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Indice
Biografia
Origini familiari
Matrimonio con Filippo e rapporti con i figli
Ritorno in Epiro e assassinio di Filippo
Durante il regno di Alessandro
Olimpiade, dal Promptuarii Iconum
Dopo la morte del figlio
Insigniorum (1553) di Guillaume
Guerra lamiaca
Rouillé
Appoggio a Poliperconte
Ritorno in Patria
Assedio di Pella e morte
Note
Bibliografia
Altri progetti
Collegamenti esterni
Biografia
Origini familiari
Nacque con il nome di Myrtale[1], nel 375 a.C. da Neottolemo I re dell'Epiro, secondo il mito erede
della stirpe di Molosso, a sua volta diretto discendente di Neottolemo e di Andromaca[2][3].
Orfana del padre, il fratello di questi, Aribba, suo successore, a suggello di accordi diplomatici, diede
in sposa la nipote sedicenne a Filippo II di cui sarebbe divenuta la terza moglie.
Istruita da Aristotele, Olimpiade fu esiliata dal marito nel 357 a.C.; poco dopo, tuttavia, ella fu
richiamata a Pella perché incinta. Avrebbe dato due figli: il loro primogenito Alessandro (nato nel
356 a.C.) e Cleopatra.
Nello stesso anno (356 a.C.), Filippo II le impose il nome Olimpiade, con cui è universalmente nota, a
seguito della sua vittoria nei giochi olimpici tenuti proprio in quel periodo[1].
Quanto alla nascita del primogenito, cui fu molto legata, si riportano numerose leggende, esposte
sinteticamente da Plutarco, secondo cui Olimpiade non avrebbe generato Alessandro da Filippo bensì
da Zeus, in forma di serpente o che, in ogni caso, fosse solita praticare riti orfici e dionisiaci tipici
delle popolazioni degli Edoni e dei Traci e che nelle processioni portasse grandi serpenti
addomesticati[2][4]. Sempre Plutarco ricorda quanto Alessandro fosse solito propagandare tale diceria
e che, a tale proposito, Olimpiade protestava: "Quando la smetterà Alessandro di calunniarmi di
fronte a Era?"[5].
Se il rapporto con il marito Filippo non fu mai positivo, sia per la poligamia[1] da lui praticata, sia per
i riti dionisiaci, cui Olimpiade era devota, quello con il figlio primogenito fu estremamente profondo:
quest'ultimo, infatti, mutuò da lei la spiritualità intrisa di passionalità, la tensione mistica, l'ansia
sempre inappagata di spingersi 'oltre'[6]
In ogni caso, la situazione familiare degenerò quando Filippo decise di sposare Euridice, figlia del
generale Attalo ed in quanto tale membro della più antica nobiltà macedone.
Al matrimonio, Attalo offese Alessandro il quale prese apertamente le parti della madre e con costei
fuggì alla corte dello zio Alessandro I, fratello minore di Olimpiade. Durante la permanenza in Epiro,
la regina, dopo aver tentato di indurre il fratello ad impegnarsi in un conflitto con la Macedonia,
continuò a capeggiare gli interessi della fazione vicina al figlio per poi negoziare un matrimonio con
la figlia di Pissodaro, sovrano di Alicarnasso che irritò non poco Filippo, impegnato nei preparativi
della spedizione in Asia[7].
Dopo un anno, Alessandro fu richiamato mentre Olimpiade continuò a risiedere in Epiro finché, nel
336 a.C., al matrimonio tra Alessandro I d'Epiro e Cleopatra, figlia di Olimpiade e Filippo II, il re fu
ucciso da una sua guardia del corpo, Pausania di Orestide.
Tale delitto, certamente premeditato data la presenza di cavalli che avrebbero dovuto permettere la
fuga di Pausania[8], vide forse la connivenza di Olimpiade[9][10] come suggerisce apertamente lo storico
Diodoro Siculo ricordando che Olimpiade stessa commissionò un monumento in onore di
Pausania[11].
Negli ultimi mesi di vita, però, il re cominciò a diffidare dei propri amici[16] e per fare cessare le
frizioni continue tra Antipatro e Olimpiade che, spalleggiata dalla figlia Cleopatra, lo aveva
esautorato dal governo[17], decise di sostituirlo con Cratero.
La morte di Alessandro, tuttavia, il 10 o l'11 giugno del 323 a.C., in cui, peraltro, la regina sospettava
un coinvolgimento di Antipatro (tramite il figlio Iolao, capo dei coppieri di corte)[18], causò un
inatteso e profondo cambio di regime che permise ad Antipatro di conservare il proprio potere[19][20].
Alla morte di Alessandro, infatti, i suoi generali, anche per via dei dissensi sorti tra la truppa, con
l'accordo di Babilonia, nominarono come sovrano, Filippo Arrideo, fratellastro di Alessandro Magno
ed, essendo questi debole di mente, elessero come reggente Perdicca[18] per poi dividersi il governo
delle diverse satrapie.
Guerra lamiaca
Con tale accordo, Antipatro ottenne il controllo completo della Macedonia e della Grecia e pertanto
Olimpiade ritenne prudente rifugiarsi in Epiro presso suo cugino Re Eacide (il padre di Pirro). Nel
322 a.C., allo scoppio della Guerra lamiaca, tentò di indurre Eacide ad unirsi alla lega greca contro
Antipatro; non avendo successo, indusse Leonnato, dietro la promessa della mano della principessa
Cleopatra, sorella di Alessandro Magno ad ostacolare Antipatro.
