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Fino agli anni sessanta la produzione era per la gran parte europea, con
l'industria britannica, tedesca e italiana in particolare evidenza, mentre negli
ultimi decenni la parte del leone viene fatta dalle industrie giapponesi.
Le gare motociclistiche
Già a metà degli anni ’60 iniziò lo sviluppo dell’industria automobilistica che
tolse spazio alle moto.
Principi fisici
La motocicletta ha 2 ruote in linea e la stabilità del mezzo in movimento viene
garantita dal principio di conservazione del momento angolare. Le variazioni
di direzione della motocicletta vengono comandate tramite un manubrio, con
sfruttamento degli effetti giroscopici causati dalla conservazione del momento
angolare.
La propulsione del mezzo viene garantita dalla presenza di un motore a
combustione interna alimentato con benzina. Vengono utilizzati motori a
quattro tempi o motori a due tempi; questi ultimi sono in graduale diminuzione
di numero, soprattutto grazie delle normative anti-inquinamento.
Questo tipo di veicolo, per poter circolare sulle strade, deve soddisfare i
requisiti dettati dai codici della strada in vigore nelle varie nazioni e
possedere una regolare omologazione. Anche i requisiti necessari per
condurre il veicolo e per l'ammissione o meno del trasporto del passeggero
sono codificate all'interno dei codici stessi e possono differire da nazione a
nazione.
Alla motocicletta può essere a volte agganciato un elemento esterno: un
carrozzino laterale atto a trasportare persone definito motocarrozzetta o, più
raramente, un rimorchio posteriore atto al trasporto di merci e bagagli.
Funzionamento e fasi del ciclo[modifica | modifica wikitesto]
2. Compressione
Accensione ed espansione[modifica | modifica wikitesto]
Il pistone salendo comprime l'aria all'interno del cilindro: una volta arrivato
alla fine della sua corsa, la candela accende la miscela producendo
l'espansione della miscela che ormai detonata spinge verso il basso il
pistone.
Letteratura futurista
Storia[modifica | modifica wikitesto]
Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni e Severini nel 1912 davanti la sede di Le
Figaro
Il fondatore del movimento futuristico, Filippo Tommaso Marinetti, a Parigi,
nel febbraio del 1909, pubblica il primo Manifesto del futurismo. Marinetti
riassunse i principi fondamentali dei futuristi, che comprendevano un
appassionato disgusto per le idee del passato, specialmente per le tradizioni
politiche ed artistiche. Marinetti e gli altri sposarono l'amore per la velocità,
la tecnologia, la violenza e sugli effetti atmosferici. L'automobile, l'aereo, le
città industriali avevano tutte un carattere mitico per i futuristi, perché
rappresentavano il trionfo tecnologico dell'uomosulla natura.
Si auspica inoltre la nascita di una letteratura rivoluzionaria, liberata da tutte
le regole, anche quelle della grammatica, dell'ortografia e della punteggiatura.
I futuristi sperimentano nuove forme di scrittura per dar vita ad una poesia
tutta movimento e libertà, negano la sintassi tradizionale, modificano le
parole, le dispongono sulla pagina in modo da suggerire l'immagine che
descrivono.
La vis polemica appassionata di Marinetti attrasse immediatamente alcuni
giovani artisti dell'ambiente milanese - Umberto Boccioni, Carlo Carrà, e Luigi
Russolo - che vollero estendere le idee di Marinetti alle arti visuali (Russolo fu
anche un compositore, e introdusse le idee futuriste nelle sue composizioni). I
pittori Giacomo Balla e Gino Severini incontrarono Marinetti nel 1910. Questi
artisti rappresentarono la prima fase del movimento futurista.
Nel maggio 1912, compare per le" edizioni futuriste di Poesia" il "Manifesto
tecnico della letteratura futurista[1], nel 1914 riproposto sulla rivista fiorentina
"Lacerba", di Ardengo Soffici e Giovanni Papini, che può essere definita la
rivista ufficiale del futurismo in quel periodo; nascono anche le riviste "La
Difesa dell'arte" e "Il Centauro". Del 1914 è il volume Zang Tumb
Tumb miglior esempio delle futuriste Parole in libertà.
I futuristi soprannominarono l'amore per il passato passatismo, e i suoi
autori passatisti (cfr. Stucchismo), arrivando ad attaccarli anche fisicamente
nel corso delle loro presentazioni e performance. In altri casi furono invece i
futuristi a essere aggrediti dal pubblico, come nel famoso Discorso contro i
Veneziani di Marinetti.
