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Catalogo AbruzzoOK_Abruzzo 23/09/12 17.

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Aspetti strutturali della conservazione dei dipinti su tela


ANTONIO IACCARINO IDELSON

I DELICATI EQUILIBRI DI FORZE IN UN DIPINTO SU TELA

L ’uso di dipingere su tela è documentato da tempi remotis-


simi. Tra le più antiche testimonianze disponibili in Italia è
il frammento di tessuto dipinto del IV millennio a.C. conser-
vato al Museo Egizio di Torino1. Ancora di ambito egiziano
sono le tele dipinte dal Fayum, anch’esse spesso prive di strati
preparatori2. Tale modalità esecutiva, ampiamente documen-
tata in Europa in epoca storica3, porta l’attenzione su una ca-
ratteristica fondamentale dei dipinti su tela: la flessibilità del
supporto. Cennino4 raccomanda di realizzare strati preparatori
molto sottili a gesso e colla e di utilizzare tele sottili e fitte, per-
ché un dipinto con tali caratteristiche resta flessibile. Vasari5
propone una mestica a base di olio di noce, farina e biacca per
sostituire la preparazione a gesso, allo scopo di mantenere una
Fig. 1. Confronto tra il cretto di una pellicola pittorica a olio ricca di terre
(dettaglio dal dipinto cat. 5) e quello di un terreno alluvionale argilloso buona flessibilità nonostante i maggiori spessori degli strati pit-
torici a olio e della tela.
Se questa caratteristica specifica rende la pittura su tela una tra le tecniche più diffuse, al punto che il termine “tela”
arriva a essere usato come sinonimo di “dipinto”, porta con sé cause di degrado non condivise con le altre tecniche
artistiche tradizionali: la relativa agevolezza del trasporto, la semplicità dello smontaggio dal telaio e dell’arrotolamento,
sono spesso causa di danni importanti. La necessità di comprendere le cause del degrado meccanico dei dipinti su
tela ha portato ad alcuni studi importanti negli ultimi decenni. Infatti, flessibilità e cedevolezza del supporto com-
portano tutta una serie di complicazioni che richiedono la comprensione di dati fondamentali resi a volte poco ac-
cessibili da preconcetti ben radicati.
La questione di fondo risulta spesso sorprendente per i non addetti ai lavori, ma è molto semplice: i materiali con cui
è realizzato un dipinto su tela cambiano talmente con umidità e temperatura da finire per non somigliare più a sé
stessi, in diverse condizioni ambientali. Il materiale che mostra le variazioni più macroscopiche è la colla animale, che
aumenta il proprio peso del 30% passando da secco ad umido e passa dallo stato di solido rigido e vetroso in ambiente

Fig. 2. Differenza di cretto tra strati con terre e strati con biacca Fig. 3. La biacca del sottile strato con cui è raffigurato il merletto della
(dettaglio dal dipinto cat. 5) tovaglia ha stabilizzato gli strati sottostanti grazie alla migrazione di ioni
metallici attivi (dettaglio dal dipinto cat.5)

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secco allo stato di gelatina morbida e deformabile assorbendo


