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Storia generale in breve

L'invenzione della motocicletta viene fatta risalire


all'ingegnere francese Louis-Guillaume Perreaux che depositò il
relativo brevetto (n.83691) il 16 marzo 1869 e realizzò un veicolo a due ruote
funzionante a vapore chiamata Vélocipede à Grande Vitesse.
Il primo progetto di motocicletta dotata di motore a combustione interna,
depositato presso l'ufficio brevetti di Roma nel 1879, è
dell'ingegnere bergamasco Giuseppe Murnigotti che ideò una moto biposto,
mossa da un propulsore 2T a combustione gassosa; al progetto non venne
poi dato seguito materialmente, quindi il primo prototipo di motocicletta con
motore a combustione interna si deve a due inventori tedeschi, Gottlieb
Daimler e Wilhelm Maybach, che lo realizzarono nel 1885, in una piccola
officina di Cannstatt (nelle vicinanze di Stoccarda)[2].
Il nuovo mezzo a due ruote è interamente in legno, ruote comprese, è
alimentato da un motore a benzina e può raggiungere una velocità di 12
chilometri orari.
Nel 1894 i primi esemplari funzionanti vennero messi in vendita
dalla Hildebrand & Wolfmüller e da quel momento si assistette ad una
continua evoluzione della motocicletta, grazie ad aziende di tutto il mondo,
sia in Europa che negli USA.
In Inghilterra, qualche anno dopo, nel 1896 un tale Holden inventò una
bicicletta a motore; questa però possedeva un motore a quattro tempi e il
freno sulla ruota anteriore. La motocicletta di Holden fu la prima quattro
cilindri nella storia della moto.
Nel 1901 poi i fratelli Werner costruirono una bicicletta con motore centrale e
trasmissione sulla ruota posteriore. A questo prototipo fu dato per la prima
volta il nome di ‘motocicletta’.
Dai primi anni del XX secolo nacquero in Italia e in Europa le prime aziende
artigianali dedite alla costruzione di questi “innovativi” mezzi di trasporto; in
Italia vanno ricordate la Gilera nata nel 1909, la Della Ferrara nata nel 1913 e
la Guzzi nata nel 1921.

Fino agli anni sessanta la produzione era per la gran parte europea, con
l'industria britannica, tedesca e italiana in particolare evidenza, mentre negli
ultimi decenni la parte del leone viene fatta dalle industrie giapponesi.
Le gare motociclistiche

La prima uscita della motocicletta di cui si è a conoscenza risale alla Parigi-


Bordeaux del 1895 riservata indistintamente a tutti i veicoli a motore. Insieme
a tanti strani veicoli motorizzati vi parteciparono anche due mezzi che
potevano essere definiti “motociclette”, anche se in realtà non erano ancora
tali.

Si è tenuta a Parigi invece la prima “pseudo” gara motociclistica. Pseudo gara


perché per la verità non fu proprio un successo: si presentò infatti un solo
concorrente, un certo Bouton, con una moto di sua fabbricazione che spinse
fino ai 25 chilometri orari, stabilendo il record di velocità per l’epoca oltre
naturalmente a vincere la gara.
Ma per le vere grandi corse bisognerà aspettare la fine del secolo, con la
nascita delle maratone stradali.

In Italia non mancarono di certo gli appassionati e i grandi nomi del


motociclismo: a Milano nel 1911 si costituì il primo Moto Club d’Italia, nel
1912 si organizzò il primo Campionato di Motociclismo e nel 1946 si costituì
ufficialmente – anche se la sua attività iniziò nel 1911 – la Federazione
Motociclistica Italiana. In pochi anni l’Italia si rivelò stupefacente nel campo
motoristico. Intelligenza, passione e abilità di piloti e meccanici, fecero
decollare il motociclismo italiano ai vertici mondiali.

Il Campionato Mondiale di Motociclismo si svolse per la prima volta nel 1949.

Anni ’50 e ’60: il decennio d’oro della motocicletta in Italia

Il secondo dopoguerra vide la veloce espansione delle due ruote come


mezzo di trasporto di massa. Tra il 1950 e 1960 in quasi tutte le famiglie
italiane c’era una moto, una motoleggera (poi chiamata motorino) o uno
scooter. Abbandonata la bicicletta, l’italiano medio (contadino e operaio) si
affida a questi tipi di veicoli per i suoi spostamenti; sono gli anni in cui si
realizza la prima vera e propria motorizzazione di massa. Questo è stato, di
conseguenza, anche l’unico periodo storico in cui nell’immaginario collettivo
la moto non era necessariamente associata all’essere giovane, né era vissuta
come un lusso. Per la prima volta la moto era solo un mezzo di mobilità e
trasporto.

Di conseguenza grande fu il trionfo dell’industria della moto italiana sia per la


produzione sia in campo sportivo. Lo stile delle moto all’italiana come Guzzi,
Gilera, Ducati, Benelli, Laverda, Parilla,si impose per affidabilità, stabilità,
semplicità nella manutenzione e nella guida.
Gli scooter, Vespa, Lambretta e Galletto furono un fenomeno tipico
dell’industria italiana, sino a divenire – come il caso della Vespa – un vero e
proprio mito italiano.
Questo periodo d’oro, però, durò poco.

Già a metà degli anni ’60 iniziò lo sviluppo dell’industria automobilistica che
tolse spazio alle moto.

Principi fisici
La motocicletta ha 2 ruote in linea e la stabilità del mezzo in movimento viene
garantita dal principio di conservazione del momento angolare. Le variazioni
di direzione della motocicletta vengono comandate tramite un manubrio, con
sfruttamento degli effetti giroscopici causati dalla conservazione del momento
angolare.
La propulsione del mezzo viene garantita dalla presenza di un motore a
combustione interna alimentato con benzina. Vengono utilizzati motori a
quattro tempi o motori a due tempi; questi ultimi sono in graduale diminuzione
di numero, soprattutto grazie delle normative anti-inquinamento.
Questo tipo di veicolo, per poter circolare sulle strade, deve soddisfare i
requisiti dettati dai codici della strada in vigore nelle varie nazioni e
possedere una regolare omologazione. Anche i requisiti necessari per
condurre il veicolo e per l'ammissione o meno del trasporto del passeggero
sono codificate all'interno dei codici stessi e possono differire da nazione a
nazione.
Alla motocicletta può essere a volte agganciato un elemento esterno: un
carrozzino laterale atto a trasportare persone definito motocarrozzetta o, più
raramente, un rimorchio posteriore atto al trasporto di merci e bagagli.
Funzionamento e fasi del ciclo[modifica | modifica wikitesto]

