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I DISTURBI DEL

COMPORTAMENTO
ALIMENTARE
 Il DSM5 definisce i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione come
«caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di
comportamento collegati con l’alimentazione che determinano un
alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano
significativamente la salute fisica o il funzionamento psico-sociale».

 Sono tutte quelle problematiche psicologiche che concernono il


rapporto tra gli individui e il cibo.

 Oltre ad essere trattati in psichiatria, sono oggetto d’esame in


endocrinologia e gastroenterologia in quanto comportano nei soggetti
una serie di alterazioni primarie e secondarie che vanno ad intaccare
organi ed apparati.

COSA SONO?
 I soggetti più frequentemente colpiti sono le ragazze e le giovani donne in
età compresa tra i 12 e i 30 anni. Ma il fenomeno è in aumento anche tra la
popolazione maschile.

 Nel maggior parte dei casi, tali individui sono soggetti ad una
insoddisfazione per la propria immagine corporea, la quale rappresenta uno
dei maggiori fattori di rischio e di mantenimento dei DCA.

 Grogan definisce l’immagine corporea come l’insieme di percezioni, pensieri


ed emozioni che una persona esperisce riguardo al suo corpo.

A CHI SI RIVOLGONO?
 Secondo la prospettiva transdiagnostica di Fairburn tali disturbi condividerebbero il
medesimo nucleo psicopatologico: un’ eccessiva importanza attribuita al peso, alla
forma del corpo e al controllo dell’alimentazione.

 Altri studi hanno evidenziato come anche il rimuginio e il controllo costituiscano


importanti fattori di mantenimento per i Disturbi dell’Alimentazione.
 In particolare, i soggetti con Disturbi dell’Alimentazione mostrerebbero una
maggiore tendenza a preoccuparsi per gli errori, un minor senso di autostima,
misure più elevate di rimuginio ed una scarsa percezione di controllo sugli
eventi esterni e sugli stati emotivi interni, rispetto ai soggetti non patologici.

A CHI SI RIVOLGONO?
 Nei disturbi alimentari i pazienti soffrono una necessità generale di controllo.

o Tentano probabilmente di esprimersi su aspetti più complessi e potenzialmente


gratificanti della vita, quali la realizzazione nello studio, nel lavoro, nel tempo libero,
nelle relazioni o nell’affettività. Ma questi ambiti si rivelano ben presto troppo
complessi e incontrollabili.

o Sentono di non essere capaci di controllare i rapporti personali, le reazioni interne e


gli eventi in generale. Per ottenere la percezione del controllo e raggiungere un certo
grado di prevedibilità, sono disposti a confinare le loro vite entro un’esperienza
ridotta, circoscritta all’alimentazione e alle dimensioni corporee. sebbene ciò offra in
un primo momento l’attrattiva di una qualche possibilità di controllo, alla fine li
condanna a un’esistenza isolata e insana.

o Per Dalle Grave la tendenza al controllo si focalizza sull’alimentazione perché fornisce


una prova evidente e immediata di capacità di autocontrollo, perché ha un potente
effetto manipolatorio sugli altri e in particolare sui familiari.

COSA SI INTENDE
PER CONTROLLO?
 Per avere una diagnosi corretta, è necessario valutare il paziente a livello clinico,
nutrizionale e psicologico. L’eziopatogenesi dei disturbi della nutrizione e della
alimentazione è di tipo multifattoriale.

Essi sono il risultato dell’interazione di:


• Fattori predisponenti, ossia genetici, psicologici, ambientali e socioculturali
• Fattori precipitanti, ossia diete restrittive e difficoltà psicologiche personali
• Fattori di mantenimento, ossia sindrome da digiuno e il rinforzo positivo
dall’ambiente).

DIAGNOSI E MODELLO
MULTIFATTORIALE
 Nell’assessment psicodiagnostico, la raccolta dell’anamnesi deve iniziare dalla
storia di attaccamento verso i principali caregiver, al fine di individuare il tipo di
attaccamento del paziente.

 Nella persona che soffre di un disturbo del comportamento alimentare, si è


strutturata una strategia disfunzionale di rassicurazione attraverso il cibo. La
relazione con il cibo, in diverse modalità, è usata come risorsa per attivare la
base sicura e calmarsi.

DISTURBO E
ATTACCAMENTO
L’esame dello stile di attaccamento rivela che esso è frequentemente di tipo insicuro.
L’articolazione tra i criteri diagnostici del DSM5, il tipo di attaccamento e il profilo di
personalità permette di fare la corretta diagnosi di disturbo del comportamento
alimentare.

Anoressia Nervosa Attaccamento evitante Relazione con il cibo evitante.

Bulimia Nervosa Attac. Relazione con il cibo carente di


Ambivalente/Disorganizzato ordine con controllo disorganizzato
Binge Eating
Attac. Evitante /ambivalente Relazione con il cibo di sostituzione
all’attaccamento e utilizzo del cibo
per calmarsi.
Vomiting psicogeno Attac. Evitante/ disorganizzato
evitante /ambivalente Relazione con il cibo ambivalente in
quanto il soggetto cerca di trattenere
il cibo e il corpo non lo accetta

DISTURBO E
ATTACCAMENTO
Nel trattamento del soggetto con disturbi alimentali, altro elemento importante da
tener presente è il concetto di dissociazione.
la Dottoressa Seijo, nella sua esperienza clinica ha individuato parti di personalità
ricorrenti nel mondo interno delle persone con un disturbo del comportamento
alimentare con aspetti dissociativi, che ha sintetizzato in 6 categorie.

