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GLI IMPIANTI TECNOLOGICI

NELLE STRUTTURE
OSPEDALIERE

Dr. Ing. Andrea Benincasa


Il Decreto del Presidente della Repubblica del 14 gennaio 1997

REQUISITI MINIMI STRUTTURALI E TECNOLOGICI GENERALI


Tutti i presidi devono essere in possesso dei requisiti previsti dalle vigenti leggi
in materia di:
• protezione antisismica;
• protezione antincendio;
• protezione acustica;
• sicurezza elettrica e continuità elettrica;
• sicurezza anti-infortunistica;
• igiene dei luoghi di lavoro;
• protezione delle radiazioni ionizzanti;
• eliminazione della barriere architettoniche;
• smaltimento dei rifiuti;
• condizioni microclimatiche;
• impianti di distribuzione dei gas;
• materiali esplodenti.
PRONTO SOCCORSO OSPEDALIERO

L'unità organizzativa deputata all'emergenza deve assicurare gli interventi


diagnostico-terapeutici di urgenza compatibili con le specialità di cui è
dotata la struttura deve poter eseguire un primo accertamento diagnostico
strumentale e di laboratorio e gli interventi necessari alla stabilizzazione
dell'utente. Deve garantire il trasporto protetto.
REQUISITI MINIMI STRUTTURALI
I locali e gli spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle
attività erogate.
L'unità minima dovrà prevedere:
• camera calda (area coperta e riscaldata di accesso diretto per mezzi e
pedoni);
• locale per la gestione dell'emergenza;
• locale visita;
• locale osservazione;
• locale attesa utenti deambulanti;
• locale attesa utenti barellati;
• locale lavoro infermieri;
• servizi igienici del personale;
• servizi igienici per gli utenti;
• deposito pulito;
• deposito sporco;
• spazio registrazione/segreteria/archivio.
PRONTO SOCCORSO OSPEDALIERO

REQUISITI MINIMI IMPIANTISTICI


Ogni unità depurata al pronto soccorso deve possedere i seguenti requisiti:
• impianto di illuminazione di emergenza;
• impianto di gas medicali.

REQUISITI MINIMI TECNOLOGICI


Dotazione minima strumentale deve prevedere:
• elettrocardiografo;
• cardiomonitor e defibrillatore;
• attrezzature per rianimazione cardiopolmonare;
• lampada scialitica.
Le strutture deputate all'emergenza-urgenza si articolano su più livelli
operativi legati alta complessità delle prestazioni erogate e devono
possedere requisiti tecnologici adeguati alta complessità di tali prestazioni.
AREA DI DEGENZA

L'area di degenza deve essere strutturata in modo da garantire il rispetto


della privacy dell'utente ed un adeguato comfort di tipo alberghiero.
Devono essere garantiti spazi comuni di raccordo tra le degenze e/o i
servizi sanitari nei quali prevedere utilities per gli accompagnatori o
visitatori.
REQUISITI MINIMI STRUTTURALI
La dotazione minima di ambienti per la degenza:
camera di degenza: 9 mq per posto letto
non più di 4 posti letto per camera,
almeno un servizio igienico ogni 4 posti
letto, almeno
il 10% delle stanze di degenza deve
ospitare un solo letto;
• un locale per visita e medicazioni;
• un locale di lavoro, presente in ogni piano di degenza, per il personale di
assistenza diretta;
• spazio per capo-sala;
• un locale per medici;
• un locale per soggiorno;
AREA DI DEGENZA

• un locale per il deposito del materiale pulito;


• un locale per deposito attrezzature;
• un locale, presente in ogni piano di degenza, per il materiale sporco, e
dotato di vuotatoio e lavapadelle;
• una cucina di reparto;
• servizi igienici per il personale;
• spazio attesa visitatori;
• un bagno assistito.
Per le degenze pediatriche devono essere previsti spazi di soggiorno e
svago ad uso esclusivo dei bambini, proporzionati al loro numero. Deve
essere previsto lo spazio per la presenza dell’accompagnatore.
Per le degenze psichiatriche deve essere previsto un locale specifico per
colloqui/visite specialistiche e soggiorno in relazione al numero dei posti
letto.
Nei locali di degenza per malattie infettive va attuato l’adeguamento
previsto dalla legge 135/90 e successive modifiche ed integrazioni.
AREA DI DEGENZA

REQUISITI MINIMI IMPIANTISTICI


Dotazione minima impiantistica:
• impianto illuminazione di emergenza;
• impianto forza motrice nelle camere con almeno una presa per
alimentazione normale;
• impianto chiamata con segnalazione acustica e luminosa;
• impianto gas medicati: prese vuoti e ossigeno.

REQUISITI MINIMI TECNOLOGICI


• Carrello per la gestione dell’emergenza completo di cardiomonitor con
defibrillatore e unità di ventilazione manuale;
• carrello per la gestione terapia;
• carrello per la gestione delle medicazioni con eventuale strumentario
chirurgico.

