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PEDAGOGIA

Ospite della lezione di oggi è Mario Beretta, ex allenatore di Serie A e ora docente alla
Scuola Allenatori di calcio per la FIGC; da qualche anno collabora anche con YOUSPORT
associazione che si occupa di "calcio inclusivo", ossia far sì che tutte le persone possano
accedere allo sport, soprattutto quelle che non ne hanno i mezzi e le possibilità (migranti,
persone con disabilità, emarginati sociali...)
Le due testimonianze di oggi ci proiettano nel futuro: le possibilità professionali per chi studia
Scienze Motorie sono tantissime, dall'allenatore nelle giovanili (che come ci dice Mario si
occupa principalmente della formazione e della crescita dei ragazzi), all'allenatore
professionista (che deve gestire un mondo complesso: le dirigenze sportive, la stampa, il
rapporto con i tifosi), all'allenatore "al quadrato", cioè allenatore di allenatori.
Non solo: con Yousport, parliamo di professionisti di ogni settore [dallo sport alla medicina,
dalla psicologia all'ingegneria, dalle lingue alla ...pedagogia (mediazione culturale)] che si
occupano di progetti a sfondo sociale, in cui lo sport è strumento per la promozione umana.

ASCOLTANDO MARIO BERETTA: ALCUNE CONSIDERAZIONI PEDAGOGICHE


La prima frase che ho annotato è "Non possiamo trattare tutti allo stesso modo: dire che
siamo tutti uguali è una falsità, siamo tutti diversi".
L'IMPORTANZA DELL'ASCOLTO → Nella sua esperienza Mario, entrando in contatto con
centinaia o forse migliaia di giovani e adulti, si è reso conto che ognuno di noi è unico e
ognuno va ascoltato per ciò che è, nella sua unicità. Credo sia una testimonianza perfetta
dell'importanza dell'ascolto inteso come "mi metto di fronte a te e sono pronto a uscire dai
miei schemi e incontrare qualcosa/qualcuno di unico e irripetibile". Ciò vale non solo per le
persone ma anche per i contesti: allenare a Torino è stato diverso che allenare a Verona
CHI NON RISCHIA... NON CRESCE! → Dopo anni di esperienza coi giovani, a Mario è
stato chiesto di allenare una prima squadra, quindi adulti, professionisti, non più adolescenti
in crescita (ricordate che "adolesco" vuol dire "ho fame e sto crescendo"?). Per gli
adolescenti, si trattava certamente di occuparsi dell'aspetto tecnico ma soprattutto essere
"educatore", cioè avere un occhio sul percorso umano. Con gli adulti Mario non aveva mai
lavorato: accettare il lavoro per lui, quindi, è stato un RISCHIO, un salto nel vuoto...
potremmo dire un'avventura, con il linguaggio di Bertolini. Accettare le sfide, sempre, in ogni
momento della vita! (tra l'altro anche allenare una squadra di migranti, per Mario, è stata una
nuova sfida, un rischio)
AMBIENTE E APPRENDIMENTO → Cito testualmente: "l'ambiente gradevole aumenta
l'apprendimento". Si parlava di spogliatoi, di campo da gioco. E dell'allenatore che deve aver
cura anche degli spazi. Gli spazi, il setting, sono stati un grande tema del nostro corso, e
una cosa che dicevamo era proprio che l'ambiente influisce sulle relazioni tra le persone e
sull'apprendimento (Franco Lorenzoni per es.) Lo stesso concetto lo ha espresso Matteo
Capone, il responsabile di Yousport, quando diceva che una parte importante del loro
progetto è far sì che i campi da gioco siano belli.
GLI ERRORI → Mario guarda indietro e dice "di errori ne ho fatti una valanga"... la vita di
ogni sportivo (e ogni persona, direi) è costellata di errori: la nostra forza è non farci
spaventare dall'errore, andare avanti, imparare...
IL CONTINUO CAMBIAMENTO → Dice Mario "quanto sono cambiato in 35 anni di
lavoro...". Ricordate il concetto di "lifelong learning"? Si impara lungo tutta la vita, a tutte le
età... è il bello dell'imparare! È ciò che ci tiene in vita!
Noi impariamo facendo esperienza e secondo lo studioso John Dewey "we learn by doing
something". Prima si parlava solo di una trasmissione, mentre ora il punto focale è proprio il
fare
John si laurea in filosofia e si appassiona alle nuove correnti di quei tempi, il pragmatismo e
l’evoluzionismo, distaccandosi dalle filosofie “non-corporee”.
- Pragmatismo = l’azione forma il pensiero (non viceversa) e determina il cambiamento
- Evoluzionismo = basato sulle teorie di darwin, è l’ambiente modifica l’individuo (e
viceversa) in base alle reciproche interazioni
Tutto ciò, unito alla sua passione politica e all’esperienza accumulata grazie ai suoi
numerosi viaggi, fu la base per l’innovazione pedagogica per cui lo ricordiamo, basata
soprattutto sul concetto di ESPERIENZA EDUCATIVA
Educare quindi significa fare esperienze e il compito dell'educatore è:
1. Predisporre setting
2. Creare incontri con la materia con cui ha a che fare
3. Far fare e far muovere verso l'oggetto di apprendimento
4. Mettersi in ascolto e poi scegliere l'esperienza da far fare
→ punto focale è quindi fare un'esperienza
Ma l'aggettivo educativo si può usare solo quando:
● Apre ad altre esperienze e quindi scatena una catena di eventi
● Mette in moto una ricerca
● Fa nascere domande
● Apre ad un cambiamento, anche talvolta di sè
● Fa riflettere (come ad esempio si faceva con l'autobiografia)
→ quindi impariamo sulle esperienze e soprattutto sulle riflessioni delle esperienze