Diagramma della distribuzione di un motore 2T


1=PMS
2=PMI
A: Lavaggio
B: Scarico
C: Compressione
D: Espansione

Diagramma della distribuzione di un motore 2T unidirezionale


1=PMS
2=PMI
A: Lavaggio
B: Scarico
C: Compressione
D: Espansione
Il ciclo termodinamico del motore a due tempi si sviluppa completamente in
un'unica rotazione dell'albero motore, ma la successione completa delle varie
fasi che interessano il fluido motore avviene nell'arco di una rotazione, questo
perché il pistone svolge una doppia funzione, come meglio spiegato di
seguito.
Aspirazione[modifica | modifica wikitesto]
Il pistone, in salita verso il PMS (Punto Morto Superiore), crea una
depressione nel carter pompa, e contemporaneamente apre la luce
di aspirazione. Nel caso del piston port questa apertura avviene con fasatura
simmetrica rispetto al PMS, con ovvi svantaggi, mentre nel caso della valvola
rotante l'apertura ha una fasatura fissa, ma ottimizzata per il miglior
rendimento in un certo campo di regimi di rotazione. È invece la depressione
presente nel carter a provocare l'apertura automatica della valvola lamellare,
con fasatura variabile. La depressione (0.2-0.4 bar) richiama la miscela
fresca (aria-benzina) dalla luce di aspirazione immettendola nel carter
pompa, che la porterà nel cilindro attraverso le luci di travaso nella fase
successiva.
Pre-compressione e Lavaggio[modifica | modifica wikitesto]
Durante la discesa del pistone verso il PMI (Punto Morto Inferiore) avviene la
compressione della miscela nel carter pompa, con un rapporto di
compressione compreso tra 1,20:1 e 1,45:1. Nel momento in cui si aprono le
luci di travaso, esaurita l'eventuale sovrappressione residua della fase di
scarico, la miscela fresca aria-benzina entra nel cilindro anche grazie alla
depressione generata dalla parte iniziale dell'impianto di scarico, che aiuta il
travaso dei gas freschi, durante questa fase parte di questa miscela esce
anche dalla luce di scarico, mista a gas combusti.
Compressione[modifica | modifica wikitesto]
Il pistone, risalendo dal PMI, occlude dapprima le luci di travaso, poi quelle di
scarico. Fra queste due fasi può avvenire una prima compressione causata
dall'onda di pressione riflessa dal controcono dell'impianto di scarico, se
quest'ultimo è del tipo risonante (detto anche "ad espansione" per via della
notevole variazione di sezione). In questo caso, una parte della miscela
fresca rientra nel cilindro, anche se la quantità intrappolata è inferiore alla
cilindrata, perché comunque è sempre presente una frazione di gas
combusti.
Nella parte finale della compressione la carica fresca viene movimentata
dall'anello di squish se presente, generando una forte vorticosità che
consente una combustione migliore ed un aumento del rendimento
termodinamico.
Accensione ed espansione[modifica | modifica wikitesto]
L'accensione, avviata da una candela, avviene con anticipi nettamente
inferiori a quelli tipici del 4 tempi nel caso del motore ad accensione
comandata, grazie alla forma più razionale della testa permessa dall'assenza
delle valvole a fungo. L'eventuale presenza dell'area di squish consente
rapporti di compressione molto elevati senza incorrere in fenomeni deleteri,
come la detonazione; inoltre nel 2 tempi è possibile utilizzare un impianto di
accensione ad anticipo costante senza una eccessiva perdita di rendimento.
Dopo il PMS inizia l'espansione, che si interrompe all'apertura della luce di
scarico per via del brusco calo di pressione, tuttavia non vi è una perdita
notevole di rendimento rispetto ad un 4 tempi, visto che entrambi richiedono
una simile apertura anticipata delle valvole di scarico. Con il passare degli
anni la luce di scarico dei due tempi si è via via ridotta, a favore di una sua
estensione trasversale, in modo da guadagnare in corsa utile e rendimento,
del tutto paragonabile a quello dei quattro tempi.
Scarico[modifica | modifica wikitesto]
In fase di discesa il pistone scopre la luce di scarico. L'espulsione dei gas
combusti avviene per semplice differenza di pressione, e non per l'azione di
pompaggio del pistone come nel 4 tempi. Lo scarico risuonante, se presente,
velocizza questa fase, grazie alla depressione sviluppata dal primo tratto
dello stesso, permettendo di ridurre l'altezza delle luci di scarico e aumentare
il rendimento.
In alcuni casi, come nei motori con aspirazione lamellare e vano della valvola
collegato ai condotti di lavaggio, questa depressione può addirittura influire
sul "rapporto di lavaggio", aumentando la quantità di gas freschi che entrano
nel cilindro.

Funzionamento/fasi del ciclo[modifica | modifica wikitesto]

Ciclo termico di un motore 4T


1=PMS
2=PMI
A: Aspirazione
B: Compressione
C: Espansione
D: Scarico
Il ciclo termodinamico del motore a quattro tempi, come noto, si sviluppa
completamente in due rotazioni dell'albero motore, questo perché il pistone
svolge una doppia funzione, come meglio spiegato qui di seguito.
Aspirazione[modifica | modifica wikitesto]
Nei motori ad accensione comandata le valvole di aspirazione si aprono
per consentire l'ingresso della carica, che nei motori ad iniezione
diretta è solo comburente (tipicamente aria) mentre per i motori
ad iniezione indiretta o a carburatori consiste nella miscelapreformata di
combustibile-comburente. Il pistone scende dal punto morto
superiore (PMS)al punto morto inferiore (PMI): durante questo tragitto la
biella compie 1 corsa e la manovella ruota di 180°. Scendendo, le due
creano una forte depressione nella camera di combustione, grazie alla
quale, insieme all'inserimento di carburante da parte di un iniettore, la camera
si riempie della quantità di carburante calcolata dalla centralina elettronica
sulla base della pressione sul pedale dell'acceleratore.
Per i motori diesel si hanno solo l'aspirazione d'aria e l'iniezione diretta.
Compressione[modifica | modifica wikitesto]
Le valvole di aspirazione si chiudono e il pistone risale dal PMI al PMS,
comprimendo la carica all'interno della camera di combustione.
Nei motori diesel viene compressa aria e le pressioni raggiunte al termine di
questa fase sono maggiori rispetto a quelle dei motori ad accensione
comandata. L'elevata temperatura incendia il combustibile iniettato alla fine
della fase di compressione.

2. Compressione
Accensione ed espansione[modifica | modifica wikitesto]
Il pistone salendo comprime l'aria all'interno del cilindro: una volta arrivato
alla fine della sua corsa, la candela accende la miscela producendo
l'espansione della miscela che ormai detonata spinge verso il basso il
pistone.

3.1 Combustione 3.2 Espansione

Motori ad accensione comandata[modifica | modifica wikitesto]


Nei motori ad accensione comandata la combustione avviene grazie
all'innesco generato dalla scintilla che scocca tra gli elettrodi di una o più
candele. La scintilla scocca nell'istante desiderato (grazie al segnale dei
sensori di fase) dopo la compressione e poco prima che sia raggiunto il PMS.
È importante sottolineare come in questa fase all'interno della camera di
combustione non avvenga una deflagrazione, bensì una combustione. La
combustione prosegue rapidissima e deve completarsi senza dare luogo ad
un'esplosione (che causerebbe il cosiddetto battito in testa) perché in tal caso
le sollecitazioni, superando abbondantemente i parametri progettuali,
porterebbero rapidamente alla rottura meccanica. Questa fase è la sola
"attiva" di tutto il ciclo poiché è l'unica fase dove si produce lavoro utile (il
pistone viene spinto verso il PMI dall'energia prodotta dalla combustione). Le
altre tre fasi sono dette "passive". L'energia necessaria in queste fasi viene
fornita dal volano motore che immagazzina sotto forma di energia
cinetica una parte dell'energia prodotta nella fase attiva per poi restituirla
nelle altre tre fasi.
Motori ad accensione per compressione[modifica | modifica wikitesto]
Nei motori ad accensione per compressione (diesel), la combustione del
combustibile iniettato alla fine della fase di compressione avviene a causa del
raggiungimento della temperatura di autoaccensione del combustibile, tale
aumento di temperatura è conseguenza del forte aumento di pressione
generato dalla compressione. La combustione genera un elevato aumento
di entalpia, il fluido motore utilizza il "suo contenuto entalpico" per compiere il
lavoro di espansione spingendo il pistone fino al PMI.
Scarico[modifica | modifica wikitesto]
La valvola di scarico si apre prima che il pistone arrivi al PMI questa fase si
chiama "Scarico libero", sceso al PMI risale spinto dal movimento degli altri
pistoni o per effetto delle masse volaniche nei motori monocilindrici "Scarico
forzato", espellendo i gas provocati dalla combustione attraverso l'apertura
delle valvole di scarico, che fanno evacuare il gas combusto dal cilindro,
preparandolo ad un nuovo ciclo, mentre i residui della combustione vengono
immessi nel collettoredi scarico, collegato all'impianto di scarico, costituito
dalla marmitta catalitica, dal silenziatore e in alcuni casi, come nel motore
diesel, anche dal filtro attivo antiparticolato, filtrando i gas e scaricandoli
nell'aria. Le dimensioni di questi ultimi componenti sono proporzionali alla
cilindrata del motore.

