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Il vino

Secondo le normative CE, si definisce vino “...il prodotto ottenuto


esclusivamente dalla fermentazione totale o parziale degli
zuccheri contenuti nelle uve fresche pigiate o non, o di mosti di
uve, che si trasformano in alcole attraverso la cosiddetta
fermentazione alcolica...”
Il vino è senza dubbio uno dei prodotti alimentari di maggior
valore sotto molti punti di vista. Innanzitutto è legato alla
tradizione: in tutto il mondo, esso è il simbolo dell’Italia, che è
stata sempre riconosciuta come terra di elezione per la vite,
basti pensare al termine Enotria (terra del vino) con cui era nota
in epoca greca. Dal punto di vista commerciale esso rappresenta
un settore in cui convergono grandi interessi e grandi
investimenti. Poi è un alimento che negli ultimi anni ha visto
crescere vertiginosamente le produzioni ad alta qualità, anche dal
punto di vista della sicurezza. Infine, presenta aspetti molto
interessanti anche dal punto di vista nutrizionale (considerandone
un’assunzione moderata) per via delle sostanze nobili che
contiene, come i polifenoli, il resveratrolo e i composti aromatici

Università del Piemonte Orientale – Facoltà di Scienze – anno accademico 2006-2007


Il vino come prodotto di qualità
Come un buon olio si ottiene da buone olive e un corretto trattamento,
così un buon vino si ottiene da materie prime buone e dal buon impiego
delle pratiche vinicole, a partire dal vigneto per arrivare
all’imbottigliamento. La qualità del vino non si può improvvisare. L’epoca
del vino al metanolo è forse un lontano ricordo
Inoltre, le esigenze dei consumatori sono in continuo aumento, anche
perchè la cultura del buon bere si sta diffondendo, soprattutto tra i
consumatori giovani. Diventa sempre più difficile ingannare i clienti, che
col tempo sono stati educati ad esigere prodotti di qualità anche a costo
di un prezzo maggiore. Va anche considerato che il mercato del vino ha un
indotto (turismo enogastronomico, manifestazioni fieristiche) in grande
evoluzione
Un vino DOC, vinificato come si deve, sarà sempre riconosciuto come
prodotto di grande affidabilità, mentre un vino da battaglia non può avere
vita lunga
Importanza commerciale
Dal punto di vista commerciale, il vino
è uno dei punti di forza dell’economia
italiana e in particolare piemontese.
Nella nostra regione la produzione di
vino si aggira sui 3.3 milioni di
ettolitri annui, ma quello che
impressiona di più è il dato
qualitativo: oltre il 70% della
produzione è rappresentata da vini di
categoria V.Q.P.R.D., ovvero vini DOC
(44 denominazioni) e vini DOCG (7
denominazioni)
Si tratta quindi di un comparto di
altissimo livello, che richiede quindi
investimenti conseguenti dal punto di
vista della ricerca a supporto della
produzione
Classificazione dei vini
Le tipologie di vini presenti sul mercato sono varie e differiscono per la qualità:
• Vini da Tavola: sono vini senza alcuna indicazione di provenienza o nome di vitigno
o annata di raccolta
• Vini a Indicazione Geografica Tipica (I.G.T.): provengono per almeno l'85% dalla
zona geografica di cui portano il nome e devono rispondere ad alcuni parametri
indicati nei disciplinari di produzione
• Vini a Denominazione Origine Controllata (D.O.C.): si tratta di vini di qualità,
originari di una regione ben determinata, le cui caratteristiche enochimiche ed
organolettiche devono rispettare i parametri dettati dai disciplinari di
produzione
• Vini a Denominazione Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.): sono prodotti di
particolare pregio sottoposti a regole di produzione più severe rispetto ai vini a
denominazione di origine controllata
L'Unione Europea riunisce in un'unica categoria i vini da tavola ed i vini ad
indicazione geografica (I.G.T.) nella categoria dei vini da tavola, mentre i vini
D.O.C. e D.O.C.G. sono riuniti nella categoria dei vini di qualità prodotti in regioni
determinate (V.Q.P.R.D.)
Una collocazione particolare hanno poi i vini speciali e fra questi un ruolo
importante per tradizione e nobiltà rivestono i Vini Spumanti e i Vini Frizzanti,
naturali e gassificati
Classificazione per grado alcolico
In dipendenza del grado alcolico (e con conseguenze non indifferenze dal punto di
vista fiscale) possiamo classificare i vini come segue:
 Vini da Tavola: titolo alcolometrico non inferiore a 8.5%; per i vini prodotti su

talune superfici viticole da stabilirsi il titolo alcolometrico volumico totale può


essere portato ad un massimo di 17% (Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia,
Sardegna) ad altitudine inferiore a 600 m s.l.m
 Vini Liquorosi: titolo alcolometrico minimo stabilito non inferiore 15% ne
superiore a 22%. Si distinguono dai vini passiti anche per l'aggiunta di mosto di
uve concentrato e/o di alcol
 Vini Passiti e Vinsanti : non esistendo una normativa generale specifica, rientrano

quei vini che hanno un tasso alcolico minimo stabilito dai disciplinari di produzione
anche se con tasso alcolico effettivo oltre 15% vol. Questi vini non possono
essere aggiunti di concentrati o di alcol perchè in tal caso rientrerebbero
automaticamente nella categoria dei vini liquorosi
 Vini aromatizzato : vini speciali aventi un contenuto in alcol inferiore a 21%,

costituiti in prevalenza da vino addizionato o non di alcole e di saccarosio ma di


sostanze permesse dalle vigenti disposizioni e normative, atte a conferire al
prodotto particolari odori e sapori estranei
 Vini Frizzanti: titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 7%
Esempio di disciplinare
Ogni vino V.Q.P.R.D è soggetto ad un disciplinare di produzione che ne vincola la
commercializzazione al rispetto di regole precise, riguardanti l’origine delle uve, il metodo di
trattamento, ecc.; curiosamente, dal punto di vista analitico i parametri da rispettare sono
pochissimi. Nell’esempio è riportato il disciplinare D.O.C.G. del Barolo
D.P.R. 1 luglio 1980: Riconoscimento della denominazione di origine controllata e garantita del
vino Barolo

Art. 2. - Il Barolo deve essere ottenuto esclusivamente dalle uve del vitigno Nebbiolo delle
sottovarietà Michet, Lampia e Rosè prodotte nella zona di origine
Art. 3. - La zona di origine delle uve atte a produrre il Barolo, comprendente i territori dei
comuni di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d'Alba ed in parte il territorio dei
comuni di Monforte d'Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour,Diano
d'Alba, Cherasco e Roddi ricadenti nella provincia di Cuneo
Art. 4. - Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione del "Barolo"
devono essere quelle tradizionali della zona e comunque unicamente quelle atte a
conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità. Sono
pertanto da considerarsi idonei unicamente i vigneti collinari di giacitura ed
orientamento adatti ed i cui terreni siano preminentemente argilloso-calcarei. La
produzione massima ad Ha in coltura specializzata non deve essere superiore a q.li 80
di uva. A tale limite, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la produzione dovrà
essere riportata attraverso un'accurata cernita delle uve purché la produzione non
superi del 20% il limite massimo sopra stabilito
Esempio di disciplinare
Art. 6. - Le operazioni di vinificazione e di invecchiamento obbligatorio devono essere
effettuate nella zona delimitata nell'art. 3. Il Ministero dell'Agricoltura e delle
Foreste, sentito il parere del comitato nazionale per la tutela delle denominazioni di
origine dei vini può altresì consentire che le suddette operazioni di vinificazione e di
invecchiamento obbligatorio siano effettuate dalle aziende che, avendo stabilimenti
situati nei territori delle provincie di Cuneo, Asti, Alessandria inclusi nell'art. 4 del
disciplinare annesso al D.P.R. 23 aprile 1966, dimostrino che già effettuarono tali
operazioni, previa attestazione della competente camera di commercio
Art. 7. - Le uve destinate alla vinificazione, sottoposte a preventiva cemita, se necessario,
devono assicurare al vino una gradazione alcolica complessiva minima naturale di gradi
12,5. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e
costanti, atte a conferire al vino le sue peculiari caratteristiche. La conservazione e
l'invecchiamento del vino devono essere effettuate secondo i metodi tradizionali. Il
vino deve essere sottoposto ad un periodo di invecchiamento di almeno tre anni e
conservato per almeno due anni di detto periodo in botti di rovere o di castagno. Il
periodo di invecchiamento decorre dal 10 gennaio successivo all'annata di produzione
delle uve. È consentita l'aggiunta, a scopo migliorativo, di Barolo più giovane ad
identico Barolo più vecchio o viceversa nella misura massima del 15%.
In etichetta, dovrà figurare il millesimo relativo al vino che concorre in misura
preponderante. Il vino a denominazione di origine controllata e garantita Barolo
ultimato il periodo di invecchiamento obbligatorio, dovrà essere sottoposto alla prova
di degustazione
Esempio di disciplinare

Art. 8. - Il Barolo, all'atto dell'immissione al consumo, deve rispondere alle seguenti


caratteristiche:
 colore: rosso granato con riflessi arancione;

 odore: profumo caratteristico, etereo, gradevole, intenso;

 sapore: asciutto, pieno, robusto, austero ma vellutato, armonico;

 gradazione alcolica minima complessiva: gradi 13;

 acidità totale minima: 5 per mille;

 estratto secco netto minimo: gr. 23/litro

Art. 9. - Il Barolo sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a cinque anni può
portare come specificazione aggiuntiva la dizione riserva.
Art. 10. - La denominazione Barolo chinato è consentita per i vini aromatizzati preparati
utilizzando come base vino Barolo senza aggiunta di mosti o vini non aventi diritto a
tale denominazione e con una aromatizzazione tale da consentire, secondo le norme di
legge vigenti, il riferimento nella denominazione alla china
Esempio di disciplinare
Art. 11. - È vietato usare assieme alla denominazione Barolo qualsiasi qualificazione aggiuntiva
diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi: extra,
fine, scelto, selezionato e similari. È tuttavia consentito l'uso di indicazioni che
facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, consorzi, non aventi
significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l'acquirente.
È consentito altresì l'uso di indicazioni geografiche e toponomastiche che facciano
riferimento a comuni, frazioni, poderi, tenute, tenimenti, cascine e similari, nonché
delle sottospecificazioni geografiche, bricco, costa, vigna e altri sinonimi di uso
locale, costituite da aree, località e mappali inclusi nella zona delimitata nel
precedente art. 3 e dalle quali effettivamente provengono le uve da cui il vino cosi
qualificato è stato ottenuto
Art. 12. - Sulle bottiglie o altri recipienti contenenti il Barolo deve sempre figurare
l'indicazione veritiera o documentabile della annata di produzione delle uve.
La denominazione di origine controllata e garantita Barolo deve essere sempre messa
in evidenza, comunque deve figurare con caratteri di altezza e di larghezza non
inferiori a 2/5 di quelli massimi di ogni altra indicazione che compaia sull'etichetta
principale della bottiglia
Art. 13. - Chiunque produce, vende, pone in vendita, o comunque distribuisce per il consumo
con la denominazione di origine controllata e garantita Barolo vini che non rispondono
alle condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione, è punito
a norma dell'art. 28 del D.P.R. 12 luglio 1963, n. 930
L’etichetta di un vino
In questa figura è riportata l’etichetta di
un vino di classe V.Q.P.R.D. In rosso sono
riportate le indicazioni obbligatorie, in
nero quelle facoltative
1. Nome della regione determinata
2. Dicitura speciale (D.O.C. o D.O.C.G.)
3. Nome dell’imbottigliatore
4. Sede dell’imbottigliatore
5. Stato di appartenenza (se esportato)
6. Volume nominale
7. Titolo alcolimetrico effettivo
8. Indicazioni ecologiche
9. Lotto
C. Titolo alcolimetrico totale
G. Sottozona
H. Distinzioni
L. Annata di raccolta delle uve
O. Menzione vigna
Q. Menzioni complementari (es. Riserva,
superiore, classico, ecc.)
S. Tipo di elaborazione (es. Passito, vino
novello, ecc.)
Il vino oggetto di studi
Oltre che essere alimento di grande diffusione e consumo in tutto il
mondo, il vino è anche, probabilmente, l’alimento più studiato dal punto di
vista scientifico. Il numero di studi scientifici pubblicati ogni anno è
impressionante e riguarda argomenti vari nel campo della chimica, della
microbiologia, della medicina, dell’agronomia, ecc.
Ma è soprattutto la chimica enologica la disciplina che attrae il maggior
numero di ricercatori in tutto il mondo. Sarà probabilmente per il grande
fascino che esercita la chimica del vino, così complessa e in parte ancora
inesplorata
Il Professor Amerine, luminare della University of California a Davis,
dichiarò che se fosse stato un giovane in procinto di intraprendere
l’attività di produttore di vino, avrebbe dapprima studiato chimica, in
modo da capire a livello microscopico i processi che favoriscono la nascita
di un buon vino
Analisi del vino
Come per molti altri alimenti, le analisi sul vino riguardano più aspetti:
• l’aspetto normativo, legato a parametri analitici che ogni prodotto
enologico deve rispettare per poter essere commercializzato: grado
alcolico, acidità totale, parziale e fissa, estratto secco, ecc., anche se i
disciplinari di produzione sono poco restrittivi da questo punto di vista
• l’aspetto nutrizionale, legato alle proprietà
benefiche (o anche malefiche) che il vino
apporta alla nostra salute, attraverso
l’assunzione di sostanze antiossidanti come
i polifenoli che può essere interessante
dosare nelle varie classi in cui esistono
• l’aspetto qualitativo, legato principalmente
all’aroma e al bouquet del vino e quindi alle
centinaia di sostanze volatili di cui è ricco
il vino, sostanze in parte ancora non ancora
identificate e quantificate
Alcune applicazioni analitiche