La parola intelligenza deriva dal latino e significa saper leggere dentro, quindi guardare la
realtà e saper cogliere cosa c’è davanti a noi; l’intelligenza è il modo in cui l’individuo si
interfaccia e impara in 9 differenti modi (nove intelligenze Gardner); nonostante questo
l’essere umano è un mix di fattori interni ed esterni che permettono a lui stesso di essere
differente da chissà altro
Ma nella pedagogia intelligenza significa riconoscere i modi con cui impariamo, quindi i
diversi modi con cui entriamo in contatto con la realtà; ognuno di noi ha una propria
intelligenza che non è però possibile settorializzare in quanto noi esseri umani siamo
complessi
→ In generale, l’intelligenza pedagogica è l’insieme delle cose che stiamo studiando in
questo corso: la capacità di ascoltare le persone, di mettersi in relazione, di predisporre un
setting, di rischiare senza aver paura di sbagliare
Innanzitutto l’intelligenza nasce e ci permette di far crescere anche attraverso l’esperienza;
uno dei primi studiosi fu Jean Piaget che ispirato dagli studi di biologia e psicoanalisi formulò
una nuova disciplina: epistemologia genetica, alla base dei suoi futuri studi sullo sviluppo
cognitivo
Possiamo poi parlare di 3 movimenti dell’intelligenza:
1. assimilazione, ovvero l’interazione con l’ambiente nei modi che conosco, in poche
parole vedo/so una cosa nell’ambiente e la utilizzo
2. accomodamento, azione che permette di modificare i miei schemi in relazione ad un
elemento a me sconosciuto nell’ambiente → situazione che si verifica dopo un
disequilibrio con la produzione di un nuovo schema corporeo
3. omeostasi o equilibrio, situazione venutasi a creare dopo l’incontro con qualcosa di
nuovo e nuovo schema
→ questo schema si ripeterà continuamente con fasi di disequilibrio e successivi
equilibri ecc ecc.
Piaget quindi formulò una serie di 4 stadi dello sviluppo cognitivo, dopo aver raccolto un
sacco di dati e risultati
● sensomotorio 0-2 anni, in cui conosciamo il mondo attraverso i sensi e il movimento,
è una fase in cui il bambino non distingue il mondo da se stesso → fase egocentrica
perché non abbiamo una distinzione tra individuo e mondo, ciò che accade fuori
accade nel e al mondo
● pre-operatorio 2-7 anni, l’essere umano inizia ad usare simboli rappresentando,
facendo finta e creando libere associazioni a livello mentale perché l’individuo fa
connessione tra cosa sta vivendo e cosa ha vissuto
● operatorio concreto 7-12 anni, prende forma il ragionamento
matematico-classificazione-logica-problem solving
● operatorio formale 12+ anni, capacità di formulare pensieri astratti, immaginare e
immedesimarsi con gli altri; per cui abbiamo un passaggio da centro del mondo a
differenziazione e presa coscienza dell’essere un vero e proprio individuo in
relazione con l’esterno e gli altri → progressività dell’intelligenza umana
→ la divisione in stadi è fluida e discontinua, per cui gli stadi si attraverso l’un l’altro e si
mischiano
Un altro importante esponente fu Howard Gardner che scrisse il libro “Formae mentis” nel
1987 in cui vennero descritte e raggruppate le 9 intelligenze
1. intrapersonale
2. interpersonale
3. visuo-spaziale
4. naturalistica
5. logico-matematica
6. esistenziale
7. musicale
8. cinestesico-corporea
9. linguistica
Successivamente nel 2007 sempre lui scrive un altro libro “le 5 chiavi per il futuro”, che va
ad identificare 5 nuove differenti intelligenze, basate su nuovi studi e nuovi cambiamenti, e
che soprattutto sono utili all’individuo per non estinguersi
- intelligenza disciplinare, la capacità di sapere approfondire e conoscere a fondo una
cosa che noi scegliamo, per poi essere disciplinati su quella cosa; evita un rischio
fortissimo ad oggi = la dispersione conoscitiva, ovvero il non imparare nulla di fronte
alla miriade di cosa che abbiamo di fronte oggi
- intelligenza sintetica, la capacità di fronte all’enormità di info moderne di creare
connessioni-sintesi unire i pezzi del puzzle mettendo a sistema; permette inoltre di
fare collegamenti e connessioni tra più aspetti
- intelligenza creativa, la capacità del problem solving, dell’accettare gli errori come
parte del processo e saper trovare una soluzione
- intelligenza rispettosa, la capacità di cogliere differenze tra gli individui e saperle
rispettare, è la modalità o state of mind/mindset di trovarsi di fronte a qualcosa che
non penso e quindi diverso pur sapendolo accettare
- intelligenza etica, la capacità di essere etici in relazione alla natura, per cui le nostre
scelte che si rifanno sul mondo esterno o sistema

