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CICLOMOTORI A 4 TEMPI

GIOIELLI DI TECNICA IN MINIATURA


RIPERCORRIAMO LA STORIA TECNICA E SPORTIVA DELLE MOTOCICLETTE DI 50 CM³ ITALIANE
DA CORSA A QUATTRO TEMPI, PER SCOPRIRE DELLE INNOVAZIONI DAVVERO INUSUALI
di Massimo Clarke (Commissione Cultura ASI)

Il monocilindrico Benelli per le gare di velocità


visto dal lato destro. La distribuzione è bialbero
e viene comandata da una cascata di ingranaggi.

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S ul finire degli anni ‘50 i ciclomotori (con cilindrate fino


a 50 cm³) iniziano a diventare sempre più diffusi. Questi
c’erano anche prima ma non godevano di tanta conside-
razione: quelli di serie erano confinati tra le bici a motore e le
“motoleggerissime” (quasi tutte di 75 cm3); nel settore agonisti-
co non venivano ancora presi in considerazione. Va ricordato in
proposito che, tanto al Motogiro quanto alla Milano-Taranto, le
moto di cilindrata minore erano le 75.
Da un certo punto in poi, però la crescente diffusione dei ciclo-
motori comincia ad attrarre le attenzioni degli appassionati, dei
costruttori e delle autorità sportive. La nuova “classe 50” inizia a
essere presente in diverse corse in salita, che vedono così le pri-
me battaglie tra i modelli a due e a quattro tempi. Questi ultimi
sono più complessi e raffinati dal punto di vista tecnico e quindi
anche più costosi. Di conseguenza la loro diffusione risulterà li-
mitata, considerato che molte scuderie si rivolgeranno appunto
ai più fruibili due tempi. Anzi, nelle salite c’è in pratica solo il Mo-
tom 48 a lottare contro i vari Itom, Maserati (il famoso “Rospino”),
solo per citare i più celebri fra i due tempi.
Nel 1958 la Motom ha già realizzato una versione da record del
suo tranquillo monocilindrico con distribuzione ad aste e bilan-
cieri e valvole parallele che, debitamente preparata, eroga 4,5 CV
a 9000 giri/min. All’epoca alla Motom lavora l’ingegner Piero Re-
mor, padre della famosa ma sfortunata 98: che questo abbia posto
mano al motore da record traspare dalla presenza di due barre di
torsione (alloggiate in due astucci che fuoriuscivano orizzontal-
mente dalla testa) che non agiscono sulle valvole ma agevolano
il richiamo dei bilancieri e delle aste. La Motom equipaggiata da
queste caratteristiche si impone nel Campionato italiano del-
la montagna del 1959, ripetendo l’impresa l’anno successi-
vo e quindi, nella categoria Sport (derivate dal modello
di serie), nel 1961 e nel 1962.
Alla fine della stagione agonistica 1957, il grande
tecnico bolognese Nerio Biavati lascia la Mondial
per andare a lavorare al reparto corse della Mo-
rini. Poco tempo dopo questo decide quindi di
impiegare il suo tempo libero per realizzare un
motore di 50 cm3 a quattro tempi da competi-
zione. Nell’impresa lo affiancano il disegnatore
Rossetti (che all’epoca produce mulinelli da pe-
sca), il meccanico Corazza e il famoso Laurenti,
al quale si rivolge la maggior parte dei costrut-
tori bolognesi - e non solo - per la realizzazio-
ne dei modelli da fonderia. Il risultato di questo
impegno sarà un bellissimo monocilindrico con
distribuzione monoalbero comandata da una ca-
scata di ingranaggi che nelle prime prove al banco
erogherà 7 CV a un regime dell’ordine di 12000 giri/
min. L’alesaggio di 39 mm è abbinato a una corsa di 40
mm, la lubrificazione è a carter umido e l’accensione a bat-
teria e ruttore. Le due valvole vengono richiamate da molle a
spillo lavoranti allo scoperto.