Le analisi sono importanti in più punti della filiera del vino, dal prelievo
delle uve alla commercializzazione del prodotto imbottigliato:
• Controllo di qualità: valutare il grado di maturazione delle uve, l’effetto
dei vari passaggi del processo, il grado di invecchiamento
• Riduzione dei processi degradativi: identificare le sostanze che
apportano contributi negativi al vino e capirne l’origine
• Miscelazione: stabilire, attraverso la misurazione di parametri ben
precisi, quali siano i rapporti ottimali di miscelazione per ottenere un
prodotto con le caratteristiche desiderate
• Certificazione per la commercializzazione: poter soddisfare i requisiti
richiesti per l’ottenimento della D.O.C.
• Certificazione per l’esportazione: poter soddisfare i requisiti richiesti
per l’esportazione dei prodotti sui mercati esteri
Normative sui metodi di analisi

A livello di Comunità Europea, il Regolamento CE n.2676/90 determina i


metodi d’analisi comunitari da utilizzare nel settore del vino. In questa
normativa, tutti i parametri importanti per gli aspetti di sicurezza
alimentare sono descritti nei minimi particolari. Successivi aggiornamenti
hanno apportato modifiche ai metodi o hanno introdotti metodi nuovi, in
conseguenza dell’evoluzione degli studi scientifici in campo enochimico
La legislazione Italiana, come quelle di altri paesi europei, fa riferimento
a quella comunitaria, recependone i regolamenti per quanto riguarda i
metodi d’analisi da utilizzare. Per quanto riguarda i limiti massimi di
concentrazione per le sostanze indesiderate nel vino, invece, non ci sono
ancora regole comuni. Al proposito, è sufficiente valutare i limiti massimi
per il contenuto di metalli nel vino, mostrati nelle tabelle seguenti in cui
sono confrontati i limiti stabiliti da alcuni paesi
Limiti per metalli non tossici
Nazioni Ag Al B Ca Cr Cu Fe Na Sb Se Sn T i Zn

Argentina 0.25 1.0 230


Australia 5.0 0.15 0.2 50.0 5.0
Canada 0.5 20.0 500 0.02 5.0

Germania 8.0 80.0 2.0 1.0 1.0 5.0

I ta l i a 10.0 5.0

Nuova Zelanda 2.0 0.15 40.0 5.0

Russia 5.0 10.0

Sud Africa 80.0 1.0 10.0 100 1.0 100.0 5.0

S v i z z e ra 80.0 1.0 60 5.0

US A 0.5

FAO/WHO
EU 1.0
OIV 10.0 0.1 1.0 60 0.20 0.1 5.0 5.0

FAO/WHO: Food and Agricolture Organization / World Health Organization


OIV: Organisation International de la Vigne et du Vin
Limiti per metalli tossici
Nazioni As Cd Hg Pb
Argentina 0.01 0.20
Australia 0.1 0.05 0.030 0.20
B ra s i l e 0.20 0.50
Canada 0.1 0.50 0.100 0.20
Germania 0.1 0.01 0.010 0.25
I ta l i a 0.30
FAO/WHO: Food and Agricolture Organization /
Ma lta 0.2 0.20 World Health Organization
Nuova Zelanda 0.2 0.20 OIV: Organisation International de la Vigne et du
Russia 0.2 0.03 0.005 0.30 Vin
Sud Africa 0.2 0.01 0.050 0.20
S v i z z e ra 0.2 0.01 0.10
U SA 0.30
FAO/WHO 0.20
EU 0.20
OIV 0.2 0.01 0.020 0.20
Composizione del vino
Nel vino sono presenti centinaia di composti diversi (attualmente sono
note non meno di 600 sostanze) ed è interessante notare che le proprietà
organolettiche non sono influenzate soltanto dai suoi componenti
maggiori, cioè acqua e alcol etilico, ma anche dai componenti minori e
persino da quelli presenti in tracce e ultratracce. Per esempio, è
sufficiente una concentrazione di poche decine di ng/l di 2,4,6-
tricloroanisolo per impartire al vino il classico, sgradevole gusto di tappo
È piuttosto difficile delineare una descrizione della composizione media
del vino, viste le numerose possibilità di tecniche di vinificazione. Sono
sempre presenti composti delle seguenti classi:
 Acqua  Polifenoli: antociani, tannini
 Alcoli: etanolo, metanolo, alcoli  Sostanze minerali: anioni, cationi
superiori, glicerina  Sostanze volatili: acidi volatili,
 Acidi organici: tartarico, malico, esteri, aldeidi, terpeni
citrico, lattico, acetico  Vitamine
 Zuccheri: glucosio, fruttosio  Gas disciolti: anidride carbonica,
 Gomme e pectine anidride solforosa, ossigeno
Composizione e qualità
Ogni produttore di vino sa che per fare un buon prodotto è necessario
realizzare l’armonia tra i vari componenti del vino. Ad esempio, aumentare
artificialmente la gradazione alcolica del vino serve a poco se questo non
è bilanciato da un equivalente corredo di sostanze aromatiche
A livello chimico, la qualità di un vino è determinata da una serie di
sostanze tra le quali hanno particolare importanza le seguenti:

• Alcol etilico
• Estratto secco netto
• Zuccheri (fruttosio, glucosio)
• Acidità (acidi carbossilici)
• Polifenoli (antociani, stilbeni, flavanoli, ecc.)
• Anidride carbonica
• Composti aromatici (terpeni, esteri, alcoli superiori, aldeidi, ecc.)
Alcol etilico
La sua importanza, dal punto di vista merceologico e commerciale, è
determinante essendo la sostanza a maggior concentrazione dopo l’acqua
e quindi influenza notevolmente tutto il complesso dei caratteri
organolettici. Oltre al sapore dolce, l’alcol etilico o etanolo è responsabile
della morbidezza del vino. È inoltre importantissima la sua capacità di
solubilizzare tutti i composti importanti ai fini della costituzione del
bouquet, che non sarebbero solubili in un mezzo esclusivamente acquoso .
Infine è decisivo dal punto di vista della genuinità, in quanto è possibile
riconoscere l’addizione di zucchero non proveniente dall'uva per
aumentare il grado alcolico in base alla misura di parametri analitici
sull’alcol
L’alcol etilico o etanolo si forma dalla fermentazione alcolica del glucosio
presente nel mosto, favorita dall’azione dei lieviti Saccharomyces
Cerevisiae:
C6H12O6  2C2H5OH + 2CO2
Titolo alcolometrico
Il contenuto di etanolo nel vino si esprime attraverso il titolo
alcolometrico volumico, di cui è bene distinguere tre varianti:
• Il titolo alcolometrico potenziale, che quantifica l’alcol potenzialmente
sviluppabile da zuccheri non ancora fermentati, e si misura
moltiplicando per 0.06 la quantità nel vino di zuccheri riduttori,
espressa in g/l; questo fattore moltiplicativo deriva dalle unità Brix
necessarie per generare un volume di etanolo pari a 1% (v/v) attraverso
la fermentazione alcolica. L’unità Brix esprime la percentuale di solidi
totali in soluzione, calcolata in g di soluto/100 g di soluzione; nel mosto,
il 95% dei solidi disciolti è zucchero che quindi esprime quasi
interamente i Brix
• Il titolo alcolometrico effettivo, che quantifica l’etanolo presente
• Il titolo alcolometrico totale, dato dalla somma del titolo effettivo e
potenziale
Determinazione dell’etanolo
Il metodo più semplice per determinare il grado alcolico di un vino è quello
ebullioscopico, nel quale cioè si misura il punto di ebollizione del campione.
Considerando il vino una miscela binaria acqua-etanolo, è possibile risalire
alla % di etanolo nel campione in base alla temperatura alla quale esso
bolle, facendo riferimento al grafico sottostante; l’abbassamento del
punto di ebollizione
dell’acqua (abbassamento
ebullioscopico) è infatti
funzione quasi lineare
dell’aggiunta di un altro
componente
In alternativa si può
eseguire l’analisi GC,
determinando l’etanolo
insieme agli altri alcoli,
oppure l’analisi HPLC
Misura densimetrica dell’etanolo
Un altro metodo semplice e correntemente utilizzato per determinare il
titolo di etanolo è quello densimetrico, che si basa cioè sulla misurazione
della densità. Il valore di densità di una miscela binaria acqua-etanolo è
correlabile al grado alcolico; la misura si effettua
a 20°C, oppure apportando una correzione se a
temperatura diversa. Il vino in esame è
sottoposto a distillazione per eliminare tutte le
sostanze non volatili; nel distillato si concentrano
anche composti omologhi dell’etanolo nonchè gli
esteri etilici, che contribiscono quindi al valore
finale. Attraverso la determinazione della densità
del distillato con bilancia idrostatica, si estrapola
da tabelle di riferimento il valore del grado
alcolico effettivo
La bilancia idrostatica funziona in base al principio
di Archimede, secondo cui un corpo immerso in un
liquido riceve una spinta verticale uguale al peso
del liquido spostato. Il peso diviso il volume
impiegato darà il valore della densità
Altri alcoli
Il vino contiene altri alcoli che possono influenzarne la qualità, in senso
positivo o negativo. Tra quelli apprezzabili vi è la glicerina o glicerolo,
prodotta come l’etanolo nella fermentazione alcolica
La glicerina impartisce al vino un sapore marcatamente CH2 OH
dolciastro e contribuisce a migliorarne l’equilibrio e il CH OH
corpo. Essendo un composto non troppo volatile, la sua
CH2 OH
determinazione si effettua per separazione HPLC