Confronto con il motore 4T[modifica | modifica wikitesto]


Dalle origini agli anni novanta[modifica | modifica wikitesto]
Mentre in un motore a quattro tempi le fasi sono ben definite, nel due tempi si
arriva ad un vero e proprio accavallamento: il travaso avviene in
contemporanea allo scarico, così come la compressione corrisponde nel ciclo
all'aspirazione.
Nei motori ad accensione comandata con ciclo loop, flussi incrociati o a
scalinata, l'incontro della miscela fresca e di quella combusta in fase di
travaso/scarico, fa sì che una parte della prima miscela combustibile possa
uscire dal condotto di scarico, oppure che una parte dei gas di scarico resti
nella camera di combustione, intaccando in questo modo la potenza
specifica del motore, che nel ciclo teorico sarebbe doppia rispetto ad un
propulsore a quattro tempi, in quanto il due tempi possiede un fase utile per
ogni giro di rotazione dell'albero motore, mentre il quattro tempi ne ha una
ogni due.
Inizialmente il limite del motore a due tempi era proprio quello di fornire un
rendimento globale (volumetrico, termico e meccanico), a parità di cilindrata,
più basso rispetto a quello di un quattro tempi, a causa sia delle perdite
inevitabili nella fase di lavaggio, sia anche se in piccola parte, della
ridotta pressione media effettiva (conseguenza della minore cilindrata utile,
sia in fase di espansione che in quella di aspirazione della carica). Con
l'ausilio di accorgimenti specifici come lo scarico risonante (espansione),
tuttavia anche per tale motore si è di molto migliorato il rendimento
volumetrico (che comunque rimane inferiore al motore a quattro tempi),
mentre il rendimento termico e meccanico è sempre stato superiore rispetto
al quattro tempi, arrivando ad avere un rendimento globale (volumetrico,
termico e meccanico) agli stessi livelli o superiore al motore a quattro tempi
(sempre alimentati a carburatore), ma con una perdita di carica fresca
superiore a quest'ultimo (per via del ciclo di funzionamento).
Questi limiti sono molto ridotti nei motori ad accensione spontanea (diesel 2t)
che inizialmente erano a ciclo loop, il cui limite era una perdita di comburente
(aria) dallo scarico, il che richiedeva l'iniezione di minor combustibile, mentre
nei più recenti motori ad accensione spontanea, che utilizza lo schema a ciclo
unidirezionale (applicabile anche nei sistemi ad accensione comandata), si
utilizza un compressore centrifugo o turbocompressore per poter pulire e
riempire meglio il cilindro. Con questa soluzione il motore a due tempi ha un
rendimento superiore a qualsiasi tipologia di motore a quattro tempi, con una
perdita di carica fresca del tutto paragonabile al motore a quattro tempi,
senza perdere le sue caratteristiche principali, (minor costo, minor
manutenzione e maggiore leggerezza).
Un altro caso che ha portato ad una riduzione degli inconvenienti di questo
motore è l'iniezione diretta meccanica, soluzione adottata dalla Borgward nei
primi anni cinquanta con alcuni modelli della Gutbrod [16], alcuni modelli della
Goliath[17] e la Goliath GP 700 sport[18], in tutti i casi si ha un motore
bicilindrico.
Differenze attuali[modifica | modifica wikitesto]
A ciclo loop
Attualmente il maggiore limite dei motori ad accensione comandata due tempi
a ciclo loop rispetto alle motorizzazioni 4T è l'accoppiamento con
un'iniezione diretta (anche se utilizzata dal 2000 circa per i motori fuoribordo
per piccole imbarcazioni, come i gommoni). Tale sodalizio risulta
estremamente difficile per i motori motociclistici che hanno regimi di
funzionamento molto più elevati, dove l'unico modello prodotto con tale
sistema d'alimentazione è stato il Vdue della Bimota, il quale però è dovuto
ritornare all'alimentazione a carburatore.
Questo primo insuccesso dell'iniezione diretta è dovuto al riempimento
disomogeneo del cilindro e alla disuniformità della carica, creando molti
problemi; attualmente aziende motociclistiche come l'Aprilia, stanno tentando
di riproporre l'iniezione diretta con buoni risultati, anche se tale sistema
rimane confinato agli scooter, classificati come ciclomotori a iniezione
elettronica.
Un altro sistema per aumentare le prestazioni delle motorizzazioni ad
accensione comandata a due tempi è l'utilizzo della cosiddetta iniezione
indiretta, come nella OSSA TR, la quale permette un condotto d'aspirazione
di maggiore diametro e di lunghezza ridotta rispetto al carburatore, e di
conseguenza un migliore riempimento del carter pompa. La
stessa OSSAproduce motociclette specialistiche per enduro, equipaggiate
con motori a due tempi caratterizzati da un'iniezione elettronica, in
parte iniezione indiretta sfociante nel carter ed in parte iniezione
diretta sfociante direttamente nel cilindro. Queste accuratezze dovrebbero
garantire doti di potenza e coppia uniche nel loro genere, in totale rispetto
dell'ambiente. Una strada analoga è stata intrapresa da Athena Racing,
produttrice di vari tipi di gruppi termici. In questo caso il sistema di iniezione
indiretta/iniezione diretta è accoppiato ad un motore di 50cc. Nell'ambito dei
motori fuoribordo l'Evinrude Outboard Motors già da tempo ha lanciato una
serie di propulsori a due tempi, alimentati da una sofisticata iniezione
elettronica e sistema lubrificante all'avanguardia, il che permette di contenere
di più le emissioni rispetto a qualsiasi altro motore, ma contemporaneamente
migliorando le prestazioni[19].
Honda nel 1995 ideò un sistema molto semplice, caratterizzato da
una valvola di contropressione ARC (Activated Radical Combustion), che
permise di ridurre le emissioni dei motori a due tempi a ciclo loop allineandole
a quelle del motore a quattro tempi, la moto in questione è la Honda EXP-2[20]
[21]
, successivamente venne utilizzata per il CRM 250 AR del 1996 (solo
mercato giapponese) e l'Honda Pantheon.[22]
La Malaguti con la sua MR250 del 2008, moto per il solo mercato
giapponese, utilizza un sistema di scarico con un'espansione stravolta nella
forma, permettendo di generare una potenza di 50 CV, rispettando
l'omologazione Euro 3.[23]
Nel 2017 la KTM ufficializza la produzione di motoveicoli da competizione a
due tempi da 250 e 300 cc ad iniezione elettronica nel cilindro (a luci di
scarico aperte), denominato TPI (Transfer Port Injection), composto da due
iniettori posti nei travasi laterali (conosciuti anche come 2° luce) [24], tale
sistema pur essendo ad iniezione diretta nel cilindro non inietta direttamente
nella camera di combustione, in quanto l'iniezione avviene quando le luci di
scarico sono ancora aperte.
Motori unidirezionali
A differenza dei motori a due tempi a ciclo unidirezionale con immissione
controllata da una o più valvole a fungo o sistema piston port (al cilindro), si
ha un'inversione dei ruoli, con minor consumo specifico ed emissioni minori
rispetto alla concorrente a quattro tempi, anche se perde parte dei suoi
vantaggi, come la reversibilità e l'inclinabilità del motore dato che utilizza un
sistema di lubrificazione pari al motore a quattro tempi, inoltre necessita di un
dispositivo per il lavaggio/immissione della miscela combustibile. Questi
motori vengono usati nella configurazione diesel come motorizzazione sulle
navi. Recentemente tali motori navali sono stati sviluppati anche per poter
essere alimentati a LNG (Gas naturale liquefatto)[25][26]
Studi e prototipi[modifica | modifica wikitesto]
Durante la metà dei anni '90 alcune case automobilistiche produssero
prototipi di motori a due tempi, tra cui FIAT con un prototipo che utilizzava
tecnologia Orbital e Ferrari con il motore F134.[27]
Gli ultimi studi su tale tipologia di motore, per via della sua versatilità, hanno
portato alla luce progetti che potrebbero essere vincenti per il futuro, come ad
esempio il motore omnivore della Lotus[28][29], alcuni dei quali riprendono
soluzioni già usate in passato e hanno avuto sostegni economici da
imprenditori non specializzati nel settore, come nel caso del motore
della Ecomotors, sostenuto da Bill Gates e che secondo il costruttore
potrebbe essere adoperato sulle autovetture [30][31]. Il 20 aprile 2011 ha
annunciato il contratto per la commercializzazione con la Zhongding Holding
(Group) Company o più semplicemente Zhongding, sia per i generatori che
per autotrazione[32].
Pregi e difetti[modifica | modifica wikitesto]
Il motore a due tempi tra i suoi pro o i suoi contro a seconda dell'utilizzo, ha
poco freno motore a causa delle minori parti meccaniche di cui è composto e
che oppongono resistenza al movimento rispetto ad un motore a quattro
tempi, per questo motivo il rendimento meccanico è migliore. Nelle
applicazioni urbane questa caratteristica è più un punto a sfavore, dato che
avendo meno freno motore i freni meccanici devono essere sollecitati
maggiormente portando naturalmente ad una loro più rapida usura.
Pregi principali[modifica | modifica wikitesto]