Motocicletta in arte
Balla
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Già da adolescente Giacomo Balla aveva dimostrato una predilezione per
l'arte, avvicinandosi allo studio del violino, ma abbandonò la musica per
la pittura e il disegno; nel frattempo il padre gli trasmise la passione per
la fotografia, iniziandolo ad una tecnica fondamentale per la sua formazione.
Dopo gli studi superiori, Giacomo decise di frequentare l'Accademia Albertina
, dove studia prospettiva, anatomia e composizione geometria.
Lasciata l'accademia viene assunto nel 1891 da un fotografo pittore, il cui
studio è uno dei più rinomati d'Italia, frequentato dall'aristocrazia e dall'alta
borghesia torinese e anche da personaggi quali Edmondo De
Amicis e Pellizza da Volpedo.
Nel 1895 Balla lasciò Torino per stabilirsi a Roma. Nella capitale egli fu un
avanguardista della nuova tecnica divisionista, trovando subito un buon
seguito di allievi. Nel 1897 si fidanzò con Elisa Marcucci, sorella di
Alessandro, amico di Duilio Cambellotti. I primi dipinti, a inizio secolo,
seguivano infatti lo stile divisionista.La sua attività creativa fu molto intensa
nei primi anni dieci in termini di analisi sia del dinamismo sia della luce,
giungendo nel 1915 ad una nuova fase di ricerca pittorica fortemente
sintetica.
Negli anni della prima guerra mondiale Balla perseguì l'idea di un'arte totale
definita arte e azione futurista. E specie dopo la morte di Boccioni nel 1916, a
cui dedicò "il pugno di Boccioni", egli fu il protagonista indiscusso del
movimento. Le sue idee sono esposte in queste parole: «Noi futuristi, Balla
e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l'universo
rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente». Progettò infatti le scene
per Feu d'artifice di Igor Stravinsky nel 1917, balletto 'senza danzatori' che
andò in scena al Teatro Costanzi di Roma. Creò anche arredi, mobili,
suppellettili e partecipò anche alle sequenze del film Vita futurista (1916)
presenziando assieme a Marinetti alle riprese.
Nel 1914 uscì oltretutto "il manifesto dell'abito anti neutrale" creato poi nel
1915. Balla dichiarò di voler sostituire il vecchio, cupo e soffocante
abbigliamento maschile con uno più dinamico e colorato, asimmetrico e
colorato, che rompesse con la tradizione e si adeguasse al concetto futurista
di modernità e progresso, non solo, doveva far riferimento alla guerra e
rendere l'uomo più aggressivo e bellicoso. L'accostamento dei colori era poi
studiato per produrre un vivace effetto di simultaneità, che meglio si
armonizzava con lo spazio urbano moderno.
A partire dal 1914 Balla compone tavole parolibere e scrive testi per la scena
avviando un collegamento tra l'immagine e la dimensione fonetico-rumorista.
[1]
« Fu Giacomo Balla, divenuto nostro maestro, che ci iniziò alla tecnica
moderna del divisionismo senza tuttavia insegnarcene le regole
fondamentali e scientifiche. Balla era un uomo di assoluta serietà,
profondo, riflessivo e pittore nel più ampio senso della parola. [...] Fu
una grande fortuna per noi di incontrare un tale uomo, la cui decisione
decise forse di tutta la nostra carriera. L'atmosfera della pittura italiana
era a quel momento la più fangosa e deleteria che si potesse
immaginare; in un simile ambiente anche Raffaello sarebbe arrivato
appena al quadro di genere! »
(G. Severini, Tutta la vita di un pittore, 1946)
« Balla che sul tema del dinamismo meditava già da alcuni anni (il
famoso Cane al guinzaglio è del 1912), va al di là di Boccioni:
prescinde quasi totalmente dall'immagine visiva per dare l'immagine
psicologica del moto.La sua ricerca è prevalentemente linguistica:
mira a stabilire un codice di segni significanti velocità, dinamismo ecc.
Sono concetti che interessano intensamente l'uomo moderno: concetti
che vogliono essere espressi visivamente perché la percezione è più
rapida della parola, e che non possono essere espressi tramite segni
che implichino riferimenti alla natura, perché debbono esprimere
qualcosa di non naturale, di realizzato mediante congegni
meccanici. »
(G. C. Argan, L'arte moderna, 1970)
Harley
Storia:
Propulsori