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Assertività

conoscersi e divenire

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Indice
Voci
Assertività 1
Autostima 3
Comportamento 4
Emozione 6
Opinione 8
Ansia 11
Sentimento 18
Empatia 20
Timidezza 28

Note
Fonti e autori delle voci 30
Fonti, licenze e autori delle immagini 31

Licenze della voce


Licenza 32
Assertività 1

Assertività
L'assertività (dal latino "asserere" che significa "asserire"), o asserzione (o anche affermazione di sé), è una
caratteristica del comportamento umano che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le
proprie emozioni e opinioni senza tuttavia offendere né aggredire l'interlocutore.
Secondo gli psicologi statunitensi Alberti ed Emmons, si definisce come «un comportamento che permette a una
persona di agire nel suo pieno interesse, di difendere il suo punto di vista senza ansia esagerata, di esprimere con
sincerità e disinvoltura i propri sentimenti e di difendere i suoi diritti senza ignorare quelli altrui».
Essa si può anche delineare come il giusto equilibrio tra due polarità: da una parte il comportamento passivo,
dall'altra il comportamento aggressivo.

Descrizione
Presupposti necessari per un comportamento assertivo sono:
1. buona immagine di sé (autostima);
2. adeguata comunicazione;
3. libertà espressiva;
4. capacità di rispondere alle richieste e alle critiche;
5. capacità di dare e di ricevere apprezzamenti;
6. capacità di sciogliere i conflitti.
L'autostima è necessaria nella condotta assertiva, poiché chi si vuole bene si relaziona in maniera adeguata con gli
altri, mentre il pensare di non valer nulla impedisce un buon dialogo con sé stessi, finendo così per comportarsi in
maniera o passiva o aggressiva.
Nella comunicazione, le persone assertive fanno spesso uso dei pronomi personali e di verbi incisivi (evitando invece
un utilizzo smodato di "devo" o "dovrei"), non provano difficoltà a manifestare il proprio disappunto verso
l'interlocutore e non mascherano le proprie emozioni. Inoltre tra comunicazione verbale e corporea non c'è
incongruenza, ossia ciò che viene detto a parole è anche quello che viene detto con il corpo. Pare evidente che, così
realizzata, la comunicazione si rivela autentica, franca.
Essenziale a tal fine è la capacità di ascolto: mentre la persona aggressiva giudica e critica e quella passiva è
eccessivamente accondiscendente, quella assertiva è aperta e dà la giusta considerazione a colui che sta parlando. Per
far questo, si serve di "messaggi di ricezione" di ciò che viene detto, parafrasando quello che le viene comunicato e
sintetizzando ciò di cui si sta discutendo. Altro elemento indispensabile è l'empatia, ossia il riuscire a cogliere la
prospettiva dell'interlocutore assumendone il punto di vista.
Alcune delle cause che non permettono lo sviluppo di una condotta assertiva possono essere:
1. il cattivo apprendimento di comportamenti per eventuali condotte non virtuose delle figure familiari;
2. delle esperienze negative che hanno generato ansia;
3. un'educazione troppo rigida che non valorizza la persona e che non le insegna quali sono i suoi diritti;
4. le convinzioni disfunzionali e i pensieri irrazionali.
5. il radicamento nei propri orizzonti soggettivi con conseguente occlusione di vedute molteplici;
L'allenamento assertivo potenzia la capacità di produrre stimoli non verbali. Le principali capacità relazionali non
verbali sono:
1. sincronizzazione;
2. aspetto fisico;
3. osservazione;
4. contatto oculare;
Assertività 2

5. mimica facciale;
6. spazio sociale;
7. tono della voce;
8. gestualità.
Una buona sincronizzazione implica una vivace sensibilità percettiva non verbale: la selezione degli eventi segue la
valutazione e l'analisi della realtà.
L'aspetto fisico comunica qualcosa di noi e quindi è necessario aver presente quali accorgimenti utilizzare in tale
ambito. Esso è particolarmente importante poiché un modo adeguato di presentarsi e comunicare prevede la capacità
di saper indossare l'abito adatto, di non essere eccentrici nel vestirsi oppure trasandati.
L'an-assertivo ha generalmente un'eccessiva preoccupazione centrata su se stesso, di sé di fronte al problema. È
dunque chiara l'importanza di affinare la capacità di osservare per far comprendere al soggetto di non essere solo
osservato ma anche osservatore.
Di massima importanza è altresì il contatto oculare poiché chi osserva l'altro ha un'adeguata percezione della realtà e
demolisce eventuali idee infondate. Mentre con l'assenza del contatto visivo si ha una tendenza alla fuga e
all'evitamento, con il contatto visivo si dimostra una buona comunicazione, quindi esso è condotta ottimale nelle
relazioni.
Una mimica facciale deve invece comprendere che ciò che si comunica a parole sia quello che si esprime a gesti:
un'eventuale contraddizione crea malintesi e ambiguità.
Esiste poi uno spazio sociale per il quale le persone non in maniera casuale si pongono di fronte all'interlocutore. La
persona passiva assume atteggiamenti di chiusura mentre la persona aggressiva comunica invasione e scompostezza.
L'assertivo invece, con la sua postura, dimostra interesse, partecipazione. La direzione del corpo deve essere
orientata verso l'interlocutore, mentre sovente una persona timida è orientata verso la fuga e quella aggressiva verso
la dominazione. Legato allo spazio sociale c'è la visibilità sociale: mentre il timido si mimetizza ed è timoroso (e
dunque è periferico), l'aggressivo dimostra esuberanza dell'azione e il tono della voce è alto. L'assertivo sa scegliere
se sedersi in prima fila, sa scegliere dove collocarsi in maniera serena.
Elemento comunicativo molto espressivo è la voce: in questo caso la persona assertiva ha ricchezza di toni,
modulazioni ed è un bravo oratore, evitando le frequenze elevate. Mentre la persona passiva modula la voce
abbassando l'intensità e la frequenza e riduce la velocità dell'eloquio. Infine le parole sono rafforzate dalla gestualità:
la persona passiva risulta carente nell'usare la gestualità e quella aggressiva irrompe con eccessiva vistosità e
ampiezza. La persona assertiva dimostra invece di saper utilizzare la gestualità in maniera corretta, arricchendo così
la conversazione.

Bibliografia
• Laurent Samuel Affermazione di sé, in Come risolvere da soli i problemi psicologici. 1a ed. Milano, R.C.S. Libri
& Grandi Opere, 1993. pp. 8–13. ISBN 88-454-0603-2. (pubblicato nel periodico mensile "Tascabili Sonzogno" -
Anno V - Numero 67).
• Robert E. Alberti e Michael L. Emmons Essere assertivi. Come imparare a farsi rispettare senza prevaricare gli
altri. Il Sole 24 Ore, 2003.
• Nicola Iannaccone Stop al bullismo. Strategie per ridurre i comportamenti aggressivi e passivi a scuola edizioni
La meridiana, 2005. ISBN 88-89197-29-3
Assertività 3

Voci correlate
• Timidezza

Collegamenti esterni
• Assertività: impariamo ad essere assertivi [1] - Da PsicoCitta.it

Portale Psicologia: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di psicologia

Note
[1] http:/ / www. psicocitta. it/ crescita-personale/ assertivita. php

Autostima
L'autostima è il processo soggettivo e duraturo che porta il soggetto a valutare e apprezzare se stesso tramite
l'autoapprovazione del proprio valore personale fondato su autopercezioni. La parola autostima deriva appunto dal
termine "stima", ossia la valutazione e l'apprezzamento di se stessi e degli altri.

Descrizione

Dimensionalità dell'autostima
Il nostro senso di autostima deriva da: elementi cognitivi ovvero il bagaglio di conoscenze di una persona, la
conoscenza di sé e di situazioni che vengono vissute dal soggetto; elementi affettivi che vanno ad influenzare la
nostra sensibilità nel provare e ricevere sentimenti, che possono essere stabili, chiari e liberanti; elementi sociali che
condizionano l'appartenenza a qualche gruppo e la possibilità di avere un'influenza sul gruppo, di ricevere
approvazione o meno dai componenti di quest'ultimo.
L'autostima ha la caratteristica fondamentale di essere una percezione prettamente soggettiva e, in quanto tale, non
stabile nel tempo ma dinamica e mutevole. Il senso di autostima deriva principalmente dalle relazioni che ogni
persona interiorizza e rielabora, sia le relazioni che vanno verso noi stessi che quelle interpersonali. Da questo deriva
il fatto che le persone influenzano in continuazione il loro senso di autostima e a sua volta sono influenzate da esso.

Studi sull'autostima
Nei vari anni in campo psicologico sono stati portati avanti numerosi studi sull'autostima, un esempio tra questi è la
ricerca di William James (1890/1983) il quale definisce l'autostima come rapporto tra sé percepito e sé ideale; il
primo è la considerazione che un individuo elabora su di sé in base alle caratteristiche che dal suo punto di vista sono
presenti o assenti all'interno della sua vita, il sé ideale è invece l'idea di come vorrebbe essere e del modello di vita
che sta prendendo in considerazione.
Secondo lo studioso la persona percepisce bassa autostima nel momento in cui il suo sé percepito non riesce a
raggiungere il livello del suo sé ideale e quanto più grande è la discrepanza tra i due, tanto più nasce in un soggetto
insoddisfazione (nel caso in cui il sé percepito sia di gran lunga minore) e alto senso di potere e successo (quando il
sé percepito supera di molto il sé ideale).
Si può arrivare a dire che secondo James il senso di autostima derivi dal rapporto tra successo e aspettative, infatti
senza dubbio la maggior parte dei fattori che va a condizionare la creazione del personale livello di autostima
discende dai risultati/esiti delle prove che siamo chiamati ad affrontare quotidianamente nella vita.
Autostima 4

Bibliografia
• Bandura A. (2000) Autoefficacia. Teoria e applicazioni- Edizioni Erickson, Trento 2000
• Menditto M. (2004) Autostima al femminile. Trento: Edizioni Erickson. ISBN 9788879465786
• Miceli M. (1998) L'autostima. Bologna: Il Mulino
• Giusti E. (1995) Autostima. Psicologia della sicurezza di sé. Sovera editore

Voci correlate
• Narcisismo
• Hýbris
• Salute mentale
• Assertività
• Autoefficacia percepita
• Autostima ipertrofica da Paola Bonavolontà
• [[http://www.counselingstyle.it/2009/03/autostima-ipertrofica.html

Altri progetti
• Wikiquote contiene citazioni sulla autostima
• Wikizionario contiene il lemma di dizionario «autostima»

Portale Medicina Portale Psicologia

Comportamento
Il comportamento è il modo di agire e reagire di un oggetto o un organismo messo in relazione con altri oggetti,
organismi, o semplicemente con l'ambiente, che è l'esternazione di un atteggiamento, il quale si basa su una idea o
una convinzione che può essere anche un pregiudizio. Il comportamento può essere conscio o inconscio, volontario o
involontario, ed è collegato al tipo o modello di personalità.