Spesso, queste persone non hanno vissuto l’infanzia, sono state trattate come
piccoli adulti fin da quando hanno memoria; sono state forzate ad assumersi
responsabilità che non spettavano a loro. Il mondo interno ha dovuto usare la
dissociazione per crescere più rapidamente in una parte e uno sviluppo accelerato
non può essere salutare. La bambina non scompare, ma resta in una parte, come
bloccata nel tempo.
… La bambina che non è mai stata

Così definita la parte precocemente adultizzata .


è quella parte che cresce troppo velocemente e che affronta tutte le richieste
provenienti dall’ambiente.
• È la parte più danneggiata che genera più difese. Contiene il dolore e la
frustrazione per aver dovuto imparare a fare le cose da sola. Ha imparato ad
autoregolarsi e autocontrollarsi attraverso il cibo.

• È la parte dominante nel mondo interno delle persone con anoressia nervosa.
È una parte controllante, sfiduciata, spesso alimentata dalla comorbilità con
un disturbo ossessivo di personalità e un disturbo dell’immagine corporea.

PARTI DEL SE’


… La bambina che non ha potuto crescere

• È la parte infantile che rimane bloccata nel tempo.


La raccolta anamnestica svolta con la famiglia lascia emergere l’immagine di un
bambino o una bambina precoce, con comportamenti non appropriati all’età che
ha sviluppato la convinzione che “si ha bisogno di essere malati per ottenere
attenzione” e attraverso il cibo cerca di essere vista.

• È la parte dominante nel mondo interno di chi soffre di bulimia. Ha appreso che il
cibo è il miglior modo per compensare rabbia, tristezza e frustrazione col cibo. La
vita emotiva è disregolata e spesso si riscontrano comportamenti impulsivi.

PARTI DEL SE’


… La critica patologica

• È una parte aggressiva, spesso associata alla “Bambina che non è mai
stata”.
Nella storia di vita del paziente, “la critica patologica” ha avuto una funzione
utile, quella di creare uno schermo protettivo agli attacchi e al disprezzo
proveniente dal mondo esterno. Però essa blocca l’autostima del paziente e
filtra la realtà attraverso una prospettiva negativa.

… il sé rifiutato

• essa è la parte del mondo interno che contiene la distorsione dell’immagine


corporea, quell’immagine di Sè che la persona non vuole tornare a essere
mai più.

PARTI DEL SE’


…il sé nascosto

• Protegge il sistema interno non mostrandosi, perché farlo, in passato, è stato


pericoloso. È una parte che somatizza ciò che non può esprimere in altro modo.
Si sviluppa presto nella vita; le emozioni dominanti in essa sono paura,
umiliazione e vergogna.

…il sé cicciottello

• È la parte dissociativa che si mostra più spesso nel binge eating e nell’iperfagia; è
collegata al sovrappeso, diventa impressa nel sistema interno e, anche se la
persona dimagrisce, continua a esistere ed è resistente al cambiamento.

PARTI DEL SE’


 Come linee guida per la terapia, Natalia Seijo afferma che il lavoro sul “Sè rifiutato”
è l’ultima parte della terapia. Prima bisogna aver calmato “La critica patologica”, poi
“La bambina che non è mai stata”, successivamente “La bambina che non è mai
cresciuta” permettendole di evolvere e integrandola nel sé adulto. Lavorando con il
“Sè rifiutato”, emergerà anche il “Sè nascosto”.
Il terapeuta deve riconoscere il significato che il paziente dà al proprio disturbo
alimentare, così come rispettare la struttura dissociativa che lo ha mantenuto.
Questa organizzazione psichica è il modo in cui il paziente è stato capace di dare a
ogni parte del sè qualcosa che esso richiedeva senza entrare in un conflitto
insopportabile. È stata funzionale alla sopravvivenza. Per essere una figura di
attaccamento sostitutiva, il terapeuta deve essere comprensivo e compassionevole
rispetto a questo. Per essere d’aiuto, dovrà essere validante rispetto all’esperienza
di un paziente che ha sviluppato un rapporto disfunzionale col cibo, e aiutarlo a
trovare una strategia stabile alternativa di attivazione delle sicurezza interna.

TRATTAMENTO
TERAPEUTICO
I disturbi della nutrizione e della alimentazione si presentano distinti in
6 categorie diagnostihe principali:

1. Pica

2. Mericismo

3. Disturbo alimentare evitante/restrittivo

4. Anoressia nervosa

5. Bulimia nervosa

6. Disturbo di alimentazione incontrollata.

6 CATEGORIE
DIAGNOSTIHE
Il termine pica è il nome latino della gazza ladra, animale noto per la sua voracità e
capacità di mangiare tutto. Il picacismo, anche denominato allotriofagia o, più
semplicemente, pica, è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato
dall'ingestione continuata nel tempo di sostanze non nutritive (terra, sabbia, carta,
gesso, legno, cotone, etc.).

Il disturbo può essere diagnosticato se l'abitudine perdura per più di un mese a un'età
nella quale questo comportamento è dal punto di vista evolutivo inappropriato,
generalmente in bambini più grandi di 18-24 mesi.
La diagnostica non è applicabile a bambini o adulti affetti da ritardo mentale, né a
individui appartenenti a culture che accettano tali pratiche.