REQUISITI MINIMI ORGANIZZATIVI


Ogni reparto di degenza deve prevedere i seguenti requisiti organizzativi:
• la dotazione organica del personale addetto deve essere rapportata al
volume delle attività.
REPARTO OPERATORIO

Il numero complessivo di sale operatorie deve essere definito, per ogni


singola struttura, in funzione della tipologia e complessità delle prestazioni
per specialità che vengono erogate, ed in particolare in relazione alla
attivazione o meno delta Day Surgery.
REQUISITI MINIMI STRUTTURALI
I locali e gli spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle
attività erogate.
La dotazione minima di ambienti per il gruppo operatorio è la seguente:
• spazio filtro di entrata degli operandi;
• zona filtro personale addetto;
• zona preparazione personale addetto;
• zona preparazione utenti;
• zona risveglio utenti;
• sala operatoria;
• deposito presidi e strumentario chirurgico;
• deposito materiale sporco.
REPARTO OPERATORIO

REQUISITI MINIMI IMPIANTISTICI


La sala operatoria deve essere dotata di condizionamento ambientale che
assicuri le seguenti caratteristiche igrotermiche:
• temperatura interna invernale e estiva compresa tra 2O-24°C ;
• umidità relativa estiva e invernale 40-60% ;
• ricambi aria/ora (aria esterna senza ricircolo) 15 v/h ;
• filtraggio aria 99.97% ;
• Impianto di gas medicali e impianto di aspirazione gas anestetici
direttamente collegato alle apparecchiature di anestesia;
• stazioni di riduzione della pressione per il reparto operativo. Devono essere
doppie per ogni gas medicale/tecnico e tali da garantire un adeguato livello
di affidabilità;
• impianto rilevazione incendi;
• impianto allarmi di segnalazione esaurimento gas medicali.
REPARTO OPERATORIO

• REQUISITI MINIMI TECNOLOGICI


Per ogni sala operatoria:
• tavolo operatorio;
• apparecchio per anestesia con sistema di evacuazione dei gas dotato
anche di pirometro di monitoraggio della concentrazione di ossigeno
erogato, respiratore automatico dotato anche di allarme per deconnessione
paziente;
• monitor per la rilevazione dei parametri vitali;
• elettrobisturi;
• aspiratori distinti chirurgici e per broncoaspirazione;
• lampada scialitica;
• diafanoscopio a parete;
• strumentazione adeguata per gli interventi di chirurgia generale e delle
specialità chirurgiche.
REPARTO OPERATORIO

Per ogni gruppo operatorio:


• frigoriferi per la conservazione di farmaci e emoderivati;
• amplificatore di brillanza;
• defibrillatore.

Per zona risveglio:


• gruppo per ossigenoterapia;
• cardiomonitor e defibrillatore;
• aspiratore per broncoaspirazione.
RIANIMAZIONE E TERAPIA INTENSIVA

Le attività di rianimazione e terapia intensiva dedicate al trattamento


intensivo dei soggetti affetti da una o più insufficienze d’organo acute,
potenzialmente reversibili, tali da comportare pericolo di vita ed insorgenza
di complicanze maggiori.
La configurazione ambientale delle unità di rianimazione e terapia intensiva
può essere a degenza singola o a degenze multiple.

REQUISITI MINIMI STRUTTURALI


I locali e gli spazi devono essere correlati alla tipologia e al volume delle
attività erogate.
La dotazione minima di ambienti per la rianimazione e terapia intensiva è la
seguente:
• zona filtro per i degenti;
• zona filtro personale addetto;
• degenze;
• locale per pazienti infetti dotato di zona filtro;
• locale medici;
• locale lavoro infermieri;
RIANIMAZIONE E TERAPIA INTENSIVA

• servizi igienici per il personale;


• deposito presidi sanitari ed altro materiale pulito;
• deposito materiale sporco.

REQUISITI MINIMI IMPIANTISTICI


La terapia intensiva deve essere dotata di condizionamento ambientale che
assicuri le seguenti caratteristiche igrotermiche:
• temperatura interna invernale e estiva compresa tra 20-24°C ;
• umidità relativa estiva e invernale 40°-60% ;
• ricambi aria/ora (aria esterna senza ricircolo) 6 v/h.

E' inoltre prevista la seguente dotazione minima impiantistica:


• impianto di gas medicali;
• impianto rilevazione incendil; i
• impianto allarmi di segnalazione esaurimento gas medicali.
RIANIMAZIONE E TERAPIA INTENSIVA