La “competenza jazz” è quella dote che un educatore deve saper gestire, ovvero la dote di
saper improvvisare → il jazz è quindi quel genere musicale in cui si improvvisa, non a caso i
musicisti si ascoltano a vicenda, si supportano e si mettono al servizio delle proposte
musicali; si valorizza ciò che arriva soprattutto quello più inaspettato
Competenza significa: piena capacità di orientarsi in un determinato campo, ma in particolare In
pedagogia, è la capacità dimostrata da un soggetto di usare le conoscenze acquisite, le
specifiche abilità e le attitudini personali, di interazione sociale e di carattere metodologico per
svolgere in modo autonomo e con senso di responsabilità determinate attività, spec. di studio o
di lavoro
Possiamo anche citare delle competenze di cittadinanza, ovvero dei punti che il Parlamento e la
Commissione europea si è posta come oggetto necessario a ogni cittadino per poter vivere nella
società; per cui solo nel 2018 si è venuti a conclusione con la redazione di un documento in cui
sono esplicitate le 8 capacità che ognuno deve possedere e che i dispositivi educativi devono
avere come obiettivo:
1. competenza alfabetica funzionale, si concretizza nella piena capacità di comunicare,
sia in forma orale che scritta, nella propria lingua, adattando il proprio registro ai
contesti e alle situazioni; fanno parte di questa competenza anche il pensiero critico
e la capacità di valutazione della realtà
Il contrario si riscontra con l’analfabetismo funzionale, ovvero non capire o recepire le
informazioni
2. competenza multilinguistica, prevede la conoscenza del vocabolario di lingue diverse
dalla propria, con conseguente abilità nel comunicare sia oralmente che in forma
scritta. Infine, fa parte di questa competenza anche l'abilità di inserirsi in contesti
socio-culturali diversi dal proprio
3. competenza matematica e di base in scienze/tecnologie: le competenze matematiche
sono quelle che permettono di risolvere i problemi legati alla quotidianità; quelle in
campo scientifico riguardano la capacità di comprendere le leggi naturali di base che
regolano la vita sulla terra; quelle in campo tecnologico, infine, riguardano
l’applicazione pratica delle conoscenze scientifiche per il bene comune → capire
come funzionano le cose
4. competenza digitale, è la competenza propria di chi sa utilizzare con dimestichezza le
nuove tecnologie, con finalità di istruzione, formazione e lavoro. A titolo
esemplificativo, fanno parte di questa competenza: l'alfabetizzazione informatica, la
sicurezza online, la creazione di contenuti digitali
5. competenza personale, sociale, di imparare ad imparare: la capacità di riflettere su sé
stessi, di gestire efficacemente il tempo e le informazioni, di lavorare con gli altri in
maniera costruttiva, di mantenersi resilienti e di gestire il proprio apprendimento e la
propria carriera
E’ alla base inoltre della nostra curiosità, quindi di voler continuare a scoprire e
imparare cose nuove
6. competenza sociale e civica in cittadinanza: la capacità di agire da cittadini
responsabili e di partecipare pienamente alla vita civica e sociale, in base alla
comprensione delle strutture e dei concetti sociali, economici, giuridici e politici oltre
che dell’evoluzione a livello globale e della sostenibilità
7. competenza imprenditoriale, la capacità di agire sulla base di idee e opportunità e di
trasformarle in valori per gli altri; ma non solo è anche la capacità di sviluppare
un’idea a proprio vantaggio
8. competenza di consapevolezza ed espressione culturale: la comprensione e il rispetto
di come le idee e i significati vengono espressi creativamente e comunicati in diverse
culture e tramite l’arte
N.B. in tutto questo manca comunque qualcosa in relazione con il corpo, la consapevolezza
di sé e purtroppo anche lo sport → nelle prime 3 competenze possiamo riscontrare
comunque un tratto di Ken Robinson, il quale affermava come nella scuola non fosse
valutata la parte corporea, per cui possiamo definirle come competenze statiche che
mettono in secondo piano l’educazione fisica
Per noi educatori le competenze necessarie, per far si che i propri utenti raggiungano i
traguardi, sono altre 8 competenze approvate dal MCE e definite da Lorenzoni come le “8
competenze di Montecastrilli":
1. competenza di affacciarsi e sporgersi, quindi aprirsi all’esterno e saper uscire per
fare qualcosa che non sarà poi utile solo a me, ma che può allargarsi a tutto (=
multidisciplinarietà); per cui non osservo solo, ma mi sporgo, e l’attitudine allo
sporgermi e sbilanciarmi non riguarda solo in contenuti, ma anche i metodi e le
strade con cui compio le necessarie manovre di avvicinamento verso nuovi “territori”
da esplorare; utilizzo diversi linguaggi → la pedagogia come l’ascolto, un ballo, che
prima fa un passo indietro per ascoltare e poi con un passo in avanti si mette in gioco
2. competenza del decentrarsi, divertirsi e saper vedere le cose da un altro verso, per
cui parleremo di una deviazione
Anche qua è di fondamentale importanza il linguaggio, che è un buon alleato del
pensiero e permette di differenziare
- diversità: complessa e sfaccettata; cerca verità nella relazione e chiede
anche autenticità; è ricchezza, ma anche fatica
- divertimento
→ stessa etimologia che evoca al capovolgimento, quindi al guardare un’altra
parte e cambiare verso
3. competenza del provare curiosità e amore verso la cultura in ogni suo aspetto,
dobbiamo incarnare l’amore per la conoscenza e riconoscere la straordinaria
stratificazione di storia e arte; in particolare diremo che
- cultura è curiosità critica e capacità di discussione di ciò che accade
- arte è ribellione al proprio tempo e proposta di diversi sguardi sul mondo
- scienza è rimettere continuamente in causa ciò che diamo per scontato e