umidità dall’aria. La colla animale è da sempre usata come ap-
pretto, ed è dunque lo strato che seve a rendere la tela meno as-
sorbente, a limitare il passaggio della preparazione attraverso la
trama e a proteggere la cellulosa del filato dall’acidità dell’olio
usato come legante degli strati pittorici. Un cambiamento così
drastico delle caratteristiche meccaniche della colla animale si-
gnifica che l’intero dipinto reagirà in modo diverso a una solle-
citazione, in base alle condizioni ambientali in cui questa
avviene. Una forza di trazione applicata a un materiale resistente
ma sottile arriverà a romperlo senza averlo deformato molto.
La stessa forza applicata a una gelatina causerà una grande de-
formazione.
Anche gli altri componenti fondamentali, e cioè gli strati pittorici
ad olio, la tela e il telaio in legno, cambiano le loro caratteristiche
in modo rilevante e con conseguenze a volte molto evidenti.
Gli strati pittorici a olio sono considerati in genere la parte non
sensibile all’umidità, appunto perché realizzati con olio, ma in
realtà l’umidità li modifica in modo sostanziale. Questo è dovuto Fig. 4. Dettaglio del dipinto su lastra di rame del Domenichino: I fedeli guariti con l’olio della
sia alle caratteristiche chimiche dell’olio dopo la polimerizza- lampada (Duomo di Napoli). Gli strati pittorici contenenti terre sono crettati nonostante
la presenza stabilizzante del supporto rigido, mentre quelli contenenti ioni metallici attivi
zione, sia alla presenza al suo interno di grandi quantitativi di sono in perfetto stato di conservazione
pigmenti. L’olio polimerizzato assorbe umidità dall’ambiente6
fino a variare il proprio peso del 5-10%; se la biacca e gli altri
pigmenti bianchi scambiano pochissima umidità, le terre e le
ocre arrivano a variare il proprio peso del 10%. Uno strato di
olio con terra d’ombra ha dunque un significativo aumento di
peso quando l’umidità si alza, ma quel che è più importante è
che rigonfia: arriva a cambiare dimensioni fino al 2,5%, che si-
gnifica più di due cm per ogni metro.
Dunque la pellicola pittorica di un dipinto a olio cambia dimen-
sioni seguendo le condizioni ambientali, e questo è accompa-
gnato da variazioni di resistenza meccanica in modo analogo a
quanto succede con la colla animale. Le differenze più signifi-
cative a seconda delle campiture riguardano la presenza di ioni
metallici attivi all’interno dello strato. Infatti gli studi di Marion
Mecklenburg presentati alla Cleaning Conference di Valencia nel
20107 hanno dimostrato che la presenza di tali ioni attivi (tra i
più rilevanti lo ione Piombo) riduce molto le variazioni dimen-
sionali legate all’assorbimento di umidità, riduce la solubilità e
aumenta la resistenza meccanica dello strato. La cosa più ina-
spettata che questo studio dimostra è che gli ioni di Piombo
possono migrare durante la polimerizzazione in strati contigui Fig. 5. Il cretto con bordi ripiegati di strati pittorici ricchi di terre, che hanno
delaminato la corposa collatura applicata a una tela sottilissima
che ne contengano meno, modificandone le caratteristiche. (dettaglio dal dipinto cat. 15)
Il dipinto raffigurante La visione di San Giovanni da Capestrano (cat.
5) è un esempio eccezionalmente chiaro di questo fenomeno. Gli strati preparatori bruni, molto sensibili alle variazioni
di UR, hanno un comportamento che ricorda da vicino quello delle argille in natura (fig. 1). Gli strati pigmentati con
colori chiari presentano un cretto molto meno accentuato (fig. 2). La presenza di bianco di Pb nel merletto della to-
vaglia, così sottile da essere quasi trasparente, è sufficiente a modificare il comportamento dello strato sottostante fa-
cendolo risultare identico a quello degli strati ricchi di biacca (fig. 3). L’intensità della forza che si esprime con il
rigonfiamento dei colori contenenti terre è dimostrata anche dal loro cretto su supporti rigidi come il rame o l’ardesia.
In fig. 4 il dettaglio di un dipinto su rame del Domenichino nella Cappella di S. Gennaro del Duomo di Napoli: nel-
l’opera che raffigura i Fedeli guariti con l’olio della lampada, si vede chiaramente il cretto preferenziale di alcune ombre
del panneggio di una figura in primo piano, nonostante la presenza stabilizzante del supporto in rame.