REQUISITI MINIMI TECNOLOGICI


• letto tecnico;
• apparecchio per anestesia con sistema di evacuazione dei gas dotato
anche di spirometro e di monitoraggio della concentrazione di ossigeno
erogato, respiratore automatico dotato anche di allarme per deconnessione
paziente;
• monitor per la rilevazione dei parametri vitali;
• aspiratori per broncoaspirazione;
• lampada scialitica;
• diafanoscopio a parete;
• frigoriferi per la conservazione di farmaci e emoderivati;
• defibrillatore.
Leggi sugli Impianti Tecnologici
LEGGI GENERALI
• Legge 5 marzo 1990 n.46 – Norme per la sicurezza degli impianti.
Regolamenta i soggetti abilitati all’esecuzione degli impianti civili (è estesa a
tutte le attività produttive, commerciali e del terziario solo per gli impianti
elettrici) imponendo un responsabile tecnico per tutte le aziende e la
redazione del progetto e collaudo, da parte del professionista abilitato e
iscritto nel rispettivo albo professionale; inoltre l’art.7 prevede l’esecuzione
degli impianti “a regola d’arte” nel rispetto della legislazione tecnica vigente
e delle norme UNI e CEI. Il progetto ed il relativo collaudo sono obbligatori
solo per gli impianti al di sopra di certi limiti dimensionali che saranno
indicati nel D.P.R 6 dicembre 1991 n. 447. Inoltre le legge 46/90 prevede la
possibilità da parte dei Comuni, delle A.S.L., dei VV.F. e dell’ISPESL di
avvalersi, per i loro compiti di collaudo e verifiche, dei liberi dei
professionisti secondo le modalità stabilite dal Regolamento d’attuazione.
• DPR 28/6/1977, n. 1052
Dove non abolito dalla legge 10/91
• DPR 24/5/1988, n. 203
Attuazione delle direttive CEE nn 80/779, 82/884, 84/360 ed 85/203
concernenti norme in materia di qualità dell’aria, relativamente a specifici
agenti inquinanti e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali.
• Legge 5/3/1990, n. 46
Norme per la sicurezza degli impianti
• DPR 6/12/1991, n. 447
Regolamento di attuazione della legge 5 marzo 1990, n. 46, in materia di
sicurezza degli impianti.
• Legge 9/1/1991, n. 10
Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso
razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti
rinnovabili di energia.
• D.M. 12/4/1996
Normativa di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e
l’esercizio degli impianti termici alimentati a gas.
• D.M. 24/5/99, N. 246
Regolamento recante norme concernenti i requisiti tecnici per la
costruzione, l’installazione e l’esercizio dei serbatoi interrati.
• D.M. 16-3-1998
Tecniche di rilevamento e di misurazione dell’inquinamento acustico.
• D.P.R. 15-11-1996, N. 660
Regolamento per l’attuazione della direttiva 92/42/CEE concernente i
requisiti di rendimento delle nuove caldaie ad acqua calda, alimentate con
combustibili liquidi o gassosi.
• D.P.R. 15-11-1996, N. 661
Regolamento per l’attuazione della direttiva 90/396/CEE, concernente gli
apparecchi a gas.
• LEGGE 26-10-1995, N. 447
Legge quadro sull’inquinamento acustico.
• D.P.R. 26-8-1993, N. 412
Regolamento recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio
e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento
dei consumi di energia in attuazione dell’art. 4, comma 4, della legge 9-1-
1991, n. 10.
• UNI 10779
Rete idranti. Progettazione, intercettazione ed esercizio.
• UNI 8364 del 28/02/84
Impianto di riscaldamento. Controllo e manutenzione.
• UNI 9615 del 31/12/90
Calcolo delle dimensioni interne dei camini. Definizioni, procedimenti di
calcolo fondamentali.
• UNI 10339 del 30/06/95
Impianti aeraulici ai fini di benessere. Generalità, classificazione e requisiti.
Regole per la richiesta d’offerta, l’offerta, l’ordine e la fornitura.
• UNI 10344 del 30/11/93
Riscaldamento degli edifici. Calcolo del fabbisogno di energia.
• UNI 10349 del 30/11/93
Riscaldamento e raffrescamento degli edifici. Dati climatici.
• UNI 10375 del 30/06/95
Metodo di calcolo della temperatura interna estiva degli ambienti.
• UNI 10376 del 31/05/94
Isolamento termico degli impianti di riscaldamento e raffrescamento degli
edifici.
• UNI 10379 del 31/05/94
Riscaldamento degli edifici. Fabbisogno energetico convenzionale
normalizzato. Metodo di calcolo e verifica.
• UNI 9182
Impianti di alimentazione e distribuzione acqua fredda e calda. Criteri di
progettazione.
• UNI 9183
Sistemi di scarico delle acque usate. Criteri di progettazione.
• UNI 9184
Sistemi di scarico delle acque meteoriche. Criteri di progettazione
• UNI 9511
Disegni tecnici. Rappresentazione delle installazioni. Schemi grafici delle
rubinetterie.
Decreto 18 settembre 2002
LA DISTRIBUZIONE DEI GAS MEDICALI.
La distribuzione dei gas medicali all'interno delle strutture sanitarie deve
avvenire mediante impianti centralizzati rispondenti ai seguenti criteri:
a) allo scopo di evitare che un incendio sviluppatosi in una zona della struttura
comporti la necessità di interrompere. L'alimentazione dei gas medicali
anche in zone non coinvolte dall'incendio stesso, la disposizione geometrica
delle tubazioni della rete primaria deve essere tale da garantire
l'alimentazione di altri compartimenti. Ciò è realizzato, ad esempio,
mediante una rete primaria disposta ad anello e collegata alla centrale di
alimentazione in punti contrapposti. L'impianto di un compartimento non
deve essere derivato da un altro compartimento, ma direttamente dalla rete
di distribuzione primaria;
b) l'impianto di distribuzione dei gas medicali deve essere compatibile con il
sistema di compi1rtimentazione antincendio e permettere l'interruzione della
erogazione dei gas mediante dispositivi di intercettazione manuale posti
all'esterno di ogni compartimento in posizione accessibile e segnalata;
idonei cartelli, inoltre, devono indicare i tratti di impianto sezionabili a
seguito delle manovre di intercettazione;
Decreto 18 settembre 2002

c) le reti di distribuzione dei gas medicali devono essere disposte in modo tale
da non entrare in contatto con reti di altri impianti tecnologici ed elettrici.
Devono essere altresì opportunamente protette da azioni meccaniche e
poste a distanza adeguata da possibili surriscaldamenti. La distribuzione
all'interno del compartimento deve avvenire in modo da non determinare
sovrapposizioni con altri impianti. Eventuali sovrapposizioni per
attraversamenti sono consentite mediante separazione fisica dagli altri
impianti ovvero adeguato distanziamento;
d) i cavedi attraversati dagli impianti di gas medicali devono essere ventilati
con aperture la cui posizione è individuata in funzione della densità dei gas
utilizzati;
e) gli impianti di distribuzione dei gas medicali devono essere realizzati e
sottoposti ad interventi di controllo e manutenzione nel rispetto delle
disposizioni legislative e regolamentari vigenti, delle norme di buona tecnica
o, in assenza di dette norme, delle istruzioni fornite dal fabbricante e/o
dall'installatore.
Decreto 18 settembre 2002

Impianti di condizionamento e ventilazione.


