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A che gioco

giochiamo?

Gli ostacoli psicologici


della comunicazione
che impediscono
di realizzarci

Prof. Gabriele Covotta


A CHE GIOCO GIOCHIAMO?
Abstract:
Perché nella vita ci ritroviamo sovente in situazioni simili, nei
rapporti di lavoro, affettivi e sociali?
Come mai, nonostante l'impegno, ci sembra di “interpretare”
sempre lo stesso ruolo e di rivivere sempre il solito copione di
vita?
Uno dei temi chiave per comprendere meglio la nostra modalità di
relazionarci con gli altri è proprio quello di indagare quali sono i
“Ruoli”,
“Ruoli” i “Giochi” e i “Copioni” che abbiamo scelto di interpretare
nelle diverse situazioni della vita. Eric Berne definisce i “Giochi” come
episodi di interazione sociale finalizzati ad ottenere un obiettivo
manifesto ed uno inconscio.
Il “gioco” quindi è veicolo di un doppio messaggio: uno sociale
(superficiale ed esplicito) l'altro psicologico (nascosto).
Gabriele Covotta Formatore 2
A CHE GIOCO GIOCHIAMO?
OBIETTIVI:
Mediante contenuti teorici ed esercitazioni pratiche, proprie dell'Analisi
Transazionale, il partecipante sarà guidato a:

Prendere maggiore consapevolezza dei diversi stati del proprio IO;

Provare ad identificare la propria posizione esistenziale;

Comprendere maggiormente la struttura delle “transazioni” e il
significato di alcuni dei giochi psicologici più ricorrenti...


...Al fine di acquisire una maggiore consapevolezza delle proprie
modalità Relazionali e la conseguente capacità di scelta (sia in campo
professionale che privato)

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:

Io sono ok, tu sei ok (Harris Thomas A. - Rizzoli)

A che gioco giochiamo? (Berne Eric - Bompiani)

Ciao... E poi? (Berne Eric - Bompiani)

Nati per vincere (James Muriel – Ed. Paoline)
Gabriele Covotta Formatore 3
Comunicare significa far capire agli altri il nostro messaggio
attraverso parole, immagini, gesti e comportamenti.

Poiché dobbiamo farci capire, è necessario entrare in sintonia con


l’interlocutore, per fare questo dobbiamo conoscerlo, ascoltarlo,
adattare e personalizzare il messaggio alle sue esigenze, capacità e
interessi.

L’obiettivo di una comunicazione efficace è di far recepire un


messaggio all’interlocutore affinché questo assuma un
atteggiamento, intraprenda un’azione o sia sensibilizzato ad un
comportamento.

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L’uomo non può NON COMUNICARE.

Nella comunicazione stiamo, di fatto, sempre


“VENDENDO” qualcosa (un’idea, un prodotto,
la nostra immagine, le nostre convinzioni, la
nostra competenza, ecc.) a qualcuno il quale,
con diverse modalità, può “acquistarlo” oppure
no.

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Le 3 forme della comunicazione umana:
Generalmente, quando ci presentiamo a qualcuno che non ci
conosce, esse assumono la seguente importanza:

verbale
7%

non verbale paraverbale


55% 38%

Il presupposto fondamentale per una comunicazione efficace è che ci


sia coerenza tra questi 3 aspetti.
(N.B. le percentuali sono indicative e possono variare sensibilmente: ad esempio, l’aspetto verbale assume molta più
rilevanza in un tipo di comunicazione specifica come lo scambio di informazioni tecniche o durante un colloquio
d’esame e viceversa)

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GLI STATI DELL'IO

Eric Berne ipotizzò come la


personalità di ogni
individuo fosse suddivisa in
diverse parti, ognuna
consistente in pensieri,
emozioni e comportamenti:
gli Stati dell'Io Genitore,
Adulto e Bambino.

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GLI STATI DELL'IO (G)

Il Genitore (G) rappresenta l'insieme di pensieri, di sentimenti


e di comportamenti che ogni individuo acquisisce
dall'esterno durante la propria infanzia ed adolescenza dalla
relazione con le proprie figure significative: i genitori reali (o chi
ne fa le veci), i parenti, i maestri e gli insegnanti e tutte le
persone autorevoli che incontrerà negli anni della propria
formazione.
● Il Genitore Normativo o Critico (GN) è quello che viene
attivato quando si manifestano atteggiamenti di divieto e
comandi, quando vengono sancite regole e leggi.
● Il Genitore Affettivo (GA) è quello che viene attivato quando
ci si prende cura di qualcuno, quando si mostra attenzione,
premura, comprensione e sostegno.

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GLI STATI DELL'IO (B)
Il Bambino (B) rappresenta l'insieme di pensieri, sentimenti e
comportamenti che risalgono alla propria infanzia. Contiene le
registrazioni delle prime esperienze di vita e delle posizioni che il bambino
ha assunto verso se stesso e gli altri.

● Il Bambino Adattato (BA) è quello stato dell'Io che attiva un


comportamento in seguito all'influenza dello stato dell'Io Genitore (un
comportamento quindi adattato). Esso risponde quindi ad una critica, ad
un divieto o a un pregiudizio.

● Il Bambino Libero (BL) invece attiva comportamenti autonomi, senza


l'influenza dello stato dell'Io Genitore (un comportamento dettato dei
desideri).