 Motore reversibile (esclusi i motori unidirezionali): questo motore può


ruotare in un verso o nell'altro senza che vi siano problemi di grippaggio
per difetto di lubrificazione.
 Motore più leggero e maneggevole, data la maggiore compattezza e
semplicità delle parti meccaniche necessarie al suo funzionamento.
 Motore inclinabile, come nel caso di motoseghe, ecc. (Esclusi alcuni
motori unidirezionali).
 Affidabilità maggiore: avendo meno parti mobili per il suo funzionamento è
soggetto a un numero inferiore di fenomeni, il che ne migliora l'affidabilità;
 Minor rischio di grippaggio entro il regime ottimale di funzionamento
rispetto ai motori a quattro tempi con lubrificazione a carter umido;
 Risposta più "vigorosa" e rapida, dovuta all'accensione a ogni giro invece
che ogni due, dimezzando di fatto il tempo di risposta (questo è valido a
parità di regime e di unità termiche);
 Costi di gestione minori: la revisione di un motore a due tempi richiede un
minor numero di parti nuove e dal costo minore in rapporto ad un analogo
motore a quattro tempi.[33]
Difetti principali[modifica | modifica wikitesto]

 Maggiore emissione di gas tossici (esclusi la maggior parte dei motore a


cicli unidirezionali): ciò è dovuto alla combustione di benzina e olio
(miscela), problema analogo al motore diesel;
 Minor rendimento termodinamico (esclusi i cicli unidirezionali): ciò è
dovuto a una durata della fase di scarico-travaso, dove si ha la fuoriuscita
di una parte della miscela fresca (dispersione di parte della carica fresca).
 Consumo specifico più elevato (esclusi i cicli unidirezionali): soprattutto
in confronto ai motori ad iniezione diretta e dovuto alla perdita di carica
fresca dallo scarico.
 Costi dell'olio lubrificante (esclusi la maggior parte dei motore a cicli
unidirezionali).

Letteratura futurista

Storia[modifica | modifica wikitesto]
Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni e Severini nel 1912 davanti la sede di Le
Figaro
Il fondatore del movimento futuristico, Filippo Tommaso Marinetti, a Parigi,
nel febbraio del 1909, pubblica il primo Manifesto del futurismo. Marinetti
riassunse i principi fondamentali dei futuristi, che comprendevano un
appassionato disgusto per le idee del passato, specialmente per le tradizioni
politiche ed artistiche. Marinetti e gli altri sposarono l'amore per la velocità,
la tecnologia, la violenza e sugli effetti atmosferici. L'automobile, l'aereo, le
città industriali avevano tutte un carattere mitico per i futuristi, perché
rappresentavano il trionfo tecnologico dell'uomosulla natura.
Si auspica inoltre la nascita di una letteratura rivoluzionaria, liberata da tutte
le regole, anche quelle della grammatica, dell'ortografia e della punteggiatura.
I futuristi sperimentano nuove forme di scrittura per dar vita ad una poesia
tutta movimento e libertà, negano la sintassi tradizionale, modificano le
parole, le dispongono sulla pagina in modo da suggerire l'immagine che
descrivono.
La vis polemica appassionata di Marinetti attrasse immediatamente alcuni
giovani artisti dell'ambiente milanese - Umberto Boccioni, Carlo Carrà, e Luigi
Russolo - che vollero estendere le idee di Marinetti alle arti visuali (Russolo fu
anche un compositore, e introdusse le idee futuriste nelle sue composizioni). I
pittori Giacomo Balla e Gino Severini incontrarono Marinetti nel 1910. Questi
artisti rappresentarono la prima fase del movimento futurista.
Nel maggio 1912, compare per le" edizioni futuriste di Poesia" il "Manifesto
tecnico della letteratura futurista[1], nel 1914 riproposto sulla rivista fiorentina
"Lacerba", di Ardengo Soffici e Giovanni Papini, che può essere definita la
rivista ufficiale del futurismo in quel periodo; nascono anche le riviste "La
Difesa dell'arte" e "Il Centauro". Del 1914 è il volume Zang Tumb
Tumb miglior esempio delle futuriste Parole in libertà.
I futuristi soprannominarono l'amore per il passato passatismo, e i suoi
autori passatisti (cfr. Stucchismo), arrivando ad attaccarli anche fisicamente
nel corso delle loro presentazioni e performance. In altri casi furono invece i
futuristi a essere aggrediti dal pubblico, come nel famoso Discorso contro i
Veneziani di Marinetti.

Gesualdo Manzella Frontini e Carlo Carrà


L'ideologia futurista di glorificazione della guerra come espressione vitalista e
purificatrice, unitamente a un aggressivo e convinto nazionalismo, portò nel
dopoguerra prima all'ispirazione e poi a un rapporto piuttosto problematico
con il fascismo. A quest'ultimo aspetto si deve negli anni del dopoguerra
l'ostracismo culturale subito dal futurismo, ostracismo che sta lentamente
cedendo il passo a una critica meno militante e più serena.
Il movimento, con la morte di Boccioni e Sant'Elia volontari nella Grande
Guerra e la successiva defezione di personaggi come Carrà e Severini, vivrà
una fase evolutiva denominata Secondo Futurismo, fino a chiudere la propria
parabola creativa con la morte di Filippo Tommaso Marinetti nel 1944. Molti
futuristi continuarono a operare nella seconda metà del secolo. Nel dicembre
del 2004 la morte dell'artista Osvaldo Peruzzi è stata salutata come la morte
dell'ultimo futurista.
La poesia[modifica | modifica wikitesto]
I poeti futuristi si riuniranno attorno alla rivista Poesia fondata da Marinetti
qualche anno prima. Nei componimenti si trova generalmente l'esaltazione
del futuro e delle sensazioni forti associate alla velocità e alla guerra. Gli
esponenti più noti, oltre al Marinetti, sono Aldo Palazzeschi (autore della
poesia La fontana malata e della celeberrima "La passeggiata")[2] e Paolo
Buzzi (almeno per parte della sua produzione).
Fra i poeti che partecipano all'esperienza futurista si ricordano Luciano
Folgore, lo stesso Ardengo Soffici e Corrado Govoni. Anche Salvatore
Quasimodo aderì, in gioventù, al futurismo (si ricorda la sua poesia "Sera
d'estate" pubblicata nel 1917 sulla rivista fiorentina "Italia Futurista").
Del secondo futurismo marinettiano è l'Aeropoesia.

Motocicletta in arte

Balla

Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Già da adolescente Giacomo Balla aveva dimostrato una predilezione per
l'arte, avvicinandosi allo studio del violino, ma abbandonò la musica per
la pittura e il disegno; nel frattempo il padre gli trasmise la passione per
la fotografia, iniziandolo ad una tecnica fondamentale per la sua formazione.
Dopo gli studi superiori, Giacomo decise di frequentare l'Accademia Albertina
, dove studia prospettiva, anatomia e composizione geometria.
Lasciata l'accademia viene assunto nel 1891 da un fotografo pittore, il cui
studio è uno dei più rinomati d'Italia, frequentato dall'aristocrazia e dall'alta
borghesia torinese e anche da personaggi quali Edmondo De
Amicis e Pellizza da Volpedo.
Nel 1895 Balla lasciò Torino per stabilirsi a Roma. Nella capitale egli fu un
avanguardista della nuova tecnica divisionista, trovando subito un buon
seguito di allievi. Nel 1897 si fidanzò con Elisa Marcucci, sorella di
Alessandro, amico di Duilio Cambellotti. I primi dipinti, a inizio secolo,
seguivano infatti lo stile divisionista.La sua attività creativa fu molto intensa
nei primi anni dieci in termini di analisi sia del dinamismo sia della luce,
giungendo nel 1915 ad una nuova fase di ricerca pittorica fortemente
sintetica.
Negli anni della prima guerra mondiale Balla perseguì l'idea di un'arte totale
definita arte e azione futurista. E specie dopo la morte di Boccioni nel 1916, a
cui dedicò "il pugno di Boccioni", egli fu il protagonista indiscusso del
movimento. Le sue idee sono esposte in queste parole: «Noi futuristi, Balla
e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l'universo
rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente». Progettò infatti le scene
per Feu d'artifice di Igor Stravinsky nel 1917, balletto 'senza danzatori' che
andò in scena al Teatro Costanzi di Roma. Creò anche arredi, mobili,
suppellettili e partecipò anche alle sequenze del film Vita futurista (1916)
presenziando assieme a Marinetti alle riprese.
Nel 1914 uscì oltretutto "il manifesto dell'abito anti neutrale" creato poi nel
1915. Balla dichiarò di voler sostituire il vecchio, cupo e soffocante
abbigliamento maschile con uno più dinamico e colorato, asimmetrico e
colorato, che rompesse con la tradizione e si adeguasse al concetto futurista
di modernità e progresso, non solo, doveva far riferimento alla guerra e
rendere l'uomo più aggressivo e bellicoso. L'accostamento dei colori era poi
studiato per produrre un vivace effetto di simultaneità, che meglio si
armonizzava con lo spazio urbano moderno.
A partire dal 1914 Balla compone tavole parolibere e scrive testi per la scena
avviando un collegamento tra l'immagine e la dimensione fonetico-rumorista.
[1]