Caratteristiche
Il filosofo Ralph Waldo Emerson identificava il comportamento spontaneo con l'anima della persona: il
comportamento e le maniere di fare come confessioni di chi si è realmente. Il comportamento umano, così come
quello di altri organismi, può essere comune, insolito, accettabile o inaccettabile. Gli uomini valutano l'accettabilità
di un determinato comportamento usando norme sociali e regolando i comportamenti tramite mezzi di controllo
sociale.
Negli animali il comportamento è controllato dal sistema endocrino e da quello nervoso. La complessità del
comportamento di un organismo è legato alla complessità del suo sistema nervoso. Generalmente, organismi con un
sistema nervoso più complesso hanno più grandi capacità di imparare nuove risposte e correggere il loro
comportamento.
Il comportamento animale è studiato in psicologia comparata, etologia, ecologia comportamentale e sociobiologia.
Comportamento 5

Utilizzo del temine in altri ambiti


Oltre che nel contesto della sociologia, il termine viene utilizato in altri ambiti, con diversi significati:
• Nel diritto il comportamento umano può essere preso in considerazione come fatto giuridico, più precisamente
come atto giuridico se è rilevante la sua volontarietà o come mero fatto se, invece, non è rilevante.
• In informatica il comportamento è usato per indicare una costruzione antropomorfica che assegna la "vita" alle
attività effettuate da un computer, da applicazioni informatiche o da codici di computer in risposta agli stimoli,
quale l'input dell'utente. Inoltre "un comportamento" è un blocco riutilizzabile del codice o dello scritto di un
computer che, una volta applicato ad un oggetto (informatica), specialmente grafico, causa in esso la risposta
all'input dell'utente nei modelli espressivi, per funzionare indipendentemente, come se fosse vivo.
• Nella sociologia, il comportamento è considerato come senza senso, non essendo diretto ad altre persone e quindi
la più basilare delle azioni umane. Il comportamento non deve essere confuso con il comportamento sociale, che è
una azione più avanzata, in quanto comportamento diretto specificatamente verso altre persone.

Voci correlate
• Condotta
• Comportamento collettivo degli animali

Altri progetti
• Wikiquote contiene citazioni sul comportamento
• Wikizionario contiene il lemma di dizionario «comportamento»
• Commons [1] contiene immagini o altri file su comportamento [2]

Collegamenti esterni
• Comportamento [3] in «Tesauro del Nuovo Soggettario [4]», BNCF, marzo 2013.

Portale Antropologia Portale Psicologia Portale Sociologia

Note
[1] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Pagina_principale?uselang=it
[2] http:/ / commons. wikimedia. org/ wiki/ Category:Behavior?uselang=it
[3] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/ termine. php?id=2108
[4] http:/ / thes. bncf. firenze. sbn. it/
Emozione 6

Emozione
Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a modificazioni psicofisiologiche, a stimoli interni o esterni,
naturali o appresi.
In termini evolutivi, o darwiniani, la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione
dell'individuo a situazioni in cui si rende necessaria una risposta immediata ai fini della sopravvivenza, reazione che
non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente.
Le emozioni rivestono anche una funzione relazionale (comunicazione agli altri delle proprie reazioni
psicofisiologiche) e una funzione autoregolativa (comprensione delle proprie modificazioni psicofisiologiche). Si
differenziano quindi dai sentimenti e dagli stati d'animo.

Reazioni psicofisiologiche
Secondo la teoria centrale di Cannon-Bard,[1][2] lo stimolo emotigeno, che può essere un evento, una scena,
un'espressione del volto o un particolare tono di voce, viene elaborato in prima istanza dai centri sottocorticali
dell'encefalo, in particolare l'amigdala che riceve l'informazione direttamente dai nuclei posteriori del talamo (via
talamica o sottocorticale) e provoca una prima reazione autonomica e neuroendocrina con la funzione di mettere in
allerta l'organismo. In questa fase l'emozione determina quindi diverse modificazioni somatiche, come ad esempio la
variazione delle pulsazioni cardiache, l'aumento o la diminuzione della sudorazione, l'accelerazione del ritmo
respiratorio, l'aumento o il rilassamento della tensione muscolare.
Lo stimolo emotigeno viene contemporaneamente inviato dal talamo alle cortecce associative, dove viene elaborato
in maniera più lenta ma più raffinata; a questo punto, secondo la valutazione, viene emessa un tipo di risposta
considerata più adeguata alla situazione, soprattutto in riferimento alle "regole di esibizione" che appartengono al
proprio ambiente culturale. Le emozioni, quindi, inizialmente sono inconsapevoli; solo in un secondo momento noi
"proviamo" l'emozione, abbiamo cioè un sentimento. Normalmente l'individuo che prova una emozione diventa
cosciente delle proprie modificazioni somatiche (si rende conto di avere le mani sudate, il battito cardiaco accelerato,
etc.) ed applica un nome a queste variazioni psicofisiologiche ("paura", "gioia", "disgusto", ecc.).
Si possono tuttavia avere delle reazioni emotive, delle quali però si è inconsapevoli, anche in assenza di
modificazioni psicofisiologiche, come è stato proposto dal neuropsicologo Antonio Damasio, attraverso i circuiti del
"come se"[3]. Si può inoltre avere una reazione psicofisiologica ma non essere in grado di connotarla con una
etichetta cognitiva, come nel caso dell'alessitimia.

Caratteristiche delle emozioni


Replicando gli studi compiuti da Charles Darwin nel libro pionieristico "L'espressione delle emozioni negli uomini e
negli animali" (1872), lo psicologo americano Paul Ekman ha confermato che una caratteristica importante delle
emozioni fondamentali è data dal fatto che vengono espresse universalmente, cioè da tutti in qualsiasi luogo, tempo e
cultura attraverso modalità simili[4]. Come suggerisce il titolo del libro di Darwin, anche gli animali provano
emozioni: hanno circuiti neurali simili, hanno reazioni comportamentali simili e le modificazioni psicofisiologiche
da essi sperimentate svolgono le stesse funzioni.
Allo stato attuale non è possibile affermare che gli animali provino anche i sentimenti, perché ciò richiederebbe che
abbiano una forma di coscienza. Ekman, ha analizzato come le espressioni facciali corrispondenti ad ogni singola
emozione interessino gli stessi tipi di muscoli facciali e allo stesso modo, indipendentemente da fattori quali
latitudine, cultura e etnia. Tale indagine è stata suffragata da esperimenti condotti anche con soggetti appartenenti a
popolazioni che ancora vivono in modo "primitivo", in particolare della Papua Nuova Guinea.
L'emozione ha altresì effetto sugli aspetti cognitivi: può causare diminuzioni o miglioramenti nella capacità di
concentrazione, confusione, smarrimento, allerta, e così via. Il volto e il linguaggio verbale possono quindi riflettere
Emozione 7

all'esterno le emozioni più profonde: una voce tremolante, un tono alterato, un sorriso solare, la fronte corrugata
indicano la presenza di uno specifico stato emotivo.

Lo sviluppo delle emozioni


Il neonato evidenzia tre emozioni fondamentali che vengono definite "innate": paura, amore, ira.
Entro i primi cinque anni di vita manifesta altre emozioni fondamentali quali vergogna, ansia, gelosia, invidia.
L'evoluzione delle emozioni consente al bambino di comprendere la differenza tra il mondo interno ed esterno, oltre
a conoscere meglio se stesso.
Dopo il sesto anno di età, il bambino è capace di mascherare le sue emozioni e di manifestare quelle che si aspettano
gli altri da lui.[5]
A questo punto dello sviluppo il bambino deve imparare a controllare le emozioni, soprattutto quelle ritenute
socialmente non convenienti, senza per questo indurre condizioni di disagio psicofisico.[6]

Classificazione delle emozioni


Le emozioni primarie, secondo una recente definizione di Robert Plutchik[7] sono otto, divise in quattro coppie:
• la rabbia e la paura
• la tristezza e la gioia
• la sorpresa e l'attesa
• il disgusto e l'accettazione
Altri autori hanno tuttavia proposto una diversa suddivisione.
Secondo vari autori, dalla combinazione delle emozioni primarie derivano le altre (secondarie o complesse):
• l'allegria
• la vergogna
• l'ansia
• la rassegnazione
• la gelosia
• la speranza
• il perdono
• l'offesa
• la nostalgia
• il rimorso
• la delusione

Aspetti patologici
L'alessitimia è l'incapacità o l'impossibilità di percepire, descrivere e verbalizzare le proprie o le altrui emozioni.

Note
[1] Cannon W.B. (1920) Bodily Changes In Pain Hunger Fear And Rage. Appleton & Co., New York.
[2] Schachter S., Singer J. (1962) Cognitive, Social, and Physiological Determinants of Emotional State. Psychological Review, 69, pp.379-399.
[3] Damasio A., L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano, 1995, ISBN 978-88-459-1181-1
[4] Ekman P., Basic Emotions. In: T. Dalgleish and M. Power (Eds.). Handbook of Cognition and Emotion. John Wiley & Sons Ltd, Sussex, UK,
1999.
[5] Coppola O., Psicologia dello sviluppo ed educazione, Napoli, Ediz. Simone, 1999, pag. 163, ISBN 978-88-244-5228-1
[6] Coppola O., Psicologia dello sviluppo ed educazione, Napoli, Ediz. Simone, 1999, pag. 166, ISBN 978-88-244-5228-1
[7] Plutchik R., The Nature of Emotions (http:/ / www. americanscientist. org/ issues/ feature/ the-nature-of-emotions), American Scientist,
July-August 2001.
Emozione 8

Voci correlate
• Alessitimia
• Disturbi dell'umore
• Sensazione
• Sentimento

Altri progetti
• Wikiquote contiene citazioni di o su emozione
• Wikizionario contiene il lemma di dizionario «emozione»
• Commons (http://commons.wikimedia.org/wiki/Pagina_principale?uselang=it) contiene immagini o altri
file su emozione (http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Emotions?uselang=it)

Collegamenti esterni
• Emozione e somatizzazione (http://www.analisiqualitativa.com/magma/0203/articolo_07.htm) di Sabine
Parmentelot, in Osservatorio Processi Comunicativi - URL consultato il 06-06-2010
• (EN) Cannon-Bard Theory of Emotion (http://changingminds.org/explanations/theories/cannon_bard_emotion.
htm) in Changing Minds.org - URL consultato il 06-06-2010
• L'ambivalenza femminile rispetto alle emozioni maschili (http://www.sublimia.it/uominidonne/
83-ambivalenza-femminle)

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Opinione
Il termine opinione (dal latino opinio, -onis; in greco δόξα, dòxa) genericamente esprime la convinzione che una o
più persone si formano nei confronti di specifici fatti in assenza di precisi elementi di certezza assoluta per stabilirne
la sicura verità. Con la opinione si avanza, spesso in buona fede, una versione personale o collettiva del fatto che si
ritiene vero e, pur non escludendo che ci si possa ingannare, tuttavia lo si valuta come autentico sino a prova
contraria.[1]
In filosofia il concetto di opinione rimanda a due specifici significati[2]:
• ogni conoscenza o credenza che non ha in sé una garanzia di verità accertata (questo è il significato più comune
che si oppone al concetto di scienza dove la validità conoscitiva è sottoposta al vaglio sperimentale);
• qualsiasi asserto basato su una esperienza sensibile, immediata e contingente, che in apparenza si presenti come
teoreticamente vera.
Se il primo significato si trova già accennato in Parmenide (Frammenti, 1, 29-30), il secondo si trova in Platone
(Teeteto, 190 a-c) e in Aristotele (Metafisica, VII, 15, 1039b 31).
Opinione 9

Dalla filosofia antica al pensiero moderno


Nella filosofia antica il termine opinione è reso con δόξα, intendendo con esso una conoscenza incerta opposta alla
conoscenza scientifica (επιστήμη, epistème) più sicura.
Eraclito avverte gli uomini di usare la ragione e di non fidarsi dei sensi che generano l'opinione, una falsa visione
personale della realtà:

« Pur essendo questo logos comune, la maggior parte degli uomini vivono come se avessero una loro propria e particolare
[3]
saggezza.  »

