nostrum
Ludebat numero modo hoc modo illoc , 5
Reddens mutua per iocum atque uinum .
Atque illinc abii tuo lepore
Incensus , Licini, facetiisque,
Vt nec me miserum cibus iuuaret
Nec somnus tegeret quiete ocellos , 10
Sed toto indomitus furore lecto
Versarer cupiens uidere lucem ,
Vt tecum loquerer, simulque ut essem .
At defessa labore membra postquam
Semimortua lectulo iacebant, 15
Hoc , iocunde, tibi poema feci ,
Ex quo perspiceres meum dolorem .
Nunc audax caue sis , precesque nostras ,
Oramus, caue despuas, ocelle,
Ne poenas Nemesis reposcat'a te . 20
Est uemens dea : laedere hanc caueto.
cora sotto i suoi occhi, pascolo alla sua e nel fatto i tempi hanno di qui innanzi
ammirazione. 3 Vtcome '; ma Mur (eto ), il valore epistolare. labore ' vana fatica ”.
Volpi) : ' dove ’: conuenerat ' si era fis L'iperbato, lo stento della spezzatura
sato ' esse. * di trovarci ' V. di man trocaica, sottolineano il concetto. 15
giare, di cenare Mur.: meglio unirlo Semimortua ' intormentite ' per quel dar
con delicatos ' passare un'ora di delizia ”. volta tutta la notte. lectulo: il poeta
4 uersiculos : endecasillabi tutta mol non è più nel lecto. Il diminutivo messo
lezza , giambi tutta vivacità , scazonti in relazione al primitivo conserva il suo
dilombati, priapei eleganti. Era una gara senso di più piccolo' : così in Plinio il
di spirito o di grazia e di versatilità, giovane Ep. 5, 5 : uisus est sibi per noc
non come quella a cui Crispino provoca turnam quietem iacere in lectulo, compo
Orazio : uter plus scribere possit ’. 5 situs in habitum studentis ; in Suetonio,
numero m. h. m . i. ora in questo ora Aug. 78 : a cena (dove giaceva in un le
in quel metro '. 6 Reddens mutua: poi ctulus) lucubratoriam in lecticulam se re
chè amant alterna Camenae : Verg. Ecl. cipiebat -- in lectum inde trangressus — .
3,59 : ' a botta e risposta '. atque uinum : Dunque si tratta del lectulus lucubrato
sembra al B. sospetta la frase per ui rius, quello di cui Orazio S. 4, 133 ' cum
num > come quellache si prende in mala me lectulus —excepit '. Traduci “ nel let
parte : propone adque uinum ’. 7. Atque: tuccio da lavoro '. iacebant : vale, se
si passa a una parte nuova del racconto. condo l'uso romano nelle lettere, come
illinc : di dove ? di casa Calvo ? da una presente : e sono distese '. 16 poema : si
taberna ? Indica più la gara stessa che dice di qualunque composizione poe
il luogo dove avvenne: da quella grande tica ' breve o lunga: persino un grup
gara 9 cibus : doveva ancora cenare , petto di versi , un distico è detto poema.
sicchè quel vino era, secondo il detto 17 perspiceres ' tu veda bene ’. dolorem
d'Orazio, diurnum . 11 indomitus non • desiderio angoscioso ’. 18 Nunc dopo
potendo essere vinto ', cioè, preso, dal lamia confessiono ' audax ' sprezzante '.
sonno. toto — lecto per il letto quanto precesque nostras : espresse indiretta
era largo ’:€ furore per la smania ’. 12 mente nel v . 13 : ' di parlarti, di trovarci
Versarer mi rivoltolavo ? lucem ' il assieme'. 19 Oramus: plur. di modestia .
nuovo giorno ’: 13 Vt tecum l. 8. i. e.: caue : è ripetuto con ingenua grazia. de
pone prima ciò che avrebbe a por dopo, spuas abbia a schifo ': detto con enfasi
ma che più intensamente desidera : fi faceta. ocelle pupilla dei miei occhi ?.
gura di hysteron proteron. 14 At : qui 20 Nemesis : è la dea che punisce l'ar
il trapasso è anche più forte : orbene ’; roganza e l'alterigia. 21 uemens ven
PASCOLI, Lyra Romana - 3
34 LYRA ROMANA .

II. (XLIX )
Disertissime Romuli nepotum ,
Quot sunt quotque fuere, Marce Tulli ,
Quotque post aliis erunt in annis,
Gratias tibi maximas Catullus
Agit pessimus omnium poeta, 5
Tanto pessimus omnium poeta
Quanto tu optimus omnium patronus .
III . (XXII ]
Suffenus iste, Vare , quem probe nosti ,
Homo est uenustus et dicax et urbanus ,

dicativa '. laedere provocare a' tuoi senza utile alcuno, solo per il diletto
danni ?. caueto : con più solennità , al che danno, essi studi hanno a credersi
futuro e coll'infinito , che quei pietosi umanissimi e liberalissimi (16). Sembra
caue caue di sopra. la solenne risposta alla vecchia invet
II . - IL GIOVANE POETA AL PATRONO tiva di Catone, il quale, maliziosamente,
DEI POETI. - Suppongo che sia un rin è portato anch'esso per esempio (16).
graziamento a Cicerone per la difesa Ricordate : Sit igitur sanctum apud
di Archia, nell'anno 692 di R. Vedi Cuos, humanissimos homines, hoc poetae
nell'app. 2 le opinioni di molti. nomen - (19). Qual meraviglia che un
1 Disertissime: per quanto, al certo, poeta e giovane e studioso dei Greci e
disertus implichi più l'eloquenza di na forse ammiratore d' Archia , si sentisse
tura che di arte, tuttavia nell'uso quo commosso d'ammirazione e gratitudine
tidiano valeva quanto eloquens. Catullo per il primo che osò nella Roma ancor
usa questo aggettivo anche per il suo piena delle diffidenze catoniane, dichia
Calvo nel [LIII ). Romuli nepotum : epi rare la grandezza di questa nobilissima
camente. É nota catulliana questo tra tra le arti ?
mezzare di grandi parole la sua elocu III. - LA TACCHERELLA DI SUFFENO.
zione festosa e popolare. 2 e 3 : e anche Del tempo di questo carme nulla si può
questo linguaggio è epico e solenne : definire. Lo ritengo dei primi tempi di
eppure altrove, nel [ XXI), egli ne usa in Catullo in Roma, quando egli viveva in
soggetto faceto. Marce Tulli: prenome un crocchio di giovani pieni d'ingegno
e nome, modo pur solenne che esprime e di vita, tutti dediti alla poesia, e aveva
riverenza e ammirazione. 4 gratias bensì motivi molti di sorriso , e non uno
t. m .; e questo è modo al tutto fami ancora di sdegno.
liảre. Catullus : è comune in questo 1 Suffenus : ignoto : lo nomina altra
poeta il parlare in terza persona : qui volta nel (xiv] tra altri poetastri. iste
sa d'affetto e di modestia, specialmente cotesto tuo ': era forse stato presen
in confronto a Marce Tulli. 5 agit : co tato a Catullo da Varo, Vare : è forse il
me non fa cenno Catullo nel biglietto Varo del [x] che conduce Catullo, già
di ringraziamento del motivo di ringra tornato dal viaggio Bitinico, a vederla
ziare ? Poichè questo motivo non v'è sua bella. Ciò nel 698. Lo Sch . cerca
espresso, i critici si sono sguinzagliati provare che è il medesimo Quintilio
a cercarlo. Ma c'è espresso : qui: poeta, Varo, amico di Virgilio, critico severo
e nel v.7 :patronus. 6 e 7 tanto -- quanto, (Hor. AP. 440) di cui Orazio pianse la
quasi pessimus e optimus fossero com morte nel C. I, 24. Questo Varo, se
parativi;e sono, ma tra più: “ ilmigliore ' condo lo Sch ., sarebbe nato nel 675 :
il peggiore '. omnium dipende dai su avrebbe quindi avuto nel 692 o '93, 17
perlativi. Si noti che nella difesa d'Archia , o 18 anni.Ma non c'è ragione alcuna di
Cicerone rivendica in un giudizio pubblico creder certa la data dello Sch. Più pro
l'utilità dell'insegnamento dei retori o babile pare che Varo fosse coetaneo di
poeti greci (1 ), parla con franchezza in Catullo . Probe: proprio del linguaggio
Bolita de studiis humanitatis ac littera familiare perfettamente '. 2 uenustus
rum (3), sostiene persino che, anche ' grazioso '. dicax ' spiritoso ' : dicacitas,
N CATVLLVS . 35

Idemque longe plurimos facit uersus .


Puto esse ego illi milia aut decem aut plura
Perscripta, nec sic ut fit in palimpsesto 5
Relata : chartae regiae , nouei libri,
Noui umbilici , lora rubra, membrana
Derecta plumbo , et pumice omnia aequata .
Haec cum legas tu, bellus ille et urbanus
Suffenus unus caprimulgus aut fossor 10
Rursus uidetur : tantum abhorret ac mutat.
Hoc quid putemus esse ? qui modo scurra
Aut siquid hac re tritius uidebatur,
Idem infaceto est infacetior rure ,
Simul poemata attigit, neque idem umquam 15
Aeque est beatus ac poema cum scribit :
Tam gaudet in se tamque se ipse miratur.
Nimirum idem omnes fallimur, neque est quisquam ,
Quem non in aliqua re uidere Suffenum
Possis : suus cuique attributus est error : 20 .
Sed non uidemus, manticae quod in tergo est .

osserva Quintiliano 6, 3, — significat ser ossia le testate. omnia “ il tutto ' che pre
monem cum risu aliquos incessentem . ur cede. aequata (cfr. la dedica del libretto'
banus : il suo contrario è rusticus : e ci v . 2.) pareggiato ' . 9 haec ' questo bel
vile '. 3 Idemque ' e d'altra parte '. longe libro '. tu : non è necessario intendere :
plurimos ' troppi, oh ! troppi '. 4 illi: da tu, o Varo ; ma è detto genericamente:
tivo d'agente, che nota anche il compia se si legge ', bellus : cfr. uenustus del
cimento dell'agente per l'opera sua. milia v. 2. 10 unus c. a.f. uno di questi ca
aut decem aut plura dieci mila so non prai o vignaioli ’ : unus per unus de. 11
più : , 5 perscripta e buttati giù ’. sic Rursus ' eccoti che '. abhorret'stona '.
così a denotare quasi alla meglio '. mutat, intrans. si cambia '. 12 Hoc
ut fit come è uso '. in palimpsesto : . questo fatto '. quid p. e. ? " come spie
il palimpsestus era pergamena da cui si garcelo ? '. scurra : è in buona parte come ,
poteva cassare lo scritto ; quindi l'usarne per es ., in Seneca dial. 17 scurram et
mostrava , come dice Cic. fam. 7, 18 , uenustum et dicacem ': e un bello spirito '.
parsimoniam . 6 relata ' trascritti ’: char 13 hac re quasi hoc genere, cioè dello
tae regiae: asindeto avversativo : ' che ! scurra . tritius : più raffinato '. I codd.
papiro del più grande che si chiamò hanno tristius, senza senso. Mi appago
carta sì regia e sì hieratica e Augusta . di questo emendamento che è già nella
nouei (= noui) libri ; carta nuova Giuntina del 1503 , lasciando gli altri: est
venuta allora allora da Alessandria. acutius ( h . r . t .), B.; scitius, LM(ueller);
7 umbilici: sono i capi, ornati di bor tersius, Munro ; strictius, E. 14 Idem nel
chio d'argento o d'avorio, del regolo tempo stesso '. infaceto Crozza'. 15 simul
intorno al quale si avvolgeva e svolgeva ( simul ac) appena ’: poemata attigit
il uolumen. Tora rubra : è incerto che fos mette la mano a scriver versi ?. 16
sero, forse striscie di cuoio per tenere Aeque ac così, come '. 17 in se di sè
stretto il volume: ' fermagli '. membra cfr . Hor. Epl. 2, 2 , 107 dove dei poe
na : la pergamena ” con la quale si co tastri dice : Gaudent scribentes et se ue
priva il volume : cfr. Tibullo, 3 , 1,9 :Lutea nerantur. 18 Nimirum'è vero che, tu
sed niueum inuoluat membranu libellum ; mi puoi dire '. idem (neutro) fallimur
e Marziale 1 , 66, 11 : Nec umbilicis tectus * facciamo lo stesso sbaglio '. 19 uidere
atque membrana. 8 Derecta plumbo raf Suffenum ' vedere che è Suffeno ' cioè
filata a fil di piombo ' rigandola, cioè, illuso. 20 attributus assegnato dalla
prima col piombo. E colla pergamena natura . 21 manticae quod - la bisaccia
erano, è chiaro, raffilate anche le frontes, che ' : allusione alla nota favola Esopica ;
36 LYRA ROMANA.

IV. (xiv]
Nei te plus oculis meis amarem ,
Iocundissime Calue , munere isto
Odissem te odio Vatiniano :
Nam quid feci ego quidue sum locutus,
Cur me tot male perderes poetis ? 5
Isti dii mala multa dent clienti,
Qui tantum tibi misit impiorum .
Quod si, ut suspicor, hoc nouum ac repertum
Munus dat tibi Sulla litterator,
Non est mi male, sed bene ac beate, 10

Fedro , 4, 10. La conclusione è così mite un'elegante rispondenza : all'amor dei


e buona, da parer maliziosa: che voglia propri occhi è contrapposto l'odio per
toccare anche Varo ? Vatinio : a ciò che più s'ama ciò che più
IV. - UN DONO DELL'AMICO PER I SA s'odia; anzi, forse , a ciò che più ama
TURNALI. – I due poeti si erano vie più Catullo, ciò che più odia Calvo. Il meis
stretti d'amicizia : il iocundus Licinius è del v. 1 fa apparire, al mio pensiero, tuo
divenuto iocundissimus Caluus. È il dì avanti odio. E tradurrei: 'Se non ti amassi
XIV Kul. Ian ., il più bel dì dell'anno, i più che io non ami gli occhi miei, ti odie
Saturnali, in cui simandavano e riceve rei quanto tu odii Vatinio '. 4 ego è
vano doni e augurii in memoria del tempo espresso con grazia quasi lacrimosa : ' io,
d'oro : io Saturnalia ! bona Saturnalia ! il tuo buon amico '; ed è suggerito dalla
Anche Catullo riceve un dono del suo gen menzione del nemico, dell'odiato. 5 male
tilissimo Calvo : un bel dono, in verità. perderes uccidessi’: poetis :ecco il dono:
1 Nei (= ni) ' Se non ’. 2 munere isto un libro di versi di molti : per ora si
per cotesto regalo ’. Stazio ( Sil. 4, 9) lamenta che tanti' fossero cotesti poeti.
enumera quali doni solessero farsi in Pullulavano. 6 Isti - clienti al tuo clien
quel giorno. 3 odio Vatiniano : odio di te ' e cliens qui è da prendere nel senso
Vatinio contro altri o d'altri contro Va di consultor, mala multa : forma solenne
tinio ? Naturale è in vero sì che Vatinio dell'esecrazione : malanno '. 7 tantum -
odiasse Calvo che dai primi mesi del 698 impiorum per tot impios è proprio del
gli aveva minacciata un'accusa che poi linguaggio familiare : ' un tal monte di
gli scagliò contro, con somma violenza, bricconi '. tibi misit : un'idea viene a Ca
nel 700 ; e sì che Calvo odiasse colui tullo (sono poesie vissute, queste) che
che minacciava e accusava. Ma per que per un poco lo rasserena ; Calvo a sua
st'ultima interpretazione stanno molti volta ha ricevuto quel libro, come re
altri argomenti. Già nel [ LI ] crimina galo, da un cliente. Non si sente qui la
Vatiniana sono le imputazioni fatte a canzonatura giovanile d'un amico a un
Vatinio ’, non da Vatinio. Poi l'odio con esordiente ? impiorum : il poeta anche in
tro questo schifoso personaggio , in quo Catullo, [xvi) , è pius, è sacro, è sacer
(Vell. Pat. 2, 69) deformitas corporis cum dote delle muse. 8 L'idea, improvvisa,
turpitudine certabat ingenii, nato, come s'è fermata nel pensiero di Catullo il
dice Seneca (de const. sap. 17), et ad quale soggiunge, come rabbonito,quasi
risum et ad odium, era passato in pro compunto, ilmalizioso : Quod si : " To, ma
verbio. Se si gettano contro Vatinio, se '. nouum ac repertum , ironicamente
sentenziava un giureconsulto (Macr. Sat. * nuovo e ricercato ’. Pare che il rega
2, 6), le pine sono pomi. Odio tui, dice lar libri fosse già allora, come ai tem
Cicerone (in Vat. 1, 1), in quo etsi om pi di Stazio e Marziale , usuale. 9 Sulla
nes propter tuum in me scelus superare litterator ' Sulla il maestro di scuola '.
debeo, tamen ab omnibus paene uincor, sic Chi fosse, è ignoto. Mur. sospettòdi Cor
sum incitatus, ut - . Tra i più fieri odia nelio Epicado, liberto di Suīla. Ma Sue
tori, bene è facile fossero i due delicati tonio (de gramm. 12) gli attribuisce solo
poeti, prima che l'uno promettesse ' se il nomen del suo patrono. E non par ve
illi non defuturum ’ e l'altro desiderasse rosimile portasse e questo e l'agnomen .
morire a sentirlo spergiurare per il con Certo doveva essere un cliente di Calvo,
solato. Infine, appare tra il v.3 e il v. 1, e un povero cliente. 10 Non est mi male,
N - CATVLLVS . 37

Quod non dispereunt tui labores.


Dii magni , horribilem et sacrum libellum
Quem tu scilicet ad tuum Catullum
Misti continuo , ut die periret,
Saturnalibus, optimo dierum ! 15
Non non hoc tibi , false, sic abibit :
Nam , si luxerit , ad librariorum
Curram scrinia : Caesios, Aquinos,
Suffenum , omnia colligam uenena,
Ac te his suppliciis remunerabor. 20
Vos hinc interea ualete abite
Illuc , unde malum pedem attulistis,
Saecli incommoda , pessimi poetae.

v . (XII ]
Marrucine Asini , manu sinistra
Non belle uteris in ioco atque uino :
come ba detto pocanzi : v. 5. bene ac Aquinos: plur. generale. Cesio è ignoto :
beate ' bene, anzi benone '. 11 La ra Aquino è ricordato in Cic. come esempio
gione del cambiamento di Catullo ? Una di poeta pessimo: Non ho conosciuto
ragione bonissima, da amico : perchè finora, dice egli (Tusc. 5, 63) , poeta che
ciò è segno che le tue fatiche (d'avvo non si paresse ottimo ; e sì che ho co
cato) non sono gettate ', se fai tali gua nosciuto Aquinio (corr. Aquino). 19 Suf
dagni. 12 Il poeta ha riso della sua tro fenum : viene ultimo e al singolare : po
vata : ora riabbassa gli occhi sul libro, vero Suffeno ! basta da solo a esprimere
prezioso guadagno del suo amico. dii quest'idea: 'ciò , insomma, che v'è di più
(così sempre i codd.) magni: esclama infame ’: 20 suppliciis, al plur. perchè i
zione, qui, d' indignazione attonita, hor poeti erano più e ognuno fu un sup
ribilem da far rizzare i capelli ’. sacrum plizio. 21 ualete abite: propria, questa
• esecrabile ' . 13 Quem : frequente il trasposizione, del linguaggio familiare,
relativo dopo interrogazioni o esclama specialmente di chi abbia fretta di le
zioni. scilicet : detto con un sorrisetto varsi di torno qualcuno o qualcosa. 22
imaro : già e tu ’. ad tuum : continua malum pedem , oltre il piede infausto ?
l'ironia e quel ghignetto d'uomo che può significare i piedi ' dei loro versi
del resto ha parato il colpo. 14 Mi zoppi. 23 Saecli incommoda “ peste del
sti misisti. continuo : toglie, a parer nostro tempo '.
mio, ogni lepore chi non pone la vir V. - ASINIO LESTO DI MANO. – Poesia,
gola qui : ' li per lì ' per cansare tu il anche questa, di quei beati tempi, forse
malanno e le beffe, e darne a me. die del 692.
va unito con optimo dierum . 15 Satur 1 Marrucine Asini : era fratello, come
nalibus nella festa dei Saturnali ” che si vede al v . 6, di quel Gaio Asinio
cadeva propriamente, come dissi , il 19 Pollione, n." nel 678, che fu amico poi
di Dec.,ma si allargava a qualche gior di Virgilio e Orazio. La gente Asinia
no di gioia. 16 Non : il pensiero della veniva da Teate in quel de' Marrucini,
festa sciupata, gli fa di nuovo montar popolo noto per lealtà . Ora, sebbene sia
la stizza. false : i codd. e le edd, hanno verisimile che Marrucinus fosse di questo
ora salse, ora false : mipare quadri me Asinio il proprio cognome come Pollio o
glio il secondo: ' impostore ’ ; non tanto, Polio del fratello minore, pure da Ca
come afferma il B. per aver simulato tullo è espresso e preposto pon senza
amicizia nel fare il dono a Catullo , quanto faceta antitesi e solenne rimprovero :
per aver dissimulato lo scorno d'averlo Tu che sei e ti chiami Marrucino ”, e
ricevuto esso da Sulla. 17 si luxerit e se parresti un galantuomo. manu sinistra :
può far giorno ', esprime o l'impazienza è la mano nata, come dice Ovidio (M.
o il dubbio d'aver a perire per la vene 13, 111), ad furta . 2 Non belle : litote :
fica lettura. 18 scrinia casse '. Caesios, tutt'altro che garbatamente ' in ioco
38 LYRA ROMANA.

Tollis lintea neglegentiorum .


Hoc salsum esse putas? fugit te , inepte :
Quamuis sordida res et inuenusta est.
Non credis mihi ? crede Pollioni
Fratri , qui tua furta uel talento
Mutari uelit : est enim leporum
Disertus puer ac facetiarum .
Quare aut hendecasyllabos trecentos 10
Expecta , aut mihi linteum remitte ,
Quod me non mouet aestimatione,
Verum est mnemosynum mei sodalis.
Nam sudaria Saetaba ex Hibereis
Miserunt mihi muneri Fabullus 15
Et Veranius : haec amem necesse est
Vt Veraniolum meum et Fabullum.
atque uino : in quei giocondi simposii, guendo il Passerat e il Voss legge dif
nei quali si dilettava. 3 : asindeto pieno fertus pieno zeppo . Ma ogni grazia
di senso : si suppone dopo la grave apo vanisce. 9 puer: aveva 14 anni. 10 Quare
strofe una breve pausa. lintea : erano, sicchè ' visto che non è scherzo com
come dal v. 14, sudaria di lino. negle portabile. hendecasyllabos : come questi :
gentiorum di chi non si bada '; e Ca falecii, già usati da Levio ( p. 30, IX ), cui
tullo era stato di questi. 4 altra pausa : però primo Catullo adoperò come strali
Catullo vede una risatina di Asinio : Hoc giambici. trecentos un'infinità '. 12 Quod
salsum esse putas ? ' Ah ! ti pare spirito Il quale '. mouet preme ' . aestimatione
questo ?? fugit te inepte e o sciocco, tu per il suo costo ’. 13 Verum est : ' ma
non capisci! '. 5 Quamuis (come già è che è '. mnemosynum ricordo ' ; ma
affermò il Mur.) admodum quanto si il grecismo ha un non so che di solenne.
può dire . 6 altra pausa : un gesto di mei sodalis d'un mio caro amico ': mei
diniego d'Asinio : Non credis mihi ?: 80 riprende con forza il me precedente. 14
lita vivacità d'interrogazione . 7 uel Saetaba: di Saetabis, città nella Hispania
anche '. talento sborsando un talento '. Tarraconensis, famosa per il suo lino
c8 Mutari =(secondo il B.) infecta reddi finissimo. ex Hibereis dal paese degli
Iberi ’. 15 muneri in dono . Perchè il
non essere avvenuti '. 8 e 9 leporum
Disertus - et facetiarum : non furtorum singolare prima, mei sodalis, se i dona
non manu sinistra; ma e solo a frizzi tori erano due, e cari tutti e due ? Tra
e motti è arguto ’. Si oppone l'arguzia duci con l'indeterminato tanto sodalis,
tutta spirituale del fratello minore alla quanto sudaria e non ci sarà bisogno di
maniera di scherzare sordida e inuenu far punto a mnemosynuin , e prendere mei
sta del maggiore. I genitivi dipendono sodalis per nominativo plurale. Chè, in
da disertus. La costruzione è insolita ; questo ultimo modo, si toglie quel sentore
pure la stranezza sua può essere atte di poesia parlata, improvvisa, nativa, che
nuata sì dalla festevolezza del concetto, dipinge, come un viso ingenuo, tutti i
sì dall'analogia con la costruzione di pe sentimenti, a mano a mano che appaiono
ritus. Che disertus, per metonimia (illud e spariscono. Fabullo e Veranio fecero
uerius, neque quemquam in eo disertum tutti e due un regalo di sudaria a Ca
esseposse, quod nesciat Cic. de orat. tullo ; ma non in comune. 16 Haec, cioè
1,63), valga peritusdoctus, non si può ne sudaria : pensa già più poco a quello
gare : cfr. per es., Marziale 6, 60 ; 9, 12 ; rubato . 17 E qui non pensa che al suo
11, 20 ; 12, 43. L'interpretazione si deve buon Veranio ', al suo buon Fabullo '.
fondaree sul contrasto di furta che l'uno Osserva la disposizione dei nomi a chia
crede salsi aliquid ', scherzi, frizzi, smo. I due amici di Catullo erano allora
onde cupit urbanus tenditque disertuş in Hispania. Solevano, come vedremo,
haberi (ħor. Epl. 1 , 19, 16), i lepores ' mettersi nelle cohortes dei pretori per av
e le ' facetiae' per cui, anzi di cui, l'al vantaggiare la loro condizione : sempre
tro era veramente ' disertus. Il luogo insieme, sempre in volta, e sempre in
è variamente inteso e spiegato : il B. se vano.
N - CATVLLVS. 39

VI. [XLIV]
O funde noster seu Sabine seu Tiburs,
( Nam te esse Tiburtem autumant, quibus non est
Cordi Catullum laedere : at quibus cordi est,
Quouis Sabinum pignore esse contendunt)
Sed seu Sabine siue uerius Tiburs,
Fui libenter in tua suburbana
Villa malamque pectore expuli tussim ,
Non inmerenti quam mihi meus uenter,
Dum sumptuosas appeto, dedit, cenas.
Nam , Sestianus dum uolo esse conuiua , 10
Orationem in Antium petitorem
Plenam ueneni et pestilentiae legi .
Hic me grauido frigida et frequens tussis
Quassauit usque dum in tuum sinum fugi
Et me recuraui otioque et urtica . 15

VI. - SESTIO, L'ORATORE VELENOSO. II) , Cornelia , Aemilia, Antia. Quest'ultima


Oltre i poeti cattivi , il cattivo oratore : fu proposta e vinta eda Antius Restio di
Catullo no fa una malattia . cui Macr. racconta quoad uixit foris
1.0 funde noster o podere mio ' : il postea non cenasse, ne testis fieret con
fundus comprende caseggiati e campo . temptae legis, quam ipse bono pubblico
seu Sabine seu Tiburs : era nel confine pertulisset ’. appeto ' bramo d'intervenire
de' due territori, 2 autumnant : arcaismo a ’. 10 Sestianus - conuiua'al banchetto
tornato poi in onore, e si dice di cosa di Sestio '. 11 e 12 orationem – legi : 'do
che è in questione : ‘ sostengono '. 3 Ca vei leggere un'orazione ' perchè? l'ora
tullum laedere : perchè l'agro Tiburtino zione era di Sestio (v. 18); a chi voleva
era più fertile, più salubre e più * alla essere suo commensale, egli dava a leg
moda '. at quibus cordi est : prima est gere prima i suoi scritti: nulla per nulla .
cordi, ora cordi est: chiasmo. 4 Quouis - in Antium : e non è questo Antius Restio ,
pignore – contendunt 'scommettono qua il severo moderatore delle cene ? l'uomo,
lunque cosa che ’. Sabinum - esse : la Sa forse, di cui Cicerone nel 700 (ad Att. 4,
bina era meno ezzata : il vino, per 16) disse : ' loqueta praeter Antium et
es., valeva poco : Vile potabis modicis Fauonium libere nemo " ? petitorem : signi
Sabinum Cantharis: Hor. C. 20, 1. Si fa fica competitore ? accusatore ? Più pro
ceva, ne' lieti crocchi , gran proverbiare babile il secondo, per ciò che racconta
su questo podere Catulliano. 5 Sed a Macr., onde possiamo imaginare che egli
ogni modo ', siue uerius ‘ sia, come è prima vegliasse , minaccioso, sulla sua
più vero '. 6 fui libenter ( Veliae fui legge; poi, per disperato , si tirasse in
sane libenter : Cic. ad Att. 16, 6) ' me la disparte brontolando sui tempi e sui co
sono passata molto bene '. subirbana : stumi. 12 Plenam u. e. p.: parla dell'acri
ribadisce ciò che ha detto nel precedente: monia dell'invettiva contro Anzio e in.
siue uerius Tiburs. 7 Villa : che in te tende dell'influsso mortifero che sparge
si trova. malamque (i codd. aliamque) va sui lettori. È ben probabile che questo
tussim la tosse cattiva '. expuli (i codd. Sestio sia quello che Cicerone difese nel
expul sus sim: emendò Avanzi): il verbo 698. Di lui Cic. (ad Att. 4, 3) Sestius fu
è proprio del guarire da una malattia. rere. Lo chiama (ad Q. fr. 2, 3) morosum
Cfr. Hor. Epl. 2, 2, 137: expulit helleboro hominem e ricorda (1.1 24) la sua peruer
morbum . Scal. emendò in expuit. 8 Non sitatem . 13 Hic ed ecco ' . grauido o
inmerenti ' non senza colpa mia '. uenter : grauedo raffreddore di testa . frigida
noi diremmo ' la gola '. 9 sumptuosas pel freddo ' di questa lettura .frequens:
cenas: che erano vietate da leggi citate da termine medico: ostinata '. 14 fugi ;
Macrobio (Sat. 2, 13) e da Gellio (2, 24) : anche Cic. (ad fam . 7, 26) : fugi in Tu
dalla legge Fannia, Licinia (cfr. p. 28, sculanum. 15 recuraui : raro e forse po
40 LYRA ROMANA.

Quare refectus maximas tibi grates


Ago, meum quod non es ulta peccatum .
Nec deprecor iam, si nefaria scripta
Sesti recepso, quin grauidinem et" tussim
Non mi, sed ipsi Sestio ferat frigus, 20
Qui tum uocat me , cum malum librum legit.
VII. [ xxvI]
Furi , uillula nostra non ad Austri
Flatus opposita est neque ad Fauoni
Nec saeui Boreae aut Apeliotae ,

polare, in senso di curare. otioque ' col l'accusatore ? c quando ha ricevuta una
riposo', come ordina Celso (4, 5 ) primo citazione ’ ?. legit sarebbe scherzosa
die quiescere, et urtica : Plinio (HN. 22 , mente usato a mettere a confronto le
35) la dice infatti utilissimam cibis co due letture ; e uocat sarebbe equivoco,
ctam conditamue tussi pectus pur potendosi sottintendere sì ad cenam , si
gare. 16 refectus ' guarito ”. grates= gra in ius ; e tutta la frase sarebbe il ro
tias: poetico. 17 es ulta hai punito ?: vescio di quella dei v. 11-12 : là Catullo
Non par verisimile che prima parli al legge e Sestio è uocatus ; qua uocatus
podere, poi alla villa ; sicchè si ricorre è Catullo e legge Sestio. Masia per non
a congetture ' ulte, ultu ’. Non sono ne detto.
cessarie : la cura Catullo la fece nella VII. - LA VILLETTA MALE ESPOSTA. -
villa e anche tappato bene: fui libenter Cotesta bella villa, che hai in Sabina,
in tua – Villa. 18 Nec deprecor iame cioè (eh ! come ti scaldi !) in quel di
d'ora innanzi non ricuso oppure , più Tivoli, è però, a quel che dicono, espo
a lettera, non prego che non ' . ne sta ai ventacci di sud ; e per compenso
faria (la finale è lunga di posizione ) riceve poi, diritta e gelata, la tramon
scellerati '. 19 recepso ( = recepero) tana : non è carezzata, come una villa
prenderò di nuovo in mano '. 20 Non perbene, come una vera villa Tiburtina,
mi : aprosdoceton : il non è accentuato dalla brezza dell'alba e dal sospiro del
con improvvisa vivacità. frigus : altro tramonto ,. Così, in suo bel latino, ima
scherzo , intendendosi del freddo degli gino che dicesse a Catullo, proverbian
scritti sestiani. Di vero Cicerone ri dolo sulla solita villa, un poeta mordace
corda la frigidezza de' suoi motti e del e allegro, che lo avanzava dipiù di quin
suo stile : ais – omnia omnium dicta, dici anni, ma non disdegnava la coppa
in his etiam sestiana, in me conferri. di Falerno : Furio Bibaculo (Bibaculus
quid ? tu id pateris ? non me defendis?: erat et uocabatur : Pl. HN. pr. 24) . Era
ad fam . 7, 32. nihil umquam legi scriptum anche lui, come Quintilio Varo, di Cre
ONOTIWCÉStepov : ad Att. 7, 17. 21 mona. Ora Catullo, per finirla , risponde:
tum solo allora ' . uocat invita ', s'in 1 Furi : tutti i commentatori inten
tende, a cena. legit: così i codd. É, poi dono un altro Furio che col suo indivi
chè non dà senso , sin dalle prime edd . sibile Aurelio, fece poi molto disperare
si emendò legi al v. 12 in legit, perfetto, Catullo
è per : era insigne
vezzo più cheper
perpovertà. uillula
disprezzo. no:
e qui legit, perf., in legit, presente, pre
ponendolo a librum . Così la lettura ve stra : alcuni codd. e edd. hanno uostra .
nefica sarebbe avvenuta alla cena di Io intendo ' mia ’, con faceta gravità.
Sestio . Il Lachmann) emendò solo qui, ad Austri Flatus : come voi dite. 2 op
legi, dopo che ho letto ’. Ma si desi posita est ' è esposta ’ : neque ( = OUDE)
dera sapere in che modo Sestio doveva e nemmeno come dico io. Fauoni
prendere il malanno : perchè, se Catullo · Ponente '. 3 saeui rigida '. Boreae
legge, ha da prendere il raffreddore Se Tramontana '. Apeliotae (i codd. hanno
stio ? Bene perciò il B. propone fecit. apheliotae, scrittura nei greci più rara)
Timidamente : malus liber, come mala è il vento che i latini chiamavano sub
t'es significa con eufemismo croce, e solanus : Levante ?. Forse vantava Ca
malae herbae e mala gramina, erbe ve tullo la ' temperies ' del suo podere, di
lenose, e malum carmen, incantesimo, cendo che era, come il fundus d'Orazio,
non può egli accennare al libellus del situato in modo ut ueniens dextrum latus
}
1
N - CATVLLVS. 41

Verum ad milia quindecim et ducentos .


O uentum horribilem atque pestilentem ! 5

VIII. (1x]
Verani , omnibus e meis amicis,
Antistans mihi milibus trecentis,
Venistine domum ad tuos Penates
Fratresque unanimos anumque matrem ?
Venisti : o mihi nuntii beati ! 5
Visam te incolumem audiamque Hiberum
Narrantem loca facta nationes,
Vt mos est tuus , applicansque collum
Iocundum os oculosque sauiabor.
O quantum est hominum beatiorum , 10
Quid me laetius est beatiusue ?

adspiciat Sol Laeuum discedens curru fu un plurale, che forse parrà più ragione
giente uaporet ’ Epl. 1 , 16, 6. 4 Verum : vole a chi pensi trattarsi de' due inse
aprosdoceton. ad milia q. et d .' a quin parabili, di due notizie perciò. 6 incolu
dicimila e dugento sesterzi ' tremila lire, mem : Veranio e l'altro che qui non ap
non poche per un figlio di famiglia . op pare, erano addetti alla cohors del pretore
posita vale prima esposta (radices e avevano certo corso rischi non pochi.
hiberno frigori opponunt: Pl . HN. 17, Hiberum : è considerato gen. da Hiber
28) e qui ipotecata ' (ager oppositus est e dipendente da loca f. n. Più lepida
pignori ob decem minas. Ter . Ph. 4, 3, mente e vivamente acc. singolare da
56). 5 O uentum : altro che scirocco o Hiberus agg. ' fatto Iberico ”. Così scherza
tramontana! E così Catullo, facendo ri Cicerone su Trebazio (ad fam . 7, 11):
dere, pure a sue spese, ma più che non mira enim persona induci potest Britan
facesse l'altro, trionfa urbanamente del nici iurisconsulti. Così chiama egli (ad.
l'argato avversario , il quale, come ve Att. 2, 9) Pompeo Hierosolymarius '.
dremo, tenne a mente il motto e lo imitò . Così, per il suo ager Sabinus, chiama
VIII. I DUE REDUCI. SALUTO AL BUON forse Orazio (Epl. 1 , 16, 49) se stesso
VERANIO. Una buona notizia : i due Sabellus '. 7 Cic. al fratello Quinto
inseparabili tornano dalla Hispania. Ca (2, 16, 4) : quos tu situs, quas naturas
tullo manda incontro all'affettuoso Ve rerum et locorum, quos mores, quas gentes,
ranio questa letterina poetica. quas pugnas - habes. 8 Vt mos est tuus,
1 omnibus e m. a.: è il partitivo di tu , di raccontare le tue avventure e descri
sottinteso nel vocativo o tu tra tutti vere i luoghi e i costumi. Non era, forse,
i miei amici '. 2 antistans: verbo an la prima campagna, quella. applicansque
tiquato : che vali più ’. mihi ' per me ’. e accostando il mio al tuo ' . iocundum
milibus trecentis, dativo; per un numero os ' la bocca che parla sì bene ’. oculos
infinito, anche nel [ XLVIII ). Era modo que: nota Plinio (HN. 11 , 146) hos (ocu
di dire usuale : Plato mihi unus instar los ) cum exosculamur , animum ipsum ui
omnium . 3 uenistine: non può credere, demur attingere. 10 O quantum e. h.b.
dalla gioia : ‘ ma è vero che sei venuto ” . = quot estis homines beatiores) : modo
4 unanimos anche in Virgilio (Ae. 7, 335) popolare. 11 Quid , più vivo perchè com
è unito a fratres. anumque (i codd. sa prende più, e più rispondente a quantum ,
nam; corresse Faerno) è aggettivo : ' la di quello che sarebbe stato il maschile col
tua vecchia ". 5 Venisti : usitatissimo quale il verso non avrebbe fatto una
in Catullo il rispondere con la stessa grinza. beatiorum--beatius, modo comu
parola all'interrogazione : cfr. (XII] 6, ne al nostro ed alla soave Saffo, che
più sopra. nuntii beati : il Lachmann egli amava : cfr. più sopra (XXII ] 14.
crede a un genitivo alla greca : i più a
42 LYRA ROMANA .

ix . (x111]
Cenabis bene, mi Fabulle, apud me
Paucis, si tibi dii fauent, diebus,
Si tecum attuleris bonam atque magnam
Cenam , non sine candida puella
Et uino et sale et omnibus cachinnis. 5
Haec sei , inquam , attuleris, uenuste noster,
Cenabis bene : nam tui Catull
Plenus sacculus est aranearum .
Sed contra accipies meros amores
Seu quid suauius elegantiusue est : 10
Nam unguentum dabo, quod meae puellae -
Donarunt Veneres Cupidinesque,
Quod tu cum olfacies, deos rogabis,
Totum ut te faciant, Fabulle, nasum .

IX. - I DUE REDUCI. INVITO ALL'AL così in Orazio (Epl.1. 7, 84) uineta crepat
LEGRO FABULLO. Veranio aveva an mera e (Epl. 2, 2, 88) meros audiret ho
nunziato il suo ritorno teneramente ; Fa nores. Altri legge meos e intende ‘ udrai
bullo festosamente . L'uno aveva scritto , della mia donna '. amores buon viso .
imagino , Preparati ai miei amplessi; 10 Seu = uel si. suauius e. e.: intende :
l'altro, Prepara la cena. E Catullo, come del buon viso , dell'affetto che ti mo
ha risposto al primo, risponde al secondo, strerò. Lepidamente, mostra di dar gran
nel loro tono. Così, seguendo FPassow valore a ciò che ha offerto e grandis
e Sch . simo a ciò che offrirà. 11 unguentum
i Cenabis bene : forse, considerando olio odoroso ' : dilettava gli antichi
specialmente il ritorno di queste parole suwdiq (Xen. Symp. 2, 3) banchettare.
nel v. 7 , il poeta ritorce all'amico le sue meae puellae : ecco la novella che dà; così
stesse parole. apud me: è il modo solito senza parere, l'amico all'amico. Della
degli inviti: cenabo, inquit, apud te : Cic. vita di Catullo è già gran parte una
de or. 2, 246. 2 Paucis - diebus ‘ tra po donna. 12 Donarunt V. c .: tutte le dee
chi giorni ’. si tibi d. f.: da quel che e tutti gli dei dell'amore lo stillarono e
segue prende sapore d'irrisione. 3 bo ne fecero dono alla sua donna : Fabullo
nam atque magnam : il primo richiama deve domandarsi: o quale è questa cara
il bene : il secondo è giunta di Catullo : 1 agli dei ? 14 totum va unito con te, e te
buona e per giunta grande'. 4 non sine: richiama, con la solita vivacità, il tu
litote scherzosa . candida : significa , tanto precedente. C'è in tutto questo scherzo
è comunemente congiunta a puella, più un sentore di mestizia e di soavità :nella
che altro, ' bella ’. 5 sale ' spirito '; pur casa, già forse plenissima, di Catullo
non è senza faceto equivoco. cachinnis: resta un profumo, insolito e unico. In
metonimia : ciò che può destar la gioia'. un epigramma di Marziale (3, * 12) di
6 sei = si. inquam ripeto ’: uenuste sceso da questo, si legge : Qui non cenat
noster: detto con una tal quale ironia. et ungitur, Fabulle , Hic uere mihi mor
7 Cenabis bene: con enfasi faceta. tui tuus uidetur. Ora : -Fratelli a un tempo
Catulli, che richiama il mi Fabulle da stesso Amore e Morte Ingenerò la sorte ’.
principio, mi fa credere fermamente al Ripresero i due buoni amici di Ca
primo, se non all'altro, de' due versi che tullo più tardi la lor vita e la lor via :
il Passow imaginò scritti da Fabullo a seguirono nel 697 in Macedonia il bur
Catullo : Cenabo bene, mi Catulle, apud zoso, avaro, lussurioso Pisone Ce
te. 8 sacculus la borsa ”. aranearum di sonino. E Catullo nel [XXVIII] li saluta
ragnateli ’ come sogliono essere in luo che ritornano, cohors inanis, con le ya
ghi da tempo deserti. L'espressione è dei ligie comode e leggiere. Avete abba
comici : si trova in Plauto e Afranio . 9 stanza patito fame e freddo con cotesto
contra 'in cambio'. meros null'altro che': vino con lo spunto ' ? E nel [XLVII]
NY CATVLLVS. 43

X. [xxvii]
Minister uetuli puer Falerni ,
Inger mi calices amariores,
Vt lex Postumiae iubet magistrae ,
Ebrioso acino ebriosioris.
At uos quo lubet hinc abite, lymphae 5
Vini pernicies, et ad seueros
Migrate : hic merus est Thyonianus.

vedendoli, già in Roma, aspettare nei terest, aliud que est esse amatorem , aliud
trivii qualche invito a cena, e altri in amantem . E cfr. Seneca, ep. 83. acino si
degni, un Graeculus tra questi, imban gnifica tanto “acino d'uva ' , quanto ' vi
dire suntuosi banchetti di giorno, dà la nacciolo '. Preferisco l'ultimo significato
via alla sua indignazione : Porcio e So qui . Dice Catullo che è briaco il vinac
cratione, voi, le due mani ' sinistre ' di ciolo, perchè è sempre tuffato nel mosto,
Pisone, che infettereste che affamereste come i Toscani dicono del tegolo, perchè
l'universo (ma l'interpr. è dubbia), voi, è sempre inzuppato dell'acqua che cade.
ai miei buoni Veranio e Fabullo prepose ebriosioris : nota di Catullo questo avvi
quel - come Catullo indignato chiami cinamento dell'agg . comparativo e posi
il proconsole suocero di Cesare, non tivo : vedemmo già infaceto infacetior
dirò io. nel [XXII) e beatior um beatius nel [XI].
X. - CATULLO NON È FELICE. — Il sim E questa è una delle ragioni per ri
posio è nel suo fervore : è apparso il cop gettare la lezione che a Gellio (7, 20)
piere col Falerno, vecchio secco amaro, piaceva : ebria acina con iato incom
ai cui primi calici scoppiava talora (Hor. portabile. Altri legge ebriosa acina, altri
C. 1 , 27) il tumulto tracico e volavano, ebriosa acino. 5 quo lubet : forma di
tra l'empio clamore , gli scyphi. Catullo, commiato brusco. lymphae ' acqua '. 6
a cui il convivio non ha sciolto le cure, seueros : in Orazio (Epl. 1 , 19, 9) è sino
appena veduto il nuovo coppiere, grida : nimo di siccus * astemio ' : adimam can
1 Minister = pincerna . Vi erano in tare seueris . 7 Migrate ' andate a stare
un convivio certo più coppieri. uetuli= coi ’. merus 'puro’. Thyonianus da Thyo
ueteris º vecchio ' ; ma è la parola, ca neus, figlio di Thyone, Bacco : il succo
reggiativa , usata dai gulones. 2 Inger ' che fu già Tioneo'o Bacco. Confronta
per ingere ' versa '. amariores: dice Se Tibullo , 3 , 6 : un'elegia stupenda di
neca , ep. 63 , 5 : in uino nimis ueteri passione, in cui Ligdamo cerca l'oblio
ipsa nos amaritudo delectat : dunque più nel vino e nel clamore del convivio,
amari ' cioè più vecchi di quelli bevuti e trova per tutto il ricordo di Neera,
sin allora. 3 lex : una di quelle leggi quae e s' intenerisce e asciuga le lagrime
in poculis ponebantur (Cic. in Verr. 5, 28) e sospira di non saper fingere la gioia
e che Orazio (S. 2, 6, 68) chiama insa e ammonisce gli altri di non credere
nas. Postumiae: sospettò lo Sch. che fosse alla donna e ripensa a Neera e la ma
una matrona che da adulteri amori sci ledice : Perfida nec merito nobis nec
volasse poi a ciò che Cic. rimprovera a amica merenti, Perfida, sed quamuis per
Clodia (pro Cael. 15 e altrove), conuiuia , fida, cara tamen . Poi fa il forte (ache
comissationes ; che fosse la moglie di i versi 57, 58 ? stonano : vennero altronde
Servio Sulpicio, la Postumia di cui Cic. qui.) e : Tu, puer, i liquidum fortius adde
ad Att. 5, 21 : - Pomptinium ne nunc merum. C'è in questa elegia Catullo : vi
retinere possim . rapit enim hominem Po è persino citato nel v. 41. Che conclu
dere ? Il cantor di Neera sentiva nei
stumius Romam , fortasse etiam Postumia. sette nostri endecasillabi il grido del
Ma è bene incerto . magistrae regina dolore e dell'amore che è tutt'uno.
del convito . 4 ebrioso: Cic. Tusc. 4,
12 : inter ebrietatem et ebriositatem in
44 LYRA ROMANA .

xi . [LI ]
Ille mi par esse deo uidetur,
Ille, si fas est, superare diuos,
Qui sedens aduersus identidem te
Spectat et audit

5
Dulce ridentem : misero quod omnis
Eripit sensus mihi; nam simul te,
Lesbia, aspexi , nihil est super mi
Vocis in ore ;
Lingua sed torpet , tenuis sub artus
Flama demanat , sonitu suopte 10
Tintinant aures, gemina teguntur
Lumina nocte .

l'ha Saffo , che in compenso ha parlare '


2. L'ammaliatrice. oltre a ridere '. Vederla, forse pensava
Saffo, non può nemmen altri, in quel
XI. SURGIT AMARI ALIQUID. Ca barbaglio di bellezza ; udir sì forse, un
poco : Otaxovel. 5 Dulce ridentem . Ora
tullo non è felice davvero. Una perico
losa ammaliatrice l'ha in suo dominio ; zio (C. I, 22, 23) ha : Dulce ridentem La
nobilissima : è sorella di Clodio, moglie lagen amabo, Dulce loquentem : più fedele
di Metello Celere, familiare, in questi e più freddo. misero è : opposto ai primi
primi anni, dal 692 al 695, di Cicerone ; due versi : gli altri, dice, mi sembrano
bellissima : ha grandi occhi , come Hera, felici di ciò di che io sono infelice. quod ,
fiammeggianti. Catullo, che forse la co cioè spectare et audire. 6 simul =simul ac.
nobbe mediante o con Cicerone, ne re 7 Lesbia, dello stesso numero e valor di
std preso. O poeta, Quanta laborabas sillabe di Clodia : ed è nome che richiama
Charybdi, Digne puer meliore flamma, al pensiero Saffo. aspexi: in Saffo : Ő !
(C. I, 27, 19) como ebbe a dire ad altri čov Bpoxéws : ed è opposto allo spectat
un altro poeta, Orazio. Non avrebbe po identidem . est super : tmesi per superest.
tuto dir di te l'optimus omnium patronus, 8 Questo adonio è del Ritter : nei codd.
come di Celio che fu poi affascinato dalla manca. 9 torpet: Saffo ha : è spezzata.
medesima Palatina Medea, dalla stessa tenuissottile ’ in modo da disperdersi
donna non solum nobilis sed etiam nota ; per tutto. 10 Flama : così i codd. cfr.
non avrebbe potuto dire di te : nulli p. 24. Lusus pompeianus, v. 3. demanat:
sumptus, nulla iactura , nulla uersura si dice piuttosto de' liquidi. sonitu ' ron
(pro Cael. 16, 38 ). Per quella soave es zio '. suopte loro proprio ', cioè non ve
senza, di cui cenò il tuo Fabullo, quante nuto di fuori, ma di dentro. 11 Tinti
cose se ne andarono ! La pace, sopra nant rombano '. gemina abl. riferito a
tutto. Eccone testimonio , che forse nocte è senza senso per il B. che prefe
il poeta mandò all' ammaliatrice stessa risce gelida. A me piace : sembra indi
per averne pietà : care il vano sforzo di vederci, provan
1 Le prime tre strofe sono tradotte do coi due occhi a vicenda , quasi che
dalle prime tre dell'ode diSaffo, conser l'uno non abbia il suo velo di ombra.
vataci da Longino, 10, 2. Catullo amava 13 Catullo tralascia la quarta strofa di
e imitava la poetessa di Mitilene , la Saffo: il sudor freddo, il brivido, il pallo
quale era forse altresì cara a Clodia : re , ilmorire. Otium : chi crede sia questa
nota sit et Sappho : ammoniva Ovidio, odicina una vera e propria dichiarazione
a. 3, 331. par esse deo: felice più che ad d'amore, qui trova la scusa dell'ardire '.
uomo sia concesso. 2 si fas est se è Oh ! no : comenel (VIII ) parla prima me
possibile ’. superare diuos : anzi più che stamente a sè stesso, Miser Catulle »
a dio. Questo non è in Saffo, 3 aduersus e poi dopo la risoluzione fatta d'obliare,
rimpetto '. identidem ' di quando in dopo aver detto · Vale puella ’, seguita
quando ' e quando voglia. Manca in Saffo, parlando a lei e prorompendo ; così qui,
che ha però da vicino '. 4 Spectat: non al contrario, parla prima a lei come
N - CATVLLVS . 45

Otium , Catulle, tibi molestum est ;


Otio exultas nimiumque gestis.
Otium et reges prius et beatas 15
Perdidit urbes .

Xtr. [LXVII ) b

Non possum reticere, deae , qua me Allius in re


Iuuerit aut quantis iuuerit officiis :
Nec fugiens saeclis obliuiscentibus aetas
Illius hoc caeca nocte tegat studium :
Sed dicam uobis, uos porro dicite multis
Milibus et facite haec charta loquatur anus.

Notescatque magis mortuus atque magis,

volesse saperne il perchè del proprio uum formosae cura puellae. Ma tutt' in
strano male , e poi tristamente risponde sieme, non va. Il B. che ritiene l'ode
esso parlando a sè. Il suo caso è quello come una dichiarazione, e l'ultima strofa
descritto da Lucrezio, 4 , 1123 : Ecimia come una scusa, interpreta il v. 14 : per
ueste et uictu conuiuia , lychni , Pocula l'ozio prendi troppa audacia e. passi i
crebra , unguenta , coronae, serta paran confini del lecito,secondo la legge uma
tur , (e l'abbiamo veduto) Nequiquam , na e divina.
quoniam medio de fonte leporum Surgit XII. IL SOCCORSO . Tempo dopo,
amari aliquid , quod in ipsis floribus Catullo da Verona, dove piangeva una
angat , Aut cum conscius ipse animus se grave sventura domestica, così in una
forte remordet Desidiose agere aetatem lunga e bellissima elegia, diretta a un
(ecco, per ora , l'amaro) Aut cum - tale Allio, parlò del suo amore, cui la
(e il resto lo proverà col tempo, il poe gelosia stava per far divampare più ar
ta !). 14 exultas gestis : parole tratte dente che mai :
dalla vita degli animali e significano 1 deae ' o muse '. qua - in re in qual
* effuse lasciuire '. Ripensa, secondo me, grave frangente ?. 2 Iuuerit, ripetuto,
ad altri effetti dell' otium in che l'ha dinota già di qui l'importanza dell'aiuto.
gettato l'amore: non a quelli qui de quantis (= quot. Al v. 110 di questa ele
scritti, per cuiè molestum come un mor gia, dirà : Pro multis, Alli, redditur of
bo, ma a quelli di cui ha parlato nella ficiis.) officiis quante prove d'affetto's
precedente e in altre : conuiuia, insomma, 3 Nec : il B. preferisce, con le antiche
lychni, pocula crebra, unguenta. 15 reges : edd. italiane, ne o meglio nei. fugiens :
per es. Priamo. prius un tempo '. 16 Orazio ha (C. 3, 30, 5) fuga temporum .
urbes : per es. Ilio . E di te , miser Catulle, obliuiscentibus che fanno obliare ’, non
che sarà ? Egli sentelatempesta e ama che obliano . 4 Nilius : dattilo. caeca
raccorsi in porto ’. Ma quest'ultima oscura ’. tegat: potenziale con nec, fi
strofe già da AS. seguito da molti mo nale con ne o nei. 5 dicam uobis : contro
derni, come Sch. e LM., è separata dalle l'uso, poichè le Muse parlano al poeta
precedenti; sebbene il Welcker seguito ed esso agli altri. porro via via ?. Ô Mi
dal Neue in Sapphonis Mytilenaeae libus, cioè, d'uomini. haec : ciò che dicam
Fragmenta ' trovi anche in Saffo, nel uobis. charta , qui carmen, come altrove,
primo verso, mutilo o guasto, unico ri p . 31 , v. 6, liber. anus fatta vecchia ".
masto della quinta strofa , le traccie del 7 qui è caduto un verso. 8 notescatque
medesimo pensiero : ‘ ma bisogna osare, = et clarus fiat.mortuus ' dopo morte ’:
poichè il povero > non solo, ma i re e e questo mi fa supporre che nel verso
le città distrusse l'ozio. E Catullo, se caduto ci dovesse essere in vita ’: ima
condo essi , ecciterebbe se stesso ad gina : Milibus ut facile in uita noscatur
osare, a parlare, a dichiararsi. Dice Ovi ab ipsis. Probabile del resto che il v.
dio, Am. 1, 9, 32 : ingenii est experientis cominciasse con milibus e seguitasse con
amor. E soggiunge : Ipse ego segnis eram qualche cosa di simile a facile, sicchè
discinctaque in otia natus - Inpulit igna 1 occhio dell'amanuense sbagliasse col
46 LYRA ROMANA .
Nec tenuem texens sublimis aranea telam
In deserto Alli nomine opus faciat. 10
Nam , mihi quam dederit duplex Amathusia curam,
Scitis, et in quo me corruerit genere,
Cum tantum arderem quantum Trinacria rupes
Lymphaque in Oetaeis Malia Thermopylis,
Maesta neque assiduo tabescere pupula fletu 15
Cessaret neque tristi imbre madere genae,
Qualis in aerii perlucens uertice montis
Riuus muscoso prosilit lapide,
Qui cum de prona praeceps est uallė uolutus,
Per medium sensim transit iter populi, 20
Dulce uiatori lasso in sudore leuamen,
Cum grauis exustos aestus hiulcat agros :
Hic, uelut in nigro iactatis turbine nautis
Lenius aspirans aura secunda uenit
Jam prece Pollucis, iam Castoris implorata, 25
Tale fuit nobis Allius auxilium .

precedente. 9 tenuem texens – telam : al si confonde colle nuvole dell'aria ’:per


litterazione. sublimis amico dell'alto '. lucens ' trasparente ’. 18 muscoso CO
aranea , altrove detto della tela, qui vale perto di borraccina'. prosilit zampilla
il ragno '. 10 in deserto -- nomine : ar 19 de prona — ualle giù dal pendio del
dito : Ovidio (am. 1 , 14, 8) dice pur del monte che s'avvalla ’. 20 Per lunghes
ragno : Cum leue deserta sub trabe nectat so '. medium - populi; così congiungo :
opus. opus faciat ‘ fili ’ : così Marziale che è in mezzo all'abitato ' ; cfr. Livio
chiama (8, 33) leue opus quello del 21 , 34 ; ad frequentem cultoribus - popu
baco da seta. 11 duplex “ ingannevole ’: lum.
a
Amathusi · Venere ', da Amathús, città transitsensim, opposto
scorre iter aretto
cursimda, 'per
adagio
' stra'.
dell'isola di Cipro , a lei sacra. curam da ’. Ma il luogo è incerto . Già sensim é
affanno amoroso ’. 12 Scitis , voi, o Mu congettura del Haupt, per il densi dei
se, dai versi che m'inspirò, in quo – ge codd. che pare stoni con quel che segue
nere : sottintendi curae o curarum : sic di campestre. 21 lasso (i codd. basso :
chè quam nel v. 11 vale quanto fiero ’, forse secondo il "B. salso) si può riferire
e qui in quo genere di quale tragica a sudore, con metonimia, leuamenri
specie » cioè per una nupta. corruerit storo ’ . 22 grauis ' afosa '. aestus " ca
(Turnebo emendò in torruerit) sarebbe lura ’ hiulcat " fende ’. 23 Hic ' in quel
usato nel senso attivo e, come in Lu frangente ’; si riferisce ai v. 11-16. in
crezio, 5, 368, varrebbe abbia abbattu nigro – turbine ' quando un temporale
to ’; nè è strano, come pare al B., poichè annera il cielo intorno '. 24 Lenius meno
in questa medesima elegia si parla poi furiosamente '. aura secunda ' una brez
al v. 68 e al 77 di baratro e di altus za favorevole '. 25 Iam ' ora’ed esprime
amor, 13 Trinacria rupes : l'Etna. 14 il terrore impaziente de marinai . prece
Lymphaque Malia “ l'acqua Maliaca ' col gen, ogg. vale con preghiere a ’:
così detta perchè le Termopile erano implorata, si riferisce volgarmente ad
poste nel punto più interno del golfo Ma aura ' domandata piangendo ’; ma i codd.
ſiaco. in Oetaeis- Thermopylis : quest'ac hanno implorate e ci sono altre diffi
qua calda sgorgava dal monte Oēta nelle coltà. Il L. legge imploratu : ' finalmen
strette chiamate appunto Thermopylae. te , dopo tante preghiere a Polluce, dopo
15 tabescere ' disfarsi ’. pupula ' pupil tanti lamenti a Castore ', ed è correzio
la'è felice emendamento dell'E . I codd. ne degna del grand'uomo. 26 Il picco
hanno numula e le eda. lumina. 16 ne letto verso dopo baratri, vulcani, ac
que tristi: emendamento del Mur. I codd. que ribollenti, cascate di fiumi, uragani
hanno cessare ne tristique : le edd. cessa e grida di fortuna , è di singolare vi
rent tristique. imbre della pioggia delle gore. In tutto il passo le imagini sem
lagrime ’. 17 Qualis : il poeta s' indugia brano volar libere, l'una spiccandosi dal
ad abbellire il suo dolore : è del poeta l'altra ; ma una voce grave e insistente
fare una perla di una lagrima. aerii . che le piega sempre a un punto, come cem
N CATVLLVS . 47
Is clusum lato patefecit limite campum ,
Isque domum nobis isque dedit dominam
Ad quam communes exerceremus amores,
Quo mea se molli candida diua pede 30
Intulit et trito fulgentem in limine plantam
Innixa arguta constituit solea.

XIII . [11]

Passer, deliciae meae puellae ,


Quicum ludere, quem in sinu tenere,
Quoi primum digitum dare atpetenti
Et acris solet incitare morsus ,.
Cum desiderio meo nitenti 5
Karum nescio quid lubet iocari
balo sciami d'api. L'ardor del vulcano rola cara al Tommaseo ) del calzaretto
suggerisce il bulicare delle acque e que fece sussultare il poeta : lieve suono,
sto la triste pioggia delle lagrime: le musica ricordevole .
lagrime chiamano il ruscello che balza XIII . - IL PASSERO DI LESBIA. – È la
dal monte e scorre nel piano, e quosto più celebre delle nugae del nostro : la
il viatore affranto e il breve ristoro ; imitò Marziale 1 , 109 ; Arrunzio Stella la
dell'acqua corrente e delle lagrime : l'e cui columba , secondo lo stesso Marziale,
state fa ripensare al temporale, la cam 1,9 , Vicit - passerem Catulli. Era il primo
pagna arsa al mare , il passeggero al poemetto della raccolta, e le diede forse
marinaio, finchè si riesce alsupremo con il nome, se rettamente interpretiamo le
forto nel supremo travaglio. 27 clusum parole di Marziale, 4, 14 : Sic forsan tener
= clausum . lato patefecit limite ' 'schiuse ausus est Catullus Magno mittere passe
aprendovi una larga via ’. 28 Isque : ri rem Maroni. Bene : ma è il più difficile a
petuto con forza. dominam : per chi si intendersi. Provati, giovinetto lettore :
ostina a voler intendere la mia donna ', 1 deliciae amore ' . Regalavano gli
secondo un uso assai frequente, ciò che amanti alle loro amate uariam plumae
segue (ad quam ) è ostacolo insormonta
bile, tanto più leggendosi al v. 116 e 159 : uersicoloris auem (Prop. 3, 13, 32) : così
Et domus ipsa - et domina, Et longe ante Pigmalione in Ovidio (M. 10, 260) conchas
omnes mihi quae me carior ipso est, Lux turetesque lapillos, Et paruas uolucres.
inea -· Dunque domina non è Lux mea . Il B. inclina a credere che il passer
Il Froehlich emendando in dominae tolse fosse un dono di Catullo. Nel fatto uno
la prima difficoltà e lasciò la seconda. scoliasta a Giovenale , 6, 8, ba : edo
mitum passerem mortuum missum ab
Meglio intendere la signora della casa adultero. 2 Quicum ' col quale '. ludere:
29 Ad quam presso cui ’ riferito a do secondo il B. il divertimento di Lesbia
mina. communes amores il mutuo
amore '. 30 Quo e nella qual casa ’: molli è nel tenerlo in grembo, nel dargli a
* leggero ' detto del passo più che del beccare un dito e nello stuzzicarlo , pen
piede : cfr. Properzio, 2, 12, 24 : molliter sando all' amante assente. 3 primum
ire pedes. diua , detto dell'amata, non ha digitum ' la punta del dito ’: atpetenti
(così i codd. ad petenti le edd.) = pren
forse esempio in latino : l'E . ne accenna
uno in greco di Meleagro (Anth. P.5, 137): dere cupienti. 4 incitare e provocare
così in Stazio (Ach. 1,178) citato dal B.,
αυτά γάρ μι' εμοί γράφεται θεός.. catulos apportat et incitat ungues. 5 de
31 trito - in limine sulla soglia consun siderio meo alla mia desiderata ' : dip.
ta ' : particolare che si fermò nel pen da lubet. nitenti ' fulgida ' di beltà. 6 Ka .
siero del poeta per il contrasto col bel rum (Rarum hanno due codd.) nescio q.
lissimo piede. fulgentem , ricordando in l. i.: volgarmente : “ le piace divertirsi
Lucrezio , 1117, Argentum et pulchra con una qualunque cosa che le sia cara ' .
in pedibus Sicyonia rident, credo alluda Ma osserva il B .: iocari aliquid significa
allo splendido ' calzaretto. 32 innixa dir per gioco alcunchè, non fare ; e ca
premendo ' non rivela un attimo d'esi rum iocari non ha senso come, per es.,
tazione ? arguta - solea : lo sgrigiolio (pa dulce loqui, perchè quell'agg . ha valor
48 LYRA ROMANA .

Et solaciolum sui doloris,


Credo [ut] cum grauis acquiescet ardor :
Tecum ludere sicut ipsa possem
Et tristis animi leuare curas ! 10
XIV . ( III )
Lugete, o Veneres Cupidinesque ,
Et quantum est hominum uenustiorum .
Passer mortuus est meae puellae,
Passer , deliciae ineae puellae,
Quem plus illa oculis suis amabat :
Nam mellitus erat suamque norat
Ipsam tam bene quam puella matrem ,
Nec sese a gremio illius mouebat,
Sed circumsiliens modo huc modo illuc,
Ad solam dominam usque pipilabat. 10

passivo di amato '. Osservazione giu si consola : potessi anch'io avere un po'
stissima. 7 Et: conservato da E , che di conforto da quella bestiola ! Così ; in
però nel verso seguente emenda ut in tende certo egli che emenda possem in
et; da B.che però propone iocique invece possim , e così il Tartara ; il voto di Ca
di iocari; dal L. che ritiene solaciolum tullo sarebbe in verità di rivedere Lesbia. /
come soggetto, con carum nescioquid, di XIV. EPICEDIO DEL PASSERO . I
lubet. Col primo : sia per sollievo al suo
dolore sia quando hā posa già la sua belli occhi della Bow Ties sono gonfi e
febbre d'amore ’. Col secondo : le piace arrossati dalle lagrime: un grave dolore
alcun che di caro, e per suo trastullo e ha sofferto ; e il suo poeta se ne fa par
per sollievo al suo mal d'amore ?. Col tecipe:
terzo “ le piace non so che di caro per 1 o Veneres Cupidinesque : cfr. più so
divertirsi e le piace in sollievo al suo pra il [XIII) 12 : queste dee e dei erano
grave ardore '. Altri corresse in, altri sempre occupati là nella bella casa sul
ut. 8 Credo: il Tartara lo crede nota Palatino. 2 Quantum est hominum == quot
marginale e condanna tutto il verso. ut estis homines : dizione cara ai comici e
il B, ritiene fosse u. t, segno di variante a Catullo : cfr. più sopra al [IX] 10.uenu
di cum in tum ; e perciò legge : Credo stiorum : che hanno il culto di quelle dee
tum. Per lui dunque, come in parentesi: e di quelli iddii. 3 Passer mortuus est :
si mitigherà l'ardore
Allora, io credo,emenda ecco grave dolore. 4 È il primo verso
di Lesbia '. Altri : ut tum - ac del precedente. 5 plus oculis suis :
quiescat, altri uti – acquiescat. E. acquie espressione comune d'amore, onde Plau
scit. Accettando l'ipotesi del B., ma sup to ha oculitus amare e oculissimum per
ponendo che la lezione genuina sia cum carissimum . 6 mellitus “ buono come il
ho messo tra uncini ut che con cuin non miele ’: altra espressione usuale d'amo
può dar senso . 9 Tecum ' con te ', o pas re : anche Cic. ad Att. 1 , 18 ha mellitus
sero. Ma non manca chi lo riferisce a Cicero. suamque è aggiunto di ipsam .
Lesbia. ipsa : questo pronome indica il 7 Ipsam = dominam : fr .Plauto, Cas. 4,
padrone e la padronadi casa, e ne de 2 , 11: ego eo quo me ipsa , cioè la pa
rivò isse e issa , nel linguaggio amoroso, drona, misit. puella matrem c una bambi
a denotare “ lui e lei ’ : e passò poi ai ca na la sua madre ” non la mia donna
nini e alle canine, per loro proprio no sua madre ?. Catullo pensò all'alato pa
me : Issa est deliciae catella Publi : Mart. ragone di Saffo, 38, come bimba va
1 , 109. Onde il Bergk corresse qui Issa dietro la madre battendo le ale ' . 8a
intendendo fosse ilnome del passerino. gremio : richiama in sinu del precedente.
10 Ecco la conclusione, secondo il B.: illius: ha la penultima breve. 9 circum
Siamo infelici, tutti e due, perchè sepa siliens : è il modo di andar de passeri,
rati ; ma ella ha almeno quel grazioso saltellando ' ; non vuol dire svolaz
passero (mio dono e ricordo) col quale zando ?. 10 ad solam dominam : col ca- .
N - CATVLLVS. 49

Qui nunc it per iter tenebricosum


Illuc, unde negant redire quemquam .
At uobis male sit, malae tenebrae
Orci, quae omnia bella deuoratis :
Tam bellum mihi passerem abstulistis. 15
O factum male ! io miselle passer ,
Tua nunc opera meae puellae
Flendo turgiduli rubent ocelli .
xv. [v ]
Viuamus , mea Lesbia, atque amemus ,
Rumoresque senum seueriorum
Omnes unius aestimemus assis.
Soles occidere et redire possunt :
Nobis, cum semel occidit breuis lux, 5
Nox est perpetua una dormienda .
Da mi basia mille , deinde centum ,
pino rivolto sempre lei : nel [LXI] è ri moresque e le mormorazioni ’. senum :
deat ad patrem , d’un bambino . pipilabat: chiama senes, certo, tutti quelli che tro
i codd . hanno piplabat. Il B. preferisce vano a ridire sulla loro condotta . seue
pipiabat. Nel C.de Philomela, 30, passer riorium : seuerus, come durus, rigidus,
titiare solet. 11 per iter tenebricosum tristis, è l'aggiunto comune di senex : il
per la via oscura ' che conduce alla fiu comparativo sembra valere : più rigidi
mana . Il passerino avrà iusta funebria in mostra, che in realtà : che fanno i
e perciò potrà aver pace di là dell’Ache severi ' . 3 omnes, opposto con forze à
ronte. 12 Illuc : quasi tutti i codd. hanno unius. unius ha la penultima breve; come
illud, che andrebbe perciò riferito a iter. è uso di Catullo sempre in tali pronomi ,
negant ' dicono che non ’ : il poeta, con fuori che in illius nel [LXVII] 23. assis :
la sua solita grazia ingenua, riferisce la ben poco : un soldo a quei tempi. Plauto
voce comune, non afferma di suo, 13 At : diceva terunci (un quarto d'asse) facere;
introduce l'esecrazione. uobis male sit Cicerone assis, Petronio dupondii (due
vi maledico ', malae o maledette ' : assi) : la moneta rinvilia e l'avidità cresce.
aggiunge la sua maledizione a quella che 4 soles : ll sole, ricorda, nasce ogni giorno
pesa su loro. 14 omnia bella : perpetuo aliusque et idem : p. 27, II. occidere ' tra
lamento di tutti i tempi, nato dal fatto montare ' , con l'idea quasi di morire .
che la morte rende amabile chi ella pren 5 Nobis : avversativo à soles : dipende sì
de. 15 mihi : il B, vi vede la prova che da occidit e sì da est - dormienda. semel :
il passero era dono di Catullo. Ma è più solito riempitivo, come da noi' una volta '.
naturale vedervi un cenno della fusione breuis lux la breve giornata ' della vita .
delle due anime amanti. 16 O factum 6 Nox : come efficacemente cozza con
male ' o sventura ! ' : Cic. ad Att. 15, 1 : lux precedente ! perpetua una (i due agg.
o factum male de Alexione, che era morto. si trovano accoppiati in Cic. in Pis. 14,33 :
io miselle : emendamento de' primi com ut omnes -- male precarentur, unam tibi
mentatori italici da bonus ille. 17 opera illam uiam et perpetuam esse uellent) ' che
colpa '. 18 Flendo per il piangere '. non cambia mai ’. 7 Dopo l'imagine del
turgiduli – ocelli : raro il fare diminutivo sonno eterno, come scoppia, piena di vita,
tanto l'agg. che il sost. Indicano la gran senza nesso , l'affermazione dell'amore !
pietà che ha Catullo di quei belli occhi . Non vi è concetto più comune di questo
Il poemetto fu, come il precedente, molto nella poesia antica ; ma in nessuno è
lodato e imitato, come vedremo. meno comunemente e più naturalmente
XV. – L'OBLIO DI TUTTO. – Il mondo , espresso , che nel nostro. Properzio 2,
che pur guarda e parla, non esiste più 15, 23 : Dum nos fata sinant, oculos sa
per Catullo e Lesbia : si amano. tiemus amore : Nox tibi longa uenit, nec
1 Viuamus · godiamo la vita ” : vedi reditura dies. Qui, come quasi sempre ,
p. 12, XII, 1. amemus * l'amore . 2 Ru il pensiero di morte vien dopo il grido
PASCOLI, Lyra Romana
50 LYRA ROMANA .

Dein mille altera, dein secunda centum ,


Deinde usque altera mille , deinde centum.
Dein , cum milia multa fecerimus, 10
Conturbabimus illa, ne sciamus,
Aut nequis malus inuidere possit ,
Cum tantum sciat esse basiorum .
XVI. [vii]
Quaeris , quot mihi basiationes
Tuae , Lesbia, sint satis superque.
Quam magnus numerus Libyssae arenae
Lasarpiciferis iacet Cyrenis,
Oraclum Louis inter aestuosi 5
Et Batti ueteris sacrum sepulcrum ,
Aut quam sidera multa, cum tacet nox,
Furtiuos hominum uident amores,
Tam te basia multa basiare
Vesano satis et super Catullo est, 10

d'amore il quale per noi almeno s'affie perque me benignitas tua Ditauit; e nel
volisce in un sospiro : in Catullo la vita 17, 19. 3 numerus di cosa numero caren
trionfa. basia, non usata avanti Catullo, tis, Hor. C. 1 , 28, 1. Libyssae, formato
è voce più popolare, forse Gallica, per come Thressa, Phoenissa, Cressa : * li
sauia , oscula. mille centum : indeter bica ’ . 4 Lasarpiciferis : fertile di laser
minatamente . Il numero più piccolo s'av picium , che i Greci chiamavano dialov,
vicenda col più grande,come grandi e forse Narthex asafetida . Cyrenis (l'y,
piccole ondate. Così il B. 9 usque “ via generalmente lungo, qui è abbreviato ):
via, all'infinito ' . 10 fecerimus (con la col plur. s'indica la regione, la Cire
penultima lunga) ne avremo sommate ’: naica ’, col sing. la città. 5 Oraclum Jouis
così in Giovenale, 14, 326 : fac tertia qua inter : ' tra il tempio diGiove Ammone
dringenta . 11 conturbabimus illa ‘ li con che era in mezzo al deserto Libico. ae.
fonderemo '. Così in Terenzio, Eun. 5, stuosi e soffocante ’ , detto di Giove, s'in
2, 29 : ita conturbasti mihi Rationes omnes. tende del luogo dove sorgeva quel tem
ne sciamus : è superstizione che dura pio : un'oasi nel deserto. L'hypallage è
ancora, di non contare per es. le frutta resa facile dal significato di Giove in
nell'albero , perchènon cadano. 12 malus certe loeuzioni latine, come sub Joue fri
invidioso ?, che è il malvagio per eccel gido : Hor. C. 1 , 1, 25. 6 Batti ueteris, il
lenza. 13 tantum - basiorum ; al solito, fondator di Cirene. sacrum venerato 3
= tot basia; ma con più forza. sciat ri come di eroe, sepulcrum : era nella città
prende, con grazia, lo sciamus dell'11 . di Cirene, la città della Cirenaica più di
XVI. - E BACI ANCORA . Ma , pazzo, stante da Ammonium . Batto, il silfio,
quanti devono essere questi baci?Nè ci Ammone, le tre idee che s'affacciavano
salveremo dagli invidiosi, poichè sa subito alla parola Cirene. 7 sidera, an
pranno che molti sono . Così, imagina, ch'esse innumerevoli . nox : cadenza si
Lesbia e Catullo. mile nel v . 5 del precedente. 8 hominum :
1 Quaeris : principio, poi, caro a Pro elle sono dee. uident : non sono le stelle
perzio : cfr. 2, 1, 1; 2, 31 , 1 e altrove . gl'infiniti occhi del cielo, di Argus Pa
basiationes : anche questa parola è del noptes, di Indra ? Mur.riporta il soavis
solo Catullo e del suo imitatore Mar simo epigramma di Platone: Gli astri
ziale. 2 Tuae dopo mihi : gran parte miri, Astro mio : avessi a mille, Come il
della grazia Catulliana deriva da questo ciel che ti fissa, io le pupille. Ma legge
insistere sui personali, come è vezzo telo in greco. 9 te: sogg. basia : acc. in
infantile. Satis superque assai e d'avan terno. multa : bellissima questa ripresa
zo ’ : locuzione comune: l'ha però anche del v. 7, che accosta sidera a basia , il
Orazio ; ma in Epodon, 1 , 31 : Satis su cielo all'amore. 10 Vesano, più che in
N— CATVLLVS. 51

Quae nec pernumerare curiosi


Possint nec mala fascinare lingua .
XVII . (XXXVIII
Malest, Cornifici, tuo Catullo ,
Malest me hercule et laboriose ,
Et magis magis in dies et horas .
Quem tu, quod minimum facillimumque est ,
Qua solatus es allocutione ? 5

sano. 11 Quae con valore consecutivo nifici: è forse il poeta nominato da Ovi
in modo che '. pernumerare C contare . dio (7, 2 , 436) con Catullo e Calvo e
solo sapendone il numero, l'invido poteva altri ; è forse il medesimo di cui Hie
gettar le sue arti. Non si era nel prec. ronymus, ann . 713/41 : Cornificius poeta
spiegato bene, seppure il tantum nell'ul a militibus desertus interiit, quos saepe
timo verso non valeva ciò che tanto fugientes galeatos lepores appellarat. 2
in nostra lingua : una somma che non me hercule : l'iato dell'ultima breve è
determiniamo altrui ma che è determi insopportabile : quindi il L. propose ei
nata in noi, Cfr. Plauto Bacch . 2, 3, 37 : et, con dura synaloephe ; il B. et a ! ap
reddidit ducentos et mille Philippuin . Tan poggiando anche il secondo avverbio con
tum debuit, curiosi : aggiunge al signifi una esclamazione. Se buona fosse la le
cato del nostro curioso ’ , un'idea d'invi zione di questo verso di Fedro (3, 17,8)
dia : Plaut. Stich. 1 , 3, 54 : Nam curiosus At mehercule narrabit quod quis uoluerit,
nemo est quin sit maliuolus. 12 mala l'e finale di mehercule sarebbe stata an
lingua, nom . sing. con sott. possit. Cfr. cipite. E qui Catullo l'avrebbe abbre
Verg. Ecl. 3, 103: ne uati noceat mala viata in tesi, avanti vocale, secondo
lingua futuro. Nel lodarsi o sentirsi lo questi altri tre suoi esempi : Non ita
dare bisognava dire praefiscini, se non me dii ament [XCVII) ; Vno in lectulo
se ne voleva aver danno.fascinare nuo erudituli (LVII] ; ma il B. lecticulo ; Te
cere ’ ripetendo quel numero. in circo te in omnibus [LV]. laboriose :
si dice di malattia : cfr. Cic. Phil. 11, 4:
3. Intermezzo doloroso. non miseros, sed laboriosos solemus di
cere, quelli che soffrono per mali cor
XVII. CATULLO MALATO DI DOLORE. porali. Dunque Catullo era malato. 3
Una funesta notizia trae il poeta in magis magis : più vero e più concitato
namorato a Verona nel 694 o '95. Il suo che con la congiunzione. in dies et horas
fratello è morto nella Troade lontana. ogni giorno, ogni ora 4 Quem tu ' e
Quanto egli l'amasse, vedremo. Nella tu – lo '. quod — est : è apposizione del
sua natura infantile, si volge appassio verso seguente . 5 Qua : s'intende, con
natamente agli amici, dai quali spera nessuna . allocutione : cfr . Varrone LL.
conforto . Secondo me, Cornificio (forse , 6,57 : allocutum mulieres ire aiunt quom
a detta dello Sch. , veronese anch'esso eunt ad amicam in luctu consolandi causa.
e anch'esso, come dalla chiusa del pic . E Seneca, ad Marc. 1 , e ad Hel. matr.
colo biglietto , poeta) è uno di questi. Ma adopera allocutio in questo specialissimo
altri altrimenti: Heyse seguito da molti senso di conforto a chi è in lutto '. E
crede questa poesia l'ultimo grido, l'ul Ovidio (T. 8, 18) ha adloquiis leuare,
timo sospiro del poeta morente ; ma a dopo aver parlato nel 14, lc, di esse
me ripugna credere che avesse poi a quiae. Prendiamo dunque allocutione nel
dire, come Orazio ( S. 1 , 10, 92) I, puer, suo senso proprissimo, e seguiamo il V.
atque meo citus haec subscribe libello ; a nel credere che Catullo qui parli della
quel libellus per il quale doveva poi morte del fratello. Sta bene ciò che il
scrivere la dedica e dirlo lepidum. Ma B. ricorda che era dover d'amicizia ui
altri veda . sere gl'infermi; ma anche consolarli con
1 Malest sta male ' ; e s'intende versi ? Quanto più naturale che Catullo
tanto dello spirito (come in Cic. Verr. s'aspettasse da altri ciò che egli fece a
4, 42 , 95 : numquam tam male est Siculis Calvo, per la morte della Quintilia sua ;
quin aliquid facete et commode dicant) , [XCVI]; ciò che Manlio gli domandò
quanto del corpo (come in Mart. 10, 13 : (LXVIII]; ciò che Orazio fece a Virgilio
Vis dicam male sit cur tibi, Cotta ?). Cor nella morte di Quintilio Varo (C. 1, 23);
52 LYRA ROMANA.

Irascor tibi, sic meos amores ?


Paulum quid lubet allocutionis,
Maestius lacrimis Simonideis .
XVIII . ( xxx)
Alphene immemor atque unanimis false sodalibus,
Iam te nil miseret , dure , tui dulcis amiculi ?
Iam me prodere, iam non dubitas fallere , perfide ?
Nec facta impia fallacum hominum caelicolis placent.
Quae tu negligis, ac me miserum deseris in malis. 5

e vai dicendo. 6 Irascor tibi mi scor Alfeno, a Catullo, che egli ti chiami qui
ruccio con te ?, non sono adirato ' . sic false e poi dure e poi perfide e poi ini
meos amores ? sott. col Mur. a te parui que ? Fingevi d'essere amico, e non eri;
fieri; o meglio tibi esse; e sie nel senso non avevi pietà dell'amico sventurato;
di tales; e io non esiterei a interpungere rompesti la fede giurata ; non amasti
dopo irascor, se non mi paresse facilis come eri amato. Sono, invero, nonostante
simo sottintendere tibi anche nella se la foga, rimproveri d'amico più che con
conda proposizione ; dunque tale è tumelie di nemico . Sono inviti a riamare
presso te cfr. Cic. ad fam. 15, 15 : ma più che dichiarazioni di odiare. Perciò
yni erunt mihi tuae litterae ; e Terenzio, credo che si tratti di ciò che rimprovera
Phorm . 3 , 2, 42 ; sic sum : si placeo, utere; a Cornificio : non essersi fatto vivo nella
e altri altrove. meos amores l'amato disgrazia sua familiare. Tanto più che
mio ', ossia, a mio parere, il fratello . 7 Alfeno era cremonese e forse conosceva
Paulum quid = paulum aliquid , come in non solo Catullo, ma anche il povero
Cic. de or. 1 , 95 : paulum huic aliquid fratello. 2 Iam proprio ora ’, dure crude
poterit addere: un pochino '. lubet mi le '. tui dulcis amiculi; più con tenerezza
piacerebbe ?: coi pronomi neutri non è ingenua che con acerba ironia : ricorda
raro lubet e licet predicato. 8 Maestius nel prec. tuo Catullo. 3 prodere ' abban
anche più mesto ': non esige il poeta donare ?. dubitas esiti '. fallere man
versi ilari o che abbiano effetto d'esi carmi’. perfide ' mancator di fede '. 4
larare. Pare che prevenga la scusa del Nec (= non , secondo AS.) è, secondo
l'amico : ' in tale tua sventura, che ti Sch., guasto . Egli propone num , il B.
posso scrivere che non abbia virtù di nunc, facendo interrogativa la frase.
fartipiangere anche maggiormente ? ' la L'E. conserva il nec, ma segna una la
crimis Simonideis ' dei Opñvo di Simo cuna di tre versi. Io intendo con altri
nide ' di quei canti melanconici che Ora nec tamen, e la semplicità Omerica (cfr.
zio (c. 2, 1, 38) chiama Ceae — munera Od. 383) dell'affermazione mi pare pro
neniae. prissima della maniera ingenua del no
XVIII. UN INGRATO . Nella me stro, col richiamo di fallere in fallacum ,
desima sventura da uno stesso creduto colla ripresadel concetto negli ultimi
oblio è provocato questo canto che sa due versi . All'amico par così facile e
di febbre e di delirio. naturale mancar di fede : non dubitas; e
1 Alphene (in alcuni codd. catulliani il poeta amaramente gli ricorda una
e in iscrizioni si trova scritto collif) : sentenza incontrastabile, facile questa
forse l'Alfeno Varo, che fu consul suf sì e naturale. 5 Quae, cioè facta impia
fectus 20 anni circa dopo, nel 715 : quel negligis ( parui pendis) non conti
l'Alfenus uafer (Hor. S. 1 , 3, 130) di cui Negligere ha per oggetto nomi sì di cose,
Porfirione: Alfenum Varum Cremonen come lex, che si devono rispettare, e sì
sem deridet, qui abiecta sutrina , quam in di altre, come uis, che si possono te
municipio suo exercuerat, Romam petit mere ; ma duro è unirlo con facta impia
magistroque usus Sulpicio iurisconsulto ad suoi propri, non altrui. Bene nel [ XXIII)
tantum peruenit, ut et consulatum gereret Catullo avrebbe potuto dire invece di
et publico funere efferretur. immemor" in non (timetis) facta impia, negligitis f. i.;
grato ’, unanimis d'un solo cuore ’: cfr. ma qui non bene, se non aggiungendo
Plaut. Stich. 329 : ego tu sum , tu es ego ; ( comein Orazio C. 1 , 28, 31) committere
unanimi sumus. false infedelé ', costrui o simili. Tuttavia facta, richiamato dal
to col dat. come infidus. Che hai fatto , relativo, non potrebbe assumere un va
N - CATVLLVS . 53

O heu quid faciant, dice, homines, cuiue habeant fidem ?


Certe tute iubebas animam tradere, inique, me
Inducens in amorem, quasi tuta omnia mi forent.
Idem nunc retrahis te ac tua dicta omnia factaque
Ventos irrita ferre ac nebulas aerias sinis. 10
Si tu oblitus es, at dii meminerunt , meminit Fides,
Quae te ut paeniteat postmodo facti faciet tui.
xix. [Lxv]
Etsi me assiduo confectum cura dolore
Seuocat a doctis, Ortale, uirginibus,
Nec potis est dulcis Musarum expromere fetus
Mens animi , tantis fluctuat ipsa malis :

lore participiale ? quae tu negligis facta , XIX . CATULLO, PUR NEL DOLORE,
quasi, te fecisse ? Il B. muta quae in quem NON OBLIA. Con questa breve epistola
ponendo questo verso dopo il secondo, elegiaca, da Veronaforse e nel 695 di R.,
si che si riferisca ad amiculi. Altri al manda a Ortalo, che probabilmente è il
trimenti. Può forse riferirsi a ciò a cui celebre Q. Hortensius, grande oratore e
si riferisce facta impia , cioè prodere e poeta non grande, la traduzione del
fallere. Ma non oso concludere. deseris πλόκαμος Βερενίκης di Callimaco..
lasci solo ' in malis ' nella disgrazia ' ; Gliene aveva fatta promessa, a Roma,
secondo me, quella stessa per cui ha prima della sventura ; e considera, come
detto : Malest Cornifici — Malest, meher debito, tale promessa , egli in tanto dolor
cule, et laboriose. 60 heu , così i codd. suo , tra tanta indifferenza altrui. E l'a
e così ho scritto, conservando questo dempimento di essa, ora che, per la
esempio, sia pur unico, di o ed heu ac mestizia, non può comporre di suo, l'ha
coppiate: sebbene è in Ennio (Cic. de off. forse distratto e sollevato.
1 , 139) o domus antiqua heu. Le edd . 1 Etsi : l'apodosi comincia con sed
hanno eheu , dice : i codd. dico; emendò tamen del v. 15 ; e tanto la protasi quanto
l'E. dehinc AS. Altri dic. cuiue h. f.; se l'apodosi hanno Ortale. Ampio è il pe
un amico come te abbandona uno sven riodare di Catullo nell'elegie; di che ve
turato come me ? 7 Certe conferma il demmo esempio a p . 46. Degl'italianiè
prec. e dà forza insolita al seguente in ciò notevole il Foscolo, il cui sonetto
Oh ! sì,perchè’tute (= tu ) ' fosti tu che Nè mai più toccherò tue sacre sponde '
per primo '. iubebas mi dicevi ’. animam è il più bell'esempio di elegia nostrana,
la mia vita ' in modo che la mia dive che io conosca. confectum ' rifinito ”. Un
nisse animae dimidium tuae. inique: per cod . autorevole ha defectum che il B.
chè volesti, non amando, essere amato. ritiene, confermandolo con esempi. cura
me, aggiunse Avanzi. 8 Inducens at è la causa ; dolore l'effetto . 2 Seuocat
tirando' quasi inliciens, pelliciens. tuta trae lontano . a doctis, uirginibus :
omnia (i codd. omnia tuta senza verso) dalle muse dette doctae anche da
come per le fiere e gli uccelli , a cui si Ovidio e Virgilio. Non il dolore , ma la
dissimula con frasche il laccio o il tra convalescenza dal dolore, esprime dal
bocchetto, 9 Idem nunc ce ora al con l'animo la poesia. Dopo il temporale,
trario '. retrahis te ' ti scosti da me ? che percosse e pestò i fiori già sboce
10 irrita ' quasi non detti, quasi non ciati, altri fiori spuntano e sbocciano al
fatti '. ferre : imagine comunissima : Ca sereno. Ma ci vuole il sereno : Carmina
tullo stesso nel [LXIV] 142 : Quae cuncta proueniunt animo deducta sereno, dice
aerii discerpunt irrita uenti. nebulas: i Ovidio, T. 1 , 1 , 39. 3 potis est = potest.
venti li portano alle nuvole e le nuvole expromere produrre di suo ': expressa
li spargono per tutto. 11 Si : asindeto al v. 16, vale tradotti ? da altri. fetus,
pieno di passione, at (i codd. ut e forse poichè è metafora anche vegetale, tra
sta bene : Fides, come è Dea e come gli duci * fiori ’. 4 Mens animi: espressione
dei sono memores fandi atque nefandi, ridondante, come le notissime di Omero
Fides se ne ricorda.) = at saltem . 12 per esprimere l'io nostro chiarissimo e
postmodo che indica il fut. opposto al oscurissimo. tantis quisì gravi '. fluc
pres., va unito con faciet : ' farà si poi '. tuat è trabalzata '. ipsa , opposto a
54 LYRA ROMANA.

Namque mei nuper Lethaeo gurgite fratris 5


Pallidulum manans alluit unda pedem ,
Troia Rhoeteo quem subter litore tellus
Ereptum nostris obterit ex oculis :
Alloquar, audiero numquam tua facta loquentem ,
Numquam ego te, uita frater amabilior, 10
Aspiciam posthac ? at certe semper amabo,
Semper maesta tua carmina morte canam,
Qualia sub densis ramorum concinit umbris
Daulias absumptei fata gemens Itylei :
Sed tamen in tantis maeroribus, Ortale, mitto 15
Haec expressa tibi carmina Battiadae,

Musarum : poichè le muse sono altra subter, usato avverbialmente : sotto il


persona dal poeta : e cantano esse o det suo peso '. 8 nostris, non ' miei ', non
tano, e il poeta significa altrui. Ma la di me e dei miei ’ ; ma ' degli uomini '
opposizione sarebbe certo più chiara, se poichè del nostro dolore vogliamo par
si accogliesse col Voss fletus per fetus. tecipi tutti. obterit ' riduce in polvere ’.
malis : ricorda nel prec. il v.5. 5 Namque 9 Verso d'un interpolatore italiano, e
qui comincia e seguita per dieci versi, manca la parola factache altri supplisce
una mesta parecbasis sulla morte del con uerba, fata . Meglio il verso poteva
fratello amato. Lethaeo gurgite (i codd. cominciare con numquam . 10 ego te :
Lethaei, onde l’E. Lethaeo in) può di pronomi accostati congrande tenerezza.
pendere da manans costruito come nel uita ' della mia vita '. 11 at certema
v. 24. E gurges sarebbe = palus e l'agg. almeno ’, anche non morendo, ti amerò
lethaeus dell'oblio avrebbe il valore sempre, ti preferirò sempre alla mia
di stygius. Il B. preferisce l'abl. stru vita. amabo riprende amabilior ; e at
mentale congiunto con alluit o alligat, certe risponde a un quidem sott. posto
Ccome esso congettura . 6 Pallidulum dopo uita, che si oppone a tua morte del
pallido pallido ' come di ombra (Verg. V. seguente. 12 maesta - tua morte
e contristati dalla tua morte '. carmina:
Aen. 4, 26 ). Il B. propone d'unirlo av
verbialmente a manans, e muta pedem il canto, per il poeta come per l'usi
in pedes. manans spicciando lenta '. gnolo, è la sola estrinsecazione della
alluit ' bagna ’. pedem , non perchè Ca vita : dunque tutto il senso è : non ti
tullo si figuri il fratello nell'atto di vedrò più , e ti amo più della vita ; sì
bere, sì come dritto stante presso la che morrò ; pure, anche non morendo,
riviera cui non può, e vorrebbe, rivali non amerò più la vita che non sarà vita,
care . Egli lo vede, forse, nell'atteggia senza te. canam : i codd. tegam che l'E.
mento di quelli che in Virgilio . Aen . 6, ritiene, e spiega: ' terrò nascosti ’. 13
435 , quam uellent aethere alto Nunc Odissea, T 518. cono ait fa heg
et pauperiem et duros perferre labores ! giare ’. 14 Daulias: Philomele era di
Fata obstant, tristique palus inamabilis Daulis, città della Focide, di cui era re
unda Alligat. Al qual proposito quanto Tereo, marito di lei. Così nel mito mo
è più pittoresca la variante innabilis, dificato. absumptei – Itylei (gen. proprio
che ci fa vedere gl' infelici Informi limo contro la teorica di Lucilio) d'Itilo in
glaucaque in ulua (1. c. 416) navigare degnamente ucciso ’. 15 in ºtra ’.mae
çogli occhi la palude inguadabile. Ma è roribus (maeror. est aegritudo flebilis :
possibile un'altra spiegazione : alluit Cic. T. 4 , 18)e pianto ’. 16 huec expressa
unda pedem può essere per : aduertit carmina : i seguenti versi tradotti ’.
pedem ripae (cfr. Aen, 6, 385) ita ut unda Ma expressa in t. m .? o in t. m. mitto ?
allueretur. Tuttavia la prima più miar Considerando la protasi e specialmente
ride, quando ripenso ai v. 67 © 128 e '29 il v. 3 e il verbo expromere, par giusta
del nostro nel sulla
(LXIVriva
), in del
cui èmare
raffigu la prima interpretazione. Battiadae del
rata Arianna . 7 poeta di Cirene !: o meglio del figlio
Troia è trisillabo e agg. troiana ' . di Batto ' poichè Suidas ha Callimaco
Rhoeteo - litore : ' nella spiaggia Retea figlio di Batto e Mesatma (?). Si tratta
così detta dal nome d'un promontorio e della chioma di Berenice ?. Che Catullo
d'una città, famosa per il sepolcro di non traducesse sola questa elegia, anzi
Aiace, come il Sigeo per quello d'Achille. che solesse tradurne e donarne agli amici,

/
55
N - CATVLLVS.

Ne tua dicta uagis nequicquam credita uentis


Effluxisse ' meo forte putes animo ;
Vt missum sponsi furtiuo munere malum
Procurrit casto uirginis e gremio, 20
Quod miserae oblitae molli sub ueste locatum,
Dum aduentu matris prosilit, excutitur :
Atque illud prono praeceps agitur decursu,
Huic manat tristi conscius ore rubor.
xx . (lxv11 ]
Quod mihi fortuna casuque oppressus acerbo
Conscriptum hoc lacrimis mittis epistolium ,
Naufragum ut eiectum spumantibus aequoris undis
Subleuem et a mortis limine restituam ,
Quem neque sancta Venus molli requiescere somno 5
Desertum in lecto caelibe perpetitur,
Nec ueterum dulci scriptorum carmine Musae
Oblectant, cum mens ansia peruigilat,
pare si possa ricavare dal [ CXVI). 17 ua dranno a suo luogo, quest'opinione. Man
gis n. c. u.: la medesima imagine che nei lio , perduta la giovane consorte, scrisse
v. 9 e 10 del precedente. 18 Effluxisse
e siano a Catu domandandogli consolazione
svaniti ’: anche Cic. ad fam . 7, 14 : ed il poeta risponde che, anch'esso ne'
ex animo tuo effluo. Ortalo, prima che guai , non può appagarlo.
Catullo perdesse il fratello e lasciasse 1 Quod : proprio dello stile epistolare,
Roma, gli aveva domandato di queste come al v. 27 e al 33. Tutta la lettera
traduzioni. Non si deve pensare col B. ha un grande abbandono familiare. for
che lo avesse consigliato a cercare sol tuna casuque : e> da una sventura che mi
lievo al dolore in tali esercizi . A che i recò la sorte non gli uomini, acerbo
versi 5 e 6 ? 19 Ed ecco il poeta che si che mi colse ' anzi tempo '. 2 Conscri
oblia dietro a una imagine, piena di gra ptum – lacrimis scritto con le tue la
zia . Vt: l'altro termine è tua dicta efflu grime ’. hoc ' che ho sotto gli occhi ”.
xisse. sponsi dell'amante '. malum po epistolium : diminutivo molto raro bi
mo ’ : dono solito degli amanti e simbolo glietto '. 3 Naufragum rotta la nave
d'amore. 20 Procurrit corre giù’. 21 mi della tua vita felice, eiectum te buttato
serae da unirsi a oblitae, quasi avverbial al lido '. 4 Subleuem rialzi '. restituam
mente ; ma da tradursi con un'esclama * renda alla vita . 5 Quem : ' te, cui ?.
zione : poichè questo è il piccolo grido che sancta Venus la dea del santo amore
involontariamente ella getta nel vedersi 6 Desertum soletto ? in lecto caelibe
scoperta. Tutto ciò è Saffo attraverso gli nel vedovo letto perpetitur sop
Alessandrini. 22 prosilit ‘ salta su ’. Per porta ’ : è più forte che patitur. Si tratta
chè temere la dolce madre ? La giovi di donna, o più che probabilmente di
netta è in fallo. 23 Atque ed ecco '. illud moglie, rapita dalla morte e non allon
il pomo’: praeceps agitur decursu º ruz tanata, come ad alcuni piacque, dal ca
zola giù per terra ': il verso spondaico priccio. Il poeta riprende, applicandola
fa sentire il tonfo del pomo, 24 Huic a sé, nel v. 13, l'imagine della tempesta
a lei ’. manat ' sgorga ’. tristi'confuso '. e del naufragio : se si tratta di morte
ore viso ’. Noi vediamo la giovinetta, lì, è ragionevole si tratti di morte an
in piedi, cogli occhi al pomo che rotola, che qui. 7 ueterum – scriptorum , come
con la bocca atteggiata alpianto ; e lento di Eonio e degli altri. Musae :nom . plur.
lento il rossore spiccia dal visetto. La 8 Oblectant ricreano '. L. Manlio Tor
madre ha capito. quato,figlio di quel L. Manlio che fu
XX . DA SVENTURATO A SVENT console nel 669, è, secondo il computo
RATO . - Èla risposta a una dolorosa dello Sch., il Torquatus le cui nozze ce
lettera di un Manlius, in cui già il Par lebrò Catullo e ilManlius che qui s'av
tenio riconobbe il Manlius Torquatus le voltola dolente in lecto caelibe. Ora d'esso
cui nozze Catullo celebrò col [LXI). Lo che è uno dei personaggi del primo e
Sch . suffraga con argomenti che si ve secondo libro de finibus, dice Cicerone :
56 LYRA ROMANA .
Id gratum est mihi , me quoniam tibi dicis amicum,
Muneraque et Musarum hinc petis et Veneris : 10
Sed tibi ne mea sint ignota incommoda, Manli ,
Neu me odisse putes hospitis officium ,
Accipe, quis merser fortunae fluctibus ipse,
Ne amplius a misero dona beata petas.
Tempore quo primum uestis mihi tradita pura est, 15
Iocundum cum aetas florida uer ageret,
Multa satis lusi : non est dea nescia nostri,
Quae dulcem curis miscet amaritiem :
Sed totum hoc studium luctu fraterna mihi mors
Abstulit. o misero frater adempte mihi , 20
Tu mea tu moriens fregisti commoda, frater,
Tecum una tota est nostra sepulta domus,
Omnia tecum una perierunt gaudia nostra,
Quae tuus in uita dulcis alebat amor .
Cuius ego interitu tota de mente fugaui 25
Haec studia atque omnis delicias animi.

quid tibi, Torquate, litterae, quid hi curis : acutamente ha rilevato il B. lo


storiae cognitioque rerum , quid poetarum strano di mescolare questi due elementi,
euolutio , quid tanta tot uersuum memoria il dolce amaro e gli affanni d'amore ; il
uoluptatis adfert? 1, 7, 25. Il raffronto è dolce e l'amaro, sì, la gioia e l'affanno,
molto persuasivo. peruigilat ' veglia tutta sì ; come nel v . 96 del [LXIV] : Sancte
la notte ' . 9 Id riprende Quod — mittis. puer, curis hominum qui gaudia misces ;
10 Muneraque : il que ha valore causale : ma l'amarezza dolce da una parte e dal
e perciò ' che ti sono amico. munera l'altra ciò che fa amaro il dolce, no. Onde
Musarum , sono i versi ; e munera et M. congettura : uitis. Ma uitis che non può
et V., sono versi d'amore, ' elegie come essere se non dativo, non si giustifica
gli Alessandrini dedussero da Mimnermo certo con curis del v. cit., che è abl.; o io
e da essi Catullo. hinc da me '. 11 non intendo. Per me , non resta altro, se
ignota. Dunque nemmeno Manlio sapeva non credere che le curae siano º pensieri
della disgrazia dell'amico. incommoda d'amore ' bensì,ma non necessariamente
guai ’. Manli: i codd. hanno veramente amari, se non a un certo tempo ; che
Mali. 12 Neue perchè tu non ’. me o anzi anche allora l'amarezza è dolce. Sic
disse che io abbia in uggia ' hospitis chè la frase varrebbe: efficit ut curae sint
officium ' il mio dovere d'ospite '. Era amarae eaedemque dulces. E che almeno
forse di questo dovere anche andare al. cura, al sing., da se non significhi qual
locutum l'ospite sventurato ? E Manlio che cosa d'amaro come vuole il B. che
aveva domandato all'amico che andasse cita amara curarum di Orazio (C. 4, 12,
a sollevarlo (v. 4) , andasse a rendergli 20), parmi si possa indurre da Properzio,
la vita, portandogli i doni et Musarum 1 , 15, 29 : Muta prius uasto labentur flu
et Veneris e paullum quid - allocutionis ? mina ponto, Quam tua sub nostro mu
Vedremo al v. 27. 13 Accipe ' apprendi ’. tetur pectore cura . Qui cura è amore,
quis = quibus. merser e sia sommerso come altrove. È vero che, anche in ita
ipse ' io ' : il tutto opposto al v. 3. 14 liano, altro è pensiero, altro pensieri!
a misero da uno sventurato '. beata 19 totum hoc studium amare e cantar
opposto a misero : avventurati non , d'amore '. luctu ' col pianto ’ : 20 Ab
abbondevoli o ricchi. 15 Tempore quo stulit : secco come un singulto. E il poeta
primum appena '. uestis pura la si abbandona al suo dolore. 21 Tu mea ,
toga virile ' ch'era pura cioè senza l'orlo tu : come sono intrecciati appassionata
di porpora, quale indossavano prima dei mente l'io e il tu ! fregisti commoda,
sedici anni. multa satis , hyperbaton. lusi, spezzasti la mia felicità per sempre
per quanto il senso ne possa esser dop Richiama il v. 11. 22 domus famiglia '
pio, intendo come a p. 32, nota 2. non 23 gaudia nostra : ' di me e della casa
est — nescia : litote : mi conosce assai 24 in uita mentre eri in vita '. 25
bene '. 18 dulcem - amaritiem : oxymo Haec studia, secondo il B. ' lo studio del
ron comunissimo. E cfr. p. 45, nota 13. poetare '. Forse, invece, lo studium del
N - CATVLLVS . 57
Quare, quod scribis Veronae turpe Catullo
Esse, quod hic quisquis de meliore nota
Frigida deserto tepefactat membra cubili,
Id , Manli, non est turpe, magis miserum est. 30
Ignosces igitur, si , quae mihi luctus ademit,
Haec tibi non tribuo munera , cum nequeo .
Nam , quod scriptorum non magna est copia apud me,
Hoc fit, quod Romae uiuimus : illa domus,

v. 19 è qui divenuto plur. per la men che Catullo non lo andasse a trovare :
zione della domus, e dei gaudia nostra sicchè hic non indicherebbe nè Roma ,
che sono le gioie familiari. 26 omnis accennata poi con illa e illic, nè Verona,
delicias animi: secondo il B. “ ogni pen a cui anzi sarebbe opposta. Manlio di
siero d'amore '. Ma forse è la conclu morava, mezzo malato, molto triste, forse
sione e la somma di tutto. 27 , 28 e 29 vedovo, certo solo, in una città forse vi
Ritorna, dopo lo sfogo, calmo, quasi cina a Verona, ma a noi ignota . 28 de
freddo, all'amico. Quare quod : trapasso meliore nota : metafora tratta dall' im
dello stile epistolare. Il resto del verso primere nelle amphorae e nei cadi i nomi
col 28 e 29 è un viluppo di difficoltà ! Già dei consoli, sotto i quali erano fatti e
i codd. hanno al 29 tapefacit senza verso ; riempiti o l'indicazione del vino che
che il L. muta in tepefaxit, Bergk in te contenevano e della sua età. Melior dun
pefactet, l'E. in tepefacsit, e altri altri que era la nota che si riferiva ad anni
menti. Anche il quisquis è sospetto e dal più lontani. Orazio (C. 2, 2, 8) la chiama
L. mutato in quiuis : altri aggiunge est interior, perchè le anfore col vino più
in fine al verso. Per certuni il senso vecchio restavano naturalmente più den
questo : ' quanto a ciò che scrivi che tro la cella. Dunque de meliore nota qui
disdice a Catullo starsene a Verona, significherà un hospes o un amicus (cfr.
poichè a Roma (hic) i giovani appena iv.9 e 12) divecchia data ’. 29 E questo
più che plebei e poveri hanno preso il verso richiama troppo esattamente il
suo posto nell'amor di Lesbia '. E si con v. 6 ; sì che si deve trattare della stessa
netterebbe a ciò che Catullo ha detto di persona e della stessa cosa. tepefactat :
non saper più amare. Ma hic è una grande tra labefacio e labefacto c' è differenza ,
difficoltà ; poichè se Manlio aveva scritto che chiara si vede in questi due esempi :
da Roma, Catullo doveva dir istic ; se da quem nulla ambitio – Mouere potuit in
altra città, parlando di Roma, illic. Il B. iuuenta de statu, Ecce in senecta ut facile
supponendo torpescit per tepefacit, ricava labefecit loco etc. Laberio in Macr. Sat.
quest'altro senso starsene a Verona, 7, 2. Hoc praesidium adhuc firmum esse
perchè in Verona i giovani anche più confido : sed ita multi labefactant ut, ne
nobili sono senza amori ’. Sarà : ma, moueatur, interdum extimescam. Cic. ad
a ogni modo, che strano vedovo ! che Brut. 1 , 10. Labefucere è far crollare ,
strano rimprovero contiene un ' conscri labefactare tentare di far crollare. Sia la
ptum lacrimis epistolium ' ! Per me, ri stessa differenza tra tepefacere e questo
tenendo coi codd. Catulle al voc., pre tepefactare che vorrà dire cerca di ri
ziosa traccia, leggerei : Quod scribis : scalducciare ’. 30 Manli, qui espresso
Veronae turpe, Catulle, Esse, quod hic qui (cfr. v. 11) in tono di rimprovero amo
sit (ma bisognerebbe ingegnarsi meglio revole che s'avvolge in un sospiro. non
in quel quisquis) de meliore nota etc. E est turpe; e nello stesso tono è ripetuto
intenderei: Tu nel tuo dolore trascendi turpe, come se il poeta aggiungesse : ora
à rimproveri gravi : dici che è brutto vedi eh ? che brutta parola. magis e si,
che io me ne stia a Verona, mentre il . piuttosto '. 31 mihi a cui è opposto il
mio buon amico cerca di riscalducciare tibi del seg. 32 munera , accennati nel
il suo corpo preso dal freddo mortale v. 10. 33 Nam : ellissi : c'è un'altra ra
nel suo vedovo letto. L' hic sarebbe qui gione : nel fatto ' scriptorum = librorum .
giustificato, come l'hoc nel v. 2 : e anche Però si sarebbe tentati, raffrontandoli a
meglio : poichè qui tutto sarebbe discorso questo, di dare altro senso ai v. 7 e 8 ;
di Manlio . Frigida, ricordando il frigi asi Manlio scrivesse che egli non
dulos singultus del (LXIV] 131 , e frigida aveva ueteres scriptores, con cui aiutarsi
e frigus del [XLIV ] v. 13 e 20, e il v . 4 nelle lunghe veglie. Si direbbe che do
diquesta medesima, accenna a malattia, mandasse all'amico tre cose : una visita,
prodotta in Manlio dal dolore. Dunque un'allocutio , almeno, poetica, oppure li
egli, oltre il resto, si sarebbe lamentato bri di poeti. Ma il B. qui intende che
58 LYRA ROMANA .
Illa mihi sedes, illic mea carpitur aetas : 35
Huc una ex multis capsula me sequitur.
Quod cum ita sit, nolim statuas nos mente maligna
Id facere aut animo non satis ingenuo,
Quod tibi non utriusque petenti copia facta est :
Vltro ego deferrem , copia siqua foret. 40
XXI. [Lxviii ]"
Troia, nefas, commune sepulcrum Asiae Europaeque,
Troia uirum et uirtutum omnium acerba cinis, 50
Quaene etiam nostro letum miserabile fratri
Attulit. ei misero frater adempte mihi,
Ei misero fratri iocundum lumen ademptum ,
Tecum una tota est nostra sepulta domus,

Catullo, oltre a non poter verseggiare per il ragionevole sospetto di lacuna più
per il suo lutto, non può perchè gli estesa che d'un verso, dopo il v. 7, e
mancano libri onde attingere miti e d'un'altra dopo il 101. Tuttavia chiaro
35 domus sedes : progressione : idee.
la ne è il disegno. Il poeta vuol fare un
mia casa, il mio nido '. carpitur si canto perchè il nome di Allius non resti
consuma ’. 36 Huc : qui in Verona. una oscuro. 1-10 ; perciò parla dell'amor suo
- capsula : i volumi si tenevano in casse. per Lesbia, al quale Allio soccorse 11-32 ;
sequitur ( pres. poetico) come compagna Lesbia ricorda al poeta l'ardente Lao
di viaggio. Cfr . Orazio, s. 2, 3, 11 : Quor damia e la sua sventura di perdere il
sum pertinuit stipare Platona Menan marito nella terra d'Ilio, 33-46 ; e que
dro? Eupolin , Archilochum comites educere sta terra (47-50) di sventura per tanti,
tantos ? 37 Quod cum ita sit : formula ricorda a lui il recente suo danno 51-60 ;
prosastica . statuas 'che tu pensi ’. mente poi ritorna alla luttuosa spedizione 61-64,
maligna : un proprio avverbio italiano e da questa di nuovo a Laodamia 65-90 ; e
trasposto : ' per tirchieria ?. 38 animo> da. Laodamia di nuovo a Lesbia, a Le
n . 8. i. per poca nobiltà di cuore sbia infedele ora, come ardente era allo
39 non utriusque = neutrius: checchè ra, 91-108 ; e conclude, come ha comin
dica il B., mi pare si debba intendere ciato, con Allio e il suo benefizio . I
che Manlio due cose avesse domandate versi dunque che leggi, sono come il
a Catullo. Per me anzi, ce ne sarebbe centro, il penetrale, di questo carme.
una terza, la quale però significa nel 49 e 50 Questo distico col prec., uni
y, seguente. facta : i codd . hanno posta sce la parte centrale alla terza. nefas :
(= posita) che l'E. ritiene : altri emenda esclamazione comune d'orrore. Asiae Eu
praesto est, porcta , parta, apertu, prom ropaeque : le elisioni (come nel noto vir
pta. 40 Vitro senz'altro '. deferrem , giliano Monstrum horrendum informe in
(Orazio Epl. 1 , 12, 22: siquid petet, ultro gens) e la cadenza spondaica significano
defer ) ' ti esibirei ’: L'ogg. di deferrem ? l'orrore di che è preso il poeta al ri.
certo utrumque quod petis ; sì che a me cordo della terra funesta. Ma Europa,
arride più ' verrei a portartele '. Cfr . osserva il B., è in simili locuzioni messa
Plauto Trin . 4, 2, 113 : quod me aurum sempre avanti ad Asia, e perciò non è
deferre iussit ad gnatum suum , e così irragionevole l'emendamento dei com
epistolam al ) , c. 107. Quindi ci sarebbe mentatori italici Europae Asiaeque. 50
un cenno anche per l'altra domanda. Ma uirum et uirtutum omnium = - uiroruni
il tutto è irto di difficoltà, per me, ine uirtute praestantium omnium . Notevoli
stricabili. le tre ecthlipsis, che esprimono un dolore
XXI. TERRA DI SVENTURA . È un immenso con lenta solennità ; come nel
passo di quell'elegia di cui il Mur., co [LXXIII] 6 : qui me unum atque unicum
noscitore buono se mai altri , dice che amicum habuit, acerba ' immatura '. ci
è pulcherrima - atque haud scio an ulla nis. traduci : ' rogo ’. 51 Quaene quip
pulcrior in omni latina lingua reperiri pe quae) etiam che quella anche E
queat; di quell'elegia di cui diedi iprimi emendamento di Heinsius da que ue
versi a pag. 45. Essa è lavorata con fi tet id dei codd. E. ha Qualiter. 52 ei :
nissimo artificio Alessandrino, che però esclamazione. Qui vede il dolor suo sol
non ci è dato discernere esattamente, tanto, e sè chiama misero ; 53 e qui si
N - CATVLLVS . 59
Omnia tecum una perierunt gaudia nostra,
Quae tuus in vita dulcis alebat amor ;
Quem nunc tam longe non inter nota sepulcra
Nec prope cognatos compositum cineris,
Sed Troia obscena, Troia infelice sepultum
Detinet extremo terra aliena solo . 60
XXII. (VIII]
Miser Catulle , desinas ineptire ,
Et quod uides perisse perditum ducas.
Fulsere quondam candidi tibi soles,
Cum uentitabas quo puella ducebat
Amata nobis quantum amabitur nulla. 5
Ibi illa multa tum iocosa fiebant,
Quae tu uolebas nec puella nolebat.
Fulsere uere candidi tibi soles.

corregge dando questo nome al fratello dulce inihi est (v. 119, 120). Tornò quindi
che provò, esso, il triste passaggio dalla in Roma dove era la sua domus e la sua
luce alle tenebre : onde grande pietà. sedes, e la luce sua. Tornò forse nel 695.
54 Cfr. del prec. il v. 20 e 22. Quando Clodia non l'amava più.
il dolore ha trovato la sua formula, non 1 Miser Catulle: egli parla a sè stesso,
la varia per vezzo. 55 e 56 : sono i me come sovente : cfr. pag. 45. desinas : cong.
desimi che i 23 e 24 del prec. 57 E qui esortativo, più antico e più tenero del
aggiunge altre ragioni di lagrime. tam l'imperativo. Avanti questo c'è sottin
longe così lontano '. nota ' noti ’, di con teso, Voglio ; avanti quello, Prego. inep
cittadini. 58 cognatos ' di parenti '. com tire: è ineptus secondo Cic. de or. 2, 17,
positum è come opposto a sepultum del chi, per es., non vede tempus quod po
v. seg. Si dice componi delle ceneri nel stulet. Per Catullo era ora d'obliare. 2
l'urna, e c'è come l'idea d'una premura quod uides p. p. d. È come proverbio :
non venale, non straniera. Ricordati ' ce Plauto Trin. 1026 : quin tu quod periit
l'accomodo ' della madre in Manzoni. ci perisse ducis ? 3 quondam indica un pas
neris : qui è maschile. 59 obscena del sato che fu durevole : ' un tempo '. can
malaugurio ’ infelice della morte ’. 60 didi soles : direi giorni di sole ’ ; poi
Detinet ' serra '. extremo -- solo all'estre chè soles pur valendo ' giorni ’, e candidi
mità del mondo ' : sarebbe la ripresa di felici ’, conservano il primitivo signi
tam longe, terra aliena terra stranie ficato. 4 uentitabas solevi spesso an
ra ’, non la tua, tra i sepolcri de ' tuoi dare ’. ducebat : c'è chi preferisce dice
terrazzani e presso le urne de' tuoi pa bat. Ma il verbo duco è, a parer mio,
renti. Di quiritorna all'antica avventura adoperato nel senso di ducem esse : e io
e a Laodamia, e alla ammaliatrice Ro vedo la bellissima matrona muovere per
mana. L'intermezzo della morte è per vie ombrose e silenziose , dove sono le
finire, e ricomincia l'amore, che il poela vecchie case dalla soglia trita e mac
troverà della morte anche più amaro. chiata d'erbe , e a distanza da lei, pur
4. - Nuvolo e sereno . con lei , vedo il poeta. 5 nobis: non ti
XXII. - PROPONIMENTO D'INNAMORA sfugga l'improvvisa dolcezza di questa
parola. L'innamorato prova uno strano
TO. - Già nella elegia ad Allio, Catullo sdoppiamento del suo io : l'uno ragiona,
riandando i primordi del suo amore in l'altro freme; e il primo vede piangendo
terrotto dalla morte del fratello, aveva l'altro soffrire . A un tratto i due si fon
fatto capire di essere più che mai inna dono, e doventano l'uno che ama, che
morato di Clodia, sebbene avesse saputo ama semplicemente . 7 nec - nolebat : sa
che non era uno contenta Catullo (v. 95). rebbe non negava ’; ma è tradire più
Egli per cui il fratello morto era uita che tradurre . Dovrebbe conservarsi il
amabilior, ora salutava la infedele con contrasto della parola nella somiglianza
le soavissime parole : mihi quae me ca del significato : per es. così: Sì, tu di
rior ipso est Lux mea, qua uiua uiuere cevi, e, No, non diceva ella. 8 uere: è
60 LYRA ROMANA .

Nunc iam illa non uolt : tu quoque inpotens noli ,


Nec quae fugit sectare, nec miser uiue 10
Sed obstinata mente perfer, obdura .
Vale , puella. iam Catullus obdurat.
Nec te requiret nec rogabit inuitam :
At tu dolebis, cum rogaberis nulla.
Scelesta , uae te. quae tibi manet uita ! 15
Quis nunc te adibit ? cui uideberis bella ?
Quem nunc amabis ? cuius esse diceris ?
Quem basiabis ? cui labella mordebis ?
At tu , Catulle, destinatus obdura .
XXII). [Lxxvii]
Rufe mihi frustra ac nequicquam credite amico
(Frustra ? immo magno cum pretio atque malo) ,

detto con un sospiro di rimpianto. 9 ceris ? tu che eri detta la Lesbia di Ca


Nunc, opposto al quondam del v . 3, che tullo. 19 At tu : all'improvviso si ri
nel v. 8 è sostituito dall'espressione del volge dalla donna a cui parla e quasi
rimpianto. iam — non e non - più ’. in vede supplice d'amore, a sè stesso : par
pote : così i codd. supplì l'Avanzi. inpo che dica : non cedere subito, aspetta an
tensè, per me, in senso causale : ' perchè cora. destinatus, poichè non si trova,
non puoi '. Altri sfrenato e perciò detto di persona, significare ‘ fermo nel
preferiscono inpotens ne sis dello Scal: tuo proposito ', il B. propone destinasti
10 quae fugit sectare: i due verbi sono ut. Un codice e le antiche edd. obstina
accostati già in Saffo che il poeta aveva tus, con brutto iato. Accostando a que
quinel pensiero, più che Teocrito, 11 , 75 sto, il v. 11 , a me balena una specie di
e Callimaco ep. 32,5. Poichè il proponi motto d'amore . obstinatus destinatus '.
mento di Catullo è da innamorato, col Destinare in un senso molto affine al
segreto pensiero che αι φεύγει τα nostro destinare è in Verg. Aen. 2, 129 :
Xéws 816 Eei (1,21 ) . 11 obstinata mente et me destinat arae; e altrove. E può
( cfr. [LXVIII ) 37 ) incrollabilmente '. significare anche preso di mira '. A ogni
modo quel participio può non aver va
perfer obdura : asyndeton e più antico lore d'avv. con obdura , ma essere cau
e più efficace ' sta forte, duro '. 12 sale o temporale ; e così tradirebbe la
Detto e fatto : Catullo è già forte, duro, segreta speranza che ha Catullo d'es
incrollabile. 13 inuitam : causale : ‘ poi sere riamato, quando mostrerà di non
chè non vuoi ?. 14 At : ecco, si rivela amar più.
il segreto pensiero : il poeta, perchè ama, XXIII. IL TRADITORE. - Cuius esse
crede di essere amato . nulla : più con
creto e vivo del semplice non . 15 Sce diceris ? aveva domandato Catullo quasi
lesta, uae te : parole più di compassione baldanzoso . Ecco : Clodia era detta la
molto viva, che di esecrazione : scia Clodia di Celio Rufo. Questi, amico di
gurata, meschina a te ’. uae te è di pietà, Cicerone e di Catullo, del quale era su
uae tibi, di minaccia. Ma i codd. hanno per giù coetaneo, oratore violento , verso
ne te. tibi manet : manere col dat. signi il 695 aveva preso a pigione una casa
fica certum esse : dunque ' t'è preparata ' sul Palatino, nell'insula di P. Clodio. Il
16 Chi ama sente che l'amor suo è vita giardino era in comune con la casa dove
nè solo a sè. Quis nunc te adibit ? ' chi Clodia abitava col fratello . Il giovane
verrà ora a te ', se non vengo io ? cui elegante e quella che egli doveva poi
uideberis bella ? ' a chi parrai bella' se chiamare quadrantariam Clytaemestram ,
a me non parrai ? illusione, nata dalla si amarono. Catullo sa ora la causa della
coscienza dell'amor suo. Non occorre ima freddezza di Lesbia.
ginare col B. che Clodia, mortole allora 1 frustra ' senz'effetto '. nequicquam
il marito e con sospetto di veleno, si senza ragione '. amico (altri amice, e
avesse a trovare desolata senza il fido forse meglio) : " Rufo, che amai, in che
appoggio dell'amante, 17 cuius esse di mi fidai'. 2 Frustra ? immo : epanortho
N - CATVLLVS. 61
Siccine subrepsti mei, atque intestina perurens
Ei misero eripuisti omnia nostra bona ?
Eripuisti, heu heu nostrae crudele uenenum
Vitae, heu heu nostrae pestis amicitiae.
XXIV. [Lxxi ]
Desine de quoquam quisquam bene uelle mereri,
Aut aliquem fieri posse putare pium.
Omnia sunt ingrata, nihil fecisse benigne
Prodest, immo etiam taedet obestque magis ;
Vt mihi, quem nemo grauius nec acerbiús urget,
Quam modo qui me unum atque unicum amicum habuit.
xxv. [ x ]
Lesbia mi dicit semper male' nec tacet unquam
De me : Lesbia me dispeream nisi amat.
sis : ' senz'effetto ? l'effetto ci fu ’,magno d'uno a cui i benefizi e l'amore non
cum pretio atque malo, lo pagai caro, valgono a mutar l'animo. pium grato '.
n'ebbi un gran male '. 3 Siccine ecosì 3 Omnia 8. i. ' tutto è ingratitudine ’;
dunque subrepsti ( = subrepsisti) mi pure, cfr. Plauto Asin. 1 , 2, 10 : ingrata
scivolasti nel seno '. mei = mi, intestina inrita esse omnia intellego, quae dedi et
le viscere ’. perurens bruciandomi quod benefeci, dove ingrata ha senso pas
col penetrante veleno de' tuoi denti. 4 sivo di non accette, non ricompensate ?:
Ei: esclamazione. omnia nostra bona'tut Così il valore sarebbe : ' tutto è gettato ”.
to il mio bene ' l'amata nobis ; onde il nihil va unito con prodest del seg. fe
nostra : cfr. il prec. che è richiamato cisse benigne ‘ l'essere buono con gli al
anche da ei misero. 5 Eripuisti: solita tri ’. 4 Prodest si deve all'Avanzi , ed è
ripetizione. 6 pestis : i codd. pectus che l'opposto di obest. B. preferisce iuuerit
il Voss. e dietro lui l'E. ritengono, con che s'opporrebbe sì a obest e sì a taedet.
esempi di Marziale, Stazio e d'altri e taedet obestque magis ' apporta noia e più
intendono : tu, cuore, in cui il mio fidava. anche danno ’. 5 mihi, cioè obest. gra
XXIV. - CHI L'AVREBBE DETTO ! – A uius nec acerbius con più sua rabbia e
Celio Rufo è forse diretto anche que con più doglia mia. ' 6 modo º testè '. qui
st'epigramma, che il Mur. e altri sup posposto per hyperbaton. unum atque
pongono diretto all'Alfeno del [XXX]. unicum primo e solo ': parole spesso
Certo non posso imaginare che benefizio congiunte. amicum : cfr. il v. 1 del pre
avesse fatto Catullo a Celio ; se non che cedente. Contro Celio il nostro poeta
forse il primo si lagna dell'ingratitudine saettò il [ LXVIIII] e forse, secondo lo
del secondo per quella naturale illusione Sch., il [LVIIII ]: poi si diede pace : Celio
dell'animo per la quale appena riceviamo lasciò Clodia la quale gli divenne ne
o crediamo di ricevere male da alcuno, mica : onde pare che ne lo amasse Ca
ci diamo a intendere d'avergli già fatto tullo che nel [C] parla dell' unica amicitia
del bene, solo forse per non avergli da lui mostrata Cum uesana meas tor
fatto del male. Probabile è che Celio co reret flamma medullas '. A Celio alfine è
noscesse Clodia con Cicerone e Catullo, diretto il [LVIII] che è come l'atroce
e che prima fosse spettatore dell'amor conclusione di quest'amore burrascoso :
di Catullo al quale, profittando poi del Caeli, Lesbia nostra, Lesbia illa, Illa Le
l'assenza, succedette. sbia, quam Catullus unam Plus quam se
1 Desine quisquam non t'affannar atque suos amauit omnes, Nuno - Quanto
più ' ; come se dicesse : nullus perseue strazio !
raueris, dove nullus ha valore di sem XXV. SPERANZA. Catullo si con
plice negazione. Per altro i più leggono forta a bene sperare con ciò che più, a
quicquam o quidquam . bene uelle mereri prima vista, dovrebbe farlo disperare :
a voler fare del bene '. 2 aliquem più con le parole dispettose che dice Le
forte di quemquam che qui s'aspette sbia di lui. Egli osserva improvvisamente
rebbe. fieri, secondo il B. , essere ; ma, che anch'esso parla male di lei e che ciò
considerando ciò che precede e ciò che non è segno d'odio : tutt'altro. La me
segue, doventare ’ : si tratta, mi pare, desima osservazione aveva egli fatto nel
62 LYRA ROMANA .

Quo signo ? quia sunt totidem mea : deprecor illam


Assidue, uerum dispeream nisi amu .
XXVI . [civ]
Credis me potuisse meae maledicere uitae,
Ambobus mihi quae carior est oculis ?
Non potui , nec , si possem , tam perdite amarem :
Sed tu cum Tappone omnia monstra facis.
11. [cv11]
Si quoi quid cupido optantique optigit unquam
Insperanti, hoc est gratum animo proprie .
Quare hoc est gratum nobisque est carius auro,
Quod te restituis, Lesbia, mi cupido,

principio del suo amore ; quando, in pre rare le sue parole e ad altro forse. Per
senza del marito, Lesbia lo bistrattava : me Tappo è colui che riferiva a Lesbia
ciò che illi fatuo era maxima laetitia e le parole di Catullo.
per il poeta era buon segno : Irata est, i Credis tu, o Lesbia. me — meae – ui
hoc est, uritur et coquitur. La somiglianza tae ' io a quella in che io vivo '. 2 Am
di questo [ LXXXIII] col nostro fa anzi bobus oculis : cfr. pag . 36, v. 1 : e nota al
credere al B. che si tratti dello stesso v. 3. 3 Non potui: risposta solenne. si
momento dell'amore : del che a me pare possem ' se potevo '. tam perdite così
tutto il contrario per la stessissima ra perdutamente ’. 4 Sed tu'ma sei tu che '.
gione. Tappone: s'incontra nelle iscrizioni que
1 mi dicit semper male non fa che sto cognome. Era forse uno dei giovani
dir male di me '. nec tacet : la stessa barbatuli (Cic. Cael. 33), che davano om
idea espressa negativamente, per mag bra a Catullo , il quale rimprovera Lesbia
gior forza ' e dice e dice ?. 2 Lesbia : di ciarlare con costui e di lasciarlo met
asyndeton summatiuum , me dipende da ter male ; non senza una punta di gelo
amat. dispeream, più forte di peream , sia. omnia monstra facis d'ogni fuscello
quasi male peream possa io morire ? fai una trave ' : paruam rem magnam
3 Quo signo? dal linguaggio familiare. facis, direbbe Cicerone : cfr. Cael. 15, 36.
quia sunt totidem mea : sott. male dicta Monstra dicere è nel medesimo (T. 4, 54)
da dicit male ; come in Hor. S. 2, 3, a significare dire stravaganze '.
298 : Dixerit insanum qui me, totidem au XXVII. - RICONCILIAZIONE. Catullo
diet, dove a totidem si sottintende dicta. non s'ingannava : Lesbia ritorna al suo
Pure E. spiega le difficili parole col lu poeta. La felicità di lui è tanto più
dus duodecim scriptorum di cui cfr. Ovidio grande quanto è più bramata e meno
a. 3, 363 ; Cic. Orat. 50 e altri altrove : sperata. Ciò dopo la morte di Metello
la frase varrebbe siamo a pari ’. E B. Celere (695 di R.) di cui non si fa più
non si appaga nè di questa nè d'altra spie cenno.
gazione e preferisce leggere, coi com i Si quoi (= si cui'se a uno ') quid
mentatori italici, mala al primo V., in (= aliquid ) nei codd. è si quidquid :
senso di maledizioni ; e riferire mea a emendo ORibbeck : a B. meglio piace:
quella parola .deprecor illam : è spiegato si quid quoi. cupido : a togliere l' hiatus
da Aulo Gellio 6, 16, 2, che riporta l'epi le antiche edd. italiche hanno cupidoque.
gramma : dictum est quasi detestor uel ogtantique: sinonimo col precedente : che
execror uel depello uel abominor. fieramente desiderava '. optigit: allittera
XXVI. - SPIEGAZIONE. — Questa lotta zione con optanti. 2 Insperanti: ' quando
d'improperi doveva cessare : Lesbia do meno lo sperava '. hoc : detto con forza .
manda spiegazione al poeta, e il poeta, proprie. ' in modo unico, singolare ’ : del
contradicendosi, nega. Così interpreto linguaggio familiare. Secondo E. nel
quest'epigramma che , secondo gli altri, vero senso della parola '. 3 hoc, che ri
è diretto a un tale, non si sa chi, che chiama quello del v. prec., si riferisce
aveva rimproverato Catullo del suo ma al v. seguente. nobisque est : i codd. hanno
ledire ; ond'egli ritorce a lui il rimpro nobis quoque: emendò Haupt. Altri al
vero comprendendovi un Tappo col quale trimenti. carius auro : comparazione co
il suo accusatore si divertiva a esage mune sin da Saffo che disse con grande
N CATVLLVS . 63

Restituis cupido atque insperanti, ipsa refers te 5


Nobis. o lucem candidiore nota !
Quis me uno uiuit felicior, aut magis hac res
Optandas uita dicere quis poterit ?
xxvIII . (cix]
Iocundum , mea uita , mihi proponis amorem
Hunc nostrum inter nos perpetuumque fore.
Dii magni, facite ut uere promittere possit,
Atque id sincere dicat et ex animo,
Vt liceat nobis tota perducere uita 5
Alternum hoc sanctae foedus amicitiae .
xxix . ( XXXVI )
Annales Volusi , c .... a charta,
Votum soluite pro mea puella :

soavità più oro dell'oro ’: 4 mi : prima lei ’. perducere (gl'itali producere) con
ha detto nobis, poi ripeterà nobis, quindi tinuare '. 6 alternum ' mutuo '; altri ae.
soggiungerà me: la gioia trabocca : il plu ternum , con ridondanza, sanctae ` invio
rale indica la fusione dell'amante e del labile ', amicitiae d'amore '.
l'amata, come a dire al nostro amore '. XXIX. IL VOTO DI LESBIA . Ca
5 cupido atque insperanti : sulle prime tullo torna per un momento all'antica
gli si era affacciato solo il ricordo del gaiezza. Lesbia aveva fatto voto d'un
desiderio che ne aveva avuto : poi quello sacrifizio a Venere e Amore : il sacrifi
dei momenti di disperazione provati. zio degli scritti più cattivi d'un poeta
Come ciò è detto convulsivamente, trion assai cattivo. Questo poeta assai cattivo
falmente : e dire che non lo speravo ! '. era Catullo stesso che aveva cominciato
ipsa ' da te ' : io non sperava più, non a saettare Lesbia de' suoi giambi. Al
te ne avrei più fatto parola 6 O lucem: fuoco adunque i giambi velenosi! Ma
sono tornati i candidi soles : cfr. [VIII] Catullo, invece di dire, come Orazio a
3. candidiore nota : abl. di qualità dove Tyndaris (C. I, 16, 2) . Quem criminosis
si aspetterebbe un abl. con de, come nel cumque uoles modum Pones iambis, siue
[LXVIII] 28, o con e : onde, poichè i codd. flamma Siue mari lubet Hadriano ', per
hanno luce, B. restituisce : lucem c. n. fare insieme dimenticare i suoi torti
7 me uno : l'unus, cbe oppone una per verso l'amata, finge di non capire il senso
sona a tutte le altre. dà forza al pro di quel pessimi poetae ’ e presi gli
nome personale: cfr . Hor. Epl . 2, 2, 157 : scritti d'un poetastro qualunque li sosti
Vinceret in terris te siquis auarior uno . tuisce ai suoi, come Diana la cerva a
hac res : luogo corrottissimo: do la con Ifianassa. Così ingegnosamente il B.
gettura del L. 8 Optandas (i codd. optan 1 Annales : dovevano essere un'imita
dus) da unirsi con res magis, uita , da zione barocca degli Annales Enniani. Vo
unirsi con hac, dipende da magis optandas. lusi : si crede da molti che questo poe
XXVIII. - PROMESSE. Sono i primi tastro sia il Tanusius di cui Seneca, Ep.
momenti d'ebbrezza : si parla di eter 93, 9 : Annales Tanusii scis quam ponde
nità. Ha Catullo un'ombra di dubbio , un rosi sint et quid uocentur. Difficile però
presentimento triste? Egli si rivolge agli è imaginare che Catullo, il quale non
Dei , con passione ardente e fede vera. aveva certi riguardi nè per altri poeti ,
1 Iocundum predicato con perpetuum come i Cesii , gli Aquini , Suffeno, com
di amorem hunc nostrum ; e gli va unito preso Ortensio ,nè per Cesare e Pompeo,
inter nos. mihi proponis mi prometti '. li avesse per questo Tanusio e lo desi
3 Dii magni : si rivolge agli Dei maio gnasse con un pseudonimo. Può essere
rum gentium , ai dodici consentes. uere del resto che degli annali di Tanusio,
il vero ': e tutta l'espressione ut u .p. p. per la somiglianza dell'opera e l'asso
= che possa avverarsi ciò che ella pro nanza del nome, si dicesse dai memori
mette. Cfr. Cic. ad Att. 16, 1 : di faxint di Catullo · Annales Tanusi, c. c.'c .... a
ut faciat ea quae promittit. 4 sincere imbrattata ' : gli antichi eranomeno de
semplicemente senza sottintesi. er licati di noi : consoliamoci di questa su
animo di cuore ?. 6 nobis ' a me e a periorità. 2 pro invece della ’ : sono,
64 LYRA ROMANA .