vero
→ la scuola è il tempio in cui questo apprendimento è possibile
4. competenza del fringuello picchio delle Galapagos, overo un uccellino che costruisce
il proprio nido sulla pianta che tutti gli altri schifano, per cui questo insegna che non
dobbiamo aver paura di differenze o difficoltà presenti nell’utente che dobbiamo
educare, soprattutto se egli presenta difese
Dobbiamo riuscire a trasformare le armi di difesa aggressiva in elementi di
nutrimento, competenza di capacità costruttiva concreta se abbiamo l’intenzione e
ambizione di rendere la scuola un ambiente inclusivo
5. competenza dell'improvvisazione jazz e del navigare bolina, ovvero quando si ha il
vento contro e si deve attuare una soluzione cosiddetta a zig zag → bisogna saper
improvvisare e arrivare all’obiettivo prefissato
La qualità si misura anche nel non dare mai nulla per scontato e sapere
continuamente cambiare strada
N.B. è quindi competenza principale dell’educatore saper accogliere l’imprevisto e
risolverlo
→ ecco la competenza jazz= utilizzare il proprio strumento, qualsiasi esso sia, per
portare all’esterno le nostre idee maturata e sedimentate, ma anche il nostro stato
d’animo ed espressione della personalità
6. competenza del saper sostare nelle domande e abbandonare le proprie abitudini
mentali; è quindi normale essere in ricerca anche da adulti e sostare a lungo intorno
a domande insieme ai nostri ragazzi; è normale essere nomadi erranti capaci di
immaginare nuove tappe da disegnare mentre si è in cammino
Dobbiamo coltivare e predisporci ad uno sguardo creativo ed aperto; la didattica
itinerante diventa una chance per costruire competenze di cittadinanza, competenze
professionali e competenze cognitive → Carla Melazzini
7. competenza dell’essere educatori rabdomanti, ovvero capaci di scoprire sorgenti
nascoste in coloro che educhiamo, ma anche nel nostro interno, dobbiamo scavare e
poi far emergere per poter infine condividere → senso di comunità, quando desidero
ascoltare l’opinione e il punto di vista di tutti gli altri
8. competenza dell’accorgersi delle discriminazioni grandi e piccoli, fin dal primo loro
affiorare; oltre alle discriminazioni dobbiamo anche accettare chi è diverso da noi,
per cui possiamo anche definire questa competenza come “competenza rispettosa di
Gardner”
Esistono discriminazioni evidenti e nascoste; la discriminazione è una delle maggiori
cause di sofferenza nell’infanzia e in tutta la vita; accrescere il nostro senso di
giustizie e accorgerci di ogni forma di esclusione e discriminazione è una qualità
necessaria. Coltivare una sensibilità che renda intollerabile ogni forma di
discriminazione è una competenza fondamentale per chi educa. E’ condizione
imprescindibile perché si creino condizioni positive per l’apprendere. Se non si ha
fiducia in se stessi, se non si sente di essere ascoltati ed accolti, difficilmente ci
costruisce una relazione viva con la conoscenza → cultura è relazione
Per cui infine possiamo dire che è molto importante saper improvvisare, ma esso richiede
delle abilità precise:
- saper ascoltare
- cogliere la situazione del qui ed ora
- adattamento e flessibilità, soprattutto interiore
- saper accogliere e valorizzare
- reagire e non mollare, quindi avere fiducia e tenacia
- creatività
- non soffermarsi, non sottovalutare o avere paura dell’errore
L'improvvisazione soprattutto in noi educatori è fondamentale, per cui ci sono alcuni principi
da non omettere:
● YES AND: accettare le proposte soprattutto quando o meglio anche quando non
corrispondono a ciò che si aveva in mente, E costruire creativamente una reazione o
proposta basandomi sulla nuova proposta
Noi ci rivolgiamo continuamente a persone che ci mostrano cosa pensano e cosa a
loro interessa, per cui è molto importante prestare attenzione-ascoltare-documentare
e questo è il primo passo per un apprendimento situato
● DON’T PREPARE: non entrare in scena con un’idea prestabilita perché potremmo
condizionare eccessivamente, ingabbiando la possibilità di ricerca con gli studenti e
di incontro, dobbiamo rimanere aperti e disponibili all’imprevisto
● JUST SHOW UP: quando si ha un vuoto, è il momento di entrare in scena e in gioco;
bisogna fidarsi del processo, del gruppo e del pubblico, perché ogni cosa è
interessante e bisogna anche lasciarsi sorprendere → tutto può fungere da input da
rielaborare per poi costruire un percorso autentico e arricchire la comunità
● BE AVERAGE: non cercare il protagonismo, ma indaga per un approccio più
semplice, per cui la quotidianità della realtà educativa contiene il necessario a far
accadere un ottimo processo educativo
● PAY ATTENTION: la presenza definisce l’attenzione, per cui la capacità di percepire
il grand quantitativo di dettagli alza la qualità della scena; la percezione è azione, e di
conseguenza le nostre azioni e decisioni sono fortemente connesse con le nostre
funzioni percettive
L'immediatezza delle situazioni in cui ci troviamo determina il nostro fare didattico ed
educativo → fondamentale è allenare l’attenzione
● LET MISTAKES HAPPEN: l’errore è nel migliore delle ipotesi una possibilità creativa,
ma non per questo bisogna soffermarsi sull’errore giudicando negativamente
soprattutto noi stesso, o vergognandosi
Errore è molto spesso attribuzione di valore istituzionalizzato a una risposta inattesa,
in ogni errore giace la possibilità di una storia, approfondimento, ricerca o
discussione
● MAKE YOUR PARTNER LOOK GOOD: supportando e valorizzando, arricchendo il
personaggio che ho di fronte, offrendogli possibilità; in collaborazione si ha una
risultate dell’azione maggiore, che non sarà solo la somma delle parti, ma una mente
collettiva in grado di rispondere in modo originale ai problemi
→ nessuno è in completo controllo, ma tutti siamo responsabili