Un altro alcol, questa volta meno desiderabile, è l’ alcol metilico o


metanolo (CH3OH) che si forma dall’idrolisi enzimatica della pectina, un
polisaccaride presente nell’uva. Pur essendo tossico, il suo contenuto nel
vino non costituisce rischio, a meno di quantità fraudolentemente
aumentate (come nel caso tristemente noto di Narzole). La sua
determinazione si effettua normalmente per GC
Alcoli superiori
I cosidetti alcoli superiori o fusel oils, cioè alcoli con più di due atomi di
carbonio, si originano dagli aminoacidi presenti nell’uva: nel vino i più
importanti sono 1-propanolo, 2-metil-1-propanolo, 3-metil-1-butanolo e 2-
metil-1-butanolo
Gli alcoli superiori influenzano in vario modo il gusto del vino; nel
Cabernet Sauvignon ne è stato identificato uno particolare, il 3-metiltio-
1-propanolo (CH3-S-CH2-CH2-CH2-OH) che deriva dall’aminoacido
metionina e impartisce al vino una forte nota dolce
La determinazione degli alcoli
superiori si può effettuare per
GC. Nel cromatogramma sono
riconoscibili i seguenti composti,
in ordine di eluizione: 1-
propanolo, etil acetato (un
estere), 2-metil-1-propanolo, 1-
butanolo (standard interno), etil
acetale (un etere), 3-metil-1-
butanolo e 2-metil-1-butanolo
Estratto secco netto
È un parametro importante: dà l'idea della robustezza del vino. Ad esso
contribuiscono le sostanze non volatili lasciate dopo l’evaporazione dell’etanolo,
quindi composti diversi come gli acidi fissi tartarico, malico e lattico, la glicerina, le
materie coloranti, i tannini, le sostanze minerali e gli zuccheri, anche se questi
ultimi contribuiscono più correttamente all’estratto secco apparente, potendo
generare altro etanolo
L'estratto secco netto, il cui valore si esprime in g/l, è legato al tipo di vino ed alla
tecnica di vinificazione. I vini rossi, a causa della presenza delle materie coloranti
e dei tannini, hanno solitamente un estratto superiore a quello dei bianchi.
L'estratto secco netto è uno dei parametri previsti dai disciplinari dei vini D.O.C. e
D.O.C.G., ed entra quindi a far parte degli elementi di giudizio sulla genuinità. Ciò è
particolarmente vero per quanto riguarda la correlazione fra il valore dell'estratto
e il valore delle ceneri di un vino. Infatti il contenuto in ceneri di un vino è
normalmente circa 1/10 del valore dell'estratto secco netto
La determinazione si effettua per densitometria, misurando la differenza tra la
densità del campione di vino e quella del distillato alcolico (privo delle sostanze che
compongono l’estratto). Nell’effettuare la determinazione, è necessario porre
attenzione a non arricchire il distillato in sostanze debolmente volatili come l’acido
malico, il glicole etilenico o la stessa acqua
Zuccheri
Rappresentano una parte importante del mosto e quindi del vino e sono
costituiti principalmente da fruttosio (levulosio) e glucosio (destrosio):
il primo ha struttura furanosidica, cioè a 5 atomi di
carbonio, mentre il secondo ha struttura HOCH2 O OH

piranosidica, cioè a 6 atomi di carbonio. I due H HO


H CH2OH
zuccheri vengono fermentati dai lieviti
naturalmente presenti nel mosto con produzione di OH H

alcol; quando la fermentazione è terminata non sono fruttosio


più presenti o si ritrovano in tracce. Altri zuccheri
piranosidici nel mosto sono il ramnosio, l’arabinosio e CH2OH
lo xilosio H O H
H
Oltre ai monosaccaridi citati, nell’uva sono presenti OH H
HO OH
disaccaridi come il saccarosio (fruttosio + glucosio)
e polisaccaridi come la pectina (acido galatturonico) H OH

e le gomme (arabinosio, galattosio) glucosio


Secondo il tenore di zuccheri presenti i vini vengono
classificati i vini
ovviamente come dolcisecchi, amabili,
e liquorosi dolci,unaecc.;
contengono quantità di zuccheri non
fermentati più elevata che ne conferisce il sapore dolce
Rapporto glucosio/fruttosio
Glucosio e fruttosio nel mosto si trovano inizialmente in quantità
pressoché uguali per cui il loro rapporto varia tra 0.7 e 1.1, a seconda di
fattori come il grado di maturità delle uve, le condizioni climatiche e
naturalmente la varietà di uva. Durante la fermentazione alcolica, il
glucosio viene consumato per primo dai lieviti: ciò comporta una sua
diminuzione e il rapporto fra i due zuccheri, al procedere della
fermentazione, si allontana sempre di più dall'unità, fino ad arrivare alla
fine attorno a 0.25. Nel caso di vini dolci e nei casi in cui non è consentita
la dolcificazione, il valore di questo rapporto può rappresentare un
elemento di controllo della genuinità
Nel vino non è presente naturalmente il saccarosio. Le piccole quantità
che si trovano nell'uva all'atto della spremitura spariscono rapidamente
nel giro di qualche ora per idrolisi, quindi un’eventuale addizione
fraudolenta è difficile da rivelare. Nei casi sospetti, la ricerca del
saccarosio e dei suoi derivati di idrolisi (glucosio e fruttosio) è uno dei
parametri di controllo della genuinità
Inositolo
Sempre nell'ambito del controllo della genuinità, un elemento di notevole
valore diagnostico è costituito dalla presenza di due composti che
vengono collocati nel quadro zuccherino naturale dei vini: mio-inositolo e
scillo-inositolo. La determinazione del contenuto di questi due polialcoli
ciclici e il rapporto fra le loro concentrazioni assume un significato
rilevante agli effetti del controllo della genuinità

mio-inositolo scillo-inositolo
Determinazione degli zuccheri riducenti
La determinazione degli zuccheri si può effettuare con tecniche diverse. Una
determinazione classica è quella degli zuccheri riducenti: essendo il glucosio e il
fruttosio composti riducenti in virtù del gruppo alcolico e del gruppo aldeidico, è
possibile determinarne la quantità totale (comprensiva anche dei pentosi, zuccheri
non fermentabili ma ugualmente riducenti) mediante il metodo di Rebelein che
consiste nel fare reagire gli zuccheri con una soluzione di Cu 2+ in ambiente basico:

Zucchero + Cu2+  prodotto ossidato + Cu+

Lo ione Cu2+ è addizionato in quantità nota sotto forma di reattivo di Fehling,


composto da due soluzioni di cui una contenente CuSO 4·5H2O e l’altra contenente
tartrato di sodio e potassio in idrossido di sodio. Dopo la reazione redox, l’eccesso
di Cu2+ è fatto reagire con KI in ambiente di H 2SO4 e si titola lo iodio sviluppatosi
con Na2S2O3 in presenza di indicatore salda d’amido:

2Cu2+ + 2I-  2Cu+ + I2


I2 + 2S2O32-  2I- + S4O62-

Per l’analisi dei vini rossi o di vini ricchi di polifenoli è bene eliminare i polifenoli
stessi con carbone attivo, per evitare interferenze positive nella determinazione
Determinazione
cromatografica
La separazione cromatografica degli zuccheri è possibile con HPLC su colonna di
silice con gruppi aminici e fase mobile acqua/acetonitrile. Per la rivelazione si
impiega normalmente il detector a indice di rifrazione, basato sulla capacità di una
sostanza in soluzione di deviare un raggio luminoso; in alternativa, essendo gli
zuccheri composti riducenti in virtù del gruppo alcolico e del gruppo aldeidico, è
possibile utilizzare un rivelatore amperometrico nel quale i vari composti separati
sono sottoposti ad una reazione elettrochimica

1. iso-Eritritolo
2. Fruttosio
3. Sorbitolo
4. Mannitolo
5. Glucosio
6. Inositolo
7. Saccarosio
8. Maltitolo
9. Maltosio
Acidità del vino
L'acidità conferisce al vino vivacità nel gusto e nel colore: si tratta quindi
di un parametro apprezzabile, se dovuto agli acidi giusti
Gli acidi presenti nel vino sono classificabili in acidi naturali, presenti
nell’uva (tartarico, malico e citrico) e in acidi di origine fermentativa
(acetico, lattico e succinico). Ogni acido conferisce note particolari e
positive se in concentrazione opportuna; l’acido malico è preferibilmente
convertito ad acido lattico nella fermentazione malolattica in quanto dà
note acerbe, mentre l’acido acetico è ovviamente mantenuto al minimo per
evitare l’insorgere di acescenza
L'acidità totale del vino è costituita dalla somma dell’ acidità volatile, data
principalmente dall’acido acetico, e dell'acidità fissa, data da acido
tartarico, malico, lattico e in misura minore acido succinico e altri acidi.
L’acidità totale è convenzionalmente espressa in g/l di acido tartarico in
quanto è l’acido presente in misura preponderante nell'uva e nel mosto
Le tecnologie di trasformazione e di vinificazione influenzano in modo
determinante il quadro acidico finale del vino, che va quindi controllato
attentamente mediante la determinazione analitica dei parametri di
acidità (totale, volatile e fissa) e dei singoli acidi principali
Determinazione dell’acidità
L’acidità totale del vino è effettuata con titolazione acido-base con una soluzione a
titolo noto di NaOH, rilevando il punto di equivalenza in presenza di indicatore blu
di bromotimolo oppure seguendo la titolazione per via potenziometrica con un
elettrodo. Normalmente l’analisi si effettua dopo avere allontanato l’anidride
carbonica presente, che potrebbe falsare il punto di equivalenza. È importante
comprendere la differenza tra acidità totale e acidità
titolabile: la prima è il contenuto totale di acidi organici
nel vino, mentre la seconda è la concentrazione totale di
ioni H+ nel vino, minore dell’acidità totale in quanto gli
acidi nel vino sono in parte neutralizzati da ioni Na + e K+.
Quindi l’acidità totale è uguale a [H+] + [Na+] + [K+]
Oltre all’acidità totale, è utile determinare l’ acidità
volatile dovuta principalmente all’acido acetico. Si
misura in maniera analoga all’acidità totale sul distillato
ottenuto in corrente di vapore d'acqua, con
l’apparecchiatura mostrata in figura. In questo caso è
necessario sottrarre dal valore determinato il
contributo di sostanze che passano nel distillato:
biossido di zolfo libero e combinato, acido sorbico e
acido salicilico eventualmente aggiunti al vino
L’ acidità fissa, dovuta agli acidi organici non volatili, si misura per differenza tra
l’acidità totale e quella volatile
Determinazione del quadro acido
Oltre ai parametri di acidità, è utile la determinazione dei singoli acidi
organici, in quello che è noto come il quadro acido. I principali acidi che lo
compongono sono i seguenti:
COOH
 Acido tartarico, l’acido caratteristico dell’uva,
H C OH
in parte perso per precipitazione come HO C H
potassio bitartrato COOH COOH
 Acido malico, la cui concentrazione è limitata
H C H
nei vini rossi dalla fermentazione malo-lattica HO C H
CH2COOH
 Acido citrico, la cui presenza è artificiale se al COOH
HO C COOH
di sopra di 800 mg/l CH2COOH COOH
 Acido succinico, formato dalla fermentazione H C H

alcolica H C H
COOH COOH
 Acido lattico, formato dalla fermentazione H C OH
malo-lattica CH3
 Acido acetico, formato dall’ossidazione
CH3COOH
dell’acetaldeide e dalla fermentazione acetica
Acidi minori sono il formico, l’ossalico, il piruvico e il gluconico
Quadro acido con HPLC
La determinazione del quadro acido si effettua con tecniche
cromatografiche. Si può utilizzare la cromatografia HPLC, separando gli
acidi in forma protonata e quindi meno polare, su una colonna C18 con fase
mobile acqua/acetonitrile oppure solo acquosa, e rivelazione
spettrofotometrica a 210 nm
Quadro acido con IC
Altra tecnica impiegata è la cromatografia ionica. In questa tecnica, gli
acidi sono separati in forma parzialmente ionizzata, utilizzando una
variante nota come esclusione ionica. Si utilizza acido eptafluorobutirrico
come fase eluente e rivelazione conducimetrica. Gli acidi sono eluiti in
ordine di pK crescente, ovvero gli acidi più forti per primi e gli acidi più
deboli per ultimi
Normalmente si effettua
una diluizione 1:25-1:50
del campione per ridurre
la possibilità di
interferenze da parte di
sostanze fenoliche;
inoltre, essendo la
concentrazione di acido
tartarico molto elevata,
la diluizione ne riporta il
livello a valori opportuni
Polifenoli
Dopo i carboidrati e gli acidi, i polifenoli o composti fenolici sono il gruppo
più abbondante di costituenti chimici dell’uva. N el vino hanno un ruolo
importantissimo: innanzitutto sono responsabili delle differenze tra vini
bianchi e vini rossi, soprattutto per colore e aroma, in particolare
contribuendo al gusto amaro e all’astringenza del vino; in secondo luogo,
hanno proprietà antiossidanti e battericide, particolarmente gradite dal
punto di vista salutistico; infine hanno un ruolo primario nella
conservazione e nell’invecchiamento del vino
A livello macroscopico, i polifenoli rappresentano la parte colorata e
colorante del vino. Sono composti contenuti nella buccia dell'uva e la loro
presenza nel vino dipende dalla tecnica di vinificazione. Il contatto più o
meno prolungato del mosto con le bucce ne determina il contenuto nel
mosto e quindi nel vino. In base al contenuto di polifenoli si possono
classificare i vini come bianchi, rosati, rossi, rossissimi e torchiati. I vini
bianchi hanno un contenuto in polifenoli inferiore rispetto ai vini rossi
Benefici dei polifenoli
In campo enologico ed igienico-sanitario è ormai largamente condivisa la
teoria che il vino abbia una notevole azione cardioprotettiva. Studi
epidemiologici e prove sperimentali condotte sull'uomo hanno dimostrato
che il vino rosso riduce l'incidenza dell'arteriosclerosi coronarica più di
ogni altra bevanda alcolica. Successive indagini hanno altresì provato che i
polifenoli hanno una potente azione antiossidante capace di inibire la
formazione di lipoproteine ossidate (LDL) nell'uomo. Gli studiosi
sembrano unanimemente concordi nell'attribuire tale importante azione
terapeutica ai polifenoli e principalmente al Resveratrolo, composto
contenuto nella buccia dell'uva e che induce nella bacca un tipo di
resistenza ad infezioni da funghi
Paradosso francese
Il termine French paradox (Paradosso francese) è stato coniato nel 1991 a proposito del fatto
che, nella popolazione francese, l'incidenza di infarto del miocardio è circa la metà rispetto
agli Stati Uniti e al Nordeuropa, nonostante
la dieta del Francesi sia basata su un
consumo di burro ed altri grassi animali
altrettanto elevato

