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PSICOLOGIA CLINICA

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Ansia
Emozione spiacevole caratterizzata da una sensazione genrica di pericolo, paura e attivazione fisiologica.
Paura: il pericolo in questo caso è più specifico, paura di qualcosa/qualcuno.
L’ansia fa parte di molti disturbi mentali in questo caso si parla di disturbi che hanno l’ansia come sintomo
principale:
 disturbo d’ansia generalizzato
 disturbo di panico
 disturbo ossessivo compulsivo
 disturbo post-traumatico da stress
 disturbo acuto da stress

Disturbo d’ansia generalizzato


Le persone con disturbo d’ansia generalizzato soffrono di un’ansia cronica e pervasiva, si sentono tese e
preoccupate per la maggior parte del tempo, vivendo uno stato di stress che interferisce con il loro
funzionamento.
Criteri diagnostici: ansia cronica e pervasiva per almeno sei mesi; difficoltà di controllo dell’ansia.
Sintomi: irrequietezza, affaticamento, difficoltà di concentrazione, irritabilità, tensione muscolare e disturbi
del sonno.
Insorgenza stimata: 5% della popolazione.

Disturbo di panico
Le persone con disturbo di panico soffrono di episodi di intenso terrore, conosciuti come attacchi di panico,
in cui si sentono travolti dall’ansia e hanno un forte impulso a fuggire o a chiedere aiuto. Si tratta di scoppi
acuti di ansia estrema.
Criteri diagnostici: ansia cronica e pervasiva per almeno sei mesi, episodi di panico intenso.
Sintomi: tachicardia, sudorazione, tremore, sensazione di soffocamento, dolore toracico, nausea, vertigini,
paura di morire, formicolii, tremori, vampate; timore di ulteriori attacchi, cambiamenti di comportamento a
causa dell’attacco.
Il dp si manifesta spesso all’improvviso, senza una ragione apparente, ma possono essere provocati anche
da circostanze stressanti; non durano più di mezz’ora e possono condurre all’agorafobia.
Insorgenza stimata: tra 1% e 2%
Disturbo ossessivo compulsivo
È una condizione che comprende pensieri ansiogeni indesiderati e rituali compulsivi tesi a proteggere
dall’ansia. L’ossessione è definita come un pensiero molesto e indesiderato o un impulso.
La compulsione è definita come un rituale ripetuto varie volte nello sforzo di controllare l’ansia causata
dalle ossessioni.
Criteri diagnostici:presenza di ossessioni e/o compulsioni, presenza di rituali ritenuti magicamente
preventivi di eventi o situazioni temute.
La sintomatologia interferisce con la vita normale del soggetto.
Insorgenza stimata: tra 1% e il 2,5%

Disturbo post-traumatico da stress e disturbo acuto da stress


Trauma: esperienza emotiva travolgente in cui c’è la possibilità di morte o grave ferimento di se stessi o di
una persona con cui si ha una relazione stretta
Criteri diagnostici: ricordi dell’evento stressante, ricorrenti e intrusivi; sogni ricorrenti riguardantil’evento;
flashback (comportarsi o sentire come se l’evento traumatico stesse avvenendo di nuovo); reattività
fisiologica (tachicardia, sudorazione); la persona evita i ricordi e prova un senso di ottusità o di minore
reattività (es. Incapacità di ricordare aspetti importanti del trauma); persistente aumento dell’arousal
(scoppi d’ira, difficoltà di addormentamento, iper-vigilanza)
Disturbo acuto da stress se i sintomi intervengono subito dopo l’evento stressogeno e non durano per più
di un mese.
Disturbo post-traumatico da stress se i sintomi perdurano per più di un mese oppure insorgono a distanza
di un mese.
Disturbo post traumatico ad esordio tardivo quando passano almeno sei mesi tra l’evento e l’insorgenza
dei sintomi.