1. PICA
La sindrome interessa talvolta anche le donne incinte e il desiderio di cibi
inappropriati. Alla base vi è quasi sempre un'anemia e il disturbo regredisce con la
correzione della carenza o, nel caso delle donne incinte, col termine della gravidanza.
A volte nei bambini è il sintomo di una parassitosi intestinale o di una malattia celiaca,
che hanno sempre come conseguenza un disturbo del metabolismo del ferro e di altri
minerali. Più raramente, il picacismo è l'espressione di un disturbo ossessivo-
compulsivo.

Individuare le cause di tale disturbo è estremamente difficile, non esiste infatti una
causa certa, tuttavia considerata l’età di esordio è possibile riferire il disturbo al
contesto familiare di riferimento: un clima familiare caratterizzato da conflitti, chiusura
relazionale ed evitamento delle emozioni potrebbe rappresentare un fattore di rischio.

1. PICA
E’ caratterizzato per il continuativo rigurgito del cibo, per almeno 1 mese. Solitamente è
un comportamento quotidiano. Il cibo, prima ingerito, e parzialmente digerito, viene
rigurgitato in bocca, può essere poi rimasticato, ringoiato o sputato, senza nausea o
disgusto o conati di vomito.
Per la diagnosi è necessaria l’esclusione di una situazione gastrointestinale particolare e
problematica, dove il rigurgito con eliminazione sono una modalità di smaltimento delle
calorie ingerite.

Solitamente viene diagnosticata a soggetti con disabilità intellettiva. E’ frequente in età


infantile, compare solitamente fra i 3 e 12 mesi e si manifesta con l’incapacità di
raggiungere gli aumenti di peso previsti.
Invece, quando viene diagnosticata negli adolescenti e negli adulti, concomitante ad un
disturbo mentale, si verificano comportamenti di evitamento quali il mangiare in pubblico
o l’alimentarsi prima di situazioni sociali, si cerca di nascondere questo tipo di condotta,
tossendo o coprendosi la bocca con la mano.

2. MERICISMO
Non c’è nessuna cura conosciuta per la ruminazione, il divieto nel farlo e altri farmaci
sono stati utilizzati con poco o nessun effetto.

Il trattamento è diverso per i bambini e disabili mentali che per gli adulti e
adolescenti di intelligenza normale.

 Per gli adulti e gli adolescenti, vanno usate le tecniche di rilassamento, praticate
dopo aver mangiato o ogni volta che si verifica un rigurgito, ha dimostrato di
essere più efficace.
 Tra i bambini e le persone con disabilità mentale, tecniche comportamentali
hanno dimostrato di migliorare la situazione nella maggior parte dei casi e queste
tecniche consistono nell’associare la ruminazione a risultati negativi e incentivare
l’alimentazione corretta.

2. MERICISMO
In maniera particolare soffrono di questo disturbo bambini e adolescenti i quali possono
apparire come scarsamente interessati al cibo, tanto da evitarlo per le sue caratteristiche
sensoriali (ipersensibilità al colore, odore, consistenza, temperatura) o per le possibile
conseguenze negative che possono avverarsi nel mangiarlo.

L’impatto del Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo può essere simile a quello
presente nell’anoressia nervosa, ovvero ipotermia – bradicardia - anemia.

 I neonati, se soffrono del disturbo possono sembrare assonnati, stressati o agitati nel
momento in cui devono essere alimentati.
 I bambini possono apparire ai genitori irritabili e difficili da confortare durante la
nutrizione, apatici e chiusi in se stessi.

Entrambi possono non collaborare con il caregiver durante l’alimentazione.

3. EVITANTE/
RESTRITTIVO
 Mentre nei bambini più grandi e negli adolescenti spesso il disturbo è associato a
problematiche emotive che, però, non soddisfano i criteri di disturbo d’ansia,
depressivo o bipolare.

Anche una cattiva interazione tra genitore-bambino può giocare un ruolo importante
nel mantenimento del disturbo.

Indipendentemente dall’età il disturbo può influenzare negativamente il funzionamento


familiare, basti pensare allo stress vissuto al momento dei pasti o in altri contesti
conviviali in cui sono presenti amici o parenti.

3. EVITANTE/
RESTRITTIVO
Bulimia, letteralmente significa ‘fame da bue‘.

 È caratterizzata dalla tendenza a esercitare, in maniera disregolata, un eccessivo


controllo sul proprio peso.

 Si definisce come un disturbo psichico che compare durante la prima adolescenza ed è


caratterizzato da eccessiva e costante preoccupazione per il peso e le forme, per cui la
persona inizia a seguire una dieta ferrea, presentando però poi abbuffate e vomito
autoindotto.

Chiaramente, dopo l’abbuffata si palesa la terribile paura di aumentare di peso, che a sua
volta porta alla messa in atto di comportamenti compensatori quali: vomito autoindotto,
uso improprio di lassativi, digiuno, esercizio fisico eccessivo.
I mezzi di compenso portano ad avere altre abbuffate e il circolo vizioso, vomito –
abbuffata – vomito – abbuffata, si autoalimenta e si mantiene fino a cronicizzarsi.

5. BULIMIA
La bulimia si presenta più frequentemente tra i 20 e i 30 anni.

Le abbuffate avvengono generalmente due volte a settimana, spesso anche una


volta al giorno. Questi attacchi durano per un tempo che va da 15 minuti a 4 ore.

Vomitando o con altri metodi di compensazione le persone bulimiche credono di


poter raggiungere la loro forma ideale e di poter allo stesso tempo soddisfare la
loro necessità di cibo con le abbuffate.

