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ESSERE E STARE

Cosa significano esattamente?  Quando bisogna usare l’uno e quando bisogna usare l’altro?
Proviamo a rispondere a queste domande.
ESSERE
Il verbo essere si usa per:
⇒ esprimere l’esistenza, la qualità, la condizione di un oggetto o di una persona. Esprime inoltre
lo stato d’animo, l’origine, la professione. Queste condizioni possono essere permanenti o
temporanee. In questi casi il verbo essere è generalmente seguito da un aggettivo o da un
sostantivo, non da un avverbio:

 il pane è caldo;
  Giulia è felice;
  mio fratello è avvocato;
  loro sono spagnoli;
  lei è mia sorella;

⇒ per esprimere uno stato in luogo, ovvero per localizzare qualcuno o qualcosa:

 dove sei?
 sono a scuola;
 Parigi è in Francia;

⇒ unito alla parcella ci (esserci) significa esistere; essere presente; avvenire, aver luogo; essere
arrivato; in senso figurato essere arrivati a un punto importate; aver capito:

 non c’è nessuno che sia così ingenuo (non esiste);


  alla festa c’era anche lui (era presente);
  oggi c’è l’esame (ha luogo);
  finalmente ci siamo! (siamo arrivati);
  ora ci sono (sono arrivato a una conclusione, ho capito, sono pronto, dipende dal
cotesto);
  ci sei? (hai capito? oppure sei pronto? dipende dal contesto).

STARE
Il verbo stare si usa:
⇒ per esprimere una condizione fisica e psicologica temporanea, in sostituzione del
verbo sentirsi e si usa con un avverbio:

 come stai?
 sto bene;
 stai magnificamente con quel vestito;

⇒ con il significato di restare, rimanere, esprime il perdurare di uno stato in luogo:

 cosa fai stasera? Sto a casa (rimango a casa);


⇒ seguito da alcuni aggettivi, il verbo stare descrive il comportamento o lo stato d’animo di una
persona o è usato in frasi che contengono un ordine o un’esortazione:

 non sta mai zitto;


 sta’ seduto!;
 state calmi!;

⇒ unito alla particella ci (starci) significa essere d’accordo; entrarci (cioè avere lo spazio
sufficiente):

 se decidete di andare al cinema, io ci sto! (io sono d’accordo);


 in quei pantaloni non ci sto più (non ci entro più).

ATTENZIONE: essere è l’ausiliare sia di se stesso sia di stare; stato è il participio passato sia


di essere sia di stare; quindi i tempi composti dei due verbi sono identici: io sono stato (passato
prossimo di essere e di stare); io ero stato (trapassato prossimo di essere e di stare); io sarò
stato (trapassato prossimo di essere e di stare).
ESSERE o STARE?
La scelta tra l’uno e l’altro verbo dipende dalla sfumatura di significato che vogliamo dare alla
frase.
⇒ In alcuni casi è possibile usare entrambi i verbi, ma con sfumature diverse. Ad esempio:

 io sono tranquillo → in questo momento il mio stato d’animo è tranquillo;


 io sto tranquillo → il mio stato d’animo è tranquillo e, volontariamente, mi impegno a
mantenere questo stato.

In questo caso il verbo stare indica una partecipazione attiva e volontaria nell’azione.


⇒  Quando il verbo stare si riferisce a degli oggetti e significa trovarsi in un dato luogo,  tra i due
verbi c’è una sfumatura: essere esprime la collocazione con riferimento al momento
dell’enunciazione, mentre stare denota la collocazione abituale, ad esempio:

 le forbici sono nel primo cassetto (indico dove si trovano in questo momento, non
necessariamente di solito);
 le forbici stanno nel primo cassetto (indico dove di solito si trovano).

⇒  Se ci si riferisce a persone, il verbo stare può avere il senso di soggiornare:

 sono contento di essere qui (sono contento di trovarmi qui in questo momento);
 sono contento di stare qui (sono contento di soggiornare qui, si sottolinea la
permanenza nel luogo di cui si parla).

⇒ L’uso di stare al posto di essere è tipico di alcuni dialetti regionali, in particolare del meridione.
Non è corretto negli usi ufficiali e formali dire: Parigi sta in Francia, alla festa ci stava anche lui o
sto nervoso (mentre si dice sto calmo o sto in ansia).

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