Le fobie
Sono i più comuni disturbi d’ansia, sono paure persistenti ed esagerate di specifici oggetti o situazioni
• Fobia sociale: le paure sono focalizzate sulle situazioni sociali o su attivtà in cui si è sottoposti
all’osservazione e al giudizio degli altri
• Agorafobia: temono gli spazi aperti e i luoghi affollati, si sviluppa spesso dopo un attacco di panico
• Fobia specifica: si riferisce a qualsiasi fobia diversa dalle prime (es. Chetofobia, numerofobia)
Criteri diagnostici: paura persistente e irrazionale per uno specifico oggetto o situazione; reazione di ansia
intensa all’esposizione; la persona riconosce l’irrazionalità della sua paura; la sintomatologia interferisce
con il normale funzionamento quotidiano.

UMORE E DISTURBI DELL’UMORE


Le fluttuazioni dell’umore sono parte della vita quotidiana.
Gli psicologi definiscono l’umore più un semplice stato emotivo (sensazione), uno stato che include anche
aspetti cognitivi (pensiero), motivazionali (comportamento) e fisici (corpo).
L’umore influenza il modo in cui ci sentiamo, pensiamo, agiamo, dormiamo, mangiamo e viviamo.

Depressione
Psicopatologia contraddistinta da umore basso con caratteristiche emotive, cognitive, motivazionali e
fisiche.
Mania
Psicopatologia contraddistinta da umore elevato con caratteristiche emotive, cognitive, motivazionali e
fisiche.

I disturbi dell’umore vanno contestualizzati, i cambiamenti patologici dell’umore sembrano venire dal nulla.
Gli umori patologici possono essere definiti come emozioni estreme che sembrano inappropriate al
contesto in cui si manifestano.
Classificazione storica
Melanconia: in passato indicava la depressione
Disturbo unipolare: disturbo dell’umore in cui un individuo presenta solo umore patologicamente basso
Disturbo bipolare: disturbo dell’umore in cui l’individuo presenta sia umore patologicamente basso sia alto.

Classificazione secondo il DSM-IV


 Disturbo depressivo maggiore: grave depressione della durata di almeno due settimane, che
comprende sintomi emotivi, cognitivi, motivazionali, fisici.
 Disturbo distimico: depressione minore.
 Disturbo pipolare I: per fare diagnosi di disturbo bipolare I è necessario e sufficiente che vi sia un
episodio maniacale (umore insolitamente levato, espansivo o irritabile, della durata di almeno una
settimana) nell’anamnesi purchè tale episodio non sia meglio spiegato da schizofrenia e relativo
spettro. L’età media di esordio è di 18 anni.
 Disturbo bipolare II: per la diagnosi di disturbo bipolare II è necessaria la presenza di almeno un
episodio ipomaniacale (versione meno grave di quello maniacale) ed uno depressivo maggiore.
 Disturbo ciclotimico: per la diagnosi di disturbo ciclotimico è necessario per almeno due anni avere
numerosi periodi con sintomi ipomaniacali che non soddisfano i criteri per l’episodio maniacale
e numerosi periodi con sintomi depressivi che non soddisfano i criteri per l’episodio depressivo
maggiore. Tali sintomi non scompaiono per più di due mesi ogni volta.

Criteri diagnostici depressione maggiore


L’umore di chi soffre di disturbo depressivo maggiore è depresso per la maggior parte della giornata e
quasi tutti i giorni, secondo quanto riportato dalla persona.
La persona avverte una marcata diminuzione di interesse o piacere per quasi tutte le attività svolte; perdita
di peso non dovuta a dieta o un aumento di peso; diminuzione o l’aumento del senso di fame; disturbi del
sonno, insonnia o ipersonnia, protratti e continuativi; agitazione o rallentamento psicomotori; faticabilità e
mancanza di energia; sentimenti di svalutazione o di colpa eccessivi o ingiustificati; ridotta capacità di
pensare o concentrarsi su ogni attività e estrema indecisione in attività lavorative e extralavorative; pensieri
ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione suicidaria o autolesiva.

