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Chuan C.

Chang

i fondamenti dello
studio del pianoforte
È UN LIBRO DI

juppiter
consulting
PUBLISHING COMPANY
Capitolo Uno
LA TECNICA PIANISTICA
I - INTRODUZIONE

I.1 - Obiettivo
L’obiettivo di questo libro è presentare i metodi migliori per studiare
pianoforte. Questi metodi sono talmente efficaci che se tutti li usassero
il numero di pianisti preparati sarebbe più del doppio e di conseguenza
la domanda di pianoforti, insegnanti ed accordatori sarebbe maggiore.
Imparare questi metodi significa, per gli studenti di pianoforte, dimi-
nuire il tempo dedicato allo studio del pezzo, che consiste in una buona
parte della loro vita pianistica, ed aumentare il tempo disponibile a fare
musica invece di lottare con i problemi tecnici. Molti studenti passano
il 100% del loro tempo ad imparare nuovi pezzi e, siccome si tratta di
un processo lungo, non rimane tempo per imparare l’arte di fare musi-
ca. Questa triste situazione è di grande impiccio nello sviluppo della
tecnica perché essa si sviluppa suonando pezzi finiti. Il nostro obiettivo
è rendere il processo di apprendimento talmente veloce che miriamo a
dedicare il 10% del tempo di studio ad imparare il pezzo ed il 90% a fa-
re musica, massimizzando al tempo stesso lo sviluppo della tecnica.
Gli studenti che hanno studiato pianoforte nei conservatori e negli i-
stituti musicali dovrebbero trovare familiare la maggior parte del mate-
riale contenuto in questo libro. Sfortunatamente sono relativamente
18 I - I NTRODUZIONE

pochi quelli che ricevono questi insegnamenti; pertanto questo libro è


stato scritto assumendo una conoscenza minimale della teoria della mu-
sica e della sua terminologia. Quali sono alcune delle caratteristiche
eccezionali dei metodi di questo libro?
(1) Non sono troppo esigenti come quelli vecchi che richiedevano agli
studenti di impegnarsi in uno stile di vita che includesse l’insegna-
mento pianistico. Nei metodi di questo capitolo vengono dati agli
studenti degli strumenti per scegliere il procedimento giusto al fine
di ottenere un obiettivo definito. Molti di questi procedimenti sono
simili a quelli dei metodi Suzuki, eccetera. Semplicemente non ri-
chiedono allo studente una vita di completa dedizione ad una rigida
procedura abituale. Se tali metodi funzionassero veramente non ri-
chiederebbero, per raggiungere la competenza, una vita di cieca fe-
de.
(2) Ogni procedimento di questi metodi ha una base fisica (se funziona
ne ha sempre una!) e deve soddisfare i seguenti requisiti:
a) Obiettivo: la tecnica da acquisire. Ad esempio: non si riesce a
suonare abbastanza velocemente, non si riescono ad eseguire be-
ne i trilli o si vuole memorizzare, eccetera.
b) Perciò: cosa fare. Ad esempio: studiare a mani separate, usare
l’attacco ad accordo, eccetera.
c) Perché: spiegazioni di carattere fisiologico, psicologico, meccani-
co, ecc. per cui questi metodi funzionano. Ad esempio: lo studio
a mani separate consente di acquisire velocemente la tecnica
rendendo semplici i passaggi difficili (con una mano è più sem-
plice che con due), l’attacco ad accordo garantisce il raggiungi-
mento istantaneo della velocità finale, eccetera.
d) Altrimenti: problemi derivanti dall’uso di metodi errati. Ad e-
sempio: l’acquisizione di brutte abitudini per le troppe ripetizioni,
lo sviluppo di stress a causa dello studio con mani stanche, ecce-
tera. Senza questo “Altrimenti” gli studenti potrebbero scegliere
un qualsiasi altro metodo — perché proprio questo? Dobbiamo
sapere cosa non fare perché le maggiori cause di mancanza di
progressi sono le brutte abitudini ed i metodi sbagliati, non la
mancanza di studio.
Una persona non deve essere straordinariamente dotata per riuscire a
suonare bene il pianoforte. Sebbene sia necessario essere musicalmente
dotati per comporre musica, l’abilità di muovere le dita non è così di-
pendente dal cervello musicale. Molti di noi sono, di fatto, più musicali
I.2 - COS’É LA TECNICA PIANISTICA? 19

di quanto credano, è la mancanza di tecnica che limita la nostra espres-


sività musicale al pianoforte. Abbiamo tutti avuto l’esperienza di ascol-
tare dei pianisti famosi e di notare che ognuno è diverso: solo questo è
ben oltre la sensibilità musicale di cui avremmo mai bisogno per inizia-
re a suonare il pianoforte. Sfortunatamente il solo esercitarsi per tutta
la vita non ci porta all’abilità tecnica perché ci sono migliaia di modi di
muovere la mano per suonare anche un solo passaggio musicale. La
maggior parte di noi non è in grado di dire quale sia il modo migliore,
anche assumendo di conoscerli tutti. Un obiettivo di questo libro è
quello di far rendere conto al lettore di tutti questi diversi possibili mo-
vimenti. Tuttavia, il fatto che ci siano stati un sacco di grandi giovani
pianisti è la prova che ognuno di loro lo ha scoperto. Dobbiamo solo
conoscere i metodi che hanno usato. Non c’è bisogno di studiare otto
ore al giorno: alcuni pianisti famosi hanno consigliato tempi di studio
inferiori ad un’ora. Si possono fare progressi studiando tre o quattro
volte alla settimana, un’ora ciascuna. Se si studia di più si faranno cer-
tamente progressi più rapidi.

I.2 - Cos’é La Tecnica Pianistica?


Dobbiamo capire cosa significa tecnica perché non capire cos’è porta a
metodi di studio sbagliati; la cosa più importante, comunque, è che ca-
pire ci porta ai metodi di prim’ordine. Il malinteso più comune è quel-
lo per cui la tecnica è una qualche destrezza ereditata delle dita. Non lo
è. La destrezza innata dei pianisti formati e della gente comune non è
così diversa. Alcuni ritardati mentali, con una coordinazione limitata,
possono a volte riuscire in passaggi musicali complessi. Sfortunatamen-
te molti di noi sono ritardati mentali che hanno molta più destrezza nel-
le dita, ma che non riescono ad eseguire i passaggi musicali a causa del-
la mancanza di alcune informazioni semplici, ma fondamentali.
La tecnica è l’abilità di eseguire, al pianoforte, milioni di passaggi
diversi; non equivale quindi alla destrezza, ma è una summa di tante
capacità. Il compito di imparare la tecnica si riduce quindi al risolvere
il problema di come acquisirne così tante diverse in poco tempo. La
cosa straordinaria della tecnica pianistica, ed il messaggio più impor-
tante di questo libro, è che l’abilità tecnica al pianoforte può essere ac-
quisita in poco tempo a patto che vengano utilizzate le procedure di ap-
prendimento corrette. Queste capacità vengono acquisite in due stadi:
(1) scoprendo come devono essere mosse dita, mani, braccia, ecc. e
(2) allenando i muscoli ed i nervi ad eseguire con leggerezza e control-
lo. Questo secondo stadio riguarda il controllo, non lo sviluppo della
20 I - I NTRODUZIONE

forza o della resistenza atletica. Molti studenti pensano allo studio del
pianoforte come ad ore di maratone delle dita perché nessuno gli ha
mai insegnato la definizione giusta di tecnica.
La precedente definizione ci dice che una volta imparato qualcosa (co-
me una scala), suonarla e risuonarla non migliora materialmente la
tecnica ed è uno dei processi di apprendimento più errati. Dobbiamo
capire la nostra anatomia ed imparare, con l’uso degli strumenti trattati
qui, come scoprire ed acquisire la tecnica giusta. Questo risulta essere
un compito praticamente impossibile per il cervello umano medio, a
meno che non venga dedicato ad esso l’intera vita sin dall’infanzia.
Anche in questo modo la maggioranza non riuscirà. Molti studenti di
pianoforte non hanno la più vaga idea della complessità dei movimenti
delle dita, delle mani e delle braccia. I principianti vedono solo i polpa-
strelli davanti a loro ed è qui che iniziano i loro problemi. Fortunata-
mente i tanti geni venuti prima di noi hanno fatto le scoperte più im-
portanti (altrimenti non sarebbero stati degli esecutori così grandi). Per
questo gli studenti dei conservatori apprendono la tecnica velocemente
queste istituzioni hanno una storia di dimestichezza con questi metodi.
Sorprendentemente questo libro è la prima raccolta piuttosto completa
delle regole fondamentali.
Un’altra idea sbagliata riguardo alla tecnica è quella per cui una volta
che le dita diventano abbastanza abili si può suonare qualunque cosa.
Quasi ogni passaggio diverso è una nuova avventura: deve essere im-
parato da zero. I pianisti esperti sembrano capaci di suonare praticamen-
te di tutto perché: (1) hanno studiato praticamente di tutto e (2) sanno
come imparare velocemente cose nuove. Acquisire la tecnica potrebbe
quindi sembrare, all’inizio, un compito arduo per via del numero quasi
infinito di passaggi diversi — come si fa ad impararli tutti? Questo pro-
blema è stato in larga misura risolto: ci sono ampie classi di passaggi
(come le scale) che compaiono spesso, sapere come suonarli coprirà
una gran parte dei passaggi delle composizioni.
Una delle prime cose di cui parleremo nel seguito sono degli strata-
gemmi per imparare così potenti da permettere di acquisire la tecnica u-
sando dei procedimenti generalizzati da applicare a praticamente ogni
passaggio. Questi stratagemmi garantiscono la via più veloce verso la
scoperta dei movimenti ottimali (di dita, mani, braccia) per suonare il
passaggio. Ci sono due motivi per cui è necessario fare le scoperte per
conto proprio: primo, ci sono talmente tanti passaggi diversi che non si
possono elencare tutti i modi di suonarli; secondo, i bisogni di ognuno
sono diversi. L’insieme di regole di questo libro deve perciò servire so-
I.3 - TECNICA VS. MUSICA 21

lo da guida per potersi adattare ai bisogni personali. I lettori che capi-


ranno veramente il contenuto di questo capitolo non solo riusciranno ad
accelerare la velocità di apprendimento, ma lo faranno per ogni abilità
aggiunta. Il livello di questa accelerazione determinerà in larga misura
quanto veloce e quanto lontano si avanzerà come pianisti.
Sfortunatamente molti insegnanti privati di pianoforte, che non sono
coinvolti con i conservatori, non conoscono questi metodi ed insegnano
per lo più ai principianti. All’altro estremo i grandi maestri ed i pianisti
professionisti hanno scritto libri, sul suonare il pianoforte, che analizza-
no argomenti ad un livello più alto, come il fare musica, ma non tratta-
no le basi dell’acquisizione della tecnica. Ho notato questa carenza nel-
la letteratura pianistica e questo mi ha dato la motivazione a scrivere
questo libro.

