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Come riconoscere un buon vino in 5
mosse
Riconoscere un buon vino è impresa ardua talvolta. Ti è mai capitato di cadere nella trappolona tesa
dall’amico che ti fa assaggiare un qualcosa di profumatissimo ed “elegante” ma che poi scopri aver pagato
meno di 5 Euro al Discount dietro casa?
Per non fare figuracce, ci sono 5 grandi famiglie di argomenti che vale la pena conoscere. Tanto più sarà
approfondito il livello di familiarità con questi argomenti, tanto più sara facile riconoscere un buon vino. O,
meglio, saper scegliere il vino giusto!
Nota, caro amico lettore, che non si tratta di semplice retorica ma di un dato di fatto incontrovertibile
confermato e ribadito anche dai più grandi sommelier. Mi rendo conto, però, che non è abbastanza. Se sei qui
vuoi avere altri strumenti per riconoscere un buon vino. Eccoli, quindi, in arrivo!
Ovviamente i parametri sono più stringenti in caso di DOCG rispetto alla DOC. Ciò non toglie che ci siano
ottimi vini anche con la dicitura ancor meno stringente IGT/IGP (Indicazione Geografica Tipica/Protetta, che
di fatto non hanno differenza, cioè sono la stessa cosa).
“Millesimato” (se si tratta di uno spumante con uve di una sola annata che è stata particolarmente
favorevole);
“Riserva” (se è affinato almeno 12 mesi in più del normale);
“Classico” (se il vino è stato prodotto nella zona di origine di quella denominazione);
“Superiore” (se sono state utilizzate uve di particolare pregio e il grado alcolico è di almeno 0,5% in più
rispetto al normale).
Per farlo, dobbiamo scomodare il concetto di “obiettivo enologico” ovverosia cosa il produttore voleva
ottenere coltivando un particolare vitigno, su un particolare terreno, in un determinato clima e con esatte
tecniche di coltivazione e, ovviamente, vinificazione e conservazione.
Tanto più il vino sarà vicino al risultato dichiarato, tanto più sarà un “buon vino”.
Un vino è tanto più buono tanto più è complesso al naso e alla bocca.
E’ un vino importante quello che contiene molti stimoli gusto-olfattivi e li rende ben distinguibili, non
ammassati senza senso ma semmai riesce a fargli percepire con ordine soprattutto al naso (vedi glossario
terminologia descrizione vino).
Una volta in bocca, deve presentare un certo equilibrio tra componenti “morbide” (alcol + zuccheri) e “dure”
(acidità, sapidità, tannicità).
Anche qui, però, ci sono delle eccezioni. Ottimi vini hanno degli evidenti squilibri. Ad esempio, i vini passiti
hanno una predominanza morbida dovuta agli zuccheri residui mentre gli spumanti hanno più evidente la
componente dura data dall’acidità.
Ci sono vini sontuosi che perdono di significato se abbinati a piatti leggeri o delicati come quelli a base di
pesce.
Ci sono vini dolci che si esaltano con i dessert. Eccetera, eccetera, eccetera.
Ogni piatto, insomma, ha il suo vino giusto e ogni vino ha il suo cibo ideale.
Non sono sbagliati i luoghi comuni che vedono le ostriche e il caviale assieme allo champagne o il Chianti
assieme ad una bistecca alla fiorentina. Casomai, invece, ci sarebbe qualcosa da ridire nell’accoppiata pizza-
birra che mette assieme due lieviti e non è proprio il massimo.
Per trovare l’abbinamento cibo-vino corretto vi sono regole precise ma anche tanta sperimentazione. In rete
si trovano consiglio a profusione. Approfittatene.
i vini bianchi leggeri si devono abbinare a piatti altrettanto leggeri a base di verdure, pesce o formaggi
freschi;
i vini rossi si devono abbinare alla carne (tanto più vini di corpo tanto più il piatto sarà elaborato, saporito,
di gusto forte);
i vini dolci con i dessert (una delle regole auree è che il dolce va con il dolce con rarissimissime eccezioni).
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