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Tornando al comportamento della colla animale, il dipinto di Ofena che rappresenta L’educazione della Vergine somma
al comportamento appena descritto per le terre quello di un importante strato di collatura della tela, che quasi sosti-
tuisce la preparazione su una tela molto fitta e sottile. Nel dettaglio in fig. 5 si vede come il cretto generato dal mo-
vimento delle terre abbia lacerato lo strato di colla reso gelatinoso dall’alta umidità: i movimenti dello strato pittorico
sono continuati senza più il vincolo della tela, da cui il sollevamento dei bordi. Sebbene in genere lo strato di colla
presente in un dipinto abbia uno spessore molto limitato, a questo sono associate forze importanti. Uno strato di
colla da 12 micron (poco più di un centesimo di millimetro) largo un pollice (ca. 25 mm) è in grado di generare una
forza di 800 grammi durante l’essiccazione8: si tratta di valori talmente elevati da risultare prevalenti su ogni altra
forza in gioco, quando l’umidità ambientale ha un valore normale o basso.
Le fibre con cui è realizzata la tela, prese singolarmente hanno un comportamento simile a quello del legno, perché
assorbendo umidità rigonfiano aumentando di diametro9. Un filo è però costituito di fasci di fibre ritorti, avvolti su
loro stessi nel processo di filatura, e questo cambia il comportamento del manufatto. Infatti, quando le fibre rigonfiano
il loro movimento è limitato dalla presenza di quelle contigue, e possono spostarsi solo su un lato dell’asse neutro del
filato. Tale limitazione si risolve in una spinta laterale che impone un accorciamento del filo per fare spazio alle fibre:
dunque il filo diventa più spesso, come ci si aspetterebbe, ma anche più corto. I fili tessuti per realizzare la tela subi-
scono un secondo livello di limitazione di movimento, in tutto analogo al primo ma su una scala più macroscopica,
per cui il rigonfiamento dei fili della tela causa aumento di spessore ed anche accorciamento nelle due direzioni del
piano. Il comportamento di un tessuto cellulosico in presenza d’umidità è esperienza di dominio comune, ed è sfrut-
tato per migliorare le caratteristiche della tela su cui dipingere: quando questa è tesa sul telaio e bagnata, i fili subiscono
una forte tensione che li riordina ed elimina le piccole irregolarità della tessitura. L’intensità della tensione che si
genera in questo processo causa l’aumento delle dimensioni della tela, che una volta asciutta risulta lenta sul telaio.
L’ultima volta che questo processo è ripetuto sulla tela prima dell’applicazione degli strati preparatori o pittorici, per
bagnarla è usata una soluzione acquosa di colla animale. Come a questo punto sarà facile comprendere, la sua essic-
cazione impone una tensione alla tela nonostante questa si sia estesa per la ripetizione dello stress da umidità com-
binato al vincolo su telaio. Dunque, quando aumenta l’umidità, un tessuto collato perde tensione perché la colla
aumenta di volume e rivela quel rilassamento della tela che era stato nascosto dalla sua contrazione10.
Il telaio ligneo aumenta dimensioni assorbendo umidità, quindi fornisce tensione aggiuntiva alla tela che si sta allen-
tando con il rilassamento della colla, cosa che in parte bilancia il livello di tensione complessivo. Durante le fasi di
bassa umidità, l’essicazione della colla e degli strati pittorici causa una contrazione del dipinto, e il conseguente
aumento di tensione è limitato dalla contrazione del telaio ligneo. L’equilibrio complessivo tende a restare accettabile
se i processi avvengono lentamente11, e quando non si superino valori estremi di UR in basso o in alto12. Le situazioni
pericolose restano quelle descritte poc’anzi, legate ad aumenti di tensione o rigidità dei materiali, causati da rapide
variazioni di umidità o di temperatura, o al permanere di valori elevati di umidità, pericolosi anche perché favoriscono
gli attacchi biologici e microbiologici. Ad alte umidità, i materiali che compongono il dipinto sono molto vulnerabili
alle sollecitazioni meccaniche, perché l’acqua assorbita li rende deformabili. Questa caratteristica è da sempre sfruttata
nel restauro, ad esempio per modificare la forma di strati pittorici molto crettati. A basse umidità invece i materiali
costitutivi diventano rigidi e fragili, e questa fragilità li rende nuovamente vulnerabili alle sollecitazioni meccaniche,
sebbene per motivi opposti.

