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Non è facile dare una definizione perché non si tratta solo di uno strumento, un
modello o un linguaggio. E' una visione, una filosofia finalizzata a vivere più in
contatto con noi stessi e con gli altri e con la nostra comune natura empatica e
per dare e ricevere col cuore. La tecnica della Comunicazione empatica,
consiste in quattro passaggi apparentemente facili. Ci risultano difficili perché
non siamo stati educati nella direzione di una comunicazione collegata alla vita.
Allo stesso tempo è qualcosa che ci appartiene. Da piccoli, infatti, tutti
“parlavamo” in maniera naturale questo tipo di linguaggio: facevamo capire
molto chiaramente di cosa avevamo bisogno e lo facevamo in un modo che
Intervista a Marshall Rosenberg
Un esempio concreto
Una persona mi dice: “Sono stufa. Non mi chiami mai, devo sempre chiamarti
io”. Questa persona non conosce la Comunicazione Nonviolenta. Io sono
interessata a una connessione e sposto la mia attenzione dall'interpretazione
Intervista a Marshall Rosenberg
all'osservazione. Poi verifico chiedendo: “Ti riferisci al fatto che gli ultimi due
mesi mi hai chiamato due volte mentre non hai ricevuto chiamate da parte mia”?
Chiarisco molto bene l'osservazione che potrebbe essere lo stimolo, poi mi
sposto sui sentimenti che potrebbe provare: “Rispetto a questo ti senti forse
frustrata e dispiaciuta…? Verifico in forma di domanda perché non possiamo
mai sapere come sta un'altra persona, possiamo sapere solo come stiamo noi.
Dunque verifico i bisogni: “Perché hai bisogno di fiducia nelle mie intenzioni
rispetto alla nostra amicizia”? L'obiettivo non è indovinare la cosa giusta,
l’obiettivo è la connessione. Aspetto come reagisce l'altra persona. Magari mi
dice: “Sì, tu non mi chiami e io non so cosa pensare”. A quel punto sono in
contatto col suo bisogno. Fiducia nell'interesse è un bisogno che ho anch'io. Il
primo passaggio è l'osservazione. Insieme al sentimento e al bisogno mi
permettono di connettermi a come sta l'altra persona, a cos'è vivo nell'altro.
L'ultimo passaggio è la richiesta. Verifico: “Vorresti che ti dicessi come mai non
ti ho chiamato? Esplicito una richiesta che sento potrebbe essere quella che
l'altro vorrebbe farmi. Una possibile risposta potrebbe essere: “No. Voglio
sapere se sei ancora interessato alla nostra relazione”. La nostra attenzione, la
mia insieme a quella dell’altro, è pienamente sulla connessione tra di noi. Se
una persona mi dice che non la chiamo mai e che è sempre lei a chiamarmi,
potrei intendere molto facilmente una critica nelle sue parole. Potrei essere
portata a crederci, a giustificarmi, a scusarmi o a contrattaccare. A quel punto
non sarebbe possibile creare una connessione da cuore a cuore. Con
l'allenamento all'ascolto non è necessario che l'altro conosca il linguaggio
Comunicazione empatica. Sono io che ho la consapevolezza che attraverso
l'attenzione su osservazione, sentimento, bisogno e richiesta posso contribuire
ad attivare un’energia che, circolando, ci metterà in connessione e ci permetterà
di trovare una strategia che piacerà ad entrambi.
Se una delle due parti fosse, per ipotesi, in malafede, che cosa
succederebbe?
Se io ho il pensiero che l'altro sia in malafede, questo mio pensiero indica il mio
bisogno di fiducia non nutrito. Davanti a qualcosa che l'altro ha detto o fatto, io
non sono soddisfatto. Quando diciamo che l'altro è in malafede, in realtà
parliamo della nostra reazione rispetto a qualcosa che gli abbiamo visto fare o
sentito dire.
Intervista a Marshall Rosenberg
E' molto difficile però essere sempre a contatto con i nostri veri sentimenti
e bisogni. Com’è possibile riuscire ad essere sempre connessi?
Uso delle marionette per rendere chiaro in un modo divertente la differenza tra
linguaggio abituale e linguaggio naturale. Lo sciacallo rappresenta un modo di
comunicare scollegato dalla vita, mentre la giraffa comunica con l'intenzione di
connettersi a sé e all’altro.
Non stiamo dando per scontato, però, che gli esseri umani siano tutti
buoni, con ottime intenzioni e con bisogni “buoni”? Se non fosse sempre
così?
Credo che tutti gli esseri umani facciano quello che sanno fare per prendersi
cura dei loro bisogni. Alla base della Comunicazione empatica c'è la visione
dell'essere umano come tendente alla vita. L'essere umano in ogni momento fa
la cosa migliore che sa fare. Questa visione è diversa da quella molto diffusa,
che considera l'essere umano un po' difettoso e pensa che a volte debba soffrire
per imparare ad essere migliore. In questa visione, quello che è giusto o
sbagliato, lo sanno le autorità.
Non si finisce mai di imparare. E' una continua ricerca. Io stesso continuo ad
imparare da ogni singola esperienza ed è proprio questo l’aspetto che mi piace
di più.
Sono entrambe strategie, non bisogni. I soldi non sono un bisogno, sono una
strategia che a volte ci permette di soddisfare diversi bisogni: autonomia,
sicurezza, riconoscimento, ecc. E’ chiaro che nel momento in cui mi trovo davanti
persone che operano nel nome di un organizzazione, andare verso una
connessione reciproca diventa più difficile. Possiamo influenzare organizzazioni,
multinazionali e anche governi che hanno una visione che definisce l'essere
Intervista a Marshall Rosenberg