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Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A.

cap XIV 22

1 Inverter Indiretti a Modulazione di Larghezza di Impulsi (PWM). ...................................... 23


1.1 Modulazione con portante triangolare........................................................................... 23
1.2 Inverter monofase full-bridge........................................................................................ 25
1.2.1 PWM Bipolare...................................................................................................... 25
1.2.2 PWM unipolare ..................................................................................................... 27
1.3 Inverter trifase ............................................................................................................... 28
1.4 Rappresentazione vettoriale del PWM .......................................................................... 30
1.5 Soppressione programmata delle armoniche................................................................. 32
1.6 Modulazione a PWM regolata a isteresi........................................................................ 34
1.6.1 Confronto fra gli Inverter a Corrente Impressa(CSI) ed i CRPWM ..................... 35
2 Space Vector Modulation (SVM).......................................................................................... 36
2.1 Trasformazione da un sistema trifase ad uno bifase...................................................... 36
2.2 Tecnica SVM................................................................................................................. 38
2.2.1 Indice di modulazione ........................................................................................... 46
3 Tecniche di Modulazione Random........................................................................................ 48
3.1 Tecnica di Modulazione Random Lead-Lag (RLL) ...................................................... 51
3.2 Tecnica di Modulazione Random Center Displacement ............................................... 53
3.3 Tecnica di Modulazione Random Zero-Vector Distribution (RZD)............................. 55
3.4 Tecnica di Modulazione Random Switching Frequency (RSF).................................... 57
3.5 Confronto fra le diverse tecniche Random.................................................................... 58
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1 Inverter Indiretti a Modulazione di Larghezza di Impulsi (PWM).

La Pulse Width Modulation (PWM) è una tecnica di controllo dei convertitori che
consente di conferire una ampia capacità di regolazione delle grandezze di uscita; essa è
stata applicata in numerose applicazioni ed ha spesso reso obsolete altre soluzioni
precedentemente adottate.
La PWM si applica ai componenti elettronici a commutazione forzata, tale prerogativa è
resa necessaria dalla presenza delle aperture e chiusure dei componenti ad istanti ben
precisi e con frequenze piuttosto elevate; infatti la forma d'onda della tensione di uscita è
tanto migliore quanto più elevata è la frequenza di commutazione.
Il problema generale, che è alla base della progettazione del sistema di controllo di un
inverter PWM, è quello di scegliere istante per istante, tra le grandezze consentite, quella
da applicare in modo che la funzione V(t) in uscita abbia l'andamento desiderato, o che è
lo stesso, possegga un fissato contenuto armonico. Si intuisce allora, come il compito del
sistema di controllo, sia quello di "ritagliare" la funzione di ingresso E, facendole
assumere, di volta in volta, il più opportuno tra i valori "permessi". Poiché, in pratica, non
è realizzabile un perfetto accordo tra l'andamento desiderato Vmod(t) e quello effettivo, di
uscita del convertitore, il problema consisterà nello scegliere gli istanti di commutazione
dei componenti in modo da approssimare al meglio la funzione modulante.

1.1 Modulazione con portante triangolare.

Un primo metodo per sintetizzare una grandezza di uscita V(t) in modo da approssimare
l'andamento della tensione cosiddetta modulante Vmod, consiste nel dividere il periodo T di
Vmod in intervalli di uguale durata e di regolare l'apertura e chiusura dei componenti in
modo che il valore medio di V(t) eguagli, in ciascun intervallo, il valore medio di Vmod .
Gli istanti di commutazione dei componenti nella tecnica PWM, nascono dal confronto
tra due funzioni: una di forma triangolare e frequenza costante chiamata portante, e una
(modulante) Vmod di forma, ampiezza e frequenza pari alla tensione desiderata in uscita
all'inverter V(t) (fig.14.21). Si consideri il ramo A di uno schema a ponte con in ingresso
una tensione continua, si possono distinguere due tipi di alimentazione, quella in cui il
morsetto superiore del link ha tensione 1 in p.u. e quello inferiore 0 in p.u, e quella in cui
un morsetto ha tensione 1/2 e l'altro -1/2 in p.u. Quando la modulante risulta maggiore
della portante, si porta in "on" il componente S2 e in "off" il S1 , viceversa accade
quando la portante risulta maggiore della modulante, ed in tale modo la V(t) desiderata
può essere simulata con una funzione a due livelli (1,0) o (-1/2, 1/2).
Il rapporto tra la frequenza della portante e la frequenza della modulante definisce il
rapporto mf, e si può vedere che per elevati valori di questo parametro, che p uò non essere
intero, la portante e la modulante non sono sincronizzate, e quindi in un periodo di Vmod
non cadono lo stesso numero di intersezioni con Vport. La PWM è detta allora asincrona, e
in uscita sono presenti delle subarmoniche di tensione di valore molto piccolo, nel caso in
cui però il carico è un motore e la frequenza della fondamentale è piccola, il valore delle
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subarmoniche di corrente è elevato. Se invece mf non è elevato allora il parametro deve


essere intero, quindi le due onde portante e modulante debbono essere sincronizzate,la
PWM è detta sincrona, e si ha una assenza delle subarmoniche. Inoltre la portante e la
modulante vengono scelte di polarità opposta nel punto di coincidenza a zero, e nel caso di
inverter trifase tale parametro viene scelto multiplo di 3 al fine di eliminare nella tensione
concatenata l'armonica fondamentale mf. In ambedue i casi si dovrà tenere conto, se il
controllo è di tipo digitale del tempo di campionamento
Il rapporto tra l'ampiezza della modulante e l'ampiezza della portante, definisce il
rapporto di modulazione ma
V
ma = mod
V por

Se ma < 1 ( sotto modulazione) si ha una modulazione lineare, fig.14.26, l'ampiezza della


fondamentale varia linearmente con tale coefficiente, oltre alla fondamentale si hanno delle
armoniche di valore mf, 2mf, 3mf, e centrate intorno a ciascuna di queste delle armoniche di
valore più piccolo. In questo range di variazione, maggiore è il rapporto di modulazione ,
maggiore risulta il tempo di accensione del componente superiore del ramo
dell'inverter, e più elevato risulta il valore medio della tensione in uscita all'inverter come
dimostra la seguente formula , nel caso in cui la funzione a due livelli è 1/2, -1/2

V = ma Vd/2 , con Vd la tensione in ingresso all'inverter.

Se ma è >1, si ha la cosiddetta sovra modulazione, in tale caso la tensione di uscita ha un


contenuto armonico maggiore, tale che la fondamentale può non essere più dominante, ed
inoltre non varia più linearmente con ma e sono presenti delle armoniche di ordine inferiore
ad mf.
Pertanto all'aumentare di ma la modulazione PWM si avvicina sempre di più alla tecnica a
sfasamento o ad onda quadra fino a coincidere con questa.
Con la tecnica PWM, a differenza della tecnica a sfasamento o a onda quadra, il
valore medio della tensione di uscita può essere regolato agendo sul rapporto di
modulazione dell'inverter, tale tecnica , dato l'elevato numero di confronti tra la portante
e la modulante, richiede un numero di commutazioni più elevato rispetto a quella
a sfasamento, comporta quindi uno stress maggiore per i componenti e un aumento delle
perdite di commutazione elemento da tenere presente nel dimensionamento del
dissipatore di calore. La tecnica PWM offre però il vantaggio di un minor valore
dell'ondulazione di corrente di uscita dell'inverter, ed inoltre poiché le armoniche di
tensione prodotte sono a frequenze più alte, risultano più facilmente filtrabili.
Se mf è elevato, la modulazione può considerarsi costante durante un periodo della portante
triangolare, se quest'ultima ha una ampiezza di 2π, le sue intersezioni con la funzione
modulante Vmod avranno luogo nei punti α e 2π-α ed il valore medio della tensione di
uscita, se Vd è la tensione continua in ingresso all’inverter, può scriversi:
V α 
Vm = d  
2 π 
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d'altra parte se Vo è il valore di Vmod alle intersezioni con la funzione triangolare di valore
massimo Vpx, il valore di α, tenendo conto dell'andamento lineare della Vpor, può scriversi:
V
α= 0 π
V px
si ha quindi
V V 
Vm = d  0 
2  V px 

la tensione media di uscita è proporzionale al rapporto Vo/Vpx. Tale rapporto deve essere
scelto in modo tale da rendere per quanto possibile piccole le armoniche e nello stesso
tempo non raggiungere frequenze troppo elevate compatibilmente al tempo di spegnimento
degli interruttori elettronici.

