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Autore: tom_53 Taccuino: Taccuino di tom_53

Creato: 29 luglio 2018 16:11:16


Origine:
Aggiornato: 29 luglio 2018 16:11:16 http://www.tecalibri.info/F/FRUTIGER-
A_segni.htm

TecaLibri: Adrian Frutiger: Segni & simboli

Segni & simboli

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Pagina 17

Le parole o la lingua, scritta o parlata, non sembrano avere alcuna parte nel meccanismo
dei miei processi di pensiero.
I fondamentali elementi psichici del pensiero sono alcuni segni e figure più o meno chiari,
che possono essere riprodotti e 'messi in ordine'.

Albert Einstein

Introduzione: tre temi

1. Disordine-ordine

'In principio', dice il Libro della Genesi, 'la terra era senza forma e vuota'. Per l'uomo del
ventesimo secolo è difficile immaginare il vuoto, il caos, perché ha imparato che un tipo
di ordine appare prevalere sia nell'infinitamente piccolo che nell'infinitamente grande. La
consapevolezza che non ci sono elementi casuali intorno a noi o in noi, e che tutte le cos
e, sia della mente che della materia, seguono strutture ordinate, porta a pensare che anc
he la più semplice traccia o il più elementare scarabocchio non possono esistere per pur
o caso e senza un significato, ma piuttosto che è l'osservatore che non riconosce chiara
mente la causa, l'origine e l'occasione di tale 'disegno'.

Queste considerazioni di base renderanno più facile riconoscere e giudicare l'origine, il si


gnificato e la struttura dei segni nel corso di questo studio.
Dato uno spazio vuoto — esemplificato da un quadrato definito dal contorno [1], che sim
bolizza il concetto di 'vuoto' — proviamo a disseminare sedici punti a caso, in modo acci
dentale. L'illustrazione 2 mostra quanto sia difficile disporre i sedici elementi in maniera c
he sembrino realmente messi a caso, senza relazioni tra loro e senza che evochino strutt
ure, immagini, rappresentazioni geometriche o figurative.

È molto facile, al contrario, disporre gli stessi sedici punti in un gran numero di disposizio
ni regolari [3 e 4].

Da questa constatazione arriviamo alla conclusione paradossale che la produzione di un


a forma ordinata è più facile della produzione di disordine, di non forma.

La ragione può essere trovata nel fatto che, nel nostro subconscio, siamo cresciuti sotto l
'impressione di immagini primarie e di schemi che hanno costantemente influenzato la n
ostra visione e la nostra immaginazione.

È persino possibile che certe forme archetipiche siano ereditarie, e che siano quindi pres
enti dall'inizio, anche nella mente di un bambino non ancora nato. Ma questo è un punto
sul quale gli studiosi non concordano.
2. La memoria di un'immagine

Premetteremo a ogni considerazione sulla produzione di segni un semplice esperimento


sulla memoria. Come oggetto dell'esercizio scegliamo un dado, l'immagine delle cui sei f
acce è sicuramente ben impressa nella mente di ogni lettore [5]. L'intensità di quest'imm
agine e della sensazione associata varieranno da una persona all'altra, secondo l'esperie
nza individuale: debole per un bambino, forte per un giocatore d'azzardo.

Ci sono sei configurazioni [6], che il giocatore non ha bisogno di 'decodificare' (non è nec
essario che egli conti i punti per sapere il numero corrispondente). Il riconoscimento è im
mediato perché le configurazioni si adattano a una forma conosciuta, uno schema menta
le appreso e sperimentato. Un semplice spostamento dei punti in posizioni inusuali caus
a un'involontaria frustrazione in chi guarda.

Lo spostamento del punto nella faccia con il numero uno [7] genera immediatamente dis
agio. La sensazione dell'idea di 'centro' (sicurezza, stasi) è legata alla sensazione di sim
metria. Tutte le disposizioni simmetriche richiamano la struttura del nostro corpo e sono
quindi più accessibili, più facili, al contrario di quelle asimmetriche, che hanno bisogno di
essere ben afferrate dalla mente. Il punto spostato, inoltre, fa sorgere il dubbio che si trat
ti di metà del familiare numero due.

La faccia con il numero due [8] è lontana dall'usuale disposizione diagonale che la divide
in due parti uguali. Qui i punti sono sospesi invece che 'fissati'. E non è facile rimuovere l
a sensazione che si tratti di due occhi in un viso.

