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Storia generale in breve

L'invenzione della motocicletta viene fatta risalire all'ingegnere francese Louis-Guillaume Perreaux che
depositò il relativo brevetto (n.83691) il 16 marzo 1869 e realizzò un veicolo a due ruote funzionante a
vapore chiamata Vélocipede à Grande Vitesse.

Il primo progetto di motocicletta dotata di motore a combustione interna, depositato presso l'ufficio
brevetti di Roma nel 1879, è dell'ingegnere bergamasco Giuseppe Murnigotti che ideò una moto biposto,
mossa da un propulsore 2T a combustione gassosa; al progetto non venne poi dato seguito materialmente,
quindi il primo prototipo di motocicletta con motore a combustione interna si deve a due inventori
tedeschi, Gottlieb Daimler e Wilhelm Maybach, che lo realizzarono nel 1885, in una piccola officina di
Cannstatt (nelle vicinanze di Stoccarda)[2].

Il nuovo mezzo a due ruote è interamente in legno, ruote comprese, è alimentato da un motore a benzina e
può raggiungere una velocità di 12 chilometri orari.

Nel 1894 i primi esemplari funzionanti vennero messi in vendita dalla Hildebrand & Wolfmüller e da quel
momento si assistette ad una continua evoluzione della motocicletta, grazie ad aziende di tutto il mondo,
sia in Europa che negli USA.

In Inghilterra, qualche anno dopo, nel 1896 un tale Holden inventò una bicicletta a motore; questa però
possedeva un motore a quattro tempi e il freno sulla ruota anteriore. La motocicletta di Holden fu la prima
quattro cilindri nella storia della moto.

Nel 1901 poi i fratelli Werner costruirono una bicicletta con motore centrale e trasmissione sulla ruota
posteriore. A questo prototipo fu dato per la prima volta il nome di ‘motocicletta’.

Dai primi anni del XX secolo nacquero in Italia e in Europa le prime aziende artigianali dedite alla
costruzione di questi “innovativi” mezzi di trasporto; in Italia vanno ricordate la Gilera nata nel 1909, la
Della Ferrara nata nel 1913 e la Guzzi nata nel 1921.

Fino agli anni sessanta la produzione era per la gran parte europea, con l'industria britannica, tedesca e
italiana in particolare evidenza, mentre negli ultimi decenni la parte del leone viene fatta dalle industrie
giapponesi.

Le gare motociclistiche

La prima uscita della motocicletta di cui si è a conoscenza risale alla Parigi-Bordeaux del 1895 riservata
indistintamente a tutti i veicoli a motore. Insieme a tanti strani veicoli motorizzati vi parteciparono anche
due mezzi che potevano essere definiti “motociclette”, anche se in realtà non erano ancora tali.

Si è tenuta a Parigi invece la prima “pseudo” gara motociclistica. Pseudo gara perché per la verità non fu
proprio un successo: si presentò infatti un solo concorrente, un certo Bouton, con una moto di sua
fabbricazione che spinse fino ai 25 chilometri orari, stabilendo il record di velocità per l’epoca oltre
naturalmente a vincere la gara.

Ma per le vere grandi corse bisognerà aspettare la fine del secolo, con la nascita delle maratone stradali.
In Italia non mancarono di certo gli appassionati e i grandi nomi del motociclismo: a Milano nel 1911 si
costituì il primo Moto Club d’Italia, nel 1912 si organizzò il primo Campionato di Motociclismo e nel 1946 si
costituì ufficialmente – anche se la sua attività iniziò nel 1911 – la Federazione Motociclistica Italiana. In
pochi anni l’Italia si rivelò stupefacente nel campo motoristico. Intelligenza, passione e abilità di piloti e
meccanici, fecero decollare il motociclismo italiano ai vertici mondiali.

Il Campionato Mondiale di Motociclismo si svolse per la prima volta nel 1949.