14.21 - Modulazione analogica triangolare

Si può osservare che Vmod può essere approssimata con tanta maggiore precisione, quanto
più piccolo è l'intervallo base della funzione triangolare, inoltre se la frequenza di
commutazione è più elevata della massima frequenza dello spettro di Vmod si può ritenere
che V(t) ed Vmod abbiano lo stesso contenuto armonico, cioè la qualità della modulazione è
tanto migliore quanto più elevata è la frequenza dell'onda triangolare.

1.2 Inverter monofase full-bridge


1.2.1 PWM Bipolare
In questo caso gli switch 1-4 e 2-3 vengono comandati a coppia, l'uscita del componente
sul ramo A è uguale ed opposta all'uscita del componente sul ramo B, si ha pertanto

VBo(t) = -VAo(t)
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S1 S3

S2 S4

Fig. 14.22 Schema elettrico dell'inverter monofase PWM

pertanto la tensione di uscita Vo(t) può scriversi:


Vo(t) = VBo(t) -VAo(t) = 2 VAo(t)

ed il picco della fondamentale della tensione di uscita è pari a

Vo1 = ma Vd per ma<1 ; Vd <Vo1< Vd (4/π) per ma>1

Fig. 14.23 - Modulazione analogica triangolare, a)bipolare, b)unipolare

Se la tensione che agisce su un componente è Vd/2, la tensione di uscita oscilla tra +Vd e
-Vd, per tale motivo il funzionamento è detto bipolare.
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1.2.2 PWM unipolare


In questo caso vi sono due funzioni di modulazione, una per i componenti superiori ed una
per gli inferiori, i componenti pertanto non saranno comandati a coppia come per il
bipolare ma uno per volta e si avranno le seguenti combinazioni:

S1 S4 on VAn = Vd VBn= 0 Vo= Vd


S2 S3 on VAn = 0 VBn = Vd Vo =-Vd
S1 S3 on VAn = Vd VBn = 0 Vo = 0
S2 S4 on VAn = 0 VBn = Vd Vo = 0

in cui n è il conduttore sul link in continua a potenziale negativo. In questo caso la


tensione in uscita ai capi di un carico varia tra Vd e 0 oppure tra -Vd e 0, da cui il nome di
unipolare per distinguerlo dal caso precedente in cui si passava da Vd a -Vd. I vantaggi
rispetto al caso precedente sono due: a) il raddoppio della frequenza di commutazione, b)il
salto della tensione di uscita si riduce della metà. In fig. 14.23 sono mostrati gli andamenti
della tensione di uscita VAB per l'inverter monofase a ponte nel caso a) bipolare, b)
ipolare. In fig.14.24 è confrontato lo spettro armonico normalizzato per il caso bipolare (a),
e per quello unipolare (b). Il vantaggio offerto nel caso unipolare del raddoppio della
frequenza di switching, appare evidente notando che l'armonica più bassa è in questo caso
il doppio di quella che si presenta nell'altro caso.

Fig.14.24- Confronto fra lo spettro armonico di un PWM bipolare (a) e di uno unipolare
(b).
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1.3 Inverter trifase


In questo caso il controllo va effettuato su ogni ramo dell'inverter, e per un inverter trifase
si utilizzano tre modulanti sfasate tra loro di 120º. La tensione tra due fasi ha un
andamento uguale a quello mostrato in fig. 14.23, e le frequenze armoniche nella tensione
di fase sono mf, 2mf, 3mf, ..., intorno alle quali si hanno frequenze armoniche fornite dalla
espressione
fh = (j mf ± k) f1

per j pari , k dovrà essere dispari e viceversa, vi saranno pertanto armoniche di ordine:

mf mf± 2 mf± 4
2mf 2mf± 1 2mf± 3 2mf± 5
3mf 3mf± 2 3mf± 4 3mf ± 6
Se si costruisce lo spettro armonico si ottiene un grafico simile a quello di fig. 14.24, per il
caso di inverter monofase con PWM unipolare.
Si ricordi che nel caso trifase, se mf è multiplo di tre, poiché nella tensione concatenata la
differenza fra le armoniche è pari a 120° mf, la differenza fra le armoniche è multipla di
360°, quindi la differenza fra queste armoniche si annulla.

FIg.14.25 - Schema elettrico di un inverter trifase PWM

Infine, nella zona lineare, la tensione concatenata alla frequenza fondamentale ha un valore
efficace pari a:
V 3 Vd
VAB1 = 3 An1 = ma = 0.612maVd
2 2 2
con VAn1 pari al valore di picco della fondamentale di fase rispetto al valore di tensione
Vd sul link negativo in continua.
V
V An1 = m a d
2
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Si ricordi inoltre che, nel caso di inverter a onda quadra, la tensione concatenata alla
frequenza fondamentale ha un valore efficace pari a:
3 4 Vd
V AB1 = = 0.78 Vd
2π 2

Fig.14.26 - Rapporto tra il picco della fondamentale concatenata VAB1e la tensione di link
Vd al variare di ma

Fig. 14.27 – Forma d’onda di una tensione di una tensione di fase Van e concatenata Vab
per un sistema trifase
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1.4 Rappresentazione vettoriale del PWM


Si consideri un inverter trifase, si può notare che vi sono 23 configurazioni possibili degli
interruttori statici, cui corrisponde una ben definita tensione di uscita indipendentemente
dal verso delle correnti di fase.
Applicando le trasformate trifase/bifase al convertitore si può verificare che le otto
configurazioni corrispondono ad una stella simmetrica di 6 vettori Vk (k=1,6), il cui
modulo è legato a quello della tensione continua Vdc, e a due vettori nulli Vo e V7.
Indicando con Sa, Sb, Sc lo stato di conduzione dei tre rami (Sk=0 interruttore inferiore del
ramo k chiuso e superiore aperto, Sk=1 interruttore superiore del ramo k chiuso ed inferiore
aperto), si ha che la tensione ai morsetti di uscita dell’inverter è rappresentata dal vettore:

Vdqs = Vds + jVqs =


2
3
( )
E S a + S b e j 2π 3 + S c e j 4π 3

La stessa relazione può essere ottenuta ricordando la matrice di trasformazione di Park1


a,b,c⇒ d,q,0

 1 1 
 1 − −
2 2 
 
3 3
[T ] =  0 −
 2 2 
 1 1 1 
 
 2 2 2 

Fig. 14.28 – schema di un inverter trifase

1
Con tale trasformazione, in sostanza è possibile esprimere le grandezze trifasi con due grandezze
ortogonali pure dipendenti dal tempo. Nel riferimento ortogonale (dq0), si può pensare che le quantità
Vd(t) e Vq(t) siano le componenti di una terna di tensioni trifase simmetriche in un riferimento rotante
nel piano con velocità angolare ω .
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Se la connessione degli switch del ponte raddrizzatore trifase è tale che sono chiusi gli
switch 1-6- 2-, cioè lo switch superiore del ramo a e i due inferiori dei rami b e c, la
tensione fondamentale ai capi della fase a, b, c, essendo n il centro stella del carico e Vdc
l’intera tensione sul link in continua , può essere ricavata come:
Vab = Vac = Vdc ; Vbc = 0
Vbn = Vcn ; Van + Vbn + Vcn = 0 ; Van = −(Vbn + Vcn ) = −2Vbn
Vdc V V
Van = ; Vbn = − dc ; Vcn = − dc
2 2 2
Va = Van − V0 ; Vb = Vbn − V0 ; Vc = Vcn − V0 ;

sfruttando le condizioni di carico equilibrato

Va + Vb + Vc = 0
si ricava
V + Vbn + VCn V
V0 = an = − dc
3 6
1 1 2
Vb = − Vdc ; Vc = − Vdc ; Va = Vdc
3 3 3
Si tenga presente che in questo caso, proprio perchè si considerano solo le fondamentali
Vabc sull’intero periodo T, è possibile fissare pari a zero la somma delle tensioni stellate,
infatti se si considera la tensione come somma della fondamentale e delle sue armoniche la
somma delle tensioni stellate non è nulla ma pari al potenziale del centro stella V0.
Procedendo in maniera analoga per le altre configurazioni, si giunge alla costruzione della
seguente tabella.