L'immagine successiva [9], per quanto diversa dalla tradizionale disposizione dei tre punt
i su una riga, non è particolarmente fastidiosa. Ci colpisce l'apparire di un segno archetip
ico, il triangolo, che richiama al giocatore memorie inusuali.

Anche il quattro non ci disturba più di tanto [10], perché riconosciamo il quadrato, per qu
anto appoggiato su un vertice. Va notato che dal quattro in su bisogna contare i punti, pe
rché si possa riconoscere il numero. Una disposizione familiare di punti, come nel quadra
to, facilita il riconoscimento immediato.

Il secondo esempio di disordine nel quattro [11] può rendere più chiaro quanto detto. Un
a sola rapida occhiata non è sufficiente a riconoscere il numero (gli occhi si muovono ava
nti e indietro).
Il cinque è difficile da riconoscere [12]. 'Verticale' e 'orizzontale' sono visti prima di 'diago
nale' e la prima, immediata, impressione è quella di una croce.

Una nuova disposizione del cinque [13] mostra con ancora maggiore evidenza lo stile 'ori
zzontale-verticale' e crea un conflitto con l'immagine profondamente radicata nell'osserv
atore del segno archetipico della lettera T.

La stessa cosa succede con la disposizione successiva [14], nella quale emerge chiaram
ente la lettera L. Il disagio è accresciuto dall'asimmetria. Nel contare i punti, ci si confond
e tra cinque e sei, perché il punto in basso a sinistra viene calcolato due volte, una volta
nella colonna verticale e una volta nella riga orizzontale. L'immagine usuale del cinque vi
ene disturbata in molti modi, in quest'esempio, e il giocatore non riesce a richiamarla.

Anche un'altra disposizione del cinque [15] è difficile da riconoscere. La somiglianza con
il sei (il numero più importante, il vincitore) è così stretta, che un senso di frustrazione neu
tralizza qualunque ragionamento. Tre esempi di modifica del sei [16, 17, 18] mostrano chi
aramente che l'immagine fissata nella memoria può essere cancellata per mezzo di spost
amenti relativamente piccoli.

Nel primo esempio [16] prevale la forma del triangolo, e nel secondo esempio [17] il distu
rbo è originato dall'asimmetria e dall'emergere dell'area triangolare composta di punti. N
el terzo esempio [18] una linea invisibile unisce i punti per formare un cerchio. Contare i p
unti è sempre indispensabile, in questi casi, per quanto l'esempio finale sia reso più facile
dall'indicazione di un esagono.

La disposizione dei punti sulle facce di un dado richiama la codifica di un nastro perforat
o [19]. Un codice non è nient'altro che un'informazione che la macchina deve riconoscer
e confrontandola con la matrice programmata che ha 'imparato'. Il processo del riconosc
imento, negli esseri umani, avviene esattamente nello stesso modo.
3. Luce e ombra, bianco e nero

Viviamo in un'epoca nella quale ci sono molti modi per tradurre i pensieri in forme visibili.
In questo libro ci occuperemo soltanto dell'espressione bidimensionale (nel senso conve
nzionale del disegno e della comunicazione grafica), ottenuta con inchiostro nero su cart
a bianca. Tutti gli altri mezzi di comunicazione (audiovisivo, cinematico ecc.) sono stati d
eliberatamente esclusi. Oggetto dello studio è l'essenza del disegnare e ci limiteremo a q
uesta.

La superficie bianca della carta è assunta come 'vuota', come una superficie inattiva, indi
pendentemente dalle strutture visibili su di essa. Con il primo apparire di un punto, di una
linea, la superficie vuota viene attivata. Una parte della superficie, anche se solo una picc
ola parte, viene quindi coperta. In questo processo, il vuoto diventa bianco, diventa luce,
e fornisce contrasto al nero. La luce è riconoscibile soltanto per contrasto con l'ombra. D
isegnare o scrivere, in realtà, è la rimozione della luce, piuttosto che l'aggiunta del nero.
Anche il lavoro dello scultore consiste essenzialmente nel portar via qualcosa dal blocco
di pietra e in questo modo dargli forma: la scultura finale è ciò che rimane della pietra [20
].

Visti in questo modo, i segni acquistano un valore completamente diverso, per quel che r
iguarda la loro capacità di comunicare. Tutte le osservazioni che seguono sono basate su
questa dualità di 'luce e ombra', di 'bianco e nero'.

