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LA TECNICA UTILIZZATA DA TINTORETTO

 La sua prassi è variata: sul fondo gli strati sono sottilissimi che diventano più spessi solo nelle figure in primo piano per
questione di economia, sia di tempi, che di materiale, che di costi, ma soprattutto per snellire il peso complessivo delle tele
che a corpo tendono a divenire pesanti;
 Tecnica a olio su tela con lino come legante (costo più contenuto del legante rispetto all’olio di noce, che viene impiegato
comunque per la stesura di colori più sensibili, come per alcuni azzurri)
 Usa la tecnica del bagnato su bagnato: non attende che il primo strato si asciughi
 Cromie: tutti i pigmenti disponibili su mercato (Venezia: al tempo era il principale porto europeo di materie coloranti,
grazie al commercio con l’Oriente, nonché centro manifatturiero dei pigmenti stessi)
 Predilezione lacche rosse che hanno alla base legante olio resinoso

PROBLEMI CONSERVATIVI E ALTERAZIONI CROMATICHE

Le qualità scelte da Tintoretto possono considerarsi medie, quanto non scadenti: l’instabilità delle materie coloranti impiegata
è, infatti, il principale fattore che ha concorso alla compromissione dell’armonia cromatica delle sue opere. Fanno eccezione
alcune opere che realizzò per committenze importanti, che voleva impressionare, per le quali non badò a spese.

Rispetto alla Crocifissione, un elenco dei pigmenti riscontrabili nel dipinto è fornito da Lorenzo Lazzarini, un professore
esperto nel campo, il quale si attendeva ai prelievi stratigrafici: ha riscontrato verde di malachite, azzurrite, indaco, e altri. Tutti
questi colori vengono alterati: quando guardiamo il dipinto non vediamo altro che una massa bruna, con sprazzi di colori qua e
là (non abbiamo più traccia di verdi ad esempio), di cui, quello che prevale è l’arancio.

CROMIA ORIGINARIA

Un frammento di un documento del novembre del 1905 della Cancelleria della Scuola Grande di San Rocco ci informa che il
professor Zennaro abbia tagliato un lembo di tela del fregio ripiegato sul retro (le “tre mele”) senza il permesso della Cancelleria,
deliberando anche che ne venga realizzata una cornice a protezione affinché possa essere esposta sul bancone della Sala
dell’Albergo. Quindi il fregio aveva una porzione di tela eccedente che venne ripiegata in modo da far corrispondere la
lunghezza del fregio al perimetro della sala; si e’ perfettamente conservato, paradossalmente, a livello cromatico. Ci dà idea
delle cromie dell’intera sala, in quanto intonato alla decorazione della Sala dell’Albergo.

PIGMENTI BLU PIGMENTI VERDI PIGMENTI ROSSI


Fra quelli più usati ed a buon mercato era lo La tinta verde più smagliante era il verde Le lacche rosse usate sono solitamente
smaltino, realizzato tramite macinazione di rame, ottenuto tramite l’immersione di lastre composte da coloranti organici e venivano
vetri potassici colorati con aggiunta di di rame in una soluzione acida fino alla stesi su supporto cromaticamente neutro; fra
cobalto, di allarmante deperibilità, completa ossidazione. La parte ossidata quelle più diffuse erano la robbia e il
reagendo con l’acido del legante oleoso, veniva poi grattata e legata con olio e resine carminio; esse tendono tuttavia a sbiadire
tende a tornare trasparenza vitrea, e (resinato di rame). Esposto alla luce e all’aria divenendo rosa
mostrare gli strati di colore sottostante tende a diventare bruno nerastro, spesso
utilizzato per velature trasparenti in fase di
ultimazione delle opere assorbe tutte le
modulazioni delle forme sottostanti
restituendo superfici nere piatte

Altra cosa fondamentale è il catalogo del restauro del soffitto della Sala dell’Albergo: utile termine di paragone per studiare
le alterazioni.

- Dipinto un anno prima rispetto alla Crocifissione: probabilmente erano quelli i pigmenti sul mercato, e quelli usati da
Tintoretto
- Stessa camera
- Conservazione uguale: vennero sottoposte alle stesse condizioni di conservazione per 500 anni; pertanto, dovevano
apportare le stesse alterazioni  utile era relazionare porzioni della Crocifissione con quelle delle tele del soffitto.