- Tabella delle configurazioni -

Config. SSV vab vbc vca uan ubn ucn Ua ub uc uo


000 V7 0 0 0 -Vdc/2 -Vdc/2 -Vdc/2 0 0 0 -Vdc/2
001 V5 0 -Vdc Vdc -Vdc/2 -Vdc/2 Vdc/2 -Vdc/3 -Vdc/3 2Vdc/3 -Vdc/6
010 V3 -Vdc Vdc 0 -Vdc/2 Vdc/2 -Vdc/2 -Vdc/3 2Vdc/3 -Vdc/3 -Vdc/6
011 V4 -Vdc 0 Vdc -Vdc/2 Vdc/2 Vdc/2 -2Vdc/3 Vdc/3 Vdc/3 Vdc/6
100 V1 Vdc 0 -Vdc Vdc/2 -Vdc/2 -Vdc/2 2Vdc/3 -Vdc/3 -Vdc/3 -Vdc/6
101 V6 Vdc -Vdc 0 Vdc/2 -Vdc/2 Vdc/2 Vdc/3 -2Vdc/3 Vdc/3 Vdc/6
110 V2 0 Vdc -Vdc Vdc/2 Vdc/2 -Vdc/2 Vdc/3 Vdc/3 -2Vdc/3 Vdc/6
111 V8 0 0 0 Vdc/2 Vdc/2 Vdc/2 0 0 0 Vdc/2
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I sei vettori tensione della figura 14.27 corrispondono al funzionamento di un inverter six
step, i due vettori nulli si presentano invece in presenza di un inverter con modulazione
PWM.
Per quanto riguarda la corrente lato continua questa è legata alla corrente di carico Is ed alla
configurazione degli interruttori dalla relazione:

I dqs =
2
3
( )
S a + S b e j 2π 3 + S c e j 4π 3 I s

ovvero la corrente lato continua rappresenta la proiezione del vettore corrente di carico
lungo la direzione individuata dal vettore tensione ai morsetti di uscita, a meno di una
costante moltiplicativa. Le relazioni sono rappresentate graficamente dal diagramma 14.27

Fig. 14.29 - Rappresentazione vettoriale delle tensioni e correnti dell’inverter, nella


rappresentazione bifase sugli assi d,q.

1.5 Soppressione programmata delle armoniche


Questa tecnica di controllo contiene, nella tensione di uscita, dei buchi per eliminare delle
frequenze fissate, gli switch nei due rami sono controllati separatamente, in modo simile
alla PWM unilatero. Nel caso monofase se si scrive l'espressione della armonica h-esima
β 2
2 V0 4 V0
Voh = ∫
π −β 2 h
cos(hθ ) dθ =
π h
sen(hβ )

con β= (90º -α/2), è possibile pertanto calcolare il valore di α che annulla la h-esima
armonica. Sarà perciò necessario calcolare gli istanti di commutazione ottimali e
prevedere una memoria ed un insieme di dispositivi (ad es. un microprocessore) in grado di
identificare gli istanti di commutazione ed effettuare le necessarie operazioni.
Poiché nella maggior parte degli invertitori si ammette che la grandezza modulante Vm(t)
ha una simmetria al quarto d'onda e che sia una funzione dispari, ne consegue che se
θ1, θ2,... θn sono gli angoli di commutazione nel primo quarto di periodo, si può scrivere:
a) per gli angoli di commutazione del secondo quarto di periodo
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θ(n+i) =π/2 +θ( n-i +1 ) con i=1,2,... (14.24)

b) per gli angoli di commutazione del terzo quarto di periodo

θ(2n+i) =π +θ(i) (14.25)

c) per gli angoli dell'ultimo quarto di periodo

θ(3n+i) =2π - θ(n-i +1) (14.26)

Si può perciò vedere, come sfruttando le simmetrie, il numero di commutazione da


memorizzare per un periodo risulta più piccolo. Pertanto, se si fissa l'andamento desiderato
della sinusoide x(t), i calcoli vengono estesi al primo quarto di periodo e si dovranno
ricavare i termini dello sviluppo in serie di Fourier tenendo conto che x(t) è una funzione
dispari e non ammette termini in seno ; perciò nel caso di modulazione unilatera fig.14.15-a
si avrà:

bn =(4/π)(cosθ1 -cosθ 2 +cos θ3.....) (14.27)

Ad esempio nel caso in cui x(t) sia una sinusoide, gli angoli di commutazione θ sono
calcolati, in modo da imporre il valore della armonica fondamentale ed annullare i valori
delle prime (n- 1) armoniche, che sono quelle a frequenza più bassa e quindi le più
fastidiose.

ωt
α

ωt

α
ωt

180−α

fig. 14.30 - Inverter a soppressione di armoniche, tensione di uscita a)per inverter trifase,
b) per inverter monofase.
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1.6 Modulazione a PWM regolata a isteresi


Direttamente legata alla PWM è la tecnica di controllo cosiddetta a isteresi , questa
tecnica nel campo degli azionamenti consente di imporre la tensione di alimentazione
del carico (motore), in funzione della forma d'onda della corrente desiderata e viene
indicata come CRPWM (Current Regulated Pulse Width Modulation).
La modalità di commutazione dei componenti dell'inverter avviene secondo
la tecnica del PWM precedentemente descritta.
Due metodi, in particolare, sono utilizzati per ottenere gli impulsi di comando dei
componenti dell'inverter in modo da controllare la corrente di statore del motore:
- il controllo mediante regolatori ad isteresi
- il controllo mediante regolatori proporzionali - integrali.

Il controllo mediante regolatori ad isteresi si ottiene confrontando il valore istantaneo


della corrente di fase del motore con una corrente di riferimento; quando il valore della
corrente effettiva si discosta da quello di riferimento, oltre i limiti imposti dalla
banda di tolleranza, si verifica la commutazione dei componenti dell'inverter. Il
confronto delle correnti effettuato su tutte e tre le fasi.
La frequenza di commutazione dei componenti non è costante, essa varia in funzione
del tempo di salita della corrente, quindi se il carico è un motore risulta legata al valore
della f.c.e.m., all'induttanza del motore, ed inoltre al valore della tensione sul lato
c.c.. Con questa regolazione quindi, l'ondulazione della corrente di statore intorno al
suo valore di riferimento, risulta di ampiezza costante e di frequenza variabile, altrimenti
sarà necessario effettuare la commutazione a frequenza fissa ammettendo però che la
corrente possa essere fuori della banda di tolleranza.

Fig. 14. 31 - Inverter monofase PWM, regolato a CRPWM


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Fig. 14. 32 - Inverter monofase PWM, regolato a CRPWM

In questo ultimo caso il controllo può essere effettuato mediante regolatori P.I.
procedendo nel modo sottoesposto: si calcola l'errore tra il valore istantaneo di corrente e il
valore di riferimento; l'errore di corrente così calcolato rappresenta l'ingresso del
regolatore P.I., il segnale di uscita del regolatore, detto tensione di controllo, è
confrontato, attraverso un comparatore, con un onda triangolare di tensione avente
frequenza costante. L'intersezione tra la tensione di controllo e la triangolare,
comanda l'inserimento o il disinserimento dei componenti dell'inverter. Con questa tecnica
l'ondulazione della corrente rispetto al valore di riferimento risulta di frequenza costante e
di ampiezza variabile.
La funzione di trasferimento del blocco P.I. è del tipo
Vcont = K p ∆I + ∫ K i ∆i dt + Vo

dove Kp e Ki sono le costanti di regolazione e ∆i è l'errore di corrente. Il primo termine a


secondo membro rappresenta l'elemento proporzionale del regolatore che fornisce
una regolazione immediata; l'altro termine rappresenta l'elemento integrale che agisce
in un tempo più lungo, ma permette di annullare l'errore in regime permanente.