Nam sanctae Veneri Cupidinique


Vorat, si sibi restitutus essem
Desissemque truces uibrare iambos, 5
Electissima pessimi poetae
Scripta tardipedi deo daturam
Infelicibus ustulanda lignis.
Et hoc pessima se puella uidit
Iocose lepide uouere diuis . 10
Nunc , o caeruleo creata ponto ,
Quae sanctum Idalium Vriosque apertos
Quaeque Ancona Cnidumque harundinosam
Colis quaeque Amathunta quaeque Golgos
Quaeque Durrachium Adriae tabernam , 15
Acceptum face redditumque uotum ,
Si non illepidum neque inuenustum est.
At uos interea uenite in ignem ,
Pleni ruris et inficetiarum
Annales Volusi , C .... a charta. 20

in certo modo, invitati questi poveri an uidit intese 10 Iocose lepide: questi
nales a offrirsi spontaneamente in sa due avv. uniti senza congiunzione de
crifizio. 3 sanctae alla inviolabile '. 4 notano l'insistenza graziosa di Catullo
Vorat = uouerat. restitutus : cfr. il [CVII] nel cambiar la carte in mano a Lesbia :
V. 4. La riconciliazione è già avvenuta ; e da burla, per ischerzo ' non, come pur
il poeta che allora diceva a Lesbia ' te troppo era, da senno. diuis, detto in ge
restituis mi cupido ', ora può dire sibi nere, ma s'intende ' a Venere e ad Amo
restitutus ' 5 Desissemque: da desino, tru recaeruleo
’. 11 Nunc: conchiude e passa al fatto.
ces ' violenti '. uibrare si dice di saette, o c. p. o rata dal mar turchi
spade, folgori. iambos : quali ? L' [VIII) no ' : Afrodite. 12 Idalium : promontorio
non mi pare tanto trux ; altri come il frondeggiante dell'isola di Cipro. Vrio
[XXXVII)misembrano posteriori.Siano sque apertos : pare si debba intendere
de' perduti ? Sia in uibrare, più la no d'un golfo dell'Adriatico, extra Sipon
zione di palleggiare e perciò di minac tum – et flumen , quod Canusium adtin
ciare ' , che di gettare ? Del resto è da gens Aufidum appellant: Mela 2, 4, 66.
notarsi che Catullo chiama iambos an E detto dal medesimo asper accessu , il
che versi logaedici, come il Falecio, pur che può dar la ragione di apertos : cfr.
che mordaci : Irascere iterum meis iam Zephyro semper apertus Eryx Ovid. F.
bis (LIV ] 6 : Agit praecipitem in meos 4, 478. Dunque ‘ il golfo d'Uria aperto
iambos [XL] 2. 6 Electissima : con beffa : al vento. ' Ma le spiegazioni e congetture
il fiore ’. pessimi poetae, secondo il B., sono molte e disparate. 13 Ancona : acc.
' d'un poeta molto cattivo ”, cattivo, per da Ancon che suona pure Ancona, città
vezzo amoroso, e sarebbe Catullo stes del Piceno sull'Adriatico : Ancona ’, che
so che disse già di sè “ pessimus om aveva un celebrato tempio di Venere
nium poeta ' nel [XLIX] : ma in altro marina. Cnidumque : città della Caria, sul
senso. 7 tardipedi deo a Vulcano, il dio promontorio Triopio : nelle paludi di cui
zoppo ' come quello che in origine è la era circondata crescevano canne di cui
folgore la quale si scoscendo nel cadere commerciavano. 14 Amathunta · Ama
dal cielo. 8 Infelicibus d'alberi non frut thus ' città marittima di Cipro. Golgos
tiferi ’. ustulanda a bruciacchiare , 9 Golgi ' altra città della medesima isola,
hoc : con un lepido cenno alla vittima detta poi Paphos. 15 Durrachium o Epi
destinata, alla carta sudicia del povero damnos, città dell'Illiria greca, scalo pei
Volusio : questa roba qui ’, non altra. naviganti da Brindisi, piena perciò d'osti
pessima : ritorce l'agg. da sè a Lesbia, e donne allegre. La lunga invocazione è
nel medesimo senso careggiativo : noi di fatta con tutte le regole, coi nomi de'
remmo birichina, briccona ' e simili, templi più famosi della divinità che s'in
N - CATVLLVS. 65

xxx . [Lxx]
Nulli se dicit mulier mea nubere malle
Quam mihi, non si se Iuppiter ipse petat.
Dicit : sed mulier cupido quod dicit amanti
In uento et rapida scribere oportet aqua .
XXXI. [LxxxvII]
Nulla potest mulier tantum se dicere amatam
Vere, quantum a me Lesbia amata mea est .
Nulla fides ullo fuit unquam foedere tanta,
Quanta in amore tuo ex parte reperta mea est .
XXXII . [Lxx11]
Dicebas quondam solum te nosse Catullum ,
Lesbia , nec prae me uelle tenere Iouem .
voca . 16 Acceptum redditumque : e esprimere a Lesbia il suo sospetto e il
spressione presa dagli argentarii presso suo dubbio ; nè può tacerlo . Come fare ?
cui significava incassare e saldare ". Afferma a lei la fedeltà sua, lasciando
face=fac : cfr. [XXX] 6. 17 non illepi intendere che ella non può forse fare
dum : litote. inuenustum ' indegno di te altrettanto. Così interpreto questo epi
Venus. 18 At : trapasso brusco. uos : si gramma: altri lo crede frammentario ,
rivolge improvvisamente alla vittima. altri lo unisce al [LXXV] .
19 ruris rusticitatis : cfr . Hor. Epl. 2, 1 tantum si riferisce non a uere solo,
2, 16 : uestigia ruris. 20 E si termina ma ad amatam uere . 2 uere di cuore,
come si è cominciato . La carta si torce sinceramente quantum : cf. [XXXVII)
e annerisce, divampa ; e la pace è fatta. 12 : Amata tantum quantum amabitur
nulla . est : altri legge es perchè il se
5. Il tramonto dell'anore. condo distico è in seconda persona ; ma,
a parer mio, il primo contiene una ri
XXX IL PRIMO DUBBIO . La pace flessione solitaria ; il secondo è uno scatto
è dunque fatta e Catullo può dire di di passione che giustifica il trapasso ,
Lesbia ' mulier mea ' e Lesbia dire a assai comune in Catullo, dalla terza alla
Catullo che nemmeno a quello di Giove seconda persona : cfr. [LXXXIII] 3 ; [C]
posporrebbe l'amore del suo poeta. Sì; 5, e altri esempi già veduti . 3 Nulla : pare
che il poeta, tra con l'anafora e con l'asin
ma il poeta ricorda ciò che vale o copo deto, ora voglia parlare della corrispon
δίσιος όρκος. denza di Lesbia all'amor suo. nulla
1 mulier mea ' la donnamia ’: appel ullo (altri nullo, e forse meglio)-Un
lativo tanto rispettoso quanto familiare. quam : enfasi che sembra preparare una
nubere ' sposarsi ’ : è blandizia di amante, lode altissima, al che c'invitano le pa
ma tanto più naturale in Lesbia in quanto role fides e foedere. tanta Quanta: stu
ella era vedova. malle : se avesse detto diata lentezza. 4 in amore tuo : il tuo è
uelle, ci avrebbe dato luogo a supporre studiatamente equivoco : sembra signi
che Lesbia avesse veramente pensato ficare l'amor tuo verso me ' e si trova
a rimaritarsi ; ma il malle suppone un poi valere * l'amor mio verso te '. ex
discorso simile a questo (Verg. Aen . 4. parte mea : aprosdoceton : solo a que
18) Si non pertaesum thalami taedaeque ste parole comprendiamo che non parla
fuisset Huic uniforsan potui – 2 non si : della fedeltà di Lesbia. Il tutto mi pare
anche nel [LXIX] 3 e nel [LXXXVIII) un miracolo di delicatezza e d'urbanità .
8. ipse ` in persona '. petat domandi Prepara la lode : a un certo punto sente
3 Dicit – quod dicit: ripetizione che ri di non poterla dare, sente di doverla
vela il dubbio insistente e grave . 4 In cambiare in un rimprovero acerbo ; ma,
uento - scribere : locuzione nuova attratta come frenandosi, muta il rimprovero in
dalla comunissima in aqua scribere '. una protesta d'amore e di fedeltà ; pro
rapida corrente '. testa che è, essa stessa, un tacito rim
XXXI. IL PRIMO RIMPROVERO . Ca provero.
tulio dubita , sospetta ; pur non vuole XXXII. DISILLUSIONE. Quanto
PASCOLI, Lyra Romana 5
66 LYRA ROMANA ,
Dilexi tum te non tantum ut uulgus amicam,
Sed pater ut gnatos diligit et generos .
Nunc te cognoui: quare etsi impensius uror, 5
Multo mi tamen es uilior et leuior.
Qui potis est ? inquis . quod amantem iniuria talis
Cogit amare magis, sed bene uelle minus .
xxxii. (lxxv]
Huc est mens deducta tua, mea Lesbia, culpa,
Atque ita se officio perdidit ipsa suo,
Vt iam nec bene uelle queat tibi, si optima fias,
Nec desistere amare, omnia si facias.

XXXIV. [XL]

Quaenam te mala mens, miselle Rauide,


Agit praecipitem in meos iambos ?

tempo è corso dal primo dubbio ? Poco presente passione. La colpa è irrepa
forse, che però a Catullo deve essere rabile .
parso lungo, tra l'amore e il sospetto , 1 Hic a questo ' : Scal. legge Nunc e
tra il desiderio e la gelosia. Ora il dub unisce i due distici ai due del [LXXXVII).
bio è divenuto certezza : comincia il di mens l'anima mia '. deducta ' ridotta
sprezzo e non cessa l'amore : onde gran tua, mea L.,'culpa : quanto strazio nelle
de tortura. e due parolette accostate, delle quali l'una
i quondam un tempo che par lon si riferisce alla colpa di lei, l'altra af
tano al poeta , poichè tra ora e allora è l'a ferma l'amor di lui : quello d'allora e
bisso del disinganno. nosse dipende come questo d'ora, che si ostina ! 2 officio -
tenere da uelle. 2 prue me : cfr. (LXX) 2. ipso suo col tener fede essa al patto
tenere tenere stretto alseno . 3 Dilexi mentre tu non la tenesti. 3 iam or
e ti volli bene ’: il verbo esprime in ge mai ’, bene uelle : cfr. il prec . v. 8. op
nerale amor puro. tantum soltanto tima ' la più casta delle donne 4 ama
uulgus " la gente ' . 4 ut: posposto. gna re : come nel prec. opposto a bene uelle.
tos --- et generos : si mescolava all'ardor omnia si facias ‘ se tu ne faccia d'ogni
anuoroso la tenerezza premurosa, la pietà colore ’ : ma si dovrebbe conservare l'an
protettrice , che ha il padre per i figli e titesi, accentuata dall'allitterazione e
i mariti delle sue figlie : perfetta de dalla paronomasia, di optima fias e om
finizione, a parer mio, dell'amor vero nia facias.
per ia donna che è l'uomo rimasto gio XXXIV . CONTRO UN RIVALE. Il
vinetto. 5 Nunc : opposto a quondam . poeta allora si rivolge contro i rivali,
impensius più fortemente '. uror' : cfr . che dovevano essere , se diamo retta a
Terenzio Eun . 1 , 1 , 27 : nunc ego et n Cicerone, molti. Catullo perseguita con
Tam scelestum esse et me miserum sentio versi velenosissimi, oltre Celio Rufo, di
Et taedet et amore arleo. 6 multo -- ui cui vedemmo, un Gellius zio, un Gellius
lior et leuior ' di molto minor pregio e nepote, un Gallus, un Lesbius. Fra que
peso ' . 7 Qui = quomodo. potis est ? = sti un "Rauidus (sia questo il proprio
potest fieri ?. amantem uno che ama nome, o un soprannome dal color degli
iniuria talis ' un tradimento come il tuo occhi ) si busca una semplice minaccia.
8 amare magis bene uelle minus : si Catullo non parlò forse a sordo : di Ra
può amare e desiderare che perisca id uidus non è più parola nel libretto.
ipsum, Quodcumque est, rabies unde il 1 mala mens' cattiva ispirazione '. mi
laec germina surgunt (Lucr. NR .4, 1074 ) ; selle povero ' : detto con pietà sprez
bene uelle è desiderare la felicità della zante. Rauide: deve pronunciarsi Raude :
persona amata. Cessar d'amare è libe come nella storiella , raccontata da Ci
razione, finir di bene uelle è disperazione . cerone , del venditore di fichi secchi di
XXXIII. - JRREPARABILMENTE. - No : Cauno che gridava · Cauneas ', quando
non c'è più speranza nè di ritornare al Crasso s'imbarcava a Brindisi , quel grido
l'antico affetto nè d'essere libero dalla parera sonare · Caue ne eas ? 2 Agit
N - CATVLLVS. 67

Quis deus tibi non bene aduocatus


Vecordem parat excitare rixam ?
An ut peruenias in ora uulgi ?
Quid uis ? qua lubet esse notus optas ?
Eris , quando quidem meos amores
Cum longa uoluisti amare poena.
XXXV. [ xxxix]
Egnatius , quod candidos habet dentes ,
Renidet usque quaque . sei ad rei uentum est
Subsellium , cum orator excitat fletum
Renidet ille . si ad pii rogum fili
Lugetur, orba cum flet unicum mater
praecipitem ' ti spinge a capo basso ”. Con questa leziosità femminile, che Ca
iambos : vedi nota a [XII ] 10 e (XXXVI ] tullo beffeggia, mal s'accorda l'interpre
5. 3 tibi : non è dativo agente ma di van tazione che dà il B. degli ultimi versi
taggio, con aduocatus. Cfr. Frontone p. 47 : del [ XXXVII ), interpretazione sulla
deorum unumquemque mihi uotis aduoco. quale egli fonda l'ipotesi che Egnazio
· non bene non secondo il rito ' , aduoca fosse un filosofo barbato e zazzeruto,
tus ' invocato '. 4 Vecordem ' insana , maggiore d'anni di Catullo . I versi sono:
perchè al certo vi soccomberai. parat une de capillatis — Egnati, opaca quem
intende a ’. excitare suscitarti ' sot bonum facit barba Et dens Hibera de
tintendendosi il tibi del prec. 5 An ut : fricatus urina . Opaca barba è per B. una
con brevità : si sottintende , a mio pa barbaccia che fa larga ombra al viso ;
rere, rixari ideo uis. in ora per le boc e per E. ' barba folta '. Opaca , dice Pli
cbe '. 6 Quid uis, e meglio quid tibi uis , nio, Ep. 7 , 21 , nec tamen obscura. Pacu
era formola con la quale si rimbrotta vio (262) : nunc primum opacat flora la
vano i temerari. qua luhet, anche nel nugo genas. Si può dunque opacus e
[LXXVI) 14, non importa il come '. opacare dire, nonchè di una barba non
7 Eris : sott. notus . meos amores l'ama folta, anche della prima lanugine. Ora
ta mia '. 8 uoluisti : non è detto che riu è impossibile non ricordare il passo della
scisse a farsi amare : ' ti provasti '. Celiana, 14, 23 : aliquis mihi ab inferis
XXXV. - EGNAZIO DA ' BEI DENTI. - excitandus est ex barbatis illis, non hac
Nella via tabernae ueteres, alla nona ta barbula , qua ista (cioè Clodia) delectatur,
berni a farsi dal tempio di Castore e sed illa horrida - Ela Celiana è po
Polluce, convenivano di questi giovanot steriore a questa poesia. Dunque Clodia
telli eleganti cui Catullo odiava. Si van o Lesbia non avrebbe amato un filoso
tavano essi de’ loro successi amorosi , si fastro con la barbaccia incolta ; e io ima
vantavano d'avere avuto tra loro , in gino Egnazio come un giovane elegante
quella taberna mal nomata , la puella con barbula forse nera , simile a queipueri
Amata tantum quantum amabitur nulla. tam lepidi ae delicati che Cic. descrive in
Tra questi il più odioso a Catullo era Cat. 2, 22 : pexo capillo , nitidos, aut im
un celtibero capelluto, Egnazio, la cui berbes aut bene barbatos. usque quaque
beltà consisteva nella barba e nei bian ' in ogni occasione '. sei = si. rei del
chi denti (XXXVII ). Questi denti sono l'accusato ' . uentum est si è. ' 3 sub
così bianchi , secondo Catullo, per una sellium banco ', cum nel punto che ?!
spor cissima usanza Iberica . Nel carme orator e . f. ' l'oratore fa piangere gli
suddetto egli vi ha già accennato : ora, astanti con la sua perorazione. ad pii
a sfogare il dispetto, rincara la dose. rogum fili avanti il rogo d'un figlio
1 Egnatius; nome celtico : ricorre amato perla sua pietas. 5 Lugetur si
in iscrizioni celtiche Eknatius. Era, se fa corrotto ’ , orba sola rimasta '. cum :
condo il B., il poeta filosofo di cuiMa si deve , per avere un'esatta corrispon
crobio (6 , 5, 2 e 12) riporta due fram denza tra le due scene, le proposizioni
menti d'un poema de rerum natura. col cum intenderle dipendenti da Renidet
quod perchè '. candidos bianchi lu ille. Così ad rei subsellium ha il suo cor
cidi ’. 2 Renidet ' apre la bocca ad un rispondente in ad pii rogum fili; uentum
sorriso ' in modo da mostrare i denti. est ( = si andò, quindi, si è) in lugetur
68 LYRA ROMANA .

Renidet ille . quicquid est, ubicumque est,


Quodcumque agit, renidet. hunc habet morbum ,
Neque elegantem , ut arbitror, neque urbanum .
Quare monendum te est mihi, bone Egnati.
Si urbanus esses aut Sabinus aut Tiburs 10
Aut parcus Vmber aut obesus Etruscus
Aut Lanuuinus ater atque dentatus
Aut Transpadanus , ut meos quoque attingam ,
Aut qui lubet, qui puriter lauit dentes,
Tamen renidere usque quaque te nollem : 15
Nam risu inepto res ineptior nulla est.
Nunc Celtiber es : Celtiberia in terra ,
Quod quisque mixit, hoc sibi solet mane
Dentem atque russam defricare gingiuam ,
Vt quo iste uester expolitior dens est, 20
Hoc te amplius bibisse praedicet loti .

che non significa tanto ési piange proposito e continuamente, sarebbe stol
quanto si è al funerale’. Alla perora tezza . Ma sei Celtibero e i Celtiberi si
zione dell'oratore, che è il momento più procurano quella bellezza con un mezzo
commovente della causa, al pianto della così laido, che tutte le volte che si ve
madre che è il punto più tenero del dono biancheggiare i tuoi denti , si pensa
funerale ; essa dice : era tanto buono, era che Ma vedremo. 10 urbanus di
tanto amoroso e rispettoso per me ( pii), Roma '. Tiburs : tutto all'aria di Tibur si
non ne ho altri (unicum ), son sola ormai faceva bianco : cfr. Tibur in Herculeum
(orba ); renidet ille. Bone Egnati, quei bei migrauit nigra Lycoris, Omnia dum fieri
denti vien voglia di farteli sputare ! 6 candida credit ibi. Mart. 4, 62. 11 par
quicquid est : ' checchè sia'ciò a cui assi cus Vmber: nulla ci licenzia a credere
ste. ubicumque est ' dovunque sia ' ciò che che gli Umbri fossero creduti parchi ;
pur non riesce a fargli cessare quell'e da un passo di Ateneo, 12, 529, parrebbe
terno sorriso. Le due prop. riassumono anzi il contrario , se non fosse da sospet
le circostanze prima dette: quicquid est : tare che egli confondesse gli Umbri cogli
un processo, un funerale: ubicumque est : Etruschi. Ciò dal raffronto coi Lidi e da
in un tribunale, avanti un rogo. 7 Quod altro. Scal. muta parcus in porcus, Voss
cumque agit ' qualunque parte egli fac in pastus, BVenator in fartus. obesus
cia ’ ; per es. di aduocatus al reus, come Etruscus : per gli Etruschi non c'è bi
rettamente spiegò il Mur.; e il B. che sogno di testimonianze di scrittori : basta
vuol confutarlo osservando che l'aduo guardare qualche statua de' sarcofagi di
catus è da un pezzo presente, quando quella gente che era tozza e grassa. 12
l'orator excitat fletum , non pensava a ater : perchè incotti dal sole. dentatus
ciò che ho osservato al v . 5. habet : con grandi denti ' che biancheggiano più
verbo proprio con nomi di malattie : ha nel nero del viso. 13 meos i miei conter
here capitis dolorem ect : Dunque pa ranei '. attingam ‘ io ricordi ’. 14 puriter
tisce di ’. 9 monendum te est: te (aggiunto pulitamente, con acqua pura ', lauit :
dello Spengel) è ogg. di monendum est arcaico, pure usato anche da Orazio, per
gerundio, con senso, quindi, attivo . È co lauat. 16 inepto - ineptior : solito avvi
struzione antica , ancor viva ai tempi di cinamento : la frase sa di proverbio .
Catullo . Cfr. poenas in morte timendum 17 Nunc : oppone la realtà alla supposi
est : Lucr. 1 , 111 , bone ' bello ’, detto con zione non reale. es : aggiunto da C. de
ironia : cfr. (XXXVII ) 19, Segue a questa Allio . 18 quod : dipende da hoc. mixit :
solenne proposizione , un argomento così i codd. per minxit. hoc : abl. mane
από του έλάττονος : Se tu fossi la mattina ’ appena levato. 19 russam ,
nato di quei popoli che si conservano proleptico, che ne divien rossa . La
la bianchezza dei denti senza sporcizie , sporca usanza è attestata, tra gli altri,
tuttavia il mostrare i denti così male a da Diodoro Siculo 5, 33, 5. 20 Vt sic
N - CATVLLVS . 69

XXXVI . [Lxxxv]
Odi et amo . quare id faciam , fortasse requiris.
Nescio , sed fieri sentio et excrucior.
XXXVII. (LX]
Num te leaena montibus Libystinis
Aut Scylla latrans infima inguinum parte
Tam mente dura procreauit ac taetra ,
Vt supplicis uocem in nouissimo casu
Contemptam haberes , a nimis fero corde ?
XXXVIII. [Lxxvi]
Siqua recordanti benefacta priora uoluptas
Est homini , cum se cogitat esse pium ,

chè ' . uester ' tua ' ma con rispetto agli Ariadna nel [LXIV ] 154 del nostro :
altri Iberi . expolitior più netta ’ dens Quaenam te genuit sola sub rupe leaena,
e dentatura ’. 21 Hoc, correlativo a quo, Quae Syrtis, quae Scylla rapax ; - e
tanto '. amplius più largamente si tratta d'abbandono anche lì. Libysti
bibisse : nella operazione , non poteva nis libici ’ : l'agg. libystinus si trova
mancare che qualche goccia del sudicio solo in Macr. 1 , 17 , 24. 2 latrans i. i. p.
dentifricio entrasse nelle fauci di Egna che all'inguine ha un latrar di cani ’.
zio. praedicet grida ’: questi denti che Ricordando l'interpretazione che si dava
rivelano i segreti di Egnazio ! loti, per del mito, mi persuado anche più che si
lotii, da lotium = quod mixit. Così si tratti di Lesbia . 3 mente dura
vendica il nostro poeta de' suoi rivali : taetra d'animo così duro e disumano '.
a tutti attribuisce o un turpe vizio o 4 supplicis uocem : che le dicesti , o Ca
una sozza usanza o difetti corporali o tullo ? Forse : contra me ut diligat illa
altro. I colpi non si danno a patti. esse pudica uelit. Cfr. il seguente, v.
XXXVI. - CONTRASTO CRUDELE. — Ca 23 e 24. in nouissimo casuall'estremo
tullo odia e ama nel tempo stesso. della vita ”. Così Didone dice a Enea :
1 Odi et amo : così in Teognide, 1090, cui me moribundam deseris —- ? (Aen. 4,
è ; chè nè odiare nè amare posso : così 323) e quando ha la fredda risposta di
in Aristofane , Ran . 1425 ; tolsî jév, lui, anch'essa prorompe : duris genuit
te cautibus horrens Caucasus Hyrcanaeque
εχθαίρει δέ , βούλεται δ' έχειν. admorunt ubera tigres Num fletu in
2 Nescio : pure ne è un cenno ! [LXXXII] gemuit nostro ? (1. 1. 366) 5 Contemptam
7 e 8. L'infedeltà aguzza il desiderio e haberes = contemneres. a : esclamazione
spenge la stima. di sdegno. nimis fero : troppo più che a
XXXVII . - L'ULTIMO TENTATIVO. creatura umana si convenga ! E con que
Imagino (ma credo di essere solo ) che sto grido Catullo lascia Lesbia e si ri
il poeta abbia fatto con Lesbia o Clodia, volge agli Dei .
un'ultima prova perchè l'amasse e non XXXVIII. LA PREGHIERA. - Catullo
gli fosse più infedele. Catullo era sul parla a se stesso : egli si esamina e trova
l'orlo della disperazione: nouissimus ca ragione a bene sperare nella coscienza
sus era veramente il suo ; aveva forse
parlato di morte. Clodia non ascoltò la d'aver sempre tenuto fede e avere ope
voce che supplicava . rato e parlato per il bene. Ella fu in
I leaena : comune ne' poeti antichi sup grata : egli dunque deve liberarsi dal
porre nate da fiere o mostri o mari o l'indegno amore e dolore. Finisca dunque
rupi le persone crudeli e dure ; ma ciò e l'amore e il dolore . Oh ! ma è difficile.
nel proposito dell'amore: onde la mia Sia . Ma bisogna che finisca, impossibile
supposizione. Catullo aveva nel pensiero sia ciò o possibile. Dunque gli Lei prov
la Medea d' Euripide, 1342 : Aéauvav, vedano : abbiano pietà di tanta sventura,
rimeritino tanta bontà. Non domando
ου γυναίκα dal che pare più pro cosa grande : che Lesbia riami; non do
babile si tratti anche qui di donna , mando cosa impossibile : che Lesbia sia
70
LYRA ROMANA .
Nec sanctam uiolasse fidem , nec foedere in ullo
Diuum ad fallendos numine abusum homines ;
Multa parata manent in longa aetate, Catulle, 5
Ex hoc ingrato gaudia amore tibi .
Nam quaecumque homines bene cuiquam aut dicere possunt
Aut facere, haec a te dictaque factaque sunt ;
Omniaque ingratae perierunt credita menti.
Quare iam te cur amplius excrucies ? 10
Quin tu animo offirmas atque istinc teque reducis
Et deis inuitis desinis esse miser ?
Difficile est longum subito deponere amorem .
Difficile est : uerum hoc qua lubet efficias.
Vna salus haec est, hoc est tibi peruincendum : 15
Hoc facias, siue id non pote siue pote.
O dii , si uestrum est misereri, aut si quibus unquam
Extrema iam ipsa in morte tulistis opem,
onesta : desidero soltanto di guarire dal alla seguente che comincia con et : ma
l'orribile malattia di odiare chi amo e l'istinc dovrebbe essere comune a tutte
amare chi odio ”. e due ; il che non è : quindi non è im
1 Siqua --- uoluptas est se vi è con probabile l'emendamento di E. te ipse,
forto '. recordanti nel riandare ' . bene confortato da questo verso di Ovidio M.
facta priora " le buone azioni del pas 9, 745 ; verso che discende di qui : Quin
sato ? 2 cogitat si ricorda ' pium animum firmas teque ipsa recolligis, Iphi.
devoto al bene ?. 3 sanctam - fidem la reducis ritrai ’. 12 leis da leggersi dis;
santità della fede data ?. 4 Diuum nu i codd. hanno des. inuitis poichè non
mine dell'autorità degli Dei ', ad fal vogliono ' . esse miser, cioè, di amare ?
lendos – homines per ingannare gli uo 13 Catullo , l'altro Catullo , risponde
mini ’. abusum : cfr. Cic. pro dom . 48, mestamente. longum : cfr. v. 5 : là è la
125 : ementiri fallere abuti deorum im vita , qui l'amore che è lungo : ma vita
mortalium numine . 5 manentti aspet e amore sono una cosa. subito e a un
tano '. in longa aetate (dalla lezione de' tratto ' : come sa d'infantile ! Pare che
codd. manentum ricava B. manent cum invochi un poco ancora di tempo, un .
1. ae.; e interpreta : molti gaudi e lunga pochino solo. 14 E Catullo risponde,
vita) dipende da parata ' in questo lungo amorosamente, assentendo : è vero, pur
tratto della tua esistenza '. Lungo pareva troppo ! hoc, cioè, deponereamorem . qua
al poeta : o uitam misero longam , felici lubet, come nel [XL] 6. ' in ogni modo '.
breuem , come dice Publilio Siro. Catulle : efficias: è esortazione tenera, non co
parla a se stesso come nell' [VIII). 6 hoc mando assoluto devi farlo, te ne prego .
tuo ’. ingrato che non trova grazia ”. 15 continua con le buone ragioni e con
7 cuiquam a persona ’: quisquam si gl' incoraggiamenti. Vna salus haec est
trova alcuna volta anche in proposizioni non c'è altro scampo ' . peruincenduni
affermative. 8 dictaque factaque sunt : devi riportare questa vittoria ’: espres
afferma che mostrò a Lesbia il suo amore siva è la cadenza spondaica. 16 Hoc
con tutto ciò che si può dire e fare di facias ‘ fallo , via ’. non pote : sott. est ,
buono. 9 Omniaque : altri omnia quae. poichè questa è la ripresa di Difficile
ingratae è attivo, all'opposto dell'ingrato est: non sipossa ’. 17 Nel Carme [ VIII),
del v. 6, che con molto vigore è così dopo il triste soliloquio , viene l'appas
richiamato : che grazia non rende ’: pe sionata apostrofe a Lesbia ; qui, dopo
rierunt ' furono gettati ’. credita com il dubbio della possibilità, erompe la
messi ’ . menti ' a un cuore ’ . 10 Quare preghiera a chi può tutto. si = siquidem :
iam te cur : i codd . hanno quare cur te introduce un'affermazione sotto aspetto
iam , che B. ritiene aggiungendo un iam di protasi condizionale, uestrum est mi
per il verso :' dunque perchè ormai ti ’. sereri e voi avete compassione '. si
excrucies ? hai a torturare ? ' : cfr . il quibus unquam e se ad alcuno mai
precedente, v. 2. 11 Quin che non 18 Extrema iam ipsa in morte (i codd .
animo offirmas: ' tirinfranchi nel cuore ipsam morte : l'emendamento è confor
istince di costì ’ ossia e di costei ’ teque: tato da extrema iam in morte di Verg.
il que unisce più saldamente questa prop. Aen . 2, 448) sul punto proprio di morte' ;
N CATVLLVS . 71

Me miserum aspicite et, si uitam puriter egi ,


Eripite hanc pestem perniciemque mihi. 20
Ei mihi, surrepens imos ut torpor in artus
Expulit ex omni pectore laetitias!
Non iam illud quaero, contra me ut diligat illa,
Aut, quod non potis est, esse pudica uelit :
Ipse ualere opto et taetrum hunc deponere morbum . 25
O dii , reddite mi hoc pro pietate mea .
xxxix . [xl ]
Furi et Aureli, comites Catulli ,
Siue in extremos penetrabit Indos,
Litus ut longe resonante Eoa
Tunditur unda ,
Siue in Hyrcanos Arabasue molles 5
Seu Sacas sagittiferosue Parthos,
Siue quae septemgeminus colorat
Aequora Nilus,

19 Me miserum aspicite : risponde pro se fra le ceneri fosse ancora qualche fa


priamente alla prima protasi. 20 Eri villa . Ma Catullo vede nelle proteste
pite : e questo risponde, oltre a si uitam d'affetto de ' due nemici, che egli aveva
p . e ., più propriamente a si unquam ; sferzati nel [XV] , [XXI], [XVI) , l'esa
poichè hanc, oltre la nozione di pro gerazione e la falsità ; e li rimanda a
prietà, ha quella di tempo : quasi dicesse Lesbia con una risposta fiera e inesora
nunc meam . pestem perniciemque: endiadi bile, che termina però con non so quale
e allitterazione : mal maligno '. 21 Ei dolcezza, al ricordo, non di lei , ma del
cmihi : i codd. Seu : enendò L. surrepens l'amore che cadde per colpa di lei. Così
serpeggiando occulto ut : esclamativo , seguendo il Naeke, Haupt, Sch.
come in Azzio trag. 351 R. ei mihi, ut i comites : sott. futuri che accompa
etiam aerumna haec mihi luctum addit gnereste ’, come dite. Ed era solita pro
luctibus. Questa esclamazione, che inter testa e d'amicizia e d'amore : cfr. Hor .
rompe la preghiera, non piace a tutti: C. 2 , 6. Dice Properzio 1 , 6 : Non ego nunc
io seguo il B. e la trovo naturalissima. Hadrine wereor mare noscere tecum , Tulle,
laetitias ' i sentimenti di gioia 23 Non neque Aegaeo ducere uela salo, Cum quo
iams ora non '. illud quello'. che già Rhipaeos possim conscenilere montes VI
chiesi ' ; cfr. (CIX ] 3. contra diligat teriusque domo uadere Memnonia . E Ovi
e miriami ’. 24 non potis est non è poss dio, am . 2, 16 , 19 : Tum mihi, si premer
sibile ’ : cfr . [LXXII] 7. 25 Ipse io, io rem uentosas horridus Alpes, Dummoilo
ualere essere sano '. taetrum orribile ?. cum domina , molle fuisset iter. Cum do
deponere " guarire ': è hysteron prote mina Libycas ausim perrumpere Syrtes
ron. 26 reddite mi hoc ' datemi questo - E così in Stazio e così in Marziale
compenso ’ pro pietate mea della vita e altrove. 2 in ---- Indos ' nella terra degli
piamente vissuta ’. Catullo guarì, pare. Indi ?. extremos : tutte le genti poste
Tuttavia ebbe bisogno di cambiare aria sull'Oceano si dicevano extremae. 3 ut
e vita. Difficile est longum subito depo e sin dove '. longe resonante ( cfr. Verg.
nere amorem . G. 1 , 358 e 2, 163) che lontano suona
XXXIX . - TRE ANNI DOPO . - Furio ed Eoa del mare Orientale ?. 4 Tunditur
Aurelio, che contendevano a Catullo un * è battuto ’. 5 Hyrcanos ' nella terra de
altro amore (Catullo era già stato in gli Ircani ’, terra de lupi , sotto il mar
Asia , ne era tornato , aveva avuti altri Caspio . Arabasue molles o degli Arabi
amori e altri sdegni: la malattia era effeminati ’. 6 Sacas : popolo scitico ai
finita ), per liberarsi del rivale, gli por confini della Persia. sagittiferosue : no
tarono nel 699 un messaggio di Lesbia. tissimo l'uso che facevano i Parti dei
Lesbia diceva, secondo il Riese, al poeta : veloci cavalli e delle infallibili freccie .
Respecto tuum amorem ; Lesbia cercava Nel 699 si faceva gran discorrere in
72 LYRA ROMANA .

Siue trans altas gradietur Alpes,


Caesaris uisens monimenta magni, 10
Gallicum Rhenum horribile aequor ulti
mosque Britannos ,
Omnia haec , quaecumque feret uoluntas
Caelitum , temptare simul parati,
Pauca nuntiate meae puellae 15
Non bona dicta.
Cum suis uiuat ualeatque moechis,
> Quos simul complexa tenet trecentos,
Nullum amans uere, sed identidem omnium
Ilia rumpens : 20

Roma dei Parti contro i quali da Crasso G. 2, 35. E alla fine di quell'anno Catullo,
si preparava la spedizione che ebbe esito forse a Verona dove si riaveva del suo
così sfortunato, 7 quae (le edd. per lo mal d'amore , sentì parlar Cesare stesso
più qua) si riferisce ad aequora, che di di Reno e di Britannia. Poichè, in quel
pende da penetrabit. La preposizione è torno, il gran capitano si recava nell'Il
omessa , come nel prec., perchè penetrare liria , parte di sua provincia , quando ebbe
tanto si costruisce con la prep., quanto notizia della ribellione dei Veneti , dei
senza. septemgeminus ‘ dalle sette boc quali sapeva che naues habent – pluri
che ". colorat tinge ? 8 Aequora : s'in mas, quibus in Britanniam nauigare con
tende o dell'Egitto stesso che Erodoto suerant : B. G. 3, 8. 11 Gallicum Rhenum :
2, 12, chiama usdyralov, o del mare, confine tra la Gallia e la Germania, che
che il Nilo , portandovi le sue torbide Cesare, primo de' Romani, passò nel 699.
acque, annera per largo tratto. Per l'epi horribile aequor , l'oceano dalle grandi
teto septemgeminus mi par più probabile maree ' : cfr. B. G. 4, 29. 12 ultimosque
la seconda interpretazione. La menzio Britannos. Così Verg. ecl. 1, 66 : penitus
ne del Nilo e dell' Egitto è suggerita al toto diuisos orbe Britannos. Così Catullo
poeta dal fatto che l'anno avanti, il 698, stesso nel [XXIX] : Fuisti in ultima oc
Gabinio vi fece una spedizione, ricondu cidentis insula . Ha cominciato dagli Indi,
cendo Tolomeo. Cfr . Cic. in Pis. 49 : In ultimi sull'oceano orientale e finisce coi
Aegyptum uenit : signa contulit cum Ale Britanni, ultimi sull'oceano occidentale.
xandrinis ; e altrove. 9 altas Alpes : 13 Omnia haec sott. loca : altri, meno
secondo Servio, ad Aen . 10, 13, Alpes in bene, l'unisce con quaecumque. quaecum
celtico vale montagne alte '. gradietur que feret u . C. ' checchè vorranno gli
andrà pedone , 10 Caesaris magni: dei del cielo '. 14 temptare: detto egre
Catullo ammirava Cesare, suo ospite pa giamente di luoghi. Bosporum Temptabo
terno. Poi, alla fine di quest'anno stesso, ha Orazio , C. 3, 4, 30 : terras temptare .
a quel che pare , si guastò con lui, per una repostas , Virgilio Aen . 3, 364. simul
sua rivalità con Mamurra, di lui praefe e insieme a me . 15 Dopo l'enfatico
ctus fabrum. Allora il poeta , che si tro esordio , breve e amara conchiusione.
vava con Cesare e i Cesariani a Verona, meae puellae : a quella che voi dite mia,
scagliò contro Mamurra e il suo protet a quella che fu mia, già. 16 Non bona
tore acerbissimi giambi. Ma Cesare, che = haud placitura e insieme e di non
era veramente magnus, Valerium Catul buono augurio '. 17 Cum suis --- moechis
lum, a quo sibi uersiculis de Mamurra co ' suoi drudi ’. uiuat ualeatque viva
perpetua stigmata imposita non dissimu felice ' : è formula : cfr. uiue uale. Hor.
lauerat , satis facientem eadem die adhi Epl. 1 , 6, 67 ; uiue ualeque id. S. 2, 5, 109.
huit cenae hospitioque patris eius, sicut 18 simul - trecentos infiniti nel tempo
consuerat, uti perseuerauit : Suet. Caes.73. stesso '. 19 uere : cfr. (LXXXVII] 2. sed
uisens = uisurus ' per andare a vedere ”. identidem e ma senza fine ’. 20 Ilia rum .
monimentaʻitrofei, i segnidelle vittorie”. pens: AS . il più acuto degli antichi comm.
Già alla fine del 697 era in Italia grande di Catullo , ricorda Verg. ecl. 7 , 26 : rum
il grido delle imprese di Cesare, quando pantur ut ilia Codro ; e soggiunge : sic
a lui dierum quindecim supplicatio decreta autem dicebant de iis, quos agi rabie et
est, quod ante id tempus accidit nulli. B. furore significabant : dunque, con AS.,
N - CATVLLVS . 73

Nec meum respectet, ut ante, amorem ,


Qui illius culpa cecidit uelut prati
Vltimi fios, praetereunte postquam
Tactus aratro est .
xl . [ci ]
Multas per gentes et multa per aequora uectus
Aduenio has miseras, frater, ad inferias,
Vt te postremo donarem munere mortis
Et mutam nequicquam alloquerer cinerem ,
Quando quidem fortuna mihi tete abstulit ipsum , 5
Heu miser indigne frater adempte mihi .
c spezzando il cuore ? ; con altri, altri 1 Multas per gentes : nell'Italia e nella
menti . 21 respectet ' speri ’. Ma il verbo Grecia. et multa per aequora : mare Adria
è efficacissimo : indica l'atto di colui che tico, Ionio , Egeo, Ellesponto. uectus : si
si parte da persona o cosa, a malincuore, riferisce per zeugma anche al primo ter
e si volge a ogni momento, aspettandosi mine. 2 uenio sono arrivato ': così
d'essere richiamato o di poter tornarvi: in Cic. T. 1 , 16 , 37 un antico poeta : Ad
cfr. Cic. Sest. 5, 13 : haec ita praeterea sum atque aduenio Acherunte . has mise
mus, ut tamen intuentes et respectantes ras : perchè tardive e in terra straniera.
relinquamus. ut ante come per il pas inferias : inferiae sunt mortuorum , dice
sato ' ; è detto freddamente : ben altro Servio ad Aen. 10, 519, quod inferis sol
avrebbe detto ut quondam . 22 illius ha uuntur. Più probabile la derivazione da
la penultima breve: cfr. nota 3 a pag. 49. inferre. 3 postremo : sospetto in questa
prati Vitimi: il Mur. spiega ‘ all'estre parola un senso più forte che di'ultimo ';
mità del prato ' . E dice che Catullo pen un senso come dell'altro superlativo da
sava al proverbio Tam perit quam extre post, di postumus, che vale quale tar
ma faba : perchè ciò che è piantato divo '. donarem dipende non tanto dalla
alla proda della via , è facilmente calpe nozione di perfetto che è in aduenio,
stato o colto dai passanti. Ma il V. già quanto dalla menzione del lungo viaggio
aveva notato che l'interpretazione era nel primo verso. munere mortis : secondo
assurda, trattandosi di aratro. 23 prae il B. si tratta del monumento e dell'iscri
tereunte postquam . 24 Tactus aratro est. zione funebre. 4 mutam che non può
Sono incerto tra due spiegazioni: come rispondere ’. nequicquam : ha valore d'e
un fiore, che è l'ultimo del prato presso sclamazione : ' ah ! in vano '. 5 Quando
il campo che arano : passa l'aratro e lo quidem ' poichè ? tete ipsum : opposto
tocca alla radice : o meglio Catullo pensa à cinerem ; come nell' Iliade A 3 e 4
a un prato che dissodano per ridurlo a αυτούς ο opposto a ψυχάς. La muta
campo di grano : resta un'ultima fetta cenere non è più lui, il dolce fratello .
erbosa : su questa un ultimo fiore : passa 6 heu miser - f. a. m .: cfr . pag. 56 ,
l'aratro e lo taglia, leggermente, e tra v. 20 ; pag. 58, v. 52 e 53. indigne , per
volge . chè facerbamente ?. 7 Nunc tamen è op
posto, secondo me, al v. 3, intendendo
6. Il viaggio in Bitinia . postremo per tardivo . interea intanto '; e
si deve intendere, come osservò FHaase,
XL. ALLA TOMBA DEL FRATELLO . che ci siano due cose diverse delle quali
Catullo dunque nel 697, a primavera, la l'una il poeta sia per fare poi e l'aitra
scia l'Italia per seguire Memmio in Bi faccia ora, intanto (interea ) che si possa
tinia , nella cohors praetoria . Vi andava fare la prima. Poichè queste due cose
per obliare ? o cercava lucelli aliquid ? diverse non si trovano qui, FHaase se
Se mai, questo non lo trovò (cfr. ( X ) e guito da Sch. da LM . e da altri, inserisce
[XXVIII] ); l'oblio sì, come vedemmodal dopo il v. 6, i v. 9-14 del [LXV] (vedi a
precedente. Appena arrivato nella Troa pag . 54). E il senso sarebbe : ti amerò
de, si reca al sepolcro del fratello, morto sempre, canterò sempre teneramente di
in quella terra di sventura tre anni forse te : intanto tuttavia .... Come se anche
prima, e porta alla cenere muta l'estremo questo qui non fosse un canto . Io mi
saluto : aue atque uale. Vedi “ Intermezzo attengo a più semplice spiegazione : nei
doloroso a pag. 51 e seg. versi 3 e 4 parla di due cose : il dono
74 LYRA ROMANA .

Nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum


Tradita sunt tristi munere ad inferias,
Accipe fraterno multum manantia fletu,
Atque in perpetuum , frater, aue atque uale. 10

XLI . [XLVI)

Iam uer egelidos refert tepores,


Iam caeli furor aequinoctialis
Iocundis Zephyri silescit aureis.
Linquantur Phrygii, Catulle, campi
Nicaeaeque ager uber aestuosae: 5
Ad claras Asiae uolemus urbes .
Iam mens praetrepidans auet uagari,
Iam laeti studio pedes uigescunt.

di morte, il saluto alle ceneri, primo salutò quindi la primavera del 698 con
quello, secondo questo. E qui prima fa la gioia di chi si sente liberato .
l'offerta , bagnata di lagrime fraterne, poi 1 eyeliilos ' che sciolgono il gelo '. 2 ae
dice que atque uale che è il saluto. haec quinoctialis , riferito a caeli all'equino
queste offerte'fiori specialmente. Tib. zio ’; il 21 di Marzo : stagione procellosa
2, 6, 31 : illius dona sepulcro Et made come sanno anche i nostri contadini :
facta meis serta feram lacrimis . Ov. T. Marzo è pazzo. 3 Zephyri: vento di po
3, 3, 82 : Deque tuis lacrimis umida serta nente, in latino Fauonius di cui Plinio
dato. Secondo B. il monumento '. pri HN. 2, 122 : ueris in principio fauonii
SCO --- more parentum ' secondo l'antico hibernum molliunt caelum , silescit CO
uso degli avi ’. 8 Tradita sunt: secondo mincia a tacere ’. aureis auris ) ' allo
B. ' date ' a te : secondo il V. * traman spirar della brezza '. 4 Linquantur – ,
date, consecrate '. tristi munere, dipende Catulle: non parla a sè, chiamandosi a
da tradita ' in triste dono ” : cfr. Mart. nome, per farsi animo a cosa non grata
9, 59, 2 : Et mansura pio munere templa o non facile ; no : questo è un grido di
dedit, ad inferias: finale . 9 multum ma gioia . Phrygii – campi ‘ le pianure frigie '
nantia “ grondanti ’. 10 aue atque uale : poichè della Phrygia minor era parte la
sono le nouissima uerba con le quali si Bitinia. 5 Nicaeaeque : il que introduce
salutavano i morti : si diceva Haue Vale , la spiegazione più particolareggiata di
que et uale . Cfr. anche a pag . 11 , VIII, Phrygii campi: Nicea era nella pianura
IX , X ; a pag. 12, XIII. più fertile della Frigia. uber fertile ':
XLI. - PRIMAVERA. – È passato un Strabone 12, p. 564, lo dice opóôpa ső
anno : Catullo ha svernato in Nicea , la @LOV. aestuosae ' troppo calda d'esta
metropoli della Bitinia, città molto calda te : Strab. 1. c. ου πάνυ δε υγιεινόν
e cinta di campagna fertilissima, non TOV Gépous , perchè la calura estiva
sana d'estate . L'inverno gli è scorso traeva forse miasmi dal lago Ascanio
lieto tra i dolci amici , di cui era C. Hel presso il quale era fondata la città. 6
uius Cinna, poeta anch'esso, invitato co claras : Hor. C. 1 , 7 , 1 claram Rhodon ;
me tale anch'esso da C. Memmius L. F. Ouid. M. 5, 652 clarae Athenae ; e altri.
Gemellus, di cui Cic. Brut. 247 dice che uolemus : Catullo esorta Catullo che ane
era perfectus litteris, seil Graecis , fastidio la : sprone fa cavallo corrente volare.
sus sane Latinarum . Ma per i ve otepoi , urbes : ne sono nominate alcune in Hor.
come Catullo e Cinna, non doveva aver Epl . 1 , 11 : Quid tibi uisa Chios, Bullati,
egli quel non so che di sprezzo, che notaque Lesbos ? Quid concinna Samos ?
Cicerone : se anch'esso, il pretore avaro, quid Croesi regia Sarilis ? Zmyrna quid
il condannato per brogli nella petizione et Colophon ? maiora minoraue fama ?
del consolato, faceva versi erotici : Ov. 7 praetrepidans ` nel palpito dell'aspet
T , 2, 433. A lui dirizzò il suo poema Lu tazione ', nugari ' di andare ; dove, non
crezio . Erudito era certo e amante della importa : andare '. 8 laeti: lieto è Ca
poesia ; ma trattò poco bene ( vedi il [X] ) tullo ; ma la letizia si manifesta special
i due poeti, specialmente Catullo , che mente nell'impazienza dei piedi. studio
N CATVLLVS . 75

O dulces comitum ualete coetus,


Longe quos simul a domo profectos 10
Diuersae uariae uiae reportant.

XLII . (XXXI]
Paene insularum, Sirmio, insularumque
Ocelle, quascumque in liquentibus stagnis
Marique uasto fert uterque Neptunus ,
Quam te libens, te quamque laetus inuiso,
Vix mi ipse credens Thyniam atque Bithynos 5
Liquisse campos et uidere te in tuto !
O quid solutis est beatius curis,
Cum mens onus reponit, ac peregrino
Labore fessi uenimus larem ad nostrum ,
Desideratoque acquiescimus lecto . 10

dalla voglia ’ uigescunt si sentono tullo. insularumque : Sirmione è congiun


snelli ’. 9 comitum : di Memmio : poichè ta alla terraferma con una lingua di ter
comites erano i componenti la cohors, ra, che alle volte è sommersa : ciò che
praetoria : cfr., tra altri, Hor. Epl. 1 , 8, 2 allora dà alla penisola aspetto d'isola. 2
comiti scribaeque Neronis. 10 Longe si Ocelle : Cic. ad Att. 16, 6. Cur ocellos Ita
riferisce tanto a profectos ' per cammin liae uillulas meas non uideo ? E da altri
lungo '; quanto a reportant per lungo esempi si rileva che occhi erano chia
cammino '. simul : partirono tutti in un mate città e ville sul mare : poichè con
crocchio, col pretore. 11 Diuersae ua esse, così bianche tra la verzura, pare
riae uiae : homoeoteleuton caro al no la nera terra guardare a chi viene dal
stro : cfr. nel primo verso del libretto : mare. Traduci occhio, il più bello tra ’:
lepidum nouum libellum , e nel primo del poichè ocelle deve pur avere valore di
[XLVIII] Mellitos oculos tuos. Diuersae, superlativo, essendo questi genitivi di
per la direzione, uariae, per i paesi da Catullo ben altri che Italiae di Cic. 2 in
percorrere. Finito l'anno i comites ripren liquentibus stagnis ' negli scorrevoli la
devano la loro libertà, e ognuno seguiva ghi ’ . 3 Marique uasto : opposto a stagnis
i suoi gusti . Catullo volle profittare della e nella grande distesa del mare ’: fert
gita per vedere le celebratissime città porta come sul dorso. uterque Vep
dell'Asia, e a ciò prese ad Amastris un tunus = ut ue Oceanus : l'Oceano d'o
Phasellus, buon veliero, col quale tornò riente e d'occidente '; che è il grande
in patria . Si domanda : onde l'impazienza anello d'acqua che insinuandosi crea i
dei piedi di Catullo nel v. 8, se doveva mari mediterranei e i laghi. Altri ‘ il
fare il viaggio tutto per mare sin dal Dio del mare e degli stagni '; altri an
Ponto ? Perchè non s'ha a credere piut cora altrimenti. 4 te libens, te : le edd, te
tosto che egli visitasse le città dell'Asia libenter ; i codd. te libente : propose Pas
pedibus, cioè per terra ? (Cfr. Properzio serat e approvò B., per togliere il cat
1 , 6, 33 : Seu pedibus terras seu pontum tivo accoppiamento d'un avv. e d'un agg. ,
carpere remis Ibis). Ma per terra doveva e guadagnare una nuova bellezza di stile
à ogni modo andare sino alla Paphla col te ripetuto. quamque posposto a te ;
gonia, e a piedi aggirarsi poi nelle città : e in chiasmo col primo quam . 5 Vix mi
onde il formicolio che si sentiva il poeta. ipse credens ' non potendo credere a me
Del resto vedi più giù il [IV].
XLII. - IL RITORNO. -- Il dolce poeta Bitinia.'. Thyniam
stesso : paese a nord della
6 Campos le pianure come
ritorna : ritorna per il lago Benaco a nel [XLVI] Phrygii campi, in tuto ' al
Sirmione , ove ha una villa . E saluta il sicuro ’ dopo tanti pericoli in terra e in
paese, il lago , la villa con un canto soa mare. 7 O quid - beatius ' oh ! quale fe
vissimo. licità è maggiore’.solutis – curis di non
1 Paene insularum delle penisole ? aver più pensieri ’. 8 onus reponit ' de
Sirinio : ora tutto un uliveto : al nord i pone il suo peso come viatore giunto
ruderi d'una villa Romana : quella di Ca alla meta. peregrino del viaggiare in ter
76 LYRA ROMANA .

Hoc est, quod unum est pro laboribus tantis.


Salue , o uenusta Sirmio , atque hero gaude :
Gaudete uosque, o Lydiae lacus undae:
Ridete , quicquid est domi cachinnorum .
XLIII. [iv]
Phasellus ille, quem uidetis, hospites,
Ait fuisse nauium celerrimus,
Neque ullius natantis impetum trabis
Nequisse praeterire, siue palmulis
Opus foret uolare siue linteo . 5
Et hoc negat minacis Adriatici

ra straniera '. 9 Labore fessi : è opposto 1 Phasellus ille : la brigata è ancora


al v.10 , ad acquiescimus, mentre peregrino lontana ; ma appare tra gli alberi il pic
è opposto a larem ad nostrum . uenimus: colo golfo e nel golfo il phasellus: Ca
perfetto. larem ad nostrum : il primo sa tullo lo indica : ille. Il phasellus (negli
luto si faceva al Dio della casa e della altri scrittori phaselus) era così detto
famiglia. 10 Desideratoque: la lunga pa dalla sua forma di phaseolus: una breuis
rola come sembra un sospiromancanza nauicula , secondo Servio ad Verg. C. 4,
sfazione! di cui si sentì la di soddi'. 289, ma che poteva essere anche grande :
11 Hoc est quod unum est questo solo cfr. Sall. Hi 3 : cohors una grandi fa
è il compenso ’. tantis, opposto a unum , selo uecta . Andava a vela e a remi. Ser
vale tam multis. 12 Salue : soave e re viva anche per viaggi di diporto come
ligioso saluto . uenusta amena '. hero la nave che sogna il povero Gripus in
gaude fai festa al signore ?. 13 Lydiae Plaut. Rud. 4, 2, 27 : Post animi caussa
(i codd. lidiae, onde varie lezioni), per mihi nauem faciam atque imitabor Stra
chè il paese fu tenuto già dagli Etruschi tonicum : Oppida circumuectabor ubi no
e gli Etruschi si credevano venuti di bilitas mea erit clara. 2 Ait sostiene '.
Lidia. Per quanto sembri strana hypal nauium celerrimus, come in Cic. ND. 2,
lage dire " lidie onde del lago ', io oso 130 : Indus qui est omnium fluminum ma
trovare non inopportuna in un reduce ximus. La costruzione poi greca invece
dell'Asia questa reminiscenza : quasi le della latina ( se – celerrimum ) non è ra
onde, col loro borbottio , ricordassero al ra : cfr. Hor. Epl. 1 , 7, 22 : ait esse para
poeta la favella de' popoli veduti. 14 Ri tus. 3 ullius : penultima breve : vedi
dete q . e. d. c.: quicquid AS. intende acc. pag. 49, nota 3. natantis - trabis : le
da ridete, ed est domi avete in casa ' : gno galleggiante ' circoscrizione di na
cioè : ' onde , ridete tutto ciò che di riso ve. impetum ' l'abbrivo ’; impetus è ado
avete in voi ’. Il poeta inviterebbe il perato in questo senso nel bellissimo
lago a cullarlo col fievole sciacquio delle esametro di Ennio (379 V.) che Virgilio
sue piccole ondate. Altri intende : ' Ri imito : Labitur uncta carina, uolat super
dete, o risi tutti della villa ” ; e si po impetus undas. 4 Vequisse col neque del
trebbe intendere del giocondo affaccen prec. fa affermazione. praeterire lasciar
damento di persone, del lieto squillare si dietro '. palmulis * a remi’ : propria
e sbattere di cose, nella casa già tacita, mente palmula è la pala del remo '.
ritorno del 5 linteo a vela '. È imitato il passo in
al XLIII. LA padrone.
TARTANA DI AMASTRIS. Ovidio, T. 1 , 10 , 3 : Siue opus est uelis ,mi
La nave, sulla quale Catullo visitò le nimam bene currit ad auram ; Siue opus
famose città dell'Asia e tornò in patria, est remo, remige carpit iter. Nec comites
è ormeggiata in una piccola insenatura uolucri contenta est uincere cursu : Occupat
del lago. Forse biancheggia tra gli olivi egressas quamlibet ante rates. 6 negat l'op
della sponda un tempietto dei Dioscuri . posto di ait del v. 2; sebbene anche questo
Catullo affermi col negare del v. seguente.minacis
a vedereimagina di condurre
la tartana i suoia ospiti
che, ora vela Adriatici: cfr. Hor. c. 1, 33, 15 : fretis
ora a remi, ha fatto sì lungo viaggio. acrior Hadriae, e 3, 35 : Dux inquieti tur
Essa dondola, malandata, nel lago az bidus Hadriae, e 3, 9, 22 : improbo Iracun
zurro che fa sentire le sue piccole ri dior Hadria . Oltre le burrasche, erano poi
sate ai piedi di Catullo. tenibili, a chi costeggiava, le scogliere,
N - CATVLLVS . 77

Negare litus insulasue Cycladas


Rhodumque nobilem horridamque Thraciam
Propontida trucemue Ponticum sinum ,
Vbi iste post phaselus antea fuit 10
Comata silua : nam Cytorio in iugo
Loquente saepe sibilum edidit coma.
Amastri Pontica et Cytore buxifer,
Tibi haec fuisse et esse cognitissima
Ait phasellus : ultima ex origine 15
Tuo stetisse dicit in cacumine ,
Tuo imbuisse palmulas in aequore,
Et inde tot per impotentia freta
Herum tulisse, laeua siue dextera
Vocaret aura, siue utrumque Iuppiter 20

come gli Acroceraunii (Hor. C. 1 , 3, 20 ). monte , e dallo sdrucito faselo alla selva
7 litus : nomina il lido, perchè gli antichi susurrante. A proposito degli alberi vo
si tenevano, navigando, alla costa. Così cali, cfr. Verg. ecl. 8, 22 : Maenalus argu
ha indicata l'ultima parte del viaggio. tumque nemus pinosque loquentes Semper
insulasue Cycladas: e qui indica la penul habet ; Ausonio, poeta molto pittoresco,
tima parte , intendendo il mare Aegaeum. epl . ad Paul. 24, 14 : Cumque suis tre
8 Rhodumque nobilem : claram chiama mulum loquitur coma pinea uentis. E la
Rodi Orazio, c. 1 , 71 : famosa per com fanciulla dice in Tencrito , 27, 57 : ' odo
merci, per opere d'arte, per scuole d'e rumore ’ ; e Daphnis; ' sono i cipressi che
loquenza. A Rodi era arrivato costeg tra loro parlano delle tue nozze ' . 13
giando l'Asia, per vedervi claras urbes, Amastri Pontica : città della Paphlago
come dice nel [XLVI) . horridamque tem nia, nelle cui vicinanze era il Citoro .
pestosa ’:Orazio C. 3 , 24, 40 hā horrida In questa città fu fatta la nave e va
aequora. Thraciam altro agg. di Propon rata. Cytore buxifer : Verg. G. 2 , 437 :
tida : vedemmo questo vezzo di Catullo : iuuat undantem buxo spectare Cytorum .
lepidum nouum libellum [ I ] , Diuersae 14 Tibi : qui della città e del monte fa
uariae uiae [XLVI] ; e altrove. 9 Pro una cosa sola. esse : il phasellus imagina
pontida ha la finale lunga, in arzi, per la patria ricordevole e gloriosa di lui.
posizione. È l'odierno mar di Marma cognitissima : superlativo che si trova
ra ' che comunica per mezzo del Bospo qui solo . 15 Ait phasellus: nel principio
rus Thracius (ora stretto di Costantino Phasellus ille – ait : questa ripresa così
poli) col Pontus Euxinus (ora mar Nero). elegante vedemmo nel [ XIII] 7 e nel
trucemue : quel mare si chiamava di fatti [XXXIX ] 4 e 6, ultima ex origine : Verg.
QEEvos inospitale ’, nome cambiato Aen. 1 , 372, prima - ab origine: la stessa
poi in ospitale’dai marinai che vo cosa. 16 Tuo ' di te ’ o Citoro. stetisse,
levano blandire il ‘ selvaggio '. Ponticum come selva che egli era allora . cacumine
sinum ' interno mare ’. 10 Vbi iste : gli ' nella vetta ’: quasi fosse maggior no
hospites si sono appressati alla venerabile biltà : aequore
certo è più
nelviva
tuo pittura. 17 Tuo
tartana, di cui hanno sentito i mira in mare 0 Ama
coli : iste. post phasellus ' che poi fu tar tris : imbuisse tuffò ’ la prima volta ;
tana '. fuit ' era ’. 11 Comata ' frondeg rinnovò, incignò. 18 Et inde : da quella
giante ’. nam Cytorio in iugo sul monte città della Paphlagonia, dove si era re
di Cytorus ’ nella Paphlagonia , celebrato cato dalla Bitinia pedibus: vedi più so
per le sue selve, specialmente di busso. pra il [XLVI]. tot per impotentia freta
12 Loquente coma " con la frasca par ( l'a d'impotentia è lungo in arsi per po
lante ' parole sommesse , bisbigli leggeri sizione) per tanti mari procellosi ’, cioè
e interrotti: saepe sibilum edidit ' mosse il Ponto, la Propontide, il mar Egeo sino
sovente un sibilo ’ : poichè quei bisbigli, a Rodi e per le Cicladi , e l'Adriatico.
a una folata, d'ogni parte crescendo si 19 Herum ' il padrone ', cioè Catullo .Ma
mutano nello stormire di tutta la selva. il B. sospetta sia un tal Serenus di cui
Ecco il poeta ci ha dal lago portati al è cenno negli Scolii Bernensi a Verg.
78 LYRA ROMANA .

Simul secundus incidisset in pedem ;


Neque ulla uota litoralibus deis
Sibi esse facta, cum ueniret a marei
Nouissimo hunc ad usque limpidum lacum .
Sed haec prius fuere: nunc recondita 25
Senet quiete seque dedicat tibi,
Gemelle Castor et gemelle Castoris.
XLIV . [ xxxv )
Poetae tenero, meo sodali ,
Velim Caecilio , papyre , dicas,
G. 4, 289 : phasillus ille quem habuit e altri. hunc ad usque limpidum lacum
hospes Serenus. siue, posto una sola volta sino a questo trasparente lago ’; il
come in Hor. C. 1,3,17 : ponere seu tollere Benaco. Come il Phasellus vi potesse
uult freta. 20 Vocaret ' spirasse ma arrivare , è incerto : a molti non par possi
propriamente invitasse chiamasse bile che vi arrivasse ; ma sembra che a
col suo brusio e col suo sibilo , comein quei tempi l'Adige e il Mincio fossero
Verg. Aen. 7 , 70 : lenis crepitans uocat uniti da un canale navigabile tra Verona
Auster in altum . E il verbo uocare pare e Valeggio. 25 prius in altri tempi ’ :
proprio, in questo senso, dei marini: cfr. cfr. [ LI] 15. recondita ' appartata '. 26
Verg. Aen. 3,356 : aurae uela uocant; Hor. Senet passa la sua vecchiaia ’ : verbo
Epod. 16, 22 : Notus uocabit aut proter insolito. dedicat : pres. come a pag . 11,
uus Africus, e altri. Il vento chiama col V. 6 : onde si può congetturare col B.
suo brusio, protervo poi spinge ancora che il poema fosse come per essere so
col suo impeto a destra o sinistra dove gli speso alla parete d'un tempietto in riva
piace ; ma il timoniere non sempre gli dà al lago . E tutte le volte che passeggeri
retta e segue la sua rotta a dispetto dilui; entravano nel tempiotto, si doveva rin
di che il suo merito . Quando i due sono novare la scena che Catullo imaginò la
d'accordo, allora si fila che è un piacere : prima volta. Quella tartana là che
Qua cursum uentusque gubernatorque uo vedete, ospiti , Dice : fui ' . Il poeta è
cabat (Verg. Aen . 3, 269) , dove l'abbrivo sempre idealmente presente a far da
della nave che fila è reso dalla cesura interprete al vecchio barco, che intarla
trocaica, come nel citato Labitur uncta nel lago azzurrissimo. 27 Gemelle Ca
carina , e nel Fertur equis auriga di Vir stor et g.C.: il nome di Polluce era spesso
gilio (G. 1 , ultimo verso ). Iuppiter : è il taciuto : cfr. Hor. epod. 17 , 42 :
vento ' poichè Ennio riportato da Var fraterque magni Castoris. I due Castor divini
rone LL. 5 , 65 : Istic est is Iuppiter, quem gemelli si chiamavano talora semplice
dico, quem Graeci uocant Aerem, qui uen mente Castores (Plin. HN. 35 , 10) e an
tus est et nubes, imber postea , Ai que ex che Polluces (Ser. ad G. 3 , 89).
imbre frigus, uentus post fit, aer denuo . XLIV. INVITO . È una poesiola
21 Simul da unirsi a utrumque in di questo tempo riposato e geniale , del
pedem . secundus ' in poppa ' . incidisset l'autunno forse del 698, quando Catullo
soffiasse ’ in pedem (utrumque) pieno negli ozi beati di Sirmione e Verona,
nella vela ' in modo che le due scotte riandava i luoghi e le cose vedute nella
( pedes) fossero ugualmente legate e tese; sua gita Bitinica e componeva l'Attis
mentre se il vento spirava o da destra [LXII] e la così detta nei codd. Argo
o da sinistra , ne tendevano sola una. nautica (LXIV) . A Nouum Comum , co
22 litoralibus Deis : gli Dei che avevano lonia del 695 , viveva un altro poeta ,
i templi sul litorale , templi che ai na Caecilius, di cui non si sa altro se non
viganti antichi apparivano sempre, a ciò che ne dice qui Catullo : che era poeta
mano a mano, biancheggianti sulla co d'amori . Questo egli invita a Verona.
stiera. 23 Sibi esse facta ' ebbe bisogno 1 Poetae tenero : tener vale con poeta,
di fare'.cum ha valore più di concessivo presso a poco, erotico ' : cfr. Ovid . rem .
che di temporale ; pur l'uno e l'altro, ma 737 : teneros ne tange poetas ; a. a. 3, 333 :
rei = mari. 24 Nouissimo (i codd. hanno teneri Properti ; am . 3, 8, 2 : tenerum
nouissime che qualcuno ritiene) il più carmen ; T. 4, 10, 1 : tenerorum lusor
lontano ?: cfr. Ovid. I. 3, 13, 27 : Dum me amorum ; e altri. sodali compagno di
terrarum pars paene nouissima Pontus, piaceri ’, nè forse senza accenno a co
N CATVLLVS. 79

Veronam ueniat, Noui relinquens


Comi moenia Lariumque litus :
Nam quasdam uolo cogitationes 5
Amici accipiat sui meique.
Quare, si sapiet, uiam uorabit,
Quamuis candida milies puella
Euntem reuocet manusque collo
Ambas iniciens roget morari: 10
Quae nunc, si mihi uera nuntiantur,
Illum deperit inpotente amore :
Nam quo tempore legit incohatam

munione religiosa. Dice Catone in Cic. 10 Euntem mentre è sulle mosse '.
Cat. 45 : Primum habui semper sodales. manusque collo Ambas iniciens : è atto
sodalitates autem me quaestore constitutae sì d'amore e sì di presa di possesso :
sunt sacris Idaeis Magnae Matris acce Serv. ad Aen . 10, 419 : manus iniectio di
ptis. epulabar igitur cum sodalibus citur , quoties nulla iudicis auctoritate
2 Velim dicas : nel [LXIII ]a 37 : no expectata rem nobis debitam uindicamus.
lim statuas. Caecilio : può essere un pro La fanciulla col suo atto dice dunque
genitore di C. Plinio Cecilio Secondo, ' è mio '. Ma chi le contrasta il suo Ce
che era di Nouum Comum e avrebbe cilio ? onde non solo tanto amore ma
ereditato da questo antenato l'amore dei tanto timore ? Di qui pendo , mi pare,
versi leggeri , coi quali, come egli dice , l'interpretazione del carme. roget con
Ep. 4, 14, iocamur, ludimus, amamus, l'inf. sembra dare alle preghiere insi
dolemus, querimur, irascimur, describi stenti, milies, virtù di comando . morari
mus aliquid modo pressius modo elatius. opposto à festinare : non aver tanta
Però il silenzio di lui intorno a Cecilio, fretta ’: la fanciulla vuole intanto che
mentre parla, 4, 27 e 1 , 16, di Catullo tardi un poco , sperando che da cosa nasca
e Calvo, dice molto . papyre : parla alla cosa e Cecilio non vada altrimenti. 11 si
carta o lettera. 3 ueniat: nell'oratio recta mihi u . n . se vere sono le novelle che me
sarebbe ueni o uenito. relinquens: raro ne sono giunte ’. 12 deperit = perdite amat
uso del pres. in senso aoristico. Verg. muore per lui ' inpotente di sfrenato '.
Aen. 3, 300 : Progredior portu classes et E può significare altro : cfr. (XIII] 9.
litora linquens ; e qui Virgilio vuol forse 13 quo tempore ' appena che ’, legit'les
significare l'andare adagio e circospetto se ' in un'altra mia lettera. Ma sono,
d'Enea sì che non perdendo subito di credo, solo . I più intendono che la puella
vista il lido e le navi, egli non le lascia leggesse il principio del poema di Ce
veramente nell'avanzarsi per la terra. E cilio ; altri, cioè il Benoist seguito da
forse la medesima ragione poetica è in Riese e B. , che Cecilio stesso lo reci
Catullo . 4 Loriumque litus : così Ovid. tasse, incohatam (i codd. indotatam ) può
F. 6, 765 ha Trasimena litora. Nouum significare sì abbozzata ' (praeclare in
Comum era, ed è, sulla riva meridionale choata multa ac nondum perfecta. Cic,
del Lario, oggi lago di Como . 5 cogita Brut. 33) e sì avviata, cominciata ?
tiones, con lo Sch. intendo, “ fantasie (res attigit hic uersibus atque inchoa
poetiche ’: altri ‘ pensieri'sur un poema uit, nel che non è alcuna idea d'imper
di Cecilio intorno alla Magna Mater. fezione. Cic. Arch . 11 ) . Questo verbo è
6 Amici sui meique, che è, secondo poi , secondo Serv . ad Aen . 6, 252, sa
Sch., Catullo stesso, amico a Cecilio e crorum : il che si può scorgere in parte
a sè stesso amicissimo : modo urbanis in Cic. dom . 132 : delubrum cum - in
simo : d'uno ch'esso ama e amo an choares. Per me , vale avviata ' con in
ch'io ' . 7 si sapiet se ha fior di senno tenzione di doppio senso. E suppongo
uiam uorabit: uorare è inghiottire ed è che Catullo scrivesse già al suo sodalis
contrario di mandere: cfr. Cic. nat. deor. d'essere intorno a un lavoro poetico
2, 122 : alia sugunt alia carpunt, alia sulla Magna Mater, ed ora vuol fargli
Horant alia mandunt: si metterà, sen intendere che può anche recitarglielo,
z'altro, in via '. 8 Quamuis per quan se verrà a Verona. Scherzosamente poi
to '. candida - puella " la sua bella ’: vedi finge che la puella veda di mal occhio
pag. 42, nota 4. milies senza fine . 9 e il culto di questa dea , che suol ispirare
80 LYRA ROMANA .

Dindymi dominam , ex eo misellae


Ignes interiorem edunt medullam . 15
Ignosco tibi , Sapphica puella
Musa doctior : est enim uenuste
Magna Caecilio incohata mater.
XLV . (xcv]
Zmyrna mei Cinnae nonam post denique messem
Quam coepta est nonamque edita post hiemem ,
Milia cum interea quingenta Hortensius uno

così insani furori ne' suoi sacerdoti , onde vane . E in tutto il suo libretto non vi
Catullo stesso nella fine del poema, a è cenno a cose e uomini , che lo faccia
cui credo si alluda qui, dell'Attis, escla credere vivo dopo il 700. Ma intanto a
ma : Deu , magna dea , Cybelle, dea domina Roma, dove è tornato, rivede persone
Dindymei, Procul a meu tuos sit furor care : primo, poniamo, il suo compagno
omnis, era , domo : Alios age incitatos alios nel viaggio bitinico C: Heluius Cinna.
age rabidos. 14 Dindymei dominam ' la Questi ha finalmente compiuto il suo
dea di Dindimo ' che è monte della Ga poemetto Zmyrna , al quale aveva certo
latia a' cui piedi era Pessinunte. ex eo lavorato a Nicea e di cui aveva certo
da ciò, per questo ’. 15 Ignes “ il fuoco parlato all'amico. E Catullo, secondo un
dell'amore ’. interiorem edunt medullam uso assai comune tra i veotspol, l'an
le le profonde vene '. 16 Ignosco nunzia.
tibi ' ti compatisco '. Sapphica , abl. va
con Musa , ed è circoscrizione di Saffo '. 1 Zmyrna o Myrrha: un poemetto in
puella , nom. sta con doctior. 17 doctior: esametri, del genere del (LXIV ] del no
doctissima è chiamata Saffo da Teren stro, che trattava del fatale e orribile
ziano 2148. uenuste con grazia '. Per amore di Mirra. Se ne conservano tre
altri , è una lode, misurata, che dà Ca versi : eccone due : Te matutinus ftentem
tullo a Cecilio ; per me, un cenno del conspexit Eous, Et flentem paulo uidit post
l'opera sua, per incuriosire il tener poeta . Hesperus idem . mei: indica la comunione
18 Caecilio : per tutti è dat. di agente : intellettuale dei poeti del dolce stil nuo
per me un dat. quale nel verso virgi vo. nonam post messem ' dopo nove
liano (Aen . 6, 252) Tum Stygio regi no- . mietiture ' cioè estati. denique : indica
cturnas inchoat aras . Catullo voleva de l'impazienza della lunga attesa. 2 Quam
dicare il suo Attis a Cecilio ? coepta : sott. ' da che fu cominciata ' . est,
congiungo con edita : cfr., tra molti altri,
7. Negli ultimi anni. ( XXXVĪ17: est enim uenuste Magna Cae
cilio incohata Mater. nonamque - post
XLV. - IL COMPAGNO DI VIAGGIO. hiemem e dopo nove inverni ’ : dunque
Rimase Catullo ancora per qualche tempo fu data in luce decimo anno postquam
a Verona, dove amò una certa Aufilena, coepta est. Infatti Quint. 10, 4, 4 : Cinnae
al quale amore si riferiscono i [C] , [CX) , Smyrnam nouem annis accepimus scrip
[CXI), e forse il [LXXXII]. Era un amore tam. E riuscì libro così oscuro ut et
indegno anche quello e Catullo se ne li nonnulli eius aetatis grammatici in eum
berò presto. Tornò a Roma, cadde in un scripserint magnamque ex eius enarra
altro amore che accennai nelle note al tione sint gloriam consecuti. Philarg. Ecl .
l' (XI) , e al quale spettano i [XV ], [XVI), 9, 35. Di questi gram matici fu Crassi
[XXI], [XXIII],[XXIV ],[XXV],[XLVIII ] tius. Suet. de gramm . 8. 3 A me par
e [ LXXXI) . A Verona lo ritroviamo di che Catullo lodi l'amico di tre cose di
nuovo alla fine del 699, dove irritato dalla cui altri lo biasimava e poteva biasi
superbia e dal fasto di Mamurra, suo marlo : la lunga elaborazione , la difficile
rivale in un altro amore, scaglia contro dottrina , le piccole proporzioni . Milia –
luie il suo imperator Cesare, i [XXIX], quingenta : longe plurimos, come Suf
[LVIII],[LIV ], [XCIII].Riconciliatosi con feno : vedi pag. 35 , v. 3 e seguenti.
Cesare continua però a lanciare i suoi cum interea e in tanto ?. Hortensins :
strali contro il praefectus fabrum nel pare ostico a molti intendere che sia qui
[ XCIV ], [CV] , [CXIV] , [ CXV ]. Poi la vita sferzato il grande oratore, emulo di Ci
del poeta si oscura e vanisce. Morì gio cerone, a cui Catullo stesso indirizzò la
N - CATVLLVS. 81
1
Zmyrna cauas Satrachi penitus mittetur ad undas, 5
Zmyrnam cana diu saecula peruoluent,
At Volusi annales Paduam morientur ad ipsam
Et laxas scombris saepe dabunt tunicas.
Parua mei mihi sint cordi monumenta sodalis,
At populus tumido gaudeat Antimacho. 10

Chioma di Berenice " (vedi pag. 53) . simi’ ossia ' gli uomini ne ' secoli più
Pure Gellio, 19, 9, dice che i carmi di remoti ’ . Non è tanto lode in bocca di
Ortensio erano inuenusta ; e noi abbiamo Catullo, quanto biasimo in bocca d'altri;
veduto che quel bravo Suffeno, uenustus come a dire : a capirla ci vuole un'eter
- et dicax et urbanus, pareva unus ca nità : i nostri posteri saranno sempre
primulgus aut fossor a chi leggeva i suoi occupati a studiarla. Così mi pare più
versi infiniti. Il far presto e molto era naturale l'at seguente. 7 At: già , ma ’.
ciò che toglieva la uenustas sì a Suffeno Volusi : abbiamo già veduto Volusio e
e sì a Ortensio . Non mi pare fuor di luogo la sua charta. Qui serve d'esempio di
il ricordare il [ LXXXVI] 3 : nulla uenu poesia, diremmo noi popolare, accessi
stas Nulla in tam magno est corpore mica bile a tutti, d'argomento nazionale e po
salis. 4 Il pentametro caduto , dal Par litico. La charta infatti di Volusio con
tenio fu imaginato così : In pede stans teneva Annales , storia verseggiata. Pa
fixo carmina ructat hians; dal Froehlich duam : Padua Galliae a Pado dicta. Vib.
così: Versiculorum anno quolibet ediderit ; Sequester p. 13 B : il Po, secondo Polibio
e dal Munro, che con altri rigetta la 2, 16, 11 , a Trigaboli si divideva in due
menzione di Ortensio, Hatrianus (cioè rami; il settentrionale, Padoa, il meri
Volusio così detto da Hatria presso le dionale , Olano . Forse Volusio era nato
foci del Padus) in uno Versiculorum anno per lì, o forse Catullo vuol solo dire :
putidus euomuit. Io, per scansare l'esa non ci sarà bisogno di mandarlo così
gerazione che offenderebbe veramente, lontano, morrà in Italia ; convertendo
se nel pentametro si asseverasse che così il biasimo di Cinna in lode, e la
Ortensio avesse o scritto o pubblicato lode di Volusio in biasimo. 8 laxas - tu
un così strabocchevole numero di versi, nicas º camicie abbondanti ’, perchè la
suppongo qualche cosa come : Aut plura carta doveva essere grande e molta.
anno se scribere posse putat (per il verso scombris : pesce vilissimo il quale si ven
cfr . [ XCIII] 2 Nec scire utrum sis albus deva senza le interiora che servivano
an ater homo e [CIX] 2 Hunc nostrum in a fare il garus. Anche oggi nei porti del
ter nos perpetuumque fore). Si alludereb l'Adriatico si vendono aperti e si chia
be, secondo me, alla facilità di cui faceva mano sgombri. 9 Terza obbiezione : Par
professione Ortensio e in cui riponeva il ua – monumenta il piccol libro, monu
pregio della poesia. Nè a ciò contradice mento di gloria ’ mei – sodalis : sodalis,
il suo carattere di oratore. 5 Passa al aggiunto da Avanzi, mi pare molto pro
secondo, difetto, secondo altri, pregio, se babile. mihi, quasi dicesse ' solo a me
condo lui : la peregrinità, la difficoltà . e ad altri pochi. sint : per me è conces
cauas — penitus assai profonde '. Satra sivo. 10 populus: opposto a mihi. tumido
chi: Satrachos è città e fiume di Cipro ; il Antimacho : Antimaco, dice Porfirione
fiume amoroso dove si bagnava il bellis ad Hor. a. p. 146, scrivendo la Tebaide,
simo figlio di Mirra. Se ne parlava certo empì ventiquattro volumiprima di con
nel poemetto di Cinna, ei lettori dice durre i sette a Tebe. Dunque tumido
vano, imagino : Satrachos ? o che è questo Antimacho è opposto a parua monumenta .
Satrachos ? a Satrachos si capirà questa Allude, secondo me, a un contemporaneo,
poesia ; a Roma, no. Gli altri intendono diverso dai due primi: Alpino ? Biba
che il poema avrà grande grido e andrà culo ? I Romani dovevano capire alla
in paesi stranieri : Hic meret aera liber prima. Catullo insomma all'unico Cinna
Sosiis, hic et mare transit. Hor, a. p. 345. contrappone il poeta facile, il poeta po
Vi è però nel medesimo (Epl. 1, 20, 13) polare, il poeta prolisso, dichiarando,
anche: Aut fugies Vticam aut uinctus mit come veo tepog ch'egli è, che esso sta
teris Ilerdam . 6 cana dir saecula per
uoluent (quadrisillabo) la sfoglieranno per la lima, la dottrina, la brevità.
e sfoglieranno a lungo tempi tardis

PASCOLI, Lyra Romana 6


82 LYRA ROMANA .

XLVI. (xcvi]
Si quicquam muteis gratum acceptumque sepulcris
Accidere a nostro , Calue, dolore potest,
Quo desiderio ueteres renouamus amores
Atque olim missas flemus amicitias,
Certe non tanto mors inmatura doloreist 5
Quintiliae, quantum gaudet amore tuo.
XLVII. [cviii]
Si, Comini, populi arbitrio tua cana senectus
Spurcata inpuris moribus intereat,

XLVI. - LE ELEGIE DI Calvo . Co certa petimus; dove poi altri legge amit
me ha pubblicamente lodata la difficile timus. Si può dunque accogliere anche
Zmyrna del suo compagno di viaggio, qui la congettura amissas; non però
così ora fa tenera e delicata lode delle iunctas o nexas o mixtas del B.; poichè
elegie che Calvo scrisse in morte della il distico non vale solo ' desideriamo e
sua Quintilia. Che Calvo scrivesse di una piangiamo i morti ’ ; ma * riamiamo i
Quintilia morta, sappiamo infatti da Pro già amati e ripiangiamo i già pianti '.
perzio, 3, 33, 90 : Haec etiam docti con E tra amores e amicitias qual differenza ?
fessa est pagina Calui, Cum caneret mi Forse, confrontando il (CIX ], il primo è
serae funera Quintiliae; ma quale ella l'amore nel suo principio e l'altra l'amo
fosse, amante o moglie, non sappiamo. re nella sua durata ; e la prima parola
Solo, perchè vero è questo nome e nei ha più dell'appassionato, la seconda più 5
carmi amatorii i Romani non ponevano del sacro . 5 non tanto doloreist ( = do
dell'amica il nome vero, ci è dato con lori est)
€ a' non è tanto’. dolore
getturare che fosse moglie. Anche Lu tiliae Quintilia quantum:: 6 gaudet
Quin
cano cantò in versi la sua moglie Polla e quanta è gioia '. amore tuo l'amor
Argentaria : Tu castae titulum decusque tuo ”. Pare che alluda a concettiespressi
Pollae Iucunda dabis allocutione, come da Calvo nelle sue elegie, di cui si ha
Stazio (Sil. 2, 7, 61 ) fa dire a Calliope ; questo frammento : Forsitan hoc etiam
e non le cambiò il nome. gaudeat ipsa cinis.
1 quicquam ' qualche poco ': ' nulla ’, XLVII. COMINIO L'INFAME. Si
direbbe un nostro antico . muteis : cfr. tratta probabilmente del P. Cominius,
[CI] 4 : mutam - cinerem . gratum accep cavaliere romano che nell'anno 688 ebbe
tumque di conforto ’ : formula : cfr. Cic. a restar vittima col suo fratello Gaio
T. 5, 15 , 45 : quod uero approbaris, id d'un tumulto popolare, per aver accu
pratum acceptumque habendum . sepulcris sato C. Cornelio de maiestate. Ne parla
ai morti ’: metonymia. 2 Accidere: si Asconio (p. 59 Or.) e Cicerone, pro Cluen
dice più spesso di sventura che di ven tio 36, 100 e nel Brutus 78, 270. In che
tura : Sen. Ep. 110 : scies plura mala con questo Cominio avesse offeso o Catullo
tingere nobis quam accidere. Tuttavia Cic. o alcuno de' suoi amici, è ignoto. Lo
ad fam . 6 , 7, 3 : tibi gratius opportu Sch . congettura che C. Cornelio predetto ,
niusque acciderit. 3 Quo desiderio (il B. difensore del popolo, fosse amico suo,e
Quei) quando tale è il rimpianto col che l'epigramma risalga al 689, quando
quale ' : quo = quali : la locuzione è cau C. Cornelio, di nuovo accusato da Co.
sale come , per es., in Odys. E, 303 : minio, fu per quattro giorni difeso da
οίοισιν νεφέεσσι περιστέφει ου Cicerone e assolto dai giudici. La con.
ρανόν ευρύν Ζεύς : dove pero alcuno gettura è ardita : meglio è dichiarare di
non saperne nulla.
vede un'esclamazione. L'espressione Ca 1 populi arbitrio: par proprio alludere
tulliana rassomiglia alle comunissime alla brutta avventura dei due fratelli:
quae tua est humanitas, qui meus amor circumuenti sunt ante tribunal - ita ut
in te est, qua seueritate fuit. renouamus more intentaretur - quam perniciem uix
* facciamo rivivere ', 4 olim missas “ un effugerunt interuentu consulum – et cum
dì perdute ': ma di mittere in questo in scalas quasdam – fugissent, clausi in
senso non c'è che un esempio in Plauto, noctem ibi se occultauerunt , deinde per
Pseud. 2, 3, 19 : Certa mittimus dum in tecta uicinarum aedium profugerunt ex
N - CATVLLVS. 83
Non equidem dubito , quin primum inimica bonorum
Lingua execta auido sit data uulturio,
Effossos oculos uoret atro gutture coruus, 5
Intestina canes, cetera membra lupi .
XLVIII. [Lxxxiv]
Chommoda dicebat, si quando commoda uellet
Dicere et insidias Arrius hinsidias,
Et tum mirifice sperabat se esse locutum,
Cum quantum poterat dixerat hinsidias.
Credo, sic mater, sic liber auunculus eius, 5
Sic maternus auus dixerat atque auia.
Hoc misso in Syriam requierant omnibus aures :
Audibant eadem haec leniter et leuiter,

urbe. 2 intereat “ può finire una volta '. 1 Chommoda : Catullo riferisce due
3 inimica bonorum : pensando al senso esempi di parole aspirate perperam , una
di boni, molto vicino a quello di opti nella consonante, l'altra nella vocale. Non
mates, dubito della relazione di questo basta : queste due parole chommoda e hin
epigramma con l'accusa fatta a C. Cor sidias non sceglie a caso : sono le più
nelio. 4 Lingua : a P. Cominio attribuisce familiari nella bocca del cavalocchi : l'una
Cicerone acre dicendi genus : pro Cluent. vale ‘ guadagni, diritti ’; l'altra “ garbu
1. c. execta : è la pena naturale della per gli ’. 3 mirifice: altra volta nel [LIII) 2,
versa loquacità. sit data : non direi col d'un oratore, sperabat si lusingava ”.
B. e coll' E. che valga quanto detur con 4 quantum poterat con tutta la forza
più forza ; ma sia stata destinata ' dal de' suoi polmoni ’. 5 Credo : ironico ; o
popolo. 5 Effossos — uoret ‘ scavi e di più che alle cose espresse nei v. prece
vori ’ : i corvi tirano agli occhi de' ca denti sembra riferirsi al senso sottin
daveri. atro ' nero ' ; è un'hypallage ed teso : che Arrio credeva parlare all'an
è detto dei corvi stessi più che della tica : come dica : Cotesta pronunzia è
loro gola. Con orribile verità Ovidio, antica, lo credo ’. Ma invece di soggiun
Ibis, 167 : Vnguibus et rostro tardus tra gere, come Cic. de orat. 3, 12, 45 : ex quo
het ilia uultur, Et scindent auidi perfida sic locutum esse eius patrem iudico, sic
corda canes ; Deque tuo fiet, licet hac sis maiores, il nostro per toccare l'uomo
laude superbus, Insatiabilibus corpore ri infimo loco natum che era nullis maio
xa lupis. Specialmente quell'avvoltoio ... ribus ortus (Hor. S. 1 , 6, 10 ) parla di sua
Abbiamo letto ai nostri tempi qualche madre e de' suoi ascendenti materni.
cosa anche di più crudo, non più efficace. Delle donne dice Cicerone nel 1. c. che
XLVIII. - LA PRONUNZIA D'ARRIO. facilius -- incorruptam antiquitatem con
Si tratta probabilmente d'un oratore o serunnt; quindi se i loro padri e nonni
meglio d'un avvocato (patronus) Q. Ar parlavano bene, parlano bene anch'esse,
rius, di cui Cicerone, Brut. 242, dice che non uaste non rustice non hiulce sed pres
per la sua pieghevolezza e officiosità in se et aequabiliter et leniter. La madre di
fimo loco natus et honores et pecuniam et Arrio non era certo in questo caso. liber :
gratiam consecutus etiam sine doctrina Passerat per primo considerò questa pa
sine ingenio in patronorum aliquem nu rola come agg. , non come nome proprio
merum peruenerat. Egli affettava la pro dello zio materno ' di Arrio . Il dire che
nuncia degli antichi, e riusciva a una lo zio era un libero vale quanto af
pronuncia tutta sua, aspirando a piacere fermare che gli altri compresa la madre
consonanti e vocali. Era come L. Cotta di Arrio, non erano. 7 misso in Syriam:
di cui Cic. de orat. 3, 11, 42 : guudere probabilmente con Crasso, essendochè
mihi uidetur grauitate linguae sonoque di Arrio dice Cic. Brut. 242 : fuit M.
uocis agresti et illud quod loquitur pri Crassi quasi secundarum ; ossia un ma
scum uisum iri putat, si plane fuerit ru gnus adiutor, posset qui ferre secundas,
sticanum . E P. Nigidius citato da Gellio, come dice il seccatore in Hor. S. 1 , 9, 46.
13, 6, 3 : rusticus fit sermo – si aspires Fu dunque alla fine del 699. requierant
perperam . Catullo lo deride di questo si erano ricreate '. 8 Audibant = au .
vizio. Ciò probabilmente (vedi v. 7) alla diebant. eadem haec, cioè commoda e in .
fine del 699. sidias. leniter et leuiter: allitterazione
84
LYRA ROMANA .

Nec sibi postilla metuebant talia uerba,


Cum subito affertur nuntius horribilis, 10
Ionios fluctus posquam illuc Arrius isset,
Iam non Ionios esse, sed Hionios .

XLIX. (L111]

Risi nescio quem modo ex corona,


Qui, cum mirifice Vatiniana
Meus crimina Caluos explicasset ,
Admirans ait haec manusque tollens:
Dii magni , salaputium disertum ! 5

comune : Cic. ad Att. 13, 21 : de Attica pende da Risi modo un momento fa


optime quod leuius ac lenius. Gell. 18, 9 : ex corona : si diceva corona la turba de
erat lenius leuiusque : soave e piano ' , gli uditori, la quale non era allora, come
col loro suono naturale. 9 postilla = po né ora, molto scelta. 2 mirifice “ a per
stea. talia ' in tal modo pronunziate '. fezione '. Vatiniana ‘ contro Vatinio :
10 horribilis : non senza un perchè qui vedi pag. 36, 3. 3 Meus : col solito affetto
è questa parola coll'n , che si dovrà pro e con tal quale orgoglio . crimina ' capi
nunziare aspirata . 11 illuc : al mare d'accusa ’ . explicasset ' ebbe svolti, scio.
Ionio : altri, in Siria. 12 Iam non ' non rinati '. 4 haec queste parole ’: le fa
più '. Ionios : parola di grande dolcezza, aspettare : manusque tollens : è gesto di
che all'orecchio del Greco ricordava viole ammirazione : Hortensius uehementer ad
e violeti . Hionios : la parola soave, con mirans, quod quidem perpetuo Lucullo
ciata dal rustico parlatore, all'orecchio loquente fecerat, ut etiam manus saepe
del Romano consonava ora con hiare tolleret. Cic . Ac. pr. 2, 63. 5 Dii magni :
estare a bocca aperta '. altrove (vedi pag. 37, 12) esclamazione
XLIX. CALVO IN TRIBUNALE. E d'orrore per cosa che eccita l'indigna
rivide Calvo : lo rivide piccolo e nervoso, zione, qui denota l'orrore per cosa in
così come solebat excedere subsellia sua comprensibile, stranissima. salaputium :
et impetu latus usque in aduersariorun non è ben certa nè la scrittura nè il
partem transcurrere (Sen. rhet. p. 332 K) ; preciso valore di questa parola : signi
lo sentì tonare : factum ambitum, scitis fica certo qualche cosa di molto piccolo
omnes, et hoc uos scire, omnes sciunt ( Quint. e di molto vivo : traduci “ cosino ', di
5, 1 , 13). E chi era il reus ? L'odiato, il sertum eloquente '. La meraviglia del
famigerato, il sozzo Vatinio. Hominem popolano è che da corpo così piccolo
nostrae ciuitatis audacissimum , de fac (erat paruolus statura, propter quod
tione diuitem , sordidum, maledicum ac et Catullus in hendecasyllabis uocat illum
cuso , così cominciò egli, o oh ! ci fosse salaputtium disertum . Sen. Contr. 7, 19,
rimasta questa orazione che era la più exigui Calui. Ouid. T. 2, 431) uscissero
bella delle tre o più, pronunziate o pre tante parole. Il popolano per tutta la
parate contro Vatinio, delle quali afferma diceria era stato nell'atteggiamento di
Tacito dial. 21 : in omnium studiosorum Renzo in Manzoni : con un'attenzione
manibus uersantur ac praecipue se estatica, come un materialone sta sulla
cunda ex his oratio; est enim uerbis or piazza guardando al giocatore di busso
nata et sententiis, auribus iudicum acco lotti, che '. - A un tratto si riscote con
modata. Questa fu probabilmente pro un sospiro, quando l'oratore ha finito. A
nunziata nel principio del 699. Catullo mezzo della eloquente orazione balzò in
era presente tra la folla dei curiosi o piedi Vatinio ed esclamò : rogo uos iu
degli ammiratori, e sentì uno del popolo dices, num , si iste disertus est, ideo me
esprimere la sua ingenua meraviglia a damnari oportet ? Sen. rhet. p. 331 K. An !
tanta furia di parole. Onde l'epigramma. che questa era ammirazione.
1 nescio quem d'un non so chi ' : di

1
N - CATVLLVS . 85

L. (LII]
Quid est, Catulle ? quid moraris emori ?
Sella in curuli struma Nonius sedet,
Per consulatum perierat Vatinius :
Quid est, Catulle? quid moraris emori ?
LI. [xxxxv]
Acmen Septimios suos amores
Tenens in gremio ' Mea ’ inquit Acme,
Ni te perdite amo atque amare porro
Omnes sum assidue paratus annos
Quantum qui pote plurimum perire, 5
Solus in Libya Indiaque tosta
Caesio ueniam obuius leoni ’.

L. È TEMPO DI MORIRE. Vatinio l'anno rimproverava Cicerone : palam


fu assoluto : fu pretore e d'allora, supe dictitas te dis hominibusque inuitis amore
rato l'ostacolo dell'accusa, teneva "si in te incredibili quodam C. Caesaris om
curo il consolato. E si sentiva dire Ita nia quae uelis consecuturum : in Vat. 38.
consul fiam .... per dare credibilità alle E conseguì in fatti la pretura, in tanto ;
sue menzogne. Nel tempo stesso che ma Vatinio diceva omnia . perierat = pe
Vatinio, imbaldanzito dall'assoluzione e ierat. 4 Quid est, C. ? q. m . e. ? ripetuto
dalla pretura, faceva di questi spergiuri, a confermare che a buon dritto egli lo
sedeva nella sedia curule, come edile disse la prima volta.
forse, un tal Nonius , spregevole an LI. -- IL VERO AMORE. Uno degli
ch'esso e anch'esso scrofoloso. Catullo ultimi canti. Crasso era partito per la
vuol morire. Siria, Cesare per la Britannia : era dun
1 Quid est ?: formula d'indignazione. que il principio del 700. E il cantore di
o via ! '. quid moraris : Hor. C. 3, 27, 58 : Lesbia, che di lì a poco doveva morire,
Quid — cessas ?. emori: è morire ' ma deliziò il suo cuore con lo spettacolo
per disperazione,tragicamente : finirla '. d'un amor vero, ingenuo, fido, costante.
2 Sella in curuli : propria degli edili cu Egli lo canta con grande soavità, non
ruli, pretori e consoli, struma scrofola ' ; senza il ricordo amaro di quello che
ma se fosse il vero cognome di Nonius per il tradimento di lei cadde, come
o un soprannome attribuitogli da Catullo, all'ultimo del prato che si dissoda, un
per i brutti tumori che deformavano il fiore, poichè fu toccato dall'aratro nel
collo suo, come quello di Vatinio, è in suo passaggio ?.
certo. Mi piace più credere a un sopran 1 Acmen : nome greco, forse di liberta.
nome essendochè, per la sua collocazione, Septimios - Septimius : forse per asso.
così verrebbe ad attribuirsi anche a Va nare a suos o meglio perchè così doveva
tinius che era struma ciuitatis : Cic. Sest. pronunziare Acme. suos amores º l'amata
135. Nonius : secondo Lehmann è un No sua '. 2 Tenens ritenendo '; come nel
nius Asprenas, cesariano. Probabile. Pli [LV] 27 ed. E.: Nunc te lacteolae tenent
nio parla del suo figlio : ab Antonio pro puellae ?. inquit : è un dialoghetto che non
scriptus est Nonius senator filius strumae comincia qui, come rivela ut ante del v . 8.
Nonii eius quem Q. Catullus poeta in sella 3 Ni te perdite amo ' se non t'amo da
curuli uisum indigne tulit. HN. 37, 6. morirne '. porro evia via '. 4 Omnes
3 Per consulatum : non che fosse già assidue - annos sempre per tutti gli
console (fu, ma nel 707 e per poco) ma anni della vita ’. 5 pote = potest. pluri
perchè l'assoluzione dall'accusa di Calvo mum più '. perire : perdite amo di più
è la pretura gli erano cagione di spe su si cambia molto graziosamente in
rare d'essere tra breve, con l'aiuto di amare e perire. 6 Libya Indiaque : Libia
Cesare, che a Lucca, nel consiglio del 698 nutrice, specialmente , di leoni, India, di
con Pompeo, aveva steso paginulas fu tigri. tosta ' arsa dal sole '. 7 Caesio da
turorum consulum. E a Vatinio in quel gli occhi verdi '. ueniam obuius “ possa
86 LYRA ROMANA .
Hoc ut dixit, Amor sinistra , ut ante
Dextra, sternuit approbatione.
At Acme leuiter caput reflectens 10
Et dulcis pueri ebrios ocellos
Illo purpureo ore sauiata
' Sic inquit ' mea uita Septimille,
Huic uni domino usque seruiamus,
Vt multo mihi maior acriorque 15
Ignis mollibus ardet in medullis '.
Hoc ut dixit, Amor sinistram , ut ante
Dextram , sternuit approbationem .
Nunc ab auspicio bono profecti
Mutuis animis amant amantur . 20
Vnam Septumius misellus Acmen
Mauult quam Syrias Britanniasque:
Vno in Septimio fidelis Acme
Facit delicias libidinisque.
Quis ullos homines beatiores 25
Vidit, quis Venerem auspicatiorem ?
trovarmi di fronte '. 8 Amor " il dio del timillus : pote plurimum perire. maior
l'amore ' che, anche a Lesbia, circum acriorque : s'intende quam tibi. 16 Ignis
cursans hinc illinc saepe Fulgebat cro m . a. i. m .: cfr. più sopra [XXXV ] 15,
cina candidus in tunica : ( LXVIII) 93. e tra molti, Verg. Aen . 4, 66 : est mollis
sinistra · dalla sinistra ' donde ai Ro. (acc. plurale) flamma medullas. mollibus
mani venivano gli auguri buoni, perchè tenere ' come di donna. 17 Per quanto
laeua parte mundi ortus est : Plin. HN. possa parere naturale la ripetizione esat
2, 142. ut ante unisco con dextra seguente. tissima della formula, pure i codd. non
9 Dextra ' dalla destra ’ sternuit ' fa uno la consentono.sinistram ut: i codd. hanno
starnuto ', che era augurio buono : cfr. sinistrauit da cui è più facile ricavare
Prop. 2, 3. 23 : Num tibi nascenti primis, sinistram ut, che sinistra ut. Și ripete
mea uita , diebus Candidus argutum ster il giochetto : Amore circumcursans aidue
nuit omen Amor ? approbatione d'appro felici amanti, che fanno a chi s'ama più,
vazione ' . I più cambiano la lezione dei ora fa sentire l'argutum omen alla sini
codd. in dextram approbationem . Io stra di Acme, come prima alla sua de
intendo, che Septimios, come prima ave stra cioè alla sinistra di Settimio. È
va sentito uno starnuto d'Amore alla un omen che li aizza continuamente ad
destra (esso dava il suo argutum omen amarsi sempre più, l'uno più dell'altro .
alle parole di Acme, alla sinistra quindi 18 sternuit approbationem = dat ster
di Acme e alla destra di Septimios che nuendo approbationem . 19 Nunc ' d'or
la teneva in gremio ) ora lo sente alla innanzi ’. profecti : per la via dell'amore
sinistra, perchè egli approva le parole che non sempre è così piana. 20 amant
di lui, come prima quelle di lei. Le con amantur : comune.Un endecasillabo, con
getture e spiegazioni sono molte. 10 le servato da Cesio Basso, dice : Viuis ludis
uiter un poco ', caput reflectens ' rial. haues amas amaris. 21 Septumius: così
zando il capo ' . 11 ebrios ebbri,umidi’. i più deie codd .; nè forse erratamente. mi
12 Illo : accenna a tanto ! ' con quella sellus innamorato ’: l'idea d'infelicità
sua '. sauiata baciati che gli ebbe '. e di morte non può staccarsi dall'amore
13 Sic, come ita, proprio nei voti e giu nemmeno fortunato e ricambiato. 22 Sy
ramenti. 14 Huic a questo ” che si è rias Britanniasque : delle quali si faceva
fatto sentire alla mia destra (del resto, gran parlare alla fine del 699 e principio
come Greca, lo poteva ritenere favore del 700. 23 Septimio : qui è come detto
vole) e tua sinistra. uni domino : Amore. da Acme con la sua gentile bocca di
15 multo mihi maior : allitterazione che greca . 24 Facit con in Septimio : ‘ ri
risponde in certo modo a quella di Sep pone ’. delicias l. q. ' il suo amore e il suo
N -- CATVLLVS. 87

LII. ( xxxiv ]
Dianae sumus in fide
Puellae et pueri integri :
Dianam pueri integri
Puellaeque canamus .
O Latonia, maximi 5
Magna progenies Jouis,
Quam mater prope Deliam
Deposiuit oliuam ,
Montium domina ut fores
Siluarumque uirentium 10
Saltuumque reconditorum
Amniumque sonantum.
Tu Lucina dolentibus

piacere ’. libidinis: acc. plurale. 25 bea 3, 59). Ma in Delo presso l'ara d'Apollo
tiores : anche di sé aveva detto : Quis me di palma un nuovo rampollo crescere
uno uiuit felicior ? pag. 63, v. 7. 26 Ve su ' dice Ulisse (Odissea, 6, 162) di aver
nerem ' amore ’. auspicatiorem ' più for veduto. Poichè Latona Intorno a una
tunato dal suo principio '. La parola è palma gittò le due braccia e le ginocchia
antiquata. puntò Nel prato molle ; e sorrise la terra
di sotto '. Hymn. Hom. in Apoll. 117 .
8. – Inno ed Epitalamii. deposiuit = deposuit : il verbo è proprio
del parto : Phaedr. I, 19, 4 : ut fetum -
LII. INNO A DIANA. · È un canto deponeret, e 1 , 18, 5. 9 Strofa sempli
che il poeta scrisse per la festa di Diana, cissima, una enumerazione , che però con
comeafferma il Bentley praef. ad Hor. le assonanze e il polysyndeton rende il
p. XXVI ; festa che si celebrava tutti vario, il misterioso, il sonoro del regno
gli anni nel mese Sestile. Fu, giova cre di Diana. Montium : per i monti ombrosi
dere, realmente cantato, e a Catullo, ei cocuzzoli ventosi Della caccia dilet
prova questa della fama del poeta, com tandosi, l'arco , tutto d'oro, tende. Hym .
messo dai pontefici, come già l'inno di H. 26, 4. Nota è la comparazione di Nau
Giunone a Livio Andronico (vedi pag. 12) sicaa con Artemis nell'Od. g 102 : Quale
nel 545, e a Licinio Tegula (Liu. 31 , 12) Artemis va pel monte godendo delle
nel 552. freccie, etc.` Dà a me le montagne tutte
1 Dianae : bene comincia l'inno col dice ella in Callimaco, Art. 18. E sui
nome della dea alla quale è cantato, in monti invero è bello vederla ancora, la
fide ' nella tutela ' . Fides şi trova unito cacciatrice bianca. 10 Siluarum que: ne
con clientela : Cic. Rosc. Am. 33, 93 : morum Latonia custos : Verg. Aen. 9, 405.
quaere in cuius fide sint et clientela ; 37, e nemorum cultrix , Latonia uirgo, 11, 557.
106 : se in Chrysogoni fidem et clientelam Omnis quercus, dice Servio G. 3, 332, loui
contulerunt. ' Noi siamo i protetti e i fe est consecrata et omnis lucus Dianae. Nè
deli di Diana '. 2 integri: si riferisce altrove invero ella è più dea che nei
anche a puellae : ' innocenti ’. 3 Il verso boschi, i quali empie d'una misteriosa
manca nei codd. Si trova nella Aldina I vita notturua. 11 Saltuumque ' e delle
con Dianae. È unito con asyndeton con
secutiuum : per questo ’. 5 O Latonia macchie '. reconditorum e appartate ,
o figlia di Latona '. Leto è la notte dal chiuse in valli profonde, battute solo
cui seno oscuro escono i due luminosi da cacciatori o da pastori. 12 Amnium
que : era Diana anche dea fluviatile : Pin
fratelli, il sole e la luna. Negl'inni a
Diana e ad Apollo si doveva nominare daro la chiama (Pyth. 2, 6) Totauiav.
la madre. 7 e 8 prope Deliam – oliuam : sonantum ( = sonantium ) € fragorosi ’. 13
Latonam oleae, quae tum etiam maneat, e 14 Lucina – Iuno : sotto questo nome
adnisam edidisse ea numina, dicevano era invocata dalle partorienti: Iuno Lu
gli Efesii al Senato Romano (Tac. Ann. cina, fer opem. Ter. Andr. 3, 1, 15 : le
88 LYRA ROMANA.

Iuno dicta puerperis,


Tu potens Triuia et notho es 15
Dicta lumine Luna .
Tu cursu , dea, menstruo
Metiens iter annuum
Rustica agricolae bonis
Tecta frugibus exples . 20
Sis quocumque tibi placet
Sancta nomine, Romulique,
Antique ut solita es , bona
Sospites ope gentem.
LIII . (LXI)
Collis o Heliconiei
Cultor, Vraniae genus,
Qui rapis teneram ad uirum

ragioni in Varr. LL. 5, 69, Macr. 7 , 16, 27. mine sotto qual nome ti piaccia' o
puerperis ' dalle partorienti' non ' puer Diana o Latonia o Iuno Lucina o Triuia
pere’ : indica la sollecitudine con cui la o Luna o quelli che attestino il tuo po
mulier parturiens doventa, per opera ter sui monti e sulle selve e sulle mac
della dea, puerpera . Dativo d'agente. 15 chie e sui fiumi e sui raccolti, come, a
Tu : anaphora. potens Triuia : grande esempio, nemorensis, montana, siluestris,
era il potere di Diana, sotto il nome di segetja. Artemis, in Call. Art. 7, prega
Hecate, nelle magiche cerimonie che si Zeus : ‘ Dammi , o padre, di serbare vir
facevano nei trivii : Testylis, i cani ci ginita eterna E la πολυωνυμίην ’ se
uggiolano per la città: La dea nei trivii ’ gno questo della diffusione del culto.
esclama Simaethas in Theocr. 2, 35. no
tho ' riflesso ’, non proprio, non legit 23 Antique
l'antico modo(Scal . propose Ancique) nel
'. bona * benevola '. 24 So
timo : la parola è greca, poichè duro pa spites ' salva, conservi ’ : parola antica ,
reva ai latini adoperare in senso traslato solita nelle preghiere . ope assistenza .
il loro spurius. Gli antichi disputavano LIII. - LE NOZZE DI MANLIO E AURUN
se la luna risplendesse di luce propria CULEIA. - E il canto nuziale accennato
o riflessa : Lunaque siue notho fertur loca nelle note al [LXVIII) a pag. 55 : fu dun
lumine lustrans Siue suam proprio iactat
de corpore lucem : Lucr. 5 , 575. L'attri que fatto prima del 695. Per quanto gio
venile, è bellissimo e di vena e d'arte .
buto poi notho ha valore concessivo : L'animo del poeta non era ancora avve
per quanto riflesso ?. 16 lumine Luna : lenato dall'amore di Lesbia e dall'odio
facile e giusto etymon : lumen per lucmen , dei rivali ; si compiaceva di cose e ima
luna per lucna , a lucendo. 17 cursu - gini buone: vedeva e cantava sereno.
menstruo colle tue fasi mensili '. 18 Me L'inno adunque appartiene a quei suoi
tiens compiendo a parte a parte ' : in primi tempi di Roma, e Manlio fu di
metiri, misurare, c'è l'idea del compiere quei primi amici e conoscenti (vedi pag.
un cammino diviso in parti: duas lucis 32 e seg.).
partes Hyperione menso : Ovid. M. 8, 564. PARTE I. - Invocazione di Hymen .
iter annuum ' l'annuo giro '. 19 e 20 bo 1-45. Il corifeo dei giovanetti chiama Hy
nis — frugibus “ di buono e grande rac men Hymenaeus,e dice perchè lo chia
colto '. exples ' riempi sino all'orlo '. Sen. ma. I giovanetti alla prima fanno echeg
d. ben. 4, 23 : num dubium est, quin hoc giare il ritornello d'amore, di dolore e
humani generis domicilium circuitus so
lis ac lunae uicibus suis temperet ? quin di gioia, che pare derivato da ' Pheny Ô
alterius calore alantur corpora - alterius 'Yuèy ai 0. Hymenaios è dunque un
tepore efficaci et penetrabili regatur ma gemello che il canto ha dato a Hymen,
turitas frugum ?. 21 e 22 Sis - Sancta è un figlio del canto, d'una Musa. i Col
sii venerata ’ : sancta è participio, in lis o H .: nota sede delle muse. È un dio
solitamente. quocumque tibi placet — no questo che vive tra gl'inni. 2 Vraniae :
N - CATVLLVS . 89

Virginem , o Hymenaee Hymen ,


O Hymen Hymenaee, 5
Cinge tempora floribus
Suaue olentis amaraci ,
Flameum cape, laetus huc
Huc ueni niueo gerens
Luteum pede soccum, 10
Excitusque hilari die
Nuptialia concinens
Voce carmina tinnula
Pelle humum pedibus, manu
Pineam quate taedam . 15
Namque Vinia Manlio ,
Qualis Idalium colens
Venit ad Phrygium Venus
Iudicem , bona cum bona
Nubet alite uirgo, 20
Floridis uelut enitens
Myrtus Asia ramulis,
Quos Hamadryades deae
Ludicrum sibi rosido
Nutriunt humore . 25

altri di Calliope , altri di Terpsichore : batti in cadenza il suolo ' nei festosi
certo d'una Musa. genus ' figlio ’. 3 ra. ritornelli, 15 Pineam taedam : cinque
pis : in memoria del ratto delle Sabine, fiaccole dovevano essere, almeno, nel
nelle nozze romane si simulava che la corteo : una, avanti la sposa, di bian
sposa fosse rubata dal seno della ma cospino (donde l'emendamento Spineam )
dre. 4 Hymenaee Hymen : Questo è un le altre di pino. quate ' agita ' sì per
lieto grido dei giovinetti in coro. 6 Si significar giubilo o sì per avvivare la
sviluppa dall'acuto clamore la voce del fiamma. 16 Vinia ( altri Iunia ), più
corago. Egli descrive la figura di Hy giù, Aurunculeia : poichè la donna ro
men : è vestito come la sponsa , tempora mana aveva solo il nome gentilizio, si
* le tempie . 7 amaraci della maggio può congetturare che questa sposa por
rana '. Corollam noua nupta de floribus tasse anche un nome di adozione. O
uerbenis herbisque a se lectis sub amiculo forse, come subito ai primi tempi del
ferebat : Paul. p. 63 M. 8 Flameum = flam l'impero, le donne già si chiamavano
meum ) un velo, color di fiamma viva, col nome gentilizio sì del padre e sì
cioè giallo rossiccio, che portava la spo della madre, come poi IuliaAgrippina.
sa : Lutea demissos uelarunte flammea Manlio : vedi a pag. 55 nota 8. 17 e 18
uultus : Luc. 2, 361. laetus giulivo '. Qualis — uenit ' così bella come - quando
9 e 10 niueo Luteum : contrasto di venne '. Idalium colens : vedi pag. 64, 12.
colori. Luteum ' giallo ' : era il color della 18 e 19 ad Phrygium – Iudicem : Pa
gioia e perciò delle nozze. soccum : cal ride detto anche da Orazio (C. 3, 3, 19)
zaretto greco, proprio in Roma delle fatalis incestusque iudex . bona cum bo
donne. 11 Excitusque, con l'i breve : na – alite: nuptiae enim captatis fiebant
brioso '. Il primo piede è un trocheo auguriis : Seru. Aen. 4, 45. E qui gli au
costantemente sino al 105, alla parola gurii erano buoni, perchè buona la ver
complexum : a caso ? Dopo, specialmente gine. 21 enitens che spicca ’: 22 Asia:
ne' fescennini, gli spondei compariscono agg ' de' prati Asii ’ presso il Caystro.
non raramente. 12 concinens cantando ramulis : sottili nel fatto sono i rametti
con noi'. 13 Voce - tinnula ' voce sottile del mirto. 23 Quos si riferisce a ramulis.
di metallo '. 14 Pelle humum pedibus Hamadryades: le ninfe degli alberi che
90 LYRA ROMANA.

Quare age, huc aditum ferens


Perge linquere Thespiae
Rupis Aonios specus,
Nympha quos super irrigat
Frigerans Aganippe, 30
Ac domum dominam uoca
Coniugis cupidam noui,
Mentem amore reuinciens,
Vt tenax hedera huc et huc
Arborem implicat errans . 35
Vosque item simul, integrae
Virgines, quibus aduenit
Par dies, agite, in modum
Dicite ' O Hymenaee Hymen ,
0 Hymen Hymenaee ', 40
Vt lubentius, audiens
Se citarier ad suum
Munus, huc aditum ferat 1
Dux bonae Veneris, boni
Coniugator amoris. 45

con essi nascono e muoiono. 24 Ludicrum nit ' sta per venire, si avvicina ’. 38 Par
sibi per loro sollazzo '. rosido: poi si dis dies un giorno come questo ’, il giorno
se rorido: di rugiada ’ . Si attribuisce delle nozze. Le fanciulle erano coetanee,
alla cura degl'invisibili genii delle piante aequales, della sposa. agite ' via! '. in
l'umidore che , specialmente in quei pa modum in cadenza, in misura 42 ci
duli, fa crescere i mirti. Pure si può in tarier che si chiama e chiama ’ : è fre
tendere della rugiada del cielo. 25 N1 quentativo. L'antica terminazione del
triunt humore : il dattilo del ferecrateo l'infinito passivoè adoperato da C. una
è contratto in spondeo, come più volte volta sola ([LXVIII) 101) fuori di que
quello dei faleci nel [LV ]. 26 aditum fe st'inno : segno, forse, che è giovanile o
rens = adiens; come reditum ferre altrove indizio della sua gravità rituale. ad suum
vale redire. 27 Perge linquere lascia su 43 Munus : l'ufficio di dux bonae Veneris .
bito'.27 e 28 Thespiae R. A. s. ' le grotte 44 Dux ' guida ' bonae Veneris ' all'one
aonie (beotiche) delmonte Elicona ' chia sta unione '. 45 Coniugator : si trova
mato così da Thespiae città che sorgeva solo qui .
al suo piede. 29 e 30 Nympha - Aga PARTE II. - Lode di Hymen . 46-75.
nippe: la fonte, figlia del Termessos, che Anche le fanciulle ora canteranno il sa
si trovava alla sinistra di chi andava al cro ritornello ; e il corifeo, con tutto il
bosco delle Muse, super = desuper ' dal suo ardore e con tutta la sua enfasi,
l'alto sgorgando '. 31 domum dominam : tesserà le lodi di Hymen, che ancora
comune paronomasia. Cicerone Off. 1 , 139, non si vede. Sono le strofe che si rispon
riferisce il passo d'un tragico : 0 domus dono a chiasmos, così : ABCCBA. Nella
antiqua, heu quam dispari dominare do prima (Quem colent homines magis Caeli
mino. 32 noui: così poi, noua nupta ; così tum ) e nell'ultima (Non queat dare prae
noi, sposo e sposa novelli. 33 reuinciens sides Terra finibus) Hymen è lodato come
* legandogli a più doppi ’. 34 35 huc il Dio della società ; nella seconda ( Te
et huc – errans : multiplici lapsu et er suis tremulus parens İnuocat) e nella pe
ratico , dice Cicerone della vite : Cato nultima (Nulla quit sine te domus etc. nec
15. 36 Vosque ' e voi ancora : si ri parens Stirpe nitier) è celebrato come il
volge al coro delle fanciulle per for Dio della famiglia ; nella terza (fero inle
zare Hymen, il corteo nuziale che tarda. ueni - puellulam Dedis e nella terz'ul
integrae ' pure '. Cfr. prec. v. 2. 37 adue tima ( Nil potest sine te Venus etc.) come
N - CATVLLVS. 91

Quis deus magis est ama


tis petendus amantibus ?
Quem colent homines magis
Caelitum ? o Hymenaee Hymen ,
O Hymen Hymenaee. 50
Te suis tremulus parens
Inuocat, tibi uirgines
Zonula soluunt sinus,
Te timens cupida nouos
Captat aure maritus. 55
Tu fero iuueni in manus
Floridam ipse puellulam
Dedis a gremio suae
Matris, o Hymenaee Hymen ,
O Hymen Hymenaee. 60
Nil potest sine te Venus,
Fama quod bona comprobet,
Commodi capere : at potest
Te uolente . quis huic deo
Compararier ausit ? 65
Nulla quit sine te domus
Liberos dare , nec parens
Stirpe nitier : at potest
Te uolente . quis huic deo
Compararier ausit ? 70
Quae tuis careat sacris,
Non queat dare praesides
Terra finibus : at queat

il Dio dell'amore. 46 est : qui lo pose il ascolta ' , se mai oda l'allegro rumore del
Bergk : i codd.l'hanno dopo amatis,senza corteo, ossia Hymen Hymenaeus. 56 fe
verso : donde molti emendamenti, come ro : come erano feri Romolo e i suoi
a macris, ac magis, ancxiis, a ! malis. ama compagni, in manus ' in potere ’. 57 ipse
tis deve però prendersi in senso di pre sei tu che ' con relazione al timore dello
sente, qui amentur. 49 Caelitum parti sposo. puellulam : il diminutivo è pieno
tivo di Quem . O H. H. anche le fanciulle di pietà arguta messa a contrasto del
cantano, obbedendo, il ritornello . 51 tre fero iuueni: ' una povera fanciulla ’. 58
mulus, per vecchiaia : teme di morir tutto, Delis : è verbo di guerra . a gremio : dal
come albero secco. 52 tihi in grazia grembo della madre, dice Festo, rapi si
tua '. 53 Zonula · dalla piccola fascia ’ mulatur uirgo. suae : pieno di dolcezza,
soluunt : trisillabo ; - liberano '. sinus le così come è ridondante. 61 Nil : ne di
pieghe ' della veste. 54 Te dipende da pende commodi: nessun piacere ', 62
captat. timens ' ansioso '. Lo sposo nella Fama q. 1. c. che sia seguito da voci
finzione del rito è rappresentato timo di lode' . 64 Te uolente se tu vuoi ” : è
roso che la sposa non voglia partirsi opposto a sine te. 65 Compararier : vedi
dalla sua mamma, come essa è figurata al v. 42. 66 quit = potest. domus ' fami
ritrosa alle nozze ed è persino portata glia ’. 67 Liberos figli legittimi ’. dare
a braccia oltre la soglia in memoria (di = edere.parens: cfr. v.51. 68 Stirpe ' sui
cevano) del ratto delle Sabine. nouos : rampolli suoi’. nitier : emendò l'Avanzi
nom. cfr. v. 32. 55 Captat avidamente dal uitier dei ms. Altri altrimenti ; ma
92 LYRA ROMANA.

Te uolente. quis huic deo


Compararier ausit ? 75
Claustra pandite ianuae.
Virgo adest. uiden ut faces
Splendidas quatiunt comas ?
Tardet ingenuus pudor :
Flet, quod ire necesse est. 80
Flere desine . non tibi , Au
runculeia, periculum est,
Ne qua femina pulcrior
Clarum ab Oceano diem
Viderit uenientem. 85
Talis in uario solet
Diuitis domini hortulo
Stare flos hyacinthinus.
Sed moraris, abeit dies :
Prodeas, noua nupta. 90
nitier, oltre che per il resto, è indubi riccioli. 79 Seguo qui il L. pur dubi
tabile per il raffronto a tremulus. 71 tuis tando e molto. Nei ms. vi è un verso
– sacris del tuo rito '. 72 praesides di più prima del ferecrateo: Quem ta
* difensori e capi’. 73 finibus ' alle sue men magis audiens ; e gli editori segna
provincie ' . E s'intende : senza te non no lacuna. Il L. trasporta questo v. 80
vi è società costituita e città. dopo il 110, a far parte d'una strofa la
PARTE III. La sposa. 76-120. Hy cunosa del 2 ° e 4o verso : Quem tamen
men ha udito : la porta sta per aprirsi, magis audiens O cubile quod omnibus
si apre, la vergine è per mostrarsi. Ma Candido pede lecti. Gli altri altrimenti .
ci sono le ultime lagrime, le ultime ri Tardet ; congiuntivo potenziale : può
pugnanze e peritanze, da vincere . Il coro farla ritardare ’. ingenuus ' di vergine '.
fa coraggio alla sposa, lodando la bel 80 Flet : il coro si corregge , affermando
lezza di lei, la onestà dello sposo, par ora la cosa per sicura : 'certo piange '. 1
lando delle dolcezze che aspettano i due necesse est : è il momento della separa
felici. Alto le fiaccole ! ecco il flammeum . zione, in cui si disabbellisce d'un tratto
76 Claustra i chiavistelli ’. pandite illungo sogno d'amore. 81 Flere desine
spalancate ': e ba per brevità, che mo 'Non pianger più '. non tibi: il coro finge
stra l'impazienza, claustra per oggetto, di non comprendere la cagione del pian
invece di fores. La frase intera sarebbe : to : ' hai paura dimostrarti, dice, perchè
reserate claustra et pandite fores. Le pa non ti credi bella abbastanza ? non c'è
role sono dirette ai servi della casa questo pericolo perte, Aurunculeia '. Que
della sposa. E s'intende ( le parole del sto è forse il nome che ella tiene dalla
coro s'intrecciano necessariamente a madre. O matre pulcra filia pulcrior ! L'os
un'azione corrispondente) che la porta servazione è del B. 83 Ne qua ' che
si apre. 77 adest. La porta dunque un'altra '. 84 diem “ il giorno ' di do
aperta. Il coro esclama, vedendo luce mani. 85 Viderit sia per vedere non
dentro la casa, al suo primo affaceiarsi: abbia veduto '. 86 Talis come te ' :
* ecco la sposa '. Ma diversamente qui ecco un altro paragone con un fiore : ere
e nel seguito gli altri: qui correggono dità della gentilissima di Lesbo. uario
ades e interpretano ‘ mostrati ! '. uiden pieno di colori’. 87 diuitis – hortulo
vedi ’ ; e le parole sono dei coristi tra nel giardinetto ' amato e curato d'un
loro, per spiegare la prima esclamazione : ricco '. 88 stare stare diritto o snello,
ecco la sposa : non vedi le fiaccole de come il germoglio a cui Odisseo rasso
gli accompagnatori? ' Vedi al v. 15. Ma miglia Nausicaa. hyacinthinus di gia
gli altri intendono : * Mostrati, o 'ver cinto ' non ' di color digiacinto '. 89 Sed
gine : non vedi che siamo qui con le moraris ma t'indugi troppo ' : impa.
fiaccole ? ' 78 Splendidas – comas : sono,
in Eschilo, della fiamma e la barba e i ezienza. abeit (così il B. da abiit dei ms.)
se ne andò . 90 il v. non è nei ms.

1
N CATVLLVS . 93

Prodeas , noua nupta, si


Iam uidetur, et audias
Nostra uerba. uide ut faces
Aureas quatiunt comas :
Prodeas noua nupta . 95
Tollite, o pueri, faces: 116
Flameum uideo uenire.
Ite, concinite in modum
Io Hymen Hymenaee io,
Io Hymen Hymenaee . 120
En tibi domus ut potens 151
Et beata uiri tui,
Quae tibi sine seruiat
(10 Hymen Hymenaee io ,
Io Hymen Hymenaee ) , 155
Vsque dum tremulum mouens
Cana tempus anilitas
Omnia omnibus annuit.
Io Hymen Hymenaee io ,
Io Hymen Hymenaee. 160
Transfer omine cum bono
Limen aureolos pedes,
Rasilemque subi forem .
91 e 92 si la u . e. a.: vi è non so rito e invitano al géttito delle noci, come
che ombra di dispetto, in queste parole : era costume nelle nozze romane, di cui
è come un corrugamento di ciglia dopo vedi Seruius ad Verg. ecl. 8, 30. All'ul
l'amorevole insistenza. 93 uide : più sec timo anche la sposa deve un poco ar
co del primo uiden, e diretto ora alla rossire della scurrilità dei cantori .
sposa che non si vede ancora. 96-115 PARTE V.- L'ingresso. — 151-185 . Ma
E risentono forse del dispettuccio del siamo già alla casa del marito. La sposa
coro questi versi che esprimono alla entra sollevata dai pueri praetextati che
sposa le gioie maritali, un poco cruda l'hanno accompagnata. Lo sposo di tra
mente, sicchè io li tralascio. 116 Final i banchettanti si volge desioso alla gen
monte ! Tollite : il coro così parla ai pueri tile apparizione, senza perderla più d'oc
di cui Festo : patrimi et matrimi pueri chio . Uno dei fanciulli accompagna la
praetextati tres nubentem deducunt : unus sposa al talamo, le vecchie pronube ve
qui facem praefert ex spina alba, quia la collocano.
noctu nubebant : duo qui tenent nubentem . 151-153 En tibi : ' eccoti, vedi ’. Il cor
Vedi v. 15. I pueri, nell'aspettazione un teo è giunto. utpotens E.B.'e come ricca !'
po'lunga, avevano abbassate le fiaccole. sine seruiat c serva pure ’ quindi ' sia
Alzatele ’, grida il coro . 117 Flameum : pur tua '. Vinia alla interrogazione ri
ecco, con questo, tutto ciò che nei primi tuale Quaenam es ? ' ha già risposto :
versi il coro ha domandato invocando ubi tu Gaius, ego Gaia : dove tu sei il
Hymen : il flammeo, la teda, e il canto padrone, io sono la padrona. 156-158
uoce tinnula . Il corteo è formato. Vsque dum ' finchè ?. Cana - anilitas la
PARTE IV. - I Fescennini.- 121-150. bianca vecchiaia ' così dolce nelle ma
Esce il corteo dalla casa della sposa e dri e nelle nonne. tempus ' le tempie
si avvia a quella dello sposo. Nel tra Omnia omnibus annuit ‘ sembra dir si
gitto suona la procax Fescennina locu in tutto a tutti '. Il tremolio dei vec
tio, o iocatio, come più piace al B. Que chi capi sembra un cenno perpetuo di
sti fescennini, che io tralascio ,scherzano consentimento di quelle buone anime
sopra i trascorsi della gioventù del ma indulgenti. 161-163 Transfer - Limen
.94 LYRA ROMANA.