Figura di San Giovanni Evangelista. Non ci sono precedenti iconografici in cui il santo viene presentato con vestiti rosa e neri:
probabilmente erano dipinto con lacca rossa; e per quanto riguarda la porzione nera, si confronta il San Giovanni del soffitto,
dove anche lui ha una tenuta tutta nera che non si addice al santo (il prelievo mostra che si voleva ottenere un color verde
smeraldo tramite verde rame, ma purtroppo quella zona è andata ossidandosi)

Altri dettagli si possono osservare, come la Testa del Buon Ladrone, su cui rimane una specie di striscia azzurra accanto: si tratta
dello stesso azzurro ritrovato nel prelievo dello stendardo romano dove il fondo del cielo è indaco (realizzato con fondo nero e
azzurrite)  pertanto deve essere la stessa che deve stare sul fondale della Crocifissione (e presenta un’alterazione cromatica
molto simile).

Xii Lezione 1/12


VENEZIA

È un contesto interessante per la pittura su tela. Già sulla fine del Quattrocento è ricca di una serie di botteghe e luoghi dove si
possono acquistare materiali per dipinti su tavola e tela; queste venivano chiamate “vendecolori”, specializzate nel commercio

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di colla, gesso, oli, vernici, carta, creta, pennelli, spaghi per trasportare i dipinti, e tanto altro. Erano botteghe frequentate da
artisti vari (pittori, vasai, vetrai, tintori), i quali vi trovavano tanti materiali e pigmenti, con anche la possibilità di avere materiali
già pronti all’uso (i supporti erano trattati da altri artigiani che li preparavano per gli artisti – tele e tavole). È quindi un contesto
molto ricco riguardo l’aspetto dei materiali. Potevano essere botteghe di vario genere: a carattere familiare (come nel caso di
Tintoretto) o formate da più artisti che vi lavoravano insieme.

Supporti tessili. Possono essere di vario genere, ma un tessuto che caratterizza l’area veneta è il tovagliato = tessuto che ha
armatura diagonale di vario genere che forma una sorta di losanghe o rombi. I tessuti non potevano essere tanto grandi in
quanto i telai erano piccoli e spesso vi erano delle cuciture (in ogni caso si faceva in modo che queste non cadessero in punti
significativi della composizione).

Lorenzo Lotto, Pala di Fermo, 1535. Vediamo l’opera prima e dopo il restauro: si è osservato che si tratta di un damascato di lino
di Fiandra, tela diffusissima in area veneta e nel centro-nord Italia, in quanto molto resistente e compatta.

Quando vediamo due tele sovrapposte probabilmente si tratta di una tela originale che si rinforza con una tela di rifodero, con
armatura a tela (particolare dell’armatura tessile del dipinto in basso).

Annunciazione di Recanati, Lorenzo Lotto. Stesso tipo di tovagliato.

Tiziano, Madonna con Bambino, 1560. Dipinto studiato durante un restauro, che si trova nelle Galleria dell’Accademia. È stato
osservato un dato messo in relazione ad altri già disponibili:

- E’ una tela che era stata già dipinta ad uno stato avanzato della pittura, poi riutilizzata: è una cosa che caratterizza la
produzione di Tiziano e che emerge solo nelle indagini diagnostiche. Queste rivelano infatti che era stata
precedentemente usata per abbozzare una figura femminile orante (portata ad uno stadio avanzato di elaborazione
formale e finitura pittorica); successivamente si è rovesciata la tela e in corrispondenza si sono dipinte le gambe del
Bambino

TECNICA DI TIZIANO

- Disegnava in vario modo: usava delle incisioni, disegnava a carboncino e a pennello (Tobiolo e l’Angelo: si vedono tratti a
pennello e incisioni che ci fanno vedere come il volto dell’angelo abbia diversa posizione).
- Altro elemento tipico e’ uso di modelli per replicare delle parti in punti diversi: in Noli Me Tangere e nella Venere
dormiente di Dresda si vede come nel paesaggio sono stati riusati gli edifici sul fondo. Lo stesso tipo lo troviamo nell’Amor
Sacro e Amor Profano in altra posizione.

Amore Sacro e Amor Profano, Galleria Borghese.

