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Basandosi su questi assunti, il terapeuta ha come compito principale quello di fare sentire al
sicuro i pazienti, in modo che essi possano esercitare al meglio queste loro capacità
Il terapeuta deve fidarsi dei pazienti e di queste loro capacità adattive
Ogni paziente però ha bisogno di qualcosa di unico e specifico per sentirsi al sicuro, che è
funzione delle sue credenze ed esperienze di vita; il terapeuta deve dunque comprendere ciò di
cui ha bisogno in quel momento il paziente e fornirglielo
Non esiste un setting né una tecnica utile per tutti i pazienti
Le credenze sono basate sulle proprie esperienze di vita e gli insegnamenti che ci vengono dati.
Esse possiedono alcune caratteristiche:
1. Le credenze sono sia consce che inconsce (inconsce perché rimosse o implicite)
2. Le credenze sono soggette al bias di conferma e quindi si auto-perpetuano, in quanto rileggono
la realtà in modo da non disconfermarsi (sarebbe poco adattivo ed economico fare il contrario)
Le credenze patogene sono definite tali perchè sono alla base di inibizioni, sintomi e sofferenze.
Sono caratterizzate dal fatto che associano il perseguimento di obiettivi sani e piacevoli a dei
pericoli per sè stessi o per le persone care
P.S: per “persone care” si intendono in primis i genitori, poi i fratelli, gli altri parenti e gli amici
Come le altre credenze, si sviluppano con l'intento di adattarsi alla realtà* e per Weiss e Sampson
hanno origine da situazioni traumatiche che possono essere di due tipi
*= è come se la persona si chiedesse che cosa abbia fatto per determinare la situazione traumatica che si trova a
vivere, per capire come comportarsi in futuro, in modo da non vivere più quella brutta situazione (psichismo infantile);
le credenze patogene sono elaborate per difendersi dal riproporsi di situazioni di grave pericolo (traumi)
1) Ogni bambino dipende dai genitori e dunque necessita di stabilire con loro una relazione sicura.
Di conseguenza, in caso di conflitto o disaccordo con i genitori, il bambino finisce per pensare che
lui ha torto e loro ragione, e cerca di fare di tutto per farli stare bene – compiacenza, identificazione
2) I bambini vivono ciò che fanno e dicono i genitori come un imperativo morale.
Quello che fanno e dicono i genitori è un insegnamento su ciò che è giusto
Le credenze patogene sono investite della stessa incontestabile autorità che un bambino attribuisce ai propri genitori
CAPITOLO 3 – I test
Dato che le persone sono intrinsecamente motivate a risolvere i propri problemi, esse cercano
continuamente di disconfermare le proprie credenze patogene, causa di inibizioni e sofferenza.
Diversamente da quanto pensavano gli analisti classici, i pazienti vogliono ricordare e guarire, non traggono
soddisfazione dai loro sintomi (tornaconto) né oppongono resistenze al processo terapeutico (riluttanza a ricordare)
I test sono le azioni mediante le quali i pazienti mettono alla prova le loro credenze patogene
con gli altri, per vedere se anche loro le condividono
I test possono venire elaborati in maniera consapevole ma il più delle volte sono inconsci; in questo caso è come se
fossero una richiesta implicita di aiuto, di disconferma delle proprie credenze
TEST DI TRANSFERT
Sono chiamati così perché il soggetto, nel compierli, attribuisce a se stesso il ruolo del bambino e
all’altro il ruolo della figura traumatizzante
- per compiacenza: il comportamento del paziente è coerente con la credenza patogena; in questo
caso la risposta del terapeuta dev’essere discordante, per dimostrare al paziente che quel
comportamento, impostogli dalla figura traumatizzante, è sbagliato o non necessario
esempio: Elisabetta è inibita dall’andare a giocare con gli altri bambini dell’asilo, perchè questi fanno un gioco che i
suoi genitori ansiosi considererebbero pericoloso; allora testa la maestra chiedendole: “è vero che questo gioco è
pericoloso?” (coerente con la credenza patogena); la maestra disconferma la credenza patogena di Elisabetta
invitandola a giocare e legittimando così il suo sano desiderio di divertirsi con gli altri
esempio: Flavietto si mostra sempre insicuro, è umile e minimizza i suoi successi; dietro questo comportamento c’è