Lo stato dell'Io Bambino rappresenta la parte più vitale della


personalità di ogni individuo: in essa sono racchiuse le principali
motivazioni dell'agire degli individui.
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GLI STATI DELL'IO (A)

L'Adulto (A) rappresenta l'insieme oggettivo di pensieri,


sentimenti e comportamenti coerenti ed in linea con la
situazione attuale che l'individuo sta vivendo (nel qui ed
ora) e indica la capacità di elaborare i dati con consapevole
responsabilità.

Per poter gestire la propria realtà quotidiana ogni individuo


necessita di trovare delle strategie efficaci senza subire
interferenze dagli altri stati dell'Io.

Lo stato dell'Adulto permette l'integrazione tra desideri,


bisogni del B e i valori/regole/credenze del G.

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GLI STATI DELL'IO (esempi pratici)
utilizziamo il GN + quando in maniera decisa difendiamo i
nostri o altrui diritti o affermiamo principi di giustizia senza
prevaricare: “Questo non e' giusto... basta così!”

utilizziamo il GN – quando incolpiamo gli altri o esprimiamo


giudizi in modo sommario e superficiale: “Sei il solito incapace...
fai sempre cosi!”

utilizziamo il GA + quando ci prendiamo cura di un'altra


persona con affetto e la stessa desidera essere oggetto delle
nostre attenzioni: “Ti aiuto volentieri a fare questa cosa...”

utilizziamo il GA – quando in maniera eccessivamente


intrusiva, ci occupiamo degli altri senza che questi ne abbiano
espresso il bisogno: "Dai qua... faccio io...”
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GLI STATI DELL'IO (esempi pratici)
utilizziamo il BA + quando, per ottenere qualcosa o evitare
frustrazioni, compiaciamo gli altri facendo quello che si aspettano da
noi: “Ho fatto quanto mi hai chiesto... va bene se faccio così?”

utilizziamo il BA – quando mettiamo in atto comportamenti


disfunzionali e autodistruttivi per ottenere l'attenzione degli altri:
“Farsi del male al fine di essere accuditi”

utilizziamo il BL + quando riusciamo ad esprimere serenamente i


pensieri, ci divertiamo e riusciamo a stare in intimità con gli altri, in
modo costruttivo: “Dai, giochiamo... usciamo insieme?”

utilizziamo il BL – quando facciamo del male agli altri o a noi stessi


agendo d'impulso o seguendo l'istinto... Oppure quando il nostro
divertimento o la nostra affermazione si fa a spese degli altri (es.
bullismo). “La vita è mia! e faccio quello che voglio...”
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GLI STATI DELL'IO (esempi pratici)
ed infine...

utilizziamo l'A quando valutiamo in modo oggettivo situazioni


e informazioni ed agiamo con responsabilità e
consapevolezza.
L'adulto analizza, controlla, valuta, delega, informa, domanda.

Si esprime in modo neutro:


“Siamo in ritardo... occorre sbrigarsi”
“Il fatturato di questo mese è in calo... vediamo come
possiamo fare per aumentarlo...”
“Cara ti vedo pensierosa... c'è qualcosa di cui vuoi parlarmi?”

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GLI STATI DELL'IO (in sintesi)

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Primo esercizio: Contatta e riconosci il G A B
1)Pensa a qualcosa che normalmente fai che assomiglia ad un
comportamento dei tuoi genitori (o altre figure di riferimento) e che
ripeti con il partner, con gli amici, con i figli. In modo particolare pensa
a quando giudichi, critichi, rimproveri...

2)Pensa ad un messaggio che ti davano i tuoi genitori e che ti ripeti


internamente... ed al quale ancora obbedisci o ti opponi.

3)Pensa a quando hai analizzato i fatti e ti sei sentito obiettivo e a


quando anche in situazioni di stress hai pensato e reagito con
razionalità.

4)Pensa a quello che ti divertiva da bambino, che ti appassionava...


pensa a come lo facevi e a come lo fai ancora.

5)Pensa a come ti comportavi coi i tuoi genitori quando eri bambino, a


come reagivi quando loro erano benevoli o giudicanti con te, e a
come li manipolavi... pensa come questo continui a farlo ora che sei
grande. Gabriele Covotta Formatore 15
Le Transazioni
In Analisi Transazionale si definisce transazione quando all'emissione
di un comportamento (messaggio verbale, para-verbale non verbale),
un'altra persona reagisce con una risposta. (feed-back)

Occorre
individuare da
quale stato dell'io
parte

prestare
attenzione alla qualità
del messaggio;
congruenza verbale
non verbale
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Transazione complementare: Da uno specifico stato dell'IO parte
l'emissione del messaggio verso uno specifico stato dell'IO dell'altro e si
ottiene una risposta da quello specifico stato.

Non fai mai


nulla a casa!
G G

A A

B B
E chi se ne frega!

Gabriele Covotta Formatore 17


Transazione complementare: Da uno specifico stato dell'IO parte
l'emissione del messaggio verso uno specifico stato dell'IO dell'altro e si
ottiene una risposta da quello specifico stato.

G G
Che ore sono?

A A
Sono le 10.00

B B
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Transazione incrociata: Da uno specifico stato dell'IO parte l'emissione
del messaggio ma si ottiene una risposta inattesa che parte cioè da uno stato
dell'IO dell'altro non preventivato e inappropriato.