I.3 - Tecnica vs. Musica


La relazione tra tecnica e musica influisce sul modo in cui si studia per
la tecnica. In musica ci sono concetti indipendenti dalla tecnica, come
l’interpretazione e le teorie dell’armonia e della composizione. Ci sono
tuttavia altre relazioni tra tecnica e musica derivanti dal fatto che la
tecnica è necessaria ed è usata per fare musica. Concentrarsi sulla tec-
nica negando la musica, durante lo studio, fa correre il rischio di acqui-
sire abitudini di esecuzione poco musicali. Questo è un problema insi-
dioso perché studiare per migliorare la tecnica implica una mancanza di
quest’ultima per cui non c’è modo di fare musica. Come fa allora uno
studente a studiare “musicalmente”? Non c’è altra scelta che iniziare
non-musicalmente. L’errore viene commesso quando lo studente si
dimentica di aggiungere il lato musicale non appena è in grado di farlo.
Un sintomo comune di questo è l’incapacità di suonare la lezione quan-
do l’insegnante (o chiunque altro) sta ascoltando. Quando c’è il pubbli-
co questi studenti commettono errori strani che non avevano mai fatto
durante lo studio. Questo può accadere se lo studente ha studiato
senza pensare alla musica e si è poi però reso conto all’improvviso che
la musica deve essere aggiunta, non avendola mai studiata, perché
l’insegnante sta ascoltando!
C’è, comunque, una relazione ancora più essenziale tra tecnica e mu-
sica. Gli insegnanti di pianoforte sanno che lo studente deve studiare
in maniera musicale per acquisire la tecnica. Quello che va bene per le
orecchie e per il cervello si scopre essere giusto per il meccanismo uma-
no che suona. Le ragioni di questo fenomeno non sono ancora del tut-
to chiare. Sia la musicalità che la tecnica richiedono precisione e con-
22 I - I NTRODUZIONE

trollo. Praticamente qualsiasi errore tecnico può essere individuato nel-


la musica. In fondo la musica è la prova suprema per sapere se la tec-
nica è giusta o sbagliata. Come vedremo in questo libro, ci sono diver-
se ragioni per cui la musica non deve mai essere separata dalla tecnica.
Nonostante ciò un sacco di studenti la tralascia preferendo mettersi al
lavoro quando non c’è nessuno che ascolta. Questo tipo di studio è
nocivo all’acquisizione della tecnica e genera i cosiddetti “pianisti da
armadio” che amano suonare, ma non sanno esibirsi in pubblico. Una
volta diventati pianisti da armadio è estremamente difficile invertirne la
psicologia. Se agli studenti viene insegnato a studiare musicalmente
tutte le volte, questo tipo di problema non esisterà nemmeno: esibirsi in
pubblico e studiare saranno la stessa cosa.

I.4 - Interpretazione, Formazione Musicale, Orecchio Assoluto


Questi non sono gli argomenti principali di questo capitolo: l’obiettivo
dichiarato è accorciare al 10% il tempo di acquisizione della tecnica in
modo da dedicare il 90% del tempo a fare musica. Questo capitolo non
si occupa di questo 90%. Ci sono, naturalmente, alcuni utili principi
generali. Si veda “Studiare Musicalmente” nella Sezione III.14 per ave-
re indicazioni generali su come suonare in modo musicale. Ci sono li-
bri che trattano l’interpretazione (Gieseking, Sandor).
La formazione musicale dei ragazzi molto giovani può essere estre-
mamente gratificante. I bambini esposti spesso a pianoforti perfetta-
mente accordati spesso sviluppano l’orecchio assoluto. Se questo non
viene esercitato verrà perso più avanti nella vita. L’addestramento dei
bambini al pianoforte può iniziare tranquillamente attorno ai tre o
quattro anni. Esporre i giovanissimi (dalla nascita) alla musica classi-
ca è benefico perché questa ha un contenuto musicale più elevato rispet-
to agli altri tipi di musica. Alcune forme di musica contemporanea,
enfatizzando eccessivamente alcuni aspetti particolari, potrebbero essere
deleterie allo sviluppo musicale.
Infine, la formazione musicale (scale, tempo, solfeggio, orecchio, ecc.)
dovrebbe essere parte integrante dell’insegnamento del pianoforte. In
ultima analisi una formazione musicale completa è l’unico modo di im-
parare il pianoforte. Sfortunatamente la maggior parte degli aspiranti
pianisti non ha le risorse o l’inclinazione a seguire questa strada, questo
libro è stato scritto a loro vantaggio.
II - PROCEDURE ESSENZIALI PER
STUDIARE PIANOFORTE

Questa sezione contiene l’insieme minimo di istruzioni necessarie prima


di iniziare a studiare.

II.1 - La Seduta di Studio


Molti studenti adottano abitualmente questa procedura:
(1) Prima studiano le scale e gli esercizi tecnici finché le dita non si so-
no riscaldate, continuano così per mezzora o più se hanno tempo,
per migliorare la tecnica specialmente usando esercizi come l’Ha-
non.
(2) Poi prendono un pezzo nuovo e lo leggono lentamente per una pa-
gina o due, stando attenti a suonare dall’inizio con le due mani in-
sieme. Ripetono da capo suonando lentamente finché non riescono
ad eseguirlo ragionevolmente bene, poi aumentano la velocità gra-
dualmente (potrebbero usare un metronomo) finché non hanno
raggiunto la velocità finale.
(3) Alla fine delle due ore di studio le dita volano quindi possono suo-
nare veloce quanto vogliono e goderselo prima di smettere. Dopo
tutto sono stanchi di studiare e quindi si possono rilassare, possono
24 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

suonare di cuore alla massima velocità: è il momento di gustarsi la


musica!
(4) Il giorno del concerto, o della lezione, ripassano più volte possibile
il pezzo alla velocità giusta (o più velocemente!) in modo da essere
sicuri di saperlo completamente e di tenerlo in condizioni ottimali.
Questa è l’ultima occasione, ovviamente più studiano e meglio è.
Ogni passo di questo procedimento è sbagliato! La procedura prece-
dente garantirà agli studenti, quasi certamente, di non andare oltre al
livello intermedio, anche studiando diverse ore al giorno. Il motivo lo
si capirà non appena verranno letti i metodi più efficienti descritti nel
seguito. Questo metodo, ad esempio, non dice nulla agli studenti su
cosa fare quando incontrano un passaggio per loro impossibile, a parte
continuare a ripeterlo, alle volte per una vita, senza una chiara idea di
quando o come sarà acquisita la tecnica corretta. Questo metodo lascia
del tutto allo studente il compito di imparare a suonare il pianoforte.
Inoltre, al concerto la musica uscirà piatta e le stecche inaspettate sa-
ranno praticamente inevitabili, come spiegato più avanti. Le lezioni di
questa sezione dimostreranno perché la procedura precedente sia sba-
gliata. Si conoscerà il motivo per cui al concerto la musica esce piatta e
perché i metodi sbagliati portano alle stecche, ma la cosa più importan-
te è che si impareranno i metodi giusti!
La mancanza di progressi è la ragione principale dell’abbandono del-
lo studio del pianoforte. Gli studenti, specialmente i più giovani, sono
intelligenti: perché lavorare come uno schiavo per non imparare nulla?
Si gratifichino gli studenti e si otterrà più dedizione di quanto qualsiasi
insegnante possa volere. Si può essere un dottore, uno scienziato, un
avvocato, un atleta o qualunque cosa si voglia e nonostante ciò essere
un buon pianista. Questo perché, come presto vedremo, ci sono meto-
di che permettono di acquisire la tecnica in un lasso di tempo relativa-
mente ristretto.
Si noti come il procedimento precedente sia un metodo “intuitivo”.
Se una persona di intelligenza media fosse abbandonata su un’isola con
solo un pianoforte e decidesse di imparare a suonarlo, molto probabil-
mente adotterebbe un metodo di studio come quello descritto. Un in-
segnante che usa questo metodo quindi in realtà non insegna nulla: il
metodo è intuitivo. Quando ho iniziato a redarre “i procedimenti cor-
retti per imparare”, sono rimasto stupito da quanto essi siano contro-
intuitivi. Spiegherò più avanti il perché, ma è questo il motivo per cui
così tanti insegnanti usano l’approccio intuitivo: in realtà non hanno
mai veramente capito il metodo giusto e quindi adottano naturalmente
II.1 - LA SEDUTA DI STUDIO 25