l’idea che avere successo, essere bravo faccia soffrire gli altri; quella di Flavietto è una richiesta velata di disconferma
- per ribellione: il comportamento del paziente è in opposizione alla credenza patogena; in questo
caso il terapeuta deve essere d’accordo e supportare la ribellione del paziente, per dimostrargli
che fa bene a ribellarsi alla figura traumatizzante e che non c’è nulla di male in questo
esempio: Luigi ha una madre che ha sempre avuto bisogno di sentirsi superiore ai figli e di essere il loro punto di
riferimento; mostrarsi grandioso e orgoglioso è quindi sbagliato, perché farebbe stare male la madre; Luigi allora si
comporta con tutti in modo narcisistico, ribellandosi alla sua credenza patogena; il terapeuta a quel punto deve
supportare il narcisismo di Luigi, legittimandolo ed elogiandolo (rispondergli “fly down” sarebbe disastroso)
ATTENZIONE! Anche i test di capovolgimento da passivo in attivo possono essere, come quelli di transfert, per
compiacenza o ribellione! Hanno specificatamente chiesto questa cosa più volte all’esame
TEST OSSERVATIVI
Sono chiamati così perché il paziente si limita ad osservare l’altro nel suo comportamento e
atteggiamento, per cercare in ciò una disconferma della propria credenza patogena
Il paziente troverà nel terapeuta una prova che egli si comporta diversamente e che quindi non
condivide la sua credenza patogena (disconferma)
esempio: Pietro è un bambino molto attento e assennato, a causa di un’educazione rigida da parte dei genitori; per
non fare preoccupare mamma e papà, non si lascia mai andare a giochi in cui potrebbe sporcarsi; osservando il suo
amico Carlo, che invece è molto esuberante e allegro, Pietro disconferma la sua credenza patogena ed impara ad
essere meno apprensivo
P.S: una stessa credenza patogena può essere messa alla prova con tutte le varie modalità di test, anche in
momenti diversi del trattamento
TEST DI RIFIUTO e TEST DI PROTEZIONE (sono entrambi test di transfert per compiacenza)
I test di rifiuto sono chiamati così perché il paziente cerca apparentemente di farsi rifiutare dal clinico
Il paziente con questo test cerca di disconfermare la credenza patogena per cui se ci si mostra per come si è
veramente, se si fanno presenti i propri desideri e bisogni, allora si verrà rifiutati; in questo caso il terapeuta deve
continuare ad accettare il paziente per ciò che è
I test di protezione “” il paziente chiede inconsciamente al terapeuta di dimostrargli di essere meritevole di protezione
Il paziente con questo test cerca di disconfermare la credenza patogena per cui egli non merita protezione; in questo
caso il terapeuta deve insistere nel dimostrare al paziente di volerlo proteggere
I sensi di colpa consci permettono alle persone di distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato (sono adattivi),
ed essendo accessibili alla consapevolezza, possono essere pensati, contestualizzati e, in caso, mitigati dall’esperienza
dell’individuo
I sensi di colpa inconsci rappresentano delle credenze patogene, a cui sono associati.
Essi sono derivati non solo dallo psichismo infantile, ma principalmente da una tendenza umana di
base al senso di responsabilità, all’empatia e all’altruismo, e infatti sono collegati alla paura di
danneggiare le persone care, in diversi modi che riflettono queste tendenze:
Il senso di colpa da separazione/slealtà si riferisce alla credenza per cui, se mi separo dai miei
familiari e dalle persone care, anche solo idealmente*, allora loro soffriranno mi sento in colpa
*= nei valori, atteggiamenti e modi di intendere la vita
- Pertanto, per non sentirsi in colpa, è necessario mantenere una certa vicinanza alla propria
famiglia di origine e alle persone che si amano, e ci si deve punire se ci si separa.
Questa credenza patogena nasce nelle situazioni traumatiche reali in cui si percepisce che la
propria autonomia e il proprio modo di essere arrecano dolore ad una persona cara
esempi: reazione drammatica di un padre alla notizia del trasferimento del figlio (trauma shock); madre che è sempre
oppressa dall’ansia quando il bambino esplora l’ambiente (trauma da stress); situazioni di questo tipo portano il
paziente ad essere inibito nel compito di andarsene di casa, di trovarsi una fidanzata, di stabilirsi autonomamente ecc.