G G

A Scusa, mi
aiuti? A

B Guarda che io
B
sto peggio di te!

Gabriele Covotta Formatore 19


Transazione incrociata: Da uno specifico stato dell'IO parte l'emissione
del messaggio ma si ottiene una risposta inattesa che parte cioè da uno stato
dell'IO dell'altro non preventivato e inappropriato.

Certo che tu hai


sempre fretta
G di andartene! G
Son le 18.00
Vado a casa.
A A

B B
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Transazione incrociata: Da uno specifico stato dell'IO parte l'emissione
del messaggio ma si ottiene una risposta inattesa che parte cioè da uno stato
dell'IO dell'altro non preventivato e inappropriato.

G G

A Domani sera
A
esco fuori a cena

B Mi lasci
B
sempre sola

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Transazione Ulteriore o mascherata: è il caso del doppio messaggio
dove l'emittente fa partire il messaggio contemporaneamente da 2 stati
diversi = ambiguità

LUI LEI

G G

A Domani sera
vieni a casa mia...
A
Discutiamo di lavoro
Messaggio esplicito

B Ti desidero... Guarda...
B
Messaggio sottinteso Non mi va!

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Transazioni Ulteriori o mascherate: guardiamo un video

La proposta di
Juan Antonio.

(tratto da:
Vicky Cristina
Barcelona,
film del 2008
diretto da
Woody Allen.)

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Analisi transazionale della proposta di Juan Antonio:

J: Americane? (A-BL)
C: Io sono Cristina e lei è la mia amica Vicky (BL)
J: Di che colore hai gli occhi? (A-BL)
C: ah... sono Blu (BL)
J: Vorrei invitarvi tutte e due a venire con me ad Oviedo (A-BL)
V: A venire dove? (GN)
J: A Oviedo, per il w.e. partiamo fra un ora! (A-BL)
C: Ma dov'è Oviedo? (BL)
J: é un volo brevissimo... (GA)
V: In aeroplano? (GN)
J: (annuisce in modo sbrigativo) (BL)
C: Cosa c'è ad Oviedo? (BL)
J: Io vado a vedere una scultura che mi ispira moltissimo da
sempre, una scultura davvero bella... vi piacerà... (A-GA)
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Analisi transazionale della proposta di Juan Antonio:

J: Americane? (A-BL)
C: Io sono Cristina e lei è la mia amica Vicky (BL)
J: Di che colore hai gli occhi? (A-BL)
C: ah... sono Blu (BL)
J: Vorrei invitarvi tutte e due a venire con me ad Oviedo (A-BL)
V: A venire dove? (GN)
J: A Oviedo, per il w.e. partiamo fra un ora! (A-BL)
C: Ma dov'è Oviedo? (BL)
J: é un volo brevissimo... (GA)
V: In aeroplano? (GN)
J: (annuisce in modo sbrigativo) (BL)
C: Cosa c'è ad Oviedo? (BL)
J: Io vado a vedere una scultura che mi ispira moltissimo da
sempre, una scultura davvero bella... vi piacerà... (A-GA)
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Analisi transazionale della proposta di Juan Antonio:

V: Ah certo... ci sta chiedendo di volare ad "Obiedo" e poi


tornare... (GN)
J: Um... No... ci passiamo il w.e. cioè vi faccio vedere la città
e... mangiamo bene... beviamo... ottimo vino... e facciamo
l'amore (BL)
V: ah... ma chi è esattamente che farà l'amore??? (GN)
C: (non verbale: Cristina è attratta dalla proposta) (BL)
J: si spera tutti e tre... chiedo il vostro conto. (BL-GA)
V: o mio dio... certo che questo qui non ha mezze misure...
Senta Segnor... magari in un'altra vita! (GN)
J: perché no??? la vita è breve, la vita è noiosa, la vita è
piena di dolori... questa è l'occasione per qualcosa di
speciale! (BL)

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Secondo esercizio: indoviniamo le transazioni

● Testo fornito dal docente

Gabriele Covotta Formatore 27


Come si evince dal video le Transazioni ulteriori o mascherate sono la
base di tutti i giochi psicologici.

LUI LEI
Ben ti sta!
Messaggio sottinteso

G G
Ieri ho chiamato la mia ex per
gli aguri ma non l'ho trovata

A Mi spiace... forse è partita


A

B B
Sbaglio a sentirla... puniscimi
Messaggio sottinteso

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Tutto il mondo è un palcoscenico e tutti gli uomini non sono che attori,
essi entrano ed escono; ed ogni uomo, nel suo tempo, recita molte parti.
(Shakespeare).
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Il Triangolo Drammatico
Secondo Stephen Karpman
gli esseri umani passano gran
parte del loro tempo
adottando i comportamenti di
questi tre ruoli:

1) Il ruolo del Persecutore è


una forma eccessiva di GN
o BL
2) Il ruolo di Vittima è una
forma eccessiva del BA
3) Il ruolo del Salvatore è una
forma eccessiva del GA

Gabriele Covotta Formatore 30


Nel linguaggio
narrativo il triangolo
drammatico
si identifica nel:

Protagonista, di solito
la vittima, che però
diventa anche eroe

Antagonista,
il cattivo-persecutore,
che poi sarà punito

Aiutante, mentore,
mago, saggio, amico,
alleato, il salvatore
Gabriele Covotta Formatore 31
Quarto esercizio: e tu in quale ruolo giochi?