Gli impianti di condizionamento e/o di ventilazione possono essere di tipo
centralizzato o localizzato. Tali impianti devono possedere requisiti che
garantiscano il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) non alterare le caratteristiche delle strutture di compartimentazione;
b) evitare il ricircolo dei prodotti della combustione o di altri gas ritenuti
pericolosi;
c) non produrre a causa di avarie e/o guasti propri, fumi che
si diffondano nei locali serviti;
d) non costituire elemento di propagazione di fumi e fiamme, anche nella fase
iniziale degli incendi.
Tali obiettivi si considerano raggiunti se gli impianti vengono realizzati come
specificato ai seguenti punti.
Decreto 18 settembre 2002

• Le unità di trattamento dell' aria e i gruppi frigoriferi non devono essere


installati nei locali dove sono ubicati gli impianti di produzione calore.
• I gruppi frigoriferi devono essere installati in appositi locali, realizzati con
strutture di separazione di caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiori
a REI 60 ed accesso direttamente dall'esterno o tramite disimpegno aerato
di analoghe caratteristiche, munito di porte REI 60 dotate di congegno di
autochiusura.
• L'aerazione nei locali dove sono installati i gruppi frigori- feri non deve
essere inferiore a quella indicata dal costruttore dei gruppi stessi, con una
superficie minima non inferiore a 1/20 della superficie in pianta del locale.
• Nei gruppi frigoriferi devono essere utilizzati come fluidi frigorigeni prodotti
non infiammabili e non tossici. I gruppi refrigeratori che utilizzano soluzioni
acquose di ammoniaca possono essere installati solo all'esterno dei
fabbricati o in locali aventi caratteristiche analoghe a quelli delle centrali
termiche alimentate a gas.
• Non è consentito utilizzare aria di ricircolo proveniente da cucine,
autorimesse e comunque da spazi a rischio specifico
Decreto 18 settembre 2002

CONDOTTE AERAULICHE

Le condotte aerotermiche devono essere realizzate in materiale di classe O


di reazione al fuoco e le tubazioni flessibili di raccordo in materiale di classe
2.
Le condotte non devono attraversare:
• luoghi sicuri, che non siano a cielo libero;
• vani scala e vani ascensore; ,
• locali che presentino pericolo di incendio, di esplosione e di scoppio.
Qualora, per tratti limitati, non fosse possibile rispettare quanto sopra
indicato, le condotte devono essere separate con strutture REI di classe
pari al compartimento interessato ed intercettate con serrande tagliafuoco
aventi analoghe caratteristiche.
Negli attraversamenti di pareti e solai, lo spazio attorno alle condotte deve
essere sigillato con materiale di classe O,senza tuttavia ostacolare le
dilatazioni delle stesse.
IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE
Gli impianti di climatizzazione in ambito ospedaliero, si suddividono
principalmente in due tipologie:
• Impianti misti aria/acqua;
• Impianti a tutta aria.
CLIMATIZZAZIONE Impianti Misti Aria Acqua

Questi sistemi si caratterizzano per la presenza di una UTA primaria e da


terminali ad acqua a due, tre o quattro tubi ubicati negli ambienti
climatizzati. Richiedono pertanto l’installazione di una rete condotti per la
distribuzione dell' aria e di una rete di tubazioni per la alimentazione dei
terminali in ambiente.
• Impianto a ventilconvettori e aria primaria
Il sistema più semplice è quello "a due tubi" (Figura successiva). In questo
sistema l'aria primaria viene trattata da una UTA che funziona a tutta aria
esterna e viene immessa direttamente in ambiente per mezzo di diffusori o
bocchette. La portata di aria primaria nei singoli locali deve rispondere a tre
condizioni:
• compensare i carichi ambiente estivi per trasmissione;
• garantire il minimo ricambio con aria esterna;
• controllare l’umidità dell' ambiente;
• mantenere nei locali una sovrapressione.
CLIMATIZZAZIONE Impianti Misti Aria Acqua

Il ventilconvettore ha lo scopo di annullare i carichi variabili (soleggiamento,


carichi interni) e non è richiesto che deumidifichi; pertanto può funzionare in
ciclo estivo con acqua refrigerata in ingresso alla temperatura di 11 - 13°C.
Tipico è lo schema che prevede di inviare ai ventilconvettori l'acqua
refrigerata in uscita dalla batteria fredda della UTA primaria. In tal modo si
aumenta il coefficiente di prestazione medio stagionale del chiller e si
limitano gli sprechi di energia per deumidificazione non volute. Nell‘impianto
classico a ventilconvettori ad aria primaria a due tubi esistono due regimi di
funzionamento:

Estivo e stagioni intermedie: ventilconvettori alimentati con acqua


refrigerata e aria primaria postriscaldata in funzione della temperatura
esterna. Cioè la temperatura dell'aria primaria a partire dal valore di
progetto di 13-15°C aumenta al diminuire della temperatura esterna;