Nel 1915 firma con Fortunato Depero il manifesto Ricostruzione futurista


dell'Universo dove il dinamismo pittorico e il dinamismo plastico si collegano
alle parole in libertà e all'arte dei rumori per "realizzare una fusione totale per
ricostruire l'universo rallegrandolo". Dal manifesto scaturiscono le idee del
"giocattolo futurista", del "paesaggio artificiale", dell'"animale metallico", del
"vestito trasformabile", del "concerto plastico-motorumorista nello spazio",
della "réclame fono-monoplastica".[2]
Nell'ottobre del 1918 pubblicò il "Manifesto del colore", dove analizzò il ruolo
del colore nella pittura d'avanguardia.
Nell'ambito della sua adesione al futurismo, che Balla portò avanti senza
sosta, si ricorda che nel 1926 egli scolpì una statuetta con la scritta alla base
"Sono venuto a dare un governo all'Italia". L'opera fu consegnata
direttamente a Mussolini, il quale gradì. Negli anni trenta Balla era divenuto
l'artista del fascismo per eccellenza, apprezzatissimo dalla critica.
Nel 1933 realizzò Marcia su Roma (verso di Velocità astratta), e sembra che
l'opera sia stata commissionata da Mussolini stesso.
Nel 1937 Balla scrisse una lettera al giornale "Perseo" con la quale si
dichiarava ormai estraneo alle attività futuriste. Da quel momento Balla fu
accantonato dalla cultura ufficiale, sino alla rivalutazione nel dopoguerra delle
sue opere e di quelle futuriste in genere.
Nel 1949 alcune sue opere vennero esposte al MoMa alla mostra:
"Twentieth-Century Italian Art",[3][4] tra cui il famoso dipinto "Dinamismo di un
cane al guinzaglio".
Morì a Roma il 1º marzo 1958 all'età di 86 anni. È sepolto al Cimitero del
Verano.
Nel 1959 due sue opere (Ragazza con il cerchio e Colpo di fucile) vennero
esposte alla mostra 50 anni d'arte a Milano. Dal divisionismo ad oggi,
organizzata dalla Permanente[5].

« Fu Giacomo Balla, divenuto nostro maestro, che ci iniziò alla tecnica
moderna del divisionismo senza tuttavia insegnarcene le regole
fondamentali e scientifiche. Balla era un uomo di assoluta serietà,
profondo, riflessivo e pittore nel più ampio senso della parola. [...] Fu
una grande fortuna per noi di incontrare un tale uomo, la cui decisione
decise forse di tutta la nostra carriera. L'atmosfera della pittura italiana
era a quel momento la più fangosa e deleteria che si potesse
immaginare; in un simile ambiente anche Raffaello sarebbe arrivato
appena al quadro di genere! »
(G. Severini, Tutta la vita di un pittore, 1946)

« Balla che sul tema del dinamismo meditava già da alcuni anni (il
famoso Cane al guinzaglio è del 1912), va al di là di Boccioni:
prescinde quasi totalmente dall'immagine visiva per dare l'immagine
psicologica del moto.La sua ricerca è prevalentemente linguistica:
mira a stabilire un codice di segni significanti velocità, dinamismo ecc.
Sono concetti che interessano intensamente l'uomo moderno: concetti
che vogliono essere espressi visivamente perché la percezione è più
rapida della parola, e che non possono essere espressi tramite segni
che implichino riferimenti alla natura, perché debbono esprimere
qualcosa di non naturale, di realizzato mediante congegni
meccanici. »
(G. C. Argan, L'arte moderna, 1970)

« La "solidificazione dell'Impressionismo" costituisce la base di


sviluppo della pittura di Balla futurista: cioè il passaggio dalla
suddivisione del pigmento colorato del divisionismo alla costruzione
geometrica astratta - a sé stante - delle compenetrazioni iridescenti: n°
1, 2, 3 (1912). Questi studi, sembrano giganteschi fotogrammi captati
nello spazio da un immaginario occhio catodico. »
(E. Prampolini, G. Balla, 1952)
Giacomo Balla, "Rumore di motocicletta", 1913

Harley

Storia:

Gli inizi[modifica | modifica wikitesto]