Io Hymen Hymenaee io,


Io Hymen Hymenaee. 165
Aspice, intus ut accubans
Vir tuus Tyrio in toro
Totus immineat tibi .
Io Hymen Hymenaee io,
Io Hymen Hymenaee. 170
Illi non minus ac tibi
Pectore uritur intimo
Flama, sed penite magis.
Io Hymen Hymenaee io ,
Io Hymen Hymenaee . 175
Mitte brachiolum teres,
Praetextate, puellulae:
Iam cubile adeat uiri.
Io Hymen Hymenaee io ,
Io Hymen "Hymenaee. 180
O bonae senibus bonis
Cognitae bene feminae,
Collocate puellulam .
Io Hymen Hymenaee io,
Io Hymen Hymenaee . 185
Iam licet uenias, marite :

- pedes ‘ poni i piedi oltre alla soglia ' così il coro spieghi alla fanciulla che ciò
senza toccarla : la soglia, dice Varrone, non per manco d'amore. 176-178
è rés Vestae e calcandola faresti sacri Mitte dimitte ) “ lascia '. brachiolum il
legio. Potresti inciampare , e allora sa gentil braccio ', teres rotondo ?. Praetex
rebbe cattivo augurio. In fine, questo è tate : uno dei tre : forse quello che aveva
in memoria dell'antico ratto, onde Roma preceduto la sposa colla teda di bianco
fu popolata. Così d'un antico rito si as spino . puellulae: questo diminutivo, in
segnavano ragioni varie. aureolos che questomomento , è pieno di senso , quasi
sembrano tutti d'oro ” per il calzaretto di pietà. cubile il talamo '. 181-183
color giallo : Vedi v. 10. Rasilem liscia '. senibus uiris ai vecchi mariti '. Cognitae
subi entra '. forem · dalla porta ’. subi bene ' provate ': feminae : erano le pro
è corretto in sali dal B. che ricorda nubae, e dovevano aver avuto un solo
l'antico e limen sali ' del canto Arvale . marito ed essere vecchie, per augurio
Vedi pag. 1. 166-168 Si vede il ban di lungo e fido matrimonio . Si noti la
chetto nel sontuoso triclinio . intus è gentilezza del poeta, che ricorda la vec
correzione di AS.; i ms. hanno unus. ac chiaia dei mariti per inferirne sì quella
cubans : nel letto tricliniare. Tyrio ' di delle mogli, ma indirettamente. Collo
porpora '. Totus immineat tibi tutto si cate : è il verbo solenne ; onde la frase
tenda verso te '. 171-173 ac = quam . conlocare in matrimonium . E finisce il
uritur ha per sogg. flama. Solitamente ritornello.
è la persona che uritur. sed penite ma PARTE VI. Lo sposo . 186-230.
gis ma più copertamente '. In Tibullo, Ecco la tua sposa, o marito ; così bella !
3, 4, 17 Sulpicia esclama : Optat idem iu Ma tu non sei meno bello. Coppia felice,
uenis quod nos, sed tectius optat. Ma a donde verrà una figliolanza degna del
noi parrebbe il contrario, e anche Ovidio nome delpadre e dell'onestà della ma
dice della donna : tectius illa cupit : a. a. dre. Chiudete le porte, o vergini. Siate
1 , 276. Dunque ? Si potrebbe pensare che felici, o sposi ' .
come nel rito il giovane aspetta in casa, 186-190 Vzor : così è chiamata la
N - CATVLLVS . 95

Vxor in thalamo tibi est


Ore floridulo nitens,
Alba parthenice uelut
Luteumue papauer. 190
At, marite, ita me iuuent
Caelites, nihilo minus
Pulcer es, neque te Venus
Neglegit. sed abeit dies :
Perge, ne remorare. 195
Non diu remoratus es,
Iam uenis. bona te Venus
Iuuerit, quoniam palam
Quod cupis cupis et bonum
Non abscondis amorem . 200
Ille pulueris Africei
Siderumque micantium
Subducat numerum prius,
Qui uostri numerare uolt
Multa milia ludei. 205
Ludite ut lubet et breui
Liberos date . non decet
Tam uetus sine liberis
Nomen esse , sed indidem
Semper ingenerari. 210

prima volta nell'inno. thalamo, che prima ancora il suo colore scarlatto '. 191-195
ha chiamato più crudamente cubile uiri. At : quasi di sorpresa. ita me i. C .: for
floridulo proprio come un fiore ’. In mula di giuramento. nihilo minus ' non
questi diminutivi vi è come la ripeti meno '. Neglegit ' ti nega la sua prote
zione dell'idea: un fiore ! un fiore ! zione '. Perge e avviati ” ne remorare
Così aureolus d'oro ! proprio d'oro ', non t'indugiar tanto ' nel banchetto.
paruolus ' piccolo piccolo '. Alba par 196-200 Non diu : detto con un sor
thenice : pare da un raffronto col par riso. bona fausta ' iuuerit . ti aiuti ”
thenium di Plinio (21,176) il fiore di ca palam : senza timore dei motteggi degli
momilla ' . O forse è confusa dal poeta amici. quod cupis cupis e desideri quel
con questo la gentile pratellina,la mar che desideri ” ossia ' mostri il tuo de
gherita, che è ancora il fior delle ver siderio '. A pag. 5 num. 8 bai un esem
gini ? luteumue papauer e il rosolaccio pio della stessa parola così ripetuta. Al
rosso '. Così con due fiori dei campi è tri corregge, fondandosi su qualche ms.
significato il visetto bianco e rosso della cupis capis. Ma Ennio Phoenix 1 Stultust
sposa. Ma giustamente il B. desidera qui cupita cupienter cupit. bonum : ri
-que volendo che i due fiori facciano un chiama bona di più su. 201 -205 Mo.
sol paragone. Si potrebbe ritenendo il tivo solito nella poesia popolare.pulueris
-ue sospettare (con quello che ho detto sabbia '. subducat calcoli . Multa milia
più sopra) che Catullo pensi alla pratel ludei ' gl'infiniti baci del vostro amore
lina che ha i petali macchiati di rosso 206-210 Ludite ut lubet amatevi ' :
e al rosolaccio mezzo sbocciato o aperto nota l'allitterazione. uetus : era in fatti
in boccia, che è bianco pendente in rosa la gens Manlia molto antica, e molto se
e via via da rosa a rosso. * Bianca, ma ne teneva il nostro Torquato. Cfr. Cic.
come la pratellina che sfuma in rosso, p. Sulla 8, 24. indidem dalla stessa
rossa, ma come il rosolaccio che non ha fonte ’. ingenerari “ riprodursi ’. C'è sot
96 LYRA ROMANA.

Torquatus uolo paruulus


Matris e gremio suae
Porrigens teneras manus
Dulce rideat ad patrem
Semihiante labello . 215
Sit suo similis patri
Manlio et facile inscieis
Noscitetur ab omnibus
Et pudicitiam suae
Matris indicet ore. 220
Talis illius a bona
Matre laus genus approbet,
Qualis unica ab optima
Matre Telemacho manet
Fama Penelopeo. 225
Claudite ostia , uirgines :
Lusimus satis. at, bonei
Coniuges, bene uiuite et
Munere assidue ualentem
Exercete iuuentam . 230
tinteso il dativo nomini e il sogg. no scitetur sia riconosciuto ' per un Man
men . Ingenerari vale inserirsi nome lius. omnibus : chi crede che il sistema
su nome, frigermogliare ' nome da nome. corra per tutti i 5 versi delle strofe con
Le creature, i rampolli nuovi, sono come synapheia continua, cambia di posto om
nuovi nomi: di fatti il poeta seguita : nibus ed inscieis. Et pudicitiam s. M. i. 0.
Torquatus — paruulus. Il nome è sempre attesti col suo viso l'onestà della ma
quello , ma altro è quello che lo porta. dre ’. Felici i tempi in cui, come dice
Cfr. Siluius, Albanum nomen ;Aen. 6, 763 ;
Nomen Echionium; Aen. 12, 515 ; dove Esiodo, Τίκτουσιν γυναίκες εοι
Seru . annota hoc est genus — ut ostenda κότα τέκνα γονεύσιν . 221-226 II
tur eum Echionis esse - filium uel ab E.
genus ducentem . Cfr. pure Sil. 13, 44 : piccolo Torquato già nella mente del
Ledae nomen, cioè la figlia di Leda. poeta è cresciuto ; e fa onore alla ma
dre e onore ne riceve. Talis laus
211-215 Torquatus : non Manlius. Così Qualis unica - Fama : Tale - la lode
Cicerone il figlio a cui è affidato il nome quale altissima la fama ' : la lode
di sua famiglia chiama Cicero. e : indica peril mortale, la fama per l'eroe. illius,
l'irrequieto sforzo del fantolino di sol di Torquato : dipende tanto da laus
levarsi alla vista del babbo. Semihiante quanto dae genus. a bona Matre - genus
(da leggersi semiante) con socchiusa ”. approbet. confermi ch'egli è nato da
labello la boccuccia ”. Questa è la cosa madre buona '. ab optima, perchè eroina
più gentile che ci abbia lasciato la ro e cantata dai poeti. manet * dura immor
manità intorno ai bambini. Anche Ver tale . Penelopeo ' figlio di Penelope '.
gilio (Ecl. 4 in fine e qua e là nell'E 227-230 Lusimus cantammo e non
neide) mostra d'aver gli occhi paterni o, sempre correttamente. at : segna il tra
dirò meglio; materni. 216-220 Sit suo passo da una persona all'altra. bonei
8. p.: la costruzione di similis col dativo, ( = boni) bene : solita paronomasia. Mu
al tempo di Catullo , era nuova e poetica. nere ' nell'ufficio d'amore '.
inscieis sebbene no lo sappiano '. no
N— CATVLLVS . 97

LIV. (LXII]
Vesper adest : iuuenes, consurgite: Vesper Olympo
Expectata diu uix tandem lumina tollit.
Surgere iam tempus , iam pinguis linquere mensas :
Iam ueniet uirgo , iam dicetur hymenaeus.
Hymen o Hymenaee , Hymen ades o Hymenaee . 5
Cernitis, innuptae, iuuenes consurgere terra ?
Nimirum Oetaeos ostendit Noctifer ignes .
Sic certest : uiden ut perniciter exiluere ?
Non temere exiluere : canent, quod uisere par est.
Hymen o Hymenaee, Hymen ades o Hymenaee. 10
LIV. CONTRASTO NUZIALE. È un il grido di Hymen ha riscosso le vergini
canto non destinato, come il precedente, dalla loro placida aspettazione. innup
a essere cantato in vere nozze : è libero tae : c'è come affermata la ritrosia alle
lavoro d'imaginazione, in cui risuona nozze. consurgere terra : seguo il B. che
qualche nota di Saffo. Secondo me la lo ricava dalla lezione del codice Thuaneo
scena è così impostata. I giovani sono del X secolo consurgi eretera. Qui come
alla cena in casa dello sposo : le fanciulle altrove quel cod. deve passare avanti
sono avanti la casa della sposa, aspet gli altri. B. interpreta alzarsi dalla
tando che s'apra la porta. Brilla la stella terra ' dove avevano gli uni e le altre
dell'amore e della notte ; ed ecco i gio banchettato. Io : ‘ levarsi da terra , bal
vani s'alzano dalla mensa e s'avviano zar su all'improvviso. E indica che
alla casa della sposa, per cantare l'Hy l'apparizione è subitanea : le vergini sono
menaeus . E fanno echeggiare il ritornello in sè raccolte : a un tratto suona un grido
di gioia e dolore . Le fanciulle all'appa nuziale : guardano e vedono a distanza
rire dei giovani, s'avviano anch'esse i giovani . Che è ? (Gli altri hanno Cerni
verso loro, meditando il canto e gri tis, innuptae, iuuenes ? consurgite contra).
dando anch'esse poi il ritornello. I gio 7 Nimirum ' nessuna meraviglia ! ' Dun
vani vedendole avanzarsi, nell'atto di que sulle prime s'erano meravigliate.
studiare la loro canzone , si animano a Di che, se non si segue la mia interpreta
rispondere e vincere. Così comincia il zione ? Oetaeos ch e splendono sull'Oeta ',
canto, in cui le vergini biasimano e i montagne tessaliche, dove arse Ercole,
giovani lodano la stella dell'amore e le dove, a dir di Seru. Ecl. 8, 30, Hesperus
nozze. coli dicitur, qui Hymenaeum speciosum
1 Vesper : la stella di Venere, che puerum amasse dicitur. Con molta inge
quando previene il sole si chiama Lu nuità e libertà poetica, il nostro indica
cifer. adest ' spunta '. iuuenes : è uno del col nome di quelle montagne che i due
crocchio , che si è affacciato, nell'impa cori erano e sono a distanza, gli uni più
zienza, alla porta e torna annunziando a Nord, le altre più a Sud. Noctifer:
che la stella brillantina si vede già. è detto con un grazioso malumore della
Olympo: i più ritengono ' al cielo ', dat. stella, che è detta, la mattina, Lucifer,
di moto . Mi pare più probabile sul e che anche la sera (Plin. HN. 2 , 36)
l'Olimpo ?. La scena è idealmente in nuncupatus Vesper ut prorogans lucem
Grecia: tuttavia vale, più che il proprio uicemque lunae reddens. 8 Sic certest co
monte Olimpo, sui monti ’, a occidente. sì è veramente ’. Il canto qui ha tono
2 Expectata diu : non parrebbe che que di dialogo e di chiacchiericcio come, del
sto impaziente del crocchio dovesse es resto , quello precedente dei giovani. per
sere lo sposo in persona ? Non affermo; niciter ‘ prestamente, d'un tratto '. exi
ma propendo a credere così. uix tandem luere balzarono su '. Per me, conferma
finalmente !' 3 Surgere: da mensa. 4 di l'interpretazione del v. 6. 9 Non temere
cetur (lunga l'ultima, in arsi, avanti pa non senza perchè '. exiluere : epana
rola greca) si canterà ', hymenaeus: il lepsis solita >in Catullo e in Saffo. canent
canto nuziale. Vedi l'inno precedente. 5 canteranno si dispongono a cantare
Si leva il grido . 6 Cernitis: cernere che là. wisere che si vada a vedere ’. par
vale distinguere, veder bene, fa capire che est merita '. E le fanciulle si muovono
i giovani sono ancora a distanza. Forse anch'esse . Ricordiamoci che nella lirica
PASCOLI, Lyra Romana 7
98 LYRA ROMANA .

Non facilis nobis, aequalis, palma parata est :


Aspicite, innuptae secum ut meditata requirunt.
Non frustra meditantur : habent memorabile quod sit .
Neimirum , penitus quae tota mente laborant.
Nos alio mentes, alio diuisimus aures : 15
Iure igitur uincemur : amat uictoria curam.
Quare nunc animos saltem conuertite uestros :
Dicere iam incipient, iam respondere decebit.
Hymen o Hymenaee, Hymen ades o Hymenaee .
Hespere, qui caelo fertur crudelior ignis ? 20
Qui natam possis conplexu auellere matris,
Conplexu matris retinentem auellere natam,
Et iuueni ardenti castam donare puellam .
Quid faciunt hostes capta crudelius urbe ?
Hymen o Hymenaee, Hymen ades o Hymenaee . 25
Hespere, qui caelo lucet iocundior ignis ?
Qui desponsa tua firmes conubia flamma,
Quae pepigere uiri , pepigerunt ante parentes,
Nec iunxere prius quam se tuus extulit ardor.

ha luogo anche la danza. Io conservo nae. 20 Hespere o stella della sera ?.


uisere, che fuor dell'E. è rifiutato da fertur ' va ' . 21 Qui ' che ' : è causale
tutti . B. quod uiuere par est, Riese quod e spiega il crudelior. possis - puoi aver
uincere. 11 Non facilis : litotes. aequa cuore ’. auellere : vedi nel prec. i v. 79-80.
lis = aequales. 12 innuptae : qui sarà 22 Soavissima ripetizione e gradazione.
detto con l'intenzione contraria che al retinentem , che non vuol lasciarla ' e
v. 6. secum -- meditata il canto tra sè intendo, la madre, matrem . Prima è la
meditato '. requirunt cercano nella madre che ritiene la figlia , poi anch'essa,
memoria. 13 meditantur : epanalepsis cedendo alla necessità, le fa cuore di
come più sopra.habent: 'hanno in mente andare, e allora è la figlia che si avvin
un canto ' . memorabile quod sit ' degno chia alla madre. 23 iuueni ardenti : nel
della memoria degli uomini’ . 14 Neimi prec. fero inueni. 24 Quid faciunt ho
nè meraviglia '. quae ‘ poichè es stes : così, dice Verg. Aen. 2, 746 : Aut
se '. tota mente : Orazio dice totus in il quid in euersa uidi crudelius urbe ? E
lis : S. 1 , 5, 2. laborant : detto della fa Sallustio (Cat. 51 ) : rapi uirgines pueros,
tica della mente anche da Orazio, a. p. diuelli liberos a parentum complexu
241 : frustraque laboret. 15 Nos : avver crudelius richiama con molta grazia il
sativo. alio : ad altro, che al canto, diui. crudelior del v. 20. 26 Rispondono i gio
simus e distraemmo '. aures le orec vani con le lodi ai biasimi, iocundior :
chie '. Per un coro è indifferente dire : per Omero Hespero ( Il. XXII, 318) è
Parlam mo d'altro, o Udimmo parlar d'al κάλλιστος - αστήρ. Da notarsi quel
tro, poichè è un complesso di persone lucet opposto al fertur delle fanciulle.
che ē parlarono e udirono parlare. Al Con questa parola le vergini sembrano
lude agli allegri discorsi del convito. dar non so che biasimo d'instabilità al
Gli altri : Badammo o badiamo alle fan
ciulle che ci stavano e stanno di fron l'astro. Omero dice cotatal. 27 de
te . 16 amat ' vuole ’ : asyndeton causa sponsa ‘ pattuiti con solenne libazione ”.
tiuum. 17 nunc - saltem'ora almeno ' Si diceva despondere sì del padre che
che stiamo per incontrarci con le fan prometteva la figlia, sì dell'uomo che la
ciulle, se non quando banchettavamo. sposava. firmes ' confermi’ ossia, rati
animos conuertite: raccogliete e ' vol fichi. 28 Quae, cioè conubia . Spiega il
gete l'animo ' ad rem , al contrasto. 18 desponsa. pepigere uiri ' stabilì lo sposo '.
Dicere cantare respondere , poichè ante si intende anche per il primo verbo.
(Verg. ecl. 3, 59) amant alterna Came 29 ardor = fulgor. 30 optatius º più de
N - CATVLLVS. 99

Quid datur a diuis felici optatius hora ? 30


Hymen o Hymenaee , Hymen ades o Hymenaee .
Hesperus e nobis, aequalis , abstulit unam .
* * * *
Namque tuo aduentu uigilat custodia semper .
Nocte latent fures, quos idem saepe reuertens ,
Hespere, mutato comprendis nomine eous. 35
At ſubet innuptis ficto te carpere questu .
Quid tum , si carpunt, tacita quem mente requirunt ?
Hymen o Hymenaee, Hymen ades o Hymenaee.
Vt fos in saeptis secretus nascitur hortis,
Ignotus pecori , nullo conuolsus aratro, 40

siderabile ’: Il comparativo riprende il Hesperus e nobis, aequalis, abstulit unam :


iocundior del v. 30. E tutta la strofa Namque suo fures aduentu suscitat omnes .
segue, passo passo, quella delle fanciulle, Luce regis tenui uigilum uestigia furum ,
come solitamente nei carmi amoebaei: Hespere, quos rediens omnes expellet Eous.
At iuuat hesperium ficta te estollere laude.
qui però, con maggior naturalezza, poi Quid tum si oderunt mutato nomine cow ?
chè sappiamo già che i giovani non
sono preparati e devono prendere l'ispi E i giovani rispondono : Accuse false :
razione a mano a mano dal canto delle namque tuo aduentu " poichè al tuo ar
fanciulle. 32 Hesperus : è risposta fiera rivo ', quando tu splendi , o stella della
e pronta alle lodi dei giovani, tanto che sera, che fai uicem lunae : uigilat custo
aequalis io intenderei più volentieri detto dia : cani e uomini di guardia. 34 Nocte,
ai giovani, che prima al v. 11 si sono con forza “ nella notte ' buia, sì; poichè
chiamati così, abstulit: certo le fanciulle Hesperus prorogat lucem . latent pas
continuavano a parlare delle ' ruberie sano inosservati '. fures: e i ladri e gli
fatte o consentite dalla crudele stella. Ma amatori. idem : vedi pag. 80, nota 1. saepe,
il loro canto ci fu invidiato dalla negli da unirsi con comprendis. reuertens ' tor
genza dell'amanuense, che dovè essere nando in cielo, a mane ’. 35 comprendis :
abbagliato da versi ripetuti quasi con le meglio il deprendis del B. che trova il
stesse parole, come sono i v. 21 e 22. 33 de nell'eosdem ultimo dei codd . creato
Questo è detto dai giovani; ma almeno da eous e de che lo seguiva come corre
un verso anche del loro canto è caduto , zione marginale. L'emendamento è do
un verso che dicesse, presso a poco , quel vuto allo Schrader. 36 At " Ma è che '.
lo che il 36 : per es. Hespere, te innuptae lubet hanno il capriccio ' . questu con
quid falso crimine carpunt? Così questa querimonie '. 37 Quid tum e che dire
strofa sarebbe composta di tre distici con ste ? ', requirunt: tra sé e sé le fanciulle
Hespere al primo e al quarto verso. Tale desiderano le nozze. 39 Le fanciulle non
dunque sarà stata quella delle fanciulle : rispondono direttamente alla maliziosa
nella quale, forse all'ultimo distico, do accusa ; rispondono con l'evocazione del
veva essere espresso con una maliziosa fiore, che colto appassisce e non è più
interrogazione il pensiero dj Callimaco amato. Nota è l'imitazione che fece di
(Hekale fg. 52) : i giovani 'EstépLOV questo passo l'Ariosto. Nei frammenti
di Saffo troviamo (93) ‘ il pomo che ar
φιλέoυσιν, ατάρστυγέoυσιν Εφον. rossa sur un ramo in cima ; In cima al
Imagina : At iuuat hesperium ficta te ex ramo più in cima : se ne dimenticarono
tollere laude. Quid tum si oderunt mutato i coglitori. Ma no : non se ne dimenti
nomine eoum ? E nella risposta vi è al carono : non poterono arrivarvi '. A Saffo
trettanta malizia. Le fanciulle hanno rivendica il Bergk anche i due versi ci
parlato sì dei ladri davvero, dei ladri da tati da Demetrio de eloc. CVI. ' Quale
strada, e sì d'altra specie di ladri, che l'hyacintho nei monti i pastori Coi piedi
amano la stella della sera, odiano quella calpestano e a terra rosseggia il fiore '.
della mattina, che riluce quando, come in saeptis – hortis ' nel giardinetto chiu
dice Giulietta , canta l'importuna allo so '. secretus: è spiegato dal prec. 40
dola. Imaginiamo, insomma tutta la stro Ignotus: come notus può significare ' fre
fa così : quentato, solito, sempre sotto gli oc .
100 LYRA ROMANA .

Quem mulcent aurae , firmat sol , educat imber :


Multi illum pueri , multae optauere puellae:
Idem cum tenui carptus defloruit ungui,
Nulli illum pueri , nullae optauere puellae :
Sic uirgo , dum intacta manet, dum cara suis est : 45
Cum castum amisit polluto corpore florem ,
Nec pueris iocunda manet, nec cara puellis.
Hymen o Hymenaee, Hymen ades o Hymenaee .
Vt uidua in nudo uitis quae nascitur aruo ,
Numquam se extollit, numquam mitem educat uuam , 50
Sed tenerum prono deflectens pondere corpus
Iam iam contingit summum radice flagellum :
Hanc nulli agricolae, nulli coluere iuuenci:
At si forte eadem est ulmo coniuncta marita ,
Multi illam agricolae , multi coluere iuuenci; 55
Sic uirgo , dum intacta manet, dum inculta senescit :
Cum par conubium maturo tempore adepta est,
Cara uiro magis et minus est inuisa parenti.
At tu nei pugna cum tali coniuge, uirgo.
Non aequom est pugnare, pater cui tradidit ipse, 60

chi ’ (cfr. Nota – sedes : Hor. C. 1 , 2, 10 : senza la vite ( Et uitem uiduas ducit ad
Hetuli notique columbi: id. Epl . 1, 10,5) così arbores. Hor. C. 4, 5, 30) e sì la vito
ignotus varrà non mai veduto ,non tro senza il suo albero . Traduci senza l'ap
vato mai ’. conuolsus : così ha ilThuaneo : poggio '. in nudo – aruo ' in un campo
gli altri contusus. Il part. passato ha va brullo ', 50 se extollit : come sarebbe la
lore di presente ‘ cum — conuellatur ? sua natura : uites sic clauiculis admini
41 mulcent ( = fouent) ' fanno sboociare cula , tamquam manibus, apprehendunt,
con la loro calda carezza. firmat ‘ raf atque se ita erigunt ut animantes. Cic.
forza '. educat · fa crescere, alimenta '. de nat. deor. 2, 47. mitem . sino a ma
imber l'umore ! e della terra e del cielo. turità '. 51 prono che la tira giù ’: pon
Beve il fiore e mangia a suo modo e dere sotto il peso ' . 52 summum – fla
aspira ; tutte cose purissime: raggi, stil gellum il sarmento più alto '. radice
le, aure. 42 Manca certo un verso, pa con le barbe '. 53 nulli coluere iuuenci:
ragonando questa alla seguente strofa : i giovani per seguire, come dovevano,
un verso che forse cominciava come il la cadenza del v. 44, foggiano così la
corrispondente nella seg. con lam iam . frase che sarebbe invece più corretta
Imagina col Pleitner : Iam iam se expan con nullis iuuencis. Dice Verg. G. 4, 357 :
dit suauisque expirat odores. Meglio lam Flectere luctantis inter uineta iuuencos.
iam se extollit. optauere: aoristo gnomico. 54 coniuncta - marita ' maritata ' : ma
43 Idem : avversativo : mentre esso rita è opposto a uidua, ulmo a in nudo
tenui -- ungui ' da sottil unghia ’ : non aruo. 56 dum – dum : come più su ' fin
è oziosa aggiunta : indica da qual pic chè - fin allora '. inculta non onorata
cola cagione viene la morte del fiore. nè amata '. 57 par conubium un par
defloruit sfiorì, marcì ’. 45 dum - dum : tito buono, del suo paraggio ’: muturo
il primo, secondo Quintiliano 9, 3, 16, tempore ‘ nel tempo conveniente ’. Viene
vale quoad, l'altro usque eo, ossia fin a essere indiretta lode del matrimonio
chè fin allora ?. La fanciulla è cara ai per cui s'imagina che sia il canto. 58
suoi fino a tanto che rimane intatta. 46 S'intende che non era prima cara al suo
castum – florem il suo virginal fiore '. uomo, poichè non aveva marito, come non
49 Rispondono i giovani con la compara era odiosa al genitore. Ma ora : in più,
zione della vite che se non è appoggiata è cara al marito ; in meno, non è odiosa
all'olmo, isterilisce da nessuno curata. al suo padre ’. Poichè grave peso è per
uidua : vedova , per i latini, è sì l'arbos il padre la fanciulla che invecchia e av
N - BIBACVLVS . 101

Ipse pater cum matre , quibus parere necesse est.


Virginitas non tota tua est, ex parte parentum est,
Tertia pars patris, pars est data tertia matri ,
Tertia sola tua est. noli pugnare duobus,
Qui genero sua iura simul cum dote dederunt. 65
Hymen o Hymenaee , Hymen ades o Hymenaee .

M. FVRIVS BIBACVLVS .

I.
Cato grammaticus, latina Siren,
Qui solus legit ac facit poetas.
II.
Catonis modo , Galle , Tusculanum
vizzisce in casa ! Menandro in un fram L'attribuì a Bibaculo il Burmann .
mento ('Aved . 2) Quyetno xtñue' 1 Cato grammaticus : Valerio Catone,
della Gallia, forse Cisalpina, liberto, se
Šotiy ŠpYÕÕES Ttatpl. 69 Amo cre condo che dicevano gli altri, nato libero,
dere questi ultimi versi , come i primi, secondo lui , e spogliato bambino del suo
detti dallo sposo. Certo sono detti quando patrimonio nella licenza Sullana. Fu cri.
la sposa è giunta in presenza di lui. Se tico, maestro e poeta. Oltre i libri gram
condo il B. sarebbe caduta una parte in matici, scrisse anche poemata , deiquali
cui le fanciulle avrebbero esortato l'uo piacevano specialmente Lydia e Diana.
mo, come qui i giovani ammoniscononec la Come maestro, docuit multos et nobiles;
donna. At tu anche tu '. nei (dal uisusque est peridoneus praeceptor ma
del Thuaneo) = ne. cum tali coniuge, se xime ad poeticam tendentibus, ut quidem
condo me, qualis ego tibi adsum . 60 cui : apparere uel his uersiculis potest : dai due
dura ellissidell'ei o cum eo ; meno dura versi che riporto. La sua nascita si può
se le parole s'intendono dette dalla per assegnare dal 654 al 664, poichè era pu
sona stessa dello sposo ; tanto più che pillo (cioè aveva meno di 25 anni) ai
si può supporre caduto mi avanti aequom . tempi feroci di Silla cioè dal 672 al 674.
tradidit diede in moglie '. 61 Ipse pa 1 Siren : le Sireni, dice Cic. de fin . 5, 48,
ter cum matre : bella e grave epanalepsis. multa se scire profitebantur, ut homines ad
quibus parere necesse est ; detto dallo earum saxa discendi cupiditate adhaere
sposo quanta soavità acquista ! 62 ex scerent. 2 solus ' sopra ogni altro ”. Seru.
parte in parte '. 63 pars : sottintendi ad Verg. G. 1,30 : sola, magna ,praecipua.
facilmente est da parentum est. est data legit ' recita e commenta ': dice Suet.
(ricorda sit data del (CVIII] v. 4.) “ fu gramm. 1 - ut carmina · legendo com
destinata, assegnata ' quindi è appartie mentandoque et ceteris nota facerent. fa
ne '. 64 duobus : dat. alla greca : e con citºmette al mondo ' stabilendone la
due '. 65 genero : cioè, a me. Nei primi fama. Ma non mi acqueto a questa inter
tempi la dote si dava insieme con la pretazione. Dai due versi deve risultare
figlia nel giorno stesso delle nozze . che egli pareva peridoneus praeceptor
Questo soavissimo tra i canti a noi maxime ad poeticam tendentibus ; donde
rimasti dell'antichità, è un vero piccolo il nome di Siren, tale cioè che chi l'ascol
drama. Peccato che per essere lacunoso tasse, uariis auido satiatus pectore Musis
ci lasci tanto incerti ! (come Cic. I. c. traduce Omero) tornasse
a casa doctior. Quindi legit è per me
M. Furio Bibaculo. sceglie'o (come nella frase milites le
S.xvi M.v gere) leva ’ : facit (come Verg. ecl . 9, 32 :
et me fecere poetam Pierides) forma "
I. – IL MAESTRO. È in Suetonio, de II. - IL MAESTRO NELL'IMBARAZZO .
grammaticis, 11 , senza nome d'autore. Si tratta del medesimo poeta gramma
102 LYRA ROMANA .

Tota creditor urbe uenditabat .


Mirati sumus unicum magistrum ,
Summum grammaticum , optumum poetam ,
Omnes soluere posse quaestiones, 5
Vnum deficere expedire nomen :
En cor Zenodoti , en iecur Cratetis !
III.

Si quis forte mei domum Catonis,


Depictas minio assulas , et illos

tico, già vecchio e ricaduto in miseria ; gli altri, Hor . C. 1 , 13, 4 : Feruens diffi
poichè un suo creditore che ha ipoteca cili bile tumet iecur. Si trova iecur ag
sulla villetta di Tusculo (costruita , forse , giunto a cor in Seneca, Herc. Oet. 708:
nei bei tempi della voga) tratta di ven cor attonitum salit Pauidumque trepidis
derla. Bibaculo (vedi pag. 40, VII) ri palpitat uenis iecur. Anche qui iecur a
cordò forse un'altra villetta e un altro me par chiamato da cor, ripetendo l'idea
poeta, morto giovane ; e imitò un suo di “ anima’e aggiungendone una secon
scherzo, non senza tristezza. daria , come dicesse : “ l'anima sapiente
1 modo or ora ’, Galle : è forse il C. di Zenodoto , sdegnosa di Crates '. Cra
Aelius Gallus che scrisse un libro de tetis. Non sappiamo veramente che que
significatione uerborum quae ad ius ciuile sto Crates ( il critico Mallotes, fonda
pertinent (Gell. 16, 5 , 3). Tusculanum la tore della scuola di Pergamo) fosse iro
villa di Tusculo '. 2 Tota per lungo e per so e aspro ; ma non è improbabile che
largo ' : come toto caelo di Verg. G. 1 , 474, nelle lotte tra Pergamo e Alessandria,
vale ‘ per l'ampiezza del cielo '. uendi tra ανωμαλία ο αναλογία , mostrasse
tabat : offriva in vendita ”. Così Cic. ad quella ferocia che è ancora in uso pres
Att. 14 : Tusculanum uenditat, ut, si pos so i grammatici e i critici. Gellio, del
sit, emat Pacilianam domum . 3 Mirati resto , 2, 25 : Duo autem Graeci gramma
è forse per il singolare: a
sumus : non univano tici illustres Aristarchus et Crates summa
Bibaculo si nella dolorosa me
raviglia tutti gli antichi alunni, unicum : ope , ille αναλογίαν , hic ανωμαλίαν
come il solus del prec. Vedi anche a defensitauit. Nel defensitare il iecur do
veva spesso far sentire il suo amaro.
pag. 25, nota al v. 5. 4 grammaticum Così dunque Catone sarebbe paragonato
poetum : vedi nota al v. 1 del prec. 5 sol
Here risolvere '. quaestiones quesiti '. a Crates, con somma lode, eppure non
6 Vnum : opposto all'omne deficere “ fal senza una punta di biasimo. E a Zeno
lire ' : è termine del digesto : nisi - de doto, con lode intera ? Forse no, chi
bitores defecerint: Callistr. 49, 14, 3. Con pensi la temerità critica ( vedi Wolf prol.
l'infinito vale però venir meno a ’. Del 200-205) di Zenodoto e ricordi i versi che
resto non è dei codd., che hanno diffi stanno a capo della Sat. 10 del primo
cile. expedire nomen vale tanto ' liquidare libro d'Orazio, dove esso Catone male
un conto ' quanto “ spiegare un nome ': factos Emendare parat uersus di Lucilio,
Scherza Bibaculo sul doppio senso di con buon gusto forse di poeta, ma con
nomen (termine che doveva ben essere licenza certo di critico.
noto a Gallus, lo spiegatore dei termini III. LA VECCHIAIA DEL MAESTRO. -
giuridici) come Catullo aveva giocato La villa Tusculana era passata ai cre
sull'opposita. 7 cor : noto è il passo di ditori , e la Sirena Latina, nell'ultima
Cic. T. 1 , 18 che dichiara cor uguale ad vecchiaia, viveva nascosto modico gur
animus donde il cognome Corculum ebbe gustio (Suet. 1. c.) campando alla meglio
Nasica ille prudens. Zenodoti: il critico coi prodotti d'un suo povero orticello.
Efesio, il primo per ordine di tempo, n . Lo dice Bibaculo .
1 mei -- Catonis : Abbiamo veduto in
circa il 280 a. C., poeta e @ lopowtńs Catullo mei Cinnae a pag . 80, XLV, 1,
di Omero. Per un antico , Zenodoto signi meus Caluos a pag. 84, XLIX , 3,e altrove.
ficava, più cheper un moderno Aristarco, domum : Suet. che riferisce i versi dice
la severità e l'ingegno del critico. ie che era un gurgustium , una catapecchia.
cur : era considerato come la sede del 2 Depictas : AS. preferisce Et pictas.minio
l'amore appassionato e dell'ira. Cfr. tra di cinabro ', assulas : da assylas assyllas
N - BIBACVLVS. 103
Custodes uidet hortulos Priapi ,
Miratur, quibus ille disciplinis
Tantam sit sapientiam assecutus, 5
Quem tres cauliculi , selibra farris,
Racemi duo, tegula sub una,
Ad summam prope nutriant senectam .
IV.
Orbilius ubinam est, litterarum obliuio ?
asillas dei codd. il Turnebo deduceva sub una : in una capanna che un embrice
piuttosto ustulas e interpretava, ‘ scheg solo basta a coprire. L'hyperbole non
gie di marmo '. Il Gujet crede assulas avvertita bene nei v. 6 e 7 (sono, pare,
stare per fores ex assulis compactas. Io interpretati come se per sua cena il po
non so che pensarne, non so il perchè vero vecchio si contentasse di tre cavoli,
fossero dipinte di cinabro e come questo mezza libbra di polenda con un poco di
fosse indizio di povertà. Forse è da leg frutta) arriva ai commentatori troppo
gere hastulas, parola che si trova in quel improvvisa e strana all'ultimo, a questa
cacciatore di parole viete e rare che è tegula - una : onde emendano tegula sub
Frontone ? (pag. 158 Naber ) . E varrebbe ipsa (in soffitta ), tegula sub uda ( sotto un
** bacchette, vergbe '. Può trattarsi d'in tetto che lascia piovere) , e vai dicendo.
genui accorgimenti del povero vecchio Io sto ai codd. 8 Ad summam p. — senec
per proteggere i suoi cavoli e i suoi grap tam quasi nell'ultima vecchiaia ’. La
poli ? Ricordo nelle Priapee, 72 : Tutelam poesia dunque può assegnarsi al 730-740.
pomarii diligens, Priape, facito : Rubri Catullo era morto da un pezzo, non oblia
cato furibus minare mutino. Si spieghe to però, poichè anche in questi versi può
rebbe il perchè del minio. 3 Custodes : scorgersi l'imitazione del suo [XXIII]
così hanno i codd. ma le edd. Custodis dove è un Furius (non il nostro) quoi
riferendolo a Priapi. Par così naturale ! neque seruus est neque arca Nec cimex
Eppure a me pare che buona sia la lezione neque araneus neque ignis. Ma è credi
dei codd. e custodes vada con hortulos. bile che Bibaculo fosse più vecchio di
È l'orto che fa la guardia al ligneo Catone ? Eppure sarebbe secondo Hier.
Priapo, tanto questo par grande nella in Euseb. Chron., che lo fa nascere in
piccolezza dell'orticello. E, presso a poco, Cremona nel 651'o 652. È probabile un
il motto di Cicerone pel suo genero Len errore di data. E forse ciò che è scritto
tulo : Quis , inquit, generum meum ad gla a pag. 40, che Bibaculo avanzava Catullo
dium adligauit ? Macr. S. 2, 3, 3. Può di più di quindici anni, non è vero , e i
far meraviglia a noi , come già al Heinsio, due poeti erano coetanei, o anche minore
che un grammatico in tanta pauperie et era il Cremonese, sì che il posto che io
paene inopia possedesse più orti, e fos gli ho assegnato dopo Catullo, perchè a
sero pur hortuli. Ma non è necessario ogni modo suo imitatore, almeno in que
credere che questo plurale indichi plu sti epigrammatici faleci, gli spetterebbe
ralità, si può significare una cosa sola anche per l'età.
molto divisa in parti e hortuli valer IV . - IL MAESTRO D'ORAZIO . -- Orbilius
quanto ' aiole ' 0 e quadri ’. Già il plur. Pupillus di Benevento, dopo una puerizia
horti vale ' giardino '. 4 Miratur “ pensa infelice, una gioventù passata tra le armi,
con meraviglia ”. Altri emenda in Mi tornato agli studi, venne in Roma a in
retur . quibus – disciplinis : ' con quali segnare nell'anno del consolato di Cice
profondi studi ’. 5 Tantam – sapientiam : rone , 691. Ebbe molta fama e danaro
poichè è sapiente chi vive Laetus sorte poco : vecchissimo abitava sub tegulis.
sua ( cfr. Hor . Ep. 1 , 10, 44 e altrove). Ora Era, come dice Orazio Epl . 2, 1, 70, pla
grande doveva essere la sapienza di Ca gosus e ammiratore dei vecchi. Anche
tone che viveva di così poco, cui non Domitius Marsus ricorda la sua ferula
aveva scosso il mutamento di fortuna. e scutica . Era aspro e mordace e libero ;
6 Quem : ha valore causale : “ poichè lui ' . per questo, forse , morì povero. Vedi Suet.
tres cauliculi quei tre poveri cavoli ' gramm . 9.
del suo orticello o poderetto. selibra Orbilius : aveva ora, come dice Sue
farris ' quella mezza libbra di grano ” tonio, presso che cento anni. litterarum
che raccoglie. 7 Racemi duo ' quei due obliuio: lo spiega Suet.: amissa iam pri
grappoli d'uva ' che vendemmia . tegula | dem memoria. L'astratto sta per l'agget
104 LYRA ROMANA .

V.

nam meo grabato .

Q. SCAEVOLA .

Canescet saeclis innumerabilibus .

C. LICINIVS CALVVS.

I.
Poemata .

Et calcis Curius pereruditus .


2
Durum rus fugit et laboriosum .
3

Sardi Tigelli putidum caput uenit.

tivo, obliuiosus. Il verso è un senario . di Catullo e nemico di Vatinio, calcis


V. - È un frammento nei Gramm. Lat. ( = calces) : così il B. da calus dei codd.
Ed. Keil V, 572. Lo riporto per grabato Gli altri hanno talis o talos. La lezione
che è anche in Catullo nel [X] 22, in fa è confermata dal frammento di Lucilio ,
leci come questo : Fractum qui ueteris 4 del lib. 14 : Naumachiam licet haec, in
pedem grabati : ' un giaciglio vecchio con quam , alueolumque putare et Calces : de
un piede di meno '. lectes te, hilo non rectius uiuas. I calces
erano quelli stessi qui per deminutionem
Q. Scevola. appellantur calculi, come è in Festus e
nelle Glossae Isidori , detti anche latrun .
È in Cic. de legibus 1 , 1 : parla Quinto, culi : presso a poco , i nostri scacchi.
suo fratello , e dice : dum Latinae loquen 2 - Gellius 9, 12 , 10 : C. Caluus in poe
tur litterae , quercus huic loco non deerit matis (cfr. a pag. 33 nota al v. 16) * La
quae Mariana dicatur, eaque, ut ait Scae boriosus ' dicit, non ut uulgo dicitur, qui
uola de fratris mei Mario, C. s. i. laborat, sed in quo laboratur : D. r . f.e. l.
Faceva, certo ,parte d'un epigramma 3 - Porph . ad Hor. S. 1 , 3, 1 : at Li
come quello di Catullo a pag. 80. Cane cinius Caluus de eodem Hermogene loquens
scet ' diverrà bianco per vecchiaia ’ il Sardum dixit. Tigelli : si tratta di quel
poema di M. Tullio. Cfr . a pag. 45, v. 6 l'Hermogenes Tigellius alla cui morte
e a pag. 81 , v. 6. piansero Ambubaiarum collegia, pharma
copolae, Mendici, mimae, balatrones : Hor.
C. Licinio Calvo. S. 1, 2, 1. Cominciava già da ora la sua
voga e il bellus tibicen et sat bonus can
I. - DAGLI SCHERZI. tor (i codd. unctorem ) di Cicerone (ad
1 - Asconius 84 Keil. Si tratta d'un fam . 7 , 24) contro cui doveva esercitarsi
Curius, notissimus aleator, contro il quale la satura d'Orazio, aveva già buscato
è questo endecasillabo dell'arguto amico da Calvo un Hipponacteum praeconium
N - CALVVS . 105

II .

Epithalamia.

1
Lilium uaga candido
Nympha quod secet ungui.
2

Vesper it ante iubar quatiens


3
Et leges sanctas docuit et cara iugauit
Corpore conubiis et magnas condidit urbes .

III .
Disticha.

1
Cum iam fulua cinis fuero
2
Forsitan hoc etiam gaudeat ipsa cinis .

(Cic. 1. c.) di cui questo verso è proba un lilium , come supplì Brokhusius.
bilmente un frammento. putidum caput 1 uaga e errante '. 2 ungui: cfr. a
quello smanceroso '. uenit : è perfetto pag. 100, v. 43 : tenui carptus ungui.
se il verso ha da essere hipponacteo . 2 – In Prisciano 658. LM. legge He
Bernhardy legge uaenit è venduto ' : al sperium ante iubar quatiens. Io segue il
lusione alla fama dei Sardi, a quei tempi : B. Cfr. a pag. 97, v. 1 e 2.
habes Sardos uenales, alium alio nequio 3 - Seru . Aen . 4, 58. Il sogg. è Cerere.
rem : Cic. 1. c. Calvo parlava del matrimoniocon quolla
II. DAGLI EPITALAMII. solennità e altezza di cui è il saggio an
1- Charisius 147 Keil : ungui Lici che in Catullo, e specialmente ai versi
nius Caluus in poemate. Il poema era, 46-75 del [LXI) : vedi a pag. 90-92.
certo, un epitalamio. È la fine d'una stro III. DAI CARMI. Sono forse le
fa di glyconei conclusi da un pherecrateo, elegie in morte di Quintilia, di cui vedi
come quelle del [LXI] di Catullo. Vedi a pag . 82.
a pag. 88. E ricorda le Hamadryades deae i - Charisius 101 K. feminino genere
(pag. 89 : V. 23) vicine a questa uaga dixit cinerem, ut Caluus in carminibus,
nympha, e il floś hyacinthinus (pag. 92, C. i.f.c. f .
V. 88) presso a questo fiore il cui nome 2 - Charisius. 1. c.: item F.h.e.g. i.c.
ci invidið il grammatico, ma che è forse Vedi a pag. 82 , nota al v. 6.
106 LYRA ROMANA .

C. HELVIVS CINNA .

I,
Poemata .

1
At nunc me Cenumana per salicta
Bigis raeda rapit citata nanis .
2
Somniculosam ut Poenus aspidem Psyllus.

II.

Epigrammata .
1
Haec tibi Arateis multum uigilata lucernis
Carmina, quis ignes nouimus aetherios,
Leuis in aridulo maluae descripta libello
Prusiaca uexi munera nauicula.
C. Elvio Cinna. etiam maluarum foliis - cuius
generis Cinna sic meminit.
I. DAGLI SCHERZI. 1 Arateis lucernis al lume della
1 Gellius 19, 13 : audeo respondere lucerna, da Arato ’ : modo troppo squi
esse hoc (nanus) uerbum latinum scrip sito, degno del poeta che Smyrnam
tumque inueniri in poematis Helui Cinnae libellum decem annis elimauit : Seru. ecl.
uersusque -adscripsi : At nunc etc. Il 9, 35. uigilata “ fatti vegliando ’. Tutta
poeta di Zmyrna ( vedi pag. 80) è in la frase vale lucubrata ab Arato . 2 Car
viaggio nel paese de' Cenomani (intorno
a Verona e Brescia) dove probabilmente mina : i Φαινόμενα και Διοσημεία,
era nato. che furono lodatissimi , da far uguagliare .
1 Cenumana (i codd . genumana) ' dei il poeta di Soli a Omero, che furono tra
Cenomani ' popolo di Galli che dalla Lug dotti da Cicerone e poi da Germanico e
dunense si trapiantarono in quella parte da Avieno. quis = quibus. ignes -- aethe
d'Italia dove è Verona e Brescia e Man rios le stelle . nouimus : veramente
tova : paese fertile di poeti, salicta ' sal delle stelle parla solo nella prima parte
ceti '. 2 Bigis attaccati a pariglie del suo poema di 1154 esametri. 3 Leuis
raeda (parola gallica ) carrozza' da viag maluae ' di malva levigata '. Plinio
gio, a quattro ruote. nanis: questa pa parla d'una malva arborescente (un'al
rola si diceva, afferma Gellius, I. c. de tea ?) in Arabia e anche d'un albero a
mulis aut eculeis humilioribus : dunque dirittura, in Mauritania, altitudinis pe
con cavallini '. dum uiginti, crassitudinis quam circum
2 – Gellius 9, 12 : Cinna in poematis : plecti nemo possit : HN. 19, 4, 22. Non oc
Somniculosam etc. Lo riferisce a provare corre dunque fermarci alla nostra malva.
che somniculosam significa a volte che E può anche darsi che nella sua smania
arreca sonno, sonnifero '. Poenus – Psyl di peregrinità Cinna chiamasse così il
lus : gli Psylli erano africani incantatori papyrus. in aridulo- libello nella scorza
di serpenti. fatta seccare '. 4 Prusiaca – nauicula
II. -- DAGLI EPIGRAMMI. con una leggiera nave bitinica ' da
1- Isid. 6, 12 : historiae — scribebantur Prusia, celebre re o da Prusia e Prusis
N - INCERTI . 107

2
Saecula per maneat nostri Dictynna Catonis .

Q. CORNIFICIVS .

Deducta mihi uoce garrienti.

C. MEMMIVS .

Nec dura nitens fortuna escendere cliua .

Incertorum uersus .

1
Ciconiarum Rufus iste conditor,
Hic e duobus elegantior Plancis,
Suffragiorum puncta non tulit septem :
Ciconiarum populus ultus est mortem .
città della Bithynia. Ricorda il phasellus Versicoli d'incerti.
catulliano: pag. 76. munera · in dono '
2 – Suet. de gramm . 11 : meminit 1 - Porph. ad Hor. Sat. 2, 2, 50 : Rufus
Dianae Cinna. Faceva parte d'un epi praetorius instituisse traditur ut ciconia
gramma sul genere di quelli che abbiamo rum pulli manducarentur isque cum re
veduto a pag. 80, 82. Non aveva invidia pulsam praeturae tulisset, tale epigramma
a quel tempo il pitocco per il pitocco e meruit : Ciconiarum etc. Era un Plotius
il cantore per il cantore '? Vi erano al Plancus Rufus, questo che fu auctor a
meno delle sodalitates, nelle quali re turbare alle cicogne la sicurezza del nido.
gnava l'amore e la mutua lode. 1 Rufus iste : iste è detto con odio e
Saecula : nel pent. doveva esservi mul disprezzo. conditor ( con la penultima
ta o simili . per, posposto per anastrofe, lunga : i versi sono scazonti e ben fatti)
come vuole il Mommsen pensando al vale cuoco, cucinatore ’. 2 e duobus
l'artificio continuo del poeta di Zmyrna. Plancis tra i due Planci ’ : vedi a pag. 18,
Dictynna Diana ' o Artemis. In origine nota al 13. elegantior " il più raffinato '. 3
però era il nome di Britomartis, la uirgo puncta septem ' sette voti ’. Il diribitor,
dulcis di Creta, la dea de' pescatori e levata dalle cistae le tavolette, segnava
dei cacciatori. Catonis : è il Catone la sotto il nome d'ogni candidato un punto
cui triste e povera vecchiaia addolorò per ogni voto. tulit ' riportò ' . 4 Cico
Bibaculo. Vedi Bib. I, II, III. niarum , di cui non so se si conoscesse
allora la socievolezza cogli uomini, ma
Q. Cornificio . si doveva sapere certo il lurido cibarsi.
Macr. 6, 4, 12 : deductum pro tenui et O credevano, essi all'amor loro filiale per
subtili - apud Cornificium . Vedi a pag. 51 . il quale con piatosa vicenda, essendo
giovani, rendono quello che da' padri,
C. Memmio. essendo parvoli, ricevettono ' ? Questo
è di Cassiodoro (Ep. 2, nella trad. di fra.
Non. 194, 29: cliuus - neutri apud Mem Bartolomeo) che non so donde l'abbia
mium inuenimus. nec dura : emendò il B. preso, sì che non posso argomentare se
da ne ardua dei codd . fortuna escendere : potesse essere popolare credenza in Ro
così il B. i.codd. hanno : fortunae scen ma, a quei tempi. Nel passo di Porphy
dere. Per Memmio, vedi a pag. 74, nota rione per me è da mettersi tra uncini la
al XLI. parola praetorius: Orazio adopera questa
108 LYRA ROMANA .

2
Et uerba antiqui multum furate Catonis,
Crispe, Iugurthinae conditor historiae .
3
Extractam puteo situlam qui ponit in horto,
Vlterius standi non habet ipse locum .
4
Non Bibulo quidquam nuper, sed Caesare factum est ;
Nam Bibulo fieri consule nil memini .

Versus in Caesarem .

Gallos Caesar in triumphum ducit, idem in curiam :


Galli bracas deposuerunt, latum clauom sumpserunt.
2
Brutus, quia reges eiecit, consul primus factus est :
Hic , quia consules eiecit, rex postremo factus est .

qualifica per scherno, ironicamente, co omnia in repubblica et ad arbitrium ad


me Capitolinus con Petillio : Sat. 1 , 4, 94. ministrauit, ut - uolgo mox ferrentur
2 Quintilianus 8, 3, 29 ; nec minus hi uersus : Non etc. Cesare diede molto
noto Sallustius epigrammate incessitur : da scrivere ai poeti satirici . Questo di
Et uerba etc. Noto è il gusto di Sallustio stico però è una fredda e sbiadita tra
per gli arcaismi catoniani, quando scri duzione in versi di ciò che si diceva più
veva, e per le dolcezze nuove, quando argutamente in prosa : Essendo consoli,
operava. Augusto (Suet. Aug. 86) ricorda non Cesare e Bibulo, ma Giulio e Cesare.
le parole quae Crispus Sallustius excer . Suet. 1. c .
psit ex Originibus Catonis. E così altri .
E Lenaeus, il grammatico liberto di Versi popolari contro Cesare.
Pompeo, rivendicando contro lo storico
la fama del suo patrono, lo chiamò in 1 – Ecco altri esempi, ma popolari e
una satura , lastaurum et lurconem et ne rozzi, della Musa ispirata da Cesare. A
bulonem popinonemque-et uita et scriptis pag. 18, 10, hai il principio di altri versi,
monstrosum , praeterea priscorum Catonis anche più procaci, come di commilitoni
uerborum ineruditissimum furem : Suet. nel gran giorno del trionfo. Sono questi
gramm. 15. e quelli ricavati da Suet. Iul. , 49, 50, 80.
3 – Charisius 275 K. nyperbole est 1 in triumphum , come vinti, idem'e
dictio fidem excedens augendi minuendiui poi '. in curiam, come senatori. 2 bracas:
gratia minuendi, ut : Extractam etc. le brache erano caratteristiche dei Galli
1 situlam la secchia '. 2 standi di di là dell'Alpi. latum clauom : la tunica
stare ' anche in piedi. ipse è il padrone, con la larga striscia di porpora, distin
l'ortolano ' che poteva essere quel po tivo dei senatori. sumpserunt, con la pen.
vero Valerio Catone di cui più sopra. breve.
Certo l'hyperbole è la stessa che av 2 – Versi di mal augurio scritti sotto
vertii a Custodes — hortulos Priapi. la statua di Cesare.
4 - Suet. Iul. 20 : unus ex eo tempore 1 primus ' primo di tutti ’.
N -VERSVS IN AVG . 109

Versus in Augustum .

1
Cum primum istorum conduxit mensa chorum omnem
Sexque deos uidit Mallia sexque deas,
Impia dum Phoebi Caesar mendacia ludit,
Dum noua diuorum cenat adulteria,
Omnia se a terris tunc numina declinarunt. 5
Fugit et auratos Iuppiter ipse thronos.
2
Pater argentarius, ego Corinthiarius.
3
Postquam bis classe uictus naues perdidit,
Aliquando ut uincat, ludit assidue aleam.
3 Impia - Phoebi — mendacia ludit si
Versi contro Augusto. mula con empia beffa d'essere Febo
4 cenat (il B. preferisce cena et che dura
1 – Suet. Aug. 70. Si parlava d'una mente sarebbe soggetto di ludit sottin
cena empia e intempestiva data da Ce teso anche in questo verso) adulteria :
sare Ottaviano, cui Antonio la rimpro espressivo modo nella sua brevità : ce
verava, numerando i nomi degli altri nando rappresenta adulterii '. 5 se —
undici che vi avevano partecipato. La declinarunt si torsero '. 6 thronos : in
cena figurava un solenne lectisternium , certi codd. è toros e forse meglio.
e i convitati vi erano nell'abito dei do 2 - Suet . l. 1. Fu scritto sotto la sua
dici Dei Consenti. Era tempo di carestia statua. argentarius : qualcuno bisbiglia
e il giorno dopo il popolo diceva che gli va, a torto, che il padre d'Augusto fosse
Dei avevano mangiato tutto il frumento ... banchiere ” e anche dei diuisores e delle
i istorum : detto col solito sprezzo, operae campestres, bassi impiegati ai
come più su : Rufus iste conditor. Il B. comizi. Corinthiarius : parola foggiata,
sostituisce astrorum e intende : degli dei. per analogia ad argentarius, a indicare
conduxit . adunò ?. chorum omnem : è le passione smodata di Augusto per Co
emendamento del B. dal choragum dei rinthia uasa , vasi di bronzo Corinzio ;
codd.
e codes2tiSexque deos sexque deas : isti passione che, si diceva, gli fece inserire
malvagi ’ diventano sei Dei e tra i proscritti alcuni che ne possede
sei Dee. Mallia da unirsi con mensa , vano, al fine di prenderseli.
varrà in caso di Manlio ' . Qual Man 3 - Suet. 1. 1. Ê questi mordono il suo
lio ? Nessun lume. Il Casaubono suppone vizio di giocare ai dadi.
che valga Capitolina, nè già perchè la 1 bis classe uictus : nella guerra di Si
cena fosse data nel Capitolium , ma per cilia, contro Sesto Pompeo. 2 aliquando
chè quegli empi simulavano il lectister e giocavolta
una finalmente '. ludit – aleam
nium quale si faceva nella sacra arce. ai dadi :
110 LYRA ROMANA .

C. MAECENAS.

1
Lucentes, mea uita , nec smaragdos,
Beryllos neque, Flacce mi , nitentes
Nec percandida margarita quaero
Nec quos thunica lima perpoliuit
Anulos neque iaspios lapillos.
2
Ni te uisceribus meis, Horati,
Plus iam diligo , tu tuum sodalem
Hinnulo uideas strigosiorem .
3
Debilem facito manu , debilem pede, coxa ,
Tuber adstrue gibberum , lubricos quate dentes :

Mecenate. cerca ? Continuava, è ben certo, col dire


ciò che voleva, ciò che gli pareva desi
1 Isid. 19 , 32, 6. Sono hendecasyl derabile : le parole dolci o i dolci car
labi diretti a Orazio. mina dell'amico . Così, al contrario, Ora
1 mea uita : non dal solo confronto col zio (o chi per lui) in C. 4, 8 dice a Censo
v. 1 del (CIV ] a pag. 62, dove è meae rino : Donarem pateras -aera - tripodas
uitae, si inferisce quanto Mecenate fosse sed non haec mihi uis, non tibi talium
Catulliano, oltre che per il resto, per l'e Res est aut animus deliciarum egens.
sagerazione, che in Catullo è ingenua e Gaudes carminibus : carmina possumus
in Mecenate un po' leziosa, nell'espri Donare.
mere l'amicizia. Cfr. specialmente il [L ] 2 - Suet. uita Hor. Maecenas quanto
a pag. 32, il (XIV ) a pag. 36, il [ IX ) a pere eum ( Horatium ) dilexerit satis testa
pag. 41 , il (XXX ) a pag. 52. nec : hyper tur illo epigrammate : Ni te etc. Il tono
baton. smaragdos ' smeraldi’e in gene è prettamente Catulliano e non doveva
rale tutte le pietre preziose verdi. 2 Be garbare a Orazio che l'aveva tanto con
ryilos : pietre preziose di vari colori: i quel Demetrius modulator (vedi Porphyr.
migliori erano verde-mare, poi venivano ad s. 1 , 10, 8) : simius iste Nil praeter
i chrysoberilli, con riflessi d'oro, neque : Caluuin et doctus cantare Catulluin .
altro hyperbaton. 3 percandida marga 1 Ni : cfr. a pag . 36 il principio del
rita : poichè il pallido candore è il pregio (XIV) sul quale è foggiato l'epigramma
precipuo delle perle. Non ne trovò a suo di Mecenate. 2 diligo è vero che t'amo '.
gusto Cesare in Britannia, dove dicevano tuum sodalem : vedi a pag. 78 : nota al
che era andato per questo : l'Oceano, v. 1 del (XXXV] , e a pag. 38, v. 13. 3
dice Tacito, le genera (Agr. 12) subfusca Hinnulo (altri Innulo , Ninnio, Mulo me)
et liuentia . 4 thunica lima, ' la lima dei muletto ' da cavallo e asina. uideas
gioiellieri Thyni ’. Nella Thynia e Bi possa tu vedere '. strigosiorem * più
thynia affluiva molta ricchezza asiatica : stremenzito ’: detto propriamente di ca
Thyna merce beatum dice Orazio (C. 3, valli muli ed asini .
7, 3) Gyges , il marito della dolente Aste 3 – Seneca , Ep. 101 , 10 : inde illud
rie. È naturale che là fossero valenti Maecenatis turpissimum uotum, quo et
artefici dell'oro. perpoliuit ' tirò a puli debilitatem non recusat et deformitatem
mento '. 5 iaspios lapillos diaspri ’. et nouissime acutam crucem , dummodo
Come doveva continuare, dopo l'enume inter haec mala spiritus prorogetur . Sono
razione, già lunghetta, di ciò che non versi priapei.
N - VERGILIVS . 111

Vita dum superest, bene est ! sustine hanc mihi : acuta


Nil est si sedeam cruce !

P. VERGILIVS MARO .

Priapea .

1
Vere rosa, autumno pomis, aestate frequentor
Spicis : una mihi est horrida pestis hiems.
Nam frigus metuo et uereor ne ligneus ignem
Hic deus ignauis praebeat agricolis .
2
Ego haec, ego arte fabricata rustica ,
Ego arida, o uiator, ecce populus
Agellulum hunc, sinistera ante quem uides,
Erique uillulam hortulumque pauperis
Tueor malamque furis arceo manum . 5
Mihi corolla picta uere ponitur,
Mihi rubens arista sole feruido,
Mihi uirente dulcis uua pampino,

1 Debilem monco , storpio ?. coxa considera avverbio . deus e per quanto


dell'anca '. 2 Tuber - gibberumuna dio '. ignauis ' che hanno scianto '. Ri
gobba '. adstrue ' fammi crescere ’. lu corda il Vergiliano (G. 1 , 299) hiems
tricos quate smuovimi e scrollami ignaua colono. Per evitare la synaloephe,
3 e 4 acuta – cruce ' nell'aguzzo palo impossibile nell'arsi del secondo piede ,
del supplizio. Il verso continuava certo si potrebbe posporre: uere rosa, pomis
con un monosillabo, cominciante per vo autumno . Ne riuscirebbero anche due
cale : 0, heu e simili, per far lungo l'e di chiasmi molto probabilí. Così in fatti
cruce. propose già il L. e accettò il B.
P. Vergilio Marone. 2 - IL DIO DI PIOPPO. È un Priapo
di pioppo che parla a un viandante, cui
1 IL TIMORE DEL DIO LIGNEO. - Que prima prega di rispettare l'orticello , del
sto, come due seguenti , sono in alcuni quale è custode, mostrandogli quanto sia
codici dei catalepton o catalecta Vergi tenuto al suo padrone; poi minaccia.
liani, in principio. Per quanto paia certo 1 Ego haec Questo io '. arte - ru
che in queste sue prolusiones Vergilio stica ' dal rozzo pennato del contadino ' .
avesse anche delle Priapee, che non si 2 arida – populus ' pioppo secco”. Olim
leggono tra i quattordici componimenti truncus eram ficulnus: dice Priapo in
detti catalepton o catalecta, pure non si Hor. Sat. 1 , 8. Qui è ancora pioppo. 3 si
può affermare che queste e le due che nistera ante avanti, alla tua sinistra '.
seguono siano sue. Così legge lo Scal. R. sinistra et ante.
1 Vere rosa -- frequentor ' nella pri 4 Erique – pauperis: come dicono i tre
mavera sono empito di rose '. Nel seg. diminutivi. 5 Tueor : forma un giambo
v. 6-8 la cosa è detta meglio. L'a lungo (con synizesis di eo) poichè subito dai
di rosa è con brutta synaloephe , indegna primi versi è evidente che i versi sono
di Vergilio anche giovane, eliso avanti trimetri puri, come i catulliani, a pag. 76.
autunno : ciò che basta ad alcuni per ne Le edd. (salvo quella del R.) hanno tuor ,
garlo al Mantovano . 2 pestis ' maledi ma i ms. tutti tueor. 6 corolla una ghir
zione '. 3 ligneus perchè dilegno ' . 4 Hic elanda '. uere : cfr. il prec, 7 sole feruido
per il solleone, d'estate '. 9 Il verso è
è per me, in senso di ego. Il R(ibbek) lo
112 LYRA ROMANA .

Mihi caduca glauca oliua frigore;


Meis capella delicata pascuis 10
In urbem adulta lacte portat ubera ,
Meisque pinguis agnus ex ouilibus
Grauem domum remittit aere dexteram ,
Tenerque matre mugiente uaccula,
Deum profundit ante templa sanguinem . 15
Proin , uiator, hunc deum uereberis
Manumque sorsum habebis : hoc tibi expedit .
3

liunc ego , iuuenes, locum uillulamque palustrem


Tectam uimine iunceo caricisque maniplis

dato dal R. così: Mihi glauca oliua duro ciuto ? 14 I codd. hanno Teneraque, che
cocta frigore. E vi sono bensì accolte sarebbe contro la legge del trimetro
tutte le parole che hanno i codd. ma il puro che non ammette nemmeno il tri
verso ha l'anapesto nella prima sede, e brachys. Uno solo ha Tenerque che il
lo spondeo nella quarta. Il Mur. trala Naeke difende, sottintendendo uitulus ,
sciando il cocta, ha: Mihique glauca du poichè teneri par da sè significare alle
ro oliua frigore. Il Heyse omettendo il alle volte ' figli ’, comenoidiciamo ' pic
glauca e mutando cocta in caduca , me coli ’. uaccula : il diminutivo di pietà :
more di Catone AC. 58 ( Pulmentarium la povera mucca ’. 15 Deum = Deorum .
familiae, oleae caducae quam plurimum 16 Proin : disillabo. Il R. ha però proin
condito : il Priapo era trattato come la tu , locuzione certo più comune. 17 sor.
servitù), scrive: Mihi caduca duro oliua sum ( = sursum ) ' su ’ : ' terrai le mani
frigore. Bene ; ma il duro ozioso dei codd . a segno '. expedittorna conto '. Di fatti
come il cocta improprio, a me par deri continua accennandogli il palo , col quale
vato da duca che lo sbadato amanuense , spaventa gli uccelli. Sorridi ? eccoti il
volendo riporre tutto il caduca trala gastaldo che con questo per clava pic
sciato nella copia, ripose così mozzo, chierà sodo '.
incontrandosi con gli occhi nel ca di 3 - IL DIO DI QUERCIA. È una va
glauca. Su du e ca s'ingegnò poi un altro riazione sul medesimo soggetto , con
trascrittore e così le due parole duro e maggior arguzia . È scritto nel proprio
cocta errarono qua e là per il verso, come metro delle Priapee , nel qual metro Ca
smarrite. Ho scritto adunque come si tullo aveva scritto, oltre il [XVII] , an
legge nel testo, caduca ' caschereccia ”. che poesiole di tal genere procace nel
glauca : non diano noia i due agg. poichè tempo stesso e campestre. Di lui ri
l'uno spiega l'altro , o l'uno è ornante mangono solo due frammenti, dei quali
come picta e rubens e dulcis, e l'altro fa il primo di quattro versi ( Hunc lucum
un concetto solo con oliua , o vale come tibi dedico consecroque, Priape etc.), seb
una relativa : quae decidit, earum quae bene le antiche edizioni portino questo
deciderunt . 10 Meis : poichè egli li guar che do ora e il prec. come opera di Ca
da. Si sa : i servi doventano tutt'uno col tullo.
padrone e con la casa. delicata “ molle ’ : 1 Hunc – locum ' questo poderetto .
ha Catullo [XVII] 15 : puella tenellulo come agellulus del prec. Che locus signi
delicatior haedo. pascuis : è abl. di causa. ficasse anche ager lo sapevano gli an
11 adulta : spiega il Mur. distenta. 13 tichi per il chiaro etymon di locuples
Grauem - aere dexteram : cfr. Verg. B. 1 , (cfr. tra altri esempi Plin. 18, 3, 3 : lo
36, grauis aere domum mihi dextra redi cupletes dicebant loci hoc est agri plenos ) ;
bat. Siha a inferire che questo componi e anche oggi in Romagna, che io sappia,
mento è d'un imitatore di Vergilio ? o non si chiama " luogo ’ un podere non grande.
piuttosto di Vergilio stesso che tentava palustrem presso il padule ’.Mi viene
già i suoi buoni versi, esso che dà tante in mente Mantova. 2 Vimine iunceo ' di
volte l'esempio d'insistere su una frase, vinchi di giunco ' : naturale presso pa
su un verso che gli sia una volta pia duli. caricisque maniplis ' e di mannelle
N - VERGILIVS . 113
Quercus arida rustica fabrieata securi
En tuor, magis et magis nunc beata quotannis.
Huius nam domini colunt me deumque salutant 5
Pauperis tuguri pater filiusque adulescens,
Alter assidua colens diligentia ut herbae
Asper ac rubus a meo sint remota sacello,
Alter parua manu ferens semper munera larga.
Florido mihi ponitur picta uere corolla , 10
Primitus tenera uirens spica mollis arista ,
Luteae uiolae mihi luteumue papauer
Pallentesque cucurbitae et suaue olentia mala,
Vua pampinea rubens educata sub umbra.
Sanguine hanc etiam mihi (sed tacebitis) aram 15
Barbatus linit hirculus cornipesque capella.
Pro quis omnia honoribus huic necesse Priapo est
Praestare et domini hortulum uineamque tueri.
Quare hinc , o pueri , malas abstinete rapinas:
Vicinus prope diues est neglegensque Priapus. 20
Inde sumite : semita haec deinde uos feret ipsa .
di salistio 0 carice : una ciperacea. e le gialle '. Heinsius propose e R. ac
Quercus, apposizione a ego. arida.
e3secca colse palantes, che è ben detto della
': rustica f. s.: cfr. i primidue pianta di zucca che striscia e si stende
versi del prec. e vedrai che più che imi e s'arrampica ; non della lenta mole '
tazione d'un altro, sono esercitazioni del frutto, portato in dono a Priapo.
metriche del medesimo autore sul me mala ' pomi, mele ’. 14 pampinea — sub
desimo soggetto. 4 En tuor = tueor) umbra all'ombra de' suoi pampani ’.
è em. del R. I codd. hanno nutrior o 15 sed tacebitis, Perchè dovevano ta
nutriui, donde lo Scal. Nunc tuor e Voss cere ? perchè le vittime erano riservate
Nutrio : non male, se si pensa che Priapo agli dei maggiori ? perchè Priapo era Dio
era dio della fecondità . magis et magis straniero ? perchè i domini pauperis tu
quotannis ' ogni anno più '. beata (la guri erano solo gastaldi ő mezzadri ?
quercus che è poi il dio) felice ’. Il per perchè non il solito asino, ma il becco
chè segue. 5 Huius con Pauperis tuguri. e la capra gli erano indebitamente sa
deumque. Ecco laquercia fatto dio . Ma crificati ? Non mi so decidere. 16 linit
luit esse deum : Hor. S. 1 , 8, 3. 6 pater macchia '. hirculus --- capella : sono di
filiusque: app. a domini. adulescens si minutivi che paiono qui significare o
trova solo in un cod. Lo Scal. aveva sup e vecchi'o'malandati '. cornipes • dalle
plito coloni, il Voss tenellus. 7 Alter, unghie dure come corno '. 17 e 18 Pro
l'uno ', il padre. diligentia : dura syna in compenso ’. quis == quibus. omnia –
loephe dell'ultima. 8 Asper – rubus il praestare far ogni prova’huic -- Priapo
rovo spinoso ’ . 9 Alter " l'altro ?, il figlio. a me ' : vedi nota al v . 4 del 1 a pag. 111 .
arua -munera : piccole offerte ' come 19 Quare: conclusione solita in Catullo :
iegherà poi. manu – larga a larga vedi a pag. 90, v. 26 ; a pag. 79, v. 7 ; a
ano '.semper :l'unico spondeo del canto, pag. 68, v. 9 ; a pag. 57, v . 27 ; a pag. 40,
questa sede: onde le emendazioni sae v . 16 ; a pag. 32, v. 8 e altrove. o pueri:
te e usque. 10 Cfr. il prec. v. 6 e per i più confidenziale e carezzevole che nel
seguenti i seguenti. 11 Primitus ' quando primo iuuenes. 20 Vicinus è mio vi
è una primizia ”. Così Lucilio, pag. 18, 3, cino ’. prope ' qui presso '. diues negle
Gerlach : Sicuti cum primos ficos propola gensque ricco e perciò trascurato ”. Pria
recentis Protulit, et pretio ingenti dat pri pus : è considerato dal collega come il
mitu paucos. tenera arista " con tenera padrone dell'orto di cui è guardiano. An
ancora la resta '. 12 luteumue : così se che nel prec. meis pascuis, meis ex oui.
guendo un solo cod., ma pensando a Ca libus. 21 Inde - deinde di lì - e sem
tullo, pag. 95, v. 190. 13 Pallentesque pre di l ’. sumite prendete ’: anche in
PASCOLI, Lyra Romana 8
114 LYRA ROMANA.

Catalepton.

1. (VII]

Sabinus ille, quem uidetis , hospites ,


Ait fuisse mulio celerrimus,
Neque ullius uolantis impetum cisi
Nequisse praeterire, siue Mantuam
Opus foret uolare siue Brixiam .
Et hoc negat Tryphonis aemuli domum
Negare nobilem insulamue Caeruli,
Vbi iste post Sabinus ante Quinctio
Bidente dicit attotonse forfice
Comata colla, nequod horridum iugo 10
Premente dura uolnus ederet iuba.

italiano lo stesso trapasso. semita haec bliopola al tempo di Marziale. È un nome


questa viottola ’: feret porterà ' : lo letterato, come di Greco. Era, forse un
stesso trapasso di portare ' in con rhetor anch'esso , e aemuli s'ha a inten
durre'in italiano e in greco. ipsa ' essa dere rivale come maestro. 6 e 7 do
senza che abbiate voi a studiare la di inum - nobilem ' la casa illustre ', dove
rezione. forse Sabinus fu scolaro o cliente di
I. - VERGILIO SATIREGGIA IL SUO MAE Trypho prima di esserne aemulus e dopo
STRO DI RETORICA. Dai Catalepton. E esser stato mulio. insulamue : opposto
la parodia graziosa del [IV] (pag. 76) di di domus nobilis : il casamento , dove
Catullo, che Vergilio giovane aveva caro abitavano poveri alla rinfusa. Caeruli :
tra gli altri poeti, Giova credere che la il primo padrone di Sabinus, forse; uno
componesse prima d'indossare la toga che aveva rimessa e muli . Così era forse
virile, prima di partire per Roma, come chiamato dal color degli occhi. Parrebbe
vedremo nel seguente: a Cremona, dove che Sabinus prima avesse fatto lo stal
studiava. Chi era il suo maestro ? Inge liero con questo Caerulus in una brutta
gnosamente il B. suppone che fosse casona, dove erano stalle ; poi passasse
questo Sabinus, il Sextus Sabinus, curu. nella casa di Trypho a imparare ; poi
curarum del seguente. E suppone che mettesse su scuola facendo concorrenza
prima che rhetor fosse mulio, onde la all'antico maestro e protettore. 8 post
parodia. Prima del B. si credeva che si Sabinus e che poi fu Sabino ', illustre
satireggiasse Ventidius Bassus l'Asco maestro d'eloquenza. Quinctio: é il nome
lano, che, come narra Gellio 15, 4, - mu di Caerulus ? 9 Bidente - forfice con
los qui fricabat consul factus est. Ma dai la forbice ’. attotonse : infinito sincopato
muli in fuori e dalla sedes eburnea (v. 23 per attotondisse aver tosato '. 10 Co
e 24) troppe più cose bisognaimaginare, mata colla dei muli. nequod hurridum :
pensando a Ventidio, di quelle che oc da unirsi con uolnus. Ma ingegnosamente
corrono a chi pensa a Sabino maestro. il Maehly da nequid orion e nequis torion
Atteniamoci dunque al B. la cui ipotesi dei codd. trae Cytorio, che non ha sens.
(lo dico per confermarla probabile, non ma muove il riso, per l'equivoco volut
per vanteria insulsa di critico) io avevo tra iugum , colle o giogo. Cfr. sempx
già concepita prima di leggerla esposta Catullo (IV). A me sorriderebbe cisorit
da lui a pag. 33 dei suoi PLM. 91. (scritto forse quisorio per imitare me
1 Sabinus: dunque un Sextus Sabinus glio la pronunzia di Cytorio ) o anche
di Cremona, maestro di Vergilio, 2 mu cis (con l'i quasi insensibile, co
lio ' mulattiere ' , prima d'essere rhetor. me a pag. 10, V , nota al v. 2; e a pag. 20,
3 cisi : il cisium era una carrozzella a V, nota al v. 2) ; e sarebbe, cisorio o
due rote. 6 Tryphonis aemuli : chi era cisiorio, parola inventata, tratta da ci
questo Trypho ? Di questo nome è un sium . 11 uolnus ederet (attratto da si
praeceptor al tempo di Claudio, un bi bilum edidit ) producesse un guidale
N VERGILIVS . 115

Cremona frigida et lutosa Gallia ,


Tibi haec fuisse et esse cognitissima
Ait Sabinus : ultima ex origine
Tua stetisse dicit in uoragine, 15
Tua in palude deposisse sarcinas
Et inde tot per orbitosa milia
Iugum tulisse, laeua siue dextera
Strigare mula siue utrimque coeperat,
Neque ulla uota semitalibus deis 20
Sibí esse facta praeter hoc nouissimum ,
Paterna lora proximumque pectinem .
Sed haec prius fuere : nunc eburnea
Sedetque sede seque dedicat tibi ,
Gemelle Castor et gemelle Castoris. 25
II. (vini]
Ite hinc , inanes, ite , rhetorum ampullae ,
Inflata rore non Achaico uerba ;

sco '. iuba : con molta comicità ricorda di bossolo ’. 23 e 24 eburnea sede
coma di Catullo. Si tosavano gl'irti crini nella sedia d'avorio ’, curule : come con
sul collo del mulo, perchè sotto la pres sole , secondo quelli che nel mulio ve
sione del giogo non piagassero la pelle. dono Ventidius ; come decurione o altro,
12 lutosa fangosa, paludosa '. Gallia, secondo il B. che vi vede Sextus Sabinus.
s'intende Cisalpina. 15 Tua – in uora II. - VERGILIO SALUTA LA SCUOLA DEL
gine ' nelle tue pozzanghere ’. 16 depo RETORE. - Il poeta giovinetto, non però
sisse: così lo Scal. per deposuisse. sarci più inuestis, lascia la noiosa scuola di
nas le some’.17 orbitosa milia ' miglia retorica di Sextus Sabinus per andare
di strade piene dicarreggiate ’. 18 Iugum a Roma, a udire Sirone, il filosofo epi
tulisse ' aver sollevato il giogo ’ , laeua cureo. Vergilio presentisce il bene che al
siue dextera di mancina o di diritta ' . suo spirito contemplativo farà quella
19 Strigare ' fermarsi per stallare ’ . siue dottrina, egli che nelle Georgiche (2, 490)
utrimque o da una parte e dall'altra ', dirà poi : Felix, qui potuit rerum cogno
ossia, tutte e due. Ma non sta. I codd. scere causas, Atque metus omnis et ine
per lo più hanno utrumque. Confrontando xorabile fatum Subiecit pedibus strepitum
poi col Phasellus, si vede mancare il que Acherontis auari ! Però dagli oratori
verso corrispondente al v. 21 di quello : non doveva ancora essere libero, se è
i Simul secundus incidisset in pedem ; onde vero che a Roma, come afferma la uita
tenendo utrimque, il Nansius supplisce : Bernensis, studuit apud Epidium orato
Et haec et illa conquiescere in latus, e torem cum Caesare Augusto. A ogni modo,
il Wagner : Pari citata currere impetu il poeta lasciando Cremona (o Mediola
uiam . 20 semitalibus deis ' gli dei de' num ?) non vede che Sirone, non pensa
trivii e delle strade ’ : lares uiales, com che a Sirone : aspira (v. 10) ad abbonac
pitales. 21 nouissimum ' ultimo ” ; cioè ciare l'anima, dalla quale, tosto che sarà
quando lasciò il cisium per la scuola. serena, si alzerà la voce più pura e soave
22 Paterna lora le briglie redate dal di poeta che mai si sia udita.
padre '. Questo contradice a chi afferma 1 Ite hinc – ite ' via di qui, via ! ' . ina
che il mulio era Ventidius, poichè que nes - rhetorum ampullae sonore vacuità
sti fu portato piccino , nella guerra so dei retori ’, che dovevano tanto dispia
ciale, a Roma, e dove strigliar le mule cere al meditabondo giovinetto, così ri
nella miseria della cattività , non perchè troso a parlare con gli altri, come chi
suo padre fosse mulattiere , sebbene (Gel parla sempre con sè stesso : in sermone
lio I. c.) loco huinili. proximumque pec tardissimum ac paene indocto similem eum
tinem : che vuol dire quel proximum ? fuisse Melissus tradidit: Don . 16. 2 Non
Heinsius sostituisce buzeum : ' la striglia intendo; i codd. hanno, per rore, rhorso,
116 LYRA ROMANA .

Et uos , Stiloque Tarquitique Varroque,


Scholasticorum natio madens pingui,
Ite hinc , inane cymbalon iuuentutis . 5
Tuque , o mearum cura, Sexte , curarum ,
Vale, Sabine ; iam ualete , formosi .
Nos ad beatos uela mittimus portus ,
Magni petentes docta dicta Sironis,
Vitamque ab omni uindicabimus cura. 10
Ite hinc, camenae , uos quoque ite iam , sane
Dulces camenae ( nam , fatebimur uerum ,
Dulces fuistis ): et tamen meas chartas
Reuisitote , sed pudenter et raro.

no, roso o nulla . Congettura il R. rostro : se ne accontentano i dotti , dei quali chi
parole gonfiate dal pungiglione d'apinon emenda in mearum causa curarum e chi
acaiche, cioè greche, cioè attiche. E in mearum cura Musarum 0 chartarum .
tendo anche meno. Sostituendo more, si Sexte Sabine : abbiamo veduto nel
ha : ‘ parole gonfie secondo usanza non prec. chi possa essere questo Sextus
greca davvero ' . 3 Stiloque Tarquitique Sabinus : il maestro cremonese di Ver
Varroque : L. Aelius Praeconinus Stilo, gilio giovinetto . Vale – ualete : l'addio di
filosofo stoico, grammatico insigne, mae chi se ne va. Vedi a pag. 60, v. 12. for
stro di Varrone. Scriveva orazioni per mosi belli miei ! ' : detto con sarcasmo
altri. Fiorì verso il 650 : nel 654 accom che non piace al B. che sostituisce mo
pagnò volontariamente nell'esilio Me rosi brontoloni ’. 8 ad beatos - - portus
tello Numidico . Vedi sopra lui Cic. Brut. per il porto della beatitudine ?. uela
205 e Suet. gramm . 2. Tarquitius Priscus mittimus molliamo le vele anche
scrisse de etrusca disciplina e in Ma mettiamo alla vela ' . 9 docta dicta : pa
crobio (3, 7 , 2 ) è ricordato un suo liber – ranomasia cara ad Ennio : vedi a pag. 15,
transscriptus ex ostentario tusco, e altrove nota al v. 4 di Ennio . Sironis : Siro
(3, 20, 3) Tarquitius Priscus è citato in ( Eelpw v secondo Haupt ) filosofo epi
ostentario arborario . Erano libri in cui cureo cui, secondo Seru. Aen. 6, 264, il
erano spiegati, secondo gl'insegnamenti nostro poi seguì in quel passo pieno di
etrusci, i varii ostenta, ossia, secondo la 10 uindicabimus ' li
bereremo sapienza.
definizione di Labeone in Ulpiano, Dig. ! profonda ' egli voleva già sin da ora
50, 16, 38 ; omne contra naturam cuiusque giungere a quello stato di serenità in
reigenitum factumque. M. Terentius Var cui gode l'uomo che (G. 2, 491) metus
ro, il grande erudito di Reate, il nou omnis et inexorabile fatum Subiecit pedi
Ypacotatos (Cic. ad Att. 13, 18) che bus strepitumque Acherontis auari. 11 e
appunto per questo non doveva troppo 12 camenae, uos quoque : confrontando
piacere a Vergilio, di cui attestò Vario con G. 475 ( Me uero primum dulces ante
( Quintil. 10, 3, 8) paucissimos die com omnia Musae Accipiant) si potrebbe
posuisse uersus. 4 Scholasticorum natio notare che, in questa giovenile febbre
genia di professori ’ d'eloquenza. ma di scienza, il poeta ora nasconde a se
dens pingui'umida di grasso ’, poichè, stesso la sua vera predilezione. Senon
secondo Plinio 11 , 37 , 85 ; adeps con chè Musae nel passo delle Georgiche in
cretus est - contra pingue inter carnem dica le scienze e le lettere in generale ;
cutemque, succo liquidum . 5 inane cym e qui camenae (il nome paesano invece
balon iuuentutis che assordate i gio del greco) accenna soltanto a versi e
vani come (Plin.un cembalo cavo '. Apion poesia. sane Dulces ' dolci, oh ! sì '. 13
grammatico pr. HN.) era chiamato fuistis: e saranno ancora, o poeta ; ante
da Tiberio cymbalum mundi. 6 e 7 mea omnia. et tamen : e limita, più che ite
rum cura curarum la più grave delle hinc, ite iam, quel fuistis così ingenuo,
mie noie ’ : locuzione arguta attratta dal poichè il poeta lo scrive verseggiando.
l'epica @ia Osdwv, che Ennio e poi Ver 14 Reuisitote º tornate a rivedere '. pu
denter discretamente '.
gilio stesso presero a Omero. Però non
N - VERGILIVS . 117

III . [x]
Villula, quae Sironis eras, et pauper agelle,
Verum illi domino tu quoque diuitiae,
Me tibi et hos una mecum , quos semper amaui ,
Siquid de patria tristius audiero,
Commendo, inprimisque patrem . tu nunc eris illi , 5
Mantua quod fuerat quodque Cremona prius .
iv . [vi]
Si mihi susceptum fuerit decurrere munus,
O Paphon , o sedes quae colis Idalias,
Troius Aeneas Romana per oppida digno
Iam tandem ut tecum carmine uectus eat :

III. - VERGILIO CACCIATO. Siamo vergiliana. Il babbo seguiva il giovinetto


nel 713, anno pieno di dolore e spavento figlio nelle città dove andava a studiare.
per i Cremonesi e di sospetto per i Man Fu un buon babbo questo di Vergilio :
tovani. Poichè Ottaviano aveva coman come quello di Orazio. E Vergilio forse
dato che si dividessero tra i suoi vete qualche nota e colore prese dalla dolce
rani icampi dei Cremonesi e ( Probus memoria di suo padre,per dipingere il
p. 5, Keil) si non suffecissent Mantuanos vecchio Anchise . Forse anch'egli si ri
adiungi. E nel fatto Vergilio fu spogliato fiutò sulle prime di abbandonare la sua
del campicello paterno, e dovette abban casa exiliumque pati. Aen . 2, 638.
donare la casa e la patria, col padre e IV. VOTO PER L'AENEIS. Altri
con la famiglia. In tanto, prima d'allon dieci anni e più sono scorsi della vita
tanarsi troppo, cercò un rifugio per aspet del dolce poeta.Egli ha composto le Bu
tare l'esito forse di qualche pratica fatta coliche e Georgiche ; e ha già intrapreso
presso i tresuiri incaricati della divi una nuova opera, ben più grandiosa,
sione, dei quali due almeno Asinius Pol l'Eneide, l'Epos al quale lungo tempo
lio e Cornelius Gallus erano suoi amici Vergilio s'era creduto disadatto, al quale
e fautori. Il terzo Octauius Musa man neanche l'amico suo Orazio l'avrebbe
tovano lo consigliò forse a ricorrere a creduto pari , esso che nel 719, attri
Cesare stesso. Ma dove trovò, nel frat buendo al solo Varius la energia del
tempo, rifugio il giovane esule ? In una l'Epos, soggiungeva (s . 1 , 10, 44) : molle
villetta del suo adorato maestro , di Si atque facetum Vergilio adnuerunt gau
rone. dentes rure Camenue : proprio quelle Ca
1 pauper agelle, come quello a pag. 111 menae, alle quali abbiamo udito Vergilio
2, 3 ; come il locus a pag. 112 , 3, 1. 2 do dire : meas chartas Reuisitote, sed pu
mino ' quando tu era il tuo signore ’ tu denter et raro . Era dunque una difficile
quoque, ' anche ’ oltre la modesta vil e dubbiosa impresa. Il poeta si rivolge
letta . Schrader emenda in tum , diuitiae : alla dea dell'Amore, a quella stessa a
bene opposto a pauper . B. legge deliciae. cui si rivolge Lucretius nel principio
3 hos una : la sua famiglia . 4 Siquid : del suo poema .
dipende da commendo. de patria : dei din 1 susceptum – munus ' l'opera assun
torni di Mantova. tristius “ più dolorose ta '. fuerit (= licuerit) sarà dato ' , de
notizie ’ di quelle che già si sono avute . currere " arrivare al termine di ’ . Nelle
Era un momento di grande trepidazione ; G. 2, 39 aveva detto inceptumque una
si aspettava la notizia che i campi dei decurre laborem . La metafora è tratta
Cremonesi potessero bastare. 5 Com dal circo : calcem , ad quem cum sit de
mendo ' atfido ' perchè vi possiamo di cursum : Cic. T. 1 , 8. 2 0 Paphon (retto
morare nel caso che le notizie si fac da quae colis) o sedes - Idalias : ricor
ciano più tristi. inprimisque: i codd . dava ancora il poeta più grande l'autore
primisque. patrem : era vecchio, il po della sua prima giovinezza : vedi a pag.
vero babbo. tu nunc eris illi sarai per 64, v. 12 e 14 ; a pag. 89, v. 17. Anche
lui ora ’ placida e consolata dimora, sa la cadenza dei pentametri è Catulliana.
rai la patria. 6 prius si riferisce tanto a 3 e 4 Troius : trisillabo. Romana per
Mantua quanto a Cremona, e vale ' già', oppida : cfr. G. 2, 176 : Ascraeumque cano
come a pag. 78, v. 25, e nella parodia Romana per oppida carmen . digno - car
118 LYRA ROMANA .

Non ego ture modo aut picta tua templa tabella 5


Ornabo et puris serta feram manibus :
Corniger, haud aries humilis, set maxima taurus
Victima sacratos sparget honore focos,
Marmoreusque tibi , dea, mille coloribus ales
In morem picta stabit Amor pharetra. 10
Adsis , o Cytherea : tuus te Caesar Olympo
Et Surrentini litoris ora uocat.

Priapea .

I. [Lxı]
Quid frustra quereris, colone, mecum ,
Quod, quondam bene fructuosa malus,
Autumnis sterilis duobus adstem ?
Non me praegrauat, ut putas , senectus,
Nec sum grandine uerberata dura, 5
Nec gemmas modo germine exeuntes
Seri frigoris ustulauit aura ;
Nec uenti pluuiaeue siccitasue,

mine uectus : il canto ha le ali. Vedi a pag. Priapea.


21 nota al v.4. Iam tanilem : è un'allusione
a Naeuius e Ennius ? 5 modo soltanto '. I. UN ALBERO INFELICE. Troppi
picta - tabella ' con un quadretto vo versi e troppo brutti ! I rami del melo
tivo '. 6 e 7 Corniger : si aspetta che ne sono affaticati e l'albero isterilito.
soggiunga haedus, che era bene sacrifi L'invenzione non è gran fatto ingegnosa .
care quando la sua fronte cominciava Vi è qualche nota di Catullo, ma anche
ad essere turgida cornibus Primis : Hor. d'Orazio. I phalaecii hanno tutti la base
C. 3, 13, 4. Ma si corregge subito : haud spondaica, come, del resto, la usò Ca
aries. humilis da riferirsi come maxima tullo costante in molti suoi poemi.
a Victima. Elegantissima disposizione. 1 frustra senza sugo '. 2 quondam
maxima taurus Victima : altro ricordo un tempo '. bene fructuosa molto fer
delle G. 2, 146.honore del sangue ' che tile '. 3 Autumnis - duobus • da due au
si offre in onore della divinità ; metony tunni ” , adstem me ne stia ' avanti te.
mia : cfr. Aen. 1 , 49 : aris imponet hono 4 praegrauat ' opprime ’: 5 sum gran
rem , 9 Verso molto incerto. Lo Scal. dine uerberata : Hor. C. 3 , 1 , 29 ha uer
lesse : tibi diuersicoloribus alis oppure beratae grandine uineae.E in quell'ode,
diua ignicoloribus alis. Il B. iam mille v.30 e 31 , vi è il nocciolo di questo nostro
coloribus. La nostra è lezione del R. scherzo priapeo : arbore nunc aquas Cul
Marmoreusque ' e di marmo '. Già nel pante, nunc torrentia agros Sidera , nunc
l'Ec. 7 , 31 : leui de marmore - Stabis, e hiemes iniquas. Il nostro albero invece
ib. 35, te marmoreuin - fecimus. ales dice che la colpa della sua sterilità non
calato ' . 10 In morem secondo l'uso ' : è nella vecchiaia o grandine o freddo
così nell'Aen. 5, 556 : in morem tonsa - etc., ma nei versi etc. La derivazione è
corona. 11 tuus — Caesar : poichè discen evidente. Per la condotta invece dello
deva da Venus. Olympo ' perchè tu scenda scherzo, confronta il piccolo epigramma
dall'Olimpo '. 12 Surrentini litoris ora a Furio, a pag. 40 ; per l'anaphora, tra
(altri ara ), dove Vergilio si trovava. È gli altri [ XXX ] v. 2 e 3 a pag. 52, e il
una hendiadyspoetica, come dire : Cesare [XXIX ) v. 11-15 a pag. 64. È poesia d'un
ti chiama perchè tu venga alla spiaggia Catulliano che ha letto Orazio. Di Mece
di Sorrento, dove è il tuo poeta. nate ? 6 modo e pur mo', allora allora ?
N - PRIAPEA . 119

Quod de se quererer, malum dederunt.


Non sturnus mihi graculusue raptor 10
Aut cornix anus aut aquosus anser
Aut coruus nocuit siticulosus :
Sed quod carmina pessimi poetae
Ramis sustineo laboriosis.
II . [ Lx ]
Si quot habes uersus, tot haberes poma, Priape,
Esses antiquo ditior Alcinoo.
III . (Lx11]
Securi dormite canes : custodiet hortum
Cum sibi dilecta Sirius Erigone .

germine exeuntesche germogliavano riosis : cfr. Hor. C. 1 , 9, 2 : nec iam su


7 Seri frigoris del freddo tardivo stineant onus Siluae laborantes. È certo
ustulauit : verbo Catulliano (vedi a pag. un'imitazione d'Orazio , ma fatta da un
64, v. 8) usato come aduro in Verg. G. Catulliano ; nulla ci vieta di considerarne
1, 93 : penetralile frigus adurat. aura l'autore come contemporaneo d'Orazio
la sizza '. 9 Quod de se quererer e di stesso ; vero che nulla ci costringe.
che avessi a lamentarmi di loro '. ma II. - RICCO DI VERSI. Un motto su
lum maledizione '. 10-12 Storno, grac un Priapo carico di versi.
chio, cornacchia, oca, corvo : quale di 1 quot habes uersus, incisi nel rozzo
questi uccelli può danneggiare i meli ? legno del simulacro e scritti in tavo
Il poeta ha spippolato dei nomi con l'in lette appese. tot — poma, nell'orticello .
genuità di cittadino che parla di cam 2 antiquo -- Alcinoo : a chi è ignoto l'op
pagna. E chi glieli ha suggeriti ? Verg. χατος τετράγυος de' Phaeaei ? dove
G. 1 , 118 : Nec tamen – nihil improbus
anser Strymoniaeque grues Officiunt. E * Pera su pera invecchia e pomo su pomo
qui va bene : si tratta di seminati. Men E uva su uva e fico su fico ’ ? Odyss.
tior at siquid, dice Priapo in Hor. S. 1, n 112-131 .
8, 37 , mi insudicino i corvi il capo coi III. NOTTE. È un distico pieno ,
loro bianchi escrementi. Ma Priapo non per me, del mistero notturno.
è un albero fruttifero, anzi è uno inutile 1 Securi ' senza pensiero '. 2 Sirius : il
lignum, e quello de' corvi è uno sfregio Cane celeste, la stella fiammeggiante
più che un danno. Da questi due passi della costellazione del Cane, che, quando
è derivata , per me , l'enumerazione poco è congiunta col sole, dà la grande ca
sapiente . Anche dell'epiteto siticulosus lura estiva. Erigone la Vergine ’ del
va cercata la ragione in Verg. G. 1 , 381 , cielo, quella che nella mano destra ha
388, 410, 427. 13 pessimi poetae: proprio una stella più grande e chiara che si
nel (XXXVI) di Catullo , dove è ustu chiama la spiga : Spicum illustre tenens
landa, è anche (v. 6) Electissima pessimi splendenti corpore Virgo. Cic. ND. 2, 42.
poetae Scripta . 14 Ramis sustineo labo
0. HORATIVS FLACCVS

Romanae fidicen lyrae.


HOR. C. 4, 3, 23.

Iambi [Epodon) .

I. [XVI]
Altera iam teritur bellis ciuilibus aetas ,
Suis et ipsa Roma uiribus ruit.
Roma e vi trovava un ufficio , da vivere
Q. Orazio Flacco. ignorato e tranquillo . Ed ecco un nuovo
S.xviixxviii M.vi rumor di guerra, e questa volta alle por
te. Lucius Antonius, fratello del trium
I. IAMBI. viro, uitiorum fratris sui consors, sed uir
tutum expers (Vell. Pat. 2 , 74) aveva
I. - ANCORA UNA GUERRA CIVILE. sollevato si i veterani malcontenti, si i
Torniamo qualche anno indietro : tra il proprietari disperati, della divisione dei
713 e 714 di Roma. Quanto fragor d'ar campi. Fulvia , la moglie di Antonio,
mi, quanto scorrere di sangue, quante omnia armis tumultu miscebat : haec bel
guerre, quante tragedie da quell'anno lis sedem Praeneste ceperat ; Antonius,
700 in cui forse moriva Catullo , pen pulsus undique uiribus Caesaris, Peru
sando a quei due paesi lontani, Syrias siam se contulerat (id. l. l.) . Grande do
Britanniasque, dove già penetravano le veva essere lo scoramento dei buoni : il
armi di Roma tra l'aspettazione dei Qui sangue di Remo non finirà più di ribol
riti ! La disfatta di Crasso, le vittorie di lire ? In questo momento, il nostro gio
Cesare ; guerra civile in Italia , Hispania , vane, Q. Horatius Flaccus, uno degli
Africa, Epiro e Thessalia, e di nuovo in scribae quaestorii sexprimi, si sentì ispi
Africa e di nuovo in Hispania ; e Cesare rato agli studi della prima giovinezza ,
dopo tante vittorie caduto sotto la sta alla poesia, e scrisse questo carme, com
tua di Pompeo. E la guerra civile di posto del grave lungo verso delle me
nuovo infuria : guerra nella Gallia Ci morie eroiche, e del trimetro puro, guiz
salpina, guerra nella Macedonia. Final zante come saetta d'ira e di sdegno.
mente nel 712 la battaglia di Philippi Lo divido in tre parti: 1-14 La fine della
parve rendere la pace al mondo, non patria ; 15-40 Il giuramento ; 41-66 La
ostante Sextus Pompeius e i suoi pirati. nuova patria.
Caesar Octauianus, lasciato l'Oriente ad 1. – La fine della patria. Un'altra
Antonio, tornava in Italia. Prima di lui, guerra ! Roma che resistè all'assalto de
decisis humilis pennis, era tornato un gio popoli socii e finitimi, alle rivoluzioni
vane , nato libertino patre, che da Atene degli schiavi, alle congiure de' suoi cit
dove studiava, aveva seguito Bruto in tadini, che trovavano alleati in popoli
Asia e in Macedonia, e lì aveva sentito mal domi , alle invasioni e di popoli in
Philippos et celerem fugam . Tornava non teri selvaggi e di eserciti ordinatissimi
più al suo poderetto di Venusium : era condotti dai primi capitani del mondo,
stato distribuito ai veterani : tornava a non durerà più a lungo per lo spopola
HORATIVS IAMBI. 121
Quam neque finitimi ualuerunt perdere Marsi ,
Minacis aut Etrusca Porsinae manus,
Aemula nec uirtus Capuae, nec Spartacus acer 5
Nouisque rebus infidelis Allobrox,
Nec fera caerulea domuit Germania pube
Parentibusque abominatus Hannibal :
mento prodotto dalleguerre civili. Roma tres solum urbes in terris omnibus, Kar
tornerà deserto , e i Barbari occuperanno thaginem , Corinthum, Capuam , statuerunt
il sacro suolo, ove fu l'Urbe. posse imperii grauitatem ac nomen susti
1 Altera – aetas ' un'altra generazio nere. Nella seconda guerra punica aveva
€ ? dopo quella di Sulla. iam teritur
ne essa voluto potiri imperio Italiae : Liu. 23,
già si consuma, perisce . Così inter 6 ; e assentito uti deletum omnibus ui
preto, pensando all'aetas di Sulla e Ma deretur nomen Romanum. nec Spartacus
rio, quasi sterminata : donec deessent qui acer : il terribile gladiatore, di cui Ora
occiderentur, dice Floro con la sua en zio fanciullo doveva nella sua patria
fasi, 3, 21 : quando Furfidio ammoniva aver sentito parlare con terrore ancor
(id. l. I.) uiuere aliquos debere, ut essent vivo (quella guerra fu nel 681-683), an
quibus imperarent. 2 Suis – ipsa = suis ch'esso de inuadenda urbe Romana -
ipsius. et, posposto. ruit crolla . Livio deliberauit : Fl. 3, 20. 6 Nouisque rebus:
6, 19 ha : ut suis ipse oneratus uiribus per alcuni è abl. o di causa (per nouarum
quat. In Livio è il peso che fa cadere, rerum studium ) o di strumento o di
in Orazio , la spinta, il colpo. Non one tempo ; per altri dativo di fine. Si allude
rata si ha a sottintendere , ma labefac particolarmente a ciò che dice Cic. de
tata, inpulsa. 3 finitimi: l'enumerazione prou. cons. 13 (cfr . Sall. Cat. 41) C. Pom
non è fatta secondo il tempo. Vi sono ptinus - ortum repente bellum Allobro
molti artifici in questo apparente disor gum atque hac scelerata coniuratione ex
dine, simulato da Orazio anche altrove citatum proeliis fregit. Ma più general
per dare l'imagine della concitazione mente intende i Gallicos tumultus ei
poetica. In tanto comincia dai nemici Galli in generale, di cui Cesare, per tra
più vicini , Marsi , che come iniziatori lasciare molti altri luoghi, dice in BG.
fecero che il Bellum sociale si chia 2 , 1 : mobilitate et leuitate animi nouis
masse solitamente Marsicum. E fu la imperiis studebant, e ib. 4, 5 : sunt in
guerra (Orazio temè che la imminente le consiliis capiendis mobiles et nouis ple
somigliasse) che con l'ultima nominata rumque rebus student. 7 fera - Germania
(quella d’Annibale) fece più dubitare e * la selvaggia Germania ' . Allude all'in
temere Roma. Di questo terrore è un vasione dei Cimbri e Teutoni vinti da
ricordo in Cic. de diuin, 1 , 99 : initio Mario nel 653 ; della quale Floro 3, 3 :
belli Marsici et deorum simulacra suda actum erat, nisi Marius illi saeculo con
uisse et sanguinem fluxisse et discessisse tigisset. caerulea – pube ' coi suoi guer
caelum et ex occulto auditas uoces , quae rieri dagli occhi azzurri ' : cfr. Tac. G.4 :
pericula belli nuntiarent... 4 Il pericolo omnibus truces et caerulei oculi ; e altri
dei Marsi, di finitimi , suggerisce l'altro altrove . Ma più mi arride col Kiessling )
pur di finitimi, degli Etruschi di Porsen coi guerrieri tinti d'azzurro ' mediante
na, il cui ricordo non s'è affacciato prima, il succo del guado o glastro, latinamente
perchè il fatto è perduto nella notte uitrum . Degli Harii, tribù germanica, dice
dei tempi , quando Roma era ancora pic Tac. G. 43 che insitae feritati arte - le
cola. Porsinae : così un cod. (il Vaticanus nocinantur : nigra scuta, tincta corpora
Reginae) che merita però rispetto, poi nullo hostium sustinente nouum ac uelut
chè pare il più antico dei codd. d'Ora infernum adspectum . Costume anche dei
zio. Il nome del re Etrusco deriva in Britanni: Omnes - se Britanni uitro in
ficiunt, quod caeruleum efficit colorem , at
Orazio da II opoivas, imaginando l'i que hoc horridiores sunt in pugna aspectu :
ancipite. Questo verso è l'unico che non Caes. BG. 5, 14. Probabile è la spiega
abbia la cesura semiquinaria, ma la se zione del K. perchè altre volte Orazio
misettenaria tra dae nomi propri. Nel ricorda le strane usanze dei popoli sel
Phasellus di Catullo, a pag. 76e nella vaggi, come, ad es.: laetum equino san
Priapea a pag . 111 , non è rara quest'ul
tima. Vedi Metrica. 5 Aemula - uirtus guine Concanum : C. 3, 4, 34. 8 Parenti
busque (dat. di agente ) da padri e
Capuae : di fatti Cic. de leg. agr. 11 , 86 madri '. abominatus : la cesura è dopo
dice di Capua : illa altera Roma ; e 87 : ab, con tmesi : e Orazio ne ha preso
122 LYRA ROMANA .

Inpia perdemus deuoti sanguinis aetas ,


Ferisque rursus occupabitur solum . 10
Barbarus heu cineres insistet uictor et Vrbem
Eques sonante uerberabit ungula,
Quaeque carent uentis et solibus ossa Quirini
(Nefas uidere !) dissipabit insolens.
Forte quid expediat communiter aut melior pars 15
Malis carere quaeritis laboribus ?
l'esempio, forse, dal Phasellus (pag. 76) tumultuante e di parlare a lui. Dopo
V. 4, dove la cesura è dopo praeter. Vedi avere esposto l'orribile presente e avve
Metrica. Hannibal : restò in proverbio 'a nire, fa una pausa sapiente e domanda :
indicare il pericolo supremo : si Hanni volete, almeno i migliori, un rimedio ?
bal ad portas uenisset murumque iaculo non c'è altro che quello dei Focesi:
traiecisset. Cic. de fin . 4, 9, 22. 9 Inpia andarcene, per terra o per mare, alla
aetas (app. di nos sottinteso ) riprende, ventura. Ha nessuno miglior proposta
(con un effetto stilistico frequente in da fare ? no ? e allora si vada. Ma prima
questo carme molto retorico) l'altera un giuramento : torneremo quando i
aetas del> primo v. che significa gene sassi galleggeranno, i fiumi saliranno
razione come qui. deuoti sanguinis ' di ai monti, i monti scenderanno al mare,
sangue destinato a essere sparso ' per le tigri si ammoglieranno ai cervi e le
espiare l'antico delitto, il sacer nepotibus colombe al nibbio , e gli armenti non
cruor di Remo. Altri di sangue male temeranno il leone, e i capri guizzeranno
detto ' ossia ' di origine destinata alla come pesci nel mare. Dopo questo giu
rovina nostra e della patria ’. 10 rur . ramento, alla vela : via tutti o i migliori
SUS come una volta '. solum il deserto almeno. I forsennati si consumino tra
ove fu Roma ’. 11 Barbarus ' un popolo loro, gl'ignavi restino nei loro covi ma
barbaro ': quale se non quello dei Parti, ledetti . Alla vela, o valorosi : lasciamo le
la cui vittoria su Crasso era e doveva es spiagge tirrene .
sere ancora per tempo la preoccupazione 15 e 16 Luogo molto discusso : chi
dei Romani ? Nell'epodo seguente, v. 9, conserva quid prendendolo per interro
dirà : secundum uota Parthorum sua Vrbs gativo, e chi interpretandolo per inde
haec periret dextera. cineres insistet ' pors terminato : expediat (Peerl (kamp) expe
rà il piede sulle ceneri ’ di quella che diam ) altrispiega “ torni a nostro bene ',
fu l'Urbe. uictor : che ha già vinto ! e altri spieghi, proponga ', altri liberi,
con quanto disdoro dell'invitta Roma ! strighi ’: carere per alcuni è finale, per
Vrbem, che non sarà più. 12 Eques ' al altri consecutivo, per altri soggetto di
galoppo ”. È predicativo, quasi equitans, expediat : laboribus per molti dipende da
e conferma che Orazio pensava ai Parthi. carere, per pochi da expediat. Io seguendo
Non dirà egli (C. 1 , 12, 53) Parthos La in parte lo Scal. in parte il K. costrui
tio imminentes. ? sonante – ungula : remi sco : forte communiter quaeritis quid ex
niscenza di Ennio : Explorant Numidae : pediat malis laboribus aut certe ( così in
tostam quatit ungula terram , e anche: fatti aut è spiegato da Porph.) melior
Consequitur : summo sonitu quatit ungula pars quaeritis carere malis laboribus. C'è
terram , e anche : It eques et plausu uaga uno zeugma alquanto ardito, che non
concutit ungula terram . 13 carent e sono parve però impossibile allo Scal. E tra
ora al coperto dai ’. solibus : vedi per il duco : tutti (omnes communiter : in Ovid.
plur. a pag. 59, v. 3, a pag. 49, v . 4, a M. 6, 262 : dique o communiter omnes)
pag. 27, II, nota al v. 1. 08sa Quirini: per avventura volete un rimedio che
Porph. annota : Varro post rostra fuisse vi liberi da questi guai , o almeno la
sepultum Romulum dicit. 14 Nefas ui parte migliore ne vuole essere esente ?
dere, esclamazione : ' o vista orrenda ', L'interrogazione è attestata da Porph.
quella dei profanatori. Tuttavia pen hoc interrogatiua figura dicitur. 17 sen
sando allo scire nefas del C. 1 , 11 , 1 , che tentia ' partito, avviso '. Phocaeorum :
ha valore causale, mi pare anche qui la solenne cadenza spondaica (Orazio
molto probabile unire la solenne espres aveva nell'orecchio gli spondeiazonti
sione a carent,
2. – Il giuramento. - Il tono di que των νεωτέρων) e il nome straniero,
sta poesia giovanile è molto retorico : che non pare sulle prime avere a che
il poeta finge d'essere avanti al popolo farci nulla , deve destare e attirare l'at
HORATIVS IAMBI. 123

Nulla sit hac potior sententia : Phocaeorum


Velut profugit exsecrata ciuitas
Agros atque Lares patrios, habitandaque fana
Apris reliquit et rapacibus lupis, 20
Ire, pedes quocumque ferent, quocumque per undas
Notus uocabit aut proteruus Africus.
Sic placet ? an melius quis habet suadere ? secunda
Ratem occupare quid moramur alite ?
Sed iuremus in haec : simul imis saxa renarint 25
Vadis leuata, ne redire sit nefas ;
Neu conuersa domum pigeat dare lintea, quando
Padus Matina lauerit cacumina ,
In mare seu celsus procurrerit Apenninus,
Nouaque monstra iunxerit libidine 30
Mirus amor, iuuet ut tigris subsidere ceruis ,
Adulteretur et columba miluo ,
Credula nec rauos timeant armenta leones,
Ametque salsa leuis hircus aequora.
tenzione. Artifizi retorici! 18 profugit Archilochos, condotta dal nostro troppo
- ciuitas : I focesi assediati da Harpago per le lunghe e senza gradazione. Il tutto
nel 534 a. C. lasciarono la patria facendo
forti esecrazioni a chi rimanesse o vo per dire : non tornar più ’. 26 leuata
fatti leggieri ' , ne -- sit nefas (= sit fas)
e non
lesse poi tornare. E colarono in mare sia peccato ’, ricorda a me del so
una massa di ferro e giurarono che tor lito Phasellus i v. 3 e 4, 6 e 7. 27 Neu
nerebbero quando quella venisse a galla . conuersa - pigeat dare lintea ' e non rin
Così in Herodoto, 01, e165. exsecrata ' dopo cresca di mettere alla vela '. redire ri
aver maledetto dopo essersi scon chiama ire, e conuersa dare lintea, ri
giurata '. 19 Agros atque Lares patrios: corda Notus uocabit, con ordine chiastico.
può dipendere da profugit e da reliquit In qualche cosa invero (ciò contro il giu
e da exsecrata : la quale ambiguità fa dizio del Peerl .) il neu pigeat etc. differi
al Peerl. condannare il distico. Meglio sce da pedes ferent etc. dove è da sospet
unire quelle parole con profugit che così tarsi l'hysteron proteron. 28 Padus, per
avrà, concinnamente, il suo oggetto co qualunque fiume. Matina - cacuminai
me reliquit. fana ‘ le case degli dei '. cocuzzoli di Matinata per qualunque
20 Apris- et - lupis : ricordando il v. 10 cima di monte. La frase (non bella) equi
e il v . 13, s'intende che il poeta -oratore vale a quella, per es. , di Ovidio, T. 1,8, 1 :
dichiara vano ogni tentativo di salvare In caput alta suum labentur ab aequore
l'urbs : l'urbs diverrà tana di fiere; gli retro Fluinina. 29 In mare procurre
uomini potranno salvarsi , ma a un solo rit : è il contrario : ' o al mare correrà
patto. 21 Ire : è in forte contrasto col celsus - Apenninus (lo spondaico rende
quaeritis quid expediat, quaeritis carere, il peso del monte che va), per qualun
nelle quali domande è come implicita que monte. 30 Nouaque libidine ' con
l'idea di rimanere, di non separarsi dalla strana voglia ’, monstra iun.cerit ' spin
patria : hominumque urbisque labores ! 22 gerà ad accoppiamenti mostruos ’. 31
uocabit : termine marino : vedi a pag. 77 , Mirus portentoso '. subsidere iammo
v. 19. 23 e 24 Sic placet ? è formula : gliarsi ’ nel senso dantesco. 32 Adulte
placetne ?. quis ' qualcuno '. suadere con retur " si faccia adultera ' essa, animale
sigliare '. Pausa. Nessuno risponde. se così fido e puro . miluo : trisillabo . 33 Cre
cunda alite ' ora che l'augurio è favo dula : proleptico. rauos rosso-bruni '.
revole '. 25 in haec : sott. uerba . simul 34 leuis ' non più irsuto ' ma liscio co
appena che ' renarint " galleggeranno '. me un pesce : anche questo proleptico.
È una figura toð æðuvetov, di cui è 35 Haec dipende da exsecrata ‘ fatte
un primo esempio nell'Iliade A 234, un queste ’. et quae ' e quante esecrazioni ” :
esempio anche nel fragm . 69, Bergk, di e pare che dovessero bastare. reditus -
124 LYRA ROMANA.

Haec et quae poterunt reditus abscindere dulcis 35


Eamus omnis exsecrata ciuitas,
Aut pars indocili melior grege ; mollis et exspes
Inominata perprimat cubilia.
Vos , quibus est uirtus, muliebrem tollite luctum ,
Etrusca praeter et uolate litora . 40
Nos manet Oceanus circumuagus , arua beata :
Petamus arua diuites et insulas,
Reddit ubi cererem tellus inarata quotannis
Et inputata floret usque uinea,
Germinat et numquam fallentis termes oliuae , 45
Suamque pulla ficus ornat arborem ,

dulcis: plur. perchè più gli animi che de felice conservato per gli avanzi della
sidereranno, forse , il ritorno. abscindere gente buona !!
* tagliar da noi ’. 36 omnis - ciuitas: ri 41 Oceanus circumuagus ' il gran fiume
preso, secondo il vezzo d'Orazio in que che circonda la terra '. Da circumuagus
sto suo saggio giovanile, dal v. 18. 37 molti fanno dipendere arua ,e altri arua
Aut, come al v. 15. pars voi, parte '. beata. A me pare che, con l'asyndeton,
indocili grege della turba che non il poeta abbia voluto dar ragione del
vuol intendere ragione '. Io intendo, che verso precedente : lasciate lido , pas
qui in tre si divida la ciuitas: il grex sate il mare Tirreno, perchè ci aspetta
indocilis, qui se a uate doceri non sinit, l'Oceano (opposto al mare) e campagne
che si ritrae dispettosamente, per tor felici (opposte al lido della terra ma
nare alle armi e alle stragi civili; la ledetta e lasciata alle fiere) ’. 42 arua
pars melior che non esso gregge , e fi diuites et insulas le campagne del
nalmente gli sciaurati ignavi. All'invito l'isole fortunate '. Non dia noia arua
del vate una parte si nega, perchè non che così solo in questo verso pare man
vuole lasciare la rabbia sua omicida, chevole : si unisca rapidamente al verso
un'altra perchè teme l'ignoto e il mare. dopo , e si vedrà il tutto concinno e pieno ,
mollis et exspes : sott. grex piuttosto che poichè beata è ripreso e sviluppa nella
pars : ‘ quanto poi alla mandra effemi relativa : reddit ubi etc. Il primotocenno
nata, senza speranza ’. 38 Inominata a queste isole (dove è, secondo lo Scolio
' malaugurosi ' come quelli che sono de di Callistrato, Harmodios carissimo) è
stinati a essere tane di fiere. perprimat in Hesiod. 0. et D. 167. L'idea poi, del
stia sdraiata su ' . Ciò a indicare la pi consiglio di abbandonare la patria per
grizia e la viltà. 39 Vos, quibus est uir quelle isole lontane ', venne forse a
tus ' voi che siete uomini ?. muliebrem Orazio da un proposito di Sertorius, il
luctum “ il piagnisteo di femmine '. grande, pensoso , poetico campione della
Alle parole del poeta, piangono tutti , causa del popolo , il quale Sertorio ' amo
quelli che rimarranno e quelli che par re mirabile ebbe di abitare quelle isole
tiranno. A questi è imposto di smettere. e vivere in pace franco di tirannide e
40 praeter - uolate ' allontanatevi rapi di ogni guerra ' : Plut. Sert. 9. La notizia
damente . È forse tmesi, come precisa era in Sallustio , in Historia.e 43 cererem
mente al v. 4 del Phasellus. e il suo frut to . inarata senz'essere
3. – La nuova patria . * Noi (il ua arata ' : concessivo . 44 inputata senza
tes accompagna uos, quibus est uirtus) essere potata '. usque ' in tutti i tempi '.
attende l'Oceano ,oltre l'Oceano una cam 45 numquam fallentische mai ivi non
pagna felice, le isole dei beati dove la fallisce ?, L'idea principale è in num
terra produce senza lavoro d'uomini e quam . termes ramo ma è detto pro
senza fallir mai, dove si trova il miele priamente dei rami novelli dell'ulivo.
per tutto e per tutto l'acqua sorgiva , e Così Porph. 46 pulla ' bruno ' cioè ' ma
il latte è pórto volontariamente dai greg turo ' . ornat resta attaccato e così
gi, e non ci sono bestie feroci e serpenti : adorna ’ : non cade, insomma : partico
una temperatura media ed equilibrata , larità un po' piccina e insignificante, for
non commerci e non corruzione, pon se derivata da Archiloco (nella poesia
contagi non malaria : è un lembo di terra gianıbica de' Greci e anche nella loro
HORATIVS IAMBI. 125

Mella caua manant ex ilice, montibus altis


Leuis crepante lympha desilit pede .
Illic iniussae ueniunt ad mulctra capellae ,
Refertque tenta grex amicus ubera, 50
Nec uespertinus circumgemit ursus ouile,
Nec intumescit alta uiperis humus.
Pluraque felices mirabimur, ut neque largis
Aquosus Eurus arua radat imbribus ,

55
Pinguia nec siccis urantur semina glaebis ,
Vtrumque rege temperante caelitum .
Non huc Argoo contendit remige pinus,
Neque inpudica Colchis intulit pedem ;
Non huc Sidonii torserunt cornua nautae ,
Laboriosa nec cohors Vlixei . 60
Nulla nocent pecori contagia , nullius astri
Gregem aestuosa torret inpotentia.
Iuppiter illa piae secreuit litora genti ,
Vt inquinauit aere tempus aureum ;

alimentazione i fichi avevano gran parte) presa a simbolo della corruzione dei
che ne parlava forse scherzosamente. costumi. intulit pedem ` pose il piede,
47 cuua - ex ilice dai tronchi cavi dei sbarcò ’ quando la prima nave tornò dalla
lecci ’ : un carattere del secolo d'oro, ri Colchide. 59 Non huc ' non per venir
masto anche nei secoli di bronzo e di qua ' . Sidonii — nautae : non mi pare che
ferro. Giovanni il Battezzatore mangiava valga semplicemente ' i marinai Fenici '
Méni öyploy. 48 Leuis crepante lym (si trova tra eesempi mitici e stonerebbe
pha desilit pede : verso la cui melodia, troppo) ma i navigatori ” che dalla
avvertita da Porph. consiste negli ? ve Sidonia città ' ( Sidonia urbe Verg. Aen .
loci e nei , sonori. 49 iniussae (Verg. 4, 545) andarono a fondare Cartagine.
dice ipsae: ecl. 4, 21 ) ' senza esservi pa torserunt cornua : cfr. Verg. Aen . 5, 831 :
rate '. 50 Refertque tenta º riporta pie ardua torquent Cornua detorquentque gi
ne ? quelle che aveva vuote nell'uscire rano or di qua or di là le antenne '. 60
alla pastura. amicus amicamente , per Laboriosa l'affaticata ', cohors Vlixei,
amore ’. 51 uespertinus ' a sera ' quando che per aver divorati i buoi dell'Hype
i greggi tornano all'ovile. circumgemit rione perì tutta. 61 L'attacco di questo
ouile ( retto da circum ) s'ode grugnire coi prec. è difficile , non impossibile. Si
intorno all'ovile '. ursus : s'intende di pensi a nulla contagia. Non approdan
tutte le fiere selvaggie. 52 intumescit dovi nessuno, non vi è pericolo che il
alta si vede gonfiarsi ”. uiperis per bestiame si ammali al contatto d'altro
groppi di vipere ’. 53 e 54 felices ' nella bestiame. Verg. ecl. 1 , 50 : Non insueta
nostra felicità '. largis – imbribus con grauis lentabunt pabula fetas, Nec mala
acquazzoni '. Aquosus Eurus ' lo scirocco uicini pecoris contagia laedent. 61 e 62
portator di pioggia ' . radat spazzi '. nullius (con l'i breve : vedi pag. 49, nota
55 siccis bruciate dal sole '. 56 Vtrum al v. 3) astri – aestuosa inpotentia non
que, cioè imbres et siccitatem che è in l'influsso maligno d'alcuna costellazio
clusa in siccis . rege - caelitum ' Giove '. ne'. Questo è soggiunto, quasi riepilo
A questo verso il K. dietro il Peerl. fa gando: come dalla mirabile temperatura
seguire i v. 61 e 2. 57 huc ' a queste già detta è escluso ogni altro pericolo
isole ’ dove il poeta già imagina di es di morbo. Questa conclusione, che sem
sere. Argoo : è hypallage come pinus brerà riflettere troppo esclusivamente
metonymia. ' Argo non venne qua a forza gli animali, è però consona all'ideale ar
di remi'e dietro essa nessun'altra nave. cadico e pastorale del secolo d'oro. 63
pinus : cfr. Cat. [LXIV] 1. 58 Neque ' e Iuppiter Fu Giove che '. illa – litora :
nemmeno '. inpudica Colchis : Medea , il poeta s'è risvegliato : le isole sono
126 LYRA ROMANA .

Aere , dehinc ferro durauit saecula, quorum 65


Piis secunda uate me datur fuga.
II . (VII)
Quo , quo scelesti ruitis ? aut cur dexteris
Aptantur enses conditi ?
Parumne campis atque Neptuno super
Fusum est Latini sanguinis ?
Non ut superbas inuidae Carthaginis 5
Romanus arces ureret,
Intactus aut Britannus ut descenderet
Sacra catenatus uia,
Sed ut secundum uota Parthorum sua
Vrbs haec periret dextera . 10

sempre lontane ’. secreuit destinò in tro stranieri, una guerra de imperio e


disparte ’. 64 Vt quando '. inquinauit de salute.
aere rifuse in bronzo ?. 65 Aere : ripe 1 Quo, quo : il poeta vede i cittadini
tizione, anaphora, che Lucretius per pri scagliarsi in grandi torme, come belve.
mo dedusse da Omero. Vedi Od. O., 22. cur dexteris : vede che nella destra hanno
ferro durauit ' in duro ferro foggiò la spada. 2 conditi ‘ ringuainate ', seb
quorum dipende, secondo alcuni , ogget bene da poco . 3 Parumne ' troppo poco '.
tivamente da fuga, secondo altri, par super regge, probabilmente, campis atque
titivamente, da piis. Mi par più probabile Neptuno : anastrophe. Per altri va unito
il secondo senso ( prendendo saecula per con Fusum : tmesis. Si avrebbe in que
generazioni'o gente '), pensando che st'ultimo modo un contrasto non brutto
già due volte il poeta ha fatto la sua ' fu poco il sangue che traboccò ’. Nep
distinzione : communiter aut melior pars; tuno : vedi a pag. 75, v. 3. 5 La domanda
pars indocili melior grege. 66 secunda, parumne equivale a satis superque. E il
bene augurata ’ : riprende i v. 23 e 24. poeta riprende : e tutto quel sangue fu
uate me: qui uates ha il suo senso sacro sparso, non perchè etc. inuidae : Car
e solenne di profeta, ma più che al tutto, thago è da Sallustio Cat. 10, 1 detta ae
va unito a secunda . mula imperii Romani. 7 Quasi a preve
II . QUEL SANGUE. — La parola del nire la facile risposta, che Carthago era
poeta non fu ascoltata : l'indocilis grex vinta già e arsa, nomina subito un po
è corsa alle armi. . Dove correte do polo non to : tactus. descenderet. Cic.
manda il poeta : ' non si è sparso sangue Verr. 5, 30 : cum de foro in Capitolium
latino abbastanza, in terra e in mare, e currum flectere incipiunt, illos (hostium
non per rinnovare le antiche vittorie sui duces) duci in carcerem iúbent ; idemque
popoli ancor non domi, ma per assicu dies et wictoribus imperii et uictis uitae
rare e rendere assoluta la vittoria del finem facit. L'ultimo atto dell'imperium
popolo che ci ha già vinto , dei Parthi ? era una parola di morte. 8 Sacra — uia :
Le belve dei monti e dei deserti non la via detta Sacra per la pace ivi fatta
fanno come voi ! Ma che è che vi tra tra Romolo e Tazio. 9e uota : così Ne
scina ? la vostra pazzia o la forza del store Il. A 255 dice Ben godrebbe
destino ? Un delitto inespiato ? Così è: è Priamo e di Priamo i figli - se appren
l'antico fratricidio , è quel sangue ! ' Per dessero - ' . Parthorum : popolo che dopo
me è del tempo del precedente; per la la rotta di Crasso si manteneva minac
guerra Perusina; non per la Philippense , cioso e sotto la guida di Pacorus e La
come vuole Acron ; è assurdo ; non per bienus invadeva e saccheggiava la Sy
la guerra navale contro Sextus Pom ria. Furono respinti da Ventidius Bassus
peius (anni 716-18) la quale Orazio qua solo nel 715. Se questa prima vittoria su
Jifica ben altrimenti che guerra civile e loro , si fosse già ottenuta quando Orazio
scellerata dalle due parti(vedi (XIX] e scriveva questi iambi , egli non avreb
[IV]) ; e molto meno per quella Actiaca be fatta menzione dei Parthi. sua : con
che era per Orazio una vera guerra con forza dopo il nome minaccioso degli ho
HORATIVS - IAMBI . 127

Neque hic lupis mos nec fuit leonibus,


Vmquam nisi in dispar feris.
Furorne caecus an rapit uis acrior ?
An culpa ? responsum date !
Tacent, et ora pallor albus inficit 15
Mentesque perculsae stupent .
Sic est : acerba fata Romanos agunt
Scelusque fraternae necis,
Vt inmerentis fluxit in terram Remi
Sacer nepotibus cruor. 20

III. [Xv]
Nox erat et caelo fulgebat Luna sereno
Inter minora sidera ,
Cum tu, magnorum numen laesura deorum ,
In uerba iurabas mea,

stes : di sua mano ' non della loro. Vedi sè : non rispondono, ma il pallor di morte
il carme prec. al v. 2, e 11 e 12. 11 e 12 che spiccia dai loro volti accesi, rispon
Molti seguendo il Bent(ley) leggono num de per loro. Si ricordano. inficit'tinge
quam per umquam e interpretano ' code 16 perculsae colpite da quella parola.
sto non fu (non suol essere ?) il costume 17 Sic est : è, cioè, culpa donde la uis
nemmeno dei lupi e dei leoni, i quali acrior, ossia lo sdegno della divinità :
non sono feroci se non contro animali non è un furor caecus ; poichè essi mo
d'altro genere '. Chi conserva umquam strano di sapere. Ma che giova sapere ?
spiega : ' non fu mai codesto costume dei acerba richiama anche etimologicamen
feroci lupi e leoni, se non contro etc. '. te l'acrior . Romanos : il poeta parla
Ma per hic non sarebbe stato meglio come essere superiore, fuori delle co
iste ? Se non che hic è forse proleptico munioni umane, di razza e di città.
di una proposizione racchiusa tutta in 18 Scelusque: è la causa degli acerba
feris : ut essent feri. ' Non si udì mai che fata. fraternae necis “ dell'antico fratri
leoni e lupi, se non contro generi di . cidio ' . 19 Vt da quando ' . inmerentis
versi, fossero feroci '. Giova ricordare innocente ". 20 Sacer nepotibus ' che i
Pl . HN. 7 praef. homini plurima ex ho nepoti hanno da espiare ', come l'aves
mine sunt malu. Oh ! pace ! 13 Furorne sero sparso essi, spargendo il loro in
caecus è frenesia di cui non siete con lotta fraterna,
sci, che ’. Il Bent. con alcuni codici, III. UNA HETAIRA . - Orazio è in
caecos. uis acrior è quella che i greci namorato (è l'età sua) d'una hetaira,
chiamano ' forza di Dio '. 14 An culpa ? forse greca, che egli chiama Neaera per
Generalmente si ritiene che il poeta du la sua giovinezza . Ella giurava in pre
biti e domandi di tre motivi: è frenesia ? senza di tutte le stelle, di tutti gli dei
è fato divino ? è colpa vostra ?; e che del cielo ! Ora ella avrà a dolersi di non
risponda esso che sono tutte e tre. Il avere ottenuto il giuramento ; poichè
Bent. reca esempi del Digesto in cui anche Flacco amerà un'altra. E il rivale
culpa è opposta a uis maior. Ma uis felice ? Per ricco, sapiente, bello che sia ,
col tempo piangerà, perchè Neaera non
acrior qui
nostra forzaequivale
maggiore ’ ? No : qui è alla
assolutamente ve può essere fedele (vedi però nell'espo
ramente una forza, da voi sentita , che sizione qualche cosa di diverso ) e Flacco
vi trascina '. Quindi, per me, l'interro riderà a sua volta ’. Mancano dati posi
gativa è solo doppia : il secondo mem tivi per stabilire l'anno di questa poe
bro è ripreso e spiegato da an culpa. siả : l'accenno, indiretto, alla sua po
Come dicesse: questa necessità deriva vertà, i rapporti di qualche verso e idea
da una colpa ? E risponde: sì : è un de con Catullo, mi persuadono a crederla
stino che deriva da una colpa antica, delle più giovanili, del 713 o '14.
che avete redata e dovete espiare. 15 1 Nox erat: vedi a pag. 50, v. 7 e 8
Tacent : all'ultima domanda, rientrano in del XVI. Luna : non soltanto le stelle
128 LYRA ROMANA .

Artius atque hedera procera adstringitur ilex, 5


Lentis adhaerens bracchiis,
Dum pecori lupus, et nautis infestus Orion
Turbaret hibernum mare,
Intonsosque agitaret Apollinis aura capillos,
Fore hunc amorem mutuum. 10
Odolitura mea multum uirtute Neaera !
Nam siquid in Flacco uiri est,
Non feret adsiduas potiori te dare noctis,
Et quaeret iratus parem :
Nec semel offensae cedet constantia formae, 15
Si certus intrarit dolor.
At tu , quicumque es felicior atque meo nunc
Superbus incedis malo ,
Sis pecore et multa diues tellure licebit
Tibique Pactolus fluat, 20

c'erano a sentire il giuramento . 2 mi virtute per la mia fortezza ': cfr. del
nora sidera . Le stelle (dice Saffo la bella carme citato il v. 15. 12 in Flacco :
frag. 3 B.) intorno la bella luna Presto scherza a quanto pare sul cognomen che
nascondono il luminoso viso – 3 laesu vale in origine ' flaccidus ', a cui è con
ra ' pensando di offendere ' nel tempo trapposto. siquid - uiri est. Ricorda poi
stesso che giuravi. 4 In uerba -mea : il costume di Catullo di parlar di sè
vedi il [XVI] v. 25. È formula militare, ponendo il nome, uiri : richiama mea uir .
trasportata da Orazio all'amore, qui, e tute. 13 feret sopporterà ’: potiori a
alla scuola, nell'Epl. 1 , 1 , 14 ; iurare in un preferito '. 14 iratus ' nell'ira sua
uerba magistri. 5 Artius ' più stretta parem ' una che gli corrisponda ’ 15 se
mente '. atque (= quam ), antico e poo mel offensae ‘ una volta che mi urtò e
tico. hedera: vedi, per la comparazione, sdegnò ’. Ma la spiegazione non appa
a pag. 60, v. 34 e 35. 6 Lentis fles gava il Bentley che poneva offensi : ' di
suose : 7 pecori lupus, sott. foret infe me una volta sdegnato '. Forse il meglio
stus : duro sottinteso, che può però giu è spiegare di te una volta sdegnata '
stificare quello al v. 12 del prec. L'idea per aver io cercato e trovato iratus pa
è pastorale, e non appropriata . Orion : rem . Ma anche il senso dei rimanenti
la costellazione che declinando è prin versi cambierebbe, come vedremo. In
cipio delle procelle invernali. 8 hiber tanto nota la somiglianza col citato [VIII ]
num (ha valor temporale) nel verno '. a pag. 59, secondo la mia interpretazione.
9 Intonsosque: segno della giovinezza constantia ' la mia fermezza '. formae.
eterna, Solis aeterna est Phoebo Baccho * alla tua beltà '. 16 si - intraritº se
que iuuentas, Nam decet intonsus crinis entrerà in me '. Ma seguendo il mio sup
utrumque deum : Tib . 1, 4, 57. agitaret posto , ' in te '. certus – dolor ' un dolore
Apollinis — capillos. Che cosa e chi aveva certo ' non dubbio. Già al Meineke pa
in mento Orazio con questo magnifico reva strano che il poeta, dopo aver detto
verso che con lo sdrucciolare della ce non feret etc. aspetti che entri nell'animo
sura trocaica (cfr. a pag. 78, nota al v. 20) suo un certus dolor. Onde propose in
esprime le ondulazioni della lunga ca trauit ' poichè è entrato ’. Ma il K. in
pellatura dell'eterno Giovane ? aveva terpreta certus * sentimento continuo
solo in mente una testa e dei capelli ? non alternativo. Con la mia interp. certus
Non mi pare. Già nei primi versisi ha vero ' ; ora sono minaccie, e tu ridi ;
un senso della natura e della religione ma vedremo. E la corrispondenza coi
elevato e grandioso. 10 mutuum : cfr . a giambi di Catullo è più che mai notevole.
pag. 63 il XXVIII. 11 o dolitura – mul 17 At tú : vodi il v. 14 del solito. Qui il
tum destinata a grande dolore ’ . Cfr. poeta si rivolge al rivale preferito. I più
per il senso di tutto il carme tutto dei ms. hanno Et tu. 18 Superbus incedis
I '[VIII) di Catullo, a pag. 59. E per que · cammini pomposo ' . 19 Sis - licebit
sto verso il v. 14 : At tu dolebis. mea potrai essere pecore sott, multo. 20
HORATIVS IAMBI . 129

Nec te Pythagorae fallant arcana renati,


Formaque uincas Nirea ,
Eheu translatos alio maerebis amores :
Ast ego uicissim risero .
iv. (XIII]
Horrida tempestas caelum contraxit, et imbres
Niuesque deducunt Iouem : nunc mare, nunc siluae
Threicio Aquilone sonant . rapiamus, amici,
Occasionem de die , dumque uirent genua

Pactolus : il fiume aurifero della Ly chiuse il cielo '. imbres Niuesque d. I. ' e
dia. 21 Nec te – fallant ' potranno non pioggie e nevi lo traggono giù ’ , ossia
esserti nascosti '. arcana i misteriosi e che si rovescia in pioggia e neve >
insegnamenti ’ riservati ai discepoli in Iouem : vedia pag. 78, v. 20, nota a Iup
timi. Pythagorae – renati di Pythago piter. Porph. dà l'argomento di questo
ras che ebbe due vite ’, poichè fu Eu carme così: hortatur contubernales, ut,
phorbos alla guerra troiana. Sta per quoniam caelum pluuium sit nec quicquarit
* sapientissimo'. 22 Nirea ‘ Nireus ' che agi possit, in conuiuium secedant . Sa
nell Il. B. 673 è detto : il più bello eroe rebbe un canto inter arma . E non pare
che venne sotto Ilio Degli altri Danai probabile, ma certo di milizia è qui il
dopo il senza - biasimo Peleione. 23 ricordo . Si tratta d'un banchetto in Ro
Eheu : esclamazione di dolore trascicata ma, ma tra antichi compagni d'armi , sì
per scherno. Pure è preferibile l'Heu heu che esso prende una certa somiglianza
dei codd. Vedi a pag. 53, v . 6 e nota. coi simposii sub pellibus nei giorni pio
translatos alio - amores l'amante tua vosi e neri, quando il pensiero della
passata ad altri ’, oppure “ l'amor di lei vita in pericolo e dei dolci assenti sol
passato altrove ’. Meglio il secondo, pen cava di rughe le fronti giovanili. siluae,
sando a fugam - Cinarae maerere in Epl. di tre sillabe. E non si può negare che
1 , 7, 28. Se il mio supposto al v. 15 va il mugghio del mare e il sibilare delle
lesse , alio potrebbe indicare Orazio selve sarebbero accompagnamento mol
stesso. 24 Ast ego ; riprende con energia to più poetico a un crocchio militare, là
l'at tu che del resto l' Orelli esclude pre in Macedonia. E più vivo e vero sarebbe
cisamente per questa ripresa. Ma vedi l'epitheton che segue, dato all'aquilone.
del solito (VIII) i v. 14 e 19. uicissim 3 e 4 Threicio tracico ', per i Greci;
a mia volta ' come fai ora tu, risero : ma è aggettivo che la mitologia fissò ad
il fut. exactum indica qui cosa che ac accompagnare il vento del nord. Nota
compagnerà, più che non seguirà ,e parrà l' hiatus tra nomi propri. amici: il Bent.
quasi precedere un altro fatto futuro . corregge amice , poichè vuole si tratti
IV. ORA TETRA . È inverno, piove d'un invito a un solo, cui aduersi aliquid
e nevica, soffia la tramontana acuta. Non acciderat, rapiamus --Occasionem : il Lam
si può far altro che banchettare al co b(ino) cita, per rapiamus, Ennio in Cic. de
perto . Via , o amici ', esclama il poeta, or . 3 , 40 : uiue, Vlysses, dum licet Oculis
quelle rughe che vi fanno parer vecchi. postremum lumen radiatum rape ; e le
Beviamo : non parliamo più di tristezze . parole di Cic. non dixit — cape , non pete
Un dio forse provvederà: banchettiamo, - ' Prendiamo ’, dunque ' a volo l'occa
poetiamo : seguiamo l'esempio di Achille sione ' de die ' dal giorno ’ : fuggevole ?
che fu a ciò consigliato da Cheiron, il tardo ? che già pare finito per via del
centauro ' . Questi amici dalla fronte an cielo chiuso ? che non ci lascia far altro ?
e dall'oggi
nuvolata erano forse i compagni a Ora ” non fidandoci del domani ?
zio, d'armi in Oriente , di miseria e ansie giorno per giorno ' ? dumque uirent ge
in Roma ? Par probabile, e il canto (in nua ' finchè verdi sono le ginocchia ’,
cui il sorriso giambico guizza tra la-so nelle quali (Pl . HN . 11 , 45, 103) inest
lennità epica dell'esametro e la tristezza uitalitas, le quali sciolte sono il segno
del mezzo elegiaco) mi pare dei primi : della morte, in Omero. 5 Et decete
del 714. Che fosse del giorno natale di perciò s'addice '. Peerl . preferirebbe Et
Orazio, ossia dell'8 dicembre, ingegno licet, che meglio s'accorda col rapere oc
samente congettura il Walcke enaer . casionem , ricordando il passo Enniano.
1 e 2 caelum contraxit restrinse , Ma decet andrebbe meglio che licet, se
PASCOLI, Lyra Romana - 9
130 LYRA ROMANA .