Coloro che si affidano ai sensi sono immersi in un sonno che fa scambiare i sogni con la realtà. Gli "svegli" sanno
invece che devono ricorrere a quel logos che è comune agli uomini e alle cose («Bisogna seguire ciò che è comune»)
permettendoci così di cogliere l'oggettività delle cose.
Riprendendo il pensiero di Eraclito, Hegel riaffermerà la sua polemica nei confronti delle "romantiche
fantasticherie":

« Il sogno è la conoscenza di qualche cosa che so soltanto io; l’immaginazione e simili sono appunto sogni. Similmente il
sentimento è il modo per cui qualche cosa è soltanto per me, e che io ho in me come soggetto particolare; per quanto i
sentimenti siano elevati, quello che io sento è essenzialmente per me, come individuo. Invece nella verità (colta dalla
[4]
ragione) l’oggetto non è immaginario, fatto oggetto soltanto da me, ma è in sé universale.  »

Nel suo Poema sulla natura Parmenide sostiene che la molteplicità e i mutamenti del mondo fisico sono illusori, e
afferma, contrariamente al senso comune, la realtà dell'Essere. Egli narra del suo viaggio verso la dimora della dea
Diche (dea della Giustizia) la quale lo condurrà al «cuore inconcusso della ben rotonda verità». La dea mostra al
filosofo la via dell'opinione, che conduce all'apparenza e all'inganno, e la via della verità che conduce alla sapienza e
all'Essere (τὸ εἶναι, tò èinai).
Vi è anche una opinione comune ritenuta plausibile come quella che viene messa in discussione dai paradossi (dal
greco παρα, "contro" e δόξα, "opinione") di Zenone di Elea che dimostrano come pensare reali il divenire e la
molteplicità, basati sui sensi, porti a conclusioni assurde.
Per Melisso di Samo l'opinione deve essere considerata senza distinzioni erronea poiché si basa sui sensi rivolti alla
molteplicità e quindi incapaci di cogliere l'eternità e immobilità dell'essere unico rivelato dalla ragione.
Una rivalutazione dell'opinione è nei sofisti che ben sanno generarla tramite la parola che affascina e abbatte le
convinzioni dell'interlocutore; nella relatività del sapere nessuno può credere di possedere la verità certa e quindi
tutti siamo portatori di conoscenze opinabili.

« Non solo non esiste una verità assolutamente valida, ma l'unico metro di valutazione diviene l'individuo: per ciascuno è
[5]
vera solamente la propria percezione soggettiva.  »

Concorda con questa concezione il pensiero di Socrate che si differenzia però nel compito etico attribuito al dialogo
inteso come ricerca in comune, e non sopraffazione sofistica, di una verità opinabile ma concordata che va rimessa
sempre in discussione.

« ...tra Socrate e i sofisti esiste un'affinità, nel senso che, per esprimerci schematicamente, sia l'uno che gli altri partivano
da un modo di affrontare i problemi che è un modo, come si suol dire con un termine un po' tecnico, soggettivistico; cioè il
criterio di verità è l'uomo, e non sono le cose. La differenza tra Socrate e i sofisti sta nel fatto che, mentre per i sofisti il
criterio è l'opinione individuale - questa è la tesi di Protagora: "vero è ciò che tale sembra a ciascuno" -, Socrate cercava di
andare oltre questo relativismo e questo individualismo, cercando di scoprire, di fare emergere dalle varie opinioni, dalle
varie scelte, dai punti di vista, un consenso, un accordo, una homologhía, dicevano i greci antichi, che costituisse qualche
[6]
cosa di più stabile, e quindi più vero e più certo, che non le semplici opinioni individuali.  »
Opinione 10

Platone conferma l'identità tra opinione e apparenza e l’opposizione tra l'opinione e la verità ricercata dal filosofo.
L'opinione però non va del tutto rigettata in quanto rappresenta il primo gradino della via verso la verità. Ben diverso
infatti è il possesso della verità tra l'uomo che ama le cose belle (opinione) e colui che ama la bellezza (ἀλήθεια,
aletheia, la verità); il primo giudica la bellezza secondo il proprio gusto soggettivo tramite la sua sensibilità
contingente, mentre il filosofo consegue il concetto del bello valido sempre e per tutti gli uomini. Così nel mito della
caverna gli uomini incatenati rappresentano la condizione comune di coloro che scambiano le ombre (opinione) per
la realtà dei concetti universali.
Nell'età medioevale la fede (πίστις, pistis), che era considerata da Platone come una forma dell'opinione[7], assume
invece il valore di somma verità: «il solo bene che non è fallace e saldo è la fede in Dio.» [8]
Il mondo sensibile viene rivalutato dal pensiero cristiano come creazione di Dio che opera sempre per il bene e
quindi anche l'opinione rivolta al mondo fenomenico assume valore positivo come tale da rivelare nella natura la
manifestazione di Dio.
La tesi aristotelica della validità dell'opinione come premessa alla conoscenza scientifica viene ripresa da Roberto
Grossatesta che nel suo Commentario ai Secondi Analitici distingue fra opinione, intelletto e scienza considerando la
prima come l'accettazione di una verità contingente, materiale e mutevole, ma pur sempre un primo grado del
conoscere portato a conclusione dall'intelletto, principio della scienza, una specie di vista intellettuale (visus
mentalis) che opera tramite una luce spirituale (lumen spirituale).
Nel pensiero rinascimentale con la nuova concezione della natura rivelazione dell'immanenza divina e nella filosofia
dei secoli XVII e XVIII l'opinione sensibile come conoscenza delle proprietà oggettive della realtà apre la strada alla
nuova scienza sperimentale che s'incaricherà da allora in poi di verificare la corrispondenza alla realtà delle opinioni.

Note
[1] Cfr. Enciclopedia Treccani alla voce corrispondente.
[2] Nicola Abbagnano, Dizionario di filosofia, ed. UTET, 1971 (ristampa 1992), ISBN 88-02-01494-9, pp. 637-638.
[3] Frammento 2.
[4] Raffaele Marino, Lassalle e il suo Eraclito: saggio di filosofia egheliana, Le Monnier, 1865 p.184
[5] Fabio Cioffi, I filosofi e le idee, vol I pag.129, ed. B. Mondadori
[6] Gabriele Giannantoni in Emsf (http:/ / www. emsf. rai. it/ scripts/ interviste. asp?d=485#7)
[7] Fabio Ruggiero, La follia dei cristiani: la reazione pagana al cristianesimo nei secoli I-V, Città Nuova, 2002 p.122
[8] Filone di Alessandria, De Abrahamo 268

Bibliografia
• N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, UTET, Torino 1971 (seconda edizione).
• Centro Studi Filosofici di Gallarate, Dizionario delle idee, Sansoni, Firenze 1976.
• Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Milano 1981.

Voci correlate
• Dossografia
• Egocentrismo
• Filosofia
• Giudizio (filosofia)
• Idea
• Opinionista
• Politica
• Pragmatica
• Retorica
Opinione 11

• Sospensione del giudizio


• Verità
• Senso comune
• Opinione pubblica

Altri progetti
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Ansia
L'ansia è uno stato psichico, prevalentemente cosciente, di un individuo caratterizzato da una sensazione di paura,
più o meno intensa e duratura, che può essere connessa o meno a uno stimolo specifico immediatamente
individuabile (interno o esterno) ovvero dunque una mancata risposta di adattamento dell'organismo a una qualunque
determinata e soggettiva fonte di stress per l'individuo stesso.

Caratteristiche
L'ansia è una complessa combinazione di emozioni negative che includono paura, apprensione e preoccupazione, ed
è spesso accompagnata da sensazioni fisiche come palpitazioni, dolori al petto e/o respiro corto, nausea, tremore
interno. Può esistere come disturbo cerebrale primario oppure può essere associata ad altri problemi medici, inclusi
altri disturbi psichiatrici. I segni somatici sono dunque un'iperattività del sistema nervoso autonomo e in generale
della classica risposta del sistema simpatico di tipo "combatti o fuggi".
Si distingue dalla paura vera e propria per il fatto di essere aspecifica, vaga o derivata da un conflitto interiore.
La distinzione con il termine angoscia appartiene solo alle lingue di origine latina, infatti in tedesco il termine usato
sia per ansia sia per angoscia è Angst.

Componenti
L'ansia sembra avere varie componenti di cui una cognitiva, una somatica, una emotiva, una comportamentale [1].
• La componente cognitiva comporta aspettative di un pericolo diffuso e incerto.
• Dal punto di vista somatico (o fisiologico), il corpo prepara l'organismo ad affrontare la minaccia (una reazione
d'emergenza): la pressione del sangue e la frequenza cardiaca aumentano, la sudorazione aumenta, il flusso
sanguigno verso i più importanti gruppi muscolari aumenta e le funzioni del sistema immunitario e quello
digestivo diminuiscono. Esternamente i segni somatici dell'ansia possono includere pallore della pelle, sudore,
tremore e dilatazione pupillare.
• Dal punto di vista emotivo, l'ansia causa un senso di terrore o panico, nausea e brividi.
• Dal punto di vista comportamentale, si possono presentare sia comportamenti volontari sia involontari, diretti alla
fuga o all'evitare la fonte dell'ansia. Questi comportamenti sono frequenti e spesso non-adattivi, dal momento che
sono i più estremi nei disturbi d'ansia. In ogni caso l'ansia non sempre è patologica o non-adattiva: è un'emozione
comune come la paura, la rabbia, la tristezza e la felicità, ed è una funzione importante in relazione alla
sopravvivenza.
Ansia 12

Funzioni e disturbi
Si pensa che i circuiti neurali che coinvolgono l'amigdala e l'ippocampo soggiacciano all'ansia [2]. Quando i soggetti
vengono sottoposti a stimoli spiacevoli e potenzialmente dannosi come odori o gusti ripugnanti, le scansioni PET
eseguite su di loro mostrano flussi sanguigni aumentati nell'amigdala [3]. In questi studi, i partecipanti riportarono
anche un'ansia moderata. Questo potrebbe indicare che l'ansia sia un meccanismo protettivo progettato per prevenire
comportamenti potenzialmente dannosi per l'organismo come nutrirsi di cibo avariato.
Se invece l'ansia ricorre cronicamente e ha un forte impatto sulla vita di una persona si può allora diagnosticare un
disturbo d'ansia. I più comuni sono il disturbo d'ansia generalizzata (DAG), il disturbo di panico (DP), la fobia
sociale, le fobie specifiche, il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) e il disturbo post traumatico da stress (DPTS).

Diagnosi
Una buona anamnesi e una visita medica sono essenziali per la diagnosi iniziale di qualunque disturbo d'ansia per
poter escludere qualunque condizione medica trattabile che potrebbe provocare gli stessi sintomi dell'ansia. Una
storia familiare di disturbi d'ansia o altre malattie psichiatriche rafforza la probabilità di un disturbo d'ansia. Siccome
vi è una forte associazione dell'ansia con altri problemi psichiatrici, compresi l'abuso di sostanze e la depressione, la
visita medica dovrebbe comprendere il controllo della presenza di uso di droghe iniettate intravena e precedenti
episodi di autolesionismo.

Diagnosi per mezzo degli esami del sangue


Nel 2005 un'équipe di ricercatori dell'Hebrew University di Gerusalemme sviluppò un metodo per valutare i disturbi
d'ansia con un esame del sangue. Il gruppo, guidato dal professor Hermona Soreg, decano della facoltà di Scienze
alla Hebrew University, creò un indice che calcolava i livelli ottimali di AChE, BChE e PON in rapporto all'età, alla
BMI e altri fattori rilevantiWikipedia:Uso delle fonti.

