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CENNINO CENNINI, IL LIBRO

DELL'ARTE - SINTESI
DISPENSE MARCONI
Tecniche Artistiche
Università degli Studi di Roma La Sapienza
6 pag.

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SINTESI DISPENSE MARCONI- C.CENNINI IL LIBRO DELL’ARTE

INTRODUZIONE
Il Libro dell’Arte ha carattere sistematico, quindi molto innovativo per l’epoca.
Esso tratta delle delle tecniche delle botteghe medievali e delle esigenze del naturalismo
umanistico. Scritto alla fine del XIV sec. non reca nessuna traccia delle novità dell’arte cortese e
del gotico internazionale. Sono invece presenti i modi della bottega fiorentina Gaddiana, dove si
formò lo stesso C. Cennini. La bottega è una tapa fondamentale per apprendere il mestiere, fin dalla
più tenera età.
Nel libro dell’Arte troviamo anche raccomandazioni stilistiche e di osservanza dei buoni costumi,
come strumenti di distinzione di classe e di prestigio. Questa è una chiara rivendicazione della
dignità dell’arte.
E’ trattato anche il tema della gerarchia tra i mestieri e le arti, per rivendicare una posizione
“liberale” di quest’ultime. Per C. Cennini la scienza e la più degna delle arti; fra le scienze applicate
vi è la pittura, contraddistinta dalla capacità di dar forma alla fantasia (quindi seconda rispetto alla
scienza, ma al pari della poesia). Pittura e scultura non appartenevano né alle sette arti liberali né
alle sette arti meccaniche, per la chiesa occupavano quindi una posizione inferiore. A questa
concezione, svalutatrice della dignità sociale dell’arte, viene a contrapporsi una posizione laica di
rivalutazione, con l’affermarsi delle corporazioni. Verso la metà del secolo i pittori si uniscono in
una congregazione, la compagnia di S. Luca.
L’elogio della fantasia è uno dei motivi che legano più strettamente la rudimentale estetica di C.
Cennini al pensiero filosofico fiorentino del tardo Duecento e del primo Trecento. C. Cennini
definisce la pittura come un’arte in cui “conviene avere fantasia, con operazione di mano, di
trovare cose non vedute, cacciandosi sotto ombre di naturali (facendole sembrare naturali), e
fermandole con la mano dando a dimostrare quel che non è sia”. Una possibile lettura di questo
pensiero è che l’arte ha il compito di mostrare le cose invisibili tramite quelle visibili. Per chiarire il
concetto cenniniano di fantasia bisogna dire che l’arte è un equilibrio tra l’applicare uno stile
(imparato dal maestro) e l’affidarsi all’osservazione diretta della natura e anche la combinazione
eclettica di vari stili.
C. Cennini è convinto che sia di Giotto il merito di aver creato uno stile ex novo, ribellandosi alla
maniera greca.

Le teorie e metodologie tecniche del Cennini sono volte piuttosto a codificare il passato che a
gettare idee per il futuro, il suo trattato è un prezioso e sistematico documento dei principi dell’arte
dei maestri tardo-giotteschi.

Il disegno svolge un ruolo fondamentale per la formazione dell’artista e per la progettazione


dell’opera, esso appartiene alla fase preparatoria, ma ha anche un valore ideale e teorico autonomo.
Questo interesse si distingue da quelli medievali, la pratica e la teoria del disegno erano, infatti,
fondamento del rinnovamento artistico. Cennini intende per disegno, quello chiaroscurato,
specifico della tradizione giottesca. Il disegno, inoltre, è nettamente distinto dal secondo momento
fondamentale della pittura, ovvero quello del colore. La luce svolge un ruolo fondamentale “fa che
quando disegni abbi la luce temperata e il sol batta in sul lato manco” raccomanda Cennini. In
questo modo verrà esaltata la plasticità dei volumi e mantenuta l’unità di visione.
Anche il colore come il disegno sarà continuamente modellato di toni chiari e di toni scuri.
Il carattere proprio dei colori cenniniani sta nella loro duttilità strumentale, e non nella loro
preziosità materica.
Il colore base viene schiarito con bianco san giovanni o scurito dall’idaco ampliando così la scala
delle nuances. La tecnica riscatta l’umiltà delle materie e degli strumenti ed esalta l’opera
dell’artista sull’inerzia della natura. Punto di partenza dell’arte non era più la materia preziosa dei
bizantini; ma la materia elaborata per spiritualizzare e valorizzare gli elementi più semplici della
scala naturale.