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Sopra, un Motom 48 da competizione fotografato ai box in un recente raduno per moto storiche. Si tratta di un modello di serie modificato e non progettato specificamente
per impiego agonistico. Sotto, da sinistra, dalla testa dei Motom da corsa spuntavano due astucci contenenti le barre di torsione impiegate per il richiamo dei bilancieri e delle
aste, cosa che agevolava il lavoro delle molle delle valvole. Il motore Mondial monoalbero, nato dalla passione di alcuni tecnici bolognesi e non all’interno del reparto corse
della casa, visto dal lato sinistro. Il cilindro è in lega di alluminio, come la testa, e ha la canna riportata in ghisa. Sul lato destro del monocilindrico Mondial spiccano la cartella
degli ingranaggi della distribuzione e il ruttore di accensione.

Francesco Villa, che oltre a essere un ottimo pilota era anche un abi- All’inizio degli anni ‘60 la Benelli corre nei Gran Premi con una
le tecnico, venuto a sapere dell’esistenza di questo motore, riesce a 250 a quattro cilindri (che in seguito è stata realizzata anche in
farlo acquistare al conte Boselli, titolare della Mondial, con l’obietti- versioni di 350 e di 500 cm3). Per effettuare le prove e le speri-
vo di impiegarlo in una moto da competizione, che sarà allestita nel mentazioni, sempre necessarie nella fase di sviluppo, l’ingegner
1961 e che l’anno successivo si impone in numerose gare in salita, Savelli realizza un “modulo”, costituito da un solo cilindro di tale
sempre pilotata da Villa. In Italia, le gare con le “50” in circuito sono motore (in pratica come se da esso fosse stata tagliata una fetta):
ancora piuttosto rare, benché proprio dal 1962 esse saranno inseri- Ne viene fuori un monocilindrico che nel 1962 è stato instal-
te nel campionato mondiale: la Federazione Motociclistica Italiana lato in una ciclistica allo stato dell’arte, con un telaio a doppia
prevede tale classe solo nel campionato velocità in salita. culla continua, di schema analogo a quello utilizzato sulla qua-

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dricilindrica. Il motore ha una cilindrata


di 62,5 cm3, ottenuta con le stesse misure
caratteristiche del 250 (44 x 40,5 mm). La
distribuzione bialbero è comandata da
una cascata di ingranaggi posta sul lato
destro del gruppo testa-cilindro. Le due
valvole, mosse da punterie a bicchiere,
formano tra loro un angolo di 63°; quella
di aspirazione con un diametro di 25 mm
e quella di scarico di 23,5 mm. Una carat-
teristica di notevole interesse è costituita
dall’impiego di una calotta in bronzo, in-
corporata nella testa all’atto della fusione,
nella quale sono ricavate sia le pareti del-
la camera di combustione sia le sedi delle
valvole. Di questa moto sarà anche realiz-
zata una versione di 50 cm3 che prenderà
parte ad alcune gare e che pare abbia una
potenza prossima a 9 CV a un regime di
rotazione superiore a 14000 giri/min.
Per molti anni la Demm, che mantiene la
direzione e gli uffici a Milano e lo stabi-
limento a Porretta Terme, nell’Appennino
bolognese, sarà una delle più importanti
realtà italiane nel campo dei ciclomotori,
sia a due sia a quattro tempi. Produce an-
che valide moto di 125 e di 175 cm3, che
però non hanno una grande diffusione. Sul lato sinistro della filante 50 pesarese si possono notare la frizione
multidisco a secco (con molle lavoranti in trazione) e il compatto
L’azienda inizia realizzando ingranagge- disegno del basamento, inferiormente al quale vi è la coppa dell’olio.
ria e strumenti di misura, settori che ri- Sotto, la Demm 50 a cinque marce, vincitrice del Campionato italiano di
chiedono lavorazioni di estrema precisio- velocità in salita nel 1961. La distribuzione bialbero viene comandata da
un alberello e due coppie di ingranaggi conici.
ne e una notevole tecnologia, e si è fatta
rapidamente un’ottima fama. Nel settore
motoristico entra nella prima metà degli
anni ‘50, iniziando con motori sciolti che
fornisce ad altre case.
Nel 1960 la Demm decide di realizza-
re una moto di 50 cm3 a quattro tempi
specificamente studiata per primeggiare
nelle gare in salita. L’anno successivo fa
così la sua comparsa un piccolo capo-
lavoro di meccanica con distribuzione
bialbero comandata da un alberello ver-
ticale e due coppie di ingranaggi coni-
ci. Nella testa vengono alloggiate due
valvole, notevolmente inclinate tra loro,
che sono azionate da bilancieri a dito e
richiamate da molle a spillo lavoranti in
bagno d’olio. Le misure caratteristiche
sono pressoché quadre (40x39 mm) e il
sistema di lubrificazione a carter umido;
il cambio, del tipo a chiavetta scorrevole,
ha cinque marce. Spiccano l’impiego di
un volantino esterno, montato alla estre-
mità sinistra dell’albero a gomito, e della
doppia accensione, davvero inusitata su
di un motore con un alesaggio così ridot-
to. Come nel motore Benelli, la frizione
multidisco è a secco.