Episodio maniacale e ipomaniacale


La fase ipomaniacale e maniacale si caratterizza per la presenza di:
 disinibizione eccessiva
 comportamenti socialmente inappropriati
 euforia accompagnata dalla sensazione di avere enormi potenzialità personali che può aggravarsi
fino a divenire delirio di onnipotenza (per es. tutto appare possibile e fattibile, tanto che spesso si
commettono azioni impulsive anche pericolose per se stessi o per gli altri oppure si intraprendono
azioni avventate)
 non si riesce a portare a termine alcun progetto
 si ha una grande energia, tanto da non sentire il bisogno di mangiare né dormire
 il comportamento diventa disorganizzato e inconcludente, con azioni senza alcuna direzione
apparente (per es. non si fa in tempo ad iniziare un’attività, che la si lascia a metà per passare ad
altro o si fanno più cose contemporaneamente senza completarne alcuna)
 i pensieri vanno così veloci che è difficile star loro dietro, così come le parole
 i sensi sembrano affinarsi e la percezione diventa più vivida
 il desiderio sessuale può aumentare, diventando quasi impellente, con comportamenti impulsivi.
Le persone vicine a chi soffre di maniacalità stentano a riconoscere il soggetto: prima timido e riservato, ora
non smette un attimo di parlare ed è sorprendentemente disinibito.
Il suicidio
Gli studiosi contemporanei del suicidio sono convinti che non esiste una struttura di personalità ed una
specifica psicodinamica connessa al suicidio.
Viene data molta importanza alla disperazione, che non è specifica della depressione, essa può essere
associata a molte altre forme di psicopatologia (ansia, schizofrenia, malattie organiche).
La prima importante intuizione psicologica di tale assunto fu di Freud: descrisse solo un caso di tentato
suicidio, ma vide molti soggetti depressi; nel suo lavoro “Lutto e Melanconia” affermò che i meccanismi
psicodinamici sono quelli di ambivalenza nei confronti degli oggetti d’amore di tipo narcisistico, di
identificazione con l’oggetto amato-odiato nel tentativo di riparare la sua perdita vissuta come intollerabile
ed infine di aggressione distruttiva dell’oggetto introiettato. Il suicidio esprime quindi un’aggressione contro
una persona amata con la quale l’individuo si è identificato e costituisce così un omicidio mancato.
Karl Menninger, in “Uomo contro se stesso”, considera il suicidio un assassinio retroflesso, un omicidio
invertito, conseguente alla rabbia del paziente verso un’altra persona introiettata od utilizzata come scusa
per una punizione. Egli descrive un istinto di morte diretto verso se stessi e tre componenti di ostilità: il
desiderio di uccidere, di essere uccisi e di morire.

Il sentimento di colpa
Dal punto di vista della psicoanalisi si focalizza prevalentemente sul concetto di regola:
 il bambino obbedisce per la paura di essere punito o di perdere l’affetto dei genitori;
 l’adulto per la consapevolezza e il dolore di aver fatto del male agli altri o a se stessi ed ha il
desiderio di riparare al danno causato.  
Per lo psicoanalista il senso di colpa è legato al Super Io: istanza morale in parte inconscia che comincia a
registrare la sua attività sin dalla prima infanzia annotando tutti i divieti genitoriali, sociali e religiosi. Non
occorre che il “fatto” o la regola sia stato agito o infranta, basterebbe infatti averlo solo pensato affinché il
senso di colpa associato faccia effetto.
Possiamo affermare che i sensi di colpa sono emozioni inutili e quindi spesso dannosi perché non fanno star
bene e non cambiano nulla; tuttavia il senso di colpa impedisce di realizzare il proprio progetto di vita e di
rimanere incastrati o meglio di mantenere cristallizzati i meccanismi infantili.
Finché non ci affranchiamo dai genitori, il nostro progetto non decolla e da adulti ci si ammalerà di sensi di
colpa e si guarisce solo se ci si riuscirà a liberare e realizzare quello che Jung chiama processo di
individuazione, che poi altro non è che la piena realizzazione del proprio sé.