L’outdoor education o “formazione fuori porta”, significa fare qualcosa all’aperto, si definisce
a livello internazionale un orientamento pedagogico che intende favorire le esperienze in
presa diretta con l’ambiente → concetto già visto con Franco Lorenzoni
N.B. l’ambiente influenza la formazione e l’accrescimento, per cui vanno usate tutte le
possibilità e opportunità
L’OE ha una storia antica e non aveva bisogno di essere tematizzata, in quanto tempo fa la
vita si svolgeva principalmente all’aperto , tolti i tempi familiari e scolastici che tendevano a
rilegare all’interno (fattore di concentrazione)
→ ma è all’aperto che si svolge la maggior parte del nostro imparare
Frobel, studioso tedesco, ha inventato le scuole completamente all’aperto; ad oggi una delle
scuole rimanenti è la Ghisolfa a Milano
Importante è sapere che la vita a contatto con la natura riveste un’importanza centrale sia
sul piano educativo che sul piano della qualità della vita
Oggi l’OE diventa oggetto pedagogico, perchè la maggior parte della programmazione delle
esperienze libere che proponiamo è in spazi chiusi, quindi le esperienze libere all’aperto
stanno diventando invisibili → determina una crisi oggettiva dell’educazione con difficoltà di
competenze psicomotorie, cognitive ed emotive; non hanno percezione del proprio corpo,
non imparano ad essere persona nel vero senso della parola
Infatti anche a livello medico, queste condizioni al chiuso ci dicono che sulla salute dei
bambini sono frequenti:
- disturbi fisici e motori
- asma
- allergie
- miopia
- disturbi psicologici ed emotivi
- ansia e fobia precoce
- obesità
→ questione pedagogica e soprattutto fisica
Ma gli adulti che ruolo hanno e cosa fanno? = l’adulto si preoccupa che il bambino sia al
sicuro, in condizioni di non rischio, lo protegge, ma facendo così lo sottrae ad esperienze
esterne fondamentali per paura di uscire da determinati confini
Psicologicamente parlando possiamo quindi citare la questione del controllo, che è
l’intenzione o volontà dell'essere umano di governare ciò che sta intorno a se e limitare un
danno → nel 2007 si è parlato della “bubble wrap generation” (Malone)
Per cui il problema è nostro, le ansie degli adulti hanno trasformato la necessaria
prevenzione in dannosa iperprotezione; l’azione conseguente è il blocco
Non si pensa al danno educativo che si provoca intenzionalmente ai bambini
Le ragioni positive per cui attuare l’OE sono:
1. esercizio motorio maggiore
2. esposizione alla vitamina D
3. migliori capacità motorie grossolane e fini
4. si apre la mente della persona
5. meno possibilità di essere “infettati” da microrganismi
→ il movimento deve essere dosato in un adeguato modo fin dai primi anni di vita per
favorire uno sviluppo psicomotorio, cognitivo e sociale; inoltre in secondo luogo vengono
effettuate esperienze motorie per sviluppare la sicurezza in sè e nelle capacità di gestione di
situazioni difficili, per cui vengono azionate le potenzialità del soggetto
Alla base ci sono comunque delle necessità scientifiche:
● attivare pensiero scientifico con piacere della scoperta e curiosità
● attenzione
● affrontare e risolvere problemi
● capacità di stare con gli altri
● pensiero di cura verso lo spazio
● esercizio delle sensorialità, con scoperta relazione e ambiente
● sviluppo della motricità naturale
● sperimentare, affrontare rischio e mettersi alla prova
● gestione dei conflitti
→ non si tratta di fare esperienze eccezionali, anche se importanti, ma di dare importanza
all’infanzia all’esterno, aprendo quindi sin dall’inizio il bambino a ciò che sarà il futuro: ovvero
al mondo
Anche la stessa Montessori affermava: “liberare il fanciullo dai legami che lo isolano alla vita
artificiale creata dalla cittadinanza; inoltre le forze muscolari del fanciullo sono superiori a
quanto noi pensiamo, ed hanno piena espressione nella libera natura” (il metodo della
pedagogia scientifica applicata nella case dei bambini, 1909)
Che l'attività fisica faccia bene non solo al corpo ma anche alla mente non è una novità; il
movimento è fondamentale per ridurre lo stress, rinforzare la memoria, stimolare la
creatività, allenare il quoziente intellettivo e rallentare l'invecchiamento cerebrale; crea
connessioni più salde tra le differenti parti del cervello → studi e libro dello psichiatra
ricercatore Anders Hansen
● Biologicamente corpo e cervello sono rimasti nella savana, per questo ancora oggi
quando facciamo attività fisica il nostro cervello "crede" che stiamo facendo qualcosa
di fondamentale per la nostra vita che richiede maggiore concentrazione, e dunque
ce la concede. Anche se siamo sul tapis roulant lui pensa che ci stiamo procacciando
del cibo o scappando da un pericolo, e così lo stress e l’ansia si placano
● L’ippocampo, centro della memoria, ha la capacità di rallentare il sistema dello stress
e di fare da contrappeso al suo motore, l’amigdala, insegnando al corpo a non
reagire troppo intensamente allo stress. Quando ci si allena i livelli di cortisolo
responsabili dello stress aumentano anche se a fine sessione diminuiscono
drasticamente. Continuando ad allenarsi con regolarità il cortisolo crescerà più
lentamente anche nelle altre situazioni di stress. Questo perché, spiega lo psichiatra,
l’esercizio fisico svolto con regolarità collega più saldamente il lobo frontale con
l’amigdala, per controllarla meglio
ESERCIZI: attività aerobica minino 20 min massimo 50 minuti, con alto aumento
della FC, con costanza almeno 2-3 volte alla settimana
N.B. contro l’ansia sono molto efficaci esercizi con sforzi intensi, allenamento ad
intervalli e con aumento progressivo dell’intensità
● Dato che la capacità di concentrazione dipende anche da livelli bassi o mal calibrati
di dopamina, una sostanza che funziona da messaggera tra i neuroni, l'attività fisica
può influenzarla in quanto ne aumenta i livelli: la dopamina sale un paio di minuti
dopo la fine dell’allenamento e resta alta per una o due ore. "Ciò fa sì che ci
sentiamo più attenti e calmi dopo aver fatto del moto. Stiamo meglio ed è più facile
concentrarci"
ESERCIZI: corsa meglio della passeggiata, soprattutto di mattina per godere della
concentrazione poi durante la giornata, con tempo minimo di 20 minuti
● Che le passeggiate aiutino a migliorare il tono dell’umore lo abbiamo imparato
durante la pandemia. La serotonina, la noradrenalina, la dopamina e il Bdnf
(Brain-derived neurotrophic factor, scoperto negli anni Ottanta anche grazie al lavoro
di Rita Levi Montalcini) influenzano il nostro umore e l'attività fisica ne alza i livelli:
normalmente, l’effetto si manifesta solo dopo l’allenamento, e dura per una o due
ore. Allenandosi con regolarità, sul lungo periodo i livelli aumenteranno non solo
dopo l’esercizio fisico ma durante l’intera giornata
ESERCIZI: corsa di circa 30-40 minuti per 3 volte alla settimana, va bene anche il
ciclismo o allenamento aerobico
● Il progressivo restringimento dell’ippocampo (dai 25 anni in poi) fa sì che con gli anni
la memoria funzioni sempre peggio, ma l'ippocampo è la parte del cervello che forse
viene più influenzata dall’attività fisica, ecco perché memoria e invecchiamento
cerebrale si possono rallentare con l'allenamento. "Quando aumenta l’afflusso
sanguigno, l’ippocampo riceve più risorse energetiche e funziona meglio. Le cellule
preesistenti inoltre sembrano ringiovanire geneticamente e il processo di
restringimento che normalmente accompagna l’avanzare dell’età rallenta o addirittura
si inverte". Inoltre, per potenziarla al massimo, sarebbe ottimale allenarsi mentre si
studia o si impara qualcosa di nuovo
ESERCIZI: ogni tipo di workout è benefico, la corsa aiuta a ricordare le parole e un
allenamento è utile alla memoria associativa; la premessa è la
costanza-pazienza-regolarità
Di conseguenza il corpo è un involucro, perché insieme di: mente, movimento, sensazioni,
abilità, muscoli, conoscenza, emozioni, divertimento, vita, potenza, relazione, linguaggio,
fatica ed energia, bellezza, unione, espressione, cambiamento, dolore, lealtà, forma, amore,
rispetto e percezione.
Per cui io HO, SONO e presento un’unitarietà, perché il corpo è uno solo formato da parti
dipendenti che cooperano tra di loro → componibile ma unico
N.B. il corpo è anche ben “connesso” con la nostra mente, che si manifesta tramite il
movimento
Quindi possiamo anche parlare di isomorfismo, tra mente e corpo, perché hanno la stessa
forma, lo stesso campo di azione e le stesse dinamiche