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IV Gli alfabeti del mondo

1. L'invenzione e la diffusione delle lettere

Nel Vicino Oriente, alla fine del secondo millennio a.C., molti sistemi di scrittura erano us
ati per registrare una molteplice varietà di lingue e dialetti.

Erano allora stanziati sulle coste orientali del Mediterraneo i fenici, un esiguo popolo di m
ercanti che intratteneva contatti regolari con la maggior parte del mondo conosciuto per
mare e per terra. Per questa loro attività commerciale era necessario capire molte lingue
e scritture: non desta stupore, pertanto, il fatto che proprio i fenici in questo periodo avvi
assero una sintesi delle scritture sino ad allora elaborate. Questo processo implicò per la
prima volta la brillante idea di attribuire il valore di unità fonetica minima alle singole cons
onanti (b, d, g ecc.) piuttosto che ai loro raggruppamenti sillabici (ba, di, gu ecc.). Così, in
torno al primo millennio a.C. sorsero i segni consonantici fenici oggi universalmente ricon
osciuti come prototipo di qualsiasi scrittura alfabetica.

La tavola seguente (pag. 123) illustra la metamorfosi gra- fica della prima lettera del nostr
o alfabeto in forma di albero genealogico. Al centro della tavola, come in un crogiuolo, il
segno fenicio 'aleph', la cui origine è dovuta alla cristallizzazione di pittogrammi egizi, su
meri, cretesi e probabilmente altri ancora, come accennato nel capitolo precedente. È chi
aro che vi sono molti salti e lacune per i primi duemila anni della storia della scrittura (dal
3.000 a.C al 1.000 a.C.), rappresentati nella parte superiore della tavola.
Ciò va attribuito alla scarsità delle nostre conoscenze in materia, ma è evidente che il pro
cesso evolutivo nelle sue linee generali può essere stato solo questo.

In tempi relativamente brevi l'alfabeto fenicio raggiunse una certa perfezione formale e si
ridusse a ventidue distinti segni fonetici. Non desta meraviglia il fatto che questo sistema
di scrittura si sostituì ben presto a tutti gli altri. Nel corso del primo millennio a.C. l'alfabet
o si diffuse attraverso l'aramaico in tutto il Vicino Oriente, espandendosi anche nel Nord
Africa e nell'Asia Minore e arrivando fino in India.

Vari fattori storici illustrano il processo di questa distribuzione. La scarsità e l'irregolarità


delle comunicazioni tra i popoli fecero sì che i segni venissero elaborati presso ciascuno
di essi in forma autonoma, 'nazionale'. Così, già agli inizi del primo millennio a.C. si svilup
parono le principali scritture alfabetiche di oggi: l'arabo-semitico, l'indiano, e le scritture
occidentali (vedi la parte inferiore della tavola).
Nella trascrizione delle lingue semitiche si conservò il principio fenicio dei segni consona
ntici: ancora oggi l'ebraico e l'arabo si scrivono soltanto con le consonanti e le vocali son
o solo occasionalmente rappresentate mediante accenti o punti.

Le scritture indiane e indonesiane, nonostante un'origine probabilmente fenicia, hanno c


onservato un complicato sistema sillabico, che non spieghiamo per ragioni di spazio.

Nello sviluppo delle scritture occidentali interviene un altro importante fattore (ramo in ba
sso a sinistra nella tavola). I greci avvertirono la necessità di sviluppare ulteriormente il sis
tema di vocalizzazione fenicio, funzionale per le lingue semitiche ma non per il greco anti
co, ricco di inflessioni. Si ritiene che la A e la E derivino dai suoni aspirati 'ha' e 'he', la I d
alla sibilante 'j', la O dal difficile suono glottale 'ain' e la U dal suono 'W'.

Questa invenzione dei segni per le vocali può essere considerata una delle fasi più impor
tanti della storia della scrittura: ha permesso al latino di elevarsi al rango di mezzo di com
unicazione internazionale.

I segni nella tavola dell'albero genealogico sono stati volutamente realizzati con un tratto
uniforme così da evidenziarne i nessi morfologici, ma bisogna sottolineare che le diverse
scritture sono state fortemente influenzate dagli strumenti scrittori e dai materiali utilizzati
.