- Uno dei dipinti che presenta l’alterazione dei verdi è quest’ultimo. Ci sono degli scuri non motivabili: sopra un’imprimitura
a biacca e olio, nell’area della vegetazione, lui ha realizzato una stesura di verderame e giallo di piombo-stagno, e poi una
velatura con verderame legato con olio e resina (Resinato di Rame), che ossidandosi si è scurito. È stato restaurato anni fa
da Anna Marconi. In presenza di umidità e puliture aggressive tale pigmento subiva alterazioni nascoste da uno strato di
bitume: quando venne trasportato a Parigi nell’Ottocento, questo strato fortunatamente non è stato tolto, conservando il
sotto.
- Come realizza il disegno. Consisteva nell’abbozzare un disegno molto sommario a carboncino per dare un’idea generale
degli elementi fondamentali della scena e poi usa il colore per campire le parti (colore steso per aree). Questo lo fa
generalmente, anche qui, dove ci sono una serie di pentimenti che si concentrano sulla figura della donna di sx; la veste in
origine era completamente rossa poi dipinta in grigio (sostanziali cambiamenti di significato del dipinto). Altri probabili
pentimenti riguardano un'altra figura femminile seduta e una vegetazione più ricca (con fiori e figlie di vario genere).
Quindi lui va a semplificare la composizione (si vede tutto ciò con IR).

Per capire come dipingeva si può consultare la testimonianza di Palma il Giovane, riferita da Marco Boschini (La Carta del
navegar pitoresco). Descrizione ricca che dà la possibilità di capire da vicino la relazione che T. instaurava con i materiali: da
figure che nascevano come abbozzi, la cui effettiva composizione nasceva dall’accostamento dei colori invece che dal disegno.
Lui lasciava le opere abbozzate anche per mesi e anni, e poi ci tornava su con i colori, li stemperava, aggiungeva e toglieva.
Rapporto con la materia molto vivo. Importante e’ anche il lavorare con le mani, perché’ la pittura ad olio era molto densa.

"Abbassava i suoi quadri con una tal massa di colori che servivano (…) per far letto a base alle espressioni, che sopra poi
li doveva fabbricare e ne ho veduti anch'io de colpi rissoluti con pennellate massicce di colore, alle volte d'uno striscio di
terra rossa schietta, e gli serviva (…) per meta tinta altre volte con una pennellata di biacca, con lo stesso pennello, tinto
di rosso di nero e di giallo, formava il rilievo di un chiaro, e con queste massime di dottrina faceva comparire in quattro
pennellate la promessa di una rara figura. Dopo aver formati questi preziosi fondamenti, rivolgeva i quadri al muro, e
gli lasciava alle volte qualche mese senza vederli, e quando poi di nuovo vi voleva applicare i pennelli, con rigorosa
osservanza li esaminava, come se fossero stati suoi capitali nemici, per vedere se in loro poteva trovare effetto, e
scoprendo alcuna cosa che non concordasse al delicato suo intendimento, come chirurgo benefico medicava l'infermo,
se faceva bisogno di spolpargli qualche gonfiezza o sovrabbondanza di carne ("Cosi operando, e riformando quelle
figure, le riduceva alla più perfetta simmetria che potesse rappresentare il bello della natura, e dell'arte, e poi fatto

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questo, ponendo le mani ad altro, fino a che quello fosse asciutto, faceva lo stesso e di quando in quando poi copriva di
carne viva quegli estratti di quinta senza, riducendoli con molte repliche, che il solo respirare loro mancava, né mai fece
una figura alla prima (…) ma il condimento degli ultimi ritocchi era andar di quando in quando unendo con sfregazzi
delle dita negli estremi de chiari, avvicinandosi alle mezze tinte, ed unendo una tinta con l’altra, altre volte invece con
uno striscio delle dita pure poneva un colpo d'oscuro in qualche angolo per rinforzarlo, oltre che qualche striscio di
rossetto, quasi gocciole di sangue, che invigoriva alcun sentimento superficiale, e cosi andava riducendo a perfezione le
sue animate figure. Ed il Palma mi attesta per verità che nei finimenti dipingeva più con le dita che con i pennelli.”