5. BULIMIA
Caratteristiche
Il comportamento alimentare è controllato quando si è in pubblico.

 Si scelgono prodotti ‘light’ e a basso contenuto di grassi per i cibi che vengono
consumati “ufficialmente” e trattenuti all’interno del corpo.
 Si acquistano grandi quantità di cibi di scarsa qualità e facili da consumare per le
abbuffate.
 Durante le abbuffate si consuma un’eccessiva quantità di cibo in un lasso di tempo
limitato.
 Nello stesso tempo si accumulano cibi e si è preoccupati di avere sempre del cibo a
disposizione.
 Non si hanno orari regolari per i pasti.
 Osservati da fuori tutto funziona perfettamente, la facciata è positiva.
 La bulimia causa emozioni di vergogna ed è tenuta spesso segreta.
 Disgusto per sè stessi, sensazione di essere anormali.
 Isolamento sociale, trascurare i propri interessi, umore depresso.
 Molta attività sportiva.

5. BULIMIA
L’ossessione per il peso corporeo conduce le persone con Bulimia Nervosa ad
attuare persistenti e caratteristiche forme di riduzione alimentare, ovvero a seguire
una dieta estrema e costante, determinata da regole alimentari estremamente
rigide e inflessibili, le quali disciplinano il quanto e il cosa si deve mangiare.

Nella maggior parte dei casi, le regole dietetiche a cui si sottopongono le pazienti
bulimiche impongono una drastica riduzione della quantità totale di cibo ingerita, e
vietano nettamente una grande quantità di alimenti, i cosiddetti cibi proibiti,
costringendo la persona ad un’alimentazione progressivamente sempre più limitata
ai pochi alimenti consentiti.

5. BULIMIA
Le tre principali modalità adottate nella restrizione alimentare sono
 Riduzione della frequenza dei pasti, ovvero tentare di digiunare il più possibile,
saltando i pasti;
 Riduzione della quantità di cibo al di sotto di un rigido limite calorico, in genere
marcatamente inferiore al fabbisogno quotidiano medio;
 Eliminazione di specifici cibi, i quali sono temuti perché percepiti come ‘ingrassanti’ o
perché in passato hanno dato origine ad un attacco bulimico.
Tra le altre caratteristiche che meritano maggior attenzione, troviamo un’alterazione del
meccanismo che regola il rapporto fame – sazietà: la dieta ferrea porta a un aumento
della fame e dell’appetito, con conseguente modificazione di alcuni neurotrasmettitori, tra
cui la serotonina e gli elettroliti, con inevitabili ripercussioni di tipo fisiologico.

Non si può ridurre la bulimia ad un mero problema di alimentazione.


 Le abbuffate possono essere dovute a diete, stress, malessere psicologico ed
emozioni negative, come ad esempio ansia, angoscia, rabbia o tristezza.
 Il vomito e le altre tecniche per evitare di ingrassare sono tutti modi per avere
l’impressione di tenere meglio sotto controllo la propria vita e alleviare il malessere
emotivo.

5. BULIMIA
o Perfezionismo e pensieri dicotomico del tipo ‘tutto o nulla’ sono pensieri disfunzionali
che causano e mantengono le abbuffate.

o Cercare di mantenere il proprio corpo a un regime calorico molto basso, ideale


perfezionistico, porta poi alla messa in atto di piccole trasgressioni, percepite dalla
persona come una perdita di controllo a cui è impossibile rimediare, per questo una
volta innescata la catena la persona continua a mangiare senza nessun freno.
L’unica soluzione possibile, a questo punto, è liberarsi da quello che si è mangiato
eliminandolo attraverso il vomito.

o Il timore di ingrassare accomuna la bulimia all’anoressia nervosa. Questo timore è


presente anche nelle donne non disturbate, ma non nella forma intensa e pervasiva
del disturbo alimentare.

5. BULIMIA
Intensità e pervasività spingono le pazienti bulimiche a posporre tutto, gloria e
soddisfazioni nei più svariati campi, dall’affettivo al lavorativo, a questa irrazionale
ricerca di magrezza. Ma è proprio questo rovesciamento di valori che ci fa intravvedere
la radice psicologica del disturbo alimentare.

La persona con bulimia nervosa


 presenta una valutazione di sé, autostima, centrata principalmente sul suo peso
corporeo, sulla forma del suo corpo e sulla propria capacità di controllare questi
ultimi.

 manifesta una tormentosa preoccupazione per il proprio peso e per la forma del
corpo, i quali diventano oggetto di un controllo ossessivo quotidiano, e spesso si
sente grassa e orribile nonostante il suo oggettivo normopeso.

5. BULIMIA
o Oltre alla presenza di tali pensieri disfunzionali, si riscontra nelle pazienti
affette da bulimia nervosa, una difficoltà a tollerare le emozioni negative.

o Le abbuffate infatti creano uno stato di piacevolezza.


Questa sensazione piacevole iniziale serve soprattutto a bloccare e soffocare le
emozioni negative provate.

o Tale comportamento dà vita a un circolo vizioso: sopprimere le emozioni


attraverso il cibo porta a non risolvere mai i problemi favorendo l’abbuffata
successiva; d’altra parte le abbuffate stesse portano alla comparsa di emozioni
negative (senso di colpa, disgusto, paura d’ingrassare), che a loro volta
innescano le nuove abbuffate.

5. BULIMIA
Possibili indicatori diagnostici

 Costante esagerata preoccupazione per la propria forma e il proprio peso.