DIPENDENZA DA SOSTANZE
Le droghe
Si definisce droga ogni sostanza, naturale o artificiale, che modifica la psicologia o l’attività mentale degli
essere umani –OMS 1967
Criteri di classificazione delle droghe:
 giuridici (Art.14 del DPR 309/90)
o legali
o illegali
 di pericolosità
o leggere
o pesanti
 di preparazione
o naturali
o semisintetiche
o sintetiche
 farmacologici, in base a struttura chimica e caratteristiche farmacologiche.

Abuso di sostanze
Una modalità patologica d’uso della sostanza, che porta a menomazione o a disagio clinicamente
significativi con:
 uso ricorrente della sostanza risultante in una incapacità ad adempiere ai principali compiti
connessi con il ruolo sul lavoro, a scuola o a casa
 uso ricorrente della sostanza in situazioni fisicamente rischiose
 ricorrenti problemi legali correlati alle sostanze
 uso continuativo della sostanza nonostante ricorrenti o persistenti problemi sociali o interpersonali
causati o esacerbati dagli effetti della sostanza
 tolleranza, come definita da ciascuno dei seguenti
O bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione o
l’effetto desiderato
O un effetto notevolmente diminuito con l’uso continuativo della stessa quantità di sostanza
 astinenza, come manifesta da ciascuno dei seguenti
O la caratteristica sindrome di astinenza per la sostanza
O la stessa sostanza (o una strettamente correlata) è assunta per attenuare o evitare i sintomi
di astinenza
 la sostanza è spesso assunta in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto
previsto dal soggetto
 desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l’uso della sostanza
 una grande quantità di tempo viene spesa in attività necessarie a procurarsi la sostanza o a
riprendersi dai suoi effetti
 interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso della
sostanza
 uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema, persistente o
ricorrente, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato o esacerbato dalla sostanza.
Fattori che possono influenzare l’abuso di sostanze
Fattori socio culturali, costi e reperibilità della sostanza
 Legalità / sanzioni sul suo utilizzo
 Età (giovani 13-29 anni sono a maggiore rischio)
 Sesso maschile
 Coetanei che ne facciano uso
 Fattori inerenti la personalità dell’individuo possono avere influenza nel modo in cui un soggetto è
capace di far fronte all’assuefazione e nella modalità con cui egli può cercare aiuto

Doppia diagnosi
1. tipo I: disturbo psichiatrico abuso di sostanze. Autoterapia?
2. tipo II: abuso di sostanze disturbo psichiatrico. Danno sul SNC (acuto, cronico)
3. tipo III: copresenza dei due aspetti che hanno un’eziologia indipendente