Nel fenicio e nelle varietà più antiche del greco e del latino si coglie ancora l'aspetto mon
umentale, mentre nelle versioni più recenti la fluidità della scrittura a mano influenza sem
pre di più la forma. Va notato ancora che l'uso dello stilo influenza il tratto dei segni più a
ntichi, mentre la penna a punta larga determina forme nuove e larghe nell'ebraico e nel la
tino. La scrittura ebraica non prevede affatto movimenti circolari; è lecito, pertanto, doma
ndarsi quanto sopravviva in essa della scrittura cuneiforme, anch'essa composta esclusi
vamente da tratti lineari.

La presenza nelle scritture arabe di tratti circolari è attribuibile all'utilizzazione del pennell
o.

2. Le scritture del mondo: una sintesi

Al fine di fornire un chiaro panorama delle diverse scritture ne abbiamo indicato le forme
principali su una cartina del mondo. Viene evidenziata solamente la versione più rapprese
ntativa di ogni famiglia grafica; altrimenti sarebbe stato necessario presentare soltanto pe
r l'India ben quindici diversi alfabeti.
La scrittura è sempre stata uno dei veicoli più importanti nella trasmissione della cultura.
La religione, talvolta ancora più del commercio, della legge o della scienza, ha fatto abbo
ndantemente uso della scrittura e i sacerdoti hanno spesso monopolizzato l'arte dello scr
ivere facendone un'attività sacra. Per questo motivo ciascuna delle culture grafiche most
rate può essere associata, per grandi linee, a una religione.

Al centro, là dove è nato l'alfabeto, si colloca la stilizzazione quadrata dell'ebraico, scars


amente modificatosi in ben tremila anni proprio per il devoto rispetto della tradizione relig
iosa.

Nelle regioni nordoccidentali troviamo le culture greca e latina, dal cui ambito si è svilupp
ata la cristianità con le sue diramazioni: ortodossa (scritture cirilliche) e, soprattutto, catto
lica e riformata. A queste ultime, diffuse in più di metà del pianeta, corrispondono le scritt
ure derivate dalla maiuscola romana e dalla minuscola umanistica del Rinascimento.

La religione islamica determinò la diffusione della scrittura araba nell'Africa settentrionale


, nell'Asia minore e sino alle pendici dell'Himalaya.

Nell'India settentrionale, una scrittura completamente indipendente, quella devanagari, di


venne l'espressione sacra della fede hindu ed è oggi la scrittura nazionale del paese.

Intorno al 500 d.C., nella stessa regione, fece la sua comparsa accanto alla antica fede hi
ndu il Buddismo, che si diffuse verso sudest originando le scritture delle lingue pali dell'In
donesia, derivate dal devanagari.

Si vede chiaramente dalla nostra cartina (pagg. 126-127) che lo sviluppo occidentale dell
a scrittura latina ha determinato forme individuali chiaramente distinguibili: il fenomeno v
a attribuito alla introduzione dei segni delle vocali, uno strumento fondamentale per il rico
noscimento delle parole e la rapidità nella lettura.

Nelle scritture delle aree meridionali, la vocalizzazione mediante segni diacritici (gli accen
ti) permette alle scritture di conservare un aspetto fluido. Un confronto tra i due diversi si
stemi fa subito saltare agli occhi come la chiara separazione delle lettere nelle scritture e
uropee ha reso possibile le tecniche di riproduzione a stampa, mentre nel sudest la scritt
ura a mano è ancora pienamente diffusa. Questa fluidità costituisce uno dei problemi prin
cipali nell'adattamento delle scritture orientali ai moderni metodi di composizione.

Per quel che concerne gli strumenti scrittori occorre notare, ancora una volta, che in tutte
le scritture di ambito settentrionale è impiegata la penna a punta larga mentre nel sudest
asiatico l'uso diffuso di strumenti appuntiti per eseguire lettere a sgraffio su foglie di palm
a ha determinato per motivi di leggibilità scritture dalle forme arrotondate, simili a ghirlan
de.

Le scritture cinesi costituiscono un mondo a parte, derivante da fonti autonome. Isolate d


alla tradizione occidentale per migliaia di anni, conservano ancora il sistema pittografico
o ideografico originale. È pertanto fuori luogo in questo capitolo sulle scritture alfabetiche
ogni altra considerazione sulle scritture cinesi.

La scrittura giapponese, derivata dal cinese, ha sviluppato il sistema di fissare sillabe e s


uoni individuali.