 Paura patologica di ingrassare.
 Limite di peso personale molto basso e definito nettamente.
 Almeno due abbuffate a settimana per più di tre mesi.
 Allo stesso tempo, assunzione veloce di grandi quantità di cibi principalmente facili da
consumare e ricchi di calorie.
 Sensazione di perdita di controllo sul comportamento alimentare durante le abbuffate
 In seguito tentativi di annullare l’assunzione di calorie: inducendosi il vomito,
abusando di farmaci come ad esempio lassativi o diuretici, seguendo una dieta ferrea
o periodi di digiuno, facendo eccessivo esercizio fisico.

Questi schemi di comportamento possono comparire singolarmente o in parallelo.


Possono essere presenti dipendenze multiple da alcool, droghe, farmaci o shopping
compulsivo, oltre a comportamenti autolesionistici.

5. BULIMIA
 La prima formulazione della diagnosi della bulimia si deve a Gerald Russell nel 1979.
Allora i criteri erano solo tre: urgenza intrattabile ad alimentarsi eccessivamente,
condotte compensatorie e timore patologico di ingrassare.
In Russell mancava ancora il concetto di abbuffata.

 Un episodio di abbuffata è caratterizzato da:

Mangiare, in un determinato periodo di tempo una quantità di cibo


significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui
mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.

Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non


riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa o quanto si sta
mangiando).

5. BULIMIA
I criteri diagnostici indicati nel DSM-5 sono

 Ricorrenti episodi di abbuffata.


 Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di
peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno
o attività fisica eccessiva.
 Abbuffate e condotte compensatorie inappropriate in media almeno una volta alla
settimana per 3 mesi.
 Livelli di autostima indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo.
 Alterazione non manifestata esclusivamente nel corso di episodi di anoressia
nervosa.

5. BULIMIA
Il livello di gravità può essere

Lieve
Una media di 1-3 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

Moderato
Una media di 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

Grave
Una media di 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

Estremo
Una media di 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate per settimana.

5. BULIMIA
Non esiste una CAUSA unica per la bulimia, al contrario ci sono diversi fattori che possono
risultare decisivi per lo sviluppo della patologia.
Cultura. Nei paesi sviluppati le donne sono costantemente indirizzate verso un certo
ideale di bellezza. Vedere ovunque immagini di donne perfette e magre rende difficile
accettare ed amare il proprio corpo così com’è.
Famiglia. Più a rischio sono le ragazze le cui madri o sorelle hanno già sofferto di bulimia.
I genitori che fanno molta attenzione all’aspetto fisico, sono perennemente a dieta o
criticano il corpo dei figli aumentano le probabilità che il proprio figlio soffra di bulimia.
Traumi o fonti di stress. Gli eventi traumatici, come lo stupro, o le fonti di stress, come
l’inizio di un nuovo lavoro, possono causare la bulimia.
Personalità. Chi soffre di bulimia probabilmente non si piace, odia il proprio aspetto fisico
o prova una profonda disperazione. Spesso ha forti sbalzi d’umore, ha problemi ad
esprimere le emozioni negative o non riesce a controllare i comportamenti impulsivi.
Sport e lavoro. Alcuni sport e/o professioni che poggiano sull’aspetto fisico o le cui
prestazioni possono essere condizionate dal peso espongono gli atleti a un maggior
rischio di cadere vittime di un disturbo alimentare.
Genetica. Il patrimonio genetico, gli ormoni e i neurotrasmettitori probabilmente sono
fattori che possono influire sulla comparsa della bulimia.

5. BULIMIA
Chi soffre di bulimia può essere magro, in sovrappeso, oppure in perfetto peso forma.
Le azioni tipiche della bulimia, ad esempio il vomito autoindotto, spesso sono eseguite di
nascosto, perché il paziente si vergogna o si sente disgustato, quindi è difficile capire se il
paziente è veramente bulimico.
È possibile, però, fare attenzione ad alcuni SEGNI SUGGESTIVI del disturbo.

 Alcuni segni caratteristici legati ai frequenti episodi di vomito, ad esempio:


 Gonfiore alle guance o alla mandibola,
 calli o tagli sulle nocche (se usa le dita per provocare il vomito),
 denti più chiari del normale,
 occhi rossi (con capillari in evidenza),
 epistassi (sangue dal naso),
 erosione dentale,
 riduzione della produzione di saliva,
 ipersensibilità dentale,
 carie.
 Il reflusso acido dovuto al vomito può inoltre causare irritazione a livello della gola

5. BULIMIA
 I pazienti con un peso corporeo insufficiente possono manifestare segni e sintomi
tipici legati alla malnutrizione, come ad esempio:
 perdita dei capelli e fragilità delle unghie.
 pelle secca.
 comparsa di peli in eccesso su zone che normalmente ne sono prive.
 disturbi sulle labbra.
 prurito.

5. BULIMIA
Cura

Per liberare il paziente dalla necessità di abbuffarsi e poi depurarsi, il medico può
consigliargli di ascoltare i consigli di un nutrizionista e di ricorrere alla psicoterapia, in
particolare a quella cognitivo comportamentale e farsi prescrivere dei farmaci.

 Esistono gruppi Overeaters Anonymus (sul modello degli alcolisti anonimi) in cui ci si
confronta, si racconta la propria storia e viene assegnato uno sponsor, un ex
dipendente di cibo o vomito o non cibo pronto a sostenerti. Non ci sono diete ma
l’impegno e l’obiettivo comune di smettere.