Invernale: ventilconvettori alimentati con acqua calda ed aria primaria a


punto fisso di saturazione 13-15°C.
CLIMATIZZAZIONE Impianti Misti Aria Acqua

La regolazione della temperatura ambientale avviene agendo, con


caratteristica on-off o proporzionale, su una valvola motorizzata a due vie o
a tre vie sulla alimentazione della batteria del ventilconvettore.
La regolazione può essere ottenuta anche con un termostato ambiente che
ferma il ventilatore del ventilconvettore. In questi casi si possono avere
effetti di riscaldamento gratuito in regime invernale dovuti al funzionamento
a convenzione naturale della batteria del ventilconvettore. Tali effetti
possono essere attenuati regolando la temperatura invernale dell' acqua di
alimentazione del ventilconvettore, con compensazione rispetto alla
temperatura esterna, con limite di minima tipicamente di 35°-40°C.
Esiste poi un impianto a ventilconvettori a due tubi ed aria primaria "spurio",
molto diffuso, in cui l'aria primaria ha l'unica funzione di aria di rinnovo e di
controllo dell’umidità. Siffatto impianto non garantisce il controllo della
temperatura dei locali nelle stagioni intermedie.
Altri schemi tipici sono quelli che prevedono l'alimentazione del
ventilconvettore "a tre tubi" o "a quattro tubi".
CLIMATIZZAZIONE Impianti Misti Aria Acqua

Essi si differenziano dal sistema a due tubi per il fatto che i ventilconvettori
possono essere alimentati in ogni stagione con acqua calda o refrigerata in
base alle necessità. Non è più quindi necessario che l'aria primaria assolva
il compito di annullare i carichi per trasmissione e, pertanto, la portata di
aria primaria viene calcolata per garantire il minimo di rinnovo con aria
esterna ed il controllo dell’umidità. La possibilità che ha questo sistema di
raffreddare e riscaldare zone diverse, contemporaneamente, lo fa preferire
ad un sistema a due tubi in edifici con zone perimetrali dotate di ampie
superfici vetrate che determinano carichi ambiente sensibili elevati e
variabili anche in ciclo invernale o carichi ambiente negativi sensibili elevati
in ciclo estivo (zone vetrate a nord). L'aria primaria mantiene per tutto l'anno
condizioni tennoigrometriche costanti e viene immessa in condizioni di
saturazione (14-15°C). Non è necessario, infatti, provvedere a
commutazione stagionale, in quanto il riscaldamento degli ambienti con
carichi sensibili negativi nelle stagioni intennedie è effettuato dai
ventilconvettori. Ciò significa che nelle stagioni intermedie, rispetto
all'impianto a due tubi, non si corre il rischio di dovere annullare il calore di
postriscaldamento dell' aria primaria con il ventilconvettore in funzione con
acqua refrigerata.
CLIMATIZZAZIONE Impianti Misti Aria Acqua

Tra gli indubbi vantaggi che tale tipologia impiantistica può offrire rispetto ad
altre ricordiamo:
• Basse portate d'aria con conseguente diminuzione degli spazi richiesti per
l'installazione delle canalizzazioni
• Assenza di ricircolo d'aria e quindi di possibili contaminazioni tra i vari
ambienti
• Regolabilità individuale grazie alla possibilità di impostare localmente,
generalmente tramite un termostato ambiente, la temperatura desiderata di
esercizio
• Flessibilità sia in fase di installazione che di eventuale risistemazione degli
ambienti grazie alla facilità con la quale possono eventualmente essere
"spostati" i mobiletti ventilconvettori.
Per contro tale tipologia impiantistica presenta anche alcune problematiche
che possono principalmente essere così riassunte:
• Impegno manutentivo elevato per effetto della presenza di numerosissimi
motori elettrici, elementi filtranti e possibili fonti di proliferazione batterica
(pari almeno al numero di ventilconvettori).
• Accortezza progettuale per garantire il mantenimento delle condizioni di
progetto anche nelle mezze stagioni.
CLIMATIZZAZIONE Impianti a Tutta Aria

Gli impianti ad aria a fluido intermedio sono in assoluto i sistemi di


climatizzazione che consentono le migliori prestazioni di comfort, sia in
termini di controllo delle condizioni climatiche microambientali, che di qualità
dell'aria.
L'aria è trattata centralmente da una CT A e distribuita nei vari ambienti
tramite canalizzazioni. Rispetto agli impianti misti, gli impianti ad aria si
caratterizzano negativamente per il maggior spazio occupato e per costi
d'installazione generalmente maggiori.
Esistono diverse tipologie, alcune delle quali oggi quasi completamente
abbandonate. Nella realtà, molti impianti ad aria, se progettati in modo
accurato, possono essere una valida alternativa agli impianti misti ad aria
primaria, perché in grado di garantire prestazioni nettamente superiori sia
dal punto di vista del comfort termico che da quello energetico.
Un serio problema negli impianti ad aria, spesso sottovalutato, è quello
legato alla corretta quantità di aria di rinnovo da trattare. Negli impianti misti,
l'aria primaria viene immessa nei singoli ambienti da una rete autonoma di
canali e trattata da una centrale appositamente dedicata, mentre ai terminali
posti in ambiente spetta il compito di bilanciare i carichi termici. La miscela
dell'aria avviene direttamente in ambiente. E' allora possibile immettere in
ogni locale la corretta quantità d'aria esterna per garantire la qualità dell'aria
desiderata.
CLIMATIZZAZIONE Impianti a Tutta Aria

Completamente diverso il caso degli impianti ad aria. L'aria di rinnovo viene


immessa nei singoli ambienti attraverso la stessa rete di canalizzazioni
utilizzata per trasportare la portata d'aria necessaria a bilanciare i carichi
termici. La miscela dell'aria, tra ricircolo e rinnovo, avviene all'interno della
centrale di trattamento, nella cosiddetta camera di miscela. Quindi, la
quantità di aria esterna è una percentuale della portata d'aria totale
movimentata dai ventilatori.