IL CASO PARADIGMATICO DEL DIPINTO DI CAPESTRANO

Un dipinto come La visione di San Giovanni da Capestrano (cat. 5), da sempre montato sul suo telaio fisso, tende a man-
tenere un certo equilibrio tensionale anche se l’impossibilità di modificare le dimensioni del telaio potrebbe oggi fare
apparire la situazione poco idonea alla sua conservazione. Le principali cause di danno, identificabili con l’osservazione
del cretto, sono legate a valori di umidità troppo alti che hanno causato il rigonfiamento e la deformazione degli strati
contenenti pigmenti igroscopici e privi di ioni metallici attivi. La colla animale è stata a lungo in forma rigonfiata, se
non gelificata, contribuendo al distacco di tali strati pittorici. La permanenza della colla ad alti valori di umidità ha
causato una sua progressiva disorganizzazione, facendole perdere la capacità di contribuire alla tensione della tela.
Questa si è allentata anche per i dissesti del legno del telaio, spaccato negli incastri inferiori e nella traversa.
L’intervento è consistito dunque nel risanamento della struttura lignea, senza smontare il dipinto. Gli strati pittorici
sono stati umidificati localmente in modo da sfruttarne lo stato plastificato13 per ridurre la deformazione del cretto.
L’adesione è stata migliorata con infiltrazioni localizzate di colla di storione al 5% in acqua, contestuale all’intervento
di miglioramento della superficie. Terminate tali operazioni necessarie alla messa in sicurezza delle problematiche più

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gravi, la debole adesione degli strati preparatori è stata migliorata su tutto il dipinto mediante un’applicazione di colla
di storione al 5% in acqua.
La colla di storione è un adesivo molto puro (è stato preparato partendo direttamente dalle vesciche natatorie del
pesce essiccate) e non è prodotto industrialmente da scarti di macellazione come le altre colle proteiche. La sua nota
efficacia come adesivo consente di utilizzarne soluzioni molto diluite, depositando nel dipinto piccoli quantitativi di
prodotto. Inoltre, ad alte umidità conserva caratteristiche meccaniche accettabili e quantificate in più di 3 volte quelle
residue per una colla di pelli di elevata qualità14.
La contrazione della colla di storione, conseguente all’evaporazione dell’acqua con cui era stata applicata, ha consentito
di restituire alla tela una tensione accettabile ed uniforme, con ogni probabilità paragonabile a quella che il dipinto
aveva in origine.

EVOLUZIONE VERSO IL TENSIONAMENTO ELASTICO

La storia recente ci ha abituati alla necessità di fornire ai dipinti un tensionamento meno variabile e dipendente dalle
condizioni ambientali. Si tratta di una tendenza che ha radici profonde nella cultura artistica europea, se i telai a espan-
sione angolare sono un’invenzione della metà del XVIII secolo15, come anche la necessità di dipingere su una tela
perfettamente planare e priva di asperità che ne facciano percepire la presenza come supporto fisico del dipinto16.
Inoltre, la sempre maggiore frequenza con cui i dipinti erano impregnati17 e foderati, testimoniata dal Decalogo (1777)
di Pietro Edwards che al punto VII prescrive di “sfoderare [i dipinti] che ricevono pregiudizio dalle fodere antiche”, trasforma i
dipinti restaurati in strutture molto più resistenti di quanto non fossero in origine, e capaci di sostenere tensioni più
forti.
I sistemi di espansione angolare permettono di aumentare le dimensioni del telaio senza smontare il dipinto. Allon-
tanando i lati per coppie parallele la tela si estende ma, essendo il dipinto inchiodato lungo i bordi, è necessario solle-
citare molto le zone angolari della tela per arrivare a dare tensione sufficiente al centro. Negli angoli, infatti, la forza si
dispone in diagonale a causa della prossimità di due lati contigui e la tensione arriva a valori altissimi18. Il telaio si tra-
sforma, da elemento rigido di riferimento in struttura a geometria variabile con angoli aperti sottoposta a sollecitazioni
molto superiori nonostante la maggiore fragilità degli angoli. Il sistema, che pur si propone come soluzione ai problemi
di planarità, continua però a essere soggetto alle variazioni dimensionali dei materiali costitutivi in funzione dei valori
d’umidità e temperatura. Per questo motivo la tensione continua a oscillare tra valori eccessivi o insufficienti, ed è cor-
retta periodicamente con la battitura delle biette causando un progressivo allargamento del telaio e quindi del dipinto.