 La terapia cognitivo comportamentale è mirata a riflettere sul ruolo importante che la


mente assume nell’influenzare il nostro stato d’animo e le nostre azioni. Per la
bulimia si è dimostrata efficace nel ridurre le abbuffate e gli atti compensatori,
nonché nel modificare le abitudini alimentari. La terapia per la bulimia può essere
individuale oppure di gruppo.

5. BULIMIA
L’ Anoressia Nervosa è un Disturbo dell’Alimentazione caratterizzato, secondo i criteri
del DSM-V, da:

 Restrizione dell’apporto energetico relativo al bisogno, che induce un significativo


basso peso relativamente all’età, sesso, evoluzione dello sviluppo e salute fisica.
Con “significativo basso peso” è definito come un peso minore del minimo normale
o, per i bambini e gli adolescenti, minore del minimo atteso.

 Intensa paura di aumentare di peso o d’ingrassare, o comportamento persistente


che interferisce con l’aumento di peso, nonostante un peso significativamente
basso.

 Anomalia nel modo in cui è percepito il peso e la forma del proprio corpo;
inappropriata influenza del peso e della forma del corpo sulla propria autostima, o
persistente perdita della capacità di valutare la gravità della attuale perdita di peso.

ANORESSIA
NERVOSA
Si distinguono due sottotipi:

1. Con Restrizioni durante gli ultimi tre mesi


2. Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione durante gli ultimi tre mesi

Un soggetto anoressico presenta un peso sotto l’85% di quello previsto in base


all’età ed alla altezza e/o l’indice di massa corporea, BMI, inferiore a 17,5.
Grazie a questo indice si può definire il disturbo in base alla gravità:

• Lieve: BMI ≥17


• Moderata: BMI 16- 16,99
• Severa: BMI 15-15,99
• Estrema: BMI < 15

ANORESSIA
NERVOSA
Sintomi

Per definire il quadro clinico di una soggetto anoressico deve esserci una perdita del
20% del proprio peso in un breve periodo di tempo (3-4 mesi).

Ciò è causato da un’alimentazione estremamente controllata e limitata, da un eccessivo


esercizio fisico, dall’induzione del vomito o dal forte utilizzo di lassativi.

Il soggetto può riferire pensieri continui relativi al cibo e all’immagine corporea,


un’estrema paura di prendere peso, che lo porta a vedersi come brutto e grasso, anche
quando è evidentemente sottopeso.

ANORESSIA
NERVOSA
Le Caratteristiche
Le persone affette da anoressia nervosa si contraddistinguono per un alto livello di
perfezionismo, iperattività, mancata consapevolezza della malattia e dismenorrea (nel
caso di donne).

Il corpo è vissuto da queste persone come un nemico contro cui combattere, i cui
bisogni non vengono avvertiti. Il controllo del peso è ciò che garantisce una
sensazione di autonomia e indipendenza e questo implica, comportamenti alimentari
ritualizzati, preferenza per cibi e bevande dal basso apporto calorico, di solito limitati,
una tendenza ad alimentarsi molto lentamente, e, talvolta, l’incorrere nella finzione e
quindi nel masticare a lungo i cibi per poi sputarli via.

In più, non è raro riscontrare in soggetti affetti da questo disturbo un’eccessiva attività
sportiva, una tendenza ad esporsi al freddo, oltreché la propensione a cucinare per gli
altri e incoraggiarli a mangiare.

A livello sociale vi è una tendenza al ritiro e alla depressione.

ANORESSIA
NERVOSA
Chi Viene Colpito
I disturbi del comportamento alimentare compaiono in modo più frequente durante
l’adolescenza o la prima età adulta, ma possono anche svilupparsi durante l’infanzia
o in tarda età.

Le donne e le ragazze hanno maggiori probabilità dei maschi di sviluppare un


disturbo alimentare, ma anche i ragazzi e gli uomini possono esserne affetti.

Presenta uno dei più alti tassi di mortalità complessivi tra tutti i disturbi psichiatrici.
Il rischio di morte è tre volte più alto rispetto alla depressione, alla schizofrenia o
all’alcolismo.

In generale, se viene identificata e viene presa in tempo c’è una maggiore


probabilità di guarigione.

ANORESSIA
NERVOSA
Situazione Emotiva E Cognitiva
Il funzionamento cognitivo è caratterizzato da scarsa flessibilità, bassa coerenza centrale,
scarsa memoria visiva ed eccessiva attenzione ai dettagli (tutte caratteristiche che sono alla
base del disturbo dell’immagine corporea) che determinano il comportamento impulsivo.

E’ presente una scarsa empatia, intesa come una difficoltà a riconoscere gli stati emotivi
altrui, e ciò si riscontra soprattutto nelle situazioni di particolare sottopeso, mentre sembra
essere in parte recuperata nel momento in cui avviene un recupero del peso.

Il soggetto affetto da anoressia mette in opera una mancanza di controllo sul proprio Sé,
mancanza che viene compensata attraverso l'adozione del digiuno, inteso come controllo
dell'appetito, e dunque del corpo. Esso infatti, è uno strumento pratico di relazione sociale in
quanto con la sua bellezza, ci presentiamo e ci facciamo accogliere e/o respingere,
accettare e giudicare dal mondo.
La mancanza di controllo sul proprio corpo è ciò che il soggetto, affetto da questo tipo di
disturbo, teme. Da qui il controllo del corpo è una corsa autodistruttiva: viene usato come
strumento per poter essere accettati e piacere agli altri, ma presto viene dimenticato per via
della magrezza, che diventa un valore in sé.