Classificazione droghe
 Allucinogeni: avremo perdita di contatto con la realtà, sensazione di aumento/espansione della
coscienza e allucinazioni. Il meccanismo d’azione è sconosciuto, ma è probabilmente implicato il
sistema serotoninergico.
I disturbi saranno delirium, disturbo psicotico, disturbo percettivo persistente (flash-back) e
attacchi di panico (bad trip).
o LSD
o Mescalina
 Psicostimolanti: si classificano in naturali (cocaina) e di sintesi (amfetamine come destro
amfetamina, metamfetamina e metilfenidato). Sono sostanze euforizzanti, energizzanti e
socializzanti (effetti simili, ma meno intensi e più prolungati con le amfetamine).
Solitamente le amfetamine sono assunte in cpr mentre la cocaina viene inalata (fumo).
I rischi per la salute sono eventi cardiaci e cerevrovascolari, perforazione del setto nasale.
O Cocaina: blocca il reuptake presinaptico di dopamina, serotina e noradrenalina; induce la
liberazione di dopamina dei neuroni dell’area ventrale tegmentale del sistema limbico.
O Amfetamine: inducono il rilascio di catecolamine (spt dopamina) dalle terminazioni
presinaptiche.
Causano uno stato di iperattività, tachicardia, midriasi e fini tremori. Gli effetti durano circa
3/4 ore dopo le quali gli utilizzatori diventano stanchi, ansiosi, irritabili ed irrequieti.
Alte dosi ed utilizzo cronico possono produrre psicosi con idee paranoidi, allucinazioni ed
iperattività; può verificarsi dipendenza fisica ed al termine di un utilizzo prolungato si
possono avere profonda depressione e passività.
 Deprimenti
O Oppiacei: producono un sentimento di piacere intenso ma fugace. I sintomi legati
all’astinenza da oppioidi cominciano poche ore dopo l’ultima dose, raggiungono il culmine
dopo 2/3 gg e scompaiono nell’arco di una settimana.
L’eroina esiste come polvere miscelata (tagliata) con altre sostanze tra cui chalk o lattosio
in polvere; può essere sniffata (snortina), mangiata, fumata (chasing the dragon), inoculata
sotto cute (skin popping) o inettata per via endovenosa (mainlining).
Pasticche intere possono essere polverizzate e poi iniettate.
Avremo iniziale euforia seguita da apatia e disforia; rallentamento psicomotorio;
sonnolenza; difficoltà a parlare, parola abburattata; deficit attentivi, mnesici e di giudizio;
scarsi sintomi psichiatrici; agitazione, aggressività, disturbi del comportamento; miosi
pupillare; vomito e stipsi.
I disturbi psichiatrici saranno delirium da intossicazione, disturbo psicotico e disturbo
dell’umore.
O Benzodiazepine
O Etanolo

Il fenomeno delle droghe sintetiche


Sono legate al mondo del divertimento e vengono assunte con lo scopo di intensificare le sensazioni
individuali, favorire le relazioni e superare le inibizioni. Si può avere poliabuso o un uso occasionale.
 Ecstasy: definita enctatogena (sostanza che tocca dentro), empatogena.
Provoca eccitamento, effetti psichedelici, euforia, fiducia, spensieratezza, affabilità, felicità,
accondiscendenza, apertura mentale, loquacità, alterazione senso percezione e aumento del
sentimento di intimità con gli altri.
Disturbi psichiatrici saranno depressione (subdola), irritabilità, comportamenti impulsivi, disturbi
psicotici/alimentari e attacchi di panico.
 Cannabinoidi: il delta-9-etraidrocannabinolo (THC) è stato identificato come responsabile primario
degli effetti psicoattivi della cannabis. Hanno effetti diversi tra cui l’azione sui recettori cannabinoidi
CB1 e CB2 che si trovano diffusi nel sistema nervoso centrale, i ligandi endogeni per questi recettori
si comportano come neurotrasmettitori.
Inducono rilassatezza, euforia e lieve compromissione cognitiva; no una marcata dipendenza fisica
e sindrome da sospensione.
Effetti negativi a lungo termine: in circa un terzo dei soggetti che fanno uso regolare di cannabis si
osservano lievi forme di depressione, ansia o irritabilità; mentre all’inizio può avere un effetto
antiansia o antiira, con l’uso cronico c’è un aumento dell’aggressività; letargia fisica e mentale;
anedonia; aumento di peso e sindrome metabolica; sindrome motivazionale (passività, diminuzione
degli impulsi e delle attività mirate ad uno scopo, facile affaticabilità ed apatia); atrofia cerebrale e
suscettibilità alle convulsioni.
L’uso di cannabis in persone con preesistenti disturbi psichiatrici può essere molto pericoloso: in
pazienti schizofrenici compensati l’uso di cannabis favorisce la ricomparsa di sintomi psicotici acuti.
Secondo alcune ricerche, il rischio di schizofrenia è doppio fra i consumatori di cannabis (maggiore
per uso di alte dosi) in soggetti non psicotici.
O Marijuana
O Hashish
O Olio di hashish