Le premesse alla fondazione dell'azienda si ebbero
nel 1901 a Milwaukee quando i due ventenni amici d’infanzia William
Silvester Harley (29 Dicembre 1880 – 18 settembre 1943) e Arthur Davidson
(11 Febbraio 1881 – 30 Dicembre 1950), montando su una bicicletta un
motore da loro costruito, crearono un prototipo marciante
di bicicletta motorizzata (siamo nei primissimi anni dello sviluppo
del motociclismo). Il motore era un monocilindrico di 7.07 in³ (116 cc³) con
una corsa di 4 inch (102 mm). Questo mezzo venne realizzato nel garage
dell'abitazione di Davidson, che misurava 3 metri per 5. Questo primo
prototipo fu un disastro per le abbondanti perdite d’olio e le forti vibrazioni
scaricate sul telaio da bicicletta non sufficientemente robusto per sopportare
peso e vibrazioni del motore.
Senza perdersi d’animo, i due amici aiutati da Walter Davidson (30 Settembre
1876 – 7 Febbraio 1942) fratello maggiore di Artur, per due anni lavorarono
allo sviluppo di un nuovo motore ed un telaio più specifico. Nel 1903 viene
prodotta la prima “vera” Harley Davidson, su un telaio da bicicletta adattato
per sopportare il nuovo motore monocilindrico di 24.74 in³ (405 cc³) con una
corsa di 9.75 inch (25 cm) e un volano esterno di 28 libre (13 Kg). Il telaio si
ispirava alla “1903 Milwaukee Merkel Mo.” (disegnato da Joseph Merkel,
fondatore della Flying Merkel). Un grosso aiuto al progetto di sviluppo del
motore lo ebbero dal Ole Evinrude pioniere motoristico e futuro inventore del
motore fuoribordo per uso nautico.
Probabilmente la maggior parte delle parti meccaniche della “numero uno”
furono create presso la “West Milwaukee Railshop” dove lavorava William A.
Davidson (14 Ottobre 1870 – 21 Aprile 1937) come responsabile delle
attrezzature meccaniche.
La Harley-Davidson venne ufficialmente fondata il 28 agosto 1903 e a questa
data si può far risalire ufficialmente l'inizio della produzione in serie.
Nel 1904 fu aperta la prima concessionaria. Ciononostante la produzione di
quell'anno rimase a quota tre.
Nel 1906 venne costruito il primo vero e proprio stabilimento produttivo, sito
in Chestnut Street (attuale Juneau Avenue), dove ancora oggi si trova il
quartier generale della Casa; il garage originale venne demolito
accidentalmente durante la costruzione del nuovo edificio; questo nuovo
impianto misurava 12 per 18 metri. Con l'avvio del nuovo stabilimento
vennero prodotte 50 motociclette. In quest'anno, come aiuto alle vendite,
viene prodotto il primo catalogo di moto al mondo.
Nel 1907 la produzione delle Harley-Davidson crebbe gradualmente e con i
nuovi impianti fu possibile produrre 150 motociclette. Il 17 settembre viene
ufficialmente fondata la Harley-Davidson Motor Company: quest'anno si
rivelò importante per la casa in quanto cominciò la vendita, che prosegue
tuttora, delle prime motociclette alle forze di polizia. In tale annoWilliam A.
Davidson (1870-1937) il fratello maggiore di Arthur Davidson si unisce alla
Harley-Davidson Motor Company.
Nel 1909 viene introdotto il primo motore bicilindrico sperimentale a V di 45º,
facendo nascere il V-Twin. Il primo prototipo fu presentato a febbraio al
"Chicago Automobile Show". Per esigenze di potenza: la cilindrata era di
880 cm³ (53.68 in³) ed erogava soli 7 hp (5,2 kW), che comunque era una
potenza circa doppia rispetto a quella fornita dai precedenti propulsori; la
velocità massima che potevano raggiungere le moto di questo periodo era di
un centinaio di km/h, un valore che poteva essere considerato molto buono
per quell'epoca. La produzione in quell'anno fu di ben 1.149 esemplari.
Nel 1911 negli Stati Uniti d'America, grazie anche al successo della Harley-
Davidson che moltiplicò la concorrenza, si annoveravano circa 150 diversi
marchi motociclistici, tra i quali la Indian che divenne ben presto la
concorrente principale di Harley-Davidson. In quell'anno è stato introdotto un
miglioramento del modello V-Twin. Il nuovo motore aveva valvole di
aspirazione meccaniche, in contrapposizione alle valvole di aspirazione
"automatiche" usate sui precedenti V-Twins. La cilindrata è passata a
49,48 in³ (811 cm³). Il nuovo motore V-Twin del 1911 era più piccolo di quelli
precedenti, ma ha dato migliori prestazioni.
Nel 1912, Harley-Davidson introdusse il suo brevetto "Ful-Floteing Seat", cioè
di una sella completamente sospesa e ammortizzata da una molla a spirale
all'interno del tubo del sedile con un'escursione di più di 76mm. La tensione
della molla poteva essere regolata in base al peso del guidatore. Harley-
Davidson utilizzò selle di questo tipo fino al 1958. In quell'anno viene
utilizzato per la prima volta il logo Bar&Shield, registrato e brevettato come
marchio ed utilizzato ancora oggi come marchio ufficiale. Lo stesso anno,
l’azienda inizia le esportazioni verso il Giappone e la rete di concessionari
degli Stati Uniti si estende a 200 filiali.
Nel 1913 lo stabilimento originale venne ingrandito e raggiunse una superficie
di ben 28.000 m2. Nonostante la dura competizione la Harley-Davidson
restava il costruttore più importante e dominava anche le competizioni
motociclistiche del periodo, utili per farsi pubblicità. La produzione raggiunse
la cifra record di 12.904 esemplari, rendendo la Casa americana uno dei
principali produttori a livello mondiale, dopo appena dieci anni di vita. Durante
l'anno viene creata una Scuderia con lo scopo di migliorare ancora le
prestazioni dei motori, grazie all'esperienza portata da Bill Ottaway in fatto di
tecnica e competizioni.
Nel 1914 grazie alla introduzione di un nuovo cambio a due marce concepito
e brevettato da William Harley, si riusci ad aumentare la capacità delle
motociclette di spostare carichi più pesanti, e permise alla Harley-Davidson di
introdurre sul mercato, motociclette con sidecar adatte al trasporto di
passeggero. Fino ad allora infatti le motociclette erano dotate di sola sella per
il conducente, e questa novità consentì un notevole incremento di popolarità
e vendite per il costruttore: la motocicletta diventa l'ideale per il tempo libero e
le gite di famiglia.
Dal 1915 compaiono a catalogo del costruttore i primi esemplari di
motociclette adattate ad uso professionale, i Motorcycle-truck, una sorta di
motocarro a tre ruote con cassa di legno posizionata all'anteriore, idonea al
trasporto di cose e quindi molto pratica per fare consegne a domicilio. Più
economiche di un'automobile o di un camion, venivano prodotte su richiesta e
decorate con i loghi del committente. Vennero adottate anche dal servizio
postale U.S. Mail.
La Prima Guerra Mondiale[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1917 gli Stati Uniti entrarono nel conflitto che da tre anni si era scatenato
in Europa, pertanto i militari richiesero delle moto da poter utilizzare nelle
operazioni. Le Harley-Davidson erano già state testate dalle forze armate
durante le schermaglie al confine con il Messico contro Pancho Villa, ma fu
solo con la prima guerra mondiale che le motociclette furono adottate in
grandi numeri (circa 45.000 esemplari). Si trattava di cinque modelli, due
monocilindriche e tre bicilindriche (18F monomarcia, 18G e 18J dotate di tre
marce) con propulsori di circa 1.000 cm³ di cilindrata. Nello stesso tempo HD
consolidava la sua posizione di fornitore delle forze di polizia di tutto il Paese.
Gli anni '20 e la Grande Depressione[modifica | modifica wikitesto]
Terminato il conflitto nel 1920, la Harley-Davidson era divenuto il più grande
costruttore di motociclette al mondo; nel frattempo, cessate le ostilità, molte
piccole case motociclistiche americane erano scomparse, lasciando la scena
dominata da 3 o 4 marchi principali. H-D aveva inoltre sviluppato la propria
rete di vendita anche all'estero, in modo da farsi trovare preparata ed
incrementare le proprie dimensioni aziendali a scapito dei piccoli produttori:
ora era presente in 67 paesi del mondo producendo ben 28.189 motociclette.
Intanto proseguiva anche lo sviluppo tecnico e sportivo dei bicilindrici V-twin:
infatti il 28 aprile 1921 fu raggiunta una pietra miliare nella storia del
motociclismo, allorquando una Harley-Davidson fu la prima a raggiungere i
160 km/h (100 mph).
Durante questo periodo vennero introdotte diverse novità, tra cui un nuovo
motore bicilindrico a V da 1.200 (74 in3) cm³ di cilindrata (1922), il tipico
serbatoio detto Teardrop (in inglese 'lacrima', già simile agli attuali serbatoi)
(1925) ed il frenoanteriore (1928).
Tuttavia, già nel 1926 l'azienda decise di ritirarsi dalla competizione a causa
dei forti investimenti richiesti e del calo delle vendite, dovuto non solo alla
crisi economica incipiente, ma anche al grande successo dell'automobile,
ormai primo mezzo di trasporto per gli americani, proprio a scapito della
motocicletta (vedasi il successo della celebre Ford Model T, che vantava un
prezzo di vendita analogo a quello delle H-D più grandi). Ad inizio anni '30
pertanto solo due costruttori restarono in attività: la Indian e appunto la
Harley-Davidson (non a caso i due maggiori produttori nonché i due marchi
più tradizionali), con il fallimento di numerosi marchi storici quali ad esempio
la celebre Excelsior-Henderson Motorcycle.
Da notare che nel 1937 la Casa statunitense presentò un nuovo propulsore
più moderno, dotato di valvole in testa e di una cilindrata di 1.000 cc, in grado
di competere con i modelli Big twin della Indian (il cosiddetto Harley-Davidson
Knuckleheadche resterà in produzione fino al 1947).
La Seconda Guerra Mondiale[modifica | modifica wikitesto]
Con l'ingresso degli Stati Uniti d'America nella seconda guerra mondiale in
seguito all'attacco giapponese di Pearl Harbor(dicembre 1941) HD ritornò a
produrre, in grandi numeri, motociclette per le forze armate; i modelli prodotti
erano la WLA e la XA: quest'ultima era sostanzialmente una copia
della BMW utilizzata dalla Wehrmacht, come l'originale era dotata di un
motore bicilindrico boxer raffreddato ad aria, realizzata in pochissimo tempo
su pressante richiesta dell'esercito americano, in quanto i militari erano
rimasti impressionati dalla semplicità e affidabilità della motocicletta tedesca.
In totale la Harley-Davidson produsse durante il secondo conflitto mondiale
88.000 motociclette, ma di queste solo un migliaio circa furono delle XA (il
che ne fa attualmente il modello H-D più raro dagli anni '40).