Una CTA di trattamento provvede al trattamento centralizzato dell'aria,


distribuita attraverso una rete di canali in uno a più ambienti, così come
mostrato in Figura seguente.
La CTA è collegata ai generatori di calore, gruppo frigorifero e eventuale
caldaia, tramite un circuito idraulico.
L'impianto può servire un unico locale oppure più locali diversi. Nel primo
caso il controllo delle condizioni termoigrometriche è estremamente preciso,
il migliore che si possa ottenere.
CLIMATIZZAZIONE Impianti a Tutta Aria
CLIMATIZZAZIONE Impianti a Tutta Aria

La centrale di trattamento dell'aria dovrebbe sempre essere composta da


(Figura 1.2.b):
• ventilatore di ripresa;
• serranda di espulsione;
• serranda presa aria esterna;
• camera di miscela ;
• sezione filtri;
• batteria di preriscaldamento
• batteria di raffreddamento
• sezione umidificatore
• batteria di post riscaldamento
• ventilatore di mandata
CLIMATIZZAZIONE Impianti a Tutta Aria
CLIMATIZZAZIONE Impianti a Tutta Aria

Facendo riferimento alla Figura precedente, la regolazione può essere così


concepita:
• serrande rinnovo, espulsione, miscela
sono tra loro interconnesse. Vengono comandate o tramite comandi
manuali (potenziometri) o tramite il segnale di sonde di qualità
dell'aria. Le serrande dell'aria esterna e di espulsione si
chiudono automaticamente a ventilatori spenti.
• batteria di pre-riscaldamento:
E' attiva (attraversata da portata d'acqua) solo nel regime
invernale. Viene regolata sulla base dei dati forniti dalla di
temperatura T1 con valore generalmente costante. In alcuni
casi il valore di Set-point della sonda T1 può essere
compensato da qualche segnale, legato, ad esempio, alla
temperatura dell'aria esterna, o ad un orologio, in funzione
del mese. La sonda T1 è posta immediatamente a valle
dell'umidificatore.
CLIMATIZZAZIONE Impianti a Tutta Aria

• batteria di raffreddamento:
E' attiva (attraversata da portata d'acqua) solo nel regime estivo.
Viene regolata sulla base dei valori forniti dalla sonda di temperatura
T2 posta in ambiente o, meglio, sul canale della ripresa.
• umidificatore:
La regoIazione dell'umidificatore, di qualunque tipo sia, avviene
tramite la sonda di umidità H1 posta in ambiente o sul canale di
ripresa.
• batteria di post-riscaldamento:
E' attiva tutto l'anno. In regime invernale viene comandata dalla sonda
T2 della temperatura ambiente; in regime estivo può essere
comandata dalla sonda d'umidità posta sul canale della ripresa.
CLIMATIZZAZIONE Impianti a Tutta Aria
PREVENZIONE E CONTROLLO
LEGIONELLOSI
FATTORI DI TRASMISSIONE E RISCHIO
solo per aereosol (respirazione) con batteri molto aggressivi tra 20°-50°C
presenti in numero elevato respirati profondamente e in modo persistente
da persone debilitate e a rischio quali:
– età elevata (sotto i 50 anni i casi sono rari);
– sesso maschile (rari casi tra le femmine);
– fumatori, portatori di malattie respiratorie, di cancro, diabete, epatiti,
alcolismo.
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

Come noto, la Legionellosi o “Malattia del Legionario” consiste in una


malattia infettiva, causata dalla Legionella, un gruppo di 35 batteri, il cui più
noto è la Legionella Pneumophila, che può dar luogo a forme di polmonite
gravi o addirittura letali, anche perché reagisce solo ad una limitata gamma
di antibiotici. Il nome deriva dalla epidemia acuta che colpì un gruppo di
veterani della American Legion riuniti in un albergo di Filadelfia, causando
ben 34 morti su 221 contagiati.
Il periodo di incubazione non supera di solito una decina di giorni ed i suoi
sintomi consistono in febbre, dolori al torace e brividi. L’infezione si contrae
per aerosol inalando acqua nebulizzata che contenga una sufficiente
quantità di batteri ed entri in contatto profondo con i polmoni. Pertanto le
installazioni sanitarie che producono acqua nebulizzata, come gli impianti di
condizionamento, gli impianti idrici delle docce e perfino le vasche
idromassaggio, costituiscono dei siti favorevoli per la diffusione del batterio.
La Legionella è una tipica forma di contaminazione dell’acqua causata da
batteri aerobi gram-negativi e la si riscontra sovente nelle sorgenti,
comprese quelle termali, nei fiumi, laghi, vapori, terreni. Da questi ambienti
naturali essa risale a quelli artificiali come condotte cittadine e impianti idrici
degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine.
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