Alcolismo
L’alcool rappresenta la più diffusa sostanza d’abuso.
La natura multiforme degli effetti dell’alcool erano già noti nell’antichità presso molti popoli.
Da allora si sono alternate concezioni contrapposte, ora medico - biologiche (che riducevano l’alcolismo ad
una patologia d’organo consegnandolo alle competenze del medico internista) ora etico - morali (che lo
sottraevano all’area medica per attribuirlo a quello della devianza sociale come è stato per tutto il periodo
del proibizionismo.
Con i primi anni ’60 si è assistito ad un recupero del modello medico di malattia.
La nosografia psichiatrica americana classificò l’alcolismo tra i disturbi di personalità considerandolo un
sottotipo della personalità sociopatica.
È con il DSM III (1980) che i disturbi da abuso di sostanze, tra i quali rientra anche l’alcolismo nelle sue varie
forme, vengono separati dei disturbi di personalità e posti su un asse diverso e viene accolta la distinzione
tra dipendenza ed abuso.
Nel nostro paese il consumo di alcool inizia attorno ai 15 anni e diventa regolare attorno ai 18 anni. In
questa fascia della popolazione solo il 2% ammette di aver bevuto eccessivamente fino all’ubriachezza
almeno una volta negli ultimi tre mesi.
Per quanto riguarda la Dipendenza alcolica la percentuale di popolazione affetta da questo disturbo si
aggira attorno al 10-15% (8-10% maschi; 2-5% femmine).

Disturbi indotti dall’alcool


 Acuti:
o Intossicazione
o Delirium tremens
 Cronici:
o demenza persistente
o disturbo amnestico persistente
o disturbo psicotico indotto
o disfunzione sessuale indotta
O disturbo del sonno indotto

I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE


I disturbi dell’alimentazione si situano su un continuum che varia da lievi preoccupazioni sul cibo e sul peso
a grave anoressia o bulimia. Sono provocati da cause multiple e devono essere considerati nel contesto in
cui si manifestano.

In alcune sottoculture, i disturbi del comportamento alimentare costituiscono la norma, ad esempio nelle
industrie della moda, nella danza, nella ginnastica agonistica e nell’ippica. In questo contesto alcuni
possono essere etichettati come disturbati, altri no e questi ultimi, quando non sono più nel contesto, sono
in grado di tornare ad un’alimentazione normale.

Il continuum tra comportamento alimentare normale e patologico


Tra questi due poli si situano una varietà di condizioni:
 persone che sono lievemente in sovrappeso o sottopeso
 persone di peso normale che si preoccupano costantemente del loro peso
 persone che fanno compulsivamente esercizio fisico per mantenere un peso forma
I comportamenti associati all’anoressia e alla bulimia sono sempre potenzialmente problematici anche nelle
forme intermedie.

Classificazione dei disturbi dell’alimentazione


Anoressia nervosa: rifiuto di mantenere un peso corporeo normale (prevalenza stimata per le
donne: 0.5-1%; per gli uomini: 0.05-0.1%)
 Bulimia nervosa: abbuffate compulsive e inappropriate condotte da compensazione per evitare
l’aumento ponderale (donne: 1-3%; uomini: 0.1-0.3%)
 Disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati: disturbi del comportamento alimentare che
non soddisfano i criteri diagnostici per anoressia e bulimia nervosa.