Disturbi d'ansia

Disturbo di ansia generalizzato


Il disturbo d'ansia generalizzato è un disturbo cronico comune che interessa due donne per ogni uomo colpito e può
portare a una menomazione considerevole [4]. Come implica il nome, il disturbo di ansia generalizzato è
caratterizzato da una ansia durevole che non è concentrata su un particolare oggetto o situazione. In altre parole è
aspecifica o fluttuante. Le persone che hanno questo disturbo si sentono di temere qualcosa ma sono incapaci di
esprimere specificatamente di che paura si tratti. Temono costantemente e trovano molto difficile controllare le loro
preoccupazioni. A causa della tensione muscolare persistente e le reazioni autonomiche alla paura, possono
sviluppare emicrania, palpitazioni, vertigini e insonnia. Questi disturbi fisici, combinati alla intensa ansia di lunga
durata, rendono difficile il compito di affrontare le normali attività quotidiane.

Disturbo di panico

Per approfondire, vedi Attacchi di panico.

Con il disturbo di panico, una persona soffre di brevi attacchi di terrore e apprensione intensi che causano tremore e
scosse, vertigini e difficoltà respiratorie. Chi è spesso colpito da improvvisi accessi di ansia intensa potrebbe essere
afflitto da questo disturbo. L'APA, cioè American Psychiatric Association (2000), definisce l'attacco di panico come
una paura o disagio che incomincia bruscamente e ha il suo picco in 10 minuti o meno.
Sebbene gli attacchi di panico qualche volta sembrino venire fuori dal nulla, generalmente capitano dopo esperienze
spaventose, stress prolungato o perfino dopo esercizio fisico. Molte persone che hanno attacchi di panico
Ansia 13

(specialmente il primo) pensano di avere avuto un attacco di cuore e spesso finiscono dal loro medico o al pronto
soccorso. Perfino se tutti gli esami risultano nella norma, le persone si preoccupano ancora, con le manifestazioni
fisiche dell'ansia che da sole rinforzano il loro timore che ci sia qualcosa che non vada per il verso giusto nel corpo.
La consapevolezza estrema di qualunque piccola cosa che capita o che cambia nel corpo può produrre dei momenti
stressanti.
I normali cambiamenti nella frequenza cardiaca, come quando si sale una rampa di scale verrà notata da un paziente
di disturbo di panico e lo porterà a pensare che qualcosa non va con il cuore o che sta per avere un altro attacco di
panico. Qualcuno comincia a preoccuparsi eccessivamente e lascia perfino il lavoro o si rifiuta di uscire di casa. Il
disturbo di panico può essere diagnosticato quando diversi attacchi apparentemente spontanei portano l'individuo a
essere preoccupato sui futuri attacchi. Una complicazione comune del disturbo di panico è l'agorafobia, ansia
riguardo l'essere in una situazione da cui la via d'uscita è difficile o imbarazzante [5]. Altre fobie di larga diffusione
sono la claustrofobia, ossia la paura dei luoghi e delle situazioni chiuse, e l'ipocondria, la paura di ammalarsi e/o di
morire.

Fobia

Per approfondire, vedi Fobia.

Questa categoria riguarda una forte e irrazionale paura ed evitamento di un oggetto o situazione. La persona sa che la
paura è irrazionale tuttavia l'ansia rimane. Il disturbo fobico differisce dal disturbo di ansia generalizzata e dal
disturbo da panico perché vi è uno stimolo o situazione specifici che elicita una forte risposta di paura. Si immagini
come ci si sentirebbe a essere talmente spaventati da un ragno da tentare di saltare fuori da un'auto in corsa per
fuggire via da esso. Questo mostra cosa potrebbe sentire una persona che soffre di una fobia.
Le persone che hanno una fobia, hanno anche un'immaginazione particolarmente potente, tanto che anticipano
vividamente conseguenze terrificanti nel caso in cui incontrassero oggetti come coltelli, ponti, sangue, posti chiusi o
certi animali. Questi individui riconoscono che le loro paure sono eccessive e irragionevoli ma sono generalmente
incapaci di controllare la loro ansia. Oltre alle fobie specifiche, come la paura dei coltelli, ratti o ragni, vi è un altro
tipo di fobia, conosciuta con il nome di fobia sociale. Gli individui con questo disturbo sperimentano una paura
intensa di essere valutati negativamente dagli altri o di essere imbarazzati in pubblico a causa di atti impulsivi.
Quasi tutti sperimentano la “paura del palcoscenico” quando parlano o si esibiscono di fronte a un gruppo. Ma le
persone che soffrono di fobia sociale diventano così ansiosi che la performance è fuori questione. Di fatto, la loro
paura del giudizio pubblico e la potenziale umiliazione diventa così pervasiva che la vita normale è impossibile [6].
Un'altra forma di fobia sociale è la “timidezza d'amore” o "ansia da prestazione" che colpisce alcuni uomini. Le
persone colpite si trovano incapaci di cominciare una relazione intima adulta [7].

Disturbo ossessivo-compulsivo

Per approfondire, vedi Disturbo ossessivo-compulsivo.

Il disturbo ossessivo-compulsivo è un disturbo d'ansia caratterizzato da ossessioni e/o compulsioni. Le ossessioni


sono pensieri o immagini angoscianti e ripetitivi che l'individuo spesso considera essere senza senso. Le compulsioni
sono comportamenti ripetitivi che la persona si sente costretta a compiere per alleviare l'ansia. Un esempio sarebbe
l'ossessione di pulizia estrema e la paura di contaminazione che può portare alla compulsione di lavarsi le mani
centinaia di volte al giorno. Un altro esempio può essere l'ossessione che la propria porta sia non chiusa a chiave, che
può portare al costante controllare e ricontrollare le porte.
Ansia 14

Trattamento
La terapia d'elezione per l'ansia consiste nella prescrizione di farmaci ansiolitici e/o psicoterapia breve basata su
tecniche cognitive e comportamentali. Una combinazione delle due può essere più efficace di una delle due presa da
sola. Nondimeno, essendo l'ansia la manifestazione emergente di conflitti psicologici più o meno consapevoli, la
psicoterapia d'elezione può essere una psicoterapia che indaghi tali conflitti e li metta sotto il controllo della
coscienza. In questo senso si mostrano particolarmente adeguate le psicoterapie psicodinamiche.

Terapia farmacologica
I sintomi acuti dell'ansia sono spesso controllati con farmaci ansiolitici come le benzodiazepine. Il diazepam
(valium) era uno dei primi farmaci di questo tipo. Oggi vediamo una vasta serie di farmaci anti-ansia che sono basati
su benzodiazepine, sebbene solo due sono state approvate per gli attacchi di panico, Klonopin e Xanax. Tutte le
benzodiazepine provocano assuefazione e l'uso prolungato dovrebbe essere attentamente monitorato da un medico. È
molto importante che una volta messo a regime l'uso regolare di benzodiazepine, l'utente non interrompa la cura
bruscamente.
Alcuni dei SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inhibitors) sono stati usati con vari gradi di successo per curare
pazienti che hanno ansia cronica, i migliori risultati si sono visti con quelli che esibiscono sintomi di depressione
clinica e contemporaneamente un disturbo di ansia generalizzata. I beta-bloccanti vengono anche usati per curare i
sintomi somatici associati con l'ansia, specialmente l'insicurezza della "paura del palcoscenico".
Molti studiosi credono che le benzodiazepine e altri farmaci anti-ansia siano eccessivamente prescritti e portino
potenzialmente assuefazione. Il fatto che la classe delle benzodiazepine porti dipendenza diventò chiaro nella metà
degli anni sessanta, quando il Valium (diazepam, la prima benzodiazepina approvata dalla Food and Drug
Administration), portò rapidamente migliaia di persone a sviluppare i sintomi classici della dipendenza quando
veniva usato costantemente per più di una settimana o due.

Psicoterapia cognitivo-comportamentale
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è una delle più diffuse psicoterapie fra le psicoterapie brevi per la cura
dell'ansia. L'obiettivo del terapeuta cognitivo-comportamentale è di ridurre il comportamento di evitamento e aiutare
il paziente a sviluppare abilità di coping (fronteggiare le situazioni). Questo può comportare:
• Sfidare credenze false o auto-lesionistiche
• Sviluppare la sostituzione di pensieri negativi
• Desensibilizzazione sistematica (usata principalmente per l'agorafobia e le fobie specifiche)
• Fornire conoscenza al paziente che lo aiuterà a fronteggiare le situazioni (per esempio se qualcuno soffre di
attacchi di panico, gioverà l'informazione che le palpitazioni in sé stesse, anche se rapide e prolungate sono del
tutto innocue).
Bisognerebbe notare che, al contrario delle prescrizioni mediche, l'efficacia della terapia cognitivo-comportamentale
dipende da vari fattori soggettivi come la competenza del terapeuta. Oltre alla terapia convenzionale, vi sono dei
programmi cognitivo-comportamentali che i pazienti possono svolgere a casa come parte della loro cura.
Ansia 15

Altre strategie
Una varietà di integrazioni e farmaci senza ricetta sono anche usati per le loro presunte proprietà ansiolitiche, anche
se vi sono poche prove che sostengono queste affermazioni. Alcuni ritengono che certe erbe abbiano principi attivi
che svolgono funzione ansiolitica, quali la radice di valeriana o la camomilla.
Alcune attenzioni a sé stessi e le tecniche di rilassamento giocano un ruolo importante nell'alleviare i sintomi
dell'ansia. Per esempio:
• Una dieta appropriata – Questo comprende la riduzione del consumo di caffeina, zucchero e, in generale, un
miglioramento delle abitudini alimentari. La riduzione della caffeina dovrebbe essere graduale. Alcuni che
soffrono di ansia riferiscono riduzioni considerevoli nella loro ansia semplicemente prendendo queste misure.
• Consapevolezza corporea - Riuscire a cogliere, interpretare e gestire le modifiche fisiologiche dell'organismo,
attraverso un training appropriato e migliorando la relazione mente-corpo-emozioni con la Terapia Bioenergetica.
• Esercizio fisico – Si pensa che un po' di esercizio allevi lo stress. Chi soffre d'ansia dovrebbe notare che le
palpitazioni di cuore durante l'esercizio fisico possono scatenare un attacco di panico quindi, probabilmente, è
meglio sviluppare gradualmente un esercizio di routine all'interno di un programma cognitivo-comportamentale.
• Ridere
• Tecniche di respirazione.
• Sonno appropriato.
• Tecniche di rilassamento – Uno stato di rilassamento può essere raggiunto con l'aiuto di registrazioni di
auto-ipnosi, training autogeno, yoga, meditazione. Ci sono una serie di libri specializzati nella gestione dello
stress.
• Gestione dello stress – Questo può comportare cambiamenti nello stile di vita e nella gestione del tempo. Ci sono
un numero di libri specializzati nello stress management.
• Strategie per affrontare gli attacchi di panico. Strategie specifiche per trattare con gli attacchi di panico, come una
tecnica di respirazione adatta.
• Gruppi di auto-mutuo aiuto (AMA): si basano sul modello dei gruppi alcolisti anonimi di matrice americana, con
l'incontro di persone sofferenti lo stesso disagio in un luogo neutro con cadenza settimanale. Studi scientifici
dimostrano che la dinamica di gruppo può sviluppare, grazie al confronto tra soggetti che si riconoscono nella
identica situazione di sofferenza, un miglioramento dei sintomi e dei malesseri. Anche in Italia vi sono
associazioni che hanno sviluppato le tecniche terapeutiche dell'auto mutuo aiuto (AMA) nel settore dell'ansia e
dei disagi psichici correlati come agorafobia, attacchi di panico, ecc.
• La ricerca del significato e dello scopo – L'ansia generalizzata residua può essere il risultato di una specie di noia
dell'esistenza. Alcuni studi raccomandano di cercare un'occupazione che il paziente trovi significativa.
Le bevande alcoliche sono probabilmente le sostanze più usate per i tentativi di autoalleviamento dell'ansia, ma con
importanti conseguenze negative. Coloro i quali soffrono d'ansia devono infatti essere messi in guardia sul fatto che
l'alcol è anche un potente depressivo, e crea una pletora di effetti collaterali gravi e pericolosi, oltre a provocare
assuefazione e dipendenza.
Ansia 16