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In questa foto si vedono gli organi della distribuzione


all’interno della testa della Demm a cinque marce.
Si possono notare i due alberi a camme,
i bilancieri a dito e le molle a spillo.

Questa moto, che pare sia stata costruita


in cinque esemplari, conquisterà il titolo
della montagna (ovvero il Campionato di
velocità in salita, per usare la denomina-
zione ufficiale) nel 1961. La stagione se-
Ottimo esempio di moto storica conservata, questa Demm 50 è rimasta esattamente
guente però farà la sua comparsa una nuo-
come è stata impiegata l’ultima volta dal suo pilota, il piemontese Borri.
va Demm da competizione di 50 cm3, con
motore profondamente rivisitato e munito
di un cambio a sei marce: viene mantenuto
il sistema di comando della distribuzione
ad alberello e coppie coniche ma la testa
è ora sormontata da un castello di notevoli
dimensioni nel quale sono alloggiati i due
alberi a camme e i cinque ingranaggi oriz-
zontali che li azionano (prendendo il moto
dalla coppia conica superiore). Le valvole
sono ancora più inclinate, caratteristica
che consente di aumentare il loro diame-
tro, e le molle a spillo che le richiamano,
lavorano ora allo scoperto. Come nei moto-
ri Mondial e Benelli, l’albero a gomito è for-
mato da più parti unite per forzamento alla
pressa e lavora interamente su cuscinetti
a rotolamento. Le misure caratteristiche
sono cambiate: l’alesaggio è di 41,2 mm e
la corsa di 37,5 mm.
L’ultima 50 da competizione a uscire dallo
stabilimento di Porretta Terme è identica
Sopra, la Demm 50 bialbero del 1962-63 era notevolmente diversa da quella precedente e non solo per il cambio a
sei marce anziché a cinque. Sotto, a sinistra, sul lato destro del motore a sei marce spiccano il grande castello della
a quella appena descritta ma il cambio ha
distribuzione, l’alloggiamento del ruttore di accensione e la frizione multidisco a secco. Si noti anche la seconda 12 marce, ottenute mediante l’adozione
candela montata nella testa. A destra, il modello a dodici marce era uguale a quello a sei, eccezion fatta per il di un terzo albero all’uscita del cambio,
basamento e per il cambio, ora a tre alberi, con uno splitter su quello di uscita, che raddoppiava il numero dei rapporti. grazie al quale il numero dei rapporti vie-
ne raddoppiato. Si tratta in pratica di uno
“splitter”, del tipo a espansione di sfere. Co-
struita in un solo esemplare, questa moto
è dotata di un nuovo basamento. L’albero
a gomito ruota ora all’indietro, ovvero in
senso opposto a quello in cui girano le
ruote.
La Demm si è imposta nei campionati di
velocità in salita anche nel 1962 e nel
1963, prima di ritirarsi.

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