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X I segni di punteggiatura

Il nostro alfabeto consiste di una serie fissa di segni corrispondenti a unità minime di suo
no (fonemi) mediante i quali si articola il linguaggio scritto. Le lettere dell'alfabeto posson
o anche essere descritte come il 'materiale da costruzione' della letteratura. Questo mate
riale da solo, tuttavia, non è sufficiente per dare vita a una composizione scritta che sia c
omprensibile. La separazione delle parole e il loro arrangiamento in proposizioni è resa p
ossibile solo dall'uso logico degli spazi e dei segni di punteggiatura. Questi elementi esse
nziali di cui però non si parla mai potrebbero essere considerati come strumenti di confin
e mediante i quali si maneggia il materiale dell'alfabeto.

1. Lo spazio tra le parole

Chi compone a mano sa che nella cassa in basso, all'altezza della mano, vi sono numero
si elementi 'ciechi', corrispondenti allo spazio bianco tra le parole. Occorre riconoscere a
ncora una volta l'importanza elementare dell'assenza di segni. Soltanto mediante una log
ica distribuzione di questi spazi vuoti una sequenza di segni alfabetici può assumere un a
spetto comprensibile.

Non si può collocare precisamente nel tempo il momento in cui si è cominciato ad adotta
re in modo consistente questa pratica. Le prime testimonianze greche e latine su epigrafi
o codici non presentano spazi tra le parole. Nei più tardi documenti romani si trovano, pe
r indicare i nomi propri, punti a mezza altezza, poi impiegati tra parole comuni e alla fine
delle frasi.

La sistematica divisione delle parole per mezzo della spaziatura, tuttavia, non si è svilupp
ata dalle iscrizioni monumentali né dalla calligrafia libraria. La sua origine va piuttosto rice
rcata in scritture di natura più effimera e rapida, per esigenze di maggiore leggibilità. Con
temporaneamente, tra il IV e il IX secolo, ebbe luogo in ambito librario il passaggio da ma
iuscola a minuscola. In virtù di questi due fenomeni nacque l'immagine delle parole. Le a
ntiche scritture maiuscole, largamente spaziate, dovevano essere decifrate lettera per lett
era, mentre con le minuscole divenne possibile 'fotografare' mentalmente il profilo delle s
ingole parole. Lo spazio tra le parole divenne in questo modo una componente logica del
la scrittura.

2. I segni di punteggiatura

L'analisi storica e letteraria dettagliata dell'origine e dell'uso dei segni dì punteggiatura es


ulerebbe dall'ambito puramente grafico di questo lavoro. Ciò nonostante è importante m
enzionarne il processo evolutivo soprattutto per quanto concerne la loro forma attuale e l
a loro funzione nella registrazione del linguaggio. Ogni nuovo carattere comprende sempr
e un dato numero di segni di punteggiatura, dello stesso stile. Essi possono essere suddi
visi in diversi gruppi in rapporto alle loro varie funzioni.

a Segni che strutturano la frase

Si possono qui indicare i segni di punteggiatura che regolano il flusso del pensiero all'inte
rno della struttura lineare del testo scritto. Appena viene a contatto con un testo, il lettore
prova subito a orientarsi individuando l'inizio e la fine delle frasi e cercando, pertanto, il s
egno del punto fermo (anche le maiuscole poste all'inizio delle frasi sono molto utili da qu
esto punto di vista).

L'articolazione della frase avviene mediante la virgola e il punto e virgola: con quest'ultim
o la frase viene distinta in sezioni più incisivamente che con la prima.

Talora, erroneamente, si interpretano questi segni come 'momenti di pausa e respiro' nel
processo di lettura. Qualsiasi attore potrebbe confermare che la punteggiatura logica non
può coincidere con la cadenza retorica. Una considerazione siffatta è necessaria per disti
nguere le due procedure basilarmente differenti della lettura a voce alta e della lettura sile
nziosa.

Il segno dei due punti, come si evince dal suo aspetto, indica una pausa dal significato d
oppio. Segnala contemporaneamente la fine e l'inizio di due frasi tra loro collegate. Si us
a spesso per introdurre una citazione, ma anche l'analisi della frase antecedente o una s
erie di esempi.

Le parentesi tonde o quadre e la lineetta di inciso, di più recente introduzione, servono pe


r isolare l'inserzione di materiale di vario genere (esplicativo, aggiuntivo, affermativo).