Ormai è acclarato che la spiegazione consiste


nell'abitudine diffusa ad un moderato
consumo di vino rosso, alimento ricco di
sostanze antiossidanti come sono i polifenoli
Attività antiossidante
Per chiarire la potenzialità dei
polifenoli in termini di salute,
valutiamo l’attività antiossidante dei
vini rossi in confronto con il loro
contenuto di polifenoli totali e di
antociani. Nell’analisi di 19 vini rossi
del Trentino, si nota una
correlazione strettissima tra i
parametri considerati

Ormai è acclarato che la spiegazione consiste


nell'abitudine diffusa ad un moderato
consumo di vino rosso, alimento ricco di
sostanze antiossidanti come sono i polifenoli
Classificazione dei polifenoli
OH
Chimicamente i polifenoli si distinguono per la
presenza di due o più gruppi fenolici, e sono
suddivisibili nelle seguenti famiglie:
R4
 Flavonoidi, sostanze pigmentate con R3 2'
3'
R5
4'
struttura caratteristica costituita da due R
1
O 2
B
R6
gruppi benzenici uniti da un eterociclo con
5'
7
A C 3
un atomo di ossigeno 5 4 R2
R1 O

OH
 Acidi fenolici, come gli acidi benzoici e gli OH

acidi cinnamici
OH OH

 derivati degli acidi fenolici, come gli


HO
stilbeni tra cui il resveratrolo OH
Polifenoli nei vini bianchi
Nella vinificazione in bianco, essendo scarso l’utilizzo delle bucce degli HO
acini, passano nel vino principalmente i polifenoli contenuti nella polpa,
che sono prevalentemente di tipo non flavonoide. Prevalgono gli acidi HO COOH
idrossibenzoici (acido gallico, vanillico, siringico, salicilico, gentisico),
gli acidi idrossicinnamici (acido cumarico, caffeico, ferulico) e i loro HO
esteri con l’acido tartarico (acido coutarico, caftarico, fertarico) che
sono i polifenoli maggiori nei vini bianchi Acido gallico
Oltre ai non flavonoidi, sono presenti polifenoli a struttura
flavonoide chiamati flavan-3-oli, tra cui prevalgono la catechina
e l’epicatechina, composti che contribuiscono significaticamente HO H
al profilo sensoriale. Derivati delle catechine sono le C COOH
procianidine e gli esteri con l’acido gallico HO C
OH
OH H
OH
OH Acido caffeico
HO O
HO O

OH OH
OH HO H
OH OH
OH C COO COOH
Catechina HO C COH
HO O H C
H H COOH
OH Acido caftarico o
Procianidina trans-caffeoiltartarico
OH
Polifenoli nei vini rossi
R1

Nella vinificazione in rosso sono OH


presenti tutti i polifenoli citati più HO O
altre famiglie di composti flavonoidi R2 Flavan-3,4-diolo
che sono contenuti in prevalenza nelle 4
3
OH
bucce. Essi sono:
OH OH
 Flavan-3,4-dioli o leucoantocianidine
R1
 Flavonoli, composti che hanno quasi
OH
sempre un residuo di glucosio, tra
cui la quercetina, la miricetina e il HO O
kaempferolo Flavonolo R2

 Antociani, i composti per eccellenza OH


legati al colore del vino rosso OH O
 Tannini, composti polimerici di
R1
origine anche non flavonoide e di
grande importanza nelle OH

caratteristiche organolettiche dei HO O


vini, in particolare di quelli R2 Antocianina
+
invecchiati OH
OH
Determinazione dei polifenoli
Come per gli zuccheri e per l’acidità, la determinazione dei polifenoli ha
significato a livello dei singoli composti oppure sull’insieme dei composti
della medesima famiglia
Per quanto riguarda la determinazione totale dei composti fenolici, il
metodo più noto è quello dell’Indice di Folin-Ciocalteau, nel quale si
utilizza la spettrofotometria UV-visibile. Si utilizza il reattivo di Folin-
Ciocalteau (miscela di acido fosfotungstico, H 3PW12O40, e acido
fosfomolibdico, H3PMo12O40) che in presenza di composti fenolici si riduce
a miscela di ossidi di tungsteno e molibdeno (W 8O23 e Mo8O23); la
colorazione blu sviluppata ha un massimo di assorbimento a 750 nm.
Convenzionalmente il risultato della misura spettrofotometrica si esprime
in mg di acido gallico per litro di vino (GAE)
Il metodo è molto pratico da eseguire, anche se ha scarsa selettività, in
quanto misura il numero di gruppi fenolici presenti nel campione, quindi
anche quelli dei monoidrossifenoli, ed è inoltre sensibile a sostanze
facilmente ossidabili come l’acido ascorbico, l’anidride solforosa e gli
zuccheri riducenti nei vini dolci
Determinazione
cromatografica
La determinazione dei singoli polifenoli è piuttosto complessa, in quanto
non ci sono reazioni selettive che si possano sfruttare per effettuare ad
esempio misure spettrofotometriche. La tecnica più idonea a determinare
singolarmente i composti fenolici è la cromatografia, e in particolare,
essendo i polifenoli composti non volatili, la tecnica HPLC
Esistono metodi di separazione HPLC che consentono di determinare un
quadro polifenolico abbastanza ampio, anche se mai esaustivo: abbiamo
visto come sotto la denominazione polifenoli rientrino in realtà composti
piuttosto diversi, che dal punto di vista cromatografico hanno
comportamento sicuramente differente. Per cui la separazione
cromatografica è possibile per alcuni dei più importanti composti fenolici,
generalmente impiegando metodi in gradiente, che consentono nella
stessa corsa cromatografica di modificare le caratteristiche della fase
mobile in modo da includere nella separazione famiglie diverse di
polifenoli
In alternativa, esistono metodi di pretrattamento che consentono di
isolare una o più famiglie di polifenoli che possono essere poi determinate
con maggiore accuratezza
Esempi di separazione di polifenoli
In questo esempio è riportato il cromatogramma di una miscela standard di
polifenoli (A) separati su colonna C18 con una fase fissa acqua/metanolo/acido
acetico in gradiente di metanolo. La rivelazione è spettrofotometrica a 280 nm
I polifenoli separati sono di tipo flavonoide e
A non flavonoide. Nel cromatogramma B è
mostrata l’analisi di un vino rosso iniettato
direttamente in colonna; il risultato migliora
nettamente dopo estrazione liquido-liquido
con dietiletere (C). Si noti il picco del
resveratrolo (13)

B C
Gli antociani
Gli antociani sono composti polifenolici
del gruppo dei flavonoidi. Essi vengono
sintetizzati nelle bucce dell’uva, ai cui
frutti impartiscono il colore che, a
seconda degli antociani presenti, può
essere verde-giallo, rosa, rosso, rosso-
violetto, rosso-nero e blu-nero
Nell’uva Vitis vinifera esistono cinque tipi
di antocianine: Cianidina, Delfinidina,
Malvidina, Peonidina e Petunidina
Esistono poi alcuni derivati di questi
cinque composti-base, in particolare gli
esteri formati dal glucoside con l’acido
acetico e p-cumarico
Equilibrio tra le forme
Gli antociani si trovano in strutture diverse a seconda del pH
Determinazione degli antociani
La determinazione del profilo antocianico è interessante dal punto di
vista tassonomico, essendo questi composti tipici delle uve da cui deriva il
vino e quindi teoricamente utili per riconoscere i vitigni impiegati.
La separazione si effettua con tecnica HPLC su colonna C18 e fase mobile
acqua/acetonitrile, normalmente in gradiente di solvente organico. La
fase mobile ha pH acido (< 1.5) per avere le antocianine omogeneamente in
forma di ione flavilio, il quale presenta un massimo di assorbimento a 520
nm, in particolare a pH molto acido
Questa separazione consente di
determinare separatamente le 5
antocianine e i loro derivati esterei con
gli acidi acetico, cumarico e caffeico
Il Resveratrolo
Il più importante tra i polifenoli è sicuramente il composto 3,5,4’-
triidrossistilbene, più noto come trans-resveratrolo, appartente alla
classe degli stilbeni. Questa sostanza, presente in molte piante ma in
misura prevalente nell’uva, è diventata oggetto di numerosissime ricerche
per le sue ormai accertate virtù medicamentose
L’origine di questo interesse sta nel fatto
che la sua presenza è stata identificata
in formulazioni erbali della tradizione
popolare giapponese; attualmente, si
ritiene che abbia proprietà
antiinfiammatorie e anticoagulanti utili
per la protezione dall’aterosclerosi e
dalle malattie cardiovascolari
In più, sembra che il resveratrolo possa inibire eventi cellulari associati
all’insorgere e al procedere di tumori e ridurre la morte cellulare per
stress ossidativi
In definitiva, si tratta di uno dei composti più nobili presenti nel vino
Il Resveratrolo nel vino
Dal punto di vista biochimico, la sintesi del resveratrolo è causata in
risposta a infezioni microbiche o stress nella vite, ma paradossalmente si
produce anche per trattamenti chimici come l’applicazione di erbicidi e
fungicidi, o per esposizione alla luce UV
Nell’uva, la sintesi del resveratrolo è localizzata prevalentemente nelle
cellule della buccia. Nella vinificazione in rosso, quindi, la macerazione con
le bucce fa sì che i vini rossi abbiano livelli di resveratrolo maggiori
rispetto ai vini bianchi
Il contenuto di resveratrolo nel vino dipende soprattutto dalle
caratteristiche genetiche del vitigno e dalle condizioni enologiche. Nei
vini americani il livello di resveratrolo è inferiore a 1 mg/l, mentre nei vini
europei la concentrazione è maggiore, soprattutto per quelli italiani,
francesi e spagnoli. In alcuni casi è stato verificato l’effetto
maggiorativo dell’esposizione solare della vite
Determinazione del resveratrolo
La determinazione quantitativa del
resveratrolo nelle sue varie forme (isomeri
liberi e glicosilati) si effettua mediante
separazione cromatografica con la tecnica
HPLC, utilizzando una fase fissa Si-C18 e una
fase mobile costituita da un gradiente
binario acqua/acetonitrile
L’analisi non si effettua sul campione di vino
tal quale, ma su un estratto ottenuto con
SPE, facendo passare il campione su una fase
adsorbente ed eluendo i composti trattenuti
con tetraidrofurano
Utilizzando il convenzionale rivelatore UV-
visibile a 305 nm si ottiene il cromatogramma
(a), mentre con l’impiego del rivelatore a
spettrometria di massa (b) si ha un notevole
incremento della sensibilità. Gli analiti
separati sono:
1. trans-resveratrolo glicoside
2. cis-resveratrolo glicoside
3. trans-resveratrolo
4. cis-resveratrolo
I.S. standard interno (acido 3,4,5-trimetossicinnamico)
Anidride carbonica
L’anidride carbonica o biossido di carbonio è un gas che si forma come
prodotto collaterale durante la già citata fermentazione alcolica degli
zuccheri:
C6H12O6  2C2H5OH + 2CO2

ed ha un ruolo importante nel ciclo di produzione del vino: durante la


fermentazione del mosto mantiene infatti un ambiente favorevole
impedendo il contatto con l'aria. La sua presenza diventa di importanza
decisiva nel caso di vini spumanti e frizzanti nei quali l'anidride carbonica
diventa elemento distintivo e qualificante. La sua quantità nel prodotto,
espressa come pressione in bottiglia, è soggetta a precise norme nazionali
e comunitarie
Mediante tecniche analitiche come la spettrometria di massa è possibile
accertare la provenienza della anidride carbonica presente in uno
spumante o in un prodotto frizzante e quindi eseguire un accurato
controllo di qualità e genuinità
Determinazione della CO2
La determinazione dell’anidride carbonica si effettua
per volumetria. Si porta il campione di vino a
temperatura prossima a OºC in una soluzione a titolo
noto di NaOH (pH 10-11), nella quale la CO2 è idratata e
convertita ad H2CO3. Si titola l’eccesso di NaOH con
una soluzione acida in presenza di anidrasi carbonica
per catalizzare l'idratazione della CO2. Il contenuto in
CO2 viene ricavato dal volume di soluzione acida
impiegato per passare da pH 8,6 (forma bicarbonato) a
pH 4,0 (acido carbonico). Una titolazione di
riferimento, effettuata nelle stesse condizioni sul vino
privato di CO2, permette di tener conto del volume di
soluzione di NaOH consumato dagli acidi del vino
Composti aromatici