Et decet, obducta soluatur fronte senectus. 5


Tu uina Torquato moue consule pressa meo :
Cetera mitte loqui: deus haec fortasse benigna
Reducet in sedem uice . nunc et Achaemenio
Perfundi nardo iuuat et fide Cyllenea
Leuare diris pectora sollicitudinibus, 10
Nobilis ut grandi cecinit Centaurus alumno :
Inuicte, mortalis dea nate puer Thetide ,
Te manet Assaraci tellus, quam frigida praui
Findunt Scamandri flumina lubricus et Simois,
Vnde tibi reditum certo subtemine Parcae 15
Rupere , nec mater domum caerula te reuehet.

die intendessimo, cou Porph ., “ dal giorno sublime, grandioso ' . cecinit disse con
oscuro e piovoso in cui non si può far spirito veggente. 12 Inuicte o invinci
altro ?. obducta c annuvolata '. senectus bile ' mortalis - nale pur nato mor
la vecchiaia con le sue rughe ’: 6 Tu : tale '. dea - da una dea . 13 e 14 Te
non è diretto nè al conuiuator nè al pin manet : vedi a pag. 124 , v. 41. praui: i
cerna , come piace a questo e a quello codd . hanno parui, detto del fiume che
degli scoliasti e commentatori; sì a uno, in Omero 11. Y, 73 è péyas ato TAMOS
indeterminato, che dal buio della gior Bacovõivns. Ma il fiume, dicono glin
nata traeva motivo a tristezza. Come
dicesse : Sì : è buio, piove, mare e selve terpreti che conservano parui, si secco :
dice Lucan . Ph. 9, 972 : in sicco serpen
piangono ; ebbene ? Anzi questa è una
buona occasione di bere e di stare al tem puluere riuum Transierat qui Xan
legri. Sicchè tu fa portar del vino e non thuserat. La ragione appaga ben poco,
fare più quei discorsi tetri. Nei primi sicchè altri congettura flaui, altri proni,
versi parla più quest'uomo con le pa altri puri, altri tardi. Dice lo Sch . Cru
turnie, che Orazio : Orazio ne ripete le quiano: si praui legas, id est, tortuosi,
parole, per trarne altra conclusione,tutta non recti, sinuosi. E questo è in vero il
opposta. Torquato consule meo nel senso di prauus, che io ritengo. Esso vuol
l'anno di Torquato, quando io nacqui ?: tradurre il Ôivne's di Omero che è già
cioè nel 689, coss. L. Aurelio Cotta L. all'ultimo verso di B, dove Eust. annota
Manlio Torquato.e Vino di 25 anni. moue che come allo Xantho così ad altri fiumi
iube moueri) fa portare ' dalla can accade per non aver veloce il corso
tina. pressa · pigiato cioè fatto '. 7 e di fare nell'insenature gorghi o vortici :
8 Cetera mitte loqui ' lascia gli altri di è OLVýsls insomma lo Xanthos, perchè
scorsi ’, ispirati dal buio del tempo , neri tardo e tortuoso. Il nostro può averavuto
come essi. Quali discorsi ? . Non verrà anche l'intenzione di alludere, nel tempo
più sereno! siamo rovinati per sempre! stesso, alla lotta che ebbe a sostenere
non riavremo più le nostre case ! non Achille con questo fiume dai gorghi pro
rivedremo più il nostro nido ' . deus : non fondi . Vedi Il. e ricorda il v. 325 : Mu
sperava forse di già in Octauianus ? in
quello, di cui Vergilio a questi tempi gliando e di spuma (torbido) e di san
diceva (Ecl. 1 , 6) deus nobis haec otia gue e di morti. lubricus et Simois : l'epi
fecit. Namque erit ille mihi semper deus. theton del Simois, l'altro fiume della
I due poeti, forse, già si conoscevano e Troade , è opposto a quello dello Sca
parlavano delle comuni sventure. beni mandros o Xanthos, ed è ispirato, forse,
gna -- uice mutando il male in bene ' . da Il. M, 22, donde Verg. Aen. 1 , 100 de
Reducet in sedem rimetterà al loro po rivò : ubi tot Simois correpta sub undis
sto ’ . Achaemenio “ persiano'da Achae Scuta uirum galeasque et fortia corpora
menes, il mitico fondatore della stirpe uoluit . E il Simois è in , 308 chiamato
degli Achaemenidi, il proavo di Cyros. in soccorso contro Achille dal fratello
9 e 10 iuuat : Peerl. preferisce iuuet. fide Xanthos : empi le correnti (311 ) D'acqua
Cyllenea con la lira del dio di Cyl dalle fonti e tutti aizza i rivi , E alza
lene ' cioè di Mercurio. diris detesta una grande ondata e molta miscèa su
bili ’. 11 Nobilis “ il glorioso '. grandi scita Di tronchi e pietre. 15 e 16 Vnde
fatto grande, adulto '. Altri eroico, dalla qual terra '. reditum - Rupere :
HORATIVS IAMBI . 131

Illic omne malum uino cantuque leuato ,


Deformis aegrimoniae dulcibus adloquiis ?
v. [ vi]
Quid inmerentis hospites uexas canis
Ignauus aduersum lupos ?
Quin huc inanis, si potes, uertis minas
Et me remorsurum petis ?
Nam qualis aut Molossus aut fuluus Lacon, 5
Amica uis pastoribus,
Agam per altas aure sublata niuis,

frase simile a pag. 124, v. 35 : reditus ab tro i quali il mite Mantovano non ha
scindere dulcis. certo subteminé con im che : Qui Bauium non odit, amet tua car
mutabile destino ' ; propr. “ filo ’. Il Bent. mina , Meui: ecl. 3, 90 ; e argutos inter
a certo sostituisce curto essendo accor strepere Anser olores : ecl. 9, 36 e pochi
ciato e sta meglio con Rupere. Altri altri accenni. Ben altro minaccia il pic
menti, prendiamo le due parole come colo e fiero poeta Venusinus, cui, come
abl. di qualità di Purcae ‘ le Parche dal egli stesso poi affermò, c . 1 , 16, 22,
l'immutabile filo ', mater - caerula la pectoris Tentauit in dulci iuuenta Feruor
tua madre del colore d'acqua marina ' , et in celeres iambos Misit furentem . Cane
cioè Thetis. te reuehet : Il. V , 122 (nella che latri ai passeggeri, e sei vile avanti
rhapsodia a cui il poeta ha mirato per i i lupi, vieni, minaccia me, cerca di morder
due fiumi) Achille dice a Lycaon : Costi me. Io inseguo qualunque bestia mi si
ora giaci tra i pesci che a te dalla piaga faccia avanti, tu, dopo avere abbaiato
Il sangue leccheranno, tranquillamente : con gran voce, fiuti il tozzo che ti si
nè te la madre Posto sul letto piangerà , getta. Guardati : io ho gl’iambi di Ar
ma lo Scamandro ουδέ σε μήτηρ : chilochos e di Hipponax : se uno mi as
le parole suonano con questo raffronto sale, non mi metto a piangere come un
bimbo ' . Gli antichi scoliasti parlano d'un
più lugubri e fatali. 17 uino cantuque : Cassius Seuerus, maledico famoso ; ma
i messi d'Agamemnon (Il . I, 186 lo tro a questi tempi troppo giovane; altri di
vano : che il cuore si allietava con la Mevio e Bavio , altri persino di Bibaculo.
phorminx arguta -o cantava sì glorie i inmerentis ' che non t'hanno fatto
di guerrieri . E il vino ? Quando quelli nulla ’, hospites ' i forestieri ’. Tenendo
entrano, Achilleus domanda un cratere il mio supposto, si alluderebbe alla mi
maggiore, e vino più schietto : 1. 1. 202. tezza naturale e alla timidezza di pro
18 Deformis aegrimoniae del dolore vinciale di Vergilio. canis : se Bauius è
che fa brutti ’ ponendo sulla fronte la il proprio nome del detrattore di Ver
senectus. Dipende, secondo alcuni da ma gilio, la similitudine del cane potrebbe
lum , secondo i più da adloquiis. dulcibus essere stato suggerito dal suono di bau
adloquiis : ilvino e il canto che sono i che è in esso nome, dal quale bau i la
dolci conforti ” ; vedi a pag. 51 , nota al tini fecero baubari : Et cum deserti bau
v. 5. Il Bent. preferisce leggere ac dul bantur in aedibus : Lucr. 5, 1070. Se Ba.
cibus> alloquiis intendendo lieti conver uius è un pseudonymo, potè derivare da
sari con amici o e dolci colloqui ' con questo suo canino costume. 3 hucº qui,
donne. a me ', inanis vuote d'effetto !, 4 Et
V. - BAVIVS. Nel 715 Orazio s'era sembra valere e anche ', remorsurum
c
già stretto d'amicizia con Vergilius e pronto a renderti i morsi ’. petis ' as
Varius. I nemici degli amici diventano i sali ' coi denti , mordi ’ : cfr. v . 15. 5
nostri nemici. E Vergilio ne aveva sin Molossus : i molossi erano grandi cani
d'allora : tra gli altri Bauius, nel cui no dell'Epiro ; fieri custodi . fuluus ' rosso
me, forse finto , si sente il cane. Mi giova bruno Lacon : i cani della Laconia
credere che il giovane già tribuno di erano 9molto veloci. 6 amica uis forti
Philippi mostrasse come affettuosa am amici o semplicemente ' amici ’ : espr.
mirazione per il verecondo poeta pasto greca , come in Lucr. 6, 1220: fida canum
rale, maggior di lui di cinque anni, così uis. 7 Agam'inseguirò, caceierò '. per
fiero sdegno verso i suoi detrattori, con altas - niuis anche per la neve alta '.
132 LYRA ROMANA .

Quaecumque praecedet fera ;


Tu , cum timenda uoce conplesti nemus,
Proiectum odoraris cibum . 10
Caue , caue : namque in malos asperrimus
Parata tollo cornua,
Qualis Lycambae spretus infido gener,
Aut acer hostis Bupalo .
An, siquis atro dente me petiuerit, 15
Inultus ut flebo puer ?

VI . [x]
Mala soluta nauis exit alite ,
Ferens olentem Meuium :

aure sublata con le orecchie ritte ’ : viva VI . --MEVIVS. A Bavio , ana mi


pittura. 8 praecedet (altri procedet ' mi naccia ; a Mevio, una maledizione. Questi
si farà contro ' ) si porrà a corrermi s'imbarca per la Grecia, forse per l'Egit
avanti ’. 9 Tu : avversativo ' tu invece '. to, e Orazio gli dedica questo propemp
timenda che fa terrore '. nemus “ i pa ticon , monumento d'odio, come quello a
scoli ’ dove è il gregge. 10 cibum : allu Vergilio, C. 1 , 3, è monumento d'amore.
sione forse all'origine del mal animo di Perchè Mevio si recava in Oriente ? Si
questo poetastro per Vergilio e dolci può congetturare che a questa gita egli
amici : invidia della benevolenza di Me desse un color politico : fuggiva Cesare
cenate. Forse il nostro vuol dire : tu ei suoi uomini nuovi e la nuova poesia
abbai per invidia contro Vergilio ; se (egli era, secondo il comm. Cruquianus,
Mecenate offrisse a te un posto alla sua sectator uocum antiquarum ) e andava a
mensa, allora scodinzoleresti, di subito trovare quel buono e incorrotto conser
addomesticato. 11 Caue, caue : cfr. a vatore della Romanità, che era Antonio .
pag. 33, v. 18 e 19. in malos e contro Così in questo propemptico sarebbe an
gl'invidi ’ : vedi a pag. 50, v. 12. 12 tollo che una nota dell'odio che ben prima del
cornua ' sono un toro che cozza ' . Cambia 722 serpeggiava tra Ottaviano e Anto
imagine. Vedi S. 1 , 4, 34 : Faenum habet nio : ben prima, se nel 717 c'era già bi
in cornu, longe fuge; detto del poeta di sogno dell'ambasceria d'uomini Auersos
sature. 13 Lycambae : dat. retto da spre soliti conponere amicos : S. 1 , 5, 29. Del
tus gener: colui che non fu voluto ge resto, secondo Eusebio, anche Bauius si
nero da Lycambes ’ che dopo aver pro recò in Oriente, poichè morì in Cappa
messo la sua figlia obule ad Archilo docia, nel 721. Che Antonio poi volesse
co , glie la negò, onde l'ira e gl’iambi passare, esso, per instauratore del buon
del poeta, e la morte di Lycambe e costume antico, si può inferire da ciò
della figlia, per laccio . 14 acer hostis che dissi a pag. 109, nota all'l . E a lui
Bupalo : Hipponax cui Bupalos e Athenis Ottaviano (Suet. Aug. 86) rimprovera di
scultori fecero in caricatura brutto, come andare a caccia delle parole antiquate,
era ; donde gl'iambi del poeta e il laccio quae Crispus Sallustius etc. cfr. pag. 108
de' due fratelli, 15 atro dente coi denti nota al 2. Venendo al carme : ' La nave
rugginosi, neri ’, ossia con contumelie con a bordo Mevio, salpa : ricordatevi,
e minaccie '. Il maledico è in S. 1 , 4, 85 o venti procellosi, di suscitargli una bur
detto niger ; e la maldicenza, ib. 100, rasca, quale non ebbero i Greci vitto
nigrae sucus lolliginis ed aeruga mera . riosi nel loro nostos . Come suderanno
16 Inultus, alcuni ' non vendicandomi i tuoi marinai, e tu , giallo, come pia
altri, a parer mio, meglio che non si gnucolerai, quando la nave si fracasserà !
può vendicare ', riferendolo a puer, non E noi faremo un sacrifizio alle dee Pro
ad ego. puer "bimbo ”. Porph . annota che celle, se tu pascerai gli uccellacci del
la poesia è diretta ad eum qui, cum di mare '. Tempo: prima del 717.
cacitatis amaritudine sectaretur quietos 1 Mala - alite con triste auspicio '.
alioquin homines, in eo sibi gloriam ad vedi a pag. 123, v. 23 : secunda alite. so
signarit, quod illi cedentes ei uiderentur luta sciolti gli ormeggi '. 2 olentem
non sufficere respondere. ( = putidum ) e ripugnante . Meuium :
HORATIVS IAMBI . 133

Vt horridis utrumque uerberes latus ,


Auster , memento fluctibus.
Niger rudentis Eurus inuerso mari 5
Fractosque remos differat ;
Insurgat Aquilo, quantus altis montibus
Frangit trementis ilices ;
Nec sidus atra nocte amicum adpareat ,
i Qua tristis Orion cadit ; 10
Quietiore nec feratur aequore,
Quam Graia uictorum manus,
Cum Pallas usto uertit iram ab Ilio
In inpiam Aiacis ratem .
O quantus instat nauitis sudor tuis 15
Tibique pallor luteus
Et illa non uirilis eiulatio
Preces et auersum ad Iouem ,
Ionius udo cum remugiens sinus
Noto carinam ruperit. 20
Opima quodsi praeda curuo litore
Porrecta mergos iuuerit :
Marcus Meuius, secondo una glossa, che montare sonavano nembi, Novembre.
triumphos Caesaris male descripsit: si cadit ' tramonta '. 11 Quietiore nec fe
può supporre che egli volesse raggiun eratur ( = et feratur non quietiore, litotes )
gere Antonio, anche come più degno con non abbia , insomma, mare più placido ?:
tinuatore del suo Cesare. 3 e 4 Vt, per 12 Graia : questo agg. indica , per lo più ,
i più dipende da memento : ricordati i greci eroici e antichi. manus * l'eser
di ?: per il K. è espressione del sermo cito ' . 13 Pallas: questo ricordo mito
familiaris per utinam , e memento è pa logico non può essere ozioso, e per me
rentetico. -Oh ! sferza, ricordati ’, hor rafforza la congettura che la gita di Me
ridis — fluctibus ' coi marosi arricciati '. vio fosse quasi una fuga dopo unacolpa :
utrumque - latus: perchè il mare potesse colpa, s'intende, per Orazio. usto “ in ce
battere l'uno e l'altro fianco della nave, nere '; e per opera sua. 14 inpiam : hy
bisognava che il vento la aggirasse, co pallage, poichè inpius era stato il minore
me in un ciclone, come dice Val . Flacc. Aiace ; il quale, favorito con gli altri
1, 639 : Illam huc atque illuc nunc tor Greci da Pallas, ne violò poi il nume .
quens uerberat Eurus . Auster vento di ratem : ci riconduce alla nauis che ha a
sud ”.5 Niger portatore di nuvole' con bordo il nauseante poetastro . 16 pallor
trario di albus che rasserena '. Eurus : luteus ' pallor giallo ' d'itterico, con di
vento di sud-est. inuerso sconvolto , sprezzo. Cfr. a pag. 127, v. 15, dove è
6 differat ‘ sperperi ’ . 7. Insurgat si pallor albus. 17 illa : a Orazio par di
levi ’ : e il tribrachys yeloce ne annun sentirlo, lontano, quel pianto. non uiri
zia il rapido soffio. Aquilo ' il tramon lis : litotes : da femmina ’ . eiulatio " pia
tano '. quantus con tanta forza, con gnisteo '. 18 et, posposto. auersum che
quanta '. 8 Frangit: ripetuto da fractos; volge le spalle , che non t'udrà '. 19 e 20
quasi à significare la facilità con la udo - Noto sotto il nemboso vento di
quale saranno spezzati i deboli remi dal Sud ’ : anche Verg. G. 1 , 462 : humidus
vento che spezza i lecci, trementis º dopo Auster. carinam : finalmente ! prima il
lungo tentennare ’. 9 sidus - amicum , sartiame, poi i remi, infine la chiglia.
como lucida sidera del C. 1 , 3. 10 Qua ruperit ' avrà fracassato '. 21 Opima :
(secondo l'Orfelli) ' dalla parte dove') va chi ci vieta credere che l'olens Meuius
unito, con Porph. a nocte, tristis quasi fosse grasso ? Del resto, è in Porph. ap
nella tempesta ', senza che alcuno lo paret eum pinguem fuisse. quodsi, e la
veda. Orion: la costellazione, al cui tra posposizione e la parola stessa sanno
134 LYRA ROMANA .

Libidinosus inmolabitur caper


Et agna Tempestatibus.
VII. [iv]
Lupis et agnis quanta sortito obtigit ,
Tecum mihi discordia est ,
Hibericis peruste funibus latus
Et crura dura conpede .
Licet superbus ambules pecunia, 5

di popolare : l'ira del poeta conclude con prende da un noto aneddoto, liberamente
un brutto soggbigno. 22 Porrecta`lunga frenava certi impeti di crudeltà del suo
distesa’ , mergos cormorani’, di cui Pli potente amico. E Orazio, con questa in
nio HN. 10, 130 non loda la delicatezza vettiva, non dispiacque forse al suo nuo
nel mangiare : soli dicuntur deuorare quae vo mite protettore, comecon le due pre
ceterae reddunt, e 9, 79 : insatiabilia ani cedenti era certo piaciuto al suo mite
malium . iuuerit ‘ pascerà ”. Così coi più presentatore. Ma sono congetture. L'ar
dei codd. e mi par giusta lezione, ima gomento è questo : ' Io ho per te una
ginando opima praeda, indeterminato, avversione naturale, o tu che fosti un
con aria maliziosa di mistero : una grassa cattivo schiavo e ora sei un ricco fastoso .
preda.... 23 e 24 caper Et agna : Verg , E della tua insolente fortuna tutti sono
Aen. 5, 772 : Tempestatibus agnam Cae indignati come me : quando passeggi ,
dere deinde iubet; un'agnella nera. Il tutti ricordano il tuo passato vicino al
caper è per di più, per ringraziamento, tuo presente, e si domandano il perchè
come in C. 3, 8, 6. Tempestatibus: alle della spedizione contro i corsari e gli
quali L. Scipio dedet - aide meritod . Si schiavi di Sesto , quando nelle legioni
faceva sacrifizio per ottenerne buona Romane sono di tali tribuni '.
navigazione: qui per procacciarla cattiva 1 Lupis et agnis : Il. X , 263 : Nè lúpi
si promette vittima doppia. e agnelli concorde l'animo hanno. sor
VII. – VEDIVS. - Porph. crede questa tito per legge di natura ' . 2 discordia :
ecloga diretta contro Pompeium Menam,
liberto di Pompeo o comandante della continua Omero : 'Αλλα κακά φρο
flotta di Sextus, disertato a Ottaviano, véovoi, cioè, Anzi sono d'animo nemico.
poi tornato a Sesto, poi passato di nuovo 3 Hibericis – funibus " di funi di sparto
à Cesare. Ma egli era praefectus classi, attorcigliato ', di cui è gran copia in
non tribunus militum , come il nostro. Hispania. peruste ' scottato, segnato
Qualche ms. ha Vedium Rufum. In una latus, da peruste, ' il dosso '. 4 conpede
lettera di Cic. ad Att . 6, 1 , 25 si legge : * ceppi’: castighi di schiavo. Ma Vedius
hoc ego ex P. Vedio magno nebulone, sed Polio era di liberti, come Orazio : Orazio
Pompei tamen familiariaudiui.E seguita che nella S. 1 , 6 scritta non molto dopo
raccontando dello sfarzo di cocchi, car questo Epodo , mostra d'assentire a Me.
rozza, lettiga, schiavi , scimmia o onagri, cenate che non importi quali sit quisque
concludendo : numquam uidi hominem ne parente Natus, dum ingenuus: la qual ul
quiorem . Ciò nel 700. Questo passo, se tima esclusione era pur d'Ottaviano: vedi
condo il K, suggerì a uno scoliaste il Suet. Aug. 74. Bene: ma la poesia iam
nome di Vedius. Ma questo è anche il bica si permette d'esagerare e anche di
nome d'un discendente di liberti , Vedius mentire più spesso d'ogni altra poesia ;
Polió, ricordato in Dione Cassio 54, 23 poi , ricordo ciò che uno scoliaste di
e in Plin. HN. 9, 23 famoso per la sua Giovenale dice alla Sat. 5, v. 3, Sarmen
ricchezza e crudeltà , amico diui Augusti, tus - incertum libertus an seruus, eo
uomo che pasceva le murene co' suoi fiduciae uenit, ut equitem Romanum age
schiavi. Morì nel 739. E la poesia è del ret - Par la storia del nostro. Ed è
716, nel qual anno si rinnovò la guerra verisimile che sopra tutto fossero pos
con Sesto Pompeo. Orazio già era stato sibili tali inganni e surpazioni in questi
da Vergilio e Vario presentato a Mece tempi di senatores orcini, di cui vedi Suet.
nate e da lui accolto benevolmente. Si Aug. 35. Inoltre Ottaviano stesso sap
può supporre che Vedius Polio amico fin piamo (Suet. Aug. 74) che dichiarò in
d'allora di Ottaviano , non piacesse ugual genuo il traditore Mena o Menodoro, per
mente a Mecenate, che, come si com averlo alla sua mensa, da cui escludeva
HORATIVS IAMBI , 135
Fortuna non mutat genus .
Videsne , Sacram metiente te Viam
Cum bis trium ulnarum toga ,
Vt ora uertat huc et huc euntium
Liberrima indignatio ? 10
Sectus flagellis hic triumuiralibus
Praeconis ad fastidium ,
Arat Falerni mille fundi iugera
Et Appiam mannis terit
Sedilibusque magnus in primis eques 15
Othone contempto sedet .
Quid attinet tot ora nauium graui
Rostrată duci pondere
Contra latrones atque seruilem manum,
Hoc, hoc tribuno militum ? ' 20

i libertini. 5 Licet per quanto '. ambu ni – fundi: terre di molto costo, perchè
les ' te la passeggi’: 6 genus il sangue , vi si faceva l'ottimo dei vini italici . 14
la razza ': non sarai mai, per danaro, un Appiam - terit ' consuma la via Appia
ingenuus. Pur l'esempio di Mena doveva che conduceva a' suoi poderi . mannis :
contradire alla sentenza di Orazio. 7 me cavalli da viaggio. 15 Sedilibusque - in
tiente te quando tu misuri ' cioè per primis: nei quattordici ordini dopo l'or
corri a passi tardi e lenti. 8 bis trium chestra, secondo la legge di Otho Ro
ulnarum (i codd. bis ter : em . Barthe scius sedevano gli equites o quelli che
Bent.) ' di sei cubiti' : quasi tre metri. fossero equestri censu ossia che non aves
toga , non veste da schiavi . 9 ora sero meno di 400.000 sesterzi. E i primi
uertat: i più ' faccia volgere verso te ' due di quelli erano per i tribunicii : Porph.
o faccia ritorcere da te ' . Il K. inter magnus – eques ' burbanzoso cavaliere '.
preta trascolori ’, ricordando uertere 16 Othone contempto ' senza fare offesa
pallor Tum parochi faciem : Sat. 2, 8, 35. alla legge Roscia’di Otone , perchè eques,
Se invece d'indignatio ci fosse per sog tribunus militum , equestri censu , sebbene
getto rubor o altro, starebbe bene; ma indegnamente. 17 e 18 Quid attinet che
così, non credo, huc et huc, dipende da serve '. ora nauium Rostrata ' navi
euntium , come in Cat . (XV] 7 in platea con le faccie irte di rostri ’. Ardita espres
modo huc modo illuc - praetereunt. 10 sione che dispiacque al Bent. che emenda
Liberrima che si sfoga con libere pa ora in aera, al Peerl. che suppone aere
role ' , quelle che seguono. 11 triumui – pondera, al Sanadon che imagina ro
ralibus : dei tresuiri capitales o nocturni stra – Aerata. Orazio pensò che chi ha
che punivano i ladri e gli schiavi nequam il rostrum , becco, ha anche la faccia ,
presso la columnam Maeniam. 12 Prae os : in Tacito la nave (G. 44) ha frontem ;
conis del banditore ’ che portava al in Ach. Tazio B. 1 , c'è itpoow Tov Veús .
tortor l'ordine dell'esecuzione e doveva, graui – pondere ' di gran peso ' . 19 la
almeno in certi casi, gridare alto il de trones, di Sesto Pompeo, che, come dice
litto per cui lo schiavo era punito. Così Flor. 4, 8, secum piratas nauales agitabat.
Alessandro Severo fece soffocare dal fu seruilem manum : detto con fiero di
mo un falso promettitore, praecone di sprezzo : S. Pompeo armò fugitiuos. 20
cente, Fumo punitur qui uendidit fumum . Hoc, hoc : ripetizione come a pag. 126,
ad fastidium ' sino alla sazietà ” perchè v. 1. tribuno militum : se noi stessi ar
ciò accadeva spesso. 13 Arat possiede ', miamo gli schiavi e loro diamo il co
o possiamo anche dire miete '. Faler mando delle nostre legioni?
136 LYRA ROMANA .

VIII. [111]
Parentis olim siquis inpia manu
Senile guttur fregerit,
Edit cicutis allium nocentius.
O dura messorum ilia !
Quid hoc ueneni saeuit in praecordiis ? 5
Num uiperinus his cruor
Incoctus herbis me fefellit ? an malas
Canidia tractauit dapes ?
Vt Argonautas praeter omnis candidum
Medea mirata est ducem , 10
Ignota tauris inligaturum iuga
Perunxit hoc Iasonem ;
Hoc delibutis ulta donis pelicem ,
Serpente fugit alite.
Nec tantus umquam siderum insedit uapor 15
Siticulosae Apuliae,

VIII. L'AGLIO. È uno scherzo : ilia intestini ’. 5 Quid ueneni ' qual
Maecenas essendo forse in campagna veleno '. hoc (= est hoc quod ) “ è questo
con Orazio (dice esso, S. 2, 6, 40 e seg. che ' saeuit ribolle '. in praecordiis ?
che sin dal principio della loro amicizia nelle mie viscere ?? . 6 Num , a cui ri
andava con lui in raeda ) s'invogliò , ve sponde an come in quest'esempio, tra
dendolo forse , di un moretum , condito gli altri, di Cic. ad fam . 9, 26 : quaesitu
con l'aglio. Orazio se ne sentì travagliato rum , num unum caelum esset, an innu
e sfogò il suo malumore con questo merabilia, uiperinus — cruor ' sangue di
scherzo. Ai parricidi, questo veleno peg vipera ' che si credeva velenoso . 7 In
gior della cicuta. Era sangue di vipera ? coctus — me fefellit ' v'era cotto, senza che
fu Canidia che lo cucinò ? Con questo io lo sapessi ' . 8 Canidia : fattucchiera,
Medea unse Giasone, per renderlo invul
nerabile contro i tori, con questo unse i edi cui vedremo al seguente. tractauit
manipolò ’. 9 e 10 Vt quando '. A.
doni che bruciarono la sua rivale. Non è praeter omnis ' sopra tutti gli Argonauti?,
più tremenda la calura afosa dell'Apulia, candidum - ducemil bellissimo condot.
non fu più bollente la camicia di Nesso. tiero '. Vedi a pag. 42, v . 4. 11 e 12 I
Oh ! se avrai un'altra voglia simile, o gnota iuga ‘ il giogo per la prima vol.
Mecenate, la tua amata ricusi il tuo ba ta ’ , non conosciuto da essi. tauris, che
cio, non voglia starti vicina ” . È per me spiravano fiamme. inligaturum ' mentre
dei tempi primi dell'amicizia loro, poco doveva legare '. Perunxit ' unse tutto '.
anteriore al viaggio a Brundusium (717). hoc con un veleno come questo ' , così
1 olim per l'avanti ’. 2 Senile: ag potente da vincere le fiamme. 13 deli
grava il delitto del figlio, e lo spiega : butis ‘ intinti ”. ulta pelicem * si vendicò
esso vuole l'eredità. fregerit ' spezzerà ' della rivale e '. La rivale era, come è
strangolandolo. 3 Edit (con l'e breve) noto, Creusa la figlia del re di Corinto .
forma di congiuntivo, solita nel linguag donis coi doni ’ cioè il peplo e la CO
gio della conversazione : dunque ' man rona d'oro, che ebbero virtù di ardere
gi ’. cicutis, da nocentius, ' della cicuta Creusa. 14 Serpente -- alite (sing. collet
allium : aveva gran parte nei cibi rustici: tivo) sul cocchio tirato dai serpenti
Verg. Ecl . 2, 10 : fessis messoribus --- Allia alati ' . 15 siderum uapor ' afa di ca
serpyllumque herbas contundit olentes. Nel nicola insedit ' gravò ’. 16 Siticulosae
Moretum, attribuito a Vergilio, v. 101, pi munus
17 tunica
stillo primum fragrantia mollit Allia. 4 * ilassetata
dono di ' cioè la: sua
Nesso d'acque
, povera
messorum ' deimietitori' pei quali la Ver insanguinata. efficacis e del risoluto ' ;
giliana Testylis pesta l'aglio e il serpillo. efficax è chi riesce in ciò che tenta. 18
HORATIVS IAMBI . 137
Nec munus umeris efficacis Herculis
Inarsit aestuosius.
At siquid umquam tale concupiueris,
Iocose Maecenas, precor, 20
Manum puella sauio opponat tuo ,
Extrema et in sponda cubet.
ix . [ v ]
" At o deorum quidquid in caelo regit
Terras et humanum genus,

Inarsit e arse a contatto degli ’. aestuo Sagana, Veia, Folia , nell'atto di fabbri
sius con maggior vampa ’ . 19 At ' sì, care un filtro per indurre un tal Varus
nia . umquam ' più '. tale " una vivanda ( Alfius Varus, dicono gli Scholiasti) nel
simile ?. concupiueris e sentirai la Vo l'amor suo . Entrano nel filtro caprifichi,
glia ' . Il verbo composto indica, mi sem sradicati dai sepolcri, cipressi, ova e
bra, invogliarsi nel vedere o sapere ’. piume di strige unte di sangue di rospo,
Cosi in Cic. de diuin. 1 , 24 ; cuius mors e altre erbe d'Iolcus e Hiberia, e ossa
ita fuit, ut eam concupisceret filius; vale : strappate dalla bocca di cagna digiuna.
se ne invogliò anche il figlio. Da questa Inoltre la midolla e il fegato (orribile
leggiera sfumatura, la mia supposizione imaginazione !) d'un bimbo fatto lenta
che si trattasse d'una piccola avventura mente morire di fame e di desiderio .
in una scampagnata al tempo della mie Orribile imaginazione: eppure Cicerone
titura. 20 locose, che intendono ' bur (Vat. 6) accusa Vatinio (il sozzo scrofo
lone ha indotto i commentatori a ima loso, che noi conosciamo) di qualche cosa
ginare una burla di Mecenate a Orazio : di simile : cum puerorum extis deos ma
burla difficile a farsi : Mecenate avrebbe nes mactare soleas; eppure in una iscri
saputo già che a Orazio non piaceva zione è il lamento d'un bimbo che mori
l'aglio ; e come avrebbe potuto dissimu rapito da una saga, lamento che finisce
largli il fetido condimento nella vivan colla commovente ammonizione : Vos
da ? Iocose per me è come proleptico di uestros natos concustodite, parentes, Ne
ciò che dirà nei due v. ultimi tu che dolor in toto pectore fixus eat. Erano cose,
ami le donne ” . Peerl. preferisce Iocosa a cui si credeva a quei tempi, che a
da riferirsi a puella. 21 Manum oppo- quei tempi forse si facevano. Divido il
nat : il comico di questa preghiera è che lugubre drama, dove è pianto atroce e
non ce n'è bisogno : la cosa vien da sè ; riso più atroce ancora , in quattro parti :
poichè quel bacio putirà d'aglio. 1-10 Prologo : la preghiera ; 11-46 Le ma
IX. -LE MALIARDE. Canidia, sotto liarde all'opera ; 47-82 Canidia e Varus;
il qual nome (che derivando da canus 83-102 Epilogo : la maledizione. La 2a e
indica vecchiaia) gli scoliasti vogliono la 3a parte sono d'un numero eguale
che Orazio ferisse una tale Gratidia, era di versi : l'epilogo d'un numero doppio
una unguentaria , secondo gli scoliasti del prologo. Anche nel [XVI) a pag. 120,
medesimi , Neapolitana . Orazio la accusa la seconda parte , è uguale alla terza.
di orribili malefizi come in questo e nel Non sono casi.
prec. v. 7, cosìnel (XVII) Epodon e nella 1. – Prologo: la preghiera. - ' O dei
ottava satira del primo libro Sermonum . del cielo , che è questa rapina ? perchè
Forse sono diretti a lei anche l'Epod. guardate torve, tutte me ? O tu, per i
[VIII ) e il ( XII) nei quali è introdotta figli, se ne avesti di tuoi veramente,
una vecchia innamorata d'Orazio e da per questa mia vesticciola di fanciullo,
lui dispetta : onde alcuni si persuasero per Giove che non approverà coteste
che l'origine dell'odio d'Orazio per questa cose , perchè quello sguardo di matrigna,
Canidia fosse da cercarsi in un amore, o e di bestia ferita ? '.
male o non più gradito. Certo l'odio è ve 1 At = ana è esclamazione di dhi
ramente Arcbilocheo, e ispirò al nostro
gl' iambi più simili a quelli (imaginiamo non si è data ragione di ciò che gli suc
più che altro) del poeta di Paros. I pre cede, e a un trattomostra di comprendere
senti, che sono i più tragici ( l'iambo riluttando. deorum quidquid (vedi a pag.
entro e nella comedia e nella tragedia) , 76, v .14) * per gli dei tutti che ’. 2 huma
presentano Canidia con altre maliarde, num : contrasto con ciò che presentisce
138 LYRA ROMANA .

Quid iste fert tumultus et quid omnium


Voltus in unum me truces ?
Per liberos te , si uocata partubus 5
Lucina ueris adfuit,
Per hoc inane purpurae decus precor,
Per inprobaturum haec Iouem ,
Quid ut nouerca me intueris aut uti
Petita ferro belua ? ' 10
Vt haec trementi questus ore constitit
Insignibus raptis puer ,
Inpube corpus, quale posset inpia
Mollire Thracum pectora ;
Canidia, breuibus inplicata uiperis 15
Crinis et incomptum caput,

d'inhumanum . 3 iste il vostro ' : è usato multus del v. 3 e di constitit del v. 11 .


qui e non altrove più, delle poesie iam 2. Le maliarde all'opera. Eccolo
biche e liriche : il che non annulla ma in casa, nudo ; un corpicciolo di fan
non aiuta ciò che è a pag. 127 nota al ciullo da intenerire un barbaro. Ecco
v. 11. fert ' vuol dire ?. tumultus ' tra Canidia scapigliata che ordina di bru
scinarmi a furia '. Altri altrimenti: ma ciare caprifichi, cipressi , ova di strige,
Porph. dice : tumultum dicit rapinae erbe magiche, ossa strappate a cagne
ipsius: e aggiunge : quam passus est, e fameliche. Sagana, coi capelli irti, sparge
meglio sarebbe stato : patitur, omnium per la casa l'acqna d'Averno, Veia, ane
di voi tutte ' : erano quattro. 4 in Tando, scava la terra dove sarà sepolto
unum me : opposto a omnium . 5 e 6 li quel fanciullo, col viso fuori, per vedere
beros ‘ figli ' ma solo gl' ingenui si chia il cibo , mutatogli due o tre volte al
mavano così. Non è senza intenzione. te : giorno, e così morire di stento e dispe
si volge a quella che suppone la prima razione e fornire al filtro la sua midolla
delle maliarde e la più crudele dal e il fegato . C'era anche Folia d'Arimi
suo sguardo anche più truce e dai ca num (se ne parlò nelle città di provincia)
pelli arruffati che ella giunta a casa in la maga che fa scendere dal cielo stelle
treccia di vipere. uocata – Lucina : pag. e luna.
87 , v. 13. partubus ueris : altrove Ora 11 Vt - constitit ' si fermò ' cioè e fu
zio accusa Canidia ([XVII) v. 50-52) di giunto ' nell'atrio della maliarda. Altri lo
supporre figli e fingere parti. 7 hoc - prendono per stetit. 12 Insiynibus raptis :
purpurae decus questa lista di por cioè la praetexta e la bulla, un ciondolo
pora ? che ornava la sua toga bianca di che i ragazzi portavano al collo. 13 In
fanciullo romano. inane che non mi pube corpus'un corpicciolo di fanciullo ':
protegge ' come dovrebbe ; poichè con è apposizione a puer. Queste insignia
essa iRomaniintendevano rendere, come Canidia forse comincia a strappargliele
dice Quint. Decl. 340, infirmitatem pue nel punto in cui esso dice inane, per via ,
ritiae sacram - ac uenerabilem . 8 inpro presso casa. Imagina una strada solita
baturum che non approverà ' : parola ria, la sera tarda, e queste quattro me
mito alla cosa, 9 nouerca una matri gere frettolose, con in mezzo il bimbo
gna ’. E questa e molte delle precedenti piangente. posset ' avrebbe potuto '. 14
non sono idee convenienti a un fanciullo . Mollire intenerire '. Thracum : per bar
10 Petita ferro ferita '. Per altri, per bari ' in generale. 15 breuibus uiperis :
tutti credo anzi, fuori che per K., il il tribrachys in seconda sede dipinge
bimbo è già nella casa di Canidia e ve il guizzare dei serpentelli. 16 Crinis et
dendo il tramestìo ( tumultus) delle stre i. c. (acc. di relazione) : una hendiadys:
ghe che s'affaccendano in loro tetri pre ' i capelli della testa arruffata '. 17 se
parativi con gli occhi fissi su lui, piange pulcris: in S. 1 , 8, 23 e seg. sono queste
e le prega. L'interpretazione non è medesime, pei sepolcreti cercando ossa
certo assurda, anzi è più poetica, ma è herbasque nocentis. caprificos il fico sel
difficile torcere a questa il senso di tu vatico che ha le barbe tra i sassi. erutas
HORATIVS —IAMBI . 139

Iubet sepulcris caprificos erutas,


Iubet cupressus funebris
Et uncta turpis oua ranae sanguine
Plumamque nocturnae strigis 20
Herbasque, quas Iolcos atque Hiberia
Mittit uenenorum ferax,
Et ossa ab ore rapta ieiunae canis
Flammis aduri Colchicis .
At expedita Sagana , per totam domum 25
Spargens Auernalis aquas,
Horret capillis ut marinus asperis
Echinus aut currens aper.
Abacta nulla Veia conscientia
Ligonibus duris humum 30
9.
Exhauriebat, ingemens laboribus,
Quo posset infossus puer
Longo die bis terque mutatae dapis
Inemori spectaculo,
Cum promineret ore , quantum exstant aqua 35
Suspensa mento corpora :

* sradicato ’. 18 Iubet : l'anaphora mo Horret capillis asperis ' ha i capelli


stra i comandi secchi e spessi della irti sul capo '. marinus – Echinus un
maliarda. cupressus : vedi a pag. 28 il fr. riccio di mare '. currens ein corsa, in
III di Laevius. 19 turpis - ranae: della seguito’perciò con le setole irte. Quasi
rubeta cioè botta '. oua : ne dipende sempre in Orazio curro usato assoluta
strigis. 20 nocturnae strigis : uccello not mente , è in -senso di fuggire ' : riporto
turno, dal volo morbido, piumoso, sini solamente S. 1 , 3, 10 : saepe uelut qui
stro, frequentatore di luoghi deserti o Currebat fugiens hostem . Il cinghiale , che
funerei. 21 Iolcos : città della Thessalia. fugge , è anche irato, e da un momento
Hiberia : regione del Ponto, tra l'Armenia all'altro si volgerà terribile. Altri suppli
e la Colchide. Thessalia e Colchide : paesi sce : in uenatorem : duro sottinteso. Altri
celebri per magie . 23 ossa ' ossa’dimor emenda in furens, certans, ruens, Lau
to. ab ore - ieiunae canis : ' dalla bocca rens, senza necessità. Il K. insiste sul
di cagna famelica ’ perciò bavosa . 24 currere diSagana, come dicendo : Sagana
Flammis Colchicis nelle fiamme è irta come un cinghiale che corre ; inten
quali faceva Medea Colchis, ossia ' ma desse : S. corre irta come un cinghiale .
giche '. aduri: come in un sacrifizio. E 29 Abacta (= prohibita ) distolta ’. con
tutto ciò che brucia è di sepolcri e di scientia senso morale ’ : Veia fa il pre
morti . 25 At ' D'altra parte ' expedita parativo più orrendo : scava la fossa . 30
* succinta '. Sagana : fida e orribile com auris. ' giù , senza tregua e pietà ’. hu
pagna di Canidia : vedi S. 1 , 8. Secondo mum : nell' inpluuium della casa ? 31 E
Helenius Acron citato a memoria da xhauriebat scavava ’. ingemens ane
Porph. pare persona reale, moglie d'un lando e rantolando '. laboribus e per la
Pompeo senatore proscritto dai trium fatica '. 32 Quo (avv. = ut eo ) dipende
viri. Il tribrachys della terza sede, indica da infossus. 33 Longo va unito a specta
la fretta della megera succinta . per totam culo, non a die (come piace all'Or.) e ad
domum'su e giù per la casa ’. 26 Auer altri : più espressivo è l'agg. in principio,
nalis ' d'Averno ', del lago che era l'in che corrisponde al sost. in fine del di
gresso dell'inferno. Nei sacrifizi l'acqua stico. E poi bis die, bis in die va bene ;
lustrale doveva essere d'una fonte sacra, ma bis longo die non pare locuzione na
per es. della nympha Egeria ; in queste turale. mutatae dapis (dipend. da specta
malie (cfr. Verg. Aen . 4, 212) era del culo): per incitare di più la bramosìa del
l'Averno, o vera o simulata. 27 e 28 l'infelice. 34 Inemori (verbo coniato da
140 LYRA ROMANA .

Exsecta uti medulla et aridum iecur


Amoris esset poculum ,
Interminato cum semel fixae cibo
Intabuissent pupulae . 40
Non defuisse masculae libidinis
Ariminensem Foliam ,
Et otiosa credidit Neapolis
Et omne uicinum oppidum ,
Quae sidera excantata uoce Thessala 45
Lunamque caelo deripit.
Hic inresectum saeua dente liuido
Canidia rodens pollicem,
Quid dixit aut quid tacuit ? O rebus meis

50
Non infideles arbitrae ,
Nox et Diana, quae silentium regis,
Arcana cum fiunt sacra ,
Nunc nunc adeste, nunc in hostilis domos

Orazio da in ' su, fisso in ' ed emori che rodendosi il pollice : 0 Notte, o Luna
significa morir male ’: vedipag.85 [LXI] dea del silenzio e del mistero, siatemi
nota al v. 1) ' basire fisso in ’ spectaculo favorevoli, volgete l'ira contro la mia
nella vista . 35 Cum promineret ore nemica. - Mentre nelle selve dormono
restando fuori col viso '. quantum ' di le fiere, si ha da sentire il latrato dei
quanto ' . 36 Suspensa mento corpora cani della Subura, che abbaiano al vec
il corpo d'un nuotatore, fino al mento ”. chio drudo unguentato, non senza il riso
37 Exsecta e estrattagli '. Pochi codd. di tutti ? - Come andò ? i velėni di Medea,
hanno Exsucta ' succhiata ’, o sarebbe quelli con cui si fa vendetta delle rivali ,
più espressivo. Exesa o exesta conget non valgono più ? - E sì che c'erano
turò Heinsius. aridum : tenendo exsecta tutti gl'ingredienti ! persino il letto di
questo agg . va inteso anche per me lui è unto de' miei misethra ! Ah ! ah !
dulla ; accettando exsucta e gli emm. i l'ha liberato una maga più abile di me. -
due sost, avrebbero ognuno il loro qua Vedremo ! sto preparando un filtro irre
lificativo. 38 Amoris - poculum “ filtro '. sistibile, che ti farà tornare a me, o
39 Interminato (da inter e minato) ' in Varo, piangendo, ardente d'amore, come
terdetto ’ , usato passivamente . cum se bitume al fuoco ”. Così spiego questo
mel una volta che '. 40 Intabuissent difficile passo dove io pongo interroga
e fossero marcite '. pupulae ‘ le pupille ? tivo al v. 60.
così dette dalla pupa che noi vediamo 47 Hic in tanto '. inresectum • dal
guardando altri negli occhi . 41 masculae l'unghia lunga ’ . saeua “nell'ira ’. 48 ro
libidinis la sozza '. 42 Ariminensem dens : segno d'ira occulta. 49 Quid dixit
di Ariminum ' , ora Rimini. 43 Et
tanto otiosa città di sfaccendati aut quid tacuit? poichè disse dicenda
ciarlieri ’: etiam fabulosa dicta est Nea tacenda (Epl. 1 , 7, 72) , digna atque indi
polis (città allora di Graeculi), quod a gna relatu Verg. Aen. 9,595 ; quanto dire,
cose inenarrabili, incredibili, rebus meis
rebus grauibus uacaret et fabulis indul alle mie operazioni ’. 50 Non infideles:
geret. Così€ uno Schol.; ma Porph . otio essa ne invocava la fede ( di uostram
sam pro quietam ' dixit simul quia fidem ) e le dee l'attenevano, arbitraete
otiosis id est uitae quietioris aptissimus stimoni ’ . 51 Nox : la nera dea delle ma
illa secessus est. 44 Et ' quanto ' omne liarde. Diana, che come Hecate era dea in
u . 0. per es. Puteoli, Capua, Sur ferna. quae silentium regische presiedi
rentum . 45 excantata (la tmesis non è al silenzio '. In tutti i sacrifizi occor
oziosa) : vedi a pag. 15, Occentatio 3.
uoce Thessala con formule tessaliche revail sacro silenzio : ευφημία έστω -
cioè magiche, 46 deripit ' trae giù ?. fauete linguis. 52 Arcana - sacra i sa
3. - Canidia e Varus. - Parla Canidia. cri misteri ’, fiunt si celebrano '. 53
HORATIVS IAMBI. 141

Iram atque numen uertite .


Formidolosis dum latent siluis ferae 55
Dulci sopore languidae,
Senem , quod omnes rideant, adulterum
Latrent Suburanae canes,
Nardo perunctum , quale non perfectius
Meae laborarint manus ? 60
Quid accidit ? Cur dira barbarae minus
Venena Medeae ualent,
Quibus superbam fugit ulta pelicem ,
Magni Creontis filiam ,
Cum palla, tabo munus inbutum , nouam 65
Incendio nuptam abstulit ?
Atqui nec herba nec latens in asperis
Radix fefellit me locis :
Indormit unctis omnium cubilibus
" Obliuione pelicum . 70

adeste siate favorevoli ’. hostilis ' della nidia era unguentaria. 61 e 62 Quid ac
nemica ’: espress. grottesca, da molti cidit ? ' che avvenne? ' perchè continua a
interpreti intesa del nemico ' cioè di frequentare hostilis domos ? a far latrare
Varo. 54 Iram atque numen il nume i cani della Subura ? dira - Venena, da
irato ' . 55 Formidolosis . paurose ' che me già sperimentati. barbarae 'dei paesi
vale ancora che incutono paura ’, 56 lontani' . minus ' non '. Medeae : vedi il
languidae ' abbandonate '. Questo distico prec. v. 10. ualent " hanno potenza ?. 63
esprime cosa non solo contemporanea Quibus - ulta coi quali dopo essersi
ma contraria a quella espressa nel se vendicata '. pelicem della rivale ', 64
guente . 57 Senem - adulterum al vec Magni C. f.: non pare aggiunta oziosa :
chio drudo ' cioè Varus, che non vuol vale sebbene fosse figlia d'un gran re ?
saper di lei che perciò lo chiama adul mentre la sua rivale è di quelle che, per
terum . quod omnes rideant cosa che fa dirla con Mart. 6, 66, in media sedent
rider tutti ' che si affacciano alle fine Subura. 65 palla “ il peplo ' , tabo d'un
stre nel sentire i latrati . 58 Latrent malefizio ' . munus : app . a palla. Sin qui,
hanno a latrare addosso ’ : usato atti mi par certo, Canidia parla di suoi ma
vamente. Suburanae della Subura ’, con lefizi, uso Medeà, contro le rivali, riusciti
trada malnomata. canes : opposte alle vani, perchè barbarae uenena Medeae mi
fiere che dormono nelle selve. La frase nus ualent . 67 e 68 Atqui ' eppure '. È
poi, costruita di scherni e imagini, ha questo, più che un carmen , una medita
questo semplice significato : mentre zione interrotta di Canidia ; e qui atqui
tutti dormono, questo vecchio deve ag mi pare si debba riferire, più che a ciò che
girarsi per le sue avventure ? '. Per la precede immediatamente , al primo quid
forma cfr. $. 2, 7,40 : Tu, cum sis quod ego accidit ? ' : nella quale interrogazione è
- ultro Insectere ? 59 Nardo perunctum compresa la meraviglia che il senex non
gocciolante d'unguento ' come un gio sia disamorato della pelex, e che la pelex
vane. Il vecchio amatore in Plaut. Cas. sia ancora al mondo. in asperis – locis,
2, 39 postquam amo Casinam – Myropolas dove crescevano i caprifichi amanti dei
omneis sollicito : ubicumque unguentum est sassi . Radix : pag. 29, III, 4.fefellit me ' mi
lepidum, ungor Vt illi placeam . quale non sfuggì '. Dopo locis le edd. hanno punto :
perfectius come non più perfetto ' : così io lo unisco al seguente più strettamente ,
in S. 1 , 5 , 41 animae quales neque can evitando l'intollerabile sconnessione del
didiores Terra tulit. È un soloecismus, discorso . 69 e 70 Indormit : asyndeton
secondo Porph. 60 laborarint (alcuni causatiuum : nel fatto , dorme , suol dor
codd. laborarunt) potrebbero prepara mire " cioè ha il letto ! unctis - cubi
re '. E di qui gli Schol. (e mi pare che libus (plur. per sing.) il letto stesso
noi dobbiamo seguirli) ricavano che Ca unto ' . omnium — pelicum : detto con en
142 LYRA ROMANA .

A a, solutus ambulat ueneficae


Scientioris carmine !
Non usitatis, Vare , potionibus,
O multa fleturum caput,
Ad me recurres , nec uocata mens tua 75
Marsis redibit uocibus :
Maius parabo, maius infundam tibi
Fastidienti poculum .
Priusque caelum sidet inferius mari,
Tellure porrecta super, 80
Quam non amore sic meo flagres uti
Bitumen atris ignibus ' .
Sub haec puer iam non, ut ante, mollibus
Lenire uerbis inpias ,
Sed dubius unde rumperet silentium , 85
Misit Thyesteas preces :
Venena magnum fas nefasque non ualent
Conuertere humanam uicem :

fasi: di qualunque rivale '. Obliuione: del Ringwood, citato dall'Or., o meglio
come amor, in Verg. Aen. 4, 515, (vedi quella del Turnebo che si fonda sulla
il pag. 29, III nota a v. 6) significa phil distinzione di carmen e potiones, di uo
tron, così qui obliuio vale misethron : ces e poculum : ' e tornerà a me attratta,
della malia, dell'unguento che fa di non da cantilene marsiche la ricon
menticare l'amore '. Qui dunque parla, durrà qualcosa maius, un poculum etc. '.
a mio parere , d'un altro tentativo, e que 77 Maius (cioè aliquid) parabo più po
sto su lui stesso ; anzi è un tentativo tente malia preparerò ’ infundam ver
che ne riassume e conchiude molti altri, serò ’. 78 Fastidienti (sott. me) che mi
come dicesse perfino ha il letto amma hai in uggia ' . 79 sidet ' si sprofonderà ’:
liato ! '. 71 A a : esclamazione di dolore inferius · più giù ' . 80 Tellure p. 8.'e*
o di scherno. solutus libero dagli in sopra il mare si stenderà la terra ’ : 09
canti ’ , ambulat ' va ’, lascia il letto. ue sia
e vadasi rovescerà il mondo. 81 flagres
neficae d'una maga ’. 72 Scientiorische in fiamma ’. 82 atris ignibus ' nel
più sa ' di me : confessione, che sa d'a fuoco fumante e nero '.
mara ironia, tanto da dubitare che an 4. Epilogo : la maledizione. Nel
che qui la frase sia interrogativa. car momento in cui il fanciullo è calato
mine e da un incantesimo ' . 73 Non nella fossa ( l'azione è sottintesa alle pa
usitatis : questa è come l'apodosi del role), prorompe: • Nulla vale contro le
discorso di Canidia , con asydeton, con vostre arti ? Ebbene io vi maledico, e
tono profondo e solenne. E la prima pa questa maledizione sarà inespiabile. E,
rola accenna alla malia che si sta pre morto, vi verrò a trovare di notte, vi
parando . Vare : alcuni codici lo chiamano grafierò il volto, vi peserò sul petto,
Alpho o Alfio. È il senex adulter. potio non vi farò dormir più. La gente vedrà
nibus ' per effetto d'un filtro '. 74 multa sui vostri visi i segni della mia perse
= multum , ma più forte, caput " persona, cuzione e vi lapiderà. I lupi e gli uccel
capo '. 75.Ad me, con forza : non più lacci si partiranno le vostre carni. Ei
alla pelex, recurres tornerai di corsa miei genitori, oh ! infelici, vedranno tutto
mens tua ' il tuo cuore , la tua volontà ' . e ne avranno conforto al dolore ?.
76 Marsis uocibus ' da formule di 83 Sub haec ' dopo queste parole ',
Marsi ' che erano abili incantatori : cioè guite dal fatto, ossia dal comincia
carmine '. L'altra uenefica agisce car mento dell'orrendo rito, iam non e non
minibus, uocibus : Canidia con filtri. re più ora ': ut ante: vedi i primi versi.
dibit ' tornerà a te ' ; interpreta dub 84 Lenire ' tentava commuovere '. 85
biosamente Porph . che spiega ancora dubius dubitando '. unde da quali pa
tornerà in sé ’. Più mi piace l'interpr. role ' cominciare. 86 Misit lancio
HORATIVS - IAMBI . 143

Diris agam uos ; dira detestatio


Nulla expiatur uictima. 90
Quin , ubi perire iussus exspirauero,
Nocturnus occurram Furor,
Petamque uoltus umbra curuis unguibus,
Quae uis deorum est Manium ,
Et inquietis adsidens praecordiis 95
Pauore somnos auferam .
Vos turba uicatim hinc et hinc saxis petens
Contundet obscaenas anus ;
Post insepulta membra different lupi
Et Esquilinae alites ; 100
Neque hoc parentes , heu mihi superstites,
. Effugerit spectaculum '.
Thyesteas preces esecrazioni da Tyeste ', l'umano avvicendarsi di colpa e ven
che nella tragedia di Ennio (Cic. T. 1 , 44) detta '. E se desse noia il passaggio
augura al fratello che naufraghi, e muoia dalla seconda persona ( conuertere) alla
su uno scoglio, coi visceri fuori, saxa terza (agam), non inefficace e innatu
spargens tabo, sanie et sanguine. 87 e 88 rale, si potrebbe pensare a conuertar,
Due versi indecifrabili, sicchè alcuni a che non inteso dopo ualent, fu corretto
magnum sostituiscono maga non, o ma in conuertere. Ma, purtroppo, le diffi
gica , a Conuertere, Non uertere ; contro coltà rimangono. 89 Diris con male
la lezione di tutti i codd. Le interpre dizioni ’ . E questa frase deve essere
tazioni tenendo la lezione di questi , sono avversativa al distico precedente. dira
molte e disparate, poichè Venena da al detestatio ' una maledizione solenne ’: 90
cuni è preso per soggetto , da altri per expiatur è espiata, tolta '. 91 Quin
oggetto , da altri per vocativo , quasi * farò di più ' : perire iussus * fatto mo
o ueneficae. Il Lamb. spiega : “ I veleni rire di questa lenta morte. 92 Noctur
valgono bensì molto, valgono a confon nus-- Furor (= Furia ) lemure, di notte '.
dere (conuertere ) il bene il male, non 93 umbra : Verg. Aen. 4, 386 : Omnibus
valgono a mutare la legge umana del umbra locis adero, 94 Quae uis ' come
contraccambio, del taglione ', L'Or. me è in potere ’. Manium ' delle anime dei
glio, tenendo conto del nesso con ciò che morti per un delitto. Così in Liu. 3, 58
segue : Le leggi divine, per cui si distin sono manes Virginiae — per tot domos ad
gue il fas e il nefas (magnum fas nefas petendas poenas uagati. 95 inquietis pal
que = la divina eterna differenza tra pitanti'di paura .praecordiis sul petto ',
bene e male) secondo i sensi umani (hu come un Incubus. 97 uicatime per le con
manain uicem : acc. libero come in Liu. trade ’ . saxis petens lapidando '. 98 ob
3 , 36, 3 suam cuiusque uicem = di cia scaenas anus vecchiarde malaugurose ',
scuno a sua volta) non riescono a cam con l'impronta delle unghie del morto,
biare i vostri veneficii: lasciata ogni pallide per la paura dell'incubus. 99 in
preghiera, io Diris agam uos. Nemmeno sepulta : pag. 82 (CVIII) . 100 Esquilinae
questa interpretazione può accontentare, (nota l' hiatus con alites) · delle Esqui
nè altra ne so trovare (anche emendando lie ', dove si buttavano poveri, schiavi,
magnum ) che mi soddisfi. Senza pretesa, condannati. alites corvi e avvoltoi
giudicherei che questo medesimo senso, 101 e 102 hoc – spectaculum questa
presso a poco , si potrebbe ottenere in dolce vista '. In spectaculum è l'idea di
terpungendo o intendendo così: Venena cosa che spectatur, cioè si guarda e ri
magnum ; fas nefasque non ualent : con guarda, con piacere perciò. heu : è l'escla
uertere (imperativo passivo) humanam mazione di dolore al ricordo di babbo e
uicem ! Grande il potere di queste ma mamma, mihi superstites ' che mi sopray
lie : bene o male non hanno valore : eb vivranno '. Porph. prende parentes per
bene ! rivolgiti ( contro loro ) secondo vocativo, e sottintende uos.
144 LYRA ROMANA .

X. [11 ]
Beatus ille qui procul negotiis,
Vt prisca gens mortalium ,
Paterna rura bobus exercet suis,
Solutus omni fenore ,
Neque excitatur classico miles truci, 5
Neque horret iratum mare ,
Forumque uitat et superba ciuium
Potentiorum limina.
X. L'IDILLIO DELLO STROZZINO . felice ; 9-36 Dolci fatiche e dolci premi;
Oh !, lontano dalla città e dalle sue noie, 37-38 Un'esclamazione ; 39-66 Vita di fa
il campicello di suo padre e i suoi bovi ! miglia ; 67-70 Conclusione inaspettata. La
Che vitaccia quella dell'usuraio, del sol seconda parte e la quarta, che conten
dato, del marinaro, dell'uomo di foro, del gono la descrizione della vita rustica
cliente ! - Che felicità invece maritare con un numero uguale di versi, sono
le viti ai pioppi, invigilare gli armenti, collegate dall' esclamazione strana, in
innestare gli alberi, purificare il miele, bocca del fenerator , che doveva avere
tosare le pecorelle ! Poi, d'autunno, che importanza massima per chi conosceva
gioia lo spiccare i frutti de' suoi innesti Alfius. Io ne ricavo il sospetto che tra
e l'uva da farne doni a Priapo e Silvano, questo Alfius fenerator, e l'Alfius Varus
che v'hanno protetto e difeso ! Che dol senex adulter del precedente vi sia molta
cezza il riposo all'ombra o nell'erba, tra molta parentela ...
lo strepito dei ruscelli , il cinguettio de 1. - Il solo stato felice. In can
gli uccelli, il murmure dei fonti! E d'in pagna ; non gli affari, non le fanfare dei
verno ? c'è la caccia al cinghiale , la caccia soldati e le tempeste dei marinai, non
ai tordi, ai lepri , alle gru chi soffre gl'imbrogli del foro e la superbia dei
più, tra queste dolcezze, del martello patroni. Questo è l'enunciato generale .
d'amore ? - Una donnetta sì ci vuole, 1 Beatus " Felice'con l'idea di “ricco '.
onesta, faticante , buona massaia, che ab procul negotiis ' lontano dalla vita agi
bia al tuo ritorno bella e pronta la fiam tata della città ” : otiosus. 2 prisca gens
mata e munga il gregge e spilli il vi m . quegli antichi uomini’ dei quali il
netto nuovo e prepari it desinare ! Un fenerator ha sentito dire ch'erano d'oro.
desinaretto, non d'ostriche, non di pesci 3 Paterna rura il podere ereditato
rari, d'uccelli forestieri; ma di olive e non accresciuto dalla sua avidità. bobus
d'erbe, con di rado un agnello e un ca suis : buona è la vita del contadino
pretto. E mentre si mangia , come brilla che lavora sul suo, non del mezzadro,
il cuore a contemplare il ritorno del intendiamoci: sembra dire Alfius. exer
gregge, il ritorno dei buoi stanchi, il cet coltiva '. 4 Solutus o.f.: è un ac
desco allegro degli schiavi nati in casa, cenno al mestiere di chi parla, fatto così
che t'amano ? Chi parla così dolce copertamente che può significare sì ' sen
mente ? Uno strozzino, Alfius, che ha il za fare ” e sì ‘ senza pagare usure '. 5
suo quarto d'ora di poesia. Al tredici del classico dalla fanfara ': taratantara , dice
mese riscuote tutto il danaro che aveva Ennio, fg. 95 Baehrens. miles ' come sol
fuori a frutto . Dopo diciassette giorni dato '. truci ‘ di guerra '. 6 horret ‘ ha
cerca d'impiegarlo di nuovo. Il bel pro i brividi ' come marino, iratum in tem
posito è durato mezzo mese. Assegno pesta ’. Della vita del soldato e del ma
il carme al tempo del procedente (il Gro rino ricorda i due momenti più brutti:
tefend lo crede del 719, il Fr(anke) del quello della battaglia e quello della bur
724) per una certa somiglianza di com rasca. 7 e 8 Forumque uitat : non è mai
posizione: vi si ode in tutti e due sin nè petitor nè reus nè aduocatus nè ac
dal principio una voce e non si sa di cusutor. superba – limina le soglie dei
chi: voce qui d'idillio, là di tragedia. magnifici palazzi ’ : Verg. G. 2, 501 fo
Curioso è che il senex adulter del prec. ribus domus alta superbis. Ma vi è anche
sia nei codd . chiamato Alfius, come il indicata l'alterigia e lo sprezzo del di
fenerator del presente, il quale pare vera ritto che avevano i nobili. ciuium – po.
persona, poichè è citato in Columella, tentiorum : che i clientes dovevano recarsi
1 , 7 , 2. Si può dividere : 1-8 Il solo stato di buon mattino a salutare. Per me c'è
HORATIVS IAMBI. 145

Ergo aut adulta uitium propagine


Altas maritat populos, 10
Aut in reducta ualle mugientium
Prospectat errantis greges ,
Inutilisue falce ramos amputans
Feliciores inserit ,
Aut pressa puris mella condit amphoris, 15
Aut tondet infirmas ouis ;
Vel cum decorum mitibus pomis caput
Autumnus agris extulit,
Vt gaudet insitiua decerpens pyra
Certantem et uuam purpurae, 20
Qua muneretur te , Priape , et te, pater
Siluane , tutor finium .
Libet iacere modo sub antiqua ilice,
Modo in tenaci gramine.

anche l'accenno alle spesse visite che mittantur ; nec longum tempus, et ingens
doveva fare e ai lunghi indugi che do Exiit ad caelum ramis felicibus arbos.
veva soffrire il fenerator in casa de' suoi inserit innesta '. 15 pressa , cioè pre
debitori. mit et spreme i favi, cola il miele e
2. Dolci fatiche e dolci premi. altra espressione brachylogica come la
Queste le fatiche : maritar le viti, vigi prec. e quella a pag. 103, v. 6 : uina
lar gli armenti, potare e innestare alberi pressa . puris nette ’. 16 infirmas “ le
da frutta, raccogliere il miele e tosare deboli, le timide ’ : basta ouis tradurre le
il gregge. D'autunno, gode a cogliere le pecorelle '. E s'intende che non le vuol
frutta de' suoi innesti, l'uva delle sue tosare tutte esso ; ma si occupa anch'esso
viti , o non dimentica il dio della fecon nel lanitondium . 17 Vel cum (forma di
dità e quello dei confini. Giace allora al trapasso : vedi Verg. Aen . 11 , 406) * An
l'ombra o nell'erba folta, ode sussurrare che : quando ' . decorum mitibus pomis
i rivoli, cantare gli uccelli, e s'appisola adorno di frutta mature '. 18 Autum
al murmure delle fontane. D'inverno, va nus : personificato . extulit alza ' . 19
alla caccia dei cignali, o dei tordi, o di gaudet – decerpens (alla greca) ‘ gode di
lepri e gru, iucunda praemia . cogliere ' , insitiua pyra ‘ le pere de'
9 Ergo: la terza parte comincia con suoi innesti ' : richiama i v. 13 e 14. 20
Quodsi: tutte e due con notevole fami Certantem purpurae (dat. alla greca)
liarità. adulta u . p. coi tralci, già grandi, che gareggia con la porpora ' cioè nera
delle viti ’. 10 maritat : vedi a pag. 100, con riflessi rossi : richiama i v. 9 e 10.
v. 49 e nota, e v. 54. populos : anche 21 Qua : si riferisce solo a uuam, ma
oggi giorno servono, come gli olmi, a s'intende anche di pyra, muneretur fare
sostegno delle viti, 11 in reducta ualle un dono per gratitudine ’: vedi a pag. 111,
in un angolo della valle ’. mugientium : 2, specialmente i v. 10-15 a pag. 112 ; cfr.
usato per il sost. , con grazia , come in pure a pag. 113, i v. 13 e 14. Poichè
Verg. G. 1 , 272 : Balantumque gregem Priapo oltre a far fertili gli alberi e ab
fluuio mersare salubri, dove , più che non bondevoli le messi, faceva anche grassi
vediamo le pecore, udiamo il loro con gli agnelli e sicuro l'orto , si può cre
fuso belare nell'acqua ; e qui si fanno dere che con questi due versi siano ri
sentire i mugli da varie parti , nell'ora chiamati i v. 11 e 12 e i v. 15 e 16. pater
tranquilla della pastura. 12 Prospectat dio '. 22 Siluane : l'antico italico dio
guarda ' come pastore. errantis ran delle selve , quegli che (Grom . 1 , p. 302)
dagi ’. 13 Inutilisue (così il Bent. i codd . primus in terram lapidem finalem posuit.
- que) - ramos ‘ i rami salvatici ’ de 23 Libet : nella stagione buona, dopo rac
gli alberi da frutta. falce ' col falcetto ”. colta, quando si può riposare. ilice lec
14 Feliciores : l'occhio o gemma d'una cio '. 24 tenaci che impedisce il passo
altra pianta, da cui vengano rami frut tanto è folta e alta. Così il Dill(enbur
tiferi ’. Verg. 2, 79 : feraces Plantae im ger) . Or. saldamente radicata ”. Il Torº
PASCOLI, Lyra Romana 10
146 LYRA ROMANA .

Labuntur altis interim ripis aquae, 25


Queruntur in siluis aues,
Fontesque lymphis obstrepunt manantibus,
Somnos quod inuitet leuis.
At cum tonantis annus hibernus Iouis
Imbris niuisque conparat , 30
Aut trudit acris hinc et hinc multa cane
A pros in obstantis plagas,
Aut amite leui rara tendit retia ,
Turdis edacibus dolos,
Pauidumque leporem et aduenam laqueo gruem 35
Iucunda captat praemia.
Quis non malarum, quas amor curas habet,
Haec inter obliuiscitur ?
Quodsi pudica mulier in partem iuuet
Domum atque dulcis liberos , 40

rentius, seguito dal K. che alletta e ri che per esser rada non è veduta. dolos
tiene ' uirore suo l'uomo, il quale non si che inganna ’: auidis rete subdolum tur
sa decidere ad alzarsi : perciò interim dis è in Mart. 3, 58, 26. 35 Pauidumque
che segue. E così va bene: solo io ag leporem : anapaestus e tribrachys mo
giungerei l'idea di ritenere col suo strano la leggera corsa della lepre, adue
folto '. 25 e 26 Due versi dolcissimi nam che viene da lunge ’: vedi in Cic .
che si fanno come eco con le arsi. 27 de nat. deor. 2 , 125 la descrizione esatta
Fontesque l. o. m . ' le fonti sussurrano del loro viaggio. 36 captat prende ?
per lo sgorgar dell'acqua ’. Ma dopo il praemia, delle sue fatiche, e la parola
mormorìo del ruscello, si aspetterebbe conclude bene questa seconda parte.
qualche rumore nuovo. Onde il Markland 3. - L'esclamazione. Chi non di
seguito dal K. muta Fontesque in Fron mentica tra queste dolcezze le pene del
desque e interpreta : e alle acque gor. l'amore ?
goglianti fanno eco le foglie degli alberi 37 malarım (a cui va unito curarum
che stormiscono ' . Altri altrimenti. 28 attratto da quas in curas) i dolorosi
Somnos leuis un pisolino ?. inuitet. pensieri '. amor : in senso cattivo : cfr. a
può invitare a fare ”. Era ciò che pia pag. 66, v. 8. habet ' ha in se ' . 38 Haec
ceva poi a Orazio nel suo Sabinum : Epl . inter : anastrophe. obliuiscitur : è evi
1, 14, 35 : prope riuum somnus in herba. dente che Alfius, come scapolo e inteso
29 At : trapasso sensibile, come sor tutto ai guadagni, ha degli amorazzi.
gesse un'obbiezione : sì, ma d'inverno ? 4. Vita di famiglia. Se poi c'è
tonantis -- Iouis : l'inverno si annunzia una buona moglie, a regger la casa e ad
con fragorosi temporali. annus hibernus allevare i bimbi ( una Sabina, un'Appula
la parte invernale dell'anno '. 30 Im ci vorrebbe) che mi prepari una cena
bris niuisque: vedi a pag. 129, v. 1 e 2. casalinga ; che farne dei cibi scelti e de
conparat addensa ’. 31 trudit spinge ? licati , quando si hanno le olive dei suoi
acris feroci : si comprende perchè alberi, le erbe del suo orto, a quando a
questo agg. acer sia ( vedi pag. 121 , v. 5) quando un agnello o capretto de' suoi
unito con Spartacus. hinc et hinc : per chiusi ? Si vedono intanto tornare il
hinc et illinc, multa cane : collettivo : il gregge e i buoi, e gli schiavi , a desco ,
femminile è amato dai poeti, trattandosi intorno al focolare pulito ? .
di animali veloci , o anche di bestie di 39 Quodsi : è formula familiare di pas
malaugurio. 32 obstantis tese sul lor saggio a una idea suggerita, quasi al
passaggio ’: plagas ' reti ’. 33 amite (con l'improvviso, dalla precedente : quindi
tre brevi) ' su lo staggio ” : è, come dice puoi tradurre: " Tieni, e se ' : pudica : in
Festus furcula seu pertica aucupalis. leui opposizione all'amor che procaccia ma
(con e lungo ) liscio ?. 34 edacibus ghiot las curas. in partem per la sua parte ?
ti ', o meglio che corrono a beccare " iuuet : vedi a pag. 11 , VII, v. 8. 40 dul
le bacche degli alberi , di là dalla rete, cis liberos : Verg. G. 2 , 523 : dulces pendent
HORATIVS IAMBI . 147

Sabina qualis aut perusta solibus


Pernicis uxor Appuli
Sacrum uetustis exstruat lignis focum
Lassi sub aduentum uiri,
Claudensque textis cratibus laetum pecus 45
Distenta siccet ubera,
Et horna dulci uina promens dolio
Dapes inemptas adparet;
Non me Lucrina iuuerint conchylia
Magisue rhombus aut scari, 50
Siquos Eois intonata fluctibus
Hiems ad hoc uertat mare ;
Non Afra auis descendat in uentrem meum ,
Non attagen Ionicus
circum oscula nati. 41 Sabina : Ovidio in della donna da casa si è nella mente di
med . fac. v. 11-16 fa cenno della vita Alfius limitata alla parca mensa , così
dura delle antiche Sabine: matrona anche la conclusione è tutta mangerec
Adsiduum duro pollice nebat opus, Ipsa cia. Lucrina - conchylia le ostriche del
que claudebat quos filia pauerat agnos , lago Lucrino , d'ottimo sapore secondo
Ipsa dabat uirgas caesaque ligna foco . Plinio HN . 9 , 54. iuuerint c'è caso che
qualis: va unito con exstruat, siccet, ad. gustino ’: 50 Magisue : il magis è sot
paret ' come una Sabina – può etc. '. Per tinteso anche nel v. precedente. rhombus
altri, anzi per i più , exstruat è coordi. rombo, passera '. scari i pappagalli
nato a iuuet; e Mureto, cui parve duro marini’che, anche oggi , non si trovano
l'asyndeton , congetturò al v. 43 Sacrum sulle coste d'Italia , ma solo nell'arcipe
et uetustis. perusta solibus incotta dal lago greco . Pare però che al tempo dio
sole '. 42 Pernicis -Appuli del fati razio qualcuno ne comparisse anche da
cante Appulo '. 43 Sacrum – focum il noi , portato dalla tempesta, di questi
focolare ?. uetustis – lignis legna sta pesci che solo, secondo Plinio HN. 9, 29,
gionata '. exstruat ammucchi '. 44 sub ruminano e vivono di piante acquatiche
aduentum quando sta per arrivare ’. Non e non di pesci ’ . Al tempo di Tiberio, se
si creda che qui il poeta continui la de condo il medesimo Plinio l . C., furono
scrizione dell'niems iynaua : già, Alfio, immessi nelle nostre acque, donde, co
pur senza perdere di vista sé medesimo, me dicemmo, ora sono scomparsi. E un
parla d'un Sabino o Appulo ; poi , la mas pesce ovale di bellissimo colore, rosso,
saia non fa il fuoco per asciugare il ma rosa, viola , rancio , azzurro . Ed aveva,
rito stanco , ma per cucinargli la cena. come vivanda, il principatum sì che En
45 textis cratibus ' nel chiuso ingratic nio lo chiama cerebrum Iouis. 51 Eois
ciato ?. laetum ' florido ’: pecus : che torna fluctibus * dai mari d'Oriente ’ , dall'Egeo,
col suo marito . 46 Distenta ‘ gonfie e dal mar di Creta , intonata con tuoni '
tese '. siccet asciughi, munga ': per for 52 Hiems una burrasca '. hoc nostro
nir di latte o di latticini la cena . 47 Questa scienza non è , mi pare, senza
horna " dell'anno ’ : non vino vecchio , che intenzione in persona del fenerator, che
è cosa da signori, dulci: l'agg. che si rife era forse anche un lurco, un comedo, un
risce propriamente al vino, ne vuol più uenter (per dirla con Lucilio , pag. 9, 24
diminuire che accrescere ilpregio ; poichè Gerlach ) oltre che un amator. E nelle
vale che sa di dolce '. Verg. G. 1 , 295 : due qualità sue , doveva notarsi continua
dulcis musti, promens spillando ' .dolio: la guerra tra il libito e l'avarizia : onde
dove si metteva il mosto che poi, bol un sapor comico nuovo nel suo ideale
lito e purificato, passava nelle amphor ae di donna faticante e di cena semplice..
e nei cadi: dunque ' dal tino ' . 48 inemp 53 Afra auis la gallina faraone o nu
tas non compre ’, nate nel suo orto , midica, che allora allora (Varro RR . 3, 9)
procacciate dal suo ovile. adparet ' im era entrata in triclinium ganearium - e
bandisca '. 49 Non : comincia l'apodosi culina e si vendeva propter penuriam
la cui protasi sarebbe semplicemente si magno. 54 attagen Ionicus ' il francolino
mulier iuuet; ma poichè la descrizione ionico ”, che è detto da Plinio HN. 10, 48;
148 LYRA ROMANA .

55
Iucundior, quam lecta de pinguissimis
Oliua ramis arborum ,
Aut herba lapathi prata amantis et graui
Maluae salubres corpori,
Vel agna festis caesa Terminalibus ,
Vel haedus ereptus lupo. 60
Has inter epulas ut iuuat pastas ouis
Videre properantis domum ,
Videre fessos uomerem inuersum boues
Collo trahentis languido ,
Positosque uernas, ditis examen domus , 65
Circum renidentis Lares . '
Haec ubi locutus fenerator Alfius,
Iam iam futurus rusticus ,
Omnem redegit Idibus pecuniam ,
Quaerit Kalendis ponere. 70

quondam existimatus inter raras aues, nissero τα λυκόβρωτα πρόβατα ;


iam et in Gallia Hispaniaque capitur et sicchè, anche qui, Alfius colorisce la sua
per Alpes etiam . 5. Iucundior : è qui , mi avarizia, e questa volta col buon gusto
pare, un aprosdoceton ; il dist. prec. con di ghiottone. 61 iuuat: gli par d'esserci .
la solennità dell'anaphora e dei due epi pastas ‘ dalla pastura ’. 63 uomerem in
theta Afra e Ionicus e del concettoso uersum , perchè non tagli più : finito il
descendat in uentrem meum , fa dire a chi lavoro, i bovi (Verg. Ecl . 2, 66) aratra
conosce l'avarizia di Alfius : belle forze ! iugo referunt suspensa. 64 languido ºri
costano troppo ! E ora questo iucundior, lassato ? perchè l'aratro portato a quel
che fa cambiare il senso alle propp. pre modo, pesa più. 65 Positosque a ta
cedenti, sembra detto con un soggbigno vola '. uernas e schiavi nati in casa 5
malizioso del ghiottone . Traduci , per con ditis : la casa
perciò affezionati e amati. segno
servare la grazia del testo, con un av che ha molti uernas, dà di pro
verbio : ' con più gusto mio '. lecta colta sperità, poichè il padrone non ha avuto
con cura ’: pinguissimisiuetroppo fecondi, bisogno di venderne. examen " sciame ’;
carichi ’. Ma i più vi vedono un'hypal e la parola fa supporre il lieto ronzìo
lage, quasi dica grossi, pingui’dei rami, della cena . 66 Circum renidentis Lares
intendendo delle bacche. Io vi vedo l'in intorno ' al focolare che era nel mezzo
tenzione di metter d'accordo l'utile col e portava le statuette di cera nitida, de
dolce : un'avvertenza di buon massaio, gli dei della casa: i Lari’che rilucendo
che libera il ramo troppo carico, nel per la fiammata sembrano prender parte
provvedersi di oleae albae, di cui vedi alla festa .
Cato AC. 117, 57 herba lapathi “ il rom Conclusione inaspettata. Chi
bice, il lapazio ’, erbaccia comune nei 5.
prati, che si stimava buona a sciogliere il ha parlato ? un usuraio , Alfio, che s'è
ventre. graui ' costipato ?. Anche qui Al. innamorato della campagna . Alle Idi ri
fius sembra ripromettersi di fare un bene nunzia agli affari, alle Kalende ci torna .
sì ai suoi prati e sì al suo corpo. 59 67 ubi con redegit. fenerator : con par
festis -- Terminalibus ' nella festa del dio ticolar forza, perchè precede. 68 Iam
Terminus ’ VII K. Martias, ossia nel 23 iam proprio sul punto . 69 redegit ' ri
di Febbraio, nella qual festa, come dice scosse’dai suoi creditori. Idibus: le Idus,
Ovidio F. 1 , 655 : Spargitur et caesa com come le Nonae e le Kalendae erano so
munis Terminus agna . Un agnello in co lite dies pecuniae (Cic. ad Att. 10, 5)
mune dai due confinanti: dunque la spesa giorni di pagamenti: Cic. Verr. 1, 57 :
è solo mezza . Anche in ciò si vede l'ava Nemo Rabonio molestus est, neque Kal.
rizia ,qui colorita di religione. 60 ereptus Decembribus neque Nonis neque Idibus :
lupo strappato di bocca al lupo ' che onde Orazio stesso S. 1 , 3, 87 chiama tri
perciò è andato. Ma era opinione ( Plut. stes le Kalende, perchè convien pagare
Symp. 2, 9) che più gustosa la carne for Mercedem (il frutto) aut nummos ( il capi
HORATIVS -IAMBI. 149

XI . (xiv]
Mollis inertia cur tantam diffuderit imis
Obliuionem sensibus, 1
Pocula Lethaeos ut si ducentia somnos
Arente fauce traxerim ,
Candide Maecenas, occidis saepe rogando : · 5
Deus , Deus nam me uetat
Inceptos olim , promissum carmen , iambos
Ad umbilicum adducere .
Non aliter Samio dicunt arsisse Bathyllo
Anacreonta Teium , 10

tale). 70 Quaerit cerca, s'informa ’ : e somnos (da ducentia ) sonno senza so


facilmente gli sarà successo, di trovare, gni ’, infinito, pieno d'oblio, ducentia che
poichè in quel giorno di scadenza molti portano, cui segue ’ . 4 Arente fauce ' con
erano i debitori con l'acqua alla gola. Ka la gola arsa ' di sete. traxerim abbia
lendis : nelle K. seguenti. ponere col tracannato '. 5 Candide ' sincero ' che a
locarlo, schietta domanda esige schietta risposta.
XI. - STANCO E INNAMORATO. Nel Maecenas : l'amicizia è divenuta strettis
719 probabilmente Orazio pubblicò il sima in tre anni dal viaggio a Brindisi,
primo libro di Saturae o Sermones. E dopo la pubblicazione del primo libro
gl'lambi cominciati prima non forma Sermonum . rogando: da cui dipende iner
vano ancora un libro. Si avvertirebbe tia cur diffuderit. 6 Deus : l'Amore, come
anzi, tenendo le mie supposizioni, dal si vedrà : intanto ci lascia sospesi e, con
717 al 723 , nel quale ultimo anno com la ripetizione , meravigliati. Deus: per
pose i due seguenti,un intervallo di poco la ripetizione, vedi a pag. 135, v. 20 ,
o nessun lavoro intorno a questi iambi Hoc hoc; a pag. 132, v . 11 , Caue caue ; a
suggeriti dal fervore di giovinezza. La pag. 126, v. 1 , Quo quo. 7 Inceptos olim
ragione di ciò è nell' [XI) e nel presente, (altri interpunge dopo inceptos; io seguo
Orazio dichiara nel primo dei due di non il K.) cominciati da tanto tempo ' da
poter più Scribere uersiculos perchè af. prima che ci conoscessimo. promissum
flitto da pena d'amore, in questo di non carmen (apposizione a iambos) ^ libro di
valere Inceptos olim -- iambos Ad umbili versi molto aspettato ” : in AP, 45 è pro
cum adducere, perchè un Dio , l'Amore, missi carminis auctor. 8 Ad umbilicum :
glie lo vieta. Il tempo di questi due canti, qui è per il regolo ' i cui capi si chia
incerto al tutto, io supporrei fosse tre mavano umbilici, al qual regolo si at
anni dopo gl’iambi ultimi composti, nel taccava la carta finita di scrivere e poi
720, poco dopo la pubblicazione dei Ser si avvolgeva : sicchè svolgendola si ve
mones. Pare probabile che Mecenate ac deva subito il principio del libro. addu
cogliesse quel libro con questa domanda : cere condurre '; e tutta la frase vale
o gl'iambi ? Perchè tutto porta a cre condurre sino alla legatura ’, cioè fi
dere che Mecenate, almeno sul principio, nire '. Vedi a pag. 35, v. 7. 9 Spiega, con
gustasse molto più della Satura Luci asyndeton, il senso del v. 6, che fino a
liana, questo genere iambico che ricor ora è naturalmente indeterminato. Sa
dava più il suo diletto Catullo. Argo mio - Bathyllo : fanciullo amato e cantato
mento: ' Mi uccidi nel domandarmi sem da Anacreonte e, al solito , 'perseguitato
pre il perchè della mia inerzia : è un anche dagli Anacreontici. arsisse : fa sot
Dio, Amore, che non vuole che continui tintendere Ardeo enim non aliter ac, 10
e finisca il libro degl' iambi ; un amore Anacreonta : poteva per la violenza del
come quello d'Anacreonte, che suggeri l'amore citare piuttosto, come fece poi (C.
sce canti flebili e semplici. Anche tu 1 , 32 ; 2, 13) Alceo o Saffo. Forse noi qui
sei innamorato, e se di migliore e più possiamo seguire il passaggio di Orazio
bella, godi: la mia è una liberta e, di più, dall'iambica alla melica. Teium : di tre
poco fedele. sillabe. 11 caua testudine con la lira '.
1 o 2 Mollis che ammollisce ' la fi fleuit: era certo nella poesia d'Anacreonto
bra. imis - sensibus (dat.) ' nel più pro il contrasto tra l'età sua e l'amore ; donde
fondo dell'essere mio '. 3 Lethaeos la tristezza, di cui abbiamo testimo
150 LYRA ROMANA .

Qui persaepe caua testudine fleuit amorem


Non elaboratum ad pedem .
Vreris ipse miser : quodsi non pulchrior ignis
Accendit obsessam Ilion ,
Gaude sorte tua : me libertina, nec uno. 15
Contenta, Phryne macerat .
XII . (VIII )
Quando repostum Caecubum ad festas dapes,
Victore laetus Caesare,

nianza, più che in suoi frammenti, in un patra sognava e minacciava. Onde a lei
epigramma dell'Anth. Pal. 7 , 31. 12 Non fu dichiarata guerra. Per quell'anno tutti
e. a. p.: sembra significare con metro furono in sospeso nell'aspettazione di
non rigoroso ’, con licenze come l'ana grandi avvenimenti . Antonio voleva por
clasis dell' ionico anacreonteo , oppure tar le armi in Italia, ma giunto a Ker
con metro di non uguali piedi ’ come kyra seppe di navi che incrociavano
i glyconei e pherecratei, pur molto usati presso i monti Keraunii e si ritrasse
dal poeta diTeos. In ogni modo il senso credendo che fosse Cesare con l'armata
poggia più su caua testudine : Orazio non intera . Svernò a Patrae e per tutta la
si sente più di continuare negliambi. primavera dell'anno seguente a Roma
13 Vreris : riprende l'ardeo o uror sot non poterono giungere che notizie di
tinteso al v. 9. ipse ' anche tu '. miser : qualche diserzione di Antoniani, di qual
vedi a pag. 86, nota al v. 21. Dice que che sbarco di Agrippa, del tentativo di
sto a prevenire rimproveri. quodsi : vedi Cesare su Kerkyra ; notizie atte a dar
prec. v. 39, non pulchrior ignis non fu qualche speranza, non a togliere tutti i
più bella ' della tua donna quella che timori. Diqueste speranze o timorisono
face ’. 14 Accendit arse ', o secondo il eco questi iambi dei primi mesi del 723.
K. • diede con la sua fiaccola il segno Secondo tutti (credo) gli altri , sono in
dell'assalto ’ : poichè Verg. Aen. 6, 518 vece un impeto di gioia alla prima no
rappresenta Helena : flammam media ipsa tizia della vittoria Actiaca. Quando, o
tenebat Ingentem et summa Danaos ex Mecenate, il ricco convivio della vittoria ,
arce uocabat. I più intendono ignis nel tra il suono delle tibie e della lira ? come
senso di amore , fiamma ' come in Verg. pochi anni sono per la sconfitta di Se
ecl . 3, 66 : meus ignis Amyntas ; e le due sto, che osava minacciar Roma co' suoi
interpretazioni si possono anche combi schiavi liberati. E ora è peggio : Romani
nare insieme. 15 e 16 libertina : tutt'al sono schiavi d'una donna, soldati obbe
tro che un'eroina, una regina, un’Helena. discono ad eunuchi , tra le aquile si ve
Ma i comm. ne ricavano che l'amore di dono arnesi strani di mollezza. Finora
Mecenate fosse la bella Terentia che gli ( leggo adhuc nel v. 17) una diserzione
fu moglie amatissima e invidiatagli da di Galli , una fuga di navi , che stanno
Augusto. Il cenno non par conveniente. appiattate nel porto. E che indugi, o dio
nec uno Contenta : vedi Cat. [LXVIII] 135, Trionfo ? Il vincitor di Giugurta, il di
uno non est contenta Catullo. Phryne ' una struttor di Cartagine non ti meritarono
Frine ’ , secondo il K. che vede un gra quanto Cesare. Il nemico è già vinto (qui
zioso contrasto tra l'eroina cagione di il poeta è quasi uates, come nel [XVI]
distruzione a Ilio , e l'hetaira che, come pag. 120 e imagina avvenuta la vittoria,
dice Prop. 2, 6, 5, deletas potuit compo presente il convivio) indossa il sagum
nere Thebas. Il contrasto par poco pro di lutto, fugge a Creta, alle Syrti, o non
babile. Il senso è in quei due verbi: sa dove. Beviamo il vino della vittoria ;
ureris, macerat: ' se credi di soffrir di più , anneghiamo nel vino i pensieri in cui
perchè ami donna più bella e più nobile, siamo per la fortuna di Cesare '.
t'inganni ’ . 1 Quando : ricordo S. 2 , 6, 60, O rus,
XII. - NELL'ASPETTAZIONE . Nel 722 quando ego te adspiciam ? C. 1 , 24, 8,
di Roma (sono passati dieci anni da Phi Quando ullum inueniet parem ?; e ritengo
lippi) si facevano grandi preparativi di che introduca domanda di cosa troppo
guerra. Titius e Plancus, tra gli altri fug desiderata, tanto da lasciare poco luogo
giti da Antonio, avevano rivelato ciò che alla speranza. Orazio è impaziente di ri
Antonio faceva e pensava, ciò che Cleo cevere notizia della vittoria, non inva- .
HORATIVS IAMBI . 151

Tecum sub alta (sic Ioui gratum ) domo ,


Beate Maecenas, bibam ,
Sonante mixtum tibiis carmen lyra, 5
Hac Dorium , illis barbarum ?
Vt nuper, actus cum freto Neptunius
Dux fugit ustis nauibus,
Minatus Vrbi uincla , quae detraxerat
Seruis amicus perfidis. 10
Romanus eheu (posteri negabitis)
Emancipatus feminae
Fert uallum et arma, miles et spadonibus
Seruire rugosis potest ,
Interque signa turpe militaria 15
Sol adspicit conopium .

sato di gioia per averla già ricevuta. 3, 10 ) adatte a guerrieri : sebbene sia
repostum - ad festas dapes riservato in C. 4, 29 : Virtute functos more patrum
ai solenni conviti '. Caecubum : vino del duces Lydis remixto carmine tibiis -- ca
golfo Amyclano, generosissimo. 2 Vic nemus . E vedi a pag. 19 Carmina etc.
tore Caesareº della vittoria di Cesare ', 7 nuper : nel 718. actus freto cacciato
non ancora ottenuta. Mi parrebbe molto dallo stretto ' di Sicilia, in una battaglia
bizzarro il senso : la vittoria è ottenuta ; presso Messana da Ottaviano e Agrippa .
e quel vino promesso ? 3 sub alta Neptunius * il figlio di Neptunus ', come
domo : in turri Maecenatiana, come la egli stesso (App. BC. 5, 100) si diceva,
chiamavano, costruita negli orti Esqui e vestiva un paludamento color di mare,
lini. sic Ioui gratum sott. est : si riferi non rosso, come gli altri imperatores.
sce a tutto il pensiero, che è ringraziare 8 Dux : Sesto Pompeo. 9 Minatus ' che
con un festivo banchetto la divinità. 4 aveva minacciato ?. 10 Seruis - per
Beate ricco ? : e l'agg. vien bene dopo fidis : dice di lui Velleio, 2, 73 che acco
la menzione dell'alta domus. Gli altri glieva seruitia fugitiuosque in numerum
* felice, gioioso ' della vittoria. La men exercitus sui. Vedi a pag. 134 (IV). 11
zione dell'uomo e dello splendore della e 12 Romanus eheu : passaggio natura
sua casa, non è oziosa o intempestiva : lissimo dalla menzione di serui al pen
Ioui gratum est non il banchetto , ma il siero degli Antoniani , venduti a una
banchetto solenne, Saliaribus dapibus, femmina (emancipatus), schiavi (seruire)
come dirà nel C. 1 , 37 che è il vero canto di eunuchi. Emancipatus vendutosi .
Sonante --– lyra feminae: a Cleopatra che da Antonio
per la vittoria
mentre la lira faccia 5udire
Actiaca. '. mixtum (Dio Cass . L. 5) era chiamata “ regina e
tibiis : così nel proemio ai suoi canti li padrona ', e aveva come guardie soldati
rici chiede (C. 1, 1 , 32) le tibias d' Eu romani . 13 e 14 Fert uallum et arma :
terpe e il Lesboum barbiton di Polyhym meglio staccarlo da miles : portano i
nia, e spesso ne udremo misto il suono. loro duri arnesi di guerra al servizio
Notiamo che qui è indicato dunque chia d'una donna, nel suo codazzo, per sua
ramente un canto lirico, non iambico ; guardia, čo puepopoūvtes, come dice
non questo, ma quello che poi fece (C. 1 , Dio. Cass. L, 25. miles et ( = et miles ) ' e
37) guerresco e simposiaco. 6 Hac, cioè militando, nella milizia , sebbene miles '.
la lira. Dorium : Doria chiama Pindaro spadonibus rugosis : dice Dione L, 5,
(Ol . 1 , 17) la phorminx, e l'armonia do che Antonio seguiva la regina, a piedi ,
rica dice Plut. ( de mus . 17) adatta a
guerrieri. illis, cioè le tibie , barbarum con gli eunuchi. E di questi è nominato
- Phrygium : l'armonia adatta ai sim Mapčlwr Plut. Ant. 60, come uno di
posii: C. 3, 19, 18 : Insanire iuuat: cur quelli presso cui era il comando del
Berecyntiae Cessant flamina tibiae ? Le l'esercito di Cleopatra e Antonio . potest
tibie in tono phrygio egli vuole, per un etollera ': ben difficile è la spiegazione
simposio in cui la gioia sembri insania ; di questo presente a chi suppone An
come in quello del carme citato ; non in tonio già in rotta. 15 e 16 signa -- mi
tono Lydio, che non erano (cfr. Plat. Pol. litaria: aquile delle legioni, lupi draghi
152 LYRA ROMANA .
Adhuc frementis uerterunt bis mille equos
Galli canentes Caesarem
Hostiliumque nauium portu latent
Puppes sinistrorsum citae. 20
Io Triumphe, tu moraris aureos
Currus et intactas boues ?
IoTriumphe , nec Iugurthino parem
Bello reportasti ducem ,

cignali dei manipoli. turpe conopium diserzione non parla. Per me è un fatto
anteriore, avvenuto quando Antonio (co
(XW VW TETOV : abbreviata la penultima) me narra Dione L, 11 ) non si noveva
* l'effeminato zanzariere’di cui usavano da' suoi quartieri , perchè i suoi trieriti
gli Alessandrini contro le molte zanzare misti di vari popoli e sverranti lungi da
del Nilo . adspicit : quasi, soffre di vede lui (nel 9, 3, parla di soldati in genere)
re ' , d'illuminare quell' istrumento di erano decimati da malattie e diserzioni.
mollezza tra le metalliche insegne del va Una schiera di Galati passò allora forse
lore romano. 17 e 18 Adhuc finora ' : al nemico ; onde il timore poi d'Antonio
risponde al Quando del principio. I codd. che il loro principe li imitasse. Si tratta
hanno per la maggior parte ad hunc, dunque d'un episodio, a noi ignoto, dei
poco spiegabile, sicchè alcuno emenda At prodromi della guerra , della quale arri
huc, altriAd hoc (a questa vista : Bent.) vavano ogni tanto notizie spicciolate
Ab hoc (da questa vista : Peerl.) At hoc a Roma. 19 e 20 portu latent : rac
(retto da frementes: questo sdegnando : conta Dione L, 11 , 2 che nella primavera
Or. e Dill.) . Nel pronome o avverbio , se Antonio non fece movimento di sorta
è legittimo, ci deve essere contrasto col da Patre. Questo per lo star nascosto
sinistrorsum del v. 20, una nozione quasi nel porto. sinistrorsum citae ' dopo avere
locale, per cui nel tempo stesso si veda sciato a sinistra ’ , cioè dopo aver fatto
un corpo di cavalleria venir qua ’, verso ciò che i latini indicano con la frase
noi, a destra, e una flotta sparir là ', inhibere remis e i greci con atpúrvav
lungi da noi , a sinistra . Quindi, non ac
cettando adhuc, preferirei la lezione At upoteolai. E questo, secondo me, al
huc che è in alcuni codd. ed è attestata lude a un altro fatto narrato da Dione
dal comm. Cruq. e ricevuta dal Hirsch L, 9, 2 : quegli (Antonio) si mosse come
felder. frementis, riferito a equos : altri per portar guerra a loro, inaspettata
frementes riferendolo a Galli cui si rife mente, in Italia : giunto a Kerkyra e sa
risce pure canentes. uerterunt: penult. puto che le navi di avanguardia man
breve. bis mille - Galli ( = duo milia date alla scoperta di lui, incrociavano
Gallorum ) : allude a una diserzione di intorno ai monti Keraunii sospettò che
Galli o Galati accennata da Plut. Ant. 63 : Cesare in persona con tutta l'armata
vi furono anche diserzioni di re, Amyn fosse giunto, e non si avanzò più oltre,
tas e Deiotaros, a Cesare . Fu prima anzi si ritirò nel Peloponneso, a Patrae,
della battaglia Actiaca : ma quanto tempo dove svernò. 21 e 22 Io Triumphe :
prima ? Dal luogo di Plutarco bisogne vedi a pag. 18, nota al 13, in fine, tu
rebbe credere, pochi giorni. E se così si moraris - e tu indugi' a far procedere :
credesse, il canto dovrebbe essere stato è impazienza non del trionfo dopo la vit
fatto, come i più stimano, per la prima toria, ma della vittoria stessa. Con qual
notizia della grande vittoria ; e restereb gusto Orazio avrebbe indicato la grande
bero senza spiegazione tante altre diffi battaglia con una diserzione di duemila
coltà, non ultima il freddissimo, anzi ri Galli e con lo stare appiattate delle navi
dicolo, accenno a tanta battaglia con nemiche ? Come prodromo e promessa di
questi quattro oscuri versi. Ma il luogo vittoria, invece, nulla di più conveniente,
è dubbio : nel 61 , 30 Plut. dice che Amyn se Dione stesso mette in bocca a Otta
tas non era presente , quinel 63, 20 parla viano, nella sua arringa prima della bat
della sua defezione. Poi ne parla come taglia, un cenno a queste diserzioni (L,
per incidente, come si ricordasse, dopo 27, 8) e a queste scaramuccie (1. 1. 30, 1) .
aver parlato della defezione di Domitius, intactas ' non dome ’. 23 e 24 Iugurthino
anche al quest'altra.
di timore DioneAntonio ac
L, 13, 8della - Bello º dalla guerra di Giugurta '. repor
cenna che ebbe tasti: si sott. a questo che riporterai
diserzione di Amyntas il Galata ; della sull'aureo cocchio . ' ducem : Mario . 25 e

1
HORATIVS IAMBI. 153

Neque Africanum , cui super Carthaginem 25


Virtus sepulcrum condidit.
Terra marique uictus hostis punico
Lugubre mutauit sagum .
Aut ille centum nobilem Cretam urbibus
Ventis iturus non suis, 30
Exercitatas aut petit Syrtis Noto ,
Aut fertur incerto mari .
Capaciores adfer 'huc, puer , scyphos
Et Chia uina aut Lesbia ,
Vel , quod fluentem nauseam coerceat , 35
Metire nobis Caecubum .
Curam metumque Caesaris rerum iuuat
Dulci Lyaeo soluere .

26 Neque Africanum (così i più dei codd. quasi profetico del poeta, che, del resto,
alcuni Africano): Scipione Emiliano : si più su ha detto delle navi nemiche : portu
sott. neque reportasti parem . super Car latent: espressione che può equivalere a
thaginem nelle rovine di Cartagine '. quest'altra : non si vedono più : dove
sepulcrum . ' il monumento di gloria ’: ma sono ? 32 fertur si lascia portare, erra '.
questo senso di sepulcrum pare arbitrario incerto mari ‘ non sapendo dove, per il
à molti, non al Bent. e al Peerl., i quali mare '. Credendo che il canto fosse fatto
poi super Carthaginem intendono più dopo la battaglia di Actio, qui si ve
alto di Cartagine '. Il Madvig seguito drebbe non so quale esitazione a cre
dal K. emenda Africani e intendo neque derla definitiva ; e sì che delle quattro
eo bello cui s. C. Africani uirtus sepul cento circa navi di Antonio sfuggirono
crum condidit : nè da quella guerra infi alla cattura, all'incendio, alla sommer
nita a cui l'A. scavò nelle rovine di C. sione poche più di sessanta. Non era
il sepolcro, cioè, pose termine. 27 e 28 più da prenderne pensiero. 33 Capa
Ciò che segue dice come per affermare ciores molto capaci , grandi ’: adfer
a sè la speranza. uictus, negli scontri - puer (vedi a pag. 43 (XXVII] 1 e 2) :
accennati.Agrippa andava facendo sbar sembra dire, dopo aver esposto i motivi
chi sulle coste della Grecia. punico (sott. a bene sperare : beviamo !34 Chia uina
sago) lasciata la veste purpurea '. Lu aut Lesbia : vini dolci. 35 Velo se
gubre (con la pen, lunga) = sordidum vuoi '. quod f. n .c .: particolare che parve
di lutto '. mutauit (che il Lachmann così sozzo al Peerl. da fargli condan
emendava in mutabit) indossò in cam nare il distico. Pure può adombrare una
bio '. E questo non è segno di rovina certa esitazione, dando alla richiesta del
avvenuta , ma temuta. Non c'è allusione Cecubo un colore diverso dal vero. 36
per me a ciò che fece Pompeius dopo Metire misura ’ attingendo col cyatho
la battaglia di Farsalo : detractis insi il vino dal cratere e versandolo negli
gnibus imperatoris Caes. BC. 3, 96 ; ma scyphi ; e c'è l'idea d'attenzione e len
al costume dei Romani di uscir sordi tezza. Caecubum : ecco chiaro il senso :
dati nei grandi frangenti. E la frase vale il Cecubo, che ha già detto essere de
* il nemico ha perduto il coraggio '. 29 stinato a festeggiar la vittoria. Beviamo
e 30 centum nobilem - urbibus : Hom. pure anche il Cecubo, poichè la vittoria
II. B, 649 εκατόμπολις . Ventis - поп è ormai sicura. 37 Curam metumque
suis = aduersis. 31 Exercitatas Noto l'ansia ', presente, secondo me, non
sconvolte dal Noto ’ di cui può essere ostante la speranza ; passata, secondo
gli altri. Caesaris rerum per la fortuna
preda. petit ‘ fa rotta per '. E il pres. ha di Cesare ’: 38 Lyaeo soluere sciogliere
valore di futuro, valore facilitato dal tono con ciò che scioglie'le ansie e i dolori.
154 LYRA ROMANA .

XIII. [1]
Ibis Liburnis inter alta nauium ,
Amice, propugnacula ,
Paratus omne Caesaris periculum
Subire , Maecenas, tuo .
Quid nos, quibus te uita si superstite 5
Iucunda, si contra , grauis ?
Vtrumne iussi persequemur otium
Non dulce, ni tecum simul,
An hunc laborem mente laturi , decet
Qua ferre non mollis uiros ? 10
Feremus , et te uel per Alpium iuga
Inhospitalem et Caucasum ,
XIII. - ALLA GUERRA. - Questo che l'interrogativo dopo i primi quattro ver
nel libro è il primo , fu composto forse si. In verità il Quid nos, con quel che
per ultimo. Lo pose primo Orazio per segue dà tono di domanda anche a que
chè, oltre esser diretto a Mecenate, con sti primi versi. Liburnis ; chiamano Li
tiene il ricordo de ' benefizi di lui e la byrnidi (dice Appiano, Illyr. 3) navigli
dichiarazione della sua gratitudine. È leggieri e celeri , biremi. Furono queste
anche questo della primavera del 723, che dettero la vittoria a Cesare. inter
quando Cesare dopo aver tentato una tra mezzo ' alta nauium propugna
sorpresa su Actio e aver incontrato nei cula : le navi d'Antonio, grandi, con gran
paraggi di Kerkyra una tempesta, ri di torri , simili a castella e città , dice
tornò a Brindisi e ivi raccolse (Dio Cass. Floro 4, 11 , 5 ; reuolsas Cycladas, dice
L, 11 , 5 ) tutti quelli che potevano dei Verg. Aen . 8, 691. 3 e 4 Caesaris peri
senatori e dei cavalieri, alcuni per averli culum Subire -- tuo ( sott. periculo ) ; e così
cooperatori, altri , perchè, lasciati soli, è frase insolita, onde alcuno propose tui.
non facessero novità, e sopra tutto per Vale sottentrare col tuo ad ogni peri
mostrare agli uomini , che il più e il me colo di Cesare ' . 5 e 6 Quid nos e noi ? ' :
glio dei Romani aveva d'una sola mente intende tutti gli amici, che si trovano
con lui. Tra questi chiamati era certo nominati nella Satura decima del primo.
Mecenate , che tuttavia rimandò a Roma, te - superstite ' con te in vita '. uita si
ad amministrare la cosa pubblica nella (sott. est) se la vita scorre '. Iucunda
sua assenza. Ma alla sua partenza da (sott. est) ' è gioconda ’. si contra ' se
Roma, nè Orazio nè forse Mecenate sa no ’ ; non osa dire la parola triste che
pevano che egli non sarebbe andato alla si oppone a superstite. Il K. ` cui la vita,
guerra ; anzi, tutto doveva far credere se è lieta con te vivo, sarà grave in caso
che ci andrebbe . In tale pensiero , Ora di sventara ' . 7 iussi : non e come vuoi
zio dice : Andrai dunque a dividere i ma se vorrai ’. otium ' la vita tranquil
pericoli di Cesare. E noi, che viviamo la '. 9 e 10 hunc laborem : opposto a otium .
della tua vita ? dobbiamo continuare , mente Qua ' con l'animo con cui ’ . la
senza te , questa vita pacifica ? o da turi (sott. sumus) opposto a persequemur ,
forti venire alla guerra ? Verremo , do con gradazione (da fut. semplice a fut.
vunque tu andrai . A che fare io (tu perifrastico ) naturalissima poichè col
domanderai) così inetto alla guerra ? Vi primo si domanda se si continuerà uno
cino a te avrei meno timore : sono come stato presente, col secondo se si è per
un uccello che vuol stare presso la sua cominciare uno stato nuovo . L'ellissi, qui
covata, perchè lontano temerebbe dei e sopra , denota nella domanda l'ansiosa
serpenti : eppure aiuto contro quelli non aspettazione della risposta. Il K. fon
potrebbe darne. Verrò alla guerra, ora dandosi su Porph. costruisce : an fere
e sempre, con te, per aver il tuo affetto, mus (opposto a persequemur) h. l. laturi
non campi e pascoli e ville. Tu mi hai mente qua decet ferre ; e pone l'interro
fatto ricco assai : non voglio tesori da gativo solo dopo pectore. decet - ferre
sotterrare o da sparnazzare '. uiros, ‘ si conviene sopportarlo a uomi
1 e 2 Ibis : seguendo Porph. il K. pone ni ’. non mollis : litotes. 11 e 12 Fere
.
HORATIVS - IAMBI. 155

Vel Occidentis usque ad ultimum sinum


Forti sequemur pectore.
Roges , tuum labore quid iuuem meo , 15
Inbellis ac firmus parum ?
Comes minore sum futurus in metu ,
Qui maior absentis habet :
Vt adsidens inplumibus pullis auis
Serpentium adlapsus timet 20
Magis relictis, non uti sit auxili
Latura plus praesentibus.
Libenter hoc et omne militabitur
Bellum in tuae spem gratiae,
Non ut iuuencis inligata pluribus 25
Aratra nitantur mea ,
Pecusue Calabris ante sidus feruidum
Lucana mutet pascuis,

emus a pullis che dipende sì da adsidens e sì


anc:hesolenne dopo laturi e ferre. uel
' , non e vuoi '. Con ciò che segue da timet : ' quando li ha lasciati ’, uti sit
Orazio non mostra già dubbio (sarebbe (il cod. Vat. Reg. citato a pag . 121,v . 4,
anzi abbaglio) sulla direzione che pren ha ut sit con altri : altri citati dal Bent.
derà Mecenate, ma vuol dire ' ti segui uti sit : i più ut adsit ' per quanto sia
remo per tutto ' cioè e per terra e per presente ' che, oltre essere ripetuto da
mare come a pag. 71 (XI ) : vedi nota praesentibus, è sospetto con ut adsidens
al v. 1. 13 Vel : anaphora. ultimum del v. 19) Latura non che sia per
sinum : dell'Oceano . 14 Forti — pectore : portare ' . auxili plus “ più d'aiuto ”.
riprende non mollis. 15 Rogesc'è il praesentibus quando li abbia avanti sé,
caso cho tu mi domandi '. Costrutto si sotto sé '. 23 e 24 hoc et omne questa
mile a pag. 141 , v. 38. tuum labore ( i o qualunque altra '. I più intendono: et
codd. hanno erratamente laborem ) - meo : libenter hoc omne ; ma l'hyperbaton di et
frase simile più sopra, C. periculum dopo due parole non è oraziano, nono
tuo. 16 Inbellis ac firmus parum : ‘ im stante l'esempio Etrusca praeter et uo
bello come poeta e poco robusto di cor late (pag. 124, v. 40) dove è forse, o senza
po '. Riconoscendo nel Roges un tono, forse, tmesis. militabitur : più grave che
almeno leggiero, d'indignazione, come militabimus. in spem : così Tac. Agr. 24
negli altri due esempi oraziani citati, copias instruxit in spem magis quam ob
questi due agg. sono più in bocca di formidinem . tuae gratiae ' di esserti
Mecenato che d'Orazio. 17 Comes ve grato ’. 25 Non ut non al fine che ', in
nendo con te ’ : vedi pag. 71 , v. 1 , co ligata “ attaccati ’: pluribus ' più di quelli
mites. 18 Qui maior : è una ripetizione, che ho ' . 26 nitantur si sforzino ' a sol
car la terra : lo sforzo è veramente del
con altre parole, delv . prec ., naturale in l'aratore e non dell'aratro, meis : Bent.
tale carezzevole stile, testimonio d'una
amicizia tenera e forte, che ebbe virtù preferisce mea di pochissimi codd.; ma
di congiungere i due amici anche nel con mea Orazio direbbe : ' non perchè i
transito supremo . Non si parli di adu miei aratri abbiano più giovenchi ” ; men
lazione : si amavano . 19 Vt : paragone tre vuol dire “ non perchè siano miei,
pieno di grazia quasi infantile : sugge mi appartengano in numero maggiore , i
rito forse dall'idea di poeta che è in giovenchi per arare ' ; cioè abbia mag
inbellis ? Poeta avrebbe suggerito uccello, gior estensione di terreno da arare. In
chè l'uno e l'altro hanno ali . adsidens somma meis è predicativo ed ha singo
ii. p. che ha i nidiacei senza penne an lar forza messo all'ultimo, come feris à
cora ’ , e perciò li cova tuttavia. 20 Ser pag. 127, v. 11. 27 e 28 Calabria -- pa
pentium adlapsus ' lo strisciar delle ser scuis ' dai pascoli della Calabria ' presso
pi ’ ossia che le serpi vi striscino '. la quale egli era nato. ante sidus ferui
21 e 22 Magis con timet e teme più ’. dumº avanti la canicola '. Lucana mutet
relictis (per altri abl. ass.) dat. da unirsi * passi a quelli della Lucania ’ regione
156 LYRA ROMANA.

Nec ut superni uilla candens Tusculi


Circaea tangat moenia . 30
Satis superque me benignitas tua
Ditauit : haud parauero,
Quod aut auarus ut Chremes terra premam ,
Discinctus aut perdam ut nepos .

Carmina ( Lib . 1 -III ) .


1
11
[I-1]
Maecenas atauis edite regibus, 1
O et praesidium et dulce decus meum

montuosa: così facevano e fanno : greges poesia che ha l'accompagnamento delle


ouium longe abiguntur ex Apulia in Sam tibie e della lira, la poesia alla quale,
nium aestiuatum : Varro RR. 2, 1 , 16 ; e come egli dirà (AP. 83) la Musa concesse
d'inverno si riconducevano a svernare diuos puerosque deorum Et pugilem uic
in pianura. Per la costruzione di uta: torem et equum certamine primum Et iu
vedi il prec. v. 27 e 28. 29 superni uenum curas et libera uina referre. La
Tusculi ( Tusculum era posto più su del poesia iambica, larabbia d'Archiloco non
l'odierno Frascati) dipende da moenia. faceva per lui : ciò che di strano, ridi
uilla candens una villa biancheggiante colo, irragionevole, brutto vedeva nella
di marmi '. 30 Circaea : perchè Tuscu vita, suscitava nel suo animo mite più
lum era stato edificato, secondo la fa il desiderio di correggere che la furia di
vola, da Telegono figlio di Ulisse da vituperare: per questo dal 714 al 724
Circe . tanyat tocchi ' cioè sia presso '. aveva scritto i due libri di Sermones,
31 benignitas ' larghezza '. 32 Ditauit : dove è più sorriso che rabbia, e più com
ne aveva avuto in dono, due anni, o poco passione che sdegno. Ora nemmeno a
più, prima, il Sabinum . haud : si trova questi si sente tratto, e per i migliori
solo qui degl' iambi e carmi d'Orazio. anni della sua vita dal 724 al 730, dai
33 auarus ut Chremes (ut a. Ch .) : per suoi trentacinque ai suoi quarantuno
sonaggio delle comedie. terra premam anni, canterà di ciò che è più nobile e
sotterri ’. 34 Discinctus dalla veste buono e dolce nella vita con l'animo
allentata ’ , segno di mollezza e sciope commosso d'amore. Sono ottantotto can
rataggine. perdamsperperi ’. ut : è nel ti, carmina, che egli divise in tre libri,
Vat. Reg. e in altri : in molti manca . dedicandoli a Mecenate con questa poe
nepos prodigo ' : poichè chi ha solo i sia ; la quale non è necessario credere
nonni presto impara a spendere e span fosse l'ultima composta, e nulla impe
dere, essendo viziato dalla loro tenerezza disce di supporre composta delle prime:
e meno sorvegliato per la loro vecchiaia, anzi una certa esitazione tra il distico
e il tetrastico, e piccole altre partico
II. ODI DEI PRIMI TRE LIBRI. larità che vedremo, ci possono incorag.
giare ad affermarlo. L'argomento è que
Il proemio . sto : ' O Mecenate, o mia difesa e onore ;
sono al mondo gusti diversi : c'è chi
L'IDEALE DI ORAZIO . L'amore (di aspira a una felicità quasi divina, alla
ceva Orazio, coine abbiamo veduto) gli gloria, agli onori, alle ricchezze; c'è
impediva di scrivere i piccoli versi iam gente più modesta che lavora e traffica
bici d'Archiloco (nihil me sicut antea iu attaccata al suo campicello o errante pei
uat Scribere uersiculos amore percussum mari. C'è poi chi intende altrimenti la
graui: [Ep. XI] v. 1 e 2) ; di condurre vita e si allontana dagli altri, pensando
a termine Inceptos olim , promissum car più che ad altro, al proprio corpo, o
men, iamlos : [XIV] v. 7. Altra poesia gli ziando nella campagna, militando, cac
arride, alla quale egli allude nel ( IX ],la ciando : a me non la palma dell'Olimpio
HORATIVS CARMINA . 157

Sunt quos curriculo puluerem Olympicum


Collegisse iuuat , metaque feruidis
Euitata rotis palmaque nobilis 5
Terrarum dominos euehit ad deos ;
Hunc, si mobilium turba Quiritium
Certat tergeminis tollere honoribus;
Illum , si proprio condidit horreo,
Quidquid de Libycis uerritur areis . 10

nice , ma l'edera del poeta dà la quasi risto ; per altri ancora ' soler sollevare ”,
divina felicità; a me piace la solitudine, perf. consuet . iuuat : più comune sarebbe
la campagna, l'aria aperta, ma col suono iuuet, metaque : che era così difficile ra
delle tibie e della lira (non dei litui e dere nel corso senza infrangervi il coc
delle trombe), ossia con la poesia lirica. chio. feruidis in fuoco ' per l'aggirarsi
Dimmi poeta lirico e io toccherò il cielo ? rapidissimo. 5 Euitata e scansata ' : la
I due primi ed ultimiversi stanno a sé : parola sembra poco pittoresca al Peerl.
in sedici versi si parla di quelli che vo che ricorda i vocaboli che avevano i la
gliono salire ad deos secondo il gusto tini per esprimere efficacemente questo
greco e secondo il romano, di quelli che pensiero : stringere, radere, terere etc. Ma
sono occupati dalla necessità della vita, non bisogna staccare il verbo dall'agg.
per terra e per mare : in altri sedici di feruidis, che ha quasi valore concessivo.
quelli che vivono appartati : gaudenti, palmaque: oltre la corona d'oleastro, di
guerrieri, cacciatori e il poeta. Difficile lauro, di pino, d'appio, secondo i luoghi,
è trovar la chiave dello svolgimento del si dava al vincitore anche un ramo di
pensiero in questo proemio , nè io credo palma : Pausanias, 8, 48. nobilis che dà
averla trovata. Ma anche quella offerta gloria ’. 6 dominos: si riferisce a deos.
dal Dill. dal K. dal Nauk non serve, mi euehit : il suo soggetto è sì meta e si
pare, ad aprire . palma. L'aver vinto ai giuochi olimpici ,
1 atauis — regibus: dai Cilnii che fu dice Cic. pro Fl. 13, 31 est apud Graecos
rono Lucumoni Etruschi di Arretium : prope maius et gloriosius quam Romae
atauis (più di abauus che è più di pro triumphasse. 7 Hunc: dipende non dal
auus) è predicativo. 2 O et : hiatus so solo iuuat ma da iuuat et euehit ad deos ;
lito con le interiezioni. praesidium ' di poichè le propp. si certat e si condidit
fesa e tutela ' contro i nemici, nelle anch'esse non richiamano solo collegisse
avversità. dulce : si riferisce sì a prae cioè l'azione del correre, ma indicano il
sidium e sì a decus, e per tutti e due successo, come meta e palma, mobilium
a Maecenas,decus ' onore e gloria '. Que dei volubili ’ . 8 tergeminis — honoribus
sti due versi, come i due ultimi , sono da (abl.) tura, pretura e consolato. tol
alcuni considerati come strofe distiche lere inalzare ' , come in Tac. Ann. 1, 3
a sé, e come tali segnate e divise. Il che Augustus Marcellum - pontificatu ex
è poco legittimo; ma fa poi che le strofe tulit. 9 Illum opposto a Hunc . proprio
tetrastiche contengano nettamente ognu (accentuato ) di sua proprietà ’ : egli è
na il loro o i loro due quadretti . È da un possidente, non un procurator. 10 de
sospettarsi che Orazio desse a questa Libycis - areis dalle aie della Libya '
poesia un andare distico che poi ridusse specialmente dell'agro d'Utica e Adru
a tetrastico (aggiungendo i v. 27 e 28 ? ). meto, che era allora il granaio di Roma.
Però anche l'ode d'epilogo, ultima del uerritur ' si scopa e ventila '. A me pare
terzo libro , non cura di conchiudere il che tra hunc e illum vi sia, come diver
senso nelle singole strofe . 3 Sunt quos sità, così somiglianza : tutti e due sono
introduce la prima parte dell'esposizione, ambiziosi, ma il primo gode del favor
come Est qui la seconda. curriculo (da popolare acquistandolo con altri mezzi,
curriculus, deminutiuum a curru come il secondo lo cerca con le ricchezze. Così
afferma Paul. p. 149) col cocchio '. Se nel 3, 1 , 9 : Est ut uiro uir latius ordinet
venisse da curriculum (stadio, ippodro Arbusta sulcis, hic generosior Descendat
mo) avremmo poi Olympico ; ossia l'agg. in campum petitor, e via dicendo, un altro
accordato, con una parola tra mezzo , goda miglior fama, un quarto abbia più
come tante volte in questa poesia. 4 Col clienti. Anche qui alla menzione della ric
legisse, per alcuni “ aver sollevato ’, per chezza del primo, non è aggiunta espres
fetto ; per altri sollevare, adunare ' ao samente l'idea che egli se ne serve per la
158 LYRA ROMANA .

Gaudentem patrios findere sarculo


Agros Attalicis condicionibus
Numquam demoueas, ut trabe Cypria
Myrtoum pauidus nauta secet mare ;
Luctantem Icariis fluctibus Africum 15
Mercator metuens otium et oppidi
Laudat rura sui : mox reficit ratis
Quassas, indocilis pauperiem pati.
Est qui nec ueteris pocula Massici
Nec partem solido demere de die 20
Spernit , nunc uiridi membra sub arbuto
Stratus, nunc ad aquae lene caput sacrae.
Multos castra iuuant et lituo tubae
Permixtus sonitus bellaque matribus

sua ambizione. 11 e 12 Gaudentem a cui findere (dice Varr. RR. 1 , 2) insititio


è opposto Luctantem. patrios Agros : somno die. Qui bere e dormire è detto
non accresciuti dalla sua avidità. Vedi a in particolare per il generico corpora
pag. 144 , v. 3 e nota. findere spezzare'o curare. Leggi questi versi di Lucr. 2, 29 :
meglio “ grattare, raspare '. Attalicis con inter se prostrati in gramine molli Propter
dicionibus cioè, con Porph., regiis opibus : aquae riuum sub ramis arboris altae Non
dandogli il tesoro d'un re ’. 13 de magnis opibus iucunde corpora curant.
moueas ` puoi allontanare ’: ut (consecu . Questi in tanto cercano che Corpore se
tivo) ' in modo che ’. trabe con nave iunctus dolor absit (1. 1. v. 18) ; se potes
ma la metonymia fa sentire il pericolo. sero ancora esser liberi cura metuque
Cypria : è un epitheton, come i seguenti, (ib. 19) e aver la serenità dell'anima, sa
usato al modo Alessandrino per fissar rebbero felici e sapienti. Felici e sa
l'idea e colorir l'imagine con un ricordo pienti essi , non quelli dei prec. 16 versi
vivo . 14 Myrtoum - mare : il mare dal che abbiamo veduto Errare atque uiam
l'Eubea all'Egeo, così detto da una pic palantis quaerere uitae, Certare ingenio,
cola isola non lontana da Carysto ; mare contendere nobilitate, Noctes atque dies
pericoloso. 15 Icariis fluctibus (dat.come niti praestante labore Ad summas emer
a pag . 145, v . 20) ‘ coi marosi del mare gere opes rerumque potiri: Lucr. 2, 10-14.
Icario ' tra Samo e Mycuno. 16 Merca A questo ha pensato Orazio , anima Epi
tor : si è ricordato della S. 1 , 1 , 6 : lì il curea . Per la sapienza di Lucrezio, egli
mercante, nell'agonia lunga della tem pone la poesia . Ma come tra quelli che
pesta, preferisce la milizia , dove , se mai, intendono meglio la vita, cercando al
tutto si decide horae momento , metuens meno che corpore – dolor absit, pone i
quando teme '. otium * la vita tran . guerrieri ? Vedremo. 21 sub arbuto ' al
quilla ' . 17 Laudat (sott. quidem ) ' loda l'ombra del corbezzolo '. 22 ad lene
bensì . moc ma di lì a poco reficit caput “ alla sorgente che fruscia soave ' .
restaura ’. 18 indocilis ' non sapendo, aquae -- sacrae di una fontana sacra
non potendo ' pauperiem : ecco quella perchè abitata da una nympha. 23 Mul
che sveglia tas téxvas, come dice il tos -- castra iuuant : i guerrieri e i cac
Greco , e che governa la vita sì del conta ciatori banno col buon Epicureo dei quat
dino, che la porta in pace, e sì del mer tro precedenti versi qualche cosa di di
cante, che non la può tollerare . 19 Est verso e qualche cosa di comune : gli
qui: comincia la seconda parte. pocula : uni amano la guerra e il pericolo, gli
dipende da spernit. E uno zeugma della altri la pace e il sonno ; ma gli uni e
specie osservata a pag. 122, v. 15, dove l'altro vivono preferibilmente sub diuo
quaeritis regge prima una prop . ogg. ( Vitamque sub diuo -- agat : C. 3, 2, 5) , e
equivalente a un ogg. come remedium , se il primo curat corpus, i secondi exer
e poi un infinito carere. Massici: vino cent, ottenendo il medesimo effetto che
dei colli Massici della Campania. 20 so absit dolor. E tutti e tre hanno in mente,
Tido - de die : le ore del giorno desti non il guadagno o la supremazia o la
nate agli affari. demere togliere ’ : dif gloria, ma il diletto ; perchè qui il sol
HORATIVS - CARMINA . 159

Detestata . Manet sub Ioue frigido 25


Venator tenerae coniugis inmemor,
Seu uisa est catulis cerua fidelibus,
Seu rupit teretes Marsus aper plagas.
Me doctarum ederae praemia frontium
Dis miscent superis , me gelidum nemus 30
Nympharumque leues cum Satyris chori
Secernunt populo , si neque tibias
Euterpe cohibet nec Polyhymnia
Lesboum refugit tendere barbiton.
Quodsi me lyricis uatibus , inseris , 35
Sublimi feriam sidera uertice .

dato non è figurato in traccia di gloria come in S. 1 , 5, 35 : praemia scribae


e di regni, ma solo come appassionato Praetextum etc. L'edera poi richiama la
della vita errabonda, tra lo squillo delle palma nobilis del v. 5. 30 Dis miscent
cornette e delle trombe. Insomma que superis, presso a poco, euehit ad deos
ste tre specie di persone, cui va aggiunto del v. 6. gelidum nemus “ la frescura della
il poeta, fanno quel che fanno, animi campagna solitaria ’, quale gode l'Epi
causa. lituo : le cornette della cavalleria, cureo dei v. 19-22. Il K. il bosco delle
di suono più acuto , di forma curva. tu Muse ' che il poeta avviva con le figure
bae : la tromba della fanteria , di suono del thiasos di Dionysos. 31 Nympha
grave, diritta . 24 e 25 inatribus Dete rumque - cum Satyris : esprime mitolo
stata (cfr. pag. 121 , v. 8) : espressione gicamente l'amenità della campagna coi
improvvisa del mite sentimento di Ora suoi dolci e misteriosi mormorìi d'acqua
zio e che prova la mia interpretazione : specialmente e d'alberi. 32 Secernunt,
molti cercano il diletto negli accampa come le tre ultime specie di persone.
menti , nelle marcie , nelle fanfare, nelle populo : come è il contadino che resta at
guerre che sono il dolore delle madri; taccato alla terra, per paura del mare,
delle loro ' madri, perchè essi infiam come il mercante, che va a pericolar sul
mati dall'ardor giovanile volontariamente mare, per timore della povertà ; e come
le lasciano, e qualche volta non tornano . gli ambiziosi. neque tibias : vedi a pag. 151 ,
sub Ioue ( come i soldati che vivono v. 5. 33 cohibet ' tiene strette , ricusa di
spesso sub diuo) ' sotto il cielo '. 26 te sonare '. 34 Lesboum barbiton la lira
nerae coniugis inmemor : come il giovane di Lesbo ’, la lira di Alceo e Saffo . Vedi a
soldato della madre, che ha abbandonato . pag. 151 , v.5 e 6 ; dove è Dorium carmen ,
E tutti e due animi causa . 27 catulis cioè in tono dorico ; non che dorica sia
(dat. di agente ) * dai bracchi ’. 28 tere la lira. tendere accordare ’ : il suono
tes : alcuni fatti di cordicelle attorci delle tibie e della lira richiamano i litui
gliate ', altri ' tese in tondo ' : meglio i e le trombe. 35 e 36 Quodsi : la cong.
primi, intendendo un certo senso avver un po' troppo familiare e prosastica che
sativo con rupit. 29 doctarum – fron due volte abbiamo veduta nell'Epodon .
tium della fronte dei poeti ’ . ederae : lyricis uatibus ' tra i nove lirici greci ?
Pastores, dice Verg. ecl . 7, 25, edera cre del canone Alessandrino. inserisponi
scentem ornute poetam . L'edera è come in fila ' : pres. per futuro. feriam sidera :
per riconoscimento : al fine dei tre libri è come dire non potrò andar più su ',
il poeta chiederà l'alloro della vittoria : non avrò più altro a desiderare : non
l'edera è di Bacco che ispira ; l'alloro di espressione, per me, nè di gioia nè d'or
Febo che premia. praemia “ insegna ', goglio, ma pittoresca e proverbiale.
160 LYRA ROMANA .