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Pagina 200

III Il patrimonio grafico dei simboli figurativi

La scelta e la disposizione dei segni nelle tavole di questo capitolo non seguono alcun cri
terio di interpretazione geografica, storica, filosofica o metafisica. Il criterio della selezion
e o della disposizione è simile a quello delle tavole nella Parte prima e seconda del libro,
alla ricerca della comprensione degli elementi dei segni dal punto di vista dell'espression
e grafica. Interesse primario è stato mostrare come le rappresentazioni figurative vengan
o alterate o semplificate in base alle tecniche manuali e ai materiali usati. La giustapposiz
ione di segni simili appartenenti a differenti periodi e culture rende inoltre il significato ori
ginario del simbolo più chiaramente riconoscibile e, quindi, più comprensibbile al lettore.

La serie di tavole segue una sequenza logica, per il fatto che i segni figurativi concreti si t
rasformano gradualmente in segni astratti, analogamente alla trasformazione delle scrittu
re pittografiche in quelle ideografiche e alfabetiche. Può anche capitare che questa siste
mazione segua una certa sequenza storica, poiché è chiaramente riscontrabile nella stori
a dell'attività mentale dell'uomo, dai primordi a oggi, una tendenza crescente all'astrazio
ne. Va anche considerato che un simbolo dalla forma semplice è più facile da memorizza
re di un'immagine usuale e che il segreto codificato in un segno non figurativo offre un m
aggiore incentivo alla meditazione ed è strettamente associato con l'occulto.

Abbiamo deliberatamente escluso dalla nostra analisi l'immagine di tipo figurativo, l'imm
agine cioè più o meno realistica, sebbene l'illustrazione in quanto tale occupi un posto im
portante nella tradizione simbolica. A questo riguardo occorre sottolineare che si seguirà
il tema 'Segno, simbolo, emblema, segnale' il più fedelmente possibile, scegliendo tra le
varie testimonianze quelle che appartengono effettivamente al mondo del segno.

7. Come le figure diventano segni simbolici

a Il processo di stilizzazione

Nell'esame della formulazione di un'immagine si partirà dal supporto fisico, dall'oggetto


che porta la figura, il segno o il motivo decorativo. L'oggetto di supporto è anch'esso d'i
mportanza fondamentale per l'interpretazione del disegno simbolico. Non c'è dubbio che
lo stesso segno, presente su oggetti differenti, quali un contenitore per cibo, un altare, un
vestito o una tomba, non può corrispondere a un unico significato uniforme.

Sin dai primi stadi dello sviluppo umano si è instaurata una sorta di associazione tra pers
one e oggetti usati. Era il bastone che allungava il braccio per colpire con più fermezza, e
la pietra che trasformava la mano in un'arma solida. Dall'arma all'utensile, dal vestiario all
'alloggio, il numero di tali oggetti crebbe e attraverso l'uso costante essi divennero comp
agni indispensabili.

Alla valutazione puramente pratica e utilitaristica degli oggetti seguì una scala di valori di
tipo 'emotivo', in base alla quale l'oggetto divenne una proprietà preziosa. Conseguenza
di questa 'sensazione affettiva' fu il bisogno di contrassegnare l'oggetto fornendolo di un
marchio distintivo. Questo processo di adozione e la nuova sensibilità estetica che si and
ava risvegliando portarono all'ornamentazione. Contemporaneamente, le credenze mitich
e nei poteri sovrumani portarono a disegni emblematici che davano più precisione alle ar
mi e più efficienza agli utensili, affinché l'abitazione e il corpo del proprietario venissero p
rotetti dai danni, dalle malattie e dalla morte.

All'inizio, quindi, era l'oggetto e non il segno! Il segno era determinato dalla forma e dal
materiale dell'oggetto. Questo processo di aggiustamento oggi è conosciuto come 'stiliz
zazione'. Il disegno viene adattato al materiale e alla forma dell'oggetto, aumentando cos
ì la capacità espressiva del segno stesso. Questa tendenza a produrre segni conduce l'i
mmagine sempre più nel campo dell'espressione simbolica.

b Semplificazione per mezzo di materiali e utensili


Il dovuto apprezzamento dell'effetto grafico dei segni non sarebbe possibile senza la con
oscenza del loro supporto, che determina la struttura e le caratteristiche degli utensili da
usare. Le iscrizioni possono essere graffite o scavate su pietra, incise a fuoco o intagliate
nel legno, tessute o ricamate nella stoffa. La 'tipizzazione' formale dei segni si è sviluppat
a in questo modo, dalla relazione tra materiale e utensile (vedi Parte prima, cap. VIII, 'La
diversità delle apparenze'). Per questa ragione le didascalie in questa Parte terza del libro
specificano, quando possibile, la tecnica usata.