Fig. 6. Sezione di un telaio rifunzionalizzato con l’inserimento di un controtelaio di rinforzo (disegno di Carlo Serino)

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Le biette sono instabili negli angoli, per cui già dalla seconda metà
del XIX sec. si trova traccia di brevetti di sistemi di espansione a
vite. Del 1875 è il primo brevetto noto19 per un sistema di espan-
sione angolare a molle. La differenza è notevole, sebbene il sistema
sia sempre basato sul principio dell’espansione angolare: le molle
sono negli angoli a posto delle biette, e liberano dalla necessità di
controllarle periodicamente. Purtroppo però la rigidità eccessiva
delle molle usate impediva alla tela di comprimerle, per cui l’espan-
sione costante del telaio finiva a volte per causare lacerazioni della
tela prima nella zona angolare e poi lungo l’intero margine di chio-
datura, condannando il brevetto ed il principio stesso alla diffidenza.
Di fatto si trattava sempre, nonostante le molle, di un sistema con
tutti i problemi legati all’espansione angolare, come tutti i telai simili
inventati e brevettati in seguito.
Roberto Carità, coinvolto da Cesare Brandi nell’avventura dell’Isti-
tuto Centrale per il Restauro tra il ‘54 e il ‘60, introdusse due im-
portanti novità nel rapporto tra telaio e dipinto. La prima fu di
separare la funzione di sostegno da quella di tensionamento, utiliz-
zando un telaio fisso con i bordi arrotondati su cui far scorrere la
tela messa in tensione con un sistema di molle poste sul retro. La
seconda fu di utilizzare un margine di tela libera per rendere più
omogenee le tensioni imposte al dipinto.
Queste novità, anche se accolte solo trent’anni più tardi, permisero
di misurare la forza di tensionamento del dipinto20 e di conservare
il telaio originale rifunzionalizzandolo all’interno di un sistema ela-
Fig. 7. Rappresentazione schematica delle staffe in carbonio realizzate per rinforzare stico21.
le connessioni del telaio (realizzato per il dipinto cat. 6) (disegno di Carlo Serino)

RESTAURO E RIFUNZIONALIZZAZIONE ELASTICA DEI TELAI


ORIGINALI
ANTONIO IACCARINO IDELSON, CARLO SERINO

Il metodo utilizzato è dunque un’evoluzione del sistema di Carità,


messa a punto in questa forma da Equilibrarte nel 200322 e già pub-
blicata in varie modalità di applicazione. Con questo metodo sono
stati rifunzionalizzati telai di opere con formati ed esigenze molto
diverse, da dipinti leggeri e fragili come un pastello su tela di Bol-
Fig. 8. Colatura della resina epossidica nello stampo in silicone per la laminazione
dini23 a dipinti a soffitto grandi e pesanti come quelli del Palazzo
sottovuoto delle staffe in carbonio usate per irrobustire le connessioni del telaio ducale dei Borgia in Spagna24. Si tratta di un sistema versatile, che
(realizzato per il dipinto cat. 6) può essere adattato ad esigenze disparate tenendo conto delle ne-
cessità specifiche dell’opera.
I telai sottili e fragili sono stati rinforzati con l’aggiunta di un controtelaio in rovere su cui sono montati gli elementi
del sistema elastico, mentre per i telai più ampi e robusti questi sono stati montati direttamente sul retro. Il bordo di
scorrimento, in legno di pioppo rivestito di teflon, è stato montato sul bordo esterno, o sulle facce del telaio nei casi
in cui il dipinto andrà reinserito in una nicchia e quindi non era possibile aumentarne le dimensioni (fig. 6).
I telai sono stati puliti, disinfestati e consolidati, integrati nelle mancanze strutturali con legno della stessa specie.
Alcuni, come il telaio di La Strage degli innocenti (cat. 6), hanno richiesto di intervenire su instabilità strutturali con so-
luzioni più complesse. Il raccordo tra la centina e i montanti, e quello tra i due elementi della centina erano talmente
infragiliti da richiedere un supporto aggiuntivo, che è stato realizzato con coppie di staffe in carbonio da 4 mm di
spessore accoppiate con viti passanti. Per minimizzare l’impatto sul materiale originale, queste sono state realizzate
sul calco in silicone delle parti da assemblare, laminando sottovuoto con resina epossidica più strati di un twill di car-
bonio da 380 g/mq (figg. 7 e 8).
I sistemi di tensionamento elastico impiegano molle molto cedevoli25 perché il dipinto sia sempre in grado di imporre
le proprie variazioni dimensionali, e la forza in gioco abbia un valore il più possibile costante26. Il valore di tensione