I. [I-VII]
Laudabunt alii claram Rhodon aut Mytilenen
Aut Epheson bimarisue Corinthi
Moenia, uel Baccho Thebas uel Apolline Delphos , .
Insignis aut Thessala Tempe ;
Sunt quibus unum opus est intactae Palladis urbem
Carmine perpetuo celebrare et
Vndique decerptam fronti praeponere oliuam ;
Plurimus in Iunonis honorem

I. Tra il vecchio e il nuovo. qua e fresco di vegetazione: Tibur (dove


sei nato ). Non essere sempre così annu
I. - AL REDUCE DELL'ORIENTE . — Que volato. C'è il vino, o Planco, per la tri
sta poesia e la seguente sono nel metro stezza, sia nei campi di battaglia, sia
della [XII] Epodon , da me tralasciata. all'ombra del tuo Tibur. Teucro lasciando
Solo la presente è divisa in strofe te la patria e il padre (tu invece alla patria
trastiche , quella in distiche ; in questa sei tornato, e ilpadre è qui , e ti ha ac
l'Alcmanio (vedi Metrica) ha cesura fissa, colto) trovò tuttavia conforto nel vino
in quella no. È probabile che questa sia e consolò gli amici con le promesse di
stata composta ai tempi presso a poco Apollo e li invitò a bere , a cercare con
in cui fu composta quella da me intito forto dove l'aveva trovato esso, alla vi
lata ‘ Nell'aspettazione ’ a pag. 150, nel gilia di riprendere la navigazione, che
principio del 723, ma non pubblicata tra credevano aver finita (per te invece, se
gli ‘ lambi ’ e riservata ai Carmina ?. vuoi, è finita ; nessuno ti costringe a
L. Munatius Plancus, console nel 712, partire). Ciò che è tra parentesi mi sem
seguace di Cesare finchè visse, poi fau bra da sottintendersi.
tore di Cicerone e della repubblica, quindi 1 Laudabunt (fut. concessivo) · Lodino
di' Ottaviano, poi di Antonio, nel 722 la pure claram Rhodon : per la sua bel
sciò Antonio del quale recò in Italia no lezza, ricchezza, per le sue arti, per le
tizie tali, che fu stabilita subito la guerra sue scuole. Tuttavia clara si riferisce più
a Cleopatra e a lui. Planco era irritato che ad altro, al suo bel sole, del quale
specialmente contro Cleopatra e fuggì era in lei anche il culto. Mytilenen, la
sebbene da Antonio onorato tra i primi. città che con la prima era preferita dai
Par naturale quindi che alla vigilia della Romani che dovevano abitare in Oriente
guerra contro lui, Planco o mostrasse e o per scelta o per necessità. 2 Epheson,
avesse grande tristezza. Donde l'ode di la regina degl'Ioni, come la chiama un
Orazio, la cui chiave è negli ultimi due Greco, la splendida capitale della Pro
versi della quarta e nei primi due della vincia d'Asia per i Romani, bimarisue
quinta, con una certa trascuratezza dei Corinthi 'diCorinto che siede su due ma
confini delle strofe (il (XII) consta di due ri ’ . 3 e 4 Baccho Thebas - insignis : passa
parti e la loro divisione è a mezzo un alle città illustri per le lodi de' poeti, più
distico) che fa pensare la poesia fosse che per la dolcezze del soggiorno . Thes
prima concepita in distici. Il senso dun sala Tempe : la valle del Peneo, che pres
que di detti quattro versi è Come il so i poeti è sinonimo di amenità. 5 unum
vento che porta la tempesta, sovente = praecipuum : vedi a pag. 101 , nota al
riadduce il sereno, così tu caccia il do V. 2. opus est ( vedi il prec. nota a iuuat,
lore che t'ingombra l'anima '. Quale è v. 4) è occupazione’. intactae vergine '.
questo dolore ? quale il mezzo di cac urbem : Athenae. 6 Carmine perpetuo con
ciarlo ? Il dolore è adombrato nella prima poema continuato ' non con poesie liri
parte, il mezzo di cacciarlo, nella se che o elegiache che stiano à sé. Ovid:
conda ; ma tutto con grande colorito li M. 1 , 4 così chiama il suo poema che ha
rico nella prima e con grande solennità unità nella varietà . 7 Vndique decerptam
epica ella seconda, contenendo quella e da ogni parte colta ’: significa , pare, che
una enumerazione, e questa un esempio qualunque storia canti, egli conclude con
mitico (come il (XIII] Ep . a pag. 129). le lodi della città di Pallade. Così sarebbe
* Belle sono le città greche d'Asia e d'Eu stata un'opera di Euphorion ricordata da
ropa (che tu hai lasciato) ; io preferisco Suidas, un poema di leggende varie e
dell'Italia un angolo rumoreggiante d'ac tutte Attiche. fronti praeponere (più co
HORATIVS CARMINA . 193

Iuppiter ? tandem uenias, precamur , 30


Nube candentis umeros amictus,
Augur Apollo ;
Siue tu mauis, Erycina ridens,
Quam Iocus circumuolat et Cupido ;
Siue neglectum genus et nepotes 35
Respicis auctor,
Heu nimis longo satiate ludo ,
Quem iuuat clamor galeaeque leues ,
Acer et Marsi peditis cruentum
Voltus in hostem ; 40
Siue mutata iuuenem figura
Ales in terris imitaris almae
Filius Maiae, patiens uocari
Caesaris ultor.

volgendosi principalmente a lei esclama : durato , satiate che devi essere sa


Hunc saltem euerso iuuenem succurrere zio ', e perciò puoi ascoltare le parole
saeclo Ne prohibete. 29 dabit partis ' darà della dea della pace che domanda pla
l'ufficio '. scelus expiandi di espiare il cidam Romanis pacem : Lucr. 1, 40.
delitto della morte di Cesare, poichè
38 leues (anche la prima sillaba lunga )
senza l'espiazione Vesta non sarebbe * levigate . 39 e 40 Acer et – Voltuse
placata. Ricordiamo le tetre espiazioni il fiero piglio ’. Marsi (il Bent. lumino
che non erano solo dei Cartaginesi, i Di samente provò errato il Mauri dei codd.)
patrii quorum delubra piantur Caedibus : peditis ' del legionario Marso ’ : Marsi e
Sil. P. 4 , 819. Chi scelus expiat è molto Peligni, popoli piccoli sì ma i più virili:
simile a chi ulciscitur . 31 Nube , per Strab. 5, p. 241 : era proverbio che nè
non essere veduto dai mortali (imagine contro Marsi nè senza Marsi potesse es
omerica ; Il. E, 186, e 0, 308) ; o meglio, serci trionfo. Erano l'esempio più vivo
la nuvola raffigura il manto sacerdotale e chiaro del valore italico. Così Verg. G.
di chi s'appresta al rito espiatorio. 32 2 , 167: Haec genus acre uirum , Marsos
Augur: l'epitheton accenna che il dio pubemqué Sabellam. E vedremo in Orazio .
deve inaugurare una nuova era. Apollo : cruentum — in hostem : specialmente l'ul
dio protettore e domestico della gens tima parola è detta con intenzione, poi
Iulia, che a lui sacrificava , che ne fu chè è l'opposto di ciuis. Doveva Mars,
aiutata e resa vincitrice nella battaglia sembra dire il poeta, saziare la sua pas
di Actium : Phoebus -- Astitit Augusti pup sione di sangue e di guerra in battaglie
pim super : Prop. 4, 6, 27. E ricorda il delle nostre legioni contro i nostri nemi
[ I-VII ), e il v. 28. 33 tu mauis : gott. ci. 41 iuuenem (dip. da imitaris) : anche
uenire ad expiandum scelus. Erycina “ Ve Verg. hunc iuuenem . Cesare Octaviano
nús ' così detta dalmonte Eryx, dove era era nato nel 691. 42 Ales, perchè ha i
venerata ; la Aeneadum genetrix (Lucr. 1, talari e il petaso alato, che depone per
1 ) , la divinità tutelare di Cesare che di assomigliarsi a giovaneumano. 43 Filius
scendeva da lei. ridens (l'epith. omerico Maiae: non è al vocativo, a differenza
Qiaoupestońs), perchè dea della pace . dei nomi delle altre divinità , perchè, in
34 Quam circumuolat (vedi a pag. 177, fine, la invocazione è più che aMercurio,
v. 19) ' intorno a cui volano '. Iocus - et a Caesar, l'ultima parola del canto. Maia,
Cupido gli dei del piacere e dell'amo l'Atlantide, fu dai Romani forse identi
re ’ . Contrasto con la truce pittura che ficata con la dea del mese Maius, dea del
segue del dio della guerra. 35 genus et crescere e prosperare, onde l'epith . al
nepotes ( = genus nepotum); poichè Mars mae, ab alendo. 44 Caesaris: ecco la pa
era, con Ilia, il capostipite dei Romani. rola che domina tutta la poesia , ultor
36 Respicis auctor ti volgi a guardare, ( costr. greco) : non disdice a questo dio
tu che li hai creati '. 37 nimis longo della pace, la vendetta : fu Hermes l'uc
ludo del tuo gioco crudele (con ama cisore di Argos. Nel racconto delle sue
rezza opposto al v. 34) troppo a lungo gesta (Mon. Ancyr. p. 29 Franz) Augusto
PASCOLI, Lyra Romana 13
194 LYRA ROMANA .

Serus in caelum redeas diuque 45


Laetus intersis populo Quirini,
Neue te nostris uitiis iniquum
Ocior aura
Tollat . hic magnos potius triumphos ,
Hic ames dici pater atque princeps, 50
Neu sinas Medos equitare inultos
Te duce , Caesar .
XIV. (1-x]
Mercuri, facunde nepos Atlantis,
Qui feros cultus hominum recentum

dice di sé : qui parentem coniurati occi lando via, poichè solo tu puoi fare an
dissent, omnis in erilium expuli iudiciis che questa vendetta. Medos : i Parthi
legitimis ultus. Perchè poi Mercurio in detti prima Persae, dalle regioni che abi
figura di Caesar Octauianus ? Sono di tavano . inultos impuniti ’ : senso pas
Pompeii iscrizioni che hanno ministri sivo, 52 Te duce : l'abl. ass. più che da
Augusti Mercurii Maiae. La relazione tra equitare, dipende fortemente da inultos :
Augusto e Mercurio era consacrata nel senza aver ricevuta la loro punizione
culto. Il popolo si aspettava non solo il quando tu eri duce ?. Con equitare, Te
vendicatore, ma l'instauratore della pro duce sarebbe presente, e tutto il senso
sperità, della pace insomma con tutti i sarebbe molto meno conveniente: quasi
suoi benefizi . Ricordo il bellissimo fram un invito a Cesare di fare al fine code
sta vendetta . Mentre così è : ' non an
mento del Paean Bacchylideo (13 Bergk ):
Genera ai mortali la Pace grandi beni, dartene, lasciando la vendetta di Crasso
La Ricchezza e delle dolci canzoni i fiori la quale, se rimani, è certa '.
- E l'amor dei giovani per le palestre XIV . - A MERCURIO. Può essere
e i flauti e i festini -- '. Delle palestre era contemporanea alla precedente . Studian
dio Hermes. E vedremo nel seguente. do Alceo per il metro di quella , può aver
In generale poi nessun dio è più conve fatto saggio di ciò che valessero gli
omeri suoi ?, imitando il suo maestro in
niente, perchè Zeus dice a lui in Il . 9 , questo piccolo inno, di fattura perfetta .
334 : · Hermeia , poichè a te è più caro> Porph . già dice : hymnus est in Mercu
che a tutti Accompagnarti all'uomo rium ab Alcaeo lyrico poeta , e della fa
45 Serus ' tardi ' : la salute di Octaviano vola che è nella strofa di mezzo dice
non era mai stata ottima. 46 populo che è ab Alcaeo ficta. Il che è confermato
Quirini ' tra il popolo di Quirino ’ : for da Paus. 7, 20, 4, dove dice che Alcaios
mula poetica equivalente alla prosastica nell' inno a Hermes scrisse che Hermes
ufficiale populus Romanus Quiritium . 47 aveva rubato i buoi di Apollo . Ma questo
nostris uitiis iniquum perchè irato con non è tutto ciò che raccontava Alcaios
la nostra malvagità '. 48 Ocior più ve e non è certo quello che egli finse, poi
loce ’ di quello che sia nel fato. aura : chè il furto de buoi è già in 'Hymn.
ricorda Ales del v. 42, e l'espressione H. B. 68 e seg. Ciò che egli finse è negli
Omerica άμα πνoιής ανέμοιο . 49 e Schol. Hom . Il. 0, 256 : Hermes figlio
50 hic - triumphos - ames: sembra, col di Zeus e di Maia figlia di Atlas, trovò
forte accento di hic, la risposta al verso la lyra, e avendo rubato i buoi di Apollo
di Verg. G. 1 , 504 : (caeli te regia ) ho fu scoperto dal dio, mediante l'arte man
minum queritur curare triumphos. Allude 'tica . Ora minacciandolo Apollo, esso gli
al triplice trionfo che l'aspetta . ames rubò anche l'arco che aveva sugli omeri.
dici: lo stesso zeugma a pag. 158, v. 19 Rise il dio e gli diede la verga man
e 20, dove Spernit regge prima pocula , tica etc. e ne ebbe in cambio la lyra :
poi demere, prima un nome, poi un verbo. Da ques cenn e dai primi tre versi
pater atque princeps: pater sebbene iu dell'innotod'Alceoo( tre hendecasyllabi sap
uenis ( vedi nell'arg. di [I- VII) a pag. 160 phici), che rimangono, si può indurre che
la parentesi dopo la patria e il padre ') : quello del Greco era più diffuso, special
Augusto fu chiamato ufficialmente pater mente in particolari mitici, che questo
patriae solo nel 752. 51 Neu sinas, vo del Romano, nel quale è poi qualche
HORATIVS CARMINA 195

Voce formasti catus et decorae


More palaestrae :
Te canam , magni Iouis et deorum 5
Nuntium curuaeque lyrae parentem ,
Callidum , quidquid placuit , iocoso
Condere furto .
Te , boues olim nisi reddidisses
Per dolum amotas, puerum minaci 10

cosa che non era forse nel modello Le ad Att. 1 , 4. Cfr . per l'intera strofa S.
sbiaco : l'accenno al potere civilizzante 1 , 3, 99 : Cum prorepserunt primis ani
del nume. Alcuno ha sospettato che que malia terris (hominum recentum ) Mutum
sto inno fosse cantato nelle feste di Mer (uoce) et turpe (decorae) pecus (feros
curio che si celebravano nelle Idi di Mag cultus) etc. 6 Nuntium : in Verg. Aen .
gio. Più ragionevole sarebbe supporre che 4, 356 è detto interpres diuum . curuaeque
in tale festa fosse cantato precedente; lyrae parentem : nell'inno citato, v. 17 :
nel 725, pochi mesi prima del trionfo. All'aurora nato, a mezzo giorno cita
In quello patria e religione si danno la reggiava , A sera i buoi rubò del lonta
mano: questo è carme troppo greco. E no - saettante Apolline '. E si racconta
un Prosodion più che un Hymnos, ac come fece: Una tartaruga pascolava
cenna più che non dica, promette più avanti la casa . La vide il figlio di Zeus
che non attenga . Sfiora i principali attri e disse : oh ! il bello incontro ! il bel gu
buti del nume che oλόγιος e αγώνιος scio screziato ! Ti porterò a casa : mi sei
( prima strofa ), nunzio degli dei e inven utile. Da viva sarai contro gl'incanti; da
tore della lyra, e astuto trafugatore (se morta , bellamente canterai. La prese, la
conda strofa ); racconta il furto de: buoi portò a casa, estrasse il midollo nel
e della faretra d'Apollo (terza strofa ) ; tempo d'un pensiero, d'un'occhiata
accenna all'aver accompagnato Priamo guernì il guscio con canne tagliate e
nel campo degli Achei (quarta strofa ); cuoio, adattò le braccia e il giogo e vi
ricorda l'ultimo ufficio del dio che è stese sette minugie consonanti di pecore.
La lyra era creata. 7 e 8 Callidum io
ψυχοπομπός. Ρer tutto corre un filo coso Contere furto : E poi corse ai monti
mitologico, che vedremo. ombrosi della Pieria, dove avevano la
i facunde: già nell'Hymn. Hom . B, stalla i bovi degli immortali. Ne taglio
317, egli usa di ' artifizi e blandi discorsi ’ dal branco cinquanta , e li parò all' in
per ingannare Apollo; e poi si difende dietro ; ed esso si fasciò i piedi di rami
avanti Zeus negando επισταμένως .. fogliosi di tamerici e mortelle. Lo vide
nepos Atlantis, perchè figlio di Maia cui un vecchio che zappava la vigna : 0
generò Atlas. 2 e 3 feros cultus homi vecchio, disse, avraimolto vino,
num - formasti : quidam , dice Cic. de queste piante tutte frutteranno : hai ve
inuent. 1 , 2 (e cfr, anche de or . 1 , 33 e duto, non abbi veduto ; hai udito, sii
passim), magnus uidelicet uir et sapiens - sordo ; e taci : non si tratta di roba tua .
dispersos homines in agris et in tectis Ho aggiunto questi particolari, per in
siluestribus abditos - ex feris et inma . durre che iocoso ha piuttosto il significato
nibus mitis reddidit et mansuetos, con la di • accompagnandolo con festevoli ar
forza dell'eloquenza . recentum (per re guzie ' che di giocoso , per burla ’. Nulla
centium ) ' novelli ’. catus: parola sabina di più festevole del piccolo Hermes,
(Varro LL . 7, 46) per acutus : arguto quando poi, in casa sua, veduto Apollo,
o forse penetrante, persuasivo '. de s'immerge nelle fascie, come un tizzo
corae 4 palaestrae ' della palestra che acceso nella cenere . E così i particolari
dà forza e grazia ’ : l'agg. è usato come dei v. 278-280 e i suoi discorsi tutti. E
già vedemmo nobilis, mollis : pag. 161, s'intende che il compagno della nera
v . 19. More con l'instituzione . Mer notte ', il duce dei predoni' ( 1. 1. 290 ,
curio presiedeva all'educazione sì dello 292) non ebbe questa mala voce che dal
spirito e sì del corpo. La sua imagine l'essere egli il sole che tramonta, che
era nelle ' palestre. Il gymnasium che porta via e nasconde i raggi del sole
aveva Cicerone nella sua villa di Tus oriente, suo divino fratello , altro lui stes
culo e che egli chiamava la sua Acade so. 9 e 10 Te ---puerum : era nato il giorno
mia, aveva per insigne un'Hermathena : innanzi. boues --- amotas " la mandra ru
il duplice busto di Mercurio e Minerva : bata ’, nella quale erano , come è natu
196 LYRA ROMANA .

Voce dum terret, uiduus pharetra


Risit Apollo .
Quin et Atridas duce te superbos
Ilio diues Priamus relicto
Thessalosque ignis et iniqua Troiae 15
Castra fefellit.
Tu pias laetis animas reponis
Sedibus uirga que leuem coherces
Aurea turbam , superis deorum
Gratus et imis. 20

rale, più le vacche dei tori : onde il lirica. Atridas : si riferisce a Il. 92, 688 :
femminile. minaci : è vicina a puerum , * (se Agamemnon) Atreides risaprà di te,
con la solita evidenza. 11 dum terret risa pranno
edi loHermeias Acheite: parole
tutti gli', duce
e mentre credeva di atterrirti '. uiduus a Priamo sotto
si trovò senza '. 12 Risit. ' e rise ' . Il la tua guida ’ : vedi la prec. ultimo verso.
particolare del furto della faretra e del 14 diues : si riferisce più al v. 381 , dove
l'arco è invenzione probabilmente d'Al Hermeias ricorda a Priamo i suoi - te
ceo che ne trasse l'ispirazione dal v. 514 sori molti e belli ’, ehe al v. 367 in cui
dell'inno citato : ' ( temo) Che tu insieme gli fa cenno delle ricchezze che porta
m'abbia a rubare la cetra e il curvo seco . 15 Thessalosque ignis: le sentinelle
arco '. Nei furti di Mercurio, Orazio si affaccendavano per la cena (v. 444) :
adombrava la efficacia dell'eloquenza non altro accenno a fuochi, in tal nar
che ruba all'ascoltatore la volontà, e fa razione. Altrove sì, come 0 , 554. Thes
ciò che Orazio dice sì bene d'una bel salos * dei Myrmidoni '. iniqua Troioe
lezza, Quae me surpuerat mihi : C. 4, 14, nemici a Troia ': vedi il prec. v. 47 .
20 ; ciò che con fine ironia dice Socrate 16 fefellit: passò a traverso senza es
in Plat. Ap. 1 : Io per poco non mi di sere veduto ?. 17 e 18 pias animas
menticai di me stesso: così persuasiva le vite de' pii'. laetis – reponis Sedibus
mente parlarono. 13 Quin et : segna il accompagni alle loro (indireponis)sedi
trapasso da un fatto divino a un fatto di letizia · coherces ' pari ’ (propr. ' tieni
umano. Dopo che Apollo ha riso, segue uniti a ciò non si sbranchino '), come un
lo scambio dei doni ; secondo lo Sch . buon pastore. leuem 19 – turbam la
II . O, 256 e perciò secondo Alceo: Apollo turba esile'delle ombre.Vedi in Odyss. W ,
ha in dono la lyra, Mercurio la verga
mantica. Nell'inno citato, la cosa è un a principio, la visione occidua, evane
po' diversa : tuttavia anche in esso Her scente, delle ombre che stridono come
mes riceve la bellissima verga Aurea, pipistrelli, seguendo il nume che ha in
a tre foglie, inviolabile ' : v. 529. Or mano la bella rhabdos aurea, e le guida
quando nell'Iliade Zeus invita Hermeias nei paesi inaccessibili, alle fiumane del
ad accompagnare Priamo, egli (9 , 343 ) l'Oceano, alla rupe della Luce, alle porte
del Sole, al popolo dei Sogni. superis
* Prese la verga (@cbdov) con la quale deorum 20 Gratus 'et imis, come quello
degli uomini gli occhi incanta, Come che li concilia (Ouid. F. 5, 665 Pacis et
voglia , e altri a sua volta dormienti armorum superis imisque deorum Arbiter )
sveglia '. Con essa egli addormentò le essendo il messo tra i due mondi, della
sentinelle. Ecco di nuovo il filo mitolo luce e delle tenebre , della vita e della
gico. L'ordito è epico, la trama sola è morte.
HORATIVS CARMINA . 197

XV. (11-1]
Motum ex Metello consule ciuicum
Bellique causas et uitia et modos
Ludumque Fortunae grauisque
Principum amicitias et arma
Nondum expiatis uncta cruoribus , 5
Periculosae plenum opus aleae
Tractas et incedis per ignis
Suppositos cineri doloso.
XV. UNO SGUARDO AL PASSATO. Per un poco, sia pure, lascerai la trage
Ad Asinio Pollione. Lo abbiamo veduto dia, nella quale sei così grande tu che
fanciullo. Leggi a pag. 37 (XII ). Il fan sei anche un eloquente patrono, un au
ciullo Marrucino, leporum disertus ac torevole uomo di stato, un guerriero che
facetiarum , si trovò a fare una parte ha meritato il trionfo. Tu racconti e ci
importante nelle guerre civili. E fu con trasporti sul campo dell'azione ; si sen
sole nel 714, vinse nel 715 i Parthini, tono le trombe, si vedono le armi lam
popolo dell'Ilirico, dei quali trionfò alle peggianti, i cavalli che fuggono. Mi par
Kalende di Novembre di quell'anno. In di udire le parole dei generali, le nobili
vitato , tempo dopo , da Ottaviano ad voci d'un vinto : di Catone. Iuno e gli
accompagnarlo nella guerra Actiaca , ri altri dei amici degli Afri avevano per
spose : Mea in Antonium maiora merita disperati abbandonata l'Africa: vi torna
sunt, illius in me beneficia notiora . itaque rono offrendo ai Mani di Iugurtha, come
discrimini uestro me subtraham et ero vittime, i nepoti dei vincitori. Quanto
praeda uictoris : Vell. 2, 86. E di lì in sangue ! i campi sono per tutto ingras
nanzi si dedicò al suoi studi prediletti. sati di quello. I Parthi crederono alla
Aveva conosciuto Catullo, era stato sa nostra ruina. In quali fiumi, in quali mari
lutato nella sua partenza per Atene, quel sangue non rosseggio ? O Musa del
nel 698 forse, con un propempticon di la letizia e dell'amore, non ti abbando
Cinna, aveva conosciuto e protetto Ver nare ai canti lamentosi : cerchiamo mo
gilio (vedi a pag. 117, III) e ne era stato dulazioni più leggiere ':
rimeritato di gloria immortale ( vedi 1 Motum ciuicum : ciuicum per ciuile;
Ecl. III, IV, VIII). Con la preda dei vinti e motus è discordia ' , il bellum , come
Parthini aveva istituita la prima biblio vuol Porph ., ma con le sue origini. ex
teca pubblica in Roma ( Plin . 7, 3 ; 35, 2). Metello consule ( da uno dei consoli Ora
Era grande oratore (Quint. 12, 11, 28), zio designa altre volte l'anno: vedi, per
lodato scrittore di tragedie. Ora , dopo es ., pag. 130, v. 6 ): dal consolato di Q.
Actium, era inteso a una storia delle Caecilius Metellus Celer, il marito di Clo
guerre civili dal primo triumvirato, 694, dia, e L. Afranius ; dall'anno 694, alla fine
sino forse alla fine di Sextus Pompeius ; del quale si combinò il triumvirato di
e probabilmente ne leggeva qualche Cesare, Pompeo e Crasso. 2 Bellique: i
parte in pubblico, poichè primus omnium -que fanno in questa strofa tre divi
Romanorum aduocatis hominibus scripta sioni più larghe che sono poi suddivise
sua recitauit: Sen. Cont. 4 praef. Orazio dagli et. uitia ‘ gli errori ', di Crasso ,
(Verg. Ecl. 8 , 10) lo aveva lodato come per es., di Pompeo, di Antonio. modos
scrittore tragico, in S. 1 , 10, 93 : ora lo le ragioni ' . 3 e 4 Ludumque Fortu
esalta per la storia che scrive, storia nae, che fece perire Crasso a Carrhae,
dolorosa, sulla quale il poeta s'indugia Pompeo in Egitto, Cesare nella Curia,
commosso e dubbioso, e in fine dichiara sotto la statua dell'avversario . grauisque
di ritrarsi alla poesia dell'amore e dei - amicitias : così Cael. in Cic. ad fam . 8,
ioci. L'animo del poeta è qui molto rat 14, 2 chiama inuidiosa coniunctio quella
tristato : il pensiero col quale si com
chiude
pa di Pompeo e Cesare ; così Vell. 2, 41 dice
il suo inno Avanti il trionfo il triumvirato urbi orbique terrarum
risce anche in questo carme, con cre ipsis exitiabilis. 5 Nondum expiatis.
sciuta amarezza. Tu narri la guerra cruoribus: quel sangue non poteva spa
civile, il cui sangue si vede ancora sulle rire che sotto il sangue più recente di
armi nostre: opera pericolosa e dubbia. veri hostes. 6 Periculosae aleae di
Sotto la cenere covano ancore faville ! rischio , come il giuoco dei dadi ', 7 et :
198 LYRA ROMANA .

Paullum seuerae musa tragoediae


Desit theatris : mox ubi publicas 10
Res ordinaris, grande munus
Cecropio repetes coturno,
Insigne maestispraesidium reis
Et consulenti, Pollio , curiae,
Cui laurus aeternos honores 15
Delmatico peperit triumpho.
Iam nunc minaci murmure cornuum
Perstringis auris, iam litui strepunt,
Iam fulgor armorum fugacis
Terret equos equitumque uoltus. 20

coordina una idea che andrebbe subor conspectus augustissimus fuit. princeps
dinata : e perchè '. 8 Suppositos che praesidebat. erat enim consul; e in Suet.
covano sotto '. doloso che inganna ’: si Aug. 35 : existimatur -- ferro cinctus
parla degli strascichi di odio, delle pas praesedisse, detto di Augusto console, in
sioninon estinte. 9 Paullum per poco ”: senato. Si alluderebbe dunque più che
raro per parumper. musa tragoediae : ad altro, al consolato di Pollione, che
Verg. ecl. 8, 10 dice delle tragedie di fu nel 714, come nei due versi seguenti
Pollione: Sola Sophocleo tua carmina di alla sua campagna Dalmatica, che fu
gna cothurno ; e Orazio S. 1 , 10, 93 : Polli nel 715. 15 aeternos hono a differenza
regum Facta canit pede ter percusso. 10 di quelli che durano un anno solo. Dirà
Desit , concessivo . Significa più che absit, in (IV -IX ] 39 Consulque non unius anni.
poichè esprime il desiderio e la man 16 Delmatico (così i codd. più autore
canza che ne ha a sentire il pubblico. voli ed inscrizioni) triumpho col
mox ubi ' subito che ’ publicas 11 Res trionfo sui Parthini’, popolo illirico, fi
gli avvenimenti del popolo ' ; opposti nitimo alla Delmatia. 17 Tam nunc: finge
ai regum facta , che sono l'argomento di essere già alla lettura , che però poteva
delle tragedie, ordinaris ' avrai narrati essere anche avvenuta di parti delle
nel loro ordine ' chronologico e pra Historiae, cornuum : il corno , che doveva
gmatico. Così Corn . Att. 18 : in eo uolu essere tutt'uno con la bucina (Veg. 3, 5 :
mine - quo magistratus ordinauit. grande Bucina quae in semet aereo circulo re
munus il sublime ufficio ' di poeta tra flectitur) e in origine (Varr. LL. 4, 24 :
gico che si è assunto di cantare regum Cornua, quod ea quae nunc sunt ex aere,
facta. 12 Cecropio ; perchè nella città di tunc fiebant ex bubulo cornu ) era un vero
Cecrope, in Athene, fiorì la tragedia. co corno di bove o di uro, serviva ancora ,
turno : perchè questa era la calzatura per il naturale rispetto del rito, come in
degli attori nella tragedia. E la frase pace a convocare il popolo, così in guerra
significa : con stile degno degli antichi a dar gli ordini. Lucil. pag. 51 Gerlach, 32 :
autori Ateniesi. 13 praesidium reis: lo Rauco concionem sonitu et curuis cogant
loda come oratore del genere giudiziario. cornibus; Prop. 4, 1 , 13 : Bucina cogebat
14 consulenti curiae : modo insolito priscosad uerba Quirites; Verg. Aen. 11,
(poichè il senato consulitur , ossia è do 475 : bello dat signum rauca cruentum Bu
mandato del suo consilium ) per dire ciò cina. E così altri altrove. Orazio che era
che Cic. in Cat. 1 , 9 designa con le ma stato tribunus militum , deve avere os
gnifiche parole in hoc orbis terrae san la proprietà rigorosamente:
suono quiminaccioso
servata
Il
ctissimo grauissimoque consilio ; e chia ' dei corni, è il
ma l . 1. 2 publicum consilium . Consulere segno che dà l'imperator per mezzo de'
è adoperato nel senso che il suo frequen suoi cornicines ; segno cui seguono altri
tativo consultare ha in Sall. Cat. 6: de squilli e fanfare. Vedi Dio. Cass. XLVII,
lecti, quibus corpus annis infirmum , in +3. 18 Perstringis assordi ’ : praes
genium sapientia ualidum erat, rei pu tringis sarebbe abbagli’ . litui le trom
blicae consultabant. In praesidium curiae bette della cavalleria , dal suono acuto.
pare a me debba trovarsi, come in prae Si tratta certo della battaglia di Pharsalo
sidiumn reis è il senso di praesidere = di e del momento di essa in cui tutta la
fendere, quello di praesidere presie cavalleria Pompeiana si spiega a turme
dere, che è in Plin. ep. 2, 11 : Senatus dalla sinistra e carica le deboli turme
HORATIVS - CARMINA . 199

Audire magnos iam uideor duces,


Non indecoro puluere sordidos,
Et cuncta terrarum subacta
Praeter atrocem animum Catonis .
Iuno et deorum quisquis amicior 25
Afris inulta cesserat inpotens
Tellure, uictorum nepotes
. Rettulit inferias Iugurthae.
Quis non Latino sanguine pinguior
Campus sepulcris inpia proelia 30
Testatur auditumque Medis
Hesperiae sonitum ruinae ?

di Cesare. 19 fulgor armorum : Luc. Ph . Plutarco,con


7 , 527 attribuisce lo spavento dei cava giunte, come quelle
solo uoces che aè noi
il buono sono,
libero
lieri di Pompeo al vedere uccisi i ca proposizione che egli difese in modo da
valli dalle terribili cohortes cesariane di far prevedere ai suoi familiari il suo
riserva. Nel fatto, la cavalleria fu cari consiglio : Plut. 67. atrocem ' indomita ' .
cata essa da questa acies di tremila ve In Orazio, atrox, oltre Tydides (pag. 175,
terani ; onde si spiega lo spavento dei v. 27), è la flagrantis hora caniculae
cavalli all' insolito avanzarsi verso loro ( [ III - XII ) v. 9), la stagione che Dissi
di un tal muro di lucido bronzo . fugacis ; gnatorem decorat lictoribus atris, sta
è proleptico : ita ut fugiant. 20 equitum gione di morbi e di morte. Credo che
que uoltus : allusione a ciò che forse da l'idea di morte, devoto della morte,
Pollione ha ricavato Plut. Caes. 45, che amico della morte, pensoso di morte
Cesare disse ai suoi di mirare alla fac sia anche in atrocem animum , quasi il
cia dei nemici, i quali poco familiari con poeta abbia voluto tradurre l'espr. di
guerre e ferite, e giovani che si tenevano Plat. in Phaed . 80, E ( boxin ) opows
della bellezza del loro viso, sarebbero φιλοσοφούσα και τα όντι τεθ
fuggiti. Come successe. Si può però spie
gare : spaventa i cavalli che fuggono e vkvac hehetõ c O oxolos. 25 Iuno :
cavalieri che impallidiscono
idire '. 21 Au la dea patrona di Carthago. 26 inulta
uideor ' mi par di udire ', non inpotens : l'uno agg. spiega l'altro : gli
arringare i soldati prima della batta dei sono impotenti, la terra resta in
glia ’, chè il verso seguente vieta di vendicata : inpotens è nel suo senso
crederlo , ma parlare in mezzo e dopo primo (cfr. pag. 60, v. 9), inulta in
la battaglia ”. Pompeius Magnus , per es.. senso passivo . cesserat ( = excesserat) 'era
sull'ultimo della giornata esclamo ( Plut. partito ' : quando la città era condan
Caes. 45) : Dunque anche negli accam nata, gli dei abbandonavano i templi .
pamenti? E Cesare , secondo Asinio 27 uictorum nepotes: quelli che sotto il
Pollione stesso, citato da Plut. l. l. 46 : comando d'uno Scipione combatterono e
Questo vollero , a questa necessità mi furono vinti a Thapso. 28 Rettulit of
addussero , che io Gaio Cesare dopo aver ferse a sua volta'. inferias 'vittime espia
compiuto grandissime guerre, se avessi torie ’. Iugurthae: bene è qui nominato
lasciato il comando degli eserciti, sarei il felino Numida a personificare l'Africa,
anchee stato condannato. 22 Non inde perchè dalla guerra contro lui ebbero
coro gloriosa '. 23 cuneta terrarum origine le dissensioni civili , sì che egli in
tutta la terra '. 24 Praeter - animum certo modo vinse e trionfo . 29 pinguior :
Catonis non l'anima di Catone ? E que è pensiero abusato nella poesia e nell'ora
sto è veramente con magnos duces un toria , ma quanto terribilmente espressivo!
altro oggetto di Audire, ed è notevole Verg. G. 1, 491 : bis sanguine nostro Ema
la forma perifrastica d'indicare Catone, thiam et latos Haemi pinguescere campos.
forma che ricorda l'ultima lettura del 30 Campus ' piana ’ , i luoghi che si sce
l'Uticense, il dialogo te pi buxñs . Nelle glievano per le battaglie. sepulcris coi
Historiae di Pollione era probabilmente sepoleri ’, che il contadino arando si ac
narrata la morte di Catone con molti corge di turbare e scoprire. La parola,
particolari quali si trovano, per es. , in per essere intesa, ha bisogno dei versi
di Verg . che certo Orazio aveva nel pen
200 LYRA ROMANA .

Qui gurges aut quae flumina lugubris


Ignara belli? quod mare Dauniae
Non decolorauere caedes ? 35
Quae caret ora cruore nostro ?
Sed , ne relictis , Musa procax , iocis
Ceae retractes munera neniae,
Mecum Dionaeo sub antro
Quaere modos leuiore plectro . 40
XVI. [I-VI ]
Scriberis Vario fortis et hostium
Victor Maeonii carminis aliti ,

siero così qui come nell'ode [ I-II] : G. Ulisse, tragici come i miti dei Pelopidi,
1 , 6 Grandiaque effossis mirabitur ossa sono troppo alti per la mia piccolezza.
sepulcris. E questo è già un indizio che Mi vergognerei con la lyra imbelle della
il poeta parla ora delle guerre dopo la mia Musa offuscare la gloria del gran
morte di Cesare. 31 e 32 auditumque Cesare e tua. Descrivere un dio coraz
- sonitum ' il fragore che s'udì ' . Medis zato, un eroe nero di polvere, un guer
* dai Parthi ’. Allude probabilmente alla riero che con l'aiuto di Pallade affronta
gioia che dovettero sentire i Parthi della gli dei, chi potrà ? chi, se non un altro
guerra Philippense, nella quale cadevano Omero, come Varius ? Io faccio canti
quelli che erano destinati alla loro ro conviviali, io descrivo battaglie di fan
vina. Hesperiae ruinae ' della rovina ciulle, che per armi hanno le loro un
dell'impero d'Occidente '. 33 Qui gurges ghie, innamorato o no, ma sempre leg.
aut quae flumina quale acqua o sta giero ’ : L'ode di un numero dispari di
gnante o fluente ' : il senso di gurges è strofe ha, come già spesso vedemmo e
determinato dal contrapposto flumina. spesso vedremo, nella strofa di mezzo
lugubris: poichè il vincitore doveva pren il senso principale . Varius aveva pub
dere il lutto, come il vinto. 34 quod blicato prima del 714 il suo poema de
mare : allude ora alle battaglie navali , morte. Caesaris , presentò, insieme con
contro Sesto Pompeo . Dauniae, agg.: ' ita Vergilio, Orazio a Mecenate, è da Orazio
le'. 35 decolorauere ' fecero trascolorare'. stesso, nel 719, lodato come poeta epico,
36 ora, richiamata da mare : le battaglie (S. 1 , 10, 43) : forte epos acer Vt nemo
navali avevano spesso un contracolpo Varius ducit. Celebre era la sua tragedia
a terra, e spesso a una battaglia sul Thyestes, la quale appunto, secondo la
mare se ne giungeva un'altra sul lido. Didascalia che ancora rimane, post actia
37 ne, finale è affinchè non '. Musa pro cam uictoriam Augusti ludis eius in scena
cas musa ardita ' . 38 Ceae - munera edidit. Il verso ottavo di quest'ode ac
neniae · le canzoni lamentevoli di Simo cennando ad essa, ci dà indizio che l'ode
nide ', insigne in tal genere : vedi a stessa è del tempo post actiacam uicto
pag. 52 , v. 8 del [XXXVIII). retractes riam . L'invito d'Orazio fu tenuto da Va
rinnovi ’, 39 Dionaeo di Dione ”, cioè rio che scrisse un panegyricus Augusti,
di Venus, della dea dell'amore sub di cui sono due versi citati da Orazio,
antro; vedi a pag. 151 , v. 3 : sub alta Epl . 1 , 16 , 27 : Tene magis saluum popu
domo. leuiore plectro : abl. di qualità di lus uelit an populum tu Seruet in ambiguo
modos, quasi ‘ a cui occorra più leggiero qui consulit et tibi et urbi Iuppiter.
plectro . 1 e 2 Scriberis (futuro) – fortis et ho
XVI. - LYRA IMBELLE . A Vipsanio stium Victor. “ Il tuo valore, le tue vit
Agrippa. No, no : Orazio riparato nel torie sui nemici saranno descritte '. Va
l'antro Dionaeo, non vuol saperne di bat rio (dat. ag.) ' da Vario ’, Maeonii ome
taglie. Ad Agrippa , l'eroe delle ultime rico ?, poichè, secondo Aristotele, dei
guerre, che l'aveva forse invitato a can Lydi , detti Maeones nella poesia , era
tare le gesta di Cesare Ottaviano e per Smyrna, la patria di Omero. carminis :
ciò le sue, risponde: Vario , il cigno del gen. di qualità : “ dal canto '. aliti per
canto omerico, canterà le tue vittorie chè cigno ’ ; accordato con Vario. I codd.
per mare e per terra. Çodesti argomenti, hanno alite , che Porph. è incerto se
eroici come l'ira d'Achille, gli errori di spiegare ' con auspicii (omerici) ' o ' Ho
HORATIVS CARMINA . 201

Quam rem cumque ferox nauibus aut equis


Miles te duce gesserit.
Nos, Agrippa, neque haec dicere nec grauem 5
Pelidae stomachum cedere nescii,
Nec cursus duplicis per mare Vlixei ,
Nec saeuam Pelopis domum
Conamur, tenues grandia, dum Pudor
Inbellisque lyrae Musa potens uetat 10
Laudes egregii Caesaris et tuas
Culpa deterere ingeni .
Quis Martem tunica tectum adamantina
Digne scripserit aut puluere Troico
Nigrum Merionen aut ope Palladis 15
Tydiden superis parem ?
Nos conuiuia, nos proelia uirginum
Sectis in iuuenes unguibus acrium
Cantamus, uacui , siue quid urimur,
Non praeter solitum leues . 20

merica sublimitate ?. 3 Quam cumque : tivo. Tyrae potens signora d'una lyra ’ :
tmesis non estranea alla prosa. ferox vedi a pag. 169 (I-III ] v . 1. 11 egregii
e bellicoso ' . nauibus aut equis per mare mirabile, invidiabile '. Regulus è per
o per terra '. 4 te duce; per es. alle Li Orazio egregius exul. D'altre persone solo
pari dove fu sconfitto S. Pompeo, ad Caesar : [III-XXV ] 4. 12 deterere este
Actium, nel bellum Perusinum , contro i nuare e offuscare ’. 13 e 14 Quis
Galli. 5 Nós : opposto a Vario che per Digne scripserit ? : solo Omero o un ales
ciò deve essere dat. ag. ed equivalere a Maeonii carminis, come Varius. adaman
Varius scribet, neque haec — nec: il poeta tina ' di ferro, di bronzo '. puluere Troi
viene così ad agguagliare le imprese di co 15 Nigrum : vedi prec. v. 22. Merio
Agrippa alle gesta eroiche. grauem 6 nen : singolare preferenza per questo eroe
Pelidae stomachumla bile che ribolle dei secondari, tuttavia de primi tra essi.
nel petto del Pelide ' : stomachus come Vedi pag. 175, v . 26. 16 Tydiden: Dio
sede della bile, passò in Cic. a significare medes, cui , dice Pind. Nem. 10, ʻla bionda
la bile e l'ira stessa. cedere nescii: Il. I, Glaucopis fece dio '. superis parem : vedi
678 : ' non vuole spegnere la bile ' . È 11. E, 335. Ferì Aphrodite e Ares. 17
qui designata l'Iliade . 7 duplicis - Vli Nos : di nuovo opposto a Varius, che è
xei : è la trad. dell'epitheton atoautpo la risposta all'interr. Quis scripserit ?.
LM. seguendo Peerl , ma solo in parte,
TTOS, che Andronico volgeva uersutus. espunge la strofa precedente. O tutto,
E qui è indicata l'Odyssea. 8 Nec Pe. direi io , o nulla , poichè l'euritmia è
lopis domum ' nè i discendenti diPelope ' evidente. proelia uirginum , opposte, con
come Atreus e Thyestes. E qui allude un sorriso , alle battaglie di Agrippa, alle
in generale alla poesia tragica e in parti mischie degli eroi. 18 Sectis – unguibus
colare al Thyestes di Vario tragedia che, acrium che combattono con le unghie
secondo Quint. 10, 1 , 98, poteva parago tagliate ', con le armi ottuse delle loro
narsi a qualunque delle Greche. saeuam : piccole unghie rosee. 19 Cantamus: il
noti sono gli orribili banchetti di questa verbo è opposto a scribere e a dicere; ed
gente . 9 Conamur nemmeno ci pro esprime la leggerezza e spensieratezza
viamo ' : il plur. è di modestia. tenues opposta a quella gravità di scrittore e
grandia : app. al soggetto e all'oggetto, maestà d'oratore. uacui liberi d'amore ?:
con antithesis, come a pag. 173, v. 2. si sott. siue, come a pag. 170, v. 16. siue
Pudor, personificato perchè insieme a quid urimur : cfr. pag. 150, v. 13. Non
Musa che è persona. 10 Inbellisque : geni praeter e come
202 LYRA ROMANA .

XVII. ( II -XI )
Nolis longa ferae bella Numantiae
Nec durum Hannibalem nec Siculum mare
Poeno purpureum sanguine mollibus
Aptari citharae modis,
Nec saeuos Lapithas et nimium mero 5
Hylaeum domitosque Herculea manu
Telluris iuuenes, unde periculum
Fulgens contremuit domus
Saturni ueteris : tuque pedestribus
Dices historiis proelia Caesaris , 10

XVII. - IL VERO SOGGETTO DELLA SUA meglio di Antonio citato in quel luogo,
MUSA, - A Cilnio Mecenate. Dello stesso sarebbe stato innamorato di lei tre anni
tempo è probabilmente questa risposta e più prima del 725.
al suo protettore che gli aveva fatto il i Nolis non puoi volere ' , longa
medesimo invito. Il metro è uguale , bella : durò dieci anni dal 611 al 621 .
uguale la composizione che in numero ferae Numantiae : poichè all'ultimo i
di strofe dispari ha dominante la strofa Numantini se suos patriam ferro ueneno
di mezzo, dove è Licymnia , il vero sog subiecto undique igni peregerunt: Flor. 2,
getto di questa ode bellissima. E tante 18.duro
2 adurum (così'. 3i ecodd. non dirum
purpu)
altre somiglianze ci sono; polysyndeton, vincersi 4 Poeno
anaphora, interrogazione; e sopra tutto reum sanguine; nella prima guerra punica,
simile è il tema. Non le guerre degli per le battaglie di Mylae e delle Aegates.
uomini ( come la Numantina, la seconda mollibus - modis : mollibus è antitheton
e la prima Punica) tu puoi volere che a durum . Aptari che si associno '. 5
io tratti liricamente ; non le guerre degli Nec : come nel prec. v. 5, la coord. vale
semidei e degli dei (come la rissa de' quasi come comparazione: ' così come
Centauri e de' Lapithi, e la scalata dei non '. saeuos i feroci ’. nimium mero
Giganti): in prosa tu puoi meglio nar ' violento per il vino bevuto. 6 Hy
rare le battaglie e i trionfi di Cesare. laeum , nome di Centauro, il Selvaggio ',
La Musa volle che io dicessi i canti, gli che troviamo anche in Verg. G. 2 , 457 :
occhi, il cuore innamorato di Licymnia. magno Hylaeum Lapithis cratere minan
Come era bella nella festa di Diana , tem . domitosque : il - que è in prop. ne
danzante con le altre fanciulle ! Cambie gativa come a pag. 121 ai v. 6, 8. Her
resti tu i capelli di Licymnia con le ric culea manu : Heracles aiutò gli dei contro
chezze di Persia e Phrygia e Arabia ?... i giganti. 7 Iris iuuenes i rubesti
quando piega la testa verso i tuoi baci, figli di Gaia ’, i giganti dai piedi di ser
o ti nega i suoi, per farteli desiderare, pente, unde dai quali ' giganti. pericu
crudele ! e poi ti bacia essa per prima ' . lum 8 contremuit ' temèvenisse peri
Chi era Licymnia ? Dice uno Schol. Te colo '. 9 e 10 tuque - Dices proelia
rentia (dello stesso numero e valor di. Caesaris: si rapporta alla prima parola
sillabe é Licymnia : vedi a pag. 44, nota dell'ode, nolis, e il - que ha senso avver
al v. 7 ), Terentia, la moglie di Mecenate, sativo, come nel (I-II] v. 45 : anzi tu
* sorella di L. Licinius Murena e Procu esporrai le battaglie di Cesare ”, che sono
leius. La quale nel 731 era già maritata. nei precedenti non menzionate, eppure
In quell'anno il fratello di lei cospiro esaltate, perchè paragonate alle grandi
contro Augusto : hic ( Maecenas) svelò se guerre romane e alle grandi zuffe mi
cretum de comperta Murenae coniuratione tiche. pedestribus - historiis ' con istorie
uxori Terentiae : Suet. Aug. 66. I versi in prosa ’: pedester in questo senso, tratto
d'Orazio dipingono un amore giovanile. dal greco, ha Orazio per primo. Non si
al suo principio. Se questa poesia è del sa se Mecenate avesse concepito vera
725, si può supporre che Terentia avesse mente questo disegno ( Seru. G. 2, 42 si
tutto al più venti anni, poichè nel 738 fonda per asserirlo , su queste parole
era sì bella ancora da tenere avvinto al d'Orazio ), e se lo avesse adombrato o no.
suo amore Augusto : il quale del resto, 11 e 12 ductaque Regum colla : con
secondo un cenno di Suet. Aug. 69 , o evidenza di descrizione, per ' i re con
HORATIVS CARMINA 203

Maecenas, melius ductaque per uias


Regum colla minacium .
Me dulcis dominae Musa Licymniae
Cantus , me uoluit dicere lucidum
Fulgentis oculos et bene mutuis 15
Fidum pectus amoribus;
Quam nec ferre pedem dedecuit choris
Nec certare ioco nec dare bracchia
Ludentem nitidis uirginibus sacro
Dianae celebris die. 20
Num tu quae tenuit diues Achaemenes
Aut pinguis Phrygiae Mygdonias opes
Permutare uelis crine Licymniae,
Plenas aut Arabum domos,
Cum flagrantia detorquet ad oscula 25
1
Ceruicem , aut facili saeuitia negat,
Quae poscente magis gaudeat eripi,
Interdum rapere occupet ?

dotti pel collo incatenato ?. minacium gere le braccia nella danza ' sacra ; poichè
che conservano la minaccia nel volto in ritmici movimenti delle braccia e del
accigliato e contumace, negli occhi torvi. collo consisteva specialmente la dan za
13 e 14 Me -- me: nella prec. v. 17 Nos degli antichi. nitidis - bene abbigliate '.
- nos. dulcis -- cantus il dolce cantare '. sacro 20 – die ' nella festa ', forse Idi
dominae: vedi pag. 47, nota al v. 28. Li bus Sextilibus. Dianae celebris º di Diana
cymniae: il Teuffel crede si tratti d'una a cui accorre tanta folla d'adoratori '.
fanciulla amata da Orazio stesso. Il no 21 diues Achaemenes: il fondatore mi
me sembra però una contaminazione di tico della stirpe degli Achaemenidi in
Licinia ( Licinius era il fratello di Te Persia. 22 Mygdonias: da Mygdon, an
rentia ) e Ligyhymnia o, se volete, Poly tico re , una parte della Magna Phrygia si
hymnia , se pure non è error d'udito per chiamò Mygdonia. 23 Permutare “ pren
Glychymnia (quae dulcis cantus edit). Al dere in cambio ', crine della testa ben
tre aspirate nei codd. oraziani sono so chiomata ' : il Bent. d'un capello '. 24
stituite dalle tenui. uoluit : richiama il Plenas piene di tesori '. Arabum : terzo
nolis del principio : ' non puoi volere, co esempio di ricchezze orientali, favolose;
sì, poichè la Musa volle altrimenti ’, lu e il tutto opposto a crine. 25 Cum ( così
cidum 15 Fulgentis (cfr. a pag. 184, v. 6. i più e migliori dei codd.) . quando '.
turbidum laetatur) dal vivo fulgore '. s'intende d'un momento ; con dum s'in
bene : va unito con Fidum : molto : tenderebbe ' ogni volta che '. flagrantia
Porph. 17 e 18 nec -Nec -nec, ricordano - ad oscula : per Porph. varrebbe per
i tre nec che si trovano nei primi versi, e ottenere i tuoi baci ardenti ' ; ma si ri
inducono un grazioso contrasto. ferre pe chiederebbe et poi e non aut. detorquet
dem choris (abl.) ' muovere il piede deflectit piega ', verso te, verso i tuoi
nelle danze '. dedecuit ' disconvenne'in baci : c'è tmesis, come a pag. 181 , v. 5. -
quella giovanile nella quale tu, o Mae 26 Ceruicem ' il collo ’: facili che fa
cenas ,età
fosti preso di lei. certare ioco : cilmente si vince '. negat : ha per og
alludealle liete conversazioni, nellequali getto oscula sottinteso. 27 poscente ma
Licymnia, come già Sempronia (Sall. Cat. gis =magis quam is qui poscit. Ma per
26) , poteva uersus facere, iocum mouere, altri poscente è abl. assoluto, e magis va
sermone uti uel modesto uel molli uel pro unito a gaudeat. 28 rapere occupet: espr.
caci. dare bracchia 19 Ludentem . por greca : è prima a prenderteli ’.
204 LYRA ROMANA.

XVIII . ( I -XVIII )
Nullam , Vare, sacra uite prius seueris arborem
Circa mite solum Tiburis et moenia Catili ;
Siccis omnia nam dura deus proposuit neque
Mordaces aliter diffugiunt sollicitudines.
Quis post uina grauem militiam aut pauperiem crepat? 5
Quis non te potius, Bacche pater, teque, decens Venus ?
Ac nequis modici transiliat munera Liberi,
Centaurea monet cum Lapithis rixa super mero
IV . I convivii. che non vedeva nè nel suo modello
greco nè nel poeta italico che primo
XVIII. LA VITE. - Il plectro più aveva indotto questo metro; in Catullo ;
leggermente batte sulle corde; ne squilla pag. 52, ( XXX ). Il Varus di Orazio è qui,
un suono più debole ma più intonato. secondo i ms., Quinctilius Varus, di cui
La Musa d'Orazio canta convivi e amori, vedremo.
e spesso gli uni e gli altri insieme; come 1 sacra ; perchè dono di Bacco, e per
era naturale ; poichè quei banchetti non chè del suo succo si facevano le libazioni.
si potevano supporre senza il raggio delle seueris (da sero) “ hai a piantare ’. arbo
bellezze che Orazio amava . Vino ed amo rem : dice Plinio HN. 14, 1 : uites iure
re : ecco il vero e proprio soggetto tuo, apud priscos magnitudine quoque inter
Musa procax ; nè il soggetto è così li arbores numerabantur. 2 Circa – solum
mitato come pare. Il convivio ora infonde per il terreno '. mite: che facilmente
la gioia, ora riesce appena a vincere la porta a maturazione i grappoli, cioè ' so
tristezza; e la gioia ,acuita ,può suggerire Iatìo '. moenia la città '; retto da circa
persino l'inno, e la tristezza, irritata, può che, per zeugma, ha qui il suo senso di
condurre la mente alle più profonde con intorno ’ . Catili (in Verg. Aen . 7,672 e
siderazioni del dolore umano. Il convivio presso altri, in prosa e in versi, è Ca.
ora è un'orgia bacchica , ora un sacrifizio tillus): fu coi fratelli Tiburtus e Cora,
intimo. Sembra, spesso, una battaglia( e nepoti di Amphiaraus Arcade, il fondato
non sempre vinta ) contro il destino che re di Tibur. 3 Siccis: il contrario di uuidus
ci fa infelici; e perciò, spesso, è data , ( pag. 185, v. 18 ) : dunque ' a chi non be
quando la natura ci invita, con le sue ve ' , dura proposuit. presentò come
nevi, con le sue brume, con le sue tem dure, difficili ” : il vino invece (pag. 161,
peste, a vedere e assaporare la nostra 19) è molle, cioè rende molle ciò che è
infelicità inmedicabile. Questa ode che duro, facile ciò che è difficile. deus ‘ Bac
io pongo per prima, può servire come со ', come si rileva da uite sacra . 4 aliter
di proemio alla piccola sylloge. Contiene altrimenti ” che uite sacra quam seueris,
la lode e il biasimo del vino. * O Varo , cioè col suo succo . 5 grauem , si riferisce
non piantare altro albero a preferenza anche a pauperiem la quale (pag. 158,
della vite ! Chi non beve, non sa vincere nota al v. 18) spinge a fatiche e pericoli
i travagli e le tristezze del vivere . La non meno gravi di quelli della milizia.
gioia e l'amore, dopo il banchetto , si so crepat' chiacchiera ' con quel ripetio che
stituiscono al pensiero di quei travagli si suole a tayola. 6 te potius: Xenopha
e di quelle tristezze. Ma non si deve nes , 1 Bergk , voleva parole buone, di
abusarne; se no, si finisce con la rissa . scorsi puri, racconti di azioni virtuose,
e col sangue. Io non profanerò i tuoi non delle battaglie dei Titani e Giganti,
misteri, o Bacco ; e tu non mi farai udire che certo, secondo Orazio, potevano en
l' inebriante frastuono de' tuoi baccanali, trare nell'allegro conversare del convi
in cui uno perde la coscienza di sè e di vio, parlandosi di Bacco : pag. 185, v. 21
venta arrogante e rivela ogni segreto '. e seg . decens : in [I-IV] 6 sono Gratiae
Il primo verso è tradotto da Alcaios decentes. Venus : Anacreon che ( 73 Bergk,
(fg. 44 Bergk) . L'imitazione continuava ? 10) vuole si tra belli inni, canta
e così pedestre ? A ogni modo nel se (65) Amore il molle, pieno di ghirlande
condo verso Orazio introduce particolari di fiori. 7 Ac : da pochi codd. molti edi
italici. E il metro poi egli riduce più sen tori hanno preso Āt, affermando richie
sibile alle orecchie de' suoi cittadini, fa dersi qui la particella avversativa. Ora
cendo dieresi dopo ogni choriambo, ciò zio ha ac ne in Epl. 1 , 1 , 13 ; 19, 26 ; 2,
HORATIVS CARMINA . 205
Debellata, monet Sithoniis non leuis Euhius,
Cum fas atque nefas exiguo fine libidinum 10
Discernunt auidi . non ego te, candide Bassareu,
Inuitum quatiam nec uariis obsita frondibus
Sub diuum rapiam . saeua tene cum Berecyntio
Cornu tympana, quae subsequitur caecus amor sui
Et tollens uacuum plus nimio gloria uerticem 15
Arcanique fides prodiga , perlucidior uitro .

1, 208. modici munera Liberi ( = modum il poeta ha dato a Bacco, che anch'egli,
in muneribus L.) ' il modo nei doni di come tutti gli dei, godeva della polyo
Bacco '. transiliat passi d'un salto nymia (pag. 88, nota ai v. 21 e 22) . Il
8 Centaurea -- rixa, nelle nozze di Pei nome Bassareus è derivato forse da Bas
rithoos : era uno dei discorsi soliti nei sarides, tracico appellativo delle Maina
symposii, discorsi che non piacevano a di, che si trova già in Anacreonte, 55
Xenophanes, 1. 1. v. 22 : Ovô è tè Kev . Bergk. 12 Inuitum contro tua voglia '.
Taupwy . Il cenno in Orazio sembra ri quatiam ' vibrerò ’; ma s'intende per te,
sposta al severo filosofo, quasi dicendo * i tuoi thyrsi’ : Catull. [LXIV ] 255 : pars
tecta quatiebant cuspide thyrsos. uariis
che queste πλάσματα των προτέρων obsita frondibus' le cose sacre (orgia ) co
hanno la loro morale. super mero: locale, perte di frondi svariate ': di vite, diedera,
ma col senso di • sopra il vino ’ sparso di pino. Catull. 1. 1. 258 : Pars obscura cauis
nella lotta. 9 Debellata , perchè la rixa celebrabant orgia cistis. 13 Sub diuum
finì in vera battaglia . Sithoniis : i Sitho all'aria aperta '. rapiam porterò ’ nel
nii erano abitanti della penisola Pallene, baccanale. Con questi due tratti, quatiam
quella di mezzo delle tre che costitui e rapiam , il poeta dice ' non mi inebrie
scono la Chalcidica : quindi si possono rò ’. Celebrare un baccanale è per Ora
prendere per Thraci ’. Ma notando che zio abusare del dio ; e in ciò forse è da
secondo una versione della leggenda, i vedersi il sentimento di cittadino più
Giganti furono sterminati presso Palle che di poeta. I Bacanalia (come è nella
ne,troviamo forse qui un cenno di ciò che Epistula consulum ad Teuranos) erano
vedemmo a pag. 185, v. 21 e seg. Così il vietati sin dal 568, exstrad quam sei quid
secondo esempio sarebbe mitico come il ibei sacri est. Con inuitum il poeta mi
primo, e ricorderebbe come quello l'elegia sembra che dica ' quando non è una vera
di Xenoph. v. 21, jéx05 - Teyentov . cerimonia religiosa, da te gradita ”: e
sub diuum rapiam non mi pare valga
non leuis : litotes . Euhius : così era chia scoprirò '. saeua ' dal suono assordan
mato Dionysos dal grido evol delle Mai te '. tene = contine. cum Berecyntio 14
nadi. È da notarsi la corrispondenza delle Cornu ' coi corni propri del culto di Cy
due proposizioni che accennano al bene bele '. Il poeta sembra disapprovare la
e le due che significano il male che può mistura dei due culti, ammettendo che
fare Bacco : i soggetti sono uno di per Bacco faccia udire i suoni dei timpani
sona, il dio stesso , l'altro di cosa , di e corni per castigare con la pazzia chi
sposti a chiasmos , deus e sollicitudines lo rinneghi o l'offenda , come nel caso di
nelle prime , rixa e Euhius nelle altre. Pentheus e Lycurgos : vedi pag . 18+;
Ciò a confermare che deus vale Barchus , v. 14. 15 uacuum = inanem . gloria “ l'or
non ‘ la divinità '. 10 fas atque nefas goglio ', conseguenza del caecus amor sui.
il bene e il male ': exiguo fine ' con una 16 Arcanique fides prodiga “ la fede che
linea sottilissima '. libidinum per molti abbandona il segreto e non è quindi
dipende da fine : meglio intenderlo retto più fede. perlucidior “ più trasparente ',
da auidi : dei piaceri ’, 11 Discernunt e potremmo anche dire trasparente co
distinguono '. candide ' bello e giova me ’. Similmente a pag. 178 , v. 9 : San
nile ’. Bassareu : cinque nomi con questo guine uiperino Cautius.
206 LYRA ROMANA.

XIX. [ I-XXVII]
Natis in usum laetitiae scyphis
Pugnare Thracum est : tollite barbarum
Morem , uerecundumque Bacchum
Sanguineis prohibete rixis.
Vino et lucernis Medus acinaces 5
Inmane quantum discrepat : inpium
Lenite clamorem , sodales ,
Et cubito remanete presso.
Voltis seueri me quoque sumere
Partem Falerni ? dicat Opuntiae 10

XIX. - CONVIVIO RUMOROSO. Siamo e la vergogna '. Qui forse ilpoetahain


in un convivio . Il Falerno è già stato mente il uerecundus color (Ep., 17, 21 )
versato, secondo la legge del re ; ma del giovanile Bassareus, rossore che
qualcuno, Orazio, rifiuta di bere. Onde oppone a quello del sangue sparso. 4
si leva un grande schiamazzo, i convi prohibete ' tenete lontano '. rixis : vedi
tati si sollevano sul gomito, vibrano mi il prec. v . 8. 5 Vino et lucernis (dativo
nacciando gli scyphi. Orazio vuole ah solito in Orazio coi verbi di differire e
bonacciare la tempesta. Dice : ‘ Siete di distare) dal vino dei convivii ; poichè
venuti barbari ? che c'entra la rissa col di essi è caratteristica la lucerna, quando
sereno piacere del convivio ? Silenzio, erano lieti e perciò si prolungavano nella
riadagiatevi . Volete che beva anch'io la notte. La qual lucerna a volte pareva
parte assegnata di Falerno ? Ebbene il doppia all'occhio dei bevitori : Accessit
fratello di Megilla (uno, forse, che gri feruor capiti numerusque lucernis : S. 2, 1,
dava più degli altri, perchè la legge 25. Vedi Alc. 41 , 1 Bergk. Medus dei
fosse osservata) nomini la sua innamo Persiani, dei Parthi ’. acinaces : corto
rata . Non volete, non vuoi più ? io non pugnale in uso presso Medi e Scythi. Non
berrò ad altro patto. Oh ! via, tu non hai s'intenda che si fossero sguainati i pu
certo da vergognarti di essa ; è certo gnali, e per l'appunto pugnali scythici
una libera... Dimmelo all'orecchio... Ahi ! da Romani che non portavano armi di
Ahi ! in che vortice sei preso ! qual saga, sorta : è un modo particolare d'esprimere
qual mago, qual dio potrà liberarti? Non il concetto di pugna, di rixa e propria
basterebbe il cavallo alato di Bellero mente tra barbari. 6 Inmane quantum :
phon per toglierti a cotesta Chimaera più forte di nimium quantum : enorme
Il chiasso è finito : il festino fatto un mente , inpium : perchè al uerecundus
gran silenzio al leggiero bisbiglio del fra Bacchus dispiace, perchè (vedi prec. v. 7)
tello di Megilla all'orecchio d'Orazio. non si devono oltrepassare modici -mu
Alla esclamazione di questo, è preso da nera Liberi. 7 sodales : pag. 181 , v. 4.
ilare curiosità. Nessuno pensa ad altro 8 cubito presso col gomito sotto il
che a quel pome sussurrato. Orazio è corpo '. 9 Voltis : tutto il precedente è
libero dalla legge poichè nessuno bada detto per acquetare il tumulto a ciò si
più a lui : d'altra parte il nome, sul quale senta questa proposizione. E il tumulto
si doveva bere (un cyathos per ogni let è avvenuto per una ribellione (imagi
tera del nome : Mart. 1 , 72), non è pro nata , s'intende) alle leges insanae (S. 2,
nunziato forte e il poeta ha promesso il 6, 69) dei convivii ; e facetamente alla
segreto . violazione delle leggi è fatta succedere
1 Natis in usum laetitiae fatti per la una specie di guerra civile : ruptis - le
gioia ’. 2 Pugnare: non se ne deve ri gibus Arma ferunt : Verg. G. 1 , 510. Per
levare che già gli scyphi siano volati. molti, non c'è nesso alcuno. Rissano : il
C'è stata solo la minaccia e, vogliamo poeta li rimprovera ; poi si offre, senza
credere, più da beffa che da senno. Thra obligo alcuno, di bere , come se ciò, sen
cum est : nel prec. v . 9, sarebbe un cenno z'altro, dovesse riuscire molto gradito
alle risse thraciche per chi prende Si spettacolo . seueri : il Falerno era di due
thonii Thraci. tollite via . 3 uere qualita, ο αυστηρός και ο γλυκά
cundumque: nell'Ep. 11 , 13 questo dio è Gor : Athenaeus, 1 , 26. me quoque cio
detto inuerecundusche toglie il timore
HORATIVS CARMINA . 207

Frater Megillae , quo beatus


Volnere, qua pereat sagitta .
Cessat uoluntas ? non alia bibam
Mercede . quae te cumque domat Venus,
Non erubescendis adurit 15
Ignibus ingenuoque semper
Amore peccas. quidquid habes, age ,
Depone tutis auribus. a miser,
Quanta laborabas Charybdi,
Digne puer meliore flamma! 20
Quae saga , quis te soluere Thessalis
Magus uenenis, quis poterit deus ?
Vix inligatum te triformi
Pegasus expediet Chimaera .

come voi '. Come si può supporre che 18 tutis auribus ' all'orecchia, che è si
Orazio fosse al convito a patto di non cura ’ ; non è rimosa : S. 2, 6, 46. a mi
bere ? sumere : detto del bere la sua ser !: ecco la vendetta . Il poeta lascia
parte ' anche in ( III -VIII] 33. 10 Par l'ironia con la quale ha strappato il se
tem “ la parte che il rex ha assegnata gre al vanerello e rumoroso commen
a me come a tutti. Opuntiae 11 Frater sale. Per miser vedi pag. 150, v. 13. 19
Megillae “ il fratello di Megilla (la Gran laborabas (così i più dei codd. ma il Bent.
dicella : nome di hetaira anche in Lu laboras in ; l'Oudendorpius laboras ab)
ciano, DM . 5 ) Locrese di Opunte '. Strano eri affannato ’ , senza parlarne. L'im
modo ! sebbene sembri grazioso ai com perfetto indica il tempo anteriore al mo
mentatori. E questa Megilla, così aper mento in cui il frater Megillae ha par
tamente nominata, doveva essere una lato. E c'è come la promessa di guarirlo
hetaira. Non si potrebbe intendere Fra e salvarlo. Charybdi: l'abl. senza in con
ter in un altro senso ? in quello che ha laboro, indica la causa dell'affanno; con
spesso nel Satyricon di Petronio , e in in o il luogo o l'oggetto di esso affanno.
Mart. 2, 4 ; 10, 65 ? - indivisibile " ? quo Charybdis = uorago : Charybdin bonorum
12 Volnere, qua — sagitta : ferita e dardo uoraginem potius direrim : Cic. de orat.
di amore, imagini comuni indotte con 3, 163. 20 flamma: riprende il v. 15. 21
molta ironia . beatus -- pereat: oxymoron, e 22 Quae saga - te soluere – poterit : il
13 Cessat uoluntas ? s'intende uestra , di modo e tempo del verbo fa vedere che
voi che volete che io beva e di te che il poeta ha avuta l'idea della guarigione,
eri il più accanito, e ora taci. Natural la quale ora vede quanto difficile ! ma
mente Orazio non ha scelto il suo uomo non impossibile. saga Magus - deus :
tra , quelli che fossero rimasti cubito gradazione. Thessalis uenenis : vedi a
presso ; si è diretto a chi schiamazzava pag. 141 , v . 62 e 142, v. 87. 23 inligatum ,
più. Dunque : non volete, non vuoi come dalle spire d'un serpente. triformi:
più ? '. 14 Mercede c patto ' . quae -- era (Il . Z, 181 ) - Sopra leone, sotto dra
cumque; tmesis : vedi pag. 201 , v. 3. Venus gone, e in mezzo chimaira ' cioè capra
amore ?: l'ironia si accentua : tutti sono spirante fuoco. Nell'Ant. P. 11 , p. 387
volti al frater Megillae. 15 erubescendis è un'hetaira paragonata alla Chimaera ;
• da arrossirne ' : il frater è divenuto e il paragone poteva aver più del comico
rosso. adurit ’ brucia ? : rosso di bragia . che del tragico, se si pensa al significato
16 ingenuoque semper 17 Amore " sem di chimaera e ad altri soprannomi quali
pre di donne nate libere ?: Poichè questa si hanno in Athenaeo e in Luciano . 24
e ironia , si può pensare che il frater sia Pegasus : l'uccisore della Chimaera fu
appunto il Xanthias Phoceus di [II - IV ], Bellerophon a cavallo dell'alato Pega
cui Orazio burlescamente incoraggia Ne Tuttavia anche Hes. Th . 325 : Lei Pega
sit ancillae tibi amor pudori. peccas : sei sos uccise e il valoroso Bellerophontes '.
innamorato ' . quidquid habes: Catull. 6, expediet " libererà ’ . Chimaera : dipende
15 : quicquid habes boni malique Dic nobis. da expediet.
208 LYRA ROMANA .

xx . [ I-VII]
1
Vides ut alta stet niue candidum 1
Soracte , nec iam sustineant onus
Siluae laborantes, geluque
Flumina constiterint acuto.
Dissolue frigus ligna super foco 5
Large reponens atque benignius
Deprome quadrimum Sabina,
0 Thaliarche, merum diota .
Permitte diuis cetera, qui simul
Strauere uentos aequore feruido 10
Deproeliantis, nec cupressi
Nec ueteres agitantur orni .
XX. CONVIVIO INVERNALE. È l'in renti ’. 5 Dissolue sciogli ’, poichè il fred
verno: genialis hiems ( Verg. G. 1 , 302), do contrae e stringe. super foco sul foco
la stagione dei banchetti, della casa, del lare ' (vedi per la costr. a pag. 204, v. 8),
l'amore. È la stagione in cui l'uomo sente dove già brucia altra legna. 6 benignius
più la sua potenza sopra la natura ne ' più abbondevolmente ' del solito, quando
mica : egli ha il fuoco contro il freddo, non è così freddo ; oppure, di poco prima,
il vino contro la tristezza, l'amore contro quando non c'eravamo ancora accorti di
la morte. Bene è espressa la poesia dei tanta burrasca . 7 e 8 quadrimum -me
brevi giorni invernali in questo scolio rum il vino di quattr'anni '. Sabina –
che assomiglia all'Ep. (XIII) a pag. 129 . diota dall'anfora delle due anse ’: Pre
Neve sui monti, sulle selve ; i fiumi sono ferisco crederlo determinato , come se
gelati. O re del convivio, fa mettere le quest'anfora, dal vino più vecchio, fosse
gna sul focolare, fa spillare il vin vec in vista con la sua forma notabile : Xe
chio. E lascia fare gli dei, che sanno fer noph. 1, 4 : E il cratere è collocato
mare le procelle assordanti e sì chenon pieno di letizia, E altro vino è pron
titubi più una cima di cipresso o d'or to dolce come miele nelle anfore ,
niello. Del domani non ti dar pensiero : olezzante di fiori ' . 0 Thaliarche : vale
ogni giorno di più segnalo come trovato, forse rex conuiuii, o è nome finto a signi
e or che sei giovane, ama e danza. Si ficare giovinezza fiorente. 9 Permitte di
torni alle belle passeggiate, ai dolci bi uis cetera (pag . 130, v. 7): le altre cose,
sbigli delle sere. Si entra dall'amata, l'a fuori di questedue,fare del fuoco e spil-*
mata non c'è ; mentre malediciamo alla lare del vino. Peraltro non è impossibile
sua infedeltà , squilla una fresca risata si alluda a preoccupazioni per l' insolita
da un angolo oscuro. Ah ! ti ho colta : intemperie di neve, che sembrava di ma
dammi ora l'armilla , dammi l'anello, pe laugurio (pag. 190, v. 1 ) con quell'arre
gno d'amore '. Come è sparito dalla no starsi de' fiumi (pag. 191 , nota al v. 14).
stra mente, a quest'ultima scenetta , il E sarebbe da sospettarsi tra la prima e
Soracte tutto neve ! Il principio è d'Al la seconda strofa un nesso più conces
ceo ; ma già al secondo verso c'è il paesag sivo che causale. simul appena ’ . 10
gio romano, al settimo romane usanze. Strauere ' hanno abbattuti ' cioè seda
1 Vides : l'anacrusis è breve, come di ti ’, aequore feruido nella distesa ribol
rado. stet “ si erga ’ ; sembra più alto nel lente del mare ' . 11 Deproeliantis ' che
chiaror della neve. 2 Soracte : ora Monte lottavano furiosamente empiendo di
S. Oreste,a nord di Roma. nec iam ' e non fragore lariva. cupressi 12 — ueteres–
più ’: onus ' il peso della neve ’: 3 Siluae: orni così ' i cipressi ' lunghi e sottili,
questo non può vedere sul monte, ma può che dondolano la cima al menomo alito di
imaginare dal uiridarium di casa ; poi vento, come ‘ i vecchi ornielli’deimonti.
chè inter varias nutritur silua columnas : agitantur ' si muovono '. Dopo la batta
Epl. 1, 10 , 22. laborantes ' affaticate , che glia nel mare dei cavalloni , rotolati da
scricchiolano, come succede dove rare venti contrari, con altissimo fracasso ,
sono le nevicate. 4 Flumina constiterint: non si poteva con meno parole e più ap
specie d'oxymoron : ' non corrano le cor propriate descrivere il silenzio e l'im 1
HORATIVS CARMINA . 209
Quid sit futurum cras , fuge quaerere et
Quem fors dierum cumque dabit, lucro
Adpone nec dulcis amores 15
Sperne puer neque tu choreas,
Donec uirenti Canities abest
Morosa . nunc et campus et areae
Lenesque sub noctem susurri
Conposita repetantur hora , 20
Nunc et latentis proditor intimo
Gratus puellae risus ab angulo ,
Pignusque dereptum lacertis
Ăut digito male pertinaci .
XXI. (1-XI]
Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi
Finem di dederint, Leuconoe , nec Babylonios
mobilità. Non si muove più nemmeno lesse : se fosse anche nell'animo, candida
un cipresso ! 13 cras : il raffronto con sarebbe in tutto. Leuconoe è piena di
[III -XVII) mi persuade sempre più che suoi presentimenti e consulta i Chaldaei,
si tratti di preoccupazioni che il poeta i mathematici che leggevano l'avvenire
suppone manifestate da Thaliarcho.Pare nelle costellazioni. Ha forse ella con sè
meno poetico ? Tuttavia questi discorsi, ivita
pinaces
semplicisimbolo. di lei dove
e di èluicomputata la fine
? Li mostra ella della
forse
virtù di e comuni,14hanno
Quem una cumque
penetrante
: 80 alla fine del symposio chenon è riuscito
lita tmesis : vedi prec. v. 14. fors ' la a cacciarle la nuvola dalla fronte can
fortuna ”. dierum : dipende da quemcum dida ? Nei symposii poteva aver luogo
que . lucro 15 Adpone segnalo tra gli una specie di divinazione, per es., col
utili’. 16 puer : predicativo: mentre sei cottabo e coi tali. E il parlare dell'av
giovane ’. tu : posposto ; è il soggetto di venire con tristezza, abbiamo veduto nel
Sperne. 17 Donec: introduce l'esplica prec. v. 13, e altrove, che era naturale
zione di puer : basta ' e '. uirenti da te e solito. E il symposio poteva essere nel
nel fiore ’. Canities: opposto con forza a natalizio o di Leuconoe o di Orazio, onde
uirenti. 18 Morosa che rende difficili, il discorso sui Chaldaei, poichè la loro
brontoloni '. nunc, cioè donec etc. campus arte consisteva (Cic. diu. 2, 87) in prae
‘ il Campo Marzio ' . areae 19 Lenesque dictione et in notatione cuiusque uitae ex
- susurri ' i sommessi bisbigli d'amore natali die. Da tutto questo e dal verso 6,
nelle piazze ', dove erano i porticati, e deduco che la poesia è convivialecome
si davano convegno gl' innamorati, sub le precedenti, di cui la prima ( [I-XVIII ])
noctem ' sul far di notte '. 20 Conposita ha lo stesso metro. Non cercare con
- hora ' all'ora fissata '. 21 e 22 latentis codesti illeciti computi sino a quando
proditor - puellae risus = risus quipro vivremo io e tu. Meglio è prendere quello
dit latentem puellam . Gratus, sott. est. 23 che viene. O più d'un inverno ci sia ser
Pignusque e il pegno d'amore ' sott. gra bato o l'ultimo sia questo, non ci pen
tum est; e il sogg. è deripuisse pignus = sare ; filtra il vino e poichè la vita è
pignus dereptum . lacertis alle braccia ' breve non far lunga la speranza. Mentre
il braccialetto . 24 digito ' al dito ' : l'a parliamo è già passato un po' della no
nello, male pertinaci che non ripugna stra parte di vita. Afferra l'oggi e non
sul serio ' cioè bene. C'è qualche cosa di credere al domani ’. Il convivio è d'in
ciò che vedemmo a pag. 203, v. 25 e verno, anche questo ; e figurato presso
seguenti. il mare che fa sentire il suo cupo bronto
XXI. CONVIVIO INTIMO. Il con lìo . Anche nel precedente si parla di bur
vivio è presso Leuconoe il cui animo rasca. Anche nell'Ora tetra, a pag. 129,
non è sereno, come serena la bellezza. mugghia il mare. Ciò deriva da Archi
Così mi giova interpretare il nome della lochos e Alcaios, lupi marini ?
fanciulla, da 2 euxós e voĪS, come va 1 Tu , sembra richiedere un predica
PASCOLI, Lyra Romana 14
210 LYRA ROMANA .

Temptaris numeros. ut melius , quidquid erit, pati !


Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam ,
Quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare 5
Tyrrhenum : sapias, uina liques et spatio breui
Spem longam reseces. dum loquimur , fugerit inuida
Aetas; carpe diem , quam minimum credula postero.
XXII. (I-XXXVIII]
Persicos odi , puer, adparatus
Displicent nexae philyra coronae ;
Mitte sectari , rosa quo locorum
Sera moretur.
Simplici myrto nihil adlabores 5
Sedulus curo : neque te ministrum
Dedecet myrtus neque me sub arta
Vite bibentem .

tivo causale come il tu del prec. v. 16, incohare longam .fugerit : futuro perfetto.
che ha infatti puer. È forse incluso nel Questa fuga è così istantanea che il poeta
nome Leuconoe ? tu che dovresti essere non appena l'ha veduta nel futuro, già
serena, candida di animo, come sei bella era nel passato . Così Lucr: 3, 927 : breuis
e giovane, candida di corpo e di età ? Mi hic est fructus homullis; Iam fuerit. 8 Ae
pareprobabile. scire nefas:vedia pag. 122, tas ' ile tempo rapido ' a noi assegnato.
v. 14. Del resto quid crastina uolueret carpe cogli ' come un fiore con cui ti
aetas, Scire nefashomini: Stat. Th. 3, 562. tocchi appenauna dea fuggente. Velox
Perchè ? lo dice Porph. al 3, 29, 31 : nefas flosculus in Iuuen. 9, 125. quam mini
est inquirere futura, quae diui nescire il meno possibile '. postero, s'in
nos uoluerunt. È come passare il mare, tende diei.
elevarsi nell'aria : vedi a pag. 171 , v. 21 XXII. CONVIVIO SEMPLICE. - Canto
e seguenti. 2 Finem : s'intende uitae : d'autunno. ' Per un buon convivio non
mathematicos quondam de uitae suae fine importa il lusso orientale ; non rose tar
consuluit: Sid . A poll, 8, 11. nec ' e perciò dive, non ghirlande intrecciate con fil di
non '. Babylonios 3 - numeros = rationes tiglio. Basta il mirto ; sotto questo per
Chaldaicas: Cic. diu.2, 47: i calcoli che essi golato, il mirto sta bene a te, o cop
facevano mettendo in rapporto la nascita piere, che mi porgi la coppa, e a me, che
di chi li consultava, con lo stato e oppo la vuoto ?.
sizione delle stelle. ut : in esclamazione, 1 Persicos adparatus: unguenti e
come apag. 145, v . 19.4 pluris “ più d'una '. aromi. odi non voglio '. puer : vedi a
tribuit ' assegnò’nel giorno della nostra pag. 43. 2 philyra con nastri (lemni
nascita . 5 oppositis - pumicibus ' nelle sci) di scorza di tiglio ' di cui Plin. HN.
opposte scogliere ', corrose dal salso del 16 , 65, 3 e 4 Mitte sectari (vedi a pag.
mare. debilitat ' infrange, spezza ': debilis 130, v. 7 ) “ lascia di cercare > 108a
(pag. 111 , nota al v. 1 di 3) vale monco Sera le rose autunnali ', tardive, che
o storpio. 6 sapias: sapiens finire me fioriscano ancora, s'indugino (moretur )
mento : pag . 161 , 17. liques “ filtra ’ attra sul rosaio spossato dalla fioritura di
verso il saccus o colum nel quale ultimo maggio. quo locorum ' dove ' . 5 Simplici
(un vaso bucherellato di bronzo) si po myrto alla mortella senz'altro '. adla
neva della neve ; onde il nome colum ni bores peni ad aggiungere ’: 6 Sedulus
e con troppa premura ’. curo: mostra che
uarium in Mart. 13, 103.spatio breui: detto
in genere: ' poichè breve è la carriera ” ; il puer s'era offerto di cercar le rose e
ma s'intende, della vita. 7 reseces ac la philyra. ministrum = ministrantem . 7
corcia ’ : altri - lascia al tutto ” . Nel (I-IV] e 8 sub arta Vite sotto il folto pergo
v . 15 : Vitae summa breuis spem nos uetat lato ' ; non nel suntuoso triclinium .
HORATIVS CARMINA . 211

XXIII. (II-XIV]
Eheu fugaces, Postume Postume ,
Labuntur anni , nec pietas moram
Rugis et instanti senectae
Adferet indomitaeque morti ;
Non , si trecenis, quotquot eunt dies, 5
Amice, places inlacrimabilem
Plutona tauris, qui ter amplum
Geryonen Tityonque tristi
Conpescit unda , scilicet omnibus,
Quicumque terrae munere uescimur, 10
Enauiganda, siue reges
Siue inopes erimus coloni .
XXIII. CONVIVIO TRISTE. - Il con me l'idea di serus, come in Verg. Aen. 6,
vivio è imaginato in casa di Postumus. 763 : tua postuma proles, Quem tibi lon
Egli è un ricco, ma il suo nome stesso gaeuo serum etc. E serus ha troppo
sa di morte : mors ultima linea rerum est : spesso il significato di chi lascia passare
Epl. 1, 16, 79. E significa nel tempo stesso l'occasione ', fidandosi nel domani: Verg.
uno spe longus (AP. 172), uno che crede Aen . 10, 94 : Tunc decuit - nunc sera etc.
troppo diei postero. Che si tratti d'un La ripetizione stessa del nome ne avverte
convivio, deduco e dalla somiglianza dei che ci giace un senso segreto, opposto
motivi coi precedenti e dalla menzione al fugaces – Labuntur. 2 pietas ' religio
del uiridarium (v. 22) e del vino (v. 25) . ne
C ! 3 Rugis et - senectae: hendiadys:
Postumo, Postumo gli anni volano ; alle rughe della vecchiaia '. instanti
nulla giova a ritardare la vecchiezza e che t'è già addosso ’, per giovane che
la morte. Plutone non si lascia placare tu sia, poichè rapidissima è la fuga de
da sacrifizi e tutti dobbiamo passare il gli anni. Così nel (I-IV], 16 : Iam te pre
fiume che circonda il suo regno ; tutti , met nox. 4 indomitaeque e all'indoma
ricchi
eAbbiamo e poveri ”. Questa la prima parte. bile ? : espr. omerica : II. I, 158. 5-7 tre
un bell'evitare guerra, mare, cenis - tauris : con tre hecatombe, dice
malaria ' (e questa è la parte di mezzo) vano i Greci. eunt . se ne vanno ' : c'è
* bisogna andarci a quel fiume e vedere l'idea di abire, come in Epl. 2, 2, 5 :
quel luogo tetro, e lasciare tutto ciò che Singula de nobis anni praedantur euntes ;
si ama : di codesti tuoi belli alberi, solo Plaut. Bacch. 5, 2, 85 : It dries. inlacri
il cipresso ti seguirà. E l'erede si berrà mabilem ' che non piange ': senso attivo.
il Caecubo che tu tieni sotto chiave e ter amplum che ha tre corpi ’ : Lucr.
lo spargerà per terra ; quel Caecubo che 5, 28 : Quidue tripectora tergemini uis
è invidiato dai Pontefici, nelle loro cene Geryonai. 8 Tityonque: anche Tityos era
inaugurali '. Con ciò si fa indiretto in un mostro gigantesco che steso occupava
vito a Postumus, di far recare il Cae nove iugeri : Tib, 1 , 3, 75. tristi : Verg.
cubo, unico conforto deformis aegrimo G. 4, 479 : tardaque palus inamabilis unda .
niae (pag. 131 , v. 18) . Con ciò si dice a 9 Conpescit : Verg. 1. l. 480 : Adligat
lui : sapias, uina liques, carpe diem, come cohercet. 10 Quicumque t. m . u .: espr.
più su al( I-XI]; si afferma che non Mor omerica, per es. in II. Z, 148 : ' de'mor
daces aliter diffugiunt sollicitudines, co tali che della terra arata il frutto man
me al (I- XVIIT ). giano '. 11 Enauiganda: lunga parola a
1 Eheu : fa presentire il lugubre con indicare quella navigazione che non si
tenuto dell'ode. fugaces : va unito avver rifà per il contrario . La differenza tra il
lmente con Labuntur. Postume: po semplice e il composto è forse la me
stumus è il superlativo di post, e non desima che tra mori ed emori. Per altri
deriva certo da post humum , ma si diceva ci conduce
però dei figli nati dopo la morte, e an fuori quella
•indica del dolce mondo.che
navigazione reges : indica
che dopo il testamento , del padre, signi i ricchi in contrapposto ai poveri, anche
ficando propriamente chi non può essere in ( I- IV ] v. 13 : pauperum tabernas Re
il penultimo, chi è l'ultimissimo'; e assu gumque turris. 13 carebimus ' ci terremo
212 LYRA ROMANA .

Frustra cruento Marte carebimus


Fractisque rauci fluctibus Hadriae ,
Frustra per autumnos nocentem 15
Corporibus metuemus Austrum :
Visendus ater flumine languido
Cocytos errans et Danai genus
Infame damnatusque longi
Sisyphus Aeolides laboris. 20
Linquenda tellus et domus et placens
Vxor, neque harum , quas colis, arborum
Te praeter inuisas cupressos
Vlla breuem dominum sequetur.
Absumet heres Caecuba dignior 25
Seruata centum clauibus et mero
Tinguet pauimentum superbo ,
Pontificum potiore cenis.
xxiv. [I- V]
Quis multa gracilis te puer in rosa
Perfusus liquidis urguet odoribus
ontani ? : così Plaut. most. 4, 1 , 1 : culpa tempo ' , 25 heres: vedi pag. 12, XII. di- ,
carent ‘ si astengono dal male '. 14 rauci gnior, perchè lo berrà e così se ne mo
fragoroso ' per lo spezzarsi (fractis) dei strerà degno. 26 centum clauibus : hy
cavalloni alla riva . 15 per autumnos perbole. 28 superbo, come fosse conscio
* nell'autunno ’, dip. tanto da nocentem della sua bontà . 29 Pontificum - cenis
quanto da metuemus. 16 Corporibus, dip. di quello che si beve alle cene dei pon
dalle due parole da cui l'espr. per au tefici ’. Ecco la lista (Macr. Sat. 2, 9)
tumnos. metuemus; e perciò lo schive d'una cena pontificum : ante cenam echi
remo ’, recandoci in villa . Dal che si può nos, ostreas crudas, quantum uellent, pe
indurre che il convivio è imaginato nella loridas, sphondylos, turdum , asparagos ;
villa . Austrum : S. 2, 6, 18 : me — perdit subtus gallinam altilem , patinam ostrea
nec plumbeus Auster Autumnusque_gra rum , peloridum , balanos nigros, balanos
uis Libitinae quaestus acerbae. 17 Vi albos , iterum sphondylos, glycomaridas,
sendus si deve andare a vedere '. flu urticas , ficedulas, lumbos capragines,
mine languido con lenta corrente ' : aprugnos, altilia ex farina inuoluta , ti
Verg. 1. 1. tarda – unda . 18 Cocytosil cedulas, murices et purpuras; in cena su
fiume del pianto '. Danai genus " le Da mina , sinciput aprugnum , patinam pi
naidi '. 19 Infame di cui noto è il scium , patinam suminis, anates, querque
delitto e il castigo '. longi : litotes per dulas elixas, lepores, altilia assa , amylum ,
eterno '. 20 laboris: gen. della pena, panes Picentes.
come capitis. 21e placens 'amata ', poi
chè per dire io t'amo ? dicevano i V. Le donne.
latini (Tib. 4, 13, Tu mihi sola places.
22 harum : che si potevano vedere tra XXIV. PYRRHA. Come il mare.
le colonne del peristylio se il poeta Spesso ( Simon . Amorg . 7 Bergk v. 37)
imagina non una villa ma una casa immobile Sta, innocente , gioia ai marini
suntuosa, con uiridarium di alberi di grande, Nella calda stagione, e spesso è
versi, come platani e cipressi. 23 in pazzo , Da risonanti cavalloni portato : A
uisas : un ramo di cipresso si poneva lui specialmente somiglia siffatta donna ’.
avanti la casa del morto, di cipresso Si chiama Pyrrha . Orazio la amò ; ma
si circondava la pyra : Seru. Aen. 3, si è salvato a tempo . La vede ora ,
64 ; 6, 216. D'allora il cipresso fu l'al come trasfigurata : un semplice nodo
bero della morte. 24 breuem . per breve raccoglie i suoi capelli biondi. Qual gio
HORATIVS CARMINA 213

Grato , Pyrrha , sub antro ?


Cui flauam religas comam ,
Simplex munditiis ? heu quotiens fidem
Mutatosque deos flebit et aspera
Nigris aequora uentis
Emirabitur insolens ,
Qui nunc te fruitur credulus aurea,
Qui semper uacuam , semper amabilem 10
Sperat nescius aurae
Fallacis. miseri , quibus
Intemptata nites, me tabula sacer
Votiua paries indicat uuida
Suspendisse potenti 15
Vestimenta maris deo .

vane elegante e profumato ha preso il quant'anni prima capillum cinere uncti


mio posto ? per chi ti adorni con tanta tabant ut rutilus esset : Cat. Or. 7 , 9,
semplicità civettuola ? Oh ! come si tro Iord, religas ' fai un nodo della ’. 5 Sim
verà, egli non avvezzo, che ora gode la plex munditiis semplice nell'abbiglia
bonaccia, come si troverà alle burrasche! mento ', ma doppia nell'anima. heu :
Infelice chi non ti conosce e t'ama ! Io esprime la pietà del poeta per l'altro ';
ho appeso al tempio del dio del mare, pietà forse affettata. fidem , si sott. mu
il quadretto votivo e le vesti umide del tatam . 6 e 7 aspera – aequora “ il mare
mio naufragio d'amore ” . La donna è as aspreggiato ’ . Nigris uentis dai venti
somigliata al mare anche in Plaut. asin . procellosi ’: pag. 133, v. 5. 8 Emirabitur;
133 : uos mare acerrumum . verbo formato da Orazio a indicare forse
1 multa - in rosa . ' sul triclinio sparso il passaggio rapido da una sensazione
di foglie di rosa ' : così Cic. de fin . 2, 65 : a un'altra opposta. insolens ' nuovo come
potantem in rosa Thorium , così Sen. Ep. egli è, a tal mare ' 9 credulus aurea : a
36, 9 : in rosa iacere. Prop. 3, 3, 44, ha pag. 201 , v . 10, tenues grandia, aurea :
Et caput in uerna semper habere rosa , d'oro (dice Theocr. 12, 16) gli uomini ,
che può esser detto delle rose sfogliate quando l'amato riamava ’: 10 uacuam
sul puluinus, più che della ghirlanda. per sè ', sibi uacantem . 11 - 12 aurae
Orazio stesso , AP. 228, ha conspectus in Fallacis : continua l'allegoria del mare e
auro - et ostro, che vale tra il folgoro del vento. 13 Intemptata> ' non provata'.
dell'oro e della porpora ’. Per indicare la nites mostri il sereno della tua bel
gbirlanda, mi pare che nel nostro passo lezza insidiosa, sereno che darà luogo a
occorrerebbe una determinazione mag procelle : è in Verg . G. 1 , 467 caput ni.
giore. Cic. T. 3, 43 : et sertis redimiri tidum del sole , in Val. Flac. 3, 467 ni
iubebis et rosa : e non c'è dubbio. gra tidus aether . tabula : abl . di mezzo con
cilis - puer giovane snello , elegante '. indicat, sacer 14 - paries ' la parete del
2 Perfusus' stillante ’. liquidis – odo tempio ’, uuida (con uestimenta ) ' umidi '
ribus * di balsami'.urguet ' si stringe a dell'acqua marina. 15 e 16 potenti
3 Grato, forse, già a me grata , nota ’. maris deo : a Neptunus. È in Verg. Aen.
sub antro nella grotta ’ del giardino, 12, 766 un oleastro Seruati ex undis ubi
luogo per i symposii : per il costrutto figere dona solebant – et uotas suspendere
vedi a pag. 151 , v. 3. 4 Cui per chi . uestis. E nell'AP. 21 è lo scampato, aere
flauam - comam : preferivano le romane dato qui pingitur.
di quest'età il biondo chiaro , cento cin
214 LYRA ROMANA .

xxy . [ I - XXIII )
Vitas inuleo me similis, Chloe,
Quaerenti pauidam montibus auiis
Matrem non sine uano
Aurarum et siluae metu.
Nam seu mobilibus uepris inhorruit 5
Ad uentos foliis, seu uirides rubum
Dimouere lacertae,
Et corde et genibus tremit .
Atqui non ego te tigris ut aspera
Gaetulusue leo frangere persequor : 10
Tandem desine matrem
Tempestiua sequi uiro .
XXVI. [ II - VIII)
Vlla si iuris tibi peierati
Poena , Barine , nocuisset umquam ,
XXV. - CHLOE Come una cervetta. i ramarri ’. E questo per il timore della
* Tu mi sfuggi, come una cervetta che selva. 9 non ego te : te richiama la cer
smarrì nei monti la madre e teme d'ogni vetta, ego quello che segue ma che si
foglia mossa dal vento. Le trema il cuo doveva indovinare anche prima, al se
re, le tremano le ginocchia se il vento condo verso. La cerva e la cervetta erano
fa stormire un arbusto, se le lucertole insieme ; la cerva, al sopravvenire d'una
fanno stridere il rovo. Oh ! ma io non belva, fugge lasciando la cervetta che
sono una bestia feroce, non voglio farti fugge anch'essa, cercando la madre, ma
del male. Cessa di cercar sempre della temendo sempre della belva. aspera :
mamma : sei da marito ' .L'odicina è delle pag. 132, v. 11. 10 frangere persequor:
più giovanili; si deduce dalla non osser costr. simile a pag. 191 , v. 7 e 8. II. A,
vata synapheia (vedi Metrica) nei v. 3 113 : Come leone i piccoli della cerva
e 7. È imitata da Anacreonte (52 Bergk), veloce Facilmente
di che vedi la nota al v. 10, a pag. 149. forti zanne '. 12 franse presili conwiro
Tempestiua le
1 inuleo : il piccolo del cervo, veßpos . buona da marito ' : Iam matura uiro,
Chloe : gracile nome che vale “ foglia, er plenis iam nubilis annis : Verg. Aen. 7,53.
ba verde ?. 2 pauidam che per paura XXVI. BARINE . La mentitrice.
se lo lasciò addietro ”: non mi pare epith. Se avessi veduto punir mai una tua
ornante . auiis * fuori di mano '. 3 non bugia , io ti crederei. Ma che ! a ogni
sine : litotes : piena di ’. uano senza spergiuro ti fai più bella. Le ceneri della
ragione '. 4 Aurarum — metu paura di madre, le stelle, gli dei , tutto puoi im
brezze ' : questa è la ragione di uano. et punemente chiamare a testimone de' tuoi
siluae (di tre sillabe, come a pag. 129, tradimenti. Si vede che Venus, le Nyn
v. 2) ' e di frondi ’. 5 e 6 Nam : si ri phae, Cupido mettono la cosa in ridere.
ferisce, per me, a Vitas; sì che nei tre E poi tutti i giovani sono per te, semi
miti della cervetta meglio noi vediamo pre nuovi schiavi entrano nella tua casa :
i piccoli brividi della fanciulla. mobilibus i primiminacciano d'andare, ma restano.
Ad uentos foliis (ad uentos, Keller : i E tutti temono di te, le madri per le loro
codd. aduentus) ' nelle foglie che si muo giovinette da maritare, i vecchi per i
vono al vento '. uepris (i codd. hanno loro figliuoli spenderecci, le spose no
ueris, ossia con aduentus, "l'arrivo di pri velle (oh ! infelici) per i loro mariti '. Il
mavera ' : il Bent preceduto da Gogau poeta non dice ma pensa : Tu sei molto
ée Salmasius corresse uepris ad uentum ) pericolosa e io non mi lascerò prendere
uno sterpo '. inhorruit ‘ fece vedere un alla tua aura.
brivido ' . Questo per il timore del vento. i Vila ' una sola ' ; è il deminut. di
7 Dimouere fecero sfrascare '. lacertae una . iuris - peierati d'un tuo spergiu
HORATIVS CARMINA . 215

Dente si nigro fieres uel uno


Turpior ungui,
Crederem . sed tu simul obligasti 5
Perfidum uotis caput, enitescis
Pulchrior multo iuuenumque prodis
Publica cura .
Expedit matris cineres opertos
Fallere et toto taciturna noctis 10
Signa cum caelo gelidaque diuos
Morte carentis .
Ridet hoc , inquam , Venus ipsa, rident
Simplices Nymphae ferus et Cupido
Semper ardentis acuens sagittas 15
Cote cruenta.
Adde quod pubes tibi crescit omnis,
Seruitus crescit noua, nec priores
Inpiae tectum dominae relinquunt ,
Saepe minati . 20

ro ': peierare ius è foggiato su iurare quam: spiega il concetto incluso in Expe
ius che è base di iusiurandum . 2 Bari dit. Venus ipsa, che perciò ti dà sempre
ne : nome formato forse da Barium con maggiore la uenustas. 14 Simplices “ in
terminazione greca. 3 Dente nigro: si genue, senza malizia ’. Nymphae, anno
sott. turpior uno: una donna non può verate spesso nel corteo di Venus. Nel
essere meglio punita che nella sua bel [I-IV] v.5 choros ducit Venus inminente
lezza ; e della sua bellezza sono ed erano Luna Junctaeque Vymphis Gratiae de
parti precipue i denti e le unghie . uel centes etc. Con le Nymphae sono anche
uno si sott. nigro. Presso noi si chia le Gratiae ; sì che noi possiamo inten
mano bugie certi segni bianchi nelle un dere : ne ridono le Nymphae punto am
ghie. Così presso i Greci antichi: Alex. maliziate, le quali ti accrescono grazia '
Probl. 4, 58. 5 Crederem , tibi. simul = E il poeta s'è forse ricordato, come del
simulac. 6 uotis alle maledizioni ' che l'Ep. (XV] così del [I- IV ] ; ed ha pensato
tu invocasti sulla tua piccola testa di Barine in faccia al cielo stellato, mentre
mentitrice : possano diventarmi neri i nella notte apparivano e sparivano danze
denti, possano cadermii capelli! dicevi. di dee , di dee che udivano quei giura
enitescis ne risplendi ' 7 Pulchrior menti e ridevano. 15 ardentis , perchè
multo : opposto a uno turpior. prodis la loro piaga brucia . Elissa in Verg. Aen .
esci ’ in pubblico, tra la schiera de' 4, 2, Volnus alit uenis et caeco carpitur
corteggiatori , mentre la gente doveva igni. 16 cruenta “ insaguinata anch'essa ',
credere perduto il tuo deuotum caput, perchè vi si sfregano sopra le saette che
uotis obligatum . 9 Expedit ' ti torna con già fecero ferita. Amore dunque ride e
to '. opertos ' sepolta '. 10 e 11 taciturna prepara sempre alla graziosa infedele
- Signa ' le tacite constellazioni ’ che nuove vittime. 17 Adde quod : c'è un'al
guardano nella notte e nel silenzio ascol tra ragione di non crederti. tibi crescit
tano : vedi a pag. 50 (VII) v . 7 e 8 ; a omnis cresce tutta per te '. 18 Seruitus
pag. 127 [XV] v.1 e 2. E vi è contrap crescit noua cresce per rinnovellare la
posto tra queste luci del cielo e le ce tua servitù ’ : seruitus è predicato del
neri di sotterra, come in Verg. Aen . 6, prec. pubes e non altro soggetto di cre
459 : Per superos et siqua fides tellure sub scit , come a pag. 189 , v . 8, coronam è
ima est. gelidaque diuos 1 2 Morte carentis app. di flores e non altro oggetto di ne
e gli dei che non soffrono il gelo della cte. nec nè tuttavia ’: priores, sott. serui
morte ': circoscrizione che accentua l'or 19 Inpiae: perchè spergiura. tectum : è
rore dello spergiuro di Barine, come ta allegorico : tutta la frase vale non ces
citurna, come opertos. Altri intende al sano d'essere i tuoi schiavi, il che figu
trimenti. 13 hoc cioè quod tu fallis. in ratamente si esprime non lasciano la
216 LYRA ROMANA .

Te suis matres metuunt iuuencis,


Te senes parci miseraeque nuper
Virgines nuptae , tua ne retardet
Aura maritos.

XXVII. (11I-VII ]
Quid fles, Asterie, quem tibi candidi
Primo restituent uere Fauonii
Thyna merce beatum ,
Constantis iuuenem fide,
Gygen ? ille Notis actus ad Oricum 5
Post insana Caprae sidera frigidas
Noctis non sine multis
Insomnis lacrimis agit .

casa della padrona '. dominae: perchè stra, quando senti la sua serenata ; lascia
essi per te sono seruitus. 20 minati: che ti chiami crudele : non renderti '. In
concessivo : per quanto lo minaccino ”. Anacreonte , 72 B, è il nome Asteris, che
21 iuuencis : è probabilmente femminino, somiglia ad Asterie ; nomi stellanti. An.
come in (II-V] 5, tuae – iuuencae, detto che Aster è nome di persona amata in
di fanciulla non ancor da marito . Le ma Platone. Vedi a pag. 50, nota al v. 8 di
dri temono di questa bellezza insidiosa, [VII) . L'ode è composta in modo da
temono per le loro giovinette, che pos avere nelle due strofe di mezzo le storie
sono restare senza marito. 22 senes par insidiose, e la prima parte di tre strofe
ci : si sott. dalla frase precedente per occupata quasi tutta di Gyges, l'ultima
i loro giovani figli ’; e , poichè aggiunge pur di tre quasi tutta rivolta ad Asterie.
parci, il timore è che Barine sia causa Il tutto è, in sostanza, un ammonimento
di sperpero del loro danaro . miseraeque: a questa bella piangente di conservarsi
c'è l'idea d'infelicità per amore : pag. 150, fedele.
v. 13. nuper 23 e 24 Virgines nuptae le 1 fles ' piangi ’ : per morto ? per infe
sposine novelle ’ tua - Aura “ l'aura del dele ? l'oggetto lasciato accortamente in
tuo amore '. ne retardet ' che tenga lon sospeso, è Gygen del v . 5. candidi che
tani da loro, che impedisca di andare a rasserenano il cielo ': vedi a pag. 161, v.
loro ' . La metaphora è tratta dalla navi 15. 2 Primo — uere : appena si potrà ri
gazione così in questa, come nella locu prendere la navigazione: vedi a pag. 74
zione comune aura popularis. Vedi , per (XLVI]. Fauonii'i venti di ponente ', che
es., Cic. Sest. 101 : quem neque honoris perciò sono contrari a chi naviga dall'o.
aura potuit umquam de suo cursu – de riente: indicano dunque solo il principio
910uere. di primavera , della primavera marina,
XXVII . ASTERIE. Sola , soletta. nelmese di febbraio . 3 Thyna merce : ve
‘ Non piangere: il tuo Gyges a primavera di a pag. 110, nota al v. 4 di 1. beatum
tornerà, e tornerà ricco . Non dar retta e ricco ?: egli è un mercante. 4 fide:
a ciarle maligne e interessate : ti è fe forma di genitivo, da Cesare (Aul. Gell.
dele. È vero che sorpreso da burrasche 9, 14) sola approvata. 5 Notis actus “ spin
invernali, si è dovuto fermare ad Orico, to da venti di sud ' . ad Oricum : città
ma lì piange anche esso. È vero che Chloe , dell'Epiro, posta vicino all'Italia : il mer
che l'alberga, innamorata di lui lo manda cante preso dalle tempeste australi nel
a tentare in mille modi: gli manda a rac l'Ionio aveva dovuto risalire e poggiare
contare le storie di Bellerophontes e di all'Epiro. 6 insana ' procellosa’. Caprae
Peleus , cui male incolse d'aver rifiutato sidera ' costellazione di Amalthea ', che
l'amore delle ospiti , che li calunniarono sorge insieme coi pluuialibus Haedis su
ai mariti; ma invano ; egli è irremovibile , gli ultimi di settembre e tramonta il
fedele, sino ad ora. Ora tu bada di non primo di gennaio. frigidas 7 Noctis : in
innamorarti del vicino Enipeus. È vero doppio senso : perchè invernali e perchè
che non c'è miglior cavallerizzo e nuo vedove : cfr. pag. 57 , v. 29. 8 Insomnis
tatore di lui ; è vero. Ma tu chiudi appena non potendo dormire '. 9 Atqui serve
è buio la casa, non affacciarti alla fine alla praeoccupatio. E indica che tutto ciò
HORATIVS CARMINA . 217

Atqui sollicitae nuntius hospitae ,


Suspirare Chloen et miseram tuis 10
Dicens ignibus uri ,
Temptat mille uafer modis .
Vt Proetum mulier perfida credulum
Falsis inpulerit criminibus nimis
Casto Bellerophontae 15
Maturare necem refert ;
Narrat paene datum Pelea Tartaro ,
Magnessam Hippolyten dum fugit abstinens ;
Et peccare docentis
Fallax historias mouet : 20
Frustra : nam scopulis surdior Icari
Voces audit adhuc integer, at tibi
Ne uicinus Enipeus
Plus iusto placeat caue;
Quamuis non alius flectere equum sciens 25
Aeque conspicitur gramine Martio ,
Nec quisquam citus aeque
Tusco denatat alueo .

che precede è già risaputo da Asterie, centis ' che insegnino il male ’. 20 hi
cui forse lo dice Enipeus nelle sue se storias : vedremo di questi mythi rac
renate. sollicitae : S. 2, 3, 253 : amore sol contati per persuadere all'amore, mouet
licitus, nuntius niessaggero d'amore . (altri monet) = promit. 21 Frustra tutto
10 Chloen : è il nome dell'hospita inna in vano ' (ellissi piena d'effetto ): opposto
morata . miseram : vedi la prec. v . 22 : a ciò che dice qualcuno altro, e rimpro
con questa abbondanza di parole espres vero velato a lei . scopulis surdior sordo
sive d'amore (sollicitae , suspirare , mise come la scogliera ’, battuta dai marosi
ram , uri), vuole rinfocolare nell'animo risonanti : yedi a pag. 205, v. 16. Icari:
già freddo di Asterie l'amore di Gyges . Icaros era isola rocciosa tra Samos e
tuis 11 - ignibus ' del fuoco di cui ardi Naxos. 22 audit con surdior forma un
tu ’, del tuo Gyges. 12 Temptat: sott. oxymoron. adhuc integer fedele sino ad
Gygen, uafer ' subdolo '. 13 Vt: dipende ora ' : e anche in adhuc c'è un biasimo
da refert. Proetum : Proetus era re d'Ar a Enipeus, un rimprovero , una minac
gos e Tirynthos , marito di Anteia, che cia lontana a lei , con il che bene si ac
dai tragici è detta Stheneboia. Questa, corda il rimanente dell'ode. 23 Enipeus:
disprezzata da Bellerophortes cui ama nome di persona finto dal nome d'un fiume
va, lo accusò a Proeto, cbe volle farlo thessalico . 25 flectere equum far cara
morire: Il . Z, 155. perfida credulum : pag . collare ', in gyros ire cogere : cfr. Ouid .
201 , v. 9. 14 criminibus con accuse '. AA.3 , 384. sciens 26 Aeque 'ugualm e
15 Bellerophontae : pag. 180 , v. 3 , nota. abile ' gramine Martio sull'erbaent del
16 Maturare : dipende da inpulorit. 17 Campo Marzio ' . 27 citus aeque ' ugual
datum - Tartaro : frase foggiata sulla for mente snello '. deque in fine del verso
mula (Varro LL. 6 , 3) Ollus ( Quiris ) leto e in principio , sedi notevoli . 28 Tusco
datus est. Pelea : Hippolyte moglie di alueo : nel Tevere: Verg. G. 1 , 499 :
Acastos re d'Iolcos calunniò Peleo, di cui Tuscum Tiberim , denatat ' nuota gagliar
era innam al marito, e questi lo damente ’ : pag. 170, v. 13. E confronta
trasse nelleorata,
solitudini del monte Pelio e per le lodi del giovane amatore , il [I-VIII)
lo lasciò addormentato tra i Centauri. Dai a pag. 177, e il [III- XII) a pag. 179.
quali si salvò con l'aiuto degli dei. 18 29 in uias e nelle strade per le quali
Magnessam (da Magnesia città di Thes
salia) “ la thessala ' : non l'Amazone fa va su e giù la serenata, il Tapanicu
mosa moglie di Theseus . 19 peccare do gioupov. 30 Sub cantu , è più che pro
218 LYRA ROMANA .

Prima nocte domum claude neque in uias


Sub cantu querelae despice tibiae, 30
Et te saepe uocanti
Duram difficilis mane .

XXVIII . [III- X )
Extremum Tanain si biberes, Lyce ,
Saeuo nupta uiro , me tamen asperas
Porrectum ante foris obicere incolis
Plorares Aquilonibus .

pter cantum , come nel senso primitivo deltà del tuo marito ti muovono : abbi
locale è più forte sotto ' che presso '. pietà , ti supplico, o cuor duro come
querulae : perchè, come dice la parola ischio, cuore freddo come serpente ! Io
greca, tali canzoni erano flebili. despice non starò sempre su questa soglia , espo
guardar giù ' dalle finestre dei cubicula sto all'acqua del cielo ”. È in questa bella
o dei cenacula , che erano nel piano su ode un'aria popolare come nella (III
periore. 32 Duram ' restìa ’, difficile a XII), a pag. 179, senza ciò che in quella
vincersi, come a pag. 202 , v. 2. difficilis può dispiacere. Tuttavia siamo lontani
* irremovibile . dallo schietto accento d'un canto di po
XXVIII. - LYCE. La insensibile. È polo . Udiamo in Aristoph. Eccles. 960 :
A me dunque, dunque a me ! O tu corri
una serenata invernale, un itapaxacu giù , apri questa porta ; se no, cadrò a
oilupov , come quelli che faceva Eni terra e morrò '. In Orazio (oltre la se
peus dell'ode precedente ad Asterie. An guente) è un altro accenno a questi canti ;
che Lyce è maritata, come Asterie, e il nell'ode 25 del primo libro, la quale tra
suo marito è anch'esso lontano come lascio. Me tuo longas pereunte noctis,
Gyges. E l'amante che piange alla porta, Lydia, dormis ? ' è la canzone che udiva
afferma che esso è infedele alla sua mo spesso , da giovane, Lydia. Ora non l'ode
glie con una lontana; dal che ho indotto più : i giovani amano le foglie lucide del
che anche nella precedente Gyges fosse l'edera, le foglie scure del mirto, e but
calunniato da Enipeus , onde il pianto tano al vento le foglie secche delle ghir
della donna per la sua infedeltà più che lande marcite.
per la sua morte . In vero i primi versi 1 Extremum Tanain : il fiume dell'e
di quella sarebbero strani se non fos stremo Nord, che bagna i Geti : Tib. 4,
sero interpretati come una rettifica di 1 , 146. si biberes: espr. poetica per dire
notizie più dolorose. Se Asterie piangeva se abitassi alla riva ' ; cioè se tu fossi
la creduta morte del marito, perchè tur una donna Getica '. 2 Saeuo -- uiro : nel
barla con l'idea del pericolante amor suo ? [III-XXIV) , dal v. 9 descrivendo la vita
Se Asterie era piena di tale lugubre pre che menano i Campestres – Scythae e i
sentimento, come stava sempre alla fi rigidi Getae, loda Orazio la castità delle
nestra, attenta alle canzoni del corteg loro donne di cui nessuna (v. 20) nitido
giatore ? Ma veniamo a Lyce , il qual fidit adultero. Là (v. 24) peccare nefas
nome non deve far pensare a una lupa : aut pretium est mori ; ossia la morte è
è donna questa che abita una bella casa , la pena dell'adulterio. Dunque Saeuo uiro
cuius amoenitas (come dice Cornelio della a un marito inesorabile ';mentre il tuo
domus Tamphiliana di Attico, Att. 13) è anch'esso poco rigido. nupta : conces
consisteva non aedificio sed siluu ; anzi sivo : e per quanto congiunta '. asperas
anche aedificio, poichè sono pulchra tecta. dure ', perchè di legno e perchè chiuse :
L'amante dice : - Se tu fossi la moglie così in Ep . 11 , 22 : Limina dura quibus
d'uno Scytha, non vorresti lasciarmi così lumbos et infregi latus. 3 Porrectum
esposto alla tramontana ! Odi tu lo stre lungo steso ’ : pag. 133, v. 22 : il Bent.
pito hai
che dellanel
porta, il mareggiare
cortile ? il cielo è del boscoe
sereno con molti esempi accoglie Proiectum .
obicere dip. da Plorares. incolis che vi
la neve caduta gela. Vía ! non essere così sono di casa : dove ? nella Scythia ? a
superba, che la mia pazienza non si ab vanti questa porta ? 4 Plorares deplo
bia a stancare. Sei figlia d'un Etrusco ; reresti di ’ : così Plaut. aul . 308 : aquam
non sei Penelope. Nè doni nè preghiere hercle plorat quoi lauat profundere. 5
nè la sincerità dell'amor mio nè l'infe Audis: sembra dire : da quello che senti ,
1

1
HORATIVS CARMINA . 219

Audis, quo strepitu ianua , quo nemus 5


Inter pulchra satum tecta remugiat
Ventis, et positas ut glaciet niuis
Puro numine Iuppiter ?
Ingratam Veneri pone superbiam ,
Ne currente retro funis eat rota : 10
Non te Penelopen difficilem procis
Tyrrhenus genuit parens .
O quamuis neque te munera nec preces
Nec tinctus uiola pallor amantium
Nec uir Pieria pelice saucius 15
Curuat ; supplicibus tuis
Parcas, nec rigida mollior aesculo
Nec Mauris animum mitior anguibus .
Non hoc semper erit liminis aut aquae
Caelestis patiens latus . 20

se già non dormi, stando nella tua ca avendo l'aria di dire ingenuamente : ' non
mera, figurati che freddo! ianua : il vento puoi essere Penelope : ella era figlia del
che s'ingolfa ( donde più probabile che molto potente Icarios, un Acarnane '.
incolis valga ‘ che stanno di casa qui ') 14 tinctus uiola color viola ' : vedi a
nel uestibulum , urta dispettosamente la pag. 113, 12 : Luteae uiolae. pallor aman
porta, nemus 6 Inter pulchra satum tecta0 tium : Sappho di sè dice che era più gialla
il bosco piantato nella bella corte ' dell'erba ', 15 Nec uir - saucius ' nè
cauaedium . L'amatore sente il fischio di l'essere il tuo marito preso ' . Pieria pe
codesti alberi e può bene imaginare che lice · d'una rivale della Pieria ’ : dicono
lo senta anche Lyce. remugiat 7 Ventis i comm . un'hetaira dimorante in Ro
(dat.) ‘ mugoli al vento '. positas — niuis ma, forse Dulcis docta modos et citharae
la neve caduta ’. ut glaciet : questo non sciens, come Chloe della seguente. A me
può Lyce udire, ma imaginare udendo pare si debba intendere d'una donna che
lo strepito del vento che spazza le nu lo trattenga, là in paesi lontani. Questo
vole e agghiaccia la neve. Più che uno fuggevole accenno sarebbe diretto a su
Zeugma in audis, è da vedersi uno scor scitare la gelosia e diminuire la fierezza
cio d'espressione in et - ut glaciet, come di Lyce, la quale è (tutto porta a cre
si dovesse supplire quibus flantibus : poi derlo ) sola soletta, come Asterie : donde
chè e il sereno e il gelo sono opera della l'ardire dell'amatore. Per l'abl , con san
tramontana . 8 Puro numine sereno ! cius, vedipag . 176, v.5. 16 Curuat‘riesce
Iuppiter " il cielo '. 10 currente retro a piegarti un poco ' : per l'ind. con quam
rota “ la ruota girando all'incontrario uis , vedi la prec. v . 13, e a pag. 165 , v. 13.
funis eat ' la fune scappi , se ne vada 17 Parcas ' risparmia ?: rigida mollior :
col peso che ha attaccato : eat per abeat, gli agg. sono antithetici : vedi poi pag.
come al v. 5 di [II-XIV). Ma i più o in 170, v . 9. Da mollior dipende animum che
tendono retro eat, o retro pongono in è in comune . 18 Mauris — anguibus dei
comune a currente ed eat. L'imagine è serpenti di Mauritania '. animum (acc.
di chi giri un argano e stanco lasci il di relazione) mitior ' più mite nell'ani
manubrio : allora la ruota frulla e la fune mo ’. Ma per i comparativi vedi a pag.
si svolge e lascia cadere il peso che sol 205, v. 14. 19 hoc = meum . aut aquae
levava. L'amatore dunque minaccia di 20 Caelestis : strano, poichè non pioveva,
lasciare la sua rude fatica. 11 e 12 Non quando l'amatore cantava : anzi era se
te Penelopen genuit non ti fece Pe renità gelata. Il non semper richiama
nelope ' cioè simile a Penelope '. dif . però altre notti e altre intemperie . pa
ficilem : vedi il prec. v. 32. Tyrrhenus - tiens: erit patiens tanto può valere pa 1
parens “ il tuo padre che è un Etrusco ', tietur quanto poterit pati. L' amatore
quindi dedito alle mollezze, quindi fore lascia sospesa Lyce se esso rinunzierà
stiero a Roma : tocca l'umiltà dell'origine al suo amore , o alla sua vita. La frase
di questa donna che ha tanta superbiam , volutamente oscura del v. 10, può adat
220 LYRA ROMANA .

XXIX. [III-IX]
e
Donec gratus eram tibi
Nec quisquam potior bracchia candidae
Ceruici iuuenis dabat,
Persarum uigui rege beatior . '
Donec non alia magis 5
Arsisti neque erat Lydia post Chloen,
Multi Lydia nominis,
Romana uigui clarior Ilia . '
Me nunc Thressa Chloe regit,
Dulcis docta modos et citharae sciens, 10
Pro qua non metuam mori ,
Si parcent animae fata superstiti . '
Me torret face mutua
Thurini Calais filius Ornyti ,
Pro quo bis patiar mori , 15
>
Si parcent puero fata superstiti. '
Quid si prisca redit Venus
Diductosque iugo cogit aeneo ?
tarsi a tutti e due i pensieri . La sere beatior : vedi la prec. v . 17. 5 magis, si
nata del giovane delle Ecclesiazusae sott. quam me. 6 Arsisti : è più forte di
termina con un accenno di morte. An gratus eram e anche per il tempo è op
che quella in Theocr. 3, 52 termina Mi posto a quell'imperfetto : sì che la colpa
duole il capo : a te non importa ; non della rottura è da lei data a lui. 7 Multi
canterò più, Cadrò e morirò e i lupi qui nominis : perchè l'amante era poeta :
mi mangeranno ' . vedi a pag . 21 , nota 1 , v. 4. Il verso va
XXIX. - LYDIA . - Contrasto d'amore. unito coi primi due , nella protasi ,, per
L'uomo canta sotto la finestra della don simmetria con la strofa precedente . È in
na, e questa dalla finestra risponde sul Orazio, oltre quella a pag. 177 e quella
medesimo tono . Dice il poeta : ' Quando accennata nelle note alla precedente, la
mi amavi, quando non mi preferivi altri , [I-XIII) diretta a unà Lydia. Si tratta
io ero felice come il gran re ’. Risponde sempre d'una ? Non mi pare. Lydia : è ri
Lydia : ‘ Finchè a Lydia non preferisti petuto dal v. precedente, con tono di for
Chloe , a Lydia tanto amata e cantata, te rimbrotto , poichè la frase vale quella
io ero contenta della mia gloria , come che dicevi d'amar tanto, che era tanto
Ilia, la prima Romana! ". Sì sì: Chloe conosciuta come tua '. 8 Romana - Ilia:
è il mio amore , adesso: quella di Thra di Ilia, la madre di Romolo e perciò di
cia, quella che sa di musica . Oh ! morire Roma. 9 Thressa : è già una risposta a
per lei , morire purchè ella viva '. ' E io quel post Chloen così asciutto. regit “ go
amo Calais e ne sono amata. Sai, il figlio verna, conduce a suo senno '. 10 Dulcis
di Ornythos di Thurii. Per lui , oh ! due docta modos che sa dolci canzoni ’: vedi
volte vorrei morire, morire purchè egli a pag. 203, v. 13 e 14 : dulcis dominae
vivesse E se torna l'antico amore ... Licymniae Cantus. citharae sciens :pag.
se ci riunisce in modo indissolubile... se 174, v. 24 : sciens Pugnae. Con queste lodi
lascio la bionda Chloe ... se Lydia mi apre risponde il poeta al disdegno di Lydia
la porta ? ' . ' Egli è bello come un astro; dal molto nome. 11 metuam : ottativo.
tu leggero come il sughero, mutabile 12 Si “ a patto che ’ : animae alla vita '
come il mare... ebbene: con te voglio vi di lei che è la mia vita. superstiti: pro
vere, voglio morire con te '. leptico : sì che ella sopravviva ’. 13
2 potior preferito ': pag. 128, v. 13. torret: più forte che regit; e così sem
3 Ceruici dabat poneva intorno al pre via via . face mutua con ardore ri
collo '. 4 Persarum rege : proverbio . cambiato ?. 14 Thurini " di Thurii ’:lusso
HORATIVS CARMINA . 221

Si flaua excutitur Chloe


Reiectaeque patet ianua Lydiae ? ' 20
Quamquam sidere pulchrior
Ille est, tu leuior cortice et inprobo
Iracundior Hadria ,
Tecum uiuere amem , tecum obeam libens ! '
xxx . (III - XXv]
Quo me , Bacche rapis tui
Plenum ? quae nemora aut quos agor in specus,
Velox mente noua ? quibus
Antris egregii Caesaris audiar

di particolari, per rispondere a Thressa quille delle nymphae e dei satyri; non
docta sciens. A Ottaviano infanti più nell'antro di Dione (pag. 200, v. 39)
cognomen Thurino inditum est : Suet. cerca con la Musai suoi leggieri motivi.
Aug. 7. 15 bis mori : modo enfatico e Di nuovo (pag. 183 , (II- XIX ]) egli è
comune : in Plat. Apol. 30 C : nemmeno trasportato da una forza misteriosa tra
se io sono permorire più volte ’: 17 pri rupi appartate , tra boschi selvaggi, mu
sca º di prima '. Venus "l'amore ’. 18 Di tato nell'anima, esaltato nel pensiero.
ductosque ' i due disgiunti ’. cogitriu Ciò probabilmente nel principio del 727,
nisce '. aeneo : il bronzo non è consumato quando Caesar Octauianus fu chiamato
dalla ruggine come il ferro : Porph. Augustus. Il quale alcuni (Suet. Aug. 7)
19 flaua : ancora una lode, in tono con avrebbero voluto chiamare Romolo, come
cessivo. excutitur Chloe ' si scuote il gio quello che era anch'esso fondatore del
go di Chloe ', poichè ella regit: Yveo PUrbe ; anzi , secondo Dio. Cass. LIII, egli
stesso desiderava tal nome. Prevalse la
Xevels dell'anima mia ”, dice Anacr. 4. sentenza di Munatio Planco, e così fu
4 Bergk. 20 Reiectaeque : anche qui è il ancor vivente consacrato al cielo (Flor.
senso concessivo, e come nell'agg. a 4, 12) il pacificatore del mondo. Questo
Chloe si sente il pensiero ' di cui dico è il fatto che empì di poesia novella il
tanto bene ', cosi qui par d'intendere cuore del Venusino . Egli promette un
che io avrei respinto, che io non volli, canto non più udito, degno di quell'uomo
a tua detta '. Lydiae: è genitivo. Chi lo così elevato sulla condizione comune dei
prende per dativo, mostra di intendere mortali. “ Dove sono ? quali boschi, quali
tutto al rovescio ; poichè sono gli uomini grotte sono queste ? Devo porre tra le
che vanno dalle donne, come si vede stelle Cesare, più grande che uomo. Da
bene dalle odi precedenti. 21 sidere : il qual antro s'udrà il mio canto ? canto
gentile paragone è già nella II. Z. 401 . sublime, ispirato, non mai detto. Io mi
simile all'astro bello ’, del banıbino di guardo smärrito, attonito, intorno, come
Hector. 22 cortice del sughero ', che una Maenas destandosi contempla fiumi,
sta a galla ed è in balia d'ogni corrente . pianure, monti. Ripe ignote, boschi so
inprobo violento '. 23 Iracundior : più litari. O inspiratore delle Naiadi e delle
che un rimprovero è una carezza : Lydia Bacchanti, ilmio carme sarà degno degli
spiega il suo abbandono (v. 20) con un immortali. Io ti seguo ' , Orazio allude a
momento di vivacità di lui. E così con un canto che è per fare o sul fare: un
sola anche il suo amor proprio. L'ode, canto in cui celebrerà l’Augustus. È forse
che è la bellissima d'Orazio è la dimo il seguente ‘ L'Augustus e l'opera sua ’.
strazione col fatto del detto Terenziano, E questo dithyrambos, che fa come da
Andr. 3, 3, 23 : Amantium irae amoris prosodion, accenna sì all'altezza dell'ispi
integratio. razione e sì alla novità della forma dello
stupendo poema lyrico chesegue.
VI. Il canto nuovo. 1 tui: cfr. sempre (II -XIX] a pag. 183 :
qui, v. 6 : Plenoque Bacchi. 2 quae ne
XXX . L'INSPIRAZIONE . Ma dai mora (in è in comune), altri e diversi dai
convivi e dagli amori il poeta è distolto soliti della poesia oraziana, non allietati
ben presto. Non più gli arride il gelidum da leues - chori (pag. 159, v. 31) . in spe
nemus (pag. 159, v. 30) con le danze tran. cus : non è più Dionaeo sub antro ( pag.
222 LYRA ROMANA .

Aeternum meditans decus 5


Stellis inserere et consilio Iouis ?
Dicam insigne , recens , adhuc
Indictum ore alio . non secus in iugis
Ex somnis stupet Euhias,
Hebrum prospiciens et niue candidam 10
Thracen ac pede barbaro
Lustratam Rhodopen , ut mihi deuio
Ripas et uacuum nemus
Mirari libet. o Naiadum potens
Baccharumque ualentium 15
Proceras manibus uertere fraxinos,
Nil paruum aut humili modo,
Nil mortale loquar. dulce periculum est ,
O Lenaee , sequi deum
Cingentem uiridi tempora pampino .
200, v. 39). 3 mente noua , perchè ossesso lume della luna nascente. niue candidam
e mutato dal nume; egli non riconosce 11 Thracen la Thracia bianca di neve ,
nè i luoghi intorno nè sè stesso dentro tutto intorno : un grande albore nivale.
l'anima. quibus 4 Antris : dat. ' da quali pede barbaro 12 Lustratam • battuta
antri ' . egregii Caesaris ' di Cesare mag dalle Mainadi ’, tbresse come lei, quindi
giore che uomo ’ : vedi a pag. 201, v. 11 . barbare. Accenna a qualche pesta, a qual
5 Aeternum - decus la stella immor che voce che nel gran silenzio ella ascol.
tale ’ : così in CS . 2 Lucidum caeli decus. ti ? o vale la montagna che ella ha sa
meditans: meditari si dice del canto ar lito con le altre del Thiasos senza av
tisticamente pensato, non improvvisato: vedersene ’ ? ut = ac : il Lamb. fa punto
quae Phoebo quondam meditante beatus a Rhodopen, e prende ut per esclamativo
Audiit Eurotas : Verg. ecl. 6, 82. Qui sono come a pag. 210, v. 3. deuio'smarrito ' :
antri , che udranno le canore meditazioni. Porph. nota che ciò è detto allegorica
6 Stellis ' tra le altre stelle ' . 7 Dicam : mente, quia per ea intelligi uult se inu
è sott. carmen , come in (II-XIII] v. 29, sitatum Romanis carmen tractare. 13
sacro digna silentio dicere, carmina . uacuum solitario ”, senza traccia d'abi
insigne sublimee . recens inspirato tatori. E l'allegoria è chiara à chi ricordi
palpitante, quasi: vedi a pag. 184, v. 5, Libera per uacuum posui uestigia princeps:
q'ecenti metu, adhuc 8 Indictum , come Epl. 1, 19, 21. 14 Mirari libet = libenter
sono carmina non prius Audita quelli miror': pag. 145, v. 23. Naiadum : sono nel
seguenti. Il K. canterò un fatto stra Thiasos diBromios in Pratina, 1 , v. 4 ; e in
ordinario ' , non cantato ancora da altri. Orph. 53, 6, ' Che alle Naidi e alle Bacche
Ognun vede come sia freddo l'adhuc In sei duce portatrici di edera ' potenssi
dictum se non si sottintende carmen . E , gnore '. 15 Baccharuinque e delle Bac
pure intendendo , ' fatto quale nessun al canti '. ualentium che acquistano forza',
tro potè avere a soggetto ’, ognun capisce dal tuo nume. 16 uertere sradicare ?. 17
che invece di dicam , si richiederebbe di humili modo = humili sermone (AP.229),a
cendum est mihi. non secus non altri guişa dei sermones - Repëntes per humum
menti ’. 9 Ex somnis: il Vablen separò (Epl. 2, 1 , 250). 18 mortale che sappia
l'exsomnis dei codd, che al Bent. giusta di uomo ', di mortale . La sua musa ri
mente dispiacque , poichè vale vigile ' ferirà nel fatto sermones deorum , sebbene
e sciupava , a dirittura , tutto il bello della a lui sia per parere che attenui Magna
scena : onde propose Edonis . Ma così, modis — paruis. dulce periculum est ' io
diviso in due, vale veramente destatasi '. voglio arrischiar ', ossia dolce mi è
Euhias una Maenas ' così detta come il rischio ' . 19 O mi
Lenaee o dio del tor
Euhius : pag. 205, v. 9. 10 Hebrum : fiume colo ', che ricorda il suo pathos d'essere
della Thracia , la Maritza . prospiciens : non pesto e franto per ridivenire vivo e fie
sa dove si trovi : il bacchanale fu nella ro. 20 Cingentem- tempora : a sè ? a chi
notte ; ed ella si è svegliata o all'alba o al lo segua ? Per la prima interpr. cfr.4,8,33
HORATIVS CARMINA 223

XXXI. (III- I ...VI )

[ I] Odi profanum uolgus et arceo .