Al fine di illustrare un campo omogeneo di espressione decorativa, i motivi più tipici dei t
appeti orientali sono stati raccolti in una sola tavola. In questo ambito non è possibile int
erpretare con sicurezza il significato simbolico dei singoli motivi. II vero significato delle fi
gure e dei segni sui quali si basa la decorazione di questi tappeti riposa ormai in un lonta
no passato: non ne rimane più memoria a causa dell'uso ripetuto e della natura altament
e ornamentale.
Allo stesso tempo occorre tener presente che le tecniche di tessitura e annodatura dei ta
ppeti hanno conosciuto la loro più ampia diffusione nelle terre di fede islamica. L'Islam pr
oibisce la rappresentazione a scopo ornamentale della figura umana o animale e persino
quella delle piante se non in forma stilizzata. Anche per questo i motivi decorativi analizza
ti sono diventati 'astratti' e poco riconoscibili.

La dovizia ornamentale dei tappeti orientali può anche essere attribuita al clima delle arid
e regioni in cui essi erano in uso. Quando i nomadi nel deserto aprono il loro tappeto per
pregare in direzione della Mecca, si circondano di un immaginario giardino magico. I tapp
eti realizzati nelle regioni settentrionali, al contrario, presentano una decorazione meno es
uberante, limitata perlopiù a motivi geometrici e nella quale gli elementi decorativi sono c
ostituiti da figure ancora ben riconoscibili (vedi anche la tavola di simboli di piante e di an
imali).
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4. Intrecciare, intessere, annodare

Tutti i materiali usati per fabbricare o formare oggetti hanno un maggiore o minore grado
di elasticità o flessibilità, in rapporto alla loro struttura. La pietra, che sta al livello più bas
so della scala della flessibilità, non può essere piegata ma solo tagliata. Un legno fresco,
un ramoscello di salice, una fibra o un capello possono essere modificati in forme nuove,
letteralmente trasformati, senza che siano tagliati o rotti.

Il filo e lo spago uniscono il mistero dell'illimitata lunghezza alla capacità di essere avvolti
attorno al fuso in uno spazio limitato. Allo stesso tempo hanno qualcosa della spirale, del
movimento circolare perpetuo, dello svolgersi della vita.

Il processo successivo, che trasforma il filo in stoffa tessuta, annodata o intrecciata, cons
ervandone la lunghezza, conferisce al filo un'attrattiva particolare, quasi completamente
scomparsa nei tessuti moderni.

L'oggetto filato, lungo e flessibile, invita mano e mente al lavoro. Il risultato può essere b
ello e ornamentale o, al contrario, nel caso in cui sia tutto ingarbugliato e pieni di nodi, rie
vocare il serpente del mito e il suo simbolismo negativo.

Le donne hanno la capacità di intrecciare artisticamente i capelli, come la pasta dei dolci,
i gambi delle cipolle per conservarle d'inverno. La forma di un 'pretzel' è l'esempio concr
eto di un motivo decorativo quotidiano elementare ma armonioso. In esso si può riconos
cere un simbolo più profondo, la culla, la nascita e il desiderio di riproduzione.

La forma intrecciata o intessuta occupa un posto importante nelle rappresentazioni simb


oliche. Si possono intrecciare insieme alcuni semplici segni geometrici producendo semp
re un forte effetto di legame che può essere attribuito a un contenuto simbolico.

I 'ricami' grafici presenti in tutto il mondo e a ogni livello, esaltati talvolta dall'immaginazio
ne dell'artista fino a essere 'insolubili', quando il segno base diventa quasi irriconoscibile,
traggono vita dallo stesso gusto che anima l'arte del ricamo e della tessitura, dove infinit
e forme vengono create con lo stesso semplice filo. Questa possibilità di simulare il volu
me (vedi Parte prima, capitolo VII) è stata probabilmente praticata al massimo livello con i
segni cruciformi. Le due aste che si incontrano nel mezzo ad angoli retti, i quattro tratti te
rminali 'spogli' e i quattro angoli interni posti simmetricamente formano un ideale punto d
i partenza per il puro diletto di eseguire ricci, trecce e nodi. Non tutti gli esempi della tavo
la hanno necessariamente un valore simbolico.
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Pagina 313

Verso una sintesi


La tavola dei segni della pagina accanto è stata composta in modo da fornire una guida
comparativa ai differenti tipi d'espressione che possono essere ottenuti per mezzo di mo
dificazioni grafiche a quattro immagini esemplificative: due, la stella e il serpente, vengon
o dalla natura; la freccia è un artefatto umano; l'ultima, la croce, è al limite dell'astrazione
.