Il senso di colpa del sopravvissuto si riferisce alla credenza per cui, se ho qualcosa in più* rispetto
ad una persona cara, allora lui ci starà male perché si sentirà in difetto mi sento in colpa
*= ho avuto più fortuna, successo, soddisfazioni, amore, ricchezza, felicità ecc.
- Pertanto, per non sentirsi in colpa, è necessario sminuire o boicottare i propri successi (e quindi
non poterne godere), fare espiazioni o rinunce immotivate, avere paura di essere invidiati ecc.
Questa credenza patogena nasce nelle situazioni traumatiche reali in cui si percepisce che il
proprio successo arrecherà dolore ad una persona cara
esempi: mostrarsi spensierato e soddisfatto della propria vita arrecherebbe dolore ad un genitore che invece è
depresso e fallimentare, quindi io tenderò a non essere gioioso dei miei successi e magari tenderò anche a sabotarli;
genitori che investono molto su un figlio meritevole e bravo, e invece discriminano un fratello meno bravo,
favoriscono, nel figlio meritevole, l’idea che l’essere intelligenti porta ad un danno per gli altri
Alla base vi è un’innata sensibilità umana all’equità, che però in questo caso viene esasperata, in
quanto si associa ad una credenza patogena.
Il senso di colpa da responsabilità onnipotente si riferisce alla credenza per cui, se non mi prendo
cura delle persone care, allora loro soffriranno ed io sarò stato egoista mi sento in colpa
- Pertanto, per non sentirmi in colpa, ho il dovere di preoccuparmi del benessere altrui mettendo
da parte i miei interessi*, perché posso, e se non lo faccio è sbagliato
*= la persona si sacrifica per gli altri: ha difficoltà a dire di no alle richieste e gli inviti altrui e non si pone limiti sul
lavoro e nelle relazioni
Questa credenza patogena nasce nelle situazioni traumatiche reali in cui i genitori fanno sentire i
propri figli responsabili del benessere e della cura della famiglia e quindi formano nel soggetto
l’idea che lui abbia il potere e il dovere di fare del bene alle persone care
esempi: sindrome della crocerossina (essere sempre attenti alle necessità dell’altro; “come stai? tutto apposto? hai
bisogno di qualcosa?”); fare sempre gli straordinari al lavoro, occuparsi sempre delle faccende di casa ecc.
Il senso di colpa da odio di sé si riferisce alla credenza per cui io sento di essere intrinsecamente
inadeguato, di non avere valore e di non meritare niente
- La persona sente un profondo disprezzo nei propri confronti ed è convinta di non meritare la
considerazione, il rispetto e l’amore degli altri nonché la propria felicità.
Questa credenza patogena nasce nelle situazioni traumatiche reali in cui il bambino viene
sistematicamente trascurato o svalutato dai genitori, che gli attribuiscono il ruolo del figlio cattivo,
brutto, imbranato, buono a nulla.
L’odio di sé è una colpa che si prova non per cosa si fa ma per come si è
esempi: la persona mette in atto comportamenti che riflettono e confermano la sua cattiva immagine di sè
I sensi di colpa derivano dalle credenze patogene e come per queste ultime, spingono fortemente la
persona a liberarsene, poiché causano situazioni in cui la persona si ritrova incomprensibilmente ad inibire il
perseguimento dei suoi obiettivi
esempio: il paziente sente una paura immotivata di prendere decisioni importanti sulla sua vita, perché è inconsapevole del
suo senso di colpa da separazione/slealtà
È la consapevolezza di stare male per cose che non si riesce a spiegare che spinge il paziente ad andare in terapia
Allo stesso tempo però, i sensi di colpa possono ostacolare la propria disconferma, causando reazioni
terapeutiche negative in cui, ad esempio, si abbandona la terapia o non la si inizia proprio, per non
dispiacere una madre possessiva o perché si è convinti di non meritare di stare bene.
Per aiutare il paziente a risolvere i suoi problemi, il terapeuta dovrà comprenderne il piano (dovrà
formularlo) e seguirlo, dando così al paziente ciò di cui ha bisogno.