Anoressia nervosa
Si è di fronte al rifiuto di mantenere un peso corporeo che sia almeno 85% di quello che sarebbe
considerato normale. Le persone affette da questo disturbo hanno un’intensa paura di aumentare di peso
anche quando si è sottopeso.
È presente una distorsione cognitiva nella percezione del proprio corpo, anche se magre le persone
anoressiche credono di essere ancora in sovrappeso.
L’autostima in questi soggetti è correlata alla capacità di perdere peso.
È presente nelle donne amenorrea (assenza mestruazioni).
Sintomi: grave calo ponderale, irritabilità, insonnia, depressione, ansia, disinteresse per la sessualità,
rallentamento del metabolismo, ipotensione, squilibri elettrolitici, problemi cardiaci e problemi muscolo-
scheletrici.
Anoressia di tipo restrittivo
Il calo ponderale è dovuto alla restrizione alimentare.
Anoressia di tipo bulimico
Il peso viene mantenuto alternando abbuffate e comportamenti di eliminazione attraverso il vomito indotto
o l’uso di lassativi e diuretici.
Bulimia nervosa
Ripetizione di abbuffate (con perdita di controllo) e condotte eliminatorie attuate per mantenere il peso
corporeo e fronteggiare il senso di colpa legato all’abbuffata.
Gli individui affetti sono normopeso o in sovrappeso.
Sintomi: corrosione dello smalto dentario a causa del vomito, disidratazione, anemia, aumento di volume
delle ghiandole salivari, irregolarità mestruali, squilibri elettrolitici, disturbo della personalità borderline,
disturbi dell’umore e impulsività.
Bulimia con condotta di eliminazione
Il soggetto cerca di evitare l’aumento di peso attraverso il vomito auto-indotto, l’uso di lassativi, diuretici e
clisteri.
Bulimia senza condotte di eliminazione
Il soggetto cerca di evitare l’aumento di peso bruciando le calorie attraverso un inteso esercizio fisico o
digiunando nei giorni seguenti.
Ricerche hanno dimostrato che esiste un legame tra anoressia e bulimia, nel senso che un bulimico può
diventare anoressico e viceversa.

Disturbo alimentare aspecifico


Comportamenti alimentari che pur non inquadrandosi in diagnosi quali anoressia e bulimia mostrano
aspetti disturbati:
 soddisfano tutti i criteri diagnostici per l’anoressia pur mantenendo un peso normale
 soddisfano tutti i criteri diagnostici per la bulimia, ma con abbuffate meno di due volte la settimana
o per un periodo inferiore ai tre mesi
 prevedono il masticare e lo sputare ripetutamente grandi quantità di cibo
 implicano abbuffate ricorrenti non seguite da comportamenti compensatori.
I tassi di prevalenza dei disturbi dell’alimentazione variano tra le culture, nei paesi sottosviluppati sono
assenti e crescono esponenzialmente nei paesi industrializzati dove viene proposto un modello femminile
di bellezza che fa rima con magrezza.
I DISTURBI DI PERSONALITÀ
Sono caratterizzati da un modo pervasivo e persistente di percezione, reazione e relazione che causano un
disagio significativo o una compromissione funzionale.
Si ritiene che tutti siano causati da una combinazione di fattori genetici e ambientali.
Gradualmente molti tendono a diventare meno gravi con l’età, ma alcuni tratti possono persistere in un
certo grado dopo che i sintomi acuti che hanno portato alla diagnosi del disturbo si riducono.