PEDAGOGIA A BORDO CAMPO → SILVIO PREMOLI


CAPITOLO 1
Parliamo di Pedagogia a bordo campo perché la pensiamo come disciplina a supporto e
come competenza del coach, dell’insegnante, dell’allenatore, cioè di chi aiuta l’atleta a
prepararsi per entrare in campo e vivere positivamente la propria sfida sportiva o motoria,
quale che sia
Permette:
1. comprendere le specificità, i limiti, le risorse di ogni singolo atleta, nella
consapevolezza che l’attività sportiva può contribuire ad una crescita complessiva
della persona;
2. aiuta a definire un progetto sulla base del quale formare e preparare gli atleti;
3. accompagna la programmazione e la gestione delle sedute di allenamento, alla luce
degli obiettivi di apprendimento definiti in sede progettuale;
4. propone un adeguato approccio didattico per gli approfondimenti tecnici, tattici,
strategici;
5. sollecita la motivazione di ogni singolo atleta a migliorarsi
I fondamentali della pedagogia prevedono come primo punto l’intreccio tra cultura ed
educazione → insegnamento che trasforma un apprendimento individuale in apprendimento
per e del gruppo; le risorse che la cultura mette a disposizione per conciliare ciò di
essenziale ad un buon stile di vita e al modo in cui gli individui si adattano alle richieste
sono:
- sistema educativo in senso lato
- intersoggettività
- comunità culturale
- capacità intenzionale
Educazione= gioco
Educare da “educere” significare tirare, condurre fuori; per cui l’uomo è una
rappresentazione di un luogo con risorse da far emergere ed accompagnare a piena
maturazione; è un processo di scrutazione complessiva della personalità= modificazione
stabile del comportamento
→ è in prima istanza fare i conti con la concretezza della realtà
1. concezione depositaria: vede l’educazione come un trasferire e trasmettere, viene a
configurarsi come una concessione di chi detiene nei confronti di chi non ha o sa
nulla → soggetti ed oggetti, MA si ha una diverse e odierna concezione di
educazione come una relazione di scambio e confronto
2. concezione problematizzante: vede l’educazione al pieno servizio dell’umanizzazione
con promozione del pensiero critico e azione autentica su realtà e mondo → gli
educandi captano il mondo come appare a loro, non è realtà statica MA un processo
Pedagogia= scopo del gioco, con finalità lo studio del rapporto tra funzione-forme-fattibilità
dell’educazione in relazione sempre al contesto personale e sociale → è la risposta al
contesto