La ricchezza cromatica era un dato caratteristico della pittura di Tiziano (e in generale anche dei pittori veneziani), come si vede
nel Bacco e Arianna di Londra. Tutti i pigmenti a disposizione di T. li utilizza qui: aveva facile accesso al miglior emporio
mondiale di tali materie prime. Qui riuscì a sfruttare a perfezione un po’ tutti i pigmenti a disposizione dell’epoca, nelle qualità
più pregiate: verde di malachite, terra verde, verderame e resinato di rame, blu oltremare usato con abbondanza, azzurrite,
rosso vermiglione (macinato fine nel velo di Arianna su uno strato di macinato grosso leggermente più scuro), realgar, per la
veste arancio della suonatrice di cembali. Caratteristici sono i toni caldi e aranciati della sua pittura.

- IR ci fa capire come lui ritorna sulle figure e molto spesso questa cosa indispettiva i committenti (si vede nel caso
dell’Arianna). Dalle stratigrafie si vede come il discorso della fonte e’ reale: ci sono strati e strati di colore sovrapposti.
Andava a definire in maniera sempre più accurata le sue figure. Il tempo tra la fase dell’abbozzo e della pittura era
parecchio: all’interno degli strati ci sono delle interruzioni nere, che corrispondono a depositi di polvere che si sono creati
nel tempo. È una polvere grassa che si deposita nel tempo e ineliminabile, in quanto rimane adesa al colore.

La relazione col colore carico e denso lo vediamo nelle opere della maturità e parte finale della vita di Tiziano, come nello
Scorticamento di Marsia.

Palma il Vecchio, Ritratto incompiuto femminile (recto) e Ritratto incompiuto maschile (verso), 1514, Uffizi. Palma il V. dipingeva
sia su tavola che su tela.

- Dipinto sui due lati


- Lavorare per velature sovrapposte era caratteristico della pittura ad olio: cominciava col tracciare sulla base i contorni
del dipinto a pennello; successivamente, a differenza di molti pittori che prima disponevano sulla base i colori dello sfondo
e poi realizzavano i particolari, Palma preferiva concentrarsi su ampie zone del dipinto portandole a termine separatamente
(creava un lavoro continuo sulla stessa figura a differenza di Tiziano)

Testo che ci fornisce indicazioni su questo contesto diverso è il Libro di Spese Diverse di Lorenzo Lotto (1538-1556), in cui si
parla molto di materiali e imprimiture.

Importante è chiarire che:

- Preparazione a gesso e colla o biacca e olio  imprimitura  esistono finalità diverse tra preparazioni e imprimiture: la
prima è volta a predisporre il supporto per accogliere la pittura; la seconda ha finalità cromatica e isolante come
sottofondo uniforme a tutto il dipinto. Esistono anche diversi materiali da impiegare per l’una e per l’altra che L. L.
sottolinea.
- Imprimitura: strato cromatico che serve a creare un sottofondo isolante e uniforme nella cromia (quindi a dare una tonalità
al dipinto).
- Quelle che usa Lotto sono imprimiture di biacca e giallo di piombo e di stagno o biacca e nero di carbone vegetale; usava
poi olio di noce nei toni chiari (migliore per le pitture ad olio perché ingiallisce meno, ma ci mette tanto ad asciugare),
mentre olio di lino nei toni scuri (olio che asciuga più velocemente ma che tende ad ingiallire di più, perché più sensibile
alla luce, rispetto all’olio di noce, più stabile di sua natura). All’occorrenza univa due tipi di olio.

Lui descrive come ha visto olio trasformarsi nel tempo e quindi definisce che nel corso del tempo ha fatto in relazione a questo.

Giorgione, La Vecchia, Venezia. Tela della Galleria dell’Accademia, restaurata recentemente; sono state osservate diverse cose,
grazie anche e soprattutto all’IR.

- Si vede la preparazione a gesso e colla a stesura compatta (altrimenti vedremmo i segni della tela) e i segni delle spatolate
che usa per stendere lo strato  non in tutti i casi non lavora così: in altri vediamo una stesura meno compatta
- Lui disegna poco, a differenza di Tiziano, quindi vediamo diversi pentimenti a causa del suo modo di procedere diretto:
dipinse direttamente sulla preparazione della tela, senza ricorso al disegno preparatorio, confermando la descrizione che
fece di lui Vasari definendolo un “un pittore senza disegno”.
- Come usa il colore. Usa stesure cromatiche pastose, coprenti e su queste va piano piano a stendere delle velature più
trasparenti sempre della stessa tinta e colore. Si determina la fusione di questi toni, stesi bagnato su bagnato, e determina il
tonalismo di queste pitture. Quello che si ottiene come effetto sono superfici morbide e fuse. Questo modo di dipingere
trae ispirazione dal soggiorno veneziano di Leonardo nel 1500 (ritorna ovviamente anche in Tiziano poi).