Anni ’50 e ’60: il decennio d’oro della motocicletta in Italia

Il secondo dopoguerra vide la veloce espansione delle due ruote come mezzo di trasporto di massa. Tra il
1950 e 1960 in quasi tutte le famiglie italiane c’era una moto, una motoleggera (poi chiamata motorino) o
uno scooter. Abbandonata la bicicletta, l’italiano medio (contadino e operaio) si affida a questi tipi di veicoli
per i suoi spostamenti; sono gli anni in cui si realizza la prima vera e propria motorizzazione di massa.
Questo è stato, di conseguenza, anche l’unico periodo storico in cui nell’immaginario collettivo la moto non
era necessariamente associata all’essere giovane, né era vissuta come un lusso. Per la prima volta la moto
era solo un mezzo di mobilità e trasporto.

Di conseguenza grande fu il trionfo dell’industria della moto italiana sia per la produzione sia in campo
sportivo. Lo stile delle moto all’italiana come Guzzi, Gilera, Ducati, Benelli, Laverda, Parilla,si impose per
affidabilità, stabilità, semplicità nella manutenzione e nella guida.

Gli scooter, Vespa, Lambretta e Galletto furono un fenomeno tipico dell’industria italiana, sino a divenire –
come il caso della Vespa – un vero e proprio mito italiano.

Questo periodo d’oro, però, durò poco.

Già a metà degli anni ’60 iniziò lo sviluppo dell’industria automobilistica che tolse spazio alle moto.

Principi fisici

La motocicletta ha 2 ruote in linea e la stabilità del mezzo in movimento viene garantita dal principio di
conservazione del momento angolare. Le variazioni di direzione della motocicletta vengono comandate
tramite un manubrio, con sfruttamento degli effetti giroscopici causati dalla conservazione del momento
angolare.

La propulsione del mezzo viene garantita dalla presenza di un motore a combustione interna alimentato
con benzina. Vengono utilizzati motori a quattro tempi o motori a due tempi; questi ultimi sono in graduale
diminuzione di numero, soprattutto grazie delle normative anti-inquinamento.

Funzionamento e fasi del ciclo del motore a due tempi

Il ciclo termodinamico del motore a due tempi si sviluppa completamente in un'unica rotazione dell'albero
motore, ma la successione completa delle varie fasi che interessano il fluido motore avviene nell'arco di
una rotazione, questo perché il pistone svolge una doppia funzione, come meglio spiegato di seguito.

Aspirazione

Il pistone, in salita verso il PMS (Punto Morto Superiore), crea una depressione nel carter pompa, e
contemporaneamente apre la luce di aspirazione. La depressione richiama la miscela fresca (aria-benzina)
dalla luce di aspirazione immettendola nel carter pompa, che la porterà nel cilindro attraverso le luci di
travaso nella fase successiva.

Pre-compressione e Lavaggio

Durante la discesa del pistone verso il PMI (Punto Morto Inferiore) avviene la compressione della miscela
nel carter pompa. Nel momento in cui si aprono le luci di travaso, esaurita l'eventuale sovrappressione
residua della fase di scarico, la miscela fresca aria-benzina entra nel cilindro anche grazie alla depressione
generata dalla parte iniziale dell'impianto di scarico, che aiuta il travaso dei gas freschi, durante questa fase
parte di questa miscela esce anche dalla luce di scarico, mista a gas combusti.

Compressione

Il pistone, risalendo dal PMI, occlude dapprima le luci di travaso, poi quelle di scarico.

Accensione ed espansione

L'accensione, avviata da una candela, avviene con anticipi nettamente inferiori a quelli tipici del 4 tempi nel
caso del motore ad accensione comandata, grazie alla forma testa permessa dall'assenza delle valvole a
fungo

Dopo il PMS inizia l'espansione, che si interrompe all'apertura della luce di scarico per via del brusco calo di
pressione, tuttavia non vi è una perdita notevole di rendimento rispetto ad un 4 tempi, visto che entrambi
richiedono una simile apertura anticipata delle valvole di scarico. Con il passare degli anni la luce di scarico
dei due tempi si è via via ridotta, a favore di una sua estensione trasversale, in modo da guadagnare in
corsa utile e rendimento, del tutto paragonabile a quello dei quattro tempi.