Fauete linguis : carmina non prius
Ornatus uiridi tempora pampino ; per la che aveva voluto statuam inter reges
seconda, a pag. 185, v. 19, Nodó coher (Suet. Caes. 76 ) , di cui si diceva migra
ces - Bistonidum crinis, che non è la turum Alexandriam uel Ilium (ib . 79). E
stessa cosa, ma somiglia. In fine a Cin la vittoria sui giganti simboleggia la
gentem può sottintendersi me mihi. Ma fine delle guerre civili e l'episodio di
non avrebbe potuto dire Cingenti ? Regolo è a ricordare la vittoria di Au .
XXXI. - L'AUGUSTUS E L'OPERA SUA. gusto sui nemici esterni , che si doveva
concludere, poi , con la restituzione delle
Questo poema lyrico comprende sei odi, aquile di Crasso. Sicchè vedremo che
connesse, anzi commesse tra loro. Già
Porph. alla prima strofa annota : haec l'argomento può riassumersi in queste
parole : ' La Necessitas preme su tutti 3
autem è in multiplex per uarios deducta solo nella Virtus si ha riparo contro essa ;
est sensus. E che ci fossero altre e di per questa Caesar Octauianus è divenuto
verse divisioni, che le sei che abbiamo, augustus, come quegli per cui staancora
si rileva da un'altra annotazione di in piedi il Campidoglio e Roma. Egli ba
Porph. al v . 17 della terza, al qual verso vinto gli avversari cittadini, come Iup
alcuni credevano cominciasse una ode piter i giganti ; egli ba soggiogato tutti
nuova ; ma falluntur qui eas separant. i nemici esterni . Ora c'è bisogno di re
Tutto il canto multiplex può dividersi in ligione e di educazione casta e forte. Solo
due parti. La prima comprende tre odi , così, la razza si fermerà su lo sdrucciolo
che contengono trentotto strofe; e queste fatale '. Con bella brevità dice Flor . 4 ,
si possonosuddividere in due gruppi,uno 12 : Sic ubique cuncta atque continua totius
di venti, [I] e [II], l'altro di diciotto (III) ; generis humani aut pax fuit aut pactio
anzi, notando che le prime due strofe aususque tandem Caesar -la.
dell'intera composizione, ne sono come num Geminum claudere -Augustushinc conuersus
il proemio , in due gruppi ognuno di di ad pacem , pronum in omnia mala et in
ciotto strofe. La seconda comprende le luxuriam ftuens saeculum grauibus seue
altre tre odi con quarantasei strofe, otto risque legibus multis cohercuit. Così in
di più che la prima, le otto nelle quali Orazio è glorificato l'Augustus , come pa
il poeta parla della degenerazione e con cificatore del mondo , come instauratore
clude con un giudizio severo che sembra del costume . Non solo Cesare , ma Orazio
discordare col tono generale e con l'in stesso , nella sua disperazione giovanile,
tenzione del poema. Del resto anche in aveva creduto che nè l'una nè l'altra
questa seconda parte abbiamo un primo cosa si potesse ottenere nella già vec
gruppo (la [IV] ) di venti strofe, di cui chia Roma (vedi da pag. 120 a pag. 127) ;
le prime due servono com di introdu nessuna meraviglia quindi che qui sia
zione. Le Muse, Iuppiter, Augustus do indotta una divinità ad affermare il con
minano per tutto. Con le Muse si pre trario : nessuna meraviglia che ciò sia
senta lafigura del poeta che era a ciò come la base della glorificazione di Au
predestinato dalla sua miracolosa in gusto . Aver asserita la pace e il resto,
fanzia. Iuppiter e Augustus si fondono non lasciando Roma : ecco il merito suo.
spesso a significare la stessa idea. Tutto Cesare , così grande, e immortale an
è pieno di senso misterioso e solemne ; ch'esso , non sentiva di poterci riuscire .
nulla è detto humili modo. Nella prima Parte prima. (Ode prima, seconda
parte noi assistiamo a un concilio di dei ; e terza ). * Udite, o fanciulle e fan
nella seconda noi vediamo la scalata dei ciulli ; io canto per voi , per la nuova
giganti, noi udiamo il discorso di Regolo generazione : Iuppiter è su tutti : egli
nel Senato. Di questi tre episodi è da muove il tutto col muover del ciglio ' :
considerare il significato, perchènoi pos proemio. La Necessitas ha in suo po
siamo toccare il filo quasi invisibile che tere gli uomini, Chi ha ricchezza e po
corre per questo poetico Labyrintho. Se tenza ne ha anzi più la visione e il ti
non m'inganno, in Quirinus , di cui nel more, sì che non può nemmeno godere
concilio degli 'dei Iuno ammette la dei il sonno così facile ai contadini. Chi
ficazione, concedendo pace agli esuli s'appaga del poco, ha tanto meno ca
d'Ilio a patto che non ritornino nella gioni d'affanni, che il ricco, il quale poi
Troade, Orazio simboleggia Cesare, il se riesce a vincere e sopraffare la na
grande che aspirava alla corona di rex, tura, non giunge mai ad acquetare il
224 LYRA ROMANA .
Audita Musarum sacerdos
Virginibus puerisque canto .
Regum timendorum in proprios greges, 5
Reges in ipsos inperium est Iouis,
Clari Giganteo triumpho ,
Cuncta supercilio mouentis.
Est ut uiro uir latius ordinet
Arbusta sulcis, hic generosior 10
Descendat in campum petitor,
Moribus hic meliorque fama
suo dolore fatale. Dunque contentiamoci anzi , più i grandi che i piccoli; per il che
della povertà che, in tanto, ha meno desiderabile la mediocrità placida e
brighe ’ : ode prima. * Poi , chi si avvezzò contenta di sè.
a tollerarla, divenga guerriero terri 1 Odi – et arceo : sul principio d'una
bile ai nemici della patria, per la quale
soggiacendo alla comune Necessitas, ac cerimonia il lictor, dal luogo sacro (fa
quista la gloria. La Virtus dà gli onori num ), avvertiva le persone che non do
vevano assistervi ; per es.: hostis uinctus
e l'imperio in vita, il cielo dopo morte. mulier uirgo exesto (cioè, come spiega
L'immortalità ci è promessa anche dai Paullus, extra esto ). Qui il poeta : non
sacri mysteri ; guai a chi li profana sve voglio ( vedi a pag. 210, v . 1) o respin
landoli o ancora a chi s'accompagna al
profanatore ! ' : ode seconda . * A con go ': profanum uolgus ' i profani ’, cioè
quistare l'immortalità, occorre la for i non iniziați '. 2 Fauete linguis: il
tezza dell'animo, la tenacia del propo lictor poi invitava gli astanti a seguire
sito. Così la ebbero gli eroi, così l'Au in silenzio il sacrificio , con questa for
gustus,così Bacchus, così Quirinus. Nel mula, equivalente alla greca eú gonueite.
consiglio degli dei Iuno, la dea nemica Sen. de uit. beat. ; Imperatur silentiuin
di Ilio e della sua gente , parlò per lui. ut rite perugi possit sacrum , nullauoce
“ L'ingiustizia e lo spergiuro distrusse mala obstrepente. 3 sacerdos : anche Ouid .
ro Troia. La vendetta ora è finita , e io Am . 3, 8, 23 : Ille ego Musarum purus
deporrò lo sdegno contro codesto figlio Phoebique sacerdos. 4 Virginibus pueris
del mio figlio. Venga nel cielo, beva il que : alla nuova generazione. 5 Regum,
nettare e sia dio. Purchè non in Ilio, la sott. inperium est. E la sentenza, a cui
gente Iliaca regni. Stia il Capitolium , è coordinata la seguente, è a quella ve
Roma governi il mondo, spregiando l'oro, ramente subordinata come una compa
amando il ferro e la conquista. Ma i razione : ' come i recomandano ’ in pro
Quiritimiodano : se essi riedificheranno prios greges (Sen. contr. 2, 1 , 26, ignoti
Troia , io la ridistruggerò : tre volte l'ab seruorum domino greges) ' sui sudditi che
batterò, se tre volte la inalzeranno 0 sono, come schiavi, proprietà loro . 7
Musa, che fai? Cessa di riferire, così im Giganteo triumpho, per il trionfo sui Gi
perfettamente, i discorsi degli dei ’: ode ganti ' : triumpho, inperium, espressioni
terza ; alla quale lentamente cospirano Romane. 8 supercilio: Il. A. 528 : coi
le prime due, che pure contengono la sopraccigli accennò Kronion - e scrollò
lode della vita mediocre e forte e pia. il grande Olympo '. 'Verg. Aen. 9, 106 :
Nella prima di queste odi domina il con totum nutu tremefecit Olympum . 9 Est ' si
cetto di Necessitas, nella seconda quello dà bensì ” : qui per me comincia la trat
di Virtus, nella terza quello di Inmorta tazione, ed è introdotta non con l'anti
litas. La strofa media del discorso di thesis di liberi a schiavi, ma d'uomini,
Giunone contiene il sommo della prima siano pure i più degni di questo nome,
parte : stet Capitolium Fulgens triumpha a Dio. latius ordinet per più largo pos
tisque possit Roma ferox dare iura
NECESSITAS Medis. sesso
viti pianti
e olivi ’. 10 Arbusta
. generosior “ più: nobile
specialmente,
di san
1. . Dopo il proemio,
di due strofe, nel quale si dirige alla gue ’. 11 in campum ' nel campo Marzio ',
nuova generazione, affermando laverità dove, nei septa, si tenevano i comizi. pe
semplice ed essenziale che Dio solo è titor a domandare onori '. 13 turba
grande ,', passa a dire che gli uomini sono clientium la folla dei clienti ' che si
più o meno ricchi e nobili, ma tutti sog accalcavano nell'atrium per la salutatio :
getti alla Morte, cheatterrisce e affanna, \ Verg. G. 2, 461 : ingentem foribus domus

1
HORATIVS CARMINA . 225

Contendat, illi turba clientium


Sit maior : aequa lege Necessitas
Sortitur insignis et imos ; 15
Omne capax mouet urna nomen .
Destrictus ensis cui super inpia
Ceruice pendet, non Siculae dapes
Dulcem elaborabunt saporem ,
Non auium citharaeque cantus 20
Somnum reducent. somnus agrestium
Lenis uirorum non humilis domos
Fastidit umbrosamque ripam,
Non Zephyris agitata tempe.
Desiderantem quod satis est, neque 25
Tumultuosum sollicitat mare
Nec saeuus Arcturi cadentis
Inpetus aut orientis Haedi ,
Non uerberatae grandine uineae
Fundusque mendax, arbore nunc aquas 30

alta superbis Mane salutantum totis uomit contadino coglie (ib. 500) Quos rami
aedibus undam . 14 aequa lege: pag. 168, fructus, quos ipsa uolentia rura Sponte
v. 32 aequa tellus, e nota. Necessitas, leti : tulere sua, senza rifrustare il mare etc.
pag. 171. v. 32. 15 Sortitur ' trae a sorte ' . non : ripetuto con anaphora, a contrasto
insignis ( et obscuros , summos) et imos : della precedente strofa . humilis domos
ognuna delle due idee presta qualche cosa le capanne ', opposte al palazzo, dove
all'altra. 16 Omne - nomen i nomi di avvengono i banchetti di cui sopra. 23
tutti ’. mouet contiene e agita ’. 17 De umbrosamque ripam ‘ le ripe boscose 1
strictus nuda ’. ensis ' la spada ' di Da dove gli uccelli cantano liberi. 24 tempe,
mocles di cui vedi Cic. T. 5, 21. Il rac dal nome della valle del Peneios, così si
conto sta a dimostrare nihil esse ei chiamarono i luoghi selvosi ” (Hesy
beatum , cui semper aliqui terror inpen chius) ; e il sussurro del vento è opposto
deat. Ora la spada di Damocle pende sul al lontano suono della cetra . 26 sollicitat
capo di tutti : ma i poveri non la vedono. tiene ansioso ', poichè il mercante
inpia : vale non ' del malvagio ’, ma ' del trema per le sue navi. 27 Arcturi ca
ricco e potente ?; poichè, come vedremo dentis 28 - orientis Haedi : tra il sor
ai v. 33 e seg., inpius è, senz'altro, chi gere degli Haedi (pluuialibus Haedis,
fa, per es., di mare terra: di che vedi Verg. Aen. 9, 668), nell'ultimo giorno di
l'ode (I-III] tutta, a pag. 169,dove, al Settembre , e il tramontare di Arcturus
V. 23, sono inpiae le navi. 18 Siculae 0 Arctophylax al due di Novembre, im
dapes: proverbialmente: le vivande perversano le burrasche equinoziali. Al
squisitissime ': Cic. l. 1. mensae conqui povero, contento , del suo stato, Orazio
sitissimis epulis extruebantur. 19 elabo qui ha opposto il mercator, come a pag.
rabunt = operose parabunt. 20 auium – 158, v. 15. 29 Non — uineae : e qui gli
cantus : al tempo d'Orazio si usava molto oppone il grosso possidente. 30 Fun
tenere uccetli canterini (lusciniolae et dusque mendax : così in Epl . 1 , 7, 87,
merulae, Varr. RR. 3, 5 ) in uccelliere. Spem mentita seges. Si potrebbe osser
citharaeque c. 21 Somnum reducent : da vare, che anche i uiri agrestes sono te
Mecenate, racconta Sen. dial. 1 , 3, som nuti ansiosi dalle intemperie e dalla sic
nus per symphoniarum cantum ex lon cità. Si; ma la iustissima tellus (Verg . G.
ginquo lene resonantium quaeritur, som 2, 460) fornisce pur sempre quod satis
nus agrestium 22 Lenis uirorum il est ; mentre il ricco non è mai contento
dolce sonno dei contadini ' cui (Varr. del prodotto, sì che per lui il fundus (la
RR. 3, 1 ) maiores nostri piam et utilem tifundium ) è sempre mendax, e gli al
agere uitam credebant ; perchè li nutre beri devono sempre scusarsi a lui del
ipsa - tellus (Verg. G. 2, 459), perchè il loro profitto insufficiente arbore : col
PASCOLI, Lyra Romana 15
226 LYRA ROMANA.

Culpante, nunc torrentia agros


Sidera, nunc hiemes iniquas .
Contracta pisces aequora sentiunt
lactis in altum molibus : huc frequens
Caementa demittit redemptor 35
Cum famulis dominusque terrae
Fastidiosus. sed Timor et Minae
Scandunt eodem quo dominus, neque
Decedit aerata triremi et
/ Post equitem sedet atra Cura. 40
Quodsi dolentem nec Phrygius lapis
Nec purpurarum sidere clarior
Delenit usus nec Falerna
Vitis Achaemeniumque costum :
Cur inuidendis postibus et nouo 45
Sublime ritu moliar atrium ?
Cur ualle permutem Sabina
Diuitias operosiores ?

lettivo. aquas * alle pioggie soverchie '. dunt ' salgono '. eodem , o sulla groppa
31 Culpante dando la colpa ’. Vedi a pag. del cavallo o sulla nave , sia quando ga
118, Priapea [LXI). Qui parlano gli al loppa sulla terra, per fuggirla, sia quando
beri, scusandosi, avanti il severo cipiglio la fugge veleggiando nel mare. 39 De
dell'avaro: altrove, in Septimius Serenus, cedit'lascia '. aerata triremi: la sua nave
fg . 10 Baebrens, è il campo che, col si è imaginata come trireme da guerra ,
bilo delle messi rigogliose , parla al pa quasi egli senta bisogno di difesacontro
drone soddisfatto : Inquit amicus ager la Necessitas. 40 Post equitem in groppa
domino, ' Si bene mi facias, memini '. al suo cavallo ' : vi è, mi pare ,hysteron
32 Sidera : il Canis (inuisum agricolis proteron, come anche nella[II-XVI] v. 21;
sidus : S. 1 , 7, 25) e la Canicula , onde il come a pag. 123, nota al v. 27. 41 dolen
uapor (pag. 136, v. 15 ) che brucia i campi. tein il dolore nostro'umano, fatale , ne
hiemes iniquas: allude forse al carmen il marmo di Syn
* Hiberno puluere ', pag. 4, 6. 33 Con cessario.
nada ', pavonazzo. 42 - purpurarum
Phrygiuslapis di
tracta aequora stretto il mare ’: pi tessuti di porpora ' , come tappeti : vedi
sces: vedi a pag. 191 , v. 9 : così è accen a pag. 167, nota ai v. 7 e 8. sidere cla
tuata l'offesa che l'empietà umana fa alla rior, riferito a usus, s'intende dei tes
natura, occupando quello che è domicilio suti. 44 Achaemeniumque costum : vedi
destinato ad altri esseri. 34 Iactis a pag. 130, v. 8: balsami orientali e vino
molibus per le costruzioni fondate ?. in italico. 45 inuidendis ' destinate a muo.
altum ' nell'alto mare ’ : vedi a pag . 168, vere l'invidia ' : la gente rimaneva at
V. 20. huc, cioè in altum ; dove non si tonita avanti uarios - pulchra testudine
dovrebbe. frequens' senza interruzione '. postes: Verg. G. 2 , 463. L'abl. dipende da
35 redemptor " l'architetto ', che ha preso un insigne che si desume da sublime.
in appalto il lavoro. 36 Cum famulis'co' nouo 46 Sublime ritu ' eccelso secondo
suoi uomini’. dominusque, il quale af. la nuova usanza ? : vedi Plin . HN. 36, 6
fretta il lavoro, impaziente di trasferirsi e 7. atrium : vedi a pag. 167, nota ai
in quella villa in mezzo al mare. terrae v . 1 e 2. 47 ualle - Sabina “ lasciata la
37 Fastidiosus * avendo in uggia la ter mia valle Sabina ’: permutem ho a pren
ra ’, che pure è stata assegnata come dere in cambio ' : costr. comune e già
domicilio all'uomo. Minae : il pensiero notato. 48 operosiores ' che spinge a più
del gladius saeta equina aptus. 38 Scan fatiche ' che la pauperies stessa.
HORATIVS - CARMINA. 227

[ II] Angustam amice pauperiem pati


Robustus acri militia puer
Condiscat et Parthos ferocis
Vexet eques metuendus hasta ,
Vitamque sub diuo et trepidis agat 5
In rebus. illum ex moenibus hosticis
Matrona bellantis tyranni
Prospiciens et adulta uirgo
Suspiret, eheu ne rudis agminum
Sponsus lacessat regius asperum 10
Tactu leonem , quem cruenta
Per medias rapit ira caedes.
Dulce et decorum est pro patria mori .
Mors et fugacem persequitur uirum ,
Nec parcit inbellis iuuentae 15
Poplitibus timidoque tergo.
II. VIRTUS. Dall'idea di paupe aver forte la cavalleria. 5 e 6 sub diuo,
ries passa il poeta naturalmente a con per far robusto il corpo. trepidis In
siderare i vantaggi d'una educazione rebus ' nei pericoli ’ , per rendere forte
severa che afforza il corpo con gli stenti il cuore, hosticis = hostilibus : pag. 197,
e le fatiche , e l'animo coi pericoli. E v. 1, ciuicum per ciuilem . 7 Matrona " la
subito corre col pensiero ai Parthi, che moglie '. 8 Prospiciens ' osservando ': il
non possono essere vinti che da una ge poeta non aggiunge che cosa dica o fac
nerazione indurita nelle armi. In guerra cia la moglie ; essa è colpita a un tratto,
si muore : si ; ma la morte è necessità in mezzo alla sua muta contemplazione,
comune, e nel campo di battaglia è ac da un sospiro alle sue spalle : è la fan
compagnata dalla gloria. E così passa ciulla che è venuta alle mura, anch'essa,
ad affermare che la Virtus come in vita e guarda. Il quadro è eroico : vedi Il.
dà i veri e duraturi onori, così in morte F, 154 e seg. Briseis in T , 291 piange :
apre il cielo. Il cielo, conclude , ossia L'uomo (lo sposo, è da credersi) cui mi
l'immortalità promessa dai mysteri di diedero il padre e la veneranda madre ,
Ceres ; mysteri che si devono custodire Vidimi avanti la città trafitto dall'acuto
silenziosamente nel cuore. Diespiter pu bronzo, E tre fratelli ’. 9 eheu : esprime la
nisce il violatore del segreto e anche chi commozione del poeta avanti il quadro
a lui si accompagni . E così con Diespiter da lui dipinto ; ma è qui anche come la
termina la metà della prima parte, che ripetizione, l'eco, del sospiro della ver
era cominciata dopo la menzione di gine. ne : perchè in Suspiret c'è l'idea di
Iuppiter . timore. rudis agminum = rudis belli. TO
i amice – pati = amare : a pag. 158, Sponsus regius ' il principe sposo '.
v. 18, indocilispauperiem pati. pauperiem asperum 11 Tactu leonem : vi è ricordata
* le ristrettezze '. 2 Robustus “ irrobu come la solita comparazione epica del
stito '. acri * forte ', che dà forza . pruer: guerriero col leone , così l'espr. omerica,
parla della parte mascolina della nuova di Il. X, 373 ' bene è più morbido a toc
generazione. 3 Condiscat: ottativo. Par carsi Hector, che quando le navi bruciò
thos: che sono sempre nel pensiero di col fuoco ardente '. 13 Dulce et decorum
Orazio. 4 Vexet – hasta possa inse ' è dolce e bello ' : narov, dice Tyrtaios
guire con la lancia alle reni ’, eques : la 10, 1 , e sulla bellezza della morte gio
cavalleria romana, quasi spenta, era og
getto delle cure di Augusto : equitum vanile insiste al v. 27 e seg. della nota
turmas frequenter recognouit post longam elegia. mori: l'idea della morie, sugge
intercapedinem reducto more trauectionis : rita anche dall'ultima parola della strofa
Suet. Aug. 38. Egli favorì gli esercizi prec., si ricongiunge al v. 5 : Vitamque
equestri, come il lusus Troiae (Verg. trepidis agat In rebus. 14 et anche ?
Aen. 5, 545 ) e i ludi seuirales. Per vin fugacem : Simon. 65 : ' e la morte poi
cere i Parthi , bisognava specialmente coglie anche il φυγόμαχον ', espres
228 LYRA ROMANA.

Virtus, repulsae nescia sordidae,


Intaminatis fulget honoribus,
Nec sumit aut ponit securis
Arbitrio popularis aurae. 20
Virtus , recludens inmeritis mori
Caelum , negata temptat iter uia,
Coetusque colgaris et udam
Spernit humum fugiente penna.
Est et fideli tuta silentio 25
Merces : uetabo qui Cereris sacrum
Volgarit arcanae, sub isdem
Sit trabibus fragilemue mecum
Soluat phaselon ; saepe Diespiter
Neglectus incesto addidit integrum , 30
Raro antecedentem scelestum
Deseruit pede Poena claudo .

sione che chiarisce la parola d'Orazio : bent spem optimam huius et futurae uitae.
che fugge di combattere, che fugge Il poeta non dice soltanto che dobbiamo
prima della battaglia ’: persequitur : l'i commissa tacere (S. 1 , 4 , 84 ); dice che
dea è di Callinos, 1 , v. 12 : chè non è l'immortalità ci è ancora promessa dalla
destinato che uomo possa fuggir la sancta silentii fides (Apul. M. 3,pag. 53),
morte etc. 16 Poplitibus - teryo ' gar ci è data a patto di questa fides, di questo
retti , tergo ', che il fuggente mostra . silentium : il che costituisce in vero una
timidoque * di chi teme’: hypallage . 17 grande virtù, molto e necessariamente
Virtus: ecco la gran parola romana, che pregiata da Augusto che aveva sempre
comprende tutto ciò per cui l'uomo è in bocca il verso di Simonide . Vi è an
giusto e forte, uir. Lucilius la definisce che del silenzio un premio sicuro ': fg. 66.
magnificamente presso Lactant . 6, 5, 2. Notiamo poi che la Fides è da Orazio
repulsae - sordidae ' della ripulsa che stesso detta in (I-XXIV]
- 26 v. 6, Iustitiae
Merces premio sicuro ' .
avvilisce ’ : l'agg. sordidus è opposto al soror . tuta
l'idea di candidus che c'è in chi domanda uetabo, quando se ne dia il caso. Cereris
un ufficio e si presenta perciò candidatus . sacrum 27 – arcanae ' i mysteri eleu
18 Intaminatis ‘ puri ’. 19 sumit aut sini ’ . sub isdem 28 Sit trabibus, ' dimori
ponit securis assume o depone il po sotto il medesimo tetto ': OuótoixOS.
tere ' : dirà nel C. 4, 9 , 39: Consulque fragilemue : anche in trabibus, vi è l'idea
non unius anni. 20 Arbitrio ad arbi di fragilità : cfr. a pag. 158, v. 14, nota a
trio ' popularis aurae: vedi a pag. 216, trabe. 29 phaselon: pag. 76, nota al v. 1
v. 24. Il potere della Virtus non dipende di ( IV). Diespiter : cosi solo anche in
da altrui. 21 inmeritis mori ' indegni di [ I-XXXIV ] ' v. 5, e con la menzione del
morire ’ : litotes : Morirono e non sono lampo e del tuono ; onde è probabile che
morti : la virtù su li conduce glorifican anche qui si accenni, con quel nome, alle
doli dalla casa dell'Hade ' : Anth. P. 7, folgori. 30 incesto = inpio. 32 Dese
231. 22 negata – uia ' per via chiusa al ruit e lasciò ’, senza inseguirlo più e
volgo '. temptat iter si fa la strada '. raggiungerlo. pede claudo dai tardi
23 e 24 udam -- humum la terra cali piedi ’. Poena : è zoppa, e perciò ritarda:
ginosa '. Spernit “ lascia'. fugiente penna ma infine raggiunge il malvagio, perchè
fuggendo a volo ’. 25 Est et fideli è perseverante.
silentio : il Peerl , dichiara : Mysteria prae
HORATIVS CARMINA 229

[ 111] Iustum et tenacem propositi uirum


Non ciuium ardor praua iubentium ,
Non uoltus instantis tyranni
Mente quatit solida , negue Auster,
Dux inquieti turbidus Hadriae, 5
Nec fulminantis magna manus louis ;
Si fractus inlabatur orbis,
Inpauidum ferient ruinae.
Hac arte Pollux et uagus Hercules
Enisus arcis attigit igneas, 10

III. - INMORTALITAS. - L'accenno al se il male '. 3 uoltus ' il cipiglio '. in


greto inviolabile prepara a sentire qual. stantis tyranni ' di minaccioso tiranno '.
che cosa d'arcano. In verità assisteremo 4 Mente - solida nella sua volontà in
a un consilium deorum , o udremo in esso flessibile ': abl. locale come a pag. 214,
parlare d'un segreto disegno di Cesare, v. 8, et corde et genibus. quatit ' scuote '.
che poteva mutar la faccia del mondo . Orazio pensava forse a Socrate che nel
Il poeta riprende il suo concetto di Vir l'Apol. 32 , porta due esempi del suo di
tus, passando dall'astratto al concreto : sprezzo della morte di fronte al far qual
tenacem propositi uirum . L'agg. Iustum che cosa d'ingiusto e d'empio, il primo,
con cui si apre l'ode è suggerito dall'idea quando la città si reggeva a popolo
di Fides, che, come ho osservato , è lu il secondo, quando venne il governo di
stitiae soror . L'uomo che, per la giustizia, pochi ' ossia la tirannide dei trenta. An
con tenacia , esercita la sua vigoria, toc che nelle espressioni c'è qualche ricordo
cherà il cielo stellato dell'immortalità. di Platone : ricordate ülõv xelevóv
Questo avverrà dell'Augustus, questo fu
di Quirinus. Nel consiglio degli dei , Iuno των και βοώντων, ricordate εμέ -
accenna che la rovina di Troia si deve εκείνη η αρχή ούκ εξέπληξεν.
all'ingiustizia ' di Paris , cbe fu , del neque Auster : è quasi una comparazione,
resto, strumento del fato ; poichè Ilio ricordando il v. 20 della precedente. 5
era condannato sino dallo “ spergiuro ' Dur Hadriae (pag. 170, v. 15) : qui
di Laomedonte. A questa antica frode, regit Hadriam ; cfr. Epl. 1 , 19, 24 : Dux
che pesa sinistra sulla posterità romana , regit examen . inquieti ' procelloso ?. tur
accennano spesso i poeti: satis iam pri bidus nuvoloso ’ : aggettivi che ben si
dem sanguine nostro Laomedonteae luimus convengono al popolo e ai suoi tumulti.
periuria Troiae; dice Verg. G. 1 , 501. Ora Vedi nella prec. v. 26, Tumultuosum –
l'ira degli dei è paga, la vendetta è com mare ; Epl . 1 , 28, regum et populorum
piuta. Romolo, sebbene figlio di Troiana, aestus. 6 magna manus, come quella che
sarà dio. Ma la vita e la grandezza di è del Maximus. E anche questa è una
Roma è subordinata alla distruzione di comparazione (altrimenti saprebbe d'em
Ilio : da una parte devono esserci quelle pio) : i re si assomigliavano a Giove e
rovine e quei bronchi, perchè dall'al noto è Salmoneus ; onde non a torto
tra rifulga il tetto d'oro del Capitolium . I nella prima di queste odi, v. 6, ammo
Parthi solo a questo patto saranno vinti, nisce : Reges in ipsos inperium est Iouis.
solo a questo patto sarà conquistato il 7 Si inlabatur: ' cada su lui '. orbis,
mondo. La pietas de' Romani verso la caeli' il cielo, la volta del cielo ’; Theogn.
loro madrepatria riuscirebbe a essere 869 ' Su me tosto cada il grande cielo
una inpietas verso la consorte di Iuppi ampio di sopra, Bronzeo, terrore degli
ter, la quale si vendicherebbe. A questo uomini terrigeni ’ : si noti che il cielo era
punto, il poeta interrompe il discorso figurato solido , di bronzo . 8 Inpauidum
della dea, rivolgendosi alla musa e rim senza che egli tema ': ferient “ lo col
proverandola della sua audacia . piranno ’. 9 Hac arte: cioè con la tenacia
1 tenacem propositi: Caes. BC. I, 83 : nel perseguire il suo fine di giustizia ..
tenere propositum : con la frase di S. 2, Pollux : è nominato da solo, ma s'in
7, 7 , diremmo : qui uirtute gaudeat con tende geminus Pollux, come in [III-XXIX )
stanter et urgueat iustum propositum . v. 64. uagus ' l'errabondo ? 10 Enisus :
2 ciuium ardor ' le passioni dei citta accenna al faticoso ascendere. arcis
dini '. praua iubentium che vogliono | igneas'le altezze sideree ' : ignes ve
230 LYRA ROMANA .

Quos inter Augustus recumbens


Purpureo bibet ore nectar.
Hac te merentem , Bacche pater, tuae
Vexere tigres , indocili iugum .
Collo trahentes; hac Quirinus 15
Martis equis Acheronta fugit,
Gratum elocuta consiliantibus
Iunone diuis : ' Ilion Ilion
Fatalis incestusque iudex
Et mulier peregrina uertit 20
In puluerem , ex quo destituit deos
Mercede pacta Laomedon, mihi
Castaeque damnatum Mineruae
Cum populo et duce fraudulento .
Iam nec Lacaenae splendet adulterae 25
Famosus hospes nec Priami domus
Periura pugnacis Achiuos
Hectoreis opibus refringit,

dremo = sidera : vedi a pag. 222, v. 6. nunciare il giudizio contrario a Giunone


11 Augustus: fu così chiamato Caesar e perciò a rapir Helena e quindi a cau
Octauianus nel principio del 727, a pro sare la distruzione della patria. incestus
posta di Munatio Planco, non tantum que = infidus : vedi prec. v. 20 : bonus
nouo sed etiam ampliore cognomine (che atque fidus Iudex, dice il poeta nel 4, 9,
di Romulus ), quod loca quoque religiosa et 40, honestum praetulit utili. 20 mulier
in quibus augurato quid consecratur, au peregrinx ' una donna straniera ': nem
gusta dicantur ab auctu uel ab auium meno Helena è nominata. 21 ex quo :
gestu gustuue : Suet. Aug. 7. Augusto au dip, da damnatum : ' sin da quando '. de
gurio , dice Ennio fondata Roma : au stituit ‘ frodò '. deos : Apollo e Poseidon .
gurio d'immortalità. 12 Purpureo del 22 Laomedon, figlio d'Ilos (Il. ¥. 236) ,
colore della divina eterna giovinezza ' : a cui que' due dei si addissero un anno
così Verg. Aen. 1 , 59 , tumenque iuuentae per una mercede stabilita , e Poseidon
Purpureum . nectar, che dà l'immortalità. gli edificò la muraglia larga e assai bella,
13 Hac — merentem, sott , ut uehereris. perchè la città fosse inespugnabile, e
14 Vexere , s'intende sino al cielo ' . Phoibos gli pasceva in tanto i bovi nei
15 Quirinus; parallelo ad Augustus, come greppi dell'Ida selvosa. Ma quando venne
Bacchus a Hercules, tutti e due, questi il termine molto giocondo della mercede,
numi, o forse quelli uomini (se in Qui egli si negò e li rimandò con minaccie :
rino è adombrato Caesar), sterminatori 11. 0 , 442 e seg. mihi 23 Castaeque
di giganti. 16 Martis equis : opposti a Mineruae (dat. agente): afferma Iuno che
tuae – tigres. Ouid. F. 2 , 415, con mae in ciò non entra spretae iniuria for
strevole brevità : Hinc tonat, hinc missis mae : Verg. Aen. 1 , 2, 7. damnatum : così i
abrumpitur ignibus aether : Fit fuga : codd. ma dopo il Bent. le edd. quasi tutte
rex patriis astra petebat equis. 17 Gra damnatam , ad evitare amphibolia. 24 et
tum = gratam sententiam ,consiliantibus duce fraudulento : Laomedon stesso, in
e che tenevano consiglio '. 18 diuis : cui la frode era naturale e abituale :
dat. dip. da Gratum. L'idea di questo Heracles non ebbe da lui i cavalli per i
concilio è di Ennio , presso cui Iup quali era venuto da lontano, onde l'eroe
piter prometteva a Mars l'immortalità gli devastò la città e desolò le contrade :
per uno de' suoi nepoti : Vnus erit quem II. E, 640 e seg. 25 Lacaenae adulterae
tu tolles in caerula caeli Templa : fg . 54 ( gen.): Helena. splendet: * di bellezza rag
Baehrens, e cfr. Ouid. M. 14, 805 e seg. giante e di vesti ’ : II. T, 392. 26 Fa
Ilion Ilion : nella ripetizione si sente
l'ira della dea. 19 Fatalis: Paris (che la mosus ' infame ', hospes : vedi a pag. 173,
dea non nomina) era destinato a pro v. 2. 27 Periura: allude, pur affermando
HORATIVS - CARMINA . 231

Nostrisque ductum seditionibus


Bellum resedit . protinus et grauis 30
Iras et inuisum nepotem ,
Troica quem peperit sacerdos,
Marti redonabo ; illum ego lucidas
Inire sedes, discere nectaris
Sucos et adscribi quietis 35
Ordinibus patiar deorum .
Dum longus intersaeuiat Ilion
Romamque pontus, qualibet exsules
In parte regnanto beati ;
Dum Priami Paridisque busto 40
Insultet armentum et catulos ferae
Celent inultae, stet Capitolium
Fulgens triumphatisque possit
Roma ferox dare iura Medis.
Horrenda late nomen in ultimas 45
Extendat oras, qua medius liquor
che lo spergiuro era fatalmente insito lum - aliosque conpluris — quasi nouos
in questa casa, alla violazione del patto et adscripticios ciuis in caelum receptos
dopo il duello di Paris : Il. A. 28 Hecto putant: Cic. de nat. deor. 3 , 39. quietis
reis opibus ' col braccio di Hector ? 29 36 Ordinibus – deorum : gli dei, sapeva
ductum 'menata in lungo ', seditionibus Orazio (S. 1 , 5, 101 ) securum agere aeuum :
per i dissensi ' : Mars (Ares) era , per onde sedes sono le loro. E questa quieta
es., dalla parte de' Troiani, Apollo ben immortalità è opposta alla vita agita
chè frodato da Laomedon ne proteggeva ta, sin dal nascere, dell'astato Quirino.
la razza:onde la grave parola della dea. Quanto agli ordines degli dei (altra espr.
30 resedit ` finì ': prop. si abbonacciò ' . romana) sono in Cic. T. 1 , 29, maiorumo
protinus ' d'or innanzi ’: ma dalla distru gentium di. 37 Dum purchè ’: inter
zione di Ilio alla morte di Romolo corse saeuiat = interfluat, col colorito della
molto tempo. La fondazione di Roma è tempesta ; e regge Ilion Romamque: vedi
considerata , forse , come l'ultimo atto a pag. 177, v. 19, e, per la tmesis, a pag.
del dramma Iliaco, e non è, secondo le 201 , v. 25. Le edd. hanno inter saeuiat.
leggende poetiche di Nevio ed Ennio, un 38 exsules: l'ira sprezzante di Giunone
atto così lungo come risulta dalle leg si rivela ancora. 39 regnanto beati: an
gende storiche, poichè secondo quei poe tithesis a exsul, anzi oxymoron, notando
ti, cui segue Orazio , Ilia madre di Ro che in exsul è, specialmente per un ro
molo è figlia di Enea. 31 Iras retto mano, l'idea di miseria ( pauper et exsul,
per zeugma dal remittam che si trae da AP . 96) ; e rex (regnanto ) è opposto a
redonabo. iniisum : il perchè è nel verso pauper (vedi a pag. 211, v. 11) . 40 Pria
seguente, nepotem : Romolo. 32 Troica mi, figlio di Laomedon, come Paris è fi
sacerdos: Ilia : vedi a pag. 192, v. 17. glio di Priamo. busto (abl.) ' sul sepol
33 Marti: al quale era dovuto secondo cro ' , cioè su Troia detta da Catullo
la promessa di Iuppiter: Vnus erit : vedi (pag. 58) commune sepulcrum Asiae Eu
al v. 18. redonabo = reddam : Sen. Be ropaeque. 41 armentum : in qualche luogo,
nef. 7, 19 ; reddere est id , quod debeas, armenti. ferae: in qualche altro, fiere
ei , cuius est , uolenti dare. Per altri selvaggie. 42 inultae impunite '. 43
condonare. lucidas 34 - sedes : presso a Fulgens: fastigatis supra tectis auro puro
poco, arcis igneas. discere (Bent. du fulgens praelucet Capitolium : Sen. contr.
cere, sorbire) imparare a conoscere 1, 6, 4. triumphatisque possit 44 - dare
ossia ' bere per la prima volta ’, e quindi, iura Medis = possit triumphare de Medis
trattandosi di così grata bevanda, adsue et eis d . i.: sempre quel voto. E si do:
scere, come spiega Porph . 35 Sucos il veva avverare, e solo in parte, sette anni
liquore ’: adscribi: espr. romana : Romu più tardi , nel 734, nel qual anno Phra
232 LYRA ROMANA .

Secernit Europen ab Afro,


Qua tumidus rigat arua Nilus ;
Aurum inrepertum et sic melius situm ;
Cum terra celat , spernere fortior 50
Quam cogere humanos in usus
Omne sacrum rapiente dextra .
Quicumque mundo terminus obstitit,
Hunc tanget armis, uisere gestiens,
Qua parte debacchentur ignes, 55
Qua nebulae pluuiique rores.
Sed bellicosis fata Quiritibus
Hac lege dico , ne nimium pii
Rebusque fidentes auitae
Tecta uelint reparare Troiae . 60
Troiae renascens alite lugubri
Fortuna tristi clade iterabitur,
Ducente uictricis cateruas
Coniuge me Iouis et sorore .
bates rimandò ad Augusto le aquile di Aurum , per l'idea espressa in [I-XII),
Crasso. 45 Horrenda late ' spargendo Vtilem bello tulit - Saeua paupertas, e
per ampio tratto un terrore religioso '. nella prec. v. 1 e 2. gestiens * anelando ”.
nomen la sua potenza ' : noto è il si 55 debacchentur infieriscano ', ignes'i
gnificato di nomen Latinum , Romanum calori ’ : la zona torrida. 56 pluuiique
etc. 46 medius liquor '' il mare frappo 10res = imbres : ma avanti rores ,
stosi ' . 47 Europen ab Afro: è il fretum verbo va, per così dire, spogliato del
Gaditanum . 48 tumidus - Nilus il Ni suo colore , va attenuato nel suo senso.
lo, gonfiandosi ': da occidente dunque a Così in (I-IV) , v. 16 , Iam te premet nox
oriente. E bene dalla conquista dell' E fabulaeque Manes Et domus, con domus
gitto, fatta nel 724, si augura altre vit s'intenderà habebit, manebit. Col verso
torie . 49 Aurum : lo spregio delle ric è indicata la zona glaciale. 57 bellicosis
chezze che la dea qui raccomanda ai - Quiritibus : vedi a pag. 186, nota a Qui
Romani, è suggerito dall'idea delle ric ritem . In vero curis est Sabine hasta, unde
chezze Troiane: vedi, per es., a pag. 196 , Romulus Quirinus qui eam ferebat est
v. 14, e cfr. anche a pag. 45, note ai v. 15 dictus: Paull. p. 49 , che aggiunge a
e 16. I Romani non solo devono essere Quirino Quirites dicuntur. Questo è da
exsules da Troia (nella qual parola è pure ricordare ; la frase vale bellicoso po
un'idea di pauperies che persiste con pulo Quirini: vedi a pag. 194, v. 46 .
l'oxymoron exsules regnanto beati) ma 58 nimium pii ' troppo riverenti ' verso
avere costumi diversi dai troiani. inre . la madrepatria. Il troppo guasta an
pertum e non trovato ' . 50 Cum terra che nella pietas, como abbiamo veduto
celat : sotterra lo pose deus prudens: a pag. 191, v. 17. 59 Rebusque fidentes
pag. 171 , v . 20. spernere fortior 51 Quam fidando ne' buoni successi che ho, in
cogere mostrando più fortezza nel la tanto, predetti.auitae 60 - Troiae della
sciare che nel prendere ’ : più forte è il città de ' loro avi ’. Tecta uelint reparare :
savio che disprezza l'oro, che il guerriero il che spiega nimium pii; poichè ([II-XV ),
che lo conquista : quegli è forte dell'a v. 18) le leggi comandavano pure di rie
nima, questo solo della persona. humanos dificare oppida publico Sumptu e di ri
in usus: opposto a sacrum . 52 sacrum : costruire i templi degli dei : di che
sacro è l'oro nel grembo della terra, non vedi l'ode sesta. 61 e 62 Troiae - For
tangendum , ed inpia è la mano dell'uomo tuna la Fortuna di Troia ’; poichè ogni
che ne lo toglie per sè. 53 obstitit, da città ha la sua Fortuna , come ogni
obsisto , = obstat ' limita '. 54 tanget non uomo , il suo Genius. renascens e rina
tangat : qui Iuno vaticina, come da fata scendo ? con lei. alite lugubri ma con
dico, che segue . armis: opposto ad augurio di morte '. clade iterabitur =
HORATIVS CARMINA. 233

Ter si resurgat murus aeneus 65


Auctore Phoebo, ter pereat meis
Excisus Argiuis, ter uxor
Capta uirum puerosque ploret.'
Non hoc iocosae conueniet lyrae:

70
Quo, Musa, tendis ? desine peruicax
Referre sermones deorum et
Magna modis tenuare paruis.

[ iv] Descende caelo et dic age tibia


Regina longum Calliope melos,
iterum clade premetur , o con Porph . Muse e da loro fatto inviolabile ; ne ebbi
iterato excidio cadet. 63 Ducente - ca poi molte prove e affronterei qualunque
teruas : così in Verg. Aen. 2, 612 : Iuno pericolo, certo d'uscirne illeso. Alle Muse
Scaeas saeuissima portas Prima tenet 80 anche il gran Cesare è amico, poichè
ciumque furens a nauibus agmen Ferro sono esse che danno la sapienza, per la
accincta tocat. 64 Coniuge et sorore : quale vinse i Titani ilSapientissimo. Era
Il. II, 432 ; Verg. Aen. 1, 46. 65 Ter : in verità da temersi la loro forza bruta,
numero misterioso. aeneus e sia pur di ma dall'altra parte era il valore intelli
bronzo'. 66 Phoebo, richiama anche Nep gente ; e quella sempre rovina per il suo
tuno (vedi al v.21) : come la prima volta. stesso impulso , questo sempre é favo
meis 67 Excisus Argiuis, senza prepos. rito dall'alto. I malvagi , per forti che
poichè gli Argivi sarebbero solo stru siano, cadono sempre e giacciono ' : ode
mento. Per meis , vedi a pag. 161 , nota quarta. ' L'Augustus è come un Dio in
al v. 10, Lacedaemon. ter : tre volte è ri terra : i nemici di Roma lo sanno, i Bri
petuto. uxor " le mogli '. Di Cesare poco tanni e i Parthi. I Parthi ! come po
prima della sua uccisione terono i soldati di Crasso invecchiare
graturum Alexandriam uel siIlium
diceva mi
transla nel campo de' nemici e obliare Roma ?
tis simul opibus imperii exhaustaque Ita Regulus aveva dato un esempio da imi
lia dilectibus et procuratione urbis amicis tarsi, sconsigliando il riscatto de' prigio
permissa : Suet. Caes. 79. Anche Antonio nieri: “ Un miles che consegna le armi,
sognò poi qualche cosa di simile ; vedi un ciuis che diventa schiavo, non sarà
a pag. 181, nota al v. 8. E Livio in questi mai che un vile. L'oro che spendereste
anni, con l'orazione che fa pronunziare a a riscattarlo è gettato . Essi hanno fatto
Camillo, 5 , 51 - 54, ammoniva : Hic Ca pace, per conto loro ; essi hanno fatto la
pitolium est — hic – luuentas Terminus grandezza di Cartagine Così disse e
que – hic Vestae ignes, hic ancilia caelo e non considerandosi più cittadino nè
demissa , hic omnes propitii manentibus padrefamiglia , respinse la moglie, ab
uobis di (54) . Tre secoli più tardi in bassò il capo. E parti, sapendo i tormenti
oriente, in faccia alla Troade, si creava che l'aspettavano. Partì, e pareva un
patrono, che decisa una lite tra clienti,
la nuova Roma, che doveva cadere, dopo se ne andasse in campagna , finalmente ':
lunga agonia, con molto pianto . 69 Non ode quinta. “ Riedificate i templi, restau
hoc : fine quasi simile a pag. 200, v. 37.
conueniet : al fut. perchè la Musa altro rate i simulacri degli dei : la religione
ancora vuol dire, come si vede da Quo sola vi dà l'impero. Alla vostra empietà
– tendis e peruicax. 72 Magna – paruis: si devono le vittorie dei Parthi. Popoli da
bel contrasto dal principio del verso alla nulla vi misero in grande rischio. Perchè ?
fine. modis, forse il metro, e certo anche è una grande degenerazione nelle fami
lo stile. glie : le donne leggiere e corrotte da fan
ciulle , divengono adultere da mogli. Da
Parte seconda. — (Ode quarta, quinta tali matrimoni non sarebbero nati i vinci
o sesta) . – Discendi, o Musa, dal cielo, tori di Pirro e d'Annibale : altri giovani
e dà un lungo canto, o solo o accompa erano quelli. Ma tutto decade : i nostri
gnato, dalla tibia o dalla lyra. Udite un padri, peggiori degli avi, erano migliori
dolce sospirare d'acque e sussurrare di di noi; e i nostri figli saranno quel che
frasche ? io sono ( o m'inganno ?) nel bosco noi rispetto ai padri nostri’: ode sesta.
delle Muse ’ : proemio . ' Bambino, ebbi Tanto la vittoria sui Parthi , quanto la
segno, chiaro a tutti, che io ero sacro alle reintegrazione dei costumi sono più au
234 LYRA ROMANA .

Seu uoce nunc mauis acuta,


Seu fidibus citharaque Phoebi .
Auditis, an me ludit amabilis
Insania ? audire et uideor pios
Errare per lucos, amoenae
Quos et aquae subeunt et aurae.
gurate, che affermate, e la prima con più nella prima strofa campeggia il Poeta ,
asseveranza che la seconda. Orazio ri Musarum sacerdos; nella seconda Iup
tiene che ciò che il diuus Iulius lasciò piter, chiaro Giganteo triumpho. E le
interrotto, la conquista della Britannia e strofe presenti si dividono le otto prime
la vendetta di Crasso, si possa consi ( v. 9-40) per il Poeta e le Muse ; le ultime
derare compiuto. Tuttavia meglio che otto (v . 59-80) per il trionfo di Iuppiter
' ha soggiogato ' (vedi pag. 223) avrei po sui Giganti; le due di mezzo (v . 41-48)
tuto dire soggiogherà '; poichè la spe contengono il senso principale che è que
dizione contro i Britanni si preparava sto : ‘ le Muse danno la sapienza, e con
in questo anno 727, nel quale io pongo essa il sapientissimo debellò i Giganti '.
la composizione di questa ode molte 1 Descende caelo, poichè voleva conti
plice, e in questo anno stesso ritornava nuare a riferire discorsi di dei : la ri
nel regno Phrabates , con l'aiuto degli chiama il poeta, quod uelit iam transire
Scythi Asiatici. Nè i Parthi dunque nè a Juronis sermonibus : Porph. Notiamo
i Britanni erano soggiogati; ma il poeta che tuttavia il poeta canterà di cose ce
non mostra qui alcun dubbio : praesens lesti , della Gigantomachia, la quale così
diuus habebitur Augustus. D'altra parte egli invita a considerare come simbolo
non si possono questi carmi attribuire di avvenimento terrestre. 2 Regina ' nel
ad anno posteriore al 728 ; poichè il poeta cui potere io sono ' , come hierodoulos,
avrebbe allora fatta menzione delle due sacerdos (pag. 224, v. 3) , Vester : v. 21
spedizioni preparate o fatte contro i Can della presente . longum melos : que
tabri e gli Arabi. Minor fiducia il poeta st'ode è infatti la più lunga che egli ab
mostra nel rifiorire dei costumi: con ciò bia scritta. Calliope: da questo passo s’in
intende forse a mostrare la necessità tenda in che modo sovente Orazio invo
delle leggi, promulgate già da Cesare, e chi la Musa. Probabilmente , egli conce
da Augusto rinnovate solo nel 736. Del pisce quasi sempre tutta la schiera delle
resto , i templi , che egli poeticamente Muse , la quale egli richiama col nome di
finge di consigliare a ricostruire, erano una o altra di esse. Vedi , per es. , a pag.
già nel 726 ricostruiti ; e le leggi sui co 159, v. 33. Qui la cosa par chiara com
stumi erano, se non altro , annunziate o parando i versi, 3 della I, 70 della III, e
aspettate. A ogni modo, nella quarta ode questo e il 21 e seguenti. 3 uoce – acuta
si ha Iuppiter o la sapientia , che vince con sola la tua voce squillante ' : vedi
la forza brutale (uis consili expers) ossia a pag. 19, Carmina etc. , 1 : et assa uoce
i Titanes o Gigantes ( sono, con lyrica li et cum tibicine. Orazio si prepara a
cenza , confusi nell'assalto al cielo oltre dire (ib. 3) , ad tibiam , d'un grande lau
questi, gli Hecatoncheiri e altri mostri), des atque uirtutis ; secondo il costume
nei quali Orazio intende i ciues sediziosi ; de' maggiori ; donde dic age tibia. 4 Seu
nella quinta si parla degli Hostes, ' o ne fidibus citharaque: e qui sta la novità,
mici esterni, che furono vittoriosi perchè onde a queste parole si sottintende no
i Romani mancarono di mores e di uir uis, come è a pag. 189, v. 10. E s'intende
tus, e ora sono destinati a essere vinti, che l'ultimo modo proposto è quello che
sono vinti dall'Augusto ; nella sesta si è accettato . 5 Auditis ? ' udite, o fan
parla dell'opera di lui riguardo alla re ciulle e giovinetti ? ' : è come al v. 4 della
ligione e ai costumi : Mores. I. amabilis 6 Insania : oxymoron : ' un'in
IV . - GIGANTES. La sapienza che sania inoffensiva, innocente ’ : vedi a
vince la forza, o Iuppiter che doma i pag. 16, Fescennini, 1 , v. 10, nota ; vedi
giganti , o l'Augustus che debella i citta a pag. 213, v. 10, semper amabilem , dove
dini ribelli e sediziosi : ecco l'argomento. il senso di sempre inoffensiva’è con
L'ode ha un proemio di due strofe, che fermato da ciò che segue. audire : che
la congiunge alla precedente (si ha così cosa ? ciò che a pag. 159, v. 31 : i dolci
una grande parte centrale , 18+ 2 + 18) e misteriosi murmuri di ruscelli tra i
poi si corre per diciotto strofe, le quali massi, di brezze tra gli alberi. uideor,
svolgono in certo modo il proemio di mihi mi pare di ’. 8 Quos — subeunt
tutto il canto molteplice. Di esso proemio pei quali muovono '. et aquae – et art
HORATIVS CARMINA . 235
Me fabulosae Volture in Appulo
Nutricis extra limina Pulliae 10
Ludo fatigatumque somno
Fronde noua puerum palumbes
Texere , mirum quod foret omnibus,
Quicumque celsae nidum Acherontiae
Saltusque Bantinos et aruum 15
Pingue tenent humilis Forenti ,
Vt tuto ab atris corpore uiperis
Dormirem et ursis, ut premerer sacra
Lauroque conlataque myrto ,
Non sine dis animosus infans. 20

rae, che danno il sospetto di nymphae preto , Ludo satiatum et grauatum somno ,
e di satyri. 9 fabulosae : si riferisce dai con una specie di zeugma di cui ci av
più a palumbes e si spiega ‘ miracolose, verte la posizione del -que. Può darsi
misteriose ’. Porph . invece piena di che il poeta avesse nel pensiero Odyss.lt,
favole, raccontatrice . Volture in Ap
pulo ' nel monte Vulture, là in Apulia ’: 281. La frase greca vale che cascano
10 Nutricis · della mia nutrice ’: pochi di fatica e di sonno '. Forse anche qui
codd. e molte edd. hanno Altricis. extra somno è in certo modo per insomnia, per
limina Pulliae : così tra gli altri, il Vat. voglia di dormire ' : cfr. Sall . Cat. 28 :
Reg .: le edd. quasi tutte extra limen A neque insomniis neque labore fatigari.
puliae, con somma difficoltà di prosodia 12 Fronde noua : era primavera. Pue
e di senso. Il Paully e il Mommsen vi rum , più che a spiegare i giochi e il
dero in Pulliae un nome proprio di donna sonno del v. prec. è qui collocato vicino
(non raro nelle iscrizioni) , il nome della a foglie novelle ' , per suggerire l'ima
nutrice d'Orazio, forse sua parente. E gine del fiore primaverile o dell'uccellino
così teniano con Porph .: dicit se poeta nel suo nido . palumbes : sono le mater
educatum a nutrice nomine Apuliae ( si nae aues (Verg. Aen. 6, 193) di Enea, le
capisce questo errore dopo Appulo ) quam ministre di Venere. 13 quod foret: con
seguenza : “ in modo che fosse '. 14 cel.
fabulosam appellat, quod nutrices fere sae - Acherontiae : la moderna Acerenza.
alumnis suis fabulas narrare soleant.
Nulla di più naturale del ricordo della nidum : Cic. de Or. 1 , 44 ; Ithacam illam
balia in un racconto dove entra l'infans, in asperrimis saxulis tamquam nidulum
smarrito nei monti. E l'agg. fabulosa adfixam ; Cicerone ha in mente un nido
spiega, aggiungendo a ogni modo un di rondine e Orazio forse un nido d'a
tratto molto poetico, o i discorsi che si quila. 15 Bantinos : oggi Banzi. aruum
fecero della mirabile avventura (v. 13) 16 Pingue " la fertile campagna ’. humi
o la precoce tendenza a fantasticare del lis, perchè nella valle , a sud di Venosa.
l'animosus infans (v. 20) o, anche, la ne Forenti : oggi Forenza. Questi nomi danno
gligenza della buona nutrice che intesa colore, come d'idillio, al fatto ; che è un
a fabulari, lasciò scappare extra limina , omen simile a quelli che si raccontano
il bimbo . E il nome Pullia, espresso in di Stesichoro, di Pindaro e di Platone.
così alta poesia, in un punto però di 17 Vt, dipende da mirum , come a pag.
grazia e d'oblìo, trova riscontro in quello 125, v. 53, da mirabimur. ab atris — ui
di Orbilius che era plagosus (Epl. 2, 1, 70) peris ' dalle vipere livide e nere ’. 18
come la nutrice era fabulosa. 11 Ludo ursis: di orsi nella Lucania parla anche
fatigatumque somno : lassitudo citra Ouid. Halieut. 57, e Varr. LL. 5, 100 :
fatigationem, dice Celsus, 1 , 2 ; è in fa tuttavia può intendersi di tutte le fiere,
tigatus l'idea dell'eccesso nel lavoro (si come a pag . 125 , v. 51. premerer ' fossi
che fatigo può valere exerceo e questo coperto '. 19 Lauroque: indica la prote
quello) e l'eccesso della gravezza che ne zione di Apollo. conlataque: per la col
séguita : onde è da solo ciò che i due locazione del -que, si deve intendere
participi in Verg. Aen, 6, 520 : confectus anche di lauro. myrto : indica la prote
curis somnoque grauatus. Con ludo non zione di Venere. 20 Non sine dis: il bam
si unirebbe confectus, ma, per es ., sa bino aveva per se Apollo e Venus. ani
tiatus (pag. 193 , v. 37 ) : sì che inter mosus infans : è quasi la voce de' buoni
236 LYRA ROMANA.

Vester, Camenae, uester in arduos


Tollor Sabinos, seu mihi frigidum
Praeneste seu Tibur supinum
Seu liquidae placuere Baiae.
Vestris amicum fontibus et choris 25
Non me Philippis uersa acies retro ,
Deuota non exstinxit arbos,
Nec Sicula Palinurus unda .
Vtcumque mecum uos eritis , libens
Insanientem nauita Bosporum 30
Temptabo et urentis arenas
Litoris Assyrii uiator ;
Visam Britannos hospitibus feros
Et laetum equino sanguine Concanum ;
Visam pharetratos Gelonos 35
Et Scythicum inuiolatus amnem .
Vos Caesarem altum , militia simul
Fessas cohortes abdidit oppidis,
montanari ammirati al racconto, forse, una spedizione. hospitibus feros: Tac. Ann.
della nutrice. 21 Vester, come hierodou 14, 30, dice che solevano sacrificare i pri
los o sacerdos, in arduos 22 - Sabinos : gionieri , cruore captiuo adolere aras.
nella sua villa, che era su in alto. Tollor 34 equino sanguine: bevevano sangue
salgo '. frigidum 23 Praeneste : vil di cavallo, come i Geloni . Verg. G. 3, 463.
leggiando, per es., in questa città del Concanum : popolo nell'Hispania Tarra
Lazio, rilesse Omero : Epl. 1 , 2, 2. Tibur : conensis . Di questo tempo Sex. Appu
in Tibur , secondo Suet. uit. Hor. , si leius trionfava dell'Hispania, lasciando
mostrava la sua casa circa Tiburni lu però indomati e minacciosi i Cantabri e
culum . supinum ' posto sul pendio ?. 24 gli Asturi. 35 phuretratos : Verg. Aen.
liquidae Baiae le acque di Baiae ' : 8, 725, li chiama sagittiferos. Gelonos:
il comm . Cruq. soggiunge : aut deliciosae popolo della Scythia. 36 Scythicum -
siue aeris puri. 25 amicum : vedi a pag. amnem : il Tanais, ora Don. inuiolatus
188, v. 1. fontibus: Hippocrene , Castalia, senza essere offeso : la ferità di que
Aganippe, Pirene. 26 Philippis (dip. da sti popoli è comparata , in certo modo,
exstinxit): vedi a pag. 186, v. 9. 27 De ai mari burrascosi e ai deserti sabbiosi
uota arbos : nel tempo stesso su per di cui essi sono ancor più inospitali ;
giù che il poeta scriveva queste odi poichè hospitibus feros si ha da inten
nella sua villa sabina rischiava di ri dere di tutti, 37 Caesarem : bene omette
manere ucciso dalla caduta d'un albero qui il nome di Augustus, perchè parla
[II - XIII) piantato in nepotum Perni delle imprese compiute prima che egli
ciem opprobriumque pagi e perciò de avesse tale consecrazione, altum = egre
uota. 28 Palinurus : promontorio tra gium : vedi pag. 221 , v. 4 : Cic. T. 2, 4,
Velia e Buxentum . unda : di questo pe 11 : te natura excelsum quemdam et altum
ricolo corso tornando di Grecia in Italia, et humana despicientem genuit: anche in
nessun altro ricordo ; sebbene alcuni Ouid. ex Pont. 2, 3, 63 : Caesaris alti.
vi riferiscano la [I-XXVIII ), a pag. 163. militia : dip. da Fessas, simul ' appena '.
29 Vtcumque = ubicumque: così a pag.71, 38 abdidit ( così i codd. più autorevoli,
v. 3, ut per ubi. 30 Insanientem BO come il Vat. Reg.: altri addidit che si
sporum il Bosforo burrascoso come spiega come addidit colonos) pose á ri
tutti gli stretti. nauita navigando '. posare ', a godere la pace d'un buon cam
31 urentis arenas le bollenti sabbie picello: così il gladiatore Veianius (Epl.
opp. a Insanientem Bosporum . 32 As 1 , 1 , 5) latet abditus agro, 40 Pierio -
syrii : intende della Syria, scambio co antro : l'antro solito : vedi a pag. 200, v.
mune. uiator : opp. a nauita. 33 Bri 39. Nel 723 Octaviano chiuse il tempio
tannos : contro i quali nel 727 si preparava di Giano, nel 726 consacrò un tempio ad
HORATIVS CARMINA . 237

Finire quaerentem labores,


Pierio recreatis antro . 40
Vos lene consilium et datis et dato
Gaudetis almae. scimus, ut inpios
Titanas inmanemque turmam
Fulmine sustulerit caduco ,
Qui terram inertem , qui mare temperat 45
Ventosum et urbis regnaque tristia,
Diuosque mortalisque turbas
Inperio regit unus aequo.
Magnum illa terrorem intulerat Ioui
Fidens iuuentus horrida bracchüis, 50
Fratresque tendentes opaco
Pelion inposuisse Olympo.
Sed quid Typhoeus et ualidus Mimas,
Aut quid minaci Porphyrion statu ,
55
Quid Rhoetus euolsisque truncis
Enceladus iaculator audax

Apollo, come vedremo. Scriveva versi ; inertem la terra immobile ' opposta a
ma più che a versi il poeta allude alla mare Ventosum. 46 urbis . le città '
sapienza che, secondo l'espr. di Pindaro, popolate di viventi opposte a regna tri
Pyth . 6, 48, si coglie ne' penetrali delle stia , popolati d'ombre. 47 Diuosque e
Pieridi. 41lene consilium (di tre sillabe, gli dei ’ tranquilli nella loro quiete in
consiljum ) : annota Porph. l. - c. sapien finita, opposti alle inquiete turbe dei
tiam dicit : altri interpreta consigli di mortali . Così è descritto il triplice im
mitezza ' , con che non si trova nesso. pero di Giove . 48 Inperio - unus aequo :
42 Gaudetis, perchè da quella sapienza parlando di Iuppiter , il grande concilia
essendo vinta la violenza, uis consili tore e pacificatore, non allude egli al
expers, segue la pace a voi propizia. l'Augustus che ebbe sin dal 725 dal Se
almae, perchè la pace utile e buona la nato il nome di Inperator in perpetuo ?
creaste voi con la vostra inspirazione. Vedi la seguente v . 1 e 2. 50 Fidens è
scimus: modo solito in Pindaro , per in opposto al magnus terror del dio. hor
trodurre un racconto mitologico. La Ti. rida ' irta ’. bracchiis ,dipende sì da Fi
tanomachia che segue, è collegata a ciò dens e sì da horrida. Questi sono gli
che precede con nesso visibilissimo: il le Hecantocheiri , i Centimani. 51 Fra
ne consilium , ispirazione delle Muse,man tresque; e questi , gli Aloidi Otos ed
cava ai Titani che pur avevano la uis (v. Ephialtes, i quali (Odyss. 1 , 315) L'Ossa
65) ; la uis degli Dei è invece temperata
(v.66) di sapienza, per il che anche negli sull'Olympo tentarono porre, e sull' Ossa
uomini cosi la amano e favoriscono. Ciò Il Pelio boscoso, affinchè il cielo potesse
spiega il lene, che vale quod lenit, s’in da loro scalarsi '. E Verg. G. 1 , 280. ten
tende, uim, o meglio animum ferocem o dentes : in Odyss. déjico&v . opaco : in
simili. 43 Titanas : Orazio fa una sola Od . εινοσίφυλλον ma del Pelion. 52
delle molte sollevazioni contro il cielo ;
dei Titani , dei Giganti , di Typhoeus e inposuisse : aor. come ospev del l. c . 53
degli Aloidi. inmanemque, indica l'im Typhoeus: mostro partorito da Gaia, dopo
mensità del numero degli assalitori, non la cacciata dei Titani (Hes. Th. 820) ,
la qualità di loro stessi, che è significata con cento teste di serpente. Mimas : un
da inpios. turmam: hendiadys con Tita gigante. 54 Porphyrion: re dei giganti
nas. 44 caduco che dall'alto cadevano in Pind. Pyth . 8, 17. minaci - statu mi
(fulmine è collettivo) su loro ' : l'agg. nacciosamente piantato sopra i suoi
segna la posa dei Titani, che salivano piedi di serpente. 55 Rhoetus : a pag. 158,
per arduum (pag. 145, v. 21) sotto le V. 23. Porphyrion e Rhoetus sono in Ne
folgori che liributtavano. 45 terram vio (fg . 20 Baeh.) Runcus atque Porpo
238 LYRA ROMANA .

Contra sonantem Palladis aegida


Possent ruentes ? hinc auidus stetit
Volcanus, hinc matrona Iuno et
Numquam umeris positurus arcum , 60
Qui rore puro Castaliae lauit
Crinis solutos, qui Lyciae tenet
Dumeta natalemque siluam ,
Delius et Patareus Apollo .
Vis consili expers mole ruit sua : 65
Vim temperatam di quoque prouehunt
In maius ; idem odere uiris
Omne nefas animo mouentis.
Testis mearum centimanus Gyas
Sententiarum , notus et integrae 70
Temptator Orion Dianae,
Virginea domitus sagitta.
Iniecta monstris Terra dolet suis
Maeretque partus fulmine luridum

reus filii Terras. 56 Enceladus : ha l'Aet adattino ad Antonio, alle sue grandi navi ,
na sopra (Verg. Aen. 3, 578) e continua ai suoi molti alleati , alla sua condotta
ancora a scagliare massi. 57 sonantem prima e durante la battaglia di Actium ,
aegida : quando Zeus scuote l'aegide, ognun vede. E nella confusione di Titani,
balena e tuona : II. P. 595. Palladis: ella Giganti, Aloidi , si può vedere un cenno
è la Sapienza. 58 ruentes : indica l'im alla molteplice guerra civile, che ebbe
peto disordinato della forza brutale , ed a sostenere Caesar Octauianus , contro
è bene ripreso nel v. 65. auidus: parola Bruto e Cassio, Sesto Pompeo, Antonio.
dal fuoco passata al dio . 59 Volcanus : mole ruit sua : vedi a pag. 121 , nota al
uccise Clytion : Apollod . 1. 6 , 2. Iuno: v . 2, l'esempio di Livio. 66 Vim tempe
combattè con Porphyrione: id. ib. 2. 60 ratam , cioè consilio, sapientia. di quoque
umeris " sugli omeri ’, a cui tiene sospeso anche gli dei ’, che ributtarono così
arco e faretra, quando cammina e non fieramente la forza bruta . 68 animo mo
combatte. positurus che avrebbe posato ', uentische macchinano '. Questa strofa ,
cioè sospeso. 61 rore puro Castaliae alla che dichiara la morale del mito, si at
limpida onda della fonte Castalia ', saera tacca al v. 41. 69 Testis : non sembri
alle Muse, nel Parnaso. E così sono ri prosastica l'espr. che ha invece la mae
cordate le datrici di sapienza. lauit : pre
sente : vedi a pag. 179, v. 1 lauere . 62 stà Pindarica : texjaipojedl, Pind. fg.
Lyciae: sede del culto d'Apollo e cre 146. Gyas : figlio, con Cottos e Briareos,
duta anche sua patria dall'epith. 2unn . di Gaia e Ouranos : un gigante. Il poeta
yer's, che ha più rapporto con luce ' parla qui dell'aspra vendetta, come pri
ma aveva parlato dell'audace delitto. Ma
che con “ Lycia '. 63 natalemque siluàm : introduce nuovi esempi di nefas , cioè
la palma o l'oliva ( vedi pag. 87, nota al Orion , Tityos, Pirithoos, tutti e tre rei
v. 7 e 8) opposte alla macchia (dumeta ). di empietà ma contro dee ; e Gyas e gli
64 Delius: come quegli che era nato e altri figli della terra, sono di compara
onorato in Delo. Patareus (da Patara zione, come a pag . 224 il v. 5 della pri
città della Lycia ); come quegli che si ma di queste odi. Dunque ' come attesta
credeva nato ed era venerato in Lycia. la verità de' miei detti Gyas , uno di
Apollo: si ricordi che questo dio , che è quelli di cui ho parlato, così ci è noto
qui solennemente indicato, fu il protet Orione :: 70 notus, per nouimus , come
tore di Augusto alla battaglia di Actium : scimus al v. 42. 71 Temptator – Dianae:
pag. 193, v. 23. 65 Vis consili expers. Orion , secondo Callimacho , in Hygin.
la forza senza sapienza ” : dichiara il astr. 2, 24, volle fare violenza a Diana e
senso del mito. Quanto queste parole si i fu ucciso dalle sue saette. 73 monstris
HORATIVS CARMINA . 239

Missos ad Orcum ; nec peredit 75


Inpositam celer ignis Aetnam ,
Incontinentis nec Tityi iecur
Reliquit ales , nequitiae additus
Custos ; amatorem trecentae
Pirithoum cohibent catenae. 80

[y ] Caelo tonantem credidimus Iouem


Regnare ; praesens diuus habebitur
Augustus adiectis Britannis
Inperio grauibusque Persis .
Milesne Crassi coniuge barbara 5
Turpis maritus uixit et hostium ,
Pro curia inuersique mores!
Consenuit socerorum in armis

suis ' i suoi mostruosi figli ’. Terra non seppe vincere, sappia morire : in ciò
dolet : come e suolo > è iniecta , come sta la uera uirtus. Il qual pensiero con
dea dolet. Qui esprime il momento in giunge questa ode penultima con le se
cui giganti e titani caddero. 74 Ma et . conda .
que partus : qui è indicato il momento 1 e 2 Caelo — Regnare : così intendeva
in cui furono travolti e scomparvero Luc. Ph. 3, 320, Sciret adhuc caelo solum
dalla sua vista. luridum livido !. 75 regnare Tonantem . tonantem : ha signifi
peredit ' consumò ', cioè, come il fuoco cato causale, con credidimus (perf.) ' per
non ha consumato l'Etna '. 76 Inpo le sue folgori sappiamo di certo ”. La
sitam : a Encelado , uno dei figli di prop . è comparativa alla seguente, come
Gaia. 77 Incontinentis - Tityi: Tityos, quella al v. 5 dell'ode prima. praesens
figlio di Zeus ed Elara , è detto figlio (Epl . 2, 1 , 15 : Praesenti tibi maturos lar
della terra o terrestre per tutta altra gimur honores) ' ancor vivente ’: come
ragione (Apoll. 1 , 4 , 1 ) che i giganti. il contrapposto di Caelo, quindi si può
Egli tentò Leto o Latona : Od. 2 , 580. volgere ' in terra '. 3 Augustus: di nuovo
apparisce il nome sacro. adiectis : abl.
78 Reliquit ales : così l'avvoltoio non assoluto, volutamente incerto se cau
lasciò ’: 0d . 1. 1. 578. nequitiae sensua
lità '. 79 amatorem : Pirithous innamo sale o condizionale. Britannis : nell'e
rato di Persephone scese all'Hade per state del 727 Augusto lasciò Roma per
rapirla, ma ivi fu legato su una rupe e fare una spedizione contro la Britannia :
guardato da serpenti. trecentae infinite '. Dio. Cass. LIII , 22 ; spedizione che non
fece. 4 grauibusque Persis ‘ i Parthi fu
V. - HOSTES. Il primo verso unisce nesti ' alle nostre armi, a Crasso e An
subito questa ode alla precedente, poichè tonio. Orazio può non tanto predire nel
ricorda la folgore divina. Come di Iup l'avvenire, quanto affermare nel presente
piter, così dell'Augustus si è udito il la vittoria sui Parthi , perchè essi in
tuono : i nemici dell'impero sin da ora preda alle discordie accennavano a pren
conoscono il loro vincitore, il loro dio. dere Augusto sempre come arbitro. 5
E ciò che il diuus Iulius non potè com Milesne : il triste passato si offre sul
piere , la conquista della Britannia e la l'istante all'animo del poeta : ma è dun
vendetta di Crasso, è già per essere un que vero ? Crassi : diecimila romani si
fatto. Il pensiero dei legionari prigioni arresero a Carrhae. coniuge barbara 6
richiama quello dell'austero Regolo, sì Turpis : ' nella vergogna del connubio
che udiamo dalla bocca di questo la ripro con donne d'un popolo barbaro '. maritus
vazione dei degeneri militi di Roma. Il come mariti '. uixit : è qui l'accento
discorso di Regolo occupa le sei strofe di principale : ' poterono vivere ! '. hostium
mezzo dell'ode, le quali sono seguite 7 e 8 - socerorum in armis nelle file
dalla stupenda pittura dell'exsul che tor de' suoceri loro che sono i nemici di
na tranquillo al nemico che lo vinse, al Roma '. Consenuit : erano corsi quasi
quale , perciò, appartiene la sua vita. Chi trent'anni; dal 701. Pro curia ' oh ! la di
240 LYRA ROMANA .

Sub rege Medo Marsus et Appulus,


Anciliorum et nominis et togae 10
Oblitus aeternaeque Vestae ,
Incolumi Ioue et urbe Roma ?
Hoc cauerat mens prouida Reguli
Dissentientis condicionibus
Foedis et exemplo trahentis 15
Perniciem ueniens in aeuum ,
Si non periret inmiserabilis
Captiua pubes. Signa ego Punicis
Å dfixa delubris et arma
Militibus sine caede ' dixit 20
Derepta uidi ; uidi ego ciuium
Retorta tergo bracchia libero
Portasque non clausas et arua
Marte coli populata nostro .
gnità del senato disconosciuta ’: poichè nozione di prouidentis) exemplo trahi :
si sott. inuersa. Così si apre la via a quando prevedeva che da quell'esem
parlare del magnanimo consiglio di Re pio si propagava '. Sarebbe dalla gram
golo al Senato . mores : e questa parola matica richiesto tracturum iri , ma il
annunzia l'ode sesta. 9 Sub rege Medo : presente è più poetico' : ' da questo mo
tutte e tre le parole presentano un'idea mento ! ’17 Si non periret : nell'or, recta
d'ignominia per un romano. Medo sta sarebbe : trahitur pernicies , si non perit
per Parthico ; ma ricorda la mollezza im o trahatur si non pereat ; e da ueniens
belle dei vinti di Marathon e Plataeae. in aeuum, si sottintende qui tunc, aiutato
Marsus : vedi a pag. 193 , v. 39. Appulus : dalla paronomasia di periret e pernicies.
nella ( I-XXII) v. 13 è militaris Daunias. Si noti il trocheo secondo della dipodia ,
10 Anciliorum : i sacri scudi , di cui uno unico qui : onde il Glareanus, pose peri
era caduto dal cielo, pignera imperii. no rent, come è in Verg. Aen. 1 , 212, Pars
minis, s'intende Romani. togae : Verg. in frusta secant. Il Bent. perirent immi
Aen. 1, 282 : Romanos, rerum dominos serabiles; il Lachmann perires. Forse è
gentemque togatam . La toya era il segno caduto il tunc, che ho detto sottinten
della ciuitas. 11 aeternaeque Vestae : la dersi : Si non periret tunc miserabilis : il
dea del focolare dell'Urbe : Virgines Ve t iniziale si fuse col t finale ; e restarono
stales in urbe custodiunto ignem foci pu cinque aste che, ridotte a quattro o a tre,
blici sempiternum : Cic. de leg. 2, 8.12 In s'interpretarono im o in. 18-22 ego - Mi
columi Ioue = saluo Capitolio; ma Porph. litibus uidi - uidi ego ciuium : ana
stante mundo . 13 Hoc cauerat a questo phora e chiasmos : par che dica ' parlate
aveva pensato ' ; e tuttavia fu fatto ! 14 di milites, parlate di ciues, voi ? milites?
15 condicionibus Foedis ' dai patti igno le loro insegne le ho vedute io appese ai
miniosi ’. Regolo preso dai Cartaginesi templi ; essi le avevano consegnate con
con cinquecento uomini alla battaglia di le armi per risparmiare la vita. Non sono
Clupea, fu mandato al senato per trat più milites. Ciues ? li ho veduti io con le
tar della pace o almeno dello scambio braccia legate al tergo : davvero che sono
dei prigioni. exemplo trahentis (molti se liberi ! ' L'ironia che terribile si sente in
guendo il Canter e il Bent, trahenti = quel libero, potrebbe persuadere a rite
quod traheret) ' che dall'esempio deduce nere ironico il miserabilis, che mi sor
va '. Ma è insolito affatto. Si potrebbe rise. 23 Portasque non clausas : l'ironia
spiegare con uno scorcio d'espr. simile a diventa più amara : già: sono liberi cit
quelli di Verg. Ecl. 6, 40 : Tum Phaethon tadini , possono entrare o uscire a loro
tiadas musco circumdat amarae Corticis talento da Carthagine : le porte restano
atque solo proceras erigit alnos : dove cir. aperte.... a mostrare disprezzo per loro
cumdat vale docet circumdari, ed erigit, e per voi ’ . Questa particolarità si ricon
docet erigi. Così qui trahentis varrebbe giunge a libero e ciuium . 24 Marte coli
dicentis (che da mens prouida riceve la nostro, s'intende a Poenis mediante
HORATIVS CARMINA 241
Auro repensus scilicet acrior 25
Miles redibit. flagitio additis
Damnum : neque amissos colores
Lana refert medicata fuco,
Nec uera uirtus, cum semel excidit,
Curat reponi deterioribus. 30
Si pugnat extricata densis
Cerua plagis , erit ille fortis,
Qui perfidis se credidit hostibus,
Et Marte Poenos proteret altero,
Qui lora restrictis lacertis 35
Sensit, iners timuitque mortem .
Hic, unde uitam sumeret inscius,
Pacem duello miscuit . o pudor !
O magna Carthago, probrosis
Altior Italiae ruinis ! ' 40
Fertur pudicae coniugis osculum
Paruosque natos, ut capitis minor,
i nostri guerrieri sono coltivati ’ , dai Car bus ' ai vili ', malis, poichè deteriores
thaginesi. E l'ironia è qui amarissima fiunt ex bonis, peiores ex malis. 31 și
riprendendo militibus del v. 20. È un abl. pugnat: comparazione e doúvatov. 32
di strumento col quale i milites sono Cerua : così timida e per giunta striga
paragonati a giovenchi ancor più che ad tasi allora allora dalla rete. plagis : sono
ergastula. populata e devastati già ' da propriamente le funi con le quali si ten
Toro . Li devastarono ? ora li coltivino. dono le reti. 33 perfidis se credidit; l'una
25 Auro repensus ' riscattato con tanto parola opposta all'altra. E c'è l'idea di
oro ', col suo peso d'oro. scilicet : accen agguato e di rete . hostibus : sono i ciues
tua l'ironia : ' davvero ' . 26 flagitio ' alla che affidano la loro vita e persona agli
vergogna ' . 27, 28 e 29 Damnum , con lo hostes, contro i quali (Cic. off. 1 , 12) è
spendere “ male ' il vostro danaro. neque aeterna auctoritas. 34 Marte - altero in
come non ’: vedi ai primi due versi. una seconda guerra '. 35 restrictis =
colores il primitivo color bianco sim
plex ille candor, come dice Quintil. 1 , 1,5 tergo retortis. 36 iners timuitque mor
tem temò la norte senza combattere
che chiama però colores la tinta lanarum . per evitarla ’ : altri unisce iners a sensit.
Altri intende "la tinta '. medicata fuco (per
fuco vedi a pag. 27, Mattius, IV , v. 1): in 37 Hic: questi che timuit mortem , ossia
tutti . Reifferscheid hic intende di Regolo
terpretando colores per tinta, noi abbiamo questo qui , io ' . inscius: tutta la frase
qui una quasi tautologia : che fu imbe riprende iners: un miles deve sapere ,
vuta di fucus ' ; mentre con la nostra vale Vna salus nullam sperare salutem . È
una volta che fu intrisa nel fucus '; che comune esortazione dei capitani : per es .
era la prima operazione per tinger la Sall. Cat. 61 : nos pro patria, pro liber
lana in porpora. Il semel si sottintende tate, pro uita certamus. necessitudo
in questo primo membro, paratactico, etiam timidos fortis facit. 38 Pacem
della comparazione, a medicata, lana se duello (bello : la forma arcaica è qui mol
mel medicata ; come nel secondo è uirtus to espressiva) miscuit : acqua e fuoco.
cum semel excidit. Si aggiunga che uera Fece la pace per conto suo, patteggiò
virtus ama nell'altro membro del pa la vita, invece di difenderla con le armi.
ragone l'idea di lana genuina, col suo 39 e 40 O magna Carthago: poichè i
naturale colore ? . Per altri semel si
sottintende ad amissos, e non nego che romani, rinunziando all'aeterna auctori
scolorimento , a indicare decadenza, sia tas, le concedono il dominio di sè stessi
imagine più facile, ma è certo più de glielo riconoscono. probrosis Italiae
ruinis ' per le rovine dell'onore d'Italia '.
bole e anche falsa. 30 Curat vuole ’ , Altior che ti innalzi ' . 41 Fertur : il
cioè può ’. reponi = restitui. deteriori poeta è per raccontare cosa appena cre
PASCOLI, Lyra Romana 16
242 LYRA ROMANA .
Ab se remouisse et uirilem
Toruus humi posuisse uoltum ,
Donec labantis consilio patres 45
Firmaret auctor numquam alias dato ,
Interque maerentis amicos
Egregius properaret exsul .
Atqui sciebat quae sibi barbarus
Tortor pararet; non aliter tamen 50
Dimouit obstantis propinquos
Et populum reditus morantem ,
Quam si clientum longa negotia
Diiudicata lite relinqueret,
Tendens Venafranos in agros 55
Aut Lacedaemonium Tarentum .

vil Delicta maiorum inmeritus lues ,


Romane, donec templa refeceris
dibile e quindi si riferisce solennemente franos: Venafrum era paese della Cam
alla fama che la affermò. 42 capitis mi pania, ricco d'olivi. 56 Lacedaemonium ,
nor * senza più diritto di cittadino e di perchè fondato da Phalanto. Tarentum ,
pater familias ’: capite deminutus est qui preferito da Orazio e da Vergilio. Vedi
in hostium potestatem uenit : Fest. 43 ui per es. G. 4 , 125 .
rilem : vi è come antithesis con capitis VI. MORES. Quest'ultima ode è
minor aveva perduto tutto fuorchè la visibilmente connessa all'antecedente col
uirtus '. 44 humi posuisse : come si ver primo verso suo che richiama special
gognasse. 45 labantis - patres ‘ i padri mente i v. 13-16 di quella. Poichè la
romani (i senatori), vacillanti ', tra la condizione posta da Orazic al favore de.
pietà pei cittadini, l'ammirazione per Re gli dei, era avverata (nel 726 Octaviano
golo e la necessità della patria, consilio aveva restaurati ottantadue templi) s'in
46 Firmaret non avesse nel suo tende che egli afferma placata la divi
consiglio confermati '. auctor - dato pro nità che mediante gli hostes e, diremo,
ponendo egli cosa non mai da altri pro i Gigantes , ossia i sediziosi , aveva mi
posta ’: 48 Egregius ' sublime '. exsul : nacciata la rovina dell'Urbe (ciò in quat
tre situazioni con tre parole : capitis mi tro strofe ). Restano i costumi, che sono
nor all'arrivo, auctor nella Curia, exsul al cattivi perchè la donna ha pessima edu
partire. 49 Atqui ' eppure '. sciebat : non cazione ( quattro strofe ). Altra era l'edu
era inscius (v. 37); quelli non sapevano cazione, altri i connubi, altra quindi la
donde avere la salvezza : egli sapeva gioventù nel bel tempo di Roma; ma
dove era la morte, e come crudele ! 50 tutto decade . La conclusione sarebbe
Tortor : Tuditanus somno diu prohibitum sconfortante se non lasciasse trasparire
atque ita uita priuatum refert (Gell. 7, 4), la fede nelle leggi dell’Augustus, come
il che conferma Cic. off. 3, 27: uigilando vedremo. L'ode per il concetto di pietas
necabatur. Gellio però riferisce ( li narra si ricongiunge alla prima . È da notarsi
Tubero in historiis) gli altri più raffinati poi che il canto diretto Virginibus pue
supplizi. 51 obstantis: i parenti gli si risque, nell'ode seconda si volge special
gettano innanzi per impedirlo al tutto . mente ai giovani (puer condiscat... ) e
52 reditus (al plur. perchè vale ‘ i suoi nella sesta alle donne (doceri gaudet
passi, le sue mosse per ritornare ') mo uirgo...).
g'antem : il popolo, conscio, dopo le pa i Delicta maiorum : i delicta sono più
role dell'eroe, della necessità della sua che altro omissioni ’ del proprio do
partenza (il che par significato dalla pa vere. Notevole è in Cic . pro Cluent. 128 :
rola reditus), cerca solo di indugiare. 53 qui in bello propter hostium metum deli
longa, che perciò lo hanno trattenuto querat, ossia come dice prima, iniles qui
più di quello che egli pensasse e volesse. locum non tenuit, qui hostium inpetum
54 Diiudicata : finalmente ! 55 Venu uimque pertimuit. Orazio allude dunque
HORATIVS - CARMINA . 243

Aedisque labentis deorum et


Foeda nigro simulacra fumo .
Dis te minorem quod geris, inperas : 5
Hinc omne principium h, uc refer exitum .
Di multa neglecti dederunt
Hesperiae mala luctuosae .
Iam bis Monaeses et Pacori manus
Non auspicatos contudit inpetus 10
Nostros et adiecisse praedam
Torquibus exiguis renidet.
alla condotta dei Romani a Carrhae, al 23 , 24) ed ebbe forse parte alla rotta di
l'avere essi obliato ciò che cauerat mens Oppius, nella seconda campagna di An
prouida Reguli il quale prevedeva Per tonio contro i Parthi, guerreggiata nel
niciem ueniens in aeuum . 2 Romane : si l'anno 718. I codd. hanno Monaesis, con
rivolge solennemente al nomen Roma trocheo nella seconda sede (vedi prec.
num , come Verg. Aen. 6, 851 : Tu regere v. 17 ) ; ma fu attratto da Pacori. Pacori
imperio populos, Romane, memento , tem manus ( modo periphrast. per Pacorus):
pla : tutti i luoghi con l'inaugurazione Pacoro figlio di Orodes vinse nel 714
potevano divenire templa. 3 Aedisque Decidio Saxa, e fu vinto e ucciso nel 716
deorum : le aedes erano la casa degli dei : da Ventidio Basso . 10 Non auspicatos
Varr. presso Gell. 14, 7 : non omnis aedis - inpetus : non allude alla spedizione di
sacras templa esse ac ne aedem quidem Crasso sebbene Crassum proficiscentem
Vestae templum esse. labentis : Suet. Aug. in Syriam diris cum ominibus tribuni
30 : aedes sacras conlapsas refecit. 4 plebis frustra retinere conati : Vell. 2, 46.
Foeda fumo: Suet. ib.: aut incendio Suet. Caes . 79, riferisce la voce che era
consumptas. Di sè dice Augustus nel Mon. libris fatalibus Parthos nisi a rege non
Anc. IV , 17 : duo et octoginta templa deum posse uinci. Il titolo di Augusto compen
in urbe consul sextum (nel 726, con M. sava e, per certa parte religiosa e au
Vipsanio Agrippa) ex decreto senatus re gurale , valeva quello di Re. Quindi in
feci, nullo praetermisso quod eo tempore petus ' furie ' pazze e disordinate, imprese
refici debebat. 5 Dis te minorem geris contro la volontà divina ' che non con
veneri gli dei come superiori '. quod cederà la vittoria se non all'Augusto.
in quanto che ’: 6 Hinc omne princi 11 Nostros : ha piuttosto il significato
pium (ditre sillabe, principjum ) da loro di noi uomini ' che di noi Romani
è il principio di tutto ' (senza est, come Da questo novero è escluso il Filius
nelle sentenze e proverbi) : da ciò gli Maiae (pag. 193, v. 43) destinato a pu
auspicia, huc a loro '. refer ' attribui nire i Parthi (pag . 194, v. 51 ) . adiecisse
sci ?. exitum " la fine ?: donde la suppli = quod adiecerit. praedam “ l'oro ' preso
catio e il lectisternium . 7 neglecti : vedi ai Romani, forse gli anelli ; Flor. 2, 6 (e
la prima, v. 30. 8 Hesperiae a questo altri) : documenta cladis (Cannensis) – mo
paese del tramonto ', a questo popolo dii duo aqulorum Carthaginem missi di
che gli dei sospinsero dall'oriente all'oc gnitasque equestris taxata mensura . Altri
cidente, e dall'oriente stesso minacciano crede le signa delle legioni, il che acqui
ancora. luctuosae che ebbe a piangerne ’. sta probabilità dal contrapposto exiguis.
9 bis : allude, poichè tre sono le rotte E si può pensare a phalerae,trattandosi
date dai Parthi alle legioni Romane, a di Parthi; guerrieri a cavallo : Liu. 22 ,
due sole di esse, alle due ultime, quella 52 : Praeda ingens argenti ( quod plu
in cui fu distrutto l'esercito di Decidius rimum in phaleris equorum erat - ) . 12
Saxa , nel 714 , e l'altra in cui furono Torquibus exiguis alle loro sottili col
annientate le due legioni di Oppius, nel lane ’: che erano però segno di dignità,
718. Il poeta tralascia quella di Crasso, presso i Persi, chè (Xen. Cyrop. 8 , 2, 8)
a cui ha già accennato con Delicta ma non può portarle a cui il Re non le
iorum . Iam sembra significare ' da al dia ’ . renidet (cfr. pag. 67, [XXXIX ] v. 2)
lora ' : allora era un'altra generazione gongola ’; ma c'è l'imagine della bocca
che ora consenuit (ode quinta, v. 8). Mo del barbaroe aperta a un riso selvaggio.
naeses : un Partho illustre e potente che 13 Paene per poco non ?, da unirsi a
disertò ad Antonio e poi tornò a Phra deleuit. seditionibus : le discordie e guer
hates (Plut. Ant. 37, Dio Cas. XLIX , ra tra Octaviano e Antonio . 14 Dacus :
244 LYRA ROMANA ,

Paene occupatam seditionibus


Deleuit Vrbem Dacus et Aethiops ,
Hic classe formidatus, ille 15
Missilibus melior sagittis.
Fecunda culpae saecula nuptias
Primum inquinauere et genus et domos :
Hoc fonte deriuata clades
20
In patriam populumque fluxit.
Motus doceri gaudet Ionicos
Matura uirgo et fingitur artibus
Iam nunc et incestos amores
De tenero meditatur ungui .
Mox iuniores quaerit adulteros 25
Inter mariti uina, neque eligit
Cui donet inpermissa raptim
Gaudia luminibus remotis,
Sed iussa coram non sine conscio
Surgit marito , seu uocat institor 30
Seu nauis Hispanae magister,
Dedecorum pretiosus emptor.
i Daci verso il 723 mandarono a Cesare AP.232 : festis matrona moueri iussa die
un'ambasceria, e poichè non ottennero bus. 22 Matura tempestiua uiro : pag .
nulla di ciò che domandavano, piegarono 214, v . 12. fingitur artibus ' ed è formata
ad Antonio : Dio Cass. LI, 22. E mossero nelle arti del sedurre : litteris Graecis
poi guerra e furono vinti da M. Crasso et latinis – psallere et saltare elegantius,
quam necesse est probae : Sall . Cat. 2 ..
(vedi a pag. 189, nota al v. 4) , il quale Porph. artibus da artus. Altri approvò la
ne trionfò nel 727. Aethiops: chiama così lezion e di qualche cod. frangitur artubus.
sprezzantemente gli Aegyptii di Cleopa 23 Iam nunc va unito con meditatur. in
tra. 15 classe formidatus : fu Cleopatra cestos liberi ' . 24 De tenero - ungui :
che consigliò Antonio a combattere per il greco εξ απαλών ονύχων , fin
mare, tanto ella fidava sulle sue grosse
e mo navi. 16 Missilibus sagittis dalla età prima ’. Ma poichè sembra con
nel saettare ?. Tutta la strofa è quasi tradire a Matura, Unger dichiarò la frase
a
sarcastic : aver avuto tanto timore di greca come = penitus, funditus, imis me
saettatori e di classiarii ! i figli dei vin dullis (Catull. 65, 93). Il che molti ap
citori di Annibale ! E questo timore fu provano. 25 Mox , opposto a Iam nuni.
veramente : Verg. G. 2, 497: Aut coniurato iuniores, del marito . 26 Inter uince
descendens Dacus ab Istro ; Aen . 8, 705 : nel convivio '. 27 inpermissa ‘ illeciti '
omnis Aegypt us et Indi, Omnis Arabs raptim ' in fretta e furia ’. 28 lumini bus,
- omnes Sabaei. 17 saecula ele gene ossia tede, fiaccole e lucerne. 29 iussa ,
s
razioni ' . nuptia 18 et genus et do opp. a eligit. coram ' in presen za di tutti ’:
mos ‘ le nozze e la prole e le famiglie '. opp. a Luminibus remotis, non sine con
19 Hoc fonte : dalla culpa , ossia dalla scio 30 – marito : opp. a inpermissa.
corruzione dei costumi, che profanò il Surgit: curioso che qualche cosa di si
matrimonio e guastò la prole e la fa mile attribuisce in Suet. Aug. 69, Antonio
miglia, derivò nel popolo tutto una fiac a Octaviano stesso . institor rivendu
chezza tale , che potè essere formidatus gliolo ’ arricchito. 31 nauis — magister
l'Aethiops e il Dacus. clades ilmalanno '. padrone di nave '. Hispanae : era tra
20 In patria m popul umque fluxit : il tor l'Italia e l'Hispania grande commercio,
rente dalle famiglie dilagò nel popolo, e poichè quest'ultima era ricca di ogni
dalle case nella patria . 21 Motus — Io metallo, inoltre la Citeriore esportava
nicos " nella danza ionica ', solita nei anche pietre da specchi o talco , la Be
symposii : moueri è il verbo della danza : tica , anche minio : Plin. HN. 3, 3. 32
HORATIVS CARMINA . 245

Non his iuuentus orta parentibus


Infecit aequor sanguine Punico
Pyrrhumque et ingentem cecidit 35
Antiochum Hannibalemque dirum ;
Sed rusticorum mascula militum
Proles, Sabellis docta ligonibus
Versare glaebas et seuerae
Matris ad arbitrium recisos 40
Portare fustis, sol ubi montium
Mutaret umbras et iuga demeret
Bobus fatigatis, amicum
Tempus agens abeunte curru .
Damnosa quid non inminuit dies ? 45
Aetas parentum , peior auis, tulit
Nos nequiores, mox daturos
Progeniem uitiosiorem .

Dedecorum di disonore ': dedecorum in conclude il suo canto alla nuova gene
famiam subiit : Suet. Aug. 68. pretiosus razione. Al qual canto pensato e lavo
a caro prezzo ’. 33 his ' simili a questi ’. rato nel 726 € 727 si ricongiungono la
parentibus “ da madri e da padri ’ , spre [II-XV] e la [III-XXIV] che tralascio
giatori del matrimonio. 34 aequor : nella per brevità. La prima è contro il lusso
prima guerra punica. 35 Pyrrhumque: specialmente di palazzi con piscine e
dopo una guerra marittima, una terre parchi e giardini e viali che toglievano
stre. ingentem " il gran re '. cecidit ' vin la terra alla coltivazione. Questo lusso
se '. 36 Antiochumi : di nuovo il mare. di privati è contrario ”, dice il poeta,
Hannibalemque : e di nuovo la terra. Con sì alla semplicità del tempo dei re, sì
questo nome si conclude efficacemente all'austerità dell'antica repubblica. Pri
Tenumerazione anche nell'Ep. (XVI) v. 8, uatus illis census erat breuis, Commune
pag. 121. 37 mascula ‘maschia '.38 docta. magnum . Il lusso si vedeva solo negli
che apprese ’. 39 Versare glaebas ; opp. edifizi pubblici nei templi degli dei :
all'effeminata educazione descritta ai v. le leggi imponevano oppida publico Sum
21 e seg. seuerae 40 Matris ad arbitrium ptu - et deorum Templa nouo decorare
a un cenno dell'austera madre ?:questo saxo ’ : la qual ultima idea è suggerita al
sembra favorire la congettura del Peerl. poeta da ciò che abbiamo veduto e an
al v. 22 A matre, per Matura. 41 fustis notato alla prima strofa di questa ode
tronchi ' dalla macchia. 42 Mutaret ' fa sesta . L'altra ode indicata contiene quasi
crescere ', iuga demeret : in Hes. 0. e D. un sunto o una bozza di parti del poe
l'Aurora pone i gioghi a' buoi, e in ma lyrico che abbiamo veduto : ' I tesori
Sapph. 95, Hesperos riconduce a casa non liberano dall'ansia che ci causa la Ne
tutto ciò che disperse l'Aurora. 43 ami cessitas, non sciolgono dall'obbligo della
cum e amato ' ; l'ora della cena e del ri morte. Meglio la povertà (si pongono ad
poso, 45 Damnosa che consuma , che esempio i popoli nomadi che per casa
toglie ' poichè damnum si dice, per es., hanno il plaustro ), con la quale si con
della luna che decresce : damna - cae cilia la bontà dei costumi. Per togliere
lestia lunae; C. 4, 7 , 13. dies ‘ il tempo ' la rabbia cittadina, occorre frenare la
che va attorno con la force. 46 Aetas licenza e l'avidità. L'oro è l'origine di
parentum : quattro generazioni sono ac tutti i mali , la ricchezza affievolisce la
cennate in tre versi. 47 mox daturos : fibra de' nostri giovani , che non amano
può intendersi qui mox daturi sumus o più se non la bisca, mentre i loro geni
qui mox daturi fuimus. Emox è forse tori non attendono se non a far danaro
nel senso di cito per facile. Il dubbio è vo in qualunque modo, infaticabilmente ?
luto forse dal poeta che così gravemente
246 LYRA ROMANA .

XXXII. (I-XVI)
O matre pulchra filia pulchrior,
Quem criminosis cumque uoles modum
Pones iambis, siue flamma
Siue mari libet Hadriano .

VII. In campagna. e a pag. 219, v. 11. Io ritengo dunque


che questa ode sia diretta proprio a
XXXII. - PALINODIA. Che relazione Tyndaris della seguente , e sospetto che
tra quest'ode e la campagna ? Dice Ora Orazio abbia significato ciò chiaramente,
zio : " Di bella madre figlia più bella, getta sebbene non per noi che di Stesichoro
al fuoco o all'acqua i miei iambi. Come conosciamo solo pochi frammenti, col
Apollo empie di furor divino la Pythia, primo verso : O matre pulchra filia pul
come Liber le Bacchanti, come Cybele i chrior. Quanto ciò bene si convenga a
Corybanti, così l'ira dà all'anima una Helene figlia di Leda, ognun vede. Ma
pazzia vertiginosa, che fa sfidare tutti i che l'espressione indicasse tra le figlie
pericoli della terra e del cielo. Fu Pro più belle di belle madri , proprio la Le
metheus che nell'animare l'uomo di limo, daea, si fa per me probabile per questo
dovè prendere la violenza del leone per pensiero. Stesichoros nella sua ode in
fornirne il nostro petto. L'ira condusse cui parlò male di Helena, facilmente,
al delitto e alla perdizione grandi eroi toccando della sua nascita , avrà seguito
e famose città. Calmati . Anch'io obbedii una versione, come era solito in altri
a tale funesta ispirazione, e scrissi iambi. miti, un po' lontana dalla volgata : la ver
Ora voglio cambiare l'amaro in dolce. sione, intendo, che è nelle Cypria ; che
Ritiro le mie contumelie e tu muta il tuo questa Erinni nascesse dall' amore di
odio in amore e rendimi il cuore '. E la Zeus e Nemesis, la quale per sfuggire
campagna ? Questa ode parve agli scho al dio, si trasmutò in pesce (Athen. 8,
liasti unita strettamente alla seguente p . 334 C.) e in altre specie d'animali.
e diretta alla medesima Tyndaris. A ciò Naturale è quindi, dato questo, che il
furono indotti dal ravvisare in questa poeta facendo la palinodia restituisse
palinodia il ricordo di quella di Stesi alla bellissima la sua bella madre con
choro, che dopo aver detto male di He un'espressione, come l'Oraziana , che
lena, la Tyndaride, fatto cieco ricuperò desse la ragione della bellezza di Helena,
la vista mutando le contumelie in lodi come con la turbolenta e violenta ori
(Plato Phaedr. 243 A) : ' Non è vero tale gine da Nemesi, aveva preteso di spie
racconto ; Nè andasti sulle navi bene ar gare il suo influsso di discordia e di
redate di banchi Nè giungesti alle rocche guerra. Vedremo poi alla seguente altri
di Troia '. I commentatori recenti vo argomenti che confermano, o io m'in
gliono invece che Acron e Porphyrio si ganno , l'asserzione degli scholiasti e
siano ingannati, prendendo il nome di danno valore al mio sospetto . In tanto
questa ' innominata ' dalla seguente ode osservo che questa ode ci riconduce al
dello stesso metro dello stesso numero l'Epod. (XIV ). Vedi a pag. 149. Non si
di versi, e che sembra continuare il senso deve però credere questa ode contem
della precedente. Ora a me pare stra poranea a quell'Epodo. No : Orazio, già
nissima coincidenza , questa : poichè , fattosi poeta melico, poeta quindi d'a
checchè si dica, il nome di Stesichoros more, spiega in un modo simbolico, che
e di Palinodia è venuto fuori per l'espres gli è consueto , il suo passaggio dagli
sione recantatis obprobriis (v. 27 © 28) iambi alla fides. Anche qui vedremo il
di questa, più che per il nome Tyndaris contrasto tra i primi e la caua testudo:
della seguente (v. 10 ). S'intende poi che ma è per ciò necessario non scindere
l'imitazione, a ogni modo, si ferma qui ; questa Palinodia dall'Invito seguente.
e che è affermata da chi dell'inno di 2 e 3 Quem cumque uoles modum
Stesichoro conosceva forse appena il la fine che tu vorrai ' : Cic. Verr. 2, 2,
titolo e le circostanze favolose. Non è 48 : modum et finem facere. criminosis —
un'imitazione : Orazio dà una tinta d'eiro iambis * agli iambi accusatori , calun
neia , con grandi nomi e ricordi , ai suoi niosi ’. fiamma : vedi il faceto sacrifizio
canti leggieri . Dato il nome di Helena o degli Annales Volusi a pag. 63. 4 Ha
Tyndaris egli ci scherza un po' su, come driano : specie per genere ; al solito. 5
abbiamo visto altrove a pag. 150, v. 13, Dindymene: vedi a pag. 80, v. 14. adytis :
HORATIVS CARMINA 247

Non Dindymene, non adytis quatit 5


Mentem sacerdotum incola Pythius,
Non Liber aeque, non acuta
Sic geminant Corybantes aera ,
Tristes ut irae , quas neque Noricus
Deterret ensis nec mare naufragum 10
Nec saeuus ignis nec tremendo
Iuppiter ipse ruens tumultu .
Fertur Prometheus , addere principi
Limo coactus particulam undique
Desectam , et insani leonis 15
Vim stomacho adposuisse nostro.
Irae Thyesten exitio graui
Strauere et altis urbibus ultimae
Stetere causae , cur perirent
Funditus inprimeretque muris 20
Hostile aratrum exercitus insolens.
Conpesce mentem ! me quoque pectoris
Temptauit in dulci iuuenta
Feruor et in celeres iambos
Misit furentem : nunc ego mitibus 25
Mutare quaero tristia , dum mihi
Fias recantatis amica
Obprobriis animumque reddas.

la parte occulta e remota del tempio, stomacho : la sede dell'ira : pag. 201 , nota
dove non possono entrare se non i sa al v. 6. 17 Thyesten : l'esempio mitico è
cerdoti. 6 incola ' che vi dimora, che vi scelto per la popolarità della tragedia di
si trova ’ : prende il senso dal contesto : Vario : vedi a pag. 201 , v. 8 e nota. 18
vedi a pag. 218, v . 3. Pythius - Apollo ultimae, o inversamente le prime ’. 19
Pythio 7 Non Liber aeque : non si sot Stetere = fuere, ma con la nozione del
tintende, per me, quatit mentem , ma ge l'immutabile destino, 20 muris ‘ nelle
minat o mouet aera : già il poeta disse a rovine delle sue mura ', come fu già af
Liber : saeua tene cum Berecyntio Cornu fondato nei solchi sui quali sorsero. 21
tympana : a pag. 205, v. 13. Allude alle La dieresi del verso è dopo ex, con tmesi .
furie del thiasos. acuta squillanti ’: 8 22 Conpesce frena '. Ciò che ha detto
Sic : altri emenda in si. geminant “ pic a scusa de' suoi iambi, ora, a un tratto ,
chiano l'un con l'altro ’, Corybantes (con rivolge alla innominata. 23 Temptauit:
es breve, grecamente) sono del culto di in Sat. 1 , 1 , 80 è temptatum frigore cor
Cybelle, 9 irae : vedi pag. 205, nota al pus ; in Epl. 1, 6 , 28, latus aut renes morbo
v. 14. Noricus : specie per il genere. 10 temptantur. dulci, mi pare significhi ‘ ine
naufragum = nauifragum che spezza briante ’ , con translato dal vino : vedi a
le navi ' . 12 Iuppiter ipse : cfr. per le pag . 182, v . 11 : fortunaque dulci Ebria .
opportune considerazioni, a pag. 229, v. 6. 24 in - iambos : l'espr. è in un epigram
13 principi originario '. 14 coactus , ma su Archilocho. celeres : AP. 251 iam
esse : tutto era esaurito negli altri ani bus. Pes citus. 26 tristia = amara = a
mali, e per l'uomo dovette ricorrere a cerba : Verg. G. 1 , 75 : tristisque lupini e
ripieghi, ritogliendo a essi animali il già altrove . 27 e 28 recantatis Obprobriis
dato : mito che non si trova così, se non poichè io ritratto le mie contumelie :
in Orazio . 15 e 16 insani Vim = recantare == παλινωδείν.
insaniam ' la furia irragionevole , pazza
248 LYRA ROMANA .

XXXIII. [1-XVII ]

Velox amoenum saepe Lucretilem


Mutat Lycaeo Faunus et igneam
Defendit aestatem capellis
Vsque meis pluuiosque uentos.
Inpune tutum per nemus arbutos 5
Quaerunt latentis et thyma deuiae
Olentis uxores mariti,
Nec uiridis metuunt colubras

XXXIII. L'INVITO. * Tyndari , persona e un'eloquenza. E chiaramente


anche nel mio Lucretile si trova spesso si scorge il perchè del nome Tyndaris.
Faunus: egli tempera la calura e tien Tyndaris ricorda, dunque, Helena, cioè
lontana la pioggia. E senza temere di la bellezza ”, ricorda la bellezza’ol.
serpenti e di lupi errano, mercè sua, le traggiata e misconosciuta dal poeta, ri
capre a brucare corbezzoli e timi, quando corda in fine la bellezza ' non solo ispi.
si è sentita echeggiare la valle di Ustica ratrice di poesia, ma anch'essa ‘ musica ”,
al suono della sua piva. Gli dei , dunque, poichè è in Theocr. Helen. Epithal. v. 35 :
mi proteggono per la mia religione e la * Nessuna ancora sa così toccare la ci
mia poesia. Qui tu avrai in abbondanza thara cantando di Artemis e di Athana
i frutti della terra, qui tu al rezzo potrai dal largo petto come Helena '. Che se
cantare al suono della lyra di Anacreonte più correttamente si legge ora “ nè al
gli amori antichi di Penelope e di Circe. cuna sa battere la trama così etc. di
Qui all'ombra berrai il dolce vino di Athana inventrice d'opere etc. ' , resta
Lesbo, che non va al capo e non provoca pur sempre il ' cantare ' del verso se
risse; qui non avrai a temere della pazza condo. Al qual verso pensava forse Ora
gelosia di Cyro che se la prende con la zio che fa , come Theocrito, cantare Tyn
tua ghirlanda e la tua veste ’. Sotto il daride di due donne : Penelope e Circe .
colore d'un semplice invito a una citha Associazione d'idee.
ristria , a cui dà il nome di Helena, il 1 Lucretilem : uno dei monti intorno
poeta esprime, simbolicamente , il suo la valle di Digentia. 2 Mutat Lycaeo dal
proposito die darsi al melos,perallala poesia Lycaeo ( monte dell'Arcadia dove Pan è
dell'amore dei conviti, quale in casa sua) viene nel '. La costruzione
nulla è più necessario che la pace dei contraria vedi nella prec., al v. 25. Vedi
campi, come ha nel Proemio, al v. 30 e poi a pag . 182, nota al v. 24. Faunus,
segg. (pag. 159) . A una citharistria, che identificato con Pan, è il vento prima
finge d'amare, si dirige , piuttosto che verile che suona la zampogna nelle selve
alla cithara stessa ; a una donna amata e nelle valli. 3 Defendit “ ripara ’ : Sol .
e non alla Musa,significando così il sog stitium pecori defendite: Verg. Ecl. 7, 47.
getto, si può dire, tipico della poesia 4 Vsque : ha valore distributivo : tutte
melica . E questa donna finge già colpita le volte ' che viene . 5 Inpune tutum p.
da' suoi iambi e ora, dopo averla placata, n.: la seconda dà la ragione della prima
plene cupiens satisfacere, ( come dice parola, con modo comune a Orazio. Il
Porph.) invita nel suo fondo Sabino a Lamb. e il Bent. preferirono totum . ar .
prender parte ai suoi canti. Sicchè le butos 6 - latentis : ' corbezzoli nascosti !
due poesie si riferiscono (non affermo tra i folti cespugli d'altre piante. deuiae
che in quel tempo fossero scritte) al sbrancandosi’, come sono solite. 7 Olen.
tempo in cui Orazio ebbe in dono da tis - mariti : così Verg. ecl. 7, 7 : Vir
Mecenate la villa, e lasciò al tutto la gregis ipse caper . Ma la circoscrizione
musa di Archilocho : all'anno 723. Ab Oraziana, che a prima vista non pare
biamo qui un'altra testimonianza che in bella, è frutto di propria osservazione.
tale passaggio il poeta pensava ad Ana Le capre sono qua e là, su e giù, bru
creonte : fide Teia (vedi Ep. (XIV] pag. cando per vasta estensione : un grave
149, v. 10) ; ma vediamo ancora la men lezzo è come il centro del branco. Il
zione, non casuale , del vino di Lesbo ; becco è nascosto nella macchia, ma l'o
quel vino che già Aristotele morente dore lo scopre. 9 Martialis – lupos ;
prendeva a simbolo per indicare una lupi sacri a Marte ’. haediliae :altri legge
HORATIVS CARMINA 249
Nec Martialis haediliae lupos ,
Vtcumque dulci , Tyndari , fistula 10
Valles et Vsticae cubantis
Leuia personuere saxa .
Di me tuentur, dis pietas mea
Et Musa cordi est. hinc tibi copia
Manabit ad plenum benigno 15
Ruris honorum opulenta cornu .
Hic in reducta ualle Caniculae
Vitabis aestus et fide Teia
Dices laborantis in uno

20
Penelopen uitreamque Circen.
Hic innocentis pocula Lesbii
Duces sub umbra , nec Semeleius
Haediliae e crede, con la glossa d'un o l'ode nostra è molto giovanile, il che
cod. antichissimo, si tratti d'un monte non è improbabile per altre ragioni, o qui
vicino al Lucretile; altri sostituisce hin è una menda sanabile con dis a capo del
nuleae ' i caprioli ’ ; altri col Bent. hae secondo verso : dis pietas mea , Dis Musa
duleae, altri col Buecheler haediliae, for cordi est, o con dis pietas mea et Camena
mato da haedus come porciliae da por cordi est ( l'et trasportato nel v. seg.
cus, ' icapretti’. Il Lamb. legge Haedilia, avrebbe fatto mutare Camena in Musa ).
sostituendo arbitrariamente un piede io hinc : male si emenda in hic come ve
nico al choriambo, e intende saepta hae dremo. 15 ad plenum = ad fatim . beni
dorum . 10 Vtcumque “ tutte le volte che ' . gno pieno, ricco '. 16 Ruris honorum
fistula ' della zampogna sua ’, di Fauno. di ciò che orna la campagna ', frutta e
11 Vsticae cubantis; probabilmente un fiori. 17 in reducta ualle in una val
monte declive presso la Digentia , onde letta appartata ? 18. fide Teia (di tre
può chiamarsi si monte e sì valle . E l'i sillabe) sulla lyra d'Anacreonte '. Teia
è lungo, ricorda; come in Marica ([ III non è semplicemente un epitheton or
XVII) v. 7) . Ricorda, poichè altri se ne nante : vedi a pag. 149, v. 10. 19 Dices,
dimentico ; cosa facile a noi italiani che non come poetria, ma come esecutrice
abbiamo in mente l'isola di Ustica. 1 2 del canto del poeta, laborantis * tormen
Leuin liscie '. personuere : indica l'in tate dall'amore ’. in uno º d'un solo ”, cioè
golfarsi e il traversare del soffio armo Odysseus. 20 Penelopen - Circen : le due
nioso del vento, saxa ' le roccie ’. 13 Di : tessitrici , ben differenti però d'animo.
questa strofa di mezzo contiene il senso L'argomento è, come notammo all'Epodo
principale dell'ode, e come è la conclu citato, v. 11 , querulo e triste. Nel ( III -VII)
sione delle prime tre strofe, nelle quali pag. 216, sono Asterie e Chloe laborantes
ha parlato della predilezione d'un dio in uno Gyge. La canzone che il poeta
per lui,così introduce le altre tre strofe. suppone di cantare o meglio far cantare
pietas : vedi, per la relazione tra la pietas alla citharistria è di queimythio historiae
o la Musa l'ode (III-IV] v. 9-36, a pag. 235. di cui vedi pag. 217, v. 20 ; che avevano
Ricorda anche che Ennio dice sanctum e a soggetto eroi ed eroine. Penelope e
Catullo [XVI] v. 5, pium il poeta.mea 14 Circe sono in certo modo attratte dal
Et : è l'unico esempio , mi pare, di breve nome eroico di Tyndaris, non per altro
con iato tra il primo e il secondo verso forse che per associazione di idee. ui
della strofa alcaica, tra i quali versi non treamque: alcuni ' l'ingannevole ', ricor
raramente è et che elide l'ultima del pri dando il v. 16 di [I -XVIII) e Stat. Sil.
mo , come 2, 15, 5 uiolaria et Myrtus, 3, 1 , 3, 85 : uitreae iuga perfida Circes ; altri
26, 9 Cyprum et Memphin , 3, 29, 9 copiam bella e preziosa ', altri ' bella e splen
et Molem , ib. 49 negotio et Ludum . L'iato dida ', altri marina '. Per questa interpr.
è permesso quasi (di questa v. 25 ) sol vedi (IV-II] v. 3, e_[UI-XXVIII] v. 10 e
col dittongo tra questi due versi : 1, 31,5 mater caerula dell'Epod. (XIII) , v. 16. Il
Calabriae Armenta ; 1 , 35, 9 Scythae l'r v. 1 di [ III -XIII] O fons — splendidior
uitro sembra dar ragione a chi spiega
besque ; 2, 13, 21 Proserpinae Et iudican splendida '. 21 innocentis - Lesbii del
tem, 3, 2, 17 sordidae Intaminatis. Sicchè
250 LYRA ROMANA .

Cum Marte confundet Thyoneus


Proelia, nec metues proteruum
Suspecta Cyrum, ne male dispari 25
Incontinentis iniciat manus
Et scindat haerentem coronam
Crinibus inmeritamque uestem .
XXXIV . (III - XVIII )
Faune , Nympharum fugientum amator,
Per meos finis et aprica rura
vin di Lesbo che non fa male ', che non dice in [I-IV] v. 11. Appunto il 13 di
eccita a risse. 22 Duces ' centellinerai ’, Febbraio si celebravano i Faunalia : Idi
poichè vi è la nozione di piacere. Pocula bus agrestis fumant altaria Fauni : Ouid.
sono anche nell'Ep. citato ; Lethaeos du F. 2, 193. Allora Fauno trascorreva zu
centia somnos . Qui il vin di Lesbo muove folando per la valle e tutto rinasceva alla
letizia pura. 23 confundet = effuso uino vita e tutto prometteva bene. Ora le fo
conmittet. Thyoneus ( di tre sillabe) ' Bac glie cadono, il raccolto è al coperto , il vi
co ’, così detto da Thyone o Semele sua no è imbottato ; e Faunus ritorna cantic
madre. Vedi pag. 43, v. 7. Notevoli i due chiando nella valle per andarsene subito.
metronymici. Del resto Thyoneus vuol Sono le None decembri (5 di Decembre) ;
significare più che altro ' il Furioso '. e i contadini festeggiano il loro dio fa
24 Proelia : vedi, per il concetto , pag. vorevole con sacrifizi e banchetti, come
204, v . 7 e segg. e pag. 206 [ I -XXVII). allora . I boschi non hanno dato alla
Le battaglie qui sono impossibili perchè terra tutte le loro foglie ; e se la terra non
il vino Lesbio è innocens. 25 Suspecta ha più il verdolino del grano nascente,
al quale sei sospetta ’. Cyrum : come non mancano ripiani erbosi. Il poeta sa
Odysseus era tra due donne, così Tyn crifica un capretto : “ O Fauno, nel tuo
daris (quale Helena antica) è tra due uo tragitto per la mia campagna, sii buono :
mini. male, è da unirsi a iniciat ; altri fa prosperare i piccoli del gregge, di cui
unisce con dispari nel senso di ualde. hai una primizia , con molto vino e molto
disparişin amore non consentienti, crede incenso. Sono le tue None: è riposo e
Porph.; i più ' disuguale di forza ’. Ma festa per tutti, bestie ed uomini. Il lupo
vedi a pag. 128, v. 14. 26 Incontinen va inoffensivo tra gli agnelli, la selva
tis - manus : hypallage come a pag. 181 , sparge in onor tuo le sue foglie, e i con
v. 7.28 Crinibus: dat. dipendente da hae tadini ballano, pestando la terra che
rentem , come in S. 1 , 10, 49, Huerentem hanno coltivata con tanta fatica '.
capiti – coronam . inmeritamque: non c'è 1 Nympharum : le ninfe, come per
bypallage come in incontinentis, ma è boschi, così
tutto nei campi e nei amator erano
come uno scherzo : ' che non ci ha pro nell'ameno Lucretile, che semi
prio che vedere ’: La prop . nec - con pre insegui'; e perciò capiti spesso nella
fundet Thyoneus Proelia esprime la con valle di Digentia . Fauno , il vento, sem
seguenza di Hic innocentis pocula Lesbii pre rappresentato nell'atto d'inseguire
Duces ; la prop. nec metues —Cyrum reca le ninfe, che fuggono con bisbigli e gri
la conseguenza di Hic in reducta ualle etc. da armoniose. Questa apposizione spiega
Anaphora (nec nec ) risponde ad ana il perchè della venuta di Fauno ; non è,
phora (hic - hic). La prima prop.Hinc tibi come piace al K., in senso concessivo :
copia è fuori di questa relazione. Di Cyro per quanto innamorato di ninfe, che,
poi è ricordato il temuto intervento nel del resto, ti fuggono, bada anche a noi ”.
convivio, al più come comissator; non una No, certo. Anche nella preced . perchè
sua furia improvvisa nel convivio stesso Fauno suona la zampogna ? perchè ama.
di cui esso faccia parte. È da leggersi in Può forse trovarsi nella espressione que
Properzio 5, 8 qualche cosa che con sto senso coperto : ' non riversare su noi
ferma la mia interpretazione, sebbene lì l'ira che ti prende per il fuggire delle
sia la donna che sorprende l'amatore ninfe, che vieni a inseguire per qui ’ :
infedele. FAVnvs . donde lenis e aequus seguenti. Theocr.
XXXIV. Allora era la parla della stizza che spesso a Pan siede
primavera, la stagione in cui in umbrosis in sul naso : 1 , 16. Faunus identificato in
Fauno decet inmolare lucis, come Orazio Pan è divenuto un dio malevolo, che
HORATIVS CARMINA . 251

Lenis incedas abeasque paruis


Aequus alumnis ,
Si tener pleno cadit haedus anno , 5
Larga nec desunt Veneris sodali
Vina craterae , uetus ara multo
Fumat odore .
Ludit herboso pecus omne campo ,
Cum tibi Nonae redeunt Decembres ; 10
Festus in pratis uacat otioso
Cum boue pagus,
Inter audacis lupus errat agnos ,
Spargit agrestis tibi silua frondis,
Gaudet inuisam pepulisse fossor 15
Ter pede terram .
bisogna placare. 3 Lenis e senza ira ? Fauno è detto Lupercusperchè lupos ar
incedas abeasque : poichè il suo passag cet; ma qui li fa venire. Dice alcuno : Fau
gio o un capr icci o d'a mor e . 4. Aeq uus no, in quel giorno, li rende inoffensivi; e
senza prendertela '. alumnis: i latton sia. É a ogni modo una fantasia poetica
zoli, i piccoli del gregge. 5 Si : solito che oltre a parermiin particolare difficile
nelle preghiere. pleno haedus anno : a formarsi da 01 (vedi pag. 123, v. 33,
seguo il K. e interpreto anniculus un e pag. 128, v. 7) stona in questa pittura
capretto d'un anno ’, nato però al prin campestre tutta verità ! In Verg. ecl. 4,
cipio dell'anno per così dire contadino, v. 22 è nec magnos metuent armenta leo
propinquante uere, come dice Columella nes; ma proprio perchè i leoni si am
7,6, quando Fauno venne la prima volta. manseranno ? o non perchè spariranno ?
Altri interpreta ' al compiersi dell'anno In vero io sospetto che Orazio alluda a
il che è già significato sufficientemente una particolarità della festa contadina ;
dal v. 10. cadit, sott. tibi. 6 Veneris so quella di porsi al viso Ora -- corticibus
dali 7 - craterae ' alla coppa che accom horrenda cauatis, come è in Verg. G.
pagna l'amore ': parrebbe un di più, una 2, 387 , dove descrive appunto una festa ·
zeppa come si dice, se non si pensasse al campagnuola . Di queste maschere alcuna
v. primo, che non è ozioso. Il ſ. attribui poteva raffigurare la testa del lupo; e
sce sodali a tibi, Faune. uetus ara : l'ara così poteva essere che gli agnelli guar
forse d'un trivio o d'un lucus di Mandela, dassero, col loro placido stupore, ma
il pagus d'Orazio : Epl. 1 , 18, 105. E questi senza paura, quei lupi non famelici. Mi
Faunalia, non ricordati da altri , erano pare anche d'aver veduto in antiche pit
forse una festa particolare a Mandela. 8 ture vascolari qualche cosa di simile :
odore incenso . 9 herboso – campo : de sono esse lontane ora da me e inaccesse.
signa non la campagna in genere, che a 14 tibi ' in onor tuo ’. Anche questa è
quella stagione non è davvero tutta er apparenza solo. 15 inuisam , per le fa
bosa, specialmente se Mandela era ru tiche durate, come fossor. pepulisse : è,
gosus frigore pagus (Epl. 1 , 18, 105) ; ma secondo me, l'azione che via via comin
qualche piana, presso il fiume, ben ripa cia e finisce rapidamente. 16 Ter ' in
rata, dove era forse la vecchia ara. 11 tre tempi con tripudium . È la misura
in pratis : così i Quiriti si davano bel anche di quei uersus incompti, che can
tempo presso il Tevere nella festa di tavano , come dice Verg. 1. 1. 386, i co
Anna Perenna : Ouid. F. 3, 523. 12 boue : loni Ausonii, terram : anche questa in
collettivo. pagus : tutti i pagani. 13 au terpretazione del ballonzolo agreste, co
dacis, non sempre, ma quel giorno ; an me fosse una vendetta del fossor, che
nota Porph .; perchè Fauno vuole che picchia quella che gli ha rotte le ossa
nella sua festa i greggi, da lui protetti, per tutto l'anno, si da sull'apparenza
non corrano pericolo. lupus errat: e così della cosa.
sarebbero senza pericolo gli agnelli ?
252 LYRA ROMANA .

xxxv. (III- XXII ]


Montium custos nemnorumque, uirgo ,
Quae laborantis utero puellas
Ter uocata audis adimisque leto ,
Diua triformis,
Inminens uillae tua pinus esto ,
Quam per exactos ego laetus annos
Verris obliquum meditantis ictum
Sanguine donem.
XXXVI. (III -XIII)
O fons Bandusiae, splendidior uitro ,
Dulci digne mero non sine floribus,
XXXV. IL PINO . - Un pino domina per la solita formula libens merito : si
con la sua nera ombrella la villa Sabina. gnifica perciò che il poeta spera esau
Il poeta lo consacra alla dea dei boschi dito il voto che ha fatto. Quale ? è ac
con pochi versi, con un epigramma ly cennato nell'invocazione : tu che eu
rico di due tetrastici sapphici invece de stodisci i pascoli e i boschi, che presiedi
soliti due distici elegiaci. “ O vergine de ai parti, che hai potere fecondatore '. 7
monti e delle selve,che proteggi esalvi obliquum - ictum il colpo di sbieco' , pro
le giovani partorienti, dea Lucina Trivia prio dei cignali. meditantis che già
Luna, sia tuo questo pino, il quale ogni prova ', essendo d'un anno o giù di lì .
anno inaffierò del sangue d'un verro '. E Altri ' mentre minaccia ', e intende pro
come scritto in una tavoletta appesa al prio d'un cignale, e non, come penso io,
pino stesso. La consacrazione quindi e d'un porcello maschio delle mandre la
la promessa è continuamente significata sciate nelle macchie.
a chi passa. Orazio aveva in mente il XXXVI. LA FONTE . - Come il pino,
piccolo inno a Diana di Catullo (vedi a così consacra la fonte. Era vicina alla
pag. 87, v. 9-16) . Promette un verro gio villa : tecto uicinus aquae fons (Sat. 6, 2) .
vane, per una, dirò così, combinazione Era fredda e pura , e scorrendo a valle
delle tre idee che suggeriva la Diua si faceva ruscello, gettandosi poi nella
triformis : la dea fecondatrice vuole uno Digentia . Così almeno mi pare si possa
de' piccoli del piccolo gregge, la dea in intendere il v. 12 dell'Epistola 15 del
ferna richiede un porco (pag. 16, Fescen libro primo: Fons etiam riuo dare no
nini 1 , v. 5), la dea cacciatrice gradirebbe men idoneus. Ora presso Venusia era un
un cignale. Il verro che qui comincia ad fons Bandusinus, nominato in una bolla
aver lunghe le zanne, come altrove il di Pasquale Secondo dell'anno 1103. Sem
vitello e il capretto le corna ([III -XXIII ) bra verisimile che Orazio ponessea quel
[ IV - II ]), sta a rappresentare spem gregis la del predio Sabino il nome della fonte
ed è bensì un porcello ma somiglia a un presso la sua patria. Forse anzi questa
cignalotto , sebbene non sia propriamente ode è la consacrazione che egli ne fa
un aper . alla patria nympha Bandusia. Altri in
2 laborantis utero partorienti ’, vi tende che l'ode sia diretta proprio al
cine a sciogliere il grembo doloroso, fons Bandusinus apud Venusiam e sia
come ha il divino Manzoni. puellas ' gio stata composta nel ritorno da Brindisi,
vani spose '. Abbiamo visto che Catullo nel 717 o 718. Non è impossibile : già
chiama puella Clodia maritata e poi ve nell'andata Orazio ha un cenno d'amore
dova, e non giovanissima. 3 Ter : nu per i suoi monti : Incipit ex illo montis
mero sacro. 4 Diua triformis, cioè (come Apulia notos Ostentare mihi ( Sat. 1 , 5, 77) ;
in Cat. a pag. 87), Iuno Lucina i Ili abbiamo visto (a pag. 235) come egli
thyia, come protettrice delle partorienti; fosse affezionato alle sue memorie d'in
Triuia o Hecate, come dea inferna, Luna fanzia . Ma ciò spiega, e più naturalmente,
come dea celeste. 5 tua - esto sia tuo, l' imposizione del nome vecchio alla
a te lo consacro ' . 6 per exactos — an nuova sorgente. Nel v. 13 è detto di essa
nos al volger d'ogni anno '. laetus, sta fonte che era sino allora ignobilis, igno
HORATIVS CARMINA 253

Cras donaberis haedo ,


Cui frons turgida cornibus
Primis et uenerem et proelia destinat . 5
Frustra : nam gelidos inficiet tibi
Rubro sanguine riuos ,
Lasciui suboles gregis.
Te flagrantis atrox hora Caniculae
Nescit tangere , tu frigus amabile 10
Fessis uomere tauris
Praebes et pecori uago.
Fies nobilium tu quoque fontium ,
Me dicente cauis inpositam ilicem
Saxis, unde loquaces 15
Lymphae desiliunt tuae.

tus, come uomo che sia patre nullo, che bene, i munuscula sono fiori e latte. In
non ne erediti il nome. Ora le verrà ho vero il cras d'Orazio è pieno d'intenzione.
nor et nomen . ' O fonte di Bandusia , lim 4 e 5 cornibus Primis: egli si sente, come
pida come il cristallo, avrai una libazione dice Columella , 7 , 3 dell'ariete, uelut
di vino, una ghirlanda di fiori, il sangue quodam naturali telo capitis armatum ; e
d'un capretto d'un anno. Tu all'ombra perciò frequenter in pugnam procurrit.
scorri gelida e offri il rezzo ai bovi e ai destinat · mostra a lui destinate '. Ciò
greggi. Diventerai delle fonti nobili an ben presto, prima d'un anno dalla na
che tu, poichè io canto le quercie che scita: è, come dice Colum 7, 6 , mensium
conservano la freschezza alle tue acque septem satis habilis. 6 e 7 gelidos – Ru
che scendono giù con un mormorìo che bro sanguine riuos : le idee espresse dagli
sembra di parole ' . agg. si aiutano e compiono a vicenda :
1 Splendidior uitro limpida come gelidos ( et puros calido et) Rubro : K.
cristallo ' : di comparativi simili, vedi a Vedi a pag . 225, v. 15. 8 Lasciui suboles
pag. 205, nota al v . 16. 2 digne mero gregis : non è app. oziosa, poichè dà la
degna che ti libi il vino ’ : domani ? Il ragione della scelta di tale animale per
giorno dopo poteva essere il dì de ' Fon il sacrifizio. Noto è che agli dei si sa
tinalia o Fontanalia nel quale et in fontes crificavano le bestie che si riputavano
coronas iaciunt et puteos coronant: Varro loro dannose o noiose. Ora gli haedi
LL. 6, 22. Dove non è menzione di me petulci, ai quali fa male la calura (huic
rum. Il che fa pensare ad altra inter pecudi nocet aestus : Col. 1. l.) turbano
pretazione : * Ora abbi questa libazione saltabeccando le acque della fonte. 9
di vino e i fiori, poichè questo è come atrox : mi ci pare l'idea di morte : la
il tuo giorno natale, e non si può fare mortifera '. Vedi a pag. 199, nota al v. 24.
sacrifizio cruento : domani t’immolerò un 10 Nescit = nequit: come in italiano.
capretto ' Varro, Logistorici, Atticus amabile inoffensivo '; ed è come in
(p. 247 Riese) dice : id moris — maiores contrasto col sostantivo : vedi a pag. 234,
nostri tenuerunt ut cum die natali munus nota al v . 6. 12 Praebes : nel mezzo
annale genio soluerent, manum a caede giorno, ora di riposo. 13 Fies : costruito
et sanguine abstinerent, ne die qua ipsi col gen . part. come il verbo esse, nobi
lucem accepissent aliis demerent. In fatti lium - fontium, come le tante cantate
Orazio, Epl. 2, 1, 44 : (piabant) Floribus dai poeti. 14 ilicem : collettivo. L'ogg.
et uino Genium memorem breuis aeui. Il non rappresenta il principale punto del
giorno in cui è posto il nome alla fonte, canto d'Orazio, poichè questo sarà certo,
è come il suo di natale. Mi pare che trattandosi d'una fonte , l'acqua : lymphae
Orazio abbia ubbidito a un'analogia di tuae. Ma la menzione dei lecci e della
tal fatta . 3 donaberis : dalla mia suppo grotta prepara , gradatamente , quella
sizione acquisterebbe un particolare sen dello zampillo canoro che è frescoe re
so, poichè noto è l'uso dei regali e nel frigerante in virtù della grotta e dei
dies lustricus e nei dies natales. Vedi per lecci. E ciò che finge d'avere à dire, il
es. Terent. Phorm. 1 , 1 , 13 e segg. e poeta l'ha già detto.
Verg. ecl. 4. 18, in cui, se si considera
254 LYRA ROMANA .