LEGANTI PER IL COLORE. Nell’ambito del Cinquecento, la tempera tende a scomparire. In questo periodo la maggior parte dei
dipinti realizzati a Venezia registrano la presenza di più leganti, differenziati per pigmenti, strati pittorici o zone, scelti dall’artista

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per raggiungere l’effetto desiderato. C’è un passaggio graduale: si passa dalla tempera a uovo, passando per la tempera
grassa, arrivando agli oli (tra i più usati sono olio di lino e olio di noce).

Interessante nella pittura del Cinquecento sono le imprimiture  l’impiego di imprimitura a ocre rosse e brune (terra d’ombra,
terra di Siena bruciata  ricollegabili perlopiù ad area veneta) diviene largamente consueto alla fine del Cinquecento per tutto
il secolo successivo, quando si assiste a una generale semplificazione della preparazione delle tele: sempre più spesso viene
abbandonata la stesura dello strato preparatorio bianco in gesso e colla per applicare soltanto l’imprimitura terrosa.

Nel Seicento ci sono innovazioni che riguardano supporti e leganti.

- Iniziano a esserci tele più grandi


- Incominciano ad essere vendute già preparate con ocre rosse o scure (soprattutto nelle Fiandre ma anche in Italia): un
materiale che si trova spesso e’ il litargirio = pigmento a base di piombo usato in miscela con olio che aveva poteri
essiccativi (pittura a olio > problema della lentezza dell’essicazione). Si è visto col tempo che creava però danni sulla
superficie perché’ andava a separarsi dall’olio creando dei grani (molto spesso i dipinti del ‘600 sono rovinati proprio a
causa di questo). Si metteva in piccole quantità in modo da non colorare.
- Il supporto a tela si fa protagonista della resa dell’opera. Si tende a far sì che i filati compaiano in evidenza nella pittura.
Nelle tele che caratterizzano il Seicento sono molto evidenziati: il filato e’ meno denso (maglie meno strette) per dare alla
superficie pittorica un effetto di movimento voluto. Pietro da Cortona usò per questo effetto tele a trama rada. Ma il colore
viene steso su una tela grossolana e non riesce a seguire i movimenti: si crea un cretto pavimentoso tipico della pittura a
olio su una tela a trama rada. Non si stacca, è una forma di accompagnamento della pittura (non è degrado quindi). Nel
suo caso era una scelta non di economia di materiali e di costi, era un effetto ricercato. Si vede nel suo Autoritratto: era una
necessità espressiva.

Rubens, Enrico IV alla Battaglia di Ivry, Uffizi. Rubens invece prediligeva una tela molto densa (tovagliato molto fitto). Infatti, lui
era uno dei pochi che nel Seicento lavora ancora su tavola (Ritratto di Clara Serena Rubens); lavorava anche su ardesia per
quanto gli piacevano le superfici compatte (Madonna della Vallicella). In base alle necessità di resa della pittura si sceglievano
supporti adeguati.

Su tela, Rubens ha una tecnica pittorica particolare:

 Lavora con doppio strato preparatorio


 Uno più pastoso a base di calcite, steso a spatola
 Il secondo più sottile di colore grigio chiaro che è una vera e propria imprimitura per dare tono generale della cromia.
 Dipingeva poi un abbozzo monocromo a pennello con colori scuro-terrosi che venivano poi nascosti da stesure liquide
nelle parti ombre, mentre usava colori coprenti e ricchi di materia nelle parti chiare.
 Caratteristica di Rubens è la lucentezza del suo colore. Sono colori brillanti perché usava insieme all’olio le resine. La
resina è la base delle vernici ed ha la sua caratteristica intrinseca di essere brillante e permette all’olio di asciugarsi prima.
(ed evitava la necessità di una verniciatura finale). A lui che cercava degli effetti compatti, usava la resina anche per questo.