La qualità di un vino, spesso descrivibile in termini organolettici


soggettivi, è riconducibile all’effetto che hanno sui nostri organi
alcuni composti che influenzano in particolare l’odorato e il gusto:
i composti aromatici. Prima di capire quali sono questi composti,
chiariamo alcuni termini:
 Si parla di aroma in riferimento al profumo che deriva dall’uva, e
che può variare da vitigno a vitigno
 Si parla di bouquet in riferimento al profumo che deriva dalla
vinificazione, comprendendo le condizioni di fermentazione, i
vari processi di cantina e l’invecchiamento. Il bouquet cambia
costantemente man mano che un vino giovane diventa invecchiato
(a differenza dell’aroma)
Determinazione del quadro aromatico

La determinazione delle sostanze volatili si effettua ovviamente


per gascromatografia, impiegando preferenzialmente la versione
accoppiata con la spettrometria di massa (GC-MS) che permette
di identificare strutturalmente le numerosissime e spesso assai
complesse sostanze volatili presenti nel vino
Per effettuare l’analisi delle componenti volatili, è bene
effettuare un pretrattamento per isolare soltanto la frazione che
li contiene ed evitare di mandare in colonna sostanze non volatili
come i composti fenolici o le sostanze inorganiche. Per questo
motivo si è soliti estrarre la frazione volatile con un’estrazione
liquido-liquido o con metodi SPE
Estrazione in fase solida del vino
Nell’estrazione in fase solida (SPE) il campione di vino è fatto fluire attraverso una colonna
contenente materiale sorbente, in grado di trattenere selettivamente alcune classi di
sostanze, le quali sono poi desorbite con un opportuno solvente. Il solvente può essere
iniettato in colonna con maggiore facilità in quanto avrà un contenuto di sostanze disciolte
nettamente inferiore rispetto al campione originario

Attivazione del Passaggio del Lavaggio per Desorbimento


materiale campione sulla eliminare (eluizione) degli
sorbente colonnina con specie analiti trattenuti con
trattenimento indesiderate un opportuno solvente
selettivo degli analiti
Microestrazione in fase solida del vino
Nella microestrazione in fase solida (SPME) una fibra ricoperta di materiale sorbente è
immersa nel campione di vino oppure nello spazio di testa in recipiente chiuso (1); le sostanze
che hanno affinità per la fase sorbente vengono estratte (2) e possono essere rilasciate per
riscaldamento della fibra (3), cosa che può avvenire nell’iniettore di un gascromatografo (4).
In questa tecnica, il carico di sostanze disciolte nella colonna è del tutto irrilevante, in
particolare nella versione che agisce sullo spazio di testa

1 2 3 4
Esempio di analisi GC-MS
Quale che sia il tipo di pretrattamento, l’analisi GC-MS dei composti
volatili permette di determinare un numero elevato di sostanze, quindi di
caratterizzare ampio il quadro aromatico. In un vino sono determinabili
50-100 sostanze aventi caratteristiche di volatilità, in prevalenza alcoli,
terpeni ed esteri. Con opportuni trattamenti, è possibile ampliare il
gruppo di composti, con
la possibilità di
caratterizzare le varietà
Nella figura è riportato
un esempio di analisi GC-
MS di un estratto SPME
da vino Nebbiolo
Composti volatili
I composti volatili presenti nel vino sono responsabili del suo profumo.
Essi hanno tendenza ad evaporare e chimicamente appartengono, tra le
altre, alle famiglie dei terpeni, alcoli, aldeidi, chetoni, acidi ed esteri.
Sono stati identificati circa 500 composti diversi che influenzano il
profumo del vino; di questi, soltanto un centinaio è stato quantificato
I composti volatili sono suddivisibili in tre classi, a seconda della loro
origine:
 Composti primari, detti anche varietali perchè caratteristici da varietà

a varietà di Vitis vinifera; tipici composti varietali sono ad esempio i


terpeni
 Composti secondari, che si sprigionano durante i processi di
vinificazione, in particolare al momento della pigiatura
(prefermentativi) e durante le fermentazioni (fermentativi)
 Composti terziari, che si generano durante la maturazione e
l’invecchiamento, in relazione anche alle condizioni di conservazione che
possono essere ossidanti (a contatto con l’aria) o riducenti (in assenza
di aria)
Profumi primari
Sono i composti varietali, presenti nell’uva e caratterizzanti da vitigno a
vitigno. La maggior parte dei composti aromatici varietali sono i terpeni,
sostanze di varia natura chimica (alcoli, aldeidi, idrocarburi, chetoni, ecc.)
ma riconducibili all’unità di base isoprenica
Alcuni esempi di terpeni sono geraniolo,
nerolo, citronellolo e linalolo ossido
Nel vino i terpeni, pur avendo un impatto
sensoriale elevato, hanno concentrazione
molto basse, dell’ordine dei µg/l. Soltanto
una tecnica come la GC-MS è in grado di riconoscerli e determinarli
quantitativamente

nerolo geraniolo

linalolo
citronellolo
ossido A
Profumi secondari

I profumi secondari, prefermentativi e postfermentativi, sono in massima


parte esteri. Nel vino sono stati identificati circa 300 esteri, molti dei
quali danno al vino le classiche note fruttate. L’origine degli esteri è in
parte dalla fermentazione (esteri neutrali o volatili), in parte da processi
di invecchiamento che coinvolgono reazioni lente di esterificazione
(esteri acidi o nonvolatili)
Tra gli esteri del vino ci sono ovviamente molti esteri etilici, derivanti
dall’etanolo, ed esteri metilici, derivanti dal metanolo
Profumi terziari
Sono i composti che vengono rilasciati o si formano nel corso
dell’invecchiamento. Essi dipendono strettamente dalle condizioni di
maturazione e dal tipo di recipiente. Ad esempio, nella conservazione in
barrique si generano nel vino sostanze estremamente caratteristiche
derivanti dal legno e suddivisibili in quattro classi:
 Furani, come il 5.6-diidro-4-metil-2H-
piran-2-one, che impartisce al vino un
aroma di zucchero filato
Vanillina
 Lattoni, come il 3-metil--
ottanolattone, responsabile dell’aroma
di noce di cocco
 Aldeidi fenoliche, come la vanillina o 4-
idrossi-3-metossibenzaldeide, che
impartisce il tipico aroma di vaniglia 4-vinilguaiacolo
 Fenoli, come il 4-vinilguaiacolo,
responsabile della nota di bruciato
Alcuni di questi composti sono rilasciati dal legno, altri invece si formano
nelle condizioni ossidanti o riducenti, a partire da composti già presenti
Nota di kerosene
La nota di kerosene o asfalto si forma in vini H3C
bianchi invecchiati in botti. I composti CH3
responsabili di questo particolarissimo carattere
CH3
sono due norisoprenoidi, il vitispirano e l’1,1,6- O
trimetil-1,2-diidronaftalene o TDN, derivati dai CH2
carotenoidi presenti nell’uva. Questi composti
hanno una soglia olfattiva di 0.8 mg/l e 0.02 mg/l vitispirano
rispettivamente. Benchè la nota di asfalto sia
considerata spesso un’imperfezione nei vini
bianchi, essa è caratteristica dei Riesling
H3C CH3
invecchiati
La determinazione di questi composti non è
semplice, essendo presenti a concentrazioni
CH3
molto basse. Normalmente è necessario uno
stadio di estrazione per isolare gli analiti dalla TDN
matrice, a cui segue l’analisi gascromatografica
Pirazine
Le pirazine sono composti aromatici molto potenti CH3
che si trovano frequentemente in natura in prodotti N CHCH3
come i piselli e i peperoni verdi. Ci sono tre tipi di
pirazine: la isopropilmetossipirazina, prevalente in N OCH3
asparagi e piselli, la isobutilmetossipirazina,
prevalente nei peperoni verdi, e la sec-
butilmetossipirazina che si trova prevalentemente
CH3
nelle barbatietole
N CH2CHCH3
Queste sostanze sono state recentemente
individuate anche in alcuni vini (Sauvignon bianco, N OCH3
Merlot nero, Cabernet sauvignon) ai quali
conferiscono una nota erbacea o, appunto, di
peperone verde in virtù della loro soglia olfattiva
estremamente bassa: 1-2 ng/L nei vini bianchi e 10– CH2CH3

15 ng/L nei rossi, ovvero l’equivalente di un grappolo N CH


CH3
su 500.000 tonnellate. Sono quindi sostanze di N OCH3
grande interesse dal punto di vista aromatico;
peraltro i consumatori ne gradiscono il contributo
nei vini bianchi ma non nei rossi
Determinazione delle pirazine
La determinazione delle
pirazine è complessa a
causa della concentrazione,
generalmente molto bassa,
e della difficoltà di
individuarle in mezzo a
centinaia di altre sostanze
volatili. Soltanto una
tecnica potente come la
GC-MS è in grado di
identificarle e dosarle
Nelle figure sono riportati i
cromatogrammi ottenuti con
SPME-GC-MS in un Merlot
nero (alto) e in un Cabernet
Sauvignon (sx). Le pirazine
identificate sono presenti a
livello di pochi ng/l,
concentrazioni comunque già
attive dal punto di vista
organolettico
Sostanze inorganiche
Le sostanze inorganiche nel vino hanno scarsa importanza dal punto di
vista qualitativo, tranne influenzare negativamente i caratteri
organolettici se presenti in quantità eccessive, es. il sodio in eccesso può
dare una nota salata sgradevole
Dal punto di vista analitico possiamo classificare i composti inorganici in
tre categorie:
 cationi, cioè ioni positivi di metalli, presenti come controioni di composti

organici carichi negativamente, come gli acidi carbossilici, oppure come


impurezze
 anioni, cioè ioni negativi, solitamente provenienti dall’addizione di
composti impiegati nel processo di vinificazione
 ceneri, l’insieme delle sostanze inorganiche rimaste dopo
l’incenerimento dell’estratto secco
Ceneri
Con il termine ceneri si intende l'insieme dei prodotti ottenuti per incenerimento
del residuo dell'evaporazione del vino (il già citato estratto secco), trattamento
condotto in modo da ottenere la totalità dei cationi (ad esclusione dello ione
ammonio) sotto forma di carbonati, di ossidi o di altri sali minerali anidri.
L’incenerimento dell'estratto del vino è effettuato fra 500 e 550ºC fino a
combustione completa dei composti di carbonio. A quelle temperature tutta la
materia organica è decomposta a CO 2, H2O e sottoprodotti di degradazione
termica
La determinazione delle ceneri si effettua in modo semplice, dosando un volume
noto di vino su crogiolo di platino tarato e ponendo il crogiolo prima su piastra
riscaldante a 200ºC per portare a secco il campione, poi in forno elettrico a 525ºC.
Il peso finale, detratto della tara del crogiolo, fornisce il dato delle ceneri
Le ceneri hanno carattere alcalino, essendo composte prevalentemente da ossidi e
carbonati. L'alcalinità delle ceneri è un altro parametro che si misura ed equivale
alla somma dei cationi, diversi dall'ammonio, combinati agli acidi organici del vino.
La determinazione si effettua per titolazione con NaOH dell’eccesso di acido
solforico necessario per solubilizzare a caldo le ceneri, in presenza di indicatore
metilarancio
Cationi inorganici
I cationi hanno funzioni varie nell’uva; nel vino non hanno invece un ruolo
di primaria importanza. Si originano nel vino a seguito di assunzione di
sostanze minerali da parte della vite, oppure per addizione di composti
aventi funzioni varie all’uva, al mosto e al vino grezzo. Possiamo
distinguere i cationi in tre gruppi:
 elementi derivanti dal contributo minerale del terreno e dalla capacità
della vite di assumere sostanze minerali (Al, B, Ba, Li, Mn, Mo, Rb, Si,
Sr e Ti o elementi in tracce e ultratracce)
 elementi la cui origine è in parte naturali, in parte artificiale (Ca e Mg,
Cu e Zn, Fe, K e Na, P)
 elementi di origine quasi esclusivamente artificiale (Pb, Cd, Co, Cr, Ni)