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è stato scelto individualmente per ogni dipinto, in funzione del suo


stato di conservazione, dello spessore e del peso del dipinto, della
presenza di una foderatura (cfr. tabella 1). La scelta del valore di
tensione è un momento cruciale nella storia conservativa di un di-
pinto, che normalmente è affidata all’intuito del restauratore e, non
essendo quantificabile con i metodi tradizionali, finisce per restare
nel novero delle operazioni non comunicabili e quindi non ripetibili
(tab. 1).
Appare dunque chiaro come la definizione di “giusto valore di ten-
sione” vada basata su una valutazione che tenga conto di più fattori,
privilegiando in ogni caso un equilibrio che consenta al dipinto di
contrarsi quando le condizioni ambientali lo richiedano, per evitare Tabella 1. Il valore di tensionamento scelto per ogni dipinto
che le tensioni arrivino a generare nuove discontinuità negli strati
pittorici o deformazioni viscoplastiche nel supporto. Questa complessa valutazione è stata oggetto di una ricerca,
descritta nel libro “Tensionamento dei dipinti su tela. La ricerca del valore di tensionamento”27, che ha portato alla
possibilità di operare una scelta che può essere condivisa anche nella sua quantificazione, ed ha fornito dati di riferi-
mento. In questa ricerca, le prove di resistenza alla deformazione (analoghe alla pressione esercitata con la mano sul
dipinto per valutarne la tensione, ma realizzate con appositi strumenti di misura) hanno portato all’individuazione di
un valore definibile “massimo tensionamento utile”. Infatti, aumentando la forza con cui è teso sul telaio, il dipinto
si oppone alla deformazione (la resistenza alla spinta della mano per valutare la tensione) con una forza che non au-
menta come ci si potrebbe aspettare: oltre una certa soglia di tensione (tra 2 e 2,5 N/cm) la resistenza a deformazione
si stabilizza, rendendo inutile l’uso di una la tensione maggiore. Questo valore è stato confermato da un sondaggio
tra i restauratori operanti sul territorio italiano: alla richiesta di mettere in tensione lo stesso dipinto (a parità di con-
dizioni di contorno), ca. 150 colleghi hanno risposto con un valore di tensione che è stato misurato, e la media più
rappresentativa dei dati ottenuti si è attestata su 1,8 N/cm.