Nel corso del Settecento si diffondono sempre più i prodotti già pronti all’uso. È un secolo di rivoluzione nell’ambito della
tecnica perché iniziano ad esserci prodotti pronti all’uso in ambito industriale: oltre che le tele pronte, si diffondono i colori
già pronti (prime fabbriche industriale di pigmenti).

 La prima fu la Reeves and Son fondata a Londra nel 1766 a Londra.

Canaletto. Lavora sul tema delle vedute e su vari formati: nella Visita del Doge alla Scuola di San Rocco si è osservato che lavora
molto sui toni di base.

- Doppio strato con sotto colore rosso bruno a base di ocre e olio
- Sopra un colore chiaro con biacca e ocra e terre d’ombra che però si localizza solo sotto al cielo.
- Incideva sulla preparazione la linea delle strutture architettoniche
- Stesure che soprattutto nei cieli erano scure e fredde (sotto si trova sempre una base scura).

Se si analizzano le evoluzioni figurative si vedono evoluzioni anche di tipo tecnico: il primo Canaletto, a differenza degli sviluppi
successivi, caratterizzati dall’esplosione degli azzurri e da una dilatata solarità, è caratterizzato da:

- Una tavolozza scura che si mette in relazioni a preparazioni di fondo rossi/arancioni/ocra


- Lasciava che fosse la preparazione scura a delineare l’assetto delle ombre, senza altre aggiunte di pittura sulla superficie =
modo molto scenografico, drammatico, come nelle prime vedute
- Strato pittorico inizialmente sottilissimo, tanto da lasciar trasparire il rosso del bolo d’Armenia
- Dopo i primi due o tre anni caratterizzati dall’uso di un colore sottilissimo, la sua pittura si fa più impetuosa; il cielo
comincia ad essere azzurro, a coprire il bolo rosso
- Si nota anche a livello di dimensioni, una riduzione delle superfici pittoriche: la scelta dei supporti ampi lascia il passo a
opere di dimensioni minori
- Per giungere alla nuova solarità, Canaletto cambio quindi anche la preparazione dell’opera. A un certo punto, infatti, muta
la preparazione che diventa chiara, beige

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- Mentre nei primi dipinti, le pennellate si distinguono bene l’una dall’altra e la monumentalità predomina, successivamente
subentra l’interesse per il particolare. Una scelta imposta dalla diminuita dimensione dei suoi dipinti.

Fra Galgario. Rosso è predominante: effetti di resa naturalistica dei velluti rossi (lui inventava delle ricette sue, speciali). Quelle
luminosissime "lacche rosse" erano talmente famose ed invidiate già ai suoi tempi che altri artisti avrebbero fatto carte false per
averne un po'.

- Nel 1719 il pittore Ferdinando Orselli in una lettera a Vittore Ghislandi chiedeva "Qui stiamo male a lacca, onde la prego
a mandarmene in una lettera un poco della sua. Lo potrà far in polvere fina o adattarla nella lettera che faccia poco involto”
- Nel 1731 invece è il celebre pittore veneto Sebastiano Ricci a chiederne un po’ rivolgendosi al conte bergamasco Gian
Giacomo Tassis perché intercedesse per lui: "Cinque o sei once, e se potesse ancora una libbra, di quella lacca fina che il
detto Padre sa comporre, ed anche due once di quella che ne fa per adoperarla lui medesimo di una estrema bellezza…”

Le preparazioni sono spesso rosse nella pittura di questo periodo: bolo veneziano  pigmento rosso usato per preparare le
tele. Si vede in Tiepolo nel Trionfo di Aureliano, Galleria Sabauda a Torino che usa una preparazione a bolo rosso con
imprimiture differenziate in base alle aree dipinte (cielo: imprimitura chiara rosata). Si vede sia la preparazione rossa che
l’imprimitura gialla (stesure più chiare). Sotto l’azzurro usa il grigio. Angelica Kauffmann. In alcuni artisti queste imprimiture non
si usano (vedi Autoritratto)

Ritratto di Ludwig I di Baviera, Monaco.

- Tela ad armatura tela rada


- Preparazione bianca applicata in due strati a base di biacca e calcite
- Colori trasparenti e brillanti

Xiii Lezione 13/12


IL DEGRADO DEI DIPINTI SU TELA

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