quello intuitivo. Il problema del metodo contro-intuitivo è la sua diffi-


coltà ad essere adottato: il cervello dice continuamente che è sbagliato e
di tornare al metodo intuitivo. Questo messaggio del cervello può di-
ventare irresistibile appena prima di una lezione o di un concerto — si
provi a dire (a chi non conoscesse questi metodi) di non godersi l’intero
pezzo dopo averlo finito di studiare e prima di terminare la seduta di
studio o di non suonarlo alla sua velocità il giorno del concerto! Non
solo gli studenti e gli insegnanti, ma anche i genitori e gli amici, nono-
stante le buone intenzioni, influenzano il metodo di studio dei giovani
pianisti. I genitori non meglio informati spingeranno sempre i loro figli
ad usare il metodo intuitivo. Questo è uno dei motivi per cui i buoni
insegnanti chiedono sempre ai genitori di accompagnare i loro figli a
lezione. Se i genitori non sanno bene cosa debba essere fatto è garanti-
to che spingeranno gli studenti ad usare metodi che sono in netta con-
traddizione con le istruzioni date dall’insegnante.
Gli studenti che hanno incominciato con il metodo giusto sono appa-
rentemente più fortunati. Devono comunque stare attenti perché non
conoscono i metodi sbagliati. Una volta lasciato l’insegnante possono
inciampare nel metodo intuitivo e non capire perché va tutto a rotoli.
È come un orso che non ha mai visto una trappola: ci cascherà sempre.
Questi fortunati spesso non riescono neanche ad insegnare, perché il
metodo giusto è per loro naturale e non riescono a capire perché qual-
cuno dovrebbe usarne qualsiasi altro. Potrebbero non rendersi conto
che deve essere insegnato e che molti metodi intuitivi possono portare
al disastro. Qualcosa che viene naturale è spesso difficile da descrivere
perché non ci si è mai pensato molto: non ti accorgi di quanto sia diffi-
cile l’italiano finché non cerchi di insegnarlo ad un giapponese. D’altra
parte gli studenti apparentemente sfortunati, che hanno imparato prima il
metodo intuitivo e poi sono passati a quello migliore, hanno alcuni
vantaggi inaspettati: conoscono sia il metodo giusto che quello sbaglia-
to e spesso sono degli insegnanti migliori. Quindi, anche se questo ca-
pitolo insegna il metodo corretto, è parimenti importante conoscere cosa
non fare e perché. Per questo motivo in questo libro vengono trattati i
metodi sbagliati usati più spesso: ci aiutano a capire meglio il metodo
giusto.
Nelle sezioni seguenti descriverò le parti del metodo di studio corret-
to. Vengono presentate approssimativamente nell’ordine in cui uno
studente potrebbe usarle dall’inizio alla fine di un nuovo pezzo. Le se-
zioni dalla 1 alla 4 sono propedeutiche, il nuovo metodo inizia effetti-
vamente dalla Sezione 5.
26 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

II.2 - Le Posizioni delle Dita


Ognuno sembra avere le proprie idee sulla posizione delle dita, è perciò
chiaro che non ci sono regole rigide. L’unica guida è il fatto che le dita
dovrebbero essere nelle posizioni più rilassate e potenti possibile. Si
tenga prima stretto il pugno, poi si apra la mano e si stirino le dita il più
possibile. Ora si rilassino completamente. In questo stato di rilassa-
mento si appoggi la mano su una superficie piana facendo toccare tutti i
polpastrelli e tenendo il polso alla stessa altezza delle nocche. La mano
e le dita dovrebbero formare una cupola, tutte le dita dovrebbero essere
curve, il pollice dovrebbe indicare leggermente in basso e molto legger-
mente verso le dita in modo che l’ultima falange sia parallela ad esse.
È importante mantenere questa leggera curvatura del pollice verso
l’interno quando si suonano accordi ampi. Questa posizione della pun-
ta del pollice (parallela ai tasti) rende meno probabile premere anche
tasti adiacenti. Inoltre si orienti il pollice in modo che vengano usati i
muscoli giusti per alzarlo ed abbassarlo. Le dita sono leggermente in-
curvate verso il basso ed arrivano sui tasti con un angolo di circa 45
gradi. Questa posizione ricurva permette di suonare tra i tasti neri. La
punta del pollice e gli altri polpastrelli dovrebbero formare un piccolo
semicerchio sulla superficie piana. Fare questo con entrambe le mani
affiancate dovrebbe portare ad avere i due pollici uno di fronte all’altro.
Questa è una buona posizione di partenza per suonare il pianoforte. La
si potrà poi modificare in base allo stile di esecuzione. Per suonare si
usi la parte del pollice appena sotto l’unghia, non l’articolazione. Nelle
altre dita l’osso presso la punta è molto vicino alla pelle più esterna,
appena sotto (lontano dall’unghia) la carne è leggermente più spessa. È
questa parte carnosa [il polpastrello, ndt] che dovrebbe venire a contat-
to con i tasti, non la punta del dito.
Ho solo suggerito una posizione di partenza, una volta iniziato a suo-
nare queste regole vanno immediatamente gettate via. Potrebbe essere
necessario, in base a ciò che si sta suonando, distendere le dita quasi
del tutto o incurvarle di più.

II.3 - L’Altezza dello Sgabello e La Distanza dal Pianoforte


Le giuste altezza e distanza dal pianoforte dello sgabello sono anch’esse
una questione di gusti personali. Un buon punto di partenza si può de-
terminare nel seguente modo: ci si sieda sullo sgabello con i gomiti di
lato e gli avambracci paralleli ai tasti, si mettano ora le mani sui tasti
bianchi. La distanza dello sgabello dal pianoforte (e la posizione in cui
II.4 - INIZIARE UN PEZZO: L’ ASCOLTO E L’ANALISI (PER ELISA) 27

sedersi) dovrebbe essere tale per cui i gomiti, se spinti in dentro, non
tocchino il corpo. Non ci si sieda al centro, ma sul bordo anteriore.
L’altezza e la posizione dello sgabello sono più critiche quando si suo-
nano accordi forti. Si può, di conseguenza, provare la correttezza della
posizione suonando più forte possibile due accordi sui tasti neri. Gli
accordi sono Do2#-Sol2#-Do3# (5,2,1) per la mano sinistra e Do5#-
Sol5#-Do6# (1,2,5) per la destra. Si prema forte, con tutto il peso delle
braccia e delle spalle, inclinandosi leggermente in avanti per produrre
un suono risonante ed autoritario. Ci si assicuri che le spalle siano
completamente coinvolte: i suoni forti e solenni non si possono produr-
re con solo mani e avambracci, la forza deve arrivare dalle spalle e dal
corpo. Se si è comodi allora lo sgabello e la posizione dovrebbero esse-
re corretti.

II.4 - Iniziare Un Pezzo: L’ Ascolto e L’Analisi (Per Elisa)


Si dia un’occhiata al nuovo pezzo e si inizi a suonarlo a prima vista in
modo da avere dimestichezza con come suona. Il modo migliore per
prendere confidenza con un nuovo pezzo è ascoltarne un’esecuzione (re-
gistrata). L’opinione che ascoltarlo prima sia una forma di “imbroglio”
non ha fondamenta difendibili. Il preteso svantaggio sarebbe che gli
studenti potrebbero imitare invece di usare la loro creatività: è impossi-
bile imitare il modo di suonare di qualcun altro perché gli stili sono
talmente individuali. Una “dimostrazione” matematica di questa im-
possibilità verrà presentata nella Sezione IV.3. Questo fatto può rassi-
curare ed alleviare alcuni studenti dall’incolparsi della loro incapacità di
imitare qualche pianista famoso. Si ascoltino, se possibile, numerose
registrazioni diverse, possono fornire nuovi punti di vista e nuove pos-
sibilità. Non dover ascoltare è come dire che non si dovrebbe andare a
scuola perché distruggerebbe la creatività. Alcuni studenti pensano che
ascoltare sia una perdita di tempo perché loro non suoneranno mai così
bene. In questo caso, si pensi di nuovo: se i metodi qui descritti non
facessero suonare le persone “così bene” non starei scrivendo il libro!
Ciò che accade più spesso, quando gli studenti ascoltano molte regi-
strazioni, è scoprire che le esecuzioni non sono parimenti buone, che
loro effettivamente preferiscono, ad alcune di esse, il proprio modo di
suonare.
Il passo successivo è analizzare la struttura della composizione. Que-
sta verrà usata per definire il programma di studio. Usiamo Per Elisa
di Beethoven come esempio: le prime quattro misure vengono ripetute
15 volte, quindi imparando solo 4 misure si può suonare il 50% del
28 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

pezzo (125 misure); altre 6 misure vengono ripetute 4 volte, quindi im-
parare solo 10 misure ci permette di suonare il 70% del pezzo. Usando
i metodi di questo libro il 70% di questo pezzo può essere memorizzato
in meno di mezz’ora perché queste misure sono piuttosto facili. L’ap-
plicazione di questo metodo fissa automaticamente nella memoria le se-
zioni che si studiano. Tra queste misure ripetute ci sono due interru-
zioni non semplici, quando si riusciranno a suonare in maniera soddi-
sfacente, usando i metodi descritti più avanti, si uniranno alle ripetizio-
ni e voila! si sa suonare e si è memorizzato l’intero pezzo. Indubbia-
mente la chiave per impararlo è avere la padronanza dei due difficili in-
termezzi, affronteremo la questione nelle sezioni successive. Uno stu-
dente con due anni di lezioni dovrebbe essere in grado di imparare le
50 diverse misure richieste da questo pezzo in 2÷5 giorni e riuscire a
suonarlo per intero a velocità ed a memoria. A questo punto
l’insegnante è pronto a lavorare sul contenuto musicale della composi-
zione, quanto ci vorrà dipenderà dal livello musicale dello studente. In
termini di musicalità non si finisce mai veramente nessun pezzo.
Qui terminano i preliminari: siamo ora pronti ad iniziare le lezioni ve-
ramente eccitanti. Il segreto di acquisire velocemente la tecnica sta nel
conoscere alcuni trucchi per ridurre i passaggi da difficili ed impossibili
non solo a suonabili, ma anche a banalmente semplici. Ci imbarche-
remo nel magico viaggio nel cervello dei geni che scoprirono modi in-
credibilmente efficaci di esercitarsi al pianoforte!