1.6.1 Confronto fra gli Inverter a Corrente Impressa(CSI) ed i CRPWM


Il confronto seguente viene impostato supponendo che il carico sia un motore a corrente
alternata, il che comporta ovviamente l'esigenza di regolare la corrente in uscita dall'
inverter sia in modulo che in fase.
Nel caso in cui l'inverter è del tipo CSI, la regolazione del modulo della corrente in uscita
viene effettuata variando l'ampiezza della corrente nella prima parte dell'apparecchiatura e
precisamente a monte della bobina di spianamento, mentre la fase viene regolata variando
l'accensione degli SCR a valle dell'induttanza.
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Questo sistema comporta alcuni inconvenienti, peraltro già accennati precedentemente,


ma comunque riassunti di seguito.
a) mentre la regolazione sulla fase viene effettuata molto velocemente , quella sulla
ampiezza è relativamente lenta.
b)la corrente in uscita dall'inverter ha una forma rettangolare, invece che sinusoidale, con la
conseguenza che si presentano delle coppie pulsanti e quindi problemi alle basse velocità.
c)il ritardo alla commutazione provoca un errore nella determinazione della fase, errore
che aumenta all'aumentare della frequenza.

Nonostante queste limitazioni i CSI trovano applicazione specialmente alle alte potenze
e dove è possibile una commutazione di carico.
Nel caso in cui si fa uso dell'inverter CRPWM), la regolazione del modulo della corrente
e della fase vengono effettuate simultaneamente. Diversi schemi possono essere adoperati,
il più semplice consiste nel confrontare la corrente di uscita con una corrente di
riferimento, ed utilizzare la differenza per regolare l'inverter. Questo sistema ha una
risposta veloce sia per la regolazione del modulo che della fase della corrente, inoltre
permette di costruire correnti sinusoidali senza il sorgere di problemi legati alle coppie
pulsanti.

2 Space Vector Modulation (SVM)

2.1 Trasformazione da un sistema trifase ad uno bifase


Di seguito si vuole ricavare a partire da un sistema trifase di tensioni concatenate le
espressioni delle tensioni su un piano bifase ortogonale.
Ricordando che l’obiettivo di un inverter è quello di generare tre tensioni concatenate in
uscita, variabili nel tempo, secondo le consuete espressioni:
vab (t ) = Vm cos ωt
vbc (t ) = Vm cos(ωt − 120)
vca (t ) = Vm cos(ωt + 120)

in cui Vm è il valore massimo della tensione concatenata2, ed inoltre si desidera regolare


con continuità l’ampiezza e la frequenza di tali grandezze.
Ci si può ricondurre ad un sistema bifase αβ , utilizzando la matrice di trasformazione di
Park3:

Vm 3U m 3
2
V = = = U dc = 0.612U dc con Um valore massimo della tensione concatenata, V
2 2 2 2
valore efficace della tensione concatenata e Udc tensione ai capi del condensatore sul link in continua (fig.
14.40).
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 1 1 
 1 −2 −2 
 vα (t )  v ab (t )   Vab (t )
v (t ) = T  v (t )  = 2  0 3

3 
Vbc (t ) 
 β   bc  3 2 2  
 v0 (t )   vca (t )   1 1 1  Vca (t ) 
 
 2 2 2 
in cui T = TSt è la matrice di trasformazione di Park, si ottiene pertanto:

3 
 cos ωt 
vα (t ) 2
2 3 
 v (t )  = V  sin ωt  .
 β  m
3 2 
 v0 (t )   0 
 

Si può considerare un vettore


r r r
v (t ) = vα (t ) + vβ (t ) = vα (t )αˆ + vβ (t )βˆ

di modulo e fase rispettivamente:


r vβ (t )
v(t ) = v (t ) = vα2 (t ) + vβ2 (t ) ; γ (t ) = arctan
vα (t )
od anche, utilizzando la rappresentazione di Eulero:
r
v (t ) = v(t )e jγ ( t ) .

Se, in maniera del tutto analoga, si analizzano le 8 differenti configurazioni


dell’inverter trifase, in grado di fornire altrettante terne di valori per le tensioni concatenate
come visto in tabella, è possibile ottenere per ciascuna di esse le componenti nel sistema
bifase del sistema trifase delle tensioni concatenate in uscita dal convertitore. Con
riferimento alla configurazione 100, si ha:
vab (t ) = Vdc
vbc (t ) = 0
vca (t ) = −Vdc

2 1  2
Vα = Vab − Vbc + Vca  = Vm cos(ωt );
3
3 2  3
2 3 3  1 1
Vβ = − V + V = (V − V ) = Vm senωt
3  2 
bc ca ca bc
2  2 2
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 38

Applicando la trasformazione di Park, si ottiene4:

vab (t )  3 
Vdc 
vα (t )   2 
 v (t )  = TPa  vbc (t )  =  1
 β   vca (t )   Vdc 
 2 

quindi
r r
vPa = 2Vdc e j 30 = V1 .
Se, in maniera del tutto analoga, si analizzano le altre possibili configurazioni
dell’inverter trifase, si ottengono:
- 6 vettori non nulli, che suddividono il piano in altrettanti settori;
- 2 vettori nulli, che non presentano componenti nel piano.

Questi 8 vettori, denominati SSVs Switching State Vectors, definiscono la


rappresentazione vettoriale dell’inverter, illustrata in figura 14.27, su cui si basa la tecnica
di modulazione SVM. Si può notare la posizione relativa degli assi delle tensioni
concatenate, degli SSVs e delle grandezze bifasi.

2.2 Tecnica SVM


La SVM (space vector modulation) è una tecnica di controllo vettoriale in cui si tratta il
vettore attuale di tensione direttamente, conoscendone l’esatta posizione sul piano dq.
L’esigenza di introdurre questa nuova tecnica nasce dallo scarso sfruttamento delle
capacità dell’inverter con l’utilizzo della PWM (Vab,max/Vd).
Utilizzando la rappresentazione vettoriale appena introdotta, si nota che la forma d’onda di
massima ampiezza fondamentale (a parità di tensione sul link in continua) è ottenibile con
la sequenza cosiddetta “a sei passi” (six step), illustrata in figura 14.33:

 2 V 
−1  Vdc + dc 
 1 −1  V 3 2   2  3 
 2 2   dc     Vdc 
4
=
2
0 3 − 3  0  =  2 V 
 + 3 dc   =  3  2 
3 2 2    3 2   Vdc 
1 1 1   dc  
 − V
 2 2 2   0   2 
 
 
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 39

Vmax6step
π 4π/3 2π
5π/3
π/3 2π/3 ωt

Fig.14.33 Modalità a sei passi (six step)

In figura è anche riportata l’armonica fondamentale il cui valore efficace vale per il sistema
trifase5:
3 4 Vd
Vmax sixstep = ⋅ = 0.78 Vd
2π 2
Questo risultato si raggiunge solo a costi di un’elevata distorsione armonica di bassa
frequenza.
D’altra parte, ricordando l’espressione della massima ampiezza ottenibile con la PWM, si
ha che questa tecnica utilizza l’inverter solo al 61,2% delle reali possibilità:
Vmax sinpwm
= 0,785
Vmax sixstep
La tecnica SVM viene introdotta proprio per migliorare lo sfruttamento delle risorse come
verrà verificato alla fine del paragrafo.
La tecnica si basa come detto sulla conoscenza esatta della posizione della terna di tensioni
di fase nel piano dq. Se il periodo di switching è sufficientemente breve, la tensione media
può ragionevolmente considerarsi costante pari a Vrif 6 durante l’intero periodo.
Con riferimento alla figura 14.34, il vettore Vrif si troverà in uno dei 6 settori e può essere
considerato come combinazione pesata dei due vettori adiacenti e dei vettori nulli V0 e V7;
quindi, in ogni ciclo, l’imposizione del vettore di tensione desiderato è ottenibile con una
sequenza di switching fra questi 4 stati dell’inverter.
Di conseguenza in un periodo, il vettore Vrif può essere approssimato dal valor medio
temporale di due vettori di tensione VK e VK+1 corrispondenti a due stati non nulli dell’inverter,
ognuno pesato con il proprio tempo di applicazione TK e TK+1 . Vale quindi la relazione:

Vm 3U m 3 4 U dc
5
Vmax,sixstep = = = = 0,78U dc con Um tensione di fase massima
2 2 2π 2
6
Nel seguito dl paragrafo vengono indicate con U le tensioni di fase e con V le tensioni concatenate
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 40

Vrif TS = VK Tk + Vk +1Tk +1

La scelta dei due vettori di tensione adiacenti Vk e Vk+1 da applicare dipende dal settore di 60°
(delimitato dagli stessi vettori V1,..,V6) in cui si viene a trovare il vettore di riferimento.
Quanto detto è schematizzato in figura 14.34.