Il comportamento tipico della Legionella evidenzia una proliferazione


trascurabile a temperature inferiori ai 20°. Infatti la temperatura ottimale per
la sua proliferazione è di 35-40°, mentre la Legionella non resiste, almeno
nel 90% dei casi, quando si superino i 60°. I batteri residui possono però
sopravvivere se riescono a penetrare nel biofilm (una concentrazione di
micro-organismi che si raggruppano sulla superficie di un materiale) dove
assumono una resistenza più accentuata ai trattamenti di disinfezione. La
presenza del biofilm nell’impianto può quindi svolgere un ruolo importante
come ambiente di rifugio e di favore per lo sviluppo del batterio.
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

FATTORI DI MOLTIPLICAZIONE
acque poco pulite;
depositi di polveri e scorie varie;
presenza di umidità;
superfici ruvide es. arrugginite, corrose, ecc.;
temperatura adeguata
< 20°c sopravvive senza proliferare
37°c condizioni di massima crescita
46°c cessa la crescita ma è attiva
60°c muore in pochi minuti
70°c muore istantaneamente
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

GENERATORI DI INFEZIONE
• soffione doccia;
• rompigetto rubinetti;
• rami morti;
• torri evaporative (massimo rischio);
• umidificatori ad acqua (portatili e non);
• filtri lavatori ad acqua;
• nebulizzatori;
• fontane a getto;
• accumuli d'acqua tiepida;
• addolcitori;
• lavaocchi e docce di sicurezza;
• ristagni d'acqua;
• sprinklers e reti antincendio.
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

PREVENZIONE DEL RISCHIO


• accurata e continua pulizia;
• progettazioni corrette degli schemi idraulici;
• uso di acque addolcite;
• filtrazioni efficienti sull'aria (filtri hepa);
• accessibilità dei punti di controllo;
• manutenzione;
• procedure sanificazione;
• controlli di qualità e dei risultati;
• monitoraggi periodici su acque e aria.
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

RETI DISTRIBUZIONE ACQUA FREDDA PER USO SANITARIO


• deve essere accumulata e distribuita con la certezza di non arrivare mai a
temperature prossime ai 20°C.;
• mai vicinanza tubi caldi/freddi;
• isolare tutta la rete con particolare riguardo ai tratti che attraversano luoghi
riscaldati o soleggiati;
• eliminare rami morti; (attenzione alle docce di sicurezza dei laboratori,
rimangono per lungo tempo ferme a temperatura ambiente, vanno pulite
almeno settimanalmente);
• nei serbatoi di accumulo evitare flangiature interne al serbatorio e/o altre
asperità, lasciare passi d'uomo per accessibilità e pulizia;
• evitare accumuli in serbatoi non sigillati e/o esposti al sole;
• la valvola di respirazione dei serbatoi di accumulo deve avere opportuni
sistemi di filtrazione;
• dimensionare gli accumuli per rinnovo giornaliero (per periodi più lunghi
occorre disinfezione con cloro) con ingresso alimentazione opposta
all'uscita della distribuzione per evitare ristagni;
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

• prevedere sempre un doppio accumulo (ove sia sempre necessario


accumulare per insufficienza delle reti pubbliche) per consentire le pulizie
senza dover interrompere il servizio ma evitare zone di ristagno; usare
tubazioni che non diano nel tempo fenomeni di scagliatura, cavillature ecc.
e assicurare che siano sempre in pendenza per evitare bolle d'aria;
• nei sistemi con autoclave le pompe devono funzionare alternativamente
automaticamente;
• far scorrere acqua il più frequentemente possibile dalle utenze poco usate.

RETI DISTRIBUZIONE DI ACQUA CALDA PER USO SANITARIO


• la massima protezione e' il controllo della temperatura e la pulizia.
• con il riscaldamento il cloro residuo delle acque di acquedotto sparisce
rapidamente lasciando l'acqua esposta all'aggressione della legionella.
• evitare qualsiasi possibilità di contatto delle acque e/o parti interne reti ed
apparecchi con l'ambiente, ogni lavorazione sui sistemi di acqua per usi
potabili deve essere accurata, eseguita da persone sane, in ambienti puliti;
• usare solo guarnizioni, tubazioni valvolame serbatoi ecc. rispondenti agli
standard e certificazioni per uso acqua potabile (es. rame e polietilene);
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

• reti di tubazioni fatte con metalli diversi creano, particolarmente sui circuiti
caldi, situazioni di possibile corrosione galvanica e quindi rischio di
annidamento di batteri;
• dopo l'installazione o riparazioni o lunghi periodi di non uso le reti idrauliche
devono venir disinfettate prima dell'utilizzo o almeno occorre far fluire a
lungo l'acqua;
• temperatura ideale per accumuli o scambiatori 60° ± 2,5°c in mandata e
50°c minima per il ritorno (a 60°c la legionella muore in 2 minuti circa) oltre i
60°c aumentano particolarmente i rischi di:
- scottature accidentali gravi (gravissime a 65°c);
- i depositi e corrosioni e loro prodotti;
- l'acqua calda sanitaria non può essere distribuita oltre i 48°c al
rubinetto (d. p.r. 412/93);
• la regolazione della temperatura dell'acqua di rete potrà essere (in ordine
decrescente di sicurezza)
- puntuale -miscelatori;
- di zona - valvola a 3 vie per rete di settore;
- centralizzata - valvola a 3 vie in centrale idrica
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

nei reparti "delicati" psichiatria, pediatria, geriatria usare sempre miscelatori


con sicurezza atti a garantire erogazioni a 38° 43°c (solo il personale potrà
operando sulla sicurezza, disinfettare l'ultimo tratto periodicamente a
58/60°c);
• la pompa di circolazione deve essere sul ritorno e protetta da valvola di non
ritorno;
• la pompa di riserva, rimanendo inattiva e a bassa temperatura è a rischio;
• è preferibile tenere la pompa di scorta smontata e fare rapida sostituzione in
caso di guasto della pompa operante.
• anche i by-pass sono pericolosi.