● Testo fornito dal docente.

Gabriele Covotta Formatore 32


Il Triangolo Drammatico: guardiamo un video

Litigio tra Harry e


la moglie
psicologa.

(tratto da:
Harry a pezzi
(Deconstructing
Harry) 1997, film
scritto, diretto e
interpretato da
Woody Allen)

Gabriele Covotta Formatore 33


Il Triangolo Drammatico
Come si evince dal video, il gioco attuato in questo Triangolo
Drammatico è un tipo di relazione interpersonale “disturbata”, che
procura stati d’animo spiacevoli.
“Il gioco psicologico è una serie di transazioni ripetitive a cui fa
seguito un colpo di scena con uno scambio di ruoli, un senso di
confusione accompagnato da uno stato d’animo spiacevole”

● Ma allora quali sono i motivi per i quali si utilizza un modo


relazionale di questo tipo?

"Giocare” è un modo inconscio con cui la persona cerca di


soddisfare, attraverso l'incontro/scontro con l'altro, la sua fame di
stimoli e di riconoscimenti che hanno “come tornaconto finale, il
rinforzo di convinzioni negative su di sé, sugli altri, sul mondo”.

Gabriele Covotta Formatore 34


Il Triangolo Drammatico
Come si evince dal video, il gioco attuato in questo Triangolo
Drammatico è un tipo di relazione interpersonale “disturbata”, che
procura stati d’animo spiacevoli.
“Il gioco psicologico è una serie di transazioni ripetitive a cui fa
seguito un colpo di scena con uno scambio di ruoli, un senso di
confusione accompagnato da uno stato d’animo spiacevole”

● Ma allora quali sono i motivi per i quali si utilizza un modo


relazionale di questo tipo?

"Giocare” è un modo inconscio con cui la persona cerca di


soddisfare, attraverso l'incontro/scontro con l'altro, la sua fame di
stimoli e di riconoscimenti che hanno “come tornaconto finale, il
rinforzo di convinzioni negative su di sé, sugli altri, sul mondo”.

Gabriele Covotta Formatore 35


Il Triangolo Drammatico: esempio di dialogo

Figlio: (nel ruolo di Persecutore, alza rabbiosamente la voce contro la madre) “Lo sai che
odio il blu. E mi vai a comperare un’altra camicia blu!”

Madre: (nel ruolo di Vittima) “Secondo te non faccio mai niente di giusto.”

Padre: (nel ruolo di Salvatore della madre, di Persecutore del figlio) “Non ti permettere di
alzare la voce contro tua madre, giovanotto. Vattene nella tua stanza e niente cena.”

Figlio: (ora ha assunto il ruolo di Vittima e se ne va imbronciato) “Mi dicono di essere


sincero, e quando mi permetto di dire quello che non mi piace mi rimproverano. Certa
gente non è mai contenta.”

Madre: (adesso è diventata Salvatrice e porta di nascosto del cibo al figlio) “Non dirlo a tuo
padre. E’ assurdo fare tanto chiasso per una camicia.”

Madre: (nel ruolo di Persecutore rivolgendosi al padre) “Pietro sei così duro con tuo figlio.
Scommetto che in questo momento ti detesta.”

Padre: (nel ruolo di Vittima) “Ma tesoro, io stavo solo cercando di aiutarti e tu mi
colpisci proprio dove più mi duole.”

Figlio: (uscendosene Salvatore) “Su, mamma, smettila; papà è solamente stanco.”


Gabriele Covotta Formatore 36
Terzo esercizio: mettiamo in scena un triangolo drammatico
Dividersi in gruppi da 3 e scrivere un breve dialogo prendendo spunto da questi
esempi; occorre fare recitare i tre protagonisti nei ruoli di vittima, persecutore e
salvatore. Successivamente mettere in scena il dialogo recitandolo al resto della
classe.

1)Giulio, ragazzo di 18 anni, costretto a svolgere troppi e difficili compiti tra i


quali prendersi cura di casa e del fratellino piccolo; la madre è separata,
lavora 13 ore al giorno e vive con i due figli mentre il padre è assente.
Interviene lo zio

2)Lara, donna, 38 anni, ama Carlo suo marito ma questi è sempre in ufficio e
mai con lei; è sessualmente è insoddisfatta e si sente poco considerata.
Interviene l'amante

3)Marco e Francesco, due soci di un'azienda alla pari: Marco è depresso, non
fa ormai più nulla in azienda e allontana le responsabilità del suo ruolo.
Francesco è costretto a sobbarcarsi tutto il lavoro e le responsabilità.
Interviene Luca, amico di Marco.

Gabriele Covotta Formatore 37


Il Triangolo Drammatico
Tutti e tre i ruoli del triangolo drammatico sono inautentici. Quando
una persona è in uno di questi ruoli risponde al “Lì e Allora” –
piuttosto che al “Qui e Ora” – utilizza parti di copione decise da
bambino.

Scopo dei ruoli manipolativi è provocare o invitare gli altri a


reagire in alcuni specifici modi, finalizzati a rinforzare le posizioni
psicologiche iniziali del IO Bambino.

Osservati da un punto di vista esterno questi comportamenti


appaiono paradossali e persino comici; in realtà sono il risultato di
un analfabetismo affettivo e comportamentale, causa di enorme
sofferenza, di turbamenti familiari, di separazioni dolorose.