Solitamente è all'inizio di una terapia che il paziente cerca di dare al terapeuta tutte le informazioni necessarie a fargli
capire ciò di cui hai bisogno per stare bene; soltanto dopo inizierà a metterlo alla prova in modo più deciso
Per prevedere in che modo un paziente ci metterà alla prova possiamo ricordarci di come lui si è rapportato a noi nel
corso dei primi colloqui (che ruoli ha attribuito a noi e a lui) e soprattutto “incrociando” i vari tipi di test possibili con le
sue credenze, i traumi a partire dai quali sono state sviluppate e gli obiettivi che vuole perseguire
Le domande più utili per comprendere il piano del paziente sono quelle che vanno ad indagare la
sua storia evolutiva e quelle riguardanti il rapporto con i genitori e fratelli
Alcuni esempi...
- “quali sono le caratteristiche di mamma/papà/fratello che ti fanno soffrire di più? come si manifestano?”
- “quali erano i comportamenti che li facevano stare meglio?”
- “hai mai fantasticato di avere dei genitori diversi? quali erano le caratteristiche di questi altri genitori?”
- “hai altre figure di riferimento positive al di fuori della famiglia? che qualità possiedono rispetto ai familiari?”
Ci sono casi clinici in cui l'atteggiamento del terapeuta si rivela essere l'unico strumento
terapeutico a disposizione, l’unico strumento che il paziente riesce a tollerare
Questo può accadere in particolare con pazienti con grandi fragilità narcisistiche, che hanno alle spalle storie di
umiliazioni e rifiuti costanti subite nel rapporto con genitori, e che quindi legge gli interventi del terapeuta come
ulteriori sottolineatura della sua problematicità (o come tentativi di prevaricazione)
In questi casi l’unico modo che il paziente ha per disconfermare le proprie credenze è il test
osservativo del terapeuta, il quale ha lo scopo di modulare attentamente il suo atteggiamento per
fare sentire rassicurato il paziente, ad esempio rispetto alla paura che lui lo umìli o lo svaluti
Queste terapie sono chiamate “per mezzo dell’atteggiamento”
CAPITOLO 9 – Il coaching
Il coaching behaviour è quell’insieme di comunicazioni, comportamenti e atteggiamenti, più o
meno espliciti, che il paziente mette in atto per comunicare al clinico ciò di cui ha bisogno, cioè il
suo piano inconscio
Il grado di chiarezza del coaching behaviour dipende dal senso di sicurezza percepita dal paziente: un paziente si
arrischierà ad essere più esplicito e diretto col terapeuta solo se si sentirà sufficientemente al sicuro nel farlo.
CAPITOLO 10 – I sogni
Per la Control Mastery Theory, i sogni sono tentativi di adattamento ai problemi del presente
della persona; essi infatti, esprimono più o meno esplicitamente le linee guida su come il paziente
vuole affrontare le sue attuali preoccupazioni* e per questo riflettono il suo piano e sono utili al
terapeuta.
*= es. questioni irrisolte, situazioni difficili, sensi di colpa o credenze patogene
Il motivo per cui la maggior parte dei sogni suscitano sentimenti spiacevoli quindi, è perché essi
sono il tentativo di affrontare un problema.
Sogni di puro piacere ed appagamento di desideri si presentano in genere solo se la persona si sente del tutto
impotente a superare, nella realtà, il problema che sta affrontando, o se si sente del tutto al sicuro, tanto da poter
momentaneamente trascurare le sue preoccupazioni.
Dato anche che la loro costruzione e il loro ricordo/oblio sono funzione della loro utilità e del
criterio della sicurezza vs pericolo, i sogni sono espressione di funzioni mentali superiori inconsce
(contrariamente alla visione di Freud, per cui nel sogno il soggetto non pensa, non ragiona o fa
calcoli perché funziona con un processo primario non adattivo)
Il modello di lettura dei sogni di Weiss si discosta da quello di Freud anche per quanto riguarda il considerare i desideri
infantili rimossi come forza motrice del sogno; per Weiss la forza motrice sarebbe il tentativo di adattarsi alla realtà.