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Cennini dedica anche svariati capitoli all’affresco, che resta ancora oggi la più esauriente
descrizione della tecnica.
Viene trattata anche la pittura su tavola, che più si adatta al ruolo sociale dell’artista di corte.
Il trattato è però carente su come si componessero in ancone(?) e affreschi gli sfondi in prospettiva
(si accenna solo a battere il filo e alla prospettiva aerea). Ed è questo punto che dimostra quanto
Cennini sia alieno dalle problematiche più aperte verso il futuro e strettamente dipendente dalla sua
bottega.

PREMESSA
Il Libro dell’Arte è un documento prezioso soprattutto per la storia della tecnica, per le precise
informazioni da esso offerte sulla preparazione e sull’uso dei colori, dei gessi, delle colle e sui
lavori delle arti figurative in genere. Esso può essere considerato il primo esempio di tratato tecnico
in lingua volgare.

CAPITOLO I
Cennini da la definizione di disegno e ribadisce la sua appartenenza alla bottega di Agnolo Gaddi,
figlio di Taddeo Gaddi, che fu allievo di Giotto (quindi un’istituzione nel campo delle arti). Inoltre
chiarisce il suo scopo, ovvero far nota di tutto ciò appreso dal maestro, Agnolo e delle sue
esperienze personali in campo artistico.

CAPITOLO II
Afferma che ci si può avvicinare all’arte o per vocazione o per guadagno

CAPITOLO III
Ci si deve iniziare a formare a bottega il prima possibile, verso i 10/15 anni.

CAPITOLO IV
Sono fondamentali per l’arte vari lavori di mano i primi due sono: disegno e colore. Queste due fasi
necessitno varie abilità: saper macinare, incollare, impannare, ingessare, radere i gessi e pulirli,
mettere il bolo (argilla rossa), mettere l’oro, lucidare la superficie della tavola con pietra d’agata
(brunire), temperare(?), campeggiare spolverare, grattare, granare (conferire grana sottile alla
superficie dorata producendo una fitta punteggiuatura per mezzo di un ferro accuminato), ritagliare
(segnare i contorni di una figura per mezzo di un ferro appuntito), colorire, adornare e verniciare in
tavola. Per lavorare sul muro bisogna incece, bagnare, smaltare, fregiare, pulire, disegnare, colorire
in fresco, ritoccare a secco (alla fine), temperare, adornare, finire in muro (?).

CAPITOLO LXVI
Modo di conservale le code di vaio(?).
Per conservare le code di vaio bisogna intingerle nella terra intrisa (creta). Quando le si vogliono
usare basta risciacquarle bene con acqua.

CAPITOLO LXVII
Come lavorare “in fresco” e fare visi giovanili.
Per lavorare in fresco servono calce e “sabbione” setacciati. Se la calce è grassa e fresca servono
due parti di sabbione e una parte di calce. Esse vanno mescolate poi con acqua e lasciate riposare
qualche giorno per farle trasformare da ossido di calcio(calce viva) a idrato di calcio (senno si
verificherà un rigonfiamento, perché la reazione esotermica tra calce e acqua, di idratazione,
continua con l’umidità). Prima di essere intonacato il muro va spazzato e bagnato al punto giusto,
poi puo essere steso l’intonaco in modo uniforme, anche se deve rimanere “arricciato” e grasso.
Quando l’intonaco è pronto(?) segna le righe orizzontali e quelle verticali alle quali attenersi per la
composizione (battere i fili; ovvero usare uno spago intinto nel colore per realizzare queste righe).

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Poi vi sono varie fasi per realizzare la sinopia (disegno preparatoriao) per le quali Cennini utilizza
terra verde o nero. Dopo di che si fanno i vari fregi.