Scarico

In fase di discesa il pistone scopre la luce di scarico. L'espulsione dei gas combusti avviene per semplice
differenza di pressione, e non per l'azione di pompaggio del pistone come nel 4 tempi.

Funzionamento/fasi del ciclo del motore a quattro tempi


Il ciclo termodinamico del motore a quattro tempi, come noto, si sviluppa completamente in due rotazioni
dell'albero motore, questo perché il pistone svolge una doppia funzione, come meglio spiegato qui di
seguito.

Aspirazione[modifica | modifica wikitesto]

Nei motori ad accensione comandata le valvole di aspirazione si aprono per consentire l'ingresso della
carica, che nei motori ad iniezione diretta è solo comburente (tipicamente aria) mentre per i motori ad
iniezione indiretta o a carburatori consiste nella miscelapreformata di combustibile-comburente. Il pistone
scende dal punto morto superiore (PMS)al punto morto inferiore (PMI): durante questo tragitto la biella
compie 1 corsa e la manovella ruota di 180°. Scendendo il pistone crea una forte depressione nella camera
di combustione, grazie alla quale, insieme all'inserimento di carburante da parte di un iniettore, la camera
si riempie della quantità di carburante calcolata dalla centralina elettronica sulla base della pressione sul
pedale dell'acceleratore.

Compressione[modifica | modifica wikitesto]

Le valvole di aspirazione si chiudono e il pistone risale dal PMI al PMS, comprimendo la carica all'interno
della camera di combustione.

2. Compressione

Accensione ed espansione

Il pistone salendo comprime l'aria all'interno del cilindro: una volta arrivato alla fine della sua corsa, la
candela accende la miscela producendo l'espansione della miscela che ormai detonata spinge verso il basso
il pistone.

3.1 Combustione 3.2 Espansione

Motori ad accensione comandata

Nei motori ad accensione comandata la combustione avviene grazie all'innesco generato dalla scintilla che
scocca tra gli elettrodi di una o più candele. La scintilla scocca nell'istante desiderato (grazie al segnale dei
sensori di fase) dopo la compressione e poco prima che sia raggiunto il PMS. Questa fase è la sola "attiva" di
tutto il ciclo poiché è l'unica fase dove si produce lavoro utile (il pistone viene spinto verso il PMI
dall'energia prodotta dalla combustione). Le altre tre fasi sono dette "passive". L'energia necessaria in
queste fasi viene fornita dal volano motore che immagazzina sotto forma di energia cinetica una parte
dell'energia prodotta nella fase attiva per poi restituirla nelle altre tre fasi.

Motori ad accensione per compressione

Nei motori ad accensione per compressione (diesel), la combustione del combustibile iniettato alla fine
della fase di compressione avviene a causa del raggiungimento della temperatura di autoaccensione del
combustibile, tale aumento di temperatura è conseguenza del forte aumento di pressione generato dalla
compressione.

Scarico

La valvola di scarico si apre prima che il pistone arrivi al PMI questa fase si chiama "Scarico libero", sceso al
PMI risale spinto dal movimento degli altri pistoni o per effetto delle masse volaniche nei motori
monocilindrici, questo è chiamato "Scarico forzato", espellendo i gas provocati dalla combustione
attraverso l'apertura delle valvole di scarico, che fanno evacuare il gas combusto dal cilindro, preparandolo
ad un nuovo ciclo.