Tutti noi tendiamo ad affrontare la vita facendo di preferenza i giochi


da una posizione favorita; non è raro, ad esempio, che una persona
che si sente vittima, perseguiti in realtà chi gli sta attorno.
Gabriele Covotta Formatore 38
Quinto esercizio: identificare la propria posizione esistenziale

● Testo fornito dal docente.

Gabriele Covotta Formatore 39


La Posizione Esistenziale
Per sviluppare un'identità
personale ogni persona, a
partire dall'infanzia,
determina qual è il
significato della propria vita.
Alcuni decidono che sono
OK, e vivranno bene. Altri
che non sono ok e che, in
un modo o nell'altro,
falliranno.
Questa aspettativa, basata
sulla decisione di come
sarà la loro vita, sarà la loro
posizione esistenziale
prevalente e influirà su
ogni scelta.

Gabriele Covotta Formatore 40


Io sono OK – Tu sei OK (Sano e costruttivo)
È potenzialmente una posizione di sanità mentale. La persona che
la assume può dare una soluzione costruttiva ai propri problemi. È
probabile che le sue aspettative si dimostrino valide. Riconosce il
proprio valore e accetta quello degli altri. “Vale la pena di
vivere”.
Le persone che giocano in questa posizione possono manifestare,
in modo più o meno evidente, alcune delle seguenti caratteristiche:
● non giudicano e accettano gli altri
● hanno una buona autostima
● sono assertive e fiduciose
● ascoltano e comunicano in modo diretto, chiaro, spontaneo
● hanno aspettative realistiche da sé e dagli altri
● sono flessibili, comprensive, tolleranti, disponibili
● non nascondono le emozioni
● sono “ben disposte” e tendono ad affrontare il problemi
Gabriele Covotta Formatore 41
Io sono OK – Tu non sei OK (Proiettivo o Paranoide)

Posizione proiettiva. La persona si sente vittimizzata o perseguitata e


per questo lo riflette sugli altri. Da agli altri la colpa delle proprie
disgrazie. Portata agli estremi è la posizione di chi delinque: “La tua
vita non vale molto”..
In realtà questa posizione cela una sostanziale insicurezza dove si
nega di avere un problema personale o una diretta responsabilità su
quanto accade.

Le persone che giocano in questa posizione possono manifestare, in


modo più o meno evidente, alcune delle seguenti caratteristiche:

● sono giudicanti, rigide e estremiste


● sono impazienti, competitive, invadenti, prevaricanti,
● sono egocentriche e per questo aggressive, autoritarie
● hanno bisogno di relazionarsi con persone remissive e fragili

Gabriele Covotta Formatore 42


Io non sono OK – Tu sei OK (Depressiva)

Posizione introiettiva. Frequente in persone che si sentono


impotenti, portate a ritirarsi e a cadere in depressione. “La mia vita
non vale molto”.
La persona tende ad “appoggiarsi” agli altri delegando loro
responsabilità e decisioni personali in quanto si percepisce
inadeguato ad affrontare la realtà:

Le persone che giocano in questa posizione possono manifestare, in


modo più o meno evidente, alcune delle seguenti caratteristiche:

● scarsa autostima con atteggiamenti vittimistici e perdenti


● non ritengono attendibili complimenti o sollecitazioni positive
● si sentono a disagio nelle relazioni
● sono depresse, ansiose, remissive,

Gabriele Covotta Formatore 43


Io Non sono OK – Tu non sei OK (Inutilità - nichilismo)

Posizione della futilità. La posizione di chi ha perso interesse per la


vita, ha un comportamento schizoide e può arrivare a gesti estremi
(es. suicidio): “La vita non ha valore”.
Sono persone che vivono con rassegnazione e si esprimono con
frasi del tipo: “Nulla ha senso”... “Non si può fare niente”... “Niente
cambierà”.

Le persone che giocano in questa posizione possono manifestare, in


modo più o meno evidente, alcune delle seguenti caratteristiche:

● hanno scarsa autostima


● sono depresse e rassegnate all’infelicità
● sentono che tutto è inutile
● non assumono iniziative, scaricano problemi e difficoltà
● vivono in balìa degli eventi

Gabriele Covotta Formatore 44


Io Non sono OK – Tu non sei OK (Inutilità - nichilismo)

Posizione della futilità. La posizione di chi ha perso interesse per


la vita, ha un comportamento schizoide e può arrivare a gesti
estremi (es. suicidio): “La vita non ha valore”.
Sono persone che vivono con rassegnazione e si esprimono con
frasi del tipo: “Nulla ha senso”... “Non si può fare niente”... “Niente
cambierà”.