XXXVII . [MI- xx11 )


Caelo supinas si tuleris manus
Nascente luna, rustica Phidyle ,
Si ture placaris et horna
Fruge Lares auidaque porca ,
Nec pestilentem sentiet Africum 5
Fecunda uitis nec sterilem seges
XXXVII. LA PICCOLA MASSAIA . argomenti, dei quali mi passo. Stabilito
che hostia sia come contrapposta a ui
Si chiama Phidyle, cioè Delovan ctima, io credo che in quel verso 18 il
Parcula . È rustica . È religiosa . Viene poeta intenda dell'auida porca già detta
subito in mente che sia una Sabina e nel v. 4 e non debba essere unito con
giovinetta . Può fare sacrifizi; dunque sumptuosa . E ne risulterebbe questo: Tu
non è la uilica , una schiava, nè d'Orazio temi dell'ira dei Lares ? Ma sei così de
nè d'altri; poichè Catone A. 143 ha : rem vota e osservante, che non manca loro
diuinam ne faciat - scito dominum pro
toia familia rem diuinam facere. Si può mai la corona nelle Kalende, nelle None,
quindi supporre che fosse la emassaia nelle Idi : l'ira non può essere forte. Ba
(forse la figlia maggiore d'un сарос sta un'offerta semplicissima ; tutto al più
cia ’ vedovo, meglio che la sua moglie : un'hostia. Esempi di non unito con l'agg.o
part. prossimo : Non usitatis - potionibus
una reginella) d'uno di quei cinque foci, (pag. 142, v. 73) Non auspicatos contudit
di cui vedi Epl. 1, 14, 2, che formavano inpetus (pag. 243, v. 10 ), e altri.
l'agro d'Orazio . A questa Phidyle dice 1 supinas – manus : atto di adorazione.
il poeta : ' Alza le mani al cielo nel prin Non senza un perchè il primoverso del
cipio della prima luna, fa un sacrifizio l'ultima strofa sembra ricantare, quasi
semplice e modesto, e le viti saranno parola per parola, questo. 2 Nascente
salve dallo scirocco, le messi dalla golpe, Tuna : alle Kalende. Phidyle: è il nome
i piccoli del gregge dalla malaria d'au
tunno. Non importano grandi vittime, Φειδύλος in un dialogo del socratico
fatte per i sacrifizi dei ricchi e del pub Glaucone: Diog. Laert. 2, 14. 3 ture: Tib.
blico ; basta che tu coroni, come suoli 1.3, 34 : menstrua tura Lari; di che si vede
fare, i piccoli dei di ghirlande di rosma che era offerta ordinaria e mensile e delle
rino e mortella (questo è da Catone per Kalende anch'essa. placaris ha is lungo.
messo , anzi ingiunto anche alla uilica : horna “ dell'anno ’: 4 Fruge ' spighe ’ :
kalendis, idibus, nonis, festus dies cum erit, Tib. 1 , 10, 26 : dederat sanctae spicea serta
coronam in focum indat - Lari familiari comae : alla chioma dai Lari, auidaque :
pro copia supplicet : 143). I quali dei, se l'epitheton è in relazione con l'indole e
sono adirati con te, si placheranno con il dovere della buona massaia : essendo
una offerta piamente fatta '. Il senso a la bestia ingorda, è minor danno nel sa
un di presso è chiaro. Ma l'ultima strofa crifizio. porca : sacrificio solito ai Lares :
principalmente è piena di difficoltà . Pre Sat. 2, 3. 165 (inmolet aequis) Hic por
metto che è impossibile al v. 18 consi cum laribus; Tib. 1 , 10, 26 : Hostiaque e
derare sumptuosa - hostia per altro che plena rustica porcus hara . S'intende
per ablativo. Ora a me pare che i com che era bestia giovanina : altrove è
mentatori ( che ho veduto io) non ab [ III-XVII) v. 15 porco bimestri. E per
biano tenuto conto di due parole, che chè immolare porcum feminam , come
convenientemente interpretate, danno, dice Cat. A. 134,? Anche qui par di ve
mi pare, molta luce: uictima al v. 12, dere un'attenzione del poeta che parla
hostia al v. 18. Sono al certo sinonimi; a una buona massaia. 5 sentiet : vedi a
ma usati nello stesso contesto, forse pag. 186, nota al v. 10. Il vento di sud
no : come ebbi a osservare per lectus e brucia le viti, 6 sterilem che isterili
lectulus al C. [L] v. 15 (pag. 33) di Ca sce ’. 7 Robiginem : la mala robigo, golpe
tullo. Frontone de differentiis uerborum o carbonchio , che mangia il grano, come
dice : uictima maior est, hostia minor. dice Verg. G. 1. 150. Il 25 di Aprile erano
Plaut. Pseud. 1. 3, 95 : nolo uictimas, i Robigalia. Per scongiurare tal flagello,
agninis me extis placari uolo. La diffe sarebbe occorso offrire Tura - uinumque
renza non era forse osservata che nel lin - fibrasque bidentis Turpiaque obscenae
guaggio rituale ; ma che ci fosse e fosse exta canis, come dice Ouid. F. 4, 935.
questa, si potrebbe confermare con più alumni ' i piccoli del gregge '. 8 Pomi
HORATIVS - CARMINA . 255

Robiginem aut dulces alumni


Pomifero graue tempus anno .
Nam quae niuali pascitur Algido
Deuota quercus inter et ilices 10
Aut crescit Albanis in herbis
Victima, pontificum securis
Ceruice tinguet: te nihil adtinet
Temptare multa caede bidentium
Paruos coronantem marino 15
Rore deos fragilique myrto .
Inmunis aram si tetigit manus,
Non sumptuosa blandior hostia ,
Molliuit auersos Penatis
Farre pio et saliente mica . 20

fero - anno * nella stagione dei pomi ’, garla ' anche senza doni ’ . aram si tetigit
ossia nell'autunno. graue tempus la ma manus (che ricorda supinas si tuleris ma
laria ?. Per tre offerte che prima ha pro nus dove non altro si dice che se ado
poste, ture fruge porca , sono salve tre rerai, se pregherai ') vale anch'esso ' se
cose, uitis seges alumni. 9 Algido: in pregherai ’; poichè toccare e tenere l'ara
questo monte del Lazio e nell'antica era gesto come di chi giura così di chi
piana d'Alba erano i pascoli, dove pa prega : Talibus orantem dictis arasque te
scevano le bestie del collegio dei Pon nentem Audiit Omnipotens: Verg. Aen . 4,
tifices. 10 Deuota ‘ già destinata al sa 219 ; e molti altri luoghi. 18 Non sum
crificio ’. 11 in herbis ' nelle praterie '. ptuosa hostia , riprende Inmunis, cor
12 Victima : pare si debba intendere reggendolo un poco. E non sumptuosa va
delle vittime maggiori. 13 Ceruice ' col preso nel suo senso più letterale : * che
sangue del suo collo ’, tinguet: fut. con non costi ', come precisamente sarebbe
cessivo : pag. 160, v. 1. te nihil adtinet ' a il caso dell’auida porca del porcile di
te non tocca '. 14 Temptare : altrove la casa , la quale è anzi bene toglier di
cessere (pag. 167, v. 12), ambire, fatigare. mezzo ; e hostia conserva il suo senso
multa caede = multarum caede. biden di opposto a uictima. blandior più gra
tium : bidens (Gell. 16, 6) è la vittima che dita, più efficace ': così in Epl. 2, 1, 135
ha otto denti e due più alti degli altri ; docta prece blandus e altrove. L'aggettivo
e non pare si dica solo delle pecore, come col suo ablativo di strumento, è la cir
vuol Festo che spiega bitentes oues bi coscrizione del concetto opposto, per il
mae. 16 Paruos: così Ouid . F. 5, 130 : menomo, a Inmunis : ' con qualche cosa
signaque parua deum . coronantem- poi più di nulla ': paulo largior, paulo ple
chè inghirlandi ', secondo il rito, Kalen nior. E costruisco : manus si tetigit aram ,
dis, Idibus, Nonis (Cat. A. 143 ), il focolare. inmunis non inmunis, molliuit etc. 20
Non c'è bisogno, dice il poeta, di sacri Farre - mica : circoscrizione di mola salsa ,
fizi straordinari a chi fa le ordinarie pra fatta di chicchi franti di farro, e miche
tiche di pietà. marino 16 Rore ' di ro di sale che schizzavano sul fuoco. E que
smarino ',con la quale pianta, dice Apuleio sta mola , è bene avvertire, si univa al
de herb. 79, gli uomini placavano la di sacrifizio d'un'hostia o uictima la quale
vinità prima che si conoscesse l'incenso. perciò appunto si diceva inmolari , o si
fragili che si spezza facilmente '. 17 offriva da sola : Paruaque caelestis pla
Inmunis : è difficile spiegarlo per “ pura , cauit mica , nec illis Semper inaurato tau
innocente ’, così senza genitivo, come l'us cadit hostia cornu : Tib. 4, 1 , 14.
caedis delictorum sceleris. Meglio spie
256 LYRA ROMANA .

XXXVIII . ( I -XXII]
Integer uitae scelerisque purus
Non eget Mauris iaculis neque arcu
Nec uenenatis grauida sagittis,
Fusce , pharetra ,
Siue per Syrtis iter aestuosas 5
Siue facturus per inhospitalem
Caucasum uel quae loca fabulosus
Lambit Hydaspes.
Namque me silua lupus in Sabina ,
Dum meam canto Lalagen et ultra 10
Terminum curis uagor expeditis,
Fugit inermem :
Quale portentum neque militaris

XXXVIII. IL LUPO. -- È uno scherzo ciale , nella zona torrida, io canterò d'a
mandato dalla campagna ad Aristio Fu more e sarò immune d'ogni pericolo e
sco Vrbis amatorem (Epl . 1, 10); a quel vivrò dove gli altri muoiono ’. Per questo
l'Aristio Fusco che lasciò Orazio suh luogo comune, dell'inviolabilità del poe
cultro dell' intrigante ( Sat. 1, 9, 74). E ta , che è sanctus come dice Ennio , ricorda
uno scherzo che conviene sì al burlone le favole di Arione, di Ibyco, di Simo
(che nella Satura dice con finta compun nide e altrettali. Ricorda oltre le odi ci
zione: at mi (relligio est) : sum paullo in tate , la [ II-VII).
firmior, unus Multorum , e sì al philologus 1 Integer uitae (il gen . determinante)
al quale poi scriveva post fanum putre vale castus, nel suo senso più alto. Vedi
Vacunae la graziosa Epistola in lode della integrum opposto a incesto a pag. 228,
campagna. Ma nello scherzo è pure es v. 30, integrae riferito a Dianae a pag.
presso un concetto serio : quello che 238, v. 70, Puellae et pueri integri a
abbiamo veduto nella [III-IV] v.9 e segg. pag. 87, v. 2. scelerisque purus vale quasi
e nella [ I-XVII) v. 13 e segg. Il qual pius. Verg. Aen . 3 , 42 : Parce pias scele
concetto non si rivela subito nei primi rare manus ; e nel primo de'luoghi già
versi, ma nelle due strofe di mezzo, poi citati, selestus fatto quasi equivalere a
chè l'ode si divide in tre parti uguali, incestus = non castus = inpius. 2 Mauris
ognuna di due strofe. L'argomento in de' Mauri ' che ne usano contro le be
somma non è che l'innocente è per tutto stie oci lel loro paese. 4 Fusce : è
sicuro, ma che per tutto è sicuro, inuio dunque Aristius fuscus, grammaticus,
latus, il poeta. La pietas non è disgiunta comoediarum , tragoediarum scriptor, se
dalla Musa ; pietas e Musa fanno una sola condo vari scholii. 5 per Syrtis lun
cosa; e il poeta non può essere che pius. ghesso le Syrti ’ : la costa della Syrti mi
Quindi Integer uitae scelerisque purus a nore era gremita di serpenti e ferarum
principio dell'ode vale quanto pius poeta ; multitudine: Plin . HN. 5. 26. aestuosas :
e nell'ode ha singolare importanza Dum era un deserto d'arena infocata. 6 inho
meum canto Lalagen , ripreso nella con spitalem : vedi a pag . 236 (tutto il luogo
clusione. Lalage è nome significativo : è da confrontarsi) il v. 33 : hospitibus fe
vale la garrula, anzi il ' garrire '. E io ros . 7 fabulosus ' di cui sono meravigliose
ricordo il dulcem strepitum della testudo istorie ’. 8 Hydaspes : affluente dell'Indo.
aurea ([ IV-III) v. 18 ) e mi rendo ragione 9 silua in Sabina : era unita al suo
di questa continua mescolanza d'amore fondo, silua iugerum Paucorum ([ III -XVI)
e poesia, come è nell'ode a Tyndaris. V. 29) e cfr. Sat. 2, 6, 3 e altrove. lupus;
* O Fusco , il pio (il poeta) non ha bisogno che è sacro a Marte, non è forse posto
d'armi nemmeno nei luoghi più peri a caso , dato che il fatto non sia vero.
gliosi. Mentre erravo cantando d'amore 11 Terminum la pietra di confine ’.
nella selva sabina, un lupo mostruoso curis - expeditis = securus : vedi a pag.
fuggì da me, sebbene non avessi arma 75, v. 7 solutis curis. 13 Quale portentum
alcuna. Dovunque io sia, nella zona gla mostro quale '. militaris: pag. 240, v. 9.
HORATIVS CARMINA . 257
Daunias latis alit aesculetis
Nec Iubae tellus generat, leonum 15
Arida nutrix .
Pone me , pigris ubi nulla campis
Arbor aestiua recreatur aura,
Quod latus mundi nebulae malusque
Iuppiter urguet ; 20
Pone sub curru nimium propinqui
Solis , in terra domibus negata :
Dulce ridentem Lalagen amabo,
Dulce loquentem .
XXXIX . (II- XIII ]
Ille et nefasto te posuit die,
Quicumque primum , et sacrilega manu

14 Daunias ‘ la terra di Dauno ’, favo prae senio et carie sponte sua ruinosum .
loso re dell'Apulia. aesculetis ' macchie Così mi pare si creda da tutti e io non
d'ischi ’. 15 Tubae: re di Mauritania , fi mi sono potuto mai figurare la cosa.
glio del vinto di Thapso. Ma forse s’in Forse si tratta invece d'un albero non
tende l'Africa in generale e questo Luba buono che a far legna, lignum , che Ora
è il vinto stesso di Thapso, il cui nome zio faceva atterrare. E agli ultimi colpi
voleva dire qualche cosa a chi ricor di zappa e di scure, deviò dalla via as
dava la sua vittoria su Curione, la sua segnatagli dal taglio e dalle corde, e
crudeltà ( Bell. Afr. 74) , la sua super quasi schiacciò il poeta, che assisteva
bia (ib. 91 ) e la sua morte come la come quegli che si dilettava di opere
disegnò e come la effettuò (94 ). Dico rustiche e anch'esso vi prendeva parte :
questo perchè tra i martialis lupos Rident uicini glebas et saxa mouentem :
(vedi pag. 249, v. 9) e la militaris Dau Epl . 1 , 14, 39. A ciò mi muove anche l'e
nias c'è una relazione che non è vano spressione dell'ode (II-XVII) v. 27 , trun
cercare anche tra i leoni e Iuba. 17 pi cus inlapsus cerebro, in cui si può vedere
gris — campis ' nelle steppe ’: piger - l'idea ditaglio. Il pericolo che corse, resto
aprós, che vale e pigro e incolto. 19 fisso nella mentedel poeta, che ne fa pa
latus mundi ' plaga ', zona . malusque ' e rola oltre che nella [ III-IV ], v. 27 , e nella
maligno '. 20 Iuppiter ' cielo ’: 23 Dulce seguente a questa, anche nella ( II- XVII]
ridentem -- 24 Dulce loquentem : l'inverso citata più su. ' Fosti piantato in un gior
no, in cui era proibito il lavoro, dalla
di Sappho, 2 ; dolce parlare e ridere mano d'un delinquente, d'un parricida,
amorosamente ’: vedi pag. 44, v. 4. Que
sta conclusione sarebbe da vero da so d'un uecisore d'ospiti, d'un avvelenatore,
stituirsi con Sola me uirtus dabit usque o legname buono solo a ardere, e a ca
tutum Sola beatum delle edd. castigate, dere sulla testa del tuo padrone inno
se non avesse senso di simbolo non cente. Chi se lo sarebbe aspettato ? La
valesse : coltiverò sempre la poesia, la morte viene quando e dove meno ce
l'attendiamo. Quanto poco ci corse a che
religione delle Muse, la quale mi sarà io vedessi il regno di Proserpina e l'Eli
schermo '. Parrà strano ad alcuni o a
molti, come pareva stranissimo aicasti sio de' pii e de' poeti! Avrei udito Sappho
gatori che l'amor di Lalage possa ac e Alcaeo poetare, l'una d'amore e l'altro
di guerra e d'esilio. Le ombre s'affol
cordarsi coll' integrità e purità del primo lano intorno a loro: c'è però più gente
verso ; ma è così. intorno al cantore delle battaglie e delle
XXXIX . L'ALBERO MALEDETTO. rivoluzioni. Al loro canto Cerbero ab
Un altro pericolo e più serio corse il bassa le orecchie, i serpenti in capo alle
poeta nella sua villa : ebbe un giorno a Furie cessano di sibilare e di guizzare.
rimanere sotto un albero che cadde. Co E i dannati obliano le loro pene, e l'e
mepotè questo avvenire? Il Bent. spiega terno cacciatore Orion cessa d' inseguire
il fatto dicendo trattarsi d'un lignum le belve delle macchie ultramondane '.

PASCOLI, Lyra Romina 17


258 LYRA ROMANA.

Produxit, arbos , in nepotum


Perniciem obprobriumque pagi :
Illum et parentis crediderim sui 5
Fregisse ceruicem et penetralia
Sparsisse nocturno cruore
Hospitis ; ille uenena Colcha
Et quidquid usquam concipitur nefas
Tractauit, agro qui statuit meo 10
Te triste lignum , te caducum
In domini caput inmerentis.
Quid quisque uitet, numquam homini satis
Cautum est in horas. nauita Bosporum
Poenus perhorrescit neque ultra 15
Caeca timetue aliunde fata ;

Il giorno della caduta fu il Calendimarzo, spiccia nero nella nera notte allagando
come dalla seguente. silenziosamente il sacrario degli dei Pe
1 Ille : Bent. emendò felicemente in nati. 8 Colcha : pag. 139, nota al v. 24.
Illum o ; prima di lui Heinsius Illum et, 9 quidquid – nefas : raro è quidquid ag
dopo lui Illum Buttmann, facendolo di gettivo. 10 Tractauit: pag. 136, v. 8. sta
pendere, come il geminato illum del v.5, tuit: non ripete posuit, ma conchiude
da crediderim fregisse. nefasto : nefasti posuit e produxit, quasi stare fecit, il che
sono i giorni in cui nefas furi praetorem comprende sì il piantare prima e sì il
do dico addico; ma qui nefasto è per reli coltivare poi. 11. triste lignum : triste per
gioso, secondo l'uso volgare ; un giorno chè destinato a uccidere ; lignum, perchè
di quelli in quibus rem quampiam nouam buono solo da ardere : Sat. 1, 8, 1: Olim
exordiri temperandum est : Gell. 4, 9. po truncus eram ficulnus, inutile lignum . Don
suit ' piantò '. 2 Quicumque primum :sott. de la supposizione che l'albero fosse ca
te posuit. E non si può negare che sia duto nel mentre che si abbatteva per
un parlare goffo, scusato però, secondo farne legna, caducum : la cui proprietà
alcuni, dallo smarrimento simulato del era solo quella di fare il male, cadendo
poeta nel raccontare il recente pericolo. sulla testa del padrone. 12 inmerentis;
Secondo gli emendamenti citati, quicum perchè il poeta non era nemmeno de'
que sarebbe il soggetto di posuit et pro nepotes, sui quali poteva ricadere il ca
duxit. et sacrilega manu : la mano era sa stigo dei delitti dell'avo. 13 Quid quis
crilega perchè lavorò die nefasto ? o per que uitet: vi è una ellissi che special
chè macchiata dai delitti, di cui si parla mente pende da inmerentis. Essendo
dopo ? o per il fine di danno e d'obbrobrio innocente di tutti quei delitti, il pius
al quale destina l'albero ? 3 Produxit poeta, come poteva riguardarsi dall'al
' ti fece crescere ' ; ed è opposto a pri bero maledetto ? Eppure, quasi quasi ci
mum posuit. Nel piantarti egli fu inpius; restava sotto, morto. E avrebbe veduto,
perchè ti piantò die nefasto; nel colti il pius poeta , gli altri poeti nell'Elisio.
varti fu sacrilegus, e come e perchè fosse Proprio, non si sa di che temere, satis
tale, il poeta tenta spiegarsi poi : la sua 14 Cautum est = satis caueri potest. Ma
mano doveva essere bagnata di sangue, per homini, col presente andrebbe ab
doveva trattare veleni ; e così le cure homine. in horas ' d'ora in ora '. Bospo
che dava all'albero, dovevano avere frut rum : pag. 236 , v. 30. 15 Poenus: valga
to di morte. 4 pagi : il villaggio di Man Fenicio o Cartaginese, l'epitheton vuol
dela. 6 Fregisse ceruicem : pag. 136, v. 1 colorire solamente nauita. A ogni modo,
e 2 : donde vedi sottintendersi facilmente anche la frase valesse " i cartaginesi non
anche qui inpia , sacrilega manu , comea temono che il Bosforo ’, noi avremmo
sparsisse e Tractauit. penetralia : la parte un'idea secondaria il quale essendo lon
intima della casa, dove riposa l'ospite tano da loro, si può dire che non temono
sotto la protezione dei Penati. 7 noc di nulla '. E questa idea non si conver
turno: si può ma non si deve ridurre col rebbe male con ciò che il poeta vuol si
semplice avverbio di notte ’ ; bisogna gnificare di sé. Lachmann seguito da
che anche noi vediamo il sangue che molti emendò in Thynus ; non bene, poi
HORATIVS CARMINA 259

Miles sagittas et celerem fugam


Parthi, catenas Parthus et Italum
Robur: sed inprouisa leti
Vis rapuit rapietque gentis . 20
Quam paene furuae regna Proserpinae
Et iudicantem uidimus Aeacum
Sedesque descriptas piorum et
Aeoliis fidibus querentem
Sappho puellis de popularibus, 25
Et te sonantem plenius aureo ,
Alcaee , plectro dura nauis ,
Dura fugae mala, dura belli .
Vtrumque sacro digna silentio
Mirantur umbrae dicere : sed magis 30
Pugnas et exactos tyrannos
Ďensum umeris bibit aure uolgus .
Quid mirum , ubi illis carminibus stupens
Demittit atras belua centiceps
Auris et intorti capillis 35
Eumenidum recreantur angues ?

chè, se il mercante Thynus comincia a che si sacrificavano agli dei inferi. 22


temere subito del Bosforo , di che non Aeacum : l'avo d'Achille. 23 descriptas
ha a temere poi ? perhorrescit ' sente un ( così ha con altri codd. il Vat. Reg.)
brivido al pensiero del ’, oppure ' avanti Porph. dice =- separatas. Può interpre
il, traversando il ’; Cic. ha questo verbo tarsi in vero ' assegnate e stabilite ', ri
con in tanto tuo periculo (Verr. 6, 35) e cordando Descriptas seruare uices di AP.
con recordatione ipsa (Pis. 20). ultra . 86. Altri legge discriptas, altri discre
oltre quello stretto' . 16 Caeca oscu tas. 25 puellis de popularibus “ per la
ri ’ : egli è caecus, che non li vede. timetue : durezza delle fanciulle sue terrazzane ',
i codd. timet ; emendò il Lachmann . come Atthis, Gorgo, Myrina. 27 plectro:
aliunde : e l'emendazione è necessaria, abl. di strumento con sonantem . 28 fu
poichè con questa parola s'introduce una gae ' dell'esilio ’. 29 sacro digna silentio
idea nuova e diversa da ultra : da al col sacro silenzio, di cui sono degni ’
tro, che dal mare ’. 17 Miles, sott. Italus i loro canti: l'abl. è sì con mirantur e
da Italum Robur.sagittas et — fugam: sono sì con digna. 30 Mirantur – dicere ' am
cose che parrebbe impossibile che un mi mirano i canti che sciolgono'.31 tyran
les avesse a temere. Questo per la le nos : Myrsilo,Melanchro,Pittaco. 32 Den
zione Poenus e l'osservazione in nota. sum umeris “ addossandosi ' , bibit aure
celerem : pag. 186, nota al v. 9. 18 ca beve ', ossia cupidissime audit, come
tenas; le catenae, simbolo di asservi spiega Porph. uolgus ' il popolo '. 33
mento, sono suggerite da un'antithesis Quid mirum, che le ombre si affollino
a fuga,comequelle che cohibent: pag. 239, a udire quei canti ? ubi ' quando '. illis,
V. 80. Vedi poi a pag. 126, v . 8. 19 Ro indica la lontananza del canto, più che la
bur: anche questo opposto sì a fuga sì sua eccellenza , mi pare. 34 Demittit
a sagittae, learmi leggiere e alate. Molti abbassa ’, lascia cadere le orecchie che
interpretano carcerem roboreum o Tul teneva dritte intente alla guardia . centi
lianum : Liu. 38, 59 : in robore et tenebris ceps: Cerbero è detto qui e altroveavere
exspiret; Tacit. Ann. 4, 29 : robur et sa cento o cinquanta teste, per i molti ser
хит — minitari. E con catenas è assai penti che guarniscono le tre assegnategli
probabile, facendo con esse hendiadys. comunemente : Cerberus, quamuis furiale
inprouisa: da unirsi avverbialmente con centum Muniant angues caput eius; e il
rapuit. 21 furuae: è un mysticum nomen caput era triplice poichè ore trilingui:
e si diceva, per es., delle hostiae nere, vedi ( III -XI) v. 17 e segg. 36 Eumeni
260 LYRA ROMANA .

Quin et Prometheus et Pelopis parens


Dulci laborem decipitur sono ,
Nec curat Orion leones
Aut timidos agitare lyncas . 40

XL. (11I -VIII]


Martiis caelebs quid agam Kalendis,
Quid uelint flores et acerra turis
Plena miraris positusque carbo in
Caespite uiuo,
Docte sermones utriusque linguae ? 5
Voueram dulcis epulas et album
Libero caprum , prope funeratus
Arboris ictu .
Hic dies, anno redeunte festus,
Corticem adstrictum pice demouebit 10
Amphorae fumum bibere institutae
Consule Tullo .

dum ' delle Furie ' : Cerbero e le Furie Orazio si riscontrano negli avvenimenti
sono nelle sedi loro descriptae, non qui ; di quell'anno: il governo d'Italia e Roma
e odono di lontano il mirabile concento . dato a Mecenate dopo Actium , la di
37 Quin et : non solo i tormentatori, ma scordia tra Phrahates e Teridates, i Can
anche i tormentati. Prometheus: il poeta tabri vinti da Statilio Tauro, i Daci trion
segue una saga differente dall' Eschilea. fati da M. Crasso. Il poeta dunque nel
Pelopis parens · Tantalo '. 38 laborem dì de' Matronalia invita Mecenate : Tu
(così i più dei codd. e Porph. che dice che sai tutti i riti de' due popoli, greco
audax figura “ laborem decipitur ' ) dipen e romano, ti meravigli che io, celibe,
de da decipitur :' dimentica la sua pena ', festeggi questo giorno. È un voto che
per un momento, dopo il quale ricomin feci. In questo giorno si toglierà il tappo
cia più crudele. Altri legge laborum , e a un'anfora che invecchia dal consolato
spiega allo stesso modo. 39 curat: poi di Tullo. Bevi dunque per gratitudine
chè cura – eadem sequitur tellure repo della salvezza dell'amico, godi il mio
stos, come ha Verg. Aen.6, 654, seguendo lungo e placido convivio. Nè pensare
Omero. Orion (di cui vedi pag. 238, v. 71) agli affari di stato : i Daci sono vinti, i
secondo Omero, Od. fl, 572, insegue le Parthi sono in discordia, i Cantabri sono
fiere per il “ prato asphodelo '. domati, gli Scythi si ritirano. Per un
poco torna privato e cogli i doni dell'ora
XL. L'ANNIVERSARIO . Sono le gioconda che passa '.
Kalende Marzie, Kalendae femineae , nel 1 quid agam : suppone la domanda di
qual giorno le donne incinte pregavano Mecenate : quid agis ? che cosa è questa
Luno Lucina nel suo tempio dell'Esqui novità ? 2 acerra = arcula turaria in
lino. Orazio, benchè celibe, festeggia an censiere ’. 4 Caespite uiuo ' sull'altare
ch'egli quel giorno coi fiori nuovi di pri di zolle erbose ', un altare improvvisato.
mavera ( Ferte deae flores ! Ouid . F. 3, 2, 5 sermones ' tradizioni, usanze ’, utrius
53), con l'incenso e col sacrifizio d'un ca que linguae dei latini e dei greci '. 6
pretto bianco. Come mai ? è il voto che Voueram , più che perfetto, perchè e
egli fece,quando poco mancò non fosse sprime l'azione anteriore a quella del
ucciso dalla caduta dell'albero maledetto. sacrifizio che andrebbe qui significato
E questo è forse il primo anniversario col perfetto : caprum inmolaui, quia epu
del pericolo corso. Quale anno ? Secondo las uoueram. I poeti fanno con poche pa
il Fr. il 729, poichè solo in quell'anno e role. 7 Libero a Bacco ' che con Apollo
nel seguente i Cantabri furono definiti e Mercurio è particolare protettore de '
vamente vinti da Augusto. Secondo il poeti. funeratus ' messo sul cataletto ”:
Lach. il 725, poichè tutte le allusioni di l'idea di funus contrasta col lieto ban
HORATIVS CARMINA . 261

Sume , Maecenas , cyathos amici


Sospitis centum , et uigiles lucernas:
Perfer in lucem : procul omnis esto 15
Clamor et ira.
Mitte ciuilis super urbe curas :
Occidit Daci Cotisonis agmen ,
Medus infestus sibi luctuosis
Dissidet armis , 20
Seruit Hispanae uetus hostis orae
Cantaber sera domitus catena,
Iam Scythae laxo meditantur arcu
Cedere campis.
Neglegens nequa populus laboret 25
Parce priuatus nimium cauere et
Dona praesentis cape laetus horae :
Linque seuera .

chetto. 10 Corticem ‘ il sughero '. adstric il capo dei Daci vinti da M. Crasso. 19
tum pice ' impeciato ’. 11 fumum bibere : Medus ‘ i Parthi’ . infestus sibi “ guer
le anfore si ponevano al fumo, perchè reggiando contro sè medesimi'. luctuosis
presto invecchiasse il vino. institutae av che tanto lutto sanno apportare ', s'in
vezza '. 12 Tullo : è forse il L, Volcacius tende, all'Urbe. Altri fa dipendere sibi
Tullus console nel 721 , l'anno in cui Ora da luctuosis o da tutti e due, o anche da
zio vendemmiò la prima volta nel suo dissidet. 20 Dissidet " èin preda alle di
Sabino ; se pure vendemmiò mai (vedi scordie ’ : vedi a pag. 188, nota a XII.
più giù l'ode (I -XX ] nota al v. 1 ). E quel 21 uetus hostis : l'Hispania, dice Liu. 28,
vino, seguendo il Lach. su per giù sa 12, prima Romanis inita prouinciarum ,
rebbe stato quadrimum : pag. 208, v. 7. quae quidem continentis sunt, postrema
13 Sume : pag. 206, v. 9. cyathos amici omnium , nostra demum aetate -- perdo
14 Sospitis cyathi per la salvezza del mita est. 22 sera -- catena; e se questa ode
l'amico , centum : determinato per 'mol è del 725, Orazio parlava troppo presto
ti ’ : era, come ha uno schol., modo dei di catene, chè solo nel 729 furono i Canta
banchettanti : Centum cyathos ! Sicchè ' i bri assoggettati, ductu – Augusti Caesaris:
cento cyathi di rito ': uigiles “ accese Liu. 1. 1. Anzi nemmeno allora : ci volle,
con desto il loro chiarore. Ouid. Her. con l'auspicio di lui , il valore d'Agrippa
19, 195 ha l'espressione contraria : iam nel 735. 23 Scythae: popoli del Danubio,
dormitante lucerna. 15 Perfer ‘ fa du tenuti in rispetto da Lentulo,
e non si sa
rare '. Altri = patere. in lucem - sino quando. laro arcu con l'arco allen
all'alba '. esto : l'imperat. poeticamente tato ’, non più teso per la guerra. 25 Ne
per l'indic.: il comando per la promessa . glegens = securus. nequa etc. dipende di da
16 Clamor et ira : come nel banchetto, cauere. 26 Parce “ lascia ’: priuatus
dove rumoreggiava il frater di Megilla : venendo privato per un momento ’ : al
pag. 206. È già nell'Odyss. 06, 369: nè tri essendo tu un privato ' ; ma se Me
clamore Sia : chè questo bello è, udire cenate non aveva nè voleva titoli e uffi
un cantore Così fatto , quale egli è, agli ciali ’, era però tutt'altro che privato,
dei simile nella voce. 17 super = de. 18 avendo ciuilis super urbe curas. 28 seuera
Daci Cotisonis: Cotiso (Suet. Aug.63) era le cose serie ': pag. 49, [V] v. 2.
262 LYRA ROMANA .

XLI. (I-XXI]
Dianam tenerae dicite uirgines,
Intonsum , pueri , dicite Cynthium
Latonamque supremo
Dilectam penitus Ioui.
Vos laetam fluuiis et nemorum coma, 5
Quaecumque aut gelido prominet Algido
Nigris aut Erymanthi
Siluis aut uiridis Cragi ;
Vos Tempe totidem tollite laudibus
Natalemque, mares, Delon Apollinis 10
Insignemque pharetra
Fraternaque umerum lyra.
Hic bellum lacrimosum , hic miseram famem
Pestemque a populo et principe Caesare in
Persas atque Britannos 15
Vestra motus aget prece .

VIII. Alla Divinità . ama l'Algido, l'Erymantho, il Crago : voi,


giovinetti, il dio che si piace della valle
XLI. - A DIANA E AD APOLLO. di Tempe e dell'isola di Delo ; il dio che
un inno breve e semplice, della foggia di ha le saette e la lyra. Questi sarà che a
quelli d'Anacreonte (1 e 2 Bergk) e di vostra preghiera distorrà dal popolo e
dal suo principe la guerra, la carestia,
quello a Diana di Catullo (pag. 87 ) , com la pestilenza ele farà cadere sui nemici
posto forse in un'occasione simile a di Roma .
quella di quest'ultimo o scritto per eser
cizio, probabilmente prima che il poeta 4 penitus ' intimamente ': vedi a pag.
dedicasse agl' inni iſ metro sapphico : 94, v . 173. 5 nemorum coma ' del fogliame
prima dunque del 725 (vedia pag. 190) o de' boschi ’ : il Bent. legge comam , ricor
in quell'anno stesso . Il poeta ha ancora dando dal [ III-XXVIII) v. 10 : Nos can
nell'orecchio lo squillo della fides Teia e tabimus inuicem Neptunum et uiridis Ne
della lyra catulliana. Il Fr. lo vuole del 726, reidum comas. 6 Algido: monte del Lazio,
dove era norata Diana. 7 Erymanthi :
composto nella prima celebrazione dei monte dell'Arcadia, dove errava Artemis
ludi Actiaci; altri più recente di qualche
anno, del 731 e 32, anni calamitosi, donde cacciando : Odyss. 5, 102. 8 uiridis, op
i versi 13 e 14. Ma perchè si facesse la posto a Nigris : là nere selve di pini e
preghiera significata in essi versi, non d'abeti, qui verdi boscaglie di quercie e
era punto necessario che infierisse la di faggi. Cragi : monte della Lycia, dove
guerra, la carestia, la pestilenza. Vedi, erano le spelonche di dei silvestri. 9
per es., la preghiera Catoniana a pag. 3. Tempe : la valle del Peneio. 10 Delon :
L'essere poi nominati nel penultimo ver l'isola dove erano nati i due divini ge
so insieme i Parthi e i Britanni (vedi a melli, fregio del cielo. 11 pharetra : an
pag. 239, v. 3 e 4) non prova nulla : i che Diana aveva la faretra sugli omeri.
nemici ancora non domi alla morte di 12 Fraternaque lyra : perchè donata
Cesare, sono gli hostes per eccellenza, in gli da Mercurio, pur esso figlio di Giove.
dividuano il concetto di hostes : vedi a Vedi a pag. 196 , nota al v. 13. umerum :
pag. 126, v. 7-10. L'inno è, più che un è accusativo di relazione , secondo il
canto, un invito al canto, diretto a fan Bent., di insignem ; e così si avrebbe una
ciulli e fanciulle dal vate sacerdote delle bella simmetria tra laetam etc. e insi
Muse ; e l'ultima strofa esprime il motivo gnem etc. 13 Hic : poichè non si parla più
dell'invito. Vergini e giovinetti cantate di Diana, il Bent. propose in questo luogo
Diana e Apollo e Latona lor madre, di di leggere, Haec; ma non è necessario,
letta a Giove. Voi, fanciulle, cantate la poichè la menzione dell'un gemello, porta
dea de' fiumi e de' boschi , la dea che seco pensiero dell'altro ; come sivede
HORATIVS CARMINA . 263

XLII. (1-xxxi]
Quid dedicatum poscit Apollinem
Vates ? quid orat, de patera nouum
Fundens liquorem ? non opimae
Sardiniae segetes feracis,
Non aestuosae grata Calabriae 5
Armenta, non aurum aut ebur Indicum ,
Non rura , quae Liris quieta
Mordet aqua taciturnus amnis .
Premant Calenam falce quibus dedit
Fortuna uitem, diues et aureis 10
Mercator exsiccet culillis
Vina Syra reparata merce ,
Dis carus ipsis, quippe ter et quater
Anno reuisens aequor Atlanticum
a Delon e a pharetra. 14 principe il qui aede dedicatus est = cui aedes dedicata
primo cittadino ”. È da notarsi che Apollo est. Vedi Ouid . F. 6, 637 : Te dedicat
è il dio tutelare di Octaviano : vedi a aede Liuia . poscit : non è ncerto se chie
pag. 193, nota al v. 32. dere, ma che chiedere:vedi a pag. 31, nota
XLII. AD APOLLO PALATINO. – Nel al v . 1. 2 Vates: che più di ogni altro è
l'anno 726 Caesar Octauianus consacrò in relazione con Apollo : eppure ! nouum :
ad Apollo il tempio che aveva comin nelle libazioni come nei sacrifizi si richie
ciato a edificargli dopo la battaglia na devano primizie ; uinum bimum o hornum ,
vale di Mylae vinta su Sesto Pompeo horna frux, hoedi anniculi : abbiamo vi
nel 718. La consacrazione era così in sto. Vedi anche a pag. 6, 31. 3 opimae
ringraziamento della vittoria ad Actium , 4 Sardiniae : e ora ? feracis : acc. plurale.
riportata per il favore di Apollo nel 723. 5 grata : l'armento, come l'ager di Sep
Al tempio era unita una Bibliotheca, timio Sereno ( pag. 226, nota al v. 31), può
adorna de' busti de' grandi scrittori. L'A dire al padrone: Si bene mi facias, me
pollo che vi era venerato (una bella mini, cioè ti sono grato e ti mostro la
statua di Scopas, dicono alcuni senza mia gratitudine. Chi trovò scolorito l'agg.
fondamento, l'odierno Apollo di Belve emenda in graia (Moench e Peerl.), altri
dere) era veramente come il dio lungi altrimenti. Vedi per tutta l'ode l'ep. [I]
saettante, così il condottiere delle Muse. a pag. 154, v. 23-30. 7_Non rura : si op
Donde il canto del vate. Che domanda pongono alla lontana India. Liris, oggi
il vate ad Apollo, libando il vino no Garigliano. 8 Mordet rode '. tacitur
vello ? non i grandi raccolti, non i nu nus : presso Minturnae lenissime labitur :
merosi armenti, non l'oro e l'avorio del Porph. Queste rura sono celebri per il
l'Oriente, non le vigne della Campania. vino Caecubo. Non c'è dunque ripetizione
Io non ho bisogno di vini preziosi e di dell'idea espressa da segetes. 9 Premant
suntuosi conviti - questi sono per i mer - falce “ potino ', diradino col falcetto .
catanti, e io non mi sentirei, come essi, Calenam 10 uitem : Cales oppidum
di sfidare gli dei navigando in mari lon in agro Sidicino est, dove fa il Falerno :
tani - a me basta, d'altra parte, povero Porph . E questo generalizza il concetto
desco e vinello da poco. Dunque ? Dammi, sopra espresso con rura quae etc. aureis :
o figlio di Latona, di potermi godere il come quello che ha in copia aurum -
poco che ho, con sano il corpo e la men Indicum . 11 culillis ( così per es., il Vat.
te, anche nella vecchiaia, se vecchiaia Reg.) : sono i calici fictiles di cui usavano
ha da essere, ma senza acciacchi e non i Pontefici e le Vestali nei sacrifizi. Lad
senza poesia ”. È il voto anche di Pin dove gli dei si appagano di calici di ar
daro, Ñem. 8, 37 : è la preghiera rias gilla, il mercator li vuole d'oro. 12 Syra
sunta da Giovenale, 10, 356 : Orandum - merce : pepe, unguenti e simili, repa
est, ut sit mens sana in corpore sano. rata , Porph . annota quasi commutata .
1 dedicatum Apollinem : Apollinem Vedi a pag. 182, v. 34 e nota. 13 Dis
264 LYRA ROMANA .

Inpune. me pascunt oliuae, 15


Me cichorea leuesque maluae .
Frui paratis et ualido mihi,
Latoe, dones et precor integra
Cum mente nec turpem senectam
Degere nec cithara carentem . 20
XLIII. (1-xxxiv]
Parcus deorum cultor et infrequens,
Insanientis dum sapientiae
Consultus erro , nunc retrorsum
Vela dare atque iterare cursus
Cogor relictos : namque Diespiter, 5
Igni corusco nubila diuidens

carus ipsis: gli dei potrebbero punirlo st'ultimo argomento risponde il poeta:
di sfidarli traversando Non tangenda – Ho veduto. È dunque un deus che lo sca
uada : pag. 171 , v. 24 ; e altrove. 14 Atlan glia, un deus che non passa securum
ticum : il mare oltre le colonne d'Ercole, aeuum . Quanto all'intenzione di lui, mi
posto qui per indicare il pericolo estremo stero . Salvo è il reo, colpito l'innocente ?
e l'estrema audacia e l'estrema fortuna. Non sappiamo nulla: vediamo soltanto:
15 me pascunt: questo fa più larga l'idea mutamenti repentini, inesplicabili , ful
espressa con Mercator exsiccet etc, dove mini veramente a ciel sereno . E l'uomo
si sottintende facilmente il lusso delle nel tremore di tutta la natura, deve tre
dapes. 16 leuesque maluae : vedi a pag. mare anch'esso , non deve arrischiarsi a
148, v. 58. 17 paratis = partis ; e riprende spiegare ciò che non si può spiegare,
il reparare di più su : parare è guada deve chiamare insania la sua sapientia.
gnare immediatamente, reparare media 1 Parcus ; per i sacrifizi poco larghi:
tamente. et correlativo al seguente et non sumptuosa hostia . infrequens ; per i
( che nei codd . è at). 19 turpem , quando sacrifizi, oltre piccoli, anche rari. 2 In
e' non fosse ualidus. 20 cithara carentem , sanientis — sapientiae : oxymoron. 3 Con
quando non fosse integra Cum mente. sultus, sapientiae, è locuzione attratta da
XLIII. LA NAVICELLA DELLA VITA. iuris consultus, come in Cic. Phil. 9, 10 :
Io credevo,con Epicuro, all'indifferenza nec magis iuris consultus quam iustitiae
degli dei per le cose di quaggiù. O sa fuit. erro navigo a caso ' . 4 iterare
pienza insana ! Ho veduto un fulmine a * rifare ' : pag. 162, v. 32. cursus ' la rot
ciel sereno : ho riconosciuto la mano di ta ' : al plurale, indicando i diversi er
Diespiter. Esiste, esiste un Potere che rori della via seguita. 5 relictos (il Bent.
abbassa e inalza, fuori de ' nostri miseri e prima di lui Heinsius, seguiti da al
ragionamenti '. Il fulmine era per gli cuni, emendarono in relectos, che il Bent.
antichi il segno più espressivo della di interpreta quasi relegendo; con che ripete
vinità che si rivela, che minaecia e ca il retrorsum Vela dare ) non significa
stiga. Ma vano è, secondo Epicuro e gli quos reliqueram , con che a iterare biso
Epicurei, da ciò Indicia occultae diuum gnerebbe dare il senso di redire et denuo
perquirere mentis (Lucr. 6 , 382) ; e Orazio persequi; e par troppo. Significa forse ei
stesso di sè (Sat. 6, 101 ) : deos didici relinquere, così: iterare cursus et relin
securum agere aeuum, Nec siquid miri quere. Il passato è a indicare che l'ab
faciat natura , deos id Tristis ex alto caeli bandono dell'errore è già compiuto nel
demittere tecto. Nel luogo citato di Lu pensiero del poeta. Anzi, meglio ubbi
crezio è una serie d'argomentazioni con dendo alla grammatica, avremmo: relin
tro la popolare credenza : perchè dalla quere cursus et iterare, una specie d'oxy
folgore sono colpiti gli innocenti talora moron : lasciare questa rotta e pure e
e non i rei ? perchè cade invano, in perciò rifarla ', come è necessità ne!
terra e in mare ? perchè Giove ha bisogno pentimento : frase che con l'abl. ass.
delle nuvole per lanciarla ? cur numquam sonerebbe : relicto cursu iterare aequor.
caelo iacit undique puro Juppiter in ter 5 Diespiter (= Djeuspiter) pare di Iup
ras fulmen ? (40) e altro ancora. A que piter nome più sacro ritualmente, col
HORATIVS CARMINA . 265

Plerumque, per purum tonantis


Egit equos uolucremque currum ;
Quo bruta tellus et uaga flumina,
Quo Styx et inuisi horrida Taenari 10
Sedes Atlanteusque finis
Concutitur, ualet ima summis
Mutare et insignem adtenuat deus,
Obscura promens; hinc apicem rapax
Fortuna cum stridore acuto 15
Sustulit, hic posuisse gaudet .
XLIV. (I-XXXV]
O diua, gratum quae regis Antium ,
Praesens uel imo tollere de gradu
Mortale corpus uel superbos
Vertere funeribus triumphos :
Te pauper ambit sollicita prece 5
Ruris colonus, te dominam aequoris,
quale s' intendeva più la sua possanza XLIV. ALLA FORTUNA. Nell'e
fulminatrice : vedi pag. 228, v. 29. 6 e 7 state del 727 Augusto lasciò Roma per'
diuidens Plerumque ' che fende per lo guerreggiare nella Britannia ; ma si fer
più ’. per purum ( = per sudum ) per il mò nella Gallia. Nel 728 si preparava la
ciel sereno ' . 8 equos - currum : ex uul spedizione di Aelius Gallus contro gli
gari opinione, come dice Porph. Ma si Arabi. In questa occasione Orazio dirige
noti la divisione degli attributi : Giove un inno alla Fortuna, alla Eutelpa
fulmina : il tuono passa fragoroso : è il Túxo di Pindaro (01. 12), colorandolo
carro veloce perchè trascinato da cavalli però di colori Romani e animandolo
alati. Quindi tonare è piuttosto del cur d'uno spirito profondo. O Dea, che hai
rus, uolucer piuttosto degli equi. 9 bruta il tempio in Antium , tu che innalzi e
( grauis spiega Festus ) = iners, opposta a
uaga. 10 inuisi ' pauroso ' in vista : vedi abbassi: te prega il povero aratore, te
pag . 212 , v. 23. Taenari : era l'entrata l'audace marino, te i popoli selvaggi, te
dell' Hade, ma qui è preso per l' Hade il popolo latino ; te i tiranni e le loro
stesso. 11 Atlanteusque finis: il confine madri temono, che non abbia del piede
occidentale della terra, 12 ima summis : ad abbattere il loro potere, che non ab
vedi Odyss. Tt , 211 , Hes. 0. et D. 5, Ar bia a suscitare il popolo al grido ad
arma ad arma. Ti precede la Necessità
chil. 56, e altri. 13 insignem (si emenda coi simboli della sua forza fatale, la Spe
in insigne e insignia ): il cambiamento di ranza viene con te e la Fede, e ti se
genere fa appuntare il pensiero in un guono, quando esci dalla casa del po
uomo, a cui tutti guardino ammirati. 14 tente, mentre gl'infidi e spergiuri si al
Obscura : opposto a insignem ; vedi a pag. lontanano dall'esule. Or tu salva Cesare
225, nota al v . 15. promens 'facendo uscir che va nella Britannia, salva il giovane
dalle tenebre ', apicem : la tiara, simbolo esercito che si reca nell'Oriente . Come
di regio potere. 15 Fortuna : è la figlia di tardi ! Noi prima eravamo occupati a
Zeus : Pind . 01. 12, 1. cum stridore ; delle dilaniarci tra noi. Oh ! tempra le spade
sue ali; ma Porph. cum fletibus et lamen ottuse nelle guerre civili , aguzzale con
tatione -- eorum quibus apicem – aufert. tro i Massageti e gli Arabi '.
16 Sustulit; indica la rapidità con la
quale l'azione è già compiuta appena co 1 gratum , tibi : così in [I-XXX] v. 2
minciata ; non è veramente un perfetto dilectam Cypron . Antium : in Anzio era
di consuetudine. posuisse : indica, come un tempio delle Fortunae Antiates, due
spesso l'inf. passato con verbi di godere, Fortune che si consultavano mediante
che l'azione è già compiuta nel pensiero sorti. 2 Praesens = potens, ualens. 3
di chi si compiace di farla. Mortale corpus = hominem , 4 funeribus
266 LYRA ROMANA .

Quicumque Bithyna lacessit


Carpathium pelagus carina .
Te Dacus asper, te profugi Scythae
Vrbesque gentesque et Latium ferox 10
Regumque matres barbarorum et
Purpurei metuunt tyranni ,
Iniurioso ne pede proruas
Stantem columnam , neu populus frequens
Ad arma cessantis ad arma 15
Concitet inperiumque frangat.
Te semper anteit serua Necessitas,
Clauos trabalis et cuneos manu
Gestans ahena, nec seuerus
Vncus abest liquidumque plumbum. 20
Te Spes et albo rara Fides colit.
Velata panno , nec comitem abnegat ,
Vtcumque mutata potentis
Veste domos inimica linquis.
At uolgus infidum et meretrix retro 25
Periura cedit, diffugiunt cadis
Cum faece siccatis amici ,
Ferre iugum pariter dolosi.
triumphos : due pompe, ma come diverse ! 20 seuerus Vncus ‘ le grappe forti ' per
7 Bithyna 8 Carpathium pelagus ca unire pietra a pietra. plumbum : si ver
rina : vedi a pag. 158, v. 11 e 14. Il mare sava attorno ai tasselli (crebris quasi
Carpathio è tra Rodi e Creta. Allo stesso cuneolis inliquefactis Cic. Tim . 13) e alle
luogo vedi il marinaio avvicinato al col grappe, perchè fossero più saldi. Tutti
tiyatore. 9 asper : forse aspro a toc questi, claui cunei uncus plumbum , sono,
carsi ' (pag. 227, v. 10 e 11) ? o sel come ha Porph., instrumenta Fortunae
vaggio , d'aspra vita ’ ? profugi ' nomadi ' , quibus cogit et torquet inplicatque res
come in ( III -XXIV ] v. 10, Quorum plau humanas. 21 e 22 albo - Velata panno :
stra uagas rite trahunt domos . Ma se a significare innocenza e riservatezza :
asper ha il significato primo tra i due così Fidei panno uelata manu sacrifica
proposti, si ha probabile il senso dato batur, quia fides tecta esse debet et uelata :
da Porph. a questo profugi: quod etiam Seru. Aen. 6, 636. Ho veduto nel Museo
fugiendo proeliarentur. 10 ferox ' belli Vaticano anche la Spes velata le mani.
coso ’. 11 Regumque matres : come Atos rara , perchè non si trova facilmente.
sa nei Persi di Eschilo , come la madre comitem , concreto per l'astratto, comitis
di Sisara che ululava alla finestra . 12 munus. 23 e 24 mutata - Veste in
Purpurei ' ammantati di porpora ’. 13 abito di lutto ', sordidata. potentis - do
pede : esprime la facilità del rovescio . mos la casa potente ’, ossia del potente.
14 Stantem columnam : simbolo della Qui, tenendo la lezione dei codd. (il Peerl.
stabilità e del potere e della gloria . 15 emenda nec in sed ), noi dobbiamo cre
Ad arma - ad arma : ripetizione effi dere che dalla casa potente sia cacciato
cace e comune : Ouid. M. 12, 241 : Cer l'uomo prima accetto e festeggiato, col
tatimque omnes uno ore Arma arma lo quale va compagna la sua Fortuna che
quuntur, cessantis i quieti ’ . 17 serua : quindi quasi assomigliata al Genius.
come a domina . 18 Clauos trabalis : i inimica, parrebbe da prendersi in senso
chiodi da trave, le chiavarde , sono il passivo non amata ’, avuta a dispetto.
simbolo dell' irremovibile destino . cu 28 Ferre iugum ' portar di conserva il
neos: non biette per spaccare, ma tas giogo ’, poichè al venir della sventura,
selli per commettere e sarcire. 19 e dice Ouid. T. 5, 2, 40 : Subtrahis effracto
HORATIVS CARMINA . 267

Serues iturum Caesarem in ultimos


Orbis Britannos et iuuenum recens 30
Examen , Eois timendum
Partibus Oceanoque rubro .
Eheu cicatricum et sceleris pudet
Fratrumque. quid nos dura refugimus
Aetas ? quid intactum nefasti 35
Liquimus ? unde manum iuuentus
Metu deorum continuit ? quibus
Pepercit aris ? o utinam noua
Incude diffingas retusum in
Massagetas Arabasque ferrum !
XLV. (III-XXI]
O nata mecum consule Manlio,
Seu tu querellas siue geris iocos
Seu rixam et insanos amores
Seu facilem , pia testa, somnum ;
Quocumque lectum nomine Massicum 5
Seruas , moueri digna bono die ,

tu quoque colla iugo. 29 ultimos:pag. 72, stato partigiano di Bruto e poi di An


v. 11. 30 e 31 recens Examen il nuovo tonio. Dopo la pace di Brindisi, seguì
sciame ”, ossia la nuova leva. 32 Ocea Octaviano, dal quale fu singolarmente
noque rubro : il golfo Arabico e Persico. rispettato. Nel 723 fu console, nel 727
33 Eheu : ricorda il poeta quanto tardive trionfo degli Aquitani. L'ode si vuol com
siano queste spedizioni ; ricorda che gli posta in quest'anno e in questa occa
Arabi erano nell'esercito di Cleopatra e sione ; al che ripugna la menzione nel
di Antonio : vedi a pag. 244, nota al v. 16. v. 9 e segg. della filosofia, che mal s'ac
cicatricum et sceleris 34 Fratrumque : corda con l'armi, come vedremo nell'ode
* delle ferite che ci facemmo empiamente seguente.
tra fratelli '. quid ' da che ', nos dura — i nata ' empita ’. consule Manlio : pag.
35 Aetas noi, genia ferrea ’: pag. 126, 130, v. 6. 2 querellas la querimonia
V. 65 : ferro durauit saecula , nefasti: gen. dell'amore non corrisposto ' : così in AP.
da quid. 39 diffingas ‘ ritempra , foggia v. 75 è querimonia in questo senso. iocos :
di nuovo ', retusum ' spuntato, ottuso '. il contrario di querellas. 3 rixam et i. a.
la gelosia pazza, cagione di rissa tra i
IX. Banchetti con amici. convitati ’. Vedi a pag. 206, [I -XXVII ),
e a pag. 250, v. 25. 4 somnum : è detto ,
XLV . L'ANFORA. O anfora, in dopo itre effetti possibili ai quali pre
cui si conserva il vino dell'anno della siede sempre Venus (pag. 251 , v . 6 Ve
mia nascita, ad acuire dell'amore o in neris sodali - craterae), con non so che
felice la tristezza o felice la gioia o con amabile sorriso di sè stesso, non più
trastato la gelosia , oppure a conciliare giovane da amori. 5 Quocumque lectum
il sonno oblioso ; discendidal fumarium nomine : si spiega ' a qualunque uso rac
dove invecchi: a Messalla Corvino si colto ” ; interpretazione che parve al
vuole vino più maturo. Per quanto filo Bent. non appoggiata ad esempi. Il Peerl.
sofo, non ti disprezzerà, come non ti eemenda Massicum in Liberum e spiega
disprezzava Catone. Tu ai sapienti fai qualunque sia il nome del vino che
dolce violenza,ai miseri e ai poveri ridai contieni, Massico, Cecubo, Falerno '. A
la speranza e il coraggio. Il convito per me par di vedere questo senso, espresso
opera di Bacco e di Venere, illuminato più argutamente, conservando Massicum :
dalle lampade, durerà sino alle ultime qualunque sia il nome che dessero nella
stelle. Messalla, l'amico di Tibullo , era raccolta a questo vino, che per me è
268 LYRA ROMANA .
Descende, Coruino iubente
Promere languidiora uina.
Non ille , quamquam Socraticis madet
Sermonibus, te negleget horridus: 10
Narratur et prisci Catonis
Saepe mero caluisse uirtus .
Tu lene tormentum ingenio admoues
Plerumque duro ; tu sapientium
Curas et arcanum iocoso 15
Consilium retegis Lyaeo ;
Tu spem reducis mentibus anxiis
Virisque et addis cornua pauperi ,
Post te neque iratos trementi
Regum apices neque militum arma ; 20
Te Liber et si laeta aderit Venus
Segnesque nodum soluere " Gratiae
Viuaeque producent lucernae ,
Dum rediens fugat astra Phoebus.
XLVI. [ I-XXIX ]
Icci , beatis nunc Arabum inuides
Gazis et acrem militiam paras

Massico, è un buon vino a ogni modo '. va riferito a regum . 21 laeta ' propizia '.
A pag. 158, v. 19, vedi Massici adoperato 22 Segnesque nodum soluere che si ten
con antonomasia . 6 moueri: pag. 130, gono sempre per mano ’ : il che è anche
v. 6. bono die ` in un giorno bene augu simbolo della concordia fratellevole nel
rato ' : dies natalis forse, cantato anche convito. 23 Viuaeque e le accese ' :
da Tibullo : 1 , 7. 7 Descende : dal fuma anche uigiles: pag. 261, v. 14. 24 fugat =
rium , o apotheca posta in luogo dove fugabit : pag. 159, v. 35.
saliva il fumo dei bagni; e vi si seccava XLVI. Iccivs CHE PARTE. Dun
la legna e invecchiava il vino : Col. 1 , 6. que, tu parti per la guerra , minacci gli
iubente : la frase non può valere Mes Arabi non vinti mai e i Parthi tremendi .
salla vuole ’, ma ' a Massalla si vuole '. Qual regia donzella sarà tua schiava,
qual regio fanci sarà tuo coppiere ?
8 languidiora = mitiora. Bacchus in am Ah ! i fiumi corrullo
ono ai monti : i filosofi
phora Languescit : dice nella [ III -XVI) vendono i libri e comprano corazze ?:
v. 34. 9 madet “ è imbevuto ’. 10 horridus,
quasi seuerus: pag. 49 [V] v. 2. 11 Ca Questa ode piena di graziosa ironia è
tonis : egli in Cic. Cat. 14, 16 dice : tem diretta allo stesso Iccio a cui è scritta
pestiuis quoque conuiuiis delector . 13 l'Ep. 1, 12. La spedizione a cui si allude
lene tormentum: ricorda γλυκει ' ανάγ è quella di Aelius Gallus , che si prepa
rava prima del 729 e fu compiuta, non
xa di Bacchylide, 27. 14 Plerumque felicemente, nel 730. Iccius partecipò
spesso '; e va unito a duro, secondo veramente alla campagna ? Non si sa :
alcuni; meglio mipare unirlo a admoues, si sa che qualche anno dopo era procu
a retegis, a reducis, a addis. 15 e 16 io deia beni
ratoritav di eAgri in tante
Sicilia' di
?
CO80 — Lyaeo: per alcuni è dat. ' sveli a segu a esser un ppa
dilet
Bacco , che ci scherza su ' ; per altri abl. filosofia. Che l'ode abbia per scena un
mediante il vino che rende allegri '. convivio, il convivio anzi di commiato ,
18 Virisque et - cornua • dai forza e con può essere indicato , sebbene legger
fidenza : Ouid. a. 1 , 239 : tunc pauper mente , dall'accenno al coppiere , nel v. 7
cornua sumit. 19 Post te = post uina : pag. e 8. Certo mi pare che l'odicina abbia
204, v. 5. 20 apices ‘ le tiare ' ; e iratos così più grazia.
HORATIVS CARMINA . 269
Non ante deuictis Sabaeae
Regibus, horribilique Medo
Nectis catenas. quae tibi uirginum 5
Sponso necato barbara seruiet ?
Puer quis ex aula capillis
Ad cyathum statuetur unctis,
Doctus sagittas tendere Sericas
Arcu paterno ? quis neget arduis 10
Pronos relabi posse riuos
Montibus et Tiberim reuerti ,
Cum tu coemptos undique nobilis
Libros Panaeti Socraticam et domum
Mutare loricis Hiberis, 15
Pollicitus meliora, tendis ?
XLVII. [1-xxxvi ]
Et ture et fidibus iuuat
Placare et uituli sanguine debito
Custodes Numidae deos,
Qui nunc Hesperia sospes ab ultima
Caris multa sodalibus, 5
Nulli plura tamen diuidit oscula
Quam dulci Lamiae , memor

1 e 2 beatis - Arabum - Gazis : dice col profumo dell'incenso e con lo squillo


in fatti Dio Cass. 53, 29, che Augusto delle cetre, si deve agli dei che ci hanno
sperava con quella spedizione o di aver salvato Numida. Egli torna dall'Hispania
ricchi amici o di dominare nemici ric e bacia i suoi compagni e più di tutti
chi. acrem militiam fiera campagna ' : Lamia, il suo modello da fanciullo e da
ironico. 3 Sabaeae : parte dell'Arabia, con giovinetto. Un sassolino bianco a questo
a capitale Saba, famosa per gl'incensi giorno ! E si beva e si danzi. Damalis,
e per l'oro. 4 Medo ' ai Parthi ’. 5 Nectis che ama il vin pretto, non superi Basso
intrecci ' cioè fabbrichi ?. 6 Sponso nel votare d'un fiato la coppa; non man
necato : evoca il drama che espone in chino le rose, l'appio e i gigli. Tutti gli
( III - II] v. 6-12 (vedi a pag. 227 ) ; di che occhi si volgeranno innamorati a Da
l'ironia si accentua. 7 Puer - er aula malis ; ma Damalis resterà fedele al
fanciullo della corte, principino ’. 8 Ad nuovo amatore '. Numida è chiamato
cyathum statuetur sarà tuo puer a Plotius in altri scholii ; in Porph . Pom
cyatho, ossia coppiere ’ : 9 Sericus : i ponius. La guerra da cui ritorna è ve
Seres erano per i Romani l'ultimo popolo risimilmente la Cantabrica del 729. Per
dell'Oriente. Così il poeta ironicamente Lamia, vedi alla ( I-XXVI] nota ' Un al
fa ad Iccio vincere prima gli Arabi, poi tro reduce pag. 188, e confronta tutta
i Medi o Parthi, poi i Seri, avanzando quell'ode e la precedente (II-VII].
sempre . 11 Pronos ' sebbene scorrano 2 Placare = gratiam referre, dice
sempre in giù ’ . 12 Montibus : dat. di Porph. uituli: così a Julio Floro e a Mu
moto. 14 Panaeti , lo stoico amico del natio dice ( Epl. 1 , 3, 36) : Pascitur in ue
secondo Africano e di Lelio. domum strum reditum uotiua iuuenca. 4 Hespe
scuola'.15 Hiberis : era ottimo il ferro ria - ab ultima dall'estremo occidente ',
dell' Hispania Tarraconense . 16 meliora ed è ragionevole si intenda dell'Hispa
più alti studi ’. nia : Porph. però ex Mauritania . 6 di
XLVII. POMPONIVS NVMIDA CHE uidit : qui andrebbe inpertit, poichè di
RITORNA . · Il sacrifizio d'un vitello, uidit s'intende tra più. 8 non alio rege
270 LYRA ROMANA .
Actae non alio rege puertiae
Mutataeque simul togae.
Cressa ne careat pulchra dies nota , 10
Neu promptae modus amphorae
Neu morem in Salium sit requies pedum ,
Neu multi Damalis meri
Bassum threicia uincat amystide,
Neu desint epulis rosae 15
Neu uiuax apium neu breue lilium .
Omnes in Damalin putris
Deponent oculos, nec Damalis nouo
Diuelletur adultero,
Lasciuis ederis ambitiosior. 20
XLVIII. (III-XIX)
Quantum distet ab Inacho
Codrus pro patria non timidus mori

sotto il suo principato ’ : Lamia era contro Augusto. Il poeta finge di essere
come un princeps iuuentutis. Cic. di M. a sentire discorsi di storia e di mito
Bruto ( fam . 3, 11 ) : alter iam pridem iu logia da un tale, che forse è Mecenate,
uentutis princeps, celeriter , ut spero, ci. dotto sermones utriusque linguae. ' Lascia
uitatis. puertiae = pueritiae. 9 Mutatae questi discorsi : dì invece a qual prezzo
que; dapraetexta in uirilis o pura . si s'abbia a comprare un'anfora di vino di
mul : per l'amicizia tra loro e tra i loro Chio, in casa di chi s'abbia a bere, fino
genitori, come si soleva . Il giorno del a che ora s'abbia a protrarre questo con
mutamento era a. d. XVI Kal. Aprilis , vito per symbolas ' (vedi però nell'inter
ossia il 17 Marzo, nei Liberalia . 10 Cres pretazione un altro modo d'intendere la
sa — nota d'un bianco sassolino ”, poichè seconda strofa e tutta l'ode) . Detto fatto
la creta si portava a Roma da Cimolo (pag. 188, nota al v. 28), il poeta si trova
presso Creta. Dice però Porph . che era al symposio improvvisato ; a mezza notte.
costume dei Cretesi numerare i giorni Qua, coppiere, un calice in onore della
felici con sassolini bianchi che gettavano luna nuova, un altro in onore della mezza
nella faretra, e i tristi con neri. Il co notte, un altro in onore del nuovo au
stume era certo anche dei Romani ma gure. Le bevute possono essere di tre
da Plinio fatto derivare dai Thraci. 13 cyathi - o di nove. Il poeta, per amor
multi — meri: Cic. fam . 9, 26 : hospes non delle Muse, ne dovrebbe ber nove; le
multi cibi, sed multi ioci. 14 Bassum : Grazie gli proibiscono di berne più di
incerto chi sia. amystide: è il bere djlu tre : come fare ? Egli ne berrà tre volte
Otl å Tveuoti, senza prender fiato , nel tre. Suonino le tibie, le zampogne, le
che erano famosi i Thraci. 16 uiuax - lyre. Si spargano le rose, e il clamore
breue : antithesis. 17 putris ' umidi, im del convitogiunga all'orecchio di Lyco ,
bambolati '. 18 nouo : es' intende che è il vecchio Lyco, nostro vicino, e della
Numida. 19 adultero amatore . 20 sua donna, che non fa per lui. Amiamo :
ambitiosior ' che gli si avvinghia più ’ : o Telepho giovinetto , già viene a te
da ambire. Rhode, pur giovinetta : io, in là con gli
MVRENA AUGURE. - Que anni, sono consumato dall'amore di Gly
XLVIII. cera ' . Quest'ultima apostrofe fece e fa
sta ode sembra composta nell'occasione credere che l'ode sia diretta a Telepho :
che Licinius Murena, fratello di Teren tanto varrebbe dire che è diretta al puer
tia, fu fatto augure. Quando questi ot o pincerna del v. 10. L'espressione Quo
tenesse tale sacerdozio , non si sa ; non praebente domum raffrontata al v. 38 della
si sa dunque quando fosse composta Sat. 1, 5, Murena praebente domum, Capi
l'ode. Certo prima del 732, nel qual anno tone culinam, induce altri nel pensiero
Murena con Fannio Caepione congiurò che si tratti proprio di quella cena nella
HORATIVS CARMINA . 271

Narras et genus Aeaci


Et pugnata sacro bella sub Ilio ;
Quo Chium pretio cadum 5
Mercemur, quis aquam temperet ignibus,
Quo praebente domum et quota
Paelignis caream frigoribus, taces .
Da lunae propere nouae ,
Da noctis mediae , da, puer, auguris 10
Murenae. tribus aut nouem
Miscentur cyathis pocula commodis.
Qui Musas amat inparis ,
Ternos ter cyathos attonitus petet
Vates; tris prohibet supra 15

città dei Mamurra, a Formiae. E così cre logie d'eroi, di guerre dure e disagiate :
scerebbe la probabilità che le prime pa non parli del vino, non parli del nostro
role fossero dirette a Mecenate , e non conuiuator,non parli di questo banchetto
parrebbe assurda la supposizione che Te nel quale stiamo così caldi e riparati dai
lepho, cui Acron dice Graecum poetam , freddi nostrani che non sono più in
sodalem Horatii, sia Heliodorus che però nocenti di quelli Iliaci, quando i Greci e i
era rhetor, sebbene Graecorum longe do Troiani accendevano quei grandi fuochi ,
ctissimus (vedi Sa 1 , 5) . Ma holte sono vegliando a cielo scoperto. 9 Da – pro
le difficoltà . pere: così il tra passo sarebbe facile e
1 e 2 distet ab Inacho Codrus ' quanti piano ; poichè si sottintenderebbe : lo
anni corrano da Inaco ' primo re degli dirò io ; o coppiere, versa un bicchiere
Argivi, ' a Codro ’, ultimo re degli Ate per l'occasione, un altro per l'ora, un
niesi. 3 genus Aeaci ' la genealogia di terzo per l'invitatore, di questo ban
Aeaco ', Peleo Achille Neoptolemo, Te chetto. lunae - nouae (per il gen. vedi a
lamone Aiace e Teucro. 4 sacro : è l'epith. pag. 261 , v. 13) : erano le kalende, dun
omerico. 5 Chium — cadum : l'espressione que. 10 noctis mediae : era la mezza
può valere : quanto costa il vin di Chio ; notte. Risponde a quota. puer =- pin
così in generale; e sarebbe una questione cerna . auguris 11 Murenae : risponde
di numeri, piccola ma importante, op a quis etc. tribus aut nouem : s'inter
posta a quell'altra, grande e vana , del preta generalmente della mescolanza
l'intervallo tra Inaco e Codro. 6 quis del vino con l'acqua : tre cyathi di
aquam t. i., si spiega : ' chi riscaldi l'ac vino con nove d'acqua, o nove di vino
qua ' per mescolarla poi al vino, chi con tre d'acqua. Altri escludono l'acqua .
sia per essere il puer ad cyathum '. Altri 12 Miscentur : seguendo il Rutgers al
chi scaldi l'acqua per il bagno ’. Si può cuni emendano in Miscentor. Qui è enun
interpretare chi sia il convitante ': la ziata la mystica lex : Ter bibe uel totiens
frase quis praebeat aquam (cfr. Sat. 1 , 4, ternos : Auson. Eidyll. 11. commodis : s'in
88 e altrove) è particolareggiata così: terpreta da alcuni commode e s'intende
quis praebeat aquam temperatam ignibus, ' in modo da contentare sì i temperanti
poichè è inverno, e riassunta come ve sì gl'intemperanti '; da altri ‘ pieni, in
diamo. Il senso, dunque, sarebbe: invece teri ’. Può significare legittimi secondo
di parlarci dei discendenti di Aeaco, par la lex mystica ”; poichè questo senso ha
laci del nostro Anfitrione. 7 quota a precisamente commodas minas di Plaut.
che ora ' : si può credere detto con una Asin . 3, 3, 136. 13 inparis : si osserva :
certa enfasi; poichè è mezzanotte e a anche le Gratiae sono inpares. Già : di
quell'ora il freddo più morde. 8 Paelignis: fatti si riferisce anche a loro ; quasi di
come fa nel paese de' Peligni, a Corfinio cesse : si deve bere inpariter , tribus aut
o Sulmona. E questo mi pare opposto nouem , in ricordo o delle Gratiae o delle
alle pugnata – bella sub Ilio, espressione Musae: quegli che ex inparibus siue Musis
che ci mostra i greci accampati ed espo siue Gratiis, amat Musas etc. 14 atto
sti alle intemperie de' paesi lontani. În nitus invasato, inspirato '. 15 tris — 8u
somma io crederei che si potesse inter pra' più di tre ’: e il numero cardinale
pretare : parli di calcoli d'anni, di genea richiama il tribus di prima. C'è chi in
272 LYRA ROMANA .

Rixarum metuens tangere Gratia


Nudis iuncta sororibus .
Insanire iuuat : cur Berecyntiae
Cessant flamina tibiae ?
Cur pendet tacita fistula cum lyra ? 20
Parcentis ego dexteras
Odi : sparge rosas ; audiat inuidus
Dementem strepitum Lycus
Et uicina seni non habilis Lyco.
Spissa te nitidum coma , 25
Puro te similem, Telephe , Vespero
Tempestiua petit Rhode;
Me lentus Glycerae torret amor meae .
XLIX. (111 -XVII]
Aeli uetusto nobilis ab Lamo,
( Quando et priores hinc Lamias ferunt
Denominatos et nepotum
Per memores genus omne fastus,
Auctore ab illo ducis originem , 5
Qui Formiarum moenia dicitur
tende e oltre i nove ’ : ma non si è no chè tu discendi dal fondatore di Formiae,
tato che qui si sottintende nam ; e che che fu il dominatore di tutto il paese del
è come uno scherzo : chi beve ternos ter, Liri), sai ? la cornacchia che ha centinaia
non va oltre il numero tre, sacro alle d'anni ( forse ha conosciuto quel tuo
Grazie, eppure onora le Muse. 18 In Lamos) annunzia per domani una bur
sanire iuuat: la coppa è bevuta. Bere rasca . Metti, finchè è tempo, in salvo
cyntiae ‘ Frigia ’ : pag. 151 , nota al v. 6. dall'acqua la legna secca ; domani festa
19 flamina - i soffi armoniosi ’. 20 pen e banchetto ' . Si tratta d'una di quelle
det : alla parete. 21 Parcentis avare cenette in campagna, di cui Ofella parla
22 sparge rosas : pag. 210, v. 3 di XXII. in Sat. 2, 2, 118 : Ac mihi seu longum
inuidus invidiando ". 23 Dementem : post tempus uenerat hospes, Siue operum
poichè Insanire iuuat. 24 non habilis uacuo gratus conuiua per imbrem Vicinus,
disadatta ’, perchè giovane e lui vec bene erat non piscibus urbe petitis, Sed
chio . 25 Spissa coma : l'idea del vec pullo atque haedo. Il cominciamento pieno
chio suggerisce quella del più giovane di maestà e solennità , che ricorda l'uso
dei commensali, d'un giovanetto longam eroico d' interpellare col patronimico
renodantis comam (Ep. (XI) v. 28), simile (uso posto in burletta nella Sat. 1 , 5, 53 :
al Lycidas di [ I- IV ) v. 19 , di cui già te quo patre natus uterque), il comincia
pent uirgines. 26 Puro – Vespero alla mento solenne e il lungo giro per riu
stella della sera, in un cielo sereno : scire al piccolo invito ,richiamano alla
vedi a pag. 221 , nota al v. 21 , e vedi an memoria il [XI] di Catullo : vedilo a
che a pag. 50, nella nota al v. 8 l'epi pag. 71. E l'odicina ha per isfondo il bo
'gramma di Platone . 27 Tempestiua : è sco e la spiaggia del mare.
detto di Rhode, ma si deve intendere di
Telephus, il quale è qui come il Near 1 Lamo : (Odyss. X , 81) Lamos, se
chus dell'ode (III-XX). Telephus è l'ama condo Eustath ., figlio di Poseidone, fu re
tor giovane, opposto alnon giovane, dei Laistrygones . 2 Quando, dipende da
anche nella [ I -XIII ). 28 lentus che len ducis delumv.-5.genus,
et priores,
et nepot hinc = correlativo
ab hoc Lamo.a
XLIX . consuma
tamente AELIVS ' . LAMIA,
e o di 4 fastus: della quarta anche in [IV
scendente dell'antico Lamos (è certo che XIV ] v. 4 : Per titulos memoresque fa
i Lamiae prendono da lui il nome, sic stus. 6 Formiarum : Cic. ad Att. 2, 13 :
HORATIVS CARMINA . 273
Princeps et innantem Maricae
Litoribus tenuisse Lirim ,
Late tyrannus) cras foliis nemus
Multis et alga litus inutili 10
Demissa tempestas ab Euro
Sternet, aquae nisi fallit augur
Annosa cornix . dum potes, aridum
Conpone lignum : cras Genium mero

15
Curabis et porco bimestri
Cum famulis operum solutis .
L. (1-xx)
Vile potabis modicis Sabinum
Cantharis, Graeca quod ego ipse testa

Τηλέπυλον Λαιστρυγονίην , For Vaticano. Tu bevi Caecubo e Caleno ;


mias dico: oggi è Mola di Gaeta . 7 in sia pure ; a menon rendono dolce il bere
nantem che bagna ” . Maricae : antica le viti dei colli Falerni o Formiani ’.
divinità italica, dea di Minturnae. 9 Late 1 Vile: la prima difficoltà ; come Ora
tyrannus = súpurpelwv, per continua zio può chiamar uile il vino dei poderi
re nelle reminiscenze omeriche. cras : donatigli da Mecenate stesso ? Ma, pri
mo : Orazio non lo afferma esso uile,
questa parola è il nesso tra le prime e poichè anzi con le sue cure ha mostrato
le ultime due strofe : discendi da un eroe di tenerlo in gran conto nella sua mo
antichissimo, la storia di tua gente si destia, ma dichiara che tale pare a Me
perde nella notte dei tempi : cras .... Ma cenate ; secondo : il vino non era di quei
non sarà nulla : la tempesta empirà di poderi, poichè Angulus iste feret piper
foglie secche il bosco e d'alghe nere il et tus ocius uua (Epl. 1, 14, 23) : lo sa
lito, e noi ceneremo tranquillamente al peva bene il Vilicus. potabis : per quanto
coperto, sentendo piovere. Vedi a pag. tra potare e bibere non si osservi grande
208, (I-VII ),nota al v.13.10 inutili: uilior differenza, tuttavia trovo nell'Epl. 1 , 5
alga era come proverbio . 12 aquae adoperati i due verbi a non molta di
augur : così in [MI -XXVII] v. 10 Imbrium stanza con sensibile diversità : v. 4 Vina
diuina auis inminentum . 13 Annosa: sento bibes etc. avrai a tavola dei vini ’ etc.
che c'è connessione tra questo agg. (mille v. 14 potare et spargere flores sbevaz
annos uiuere adfirmatur : Porph.) e le zare’etc ; o anche bere ' così senz'al
antiche mitiche fantasie . 13 aridum
secca ', che però si bagnerebbe e non tro. Potare ci pone innanzi l'atto di chi
sarebbe così facile prendesse fuoco. 14 beve, bibere può indicare soltanto l'abi
Conpone riponi, metti al coperto ' : tudine e la possibilità. Quindi qui potabis
sorbirai, tracannerai '. modicis mode
altri poni sul focolare '. cras, farai
sti di forma e di prezzo ’, ma possiamo
quello che si deve fare in simili occa aggiungere, puliti da specchiarvisi den
sioni. Vedi ode citata . tro. Cfr. Epl. 1, 5, v. 3 : modica patella,
L. MAECENAS. Odicina che si ri e v. 23 : cantharus - Ostendat tibi te. 2
sente ancora dei gravi colpi che le diede Graeca testa in un'anfora imbevuta
il Peerl, e il nostro Cima (Giornale Ita di vin greco ', poichè Quo semel est in
liano di Filologia e Linguistica classica buta recens seruabit odorem Testa diu ;
1, pag. 265 e segg.). Con molti dubbi Epl. 1 , 2, 89. Colum. consiglia : si uasa
interpreto: " Dovrai bere alla mia mensa recentia ex quibus uinum exemptum sit
in coppe ordinarie vino Sabino, che tu habebis, in ea confundito . ego ipse : ciò
hai a vile, credo bene : ma io l'ho ri aggiunge qualche pregio al vinello. 3 leui
posto e suggellato in un'anfora , dove tappai con pece ?: ma che cosa rispon
era stato vin greco; e sai in qual giorno? dere al Cima che dubita sia detto con
nel giorno che fosti tanto applaudito in proprietà linere uinum per linere o me
teatro (tu che ti contenti d'essere cava glio oblinere, dolium, amphoram , cadum ?
liere e sei tanto amato ) che ne risonò Io non so ; tuttavia paragonando uina
la ripa del fiume della tua Etruria e il moue dell'Ep. (XIII) e (testa ) moueri digna
PASCOLI, Lyra Romana 18
274 LYRA ROMANA .

Conditum leui , datus in theatro


Cum tibi plausus,
Care Maecenas eques, ut paterni 5
Fluminis ripae simul et iocosa
Redderet laudes tibi Vaticani
Montis imago.
Caecubum et prelo domitam Caleno
Tu bibes uuam : mea nec Falernae 10
Temperant uites neque Formiani
Pocula colles.
LI . [ I -XXXII]
Poscimur. siquid uacui sub umbra
Lusimus tecum, quod et hunc in annum

dell'ode ( III -XXI), si vede nella prima populus Romanus uatum responso expulsis
espressione uina per testam . 4 plausus : Etruscis. 8 Montis, è gen. locale di imago
così nella (II-XVII) v. 25, populus fre che è nel monte ', imago, a cui va unito
quens Laetum theatris ter crepuit sonum . iocosa : l'eco '. 10 Tu bibes, va raffron
Ciò fu dunque nel Theatrum Pompei, l'u tato con potabis ; e con quel raffronto
nico teatro che allora fosse in Roma. sembra avere il significato di ' tu sarai
5 Care, non s'intenda ‘ a me ' ma pa abituato a bere, tu avrai a tua disposi
triae, amicis, populo . Nella (III -XIV ) è zione ' : il futuro è concessivo. mea , op
cari ducis, attestato dal Vat. Reg. eques : posto a tu . 11 Temperant : ecco un
opportuno mi pare, dopo la menzione del luogo, sebbene dubbio, di Silio che forse
favor popolare, il cenno alla modestia di dà un poco di lume : Pocula nec norant
Mecenate : Prop. 9, 1 : eques Etrusco succis mulcere Lyaei. 12 colles : è in hen
de sanguine regum Intra fortunam qui diadys con uites, in modo che tutta la
cupis esse tuam ; Vell. Paterc. 2, 88: ui frase vale : nec in agro Falerno nec in
xit angusti claui fine contentus. Perchè Formianis collibus uites sunt, quae etc.
l'onore del plauso in teatro era bensì
al tempo di Cic. fatto comune (pro Sest. X. Canti ad amici.
54 ), ma poi, al tempo d'Augusto , era ri
serbato al principe o a personaggi molto LI. - ALLA LYRA . Mi si doman
benemeriti di lui e della repubblica, se dano i miei canti. Se tre volte scherzai
come è in Suet. Aug. 56 ( filiis suis) prae teco in amabili e leggiere fantasie, ordì
textatis adhuc assurrectum ab uniuersis in un canto degno di Roma, un canto che
theatro et a stantibus plausum, grauis viva a lungo, o Lyra che prima fosti
sime questus est. Pareva dunque a lui trattata da Alceo, un guerriero, un ma
onore grande e raro : si merebuntur. pa rino che, tra le armi o appena sbarcato,
terni 6 Fluminis : è il Tuscus Tiberis cantava pure l'amore e il vino. O vanto
(Verg. G. 1 , 498). Qui dunque, come nei di Febo, o cara alla mensa di Giove, o
versi citati di Properzio , si accenna alla conforto delle pene, sii propizia a me
singolar modestia di colui che disceso tutte le volte che t'invochero '. Questa
atauis regibus si contentava dell'angu ode sembra ad alcuno come l' introdu
sticlavo. 7 Vaticani : in altri poeti l'i zione o la promessa de' canti serii, op
della seconda sillaba è lungo. L'abbre posti a quelli che il poeta luserat. É mi
viò forse Orazio per una falsa etimologia par giusto ; ma non credo si tratti delle
da uaticinium . Il teatro di Pompeo era poesie politiche, quali vedemmo da pa
certo distante troppo dal Vaticano, per gina 221 in giù ; sì piuttosto di odi a
chè se ne sentisse l'eco, ma il poeta può personaggi potenti, come Sallustio e
aver voluto indicare in generale la ripa Dellio, parlando ai qualiera necessaria
destra del Tevere , la sponda etrusca, col la franchezza di ciuis, e il carmen aveva
nome di quel colle. E pare opportuna in a essere Latinum , cioè nobile e schietto.
dicazione a chi ricordi Fest.: Vaticanus 1 Poscimur (altri Poscimus seguendo
collis appellatus est, quod eo potitus est alcuni codd. il Vat. Reg. ha Poscimur):
HORATIVS CARMINA . 275
Viuat et pluris, age dic Latinum ,
Barbite, carmen ,
Lesbio primum modulate ciui , 5
Qui ferox bello tamen inter arma,
Siue iactatam religarat udo
Litore nauim ,
Liberum et Musas Veneremque et illi
Semper haerentem puerum canebat, 10
Et Lycum nigris oculis nigroque
Crine decorum .
O decus Phoebi et dapibus supremi
Grata testudo Iouis, o laborum
Dulce lenimen , mihi cumque salue 15
Rite uocanti !
LII. ( II -XVII ]
Cur me querellis exanimas tuis ?
Nec dis amicum est nec mihi , te prius
Obire, Maecenas, mearum
Grande decus columenque rerum.
A , te meae si partem animae rapit 5
Maturior uis, quid moror altera ,
Ouid . M. 2, 143 : non est mora libera nobis : e da altri sostituì medicumque.
Poscimur ; 5, 333 : Poscimur, Aeonides; e LII. - A MECENATE. - O Mecenate,
altrove, uacui : vedi a pag. 201 , v. 19 : mio onore e sostegno, perchè mi affliggi
però qui è nel senso più generico di con le tue querimonie ? Se tu muori,
liberi da cure ’. 2 Lusimus p : ag. 32 [L], muoio anch'io : se mi viene a mancare
v. 2. et hunc in a. 3 V. e. p .: più mode la metà della mia vita, con l'altra metà
stamente anche di Cat. che dice Plus non mi sento di vivere. Io ho giurato
uno saeclo : pag. 32 [I]; v. 10. Latinum : di venire con te, dovunque andrai. Nes
bensì opposto a Graecum, che risulta suna forza da te potrà svellermi. Io non
dalla parola greca Barbite e poi dalla so il mio oroscopo ; ma, qualunque egli
menzione di Alceo ; ma pare avere con sia, sono certo che è d'accordo col tuo.
sè l'idea degno del Lazio ', dove sono Non vedi ? tu sei guarito dalla grave
i ciues, che è ferox , come nell'ode [I malattia, io sono stato salvo dalla caduta
XXXV] v. 10. 5 Lesbio – ciui (dat. ag.) : dall'albero. Non pensiamo ad altro : tu
Alceo, detto ciuis, per il suo odio ai ti sacrifica le vittime, edifica il tempio che
ranni. 6 ferox bello : combatte contro hai promesso in voto : io, pover uomo,
gli Ateniesi per il possesso del Sygeo ucciderò un'agnella ! ' Il Peerl. ritiene
e contro i tiranni della sua patria e d'Orazio sole le prime tre strofe. Delle
anche contro il buon Pittaco. 7 reli sue ragioni, riporto una : quella sorta di
garat aveva ormeggiata '. udoba contraddizione che è tra il il v. 28 e il
gnato dal mare , 10 puerum Amore '. V. 32 di questa, e le odi (II-XIII] e [ III
11 Lycum : fanciullo di cui cantò Alceo : VIII ]. Vedile a pag. 257 e 260.
fg. 58 B. e Cic. de nat. deor. 1 , 28. ni 1 querellis - tuis: vedine un saggio
gris oculis nigroque 12 Crine : l'ideale a pag. 110, 3. Mecenate era tormentato
della bellezza : AP. 37, Spectandum nigris da una febbretta continua e da insonnia
oculis nigroque capillo. 15 mihi cumque (Plin. 7,51). exanimas: è ripreso poialv.5:
16 – uocanti : si spiega, poichè uo meae si partem animae rapit. 4 decus co
canti ha valore temporale , così: mihi, lumenque : pag. 156 [I-I), v. 2. 5 meae
quando cumque uocauero. Ma è unesempio partem animae : pag. 170, v. 8. 6 altera,
unico, e Lachmann seguito da LM. da K. app. a ego sottinteso . Porph. leggeva
276 LYRA ROMANA .

Nec carus aeque nec superstes


Integer ? ille dies utramque
Ducet ruinam . non ego perfidum
Dixi sacramentum : Ibimus ibimus, 10
Vtcumque praecedes, supremum
Carpere iter comites parati .
Me nec Chimaerae spiritus igneae
Nec , si resurgat, centimanus Gyas
Diuellet umquam : sic potenti 15
Iustitiae placitumque Parcis .
Seu Libra seu me Scorpios adspicit
Formidolosus, pars uiolentior
Natalis horae, seu tyrannus
Hesperiae Capricornus undae, 20
Vtrumque nostrum incredibili modo
Consentit astrum . te Iouis inpio
Tutela Saturno refulgens
Eripuit uolucrisque Fati
Tardauit alas, cum populus frequens 25
Laetum theatris ter crepuit soniim ;
Me truncus inlapsus cerebro
Sustulerat, nisi Faunus ictum
Dextra leuasset, Mercurialium
Custos uirorum . reddere uictimas 30
Aedemque uotiuam memento ;
Nos humilem feriemus agnam .

alteram . 7 carus, sott. mihi : Epl. 1 , 3, 29 : Suet. Aug. 94. 21 nostrum : gen, incre
Si patriae uolumus, si nobis uiuere cari. dibili modo : più solenne, con la sospen
aeque sott. atque prius eram. 10 sacra . sione dopo in per tmesi, che prosaico.
mentum : come i soldati, che giurano di 23 Tutela : parola astrologica. refulgens
seguire i comandanti dovunque li con (vedi adspicit ) = respiciens ' essendo in
ducano : Dion. Hal. 11 , 43. Ibimus ibimus : opposizione di ’. Iuppiter era astro buono,
ricorda forse l' Ep. [I] : vedilo a pag. 154, Saturnus cattivo. Quando sono in oppo
e cfr. i v. 5 e 6, 14, 23 e tutto. 13 Chi sizione, diuitias, felicitates et summae
maerae - igneae: pag. 207, nota al v. 23. beatitudinis incrementa decernunt: Iul.
14 Gyas (i codd. gigas): pag. 238, v. 69, Firmicus p. 328. Per le altre notizie, vedi
dove i codd. hanno pure gigas. 16 Iu Manil. lib. 4. 26 theatris : dip. da fre
stitiae : Themis. 17 Libra : la costella quens. ter crepuit : Prop. 4, 9, 4 : Et ma
zione sotto la quale nascevano i buoni nibus faustos ter crepuere sonos : vedi
giudici. Scorpios: sotto questa, i fonda [I-XX] più su. 28 Sustulerat, per sustu
tori o distruttori di città . adspicit (pres. lisset, a indicare la certezza dell'avve
perchè lo sguardo delle costellazioni, nimento, se non interveniva un altro
dopo la genitura , continua a rimaner fisso fatto. 28 Faunus : nella (III- VIII] v. 7,
sull'uomo, il cui destino elle definiscono) riconosce il merito a Liber, il che par
= adfulget. 18 uiolentior che ha più contradizione al Peerl. Ma Faunus e i
forza ' nel formare quel destino. 19 e Fauni non sono del seguito di Bacco ?
20 tyrannus Hesperide – undae : perchè Mercurialium : vedi a pag. 187, v. 13. 30
è signore delle plaghe occidentali e uictimas: opp. ad agnam : vedia pag. 254.
muove le tempeste in quei mari. Capri. 32 Nos : plur. dimodestia .agnam :nell'an
cornus : era il thema di Augusto stesso : niversario poi, caprum . Vedi a pag. 260.
HORATIVS CARMINA . 277

LIII . ( II- IX )

Non semper imbres nubibus hispidos


Manant in agros aut mare Caspium
Vexant inaequales procellae
Vsque, nec Armeniis in oris,
Amice Valgi, stat glacies iners 5
Mensis per omnis, aut aquilonibus
Querqueta Gargani laborant
Et foliis uiduantur orni :
Tu semper urgues flebilibus modis
Mysten ademptum , nec tibi Vespero 10
Surgente decedunt amores
Nec rapidum fugiente solem .
At non ter aeuo functus amabilem
Plorauit omnis Antilochum senex
Annos, nec inpubem parentes 15
Troilon aut Phrygiae sorores
Fleuere semper . desine mollium
Tandem querellarum , et potius noua
Cantemus Augusti tropaea
Caesaris et rigidum Niphaten , 20
Medumque flumen gentibusadditum
Victis minores uoluere uertices ,
LIII. – A VALGIO, — C. Valgius Rufus quales : alcuni quae mare inaequale red
(console nel 742), era l'elegiaco del cir dunt, altri con più o meno impeto
colo Maecenatiano. E l'autore del Pane Meglio mutabili, diverse ',poichè quel
girico a Messalla (Tib. 4, 1 , 179) dice di mare è , come ha Pomp. Mela 3, 5, pro
lui : Est tibi, qui possit magnis se accin cellis undique expositum . 7 Gargani:
gere rebus Valgius; aeterno propior non monte dell’Apulia, de cui boschi in Epl.
alter Homero. Orazio lo nomina tra i 2, 1 , 202 : Garganum mugireputes nemus.
suoi amici in Sat. 1, 10, v. 82. Con questa 9 urgues ' persegui ’. 11 decedunt amo
odicina pare voglia confortarlo a lasciar res “ il pensiero del tuo amore ti lascia ’
l'elegia per l'epos. “ Non piove sempre, 12 fugiente solem ' quando (la medesima
il Caspio non è sempre procelloso, non stella) fugge avanti il sole ”: cfr. a pag .
sempre gelata è l'Armenia, nè i querceti 80, nota al v. 1 di [XCV] . 13 ter aeuo
del Gargano sono sempre tormentati dal functus ' che tre volte compiè il giro
tramontano. Tu sempre piangi con la della vita umana ', che visse tre gene
mentevoli elegie il tuo Myste, piangi la razioni d'uomini: Il. A, 250, Odyss. Y ,
sera e la mattina. Eppure Nestore non 245. amabilem, poichè morì avendo an
pianse sempre il suo Antilocho , Priamo cora l'amabile fiore della giovinezza ;
ed Ecuba e le sorelle non sempre il loro e così si ha l'antithesis col senex ter
giovinetto Troilo. Smetti dunque l'ele aeno functus. 15 inpubem e perciò ama .
gie : cantiamo piuttosto le vittorie di bilem : le idee , al solito, si compiono a
Cesare, l'Eufrate conquistato, i Geloni vicenda. 16 Troilon : Verg. Aen. 1, 475 :
rintuzzati ’. Il tempo della composizione Infelix puer atque inpar congressus A
è certo dopo il gennaio 727, quando chilli. 18 querellarum (gen. alla greca) :
Caesar ebbe il nome di Augustus: vedi allude alle elegie, in cui querimonia pri
il v. 19. inum inclusa est : AP , 75. 20 Nipha
1 hispidos ' scompigliati ' . 2 Caspium : ten : monte dell'Armenia. 21 Medumque
singolare per le sue tempeste. 3 inae flumen ( l'Euphrate) è soggetto di uoluere:
278 LYRA ROMANA .

Intraque praescriptum Gelonos


Exiguis equitare campis.
LIV. ( I- XXXIII]
Albi , ne doleas plus nimio memor
Inmitis Glycerae neu miserabilis
Decantes elegos, cur tibi iunior
Laesa praeniteat fide.
Insignem tenui fronte Lycorida 5
Cyri torret amor, Cyrus in asperam
Declinat Pholoen : sed prius Appulis
Iungentur capreae lupis,
Quam turpi Pholoe peccet adultero.
Sic uisum Veneri , cui placet inparis 10
Formas atque animos sub iuga aenea
Saeuo mittere cum ioco .
Ipsum me melior cum peteret Venus,
Grata detinuit conpede Myrtale
Libertina, fretis acrior Hadriae 15
Curuantis Calabros sinus.
LV. (I-XXIV]
Quis desiderio sit pudor aut modus
Tam cari capitis ? praecipe lugubris

così da cantemus dipendono due comple femminile, come si può vedere dalle
menti oggetti e due proposizioni ogget statue greche. 6 Cyri : gen. oggettivo.
tive. Vedi oltre pag. 122, nota ai v. 15 7 Declinat, sott. a Lycoride. prius: ady
e 16, anche a pag. 194, la nota al v. 50. naton , come a pag. 123, v. 31 , e in forma
gentibus additum 22 Victis come i fiumi affermativa, a pag. 128, v. 7. 9 turpi
degli altri popoli vinti ’. uertices (= uor adultero : abl. come a pag. 207, v . 16 :
tices) ' onde '. 23 Gelonos : popoli Scy ingenuo amore. 10 Veneri : altra volta
thici . 24 Exiguis - campis “ in pianure (a pag. 215, v. 13) vedemmo Venere di
anguste lettarsi delle pene degli amanti . inparis:
LIV. -’, perchè
AD ALBIOintraTIBULLO.
praescriptum
- A .Ti mentre dovrebbe fare ut coeat par Iun
bullo , il soave poeta d'elegie, è diretta gaturque pari : Epl . 1 , 5, 25. 11 aenea,
pure l’Epl. 1 , 4.0 Albio, non ti dolere perciò impossibili a scuotersi dal collo.
troppo di quella Glycera , che mente al 13 melior Venus - melior flamma
suo nome, non cantar sempre quelle pie (pag. 207, v. 20) , per costumi e per na
tose elegie, perchè ella ti ha preferito un scita. 14 Grata -- conpede con ceppi
più giovane. Sisa : sono scherzi della dea che non dolgono '. 16 Curuantis = cur
dell'amore ; Lycoris ama Cyro, Cyro ama uando sinus efficientis.
Pholoe o Pholoe non gli corrisponde. LV. - A VERGILIO. È un canto per
Anch'io... mi amava una donna miglio la morte di Quintilio Varo, avvenuta
re ... eppuro sono rimasto con Myrtale, nel 730, secondo Hieronymo (ann . Abr.
che mi odia come il mare la spiaggia 1992). " Quando finirà il rimpianto per
1 plus nimio : pag. 205, v. 15. 2 Inmi una perdita così crudele ? Intona, o
tis Glycerae ' acerba Dolcezza ': oxymo Musa, il lamento. In eterno dunque dor
ron. 3 iunior, sott. te. 4 praeniteat ' sia mirà Quintilio ? buono, fido, giusto, sin
preferito ’: 5 tenui fronte: frons minima cero, come nessun altro sarà mai ? Tutti
(Petr. 126) era l'ideale della bellezza lo piangono : tu, più di tutti, o Vergilio ,
HORATIVS CARMINA 279

Cantus, Melpomene , cui liquidam pater


Vocem cum cithara dedit.
Ergo Quintilium perpetuus sopor 5
Vrguet ? cui Pudor et Iustitiae soror,
Incorrupta Fides, nudaque Veritas
Quando ullum inueniet parem ?
Multis ille bonis flebilis occidit,
Nulli flebilior, quam tibi , Vergili . 10
Tu frustra pius heu non ita creditum
Poscis Quintilium deos .
Quid si Threicio blandius Orpheo
Auditam moderere arboribus fidem ?
Num uanae redeat sanguis imagini , 15
Quam uirga semel horrida,
Non lenis precibus fata recludere ,
Nigro conpulerit Mercurius gregi ?
Durum : sed leuius fit patientia,
Quidquid corrigere est nefas. 20

LVI. (II-VI]
Septimi, Gadis aditure mecum et
Cantabrum indoctum iuga ferre nostra et
che invano lo ridomandi agli dei . Fossi crede bonumque ? lo stesso di cui parla
tu cantore simile al tuo Orfeo, sai bene Augusto nella lettera ad Orazio, riferita
che i morti non ritornano. Duro destino! da Suetonio nella Vita ? Tui qualem ha
ma la pazienza alleggerisce ciò che è im beam memoriam poteris ex Septimio quo
possibile mutare ”. que nostro audire; nam incidit, ut illo
1 desiderio al rimpianto '. pudor aut coram fieret a me tui mentio. Porph. lo
modus : Mart. 8, 64, 15 : Sit tandem pudor dice equitem Romanum , commilitonema
et modus rapinis. 2 capitis persona '. suum , cioè di Orazio. Questo giova cre
praecipe ' intona, precedi ’ : 3 Melpome dere, sebbene lo scholiasta abbia forse
ne = musa. pater = Iuppiter. 5 Ergo : ricavata la notizia dall'ode stessa. O
cominciamento solito nelle nenie : Sat. Septimio, che verresti meco nell'ultimo
2, 5, 101 : ergo nunc Dama sodalis Nus occidente, oh ! non lontano io voglio an
quam est. 6 Vrguet preme '. Pudor, dare : a Tibur io voglio riposare. Se li
qui è personificato. 11 frustra , secondo non posso, a Tarantoandrò, in quel can
alcuni va unito a pius, secondo altri , a tuccio di mondo che a me ride su tutti
poscis. creditum , agli dei . 13 Threicio' i paesi , tutto api e oliveti , dove lunga
Orpheo : leggi G. 4, 454 e segg. 14 mo
dererea è primavera , dove tiepido è l'inverno,
temperes. fidem “ la lyra ’: 15 dove le vigne dànno un vino non infe
wanae imagini: elowo chiama Omero riore al Falerno. Vieni anche tu : ivi
i morti. 16 uirga – horrida : la rhabdos spargerai la dovuta lagrima sulla cenere
di cui a pag. 196, v. 18. 17 fata ' il luogo ancor calda del tuo poeta ' . È un mo
fatale '. 18 Nigro -- gregi: dat. di moto . mento di tristezza che il poeta sfoga
19 Durum : ellissi , come in Frustra a con un amico de' primi anni. Donde tale
pag. 217, v . 21. 20 est nefas ' è impos tristezza ? In un'epistola, la 7 del libro I,
sibile ’ per le leggi divine. troviamo al v. 44 una singolare somi
glianza con l'ode presente : mihi iam non
LVI. - A SEPTIMIO. È questo il regia Roma Sed uacuum Tibur placet aut
Septimius, che Orazio raccomandò poi a inbelle Tarentum . Scrive a Mecenate, di
Tiberio Claudio Nerone ? quegli , di cui campagna, e non fa parola del predio Sa
disse : Scribe tui gregis hunc et fortem bino. E poi l'epistola ha qua e là molto
280 LYRA ROMANA .
Barbaras Syrtis, ubi Maura semper
Aestuat unda,
Tibur Argeo positum colono 5
Sit meae sedes utinam senectae ,
Sit modus lasso maris et uiarum
Militiaeque .
Vnde si Parcae prohibent iniquae,
Dulce pellitis ouibus Galaesi 10
Flumen et regnata petam Laconi
Rura Phalantho.
Ille terrarum mihi praeter omnis
Angulus ridet, ubi non Hymetto
Mella decedunt uiridique certat 15
Baca Venafro ;
Ver ubi longum tepidasque praebet
Iuppiter brumas, et amicus Aulon
Fertili Baccho minimum Falernis
Inuidet uuis . 20
Ille te mecum locus et beatae
Postulant arces ; ibi tu calentem

di duro, di dispettoso per il suo patrono: Argeo - colono (dat. ag .): pag. 161, v. 13 :
parla di restituire i doni suoi , portaad Tiburnus. Tiburtus poi o Tiburnus era
esempio didonatore sgraziato il Calaber discendente di Amfiarao. 7 e 8 maris
che regala le pere e, al rifiuto dell'ospite, et uiarum Militiaeque (dip. da lasso e da
soggiunge : Vt libet : haec porcis hodie modus) : il poeta risentiva la stanchezza
comedenda relinques; narra la piacevole della sua giovinezza avventurosa : Bruto
avventura di Vulteio Mena, da praeco militiae duce : pag. 186, 2. Risentiva le sue
divenuto possidentuccio, e che finisce preferenze giovanili : Me – percussit
col dire al suo benefattore : uitae me domus Albuneae resonantis Et praeceps
redde priori ! Il Cima, dopo avere da par Anio ac Tiburni lucus : pag. 161 , v. 10. La
suo esaminata l'epistola, conclude col sua vita da allora era stata in vano ? Cu
crederla un cento Horatianus, pubblicato rioso è osservare che il suo desiderio
dopo la morte del poeta. Non è piuttosto fu appagato : domus eius ostenditur circa
a credersi che ella fosse originata , in Tiburti luculum , ba Suetonio. 10 pellitis
forma più breve e aspra, da un dispetto ouibus : una particolarità strana del pae
di Orazio, e poi fosse ampliata e addol saggio Tarentino : le pecore, propter la
cita con qualche protesta di affezione e nae bonitatem (Varr. RR. 2, 2), erano
fatta precedere da quei primi 13 versi, rivestite di pelli, a ciò il vello non si
quasi a dare una ragione piccola e ami sciupasse. Galaesi : fiume poco distante
chevole a quello che segue, e intonare da Taranto, la cui acqua si credeva con
a scherzo l'epistola di per sè fiera ? E ferire alla bianchezza dei velli, come
il dispetto che suggerì la fiera epistola quella del Cefiso e del Clitunno. 11 e 12
si direbbe che ispirasse poco dopo l'ode Laconi – Phalantho (dat. ag.) : è il fon
melanconica . Così le bizze d'un fanciullo datore di Taranto. 14 ridet: ha la finale
finiscono in pianto. lunga per l'arsi , per la cesura, per la
1 aditure : si noti la somiglianza con quantità originaria. Hymetto (compendio
l'ode [XI] di Catullo : pag . 71. 2 Canta per mellibus Hymetti):monte dell'Attica,
hrum : i Cantabri , già vinti nel 725 si famoso per il suo miele, bianco e dolcis
ribellarono e non furono nemmeno pro simo. 16 Baca le bacche dell'ulivo ?.
strati da Augusto nel 729 e 730 ; chè Venafro: comp. per bacae Venafranae.
nel 735 provarono le armi di Agrippa. 18 e 19 amicus - Fertili Baccho amato
3 Syrtis: banchi di sabbia sulle coste da Bacco, datore di fertilità '; amicus è in
d'Africa. 4 Aestuat ' ferve, ribolle ' . 5 senso passivo, come a pag. 188 ( I- XXVI)
HORATIVS CARMINA . 281

Debita sparges lacrima fauillam


Vatis amici.
LVII. [I-XII)
Quem uirum aut heroa lyra uel acri
Tibia sumis celebrare, clio ?
Quem deum ? cuius recinet iocosa
Nomen imago
Aut in umbrosis Heliconis oris 5
Aut super Pindo gelidoue in Haemo ?
Vnde uocalem temere insecutae
Orphea siluae ,

v.l; fertilis, in senso causativo. Aulon , proemio e un epilogo, di tre strofe l'uno
est locus contra Tarentinam regionem : e l'altro. Per nove strofe si svolge l'argo
Porph. 22 arces ' le alture ' di Aulone : mento ; le quali ad alcuno sembrarono
Verg. Aen . 3, 553 Aulonisque arces . 23 doversi dividere in tre gruppi di tre, ai
fauillam “ la cenere ’. 24 Vatis amici : più in due gruppi di cinque e quattro.
notevole che nei primi 13 versi, che sup Il poeta svolge questo tema Pindarico
pongo fatti dopo, dell'Epistola citata, si ( Olymp. 2) : Signori della phorminx, inni,
trova, all'undicesimo, uates tuus, al se qual dio, qual eroe o qual uomo faremo
guente, dulcis amice. Se Septimius era risonare ? Nell'epinicio di Pindaro si ri
familiare di Augusto, non si potrebbe sponde cantando le lodi d'un uomo, nello
supporre in Orazio un distacco da Mece cui lodi si compenetrano quelle del mas
nate e un avvicinamento a Cesare ? come simo degli dei, Zeus, e del massimo degli
avvenne, sebbene si creda non avvenisse eroi , Heracles : Pisa è di Zeus, l'Olym .
prima del 731. Ora le parole uates tuus piade fu costituita da Heracle, Theron
e dulcis amice, sembrano una correzione vi riportò vittoria. Orazio , dopo la tri
in un impeto di tenerezza rinnovellata, plice interrogazione, risponde che loderà
di pentimento accorato. primo di tutti Giove che di tutti è, senza
comparazione, il più grande, sebbene
XI. Per Augusto. anche gli altri dei siano potenti ; loderà
poi gli eroi, Alcide, i Dioscuri con la
LVIII. IUPFITER E CAESAR. Di loro stella pacificatrice, gli spiriti e gli
quale anno è questo inno ? Se il Mar uomini grandi di Roma ; ma è tra questi
cello del v. 48 è veramente il nepote di un nome, che s'eleva su tutti, una stella
Augusto, che nel 729, diciottenne, sposò che fulge più d'ogni altra : il nome di
Iulia, la figlia dello stesso Augusto, l'inno Marcello, il Iulium sidus. Caesar è il più
dovrebbe essere di quell'anno. Ma come grande tra gli uomini e tra gli eroi : per
nella chiusa non nominare i Cantabri chè ? perchè è sotto la protezione di
contro i quali moveva Augusto ? Si può Giove: Giove ha dato a lui la terra e si
supporre che in Roma si conoscesse è tenuto il cielo. Così tutto è concate
l'imminente spedizione ma non si sa nato : si vuol cantare un dio ? quello ha
pesse contro chi doveva dirigersi. Ma se a essere Iuppiter , che regna secundo
Cesare era in Hispania, dove lo raggiun Caesare ; si vuol celebrare un eroe, un
sero i messi degli Indi e Scythi, cui si uomo ? quello ha essere Caesar, che go
accenna coi vv.55 e 56 ? Ponendo la data verna il mondo , minor solo di Giove.
dell'ode nel 730, dopo il ritorno di Au Da qualunque, dio eroe uomo, si cominci,
gusto, dopo la malattia che appunto sof si conclude con Augusto.
ferse in quell'anno, il silenzio sul trionfo 1-3 uiruin - heroa - deum : in Pin
già avvenuto e sulla malattia superata, daro sono in ordine inverso. Clio: vedi
parrebbe altrettanto inesplicabile L. 'inno a pag. 234 la nota al v. 2, Calliope ; e
è forse, dunque, anteriore di poco al 729, ricorda il verso di Rhianos : ol
fatto in un tempo in cui delle nozze fu tano, quando d'una il nome dirai. 4 ima
ture si parlava già e non ancora si par go: vedi a pag. 274, v. 8. 5 e 6 Helico
lava della ribellione dei Cantabri e Astu nis – Pindo – Haemo : via via più lon
ri, di cui nel 728 trionfava Sextus Appu tano: in Boeotia, in Thessalia, in Thracia :
leius. Ma veniamo all'inno ; esso ha un nell' Haemo inospitale Calliope partorì
282 LYRA ROMANA .

Arte materna rapidos morantem


Fluminum lapsus celeresque uentos, 10
Blandum et auritas fidibus canoris
Ducere quercus.
Quid prius dicam solitis parentis
Laudibus, qui res hominum ac deorum ,
Qui mare ac terras uariisque mundum 15
Temperat horis ?
Vnde nil maius generatur ipso ,
Nec uiget quidquam simile aut secundum .
Proximos illi tamen occupauit
Pallas honores. 20
Proeliis audax, neque te silebo,
Liber, et saeuis inimica uirgo
Beluis, nec te, metuende certa
Phoebe sagitta .
Dicam et Alciden puerosque Ledae, 25
Hunc equis, illum superare pugnis
Nobilem ; quorum simul alba nautis
Stella re fulsit ,
Defluit saxis agitatus humor,
Concidunt uenti fugiuntque nubes , 30
Et minax , quod sic uoluere, ponto
Vnda recumbit.

Orpheo. 7 uocalem canoro temere Brut. 173 : duobus summis – proximus ac


ciecamente '. 9-12 rapidos - Flumi cedebat, sed longo tamen interuallo pro
num lapsus “ il ruinoso andar delle cor ximus. itaque eum , etsi nemo intercedebat,
renti '. Blandum - Ducere così soave da qui se illi anteferret, neque secundum ta
trarsi dietro '. auritas quercus le men neque tertium dixerim. 21 Proeliis
quercie, che lo udivano '. Fluminum audax : alcuni lo riferiscono a Pallas, o
uentos -quercus: anche in questa strofa, sarebbe in quest'ode l'unico esempio d'ac
come nelle due precedenti, si vede il nu cavallamento, e Liber non avrebbe alcun
mero ternario, che domina in tutta la aggiunto (come, del resto Alciden e Ro
poesia. LM. a torto espunge la strofa, mulum , a capo delle due strofe,più giù) . Il
che per lui è aggiunta oziosa e guasta qual aggiunto, audax, sembra discordare
dalla tautologia di quercus, dopo siluae; col valore tranquillo e cosciente di Pal
ma è da notarsi che il poeta dopo aver lade, e convenir meglio al dio, di cui vedi
accennato il fatto mirabile delle selve a pag . 185 , v. 21 e segg., che fece come
che seguono il cantore, insiste, come a meravigliare gli altri. Audax in Orazio è
vincere l'incredulità, sui miracoli del detto della gens humana, dell'Iapeti genus,
l'arte materna, tornando con maggiori di Enceladus, della paupertas, del poeta
particolari al primo fatto . Ed et pare in etc. 22 uirgo : Diana. 23 certa ' infalli
significato di etiam ' persino, sì '. 13 so bile ’ : gli dei qui nominati dopo Giove,
litis: i rhapsodi omerici intonavano : Da abbiamo veduti tuttiin relazione con Au
Zeus cominciamo. parentis del padre gusto. 25 Alciden : apre la schiera degli
universale '. 15 e 16 uariis - horis eroi, come Iuppiter quella degli dei. pue
nella vicenda delle stagioni ’. 17 Vnde rosque e e i giovanili figli ’. 26 Hunc -
dal quale ', 18 secundum ' che lo segua illum : E Castore doma-cavalli e il buono
da presso ? Tra proximus e secundus la nel pugno Polideuce: Il.F, 237 e Odyss. 1,
differenza è data da questo passo di Cic. 300. 27 alba ' rasserenante ' : pag. 161,
HORATIVS CARMINA , 283

Romulum post hos prius, an quietum


Pompili regnum memorem , an superbos
Tarquini fascis, dubito, an Catonis 35
Nobile letum.
Regulum et Scauros animaeque magnae
Prodigum Paullum superante Poeno
Gratus insigni referam Camena
Fabriciumque. 40
Hunc et incomptis Curium capillis
Vtilem bello tulit et Camillum

v . 15. 29 Defluit saxis ' scende dalli sco. messa da Augusto in dissomigliarsi dal
gli '. 30 Concidunt uenti : questo e il suo grande prozio ? Perchè nel passo di
rimanente è imitato da Theocr. 22, 19 e Orazio , checchè si dica, si sottintende
segg. : Subito cessano i venti, e liscia facilmente il nome Caesar paragonato
bonaccia Per il mare ; e le nuvole via fug a Tarquinius. E Augusto non pare aver
girono qua e là. 31 e 32 quod sic uoluere approvato mai, pubblicamente , l'aspira
cosa che vollero essi, secondo il voler zione di Cesare al regno ; combattè, esi
loro '. I codd. migliori hanno quod, i più liò, uccise i congiurati qui parentem oc
quia, glossema di quod preso per con cidissent iudiciis legitimis ultus (vedi
giunzione. Meineke corresse di sic, come a pag. 193, nota al v. 44) , dando alla ven
è in Ouid. M. 6, 661 in immensum cre detta una ragione legittima di famiglia .
uit - sic di statuistis. Ei di non sareb Ma tuttavia è possibiie altra interpre
bero Castore e Polluce, heroes; chè la tazione : il poeta dubita se ricordare
distinzione è necessaria in questo inno, quegli che fondò o l'altro che incivili o
dopo quel proemio. Sitratterebbe dun il terzo che accrebbe Roma o infine colui
que d'un privilegio, d'una distinzione che la glorificò sopra tutti, Cesare. Il
concessa dagli dei - così in generale, quale sarebbe indicato col fatto ultimo
come nel passo Ovidiano ai due divini che diede a lui nelle mani l'impero
fratelli. Oppure sarebbe un'esclamazione, romano : la morte di Catone. Vedi a
a indicare miracolo ;un'esclamazione però pag. 199, v. 24. 37 Regulum : pag. 240,
in bocca de' marinai: il che pare discor v. 13 e segg. Scauros: M. Aemilius Scau
dare con lo stile dell'inno. ponto in rus, dopo l'infausta battaglia dell'Athe
pontum . recumbit si ridistende ’: 33 Ro sis, contro i Cimbri , mandò a dire a suo
mulum : il passaggio da heroes, tutti greci, figlio che era stato de' cavalieri che ave
a uiri, tutti romani, si fa mediante uo vano abbandonato Catulo , di non venir
mini che potrebbero anche essere con più in sua presenza. Onde questi coactus
siderati semidei : Romolo e Numa. 34 est fortius aduersus semetipsum gladio
superbos : sembra opposto a quietum e uti, quam aduersus hostes usus fuerat,
varrebbe quindi dispotici, tirannici ’ e Val. Max. 5, 8, 4. Si tratta di questi due ?
sarebbe da riferire a Tarquini. Pure si il padre era lumen ac decus patriae. Così
potrebbe intendere imperiosi ’. 35 fa si avrebbero tre nomi a indicare la mala
scis, i quali da Tarquinii introdusse in fortuna di Roma, etre a indicare la
Roma Tarquinius Priscus. I due Tar buona. 38 Paullum : Aemilius Paullus
quini è probabile sieno come fusi in uno : che morì a Cannae . 39 Gratus, dell'e
i fasci che Tarquinio indusse, che Tar sempio da loro dato, a prezzo della vita ;
quinio usò tirannicamente . Catonis 36 de' quali esempi uno ha cantato espres
Nobile letum. Catone si uccise in Utica samente, insigni (att.) che dà gloria ’.
per non sopravvivere alla libertà; la 40 Fabriciumque: col noto campione con
quale stava a cuore pure ad Augusto, tro Pyrrho comincia l'enumerazione de'
se nel Mon. Anc. 6, 14, dice di sè : rem grandi ne’tempi belli di Roma. 41 incom
publicam ex mea potestate in senatus po ptis - capillis: questa particolarità signi
pulique Romani arbitrium transtuli. E ficativa della semplicità della vita, va
Augusto lodò Catone : Macr. Sat. 2, 4. riferita a tutti e tre, a Fabricio e a Ca
EVergilio pose nell'Elysio Secretos- pios millo come a Curio. Curium : Curius Den
his dantem iura Catonem, che è , chec tatus, lo spregiatore dell'oro de' Sanniti.
chè si dica Servio, proprio colui che per 42 Camillum : quegli che ferro non auro
libertà rifiutò vita. Vogliamo in tutto recuperare patriam iubet(Liu.5, 49), que
ciò veder l'indizio di una cura speciale gli la cui statua sui Rostri era togata
284 LYRA ROMANA .

Saeua paupertas et auitus apto


Cum lare fundus.
Crescit occulto uelut arbor aeuo 45
Fama Marcelli ; micat inter omnis
Iulium sidus , uelut inter ignis
Luna minores.
Gentis humanae pater atque custos,
Orte Saturno, tibi cura magni 50
Caesaris fatis data : tu secundo
Caesare regnes.
Ille seu Parthos Latio inminentis
Egerit iusto domitos triumpho ,
Siue subiectos Orientis orae 55
Seras et Indos,
Te minor latum reget aequus orbem ;
Tu graui curru quaties Olympum ,
Tu parum castis inimica mittes
Fulmina lucis. 60

sine tunica. 43 Saeua paupertas : l'ode su , la pacificatrice,quella, delle tempeste


[III-II] a pag. 227 e la [III-V] a pag. 239 marine, questa, delle burrasche civili.
servano di commento a questi sei nomi. 48 minores : pag. 128, nota al v. 2. 51
auitus “ piccolo, come al tempo dei non secundo ; ' sì che il secondo sia, subito
ni ' ; vedi a pag. significar
144 , v. 3. eaptoannesso
: più che'. dopo te ’: vedi più su, al v. 18. 63 Latio
adattato ' par inminentis : è detto con hyperbole. 54
Abitavano sul loro fondo quei grandi iusto = merito, legitimo. 55 Orientis orae
e a uilla in senatum arcessebantur (Cic. al lembo del cielo orientale ?. 56 Se
Cat. 56) . 45 occulto - aero insensibil ras : i Chinesi. 57 Te minor : ricordano
mente nel tempo ' ; altri nell' ignoto Dis te minorem quod geris (pag. 243,v. 5)
avvenire ’ : per alcuni è dat., per altri e traducono riverente a te. " Non mi
abl. o assoluto o di qualità. 46 Mar par giusto : altro è minorem se gerere ,
celli (molti emendano in Marcellis): della altro minorem esse. Tradurrei : di te
grande ‘ spada ’ di Roma; cresce il suo solo minore ’. 58 Olympum , opposto a
nome, mediante il giovanetto nepote di latum - orbem . 59 e 60 parum castis -
Augusto, suo discendente. Nato nel 711 lucis ' ai sacri boschi profanati ’ : se un
da Octavia sorella di Octaviano, nel 729 fulmine cadeva in un bosco sacro, era
impalmò Iulia, nel 731 morì, e Vergilio segno che il bosco era stato profanato ,
ne pianse la morte: Aen. 6, 161 e segg. e doveva expiari. E negli Atti dei fra
inter omnis: tra tutti ? omnis gentis, o non telli Arvali si legge che per un ful
piuttosto omnis stellas ? 47 Iulium sidus: mine che fece bruciare alcuni alberi del
Verg. Ecl. 9, 47 : Ecce Dionaei processit bosco Deae Diae -- lustrum missum suo
Caesaris astrum ; ed è la stella della uetaurilibus maioribus. L'espr . d'Orazio
gens Iulia , la gens Iulia stessa ; e ri vale : tu dà il segno, e il tuo rappresen
cbiama, mi par certo, l'alba stella di più tante in terra farà ciò che tu chiederai.
HORATIVS CARMINA . 285

LVIII . (III -XIV)


Herculis ritu modo dictus, o plebs,
Morte uenalem petiisse laurum ,
Caesar Hispana repetit penatis
Victor ab ora .
Vnico gaudens mulier marito 5
Prodeat iustis operata diuis ,
Et soror cari ducis et decorae
Supplice uitta
Virginum matres iuuenumque nuper
Sospitum . uos o pueri et puellae 10

LVIII. IL RITORNO. – Di questa ode nell'anno 730 in cui tornò dall'Hispania)


variamente giudicata emendata e tor ex patrimonio meo HS. quadringenos con
turata, non conosco nulla di più bello e giari uiritim pernumeraui. Il che ci aiuta
più vivo e più lieto. Sebbene la letizia anche a capire il trapasso del v. 17. Dopo
in fine sembra chiudersi con un sospiro. avere assistito al corteo, dopo aver ap
Il poeta è in mezzo alla folla che aspetta plaudito il reduce, ogni famiglia poteva
Cesare, reduce dell' Hispania. Compari celebrare il suo festino ; poichè ai po
sce in tanto Livia, la moglie, Octavia, veri pensava la liberalità del vincitore.
la sorella, che devono andare incontro 2 Morte uenalem ' che si guadagna col
al marito e fratello . Con loro viene un pericolo della vita '. petiisse : è in rela
corteo di matrone : le madri dei guer zione col seguente repetit e vale ' es
rieri che tornano e delle loro spose. È sersi avviato a conquistare ’. C'è chi
un momento di grande ondeggiamento vede in questa frase un cenno al timore
nella folla, poichè tutti si spingono per che potè diffondersi della morte d'Au
vedere le illustri matrone. Suonano pa gusto, che in Hispania fu infatti malato
role qua e là dispettose ed equivoche, gravemente. 3 e 4 Hispana - ab ora
di chi si sente urtato e pestato. Il poeta dal lembo hispano della terra ' : ora
rimprovera la gente che ha attorno , mi pare in senso proprio , e mi fa mag
scherzando anch'esso e tutto lieto or giormente credere che Herculis ritu sia
dina il banchetto. Non deve mancarvi detto anche di repetit. 5 Vnico – marito :
la cantatrice , la citharistria Neaera ( è il lode alla pudicizia della moglie e al
nome d'una delle sue prime innamorate : l'eccellenza del marito. mulier : Livia .
vedi a pag. 127 7]) . Vai , ragazzo, e 6 Prodeat : s'intende che l'invito poe
chiamala : dille che si spicci e s'annodi tico equivale in prosa al fatto. iustis
appena i capelli. E se il ianitor, male operata diuis ' dopo aver sacrificato agli
detto ! facesse ostacolo... vientene via. I dei che furono giusti ' con Cesare. Al
capelli conuinciano a imbiancare e l'ani cuni codd. e molte edd. hanno sacris. 7
mo non è più quello dell'anno di Planco ' . soror : Octavia . cari : così il Vat. Reg.
L'anno di Planco è l'anno di Philippi . Il con altri: altri clari. Vedi a pag. 274,
poeta, ringiovanendo dalla gioia, trova v. 5. 8 Supplice uitta ' di bende , quali
i ricordi della sua giovinezza e se ne supplici ’: poichè era decretata la sup
stacca subito , un poco mestamente. plicatio . 9 Virginum – iuuenumque del
1 Herculis : bene comincia la poesia le giovani spose e dei loro sposi ?.
col nome del primo degli eroi. La com 10 Sospitum : si riferisce sì ai giovani
parazione vale sì per petiisse e sì per re guerrieri e sì alle loro spose, la cui vita
petit. Nota è la favola di Geryone po pendeva dalla loro. uos o: trovo il ban
polarissime erano le colonne d'Ercole . dolo in un dubbio del K. Il poeta a questo
modo poco fa ': la spedizione è durata punto , in cui si vede procedere la pompa
un lampo. Così pare ora che egli ritorna. femminile , con a capo le due grandi ma
plebs : questa esclamazione indica che trone, si rivolge alla turba impaziente
il poeta finge di essere tra il popolo, e fremente. Ciò è ben significato dal
nella calca. È da ricordarsi ciò che dice l'esclamazione . pueri et puellae : nel sen
Aug. di sè in Mon. Ancy. 3, 10 : Plebei so in cui è in Sat. 2 , 3 , 130 : Insanum
Romanae in consulatu decimo (proprio te omnes pueri clamentque puellae ; e 1 , 1 ,
286 LYRA ROMANA .

Iam uirum expertae , male nominatis


Parcite uerbis.
Hic dies uere mihi festus atras
Eximet curas ; ego nec tumultum
Nec mori per uim metuam tenente 15
Caesare terras.
I , pete unguentum , puer , et coronas
Ét cadum Marsi memorem duelli ,
Spartacum siqua potuit uagantem
Fallere testa . 20
Dic et argutae properet Neaerae
Murreum nodo cohibere crinem ;
Si per inuisum mora ianitorem
Fiet , abito .
Lenit albescens animos capillus 25
Litium et rixae cupidos proteruae ;
Non ego hoc ferrem calidus iuuenta,
Consule Planco .

LIX . [II-xx]
Non usitata nec tenui ferar
Pinna biformis per liquidum aethera
85. Così noi : eh ! ragazzi, ehi, spose ! tant'anni. 19 Spartacum : 681-683. siqua
11 Iam uirum expertae (molti correg se in qualche luogo ’. 20 Fallere'sfug
gono expertes prendendo uirum per gen . gire ', 21 argutae, come quella che do
plur.) : le parole parranno sempre strane veva esseree cantatrice e sonatrice. 22
e sconvenevoli, se non si pensa che dal Murreum odoroso di myrrha ', sem
poeta sono dette allegramente , male no pre, anche senza essere asperso dell'un
minatis (pochi codd . hanno male omina guento. Porph. dice che è colore inter
tis ) ' dal cattivo suono ' : imagino : Quid flauum et nigrum : castagno . E come se
iste fert tumultus ? dice qualcuno. E tu lo sarebbe inventato Porph. ? A me pare
multus può valere guerra repentina. Ecco interpr.ragionevole ,comparando il v. 25.
un uerbum male nominatum , duoovu nodo cohibere ' annodare, senza perder
hov. Imagino anche che qualcun altro, tempo ad intrecciarli . 25 albescens che
o meglio qualcun'altra, dica, di tra la comincia a imbiancare ’. 27 ferrem'non
ressa, le parole di Cesare assalito dai l'avrei sopportato in pace '. 28 Consule
congiurati, Ista quidem uis est. E ognuno Planco : 712.
compren quali sensi possa avere uis :
donde lo de scherzoso oxymoron di puellae Odi di commiato .
lam uirum expertae. L'idea di questo LIX. TRASFORMAZIONE. – È l'ultima
chiacchiericcio è presa dalle Adoniazou ode del libro secondo. Ad alcuni è so
sai di Theocr , dove si parla così spesso
spetta, come quella che sembra un'imi
di öx205. 14 Eximet (un cod . exiget, tazione dell'ultima del libro terzo, della
un altro exigit) toglierà '. curas : parola seguente. Nel fatto, quella differisce per
che può aver relazione con ciò che ho un punto principale, che non vi si parla di
scritto nelia nota all'ode ( II- VI ]. tumul morte prossima, e negli ultimi due versi
tum 15 – per uim : donde la spiegazione anzi vi si accenna al godimento della
mia. 17 puer : il servo, che, secondo il gloria da vivo. Nella presente invece si
consueto, aveva seco : vedi Sat. 1 , 9, 9. dice : neque in terris morabor Longius ;
18 Marsi – duelli: della guerra Sociale si conclude : Absint inani funere neniae -
o Marsica, 663-665 : vino di quasi set Conpesce clamorem. La presente è un in
HORATIVS CARMINA . 287

Vates, neque in terris morabor


Longius inuidiaque maior
Vrbis relinquam . non ego , pauperum 5
Sanguis parentum , non ego , quem uocas,
Dilecte Maecenas , obibo
Nec Stygia cohibebor unda .
Iam iam residunt cruribus asperae
Pelles et album mutor in alitem 10
Superne, nascunturque leues
Per digitos umerosque plumae.
Iam Daedaleo notior Icaro
Visam gementis litora Bospori
vito a Mecenate di non piangere sulla metros. 4 inuidiaque maior : Dice di sè
morte, che può essere imminente, del in Sat. 1 , 6, 46 : Quem rodunt omnes. 5
poeta amato ; perchè la morte sarà una e 6 pauperum Sanguis parentum : nel 1.1.
trasformazione alata e gloriosa. Della continua : libertino patre natum. quem uo
morte c'è il presentimiento ; il quale non cas : e continua ancora : quia sim tibi,
doveva provar di rado il poeta che era Maecenas, conuictor. Vocare ha bensì, da
di salute cagionevole e timoroso di ma sè, il significato di uocare ad cenam (vedi
lattie ; se Augusto gli scriveva (Suet. a pag. 40, v. 21), ma sarebbe strano e a
Vita ): si per ualetudinem tuam fieri pos dirittura impossibile qui, in quel senso
sit; se egli stesso scriveva a Mecenate speciale e assoluto, so non si credesse
(Epl. 1, 7, 4) : Quam mihi das aegro (se a un invito, a una uocatio, la quale desse
gno che era spesso malato), dabis aegro l'occasione a questa ode. Non dunque
tare timenti , Maecenas , ueniam . In una che tu suoli invitare a cena ', ma che
di queste malattie, potè Orazio rispon tu chiami a te, o inviti, ora ', come suoli
dere alle querule istanze di Mecenate, fare spesso, sì che io posso essere con
che lo voleva a sè, con questa ode, che siderato tibi conuictor . Quanto alla sup
è lo svolgimento del distico Enniano a posizione del Peerl. (* cui chiami dal tuo
pag. 21 , 1, 3 (vedi la nota). C'è in questo sepolcro ') , ella disdice nel contesto : si
svolgimento un leggiero sapor comico, richiederebbe ego obibo, uenio uenio, se
che può essere gustato più da chi ri quor sequor ; non il contrario. E anche
cordi gli accenni ironici di Orazio al la mia interpretazione urta contro que
pater Ennius o ai suoi somnia Pythago sto ostacolo, se non si ricorre a un altro
rea (Epl. 1 , 18, 40 ; AP. 416 ; Epl. 1 , 19, 7 ; supposto : che nell'invito di Mecenate
2, 1 , 50 e segg.) , e imagini che nelle fosse espresso un concetto, presso a
allegre conversazioni col patrono egli poco, come questo : mortuumne te dicam
doveva spesso sorridere o rideredi que nobis esse ? 7 Dilecte: vedi pag. 274, v. di
5.
sti sogni. Il Peerl. suppone, anzi crede, Alcuni congiungono : quem uocas e
che l'ode sia diretta a Mecenate morto clecte '. 9 residunt ' si posano '. asperae
squammose ’. 10 album in alitem : in
e sia fatta da Orazio per eccitare se stesso
alla morte deliberata e per consolarsi cigno. 11 Superne (con e finale breve)
con la certa speranza dell'immortalità. nella parte superiore ’. Domando per
Dopo la quale ode, il poeta avrebbepreso, dono ; non potrebbero essere, la prima,
forse, il veleno, e avrebbe seguito l'amico una particolarità vera della malattia, il
che lo chiamava. Bisogna notare, a scusa secondo il segno purtroppo verissimo
dell'acuto critico, che egli dichiara spu della incipiente vecchiaia (praecanus era :
ria la strofa terza. Epl. 1 , 20, 24) , facetamente indotti dal
1 nec tenui : come quelle che a Icaro poeta comeprincipii dell'apocycnosi ? le
si sciolsero e caddero. 2 Pinna (così tra ues liscie '. 12 Per digitos: si potrebbe
altri il Vat. Reg.): con laqual parola, me continuare ; poichè si sa l'uso sapiente
glio che con penna, si allude alle singolo che facevano i delicati , della uolsella ,
penne delle ali, dalla dura costola. bifor 13 notior ( così molti codd . tra cui il
mis : come tutti i uates, essendochè hanno Vat. Reg. altri ocior con iato impossi
sempre dell'alato : vedi a pag. 200, nota bile : il Bentl. congetturò tutior e fu
ai v. 1 e 2 di ( I- VI). Curioso il commento seguito da molti): perchè mutare, so
di Porph. quod et lyrica scribat et hexa si paragona il v. 19, Noscent Geloni ? Vo
288 LYRA ROMANA.