2
Vref
1
3

T2V2

T1 V1

4
6

Figura 14.34 - Formazione dei vettori di tensione.

Per ottenere la migliore prestazione vanno preventivamente escluse le combinazioni che


utilizzano SSVs non adiacenti, poiché darebbero luogo ai seguenti svantaggi:
- elevate perdite per commutazione (passando da un SSV al successivo occorrono più
commutazioni);
- elevato contenuto armonico delle tensioni in uscita.

la sequenza è tale che la transizione da uno stato all’altro è realizzata scambiando un solo
ramo dell’inverter alla volta. Questa condizione è soddisfatta se la sequenza comincia con
un vettore nullo e i morsetti dell’inverter sono scambiati fino al raggiungimento dell’altro
stato di nullo. Per completare il ciclo la sequenza è invertita, terminando con il primo stato
di zero.
V
Se ad esempio il vettore rif giace nel primo settore, la sequenza è 0127210 mentre se
giace nel quarto settore 0547450.
La parte centrale della strategia di controllo SVM è l’assegnazione delle durate degli stati
attivi e nulli per ogni ciclo, ciò è ottenibile eguagliando il vettore medio, applicato con le
sequenze descritte, al vettore di riferimento.
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 41

Nelle equazioni seguenti si indica con Tk il semiperiodo di accensione del vettore Vk e con
T0 il semiperiodo dello stato di nullo. L’equazione di uguaglianza tra vettore applicato e
vettore di riferimento in un semiperiodo è:
Ts T0 T0 T0 Ts
+ Tk + T k + Tk + 1
2 2 r 2 r 2 r 2 r

0
V rif dt =
∫ 0 dt +
0
V ∫
T0
Vk dt +
T0
∫ k +1dt +
V
T0
∫ 7 dt
V
+Tk + Tk + T k + 1
2 2 2
Essendo:
T
T0 + Tk + Tk +1 = s
r r r r 2 r r
Ricordando che V0 = V7 = 0 , che Vref è supposto costante e che i vettori Vk e Vk +1
sono costanti, l’equazione precedente si riduce a:
r T r r
Vrif ⋅ s = Vk ⋅ Tk + Vk +1 ⋅ Tk +1
2

Vk+1

Vrif k

Vk

Fig. 14.35 - Vettore Vrif nel settore k

Utilizzando le espressioni complesse:


r
Vrif = Vα + j ⋅ Vβ

Le componenti di una generica Vrif , a partire dai vettori Vk+1 e Vk, sugli assi α e β può
scriversi:
  ( k − 1)π   kπ  
  cos   cos 
Vα  Ts 2  3 3
  ⋅ = U dc Tk   + Tk +1   =
V  2 3   ( k − 1)π   kπ 
 β
  sin   sin 
  3   3 
 ( k − 1)π kπ 
 cos cos
2 3 3  Tk 
= U dc  
3 sin ( k − 1)π kπ  Tk +1 
sin
 3 3 
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 42

r
Dove k è determinato conoscendo la posizione del vettore Vrif .
La condizione di minimo numero di commutazioni per ciclo è soddisfatta applicando in
ogni settore dispari la sequenza:r r r r r r r
V0 Vk Vk +1 V7 Vk +1 Vk V0
E in ogni settore pari la sequenza:
r r r r r r r
V0 Vk +1 Vk V7 Vk Vk +1 V0
Risolvendo il sistema di equazioni precedente si ottiene:
 kπ kπ 
sin − cos
 Tk  3 Ts  3 3  Vα 
  = ⋅ ⋅ 
 Tk +1  2 U dc  − sin (k − 1)π (k − 1)π  Vβ 
cos
 3 3 
Il periodo di accensione dello stato di nullo T0 può essere diviso arbitrariamente tra i due
vettori di nullo V0 e V7. Una soluzione tipica è la ripartizione uguale fra i due vettori.
Una volta determinati i valori di T0, Tk, Tk+1 è possibile ricavare, per ogni periodo di
commutazione TS l’andamento dei segnali che comandano gli switch di ciascun ramo
dell’inverter e quindi i duty cycle di ogni fase.

Fig. 14.36 Segnali di comando delle colonne dell’inverter quando Vrif giace nel settore k.

Dalla trattazione effettuata risulta evidente che la massima ampiezza di tensione ottenibile
con la tecnica SVM è quella del cerchio inscritto all’esagono formato dai vettori V1-6 come
in figura 14.37. Il raggio del cerchio vale:
3 2 1
VrifMax = ⋅ ⋅ U dc = U dc
2 3 3
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 43

Fig.14.37 Massimo valore di ampiezza con la tecnica SVM

Confrontando questo valore col massimo valore ottenibile dall’inverter (six step) si ha:
1
U dc
VrifMax 3
= = 0,906
Vmax sixstep 2
U dc
π
Lo sfruttamento è quindi del 90,6 %, con un incremento del 15% rispetto alla tecnica
PWM.
Si nota infine che rimangono ancora inutilizzate delle zone dell’esagono in prossimità dei
vertici dei vettori; è possibile quindi aumentare ancora lo sfruttamento dell’inverter adottando
tecniche di modulazione più complesse
I vantaggi della Space Vector Modulation rispetto alla PWM sinusoidale si possono
riassumere nei seguenti punti:
1. Questa tecnica può sfruttare la rappresentazione del vettore rotante direttamente nel
sistema di riferimento sincrono (α,β) il che implica che si possono utilizzare come
valori di riferimento direttamente le componenti vα* e vβ* della tensione statorica
ottenibili da uno schema di regolazione sincrona quale quello visto nel precedente
capitolo. Così facendo, si evita il calcolo di una trasformata di Park inversa (dal
sistema (α,β) al sistema (a,b,c)) con conseguente diminuzione del costo
computazionale dell’algoritmo di controllo.
2. A parità di tensione del link in continua Udc, le ampiezze delle tensioni concatenateVLL
ottenibili con questa tecnica sono superiori a quelle ottenibili con la PWM sinusoidale il
che implica un maggiore sfruttamento della tensione disponibile sul link.

Con riferimento al settore 1, avendo posto d1=T1/TS, d2=T2/TS, si possono scrivere le


seguenti relazioni:
r r
Vrif cos γ = d1 V1 + d 2 V2 cos 60
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 44

r
Vrif sin γ = d 2 V2 sin 60
dalle quali si ricavano i valori di d1 e d 2 , infatti:
Vrif
d2 = r sin γ
V2 sin 60

r
V rif cos γ − d 2 V2 cos 60 Vrif  cos 60 sin γ  V rif
d1 = r = r  cos γ − = r sin(60 − γ ) .
V1 V1  sin 60  V1 sin 60

Nel generico settore, considerando che


r r r
V1 = V2 = V = V ,

si ha:
2 Vrif (t )
d k (t ) = sin[60 − ϕ (t )]
3 V
2 Vrif (t )
d k +1 (t ) = sin ϕ (t )
3 V
d 0 (t ) = 1 − d k (t ) − d k +1 (t ) con ϕ (t ) = γ (t ) − ( K − 1)60 ed K = numero del settore, per
utilizzare le medesime relazioni in ogni settore.
Esprimendo tali relazioni in funzione della tensione sul link in continua Vdc , del valore
di picco della tensione concatenata desiderata Vm ed omettendo la dipendenza temporale, si
ha, per le trasformazioni di Park precedentemente esaminate:
3
vrif = Vm e V = 2U dc (14.28)
2

Vm Vm
quindi d k = sin(60 − ϕ ) e d k +1 = sin ϕ (14.29)
U dc U dc

Le tre tensioni di fase, se il vettore di riferimento è nel primo settore, tenendo conto della
fig. 14.36 possono scriversi:
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 45