La riga in alto contiene rappresentazioni puramente figurative. Sebbene realizzate con la


tecnica del disegno, le immagini rimangono nel mondo dell'illustrazione pittorica.

Nella seconda riga gli stessi oggetti assumono una forma schematica, il che significa che
essi non sono più illustrazioni più o meno realistiche di forme esterne ma versioni analitic
he, nelle quali l'immagine è mutata in diagramma, sezione trasversale e vista in pianta.

La terza riga, nella quale l'immagine è stata elevata a simbolo, presenta una trasformazio
ne fondamentale. Essa può essere vista come una 'sublimazione' del semplice oggetto,
al quale è stato attribuito un contenuto spirituale o immaginativo. In questo contesto non
è più richiesta un'illustrazione naturalistica. Al contrario, l'intenzione illustrativa viene abb
andonata, nel processo di conversione della figura in segno. L'illustrazione è divenuta si
mbolo.

Come mezzo per aumentarne il potere simbolico, spesso l'immagine risulta dall'associazi
one di due o più oggetti, come è mostrato nella quarta riga.

Al fine di fornire ulteriori chiarimenti alla complessa questione dell'esatta natura della diff
erenza tra simbolo e segno, i quattro oggetti originari, dalla quinta riga in poi, appaiono c
ome segni in una varietà di versioni semplificate e graficamente ripulite. Segni puri come
quelli del fulmine o di Venere, naturalmente, possono diventare simboli, come può accad
ere anche allo stemma su di un'armatura o persino a un marchio commerciale. È prima di
tutto il significato sottostante di un'immagine che traccia il confine tra il simbolo e il segn
o neutro che denota una cosa.

La divisione dei segni in gruppi non solleva di per sé problemi di interpretazione. Il segno
abbreviato usato per un concetto scientifico, la firma, la filigrana, il marchio di proprietà o
il marchio commerciale, sono tutti resi differenti dalle loro applicazioni specifiche.

Le forme esterne delle varie classi di segni danno quindi un'indicazione abbastanza chiar
a del loro uso. La linea sobria d'un segno scientifico si differenzia nettamente dal segno ri
cco e abbellito dello stemma araldico, e la semplificazione funzionale d'un marchio a fuo
co per bestiame lo distingue totalmente da un segno per la pubblicità, disegnato con virt
uosismo grafico per il massimo richiamo.

La riga finale della tavola mostra le quattro immagini base usate nella segnaletica stradal
e. Sia l'effetto naturalistico che quello simbolico si sono perduti e i segni sono diventati a
stratte convenzioni. L'immagine del segnale include anche la forma del suo supporto, ch
e a stretto rigore può essere considerata di per sé come un segno base, capace di esalta
re il significato del segno che porta.

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Epilogo

L'illustrazione diventa un simbolo, il sacro simbolo è modificato per farne un prosaico se


gno matematico, le figure araldiche e le firme sono trasformate in marchi commerciali e l
ogotipi, e il disegno viene semplificato per diventare un segno.

I segni alfabetici da soli non bastano, per registrare e trasmettere i pensieri e le parole. L'
orientamento e la comunicazione sarebbero oggi impossibili senza diagrammi, segni e se
gnali. L'espressione scritta o a stampa deve necessariamente essere integrata dalla com
unicazione per mezzo di immagini.

Gli alfabeti dei linguaggi parlati, essendosi sviluppati in specifiche condizioni storiche, so
no stati fissati una volta per tutte, ma sono puramente astratti. I segni del linguaggio pitto
grafico, d'altra parte, sono soggetti al costante e concreto adattamento ai sempre mutev
oli campi della loro applicazione e hanno un effetto di chiarezza e di uniformità dovunque
le parole siano insufficienti o difficili da capire.
I segni, i simboli, gli emblemi e i segnali, in tutta la loro varietà, sono espressioni penetran
ti e indimenticabili dei nostri tempi. Tendono al futuro includendo e conservando qualcos
a del passato.

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