Le persone che giocano in questa posizione possono manifestare,


in modo più o meno evidente, alcune delle seguenti caratteristiche:

● hanno scarsa autostima


● sono depresse e rassegnate all’infelicità
● sentono che tutto è inutile
● non assumono iniziative, scaricano problemi e difficoltà
● vivono in balìa degli eventi

Gabriele Covotta Formatore 45


Le Carezze
Uno degli aspetti più terribili del “genitore” è che stabilisce un serie di regole
che controllano il dare e ricevere carezze dalle quali il bambino ne apprende
la modalità e inizia a sviluppare la propria posizione esistenziale

Le carezze positive (es. ti voglio


bene, ti ascolto, sei importante, mi
prendo cura di te, ti stimo...)
danno, a chi le riceve, la
sensazione di essere ok

Le carezze negative (es.


umiliazioni, svalutazioni,
percosse, abusi, indifferenza...),
danno la sensazione, a chi le
riceve, di essere nonGabriele
ok. Covotta Formatore 46
Sesto esercizio: ridefinire la propria posizione esistenziale

1. fai un breve elenco delle carezze positive (parole, gesti,


atteggiamenti che ti facevano stare bene / sentire adeguato)
ricevute nell'infanzia dagli adulti di riferimento;

2. fai un breve elenco delle carezze negative (parole, gesti,


atteggiamenti che non ti facevano stare bene / sentire
inadeguato) ricevute nell'infanzia dagli adulti di riferimento;

3. nel rileggere i due elenchi cerca di sentire, a livello emotivo, in


quale posizione esistenziale ti collocheresti ora:
● IO SONO OK – TU SEI OK

● IO SONO OK – TU NON SEI OK

● IO NON SONO OK – TU SEI OK

● IO NON SONO OK – TU NON SEI OK

Gabriele Covotta Formatore 47


Stati dell'io, Transazioni ulteriori, Ruoli, Posizione
Esistenziale, costituiscono gli elementi con cui
realizziamo, ad arte, i nostri GIOCHI PSICOLOGICI

Gabriele Covotta Formatore 48


I GIOCHI PSICOLOGICI
Berne ha evidenziato di come l'individuo nasca con una “fame di
carezze” e un conseguente bisogno di riconoscimento: “Io ci sono!”

Il gioco è un frequente,
piccolo/grande dramma della
comunicazione e del rapporto
umano.

Quando il reciproco scambio


di carezze positive è
impedito le persone sono
comunque spinte dal bisogno
di riconoscimento e sono
pertanto portate a scambiarsi
carezze negative.
Gabriele Covotta Formatore 49
Esempio di gioco psicologico:

Marco incontra Anna. S'innamorano e decidono di vivere insieme. Tutto va benissimo, ma con il
passare dei mesi Marco comincia a far soffrire la partner. Ignora i suoi bisogni e le sue emozioni. Le
inveisce contro e talvolta la picchia. Si ubriaca e rincasa tardi la sera. Spende il denaro di Anna e «si
dimentica» di renderglielo. Anna rimane con lui malgrado sia trattata male. Più lui diventa aggressivo
più lei scusa il suo comportamento. Questo va avanti per quasi tre anni. Poi, senza preavviso, Anna
lascia Marco per un altro uomo. Marco torna a casa e trova un biglietto sul tavolo di cucina in cui lei
dice che se n'è andata per sempre. Marco rimane stupito. Dice a se stesso: «Com'è che mi è
successo questo?». Rintraccia Anna, la prega invano di tornare. Più lui la prega, più lei lo rifiuta
duramente, e peggio lui si sente. Marco rimane a lungo depresso, sentendosi abbandonato e privo di
valore. Cerca di capire cos'è che non va in lui: «Che cosa ha quest'altro che io non ho?».
La cosa strana è che tutto questo è già successo altre volte a Marco: ha già avuto due rapporti e due
rifiuti che hanno seguito lo stesso schema. Ogni volta ha detto a se stesso: «Mai più» ma la cosa si
ripete e ogni volta Marco si sente sorpreso e rifiutato.
Marco sta giocando il gioco chiamato «Prendimi a calci».

Anche Anna ha già vissuto tutto questo, ha avuto svariati altri rapporti con uomini prima d'incontrare
Marco. In qualche modo sembra individuare quegli uomini che sono buoni con lei quando la
conoscono appena, ma ben presto cominciano a trattarla male come ha fatto Marco. Ogni volta lei
accetta il comportamento del partner comportandosi da «piccola donna» per un po'. Ogni volta,
inoltre, alla fine cambia improvvisamente idea e di colpo rifiuta l'altro. Quando fa così si sente senza
colpa e in qualche modo trionfante.
Dice a se stessa: «Lo sapevo, gli uomini sono tutti uguali». Ciò nondimeno comincia un rapporto con
una persona nuova e l'intera sequenza viene riproposta un'altra volta.
Il gioco di Anna è chiamato «Ti Ho Beccato».

Gabriele Covotta Formatore 50


Esempio di gioco psicologico:

Mara, un'assistente sociale, è nel suo ufficio a parlare con un cliente che è appena entrato. Ha l'aria
affranta. Il cliente dice: «Temo che sia successa una cosa terribile, il mio padrone di casa mi ha
buttato fuori, e non so dove andare. Non so che fare».
«Oh caro, che brutto», dice Mara con aria afflitta. «Che posso fare per aiutarti?».
«Non lo so», dice sconsolato il cliente.
«Te lo dirò io», dice Mara. «Perché non guardi nel giornale della sera e ti trovi una stanza da affittare
in città da qualche parte?».
«Questo è il problema», dice il cliente con aria ancor più abbattuta. «Non ho abbastanza soldi per
pagare l'affitto».
«Beh, sono certa che potrei fare in modo di farti avere un qualche aiuto per questo».
«Carino da parte tua», dice il cliente, «ma a dire la verità non voglio avere la carità da nessuno».
«Ah, bene, allora che diresti se ti prenotassi un letto all'ostello fino a che non hai qualche altro posto
dove andare?».
«Grazie», dice il cliente, «ma credo che non riuscirei a stare con tutta quell'altra gente quando mi
sento così».
Cade il silenzio mentre Mara si spreme il cervello alla ricerca di nuove idee. Si sente dapprima
stupita, poi non all'altezza e depressa. Dice a se stessa che non è brava ad aiutare gli altri. Nel
frattempo il suo cliente giù in strada si sente indignato e arrabbiato con Mara. Dice a se stesso: «Lo
sapevo che non poteva essermi d'aiuto, e non lo è stata».
Mara entra molto spesso in questo tipo di interazioni. Offre aiuto e consiglio ai clienti, poi si sente
male quando loro non accettano. Anche per il suo cliente l'esito della cosa è altrettanto familiare.
Finisce sempre in qualche modo col rifiutare l'aiuto che gli viene offerto, contemporaneamente
sentendosi arrabbiato e abbandonato da chi lo aiuta.
Mara e il suo cliente stanno giocando una coppia di giochi che molto spesso vanno insieme.
Il gioco di Mara è: «Perché non?» quello del suo cliente gioca è: «Sì, ma...».
Gabriele Covotta Formatore 51
Caratteristiche dei GIOCHI PSICOLOGICI
A partire da questi esempi si evince che:

I giochi sono ripetitivi. Ogni persona gioca il suo gioco preferito più
e più volte nel tempo. Gli altri giocatori e le circostanze possono
cambiare, ma lo schema del gioco rimane lo stesso.

I giochi sono giocati senza la consapevolezza dell'Adulto.


Malgrado il fatto che la persona ripeta i giochi più e più volte, vive
ciascuna proposizione del suo gioco senza essere consapevole di
farlo. E solo nelle parti finali del gioco che il giocatore può chiedersi:
«Com'è possibile che questo sia successo di nuovo?». Ma anche a
quel punto, la persona di solito non si rende conto di aver
contribuito essa stessa a costituire il gioco.

I giochi terminano coi giocatori che provano un'emozione


spiacevole.

Gabriele Covotta Formatore 52


Caratteristiche dei GIOCHI PSICOLOGICI
I giochi comportano uno scambio di transazioni ulteriori tra i
giocatori. In ogni gioco c'è qualcosa che succede a livello psicologico,
diverso da ciò che sembra succedere a livello sociale e apparente. Lo
sappiamo dal fatto che la persona ripete i propri giochi più e più volte,
trovando altre persone i cui giochi si «incastrano» col suo.
Quando il cliente di Mara viene in cerca d'aiuto e lei lo offre, entrambi credono che
sia il loro scopo reale. Ma l'esito della loro interazione dimostra che le motivazioni
inconsapevoli erano molto diverse.

I giochi comportano sempre un momento di sorpresa o


confusione. A questo punto il giocatore ha la sensazione che sia
successa una cosa inaspettata. In qualche modo le persone
sembrano aver cambiato ruolo.
Questo è ciò che Marco ha vissuto quando ha scoperto che Anna l'aveva lasciato.
Anna da parte sua se n'era andata perché aveva improvvisamente cambiato
opinione su Marco.
Gabriele Covotta Formatore 53
Tipologie di GIOCHI PSICOLOGICI: vediamo un video

Chi è Raula?

(tratto da:
“Pensavo fosse
amore... invece
era un calesse” -
1991 – film
diretto e
interpretato da
Massimo Troisi. )

Gabriele Covotta Formatore 54


Tipologie di GIOCHI PSICOLOGICI
Gioco di Lei – Gioco di Lui

Persecutore: Vittima: Salvatore:



Ti ho beccato figlio ●
Prendetemi a calci ●
Sto solo cercando
di puttana ●
Perché capita di aiutarti
● Difetto sempre a me? ●
Che cosa faresti
● Tribunale ● Stupido senza di me?
● Se non fossi come te ● Non è terribile ● Cavaliere
● Violenza carnale ● Gamba di legno ● Lieto di essere utile
● Guarda cosa mi hai ● Guardie e ladri ● Saranno contenti di
fatto fare ● Alcolizzato, drogato avermi conosciuto
● Angolo ● Guarda che m’ hai ● Perchè non
● Goffo pasticcione fatto fare
● Si, ma
● Prima si, adesso no

Gabriele Covotta Formatore 55


Quale emozione ci guida? Vediamo due video


Le emozioni
di base


L'inefficacia delle
emozioni parassite

(tratto da:
“Inside Out”
film del 2015
Pixar Animation
Studios

Gabriele Covotta Formatore 56


I GIOCHI si nutrono di EMOZIONI PARASSITE
Il video mostra tutta una serie di emozioni parassite inadatte
a risolvere il problema nel qui ed ora.
Emozioni negative autentiche:

● rabbia
● paura
● tristezza

Esempio: l’energia emotiva legata alla


tristezza che prova Riley nel video,
avrebbe la necessità di essere
scaricata ma, non potendo trovare un
canale espressivo diretto, assume i
connotati di un'emozione ritenuta
erroneamente, più efficace come la
rabbia.

Gabriele Covotta Formatore 57


I GIOCHI si nutrono di EMOZIONI PARASSITE
L'espressione di emozioni autentiche è l'unico modo
adeguato per risolvere problemi nel qui ed ora mentre
l'espressione di emozioni parassite non lo è!