• l supporto, di pietra o di mattoni, deve essere secco e senza dislivelli. Prima della stesura
dell'intonaco, viene preparato con l'arriccio, una malta composta da calce spenta o grassello
, sabbia grossolana di fiume [1] o, in qualche caso, pozzolana e, se necessario, acqua, steso in
uno spessore di 1 cm circa, al fine di rendere il muro più uniforme possibile.
• L'intonaco (o "tonachino") è l'elemento più importante dell'intero affresco. È composto di
un impasto fatto con sabbia di fiume fine, polvere di marmo, o pozzolanasetacciata, calce
ed acqua.
• Il colore, che è obbligatoriamente steso sull'intonaco ancora umido (da qui il nome, "a
fresco"), deve appartenere alla categoria degli ossidi, poiché non deve interagire con la
reazione di carbonatazione della calce. (wikipedia)

Per fare un volto giovane occorrono: un vasellino invetriato nel quale mettere un po’d’ocra
mischiato a una punta di nero, un poco di bianco S. Giovanni, una punta di cinabrese chiara e un po’
d’acqua. Poi occorre un pennello dalla punta sottile e con setole morbide con cui fare il volto
(dividendolo sempre in tre parti: testa, naso, mento e bocca) con il verdaccio (che per Cennini era
composto da una parte di nero e due d’ocra). Finito di abbozzare il viso si possono apportare alcune
migliorie con un pennello un po più grosso intinto nell’acqua. Poi bisogna metere in un altro
vasellino del verdeterra molto liquido e con un altro pennello con setole mozze si può cominciare a
ombrare il viso (sotto il mento, sotto la bocca, alle estremità della bocca, sotto il naso, alle estremità
degli occhi, sotto le ciglia). Poi con un pennello con setole fine bisogna ritracciare bene ogni
contorno (naso, occhi, labbra, orecchie) sempre con il vrdaccio. Se si vuole con un po’di bianco S.
Giovanni si possono evidenziare le sommità e i rilievi del volto. Si devono anche rosare un po le
gote e le labbra. In un altro vasellino si deve mettere del bianco S. Giovanni e della cinabrese chiara
in parti uguali e po mescolarli con acqua. Poi con un pennello si deve stendere questo colore sulle
gote e sulle labbra, sfumandolo. In tre vasellini diversi bisogna digradare il colore, aggiungendo
bianco S. Giovanni. Il colore di grado più chiaro serve per i rilievi del viso, il colore di mezzo serve
per mani piedi e busto e il colore di grado più scuro serve per le ombre. Tutti i gradi vanno sempre
sfumati delicatamente l’uno nell’altro. Con un grado di colore ancora più chiaro (quasi bianco)
vanno tracciate le ciglia, il rilievo del naso, la sommità del mento e dell’orecchio. Gli occhi, la
punta del naso e le estremità della bocca, vanno fatti con bianco puro. Mentre con il nero vanno
fatti il contorno degli occhi, le narici e il dentro delle orecchie. Con la sinopia scura si fanno: il
sotto degli occhi, il contorno del naso, le ciglia e la bocca e l’ombra sul labbro di sopra.

CAPITOLO LXVIII
Come fare visi anziani lavorando in fresco.
Si fanno allo stesso modo dei visi di giovane, ma bisogna usare un verdaccio più scuro.

CAPITOLO LXIX
Come fare barbe e capelli lavorando in fresco.
Prima bisogna fare la base di verdaccio e poi ci si può mettere sopra il colore che più si addice alla
figura

CAPITOLO LXX
Che misure deve avere la figura dell’uomo.
Il volto deve suddividersi in tre parti: testa (fronte e sommità del capo), mento (probabilmente
voleva dire viso, quindi dalle sopracciglia alla base del naso) e dal naso al mento (contorno
inferiore del volto). Tutto l’uomo deve essere lungo otto visi.

CAPITOLO LXXI
Come fare i vestiti in fresco.

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Prendendo ad esempio il rosso, bisogna prendere del cinabrese e del bianco S. Giovanni e
mescolarli con dell’acqua. Poi bisogna degradare questo colore aggiungendo bianco S. Giovanni, in
modo tale da creare tre nuances differenti. Con la sfumatura più scura bisogna rifinire le pieghe e
gli altri luoghi poco illuminati. Con quella di mezzo bisogna unire le parti scure, in modo sfumato.
Poi con quella più chiara si devono fare i rilievi e i punti più luminosi. Bisogna creare poi una
quarta sfumatura ancora più chiara per la sommità delle pieghe. In fine con del bianco puro si
devono evidenziare tutti i luoghi in rilievo e con della cinabrese pura tutti i luoghi scuri.