La determinazione dei cationi ha importanza soprattutto dal punto di


vista sanitario e qualitativo, in quanto molti di questi elementi in
concentrazioni eccessive sono dannosi per la salute o comunque per la
qualità del vino. Non a caso nel processo di vinificazione si effettua il
passaggio di affinamento noto come demetallazione, che provoca un
abbassamento generale del contenuto di metalli mediante precipitazione
Determinazione di cationi
Per la determinazione dei cationi, le normative ufficiali prevedono metodi di analisi
singoli per alcuni elementi, cosa che peraltro rende i tempi di analisi inutilmente
lunghi. Le tecniche richieste sono:
 Fotometria di fiamma per K e Na
 Spettrofotometria di assorbimento atomico con fiamma per Mg, Ca, Fe, Cu, Ag
e Zn
 Spettrofotometria di assorbimento atomico con fornetto di grafite per Cd e Pb
Dal punto di vista pratico ed economico è molto più vantaggioso l’impiego di
tecniche multielementari, cosa che, tra l’altro, permette di determinare un numero
maggiore di elementi oltre a quelli espressamente richiesti dalle normative. Le
tecniche più idonee sono le seguenti:
 Cromatografia a scambio cationico, per ioni alcalini e alcalino-terrosi e metalli di
transizione
 Voltammetria di stripping anodico per metalli di transizione
 Spettrometria di emissione atomica con plasma induttivamente accoppiato per
tutti gli elementi
 Spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato per tutti gli
elementi
Determinazione di cationi con IC
La cromatografia ionica permette di separare e quantificare ioni in
soluzione. Nell’analisi del vino è impiegata per determinare cationi alcalini
(Li+, Na+, K+, Rb+), alcalino-terrosi (Mg2+, Ca2+, Sr2+, Ba2+) e ione ammonio
(NH4+). La determinazione si effettua con rivelazione conducimetrica sul
campione diluito 1:50 e con eluente acido
Determinazione di metalli con IC
Per la determinazione di metalli di transizione (Fe 2+, Co2+, Ni2+, Cu2+, Zn2+) e
metalli pesanti (Pb2+, Cd2+) è necessario un altro tipo di rivelatore;
normalmente si utilizza una reazione di derivatizzazione post-colonna con
un legante e rivelazione spettrofotometrica a 530 nm
La separazione è preceduta da un
trattamento del campione con raggi
UV, in modo da distruggere i
composti organici presenti nel vino
che interferirebbero pesantemente
con la separazione cromatografica
agendo da complessanti

1. Pb2+
2. Cu2+
3. Zn2+
4. Ni2+
Determinazione di metalli con ICP
Tra le tecniche spettroscopiche per la determinazione degli elementi nel vino,
particolarmente utili sono la spettrometria di massa con plasma induttivamente
accoppiato (ICP-MS) e la spettrometria di emissione atomica con plasma
induttivamente accoppiato (ICP-AES), tecniche che presentano limiti di rivelabilità
dell’ordine di ng/l (la prima) e µg/l (la seconda) e quindi sono idonee per l’analisi del
vino in cui molti elementi sono presenti in tracce o ultratracce, soprattutto quelli
significativi dal punto di vista sanitario (Cd, Hg, Pb). Le due tecniche presentano il
grosso vantaggio di poter determinare sequenzialmente un numero elevatissimo di
elementi
Schema di funzionamento
Inductively Coupled Plasma Atomic Emission Spectrometer

Plasma Monocromatore Detector

Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometer

Plasma Analizzatore a quadrupolo Detector


Esempio di strumento ICP-AES
Smaltimento
Sistema fumial PC
Torcia di ottico
quarzo in
posizione
assiale

2 canali:
Nebulizzatore
1 per il campione
Camera
1 per di
lo scarico
Pompa
nebulizzazione
peristaltica
Esempio di strumento ICP-MS
Spettrometro Smaltimento
Interfaccia
di massa fumi
al PC
Torcia di
quarzo

Nebulizzatore
Pompa
Camera di
peristaltica
nebulizzazione
Limiti di rivelabilità

I limiti di rivelabilità
per la tecnica ICP-MS
sono molto più bassi
rispetto all’ICP-AES e
alle altre tecniche di
spettroscopia atomica
Anioni inorganici
Gli anioni inorganici presenti nel vino sono principalmente fosfato,
importante nella fermentazione del mosto, e solfato, dall’ossidazione
dell’anidride solforosa; sono inoltre presenti borato, silicato e cloruro. Un
eccesso di cloruro di sodio può dare una nota salata fastidiosa
La determinazione degli anioni si effettua per cromatografia a scambio
anionico con eluente
carbonato/bicarbonato
oppure con eluente
NaOH; la rivelazione è
conducimetrica
Nella figura è riportato il
cromatogramma ottenuto
dell’analisi di un campione
di vino rosso diluito 1:10;
gli anioni sono separati
insieme agli acidi
carbossilici
Composti indesiderati
Nel vino sono a volte presenti sostanze che si formano in condizioni
particolari e che danno al vino note organolettiche negative. Alcuni
esempi di composti indesiderati sono i seguenti:
• 2,4,6-tricloroanisolo (TCA): è il composto OCH3 OH
responsabile del famoso gusto di tappo, Cl Cl Cl Cl
avente una soglia olfattiva di ~5 ng/l; si forma
nei tappi di sughero a seguito del trattamento Cl
di sbiancamento con ipoclorito, come il suo Cl Cl
analogo 2,3,4,6-tetraclorofenolo
• etilfenoli (4-etilfenolo e 4-etilguaiacolo) e CH2
CH3
vinilfenoli (4-vinifenolo e 4-vinilguaiacolo) si CH2 HC
originano dagli acidi cinnamici trans-ferulico e
trans-p-cumarico, con il contributo di lieviti
del genere Brettanomyces; questi composti OCH3
OH OH
sono responsabili delle note fenoliche e
medicinali dei vini deteriorati
Determinazione di 2,4,6-TCA
La determinazione del 2,4,6-tricloroanisolo nel vino si può effettuare per
GC, impiegando la tecnica SPME o altre tecniche di estrazione
Nella figura, l’analisi è effettuata
per GC-MS dopo trattamento
SPME con una fibra di
polidimetilsilossano, un materiale
sorbente avente affinità per i
composti organici volatili. Nel
cromatogramma A è riportata
l’analisi di un campione di vino
addizionato con 40 ng/l di TCA
(picco 1) e 50 ng/l di
triclorotoluene (picco 2, standard
interno); il TCA non sembra
presente nel campione tal quale
(cromatogramma B)
Determinazione di etil- e vinilfenoli
Essendo composti volatili, gli etil- e vinilfenoli si determinano per
gascromatografia. L’analisi non è effettuata sul vino tal quale, bensì su un
estratto ottenuto per SPE, passando il campione su una colonnina di
polistirene-divinilbenzene ed eluendo i composti polari trattenuti con
diclorometano
Nella figura è riportato
il cromatogramma di un
estratto di fenoli
volatili da un campione
di vino Sherry varietà
Fino, contaminato da
lieviti del genere
Brettanomyces. I
composti rivelati sono:
(1) 4-etilguaiacolo
(2) 4-etilfenolo
(3) 4-vinilguaiacolo
(4) 4-vinifenolo
Anidride solforosa
L’anidride solforosa (SO2) è un composto di grande importanza in
enologia, in quanto, pur essendo utilizzata principalmente come
antisettico, svolge anche altre funzioni: asseconda l’estrazione delle
sostanze coloranti, protegge il mosto dall’ossidazione e, in generale,
permette di ottenere vini più sani e serbevoli (cioè le cui caratteristiche
possono conservarsi senza deterioramento per un certo periodo di
tempo). Inoltre, forma composti di reazione con sostanze presenti nel
vino, che in alcuni casi hanno influenza diretta sul gusto e sull’aroma; per
questo si è soliti distinguere la percentuale di SO 2 libera e combinata.
Composti che reagiscono facilmente sono gli antociani, l’acetaldeide e gli
zuccheri
In realtà, attualmente l’impiego della SO 2 è tendenzialmente limitato
all’addizione in fase di svinatura e imbottigliamento; inoltre esistono
precisi limiti di legge (160 mg/l per i vini rossi e 200 mg/l per i bianchi e i
rosati) dovuti al fatto che si tratta di una sostanza che può dare disturbi
intestinali o il famoso cerchio alla testa
Determinazione della SO2
La determinazione della SO2 si effettua per volumetria, utilizzando una
titolazione acido-base oppure una titolazione redox
Nel primo metodo, mediante una corrente di aria o di azoto la SO 2 viene
fissata e ossidata per gorgogliamento in una soluzione diluita neutra di
H2O2:
SO2 + H2O2  SO3- + H2O  H2SO4

L'acido solforico formato viene dosato con una soluzione a titolo noto di
NaOH. Questo metodo determina la SO2 totale; la frazione libera viene
estratta dal vino per trascinamento a freddo (10ºC)
Nel secondo metodo la SO2 libera è dosata con titolazione iodometrica
diretta:
H2SO3 + I2  H2SO4 + 2HI

Si dosa quindi la SO2 combinata dopo idrolisi alcalina e la SO 2 totale per


somma delle due frazioni
Adulterazione del vino
Il vino, tra gli alimenti, è uno dei prodotti maggiormente sottoposto a
frode. Vini di alta qualità o di annate particolari raggiungono prezzi
elevati, diventando l’obiettivo ideale di pratiche illecite. Nonostante la
legislazione sul vino sia una tra le più complete e il vino sia tra gli alimenti
maggiormente analizzati, l’entità delle frodi è talmente elevata da essere
difficilmente quantificabile
Le frodi sul vino causano un grande danno di immagine al mercato in
termini di fiducia del consumatore, soprattutto nel contesto attuale in cui
i prodotti dei Paesi emergenti in campo enologico (Argentina, Australia,
Cile, California, Nuova Zelanda) diventano competitivi
Fino a poco tempo fa, l’unico modo per verificare l’autenticità di un vino
consisteva nell’assaggio da parte di esperti. Attualmente, sono stati
sviluppati metodi che accoppiano strumenti matematici e tecniche
analitiche avanzate, permettendo così l’applicazione a studi di
autenticazione e tracciabilità. Il ruolo della chimica analitica è quindi
evidente e giustificato dal valore del prodotto
Principali frodi
Le principali frodi in campo enologico sono:

• Diluizione con acqua (annacquamento)


• Vini ottenuti dalla fermentazione di zuccheri di natura diversa da quelli
dell'uva (pratica vietata in Italia, ma consentita in altri Paesi)
• Aggiunta di sostanze non consentite: alcool, antifermentativi,
aromatizzanti, coloranti
• Messa in commercio di vini di qualità differente da quella dichiarata in
etichetta
• Messa in commercio di vini non conformi alle norme
• acescenti (con acido acetico > 1 g/l)
• con contenuto di anidride solforosa eccessivo
• con gradazione alcolica inferiore a quella prevista
• vinificato da vitigni non permessi dal disciplinare
Metodi per riconoscere le frodi
Le tecniche maggiormente utilizzate per riconoscere le frodi e le
adulterazioni sono le seguenti, in ordine di importanza:
 Analisi degli isotopi stabili nella versione Isotope Ratio Mass
Spectrometry (IRMS), tecnica che sfrutta la spettrometria di massa
per evidenziare le distribuzioni isotopiche caratteristiche di materiali
aventi origine diversa; in particolare sono utilizzati gli isotopi di C, H,
O, N, Sr e Pb
 Risonanza Magnetica Nucleare (NMR): si tratta di una tecnica
potentissima per la differenziazione di prodotti alimentari di origine
diversa o ottenute con procedimenti diversi
 Spettrometria di massa con plasma induttivamente accoppiato (ICP-