La vittoria di Antipatro e Cratero sui greci e la morte di Leonnato indussero la regina a cambiare
progetti e a volgere la propria attenzione su Perdicca cui fece la stessa promessa fatta a Leonnato per
impedire che questi si maritasse con Nicea, figlia di Antipatro. Anche questo progetto, tuttavia, fallì
per la morte di Perdicca (321 a.C.) per mano dei suoi stessi ufficiali mentre era intento in una
spedizione militare contro Tolomeo che cercava divincolarsi dal potere centrale.
Appoggio a Poliperconte
Pertanto Olimpiade fu costretta a restare in Epiro fino alla morte dell'ormai anziano Antipatro,
avvenuta nel 319 a.C.. In ogni caso il suo nome contava ancor molto in Macedonia ed il nuovo
reggente, Poliperconte, tentò di rafforzare la propria posizione, insidiata da Cassandro, figlio di
Antipatro, invitando la regina a tornare a Pella insieme al nipote Alessandro, il figlio di Rossane.
Olimpiade, però, seguendo il consiglio di Eumene di Cardia, rimase in Epiro anche se non lesinò
appoggi a Poliperconte e allo stesso Eumene[21].
Ritorno in Patria
Dopo tre anni di stasi, tuttavia, la regina decise di scendere in campo personalmente, alla testa di un
esercito fornitole dal cugino Eacida, contro Cassandro e Filippo Arrideo: l'esercito macedone rifiutò
di combattere la madre di Alessandro Magno e così Olimpiade poté catturare ad Anfipoli Arrideo e la
moglie Euridice che prontamente furono assassinati insieme a Nicanore, fratello di Cassandro e a
centinaia dei loro seguaci[22][23][24][25].
Cassandro, tagliate tutte le vie di soccorso, pose l'assedio a Pella finché la popolazione della città,
dopo aver subito un durissimo inverno ed una forte carestia, indusse Olimpiade ad arrendersi nella
primavera del 316 a.C. alla condizione di aver salva la vita[26].
Cassandro, tuttavia, violando i patti, convocò un'assemblea affinché giudicasse la regina madre per il
regicidio di Filippo Arrideo. L'assemblea, senza aver fissato ad Olimpiade alcuna udienza per
discolparsi delle accuse, la condannò a morte. La regina protestò duramente e chiese di poter essere
ascoltata, ma Cassandro, temendone l'ascendente, inviò un drappello di soldati e di parenti di coloro
che Olimpiade aveva fatto giustiziare.
Secondo alcuni, allora, vista l'impossibilità di salvezza, Olimpiade scelse il suicidio ma Giustino, in
disaccordo, afferma che avrebbe affrontato con grande dignità sia la folla dei Macedoni aizzatale
contro da Cassandro, sia i sicari inviati da questi ad ucciderla, i quali, cedendo al suo contegno e al
rispetto per lei si rifiutarono di eseguire l'ordine, sia i parenti di coloro che aveva fatto uccidere, i
quali mandati anch'essi da Cassandro infine la assassinarono per strangolamento.[25][27].
Note
1. Olimpia (https://www.britannica.com/EBchecked/topic/427989/Olympias) sull'Enciclopedia
Britannica.
2. Plutarco, 2.
3. ^ Diodoro, XIX, 51.
4. ^ Un'altra testimonianza di tali riti si riscontra in Euripide, Baccanti, v. 698
5. ^ Plutarco, 3.
6. ^ Lorenzo Braccesi: L'Alessandro occidentale: il Macedone e Roma, Roma 2006, p. 16.
7. ^ Domenico Musti, Storia Greca, 3a, Laterza, 2006. p. 639
8. ^ Giustino, IX, 7.9-11.
9. ^ Aristotele, Politica 5.10, 1311b.
10. ^ Ateneo di Naucrati, 13.557c.
11. ^ Diodoro, XVI, 93-94.
12. ^ Giustino, IX, 7.
13. ^ Plutarco, 10.
14. ^ Pausania, VIII, 7.7.
15. ^ Plutarco, 39.
16. ^ Plutarco, 74.
17. ^ Plutarco, 68.
18. Plutarco, 77.
19. ^ Giustino, XII, 14.
20. ^ Diodoro, XVII, 114-118.
21. ^ Diodoro, XVIII, 49, 57-62.
22. ^ Diodoro, XIX, 11.
23. ^ Pausania, I, 11.4.
24. ^ Ateneo, XIII, 560.
25. Giustino, XIV, 6.
26. ^ Diodoro, XIX, 35.
27. ^ Diodoro, XIX, 49-51.
28. ^ Pausania, IX, 7.2.
Bibliografia
Fonti primarie
Fonti secondarie
▪ (EN) William Smith (a cura di), Olympias, in Dictionary of Greek and Roman Biography and
Mythology, 1870.
▪ Waldemar Heckel, Who's who in the age of Alexander the Great: prosopography of Alexander's
empire, Wiley-Blackwell, 2006, ISBN 1-4051-1210-7.
▪ Robin Waterfield, Dividing the Spoils: The War for Alexander the Great's Empire, New York,
Oxford University Press, 2011, ISBN 978-0-19-957392-9.
▪ Olympias, Encyclopaedia Britannica, su britannica.com. URL consultato il 16 settembre 2013.
▪ Enciclopedia Treccani: Olimpiade d'Epiro, su treccani.it. URL consultato il 13 settembre 2013.
Altri progetti
▪ Wikimedia Commons (https://commons.wikimedia.org/wiki/?uselang=it) contiene immagini o
altri file su Olimpiade d'Epiro (https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Olympias?use
lang=it)
Collegamenti esterni
▪
▪ Olimpìade (regina di Macedonia), su sapere.it, De Agostini.
▪ (EN) Olimpiade d'Epiro, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
VIAF (EN) 24149366313985602225 (https://viaf.org/viaf/24149366313985602225) · ISNI
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