Syrtisque Gaetulas canorus 15


Ales Hyperboreosque campos .
Me Colchus et , qui dissimulat metum
Marsae cohortis, Dacus et ultimi
Noscent Geloni, me peritus
Discet Hiber Rhodanique potor. 20
Absint inani funere neniae
Luctusque turpes et querimoniae;
Conpesce clamorem ac sepulcri
Mitte superuacuos honores.
Lx . [ III-XXX )
Exegi monumentum aere perennius
Regalique situ pyramidum altius ,

lendo usare d'una comparazione, a chi gione parevano inutili a Mecenate di cui
meglio compararsi che a un alato che resta il superbo verso (Sen. Ep. 92) : Nec
diede il nome a un mare e a una terra ? tumulum curo, sepelit Natura relictos.
a uno che, come disse poi Ovidio, M. 8, LX. IMMORTALITÀ. Ed eccoci alla
224, Deseruitque ducem caelique cupidine chiusa dei tre mirabili libri, al com
tractus...? Ma Icaro cadde. E perciò Ora miato. Il poeta adopera lo stesso metro,
zio dice notior uisam , che significa che tra i lyrici il più familiare e modesto, che
vedrà più paesi e farà più lungo cam adoperò nel proemio (pag. 156). Il qual
mino. Orazio si figura nel suo viaggio proemio non fu, manifestamente, com
fantastico i popoli lontani intenti dalla posto nel tempo di questo epilogo, in cui
terra al celeste viaggiatore ; facile ima è accennata coi v. 9 e 10 una gloria più
ginazione, di cui ha qualche tratto Ovi alta di quella che potesse derivare dal
dio, in quel suo modo idyllico : Hos ali solo avere introdotto in Roma la lyrica
quis tremula dum captat harundine pisces, aeolica. Il poeta ha cantato, con voce
Aut pastor baculo stiuaue innixus arator degna di Roma, quel Capitolium al quale
Vidit et obstipuit, quique aethera carpere ascende il pontefice massimo con la mas
possent, Credidit esse deos. 14 Visam sima vestale , raccolti in sacro silenzio.
andrò a vedere ' , dall'alto. gementis ' che Egli allude dunque a poesie che nel proe
mugghia '. 15 Syrtisque : vedi a pag. 280, mio non promette, a poesie che nel tempo
v. 3. Gaetulas: specie per il genere: che scrisse il proemio, non doveva nem
africane '. canorus 16 Ales : il cigno ha meno prevedere di essere atto a fare. Me
un canto che da lontano vibra come doctarum ederae praemia frontium Dis
squillo di campana. 17 qui dissimulat miscent superis, me gelidum nemus Nym
metum che nasconde il timore ?. 18 pharumque leues cum Satyris chori Se
Marsae cohortis : pag. 240, nota al v. 9. cernunt populo ; diceva allora. Ora vuole
19 peritus che ha esperienza ' di noi l'alloro, ora sa che i suoi canti fanno
e delle cose nostre. E si riferisce sì a parte di quel mondo nuovo e glorioso che
Hiber e sì a Rhodani potor. Nel fatto è sorto per opera dell'Augusto.
questi popoli erano già conquistati alla 1 aere delle statue di bronzo ' ossia
civiltà latina. Dice, per es., Orazio al del bronzo ' delle statue, le quali Pin
suo libro (Epl . 1, 20, 13) mitteris Ilerdam , daro (Nem . 5, 1 ) spregia, immobili sulla
nell' Hispania. 20 Discet : è più che No loro base, a confronto dei suoi canti alati
scent. potor : = qui bibit, cioè l'abitante e datori di vita. 2 situ della mole '. Ma
delle rive ’, quindi il Gallo . Vedi a pag. alcuno interpreta per ' muffa, vecchiaia ',
218, [III-X] v. 1. 21 inani, poichè man fondandosi sull'imitazione di Mart. 8,
cherà il corpo . 22 turpes, per lo strac 3, 5 : cum rupta situ Messallae saxa ia..
ciare i capelli e le vesti, graffiarsi il cebunt, pensiero ripreso in 10, 2, 9 : Mar
volto. 23 Conpesce: ho cercato in vano mora Messallae findit caprificus. Si po
a chi il Peerl. supponga indirizzato que trebbe osservare che in Orazio si tratta
sto e il seg. imperativo, poichè a Mece di quei comparativi d'uguaglianza, tante
nate morto non possono essere diretti. volte notati; e che in tale espressione,
24 superuacuos inutili '. Per altra ra come il bronzo non è considerato di breve
HORATIVS CARMEN SAECVLARE. 289

Quod non imber edax, non Aquilo inpotens


Possit diruere aut innumerabilis
Annorum series et fuga temporum . 5
Non omnis moriar multaque pars mei
Vitabit Libitinam : usque ego postera
Crescam laude recens, dum Capitolium
Scandet cum tacita uirgine pontifex.
Dicar, qua uiolens obstrepit Aufidus 10
Et qua pauper aquae Daunus agrestium
Regnauit populorum , ex humili potens
Princeps Aeolium carmen ad Italos
Deduxisse modos. sume superbiam
Quaesitam meritis et mihi Delphica 15
Lauro cinge uolens , Melpomene , comam .

Carmen Saeculare .

Phoebe siluarumque potens Diana ,


Lucidum caeli decus, o colendi

durata, così disdirebbe dire delle pyra pontefice'in religioso silenzio ’, tra gli
midi, che vanno in rovina. 3 edax che inni della pompa . 10 e 11 qua Et
rode piano piano. inpotens, che ' vio qua : segnano il limite del paese, nel
lento ' abbatte a un tratto . 5 fuga tem quale nacque il poeta : quindi le propp.
porum : vale come un aggiunto, e fuga sono la dichiarazione di ex humili. Au.
cium , ad annorum . 6 multaque anzi fidus : ora Ofanto . pauper aquae : oppo
molta '. pars mei : che cosa ? il nomen ? sto a uiolens obstrepit. Daunus : favoloso
l'opus ? Considerando le imitazioni (Prop. re dell’Apulia. agrestium : particolarità
4, 1 , 35 e 56 e segg. Ouid . Am . 3, 15 , 7 non oziosa, tra popoli dediti solo all'a
e 19 e 1, 15, 41 , e M. 15, 871 ) c'è da du gricoltura nascere il poeta di Roma. 13
bitare ; tuttavia risulta più nomen . 7 Li Princeps “ per primo ’ : Libera per ua
bitinam la dea della morte ’ : altri li cuum posui uestigia princeps, dice in Epl.
bitinam (Liu. 41 , 19) i neri mini 1 , 19, 21. Aeolium : di Alcaeo e Sappho,
della morte '. usque via, via ’ : poststriera ma specialmente d'Alcaeo. 14 Deducisse
e aver derivato ’: altri e aver laboriosa.
de' posteri ’. 8 dum : non fare dipen
dere la prop . da Dicar . Capitolium : era mente composto ’, e ad Italos modos se
vaticinio della Sibylla che il Capitolium condo melodie italiche '. 15 Delphica
sarebbe il capo e il cardine della terra Apollinari. 16 uolens : parola solita
abitata , sino alla fine del mondo. Verg. nelle preghiere : pag. 3, v. 2. Melpomene
Aen. 9, 448 : Dum domus Aeneae Capitoli Musa ispiratrice ?.
inmobile saxum Accolet imperiumque pa
ter Romanus habebit : cioè, sempre. 9 III. CARMEN SAECVLARE.
Scandet salirà ' ; chè dal tempio di Ve
sta per andare al Campidoglio si saliva Si ha memoria di Saecularia celebrati
per la via Sacra . cum – wirgine : s'in al tempo della repubblica. I primi però
tende generalmente con le vergini Ve nel 505 , secondo la notizia di Varrone,
stali ’ ; ma pare si debba intendere della riportata da Censorino, 17 , 8 ; nel qual
sola Virgo Maxima , che in unione al anno essendo avvenuti molti portenti,
Pontifex Maximus andava al Capitolium et ideo libros Sibyllinos Xuiri adissent,
a pregare per il bene del popolo nelle renuntiarunt uti Diti patri et Proserpi
Idi di Marzo. tacita ' raccolta ' come il nae -- ludi centesimo quoque anno fierent.
PASCOLI, Lyra Romana 19
290 LYRA ROMANA .

Semper et culti , date quae precamur


Tempore sacro,

A ludi fatti prima di questo anno, non cularia nel 737. I quali ebbero di comune
si deve credere. In essi , a un'ara posta con quelli antichil'essere ingiunti da un
venti piedi sotto terra s'immolavano vaticinio di Sibylla e il luogo dove furono
hostiae furuae, cioè un bove e una vacca celebrati , cioè il Campus Martius; l'es
neri , agli Dei inferi , Dite e Proserpina ; sere continuati per un trinoctium o i
e per tre notti si continuava la solennità. sacri banchetti in onore delle dee, detti
In Val . Max. 2, 45 è l'origine favolosa sellisternia . Ma molto c'era di nuovo : già,
del rito. Nell'anno 705 avrebbe esso do si riferivano a secoli di centodieci anni,
vuto rinnovarsi per la terza volta ; ma e venivano alla fine d'un magnus sae
fu l'anno, quello, del cozzo delle armi clorum ordo. Poi differivano le vittime :
civili; e niuno allora ci pensò ; e così, in non più esclusivamente hostiae furuae,
quel secolo sarebbe stato omesso . Ma ma questo di notte, e boues albi di giorno.
esisteva un altro vaticinio Sibyllino (con Differivano gli dei : non Dis pater e Pro
servato da Zosimo, 2, 5) , col quale s'in serpina, ma le Moerae, le lithyiae, la Terra
giungevano cerimonie e sacrifizi molto mater nelle tre notti, Iuppiter Optimus
più particolari e vari per quando fosse Maximus, Iuno Regina, Apollo et Diana
finito agli uomini il ciclo di cento dieci nei tre giorni; così come è nel Xpnoutos
anni. Il qual vaticinio , da parole di Phle della Sibylla, conservato da Zosimo. Il
gonte ( peri macrob. 4) e dagli ultimi due quale ci dà ancora la relazione della fe
versi di esso vaticinio ( e a te tutta la sta , errando solo nell'aggiungere al nome
terra Itala e tutta quella dei Latini Sem degli dei , cui si sacrificava nelle tre
pre sotto il tuo scettro avrà il giogo sul notti , quello di Hades e Persephone.
collo ' ) , sembra fatto, e certo è riferito, Questo errore è venuto in luce dalla
ai primrordi della guerra sociale, cioè scoperta fatta, dal 20 Settembre 1890 al
l'anno avanti la distruzione di Fregellae, 4 Marzo del '91 , di frammenti del Com
avvenuta nel 629. Come nacque e quando mentario dei ludi secolari celebrati da
l'idea che questi nuovi ludi fossero stati Augusto, oltre altri minori di quello degli
istituiti (il che è in Cens. 17, 10 ed è con altri celebrati da Septimio Severo. Sono
fermato nell'esordio del commentario dei pezzi marmorei che rivestivano un cippo,
ludi Severiani) nel consolato di M.Valerio posto nel luogo stesso dove i ludi furono
e Spurio Verginio , l'anno CCXCVIII ? dal celebrati, come il Senato, a proposta del
qual anno al 737 sono appunto quattro console Silano, decretò ad conseruandam
secoli di cento dieci anni; o meglio, nel memoriam tantae b [eneuolentiae deorum ].
628 comincia un quarto secolo che finisce Da questo commentario ( I Commentarii
nel 737 : e questi sono appunto i quattro dei Ludi Secolari Augustei e Severiani
secoli della Palingenesia che si diceva con una illustrazione di Teodoro
avvenire ogni 410 anni. Chi pose d'ac Mommsen. Roma , 1891 ) attingiamo la
cordo il rito dei ludi secolari con la tradi cronaca della festa. Lo lesse, col Vaglieri
zione della Palingenesia ? Pare fosse l'au e il Huelsen , F. Barnabei , al quale quanto
toro stesso del carnie Sibyllino che ebbe io devo ! (Se credessi ai somnia Pythago
sentore di ludi che si dovevano celebrare rea , in lui vedrei Q. Orazio Flacco in
nel 628 ; o egli stesso mostrò poi il pen persona, sentendo il suo dulce loqui e il
siero che si fossero dovuti celebrare a suo ridere decorum . Chè di Orazio sente
evitare i guai che poi vennero : certo si recita illustra i Carmina e i Sermones con
può affermare non fosse Augusto. Poichè troppo miglior conoscenza che noi , men
sin dal 714 sapeva Vergilio d'una rela tre passeggia per quella Via Sacra, dove
zione che era tra i ludi secolari e il ma troppo spesso egli avrebbe occasione e
gnus saeclorum ordo, e sapeva che i se ragione di dire Huncine solem tam nigrum
coli avevano ad essere di cento dieci surrexe mihi ! se non glielo impedisse la
anni ; sebbene nel suo computo si rifa natura ancor più ingentilita nel miste
cesse dai ludi del 605, che egli, e a ra rioso trapasso dell'anima).
gione, crede gli ultimi celebrati. E qui
osservo di passaggio che Vergilio sem AVANTI LA FESTA. Prima del 25
brerebbe aver confuso o fuso la fine d'un Marzo dell'anno 737 fu messo fuori un
secolo e il principio d'un altro, precisa Edictum del Collegio dei XVuiri s. f.
mente come fece poi Augusto . Poichè (sacris faciundis) col quale si ingiungeva
sotto il consolato di Pollione, nel 714, il modo che dovevano tenere i cittadini
decus hoc aeui – inibit (Ecl . 4, 11) , dice nel celebrare sacrificium saeculare ludos
Vergilio. E Augusto celebrò i suoi Sae que qui centensimo et d[ecimo anno re
HORATIVS CARMEN SAECVLARE . 291

Quo Sibyllini monuere uersus 5


Virgines lectas puerosque castos

currunt ]. Ciò secondo una lettera del l'acqua del Tevere, dove ella scorre più
l'imp. Caesar Augustus. Il senato da lui alla stretta . In quella e nelle altre due
era stato consultato a. d. XIII K. Mart. notti , centodieci matrone, tante quanti gli
in curia Iulia ; ed esso dal senato ebbe anni del secolo, che avessero più di venti
l'incarico di ordinarli , non nella sua qua cinque anni, maritate , nel Capitolio invi
lità di principe, ma pro conlegio XVuirum . tavano alla sacra cena in sellas Iunone e
In essa lettera egli avverte ancora che Diana , duabus sellis positis, cioè tennero
i giorni dei ludi saranno feriati : [dili] i sellisternia . E Augusto immolava alle
genterque memineritis litibu [8 per eos Moerae ( Parcae; ma sono religiosamente
dies non esse praestandam] audientiam. conservati i nomi greci del testo Sibyl
Altri decreti del medesimo Collegio par lino e i sacrifizi sono compiuti Achiuo
lavano della distribuzione dei suffimenta ritu ) nove agnelle e nove capre nere,
e del ricevimento delle fruges. A. d. XK . hostias prodigiuas, che cioè si consuma
Jun. (23 di Maggio) in saeptis [ Iuliis] fu vano . E pregava : Moerae ! uti uobis in
rono fatti due senatusconsulta , con l'uno illeis libre [is scriptum est quarumque re
dei quali , facendo eccezione alla legge rum ergo quodque melius siet populo Ro
de maritandis ordinibus promulgata l'an mano Quiritibus uti uobis VIIII] agnis
no prima, a quelli qui nondum sunt ma feminis et IX capris fem [inis sacrum fiat,
ritati tra l'anno di loro età ventesimo uos quaeso precorque uti imperium ma
quinto forse o cinquantesimo o sessan iestatemque populi Romani] Quiritium
tesimo, e che secondo la detta legge duelli domique au [xitis utique semper
non avrebbero potuto assistere ai ludi, Latinum noinen tueamini, incolumitatem
si concede ut -- 8. f. 8. ( sine fraude sua) sempiter]nam uictoriam ualetudinem [po
spectare liceat, poichè i ludi sono isti pulo Romano Quiritibus tribuatis fauea
tuiti religionis causa neque ultra quum tisque populo R. Quiritium legionibusque
semel ulli mor [talium eos spectare licet] ; populi Romani ] Quiritium remque p. po
con l'altro si decretava che fosse in puli R [omani Quiritium saluam seruetis,
scritto il commentarium di essi ludi in uti sitis ] uolentes pr [opitiae populo Ro
una colonna aheneam et marmoream . mano] Quiritibus, XVuirum collegi [o mihi
A. d. VII aut VI aut V K. Iun . (26 o 27 domo familiae et uti huiu]s sacrifici acce
o 28 Maggio) dovevano cominciare le ptrices sitis VIIII ugnarum feminarum
cerinionie , con la distribuzione dei suffi et VIIII capraru [m feminarum proprija
menta . A. d. VIII K. Iun ., in fatti, fu mes rum (altri pulcrarum ) inmolandarum , ha
so fuori un editto dei XV uiri, i quali sti rum rerum ergo macte hac agna femina
marono commonefaciundos homines, che inmolanda estote fitote u [olente )s propitiae
si presentassero al sacerdote una volta P. R. Quiritibus XV uirum collegio mihi
sola con le mogli e i figli. Adunque nei domo familiae. Dopo il sacrifizio, si fecero
tre giorni indicati, nel Capitolio avanti i ludi nella scaena senza teatro , senza se
il tempio di Giove Massimo e avanti dili. Il giorno dopo, ossia il primo di Giu
quello di Giove Tonante, e nel Palatino gno, nel Capitolio l'imperatore Cesare
avanti il tempio d'Apollo e nel suo por Augusto sacrificò a Giove Ottimo Mas
tico, o avanti il tempio di Diana Aven simo un bove maschio, proprium : nello
tina e nel suo portico, i Quindici seduti stesso luogo un altro M. Agrippa ; e pre
in tribunali distribuirono alle famiglie garono : Iuppiter Optime Maxime ut in
de' liberi, le faci, il solfo e il bitume, illeis libreis scriptum est quarumque re
perchè venissero poi purificati, suffiti, rum ergo quodque melius siet Populo R.
ai ludi. Negli stessi luoghi , e nei tre Quiritibus tibi hoc voue mare pulchro sa
giorni seguenti , i cittadini portarono ai crum fiat, te quaeso precorque : il resto
Quindici frumento e orzo e fave (fruges) , come sopra. Furono ad atallam (che non
da essere poi distribuiti agli esecutori si sa che cosa voglia dire) Caesar, Agrip
delle cerimonie e dei giuochi. pa, Scaeuola , Sentius , Lollius , Asinius ,
LA FESTA . – Nella notte dal Maggio al Gallus, Rebilus. E poi si diedero i ludi
Giugno cominciò la celebrazione . Così era Latini in un teatro di legno edificato in
stabilito nella lettera di Augusto ai Quin campo presso il Tevere ; e le matres fa
dici, de' quali egli era quell'anno uno dei miliae tennero i sellisternia e non furono
magistri. Egli aveva detto e l'Edictum intermessi i ludi cominciati nella notte
aveva ripetuto : [ a nocte ea ] quoidies inlu e fu messo fuori un editto :
ciscet K. 1 [un. ad a. d. III) nonas Iun. Il
luogo fu, come voleva la Sibylla, presso XV . VIR.S.F.DIC
292 LYRA ROMANA .

Dis, quibus septem placuere colles,


Dicere carmen.

i Quindici dicevano alle donne che , stante riferire a Giove e a Giunone, designati
la legittima causa di letizia pubblica , to dal luogo dove si sarebbe trovato il coro
gliessero il lutto. E nella notte seguente a quel punto del carme, e dalla menzione
Augusto fece sacrifizio alle dee Ilithyiae dei boues albi, come il coro avrebbe pro
con nove liba , nove popana , nove pthwes nunciato il nome del Dio Ottimo Mas
(tre sorte di focaccie). E pregò : Nithyia, simo, all'ultimo, dando le spalle al Ca
uti tibei (si noti il singolare ), e vai di pitolio e tornato nel Palatino ? Haec
cendo. E nel secondo giorno Augusto e Iouem sentire: v. 73. Ma sopra tutto
Agrippa nel Capitolio sacrificarono a Iu me pare assurdo che si indichino Giove
none Regina una bouem feminam ognu e Giunone solo col nome Di, mentre al
no. E pregarono al solito modo; e poi v. 32 è Iouis aurae, a modo di circo
le centodieci matres familias nuptae pro scrizione poetica, mentre si abbonda nel
nunziarono un'altra preghiera, le cui pa nominare Febo e Diana, coi loro nomi
role erano intonate , forse, dall'Impera diversi. E il coro afferma d'aver cantato
tore. Le madrifamiglie di Roma, genibus le lodi di questidue. E in fine l'espres
nixae, domandavano a Iunone Regina la sione della lapide non si può torcere a
potenza, la salvezza, la gloria, la pro significare quello che l'illustre storico
sperità del popolo Romano, del nome vorrebbe. Ma, d'altra parte, come può
Latino, della repubblica e delle legioni. dire di Apollo e Diana, uos bubus uene
Furono fatti i ludi come il giorno prima, ratur albis ? Qui sta il punto. E io ri
e nella terza notte Cesare Augusto sa spondo con produrre un altro dubbio :
crificò alla Terra Madre una scrofa pre come chiama egli Diana col nome di Ili
gna e pregò al solito modo e tutto al thyia ? Abbiamo veduto che alle Ilithyiae
solito modo si fece. Finchè nel terzo dell'oracolo Sibyllino sacrificò Augusto
giorno, nel Palatino , l'Imperatore e nella seconda notte nouem libis e popanis
Agrippa offersero prima ad Apollo, poi e pthoibus (proprio con le medesime thye,
a Diana, nove liba , nove popana , nove secondo il medesimo oracolo, ad Apollo
pthoes, rinnovando a ogni offerta e poi e Diana), e prego : Ilithyia, uti tibei, al
due numi la preghiera . Finito il sacri singolare. Leggendo poi tutta quella stro
fizio delle XXVII focaccie ad Apollo e fa vediamo che si dà a Diana un altro
delle XXVII a Diana , pueri [ X ] XVII nome, che tanto sospetto parve al Bent.:
quibus denuntiatum erat patrimi et ma Genitalis. Ora Fest. citato dal Bent, ha :
trimi et puellae totidem carmen cecinerunt. Genitales (veramente il testo ha Geniales)
Nel marmo segue : eo [de ]mque modo in deos dixerunt Aquam Terram Ignem Ae
Capitolio : dal che il Mommsen ricava che rem , - Lunam et Solem . E insomma un
il carmen fosse cantato andando proces appellativo molto somigliante a mater, il
sionalmente dal Palatino al Capitolio o quale è dato nelle cerimonie a Terra e
dal Capitolio tornando al Palatino, in nessuno sognerebbe potesse darsi anche
modo che da tutti s'intendesse che i Di alla vergine Diana della solita mitologia .
dal v. 45, ai quali si fanno sacrifizi di Posso aggiungere che nel secondo giorno
boues albi , non erano Apollo e Diana invocò : Iuno regina ; e che nell'inno
(come da tutti si è creduto fin qui) ma gli (v. 35) è detto : Siderum regina - Luna
Dei massimi, avanti il cui tempio i fan e (v. 15) Siue tu Lucina probas uocari.
ciulli e le fanciulle passavano cantando Da questo a me pare si possa già rica
quelle strofe. Di che, vedremo. Il marmo vare che Orazio cantando Diana pensava
continua ancora : carmen composuit Q. a tre dee, a cui fu sacrificato, Ilithyia,
Hor [a ]tius Flaccus. Sentiamolo. Iuno regina , Diana . Non forse nello stes
IL CANTO. - Fu cantato, dunque, da so modo egli pensava a Iuppiter, can
ventisette giovinetti e altrettante fan tando Alme Sol ? Vedi Macr . Sat. 1 , 23.
ciulle, che avevano vivi i loro genitori ; Platone nel Timaeo attribuisce a Zeus
e prima fu cantato nel Palatino, eodemque il carro alato, che gli riconosce pure
modo in Capitolio. (Al Mommsen pare Orazio : vedi a pag. 265, v. 8. E in quel
impossibile che l'inno, così lungo, po luogo è notevole, al v. 5, Diespiter, che
tesse essere ripetuto due volte ; a me i Romani interpretavano diei et lucis
(sia detto con riverenza ) l'inno par trop pater (Gell. 5, 12 ; e altri). Non parrebbe
po breve, perchè accompagnassela lenta improbabile (vedi nota a l. c.) che si
pompa dal Palatino al Capitolio e dal ricorresse all'idea del carro alato e
Capitolio al Palatino. E poi, anche am quando si concepiva il dio come perse
mettendo che i versi 37-52 si debbano guitatore del malvagio per colpirlo del
HORATIVS CARMEN SAECVLARE . 293

Alme Sol, curru nitido diem qui


Promis et celas, aliusque et idem 10

fulmine e quando si concepisse come stione vuole altro ingegno, altro sapere
padre del giorno. Forse dunque il nostro che il mio ! Tuttavia i dubbi a Ilithyia
poeta, ubbidendo a ispirazioni di Augu del v. 14 e al presente ueneratur del v. 49,
sto , il grande riformatore e restauratore restano ragionevoli e domandano luce) .
della religione, identificava Iuppiter con Il sacrifizio è al suo termine: i XVuir.
Apollo, il suo Dio, col Sole, in questa seduti fanno col popolo la venerazione.
grande festadel rinnovamento romano E si alza il canto.
e mondiale. Si sa che del Sole era , se PARTE PRIMA. 4 Tempore sacro : era
condo la Sibylla, l'ultimosecolo o mese sacro, non perchè finiva o cominciava
dell'anno mondano, onde Verg. Ecl. 4, 10 : solamente un secolo, ma un periodo di
Casta faue Lucina : tuus iam regnat Apollo. quattro secoli, 440 anni. Era la Palinge
Lo identificava, ma con la prudenza e nesia. 5 Sibyllini - uersus : in tutte le
il mistero a ciò necessari. Onde, tor preghiere vi si alluse: uti - in illeis libreis
nando al v. 49, non si troverebbe più scriptum est. 6 lectas - castos : il primo
inesattezza nell'attribuire il sacrifizio di agg. si riferisce anche a pueros e il se
bouesalbi a Apollo e Diana ; poichè erano condo anche a Virgines : lectas vale non
stati immolati veramente, ad essi, sotto solo ingenuas, ma di nobile famiglia ' :
il nome di luppiter e di Iuno, nei due
giorni precedenti. Ma ciò non spieghe castos ' puri’, cioè non contaminati dalla
rebbe, e nemmeno seguendo il Mommsen, morte de' loro genitori: patrimi et matri
il ueneratur, presente, se non si consi mi, αμφιθαλείς, come ha il racconto di
derasse che la ueneratio è l'ultimo atto Zosimo. 7 Dis: agli dei immortali, ha l'o
del sacrifizio . Ora Augusto in questoa racolo. quibus — placuere : ciò è affermato
terzo giorno stimò forse di avere assolutamente: piacque a tutti gli dei il
compiere un sacrifizio unico che si era septimontium. 9 Alme che dài e conservi
svolto negli altri due giorni, interpretò, la vita ’. Sol : da questa invocazione si
nel seguire le ingiunzioni del canto Si rileva subito che Orazio celebra la fine
byllino, di avere ad obmouere e mactare non solo d'un secolo, ma di un anno
struem o fertum , offrendo le sacre fo mondano. Nell'oracolo, v. 16 ; • Phoibos
caccie, in relazione con le vittime inmo Apollon, Il quale anche Sole si chia
latae nei due giorni passati. Un indizio, ma '. E continua: ' uguali riceva Thy
pur lieve, di ciò è nella maggiore so mata Letoides '. E poichè prima è detto
Tennità e precisione con cui si fa in della vacca bianca da sacrificarsi a Here,
questo giorno la mactatio delle focaccie si credeva che dovesse ricevere boues
a nove a nove, e per le due divinità. albas. Wilamowitz emendò, secondo la
Poichè nella seconda notte fu pur fatta lapide θύματ’ ' Ελευθύησιν (nellala
la medesima offerta di liba popana pthoes, pide, 115, Deis Lithyis errore forse re
e non si fa che la preghiera solita uti ligiosamente riprodotto dall'oracolo che
supra ; mentre in questo giorno, a ogni aveva probabilmente : OÚPeactor Ael
specie di focaccie e per i due dei, si
ripete: Apollo (o Diana ), uti te popanis O únouv ) ‘ gli stessi thymata che le lli
datis bona prece precatus sum, eiusdem thyiae ', ossia nove liba, nove popana,
rei ergo macte heis libis libandis esto fito nove phthoes. Le llithyiae sono dee in
uolens propitius (dove si deve a popanis fere, non celesti, sono di quei daimones
sostituire libis, e viceversa). Si confronti che nell'oracolo e nella lapide sono detti,
il cap. 134 di Cat. AC. dove è presso a carezzevolmente, milichii, cioè dolci,
poco questa medesima formula : uti te propizi ’. O come ad Apollo, al Sole, lo
strue ommouenda bonas preces bene pre stesso sacrifizio che a quelle ? Nei ludi
catus sum etc., e dove si fa un grande Apollinares istituiti nel 542 (vedi a pag. 7,
ommouere e mactare di fertum e strues, Marcius uates, 4), gli si faceva sacrifizio
prima e dopo immolata la porca praeci boue aurato et capris duabus albis auratis :
danea. Insomma a me pare che dicendo, Macr. Sat. 1, 17. Il poeta, o meglio Au
bubus ueneratur albis, Orazio abbia vo gusto, dovè pensare, primo, che le Lityiae
luto, con poetica brevità che qui gio si riducevano a Ilithyia e che questa era
vava anche al recondito senso del rito , Diana, la sorella di Apollo; secondo, che
dire : Egli prega, nel sacrifizio de' bovi questi liba e il resto erano una strues o
bianchi,testè concluso con l'offerta delle un fertum a compimento del sacrifizio di
sacre focaccie. Sacrificioperfecto è nella hostiae maiores (Macr. l. 1. dove si noti
lapide a questo punto solo. Ma tale que che furono consultati i libri Sibyllini).
294 LYRA ROMANA.

Nasceris, possis nihil urbe Roma


Visere maius !
Rite maturos aperire partus
Lenis, Ilithyia, tuere matres,
Siue tu Lucina probas uocari 15
Seu Genitalis :
Diua, producas subolem patrumque
Prosperes decreta super jugandis
Feminis prolisque nouae feraci
Lege marita , 20
Certus undenos deciens per annos
Orbis ut cantus referatque ludos

Le quali hostiae maiores, due boues albi, Kalende Iunie, le tre volte nove focac
furono sacrificate, l'uno da Cesare l'al cie. Nell'oracolo sono Lithyiae o llithyiae,
tro da Agrippa, nel primo giorno, nelle diverse dalla sola Ilithyia, da Orazio e
Kalende Iunie. Ora à me pare che Au quindi da Augusto identificata con Diana .
gusto e Orazio interpretassero quel sacri 15 Lucina : ossia Iuno Lucina (vedi tra
fizio come fatto a Diespiter, a Lucetius, altro, a pag. 87, v. 13) alla quale erano
al Sole. Dice Macr. Sat. 1, 15 : cum Io sacre le Kalendae (vedi Macr. 1 , 15 : Ia
uem accipiamus lucis auctorem, unde et num Iunonium uocatum esse diximus, quod
Lucetium Salii in carmine canunt et Cre illi Deo omnis ingressus, huic Deae cuncti
tenses Aia tnv nué par uocant, ipsi Kalendarum dies uidentur adscripti). A
quoque Romani Diespitrem appellant, ut Iuno Regina fu fatto il sacrifizio boue fe
diei patrem . Così è nel pensiero d'O mina pulchra (una da Cesare, un'altra da
razio e d'Augusto Iuppiter identificato Agrippa) nel secondo giorno. E ingegno
col Sole e con Apollo. E, probabilmente, samente supposero, mi pare, il poeta e
con Ianus. Matutine pater seu — Iane : Sat. Cesare che il sacrifizio fosse già comin
2, 6, 20. Leggi a pag. 1,Carmen Saliare, 1 : ciato nella notte del primo giorno , con
O Zaul. curru nitido : vedemmo Orazio la strues o fertum di focaccie . 16 Geni
attribuire a Diespiter uolucrem currum. talis = mater. 17. Diua : il poeta, trala
Leggi a pag. 1 , Os. 1, 3 ; dove è Leu sciando il dio, s'indugia qui con la dea.
cesius o Lucetius, ossia l'auctor lucis, che Così nel secondo giorno dopo il sacrifi
tuona. diem qui 10 Promis et celas : pag. zio, le CX matrone, genibus nixae, aggiun
1, Cs. 1 , 4 : prome dius enum recumde. gevano la loro preghiera a quella già fatta
Non so se maggiore al mio sospetto in esso sacrifizio . Erano matres familias,
venga dalla ingegnosa ricostruzionedello nuptae. Qualunque fosse la formula della
Zander o a questa da quello, la proba loro preghiera ( era la solita ), l'atto e la
bilità . aliusque et idem : è, per me, eco qualità delle donne significavano che alla
di canti prischi, a noi ignoti; canti nei Dea si domandava : producas subolem.
quali era ancora lo stupore dell'uomo 18-20 decreta super iugandis Feminis :
primitivo che, dopo aver pianto e tre allude alla lex Iulia de maritandis ordi
mato della morte del Sole, salutava al nibus, con la quale si toglieva, per es.,
l'alba un altro Sole nato, un altro, pur il diritto di assistere ai ludi, a chi tra
così uguale al già spento, così lui. Non il 25 e il 50 o 60 di sua età non avesse
ci ha che vedere Lucr. 5, 659 Semina preso moglie, si concedeva, fuori che ai
ardoris - Quae faciunt solis noua semper senatori, di sposare liberte, si offrivano
lumina gigni, con che si spiega come il premi a chi avesse molti figli. decreta
sole non perde virtù di luce e calore. 12 super Lege : Augusto si mostrava ri
Visere : nella tua corsa attraverso lo spa spettoso dell'autorità del senato , e pro
zio : pag. 288, nota al v. 14. maius : Verg. fessava di eseguire essendo tribunicia
Aen. 7, 602: maxima rerum Roma. E così potestate (Mon, Anc. 1, 37) i voleri del
è e così sarà , o vate ! 13 aperire partus : senato. marita ‘ maritale '. 22 cantus –
di tutto . E qui apre il nuovo secolo ; non ludos : iludi cominciavano la primanotte,
solo ; ma il nuovo saeclorum ordo, la pa il canto era solo nel terzo giorno. 23
lingenesia. 14 Ilithyia : a cui furono of e 24 die - Nocte : il medesimo hysteron
ferte nella seconda notte, nella notte delle proteron . 25 Vosque – Parcae : ecco fi
HORATIVS - CARMEN SAECVLARE. 295
Ter die claro totiensque grata
Nocte frequentes.
Vosque ueraces cecinisse , Parcae, 25
Quod semel dictum est stabilisque rerum
Terminus seruet, bona iam peractis
Iungite fata.
Fertilis frugum pecorisque tellus
Spicea donet Cererem corona; 30
Nutriant fetus et aquae salubres
Et Iouis aurae.
Condito mitis placidusque telo
Supplices audi pueros, Apollo ;
Siderum regina bicornis , audi, 35
Luna , puellas.
Roma si uestrum est opus, Iliaeque
Litus Etruscum tenuere turmae ,
Iussa pars mutare Laris et urbem
Sospite cursu, 40
Cui per ardentem sine fraude Troiam
Castus Aeneas patriae superstes
Liberum muniuit iter, daturus
Plura relictis :
Di , probos mores docili iuuentae , 45
Di, senectuti placidae quietem ,
nalmente le Moerae, dalle quali si co quanto portare è debito per i mortali, che
minciò nella notte cui seguì l'alba delle offrano le primizie delle loro sostanze
Kalende Iunie. Nell'oracolo è iTOVTO A questo allude il poeta. E fu fatto, come
vedemmo. Esse erano propiziazioni per
YÓvols Molpais : perciò a loro, supe gli dei milichii,e di questi è Gaia. Cere
riori anche a Giove, si doveva sacrifi rem : è quella che l'oracolo chiama Gaia
care dapprima. Ma Orazio sembra spie e Zosimo Demeter . 31 e 32 fetus, signi
gare altrimenti il rito : esse sono prime, ficati nel rito dai porcelli che ha nel
perchè predicono : ueraces cecinisse. 26 ventre la scrofa nera , sacrificata nella
Quod semel dictum est : per alcuni è re terza notte a Terra mater. et aquae – Et
lativa anticipata di Iungite, per altri di Iouis aurae ` le pioggie e le aure del
pende da cecinisse; e così pare anche a cielo ’. salubres, le une eevale altre. 33
me : Quod semel dictum est = fatum , per Condito telo : s'intend la sagitta
chi pensi all'etym . diquesta parola. sta (pag. 282, v. 24) di Phoebo ; ma nella
bilisque rerum 27 Terminus - l'evento mente del poeta era anche la folgore di
certo e immutabile ' : è da unirsi stabilis Giove. 35 Siderum regina : regina ri
rerum , non rerum Terminus, seruet (così cordava anche Iuno Regina. E così con
i codd. molte edd . seruat), non è espr. clude l'interpretazione poetica del rito,
di desiderio, quasi si sottintenda utinam , e nulla ha tralasciato . Sono nove strofe.
ma di comando equivalente a forte af E la parte generale e mistica è finita.
fermazione. 28 Iungite: non come se PARTE SECONDA. – 36 Roma: con que
esse li creassero, ma perchè li predicono. sta sacra parola, avvicinata al Sole
30 Spicea - corona : la primizia delle sue nella prima parte, comincia la seconda,
messi: praemetium de spicis quas pri più politica e particolare, uestrum, di voi,
mum messuissent sacrificabant Cereri : Di. 39 Iussa , a uobis, mediante oracoli..
Fest. donetº abbia di che donare '. Diceva 41 sine fraude:
l'oracolo ( v . 27) : ' E tutti da casa portino, sine noxa c senza vale, come vedemmo,
colpa e perciò senza
296 LYRA ROMANA .

Romulae genti date remque prolemque


Et decus omne.
Quaeque uos bubus ueneratur albis
Člarus Anchisae Venerisque sanguis, 50
Inpetret, bellante prior, iacentem
Lenis in hostem .
Iam mari terraque manus potentis
Medus Albanasque timet securis,
Iam Scythae responsa petunt superbi 55
Nuper et Indi .
Iam Fides et Pax et Honos Pudorque
Priscus et neglecta redire Virtus
Audet, adparetque beata pleno
60
Copia cornu .
danno e va unito quindi a muniuit iter perfecto. 50 Clarus – sanguis : Caesar
per ardentem Troiam . Vedi pag. 185, v. 20. Octauianus Augustus, figlio adottivo di
45 Di: sono Apollo e Diana, ma presi in C. Iulius Caesar, discendente da lulus
quella comprensività simbolica che di figlio di Enea. 51 Inpetret (il Vat. Reg.
cemmo. Si meravigliava Porph.: quare con altri ha imperet, che non dà senso con
Romam opus Dianae et Apollinis dicat, Quaeque, il quale perciò si corregge in
nondum uideo. E aggiunge : nisi forte ex Quique ): egli domandava uti imperium
lectione Vergiliana hoc concepit, poichè maiestatemque populi Romani, e il resto .
Aenea venne in Italia spinto dagli ora bellante prior, iacentem 52 Lenis in ho
coli di Apollo (vedi per es. Aen. 4, 345). stem : Parcere subiectis et debellare super
Si, da quella lectione e da altro che ve bos : Verg. Aen. 6 , 855. Lo spirito di
dremo nell'ode sesta del quarto ; ma più Vergilio era presente a questa glorifica
dal fatto che nel Sole e nella Ilithyia zione del discendente di Aenea, pietate
egli vede il principio della vita. 47 Řo insignis et armis. Vergilio, che pure aveva
mulae = Romuleae. remque , significata celebrata un'altra palingenesia (Ecl. 4);
specialmente col sacrifizio alla Terra poi aveva , come pare, assentito all'idea
mater (v. 29-32). prolemque, significata di Augusto e di Ateio Capitone che dessa
coi sacrifizi a Ilithyia 0 Iuno Lucina fosse da celebrarsi, rifacendosi dall'anno
(v. 13-24). 48 Et decus omne, significato 298. Onde a guisa diprofeta, diceva : Au
col sacrifizio a te, Alme Sol, che non gustus Caesar , diui genus, aurea condet
hai a incontrare nulla di più grande di Saecula : Aen. 6, 792. Ma non vide i ludi.
Roma. 49 uos : per il Mommsen sono 54 Medus Parthus : nel 734 Phrahates
Iuppiter e Iuno; il coro, per lui, è ora aveva rimandato le insegne prigioni.
nelCapitolio, avanti il loro tempio. Per Albanas : i Iulii vengono da Iulo, primo
i comm . sono Apollo e Diana ai quali la re d'Alba. securis : il simbolo dell'inpe
falsa lezione dell'Oracolo attribuisce lo rium : Nel Mon. Anc. 5, 41 dei Parthi è
stesso sacrifizio che a Iuno Lucina. Per detto : supplices amicitiam pop .R. petere.
me, sono il Sole, che è Iuppiter e Apollo 55 responsa petunt : in Verg. Aen. 6, 796 :
nel tempo stesso , e Ilithyia che è Iuno Huius in aduentum iam nunc et Caspia
Regina e Genitalis e medesimamente regna Responsis horrent diuom et Maeotia
Diana e Luna. bubus - albis (per i comm. tellus. superbi, va riferito sì a Scythae e
è femminile): le cerimonie del “ tempo sì a Indi. 56 Indi : dice Augusto di sè
sacro ' costituiscono un sacrifizio solo : il nel Mon. Anc. 5, 50 : a me dall' India
sacrifizio dei quattro boues albi, due ma furono inviate ambascerie spesso, mai
schi e due femmine,preceduto e seguito prima d'allora non vedute presso il Capo
da offerta di strues di liba popana pthoes, dei Romani. 57 Fides et Pax et H. P .:
introdotto da un sacrifizio di hostiae pro qui pare alludere, più chiaramente che
digiuae (di cui nulla rimaneva) alle Par altrove, alla Palingenesia. Tam redit et
cae o Moerae, interrotto dal sacrifizio Virgo, redeunt Saturnia regna : aveva
della sus plena alla Terra mater o Ceres detto Verg. Ecl. 4, 6. 60 Copia : nel 731
o Demeter , ueneratur prega facendo con e 732 era stata carestia ; negli ultimi anni
gli altri Quindici la ueneratio ', sacrificio i grande abbondanza. 61 Augur : perchè
HORATIVS - CARMINA. 297

Augur et fulgente decorus arcu


Phoebus acceptusque nouem Camenis ,
Qui salutari leuat arte fessos
Corporis artus,
Si Palatinas uidet aequus aras, 65
Remque Romanam Latiumque felix
Alterum in lustrum meliusque semper
Prorogat aeuum .
Quaeque Auentinum tenet Algidumque,
Quindecim Diana preces uirorum 70
Curat et uotis puerorum amicas
Adplicat auris.
Haec Iouem sentire deosque cunctos
Spem bonam certamque domum reporto ,

75
Doctus et Phoebi chorus et Dianae
Dicere laudes.

Carmina [Lib . IV) .

I. [111]

Quem tu , Melpomene, semel


Nascentem placido lumine uideris,
inaugura il nuovo secolo e il nuovo or e desultores. Poi furono indetti ludi hono
dine disecoli. 62 Phoebus : è celebrato, rarii di sette giorni. E pr. eid. Iun . ossia
prima come Augur, poi come Argyroto il 12 Giugno, fu data una uenatio , ossia
xos, indi come Mousagetes, infine come un combattimento di fiere e di gladiatori.
Paieon. 65 Si' comevero che ’. Palatinas E coi ruggiti e col sangue terminò la fe
- aras (così il Vat. Reg. e altri : altri sta secolare di Roma.
codd. e edd. arces): allude all'ultima fun
zione del sacrifizio, fatta nel suo tempio IV. ODI DEL QUARTO LIBRO.
Palatino. 66 felix : va unito con Rem Ro
manam e con Latium . 68 Prorogat: così bi I. - IL LYRICO DI ROMA. Carmen
sogna leggere, poichè i codd. hanno nella composuit Q. Horatius Flaccus : si leggeva
strofa seguente curat adplicat. 69 Auen nella colonna di bronzo e in quella di
tinum : dove Diana aveva un tempio. Al marmo che si eressero a conservare
gidumque: vedi a pag . 262,v.6. 70 Quin la memoria dei ludi secolari. Coi nomi
decim - uirorum, Sacris Faciundis, i quali dell'Imperatore, de' Quindecimviri, de'
erano presenti col primo di loro, Caesar Consoli, de' più grandi di Roma, si leg
Augustus. 72 Con questo verso termina geva il nome del figlio del liberto Veno
la seconda novena di strofe : e, in certo sino. Augusto aveva giudicato i suoi
modo, l'inno. 73 E questa si può con canti mansura perpetuo (Suet. Vita), per
getturare che sia una strofa aggiunta e ciò gli aveva dato a fare il Carmen Sae
cantata solo nella ripetizione dell'inno, culare. E lo arricchì ancora : unaque et
che fece il coro nel Capitolio : dopo la altera liberalitate locupletauit (Suet. ib .).
quale i fanciulli e le fanciulle tornavano A tale liberalità dovette forse Orazio la
a casa , Iouem , che indica bene il Capi sua casa presso il Tiburti luculum . I voti
tolium . sentire volere '. di lui erano adempiuti. Egli aveva il re
Terminato il canto si fecero ludi scae cesso di Tibur (pag. 280, v. 5), forse ; egli
nici, poi ludi circenses. Corsero quadrigae era aggiunto al canone de ' lyrici greci
298 LYRA ROMANA.

Illum non labor Isthmius


Clarabit pugilem , non equus inpiger
Curru ducet Achaico 5
Victorem , neque res bellica Deliis
Ornatum foliis ducem ,
Quod regum tumidas contuderit minas,
Ostendet Capitolio ;
Sed quae Tibur aquae fertile praefluunt, 10
Et spissae nemorum comae
Fingent Aeolio carmine nobilem.
Romae principis urbium
Dignatur suboles inter amabilis
Vatum ponere me choros, 15
Et iam dente minus mordeor inuido.
O testudinis aureae
Dulcem quae strepitum , Pieri , temperas,
O mutis quoque piscibus
Donatura cycni, si libeat, sonum , 20
Totum muneris hoc tui est,
Quod monstror digito praetereuntium
Romanae fidicen lyrae :
Quod spiro et placeo, si placeo, tuum est.

(pag. 159, v. 35 ), e l'invidia non aveva tissimo poeta ; che rispondeva: * Facilis
più potere su lui (pag. 287, v. 4). " O Musa, simo... O impossibile '. Isthmius : specie
lo sguardo benevolo che posasti su me per il genere. 5 Achaico : vale ' greco ',
nascente, doveva far di me un illustre pur col ricordo dell'origine eroica che
non pugile, non auriga, non condottiero - aveva il gusto dei Greci per bighe e qua
ma poeta, inspirato dalle cascate rumo drighe. 6 e 7 Deliis --- foliis : intendono
reggianti, dalle sussurranti boscaglie. Ec alcuni dell'alloro, altri della palma: pag.
co, i figli di Roma, capo del mondo, mi 87, nota ai v. 7 e 8. 8 regum : pag. 203,
pongono tra ipoeti e l'invidia già più non v. 12. Reges, antithesis a Populus Roma
m'offende. O Musa, che tempri la cetra nus. 9 Capitolio : dove col trionfo saliva a
d'oro, o Musa, che daresti ai muti pesci fare il sacrifizio. 10 praefluunt ' scorrono
il canto del cigno, è opera tua se mi avanti ”. 11 nemorum comae : pag . 159,
mostrano a dito e dicono : Hic est ille v. 30. Tac. Dial. 9 : poetis in nemora et lu
ROMANAE FIDICEN LYRAE ; è opera tua il cos , id est, in solitudinem recedendum est.
mio canto e la mia gloria ! ” Aeolio carmine : pag. 289, v. 13. 13 e 14
1 Melpomene: pag.289, v. 16. semel: Romae - suboles i Romani ’ : tuttavia
una volta basta à chi può tutto. 2 ui Porph. pensando alla notizia di Suet.: Ne
deris : Hes. Theog. 81 : " Cui onorino di rones uult intellegi, quos Augustus priui
Zeus grande le fanciulle E al nascere gnos alioquiut suos loco filiorum diligebat:
guardino - A lui nella lingua dolce ru da che si vede che per lui Romae è lo
giada versano, A luiscorrono dalla bocca cativo, principis urbium vale Augusti. 17
parole soavi ’. E Callim. 21 , 4 aureae : è l'epithet. di Pindaro , P. 1, 1.
questi cantò cose maggiori dell'invidia. 18 strepitum : vedi Epl. 1, 2, 31 ; 14, 26. È
Sia detto con perdono ; chè quanti le Muse pure di Pindaro : I, 4, 27. temperas e ac
guardarono da fanciulli con occhio Non cordi ’. 20 cycni - sonum : pag. 288, v. 15
torto, non cessarono d'amare nella gri e 16. 22 monstror digito : Pers. 1, 28 : At
gia vecchiaia '. 3 labor: a cui si oppone pulchrum est digito monstrari et dicier
la divina e serena facilità dell'opera e Hic est. Cic. T. 5, 103 : Demosthenes illo
gloria poetica. * Difficile fare codesti susurro delectari se dicebat - Hic est ille
versi? " domandava non so chi a un al Demosthenes '. 23 fidicen : in Epl. 1, 19 ;
HORATIVS - CARMINA . 299

II. [vi]
Diue , quem proles Niobea magnae
Vindicem linguae Tityosque raptor
Sensit et Troiae prope uictor altae
Phthius Achilles,
Ceteris maior , tibi miles inpar, 5
Filius quamuis Thetidis marinae
Dardanas turris quateret tremenda
Cuspide pugnax :
Ille, mordaci uelut icta ferro
Pinus aut inpulsa cupressus Euro, 10
Procidit late posuitque collum in
Puluere Teucro ;
Ille non inclusus equo Mineruae
Sacra mentito male feriatos
Troas et laetam Priami choreis 15
Falleret aulam ;

32 : Hunc ego Latinus Volgaui fidicen . gli Dei – o Dio del canto e della luce ,
24 Quod, per alcuni è cong. per altri o Dio giovanile, proteggi il mio nuovo
pronome. spiro ho l'ispirazione poe canto italico. O fanciulle e giovinetti
tica ', cosa senza fatica ,comeil respirare. delle prime famiglie di Roma che siete
si placeo : modesta e graziosa correzione . nella protezione di Diana ; io ho da
E il verbo richiama placido lumine del Phoebo l'ispirazione, l'arte, la gloria di
V. 2. poeta : osservate il tono che io segno
II. VATES HORATIVS . Al lumi toccando col pollice le corde della lyra,
e cantate il figlio di Latona, cantate la
noso iddio di Augusto, all'iddio che do notturnofulgente , che fa prosperare i
minò nella festa secolare, dirige il poeta campi e governa le stagioni. O fanciulle,
il suo ringraziamento . E lo foggia a quando sarete maritate, potrete dire :
itpooldecoy dell'inno stesso che com Nella grande festa secolare io era del
pose, e imagina presente il coro de' nobili coro, cui insegnò il suo canto il Vates
giovinetti e fanciulle. Notevole l'inge Horatius '. È la prima volta che il poeta
gnoso aggiramento per il quale conclude pone il suo nome (vedi a pag. 128, v. 12).
à dichiarare Apollo il principale autore È ciò manifestamente per essere quello
e protettore di Roma; e ciò è come un già consacrato nella colonna di bronzo
commento al Canto Secolare. Ma qui con e in quella di marmo .
Apollo è nominata Venus (v. 21), a cui, 1 e 2 magnae linguae ' del vanto
per la necessità di seguire religiosa
mente il testo Sibyllino, non si fece sa orgoglioso ' : poichè Niobe (Il. L , 607)
crifizio nei Ludi, sebbene ella fosse Ae si agguagliava a Leto, dicendo che quella
neadum genetrix . Pure in quel Genitalis si due soliaveva partorito ed essa molti.
può vedere l'indizio che in Diana Ilithyia Tityos : pag. 239, v . 77. 3 prope uictor :
Lucina è fuso anche il nume di Venere nell'Aethiopide si raccontava l'assalto
fecondatrice .' O Dio, di cui sentì il potere dato da Achille a Troia. 5 tibi miles in
Niobe e Tityos e Achille che quasi quasi par : Hector in Il. X 359 dice al vinci
ebbe a prendere Troia – ma morì, per tore : In quel giorno in cui Paris e
opera tua ,a tempo ; chè, se non fossi stato Phoibos Apollon , Per bravo che tu sia, ti
tu, egli non si sarebbe bensì chiuso nel uccideranno alle porte Scaee. 11 Proci
cavallo di legno, ma avrebbe distrutta dit late, occupando molto terreno, come
tutta la generazione di Troia e nessuno un cipresso o un pino caduto. 13 e 14
sarebbe scampato : Aenea non sarebbe Mineruae Sacra mentito : Verg. Aen. 2,
venuto in Italia , Roma non sarebbe sorta : 183 : Hanc pro Palladio moniti, pro nu
tu e Venus ciò impetraste dal padre de mine laeso Effigiem statuere, nefas quae
300 LYRA ROMANA.

Sed palam captis grauis , heu nefas heu ,


Nescios fari pueros Achiuis
Vreret flammis , etiam latentem
Matris in aluo, 20
Ni tuis flexus Venerisque gratae
Vocibus diuum pater adnuisset
Rebus Aeneae potiore ductos
Alite muros :
Doctor Argiuae fidicen Thaliae , 25
Phoebe , qui Xantho lauis amne crinis ,
Dauniae defende decus Camenae ,
Leuis Agyieu.
Spiritum Phoebus mihi , Phoebus artem
Carminis nomenque dedit poetae. 30
Virginum primae puerique claris
Patribus orti,
Deliae tutela deae, fugacis
Lyncas et ceruos cohibentis arcu ,
Lesbium seruate pedem meique 35
Pollicis ictum ,
Rite Latonae puerum canentes,
Rite crescentem face Noctilucam ,
Prosperam frugum celeremque pronos
Voluere mensis . 40
Nupta iam dices Ego dis amicum ,
Saeculo festas referente luces,
triste piaret. male feriatos “ che in mal * intonso ' : ' giovanile '. Agyieu : nome
punto si diedero alle feste '. 16 Falle di Apollo tra i Greci, quasi uiis prae
ret: il poeta si poneal momento, espresso positus. 29 Spiritum : vedi prec. v. 24.
nei v. 21-24, in cui la sorte d'Achille non 30 poetae : vedi a pag . 15, nota a Fauni
era ancora decisa. 17 palam captis : ab uatesque, 1 , 4. E qui è notevole la pa
breviato per palam pugnando caperet et ; rola greca ,poeta, la quale messa in re
e palam è opposto a falleret, heu nefas lazione a Dauniae Camenae tra tutti
heu : l'esclamazione è suggerita al poeta , quei nomi greci, segna un'esaltazione e
più che dal fatto in generale, da una un incremento, quasi il Vates solo col
particolare sua conseguenza, che sarebbe carme nella festā secolare (la quale si
stato tra i bambini uccisi Iulus. 18 Ne era fatta Achiuo ritu ) sia entrato nel no
scios fari infantis. Una minaccia si vero dei Poetae greci. 31 Virginum pri
mile è di Agamennone in Il. Z, 57. 21 mae : vedi Carme Secolare, v. 6. 33 De
Ni : solo qui, delle Odi. 23 Rebus Ae liae tutela deae: pag. 87, v . 1 e 2. 36 Pol
neae = Aeneae. ductos ' segnati ’ con l'a licis ictum : id est : modulationem lyrici
ratro : e ductos vale quasi ducendos : il carminis. et suauiter hoc dicitur, quasi
cenno della divinità onnipotente fa che ipse lyram percutiat : Porph . 38 crescen
il futuro sia già da quel momento. 25 tem face : la luna è la fiaccola della Dea.
Thaliae * musa '. 26 Xantho : fiume della Noctilucam : dice Varr. LL. 5, 68, che era
Lycia, presso cui è Patara, dove Apollo così chiamata nel Palatino, nam ibi lucet
era onorato. crinis, che sono lunghi. 27 noctu templum. 39 Prosperam frugum :
Dauniae ' Appula ', cioè la sua:pag . 289, pag . 88, v. 19 e 20 ; e per ciò che segue,
v. 10 e segg . 28 Leuis : ‘ liscio cioè v. 17 e 18. pronos ' scorrenti '. 41 Nupta :
imberbe ', come prima ha voluto dire come si è volto da Apollo a Diana, così
HORATIVS - CARMINA . 301

Reddidi carmen docilis modorum


Vatis Horati ' .

III. (11)
Pindarum quisquis studet aemulari ,
Iulle , ceratis ope Daedalea
pare aver dimenticato i giovanetti del stro Druso aveva a combattere i Raeti
coro. Ora parla alle fanciulle tutte, non i Vindelici che dalle Alpi avevano
a una : che al coro si parlava in singo spesso fatto incursioni nell'Italia e nella
lare. 41 amicum ' grato ’. 42 luces : i Gallia . E Augusto , finita così facilmente
tre giorni. 43 Reddidi : poichè prima lo la sua impresa Sygambrica, mandava Ti
ha cantato il maestro. docilis docta . berio ad aiutare il fratello che già aveva
III. CIGNO E APE. Rileggiamo in riportata vittoria. Iullus Antonius invitò
Suet. Vita Q. Hor. Flacci : scripta quidem dunque (pare verosimile) a cantare le
eius usque adeo probauit – ut non modo future vittorie da riportarsi ductu e auspi
saeculare carmen conponendum iniunxerit cio di Cesare e il suo ritorno trionfale.
sed et Vindelicam victoriam Tiberii Drue Dei Vindelici non è qui parola: ma si
sique priuignorum suorum , eumque coe può supporre a ogni modo che Suet.
gerit propter hoc tribus carminum libris combinasse la sua notizia traendola da
ex longo interuallo quartum addere. Uno questa ode, in cui si accenna a domanda
schol. di questa ode dice : Iulus Anto di carmi Pindarici, e dalle quarta e quat
nius rogauerat Horatium , ut scripta Pin tordicesima che sono realmente di stile
dari Graeca in laudem Caesaris tran Pindarico e trattano delle vittorie dei
sferret. Poichè Augusto non può nello priuigni d'Augusto . Fu insomma Iullus
stesso tempo avere ingiunto a Orazio di Antonius che invitò Orazio a cantare le
comporre il carmen saeculare e di cele nuove glorie d'Augusto, e ciò parve o
brare la uictoria Vindelica che fu presso fu a nome di lui. E nell'invito doveva
a poco tre anni dopo la grande festa , noi esservi un cenno al carme secolare così
possiamo, secondo la notizia dello schol. alto e degno d'Augusto e di Roma ; poi
e l'ode stessa presente, congetturare chè Orazio risponde in quel metro e al
che l'invito a Orazio di celebrare le im lude ad esso altrimenti ancora . Un
prese - forse di là da venire - de' suoi altro Pindaro, io ? No , Iullo, le mie ali
figliastri e di lui stesso, gli arrivasse col sarebbero attaccate con la cera e cadrei
mezzo di Iullus Antonius. Il quale era ( questo con tutti i ragionevoli dubbi) .
figlio di M. Antonio, il triumviro, e di Pindaro è un torrente che straripa, è sem
Fulvia, nato nel 710 circa . Fu educato pre grande, sia che intuoni dithyrambi,
da Octavia , dolce matrigna, amato e sia che hymni e paeani, sia che epinici,
careggiato da Augusto che gli diede in sia che threni. In alto vola Pindaro : egli
moglie Marcella figlia di Octavia e sua è un cigno. Io, invece, sono un'ape che
nepote , che lo fece sacerdote, pretore mi aggiro tra i timi, componendo in
nel 741 , console nel 744. Nel 752 fu co dustriose celle di carmi. Tu, poeta più
stretto a uccidersi, per le sue relazioni sublime, canterai Cesare, quando trarrà
con Iulia, la figlia del suo benefattore e incatenati i Sygambri, vincitore subli
affine. Egli era poeta e scrisse un poema me ; tu canterai la gioia della città , i
epico in dodici libri, le Diomedee. Dal suoi ludi e le sue feste quando egli tor
l'esordio dell'ode, senza bisogno dell'af nerà. E io, felice del suo ritorno, mesco
fermazione dello schol., s'induce facil lerò le mie acclamazioni a quelle del
mente che Antonio domandava a Orazio popolo : griderò, o Sole bello e glorioso !
carmi pindarici; dal v . 33 alla fine, chia griderò, al passaggio del trionfo, io
ramente risulta qual soggetto avessero Triumphe, con tutto il popolo ; e ringra
ad avere i carmi domandati. Nell'anno zieremo gli dei. Tu sacrificherai dieci
738 i popoli Germanici dei Sygambri, coi bovi e dieci giovenche ; io, un vitellino
Teucteri ed Usipeti, avevano invasa la che cresce per quel giorno. Ha già le
Gallia, vinta la cavalleria Romana, re corna, ma appena, e ha, come vuole il
spinto duramente M. Lollio. Onde Ce rito, la sua macchia bianca sulla fronte '.
sare in persona partì per la Gallia , con I aemulari : dice Plin . Epl. 7 , 30 : non
ducendo seco Tiberio , suo figliastro , ut aemularer (improbum enim ac paene
pretore. I Sygambri atterriti dal nome furiosum ), sed tamen imitarer et sequerer .
di Augusto , tornarono ai loro paesi e 2 Iulle : così in molti codd. Questo prae
diedero ostaggi. In tanto l'altro figlia nomen insolito ebbe egli da suo padre
302 LYRA ROMANA .

Nititur pinnis uitreo daturus


Nomina ponto .
Monte decurrens uelut amnis , imbres 5
Quem super notas aluere ripas,
Feruet inmensusque ruit profundo
Pindarus ore ;
Laurea donandus Apollinari ,
Seu per audacis noua dithyrambos 10
Verba deuoluit numerisque fertur
Lege solutis ;
Seu deos regesue canit, deorum
Sanguinem , per quos cecidere iusta
Morte Centauri, cecidit tremendae 15
Flamma Chimaerae;
Siue quos Elea domum reducit
Palma caelestis pugilemue equumue
Dicit et centum potiore signis
Munere donat ; 20
Flebili sponsae iuuenemue raptum
Plorat et uiris animumque moresque
Aureos educit in astra nigroque
Inuidet Orco .
Multa Dircaeum leuat aura cycnum , 25
Tendit, Antoni , quotiens in altos
Nubium tractus. ego apis Matinae
More modoque

Marco, il quale indicava così che per il che dà foga alla enumerazione che è
parte di donne anch'esso era della gens per finire. 23 Aureos, predicativo con
Iulia. Certo l'i è in greco vocale, ma av educit, come prima caelestis con reducit;
vicinato in latino a quello di Iulius diven e in certo modo si riferisce ad astra .
ne consonante. Il Peerl. legge Ille. 3 pin nigroque : opp. ad Aureos, o meglio ad
nis: vedi a pag. 286 (II-XX), v. 2. 4 No aurea astra. 25 Multa - aura gran
mina : perchè con quisquis si allude a quantità d'aria ’ : con questa strofa con
più persone. 7 e 8 inmensus profun chiude la prima parte dell'ode. Dircaeum ,
do - ore dall'immensa profondità della da Dirce fonte presso Thebe, vale · The
sua foce '. 9 Laurea – Apollinari: pag. bano ’, sebbene Pindaro veramente fosse
289, v. 15 e 16 : Delphica Lauro. 10 per nato a Cynoscephale. 26 Antoni : poichè
audacis – dithyrambos: l'audacia era nei non si trova in altra ode praenomen e
pensieri, che avevano quindi bisogno di nomen della stessa persona (bensì nomen
novità nell'espressione e nei ritmi. 13 e cognomen in [ II-II] v. 3 e in (II- XI]
deos regesue ' gli dei e gli eroi ', negli v . 2) il Peerl. sostituì Ille a Iulle o Iule .
inni e peani. 14 per quos : i Lapithi e 27 e 28 tractus ' regioni ’: apis - More
Bellerophon. 16 Chimaerae: pag. 207, modoque: il paragone è già in Plat. Ion.
V. 23 e 24. 17 Elea : Olympia era nel 534 a ; in Aristoph . Aues 737 e segg.
l'Elide. 18 Palma caelestis (acc. plur.) : Matinae : vedi pag. 164, nota al v. 3 e 4.
pag. 157, v. 5 e 6. 19 e 20 centum po E nota che è probabile che anche Orazio
tiore signis Munere: pag. 288, nota al usasse Calabria , quando gli tornava, per
v. 1. 21 Flebili ' che piange '. -ue = siue, Apulia , se nell'ode (III -XVI), v. 33, nec
da preporsi. 22 Plorat : nei threni. Il Calabrae mella ferunt apes, chiama Ca
verso è hypermetro come il seguente, labre le api che qui sono Matine. A ogni
HORATIVS CARMINA . 303

Grata carpentis thyma per laborem


Plurimum circa nemus ūuidique 30
Tiburis ripas operosa paruus
Carmina fingo .
Concines maiore poeta plectro
Caesarem , quandoque trahet ferocis

35
Per sacrum cliuum merita decorus
Fronde Sygambros ;
Quo nihil maius meliusue terris
Fata donauere bonique diui
Nec dabunt, quamuis redeant in aurum
Tempora priscum. 40
Concines laetosque dies et Vrbis
Publicum ludum super inpetrato
Fortis Augusti reditu forumque
Litibus orbum .
Tum meae , siquid loquar audiendum , 45
Vocis accedet bona pars, et ' O Sol
Pulcher, o laudande ! ' canam recepto
Caesare felix .
Teque, dum procedis, io triumphe! '
Non semel dicemus, ' io triumphe !' 50
Ciuitas omnis dabimusque diuis
Tura benignis .
Te decem tauri totidemque uaccae ,
Me tener soluet uitulus, relicta
Matre qui largis iuuenescit herbis 55
In mea uota ,
Fronte curuatos imitatus ignis
Tertium Lunae referentis ortum ,

modo, il poeta con Matinae vuol indi - priscum : l'età dell'oro è veramente
care la sua patria, come con Dircaeum tornata, per il poeta nostro e per Ver
ha indicata quella di Pindaro . Nella prec. gilio, dopo gli anni quattrocento qua
vedi v. 27. 29 e 30 per laborem Plu ranta ; sebbene non sia proprio quella
rimum : opp. a Multa -- leuat aura , con prisca. 44 Litibus orbum : saranno giorni
che si dice che il cigno non fa sforzo feriati quelli e sarà indetto, litibus per
alcuno. circa ' per ’: uuidique 31 Tibu eos dies non esse praestandam audientiam .
ris : pag. 161 , v . 13. ripas : opp. & Nu 46 0 Sol : è come un'allusione al Carme
bium tractus. 33 Concines : molte edd. Secolare. 49 Teque : così quasi tutti i
hanno Concinet, introducendo così, dopo codd. e va riferito a Triumphe, come a
Pindaro, dopo Iullo Antonio, dopo Ora pag. 152, v. 21 : Io Triumphe, tu - Keller
zio, un quarto personaggio. E sì che il preferisce Tuque di qualche cod. Bent.
poeta haripetuto, con esempio singolare, emendò non felicemente Isque e Mei
il vocativo : Antoni, dopo Iulle. maiore neke Atque, ponendo procedit.56 In per
- plectro : abl. di qualità con poeta. 35 l'adempimento '. 57 Fronte con la fron
Per sacrum cliuum : l'ultimo tratto della te ’ su cui spuntano le corna : pag. 253,
Via Sacra verso il Capitolium. 37 Quo: v . 4. curuatos - ignis " la falce luminosa
di Cesare Augusto. 39 e 40 in aurum 58 Tertium – ortum ' il terzo apparire ',
304 LYRA ROMANA.

Qua notam duxit niueus uideri,


Cetera fuluus. 60
IV. [ V ]

Diuis orte bonis, optime Romulae


Custos gentis, abes iam nimium diu ;
Maturum reditum pollicitus patrum
Sancto concilio redi.
Lucem redde tuae , dux bone, patriae : 5
Instar ueris enim uoltus ubi tuus
Adfulsit populo , gratior et dies
Et soles melius nitent.
Vt mater iuuenem , quem Notus inuido
Flatu Carpathii trans maris aequora 10
Cunctantem spatio longius annuo
Dulci distinet a domo,
Votis ominibusque et precibus uocat,
Curuo nec faciem litore demouet :

15
Sic desideriis icta fidelibus
Quaerit patria Caesarem .
Tutus bos etenim rura perambulat,
Nutrit rura Ceres almaque Faustitas,
Pacatum uolitant per mare nauitae ,
Culpari metuit fides, 20
Nullis polluitur casta domus stupris,
Mos et lex maculosum edomuit nefas,

dopo il novilunio . 59 Qua nella parte sole ; e quando egli si tuffa nell'Oceano,
in cui ’ : dipende da niueus uideri, notam così ripetiamo, tra i calici, la sera ’:
duxit : il così detto callum , che dovevano 1 Diuis — bonis: vedi prec. v . 38. E
avere le vittime che si sacrificavano in CS. v. 50. Romulae : CS. v. 47. 2 Custos :
date circostanze. come Iuppiter ò Gentis humanae pater
IV . INVOCAZIONE . Ma Augusto atque custos : pag. 284, v. 49. 5 dux : Au
non tornava così presto, non ostante le gusto campeggia contro i nemicidiRoma.
sue promesse. “ O figlio di dei , o custode 7 et : così ilVat. Reg. i più dei codd.
di Roma, da troppo sei assente. Promet hanno it, che le edd. ritengono, compa
testi ritornar presto : ritorna. Rendi la rando [ II -XIV ) v. 5, (pag. 211 ) ; ma leggi
luce della tua presenza alla patria, per la nota a quel verso. 10 Carpathii
chè la tua presenza è primavera per il maris : pag. 266, v . 8. 11 spatio longius
popolo. La patria cerca il suo Cesare, annuo da più d'un anno ': dip. da di
che dà la prosperità ai campi, la sicu stinet. 14 demouet (così il Vat. Reg. altri
rezza ai commerci, la morigeratezza alle hanno dimouet) : pag. 158, v. 13, 15 de.
famiglie. E chi teme più i Parthi, gli sideriis — fidelibus dalla pena per l'as
Scythi, i Germani, gli Hiberi? Ci sei tu. senza del suo amore ’ . 17 etenim : solo
Ognuno vive tranquillo nelle sue vigne qui, rura perambulat ' vanno su e giù,
feconde, e lavora e celebra giocondi ban arando '. 19 Pacatum : senza più pirati.
chetti, e a te liba, come a Lare, come 20 Culpari metuit = non culpatur. 22
la Grecia fa ai Castori e ad Ercole. Dacci Mos et lex : allude alle leges Iuliae deadul
lunghi giorni di festa e di pace ! così noi teriis et de pudicitia . maculosum –- nefas :
diciamo alla mattina, quando spunta il l'adulterio che macchia la legittimità .
HORATIVS CARMINA . 305
Laudantur simili prole puerperae,
Culpam poena premit comes .
Quis Parthum paueat , quis gelidum Scythen , 25
Quis Germania quos horrida parturit
Fetus, incolumi Caesare ? quis ferae
Bellum curet Hiberiae ?
Condit quisque diem collibus in suis
Et uitem uiduas ducit ad arbores ; 30
Hinc ad uina redit laetus et alteris
Te mensis adhibet deum ;
Te multa prece , te prosequitur mero
Defuso pateris , et Laribus tuum
Miscet numen, uti Graecia Castoris 35
Et magni memor Herculis.
Longas o utinam , dux bone , ferias
Praestes Hesperiae !' dicimus integro
Sicci mane die, dicimus uuidi ,
Cum Sol Oceano subest. 40

v. (xiv]
Quae cura patrum quaeue Quiritium
Plenis honorum muneribus tuas ,
della discendenza. 23 simili prole : pag. quattordicesima più a Tiberio, tutte e
96 , v. 216-220, e nota. 27 Fetus : come due composte in stile Pindarico, con
se nascessero dalla terra stessa. 29 Con . largo periodare, con imagini ardite, con
dit – diem ' passa tutto il giorno ’: Verg. colori mitologici, con digressioni,con pa
Ecl. 9, 51. suis : non ci sono più i repen rentesi sentenziose e personali. Egli ac
tini e ingiusti cambiamenti di proprietà. colse dunque l'invito di Iullo Antonio,
30 uiduas : perchè si dice maritare po e poetò pindaricamente. Della quarta
pulos : pag. 145, v. 10. 31 e 32 alteris diamo il sunto: Come l'aquila di Giove
- mensis alle seconde mense ’, adhibet (Giove le diede il regno sui volanti per
invoca ', secondo ciò che decretò il Se la sua fedeltà nel ratto di Ganimede)
nato, dopo la vittoria su Cleopatra : Dio esce dal nido, ancora inetta al volo e
Cass. LI, 19. 34 Laribus : il Genius Au alla rapina, spinta dalla sua fiera natura ,
gusti era posto tra i Lares publici. 35 e sul principio teme anche nell'aria soave
Castoris, che richiama anche Pollux : pag. di primavera, ma impara, poi si caccia
78, v . 27. 37 dux bone: ripetuto dal v . 5. negli ovili, quindi assalta anche i ser
ferias * giorni di festa ’ dopo le vittorie penti ( tre strofe): o come i caprioli che
che riporteraie che faranno la pace. 38 già dalle poppe della madre si volgono
e 39 integro die quando il giorno non alla pastura (luogo dubbio), vedono il
è ancora intaccato '. Sicci - uuidi: pag. leone spoppato anch'esso e muoiono per
204, nota al v. 3. 40 Sol : è notevole in le sue zanne novelle, così videro nelle Al
tutte queste odi lo studio di porre in pi Retiche Druso i Vindelici ( essi si ar
relazione il Sole e Phoebo con Augusto, mano di scuri, come le Amazoni : come
che è veramente l'Augur della nuova età mai ? io non ne cercai, nec scire fas est
d'oro . omnia ); ma insomma quelle schiere ay
V. LA VITTORIA VINDELICA. In vezze alle vittorie furono vinte alla lor
tanto Druso vinceva i Vindelici, prima volta (tre strofe); e sentirono a loro spese
da solo, poi col fratello maggiore, Tiberio . che potesse la natura e la razza, che po
11 poeta celebra le loro vittorie con due tesse l'educazione di Augusto nei giovani
odi alcaiche, la quarta e la quattordice Neroni (nero in Sabino vale fortis ): i forti
sima, la quarta dedicata più a Druso, la sono generati dai forti, così negli uomini
PASCOLI, Lyra Romana 20
306 LYRA ROMANA ..

Auguste , uirtutes in aeuum


Per titulos memoresque fastus
Aeternet, o , qua Sol habitabilis 5
Inlustrat oras, maxime principum ,

come nei tori e nei cavalli; l'aquila non in più battaglie i Genauni e i Breuni,
fa colombe ; e poi l'educazione svolge i Tiberio fugò, con favorevoli auspicii, i
semi naturali ; dove manca questa, le Raeti (due strofe ); bello era vederlo nel
buone inclinazioni si torcono al male conflitto stancare quei cuori che avevano
( tre strofe : come a dire, con le prece giurato libertà o morte ; pareva il vento
denti, strofa, antistrofe, epodo, di dodici di Sud, quando nella stagione delle piog.
versi ognuno ; e sembrano costituire una gie, agita le ondate, Tiberio galoppando
grande strofa di trentasei versi).O Roma, in mezzo alla mischia (due strofe : e que
i benefizi dei Neroni attesta il Metauro, ste sono l'epodo, come le altre due coppie,
presso il quale fu sconfitto Asdrubale; fu la strofa e l'antistrofe, e tutte insieme
quello il primo giorno di vittoria (primus costituiscono una grande strofa di 24
alma risit adorea = fu primo giocondo versi). Così l'Aufido, dal capo di toro,
per il farro della vittoria distribuito in fragoroso inonda le campagne, come Ti
nutrimento ai vincitori: è forse espres berio Claudio prostrò le file dei nemici,
sione rude semplice antica di Livio An abbattendo i primi e gli ultimi, come un
dronico nel suo inno propiziatorio a Iuno mietitore (due strofe); e tuo era l'eser
Regina : vedipag. 12 Liuius Andronicus, cito, tuo il consiglio, tuoi gli auspicii ;
1 e 2), dacche Annibale scorrazzava per chè dal giorno che entrasti in Alessan
l'Italia, come incendio tra pini, come dria, tre lustri sono passati, tre lustri
vento sulle onde. Dopo quel giorno la di vittoria e di gloria (due strofe ): tu
fortuna si mutò e si rialzaronole statue hai vinto gl'invincibili Cantabri, hai ot
degli dei (tre strofe) ; e Annibale disse : tenuto la soggezione e l'ammirazione
Noi siamo cervi ed essi lupi ; noi inse dei Parthi, degli Indi, degli Scythi, o
guiamo quelli a cui sfuggire sarebbe già campione d'Italia e Roma; a te sono
grande trionfo. La gente che portò , soggetti il Nilo, dalle ignote sorgenti,
attraverso mille pericoli, da Troia in l'Istro, il Tigri, l'Oceano, pieno di mo
Italia, i Penati, i figli, i vecchi, è come stri marini, che rumoreggia nelle coste
una grande nera quercia dei monti, che della Britannia (due strofe ; e così si
dal ferro della scure prende forza e vi hanno tre coppie che rispondono inver
gore (tre strofe ). E un'hydra, che sem samente alle precedenti,costituendo una
pre si riproduce, è come i tori spiranti grande antistrofe, ma in modo che la
fiamma, come il serpente da' cui denti prima parte dell'antistrofe risponda al
nascono guerrieri. Affondala in mare , l'ultima della strofa : a, b, c ; c, b, a : di
ne esce più bella ; lotta con essa, ed essa Augusto si tace solo nelle strofe c). A
abbatte il vincitore e fa battaglie, di cui te obbedisce la Gallia, che non teme la
parleranno orgogliosi alle donne (oppu morte, a te l'Hiberia ; te venerano i Sy
re, di cui le donne de' vinti parleranno gambri, deposte le armi con le quali ave
piangendo). Io non manderò più superbi vano fatto già strage di noi (una strofa
nunzi a Cartagine : è morta la nostra spe che è come il piccolo epodo, dopo le gran
ranza e fortuna, poichè è morto Asdru di due strofa e antistrofe ) '. La compo
bale (tre strofe : con le precedenti, strofa, sizione è simile a quella della quarta,
antistrofe ed epodo ; e nel tempo stesso salvo che si procede per coppie, e ana
tutte insieme l'antistrofe di trentasei loga a quella del Carmen Saeculare.
versi). A tutto i Neroni riusciranno : li 1 patrum Quiritium : per Senatus
difende Iuppiter, li salva l'ingegno pron Populusque R. Quiritium . 2 Plenis ' de
to attraverso i pericoli della guerra (una gni '. honorum muneribus, presso a poco,
strofa, in bocca non forse d'Annibale, ma = honoribus. 3-5 in aeuum Aeternet
del poeta, a conclusione del tutto: il pic (da aeuiternet) : modo ridondante e 80
colo epodo dopo le grandi strofa e anti lenne come le formule. titulos inscri
strofe) '. Poco dopo compose, in onore di zioni ' nei monumenti pubblici. fastus :
Tiberio5 e più d'Augusto la quattordice pag. 272, v. 4. Sol: vedi la prec. nota al
sima : Come potrà il Senato e il Popolo v. 40. 6 maxime : Verg. G. 2 , 170, et te,
Romano celebrare degnamente le tue maxime Caesar ; e tanto tempo prima!
virtù , o Augusto, o massimo dei principi principum : Tac. Ann. 1 , 9 : non regno
sotto il Sole ? I Vindelici, non prima sog nequedictatura, sed principis nomine con
getti, seppero poco fa la tua potenza (due stitutam rem publicam . 7 Quem : antici
strofe). Col tuo esercito Druso debellò pato come ogg. di didicere, essendo sog
HORATIVS CARMINA 307

Quem legis expertes Latinae


Vindelici didicere nuper,
Quid marte posses . milite nam tuo
Drusus Genaunos, inplacidum genus, 10
Breunosque uelocis et arcis
Alpibus inpositas tremendis
Deiecit acer plus uice simplici ;
Maior Neronum mox graue proelium
Conmisit inmanisque Raetos 15
Auspiciis pepulit secundis,
Spectandus in certamine Martio ,
Deuota morti pectora liberae
Quantis fatigaret ruinis,
Indomitas prope qualis undas 20
Exercet Auster, Pleiadum choro
Scindente nubis, inpiger hostium
Vexare turmas et frementem
Mittere equum medios per ignis.
Sic tauriformis uoluitur Aufidus , 25
Qui regna Dauni praefluit Appuli ,
Cum saeuit horrendamque cultis
Diluuiem minitatur agris,
Vt barbarorum Claudius agmina
Ferrata uasto diruit inpetu 30

getto di posses. 9 milite tuo : così si troppo: potrebbe supporsi incerto omine
attribuiscono ad Augusto quelle vittorie; Martio, che spiegherebbe meglio i due
e questa e la strofa seguente parlano versi seguenti. 19 fatigaret: accenna al
quindi di lui : Tiberio occupa le quattro l'ostinata resistenza di quei cuori devoti
seguenti, dopo le quali è ripreso il mi alla morte. 20 Indomitas: il Bent. conget
lite tuo con Te copias. 10 Genaunos; co turò Indomitus. La lezione dei codd. per
me i Breuni erano abitanti dell'Engadina. la quale si insiste sul valore indomabile
inplacidum . facevano continue scorrerie deimontanari, e da quello si trae motivo
nella Gallia nell'Italia e depredavano a glorificare il loro vincitore, dà, mipare,
quelli che passavano per le loro vallate. qualche appoggio alla mia congettura. .
îl arcis castelli ’. 13 plus uice simplici prope qualis: vedia pag. 14, Cato,5, nella
"rendendo loro più che il contracambio '. lezione del Baehrens, in nota : prope uti
14 Maior Neronum : Tiberius nato nel ferrum; e forse nello stile arcaico prope
712, mentre Drusus nel 716. graue proe non limita, ma rinforza, come il nostro
lium : dice Vell. Pater. 2, 95, che dopo proprio '. 21 Pleiadum choro * la co
assalti ed espugnazioni di terre e ca stellazione delle Pleiadi '. 22 Scindente
stelli, vinsero derecta quoque acie. 15 nubis quando si mostra attraverso gli
inmanisque (feritate truces ha Vell . 1. 1.) : squarci delle nuvole ”: vedi a pag. 133,
espugnata città o villaggio, uccidevano V. 9 e 10. 24 medios per ignis ' nella
essi i maschi nè solo gli adulti ma gli mischia'ardente '. 25 tauriformis: i fiu
infanti e persino le donne incinte, che mi si dipingono con testa di toro propter
i vati dicessero essere incinte di maschi : impetus et fremitus ipsarum acquarum :
Strabo 4, 206. 17 Spectandus dignus Porph . 26 regna Dauni: pag. 289, v. 11.
qui spectaretur ; e ne dipende il v. 19. in praefluit: pag. 298,v. 10.30 diruit : solo
certamine : manca la dieresi, come a pag. qui i Raeti sono dati come vinti. 31
182, v. 14. Gli emend. inter fulmina Mar Primosque et extremos, ' i primi e gli ul
tia , ingenti agmine Martio, si scostano timi ’: fa vedere la rapidità con la quale,
308 LYRA ROMANA .

Primosque et extremos metendo


Strauit humum sine clade uictor,
Te copias, te consilium et tuos
Praebente diuos. nam tibi, quo die
Portus Alexandrea supplex 35
Et uacuam patefecit aulam ,
Fortuna lustro prospera tertio
Belli secundos reddidit exitus ,
Laudemque et optatum peractis
Inperiis decus adrogauit. 40
Te Cantaber non ante domabilis
Medusque et Indus, te profugus Scythes
Miratur, o tutela praesens
Italiae dominaeque Romae .
Te, fontium qui celat origines. 45
Nilusque et Ister, te rapidus Tigris,
Te beluosus qui remotis
Obstrepit Oceanus Britannis,
Te non pauentis funera Galliae
Duraeque tellus audit Hiberiae, 50
Te caede gaudentes Sygambri
Conpositis uenerantur armis.
VI. [vii]

Diffugere niues, redeunt iam gramina campis


Arboribusque comae ;

in questo ultimo e decisivo assalto, Ti taglia ’ ; mentre i Sygambri si arresero


berio arrivò falciando ai più lontani. 32 senza combattere, donde conpositis ; e
sine clade : strano dopo tanto battaglia così si spiega, concessivamente, il prec.
re ; eppure anche Vell. 1. l. ha maiore caede gaudentes (allusione alla clades Lol
cum periculo quam damno. 33 e 34 tuos liana), che sarebbe, con depositis, un ag
diuos ' gli dei ’, cioè gli auspicii, * che giunto ozioso.
„sono tuoi, a te favorevoli ', nam : spiega VI. - A TORQUATO. Questa ode e
tuos. 35 Alexandrea : personificata. Fu la seguente mi paiono poesie giovanili,
il primo di Sestile del 724 ; di che poi riprese e forse ricorretto, per fare mag
al mese Sestile fu dato il nome di Au giore questo quarto libro che il poeta
gustus dal Senato, nel 746. Quella data dovè aggiungere agli altri tre ex longo in
pareva memorabile. 37 Fortuna, che è teruallo. Le ragioni sono, per questa, la
figlia di Giove. 40 adrogauit = addidit. somiglianza dell'argomento con le poesie
44 dominaeque; delle città, del mondo. * tra il vecchio e il nuovo ' (vedile a pag.
47 beluosus pieno di mostri ’ : Pausa 160-169) ; ed è notevole che questa è
nia 1 , 3, 5 dice, che ha bestie in nulla si unica nel suo metro, come la [I-IV] (di
mili a quelle del restante mare. 48 Ob cui leggi a pag. 166) e la [IL-XVIII ). E
strepit: pag. 168, v. 20. 49 non pauentis specialmente poi con la prima di queste
funera : vedi Cesare BG. 6, 14 : dall'in due si raffronta, nè solo per il soggetto
segnamento dei Druidi, non interire ani (la vicenda delle stagioni c'insegna che
mas, nasceva un valore eroico, metu la vita è breve e l'arrivo della dolce
mortis neglecto. Cfr. Luc. Ph. 1, 454, e il primavera 'ci ammonisce di godere essa
suo comm. 52 Conpositis : con depositis vita ), ma anche per l'ultima sillaba dei
o positis si sarebbe inteso ' dopo la bat due versi costantemente lunga (per l'ecc.
HORATIVS CARMINA 309

Mutat terra uices et decrescentia ripas


Flumina praetereunt;
Gratia cum Nymphis geminisque sororibus audet 5
Ducere nuda choros.
Inmortalia ne speres, monet annus et almum
Quae rapit hora diem .
Frigora mitescunt Zephyris, uer proterit aestas
Interitura simul 10
Pomifer autumnus fruges effuderit, et mox
Bruma recurrit iners.
Damna tamen celeres reparant caelestia lunae ;
Nos ubi decidimus,

del v . 22 della presente vedi nota ). E vi è Questa dice : La neve dimoiò, rinver
un altro lieve indizio. Chi è il Torquato, zica il campo, rimette l'albero, e i fiumi
a cui è indirizzata l'ode nostra ? Dicono: ritornano nel loro letto. È un danzare
lo stesso dell' Epl. 1, 5, un oratore elo di Grazie e di Ninfe ... ma bada : questo
quente, che difese in una causa di ve avvicendarsi di stagioni ti dice che sei
nefizio Moscho Pergameno (vedi Porph. mortale . Ora il freddo è cessato, alla pri
ad epl. 1, 5, 9). Ma questo difensore di mavera segue però l'estate, all'estate
Moscho pare fosse un C. Nonius Aspre l'autunno e poi... i brevi dì dell' inverno .
nas (vedi Suet. Aug. 56 : cum Asprenas Passano i mesi, la luna si oscura e spa
Nonius — causam ueneficii – diceret, dove risce ; ma pur ritorna; noi quando siamo
causam dicere varrebbe difendere e andati laggiù dove tutti devono andare,
non esse reum), il quale ebbe da Augusto siamo polvere ed ombra. Chi sa se la
ilpermesso di chiamarsi Torquatus. Leg vita nostra finora vissuta avrà ancora
gi in Suet. Aug. 43 : in hoc ludicro No un domani ? Or dunque, godi, togli le
nium Asprenatem lapsu debilitatum aureo tue ricchezze all'erede che le aspetta e
torque donauit passusque et ipsum poste godile tu. Una volta morto , una volta
rosque Torquati ferre cognomen. Ora che giudicato da Minosse, non la nobiltà, o
il Torquatus dell'Ode sia il medesimo Torquato, non la facondia, non la reli
Nonius Asprenas Torquatus, difensore gione ti farà risuscitare. Né Diana riesce
di Moscho, dell'Epistola, a me pare sia a liberare il suo Hippolyto, nè Theseo
negato dal v. 23, dove è bensì facundia, il suo Pirithoo '.
ma prima di tutto Non , Torquate, genus. 1 Diffugere niues : era neve per tutto ';
Per l'Asprenate, che doventò Torquato per tutto è sparita: dove è andata ?
oradecrescentia
per una caduta nel giuoco di Troia, quella : è finito anche lo squa
parola genus sarebbe una beffa ; mentre è gliarsi delle nevi, durante il quale la
adattissima per un Manlius Torquatus neve si vede ancora qua e là . I fiumi
genuino. Vedi a pag. 95, v. 208 e '9 : Tam decrescono. 4 praetereunt: non stagnano
uetus - Nomen . E leggi in Cic. pro Sulla, dilagando, come prima; ma scorrono ol
cap. 8, in cui a Manlio Torquato, orgo tre, fuggendo, incerto modo, le ripe a
glioso della sua schiatta e spregiatore mano a mano. Altri ritornano nel loro
dei peregrini, dice amaramente: non pos letto ’. 5 Gratia cum Nymphis : Ode [I
sunt omnes esse patricii : si uerum quae IV] v. 6, Iunctaeque Nymphis Gratiae de
ris, ne curant quidem; e vai dicendo. Ora centes. Per Gratia cum -sororibus, vedi
è ben probabile che, quando quel Nonius a pag. 189, v. 12. 7 annus : a cui , dal verso
Asprenas ebbe il cognome di Torquato, Quae rapit hora , si sottintende rapidus.
la gente Manlia si fosse spenta ; sicchè La lieta stagione parrebbe dovere inspi
l'ode deve essere stata composta molto rare liete speranze : no, la rapida vicenda
prima che raccolta e pubblicata. E può con cui ella è venuta, c'insegna invece
essere indirizzata a quell'Aulo Torquato, che tutto passa . almum ' vivo, giocondo,
di cui Corn . Nep. Att. 11: post proelium bello ’, e perciò dura poco , passa prima
Philippense Aulum Torquatum cete dei brevi giorni invernali che paiono
rosque puri fortuna perculsos instituit tue eterni, 9 Frigora mitescunt Zephyris : ha
ri. Si tratterebbe d'un commilitone di in mente Catullo [XLVI) v. 3, pag. 74.
Orazio, come fu quel Sestio a cui è di proterit ' cancella ' ; sì che dei prati e
retta l'altra ode primaverile e mesta. campi verdi e fioriti non restano che
310 LYRA ROMANA .

Quo pius Aeneas, quo diues Tullus et Ancus, 15


Puluis et umbra sumus.
Quis scit, an adiciant hodiernae crastina summae
Tempora di superi ?
Cuncta manus auidas fugient heredis, amico
Quae dederis animo. 20
Cum semel occideris et de te splendida Minos
Fecerit arbitria,
Non, Torquate, genus, non te facundia , non te
Restituet pietas:
Infernis neque enim tenebris Diana pudicum 25
Liberat Hippolytum ,
Nec Lethaea ualet Theseus abrumpere caro
Vincula Pirithoo.
VII. (XII]
Iam ueris comites , quae mare temperant ,
Inpellunt animae lintea Thraciae ;

stoppie gialliccie . 11 mox “ subito dopo '. offre un bel cadus di vino, pur che l'a
12 recurrit : quella che, per un momen mico porti il nardo, che è un unguentum .
to, hai creduto sparita per sempre. 13 È primavera : spira il vento che porta
Damna -- caelestiu ' gli oscuramenti men le rondinelle e abbonaccia il mare : non
sili che subisce nel cielo '. lunae: il cui più nevi , non più inondazioni. La ron
pensiero è sorto dalla descrizione delle dinella fa il nido piangendo l'antica sven
vicende dell'anno. Al plurale ; come il tura ; e i pastori cantano sulla zampogna
sole è aliusque et idem ; CS . v. 90. 15 le loro canzoni che piacciono a Pan . O
pius, (così il Vat. Reg. coi più dei codd. Vergilio, iuuenum nobilium cliens, fa cal
i meno e il Bent. e altri pater) opp. a do e si beve (come tu dici ottimamente )
diues : e alle diuitiae di Torquato allude volentieri. E berrai, ma a un patto : porta
poi nel v. 19, e la pietas nomina nel 24. tu l'unguento di nardo. Un vasettino di
Confronta l'ode (II-XIV] a pag. 211. 19 nardo per una grossa anfora di vino, che
heredis : cfr. l'ode cit. v. 25. 20 dederis : è ora negli horrea Sulpicia , vino dator
l'ult. lunga. animo, quasi Genio. 21 oc di speranze e fugatore di tristezze. Vieni
cideris : l’ult. lunga : vedi a pag. 254, v . 3 dunque col compenso ( cum tua merce) :
placaris. 22 arbitria = iudicia : è l'unica tu non hai a bere gratuitamente, chè io
finale breve dell'ode. Orazio può aver non sono ricco. Sicchè non indugiare,
pensato alla quantità originaria dell'a, non pensare, quanto ti costerà il nardo
nel neutro plurale ; può essere caduto (pone studium lucri). Ricordati che si
heu , che abbiamo veduto in fine al verso deve morire : un po' di allegrią nella
a pag. 300, v. 17. 25 pudicum ; concessivo. serietà della vita non fa male. È bello
In Eurip. Hipp. 1437 Artemis così dà a tempo e luogo dimenticare di essere
l'addio al suo fedele : E addio : chè a me savi ’ . Le parole latine citate chiari
non è lecito vedere morti. Orazio segue scono come antichi schol. pensassero
qui Euripide. 27 caro : pur concessivo . a un Virgilio unguentarius o negotiator.
28 Pirithoo : vedi a pag. 239, v. 80. Ma è dunque Vergilius Maro, questo ?
VII. - A VERGILIO. Altra poesia Sicuro ; e il Dill. così crede, mentre i più
primaverile, altra poesia che haben più respingono questa opinione perchè Ver
che una lieve traccia, di Catullo . Vedi gilio era morto nel 735. Ma la poesia è
a pag. 42 (XIII ). Il gentile di Verona in giovanile, come la precedente ; è, forse,
vita l'amico a cena a patto che si porti del tempo in cui Virgilio componeva le
tutto, non sine Et uino et sale ; esso, Georgiche. A ciò mi persuade un riferi
in compenso, offre all'amico una cosa mento (vedi Storia, pag. LXIII) che mi
sola , che vale per tutte : unguentum pare sia di questa ode ( v. 1-13 ) ai versi
dabo.... dice egli. E Orazio al contrario dolcissimi, che Vergilio imitò da He
HORATIVS CARMINA . 311

Iam nec prata rigent nec fluuii strepunt


Hiberna niue turgidi.
Nidum ponit, Ityn flebiliter gemens , 5
Infelix auis et Cecropiae domus
Aeternum obprobrium , quod male barbaras
Regum est ulta libidines .
Dicunt in tenero gramine pinguium
Custodes ouium carmina fistula 10
Delectantque deum , cui pecus et nigri
Colles Arcadiae placent .
Adduxere sitim tempora, Vergili ;
Sed pressum Calibus ducere Liberum
Si gestis, iuuenum nobilium cliens , 15
Nardo uina mereberis.
Nardi paruus onyx eliciet cadum,
Qui nunc Sulpiciis adcubat horreis,
Spes donare nouas largus amaraque
Curarum eluere efficax. 20

siodo : G. 340, Extremae sub casum hie (amico di Cicerone: vedi ad Att. 1 , 9, 2 ;
mis, iam uere sereno. Tum pingues agni 12, 2 ; 16, 15) : Già fanno la lor casina
et tum mollissima uina. È primavera, il di mota le rondini, già per il flutto Ze
vino è maturo, dice Vergilio; perchè firo gonfia le vele... ' Questa imitazione
questo accenno al vino ? Leggi in Hes. O. pare d'Orazio giovane. Ricorda però Epl.
et D. v . 585 e poi 589 e segg. e inten 1 , 7, 13 : Cum Zephyris - et hirundine
derai che il vino è nominato, perchè fa prima. 2 animae Thraciae : i venti
bene il berne, all'ombra, nella stagione Ornithiae. 4 turgidi : vedi la prec. v. 3
già calda. Così nel fg. 45 di Alceo, l'idea e 4. 5 Ityn : in Odyss. T, 518 è l'usi
espressa nella lacuna è certo questa : fa gnolo che piange il caro suo Itylo. fle.
caldo. Alceo al medesimo passo di Hes. biliter : il verso della rondine è un la
attinse nella poesia di cui è il fg.39. Che mento garrulo. 7 male : poichè imbandì
Orazio avesse in mente più Vergilio, che Itys al marito suo Tereo. 8 Regum , quasi
Hesiodo e Alceo, mi par probabile dalla regias. libidines : Tereo aveva violata
descrizione pastorale che precede. Vi si Procne, cambiata poi in usignuolo. Phi
scorge poi l'imitazione di epigrammi lomela , sorella di Procne, fu cambiata in
greci che non è presumibile Orazio imi rondine, dopo la vendetta che ne fece.
tasse se non da giovane ; come vedremo. I latini cambiarono i nomi: Verg. G. 4,
È poi da notarsi che l'ultima dei versi 511 chiama Philomela l'usignolo e della
è lunga per tutto, fuori che al v. 19, in rondine dice in G. 4, 15 : Et manibus
cui, chiaramente, l'enclitica que si deve Procne pectus signata cruentis.' 9-12 A
allungare, come spesso , sotto la percus chi meglio può sembrare indirizzato
sione.
1 Iam ueris comites : questo principio questoBhozzette pastorale cheal cantore
è preso da qualche epigramma greco in vino è già stagionato, è ora di berlo. 14
cui era descritta la primavera in rela pressum : pag. 130, v. 6, in poesia giova
zione alla navigazione. Vedine un bel nile, la stessa espressione. Calibus : pag.
mazzetto a principio del libro decimo 263, nota al v. 10. 15 iuuenum nobilium :
dell'AP. In essi si allude ai venti Or Asinio Pollione, Cornelio Gallo, Mece
nithiae, di cui Colum. 11 , 2, 21 : uenti nate o forse il solo Cesare Octaviano :
septemtrionales - Ornithiae per dies XXX G. 1 , 500: Hunc iuuenem . 16 mereberis :
esse solent : tum et hirundo aduenit. Così fut. di comando. 17 onyx : vasetto di
il lo di Leonida : * Navigare è tempo : alabastrite, per gli unguenti : Plin. NH.
chè la garrula rondine È già venuta e il 36 , 60. 18 Sulpiciis --- horreis : si chia
grazioso zefiro, E i prati fioriscono e si mavano anche Galbae o Galbiana : ho
è chetato il mare .... Il 50 di Thyillo dieque Galbae horrea uino et oleo et si
312 LYRA ROMANA .

Ad quae si properas gaudia, cum tua


Velox merce ueni : non ego te meis
Inmunem meditor tinguere poculis ,
Plena diues ut in domo.
Verum pone moras et studium lucri 25
Nigrorumque memor, dum licet, ignium
Misce stultitiam consiliis breuem :
Dulce est desipere in loco .
VIII. [ VI ]
Donarem pateras grataque commodus,
Censorine , meis aera sodalibus,

milibus aliis referta sunt : Porph. ad Il secondo (Caelo Musa beat ducit ad
cubat: perchè le anfore si ponevano exitus; ma per quel primo hemistichio,
inclinate. 19 e 20 amaraque Curarum= vedremo) fu elaborato da un ingegnoso
curas amaras. 22 merce : l'onyx, col quale grammatico che ricordava i v. 9-16 del
si deve scambiare il cadus. 23 Inmunem l'ode (III- III) (vedi a pag. 229), ma non
senza compenso ' : pag. 255, v. 17. tin badò che è giusto dire che Pollux, Her
guere ' inzuppare ’ : Alc. 39 B. 24 Plena cuies, Bacchus divennero dei per la loro
ricca ' : Sat. 1 , 5, 50 : Coccei plenis virtù ,ma che è em pio affermare che non
sima uilla. 25 Verum : solo qui, delle sono dei se non per i canti de'poeti, e insi
odi. 26 Nigrorumque ignium della nuare che quei divini symposii sono fan
nera (funesta) fiamma del rogo '. 28 de tastici e quei voti sono vani. IlLachmann
sipere : intermettere di sapere: è d'un espunse il primo luogo, più il v. 28 e il
Greco : siue Graeco poetae credimus, ali v. 33, ottenendo così un'ode di ventotto
quando et insanire iucundum est : Sen , versi, ossia di sette strofe. Secondo me
de tranq. 17. E anche questo rende pro (sia detto con perdono) l'ode così sone
babile che l'ode sia diretta a un poeta, rebbe : ' 0 Censorino, agli amici io do
a un dotto, a un amico. nerei bronzi , come si usa, pitture e sta
VIII. – A CENSORINO. - Due sole volte, tue ; e tu avresti i doni più belli. Ma nè
oltre questa, si trova in Orazio questo io li possiedo, nè tu li desideri. Tu ami
metro ; nel proemio e nell'epilogo dei tre i carmi, e carmi io posso donare e dire
primi libri . E in quelle due odi (vedile anche quanto valgano ( prima parte ). Le
a pag. 156 e 288), è il poeta che si esalta iscrizioni sul marmo non dicono la gloria
per l'arte sua. È notevole che la terza d'un uomo così chiaramente come un mio
volta il medesimo metro esprima il mede canto ; anzi, se la carta tace, il marmo non
simo orgoglio, sebbene scherzosamente ; conta . Che sarebbe di Romolo, se i poeti
come del resto, un poco, nel proemio. non avessero cantato ? Aeaco (il giudice
Questa retta applicazione del metro mi di sotterra, che manda i poeti alle sedi
pare già un buon argomento dell'auten beate) è stato consacrato nell'isole beate
ticità dell'ode, che è però bruttamente dai poeti. È la Musa che rende beati, è la
interpolata. Il v . 17 contiene l'unico cho Musa che vince la morte '. Perchè l'ul
riambo, in tutto Orazio, non seguito da timo verso leggerei : Caelo Musa beat,
dieresi. L'ode ha un numero di versi non Musa uetat mori; e andrebbe riferito ad
divisibile per quattro. Il senso non corre Aeaco e a Romolo, e riprenderebbe spi
da mezzo il verso 15 a mezzo il 19, non ritus et uita del v. 14. Quanto alle ca
corre da mezzo il verso 29 al fine, come labrae Pierides, giova ricordare Dau
vedremo, Tolte queste due interpolazioni, niae - Camenae della [IV - VI] v. 27.
si avrebbe un'ode di ventiquattro versi, Orazio indica sovente sè stesso con ac
divisa in due parti uguali. Il primo luogo cenni alla patria : vedi, per es.,a pag . 289,
(non celeres fugae - Lucratus rediit) fu v. 11 e 12. E cfr. l'ode (IV-IX] che tanti
aggiunto da chi non intese Calabrae Pie punti ha di riscontro con la presente :
rides, che suppose indicare Ennio, men Ne forte credas interitura quae Longe
tre accennano Orazio stesso : sua uult sonantem natus ad Aufidum Verba lo
intellegi carmina, quia in urbe Venusia ... quor. Cfr.apis Matinae della ( IV - II] v.27.
quae est in Calabria atque Apulia : Porph , Orazio per dire il pretium dell'arte poe
HORATIVS CARMINA . 313

Donarem tripodas, praemia fortium


Graiorum, neque tu pessima munerum
Ferres, diuite me scilicet artium , 5
Quas aut Parrhasius protulit aut Scopas,
Hic saxo , liquidis ille coloribus
Sollers nunc hominem ponere, nunc deum .
Sed non haec mihi uis, nec tibi talium
Res est aut animus deliciarum egens. 10
Gaudes carminibus ; carmina possumus
Donare et pretium dicere muneri.
Non incisa notis marmora publicis ,
Per quae spiritus et uita redit bonis
Post mortem ducibus, (non celeres fugae 15
Reiectaeque retrorsum Hannibalis minae,
Non incendia Carthaginis inpiae
Eius, qui domita nomen ab Africa
Lucratus rediit,] clarius indicant
Laudes quam Calabrae Pierides neque, 20
Si chartae sileant quod bene feceris,
Mercedem tuleris. quid foret Iliae
Mauortisque puer, si taciturnitas
Obstaret meritis inuida Romuli ?

25
Ereptum Stygiis fluctibus Aeacum
Virtus et fauor et lingua potentium

tica, ricorrere all'esempio di Ennio ? In questo libro, è un verso (vedilo a pag.


fine è in Mart. 8, 18, 5 : Sic Maro nec 305, v. 26) Quis Germania quos horrida
Calabri tentauit carmina Flacci. parturit, il quale Orazio, se non avesse
1 commodus liberalmente '. 3 prae ritenuta legittima la dieresi, avrebbe po
mia : si riferisce anche a pateras e ad tuto foggiare più scorrevolmente: Quis
aera . 4 Graiorum : come si vede, per quos horrida Germania parturit. E la
scusa del nome proprio ci sarebbe stata
es., in Odyss. V , 13, in Hes. 0. et D. 656, come per l'altro. 18 Eius : si trova, il
in Pind. Isth . 1 , 18. neque — pessima : li pron. is, solo qui, delle odi; e nella (III
totes per et - optima. 5 diuite me: condiz. XI) v. 18, in luogo assai sospetto. 20
scilicet * s'intende ! bada ! ' artium delle Calabrae Pierides'la musa del tuo poeta '
opere d'arte '. 6 Parrhasius : pittore sebbene non sia un Greco. neque e anzi
d'Efeso . Scopas : scultore di Paro . Questi non ' . 21 chartae : è detto con la mo.
due nomi fanno sottintendere nell'enu destia con cui Calabrae, e con l'inten
merazione delle artes, anche tabulas si zione di contrapposto a marmora ; con
gna , e in quella degli artifices, anche trapposto che non si avvertirebbe più
toreutas e simili ; e ciò con modo tutto con tutta quella borra tra mezzo. sileant:
Oraziano. 7 liquidis : opp . a saxo . 9 uis ilmarmo non basta, perchè è soggetto
* potere ': 10 Res, familiaris. 12 mu all'imber edax, all'Aquilo inpotens : pag.
neri : molti seguendo il Peerl , muneris. 289, v. 3. È chiaro, sì (sebbene non più
13 notis - publicis = titulis : pag. 306 , della carta ), ma meno durevole. 23 ta
V. 4. 15 non celeres fugae: i carmi pos citurnitas : se le chartae avessero ta
:sono essere più eloquenti delle iscrizioni; ciuto ; poichè ad iscrizioni su marmo non
ma anche dei fatti stessi ? 17 Non in c'è da pensare nel fatto di Romolo :
cendig : non fu il vincitore d'Annibale dove sono elleno ? 25 Aeacum: lo nomina
quegli che incendiò Cartagine. Cartha perchè giudice nell'Elysio : pag. 259, v.
ginis : manca la dieresi ; e sì che, in 22, dove è, forse, messo in relazione coi
314 LYRA ROMANA .
Vatum diuitibus consecrat insulis .
[ Dignum laude uirum] Musa uetat mori .
Caelo Musa beat . [sic Iouis interest
Optatis epulis inpiger Hercules, 30
Clarum Tyndaridae sidus ab infimis
Quassas eripiunt aequoribus ratis,
Ornatus uiridi tempora pampino
Liber uota bonos ducit ad exitus.]

IX . [ xv ]
Phoebus uolentem proelia me loqui >
Victas et urbis, increpuit lyra,
Ne parua Tyrrhenum per aequor
Vela darem . tua, Caesar, aetas

poeti o coi pii, che per Orazio sono un di quel numero quater undenos. Esso è
po' la stessa cosa. È Aeaco che manda i un'allusione alla palingenesia , che avve
pii o poeti nelle sedi descriptae. Per me, niva dopo quattro undenos deciens anni.
Orazio allude a mito o passo di poeta Orazio quando scriveva quei versi pen
che noi non conosciamo. 33 Ornatus : sava alla Festa secolare, forse già cele
vedi a pag. 222, v . 20. 34 uota : così i brata, ed era pieno di quei calcoli. Così si
Tyndaridi, come Bacco, sarebbero con rende probabile che Augusto solo dopo
siderati come creature dei poeti nell'e il ritorno dalla Gallia leggesse quel libro
sercizio del loro divino potere, e questo d' Epistole e si lamentasse con Orazio.
è troppo davvero. Il quale e potè presentare un libretto di
IX . – L'ETÀ D'AUGUSTO . Nell'anno Carmina, dove erano pindaricamente
741 , IV . Non. Iulias, tornava Augusto in celebrate le vittorie de' suoi figliastri, e
Roma, e si erigeva l'ara della Pace. In cominciò l'ecloga, Cum tot sustineas. Ora
questo anno soltanto Aug. lesse il primo a compimento del libretto e a suggello
libro delle Epistole ? Narra Suetonio di tutta la sua lyrica opera , egli compone
(Vita Hor.) che Augusto, post sermones questa ode , che riassume splendida
quoque lectos, si lamentò di non vedervi mente tutta l'opera di Augusto. ' Volevo
il suo nome e scrisse al poeta : Irasci cantare le tue vittorie, ma Phoebus (il
me tibi scito, quod non in plerisque eius tuo e mio Dio) mi toccò della lyra e mi
modi scriptis mecum potissimum loqua ammonì di non affrontare il mare con si
ris. an uereris ne apud posteros tibi in piccola barca. O Cesare, la tua età è l'età
fame sit, quod uidearis familiaris nobis d'oro di Roma : ritornò l'abbondanza, fu
esse ? E ne ricavò l'Epistola Cum tot su rono restituite le insegne che i Parthi
stineas, la prima del secondo libro ; nei avevano prese, fu chiuso il tempio di
cui versi 250-267 è manifesta la somi Iano, rinacque la costumatezza , fiorirono
glianza con l'ode presente. Può sembrare le virtù per cui dal Lazio all'Italia, dal
inverosimile che tanto tempo corresse l'Italia al mondo si estese l'impero di
dalla pubblicazione del primo libro delle Roma. Tu sei a guardia della repubblica,
Epistole all'anno in cui Augusto lo lesse ; e non c'è quindi più timore di guerre nè
poichè la data di essa pubblicazione si civili nè straniere e noi nei giorni di
vuole significata dai tre versi ultimi del lavoro e di festa, sempre, in giocondi
detto libro : Forte meum siquis te per convivii, coi nostri figli e le nostre mogli,
contatibur aeuum , Me quater undenos dopo la preghiera agli Dei, canteremo,
sciat inpleuisse Decembris, Conlegam Le secondo il costume antico, al suon delle
pidum quo duxit Lollius anno, nell'anno, tibie, i grandi di Roma e Troia e An
cioè, 733. Ma quella indicazione è un chise e il discendente di lui e della Dea '.
modo ingegnoso per dire di essere nato 1 proelia — loqui: corrisponde all'espr.
nel 689. Ciò parrà strano a chi voglia dell'Epl. 2, 1, v. 252 : res conponere ge
non vedervi la data dell'Epistola stessa stas, che vale scrivere un poema epico '.
e del libro, il quale del resto contiene 2 increpuit lyra : Verg. Ecl. 6, 3 : Cum
Epistole composte dopo. Ma la stranezza canerem reges et proelia, Cynthius aurem
sparirà, se si cerca d'indovinare il perchè Vellit et admonuit. 4 Vela : solita meta
HORATIVS CARMINA . 315

Fruges et agris rettulit uberes 5


Et signa nostro restituit Ioui
Derepta Parthorum superbis
Postibus et uacuum duellis
Ianum Quirini clausit et ordinem
Rectum et uaganti frena licentiae 10.
Iniecit emouitque culpas
Et ueteres reuocauit artis,
Per quas Latinum nomen et Italae
Creuere uires famaque et inperi

15
Porrecta maiestas ad ortus
Solis ab Hesperio cubili .
Custode rerum Caesare non furor
Ciuilis aut uis exiget otium ,
Non ira, quae procudit ensis
Et miseras inimicat urbis . 20
Non qui profundum Danuuium bibunt
Edicta rumpent Iulia, non Getae ,
Non Seres infidique Persae,
Non Tanain prope flumen orti.
Nosque et profestis lucibus et sacris 25
Inter iocosi munera Liberi
Cum prole matronisque nostris,
Rite deos prius adprecati,
Virtute functos more patrum duces 30
Lydis remixto carmine tibiis
Troiamque et Anchisen et almae
Progeniem Veneris canemus.

phora : vedi Verg. G. 2, 41, Prop. 3, 9, 3. concubitus uagus della AP. 398. 15 ortus :
tua – aetas: l'età di che Augustus fu Au anche questo plur. ricorda che il sole
gur dopo i 440 anni: Augusto è come sorge aliusque et idem . 16 Hesperio cu
identificato con Apollo. Lo abbiamo ve bili : in Mimnermo, 11 B – del Sole I
duto. 6 restituit : fu nel 734. E nel Mon. raggi posano in aureo thalamo Presso
Anc. 5, 40 egli dice : Parthos trium exer l'orlo dell'Oceano. 17 Custode rerum :
cituum (di Crasso, di Saxa, di Oppio ) Ro vedi a pag . 304, v. 2. 18 uis : pag. 286,
manorum spolia et signa reddere mihi - v. 15. 25 profestis lucibus et sacris : Lu
coegi. 8 duellis = bellis. 9 Ianum Quirini: cil. 1 , 9 Baehrens : a mani ad noctem,
col nome Ianum indica il tempio di lano, festo atque profesto. 29 more patrum :
come prima con Ioui ha indicato il Ca pag. 19, Carmina de clarorum uirorum
pitolium . Nel Mon. Anc. 2, 42 : Ianum laudibus. duces : Augusto pose nei due
Quirinum (o forse Quirini) — ter me prin portici del suo foro le statue de' grandi
cipe senatus claudendum esse censuit : nel di Roma, professus edicto commentum id
725, nel 730 e forse nel 744.10 et uaganti : se, ut ad illorum uelut exemplar et ipse
cosi il Vat. Reg. e altri codd. altri eua dum uiueret et insequentium aetatium
ganti da cui si fa dipendere ordinem , il principes exigerentur a ciuibus : Suet.
quale mi pare retto con Zeugma da inie Aug. 31. 32 Progeniem Veneris : vedi
cit. E uagans licentia ricorda meglio il CS, v. 50.
APPENDICE

1.

Pag. 1-20 . — Poche parole ( è ora di raccoglier le vele ) intorno


alla lingua e alla prosodia di questi frammenti :
L’a finale è lunga qualche volta della lunghezza originaria anche
nel nom . de' temi in a : per es . a pag. 5 nel v . 10 aqua formerebbe
un iambo , nel v . 20 olla uno spondeo . Così l'a de ' neutri plurali : a
pag. 3 , v . 15 uineta sarebbe un molosso , nel v . 18 pecuaque sarebbe
un peone terzo . L'e lungo sostituisce l’ei cambiato poi in i a pag. 1.
v.2 del 3 , ibe per ibei poi ibi ; al v . 4 del 1 , ueueis per uiueis quindi
uiuis ; a pag . 9 , II, v . 1 ploirume ; v. 4 fuet, v. 5 Hec. L'o si con
serva nei temi di nomi in o, senza cambiarsi in u , per es . a pag . 1,
1 , 4 : promerios, a pag. 9 , II, v. 1 oino, v. 2 optumo, uiro, v. 3 Lu
ciom etc .; nei verbi : a pag . 1 , 3 , v . 1 tremonti, a pag . 9 , II , v. 1
cosentiont. L'i lunga sostituisce l'e, per es. , a pag. 12, XI , v . 2
dibuisti. L'i breve è a volte affatto irrazionale , come a pag. 10, V ,
v. 2 in Progenie che dattilo . Il che durò sino a Levio e Lucrezio :
vedi a pag . 29, V , v. 2. Per u lunga si trova il dittongo oi, per es .
a pag. 9, II , v. 1 oino = unum , ploirume plurimi; dittongo che
sono poi oe ; pag. 11 , VIII , v. 2 coerauit : curauit. Nota a pag. 1 , 1 , 4
recumde. E per i lunga si trova spessissimo ei e anche iei (pag. 10 ,
V, v. 1 mieis per mis o miis ) ; ed ei è anche per i breve nel me
desimo epigramma, al v. 3, sibei pirrichio . Il dittongo ae si trova
nella sua forma originaria ai a pag. 9, I, v. 2 Gnaiuod per Gnaeuo,
o Gnaco, II , v. 6 aide per aedem , quairatis, Caicilio, etc. Un oe cui
succede o lunga sarebbe a pag. 1 , I, v. 2, coemis da *coguemeis, se
condo lo Zander ; un eu cui succede u , ib. 3 , 1 Leucesie donde Luce
tius ; un ev che finisce pure in u a pag. 2, Carmen Aruale, 2 pleores,
318 APPENDICE.

ou per u a pag. 9, v. 6 abdoucit. A pag. 10, VI si noti al v. 2 seedes,


esempio di scrittura della lunga mediante doppia. Di che è forse
altro esempio al v. 1 Maarco.
Si trova spesso du = b, per es . a pag. 9 , II, v. 2 duonoro bo
norum ; il c per g a pag. 14, 4, v. 6 crassator ; il q o'qu per c a
pag. 10, v . 3 qura . Si noti come nel Carmen Saliare (pag. 1 ) è la
lettera 2, che poi andò in disuso e quindi si riprese ma per lo pa
role greche soltanto. Si osservi come non si gemini l's ; pag. 9 , I,
v. 3 parisuma ; II, v. 2 fuise etc. Pure a pag. 10, III, v. 2 essent,
L's tra vocali non è ancora sempre cambiato in : pag. 2, Carmen
Aruale, 1 , Lases Lares.
Notiamo, per la prosodia, che le parole iambiche sono spesso
fatte pirrichiche : es . a pag. 6 , 31 , v. 2 dove nouo deve valere per
due brevi ; che disillabi sono fatti monosillabi, come meas, a pag . 10,
VI, v . 2 .
Per le declinazioni, è notevole la perdita di s ed m delle termi
nazioni (pag . 9 Elogia passim ). L'abl . e gli avverbi conservano spesso
il d (pag. 9 Graiuod ; pag. 2, Obtestationes, 1 , 1 ) . A pag. 11 , v . 4
souo per suo, preziosa attestazione. A pag. 1 , 1 , v. 4 dius. Si noti
a pag. 1 , 2, 1 em per eum . Nelle coniugazioni si notino : frequenti
infiniti in ier, le apocopi come in aduocapit (pag . 2, CA. 4) , le sin
copi come in sins (ib. v. 2) , i congiuntivi come proibessis auerrun
cassis (pag. 3 , v. 12) .
Pag. 21-23 . L's finale spesso non suona .
Pag. 21. Ennius . 1 , v . 3. E da mettere dacrumis per lacrumis.
Pag . 22. Valerius Aedituus. 1 , v. 2, obeunt. Da aheunt de' codd .
con l's precedente meglio si può ricavare subeunt, che darebbe il senso
da me tentato nelle note .

II.

Pag. 31 , Catullus I , v. 1 : lepidum libellum . Questo libellus era


la raccolta intera, fatta da Catullo stesso di tutti i suoi poemi, e
distribuita in Nugae, Epyllia, Elegie ed Epigrammi ? Quelli che so
stengono questa opinione e ritengono ancora che il poema XXXVIII
(pag. 51 ) sia in certo modo stato esalato dal poeta morente, sono
confutati e da altre ragioni e da quel poema stesso . Quali erảno
poi le nugae che Cornelio aveva lodate ? Io , considerando ancora che
non tutte le poesie di Catullo sono in questo libello, penso che una
congettura assai probabile sul contenuto e sul numero delle pubbli
cazioni di Catullo è da formarsi dall'esame dei libri del suo imita.
APPENDICE . 319

tore Marziale, che aveva probabilmente avanti sè il Passer di Catallo,


un lepidus libellus composto di epigrammata ( elegiaci) e di poemata ,
come il L (pag. 32 , v. 16) . Di ciò altrove.
Pag. 32 , id . ib. v. 8 tu tibi habe. Mart. 2, 10, 4 : Hoc tibi habe
totum . Onde Quare. hoc tu tibi habe, o Quare tu hoc tibi habe. quid ?
hoc libelli ?
Pag . 32, id . ib . v. 9 : Qualecumque. Ecco un altro esempio Ovi
diano (Am. 1 , 6, 71 ) : Qualiscumque, uale, sentique abeuntis honorem ,
Lente, nec admisso turpis amante, uale. Ovidio fu gran . lettore di
Catullo . Vedi, per es., negli Amores, 2, 19, 36 ; 14, 21 ; 10, 64 ; 3, 2,7 ;
2, 34-38 ; 2 , 50, 52 ; 14, 39, e vai dicendo.
Pag. 34, id . XLIX : Disertissime Romuli nepotuin . I'comm . più
antichi propendono a credere questo poema un ringraziamento a Cic.
per il suo patrocinio in una causa di debiti , in una causa in cui
entrasse quel vento orribile e pestilenziale, di cui nel XXVI. Pur
molti , come il Mureto, concludono : diuinare non possumus. Per primo
il Clumper vi subodorò l'ironia, e fu seguito dal Iahn , dal Hertz,
dal Ribbeck, dal Woellfflin , dal Suess e altri ancora . Quelle parole
optimus omnium patronus sono per costoro, secondo l'espressione
del Ribbeck, zweischneidigen. E il motivo dell' ironico epigramma ?
Secondo alcuni, è da cercarsi nel disprezzo di Cic . per i poeti nuovi ,
nella difesa che fece di Vatinio, dopo averlo prima tanto vituperato .
Lo Schwabe crede alla sincerità del ringraziamento e lo vuol fatto
o per la difesa che fece di Celio e per gli strali che avventò contro
Clodia, o per la difesa che sostenne di Cornelio . Il Baehrens ha in
mente anch'esso la Celiana ; e la gratitudine di Catullo vuole origi
nata dal non essere stato fatto in essa il suo nome e dal benefico
effetto che dovè fare sul suo animo la descrizione della perversità
di Clodia che da poco aveva cessato d'amare . Il Westphal crede che
Cicerone fosse stato patrono di Catullo nel conciliargli Clodia : donde
il ringraziamento . Per il Riese il poema è forse il biglietto che ac
compagnava il dono per un'arringa . Il nostro Vannucci sta per i
debiti e per l'ipoteca. Io credo fermamente di aver ragione nella
mia congettura . Catullo aggiunge al suo nome il titolo di poeta per
dar ragione del suo ringraziamento. Che Catullo , che Calvo cono
scessero Archia, si fa probabile dalle relazioni che aveva Archia con
due rami almeno della gens Licinia, quello dei Crassi e quello dei
Luculli (pro Arch . 6) . E tra Licinii Crassi e Macri, che io sappia,
erano strette relazioni; come si può arguire da un cenno di Plut.
nella vita di Cicerone, a proposito della condanna di Licinio Macro .
Ora Calvo e il suo amico Catullo tanto più è probabile conoscessero
Archia, in quanto che lui non solum colebant qui aliquid percipere
atque audire studebant, uerum etiam (e qui non si tratta de' due amici,
320 APPENDICE.

davvero) si qui forte simulabant (pro Arch . 1. 1.). Si noti infine


quanta analogia è del XLIX col LIII, quanto è probabile che Ca
tullo si trovasse anche questa volta nella corona, con tutto quel
concursu litteratissimorum hominum (pro Arch . 3) .
Pag. 47. id . II. Passer, deliciae meae puellae. Il poema, per me
è tutt'altro che innocente , ma anche tutt'altro che intelligibile. Mi
pare d'indovinare che Et solaciolum sui doloris dipenda da dare del
v . 3. Così Lesbia due cose dà al passero : ora primum digitum , ora
solaciolum . Primum digitum ; quando lubet al passero iocari nescio
quid, che avrebbe a essere caro desiderio meo nitenti. Solaciolum
poi ; quando ? cum grauis acquiescet ardor ; di chi ? del passero, forse.
Lesbia atpetenti dat primum digitum ; quiescenti solaciolum ; acciò
ritorni ad atpetere e beccare. Arti di donna, quali quelli di Licymnia
in Orazio , II, XII ( pag . 202) v. 25. Per solaciolum dare, vedi Cic.
Brut . 3 absenti magna solatia dedisti ; Ouid . RA . 241 : centum solatia
curae Et rus et comites et uia longa dabunt. Quanto a sui (doloris )
riferito a passer e non a Lesbia , è inutile esemplificare il caso , assai
comune nel linguaggio familiare, di suus in cui il valore riflessivo
ceda al valore possessivo .
Pag. 78. ( Catullus . IV) nota al v. 20 : il verso citato di Verg.
Aen . è del lib . 3 e non 7 .
Pag. 102. ( Bibaculus) III, 2. depictas minio assulas . Dimenticai
nella nota di porre la interpretazione più accetta ' baracca tinta di
minio ’. Ma ?
Pag. 120. I. Ancora una guerra civile. Correggi alla penultima
riga della prima colonna di note quel Venusium ( che si è lasciato
scioccamente attrarre da Canusium e da Brundusium ) in Venusia.
Pag. 127. (Horatius Epod . VII ) v. 11. Togli la virgola dopo leo
nibus. A me pare, circa quel difficile costrutto , che Orazio avesse
in mente il verbo @ catehéo ; e che abbia trattato mos fuit, come se
equivalesse a distéleoxv, col participio, feris OŬGLV, saeuientibus ;
participio che, s'intende , in greco andrebbe al nominativo.
Pag . 141. (Horatius Epod. V) v . 63. fugit ulta . Può interpretarsi ,
e forse si deve, come ëmas tejewpnoxuévn . Sebbene, può far rima
nere in forse il III, v. 13 e 14.
Pag. 161. ( Hor . Carm . I. VII) v. 19. Molli, Plance, mero. Il dotto
Cavazza veramente trova differenza tra finire labores senz'altro , e
mero finire labores. È però in Sat. 2 , 4, 22 : qui nigris prandia moris
Finiet. Non paia troppo dissimile; chè a me non dispiacerebbe ren
dere mero dell’ode con complemento dello stesso preciso valore che
moris della satira, piuttosto che con un altro, di strumento proprio ,
come quello col quale renderei gladio nell'esempio (ne cito uno tra
tanti) Ovidiano (ex Pont. 1 , 6, 41 ) gladio finire dolorem.
APPENDICE. 321
Pag . 170. ( Horatius Carm . I- III ) v. 5-7 . creditum Debes Red
das. Queste parole io chiamo a torto da fenerator o da tabellarius: mi
sia perdonato . Leggasi per es . Cic . Phil . 14, 12 , 11 : O fortunata mors,
quae naturae debita, pro patria est potissimum reddita .
Pag. 192. (Hor. Carm . I. II) v . 21 , 22. Audiet perirent. Do
mando se sia assurdo leggere :
Audiet ciuis acuisse ferrum
Quo (graues Persae melius ! ) perirent.
Ricordo il melius non tangere! di Sat. 2 , 1 , 45. In questa pagina
nella nota a questo verso 22 , leggi “ il figlio del disertore ’ , non ,
come è stampato, ‘ il disertore '.
Pag. 200. Hor. Carm . I. VI. Queste asclepiadee ho stampate col
terzo verso più in dentro, quando tra il secondo e il terzo verso non
c'è mai iato e il secondo verso termina sempre con lunga . Sicchè
anche questa avrebbe dovuto essere stampata a quel modo. Ma nel
v. 2 è dubbio se l'ultima parola sia alite o aliti.
Pag . 213. (Hor . Carm . I. V) v. 13. nites. Ricorda Lucr. 1 , 9 nitet
diffuso lumine caelum .
Pag. 232. (Hor. Carm . III. III) v. 49. Poni virgola , invece di
punto e virgola, dopo situm .
E poichè siamo sul correggere, a pag. XXVI, nella nota 5, ag
giungi a Ead . il suo numero 67 ; a pag. XLVI , nella nota 1 , retti
fica la cit. di Cic. che è dal de or . 2 , 80 ; a pag. XLIX nella se
st'ultima riga del testo poni Cytoro, per quel curioso Cytore ; a
pag . LXIX, nella nota 3 caccia l'h intruso ; a pag . LXXXII , nella
nota 1 , muta l’J di lambi in I; a pag . LXXXIII, nella nota 1 , cambia
II in III e nella 2, III in IV . E perdona, buon lettore, e queste e tante
altre cose, e χαίρε , dolce amico, πολλά.

FINE .
--

PASCOLI, Lyra Romana 21


INDICE CATULLIANO
SECONDO L'ORDINE VULGATO

I. - Quoi dono lepidum . Pag. 31 LI Ille mi par Pag. 44


II. Passer, deliciae . n 47 LII Quid est, Catulle ? 85
III. - Lugete, o Veneres 48 LILI Risi nescio quem 84
IV . Phasellus ille, : n 76 LX. Num te leaena 69
V. - Viuamus, mea Lesbia, n 49 LXI Collis o Heliconiei . 88
VII . - Quaeris, quot mihi . n 50 LXII Vesper adest: 12 97
VIII. Miser Catulle, n 59 LXV Etsi me assiduo 53
IX . - Verani, omnibus 41 LXVIII Quod mihi fortuna 55
XI. Furi et Aureli, n 71 LXVIII b Nonpossum reticere 1 45
XII. Marrucine Asini. 77 37 LXVIII b - Troia, nefas, ( v . 49-69) , 58
XIII. Cenabis bene, 42 LXX Nulli se dicit. 65
XXII Suffenus iste, 34 LXXII. · Dicebas quondam ivi
XXVI – Furi, uillula. 40 LXXIII Desine de quoquam n 61
XXVII Minister uetuli 7 43 LXXV - Huc est mens. n 66
XXX -- Alphene immemor 7 52 LXXVI - Si qua recordanti . 69
XXXI Paene insularum , n 75 LXXVII Rufe mihi frustra 60
XXXIV - Dianae sumus 87 LXXXIV Chommoda dicebat . 83
XXXV Poetae tenero, 78 LXXXV Odi et amo . 69
XXXVI Annales Volusi . n 63 LXXXVII Nulla potest mulier n 65
XXXVIII - Malest, Cornifici. 51 XCII – Lesbia mi dicit . 61
XXXIX Egnatius, quod . 67 XCV – Zmyrna mei Cinnae 80
XL - Quaenam te mala 66 XCVI - Si quicquam muteis. n 82
XLIV - O funde noster 39 CI Multas per gentes. n 73
XXXXV Acmen Septimios 72 85 CIV Credis me potuisse . n 62
XLVI Iam uer egelidos . 74 CVI Si quoi quid cupido ivi
XLIX Disertissime Romuli. n 34 CVIII – Si, Comini, populi 82
L Hesterno, Licini, 32 CIX – Iocundum , mea uita 63

INDICE ORAZIANO
SECONDO L'ORDINE VULGATO

CARMINA LIB. I. V – Quis multa gracilis Pag. 212


VI Scriberis Vario . n 200
I - Maecenas atauis . Pag. 156 VII - Laudabunt alii. 160
· II Iam satis terris . 190 VIII – Lydia dic, 177
III Sic te diua 77 169 VIII ( *) Vides ut alta 208

( * ) A pag. 208 corr. (VII) in (VIIII).


324 INDICE ORAZIANO .
X - Merouri, facunde Pag. 194 VI - Delicta maiorum Pag. 242
XI - Tu ne quaesieris 209 VII - Quid fles, Asterie, 216
XII Quem uirum aut . n 281 VIII Martiis caelebs 260
XIIII - O nauis, referent 176 IX - Donec gratus . 220
XV - Pastor cum traheret >> 172 X Extremum Tanain . 218
XVI - O matre pulchra 246 XII - Miserarum est. 179
XVII -- Velox amoenum 248 XIII - O fons Bandusiae, . 252
XVIII – Nullam , Vare, sacra uite 204 XIV Herculis ritu . 285
XX - Vile potabis. 273 XVII - Aeli uetusto . n 272
XXI - Dianam tenerae . 262 XVIII Faune, Nympharum . 77 250
XXII -- Integer uitae . 256 XIX - Quantum distet . 77 270
XXIII Vitas inuleo 214 XXI - O nata mecum n 267
XXIV - Quis desiderio . n 278 XXII - Montium custos n 252
XXVI -- Musis amicus n 188 XXIII Caelo supinas 254
XXVII Natis in usum 206 XXV - Quo me Bacche. 7 221
XXVIII Te maris et terrae 163 XXX - Exegi monumentum . 288
XXIX Icci, beatis nunc . 268
XXXI - Quid dedicatum 263 CARMINA LIB. IV .
XXXII Poscimur. siquid 274 II - Pindarum quisquis. 301
XXXIII Albi, ne doleas. 278 III Quem tu , Melpomene 297
XXXIV Parcus deorum . 264 V - Diuis orte bonis. 304
XXXV - O diua gratum 265 VI Diue, quem proles 299
XXXVI - Et ture et fidibus . 269 VII - Diffugere niues 308
XXXVII Nunc est bibendum . 180 VIII Donarem pateras 312
XXXVIII -- Persicos odi, 210 XII Iam ueris comites 310
XIV - Quae cura patrum . 305
CARMINA LIB. II. XV -- Phoebus uolentem 314
n
I - Motum ex Metello 197
VI - Septimi, Gadis n 279 CARMEN SAECVLARE.
VII - 0 saepe mecum 186
VIII - Vlla si iuris 214 Phoebe siluarumque . 289
IX - Non semper imbres . 277
XII Nolis longa ferae 72 202 EPODON LIBER.
XIII - Ille et nefasto 257 I Ibis Liburnis 154
XIV Eheu fugaces . 211 II - • Beatus ille 77 144
XVII – Cur me querellis 275 III Parentis olim 136
XVIII -- Non ebur neque aureum 167 IV – Lupis et agnis 134
• XIX Bacchum in remotis . 183 V -- ‘ At o deorum 137
XX - Non usitata. 286 VI - Quid inmerentis 131
VII Quo, quo scelesti ruitis ?. 126
CARMINA LIB. III. VIII (*) – Quando repostum . 150
I Odi profanum . : 223 X - Mala soluta nauis . 132
II - Angustam amice 227 XIII Horrida tempestas . n 129
III Iustum et tenacem 229 XIV - Mollis inertia . 149
IV Descende caelo . 233 XV - Nox erat et caelo 127
V - Caelo tonantem . ‫ ת‬239 XVI Altera iam teritur . 120

(*) A pag. 150 corr. (VII) in (VIIII).


INDICE

PREFAZIONE Pag. VII


Nota . XIII
Storia della poesia lyrica in Roma . XV

METRICA DELLA LYRICA ROMANA .


1. Versus Saturnius LXXXV
II. Versus Italici simplices . LXXXVII
III . Versus iambici et trochaici Comicorum LXXXIX
IV . - (Versus) ueterum poetarum ivi
V. Catulliana . XCI
VI. Horatiana . XCVI

Fauni Vatesque.

Carmen Saliare . Pag. 1


Carmen Aruale . 2
Obtestationes , ivi
Conprecatio agrum lustrantis 3
Carmina rustica . Prouerbia . 4
Alia uetera carmina 6
Marcius Vates 7
Appius Caecus 8
Elogia n 9
Liuius Andronicus 12
Naeuius. 13
Epigramma Plauti . > ivi
326 INDICE.

Epigramma Pacuui . Pag. 13


Cato . 14

Testimonia.

Fauni Vatesque . 15
Occentatio , mala carmina, pipulus ivi
Fescennini . 16
Carmina triumphalia 17
Marcii fratres. Publicius . 18
Carmina de clarorum uirorum laudibus . Neniae 19
Cantica . 20

Veteres Poetae.

Ennius . 21
Pompilius 22
T. Quintius Atta iyi
Valerius Aedituus iyi
Porcius Licinius. 20 23
Q. Catulus. 24
Lusus pompeianus . 72 ivi
Volcacius Sedigitus ivi
Sueius n 26
Cn . Mattius 27
Laeuius . 28

Νεώτεροι..

Catullus. 31
M. Furius Bibaculus 101
Q. Scaeuola 104
C. Licinius Caluus . ivi
C. Heluius Cinna 72 106
Q. Cornificius. 107
C. Memmius iyi
Incertorum uersus ivi
Versus in Caesarem n 108
Versus in Augustum 109
C. Maecenas . 110
P. Vergilius Maro (Priapea) 111
( Catalepton) 114
Priapea . 118
INDICE , 327

Q. Horatius Flaccus.

Iambi [ Epodon] Pag. 120


Carmina [Lib. I- III] n 156
Carmen Saeculare . 289
Carmina [Lib. IV] . 297

APPENDICE . 317
INDICE CATULLIANO 323
INDICE ORAZIANO ivi

ROMA

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