Psicoterapia
È stato dimostrato che la psicoterapia è più efficace di ogni altro tipo di terapia da sola nell'alleviare i disturbi
dell'ansia e ridurre le sue conseguenze sull'organismo.
Le psicoterapie possibili sono diverse, per esempio:
1. Psicoterapia della Gestalt
2. Psicoterapia Corporea e Analisi Bioenergetica
3. Psicoterapia ericksoniana
4. Psicoterapia cognitivo-comportamentale
5. Psicoanalisi o altri tipi di terapia psicodinamica
6. Psicoterapia sistemico-relazionale
7. Psicoterapia Umanistica e Transpersonale

Interpretazione psicoanalitica classica


Secondo l'interpretazione psicoanalitica classica di stampo pulsionalista, l'ansia viene definita un "sintomo-segnale",
intorno al quale si struttura il conflitto nevrotico caratterizzato dalla presenza di pulsioni e affetti che vorrebbero
essere soddisfatti, ma che sono contrastati dai meccanismi di difesa dell'Io. Le pulsioni sono vissute come proibite e
quindi ritenute pericolose. L'ansia è il segnale di pericolo avvertito dall'Io, e i sintomi equivalgono sia al tentativo di
rinnegamento del desiderio proibito sia a un suo mascherato progetto di realizzazione. Il soggetto spesso ignora il
contenuto delle pulsioni rimosse, ed è quindi indotto a trasferire fuori dal suo Sé psichico, e quindi nel mondo
esterno o nel corpo fisico, ciò che invece investe il suo mondo psichico.

Ansia da esami
L'ansia da esami è l'inquietudine, l'apprensione o il nervosismo sentito dagli studenti che hanno paura di fallire un
esame. Gli studenti che soffrono ansia da esami possono provare: l'associazione tra i voti e il valore personale, essere
imbarazzati da un insegnante, frequentare una classe che supera le proprie possibilità, la paura dell'alienazione da
parenti o amici, la pressione del tempo o la sensazione di perdita di controllo. Nell'ansia possono essere presenti
componenti emotive, cognitive, comportamentali e fisiche. Sono comuni sudorazione, vertigini, emicrania,
tachicardia, nausea, giocherellare nervosamente e tamburellare su un piano. Un livello di attivazione ottimale è
necessario per completare al meglio un compito come un esame; comunque, quando l'ansia o il livello di attivazione
eccede quello ottimale, il risultato è un declino della performance.

Note
[1] Seligman, Walker & Rosenhan, 2001
[2] Rosen & Schulkin, 1998
[3] Zald & Pardo, 1997; Zald, Hagen & Pardo, 2002
[4] Brawman-Mintzer & Lydiard, 1996, 1997
[5] Craske, 2000; Gorman, 2000
[6] den Boer 2000; Margolis & Swartz, 2001
[7] Gilmartin 1987
Ansia 17

Bibliografia
• Borgna, E. "Le figure dell'ansia", Feltrinelli, Milano 1997.
• Bourne, E. J. Anxiety and phobia workbook
• Rosen, J.B. & Schulkin, J. (1998): From normal fear to pathological anxiety - Psychological Review. 1998:
105(2); 325-350.
• Seligman, M.E.P., Walker, E.F. & Rosenhan, D.L. (2001). Abnormal psychology, (4th ed.) New York: W.W.
Norton & Company, Inc. 2001.
• Zald, D.H., Hagen, M.C. & Pardo, J.V. (2002). Neural correlates of tasting concentrated quinine and sugar
solutions - J. Neurophysiol. 87(2), 1068-75.
• Zald, D.H. & Pardo, J.V. (1997). Emotion, olfaction, and the human amygdala: amygdala activation during
aversive olfactory stimulation - Proc Nat'l Acad Sci USA. 94(8), 4119-24.

Altri progetti
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• Wikibooks contiene testi o manuali sull'ansia
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Collegamenti esterni
• Ansia (http://www.dmoz.org/World/Italiano/Salute/Mentale/Disturbi_della_Psiche/Ansia/) in «Open
Directory Project», Netscape Communications. ( Segnala (http://www.dmoz.org/public/suggest?cat=World/
Italiano/Salute/Mentale/Disturbi_della_Psiche/Ansia/) su DMoz un collegamento pertinente all'argomento "Ansia")
• Ansia da Prestazione Sessuale (http://www.ansia-da-prestazione-sessuale.it)

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Sentimento 18

Sentimento
Con il termine sentimento (derivato dal latino sentire, percepire
con i sensi) si intende una condizione cognitivo-affettiva che dura
più a lungo delle emozioni e che ha una minore incisività rispetto
alle passioni. Per sentimento genericamente si indica ogni forma di
affetto: sia quella soggettiva, cioè riguardante l'interiorità della
propria individuale affettività, sia quella rivolta al mondo esterno.

Quando il termine viene usato nel significato di "senso


(sentimento) di sé" esprime la coscienza della propria esistenza
come complesso dei moti spirituali e corporei.

Filosofia
Sensibile, scultura di Miquel Blay (1910)
Il sentimento nel romanticismo
Nell'età romantica il sentimento diventa la facoltà di cogliere l'infinito sia in senso lirico (Friedrich Schlegel,
Friedrich Hölderlin) che religioso. Il sentimento va distinto dal sentimentalismo, un piagnucoloso ripiegamento su se
stesso di chi si compiace della propria fragilità. Il sentimento viene visto da Schelling per un verso come una
particolare intuitiva dote dell'artista e del genio, assolutamente libera e potenziatrice della loro naturale ispirazione e
creatività. Secondo Hegel invece solo la funzione mediatrice della ragione è capace di cogliere il vero mentre gli
strumenti "immediati" come l'intuizione, il sentimento e la fede, vengono messi da parte come "romantiche
fantasticherie".

Elenco dei sentimenti


• Frustrazione
• Gratificazione
• Simpatia
• Amicizia
• Affetto
• Amore
• Odio
• Rabbia
• Pietà
• Gelosia
• Invidia
• Noia
• Indifferenza
• Nostalgia
• Saudade
• Malinconia
• Tristezza
• Angoscia
• Agape
• Lutto
Sentimento 19

• Pentimento
• Perdono
• Compassione
• Fiducia
• Vergogna
• Ammirazione
• Stima
• Dissenso
• Onore
• Dignità
• Devozione
• Filantropia
• Misantropia
• Misoginia
• Misandria
• Riconoscenza
• Rivalsa
• Entusiasmo
• Orgoglio
• Indignazione

Note

Bibliografia
• Adam Smith, Teoria dei sentimenti morali,BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1995
• M. Scheler, Libro Essenza e forme della simpatia, Franco Angeli, Milano 2010
• Giuseppe Lorizio, Teologia fondamentale, Volume 3, Città Nuova, 2005
• Elio Franzini, Filosofia dei sentimenti,Pearson Paravia Bruno Mondadori, 1997

Voci correlate
• Percezione
• Sensazione
• Impressione
• Emozione
• Passione

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Empatia 20

Empatia
L'empatia è la capacità di comprendere appieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore.
Empatia significa sentire dentro[1] ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana ed animale. Si tratta di un
forte legame interpersonale e di un potente mezzo di cambiamento. Il concetto può prestarsi al facile riduttivismo
mettersi nei panni dell’altro, mentre invece significa andare non solo verso l’altro, ma anche portare questi nel
proprio mondo. Essa rappresenta, inoltre la capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e
gli stati d'animo di un'altra persona. L'empatia è dunque un processo: essere con l'altro[2]. L’empatia costituisce un
modo di comunicare nel quale il ricevente mette in secondo piano il suo modo di percepire la realtà per cercare di far
risaltare in sé stesso le esperienze e le percezioni dell'interlocutore. È una forma molto profonda di comprensione
dell'altro perché si tratta d'immedesimazione negli altrui sentimenti. Ci si sposta da un atteggiamento di mera
osservazione esterna (di come l'altro appare all'immaginazione) al come invece si sente interiormente (in quei panni,
con quell'esperienza di vita, con quelle origini, cercando di guardare attraverso i suoi occhi).

Concetto
La parola deriva dal greco "εμπαθεία" (empatéia, a sua volta composta da en-, "dentro", e pathos, "sofferenza o
sentimento"),[3] che veniva usata per indicare il rapporto emozionale di partecipazione che legava l'autore-cantore al
suo pubblico.
Il termine "empatia" è stato equiparato a quello tedesco Einfühlung.[4] Coniato, quest'ultimo, dal filosofo Robert
Vischer (1847-1933) e, solo più tardi, tradotto in inglese come empathy. Vischer ne ha anche definito per la prima
volta il significato specifico di simpatia estetica. In pratica il sentimento, non altrimenti definibile, che si prova di
fronte ad un'opera d'arte. Già suo padre Friedrich Theodor Vischer aveva usato il termine evocativo einfühlen per lo
studio dell'architettura applicato secondo i principi dell'Idealismo.[5]
Nelle scienze umane, l'empatia designa un atteggiamento verso gli altri caratterizzato da un impegno di
comprensione dell'altro, escludendo ogni attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e ogni giudizio morale.
Fondamentali, in questo contesto, sia gli studi pionieristici di Darwin sulle emozioni e sulla comunicazione mimica
delle emozioni, sia gli studi recenti sui neuroni specchio scoperti da Giacomo Rizzolatti, che confermano che
l'empatia non nasce da uno sforzo intellettuale, è bensì parte del corredo genetico della specie. Si vedano al proposito
anche gli studi di Daniel Stern.
Nell'uso comune, empatia è l'attitudine a offrire la propria attenzione per un'altra persona, mettendo da parte le
preoccupazioni e i pensieri personali. La qualità della relazione si basa sull'ascolto non valutativo e si concentra sulla
comprensione dei sentimenti e bisogni fondamentali dell'altro.
Il contrario di 'empatia' è 'dispatia' ovvero l'incapacità o il rifiuto di condividere i sentimenti o le sofferenze altrui; il
vocabolo 'dispatia' non è inserito nei comuni vocabolari ma è utilizzato nei testi di alcuni autori.
In medicina l'empatia è considerata un elemento fondamentale della relazione di cura (ad esempio la relazione
medico-paziente) e viene talvolta contrapposta alla simpatia: quest'ultima sarebbe un autentico sentimento doloroso,
di sofferenza insieme (da syn- "insieme" e pathos "sofferenza o sentimento") al paziente e sarebbe quindi un ostacolo
ad un giudizio clinico efficace; al contrario l'empatia permetterebbe al curante di comprendere i sentimenti e le
sofferenze del paziente, incorporandoli nella costruzione del rapporto di cura ma senza esserne sopraffatto (questo
tipo di distinzione non è condiviso da tutti, vedi alla voce simpatia). Sono state anche messe a punto delle scale per la
misurazione dell'empatia nella relazione di cura, come la Jefferson Scale of Physician Empathy. L'empatia nella
relazione di cura è stata messa in relazione a migliori risultati terapeutici (outcome), migliore soddisfazione del
paziente e a minori contenziosi medico-legali tra medici e pazienti.[6]
La nozione di empatia è stata oggetto di numerose riflessioni da parte di intellettuali come Edith Stein, Antoine
Chesì, Max Scheler, Sigmund Freud o Carl Rogers.
Empatia 21