Confronto con il motore 4T

Dalle origini agli anni novanta

Mentre in un motore a quattro tempi le fasi sono ben definite, nel due tempi si arriva ad un vero e proprio
accavallamento: il travaso avviene in contemporanea allo scarico, così come la compressione corrisponde
nel ciclo all'aspirazione, fa sì che una parte della prima miscela combustibile possa uscire dal condotto di
scarico, oppure che una parte dei gas di scarico resti nella camera di combustione, intaccando in questo
modo la potenza specifica del motore, che nel ciclo teorico sarebbe doppia rispetto ad un propulsore a
quattro tempi.

Inizialmente il limite del motore a due tempi era proprio quello di fornire un rendimento globale
(volumetrico, termico e meccanico), a parità di cilindrata, più basso rispetto a quello di un quattro tempi.
Con l'ausilio di accorgimenti specifici si è riusciti ad avere un rendimento globale (volumetrico, termico e
meccanico) agli stessi livelli o superiore al motore a quattro tempi (sempre alimentati a carburatore), ma
con una perdita di carica fresca superiore a quest'ultimo.

Differenze attuali

A ciclo loop

Attualmente il maggiore limite dei motori ad accensione comandata due tempi a ciclo loop rispetto alle
motorizzazioni 4T è l'accoppiamento con un'iniezione diretta. Tale sodalizio risulta estremamente difficile
per i motori motociclistici che hanno regimi di funzionamento molto più elevati, dove l'unico modello
prodotto con tale sistema d'alimentazione è stato il Vdue della Bimota, il quale però è dovuto ritornare
all'alimentazione a carburatore.

Tale sistema rimane confinato agli scooter.

Un altro sistema per aumentare le prestazioni delle motorizzazioni ad accensione comandata a due tempi è
l'utilizzo della cosiddetta iniezione indiretta che consente un migliore riempimento del carter pompa.

Pregi e difetti

Il motore a due tempi tra i suoi pro o i suoi contro a seconda dell'utilizzo, ha poco freno motore a causa
delle minori parti meccaniche di cui è composto e che oppongono resistenza al movimento rispetto ad un
motore a quattro tempi, per questo motivo il rendimento meccanico è migliore. Nelle applicazioni urbane
questa caratteristica è più un punto a sfavore, dato che avendo meno freno motore i freni meccanici
devono essere sollecitati maggiormente portando naturalmente ad una loro più rapida usura.

Pregi principali

• Motore reversibile (esclusi i motori unidirezionali): questo motore può ruotare in un verso o
nell'altro senza che vi siano problemi di grippaggio per difetto di lubrificazione.

• Motore più leggero e maneggevole, data la maggiore compattezza e semplicità delle parti
meccaniche necessarie al suo funzionamento.

• Motore inclinabile, come nel caso di motoseghe, ecc. (Esclusi alcuni motori unidirezionali).

• Affidabilità maggiore: avendo meno parti mobili per il suo funzionamento è soggetto a un numero
inferiore di fenomeni, il che ne migliora l'affidabilità;
• Minor rischio di grippaggio entro il regime ottimale di funzionamento rispetto ai motori a quattro
tempi con lubrificazione a carter umido;

• Risposta più "vigorosa" e rapida, dovuta all'accensione a ogni giro invece che ogni due, dimezzando
di fatto il tempo di risposta (questo è valido a parità di regime e di unità termiche);

• Costi di gestione minori: la revisione di un motore a due tempi richiede un minor numero di parti
nuove e dal costo minore in rapporto ad un analogo motore a quattro tempi.[33]

Difetti principali

• Maggiore emissione di gas tossici (esclusi la maggior parte dei motore a cicli unidirezionali): ciò è
dovuto alla combustione di benzina e olio (miscela), problema analogo al motore diesel;

• Minor rendimento termodinamico (esclusi i cicli unidirezionali): ciò è dovuto a una durata della fase
di scarico-travaso, dove si ha la fuoriuscita di una parte della miscela fresca (dispersione di parte della
carica fresca).

• Consumo specifico più elevato (esclusi i cicli unidirezionali): soprattutto in confronto ai motori ad
iniezione diretta e dovuto alla perdita di carica fresca dallo scarico.

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