 − + T1 + T2 + 0  = dc sin (60 + γ )
U dc  T0 T  U
U A0 = o

2Ts  2 2 3

= dc  − 0 − T1 + T2 + 0  = U dc sin (γ − 30o )
U  T T 
U B0
2Ts  2 2
U  T T  U
UC0 = dc  − 0 − T1 − T2 + 0  = − dc
2Ts  2 2 2

Risolvendo le equazioni si possono ottenere i tempi di accensione degli switch per un giro
completo compiuto dal vettore di riferimento, e il valore conseguente delle tre tensioni
stellate.
π
U A0 = ⋅U dc ⋅ sin(ω ⋅ t ) per 0 ≤ ω ⋅ t ≤
6
1 π π π
U A0 = U dc ⋅ sin(ω ⋅ t + ) per ≤ ω ⋅t ≤
3 6 6 2
In figura 14.38 è riportato l’andamento di UA0 (ωt) che è il risultato classico della
modulazione SVM.
E’ interessante vedere quali sono le forme d’onda che si ottengono per la componente
fondamentale della tensione in uscita con questa tecnica di modulazione. Per un quarto di
periodo della componente a frequenza fondamentale, la tensione di fase ha la seguente
espressione:
Per quanto riguarda il resto del periodo la forma d’onda è simmetrica rispetto π/2 nel
primo semiperiodo (ossia tra 0 e π) mentre nel secondo semiperiodo essa è antisimmetrica
rispetto al primo. Si deduce, per sottrazione, che la tensione concatenata tra due fasi (VLL)
è:

2 π
v LL = ⋅ ⋅ U dc ⋅ sin(ω ⋅ t + )
3 6

Gli andamenti delle tensioni di fase e concatenate sono mostrati in figura 14.38.

VLL(tensione concatenata)

VAN (tensione di fase)

7π/6 2π
3π/2
π/6 π/2 π ωt

14.38

Fig. 14.38 - Andamento delle tensioni ottenute con la SVM.


Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 46

Come si può osservare dalla figura, l’andamento delle tensioni di fase non è sinusoidale;
tuttavia il motore, dal punto di vista del comportamento elettrico è rappresentabile
mediante una terna di avvolgimenti connessi a stella o a neutro isolato; pertanto esso
percepisce solo le differenze di tensione tra due fasi (ossia le tensioni concatenate vLL) che
invece sono sinusoidali.

2.2.1 Indice di modulazione


Si definisce indice di modulazione M
Vm
M=
U dc
quindi, le equazioni 14.29 divengono:
d k = M sin(60 − ϕ ) (14.30)

d k +1 = M sin ϕ . (14.31)
r
Come già osservato, il parametro d 0 è quello responsabile del modulo del vettore v rif .
- se d0 = 1 allora d1 = d 2 = 0 da cui discende v rif = 0 ;
- se d0 = 0 allora d1 + d 2 = 1 e v rif può assumere il valore massimo.

Per il calcolo del massimo valore di M, poniamo quindi d 0 = 0 . In tal caso vale:
d k + d k +1 = 1
e sostituendo le equazioni 3.2.2.1 e 3.2.2.2, si ha:
d k + d k +1 = M max [sin(60 − ϕ ) + sin ϕ ] = 1 .
Ricordando che:
sin(60 − ϕ) + sin ϕ = sin 60 cos ϕ − sin ϕ cos 60 + sin ϕ = cos 30 cos ϕ + sin 30 sin ϕ
si ottiene la funzione
1
M max =
cos(30 − ϕ )
Si deduce quindi che:
1 ≤ M max ≤ 1,154
e che U dc ≤ Vm max ≤ 1,154U dc .
r
Consideriamo ora la traiettoria eseguita dal vrif (t ) , quando M = M max . Utilizzando la
trasformazione di Park, si ottiene:
3 V
vrif =
2 cos(30 − ϕ)
per ϕ=0 si ha vrif = V
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 47

per ϕ = 30 si ha vrif = V cos 30 ,


cioè la traiettoria descritta è l’esagono di figura 14.39.
Avere Mmax variabile, comporta che pure Vm,max risulta variabile, essendo Udc costante.
Per tale motivo, si fissa l’indice di modulazione massimo al valore costante pari all’unità.
In tali condizioni, si ha la cosiddetta modulazione sinusoidale e la traiettoria corrisponde
ad una circonferenza di raggio pari a:
vrif = V cos 30 .

Fig. 14.39 - Zone di modulazione -

Se d0 ≠ 0, allora il Vrif potrà occupare tutti i punti interni all’esagono o alla


circonferenza se la modulazione è sinusoidale. Per i due casi si ha rispettivamente:
0 ≤ M ≤ 1,154 e 0 ≤ M ≤ 1.
La regione evidenziata in figura 14.40, rappresenta la zona di sovramodulazione in cui
la risposta del sistema non è più lineare, con incremento di distorsione armonica sulle
tensioni d’uscita.
La figura 14.40 illustra il confronto tra la Sinusoidal PWM e la SVM.
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 48

Fig. 14.40 - Sinusoidal PWM e SVM

Si può notare come la SVM permette un’estensione del campo della modulazione
lineare ad un valore che, rispetto alla Sinusoidal PWM, risulta un 15,4% in più,
permettendo quindi un aumento della tensione in uscita dall’inverter, rimanendo nel campo
lineare.

3 Tecniche di Modulazione Random

Nel capitolo precedente sono state presentate le più comuni tecniche di modulazione
utilizzate negli azionamenti elettrici a velocità variabile.
Esse sono anche chiamate tecniche “deterministiche”, in quanto la forma d’onda del
segnale in uscita viene determinata seguendo regole ben precise, che vengono applicate
sempre nello stesso modo in tutti i cicli di commutazione.
Se si effettua una analisi spettrale delle grandezze elettriche sinusoidali in uscita dal
convertitore (tensione e corrente), si nota che esse sono costituite da una componente
fondamentale e da armoniche discrete riconducibili alla commutazione. Questi “picchi”
nello spettro in frequenza sono determinabili a priori in ampiezza ed in posizione e
calcolabili tramite l’analisi di Fourier del segnale, la quale evidenzia inoltre che in
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 49

corrispondenza di tutte le altre frequenze l’ampiezza della relativa componente è molto


ridotta (basso rumore di fondo).
Le armoniche generate dalla commutazione, oltre a non prendere parte all’effettiva
trasmissione di potenza dal motore elettrico all’utilizzatore, sono ritenute causa di alcuni
disturbi, i quali possono essere classificati come:
• Problemi di emissione elettromagnetica di cui abbiamo già parlato in precedenza.
• Problemi di emissione acustica dovuti alle componenti vibratorie del rotore, associate
alla commutazione, di frequenza compresa nel campo dell’udibile (20 Hz ÷ 20 kHz).
• Problemi di risonanza meccanica nel caso ci siano armoniche di frequenza pari a quella
di risonanza torsionale del sistema meccanico.
In figura è mostrato lo spettro armonico rilevato per una tensione modulata con la tecnica
PWM

Fig.14.41 - Analisi armonica di una tensione modulata con la tecnica PWM


Nuove tecniche di modulazione sono state sviluppate, le quali riducono l’incidenza di
queste problematiche, risolvendole in parte.
In generale queste tecniche vengono classificate come “non deterministiche” o “Random”
(casuali), a causa della presenza all’interno di esse di una componente di natura non
prevedibile.
Lo scopo delle tecniche Random è essenzialmente quello di ridurre l’ampiezza delle
armoniche di frequenza pari a quella di commutazione ed ai suoi multipli. Nel far questo,
inevitabilmente viene innalzato il livello del rumore di fondo: lo spettro si trasforma da
discreto a continuo.
La componente fondamentale non risente dell’applicazione di una tecnica Random: i valori
di tensione e corrente risultano infatti invariati e quindi le prestazioni dell’azionamento
rimangono inalterate.
Il controllo della tensione nei PDS avviene assegnando appropriati duty cycle agli switch
del convertitore di potenza.
Il duty-cycle non dipende dalla posizione dell’impulso di accensione nel periodo di
commutazione, ma ad esempio dipende dalla lunghezza di quest’ultimo. Infatti se si vuole
variare la frequenza di commutazione, per ottenere lo stesso duty cycle bisogna di
conseguenza modificare opportunamente il tempo di accensione.
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 50

