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Cosa significano esattamente? Quando bisogna usare l’uno e quando bisogna usare l’altro?
Proviamo a rispondere a queste domande.
ESSERE
Il verbo essere si usa per:
⇒ esprimere l’esistenza, la qualità, la condizione di un oggetto o di una persona. Esprime inoltre
lo stato d’animo, l’origine, la professione. Queste condizioni possono essere permanenti o
temporanee. In questi casi il verbo essere è generalmente seguito da un aggettivo o da un
sostantivo, non da un avverbio:
il pane è caldo;
Giulia è felice;
mio fratello è avvocato;
loro sono spagnoli;
lei è mia sorella;
⇒ per esprimere uno stato in luogo, ovvero per localizzare qualcuno o qualcosa:
dove sei?
sono a scuola;
Parigi è in Francia;
⇒ unito alla parcella ci (esserci) significa esistere; essere presente; avvenire, aver luogo; essere
arrivato; in senso figurato essere arrivati a un punto importate; aver capito:
STARE
Il verbo stare si usa:
⇒ per esprimere una condizione fisica e psicologica temporanea, in sostituzione del
verbo sentirsi e si usa con un avverbio:
come stai?
sto bene;
stai magnificamente con quel vestito;
⇒ unito alla particella ci (starci) significa essere d’accordo; entrarci (cioè avere lo spazio
sufficiente):
le forbici sono nel primo cassetto (indico dove si trovano in questo momento, non
necessariamente di solito);
le forbici stanno nel primo cassetto (indico dove di solito si trovano).
sono contento di essere qui (sono contento di trovarmi qui in questo momento);
sono contento di stare qui (sono contento di soggiornare qui, si sottolinea la
permanenza nel luogo di cui si parla).
⇒ L’uso di stare al posto di essere è tipico di alcuni dialetti regionali, in particolare del meridione.
Non è corretto negli usi ufficiali e formali dire: Parigi sta in Francia, alla festa ci stava anche lui o
sto nervoso (mentre si dice sto calmo o sto in ansia).