Alberto Sordi con Maria Pia Casilio sulla Harley-Davidson in una scena di Un


americano a Roma
Vinta nel frattempo la Guerra, le moto prodotte in surplus e soprattutto quelle
abbandonate dai soldati americani in Europa andarono ad alimentare il
mercato post-bellico europeo: furono adottate infatti da molte forze armate e
di polizia per anni e per alcuni aspetti contribuirono ad alimentare il sogno
americano degli europei, oltre ad influenzare la tecnica produttiva delle case
motociclistiche del Vecchio Continente. Un celebre esempio in tal senso si ha
nel film Un americano a Roma, dove Nando Meniconi (alias Alberto Sordi)
guida una di queste moto, una WLA 750, anche nota come "Liberator" in
quanto appunto portata in Europa dai liberatori americani.
Con la fine del conflitto HD ritornò alla produzione civile, con la messa in
commercio di un gran numero di bicilindriche di grande cilindrata ('big twin')
motorizzate Knucklehead (Panhead dal 1948), che conobbero un buon
successo commerciale in patria.
Il dopoguerra e la crisi degli anni settanta[modifica | modifica wikitesto]
Con gli anni '50, rimasto l'unico marchio americano sul mercato
(anche Indian dichiarò infatti bancarotta nel 1953) la Harley-Davidson iniziò a
subire la concorrenza dei marchi inglesi sul mercato U.S.A. e ad assistere ad
un rapido calo nelle vendite.
Uno dei modelli più riusciti, lo Sportster fu realizzato il 27 gennaio 1957 e
messo in produzione lo stesso anno, proprio al fine di contrastare la
concorrenza inglese. La semplicità motoristica e della linea ne decretarono il
successo sia come modello da strada che da pista nella versione "R"
(attualmente è l'unico modello ancora in produzione dagli anni '50).
Altro tentativo di arginare la crisi fu quello di produrre piccole monocilindriche
quali l'Harley-Davidson Hummer, sin dalla fine degli anni '40, e addirittura uno
scooter (Harley-Davidson Topper dai primi anni '60), prodotti tuttavia troppo
distanti dall'immagine tradizionale del Marchio americano e infatti non
premiati da vendite particolarmente cospicue.
Il calo nelle vendite e la conseguente crisi finanziaria e di liquidità
aumentarono negli anni seguenti, nonostante la Sportster ed il lancio del
Propulsore Harley-Davidson Shovelhead a metà anni '60, propulsore che si
rivelò, almeno inizialmente, poco affidabile anche per via dei frequenti
trafilaggi d'olio.
I problemi si accentuarono ulteriormente allorquando fecero il loro ingresso
sui mercati mondiali le case giapponesi, sin dalla fine degli anni '60, in
particolare la Honda con le sue quadricilindriche, motociclette che tolsero alla
Casa americana il primato nelle vendite interne di moto di grossa cilindrata,
nonché il redditizio mercato rappresentato dalle forze di polizia (a cui HD
aveva venduto numerose Duo Glide ed Electra Glide).
La grave crisi finanziaria portò nel 1969 alla vendita da parte degli eredi dei
fondatori (Davidson) a favore della American Machine and
Foundry AMF (compagnia metallurgica), portando quindi alla nascita
della AMF-Harley-Davidson (marchio presente anche sui serbatoi della
Harley del periodo). La AMF continuò la produzione riducendo la forza lavoro
ed i costi di produzione, a scapito della qualità e degli investimenti: le vendite
diminuirono ulteriormente e la compagnia rischiò seriamente la bancarotta, a
dimostrazione dei gravi errori del management AMF.
Fu però in questo periodo che la AMF-Harley-Davidson, grazie al reparto
corse del marchio italiano, nel frattempo incorporato, Aermacchi, riuscì a
conquistare gli unici titoli iridati della sua storia: nelle
stagioni 1974, 1975 e 1976 del Campionato mondiale di velocità, le moto
italo-americane, condotte da Walter Villa, mieterono innumerevoli vittorie nei
Gran Premi, aggiudicandosi quattro titoli piloti e due titoli costruttori, nelle
classi 250 e 350. Si tratta delle uniche vittorie in gare sportive degne di nota
del marchio americano dagli anni '30 (in seguito le Sportster continueranno
per molti anni a gareggiare nei campionati americani di dirt-track con buoni
risultati).
La rinascita[modifica | modifica wikitesto]
Nel 1981 l'AMF rivendette la Harley-Davidson ad un gruppo di 13 investitori
guidati da Vaughn Beals e Willie G. Davidson, erede di uno dei fondatori. Per
evitare la scomparsa del celebre marchio americano, vennero quindi studiati i
metodi seguiti dai concorrenti e in particolare dai costruttori giapponesi:
vennero introdotte quindi delle novità, quali il sistema just in time MAN
(Material As Needed) che consisteva in un monitoraggio costante
dell'inventario in modo che fosse stoccato solo quanto necessario, riducendo
i costi del magazzino.
Si puntò finalmente sulla qualità e soprattutto si progettò ex novo, con
tecniche informatiche, una innovativa gamma di propulsori,
denominati Harley-Davidson Evolution: in tal modo le vendite aumentarono
rapidamente; fu però solo con l'introduzione del modello Softail Custom nel
1984 (FXSTC 'coda soffice': sistema di ammortizzatori adeguatamente
posizionati ed occultati ad imitazione della linea dei vecchi telai rigidi
delle Hydra Glide) che HD tornò ad esser leader nel mercato delle moto di
grande cilindrata (sopra i 750 cm³), grazie anche e soprattutto ai nuovi
propulsori Evo.
Il nuovo modello softail Fat Boy nel 1990 confermò la grande ascesa della
casa di Milwaukee, ormai tornata saldamente ai vertici del mercato e
celebrata sugli schermi cinematografici, ad esempio nel film Terminator 2 - Il
giorno del giudizio, in cui Arnold Schwarzenegger guida appunto tale modello
in una lunga sequenza di inseguimenti.
Il consolidamento e gli anni 2000[
Nel 1998 la Harley-Davidson acquista la Buell Motorcycle Company con cui
collaborava sin dagli anni '80 e che era nata proprio da una collaborazione tra
la Casa di Milwaukee ed Eric Buell, ex ingegnere della stessa, al fine di
penetrare il mercato delle sportive (tentativo peraltro non riuscito).
Nel 1999 viene prodotto il primo motore Twin Cam 88 (1450 cm³), e
nel 2000 il primo motore Twin Cam 88 controbilanciato, con il pressoché
totale annullamento delle vibrazioni, montato sui modelli Softail. Entro il 1999
tutta la gamma Harley (eccetto la Sportster) monterà tali propulsori. Nel
frattempo, inizia la conversione dei modelli HD all'iniezione elettronica
(peraltro già opzionale a metà anni '90 sui modelli Touring motorizzati Evo),
processo che tuttavia si completerà solo nel 2007.
Nel 2000 la casa americana presenta una speciale versione della Softail
denominata FXSTD ('Deuce') dotata di inediti particolari come serbatoio
allungato, forcella affusolata, ruota posteriore maggiorata e parafango curvo
con faro incastonato 'a diamante', soluzione poi ripresa sul successivo
modello V-Rod.
Nel 2001 inizia la produzione della rivoluzionaria V-Rod, innovativa sia
nell'aspetto che nelle soluzioni tecniche: il motore infatti è un
bicilindrico raffreddato a liquido con i cilindri inclinati di 60° anziché 45°, dalla
notevole potenza di 120 cv, progettato in collaborazione con la casa
automobilistica Porsche e non a caso denominato 'Revolution'; il telaio
rinforzato di tali modelli è realizzato con una nuova tecnica detta 'Idroforming'
che utilizza getti d'acqua ad altissima pressione. Nonostante tali innovazioni,
o forse proprio a causa di esse, H-D non ottiene gli sperati successi di
vendite, data anche la natura tradizionalmente e notoriamente conservativa
della clientela Harley.
Nel 2006 H-D annuncia che la gamma 2007 eliminerà il carburatore anche
sui modelli Sportster, gli ultimi ad usare questo sistema di alimentazione,
mentre i motori dei restanti modelli (twin cam) passano alla cilindrata di
1.584 cm³.
L'11 luglio 2008 viene riportata la notizia che la Harley Davidson ha concluso
un accordo per l'acquisto del gruppo italiano MV Agusta per circa 70 milioni
di euro (109 milioni di dollari) per espandere il proprio business in Europa [1].
L'operazione viene regolarmente conclusa all'inizio di agosto dello stesso
anno.
Ma già dopo un paio di anni, in seguito a problemi finanziari dovuti alla crisi
economica ed allo scarso numero di motociclette vendute, HD rivende la MV
Agusta per la simbolica cifra di un euro; inoltre il marchio Buell Motorcycle
Company viene soppresso.
Dal 2010 ad oggi
Nonostante la Harley Davidson sia sempre stata considerata come un
marchio conservatore, rimasto molto fedele ai progetti tradizionali e
raramente incline alle novità, negli ultimi anni sembra aver optato per progetti
più innovativi.
Il 2014 è caratterizzato dall'inizio della vendita sui mercati europeo ed
americano della Street 750, che monta il nuovo propulsore denominato
Revolution X e prodotto in India (nelle cilindrate 500 e 750). Tali propulsori
sono derivanti dal progetto del motore Revolution della V-Rod, infatti sono
dotati di raffreddamento a liquido e cilindri inclinati a 60° con 4 valvole in
testa. La trasmissione è a sei marce come ormai per quasi tutti i nuovi
modelli, ad esclusione delle Sportster, mentre la distribuzione è la classica
finale a cinghia dentata in kevlar. L'estetica dei modelli è in stile custom ma
più "urbana", essendo queste delle motociclette leggere e destinate ad una
clientela verosimilmente giovane e nuova per la Casa, un po' come accadde
alla presentazione della Sportster negli anni '50.
Inoltre nel 2014 viene presentato il Progetto LiveWire: si tratta della prima
motocicletta interamente elettrica della casa di Milwaukee. Per promuovere il
nuovo modello è stato organizzato un tour strutturato con tappe in tutti
gli USA e che offre la possibilità di testare la nuova moto direttamente su
strada.
L'autunno del 2017 (M.Y. 2018) vede la scomparsa sia della storica
gamma Harley-Davidson Dyna Glide, ora assorbita dalla gamma Softail, che
della gamma V-Rod, che non ha conquistato i favori del pubblico, nonché la
presentazione dei nuovi propulsori Milwaukee-Eight. Vengono inoltre
apportate numerose modifiche ai telai delle Softail.