L’apprendimento è un processo sociale e relazionale, che è estremamente difficile misurare


poiché si realizza sia nell’interiorità del singolo individuo sia all’interno di dimensioni gruppali,
collettive e organizzative. È un processo di costruzione identitaria che ha a che fare con «il
divenire nel tempo di un soggetto insieme alla sua comunità di appartenenza», con la
crescita e la costruzione del sé di ciascuno; Inoltre, tale processo appare multidimensionale,
poiché prevede il coinvolgimento di tutte le facoltà umane e, in particolare, è fortemente
influenzato da aspetti emotivo-affettivi e motivazionali
Può essere:
- formale, come a scuola
- non formale, come in organizzazione lavorative
- informale, come in famiglia
Principi:
● situato in contesti storici e socio economici, mediato da pratiche e prospettive
culturali locali
● non avviene solo a scuola
● necessita di molteplici supporti forniti da differenti soggetti
● è profondo se incoraggiato

LLL o life long learning, come apprendimento durante l’intera esistenza, è un’educazione
permanente; per cui l’insieme dei dispositivi e mezzi di educazione volti all’acquisizione di
conoscenze e competenze prende il nome di “life long education”; corrisponde a qualunque
attività a migliorare conoscenze-capacità-competenze in prospettiva di una dimensione sia
personale che sociale verso l’autorealizzazione o cittadinanza attiva
→ life long-wide-deep learning
= La combinazione di processi lungo tutto l’arco di una vita per mezzo della quale la persona
nella sua interezza – corpo (genetico, fisico e biologico) e mente (conoscenza, abilità,
atteggiamenti, valori, emozioni, credenze e sensi) – sperimenta situazioni sociali, il cui
contenuto percepito è quindi trasformato cognitivamente, emozionalmente o praticamente (o
attraverso combinazioni) e integrato nella biografia personale dell’individuo, che così si
risolve in una persona continuamente in cambiamento (o sempre più esperta)

CAPITOLO 2
Lavoro educativo è il termine con cui si indica quella ampia, varia, plurale gamma di
interventi educativi attuati da professionisti dell’educazione. Nella logica del lavoro educativo
una connessione stretta tra ascolto e osservazione, progettazione, realizzazione
dell’intervento, monitoraggio, documentazione e valutazione è non solo funzionale ad una
gestione efficace degli interventi educativi, ma anche concretamente attuabile nelle pratiche
quotidiane di professionisti competenti → tale connessione è una condizione essenziale per
garantire qualità e senso al lavoro educativo stesso
Il suo metodo prevede di procedere in modo integrato e sinergico, è stata quindi proposta
una “spirale dell’intervento educativo” che rimanda alla dinamicità e continuità, ma anche
alla lentezza (= guscio della lumaca) e progressione graduale di pazienza che
contraddistingue il mondo dell’educazione
1. osservare e ascoltare come condizione necessaria per poter costruire un intervento
sensato, pertinente ed efficace
2. interpretazione dei dati raccolti e sensi, con successivo confronto
3. condivisione collettiva come riferimento per orientare alla progettazione
dell’intervento
4. scelta
5. connessione bisogni-diritti-obiettivi, che permettono di migliorare condizioni di vita del
soggetto
6. negoziazione con utenti e soggetti istituzionali
7. valutazione come processo finale e dialogico continuo che interroga le pratiche reali
al fine di supportare la buona riuscita dell’intervento
→ processo che si ripete in maniera ciclica; la spirale è lo spazio della stessa
relazione che si verrà a formare
N.B. occorre anche documentare e prevedere coinvolgimento e partecipazione
L’obiettivo finale è quindi la progettazione educativa; l’attribuzione del carattere di possibilità
agli avvenimenti che accadranno in futuro permette di assumere la consapevolezza che il
domani non è de- terminato in modo meccanico e totale da quanto avvenuto in passato.
Emerge così la responsabilità e il compito possibile per gli esseri umani di costruire il futuro.
La storia è una costruzione, non è data una volta per tutte e il suo scorrere non è
inesorabile. La categoria della soggettività è in stretto rapporto con quella della possibilità:
chi fa la storia è l’essere umano; il soggetto è trasformatore della storia
● progettazione= la cosa gettata in avanti di cui è possibile prevedere ed immaginare la
traiettoria; consiste nel delineare un disegno per il futuro
● programmare= la lettera posta in avanti quindi il cartello-manifesto-dichiarazione;
consiste nel dare una presentazione agli altri delle proprie intenzioni
→ è necessaria una complementarietà degli elementi, rappresentano la traduzione in
concreto della categoria dell’intenzionalità
Il progetto educativo è uno strumento del professionista dell’educazione; prima ancora, la
progettazione educativa è una delle competenze cruciali di questo professionista, poiché la
sua azione, per avere senso, non può che essere condotta in direzione di un preciso
orizzonte progettuale; prevede poi un percorso:
- conoscenza
- destrutturazione e ristrutturazione
- dilatazione del campo di esperienza
- co-costruzione di una nuova visione del mondo
CAPITOLO 4
Abbiamo sia una dimensione sentita che una dimensione saputa del nostro corpo; per cui
noi possiamo definirlo e conoscerlo come:
- korper, corpo oggetto e cosa
- leib, corpo vivo e sensibile
→ il corpo assume significati differenti in base al riferimento, alle condizioni culturali nelle
quali noi ne richiamiamo l’uso
E’ indissolubilmente natura e cultura → il migliore campo di gioco è la natura= outdoor
education
N.B. necessaria è la fatica avvertita nel corpo, è un dono che ci riserva la natura
consentendoci di vivificare la cultura ??