BOLLITORI / ACCUMULATORI DI CALORE


• temperatura di accumulo 60° con possibilità di portare tutto l'accumulo a 75°
per la pastorizzazione periodica;
• prevedere dispositivi di ricircolazione che consentano di evitare
stratificazioni e/o abbassa menti di temperatura per l'ingresso dell'acqua
fredda di alimentazione;
• isolare bene il serbatoio di accumulo;
• assicurare nei ricircoli che i ritorni non siano mai a t < 50° e prevedere
valvole di non ritorno all'ingresso dell'accumulo;
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

• ove e' indispensabile il controllo di qualità gli accumulatori di calore devono


avere protezione catodica dalle aggressioni galvaniche;
• sportello di accesso e pulizia di dimensioni adeguate e separato dal
serpentino di scambio;
• il tipo verticale deve avere un circolatore per movimentare e uniformare le
temperature dell'acqua nei periodi di non uso;
• lo scambiatore deve avere potenza adeguata per funzionare il più possibile
da scambiatore istantaneo;
• la valvola di scarico deve avere adeguata dimensione per scaricare tra i 30
e 60' tutto il contenuto, accumuli di sporcizia (sabbia, scaglie ecc.)
compresi;
• gli accumulatori orizzontali devono venir installati con la pendenza
necessaria allo svuotamento totale, quelli verticali e' preferibile siano a
fondo convesso con scarico nei punto più basso;
• accumulatori che lavorino tra i 25° e 45° c sono da evitare;
• dove è possibile, privilegiare accumuli freddi e produzione istantanea di
acqua calda;
• se sono necessari più accumulatori essi devono lavorare in serie, non in
parallelo, ciò evita eccessivi abbassamenti della temperatura nei periodi di
punta;
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

• nei casi di parallelo occorre un accurato controllo della temperatura minima;


• progettare gli accumuli correttamente per impedire stratificazioni a bassa
temperatura; per almeno 1 h/24h tutto l'accumulo deve restare a 60°c.
• se il ritorno a 50° è posizionato in alto occorre circolatore timerizzato che
consenta il rimescolamento tra alta e bassa temperatura;
• la capacità di accumulo consigliata è al massimo di 2 ore; quelli istantanei
devono consentire la permanenza dell'acqua a 60°c per almeno 5 minuti;
• i serbatoi in RAME sembrano scoraggiare la crescita della legionella
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

CIRCUITI AERAULICI
• umidificare solo con vapore indiretto;
• rendere i canali dell'aria ispezionabili e pulibili;
• evitare batterie di scambio in ambiente;
• evitare ovunque condense;
• collocare le prese d'aria sopravento dominante e lontano da sorgenti
inquinanti, luoghi umidi, torri evaporative, condensatori ad aria;
• posizionare le u.t.a. in ambienti puliti e accessibili per le manutenzioni;
• utilizzare (e ben mantenere) il più possibile, per le zone occupate da malati
a rischio, filtrazioni ad efficienza maggiore del 95% (as.) o 99,97%
(doptest);
• le u.t.a. devono essere illuminabili internamente.
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

TORRI EVAPORATIVE
• sono le più usate nei grandi impianti producono un globo di aereosol di circa
500 m di diametro che può diffondersi sino a 3000 m di distanza;
• se la massima temperatura operativa è > 20°C è prudente prevedere un
impianto di clorazione dell'acqua di raffreddamento; se è > 30°C è
necessario prevederlo;
• posizionarle sottovento dominante e remote rispetto alle prese d'aria
esterna.

SISTEMI DI SANIFICAZIONE

• SANITIZZANTI CHIMICI
• FLUSSO CALDO
• IPERCLORAZIONE
• IONIZZAZIONE Cu-Ag
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

SANITIZZAZIONE CHIMICA
• perossido di idrogeno e ioni oligodinamici;
• svuota mento dell'impianto;
• riempimento con il prodotto;
• stazionamento per 12 ore;
• assenza di zone morte;
• per reti vecchie occorre:
– prelavaggio per eliminare fanghi;
– trattamento di risanamento;
– trattamento chimico-acido per incrostazioni calcaree e di corrosione;
– sanificazione finale.
FLUSSO CALDO
• attività: far fluire da tutte le erogazioni acqua a 60°c per un determinato
periodo di tempo;
• richiede: disponibilità controllata di acqua calda a 60° per lunghi periodi;
presenza di mano d'opera in periodi extraorario per l'azionamento
degli utilizzi;
– attività lunga e indaginosa;
• va ripetuta periodicamente.
PREVENZIONE E CONTROLLO LEGIONELLOSI

IONIZZAZIONE RAME ARGENTO


• approccio tecnologico:
• l'effetto della ionizzazione è molto attivo e persistente nel tempo;
• la ionizzazione cu-ar è capace di penetrare a fondo nei depositi di sporco,
sottoplacche nel biofilm delle tubazioni;
• la quantità di ioni di cu e ar necessari per eliminare i batteri è inferiore ai
limiti prescritti dagli standard per la qualità dell'acqua;
• basso costo di esercizio;
• posizionare lo ionizzatore (cella con due serie di elettrodi di cu-ar) sul flusso
di ritorno prima dell'accumulo;

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