MS): si tratta di una tecnica elementare, in grado di determinare quasi


tutti gli elementi del sistema periodico in concentrazioni estremamente
basse
 Cromatografia: il termine riassume un insieme di tecniche di
separazione, alcune delle quali sono impiegate per la determinazione di
classi di composti che possono essere utilizzati nella differenziazione di
prodotti alimentari
Addizione illecita di coloranti
Attraverso la determinazione del profilo
antocianico è spesso possibile riconoscere
l’addizione illecita di sostanze coloranti, impiegata
per impartire al vino un colore più attraente
Gli antociani sono presenti in molti frutti a bacca
colorata (ribes, mirtillo, ciliegia, fragola, uva);
estratti antocianici sono impiegati nell’industria
alimentare come coloranti naturali, ma il loro
impiego nel vino è ovviamente vietato
Il riconoscimento si basa sul fatto che nell’uva
sono presenti 5 antocianine di base (cianidina,
delfinidina, malvidina, peonidina e petunidina)
aventi soltanto residui di glucosio.
L’identificazione di antocianine con altri residui
zuccherini indica l’impiego di estratti di frutti
diversi, come nel caso riportato dove si identifica
l’addizione di estratto di bacca di sambuco
(elderberry in inglese), che contiene cianidina con
un residuo di sambubioside, uno zucchero
caratteristico del sambuco
Tecniche isotopiche
Le tecniche isotopiche sono state sviluppate all’inizio degli anni ’80 in
Francia (Università di Nantes) e hanno avuto grande applicazione in tutti i
campi della ricerca scientifica. Attualmente sono in grande espansione
grazie all’introduzione di strumentazioni molto sofisticate

Isotopo ( + ) = stesso posto


La quantificazione del rapporto da due isotopi dello stesso elemento ha
potenzialità notevoli nello stabilire se due oggetti chimicamente simili
hanno provenienza diversa, in relazione alla differenza delle materie
prime. Fenomeni di vario tipo influenzano la distribuzione isotopica degli
elementi nelle materie prime, determinando differenze nei prodotti finali
che possono essere rivelate dalle tecniche di analisi isotopica
Applicazioni in campo alimentare
L’analisi degli isotopi stabili è molto importante soprattutto negli studi di
autenticità degli alimenti e quindi del vino. Essa, sulla base dei differenti
rapporto isotopici, permette di riconoscere molecole, presenti in alimenti,
aventi la stessa struttura chimica ma provenienti da materie prime
diverse o elaborate con processi diversi, per esempio per sintesi biologica
o industriale
Si possono distinguere:
 gli aromi naturali (es. vanillina) da quelli di sintesi

 l’acido acetico proveniente dalla fermentazione acetica da quello


ottenuto industrialmente
 i salmoni selvatici da quelli di allevamento (in base ad un lipide

caratteristico)
 l’aggiunta di zuccheri diversi da quelli presenti naturalmente

 l’annacquamento del latte

 la provenienza geografica di alimenti


Applicazioni in campo alimentare

Discriminazione di prodotti di differente origine


biosintetica e geografica

Studi per nuove applicazioni in olio,


Applicazioni già regolamentate per
vanillina, caffeina, vegetali, carne,
vino, aceti, succhi di frutta e miele
latte e formaggio

Controllo di Tipicizzazione di alimenti Controllo della composizione


frodi alimentari di origine controllata (es.DOP, IGP, della dieta animale
certificazioni di tipo biologico)

Aggiunta di zucchero esogeno


Grado di utilizzo di mangime
nell’alimentazione
Annacquamento
L’analisi isotopica in enologia
La ricerca di sofisticazioni in enologia si può effettuare con le tecniche isotopiche:
 sofisticazione del vino per aggiunta di zuccheri diversi da quelli presenti nell’uva (bietola,
canna, mais), una pratica illecita in Italia
 annacquamento del vino

Inoltre si può stabilire con discreta approssimazione la zona di provenienza di un vino


Per chiarire l’importanza dell’introduzione di queste tecniche va considerato che prima del loro
avvento, i metodi esistenti per scoprire le sofisticazioni erano abbastanza inefficaci.
L’addizione di saccarosio ai mosti genera rapidamente per idrolisi fruttosio e glucosio,
zuccheri già presenti nell’uva e quindi indistinguibili:

CH2OH CH2OH
HOCH2 O OH
O O
H H HOCH2 O H H H
H H

HO
OH H O H HO
CH2OH
 H
H HO
CH2OH + HO
OH H
OH

H OH OH H H OH
OH H

Le molecole di fruttosio e glucosio introdotte fraudolentemente hanno però una traccia della
loro origine, nascosta nella distribuzione isotopica degli elementi che li costituiscono
(carbonio, idrogeno e ossigeno). Questa distribuzione è diversa a seconda dell’origine del
saccarosio o del trattamento cui è stato sottoposto
Gli isotopi
Isotopi di uno stesso elemento hanno uguale numero di protoni (e quindi di
elettroni) ma diverso numero di neutroni

hanno lo stesso numero atomico (Z) ma un diverso numero di massa (A)

massa differente

Gli isotopi di uno stesso elemento hanno quindi proprietà chimiche simili,
in ragione dello stesso numero di protoni, ma proprietà fisiche diverse, in
ragione della massa differente. Tutti gli elementi (tranne 12) esistono in
almeno due forme isotopiche
Esempio: l’idrogeno
Deuterio
Idrogeno 1 elettrone (rosso)
1 elettrone (rosso) 1 protone (verde)
1 protone (verde) 1 neutrone (blu)

Il Tritio è artificiale
Tritio
e quindi non di
1 elettrone (rosso)
interesse in questa
1 protone (verde)
tecnica che si basa
2 neutrone (blu)
sui soli isotopi stabili
Distribuzioni isotopiche
La distribuzione isotopica stabile (non considerando, cioè, gli isotopi artificiali)
degli elementi dipende strettamente dall’ origine e dall’evoluzione biogeochimica
dei composti di cui fanno parte. Quindi due composti aventi la stessa formula, es. il
biossido di carbonio CO2, possono avere differente composizione isotopica se la
loro origine e/o la loro storia sono diverse
Le proporzioni degli isotopi stabili nei vari composti sono approssimativamente
quelle medie esistenti sulla terra, tuttavia le piccole deviazioni dalla media sono la
chiave per differenziare un campione dall’altro
Nell’elenco seguente sono indicate le distribuzioni medie di alcuni elementi; le cifre
indicate in rosso sono quelle che contengono l’informazione discriminante
 1
H: 99.984% 2
H o D: 0.01557%
 12
C: 98.89 % 13
C: 1.11140%
 14
N: 99.64% 15
N: 0.36630%
 16
O: 99.76% 17
O: 0.04% 18
O: 0.20004%
 32
S:95.02% 33
S: 0.75% 34
S: 4.21500% S:0.02%
36

Per poter mettere in risalto le differenze tra le distribuzioni isotopiche di un


elemento in due campioni diversi è necessaria una tecnica in grado di misurare
masse atomiche e molecolari con grandissima accuratezza e precisione. La tecnica
in questione è la spettrometria di massa
Espressione dei risultati
I rapporti isotopici sono usualmente espressi in termini di valori  che esprimono le
deviazioni, in parti per mille, da un materiale di riferimento:

 Rcampione 
X    1  x 1000
 Rstandard 
o l’espressione equivalente:

 Rcampione  Rstandard 
X    x 1000
 Rstandard 

dove R = rapporto massa isotopo pesante/massa isotopo leggero (es. 18O/16O)


 X > 0 indica un arricchimento dell’isotopo pesante nel campione rispetto allo

standard
 X < 0 indica un impoverimento dell’isotopo pesante o un arricchimento
dell’isotopo leggero rispetto allo standard
Standard di riferimento
Abbondanza Valori dei
Isotopi Standard di riferimento
Elemento naturale media rapporti
stabili internazionale
(%) standard
1
H 99.985 2
H/1H =
V-SMOW (Vienna –Standard
Idrogeno
2
H 0.015 0.000316 Mean Ocean Water)

12
C 98.892 13
C/12C = V-PDB (Vienna-Pee Dee
Carbonio Belemnite)
13
C 1.108 0.0112372 Carbonato di calcio fossile
14
N 99.6337 15
N/14N =
Azoto AIR (Azoto dell’aria)
15
N 0.3663 0.007353
16
O 99.7587 18
O/16O = V-SMOW (Vienna –Standard
Ossigeno Mean Ocean Water)
18
O 0.2039 0.0039948
32
S 95.02 34
S/32S = V-CDT (Canyon Diablo Troilite)
Zolfo
34
S 4.22 0.0450045

N.B. la distribuzione isotopica nei materiali standard di riferimento è differente


da quella naturale media!
Frazionamento isotopico
La possibilità di differenziare due campioni in base all’analisi isotopica è
legata al fenomeno di frazionamento isotopico che avviene nelle materie
prime, ovvero nella deviazione dalla distribuzione isotopica naturale degli
elementi in conseguenza a fenomeni biogeochimici naturali o artificiali
Si noti che le variazioni sono misurate rispetto ad un materiale standard
con distribuzione diversa da quella naturale
La variazione naturale di abbondanza isotopica è conseguenza delle
diverse proprietà chimico-fisiche degli isotopi di uno stesso elemento

Massa
differente

EFFETTO CINETICO EFFETTO TERMODINAMICO


Differente velocità Differente
di reazione energia libera
Frazionamento nell’acqua
Per valutare le cause e l’evoluzione del frazionamento in relazione al ciclo
produttivo del vino, consideriamo gli elementi di maggior interesse nei
processi biosintetici: idrogeno, carbonio e ossigeno. Questi elementi
formano due molecole fondamentali nella vita delle piante: acqua e
anidride carbonica

H, C, O  H2O, CO2

L’acqua tende per natura ad evaporare con una reazione di equilibrio


regolata dalla temperatura:

H218O(g) + H216O(l)  H216O(g) + H218O(l)

All’equilibrio, l’acqua in fase vapore si è arricchita in 16O (18O < 0)


essendo le molecole di 1H16O più leggere e quindi più propense
all’evaporazione. Per lo stesso motivo, la fase liquida sarà più ricca in
H O, 1H18O e 2H18O, molecole più pesanti (18O e 2H > 0)
2 16
Ciclo dell’acqua
Durante i fenomeni di evaporazione e precipitazione si verifica
frazionamento isotopico dell’ossigeno

L’entità del frazionamento dipende dalla temperatura, la quantità di


umidità rimossa, il tipo di condensazione (conversione in acqua o in
ghiaccio) e altri fattori climatici e geografici
Effetto della temperatura

Essendo il frazionamento
dipendente dalla temperatura,
dal punto di vista geografico il
valore di 18O diminuisce:
 all’aumentare della latitudine

 all’aumentare dell’altitudine
Frazionamento nei vegetali
Nel ciclo vegetativo delle
piante, l’assorbimento di acqua
dal terreno e il processo di
traspirazione, caratteristico di
ciascuna specie, causano
anch’essi un arricchimento di
isotopi pesanti (2H e 18O), in
dipendenza dalla specie vegetale
e dalle condizioni climatiche
(climi freddi, piovosi o caldo-
aridi)
Quindi, in dipendenza di questi
parametri, le piante hanno a
disposizione acqua
"isotopicamente" diversa, da
utilizzare nella fotosintesi
Esempi di frazionamento 18O/16O
Ciclo della CO2
L'anidride carbonica, essendo allo Regioni D/H ppm C‰ O‰
stato gassoso, subisce il processo di Abruzzo 102.93 -24.93 5.14
frazionamento per transizione di Basilicata 103.92 -25.39 5.43
fase in modo molto meno sensibile, Calabria 103.22 -26.61 6.67
Campania 102.40 -26.37 3.34
anche se dai dati acquisiti nel corso
Emilia-Romagna 101.18 -26.89 1.72
degli anni si è potuto osservare che
Friuli-V.G. 101.74 -25.81 1.43
un lieve frazionamento è dovuto alla Lazio 103.09 -25.77 4.80
latitudine, probabilmente per Liguria 101.01 -26.04 2.02
fattori climatici quali la Lombardia 100.19 -26.50 1.12
temperatura Marche 101.52 -26.42 2.61
Nella tabella sono riportati i valori M o li s e 102.69 -26.12 5.30
Piemonte 99.96 -26.52 0.72
dei rapporti isotopici di idrogeno,
P u gl i a 103.47 -24.87 6.75
carbonio e ossigeno misurati in vini
Sardegna 103.27 -25.51 6.34
provenienti dalle regioni italiane per S i c i li a 104.21 -25.32 7.54
l’annata 1994 Trentino A.A. 100.88 -26.96 0.52
Toscana 101.74 -25.91 4.15
• D/H e 13C/12C misurati nell’etanolo Umbria 101.78 -26.79 3.65
• 18O/16O misurato nell’acqua Veneto 101.81 -26.06 1.00
Frazionamento biosintetico
Il ciclo della fotosintesi con la produzione di glucosio determina ancora
una modifica isotopica per quanto riguarda il contenuto in deuterio
dell'acqua, ma diventa estremamente selettivo per quanto riguarda
l'anidride carbonica e quindi il rapporto isotopico 13C/12C. Il cammino
fotosintetico per la fissazione della CO2 ne è infatti la principale fonte di
variazione. Le piante incorporano CO2 secondo tre meccanismi
biosintetici:
• il ciclo di Calvin o C3 (es. vite e barbabietola)
• il ciclo di Hatch-Slack o C4 (es. canna e mais)
• il ciclo noto come Crassulean Acid Methabolism o CAM, meno comune