II.5 - Studiare Prima Le Sezioni più Difficili


Ritornando al nostro Per Elisa, si cerchino le sezioni difficili: ci sono
due intermezzi con 16 e 23 misure inserite tra il materiale ripetuto, so-
no queste le sezioni cercate. Si inizi ad imparare il pezzo esercitandosi
prima sulle sezioni più difficili. La ragione è ovvia: ci vorrà di più per
impararle, bisognerà quindi dedicargli la maggior parte del tempo. Se
si studiassero per ultime e si provasse poi ad eseguire il pezzo, si scopri-
rebbe che queste sono le più deboli e che danno sempre problemi. Sic-
come la fine della maggior parte dei pezzi è in genere la più eccitante,
interessante e difficile, probabilmente si inizierà più spesso dalla fine;
nelle composizioni con diversi movimenti si inizierà più spesso dalla fi-
ne dell’ultimo movimento.
II.6 - ACCORCIARE I PASSAGGI DIFFICILI: LO STUDIO SEGMENTATO (MISURA-PER-MISURA) 29

II.6 - Accorciare I Passaggi Difficili: Lo Studio Segmentato


(Misura-per-Misura)
Uno dei trucchi più importanti per imparare è scegliere un pezzetto
breve da studiare. Questo trucco ha forse il maggior effetto, nel ridur-
re il tempo di studio, per molte ragioni:
(1) All’interno di qualsiasi passaggio difficile, diciamo di dieci misure,
ci sono tipicamente solo alcune poche combinazioni di note che le-
gano le mani. Non c’è bisogno di esercitarsi su altro all’infuori di
esse. Se ci fossero dieci misure con otto note ciascuna, ma solo
quattro note difficili, allora esercitandosi solo su queste quattro si
può arrivare a suonare le dieci misure tagliando enormemente sul
tempo di studio. Rivediamo i due intermezzi difficili di Per Elisa.
Si esaminino e si trovino le misure più problematiche. Potrebbero
essere la prima e le ultime cinque del primo o l’arpeggio finale del
secondo. In tutte le parti difficili è di importanza cruciale seguire la
diteggiatura segnata ed essere doppiamente sicuri che sia comoda.
Nelle ultime cinque misure del primo intermezzo la difficoltà è nella
destra, dove la maggior parte dell’attività è nelle dita 1 e 5. Il dito 2
gioca un ruolo chiave su alcune note, ma c’è un’opzione di usare
maggiormente il dito 1. L’uso del dito 2 è il modo corretto più
convenzionale e fornisce un miglior controllo ed un suono più
scorrevole. Un maggior uso del dito 1 è comunque più facile da ri-
cordare, cosa che può salvare la vita se non si suona questo pezzo
da un po’ di tempo. È molto importante scegliere una diteggiatura
e mantenerla. Nell’arpeggio nel secondo intermezzo si usi la
diteggiatura 1231354321… Andranno bene sia pollice sotto che
pollice sopra (si veda la Sezione III.5) perché questo passaggio non
è oltremodo veloce, ma io preferisco pollice sopra perché pollice
sotto richiede un po’ di movimento del gomito e questo movimento
aggiuntivo può portare ad errori.
(2) Studiare solo parti piccole permette di esercitarsi sulle stesse per
dozzine di volte, anche centinaia, in una questione di minuti.
L’uso di queste rapide ripetizioni successive è il modo più veloce di
insegnare alla mano i nuovi movimenti. Se le note difficili venisse-
ro suonate come parte di un segmento più ampio, il lungo interval-
lo tra esercitazioni successive ed il suonare altre note in mezzo po-
trebbero confondere la mano e farle imparare molto più lentamen-
te. Questo effetto è calcolato quantitativamente nella Sezione IV.5
ed il calcolo fornisce le basi per la rivendicazione di questo libro
30 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

che questi metodi possono essere mille volte più veloci di quelli in-
tuitivi.
(3) Tutti noi sappiamo quanto sia dannoso suonare un passaggio più
velocemente di quanto la propria tecnica permetta. Tuttavia, più è
piccolo il segmento che si sceglie, più velocemente lo si può suonare
senza effetti deleteri. Inizialmente i segmenti brevi più comuni che
si sceglieranno saranno di una misura o meno, spesso solo due note.
Scegliendo segmenti così brevi si può portare a velocità in soli pochi
minuti praticamente qualsiasi combinazione difficile di note. Si
può studiare perciò per la maggior parte del tempo alla o oltre la velo-
cità finale, cioè nella situazione ideale perché fa risparmiare così tan-
to tempo. Nel metodo intuitivo ci si esercita per la maggior parte
del tempo a bassa velocità.

II.7 - Lo Studio a Mani Separate: L’Acquisizione della Tecnica


Essenzialmente il 100% dello sviluppo della tecnica si ottiene studiando
a mani separate. Non si provi a sviluppare la tecnica dito/mano a ma-
ni unite perché è molto più difficile, consuma tempo ed è pericoloso, co-
me verrà spiegato in dettaglio più avanti.
Si inizi a studiare qualsiasi passaggio difficile a mani separate. Si
scelgano due passaggi piccoli, uno per la destra e uno per la sinistra. Si
studi la destra finché non inizia a stancarsi, si passi poi alla sinistra.
Si cambi ogni 5÷15 secondi prima che la mano che sta riposando si
raffreddi e si impigrisca o che la mano che sta lavorando si stanchi. Se
si sceglie l’intervallo di riposo giusto, si scoprirà che la mano riposata è
impaziente di eseguire. Non ci si eserciti quando la mano è stanca per-
ché porterebbe a stress ed a brutte abitudini. Le persone che hanno
poca dimestichezza con lo studio a mani separate avranno in generale
una sinistra debole. In questo caso si dia ad essa più lavoro. In questo
schema si può studiare duro il 100% del tempo, ma non ci si eserciterà
mai con le mani affaticate!
Si studino le due sezioni difficili di Per Elisa a mani separate, prima di
unirle, finché ciascuna non sia molto a suo agio a velocità molto più al-
ta di quella finale. Potrebbe essere necessario qualche giorno o diverse
settimane, a seconda del livello. Non appena si riuscirà a suonare ra-
gionevolmente bene a mani separate, si provi a mani unite per vedere
se la diteggiatura funziona. La cosa migliore è cercare di usare la stessa
diteggiatura (o molto simile) nelle due mani, questo renderà più sem-
plice il compito di suonare a mani unite. Non ci si preoccupi, a questo
II.7 - LO STUDIO A MANI SEPARATE: L’ACQUISIZIONE DELLA TECNICA 31

punto, di non riuscire a suonare in modo soddisfacente: è solo necessa-


rio essere sicuri che non ci siano conflitti o diteggiature migliori.
Deve essere sottolineato che lo studio a mani separate va usato sola-
mente nei passaggi difficili che non si riescono a suonare. Se si riesce a
suonare il passaggio adeguatamente a mani unite, per carità, si salti la
parte a mani separate! L’obiettivo finale di questo libro, una volta di-
ventati esperti, è riuscire rapidamente a suonare a mani unite senza stu-
dio a mani separate. L’obiettivo non è di coltivare una dipendenza dal-
lo studio a mani separate, lo si usi solo quando necessario e si provi a
ridurne gradualmente l’uso man mano che la tecnica avanza – la mag-
gior parte degli studenti dipende dallo studio a mani separate per 5÷10
anni e non lo abbandona mai del tutto. La ragione di questo è che
tutta la tecnica viene imparata rapidamente a mani separate. C’è
un’eccezione a questa regola di evitare di studiare a mani separate
quando possibile: durante la memorizzazione. Si dovrebbe memorizza-
re tutto a mani separate per diverse importanti ragioni (si veda “Memo-
rizzare” nella Sezione III).
Gli studenti principianti dovrebbero studiare sempre tutti i pezzi a
mani separate, in modo da padroneggiare il più rapidamente possibile
questo metodo così criticamente importante. Una volta padroneggiato,
comunque, lo studente dovrebbe iniziare ad esplorare la possibilità di
suonare a mani unite senza usarlo. I principianti dovrebbero riuscire a
farlo in due o tre anni. Il metodo a mani separate non consiste solo nel
separare le mani, impareremo più avanti una miriade di trucchi per im-
parare da usarsi una volta separate le mani.
Lo studio a mani separate ha valore molto dopo aver imparato il pez-
zo. Si può spingere la tecnica molto più in avanti a mani separate che a
mani unite ed è un sacco divertente! Si possono veramente esercitare
le dita/mani/braccia ed è superiore a qualunque cosa Hanon o altri e-
sercizi possano fornire. I “modi incredibili” di suonare un pezzo si sco-
prono in questo modo, è qui che si può veramente migliorare la tecnica.
L’apprendimento iniziale della composizione serve solo alle dita per
prendere confidenza con la musica. La quantità di tempo passato a
suonare pezzi imparati completamente è ciò che separa i dilettanti dai
pianisti esperti. Per questo motivo questi ultimi possono eseguire in
pubblico mentre la maggior parte dei dilettanti suona solo per sé stessa.
Infine, si deve capire che tutta la tecnica delle dita viene acquisita a
mani separate perché non c’è metodo più efficiente. Se si riesce a suo-
nare immediatamente a mani unite non c’è nessun bisogno di separarle.
Tuttavia, se proprio non si riesce, come si fa a decidere quando si può
32 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

saltare lo studio a mani separate? C’è una semplice verifica per fare
questo: si può saltare lo studio a mani separate solo se si riesce a suo-
nare in questo modo a proprio agio, rilassati e con precisione a velocità
maggiore di quella finale. È di solito meglio portare la velocità a mani
separate almeno una volta e mezzo più in alto della velocità finale.
Generalmente non è difficile farlo e può essere un sacco divertente per-
ché si riesce a vedere il rapido miglioramento del proprio livello di abi-
lità. Ci si potrà perciò ritrovare a studiare a mani separate molto più di
quanto strettamente necessario e lo si userà di certo per tutta la vita.
Ciascuna mano deve, alla fine, imparare la propria abilità tecnica indi-
pendentemente dall’altra (non si vorrà di sicuro che una dipenda
dall’altra). Il modo più rapido di acquisire questa abilità tecnica è im-
parandola separatamente: ciascuna da sola è già abbastanza difficile,
provare ad impararle insieme sarebbe molo più complicato e consume-
rebbe tempo. La tecnica di dito/mano si acquisisce con lo studio a ma-
ni separate, si ha poi solo bisogno di imparare a coordinarle studiando
a mani unite.