Punti su cui sono concordi invece sono il considerare i residui diurni come costitutivi del testo manifesto, la funzione di
elaborazione dei traumi e il metodo interpretativo basato sulle associazioni e riflessioni che il paziente fa sul sogno.
Un caso che esemplifica questa teoria dei sogni è quello dei 5 soldati americani, finiti prigionieri in
Vietnam, che facevano sogni diversi per adattarsi a vari momenti della loro tragedia (Balson et al.)
- aumentata la preoccupazione della cattura, facevano incubi che raffiguravano proprio la loro cattura (avvertimento)
- essendo stati catturati e avendo perso le speranze, facevano sogni molto vividi di puro appagamento (consolazione)
- una volta liberi e al sicuro, iniziarono a fare i tipici sogni post-traumatici in cui rivivevano il trauma (elaborazione)
(NdA) I sogni sono quindi l’ennesima espressione della motivazione intrinseca delle persone ad affrontare e risolvere i
propri problemi
CAPITOLO 11 – Le fantasie
Per la Control Mastery Theory, le fantasie servono fondamentalmente per adattarsi alla realtà*;
esse possono essere usate per elaborare dei piani o padroneggiare situazioni difficili, oppure per
sentirsi più al sicuro, immaginando situazioni che disconfermano le credenze patogene
*= realtà per come è vissuta dal soggetto, alla luce delle sue credenze patogene e non
Anche le fantasie, come i sogni, sono utili al terapeuta perché danno indizi riguardo al suo piano.
Alle fantasie solitamente le persone non danno molta importanza, poiché non ne influenzano le
percezioni, vita affettiva, motivazioni e comportamento, come invece fanno le credenze patogene.
Tuttavia, Weiss sottolinea come ci siano delle situazioni nelle quali le fantasie assumono grande
rilevanza nella vita del soggetto, poiché riflettono delle credenze disfunzionali:
- quando si pensa che negare la realtà sia meno doloroso rispetto a fronteggiarla
- quando si pensa che distaccarsi dalla realtà e abbandonarsi all’ immaginazione non sia dannoso
- quando si pensa di essere impotenti e di non potere modificare in alcun modo la realtà penosa
che ci troviamo a vivere
LE FANTASIE EROTICHE
Le fantasie erotiche sono quelle di cui le persone si servono per eccitarsi sessualmente.
Per mezzo delle fantasie erotiche infatti, le persone aggirano le proprie credenze patogene, che
non gli permettono di lasciarsi andare all’eccitazione
Sentimenti di colpa, preoccupazioni, vergogna, impotenza e rifiuto sono potenti ostacoli all’eccitazione sessuale
In che modo le fantasie erotiche ci fanno sentire al sicuro riguardo alle nostre credenze patogene?
In “Eccitazione” Michael Bader sostiene che ognuna delle preferenze e fantasie erotiche che le
persone hanno rispetto a caratteristiche personali e fisiche del partner, posizioni sessuali, tipi di
rapporto o scenari particolari, rappresentano un mezzo tramite il quale si creano un senso
inconscio di sicurezza, perché contrastano simbolicamente con una propria credenza patogena.
Alcuni esempi...
- Per disconfermare la mia credenza patogena per cui sento di dovermi preoccupare sempre per
l’altro (senso di colpa da responsabilità onnipotente), faccio una fantasia feticista o zoofila: dato
che l’oggetto sessuale non è umano, non devo preoccuparmi della sua incolumità.
Oppure posso fare una fantasia di violenza, in cui posso osservare che nonostante la mia imposizione (la mia
assertività), l’altro ne è felice e gode.
- Per disconfermare la mia credenza patogena per cui sento di meritare il rifiuto e la svalutazione
(senso di colpa da odio di sé), posso fare una fantasia erotica o avere una preferenza per le
persone più piccole e inesperte, che essendo tali, è difficile che possano rifiutarmi.
Oppure posso fare una fantasia erotica con più partner, così da avere una prova della mia attrattività e valore.
Oppure, se sono una donna, faccio fantasie erotiche oppure ho preferenze per uomini alti, dalle spalle grandi e
superdotati: l’altro può ed è disposto a darmi tanto, senza rifiutarmi
23/5/2019
Gabriele Deitinger
deitinger.1792097@studenti.uniroma1.it