Il meccanismo C3 provoca un frazionamento del carbonio molto più


elevato rispetto agli altri due meccanismi. Gli isotopi più pesanti, in
questo caso il 13C, sono cineticamente meno favoriti e quindi più lenti a
reagire, per cui, maggiore è il numero dei passaggi di reazione e tanto più
sarà selettivo il processo
Frazionamento di 12C e 13C
Al termine del ciclo

Al termine del ciclo sintetico si


producono molecole di glucosio che
hanno un contenuto isotopico
correlato a quello dell'acqua e
dell'anidride carbonica impiegate,
nonché del ciclo fotosintetico
seguito
La successiva fermentazione
alcolica che trasforma il glucosio ad
alcol etilico modifica solo in parte i
rapporti isotopici (maggiormente
per D/H), per cui essi si ritrovano
nelle molecole di alcol etilico
prodotte
Parametri D/H nei vegetali
PARAMETRI CHE INFLUENZANO IL RAPPORTO D/H NEI COMPOSTI VEGETALI

Composizione isotopica dell'acqua di falda


effetto latitudine

effetto geografico - continentale


condensazione
condensazione

ciclo
planetario effetto altitudine
dell'acqua

effetto climatico
Evapotraspirazione fogliare
(temperatura - umidità relativa)

bietola, fragola
(91-93 ppm)
piante a ciclo C3
( 96 ÷ 108 ppm ) mele, pere, ciliegie
Provenienza vegetale ( 95 ÷ 101 ppm )
dell’alcol
vite ( 98 ÷ 108 ppm )
piante a ciclo C4
(canna da zucchero, mais)
(110-115 ppm)
Esempi di frazionamento 2D/1H
Informazioni fornite dai r.i.
In definitiva, i fenomeni naturali che si succedono durante il ciclo degli
elementi C, H e O sono tali da permettere una differenziazione del
prodotto finale. In base al tipo di rapporto isotopico in considerazione, si
possono avere le informazioni descritte nella tabella

Rapporto isotopico Influenzato da Può determinare


Aggiunta illecita di
13 12 Metabolismo
C/ C, D/H zucchero di canna
(C3, C4, CAM)
e/o barbabietola
18 16 Origine
O/ O, D/H Annacquamento
dell’acqua
13 12 Aggiunta di
C/ C , D/H Sintesi chimica
sostanze di sintesi
Caratterizzazione
18 16
O/ O, D/H, Origine di prodotti ad
15 14 13 12
N/ N, C/ C geografica origine protetta e
c o n t ro l l a t a
Antisofisticazioni
La contraffazione dovuta all’addizione di zuccheri di canna o bietola è
relativamente semplice da identificare, in base al rapporto isotopico D/H.
Il valore dovuto allo zucchero presente naturalmente nel vino è 98-102
ppm; valori superiori indicano addizione di zucchero di canna e mais,
mentre valori inferiori indicano addizione di zucchero di bietola. La
misura è effettuata normalmente con la tecnica di Risonanza Magnetica
Nucleare (NMR)
L'aggiunta di una miscela equivalente di zuccheri di canna e bietola non
modifica il rapporto isotopico del deuterio, ma è comunque evidenziabile
dall'aumentare del rapporto isotopico 13C/12C
L’annacquamento del vino è rivelabile in base al rapporto 18O/16O: infatti
l’acqua esterna ha un contenuto in 18O minore dell'acqua del vino e farà
diminuire di conseguenza il valore del rapporto isotopico misurato. La
misura è effettuata normalmente con una tecnica di Spettrometria di
Massa
Metodi ufficiali di analisi
Le potenzialità dell’analisi isotopica sono tali che nel corso degli ultimi
anni alcuni metodi di analisi sono diventati ufficiali al livello nazionale ed
europeo
 Il Regolamento CEE 2676/90 (determinazione dei metodi comunitari di
analisi da utilizzare nel settore del vino) prevede la rivelazione
dell’aumento del titolo alcolimetrico di mosti e vini, ottenuto con
addizione fraudolenta di saccarosio, mediante analisi NMR del rapporto
D/H
 Il Regolamento CEE 822/97 (modifica del Regolamento precedente)
prevede la determinazione del rapporto isotopico 18O/16O dell’acqua
contenuta nei vini per identificare il possibile fraudolento
annacquamento di un vino
 Il Regolamento CE 440/2003 (modifica del Regolamento precedente)
prevede la determinazione del rapporto isotopico 13C/12C dell’etanolo nei
vini e nei mosti mediante tecnica IRMS per identificare l’addizione
fraudolenta di miscele di saccarosio da bietola e canna
Banche Dati
Va considerato che la variazione dei rapporti isotopici dell'alcol di vino può essere oscillante.
Ad esempio per il rapporto D/H nei vini italiani, a seconda della latitudine, del clima e della
piovosità si possono avere valori compresi tra circa 98 e 107 ppm
Per avere un campione statistico rappresentativo di tutta la produzione viticola italiana è
necessario effettuare un'indagine su tutto il territorio nazionale. A questo scopo sono state
costituite, a partire dal 1987, col patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali -
Ispettorato Centrale per la Repressione delle Frodi, le Banche Dati su campioni di vino
sicuramente genuini e provenienti da tutta Italia. Ogni anno vengono raccolti circa 500
campioni di uva da tutte le regioni italiane e per ogni prelievo viene compilata una scheda con le
principali informazioni del vigneto; dati relativi alla produzione (kg per ceppo, resa per ettaro)
eventuale irrigazione, piovosità. Tali uve vengono successivamente vinificate in laboratorio,
ottenendo il vino da analizzare
Nel caso del Rapporto isotopico del deuterio, la Banca Dati Italiana è stata formalmente
validata da una Commissione della Comunità Europea, che si avvale del contributo tecnico del
Joint Research Centre di Ispra
A livello europeo, dal 1990 esiste un database di vini che raccoglie dati da campioni di
provenienza certa vinificati in Europa, secondo le indicazioni del Regolamento UE 2676/90.
Oltre ai dati dei valori D/H originariamente previsti, attualmente il database comprende anche
valori di 13C del’etanolo e di 18O dell’acqua di vino. Siccome le possibilità di adulterazione
comprendono l’utilizzo di mosti rettificati, zuccheri e prodotti vari da paesi del terzo mondo,
si stanno raccogliendo dati anche da vini provenienti da questi paesi
Determinazione della provenienza
Oltre all’utilizzo nell’identificazione di sofisticazioni, l’analisi isotopica è
impiegata nella caratterizzazione dal punto geografico dei prodotti
enologici. Come si è detto in precedenza, infatti, uve cresciute in zone
climaticamente diverse daranno vini in cui C, H e O (presenti in etanolo e
acqua) avranno subito frazionamenti isotopici conseguentemente diversi

Nella figura a fianco sono


riportati i valori di 18O per
vini provenienti da:
• Paesi europei caldi
(Spagna, Portogallo)
• Paesi europei temperati
(Francia, Italia)
• Paesi europei freddi e
umidi (Germania, Austria)

Le differenze risultano
essere significative
Problemi nella determinazione della provenienza
Per la determinazione della provenienza regionale, si possono utilizzare gli stessi
parametri utili a identificare le adulterazioni, cioè 13C e 18O di etanolo e acqua di
vino. La base è ovviamente il database UE. La determinazione è però resa
problematica dal fatto che i campioni incogniti possono essere stati soggetti ad
adulterazione, rendendo difficile la collocazione all’interno del database. Inoltre le
variazioni stagionali naturali possono essere significative (figura sotto - 18O di vini
tedeschi della Franconia in annate diverse

Una misura alternativa può


essere la determinazione del
rapporto isotopico dell’azoto
(15N/14N) dagli aminoacidi, che
però può essere influenzato
dall’addizione di sali di
ammonio per la fermentazione
L’approccio migliore sembra
quindi essere un impiego di più
variabili, sia isotopiche sia di
altro genere
Spettrometria di massa

La spettrometria di massa è una tecnica utilizzata per separare molecole


cariche, cioè ioni, in base alla loro massa o, più correttamente, in base al
rapporto massa/carica. Quindi è una tecnica in grado di distinguere
isotopi dello stesso elemento e di calcolarne i rapporti isotopici
I rapporti isotopici degli elementi leggeri (H, O, C, N, S) sono misurati
con la tecnica Isotope Ratio Mass Spectrometry (IRMS) mediante
trasformazione in gas puri
Per gli elementi pesanti (Pb, Sr) sono invece utilizzate la tecnica
Inductively Coupled Plasma –Mass Spectrometry (ICP-MS) e la tecnica
Thermal Ionization Mass Spectrometry (TIMS) nelle quali il campione è
trasformato in atomi e ioni
Isotope Ratio Mass Spectrometry
Nella tecnica Isotope Ratio Mass Spectrometer (IRMS) si utilizza uno
spettrometro di massa avente sensibilità minore ma capacità di
risoluzione e precisione assai più elevata rispetto agli spettrometri
convenzionali
Lo spettrometro IRMS comprende tre parti fondamentali: una sorgente
di ioni, un analizzatore di massa e un contatore di ioni
 La sorgente di ioni ha lo scopo di ionizzare le molecole del campione
(generalmente introdotto in forma gassosa) per interazione con un
fascio di elettroni che causa la formazione di ioni positivi dai composti
del campione
 Gli ioni positivi sono poi accelerati e condotti all’interno
dell’analizzatore di massa, ovvero un campo elettromagnetico dove gli
ioni sono separati a seconda del loro rapporto massa/carica (m/z)
 Infine gli ioni sono raccolti e contati da un rivelatore
Principio di funzionamento

Magnete

m/z 2 (H2)
Sorgente ionica
m/z 3 (HD)
m/z 4 (D2)
Preparazione del campione
Per effettuare la misura con la IRMS è necessario convertire l’elemento
di interesse nel campione in forma gassosa

Separazione e
Estrazione e
Trasformazione quantificazione
purificazione
del composto di con
del composto di
interesse in gas spettrometria di
interesse
massa

Esempio: determinazione del rapporto 13C/12C nel vino (alcol etilico)

Estrazione Ossidazione e Quantificazione


alcol etilico dal trasformazione del rapporto
vino dell’alcol in CO2 13
CO2/12CO2
Cosa si misura effettivamente?
 Idrogeno  H2: masse 2, 3
 2 = 1H1H
 3 = 1H2D
 Carbonio  ossidazione con O2  CO2: masse 44, 45, 46
 44 = 12C16O16O
 45 = 13C16O16O e 12C16O17O
 46 = 13C16O17O e 12C17O17O
 Azoto  N2: masse 28, 29, 30
 28 = 14N14N
 29 = 14N15N
 30 = 15N15N
 Zolfo  ossidazione con O2  SO2: masse 64, 66
 64 = 32S16O16O
 66 = 34S16O16O
Specie misurate
Esempi di strumenti
Nelle figure sono riportati due esempi di
spettrometri di massa per analisi IRMS. Si
tratta generalmente di strumenti di costo
elevato, accessibile soltanto a laboratori di
analisi molto avanzati

Molti spettrometri per analisi


IRMS sono dotati anche di un
gascromatografo per la
separazione di specie organiche
preliminare all’analisi degli
isotopi
IMPORTANTE
 Scrivere meglio volatili
 Scrivere terpeni con cromatogrammi
 Scrivere esteri con cromatogrammi

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