CAPITOLO 5
Attraverso il gioco ho la possibilità di rendere possibile per i ragazzi l’apprendimento e
sviluppo di capacità per affrontare situazioni complesse, costruzione relazioni e possibilità di
mediazione-negoziazione
Sport ha sia valenza ludica che valenza vitale, rappresentata dal sistema valoriale che
questa attività porta con sè; il valore è costituito da empatia, solidarietà, interesse verso
l’altro…
→ ruolo specifico è quello del coach: colui di indispensabile per favorire il processo,
rappresenta il modello da imitare, premia o punisce, motiva; è quindi un insieme delle
funzioni di educatore-formatore-tecnico. E’ definito come “leader istituzionale” poichè scelto
dalla dirigenza e non dalla squadra; deve essere in grado di guidare e influenzare verso il
raggiungimento degli obiettivi, è il ponte tra i vari componenti del gruppo (= sviluppare
coesione tra gli atleti)
Abbiamo differenti tipi di stili di leadership, ma in generale si pensa che la tipologia di un
coach sia determinata da condizioni personali e di carattere, e dalle spinte motivazionali; per
cui avremo elementi improntati al compito (= maggior importanza all’esecuzione piuttosto
che al clima) ed elementi improntati alla relazione (= maggior interesse per i rapporti umani
non misurando il successo solo sulla base dei risultati)
Tipologie:
- stile autoritario, ogni decisione è presa dal leader escludendo la partecipazione
- stile democratico, decisioni prese con discussioni e partecipazione del gruppo →
porta ad un maggior livello di coesione
- stile permissivo, completa libertà dei membri e quindi minima partecipazione o
influenza del leader
Nonostante ciò è importante che il coach sappia assolvere al suo ruolo pedagogico, deve
tenere in considerazione i bisogni sia dei singoli che di squadra sempre in funzione del
contesto; il coach deve sapere utilizzare in maniera flessibile la propria importanza ed
imponenza in funzione del gruppo e delle contingenze → modello multidimensionale della
leadership
N.B. bisogna educare al benessere e libertà di fare sport
Ruolo di fondamentale importanza è quello della motivazione: sia di gruppo che individuale
(che sono strettamente connesse); effetto collaterale della mancata attenzione verso la
motivazione è la dispersione sportiva, fenomeno sempre più frequente in questo mondo
giovanile (= interruzione attività sportiva con danni fisici-psicologici-sociali)
Lo sport è quindi strumento di socializzazione, integrazione, dialogo e benessere; utilizzato
anche nell’accettazione delle differenze → la competizione non è quindi soltanto un aspetto
negativo
Lo sport in pedagogia significa quindi accettare sia vittoria che sconfitta, soprattutto
nell’ultimo caso in cui sconfitta (sia sfera sportiva che individuale) rappresenta una
possibilità
Conclusioni:
1. importanza della ricerca, come lavoro di ricerca accompagnato alla costante
diffusione di dati
2. orientamento della pratica sportiva
3. formazione specifica per il coach, con non solo contenuti tecnici ma anche educativi
da poter offrire strumenti per rendere consapevoli tutti dei differenti bisogni; capacità
dell’allenatore di saper comunicare-coinvolgere-gestire conflitti
4. esigenza di una sempre più sensibilizzazione nei confronti della valenza educativa
dello sport

CAPITOLO 6
Prestazione, dal latino praestatio cioè garanzia e responsabilità, ma per estensione indica
anche l’opera; in ambito sportivo è il modo in cui l’atleta espleta l’attività in termini di
rendimento; è associabile ad un paradigma biomeccanico e biometrico che osserva
l’esperienza
Performance, diverse derivazione ma che significano che dà forma definitiva; in ambito
sportivo si lega al concetto di portare a compimento; può significare:
1. processo di modellamento e acquisizione della forma
2. agire, fare, compiere
Incita a guardare all’esperienza; si rifà molto all’esperienza e alla centralità del soggetto;
abbraccia aspetti dell’esperienza sportiva e non solo della qualità esecutiva del gesto
tecnico
→ esperienza del flusso come apice, tensione ideale che guida continuamente l’atleta al
raggiungimento pieno e maturo della forma top e degli obiettivi; ha un aspetto riflettente cioè
personale perché momento rivelativo della persona (= funzione specchio); risveglia anche in
noi la coscienza come percepiamo e vediamo noi stessi (= funzione riflessiva)
= termini differenti; la prima differenza tra i due termini di natura processuale si riferisce a
come la parola performance non si limiti a definire il risultato raggiunto, ma anche tutto il
percorso svolto per tendervi ed eventualmente raggiungerlo
N.B. dobbiamo anche saper valorizzare il momento performante, perché possiede un
potenziale di apprendimento, ci apre ad esperienze future; arriva al compimento di una
forma, ma non statica → guardare all’esperienza sportiva in termini di performance come
momento di pazienza, nel rispetto del processo così da osservarne tutti gli aspetti e
intravedere potenzialità

LEAOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO 3/0

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