II.8 - La Regola di Continuità


Si supponga di voler suonare molto velocemente la quartina “Do Sol Mi
Sol” (basso Albertino, mano sinistra) tante volte in successione (come
nel terzo movimento della Sonata al Chiaro di Luna di Beethoven). La
sequenza da studiare è Do Sol Mi Sol Do. L’inclusione dell’ultimo Do è
un’applicazione della regola di continuità: quando si studia un segmen-
to, si includa sempre l’inizio del segmento successivo. Questo assicura
che una volta imparati due segmenti adiacenti li si possano suonare an-
che insieme. La regola di continuità si applica a qualsiasi segmento
venga isolato per essere studiato: una misura, un intero movimento o
anche segmenti più piccoli di una misura.
Una generalizzazione della regola di continuità è che qualsiasi pas-
saggio, per essere studiato, può essere spezzato in segmenti brevi, ma
questi segmenti devono sovrapporsi. La nota, o gruppo di note, che si
sovrappone è detto congiunzione. Se si sta studiando la fine del primo
movimento si includano alcune misure dell’inizio del secondo, non si
salti subito indietro. Durante un concerto si sarà contenti di aver stu-
diato in questo modo, altrimenti ci si potrebbe ritrovare improvvisa-
mente disorientati su come iniziare il secondo movimento! Possiamo
ora applicare la regola di continuità a quei difficili intermezzi di Per Eli-
sa. Nel primo, l’ottava misura (dell’intermezzo) si può studiare da soli:
si suoni l’ultima nota con il dito 1, la congiunzione è la prima nota della
II.9 - L’ATTACCO AD ACCORDO 33

misura 9 (dito 2) che è la stessa della prima nota della misura 8, perciò
usando il Do come congiunzione, si può ripetere ciclicamente la misura
8 per un buon allenamento che eviti perdite di tempo. Questa misura
si dice essere “auto-ciclica” (si veda “Ciclicità”, Sezione III.2, per altri
dettagli sulla ciclicità). Le misure 9 e 10 come unità sono anch’esse au-
to-cicliche. Siccome tutte le sezioni difficili sono nella destra, si trovi
del materiale per esercitare la sinistra, anche da un pezzo diverso, in
modo da dargli un riposo periodico quando si scambiano le mani.

II.9 - L’Attacco ad Accordo


Torniamo alla quartina Do Sol Mi Sol. Studiando lentamente e aumen-
tando gradualmente la velocità (a mani separate), si incontrerà un “mu-
ro di velocità”: una velocità oltre la quale tutto si sfalda ed arriva lo
stress. Il modo di rompere questo muro di velocità è suonare la quar-
tina come un accordo singolo (Do-Mi-Sol). Si è passati da bassa velo-
cità a velocità infinita! Questo è detto “attacco ad accordo”. Ora si
deve solo imparare a rallentare, che è più semplice rispetto a velocizza-
re perché non c’è nessun muro di velocità quando si rallenta. Ma…
come si rallenta?
Si suoni prima l’accordo e si faccia rimbalzare la mano in alto e in
basso alla frequenza alla quale deve essere suonata la quartina (dicia-
mo tra una e due volte al secondo); dovrebbe essere più facile suonarla
come accordo, ma potrebbe non essere semplice la prima volta. Si noti
che le dita sono ora posizionate esattamente nel modo corretto per
suonare velocemente. Si provi a modificare la frequenza dei rimbalzi
(anche più della velocità richiesta!) notando come alterare la posizione
ed i movimenti (di polso, braccio, dita, ecc.), mentre si provano le varie
velocità. Se dopo un po’ ci si sentisse affaticati significa che si sta sba-
gliando qualcosa oppure che non si ha la tecnica per far rimbalzare gli
accordi; sarà necessario esercitarsi finché non si riuscirà a farlo senza
stancarsi. Se non si riesce con un accordo non si riuscirà mai con le
quartine. In altre parole, si è appena identificata una debolezza tecnica
alla quale va posto rimedio prima di poter continuare al prossimo sta-
dio.
Si suoni l’accordo con i movimenti più economici che si riescono ad
eseguire. All’aumentare della velocità si tengano le dita vicine o sopra i
tasti. Si coinvolga l’intero corpo, le spalle, le braccia, gli avambracci ed
il polso. La sensazione è di suonare dalle spalle e dalle braccia, non
dalla punta delle dita. Una volta riusciti a suonare agevolmente questo
accordo, in modo rilassato, veloce e senza sentire fatica alcuna, si saprà
34 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

di aver fatto progressi. Ci si assicuri di suonare accordi perfetti (tutte le


note nello stesso istante) perché senza questo tipo di sensibilità non si
avrà la precisione richiesta per suonare velocemente. È importante
studiare le cadute lente perché è qui che si può lavorare sulla precisio-
ne: la precisione migliora più velocemente a bassa velocità. È assolu-
tamente essenziale, tuttavia, arrivare ad alta velocità (anche solo bre-
vemente) prima di rallentare. Quando si rallenta si cerchi di mantenere
gli stessi movimenti richiesti ad alta velocità perché è questo ciò su cui
bisogna in definitiva esercitarsi. Se si pensa di essere alla fine di questa
semplice questione di accordi, ci si prepari ad una sorpresa: questo è
solo l’inizio, si continui a leggere!

II.10 - Le Cadute, Lo Studio degli Accordi ed Il Rilassamento


Esercitarsi a suonare accordi precisi è il primo passo nell’applicare
l’attacco ad accordo. Studiamo l’accordo Do-Mi-Sol di prima. Il meto-
do del peso del braccio è il miglior modo di ottenere la precisione e il
rilassamento: questo approccio è stato adeguatamente trattato nei libri
in bibliografia (Fink, Sandor) e quindi verrà qui analizzato solo breve-
mente. Si mettano le dita sui tasti e si posizionino correttamente. Si
rilassi il braccio (l’intero corpo, in verità) e si tenga il polso flessibile, si
alzi la mano da 5 a 20 centimetri sopra i tasti (la distanza più breve
all’inizio) e si lasci semplicemente che la forza di gravità faccia cadere la
mano. Si lasci cadere la mano e le dita come un’unità, non si muovano
quest’ultime. Durante la caduta si rilassino completamente le mani. Al
momento dell’impatto si “sistemino” poi le dita ed il polso lasciandolo
flettere leggermente per assorbire il colpo dell’atterraggio e per premere
i tasti. Lasciando che la forza di gravità abbassi la mano si riferisce la
propria forza o sensibilità ad una forza molto costante.
All’inizio sembra incredibile, ma un bambino sottopeso di sei anni e
un lottatore di sumo gantuan che fanno cadere le mani dalla stessa al-
tezza producono la stessa intensità sonora. Questo accade perché la ve-
locità della caduta gravitazionale è indipendente dalla massa ed il mar-
tello procede in volo libero non appena il rullino lascia lo spingitore (gli
ultimi pochi millimetri prima di colpire le corde). Gli studenti di fisica
riconosceranno che al limite elastico (urto di palle da biliardo) l’energia
cinetica si conserva e l’affermazione precedente non regge. In un urto
elastico del genere il tasto del pianoforte volerebbe via dalla punta del
dito ad alta velocità, come se si suonasse staccato. Qui però, siccome le
dita sono rilassate e la punta delle dita è morbida (urto anelastico),
l’energia cinetica non si conserva e la massa piccola (tasto del pianofor-
II.10 - LE CADUTE, LO STUDIO DEGLI ACCORDI ED IL RILASSAMENTO 35

te) può stare attaccata alla massa grande (dito-mano-braccio) provocan-


do una discesa controllata del tasto. L’affermazione precedente è per-
ciò valida finché il pianoforte è regolato correttamente e la massa effet-
tiva del tasto che scende è molto minore della massa del di-
to/mano/braccio del bambino di sei anni. Irrigidire la mano al momen-
to dell’impatto assicura che venga trasferito tutto il peso del braccio al
tasto che scende. Non è ovviamente possibile produrre un suono pie-
no, con la caduta, se non si irrigidisce la mano al momento dell’impat-
to. Si deve stare attenti a non aggiungere forza durante questo irrigi-
dimento, ci vuole perciò esercizio per diventare capaci di produrre una
caduta pura e questo diventa più difficile all’aumentare dell’altezza.
Non aggiungere questa ulteriore forza è più difficile per il lottatore di
sumo perché ha bisogno di una gran forza per fermare lo slancio del
braccio. I migliori criteri per determinare la forza di irrigidimento giu-
sta sono la quantità ed il tono del suono.
A rigor di termini, il lottatore di sumo emetterà un suono leggermente
più forte a causa della conservazione della quantità di moto, ma la dif-
ferenza sarà piuttosto piccola, a dispetto del fatto che il suo braccio sia
venti volte più pesante. Un’altra sorpresa è che, una volta insegnata
correttamente, la caduta può produrre il suono più forte che il giovinet-
to abbia mai prodotto (per una caduta dall’alto) ed è un eccellente mo-
do di insegnare ai giovani a suonare decisi. Si facciano iniziare i più
piccini con cadute piccole perché una vera caduta libera, se l’altezza
fosse eccessiva, potrebbe essere dolorosa. Per ottenere una caduta ben
eseguita, specialmente da parte dei più giovani, è importante insegnare
a fare finta che non ci sia nessun pianoforte di mezzo e che la mano
venga sentita come se cadesse attraverso la tastiera (ma da essa ferma-
ta); molti giovani altrimenti alzeranno inconsciamente la mano quando
questa atterra sul pianoforte. In altre parole, la caduta è in costante ac-
celerazione e la mano sta aumentando la propria velocità anche durante
la discesa del tasto. Alla fine la mano si posa sui tasti con il proprio pe-
so – questo atto produce un piacevole e profondo “tono”. Si noti l’im-
portanza di accelerare fino in fondo durante la discesa del tasto – si ve-
da la Sezione III.1 sul produrre un buon tono.
La ben nota “meccanica accelerata” dello Steinway funziona perché
aggiunge accelerazione al movimento del martello usando un supporto
arrotondato sotto il foro centrale del tasto. Questo, durante la discesa,
provoca uno spostamento in avanti del punto di perno in modo da ac-
corciare la parte anteriore del tasto (ed allungare quella posteriore) fa-
cendo di conseguenza accelerare il pilota nonostante una pressione co-
stante. Questo illustra l’importanza data dai progettisti di pianoforti
36 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