Note definire la data della loro invenzione intorno al 1755, perché citate come una novità dal mo-
1 - A. M. DONADONI ROVERI: Arte della tessitura. Quaderni del Museo Egizio, Electa 2001 naco benedettino Anton Pernety nel suo “Dictionnaire” del 1757, ed in base allo studio dei
p. 35. telai del pittore della scuola di Anversa P. J. Verhaghen (1728-1811) che iniziò ad usare telai
2 - E. DOXIADIS, The Mysterious Fayum Portraits, Thames and Hudson, London, 1995. a biette dal 1760.
3 - C. VILLERS (ed.) Lining Paintings. Papers from the Greenwich Conference on comparative lining tech- 16 - Vedere in proposito: G. CAPRIOTTI: Piano e superpiano come luogo della raffigurazione pittorica
niques. Archetype, London, 2003. in: G. CAPRIOTTI, A. IACCARINO IDELSON: Il tensionamento dei dipinti su tela. Nardini 2004.
4 - Il Libro dell’arte, Capitolo CLXII. 17 - Illuminanti in proposito e ricette di de Mayerne.
5 - Le Vite, Della Pittura, Cap XXXIII. 18 - M. MECKLENBURG: Some aspects of mechanical behaviour of fabric supported canvas paintings,
6 - I dati numerici sul comportamento reologico dei materiali citati da qui in avanti (tranne National Museum Act, 1982. E poi: G. ACCARDO, G. SANTUCCI, M. TORRE: Sollecitazioni mec-
quando diversamente indicato) sono tratti da sperimentazioni condotte da Marion Mecklen- caniche nei dipinti su tela: ipotesi su alcuni metodi di analisi e di controllo. In: “Atti della Conferenza
burg presso la Smithsonian Institution di Washington, in corso di pubblicazione e utilizzati Internazionale Prove Non Distruttive”, Viterbo, 1992, pp. 37-52.
con il suo consenso. 19 - J. P. WRIGHT and D. W. GARDNER. Canvas stretchers, Patented Jan. 19, 1875, n. 159102
7 - Cleaning 2010. New insights into the cleaning of paintings. May 26-28, 2010. Atti in corso di 20 - La questione è stata affrontata per la prima volta in modo organico dall’ICR con il re-
pubblicazione, c.so st. stauro del S. Gerolamo di Caravaggio nel 1990: G. ACCARDO, A. BENNICI, M. TORRE, Ten-
8 - M. MECKELNBURG, Meccanismi di cedimento nei dipinti su tela: approcci per lo sviluppo di protocolli sionamento controllato della tela, in: Il San Gerolamo dì Caravaggio a Malta. Dal furto al Restauro,
per il consolidamento Collana “I Talenti”, Il Prato editore, Padova, 2007, pag. 27. Istituto Centrale per il Restauro, Roma, 1991, pagg. 31-36.
9 - Il rigonfiamento delle fibre cellulosiche comporta anche un allungamento assiale, di 21 - Il sistema è pubblicato per la prima volta in: A. IACCARINO, Dipinti su tela, una proposta
entità tale da risultare ininfluente nel comportamento generale del filato e della tela. per conservare i telai originali. in Materiali e Strutture, anno VI, n° 2, 1996, Roma: pp 85 – 93
10 - Ciononostante, non è raro che una tela si contragga con l’aumento di UR causando in- 22 - Brevetto dell’Amministrazione della Provincia di Viterbo, Antonio Iaccarino Idelson e
stabilità o addirittura espulsione degli strati pittorici. Nella maggior parte dei casi si tratta di Carlo Serino.
tele che non avevano subito un processo di bagnatura e collatura come quello descritto, 23 - La prima applicazione pubblicata del metodo è in: A. IACCARINO IDELSON, C. SERINO,
come quelle preparate con gelatine fredde o con sistemi industriali. Questo tipo di danni è Il tensionamento e la rifunzionalizzazione del telaio originario, in: Guardare ma non toccare. Il pastello
tipico delle tele preparate a partire dal XIX sec. bianco di Giovanni Boldini, a cura di P. Borghese e B. Ferriani, Kermes, n. 57, 2005.
11 - I tempi di reazione dei materiali sono diversi, ma quando le variazioni sono di tipo sta- 24 - C. SERINO, A. IACCARINO IDELSON, I. GIRONÉS SARRIÒ, La rifunzionalizzazione elastica
gionale hanno una gradualità tale da consentire ‘l’adattamento non traumatico della struttura. dei telai e la ricollocazione dei dipinti nella Galeria Dorada. In: Actas del Congreso internacional de re-
12 - Nonostante le prescrizioni contenute negli “Standard Museali” (art. 150, comma 6, stauracion de pinturas sobre lienzo de gran formato, Valencia, 26-28 ottobre 2010, Universitat Poli-
D.Lgs. n. 112/1998), l’esperienza insegna che una forchetta accettabile per il dipinti su tela tècnica de València, 2010.
vede UR tra 40 e 65%. Per T il discorso può essere più complesso, ma i valori tipici di un 25 - Molle realizzate con realizzate in acciaio inox 302, diametro spira: 8 mm, diametro filo
ambiente abitato sono generalmente innocui, purché le variazioni siano graduali. 1,1 mm, lunghezza avvolgimento 43 mm. Costante elastica media: 1 N/mm; precarico: 8
13 - Come si è detto, ad alti valori di UR e T il materiale diventa soggetto a deformazioni N.
permanenti (o plastiche). Nel grafico stress/deformazione si potrebbe vedere come si ab- 26 - Se la molla è cedevole, va allungata molto per raggiungere la forza scelta e le variazioni
bassa il punto di snervamento e si riduce il suo modulo elastico. dimensionali del dipinto saranno poco significative in confronto all’allungamento impostato,
14 - M. MECKELNBURG 2007, op. cit. pag. 63. per cui si avranno oscillazioni di forza molto contenute.
15 - H. Verougstraete sostiene in: VEROUGSTRAETE-MARCQ, H; VAN SCHOUTE, ROGER, Ca- 27 - CAPRIOTTI, G., IACCARINO IDELSON, A., Tensionamento dei dipinti su tela. Nardini Editore
dres et supports dans la peinture flamande aux 15e et 16e siècles. Heure le Romain 1989, che si possa 2004.

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