Problem solving di 3 Ad esempio, ogni


emozioni autentiche: volta che provo paura,
rabbia o tristezza al di
Paura – futuro fuori della loro
cornice temporale
Rabbia – presente significa che sto
provando
Tristezza - passato un'emozione parassita

Gabriele Covotta Formatore 58


Ma arrivati a questo punto,
alla luce di quanto fin'ora
evidenziato, sorge
spontanea una domanda:

Perché Giochiamo???

Gabriele Covotta Formatore 59


Perchè giochiamo?
● I giochi psicologici sono tentativi (ripetuti e
fallimentari) di soddisfare alcuni nostri bisogni
inappagati;

● Il gioco è fonte di riconoscimento (meglio una


carezza negativa che nessuna carezza);

● I giochi aiutano a mantenere le relazione all'interno


di schemi prevedibili;

● Al termine di ogni gioco riceviamo la conferma


(tornaconto) che noi, gli altri o il mondo sono
effettivamente come ce li immaginiamo;

...e tutto questo, anche se fonte di sofferenza, in


fondo ci rassicura perché ci fa sentire coerenti al
copione di vita che ci siamo scelti.

Gabriele Covotta Formatore 60


È possibile smettere di “Giocare”?
In questo breve corso abbiamo trattato in modo sommario delle interazioni
disfunzionali della comunicazione tra gli esseri umani, di come esse sono
diffuse e inconsapevoli, ma c’è una buona notizia: è possibile riuscire a
sottrarsi ai “giochi psicologici”!
Sviluppare la consapevolezza: se ci si accorge del “gioco” è possibile
non prenderne parte oppure uscirne mediante una comunicazione chiara e
costruttiva.
Analizzare i propri comportamenti e atteggiamenti: la maggior parte
del tempo mi sento più Vittima, Persecutore o Salvatore? Qual è il mio
atteggiamento psicologico prevalente: “Povero me!”, “E' colpa tua!” o “Ci
penso io!”? Come mi vedono gli altri? Mi cercano per ricevere aiuto? Si
sentono costantemente criticati da me? Mi danno aiuto e consigli non
richiesti?
Farsi aiutare: non è semplice essere obiettivi ed onesti con sé stessi
ragione per cui risulta più efficace giungere alla conoscenza dei propri ruoli e
“giochi” prevalenti mediante un aiuto psicoterapico o counselling.
Gabriele Covotta Formatore 61
Se il ruolo abituale è quello di Vittima, è utile:
● Stabilire cosa si vuole e passare all’azione. A questo scopo,
occorre divenire i “salvatori di se stessi” assumendo una mentalità
da “problem solver” e chiedersi: “Di cosa ho realmente bisogno?
Cosa voglio? Quali sono i passi per raggiungere ciò che voglio?”.
Una volta stabiliti i propri obiettivi non bisogna dimenticarsi di
passare all’azione anche se la tentazione di procrastinare può
essere forte.
● Accettare l’aiuto altrui, ma comunque fare la propria parte. Se
si riceve dell’aiuto (magari da un Salvatore), va bene riceverlo, ma
poi occorre saper proseguire e portare a termine i propri compiti
utilizzando le proprie risorse.
● Tenere un “Diario dei Successi”: uno speciale quaderno ove
riportare quotidianamente i propri successi. Settimanalmente è
anche utile rispondere per iscritto alla domanda: “Cosa ho
raggiunto di positivo e con le mie forze questa settimana?” .

Gabriele Covotta Formatore 62


Se il ruolo abituale è quello di Persecutore, è utile:
● Esprimere chiaramente i propri desideri e le proprie
aspettative. Si ha bisogno di pensare a se stessi come a delle
persone sullo stesso livello degli altri. Di conseguenza, si ha
bisogno di lavorare sull’approccio con gli altri che dovrà essere
saldo e, al contempo, corretto e rispettoso.
● Esprimere chiaramente le conseguenze rispetto alle azioni
altrui e fornire delle opzioni: “Se non ti atterrai al nostro accordo,
io non mi considererò più coinvolto. Scegli tu”. Invece di aggredire
l’altro da una posizione “up”, è più utile stabilire dei chiari confini
comunicandogli i propri desideri e le conseguenze delle sue azioni.

Gabriele Covotta Formatore 63


Se il ruolo abituale è quello di Salvatore, è utile:
● Stabilire dei confini con la persona in difficoltà, ad esempio
stabilendo con chiarezza: “Ti ascolto per quanto riguarda il tuo
problema, ma posso dedicarti solo venti minuti”.
● Inviare il messaggio: “Ci tengo a te e so che hai le capacità di
risolvere i tuoi problemi”. A questo scopo è utile assumere la
mentalità di un trainer che voglia insegnare a pescare e non
fornire direttamente il pesce alla persona (rendendola dipendente).
● Non fare nulla che l’altra persona non possa fare da sé: risulta
più utile ascoltarla, sostenerla e incoraggiarla ad assumersi le
proprie responsabilità, a trovare le proprie soluzioni e a risolvere i
propri problemi da sé. La domanda da porsi è: “Cosa posso fare
per aiutare questa persona ad aiutarsi da sé?”. Le domande da
porre alla persona in difficoltà, invece, potrebbero essere: “Cosa
vorresti che succedesse? Cosa pensi di poter fare per risolvere il
problema?”.
Gabriele Covotta Formatore 64
Grazie per l'attenzione e...

Buona
Gabriele Covotta Formatore Vita!
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