all’accelerare la discesa del tasto. Il metodo del peso del braccio assicu-
ra che si sfrutti l’accelerazione di gravità per controllare il tono.
L’efficacia della “meccanica accelerata” è controversa perché ci sono
eccellenti pianoforti senza questa caratteristica. Ovviamente è più im-
portante che il pianista sappia controllare questa accelerazione.
Il dito deve essere “sistemato” al momento dell’impatto in modo da
premere il tasto e decelerare la caduta, ciò richiede una breve applica-
zione di forza. Questa va tolta non appena il tasto raggiunge la fine
della sua discesa ed è necessario rilassarsi completamente in modo da
sentire la forza di gravità tirare il braccio verso il basso. Si appoggi la
mano sui tasti con la sola forza di gravità che li tiene premuti. Ciò che
si è appena fatto è stato di premere i tasti con il minor sforzo possibile,
è questa l’essenza del rilassamento.
I principianti suoneranno gli accordi con troppe forze non necessarie
e non controllabili con precisione. L’uso della forza di gravità per far
scendere la mano permette di eliminare tutte le forze o tensioni respon-
sabili di far atterrare alcune dita prima di altre. Potrebbe sembrare
una curiosa coincidenza che la forza di gravità sia proprio la forza giu-
sta per suonare il pianoforte. Non è una coincidenza. Gli esseri umani si
sono evoluti sotto l’influenza della forza di gravità, le nostre forze per
camminare, sollevare, eccetera, si sono evolute per coincidere esattamen-
te con essa. Il pianoforte, evidentemente, venne costruito per pareggia-
re queste forze. Si ricordi che la quantità di forza necessaria a suonare
gli accordi è grossomodo uguale a quella fornita dalla gravità – non si
sbattano quegli accordi irrigidendo le mani, molte cose andrebbero fuo-
ri controllo! Sarebbe una buona idea se i principianti, o chi avesse svi-
luppato l’abitudine di irrigidire le mani nel suonare gli accordi, si eser-
citassero un po’ alle cadute per diverse settimane, o anche mesi, ogni
volta che studiano; dovrà senza altro essere inserito nella pratica quoti-
diana. Tutto questo significa che si riuscirà a sentire l’effetto della gra-
vità sulle mani, mentre si suona, solo quando si sarà veramente rilassa-
ti. Alcuni insegnanti enfatizzeranno il rilassamento al punto da negare
tutto il resto finché non viene raggiunto un rilassamento “totale”, que-
sto è forse un po’ esagerato – riuscire a sentire la forza di gravità è un
criterio necessario e sufficiente per il rilassamento.
Le cadute eliminano anche il bisogno di bilanciare la quantità di moto
(si veda la Sezione IV.6). Quando la mano suona il pianoforte, la
quantità di moto del tasto verso il basso è fornita da quella della mano
stessa. Questo slancio verso il basso deve essere compensato dal resto
del meccanismo umano che sta suonando, che dovrebbe fornirne uno
II.11 - GLI INSIEMI PARALLELI 37

verso l’alto se non utilizzasse la caduta. Sebbene noi tutti riusciamo in


questo senza neanche pensarci, di fatto è un gesto complesso. Questo
slancio viene fornito dalla forza di gravità nel metodo delle cadute ed il
pianoforte viene suonato con il minimo assoluto di azione da parte del
meccanismo umano che sta suonando. La caduta ci permette così di
rilassare tutti i muscoli non necessari e di concentrarci solo su quelli
necessari a controllare l’accordo.
Le cadute sono quindi molto di più di giusto un metodo per studiare
gli accordi. La cosa più importante è che le cadute sono un metodo per
esercitare il rilassamento. Una volta raggiunto, questo stato di rilas-
samento deve diventare permanente: una parte integrante del suonare
il pianoforte. Il principio guida nel metodo del peso del braccio è il
rilassamento. Oltre alle cadute, è importante imparare a sentire
l’effetto della forza di gravità mentre suoniamo. Tratteremo il
rilassamento più in dettaglio in seguito.
Infine, suonare gli accordi è una parte importante della tecnica piani-
stica e come tale deve essere sviluppata gradualmente di concerto con il
proprio livello di abilità. Non c’è alcun modo più veloce di farlo che
con l’uso degli insiemi paralleli descritti in seguito. Si veda inoltre la
Sezione III.7 per ulteriori dettagli; la sezione III.7E fornisce ulteriori in-
dicazioni su come esercitarsi a suonare gli accordi quando la caduta
non risolve il problema.

II.11 - Gli Insiemi Paralleli


Ora che l’accordo Do-Mi-Sol della sinistra è soddisfacente, si provi a
cambiare improvvisamente dall’accordo alla quartina a diverse fre-
quenze di rimbalzo. Si dovranno ora muovere le dita, ma tenendo il
movimento al minimo. Anche qui ci sarà bisogno di incorporare i mo-
vimenti giusti di mano/braccio (si veda Fink, Sandor). Queste però so-
no cose avanzate, torniamo un attimo indietro. Si riuscirà a cambiare
rapidamente dopo essere diventati abili in questo metodo, ma assu-
miamo che non ci si riesca, in modo da dimostrare un potente metodo
per risolvere un problema molto comune.
Il modo più elementare per imparare a suonare un passaggio difficile
è costruirlo due note alla volta usando l’attacco ad accordo. Iniziamo
con le prime due note del nostro esempio Do Sol Mi Sol (mano sinistra).
Un attacco ad accordo di due note! Si suonino queste due note come
un accordo perfetto, facendo rimbalzare insieme mano e dita (5 e 1) su
e giù come si è fatto precedentemente con l’accordo Do-Mi-Sol. Per
poter suonare queste due note rapidamente una dopo l’altra si abbassi-
38 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

no le due dita assieme, ma si tenga il dito 1 leggermente più in alto del


5 in modo che quest’ultimo atterri prima: giusto un accordo di due no-
te arpeggiato rapidamente, si fanno scendere entrambe le dita assieme
rallentandone una leggermente. Si possono suonare vicine quanto si
vuole riducendo il ritardo: è così che si rallenta da velocità infinita!
È possibile, in questo modo, suonare qualsiasi combinazione di note
infinitamente veloce? Certamente no. Come facciamo a sapere quali
possono essere suonate infinitamente veloci e quali no? Per rispondere
a questa domanda abbiamo bisogno di introdurre il concetto di suonare
parallelo. Il metodo di cui sopra, di abbassare le dita assieme, è chia-
mato suonare parallelo perché le dita vengono fatte scendere simulta-
neamente, in altre parole: in parallelo. Un insieme parallelo è un
gruppo di note che possono essere suonate come un accordo. Tutti gli
insieme paralleli possono essere suonati a velocità infinita. Il ritardo
tra le varie dita è detto angolo di fase. In un accordo l’angolo di fase è
zero per tutte le dita. Questo concetto, ed altri ad esso legati, vengono
spiegati più metodicamente nella Sezione IV.2. Le velocità elevate
vengono raggiunte riducendo la fase al più piccolo valore controllabile,
questo è approssimativamente uguale all’errore nel suonare gli accordi.
In altre parole, più sono precisi gli accordi e più alta sarà la velocità
raggiungibile. Ecco perché prima è stato dedicato così tanto spazio alla
descrizione di come esercitarsi ad eseguire accordi perfetti.
Una volta conquistato il Do-Sol si può procedere con il successivo
Sol-Mi (1,3), poi Mi-Sol ed infine il Sol-Do per completare la quartina e
la congiunzione. Si uniscano poi in coppie. Si noti che Do Sol Mi è an-
ch’esso un insieme parallelo, quindi la quartina più la congiunzione
possono essere costruiti da due insiemi paralleli (5,1,3) e (3,1,5). Que-
sto è il modo più veloce. La regola generale per l’uso degli insiemi pa-
ralleli è: si costruisca il segmento su cui esercitarsi usando gli insiemi
paralleli più grandi possibile coerenti con la diteggiatura. Si spezzi in
insiemi paralleli più piccoli solo se quello più grande fosse troppo diffi-
cile. Se si avessero difficoltà con un particolare insieme parallelo si leg-
ga la Sezione III.7 riguardo agli esercizi per gli insiemi paralleli. Sebbe-
ne, in teoria, si possano suonare in maniera infinitamente veloce, que-
sto non garantisce che si riesca a suonare quel particolare insieme paralle-
lo con velocità e controllo sufficienti. Lo si riuscirà a fare solo se si
possiede la tecnica. Gli insiemi paralleli, quindi, possono essere usati
per evidenziare le proprie debolezze. La Sezione III.7 analizza i dettagli
di come esercitarsi e come acquisire rapidamente la tecnica usandoli.
II.11 - GLI INSIEMI PARALLELI 39