Il merito dell'introduzione del principio di empatia in psicoanalisi è principalmente dovuto a Heinz Kohut[7]. Il suo
principio è applicabile al metodo di raccolta del materiale inconscio[8]. Anche l'alternativa all'applicazione del
principio rientra nelle possibilità di cura, quando è ineludibile la necessità di fare i conti con un altro principio,
quello di realtà.
Per le sue origini l'empatia ha ragione di essere nell'arte e nelle sue applicazioni. In maniera particolare quando l'arte
utilizza le parole per la narrazione. In questo caso non solo è mantenuto il rapporto con la psicologia, ma si ampliano
le sue possibilità di intervento. Non tutti possono scolpire o dipingere, ma parlando se non scrivendo qualcosa lo
possono raccontare molti. Allora la produzione si sviluppa nel verso artista-psicologo-individuo. Non sono escluse
possibilità per i disabili, privilegiando la relazione artista-individuo con la mediazione più cauta dello psicologo.
Quest'ultimo non può suggerire all'individuo un percorso di emulazione. Il che non impedisce che l'individuo
disabile possa diventare artista a sua volta. A cambiare è la posizione dello psicologo che deve solo rendere possibile
la fusione dei vissuti dell'artista con quelli dell'individuo. Di certo lo psicologo dovrebbe mantenere entro limiti
accettabili la complessità dell'intervento. Senza che per questo il disabile o l'arte abbiano a soffrirne, anzi si potrebbe
dire il contrario.
Il libro di Geoffrey Miller The mating mind difende il punto di vista secondo il quale

« l'empatia si sarebbe sviluppata perché mettersi nei panni dell'altro per sapere cosa pensa e come reagirebbe costituisce un
importante fattore di sopravvivenza in un mondo in cui l'uomo è in continua competizione con gli altri uomini. »

L'autore spiega inoltre che la selezione naturale non ha potuto che rinforzarla, poiché influiva sulla sopravvivenza e
che alla fine si è sviluppato un sentimento umano che attribuiva una personalità praticamente a tutto ciò che la
circondava. Si vede in questo un'origine probabile dell'animismo e più tardi del panteismo.
L'empatia è anche il cuore del processo di comunicazione non violenta secondo Marshall Rosenberg, allievo di Carl
Rogers.
Grande interesse è stato posto nella ricerca di corrispondenze biologiche per l'empatia[9]. Sono stati valutati allo
scopo i cosiddetti "neuroni-specchio", attraverso diagnostica per immagini del tipo fRMN [10]. Queste cellule si
attivano sia quando un'azione viene effettuata da un individuo sia quando questo stesso individuo osserva la stessa
azione effettuata da un altro individuo; questo fenomeno è stato in particolare osservato in alcuni primati[11]
Analogamente negli uomini si attiva la medesima area cerebrale nel corso di un'emozione e osservando altre persone
nel medesimo stato emozionale[12]. Vi sono altre segnalazioni analoghe[13], anche in psicopatologia[14].
Molti si aspettano dalla biologia una spiegazione definitiva di questa materia. Creature differenti sembrano possedere
lo stesso numero di geni. Il genere umano è tuttavia peculiare nel mondo vivente. Sappiamo che la funzione del RNA
non consiste solo nella produzione di proteine sotto la guida del DNA. L'RNA ha proprietà di regolazione e
programmazione su crescita e funzione cellulare. Il complicato meccanismo d'azione non è del tutto noto e potrebbe
spiegare la differente complessità degli esseri viventi. Al riguardo l'impressione è che la biologia sia ancora priva di
conoscenze complete.[15] L'empatia in questione coinvolge troppo ampiamente sviluppo e funzione psichica perché
questo orientamento di ricerca trovi una conferma in esclusiva. Alternativamente si può fare conto su conoscenze
disponibili in altre discipline.

Distinzione tra empatia positiva ed empatia negativa


Con empatia positiva si intende la capacità del soggetto di partecipare pienamente alla gioia altrui; si tratta di un
con-gioire e di un saper perciò cogliere la gioia altrui, avendo coscienza della felicità da lui provata. In questo senso
l’empatia in termini positivi può essere collegata, in generale a simpatia. La gioia colta attraverso la simpatia è però
diversa, rispetto al contenuto, dalla gioia colta tramite l’empatia. Nel primo caso, infatti sarà una gioia non-originaria
e quindi meno intensa e durevole rispetto a colui che si presenta più prossimo a questa gioia; mentre nel secondo
caso, la gioia colta tramite l’empatia sarà di tipo originario, in quanto il contenuto di ciò che viene provato
empatizzando con l’altro avrà lo stesso contenuto, anche se solo un altro modo di datità[16].
Empatia 22

Con empatia negativa si concepisce l’esperienza di colui che non riesce a empatizzare rispetto alla gioia altrui,
trasferendo nel proprio vissuto originario le sue emozioni. Ciò accade in quanto qualcosa il lui si oppone;
un’esperienza presente o passata o la stessa personalità della persona fungono, infatti,da barriera alla sua capacità di
cogliere la gioia altrui. L’esempio potrebbe essere quello della perdita di una persona cara, che impedisce
all’individuo di far emergere una simpatia verso la gioia dell’altro e quindi di condividerla. In questo caso, infatti, il
triste evento e i sentimenti di altrettanto tipo che ne derivano fanno sorgere un conflitto, in quanto l’io si sente diviso
tra due parti: vivere della gioia altrui o rimanere nella tristezza che quanto accaduto determina[17].

Origini del termine


Il termine empatia è stato coniato da Robert Vischer, studioso di arti figurative e di problematiche estetiche, alla fine
dell'Ottocento. Tale termine nasce perciò all'interno di un contesto legato alla riflessione estetica, ove con empatia
s'intende la capacità della fantasia umana di cogliere il valore simbolico della natura[18]. Vischer concepì questo
termine come capacità di sentir dentro e di con-sentire[19], ossia di percepire la natura esterna, come interna,
appartenente al nostro stesso corpo. Rappresenta quindi la capacità di proiettare i sentimenti da noi agli altri e alle
cose, che percepiamo.
Il termine empatia verrà utilizzato da Theodor Lipps, il quale lo porrà al centro della sua concezione estetica e
filosofica, considerandolo quale attitudine al sentirsi in armonia con l'altro, cogliendone i sentimenti, le emozioni e
gli stati d'animo, e quindi in piena sintonia con ciò che egli stesso vive e sente.

I diversi approcci

Approccio cognitivo e affettivo


Secondo un approccio prettamente affettivo, l’empatia sarebbe un evento di partecipazione/condivisione del vissuto
emotivo dell’altro, seppure in modo vicario.
Psicoterapeuti, e psicoanalisti già dall’inizio del secolo scorso, avevano dato maggiore rilievo al ruolo che l’empatia
gioca nelle relazioni interpersonali. In particolare, per chi per primo si è avventurato nello studio dell’empatia,
inserendola nell’ambito della psicologia sociale, essa è imitazione spontanea di gesti e posture osservate negli altri, e
quindi condivisione dei loro vissuti; d’altro canto per alcuni psicoanalisti, empatizzare significa provare quello che
prova l’altro, dando motivo al soggetto di capire ciò che prova egli stesso. Secondo invece la natura di tipo cognitivo
l’empatia è considerata la capacità di comprendere il punto di vista dell’altro. Per i cognitivisti, a partire dagli anni
’60, empatizzare con qualcuno significa comprendere i suoi pensieri, le sue intenzioni, riconoscere le sue emozioni
in modo accurato e riuscire a vedere la situazione che sta vivendo dalla sua prospettiva[20], pur non negando che vi
sia anche una piccola partecipazione dell’emotività che entra in gioco, ma considerandola come un epifenomeno
cognitivo. Dagli anni ’80, empatizzare significa provare un’esperienza di condivisione emotiva e di comprensione
dell’esperienza dell’altro, dando quindi spazio ad una componente affettiva ed una cognitiva, in modo tale che esse
possano coesistere nel processo empatico. Questa nuova idea di vedere il fenomeno, fa riferimento ai modelli
multifattoriali (o multidimensionali) dell’empatia. Malgrado alcuni distinguano due tipi diversi di empatia (cognitiva
e emozionale), come A. Mehrabian (1997), vi sono altri studiosi, come N.D. Feshbach, la quale considera l’empatia
come un costrutto multicomponenziale. In essa vi è un incontro affettivo (affect match), in cui però si prova certezza
nel fatto che ciò che si prova è ciò che prova anche l’altro (condivisione vicaria). Vi è quindi un’integrazione delle
due componenti affettiva e cognitiva.
Empatia 23

Approccio psicoanalitico
Secondo Nancy Mc Williams l’empatia è uno strumento non solo utile, ma necessario allo psicoanalista di
professione per percepire ciò che il paziente prova dal punto di vista emotivo. Capita spesso infatti, che vi siano
molti terapeuti che si lamentino di essere poco empatici nei confronti dei propri pazienti, ma in realtà questa loro
insicurezza, paura e spesso ostilità verso la clientela, è provocata da affetti poco positivi, che scaturiscono proprio
dal loro elevato livello di empatia, il quale permette di entrare talmente nello stato del paziente, da sentirne i
sentimenti, a tal punto da confondere i propri con quelli degli altri. Gli affetti dei pazienti quindi, molte volte
causano una sofferenza talmente grande allo stesso terapeuta, che a lui risulta difficile indurre negli stessi risposte di
uguale intensità. Tutto ciò in realtà è molto positivo, perché in questo modo l’infelicità del paziente diventa percepita
in maniera sincera e genuina. Non è quindi frutto di una meccanismo dettato dalla mera compassione professionale,
ma tenendo conto dell’unicità della persona si entra autenticamente a far parte del suo vissuto emotivo.