Propulsori

Il motore classico della Harley-Davidson è il bicilindrico a V con i cilindri


inclinati di 45°, il cui progetto è coperto da numerosi brevetti; le bielle sono
vincolate ad un'unica manovella dell'albero motore e questo fa sì che venga
prodotto il caratteristico rumore di scarico (reso in inglese come 'potato-
potato').
La Harley-Davidson cercò anche di brevettare il suono del suo motore,
peraltro rinunciandovi nel 2000.

Traub: la moto più rara e misteriosa del mondo


Correva l'anno 1967 quando un idraulico impegnato in alcuni lavori di
ristrutturazione di un palazzo appena fuori Chicago fece abbattere un muro di
mattoni trovando dietro di esso quello che si sarebbe rivelato essere un dei
più intriganti misteri per gli appassionati di moto d'epoca: una moto unica
datata 1917 e recante il nome "Traub". L'anziano proprietario dell'edificio
aveva poi ammesso che la moto in questione era stata rubata da suo figlio
prima di partire per la prima guerra mondiale - dalla quale non sarebbe più
tornato - ma questo non era stato sufficiente per svelare l'effettiva identità del
veicolo, di cui non si conosce né la storia, nè l'identità del costruttore. Il nome
'Traub' è leggibile su motore, serbatoio e altri particolari, ma questo non è
stato comunque di nessun aiuto per tracciarne le origini.
Oggi la Traub è ospitata al Museo Wheels Through Time ('Ruote nel tempo') di
Maggie Valley, nel North Carolina, ed è da molti considerata la moto più rara
del mondo. Non si tratta però di un semplice 'pezzo da museo', perchè la
moto è ancora perfettamente funzionante.
Dopo la sua 'riscoperta', la Traub fu acquistata da un negoziante di biciclette
di Chicago e successivamente, a fine anni 70, da Bud Ekins - famosa
controfigura di Steve McQueen - mentre stava lavorando alle riprese del film
'The Blues Brothers'. Successivamente fu poi acquistata dal collezionista e
restauratore Richard Morris, e nel 1990 da Dale Walksler, curatore del Wheels
Through Time Museum, nel quale è rimasta fino ad oggi in esposizione
permanente. Lo stesso Mr.Walksler la cavalca regolarmente, testimoniando
che la moto è in grado di raggiungere una velocità di 85 miglia orarie (attorno
ai 137 km/h).

Dal punto di vista tecnico, la Traub dispone di una meccanica sicuramente


raffinata nel confronto con le sue 'contemporanee': motore bicilindrico sand-
cast da 80 pollici cubici (circa 1300 cc) con pistoni lavorati a mano e valvole
laterali (una configurazione che Harley-Davidson non avrebbe adottato fino al
1936), cambio a 3 marce assolutamente inedito per i suoi tempi ed un
avanzato freno posteriore, ma praticamente ogni suo componente - compresi
telaio, forcella, serbatoio, manubrio, parafanghi etc. - è stato realizzato a
mano ed è, di per sé, un pezzo unico.
All'inizio dello scorso secolo erano diverse le case motociclistiche americane,
anche se a metà anni 20 la competizione sul mercato aveva lasciato solo tre
grossi produttori sul mercato: Harley-Davidson, Indian ed Excelsior. La Traub
potrebbe essere stata un prototipo o un prodotto di una di quelle piccole case
che sparirono senza lasciare traccia o quasi, così come non è da escludere
che si tratti dell'oscuro capolavoro di un solo, singolo genio.
Il personale del Museo assicura che, a oltre 40 anni dal suo ritrovamento a
Chicago, le ricerche per appurare origini e storia della Traub non si sono mai
interrotte, ammettendo però di non aver mai trovato una traccia credibile e di
sperare quindi nel classico 'colpo di fortuna'. Non è invece un mistero
l'incredibile 'sound' della moto più rara del mondo, di cui è possibile godere nel
video in calce.
Traub, la misteriosa moto che viene dal futuro

C’è una moto misteriosa. L’hanno trovata un po’ di anni fa a Chicago.


E l’unica cosa certa è che è stata costruita quasi cento anni fa. Non si
sa da chi e dove. Ecco l’incredibile mistero della Traub. La moto che
viene dal futuro.
di Enrico Cotini
Le origini
Le origini della Traub sono misteriose, la moto è stata infatti ritrovata nel
1967, all’interno di un appartamento di Chicago situato in North Paulina
Street nascosta dietro un muro, il ritrovamento fu opera di un idraulico
che stava facendo dei lavori di ristrutturazione nel palazzo.
Le uniche informazioni che si riuscirono facilmente a ricavare è il nome
scritto sul serbatoio “Traub” e l’anno di costruzione, 1917.
Dopo varie ricerche fu ritrovato il vecchio proprietario della casa, il quale
ammise che la moto era stata rubata da suo figlio prima di partire per la
seconda guerra mondiale senza mai fare ritorno, il padre quindi per non
incorrere in problemi con la giustizia nascose il veicolo.
Di colui invece che ha costruito questa splendida motocicletta non si sa
molto, ma recentemente è stato ritrovato in un vecchio numero del 1907
della rivista specializzata ”The Motorcycle Illustrated”, nella rubrica
riservata alle domande dei lettori, una lettera a firma Richard Traut da
Chicago (residente nella stessa strada del ritrovamento), in cui questo
signore si presentava come “meccanico sperimentale” che stava
costruendo una moto da solo nella sua officina, esponendo le
caratteristiche ed allegando anche una foto.
La moto
La particolarità della Traub sta nel fatto che ha delle finezze tecnologiche
molto avanzate e raffinate per l’epoca: il motore è bicilindrico da ottanta
pollici cubici che equivalgono a circa 1300 cc, una cilindrata molto elevata
per l’epoca, basta pensare che tuttora la moto raggiunge la velocità di
circa 134 kmh.
Sempre parlando di aspetti tecnici sono notevoli i pistoni e le valvole
laterali, lavorate a mano con la stessa modalità e fattura che la Harley
Davidson avrebbe adottato circa vent’anni dopo.
Il cambio a tre marce e il freno posteriore a doppia azione sono
assolutamente inediti per l’epoca, la trasmissione a tre velocità è quasi
impensabile all’inizio del ventesimo secolo, in cui le moto non erano altro
che delle biciclette pesanti con motore annesso, solo più in là i motori
sono diventati più grandi e potenti nelle motociclette di serie, tali da
necessitare un impianto di trasmissione più efficiente ed evoluto per
portare la potenza dei cavalli alla ruota posteriore.
Anche il design è completamente unico con tantissime parti in alluminio
sempre lavorate a mano, infatti delle oltre cento parti di cui è composta la
Traub nessuna di esse è stata mai ritrovata in un’altra moto della sua o
anche successiva epoca.
Un pezzo da museo
Dopo il suo ritrovamento la moto fu acquistata da Torillo Tacchi, un
negoziante di motociclette di Chicago che ne rimase il proprietario per
oltre dieci anni.
Dopo circa dieci anni la moto è passata nelle mani di Bud Ekins, attore e
stuntman di Steve McQueen, che in una pausa delle riprese del film “The
Blues Brothers”, acquistò la Traub da Tacchi.
Successivamente fece parte della collezione del restauratore Richard
Morris ed infine dal 1990 fa parte del Wheels Through Time Museum, in
North Carolina, dove è custodita dal curatore Dale Walksler diventando
uno dei pezzi più pregiati del museo di motociclette vintage più grande
degli Stati Uniti.
Anche se la Traub ha trovato una casa stabile, dove essere ammirata da
tutti gli appassionati, non si fermano le ricerche per spiegare come sia
stato possibile costruire una macchina con tali capacità tecnologiche in
quell’epoca, senza dubbio tutti concordano che sia opera di un genio.

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