Dopo essere riusciti a suonare bene una quartina, ci si eserciti a suo-


narne due in successione finché non lo si riuscirà a fare a proprio agio,
poi tre, eccetera. Si riuscirà presto a suonarne in fila quante se ne vo-
gliono! Quando inizialmente si rimbalzavano gli accordi la mano si
muoveva su e giù, alla fine, però, quando si suonano le quartine in ra-
pida successione, la mano è piuttosto stazionaria, ma non rigida. Si
dovranno anche aggiungere movimenti della mano – altro su questo
più avanti.
La seconda sezione difficile di Per Elisa finisce con un arpeggio com-
posto da tre insiemi paralleli, 123, 135 e 432. Si studino prima singo-
larmente, si aggiunga la congiunzione e si colleghino poi in coppie, ecc.
per costruire l’arpeggio.
Abbiamo ora la terminologia necessaria e possiamo riepilogare la pro-
cedura che usa l’attacco ad accordo per scalare i muri di velocità (si ve-
dano le Sezioni IV.1 e IV.2 per un’analisi dei muri di velocità). Si
scomponga il segmento in insiemi paralleli, si applichi l’attacco ad ac-
cordo e si colleghino tra loro per completare il segmento. Se non se ne
riuscisse a suonare qualcuno a velocità praticamente infinita saranno
necessari gli esercizi per gli insiemi paralleli della Sezione III.7. Cavo-
lo! Abbiamo finito con i muri di velocità!
Per far si che il segmento suoni scorrevole e musicale, abbiamo biso-
gno di realizzare due cose: (1) controllare accuratamente gli angoli di
fase e (2) collegare gli insiemi paralleli in modo scorrevole. La mag-
gior parte dei movimenti di dito/mano/braccio descritti in bibliografia
sono mirati a realizzare nel modo più ingegnoso possibile questi due
compiti. Questo è il collegamento più diretto tra il concetto di insiemi
paralleli e la bibliografia. Siccome questi argomenti sono lì adeguata-
mente coperti, verranno qui trattati solo brevemente nella Sezione III.4.
Quei libri di consultazione sono perciò compagni necessari di questo.
Il materiale esposto qui è per iniziare, quello in bibliografia sarà neces-
sario per arrivare al successivo livello di competenza e musicalità. Ho
fornito delle recensioni (estremamente brevi) nella Sezione Riferimenti
per aiutare a scegliere quale libro di consultazione usare. Velocizzando
gli insiemi paralleli si facciano esperimenti con la rotazione della mano,
con il movimento su e giù del polso (in generale: abbassare il polso
quando si suona con il pollice ed alzarlo quando si raggiunge il migno-
lo), con la pronazione, con la supinazione, con il movimento ciclico,
con la spinta, con la trazione, eccetera. Tutti questi movimenti sono
elencati nei libri dei Riferimenti e riassunti brevemente nella Sezione
III.4.
40 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

Sarà necessario leggere la Sezione III.7 per apprendere come usare gli
insiemi paralleli per acquisire rapidamente la tecnica. L’introduzione di
cui sopra sul suonare parallelo è parte di una breve descrizione e di fat-
to è un po’ fuorviante. Il suonare parallelo descritto prima è quello
detto “a fase bloccata” ed è il modo più facile per iniziare, ma non è
l’obiettivo ultimo. Per poter acquisire la tecnica è necessaria la comple-
ta indipendenza delle dita, non le dita a fase bloccata. Suonare dito per
dito del tutto indipendentemente è detto suonare serie. Il nostro obiet-
tivo, quindi, è suonare serie velocemente. Nel metodo intuitivo si ini-
zia suonando serie lentamente e si cerca di aumentarne la velocità.
Suonare parallelo non è un obiettivo in sé, ma è la via più rapida verso
il suonare serie velocemente. Queste questioni sono spiegate nella Se-
zione “Esercizi per gli insiemi paralleli”. L’idea di questi esercizi è quel-
la di controllare prima se si riesce a suonare “infinitamente veloce”, si
rimarrà sorpresi nello scoprire che non si può sempre fare, anche solo
due note, e di fornire un modo di esercitare solo quegli insiemi di cui si
ha bisogno per quella particolare tecnica. Quest’ultima sarà acquisita
quando si riuscirà a suonare l’insieme parallelo controllando ogni nota
a qualsiasi velocità.
Certamente suonare parallelo con dimestichezza non garantisce in sé
il suonare correttamente. Ci si arriva giusto più velocemente, almeno
si sale a velocità in modo da avere meno passi da compiere per poter
arrivare ai movimenti corretti. Vale a dire, anche suonando parallelo
con successo ci sarà ancora bisogno di effettuare un po’ di altri esperi-
menti per poter gestire l’intero passaggio. Siccome il metodo qui de-
scritto permette di fare centinaia di prove in pochi minuti, questa spe-
rimentazione può essere condotta relativamente in fretta. Applicando il
metodo misura-per-misura, ognuna impiegherà meno di un secondo a
velocità: in cinque minuti ci si può quindi esercitare trecento volte!
Questo è il motivo per cui non si può fare a meno di un buon inse-
gnante: può indirizzare rapidamente verso i movimenti giusti e saltare
gran parte della sperimentazione. Avere un insegnante non significa
però che si smetterà di sperimentare, ma solo che la sperimentazione
sarà più efficiente. Fare esperimenti dovrebbe essere una parte fissa di
ogni seduta di studio – un’altra ragione del perché studiare a mani se-
parate ha così valore. Sperimentare è abbastanza difficile a mani sepa-
rate ed è praticamente impossibile a mani unite!
Suonare parallelo non risolve tutti i problemi, risolve principalmente
quelli del materiale contenente volate, arpeggi e accordi arpeggiati.
II.12 - IMPARARE E MEMORIZZARE 41

Un’altra principale classe di problemi è quella dei salti: per questa si


vada alla Sezione III.7F.

II.12 - Imparare e Memorizzare


Non c’è modo più veloce di memorizzare che farlo quando si sta impa-
rando il pezzo per la prima volta e, per un pezzo difficile, non c’è modo
più veloce di impararlo che memorizzandolo. Si memorizzino quindi le
sezioni che si stanno studiando per la tecnica mentre le si ripetono così
tante volte in segmenti brevi a mani separate. La memorizzazione ver-
rà analizzata più dettagliatamente nella Sezione III.6. Le procedure per
memorizzare sono quasi esattamente parallele a quelle per l’acqui-
sizione della tecnica. La memorizzazione, ad esempio, andrebbe fatta
prima a mani separate. Imparare e memorizzare dovrebbero perciò
avvenire contemporaneamente, altrimenti sarebbe necessario ripetere la
stessa procedura due volte. Potrebbe sembrare semplice rifare la stessa
procedura un’altra volta. Non lo è. Memorizzare è un compito com-
plesso anche dopo essere in grado di suonare bene il pezzo, per questa
ragione gli studenti che lo memorizzano dopo averlo imparato lasce-
ranno perdere o non lo faranno mai bene. Questo è comprensibile:
l’impegno richiesto per memorizzare può rapidamente raggiungere il
punto di diminuzione della resa se si sa già suonare il pezzo a velocità.
Una volta che gli studenti sviluppano delle procedure di memorizza-
zione/apprendimento con cui si trovano a proprio agio, la maggior par-
te di loro scopre che imparare e memorizzare insieme i passaggi difficili
richiede meno tempo di imparare e basta. Ciò accade perché si elimina
il processo di guardare la musica, interpretarla e passare le istruzioni
dagli occhi al cervello e poi alle mani. Saltando questi lenti passi l’ap-
prendimento può procedere senza impaccio. Alcuni si potrebbero pre-
occupare che memorizzare troppe composizioni potrebbe creare un in-
sostenibile problema di mantenimento (si veda la Sezione III.6C per
un’analisi del mantenimento). Il miglior atteggiamento da avere nei
confronti di questo problema è di non preoccuparsi di dimenticare al-
cuni pezzi che si suonano raramente. Questo perché ricordare un pezzo
dimenticato è molto veloce, a patto che sia stato memorizzato bene la
prima volta. Il materiale memorizzato quando si era giovani (prima
dei vent’anni) non viene praticamente mai dimenticato. Per questo è
così importante imparare metodi veloci di acquisizione della tecnica e
memorizzare più pezzi possibile prima di raggiungere la tarda adole-
scenza.
42 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

Compiendo ogni passo descritto in questa sezione sull’acquisizione


della tecnica, si memorizzi la musica al tempo stesso. È semplice. An-
che la Sezione III.6 tratta gli enormi benefici della memorizzazione.