Approccio interculturale ed empatia interculturale


L'empatia interculturale rappresenta la capacità di percepire il mondo come esso viene percepito da una cultura
diversa dalla propria. Ad esempio, quale sia la diversa concezione della morte nella cultura Italiana rispetto a quella
Indiana (utile per capire come essa generi diversi rituali e comportamenti che altrimenti non troverebbero
spiegazione), quale sia l'approccio verso il tempo (scadenze, precisione temporale, prospettiva temporale) in una
cultura Nord- Europea o Latina (e quindi come regolarsi nei casi di comunicazione interculturale, mantenendo
efficacia anche all'interno di una cultura diversa), come negoziare con persone e organizzazione di culture diverse, e
essere capaci di integrare ogni possibile differenza nella propria strategia comunicativa. La letteratura in materia
distingue quattro livelli di empatia (Trevisani, 2005) che qualificano le dimensioni utili per applicare una
componente empatica sul piano interculturale:
• "Empatia comportamentale: capire i comportamenti di una cultura diversa e le loro cause, capire il perché del
comportamento e le catene di comportamenti correlati.
• Empatia emozionale: riuscire a percepire le emozioni vissute dagli altri, anche in culture diverse dalle proprie,
capire che emozioni prova il soggetto (quale emozione è in circolo), di quale intensità,quali mix emozionali vive
l’interlocutore, come le emozioni si associano a persone, oggetti, fatti, situazioni interne o esterne che l’altro vive.
• Empatia relazionale: capire la mappa delle relazioni del soggetto e le sue valenze affettive nella cultura di
appartenenza, capire con chi il soggetto si rapporta volontariamente o per obbligo, con chi deve rapportarsi per
decidere, lavorare o vivere, quale è la sua mappa degli “altri significativi”, dei referenti, degli interlocutori, degli
“altri rilevanti” e influenzatori che incidono sulle sue decisioni, con chi va d’accordo e chi no, chi incide sulla sua
vita professionale (e in alcuni casi personale).
• Empatia cognitiva (o dei prototipi cognitivi): capire i prototipi cognitivi attivi in un dato momento del tempo in
una certa cultura, le credenze di cui si compone, i valori, le ideologie, le strutture mentali che il soggetto
culturalmente diverso possiede e a cui si ancora" (Trevisani, 2005)
Empatia 24

Educazione

Genitori e attaccamento
Già M. L. Hoffman dà rilievo all’empatia, come qualcosa che compare nella consapevolezza del bambino fin dai
primi anni di vita. Madre e padre dovrebbero imparare anch’essi ad essere soggetti empatici, soprattutto tramite la
sensibilità e non la punizione. Dovrebbero quindi educare ai valori dell’ altruismo, dell’apertura verso il prossimo, in
modo tale che il figlio impari a capire e condividere il punto di vista degli altri.
In generale, secondo John Bowlby, esiste la cosiddetta teoria dell’attaccamento, per la quale il legame relazionale che
si crea tra il bimbo e le figure adulte (caregivers), che si prendono cura di lui, è innato. Inoltre tale legame può essere
spiegato ricorrendo alla teoria evoluzionistica, secondo la quale il piccolo può sopravvivere più facilmente se vicino
a qualcuno che lo protegge dai pericoli e gli è vicino nei momenti felici e in quelli di difficoltà.
Secondo J. Elicker, M.Englund e L. A. Stroufe, le figure adulte di attaccamento, non solo favoriscono al bambino
aspettative sociali positive, ma inoltre fa sì che si rinforzi l’autostima del bambino assieme all’immagine che egli ha
di sé.

A scuola
Presupposto essenziale dell’educazione è la trasmissione di un messaggio dal contenuto relazionale-affettivo, perché
solo con un clima positivo e di fiducia reciproca c’è un incremento dell’apprendimento negli allievi. Per questo
l’insegnante stesso, per essere un buon insegnante deve ricorrere al raggiungimento di un buon livello di empatia con
la sua classe.
Cooper ha voluto indagare quale sia il legame fra empatia-insegnante-alunni, e ha notato, che a livello morale, il
livello di empatia dell’insegnante influenza enormemente la condivisione di affetti, sentimenti e conoscenze a livello
interclasse. È insomma, egli stesso un esempio, una guida, una sorta di catalizzatore dell’apprendimento.
L’importante per lui, è tenere conto individualmente di ciascun alunno, ma senza perdere di vista l’insieme, affinché
questa sorta di partecipazione influisca anche sugli alunni più bravi, in modo che lo supportino nel suo obiettivo.
Fortuna e Tiberio (1999) hanno determinato dei criteri per stabilire quanto un insegnante sia più empatico di un altro.
Nel caso sia più empatico, il docente è contraddistinto da una maggiore propensione a elogiare e premiare gli
studenti che se lo meritano, più che a denigrare o svalutare coloro che non riescono a portare a termine un risultato.
Inoltre sanno accogliere e guidare gli studenti che esprimono liberamente i propri sentimenti, incentivando le
discussioni condivise in aula. Tali maestri non ricorrono all’atteggiamento autoritario, ma sono capaci di valorizzare i
propri alunni, facendo emergere la loro creatività. Molto importante è il fatto che gli alunni che collaborano con
insegnanti empatici abbiano un livello di autostima più alto e un concetto di sé sociale più positivo, senza contare
che anche a livello sociale gli alunni si prestano molto più ad essere collaborativi, perché capiscono qual è il
comportamento più rispettoso da tenere all’interno di un gruppo. L’empatia non è presente però in tutti gli insegnanti,
essi stessi infatti ritengono che essa sia una sorta di caratteristica individuale più o meno esercitata nel tempo. Essa
emerge soprattutto all’interno delle classi poco numerose. Condizione necessaria è che si instauri tra insegnante e
alunni un rapporto di fiducia, positivo, cooperativo e volto all’ascolto reciproco.

Empatia nelle relazioni d'amore


L’empatia è un fattore fondamentale nelle relazioni di coppia. Nelle relazioni amorose l’uomo non dà cose materiali,
ma se stesso in sostanza; dunque le persone che amano si sentono vive. C’è un desiderio di fondersi con l’altro
essere, comprendendolo pienamente, che è proprio una dimensione dell’empatia stessa; pertanto l’empatia facilita il
coinvolgimento della crescita all’interno della coppia. L’empatia può produrre effetti positivi e negativi nella coppia.
Nel primo caso può essere utilizzata per risolvere incomprensioni e litigi futili; nel secondo caso invece può
danneggiarla evidenziando le differenze che minacciano la continuità della relazione. Infatti l’empatia prolunga
Empatia 25

l’amore quando non vi è una disparità tra i partner nella comprensione reciproca e nella capacità di sentirsi
vicendevolmente.

La misurazione dell'empatia
Poiché non esiste una definizione condivisa di empatia, risulta particolarmente difficile definire quali sono i metodi e
gli strumenti maggiormente idonei a misurarla. Alcuni studiosi, infatti, privilegiano l’approccio cognitivo e altri
quello affettivo.
È quindi possibile distinguere diverse tecniche di misurazione dell’empatia facendo riferimento agli aspetti che esse
considerano: cognitivi, affettivi o multidimensionali.

Strumenti basati su aspetti cognitivi


Tra di essi si possono distinguere due sottocategorie:
• I test di predizione sociale, che identificano l’empatia come la capacità della persona di fare una stima di ciò che
gli altri provano (emozioni e pensieri). Due famosi test di questo tipo sono quello di R. F. Dymond e quello di W.
A. Kerr e B. J. Speroff.
• I test di role taking affettivo, che identificano l’empatia come l’abilità dell’individuo di comprendere la prospettiva
dell’altro in una determinata situazione. L’esempio più noto è il Test di Percezione Interpersonale (Interpersonal
Perception Test) di H. Borke.

Strumenti basati su aspetti affettivi


In questo caso si possono individuare tre tipologie:
• Resoconti verbali, cioè risposte che gli individui danno a situazioni stimolo come storie figurate, interviste e
questionari.
• Indici somatici, cioè posture, gesti, sguardi, vocalizzi ed espressioni facciali [21] che le persone assumono nel
momento in cui si trovano esposte a situazioni significative dal punto di vista emotivo.
• Indici psicofisiologici, cioè risposte del sistema nervoso autonomo come, ad esempio, la sudorazione, la
vasocostrizione, il battito cardiaco, la temperatura e la conduttanza della pelle [22].

Strumenti basati su aspetti multidimensionali


Secondo alcuni autori non è sufficiente limitarsi a considerare solamente o l’aspetto cognitivo o quello affettivo, ma
è necessario utilizzare strumenti più complessi che fanno riferimento ad entrambi. Due esempi significativi sono il
Sistema di Punteggio Continuo (Empathy Continuum Scoring System) di Janet Stayer e l’Indice di Reattività
Interpersonale (Interpersonal Reactivity Index) di M. H. Davis.

Note
[1] Fortuna F., Tiberio A., Il mondo dell’empatia. Campi di applicazione, Franco Angeli 1999, p. 11.
[2] Capurso M., Relazioni educative e apprendimento. Modelli e strumenti per una didattica significativa, Centro Studi Erickson, 2004, pp.
64-65.
[3] Cf. empatia (http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ empatia/ ) in Enciclopedia Treccani online.
[4] Cf. Einfühlung (http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ einfuhlung/ ) in Enciclopedia Treccani online.
[5] Mallgrave and Ikonomou, Introduction, in Empathy, Form and Space. Problems in German Aesthetics, 1873-1893, Santa Monica, 1994, pp.
1-85.
[6] Hojat M. "Empathy in patient care", Springer 2007 (http:/ / www. springer. com/ psychology/ health+ and+ behavior/ book/
978-0-387-33607-7), Storia, sviluppo, misurazione ed esito dell'uso dell'empatia nella cura dei pazienti.
[7] Kohut H., "How does analysis cure?" The University of Chigago Press (Chicago, 1984), 82
[8] Galotti A., "Profili: Heinz Kohut" in "Individuazione" anno 11° nº 42 (Genova, dicembre 2002), 4.
[9] Preston e de Waal, 2002
Empatia 26

[10] Decety e Jackson, Decety e Lamm, de Vignemont e Singer; 2006


[11] 'Empathy - Neurological basis' English www.wikipedia.org
[12] Wicker et al., 2003. Keysers et al., Morrison et al., 2004. Singer et al., 2004 e 2006. Jackson et al., 2005 e 2006. Lamm et al., 2007
[13] Bower; Nakahara e Miyashita; 2005
[14] Tunstall, Fahy e McGuire, 2003. Dapretto et al., 2006
[15] Biology's Big Bang - Unravelling the Secrets of RNA The Economist June 16th, 2007.
[16] Stein E., L'empatia, Franco Angeli, 1986, pp. 68-70
[17] Stein E., L'empatia, Franco Angeli, 1986, pp. 68-70.
[18] Giusti E., Locatelli M., Empatia integrata. Analisi umanistica del comportamento, Sovera edizioni. 2007, p. 13.
[19] Giusti E., Locatelli M., Empatia integrata. Analisi umanistica del comportamento, Sovera edizioni. 2007, p. 12.
[20] Albiero P., Matricardi G., Che cos’è l’empatia, Carocci, 2006, p.11
[21] Bonino S., Lo Coco A., Tani F., Empatia. I processi di condivisione delle emozioni, Giunti Editore, 2010, p. 82
[22] Albiero P., Matricardi G., Che cos’è l’empatia, Carocci, 2006, p.70

Bibliografia
• Trevisani, D., Negoziazione Interculturale. Comunicazione oltre le barriere culturali, Franco Angeli, 2005.
• Mallgrave and Ikonomou, "Introduction" in "Empathy, Form and Space: Problems in German Aesthetics,
1873-1893" (Santa Monica, 1994), 1-85.
• Kohut H., "How does analysis cure?" The University of Chicago Press (Chicago, 1984), 82.
• Fogliani T. M., "Empatia ed emozioni", C.U.E.C.M. (Catania, 2003)
• Galotti A., "Profili: Heinz Kohut" in "Individuazione" anno 11° nº42 (Genova, dicembre 2002), 4.
• "Empathy - Neurological basis" in English www.wikipedia.org
• "Biology's Big Bang - Unravelling the Secrets of RNA" The Economist June 16th, 2007.
• Hojat M. "Empathy in Patient care - Antecedents, Development, Measurement and outcomes", 2007 Springer
Science.
• Jeremy Rifkin, La civiltà dell'empatia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., 2010. ISBN
978-88-04-59548-9.
• M. Scheler, Essenza e forme della simpatia (http://www.francoangeli.it/ricerca/Scheda_Libro.
asp?ID=18594&Tipo=Libro), FrancoAngeli, Milano 2010
• A. Pinotti, Empatia. Storia di un'idea da Platone al postumano, Laterza (Roma-Bari) 2011.
• Capurso M., Relazioni educative e apprendimento. Modelli e strumenti per una didattica significativa (http://
books.google.it/books?isbn=8879465856), Centro Studi Erickson, 2004
• Fortuna F., Tiberio A., Il mondo dell’empatia. Campi di applicazione, Franco Angeli 1999
• Stein E., L'empatia, Franco Angeli, 1986
• Giusti E., Locatelli M., Empatia integrata. Analisi umanistica del comportamento (http://books.google.it/
books?isbn=8881246910), Sovera edizioni. 2007
• Mc Williams N., La diagnosi psicoanalitica. Struttura della personalità e processo clinico, Astrolabio Ubaldini,
Roma, 1999
• Albiero P., Matricardi G., Che cos’è l’empatia, Carocci, 2006
• Bonino S., Lo Coco A., Tani F., Empatia. I processi di condivisione delle emozioni, Giunti Editore, 2010
• Gandolfi G., Il processo di selezione. Strumenti e tecniche (colloquio, test, assessment di selezione). Manuale
pratico applicativo con test ed esercitazioni (http://books.google.it/books?isbn=8846442253), Franco Angeli,
2004
• Bolognini S., L'empatia psicoanalitica (http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833956855),
Bollati Boringhieri, 2002
Empatia 27