CAPITOLO LXXII
Che colori usare se si vuole dipingere a secco.
Tutti i colori che vanno bene per l’affresco si possono usare anche in secco, ma non viceversa. Ad
esempio: orpimento, cinabro, azzurro della Magna, minio, biacca, verderame e biacca(?). in fresco
si possono usare: giallorino, bianco S. Giovanni, nero, ocra, cinabrese, sinopia, verdeterra,
amatesto. I colori con cui si può lavorare in fresco vanno schiariti con bianco S. Giovanni, mentre
se si vogliono lasciare i verdi così come sono vanno mescolati con giallorino, se si vogliono far
diventare color salvia vanno mescolati con il bianco (?).
I colori con i quali non si può lavorare in fresco devono essere mescolati con biacca o con
giallorino per essere schiariti e, alcune volte, orpimento. Inoltre per lavorare a secco i colori vanno
sempre prima “temperati”. Vi sono due modi per “temperare”, anche se uno è migliore dell’altro; il
primo consiste nel mescolare il colore scelto con bianco e rosso d’uovo e latte di fico (che si ricava
dai ramoscelli di fico spezzati). Quando il composto sarà pronto si potrà utilizzare, ma senza
eccedere senno il colore una volta asciutto si creperà. Inoltre prima di stendere il colore è
necessario preparare il muro passandovi sopra una spugna intrisa nel rosso e nella chiara d’uovo,
mescolati con acqua (questo metodo differisce da quello citato dal Vasari che consisteva nel
cospargere il muro di colla calda). La seconda tempera invece consiste nel rosso d’uovo ed è
universale, va bene per il muro per le tavole e per il ferro. Questa tempera, come quella fatta con
l’uovo intero, ha la tendenza a far screpolare il colore, una volta asciutto, se usata in quantità
eccessive; d’altra parte, se è troppo scarsa, non ha sufficiente capacità fissativa.

CAPITOLO LXXIII
Come fare un color biffo(violaceo).
Per fare un color biffo occorre lacca fine e azzurro oltremare, in parti uguali, temperati.

CAPITOLO LXXIV
Come lavorare un color biffo in fresco.
Per fare un color biffo per lavorare in fresco occorrono indaco e amatista, mescolati insieme.

CAPITOLO LXXV
Come fare un colore simile all’azzurro oltre mare per lavorare in fresco.
Occorre indaco mescolato a bianco S. Giovanni. Poi a secco le estremità vanno rifinite con azzurro
oltremare.

CAPITOLO LXXVI
Come colorare un vestito morello (molto scuro, tendente al nero) in fresco.
Per fare un vestito pagonazzo (viola scuro) a fresco, somigliante alla lacca occorre: amatisto e
bianco S. Giovanni mescolati insieme. Poi in seco le estremità andranno ritoccate con lacca pura
temperata.

CAPITOLO LXXXIV
Come fare un vestito nero di monaco o di frate in fresco e in secco.

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Occorre nero puro degradato secondo ragione e a secco i ritocchi vanno fatti con nero temperato.

CAPITOLO LXXXV
Come colorare una montagna in fresco o in secco.
Serve per prima cosa il verdaccio, che si crea con una parte di nero e due d’ocra. In fresco i colori
vanno degradati con il bianco, mentre in secco vanno degradati con bianco e tempera.
Probabilmente Cennini poi fa un errore, indicando che, le parti più vicine devono essere più chiare,
e quelle più lontane più scure (la prospettiva aerea prevede, invece, il contrario).

CAPITOLO LXXXVI
Come colorare alberi, erba e verdura, in fresco e in secco.
Per il corpo dell’albero si usa nero puro temperato e per le foglie o verde azzurro o verde scuro e
verde con giallorino (per le cime).

CAPITOLO LXXXVII
Come colorare le case in fresco o in secco.
Si usa verdaccio o verdeterra ben diluiti, per la base e poi tutti gli altri colori. Inoltre occorre
prendere un regolo sottile con uno degli spigoli maggiori smussato, in modo che appoggiandolo alla
superficie del muro, permetta al pennello di scorrere segnando una linea senza sbavature. Per le
ombre e i punti di luce bisogna usare lo stesso principio che si utilizza quando si fanno le figure.
Poi il Cennini da alcune nozioni di prospettiva si tratta semplicemente di una serie di consigli
sommari ed embrionali, che però non trovano precedenti negli altri trattati di pittura medievali

CAPITOLO LXXXVIII
Come riprodurre una montagna dal naturale.
Bisogna prendere delle grandi pietre non omogenee e scurirle o schiarirle, nel disegno, a seconda di
come risulti meglio, sempre applicando lo stesso principio utilizzato per le figure.