II.13 - La Velocità, La Scelta del Ritmo di Studio


Si arrivi a velocità più rapidamente possibile. Si ricordi che stiamo
ancora studiando a mani separate. Suonare talmente veloce da iniziare
a sentire lo stress e fare errori non migliorerà la tecnica perché sotto
stress non è il modo in cui si suonerà quando si sarà esperti. Non si
aumenti la velocità forzando le dita a suonare più velocemente nello
stesso modo. Di fatto, nel suonare parallelo, è spesso più facile suonare
velocemente che lentamente. Si concepiscano delle posizioni e dei mo-
vimenti delle mani che controllano con precisione l’angolo di fase e che
sistemano tutto in modo tale da rendere scorrevole la transizione al
successivo insieme parallelo in arrivo. Se non si fanno progressi signi-
ficativi in pochi minuti probabilmente si sta sbagliando qualcosa – si
pensi a qualcosa di nuovo. Ripetere la stessa cosa per più di qualche
minuto senza alcun miglioramento visibile farà spesso più male che be-
ne. Gli studenti che usano i metodi intuitivi sono rassegnati a ripetere
la stessa cosa per ore con poco visibile miglioramento. Questa mentali-
tà deve essere assolutamente evitata usando i metodi di questo libro.
La tecnica migliora più rapidamente quando si suona alla velocità
alla quale si riesce a suonare con precisione. Questo è particolarmente
vero quando si suona a mani unite (per favore, si abbia pazienza – pro-
metto che alla fine arriveremo allo studio a mani unite). Siccome a
mani separate si ha più controllo, ce la si può cavare molto più veloce-
mente che a mani unite. È sbagliato, di conseguenza, pensare di poter
migliorare più rapidamente suonando più velocemente possibile (dopo
tutto, se si suona il doppio più veloce si può esercitare lo stesso passag-
gio il doppio delle volte!). Siccome l’obiettivo principale dello studio a
mani separate è quello di guadagnare velocità, il bisogno di farlo rapi-
damente e quello di studiare ad una velocità ottimizzata per migliorare
la tecnica diventano contradditori. La soluzione a questo dilemma è di
cambiare costantemente velocità di studio: non si rimanga per troppo
tempo ad una data velocità. Sebbene sia meglio portare il passaggio
immediatamente a velocità, nei passaggi difficili non c’è alternativa che
arrivarci per gradi. Si usino, per far questo, velocità troppo veloci in
modo da effettuare un’esplorazione che determini cosa sia necessario
modificare per poter suonare a quelle velocità. Si rallenti e ci si eserciti
poi su questi nuovi movimenti. Se manca la tecnica si dovrà sicura-
II.14 - COME RILASSARSI 43

mente tornare indietro, accorciare il passaggio ed applicare gli esercizi


per gli insiemi paralleli.
Per variare la velocità si vada inizialmente ad una qualche “velocità
massima” gestibile ed alla quale si riesce a suonare con precisione, poi
si acceleri (usando, se necessario, l’attacco ad accordo, ecc.), e si presti
attenzione a come debba essere modificato il modo di suonare. Si usi-
no in seguito questi movimenti e si suoni alla precedente “velocità
massima”. Dovrebbe essere ora notevolmente più facile. Si studi a
questa velocità per un po’, si provino successivamente velocità anche
più basse per essere sicuri di rimanere completamente rilassati. Si
ripeta poi l’intera procedura. In questo modo si arriverà per gradi
gestibili a velocità maggiori e si lavorerà separatamente sull’abilità
tecnica necessaria. Si dovrebbe riuscire, nella maggior parte dei casi, a
suonare un pezzo nuovo alla prima seduta, almeno in segmenti brevi, a
mani separate ed alla velocità finale. Tali prodezze possono sembrare
all’inizio irraggiungibili, ma qualsiasi studente può raggiungere questo
obiettivo in maniera sorprendentemente rapida.

II.14 - Come Rilassarsi


La cosa più importante da fare quando si aumenta la velocità è rilas-
sarsi. Rilassarsi significa usare solo i muscoli necessari a suonare. Si
può lavorare duro quanto si vuole ed essere rilassati. Questo stato di
rilassamento è specialmente facile da raggiungere a mani separate. Ci
sono due scuole di pensiero sul rilassamento: una sostiene che a lungo
andare sia meglio non esercitarsi affatto piuttosto che esercitarsi con
anche la minima tensione, questa scuola insegna a rilassarsi suonando
una sola nota e poi avanzando con cautela e proponendo solo materiale
semplice suonabile rimanendo rilassati; l’altra scuola sostiene che il ri-
lassamento è solo un altro aspetto necessario della tecnica, ma che sot-
tomettere l’intera filosofia di studio ad esso non sia l’approccio più van-
taggioso. Non è chiaro, a questo punto, quale sia il sistema migliore.
Qualunque si scelga è ovvio che suonare sotto stress è da evitare.
Se si adottano i metodi descritti in questo libro, e si arriva rapidamen-
te alla velocità finale, un minimo di stress può essere inevitabile. Si no-
ti che l’intera idea di arrivare rapidamente a velocità serve a potersi e-
sercitare a velocità inferiore completamente rilassati. Come fatto nota-
re in tutto questo libro, l’alta velocità è praticamente impossibile da
raggiungere senza il completo rilassamento ed il disaccoppiamento di
tutti i muscoli (specialmente quelli grandi) in modo che le dita possano
guadagnare la propria indipendenza.
44 II - PROCEDURE E SSENZIALI PER STUDIARE PIANOFORTE

Gli studenti che suonano con un sacco di stress si accorgeranno che es-
so non c’è più quando, all’improvviso, suonare a velocità diverrà facile.
Quelli a cui non è stato insegnato ad eliminare lo stress pensano che sia
questo il punto in cui hanno acquisito nuova tecnica. In realtà la loro
tecnica è lentamente migliorata fino al punto in cui hanno iniziato a ri-
lassarsi. Il rilassamento ha permesso alla tecnica di migliorare di più ed
il miglioramento ha permesso un ulteriore rilassamento. Questo ciclo a
retroazione è ciò che ha permesso una tale magica trasformazione. La
trasformazione stessa è stata quindi indotta principalmente dal rilas-
samento, è perciò ovviamente meglio iniziare senza stress. Allora,
quindi, come ci si rilassa?
Ci sono numerosi esempi in questo libro, così come in molti altri, che
istruiscono a “coinvolgere l’intero corpo” senza altri suggerimenti su
come fare. Una parte di questo coinvolgimento, a volte la più grossa,
deve essere il rilassamento. Il cervello umano è in molti modi uno
sprecone: usa generalmente la maggior parte dei muscoli del corpo an-
che per i compiti più semplici. Quando il compito è difficile il cervello
tende a bloccare il corpo in una massa di muscoli tesi. Per potersi rilas-
sare bisogna fare un tentativo consapevole (che coinvolge l’intero cor-
po) di spegnere i muscoli non necessari. Non è facile perché va contro
la tendenza naturale del cervello e bisogna esercitarsi a farlo proprio
come si fa nel muovere le dita per premere i tasti. Rilassarsi non signi-
fica quindi “lasciar andare tutti i muscoli”, significa che quelli non ne-
cessari sono rilassati anche quando quelli necessari stanno lavorando a
pieno regime. Per raggiungere questa capacità è necessaria molta prati-
ca.
Non si dimentichi di rilassare le varie funzioni del corpo, come respi-
rare e deglutire periodicamente. Alcuni studenti interrompono il respi-
ro quando suonano passaggi impegnativi perché i muscoli per suonare
sono ancorati al petto. La Sezione 21 più avanti spiega come usare il
diaframma per respirare correttamente. Se la gola è secca dopo una
dura seduta di studio, significa che ci si è dimenticati di deglutire. Tutti
sintomi di stress.
Il metodo delle cadute spiegato sopra è un eccellente modo di eserci-
tarsi al rilassamento. Si studino le cadute con un solo dito, scegliendo
dita diverse ogni volta. Usando il pollice il polso deve essere basso (ma
non troppo perché è necessario suonare con la punta); usando il migno-
lo il polso dovrebbe essere leggermente più alto; una via di mezzo u-
sando le altre dita. Il polso leggermente più alto dà al mignolo più po-
tenza, meno stress e diminuisce il bisogno di alzare il quarto dito. Non
II.14 - COME RILASSARSI 45

si prenda l’abitudine di rilasciare completamente quest’ultimo perché


provocherà il tocco involontario di altri tasti. L’evoluzione ha legato
con i tendini le ultime tre dita per facilitare la presa degli attrezzi. Si
prenda l’abitudine di esercitare una leggera tensione verso l’alto nel
quarto dito, specialmente quando si suonano le dita 3 e 5. La prova
del rilassamento è di nuovo la gravità: sentire l’effetto della forza di
gravità, mentre si suona, è una condizione necessaria e sufficiente per il
rilassamento.
Rilassarsi non consiste soltanto nel conservare l’energia non attivando
i muscoli non necessari, ma anche nel trovare il giusto equilibrio ed i
giusti movimenti e posizioni di braccio/mano/dita che permettono di e-
seguire con il corretto dispendio di energia. In altre parole, non si pos-
sono rilassare i muscoli non necessari se le posizioni ed i movimenti
sono sbagliati. Si deve anche essere sicuri che i muscoli che lavorano
possano fare il loro compito. Rilassarsi richiede perciò un sacco di e-
sperimenti per trovare queste condizioni ottimali. Se ci si è nondimeno
focalizzati sul rilassamento dal primo giorno di lezione, dovrebbe essere
un problema rapidamente risolubile perché lo si è già fatto molte volte
prima. Chi è nuovo al rilassamento può iniziare con pezzi facili già
studiati suonandoli aggiungendolo. Gli esercizi per gli insiemi paralleli
della Sezione III.7 possono aiutare anche ad esercitarsi al rilassamento.
Niente, comunque, può sostituire la sperimentazione quotidiana che si
dovrebbe fare ogni volta che si impara un nuovo pezzo. Si costruirà
gradualmente un arsenale di movimenti rilassati – questo è parte di
quello che si intende per tecnica.
Molte persone non si rendono conto che il rilassamento in sé stesso è
uno strumento diagnostico per fare esperimenti. Assumendo che si ab-
bia un certo arsenale di movimenti della mano (ognuno dovrebbe co-
struirsene uno – si veda la Sezione III.4), il criterio per una “buona tec-
nica” è ciò che permette il rilassamento. Molti studenti pensano che la
pratica lunga e ripetitiva trasformi la mano in qualche modo affinché
possa suonare. In realtà quello che accade, se allo studente non viene
insegnato il modo giusto, è che la mano incappa accidentalmente nel
movimento giusto per rilassarsi. Per questo motivo alcune capacità
vengono acquisite rapidamente mentre altre richiedono un’infinità di
tempo ed alcuni studenti ne acquisiscono alcune rapidamente mentre
altri ci lottano. Il modo giusto (e più veloce) di imparare è quello di
cercare attivamente i movimenti corretti e di costruirsene un corredo.
In questa ricerca è utile capire cosa fa stancare e quali funzioni biologi-
che influenzano il bilancio energetico (si veda la Sezione 21, più avanti,
sulla “Resistenza”). Il rilassamento è uno stato di equilibrio instabile:

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