ANORESSIA
NERVOSA
 Infine, si sono riscontrati dei deficit anche per quanto riguarda le abilità
decisionali: è come se vi fosse un ritorno all’infanzia, in cui le scelte sono
condizionabili perchè non si è ancora in grado di stabilire cosa piace e cosa no,
non avendo ancora dei gusti definiti.

 Per quanto riguarda lo stato emotivo le emozioni più spesso trattate in questo
tipo di soggetti sono la vergogna e la colpa, stati emotivi autocoscienti che
affliggono l’Io. Nella vergogna, il giudizio negativo è attribuito al Sé nella sua
interezza, invece nella colpa si assiste ad una risposta emotiva evento-specifica:
l’attribuzione negativa è legata allo specifico comportamento attuato.

ANORESSIA
NERVOSA
Da una ricerca di Skarderud (2007) è emersa una classificazione delle tipologie che
caratterizzano questi soggetti. Questa emozione è sia vissuta come interna (auto-
valutazione negativa) che come esterna (sensazione che gli altri li giudichino
negativamente).

Andando a guardare le specifiche tematiche di vergogna troviamo:

 vergogna di alcune emozioni (ad es. della rabbia, della tristezza, della sensazione di
grandiosità);
 vergogna del fallimento;
 vergogna del corpo (della propria apparenza e della funzione del corpo);
 vergogna rispetto all’autocontrollo e ai comportamenti auto-distruttivi;
 vergogna degli abusi sessuali (sensazione di inferiorità, di non aver resistito);
 vergogna di avere un disturbo alimentare (per il problema legato al mangiare, per
auto-accuse di vanità, per timore dello stigma sociale).

ANORESSIA
NERVOSA
Oltre alla vergogna può essere presente un altro tipo di emozione: l’orgoglio.
Per orgoglio si intende uno stato emotivo opposto alla vergogna, autoconsapevole,
associato al successo sociale e ad approvazione o ammirazione da parte degli altri.

Le tematiche di orgoglio in questo tipo di patologia sono ad esempio:

 orgoglio generato dall’auto-controllo rispetto alla gestione e assunzione del cibo,


alle diete ferree, all’attività fisica compensatoria;
 orgoglio generato dalla sensazione di essere straordinario, anche grazie alla
patologia;
 orgoglio generato dall’apparenza fisica (attrazione per la magrezza);
 orgoglio generato dalla ribellione e protesta, manifestato con difese ripetute e
irremovibili della sindrome.

ANORESSIA
NERVOSA
In questi tipi di soggetti si potrebbero riscontrare attivi contemporaneamente
DUE CIRCOLI:
'vergogna-orgoglio' e quello preferenziale 'vergogna-vergogna'.

 Nel circolo 'vergogna-vergogna' questa emozione, come causa dell’innesco di sintomi,


è legata a:
 fattori svalutativi personali;
 gestione inadeguata delle emozioni;
 spostamento sul corpo delle emozioni negative.

 Nel circolo 'vergogna-orgoglio' i sentimenti di vergogna iniziali sono uguali a quelli


del circolo precedente ma la risposta da parte del soggetto ha lo scopo di garantire
elevati livelli di orgoglio.
Questo può spiegare alcuni comportamenti tipici di soggetti affetti di anoressia in
trattamento, come ridotta motivazione alla terapia o come difesa del sintomo.

ANORESSIA
NERVOSA
Trattamento dell'anoressia nervosa
I soggetti affetti da anoressia nervosa sono trattati con la psicoterapia.
Gli autori hanno selezionato cinque costrutti che nella psicoterapia vengono analizzati.

1. Primo costrutto nel trattamento dell’anoressia nervosa: la soddisfazione dei bisogni di base
‘Molti considerano la soddisfazione dei bisogni come prerequisito essenziale per il cambiamento
terapeutico. Essi suggeriscono che i pazienti tendono a ottenere risultati migliori, rispetto a quelli
le cui necessità non sono supportate, quando:

• Percepiscono che il terapeuta si prende cura di loro


• Si sentono capaci nel processo di trattamento dell’anoressia nervosa
• Si sentono di poter fare scelte importanti riguardo al trattamento dell’anoressia nervosa
• Considerano il trattamento dell’anoressia nervosa un’esperienza piacevole
• Comprendono i processi del trattamento dell’anoressia nervosa e si sentono in grado di
controllarne alcuni aspetti hanno una compromissione della capacità di soddisfare i propri bisogni
psicologici di base, tanto da non essere in grado di raggiungere e/o mantenere il proprio
benessere. Inoltre, questi bisogni sono spesso frustrati dalla psicopatologia stessa. Per cui,
trattamenti che mirano a soddisfare queste esigenze comunemente frustrate producono effetti
positivi.

ANORESSIA
NERVOSA
2. Secondo costrutto nel trattamento dell’anoressia nervosa: le aspettative e l’alleanza terapeutica
Alcuni studi evidenziano che la costruzione di un’alleanza terapeutica preannuncia il
cambiamento sintomatologico e che avere aspettative positive nei confronti
del trattamento della patologia favorisce un miglior ingaggio nella psicoterapia.
Costruire una forte alleanza terapeutica è un lavoro particolarmente impegnativo con i
pazienti sottopeso perché il terapeuta deve trovare un equilibrio tra uno degli obiettivi
principali del trattamento dell’anoressia nervosa, cioè il recupero di peso, e la
soddisfazione delle necessità psicologiche del soggetto.