CAPITOLO LXXXIX
Come lavorare a olio sul muro, sulla tavola, sul ferro o altrove.
Nessun problema di tecnica pittorica ha suscitato tante discussioni e polemiche quante quello
relativo alla scoperta della pittura a olio. Ormai è assodato che l’affermazione del Vasari, secondo
cui l’inventore di questa tecnica sarebbe stato Jan Van Eyck, è inesatta, come è inesatto attribuire la
scoperta a Antonello da Messina. La conoscenza del testo del Cennini è stata determinante per
chiarire questo punto; e gli argomenti del Tambroni sono ancora in buona parte convincenti. Con
assoluta certezza questa tecnica era nota a Teofilo che ne parla nel suo trattato. Quindi anche in
questo caso si può parlare di diverse componenti e di diversi contributi. Si può dire che Jan Van
Eyck abbia contribuito con particolari innovazioni al raggiungimento di tale perfezione e che
Antonello da Messina vada il merito di aver diffuso più largamente in Italia la tecnica della pittura
a olio. Bisogna ricordare che le ricerche intraprese sui dipinti fiamminghi del Quattrocento hanno
condotto P. Coremans a concludere che il legante usato conteneva un olio seccativo, cui però era
stata aggiunta una sostanza tutt’ora ignota.
Al tempo del Cennini i pittori italiani preferivano lavorare a tempera, mentre al di là delle alpi la
pittura a olio era più praticata, soprattutto dai fiamminghi.

CAPITOLO XC
Come lavorare a olio su parete.
Invece di preparare l’intonaco un pezzo alla volta, come si usa per l’affresco, bisogna prepararlo
tutto insieme. Poi bisogna disegnare il bozzetto sopra con il carbone e fermarlo con verdaccio

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temperato. Poi occorre della colla innacquata. La miglior tempera è l’uovo sbattuto co latte di fico,
al quale va aggiunta un po’d’acqua. In fine bisogna, o con spugna, o con pennello, passare il
composto su tutta la superficie su cui si vuole lavorare e lasciarla asciugare per almeno un giorno.

CAPITOLO CI
Come fare con lo stagno dorato le aureole dei santi, lavorano su muro.
Con un punteruolo bisogna grattare il contorno della testa. Poi in secco bisogna ungere il contorno
della testa con la vernice e ricoprirlo con lo stagno dorato pigiando bene. In fine rimuovere
l’eccesso e conservarlo

CAPITOLO CII
Come rilevare un’aureola di calcina, in muro (come si prepara il fondo a rilievo delle aureole).
Questo procedimento è tipico della bottega Gaddi. Prima di tutto occorre che l’intonaco sia fresco,
poi con il compasso bisogna disegnare la circonferenza dell’aureola. Dopo bisogna prendere della
calcina (?) ben grassa, fatta a modo d’unguento e smaltarla (?) con uno strato più grosso all’esterno
e più fino all’interno (verso la testa della figura). Poi con l’aiuto del compasso bisogna levare la
calcina in eccesso. In fine con un bastoncino di legno fai le striature dentro l’aureola.

CAPITOLO CIII
Come passare dal colorire a muro a colorire le tavole.
Saper lavorare le tavole è l’arte più “dolce”. Chi impara prima a lavorare le tavole e poi il muro è
sicuramente avvantaggiato e più perfetto maestro nelle arti.

CAPITOLO CIV
Come imparare a lavorare le tavole.
Bisogna entrare a lavorare in bottega il prima possibile (10/15 anni) e esercitarsi ogni giorno, anche
i festivi nel disegno. Il maestro inizialmente insegna a macinare i colori, cuocere le colle, tirare i
gessi, ingessare l’ancone(?) e rilevare e raderle, mettere l’oro, granare bene per 6 anni (?)

CAPITOLO CV
Come fare la colla di pasta ovvero colla con farina
Mettere della farina ben setacciata nell’acqua farla bollire ma senza farla diventare troppo soda. In
fine aggiungere del sale per non farla puzzare

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