Fig.14.42 – Esempi di Impulsi equivalenti, a) Ts =costante,Ton=costante, posizione


variabile, b) Ts =variabile,Ton=variabile, posizione costante,

Se la frequenza di commutazione o la posizione dell’impulso vengono variate ciclo dopo


ciclo in maniera casuale, la componente fondamentale della tensione in uscita dal
convertitore rimane invariata, mentre il resto dello spettro discreto viene significativamente
ridotto, diventando in parte continuo.
Questi due concetti sono alla base rispettivamente delle due più famose tipologie di
tecniche di modulazione Random :
• Tecnica Random Pulse Position (RPP):
• Tecnica Random Lead-Lag (RLL)
• Tecnica Random Center Displacement (RCD)
• Tecnica Random Zero-Vector Distribution (RZD).
• Tecnica Random Switching Frequency (RSF);

Abbiamo visto come, mediante la tecnica PWM, sia possibile ottenere un segnale di
potenza in uscita dall’inverter avente la forma d’onda desiderata e variarne l’ampiezza e la
frequenza. In particolare si osserva che il segnale presenta due livelli di tensione la cui
durata viene determinata mediante il confronto, istante per istante, tra una portante
triangolare ed una modulante, di forma uguale alla tensione di riferimento che si vuole
ricostruire.
Per ovviare a questo inconveniente è stata sviluppata la Regular Sampling PWM nella quale la
modulante viene campionata ad intervalli regolari dando luogo ad una serie di impulsi
equispaziati nel tempo. Come si può vedere in figura 14.43, si assume che durante l’intervallo di
campionamento Ts la modulante possa essere approssimata con una funzione costante uguale al
valore “P” campionato all’inizio dello stesso intervallo.
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 51

Fig. 14.43 - Regular Sampling PWM: determinazione del duty cycle in un intervallo di
campionamento.

Dalla similitudine dei due triangoli MPQ e MST si ricava:


PQ PM
= da cui:
ST SM
TS − Ton 1 − v mod
=
TS 2
Risolvendo rispetto a Ton si ha:
TS ⋅ (1 + vmod )
Ton = dove:
2
vmod = valore della modulante, campionato all’inizio dell’intervallo TS.
Ton = tempo di accensione dello switch superiore TA+ .
Usando una portante triangolare, il Ton risulta essere centrato all’interno dell’intervallo di
campionamento; si noti però che il valore della modulante, campionato all’inizio
dell’intervallo, determina solamente il tempo di accensione dello switch e non è influenzato
dalla posizione del Ton all’interno del periodo TS.

3.1 Tecnica di Modulazione Random Lead-Lag (RLL)


Sfruttando questa proprietà, l’impulso del segnale di commutazione (Ton) può essere posizionato
a piacimento all’interno dell’intervallo di campionamento; l’approccio più semplice consiste nel
selezionare due possibili posizioni: all’inizio (leading-edge) e alla fine (lagging-edge)
dell’intervallo (fig. 14.44).
Elettronica di Potenza A.A. 2005/2006 Convertitori C.C./C.A. cap XIV 52

Fig. 14.44 -Posizionamento dell’impulso nella tecnica random lead-lag.

Nella tecnica random lead-lag la scelta fra queste due posizioni viene effettuata in maniera
casuale rispettando il vincolo che siano equiprobabili.
Ovviamente, nel momento in cui applichiamo questa strategia di modulazione ad un inverter
trifase, dobbiamo tener presente che in un periodo di commutazione disponiamo di tre duty cycle
e quindi, se la selezione casuale avvenisse in maniera indipendente sui tre rami, si potrebbero
realizzare 23 configurazioni.
In realtà questo non avviene perché se ad esempio viene sorteggiata una leading edge, tutti e tre
gli impulsi vengono collocati all’inizio dell’intervallo di commutazione e quindi, di fatto, il
sistema lavora ancora tra due possibili configurazioni equiprobabili.
L’implementazione di tale tecnica si basa sulla realizzazione di un’onda triangolare random
che, in seguito ad opportune modifiche relative al dead-time, viene direttamente
confrontata con il valore del duty-cycle in ingresso.
Questo segnale triangolare è stato concepito come una sequenza di denti di sega in cui, in modo
casuale, in ogni periodo di campionamento viene scelto un tipo di dente oppure il suo
simmetrico.

Fig. 14.45 – onda triangolare random per la RLL

Nel caso in cui un dente ha ascesa con inclinazione positiva e il successivo con quella
negativa, ovviamente il risultato complessivo è un dente unico simmetrico e di ampiezza
pari a due periodi di switching.
Per ottenere l’onda in questione, è stato sufficiente confrontare due onde triangolari
semplici (di ampiezza pari a due periodi di campionamento e sfasate tra loro di un periodo)
con due segnali rettangolari random, l’uno il complementare dell’altro.
Mentre questi ultimi sono determinati dalla comparazione di un segnale random che
fornisce valori casuali compresi tra 0 e 100 ed un segnale costante pari a 50, i primi due
vengono da un blocco che genera una delle due onde triangolari alla quale è sufficiente
sommare un segnale pari ad uno per ottenere la seconda.
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Fig. 14.46 – A,B: onde triangolari simmetriche, C,D: onde rettangolari “random” reciproche.

Per evitare che possano verificarsi corto-circuiti, si deve tener conto del dead-time, sono
stati pertanto utilizzati nello schema delle funzioni delay in modo da poter realizzare due
onde triangolari random l’una interna all’altra e tali per cui, dal confronto col duty-cycle,
forniscano in uscita gli impulsi relativi a d e a 1-d comprensivi del dead-time.

Fig. 14.47 - onde triangolari random per la RLL

3.2 Tecnica di Modulazione Random Center Displacement


In precedenza abbiamo evidenziato che nella Regular Sampling PWM gli impulsi generati
sono centrati all’interno dell’intervallo di commutazione Ts.
Nella random center displacement invece, la mediana dei tre impulsi viene spostata di una
quantità θ n = β ⋅ (TS − Tonmax ) / 2 rispetto alla mezzeria dell’intervallo di commutazione (fig.
14.48): β rappresenta una variabile aleatoria appartenente all’intervallo [-1,1] e avente
max
funzione di distribuzione uniforme; Ton rappresenta la durata del maggiore fra i tre
impulsi generati dall’inverter.
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Fig. 14.48 - Spostamento degli impulsi nella tecnica di modulazione random center
displacement

La tecnica in questione è basata sostanzialmente sulla stessa logica del generatore pwm
classico.
L’unica modifica concettuale consiste nella modifica della posizione del impulso in modo
casuale all’interno del periodo di campionamento, tale segnale infatti risulta caratterizzato
dallo spostamento casuale del vertice dei triangoli dovuto alla variabilità dei loro
coefficienti angolari (fig. 14.49).
Pertanto la funzione random fornisce per ogni periodo di campionamento il valore del
coefficiente angolare (1/u) di salita del triangolo e, tramite dei calcoli di tipo geometrico, si
può ricavare il suo reciproco ( 1/(1 – u)) per la discesa.