3. Terzo costrutto nel trattamento dell’anoressia nervosa: l’evitamento esperienziale e la flessibilità


psicologica
Un soggetto affetto da evitamento esperienziale, si contraddistingue per il non essere
disposto a rimanere in contatto con esperienze private particolari (per es. sensazioni
corporee, emozioni, pensieri, ricordi, predisposizioni comportamentali) che prende
provvedimenti per modificare la forma o la frequenza di questi eventi e il contesto in cui si
possono verificare.
Da alcuni considerato un aspetto centrale della psicopatologia del disturbo e un
meccanismo da affrontare durante il trattamento dell’anoressia nervosa

ANORESSIA
NERVOSA
4. Quarto costrutto nel trattamento dell’anoressia nervosa: la motivazione e le cognizioni disfunzionali
È considerata uno dei principali meccanismi di cambiamento, poichè i pazienti che sono
motivati a cambiare potrebbero essere più propensi a modificare o abbandonare le
convinzioni o le cognizioni che mantengono la loro psicopatologia.
Tuttavia, la relazione tra cambiamenti motivazionali e modificazione dei processi cognitivi,
non è stata esaminata sistematicamente. Essi sono legati al successo nel trattamento
della patologia, anche se ciò è contestualizzabile in quanto il tutto dipende dal soggetto e
dalle esperienze motivazionali e affettive che vive.

5. Quinto costrutto nel trattamento dell’anoressia nervosa: l’approccio positivo correlato agli stati
dell’umore
È stato suggerito che l’approccio positivo correlato agli stati dell’umore possa facilitare il
progresso del trattamento dell’anoressia nervosa e portare a un aumento del benessere e
a un miglioramento della psicopatologia del disturbo. Importante è il ruolo dell’ansia come
moderatore del successo nel trattamento dell’anoressia nervosa. Si ipotizza che l’ansia
possa determinare quanto i pazienti siano in grado di tollerare il rischio del cambiamento.
A supporto di questa ipotesi, alcuni autori hanno evidenziato un più lento aumento di peso
in pazienti che manifestano una psicopatologia più grave e maggiori livelli di ansia.

ANORESSIA
NERVOSA
L’emotional Eating consiste in una perdita di controllo per cui non è più il corpo a dettare
cosa e quanto mangiare bensì le emozioni vissute in quel momento. Alcune persone
tendono ad abbuffarsi in base a sentimenti, stress ed emozioni in particolare rabbia.
Correlato alla bulimia, sostiene l’ipotesi che pone le emozioni come fattore responsabile di
una eccessiva alimentazione soprattutto di cibo con alto contenuto di calorie e di grassi,
come i dolci.

L’ abbuffata rappresenta la risposta del paziente ad una variazione del proprio stato
emotivo che egli non sa gestire in altro modo, per alcuni una parziale o totale perdita di
controllo, per altri un gesto innocuo. Essa può facilmente sviluppare nell’individuo
un’alterazione dell’umore in senso depressivo e una valutazione di sé negativa.
La relazione tra abbuffata ed emozione sarebbe più evidente nel sesso femminile seppur
presente anche nel sesso maschile.

Nel caso in cui le emozioni influenzano la presenza di abbuffate ripetute si è di fronte al


Binge Eating Disorder o disturbo dell’alimentazione incontrollata.
Il significato del termine «binge» è passato da “bere in eccesso” a «mangiare in eccesso».

6. BINGE EATING
DISORDER
La persona affetta da Binge Eating Disorder

 va incontro ad un aumento costante del peso, fino allo sviluppo di una vera e
propria obesità causata da abbuffate, senza le successive condotte eliminatorie ovvero
vomito autoindotto, uso di lassativi e diuretici, tipiche della Bulimia Nervosa.

 Si sente impotente sia di intervenire attivamente sulle situazioni che inducono il disagio,
perché ne deriverebbe un inaccettabile senso di colpa, sia di manifestare agli altri le
proprie emozioni.

 È incapace di gestire le sensazioni-emozioni negative con strumenti diversi dal cibo.


Non riuscendo a proiettare nel futuro le conseguenze delle proprie azioni, preferisce una
soddisfazione immediata a una prospettiva di cambiamento che richieda un impegno
prolungato dall’esito incerto.
.

6. BINGE EATING
DISORDER
Per i pazienti con Binge Eating Disorder, ma probabilmente per la maggior parte dei
pazienti affetti da obesità, non è sufficiente il solo intervento nutrizionale o chirurgico.

È indispensabile una psicoterapia ad orientamento prevalentemente cognitivo


comportamentale o un percorso di educazione terapeutica per affrontare il delicato
tema delle emozioni che questi pazienti in genere non riescono a gestire.

Per loro il cibo è spesso l’unico modo per stare bene ma al tempo stesso una trappola.

6. BINGE EATING
DISORDER
Oltre alle precedenti si individuano due categorie residue

 Disturbo della nutrizione o della alimentazione specificato: si tratta di casi


sottosoglia dell’anoressia, della bulimia, del disturbo da alimentazione
incontrollata oltre al disturbo con condotte di eliminazione e sindrome del
mangiare di notte.

 Disturbo della nutrizione o della alimentazione non specificato, ossia un disturbo


dell’alimentazione in cui mancano delle informazioni per specificarne le
caratteristiche.

CATEGORIE
DIAGNOSTIHE
«RICORDATE DI
MANGIARE CON
MODERAZIONE»

GRAZIE PER L’ATTENZIONE


A cura di

Giovanna Procopio Matricola 206045


Mariapia Capasso Matricola 206127
Luana Franco Matricola 206314

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