Voci correlate
• Compassione (filosofia)
• Simpatia
• Apatia
• Antipatia
• Dispatia
• Ascolto attivo
• Telepatia
• Comprensione
• Ermeneutica
• Intelligenza emotiva
• Emozione
• Neuroni specchio
• Amore
• Pathos
• Sensibilità
• Assertività
• Ponerologia

Altri progetti
• Wikiquote contiene citazioni sull'empatia
• Wikizionario contiene il lemma di dizionario «empatia»

Collegamenti esterni
• Articolo di Marco Belpoliti tratto dal sito del quotidiano La Stampa (http://www.lastampa.it/2012/07/26/
cultura/tu-chiamala-se-vuoi-empatia-XU6QN3nYVgPIAMg4WLOe2K/pagina.html)
• Articolo del prof. Luciano Berti (http://www.unambro.it/html/pdf/Lectio_prof_Luciano_Berti.PDF)
• Empatia (http://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=2625) in « Tesauro del Nuovo Soggettario (http://
thes.bncf.firenze.sbn.it/)», BNCF, marzo 2013.
• Video La civiltà empatica (J. Rifkin) (https://www.youtube.com/watch?v=ycO5rG1DM8U)
• Video Neuroni specchio: una questione di empatia (https://www.youtube.com/watch?v=ASvNrfy-fTs)

Portale Filosofia Portale Psicologia


Timidezza 28

Timidezza
La timidezza è il tratto della personalità che caratterizza in varia misura il comportamento improntato a esitazione,
ritrosia, impaccio e pudore superiori a quanto manifestano in analoga situazione altri soggetti. Ai suoi livelli massimi
si manifesta come fobia sociale, la paura di soccombere ad attacchi di panico in situazioni di pubblica esposizione.
Non sempre essa è da considerare una patologia; talvolta, se ben affrontata, può dar luogo ad una consapevole e
fruttuosa introversione della personalità, che in tal modo diviene intensa e riflessivaWikipedia:Uso delle fonti.

Caratteristiche
La timidezza è facilmente individuabile in una persona, in quanto essa viene manifestata dal rossore in viso, dalla
sudorazione, dal battito cardiaco accelerato, dai tremori, da nausea e ansia, tutte sensazioni che comunque variano
sensibilmente da persona a persona. Generalmente una persona timida evita il contatto con gli occhi della persona
con cui sta parlando, mantiene una certa compostezza e rigidità, cerca di controllare le proprie reazioni emotive,
evita di parlare per evitare di sentirsi al centro della situazione e per evitare un possibile giudizio da parte degli altri.
Le persone timide si suddividono in due tipologie, le quali adottano stili opposti nel rapporto con gli altri, ovvero un
timido può mostrare sottomissione o aggressività. Il timido nella maggior parte dei casi è una persona oppressa da un
forte senso di inferiorità, che arrossisce e si scusa in ogni occasione, ma a volte una persona timida può cercare di
nascondere la propria insicurezza mostrando spacconeria e spavalderia.
Chi è afflitto da un carattere insicuro è inoltre facilmente etichettato come una persona asociale per la quale avere
poca considerazione. A sua volta chi subisce questo trattamento si sente gravato dal peso di un giudizio sbagliato e di
conseguenza tende a chiudersi sempre di più nel proprio guscio. Alla base di questo atteggiamento è presente una
bassa autostima da ricostruire al più presto per contrastare la paura di essere sempre giudicato negativamente.
L'ambiente può avere un ruolo determinante nel formare un carattere timido. Secondo le statistiche, in Giappone ben
il 60% delle persone si dichiarano timide, negli Stati uniti il 40% ed in Israele solo il 27%. Ciò dipenderebbe dal
fatto che la cultura giapponese impone rapporti molto rispettosi e formali con il prossimo, ed in Giappone è
considerata una vergogna sbagliare, mentre invece in Israele si insegna a puntare al successo e che non è una
vergogna sbagliare.[1]

Influenze nella cultura

Cinema
• Emotivi anonimi (Les Emotifs anonymes), regia di Jean-Pierre Améris (2010)

Note
[1] Cfr. Piero Angela, Viaggi nella scienza. Il mondo di Quark, Garzanti, 1985, pp. 179-180.

Bibliografia
• Fabio Galetto, Da Timido a Vincente, 2008, Bruno Editore, Roma, ISBN 978-88-617-4065-5.
• Umberto Galimberti. Timidezza, in Dizionario di psicologia. 1a ed. Torino, UTET, 1992. p. 939. ISBN
88-02-04613-1.
• Deborah C Beidel, Timidezza e fobia sociale: genesi e trattamento nel bambino e nell'adulto, Milano,
McGraw-Hill, 2000. ISBN 88-386-2731-2
• Christophe Andre, La paura degli altri: agitazione, timidezza e fobia sociale, Torino, Einaudi, 2000. ISBN
88-06-15378-1
Timidezza 29

• Christophe Andre, La timidezza, Roma, Editori Riuniti, 1999.


• Luigi Anepeta, Timido, docile, ardente... manuale per capire ed accettare valori e limiti dell'introversione
(propria o altrui), Milano, FrancoAngeli, 2007. ISBN 978-88-464-8582-3

Voci correlate
• Assertività
• Introversione
• Timidezza d'amore
• Fobia sociale

Altri progetti
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Collegamenti esterni
• Timidezza (http://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=29812) in « Tesauro del Nuovo Soggettario (http://
thes.bncf.firenze.sbn.it/)», BNCF, marzo 2013.

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Fonti e autori delle voci 30

Fonti e autori delle voci


Assertività  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=62215049  Autori:: AKappa, ALAIMOpsico, Antiedipo, Azrael555, Buggia, Crypto, Dedda71, Devasthead, FollowTheMedia,
Kal-El, Laurusnobilis, Lucas, Marius, Roberto Chiappa, RobertoITA, StefanoRR, Superzen, Tommaso Ferrara, Unideanet, Veneziano, 20 Modifiche anonime

Autostima  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=62215380  Autori:: ALAIMOpsico, Al Pereira, Ale.rusconi, Ary29, Biopresto, Carmelo.benelli, DanGarb, Donata.bruzzi, Donluca,
Eumolpo, Gabriele Deulofleu, Gac, Gaetanolamparelli1957, Gaia89, Ignisdelavega, Ines, Laurusnobilis, Liquorina, LucaG83, MM, Macer, Mattiabellani, Maurice Carbonaro, Michele.lazzarini,
Nick1915, Piero, Rojelio, Sd, ThomasPusch, Veneziano, Yerul, 28 Modifiche anonime

Comportamento  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61133538  Autori:: Brownout, Daniele Pugliesi, Domingo, GordonF, Heartpox, Icafiero, LukeWiller, Marcopil64, Mtt,
Niculinux, No2, Novalyss, Phantomas, RobertoITA, Rojelio, Sergejpinka, Sir marek, Spinoziano, Taueres, Truman Burbank, 16 Modifiche anonime

Emozione  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61605338  Autori:: Anticalcare, Basilero, Bigwheel, Buggia, ChristianGiordano, Cialz, Ciro07, Claudiobaldino, Copyright, DaVid83,
Djerbina05, Doctor Dodge, Domenico De Felice, Ecodop, Ego, Ekø, Felyx, Franz Liszt, Frigotoni, Hrundi V. Bakshi, Hu12, India (1964), Ines, Joe123, Larry Yuma, Lion-hearted, Littoria,
LoStrangolatore, Lucas, MIX, Manusha, Marcol-it, Marius, Nemo bis, NiccoloMa, Phantomas, Poldo328, Quatar, Sergejpinka, Ssspera, Thunder29, Trevinci, Tutto, Una giornata uggiosa '94, 74
Modifiche anonime

Opinione  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61680841  Autori:: Airon90, Django, Eumolpo, Filos96, Gacio, Gierre, Hellis, Marcok, Maurice Carbonaro, Micione, No2, Pequod76,
Pracchia-78, Probante, Rupertsciamenna, Scott MacLean, Sergejpinka, Supernino, Vichingo, 16 Modifiche anonime

Ansia  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61602326  Autori:: Adert, Adriafo, Al Pereira, AlbertoR., Aleksander Sestak, Alexis1968, Angelo.Rgea, Aplasia, AssassinsCreed,
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G.dallorto, Gac, Galadrius, Galileo66, Gggg81, Giovannigobbin, Gipsy, IlPasseggero, Jalo, Jaqen, Joe123, Kappa275, Labbock, Lidaponlus, Loanimage, Lopsicologo, Lucas, Luisa, M7,
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nome.txt, Septem, Sergejpinka, Snow Blizzard, Snowdog, Taueres, Tebe, Ticket 2010081310004741, TierrayLibertad, Valerio79, Veneziano, 146 Modifiche anonime

Sentimento  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=61267880  Autori:: 9peppe, Alessio Facchin, Alkalin, Ary29, Ask21, Aurorasogna82, Babbalordo, Crying Moon, Crypto, Doctor
Dodge, Dommac, Eumolpo, Felyx, Gacio, Gaux, Gierre, Giovannigobbin, Henrykus, Homer, Ines, Jalo, L736E, LoStrangolatore, Lucas, Marcus LXXII, Moloch981, Murmex, No2, Phantomas,
Poldo328, Senpai, Supernino, Trevinci, Tursiops, Zaqarbal, 57 Modifiche anonime

Empatia  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=62246610  Autori:: Al Pereira, Alessandrovittorio 19971962, Aplasia, Arianna.cunico, Ary29, Buggia, Chiovoloni, Ciro07, Civvì,
Codas, Crypto, Dia^, Elisetta84, Emazzitelli, Euphydryas, Eustace Bagge, Francesco Falaschi, Giangagliardi, Gierre, Henrykus, Ignisdelavega, Ines, Kal-El, Lo Scaligero, Lucas, Lusum, M7,
Massimiliano Panu, Mauro Lanari, Michela Sinigaglia, Mr buick, Orric, Phantomas, Ppong, Rossa1, Sbisolo, Senpai, Spinoziano, SunOfErat, Svante, Thecrick91, Twice25, Veneziano, 97
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Timidezza  Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=62075088  Autori:: Alessandrovittorio 19971962, Codas, Crypto, Dr Zimbu, Ejdzej, Elwood, Exorcist Z, FabioGaletto, GinkyBiloba,
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