Realizzato il segnale triangolare di tipo “random”, è semplice ottenere gli impulsi in uscita
traslati in modo casuale rispetto al centro del periodo.
È’ sufficiente infatti comparare il segnale triangolare random con il duty-cycle in ingresso
utilizzando l’operatore relazionale >= per avere in uscita il segnale (d) da fornire allo
switch superiore, e il <= per il segnale (1 – d) da fornire allo switch inferiore.
Per la necessità di avere un dead-time (evitando così dei pericolosi corto-circuiti) tra il
segnale d e (1 – d), sono stati realizzati due segnali triangolari “random” : il primo
inalterato, il secondo leggermente ridotto in modo tale che sia interno al primo e distante da
quest’ultimo in senso trasversale (ossia orizzontale) proprio del valore del dead-time
prestabilito.
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Fig.14.49 – onde triangolari random per RCD

3.3 Tecnica di Modulazione Random Zero-Vector Distribution (RZD)


Si ricordi il principio sul quale si basa la tecnica di modulazione SVM, in particolare se il
r
Vref
vettore di riferimento giace nel settore k del piano α-β, è possibile ricostruirlo
r r
V V
applicando una combinazione pesata dei due vettori adiacenti k e k +1 ( con k+1=1 se
r r r
k=6 ) e dei due vettori nulli V0 e V7 . Supponiamo che il vettore
Vref
sia ubicato nel primo
settore e che sia individuato dall’angolo φ rispetto all’asse delle ascisse.
β

r
Fig. 14.50 - Rappresentazione del vettore Vref nel riferimento bifase
Il principio sul quale si basa la tecnica random zero vector distribution consiste proprio nel
r r
ripartire in maniera casuale la durata dei vettori V0 e V7 rispettando il vincolo che la
somma delle rispettive durate sia uguale a 2T0.
r
Detto k0 un numero random con distribuzione uniforme nell’intervallo [0,1] , il vettore V0
r
sarà applicato per un intervallo di tempo pari a 2K0T0 mentre il vettore V7 sarà applicato
per un intervallo di tempo pari a 2(1-k0)T0. Si osservi che la ripartizione delle durate dei
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vettori nulli viene assegnata in ogni intervallo Ts per cui si ha la necessità di generare un
numero random con frequenza pari alla frequenza di commutazione.
Vediamo adesso quali sono gli effetti causati dalla ripartizione casuale della durata
r r
percentuale dei vettori V0 e V7 sulla posizione e la forma degli impulsi che comandano gli
switch dell’inverter.
Supponiamo che in un generico intervallo di commutazione gli impulsi calcolati mediante
la tecnica SVM siano quelli rappresentati in figura 14.51.

Fig. 14.51 - Durata degli impulsi con modulazione deterministica in un generico intervallo
di commutazione

In questo caso si osserva che le configurazioni (1,1,1) e (0,0,0) hanno la medesima durata.
Se applichiamo la tecnica RZD allo stesso intervallo di commutazione sotto l’ipotesi che
k0=0.25 si ottengono gli impulsi rappresentati in figura 14.50 dalla cui analisi emergono
due importanti considerazioni:
• gli impulsi mantengono la simmetria rispetto alla mezzeria dell’intervallo di
commutazione che abbiamo visto essere una condizione indispensabile per garantire
un andamento ottimale del ripple di corrente;
• se la configurazione (1,1,1) ha una durata maggiore della configurazione (0,0,0)
come nel caso esaminato, si verifica un incremento dei duty cycle sulle tre fasi.

Fig. 14.52 - Durata degli impulsi nel caso in cui k0=0,25.


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La precedente considerazione ci autorizza a pensare che la distribuzione casuale delle


configurazioni (1,1,1) e (0,0,0) non sia un’operazione lecita perché incide sui duty cycle
delle tre fasi modificando l’andamento delle tensioni stellate e delle tensioni concatenate
che alimentano il motore.
In realtà si deve riflettere sul fatto che i duty cycle non intervengono direttamente sulle
tensioni stellate ma sulla terna di tensioni V AO , VBO e VCO (fig. 14.53).
Nel caso di modulazione con tecnica RZD possiamo scrivere le seguenti relazioni:
Vd
V AO = ⋅ [2(T1 + T2 ) + 2(1 − k0 )T0 − 2k0T0 ]
2
V
VBO = d ⋅ [2(T2 − T1 ) + 2(1 − k0 )T0 − 2k0T0 ]
2
Vd
VCO = ⋅ [− 2(T1 + T2 ) + 2(1 − k0 )T0 − 2k0T0 ]
2

Fig. 14.53 - Schema dell’inverter trifase collegato ad una macchina


Il valore assunto dal parametro k0 non influisce sulle tensioni di fase le quali, in accordo
con quanto dimostrato nel riferimento bifase, non sono alterate dalla modalità in cui la
durata 2T0 viene ripartita tra le configurazioni (1,1,1) e (0,0,0).

3.4 Tecnica di Modulazione Random Switching Frequency (RSF)

In tale tecnica viene realizzata un onda triangolare con ampiezza della base variabile a
seconda del valore della funzione random in ingresso, il quale fornisce valori per la
frequenza nell’intorno stabilito da quella di riferimento.
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Fig. 14.54 – Onda triangolare “random” per la tecnica RSF e onda modulante.

Questo segnale triangolare viene confrontato con il duty-cycle, in ingresso al quale viene
aggiunta una quantità proporzionale al dead-time predefinito, ed al valore della frequenza
triangolare.

3.5 Confronto fra le diverse tecniche Random


Lo spettro relativo alla tecnica deterministica PWM presenta chiaramente il problema dei
“picchi” in corrispondenza delle armoniche alla frequenza di switching e suoi multipli.
Avendo la frequenza dell’onda modulante pari a 150Hz e la frequenza di switching pari a
20 kHz, la prima armonica sullo spettro si presenta all’incirca all’ordine 133, la seconda
all’ordine 266, la terza sarebbe all’ordine 400 ma, dato che le armoniche graficate sui
diagrammi giungono alla 350^, non si vede.
Questo ovviamente non interessa in modo eccessivo poichè i “picchi” delle armoniche
superiori sono di entità contenuta poichè decrescono con andamento iperbolico.

Fig. 14.55 spettro in frequenza ottenuto con la tecnica di modulazione PWM


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Le tecniche di modulazione Random Center Displacement (RCD) e Random Zero-Vector


Distribution (RZD) forniscono in uscita dei segnali il cui spettro (figg. 14.57 e 14.56)
presenta un’attenuazione dell’ampiezza dei picchi con innalzamento del rumore di fondo.
Purtroppo tale variazione non è di entità molto significativa poichè in queste due tecniche i
segnali impulsivi in uscita sono legati comunque alla frequenza di switching presentandosi
quindi sempre con lo stesso periodo di campionamento.

Fig. 14.56 - Spettro in frequenza ottenuto con la tecnica di modulazione Random Center
Displacement

Fig. 14.57 - Spettro in frequenza ottenuto con la tecnica di modulazione Random Zero
Vector Distribution

La tecnica di modulazione Random Lead-Lag presenta invece risultati migliori.


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In fig. 14.58 si vede infatti come i picchi relativi alla prima e alla seconda armonica
superiore siano molto più attenuate rispetto alle precedenti mentre il rumore di fondo
risulta incrementato soprattutto a frequenze comprese tra l’armonica fondamentale e la
prima superiore.

Fig. 14.58 - Spettro in frequenza ottenuto con la tecnica di modulazione Random Lead-Lag

Il motivo di tale miglioramento si deve sicuramente ricercare nel fatto che statisticamente ogni
quattro commutazioni si ha un impulso LAG e il periodo successivo un LEAD: il segnale si
presenta quindi come la somma dei due impulsi uniti.

Fig. 14.59 – rappresentazione del segnale quando un LAG è seguito da un LEAD.

Il collegamento di due segnali determina un impulso unico in due periodi di campionamento


cosicchè localmente sembra che la frequenza dell’onda in uscita si sia dimezzata, per questo
motivo, nello spettro in frequenza rispetto alle due tecniche di modulazione precedenti, si ha
un’attenuazione maggiore della prima armonica (e successive) con incremento del rumore di
fondo a frequenze inferiori alla prima armonica stessa.
La tecnica di modulazione Random Switching Frequency (RSF) è quella che fornisce i risultati
migliori tra tutte e quattro le tecniche.
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In fig. 14.60 si può infatti osservare come non siano più presenti i picchi in corrispondenza delle
armoniche superiori, lo spettro appare quindi come un rumore di fondo in cui le ampiezze hanno
pressappoco tutte lo stesso valore.

Fig. 14.60 - Spettro in frequenza ottenuto con la tecnica di modulazione Random Switching
Frequency

Il risultato positivo è dovuto al fatto che ad ogni commutazione cambia la frequenza di switching
e quindi il periodo di campionamento, in questo modo non si ha più un’unica frequenza di
switching, ma un certo numero nell’intorno della frequenza prestabilita, di conseguenza, non
avendo una frequenza di switching costante, non appaiono più i picchi delle armoniche superiori.

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