Il pensiero psicoanalitico
Secondo Freud la personalità umana è il prodotto della lotta fra gli impulsi distruttivi e la ricerca del piacere,
considerando i limiti sociali come autorità di regolamentazione.
La costruzione della personalità è il risultato della modalità che ogni persona utilizza per gestire i propri
conflitti interni e le richieste provenienti dall’esterno.
La personalità indicherà il modo in cui ciascuno agisce a livello sociale e come affronta i propri conflitti
interni ed esterni.
I disturbi di personalità sono generalmente considerati egosintonici.
Nelle alterazioni patologiche della personalità la soluzione del conflitto si attua tramite il passaggio all’atto,
che si scatena come una risposta automatica diretta verso l’esterno nei tempi e modi di un’unica via di
scarica delle eccitazioni interne.
Mentre nella nevrosi si verifica una lotta tra le varie istanze intrasinaptiche, nei disturbi di personalità la
lotta si compie principalmente tra l’Io e il mondo esterno; il processo è simile a quello che si realizza
all’interno delle psicosi, senza distorsioni della realtà, quali deliri o allucinazioni.
Freud ha dimostrato come le illogicità, eccentricità e stravaganze (che si riscontrano nell’analisi degli
atteggiamenti caratteriopatici) sono con le psicosi in un rapporto simile a quello che collega le perversioni
alle nevrosi: si tratta di un comportamento arcaico, che riappare all’improvviso nell’attuale in modo
imprevedibile e senza apparente motivo logico, poiché vengono disconosciuti i legami che ricondurrebbero
l’episodio al momento traumatico della prima manifestazione, relativo alle fasi precoci dello sviluppo
psicosessuale. Tali elementi infantili si riattivano nel passaggio all’atto in età adolescenziale e poi adulta, in
una modalità ripetitiva abituale, in cui si concentra e si scarica l’intera energia pulsionale, altrimenti
bloccata. Infatti tutte le casistiche sono concordi nell’evidenziare la fissità e l’immutabilità della reazione,
che si manifesta in modo brutale e improvviso, simile a un’esplosione o a un corto-circuito, senza che il
soggetto manifesti particolari emozioni ma spesso viene eseguita con particolare freddezza. Tale
anaffettività manifesta camuffa in realtà un’angoscia massiccia, generalmente riconducibile a nuclei di
fissazione alle fasi orali e anali.
Si può quindi parlare di personalità prive di conflittualità interna e di consapevolezza nevrotica ma al
contempo sprovviste di ogni capacità di elaborazione intrapsichica di fronte all’emergenza istintuale e
pulsionale. Questa distorsione caratteriale rende particolarmente arduo/impossibile ogni trattamento
psicoterapeutico.
La profondità e l’estensione dei nuclei traumatici permettono di avvicinare i disturbi di personalità a forme
di psicosi: non bisogna infatti dimenticare che l’acting out sostituisce l’elaborazione delirante o allucinatoria
e rappresenta pertanto l’unica modalità di regolazione all’interno dell’omeostasi intrapsichica.
Il soggetto rimane incapace di spiegare le proprie azioni o ricorre a giustificazioni stereotipate ed adesive
pseudo razionalizzanti.

Classificazione
Il DSM-5 raggruppa i 10 tipi di personalità in 3 clusters (A, B e C) sulla base di caratteristiche simili
1. Cluster A: è caratterizzato dall’apparire strano o eccentrico, comprende questi disturbi
a. paranoie: diffidenza e sospettosità
b. schizoide: disinteresse negli altri
c. schizotipico: idee e comportamento eccentrici
2. Cluster B: è caratterizzato da comportamenti drammatici, emotivi o stravaganti. Comprende
a. antiasociale: irresponsabilità sociale, disprezzo per gli altri, inganno e manipolazione degli
altri per guadagno personale
b. borderline: intolleranza di essere soli e disregolazione emozionale
c. istrionico: ricerca di attenzioni
d. narcisista: sottostante disregolata e fragile autostima e grandiosità palese
3. Cluster C: caratterizzato da comportamenti ansiosi o paurosi, comprende
a. evitante: evitamento del contatto interpersonale dovuto a rifiuto di sensibilità
b. dipendente: arrendevolezza e necessità di essere accudito
c. ossessivo-compulsivo: perfezionismo, rigidità ed ostinazione

Sintomatologia
Secondo il DSM-5 i disturbi di personalità sono problemi con
 auto-identità: possono manifestarsi come un’immagine di sé instabile (es. persone che oscillano tra
il vedere se stessi come buoni o come crudeli) o come incoerenza nei valori, negli obiettivi e
nell’aspetto (es. persone profondamente religiose in chiesa, ma altrove irrispettose).
 relazioni interpersonali: si manifesta come il fallimento nello sviluppo o nel mantenimento di
relazioni strette e/o con insensibilità nei confronti degli altri (es. incapacità di empatizzare).
Gli individui con disturbi di personalità sembrano incoerenti, confusi e sono frustanti per coloro che li
circondano; possono avere difficoltà a conoscere i confini tra se stessi e gli altri; la loro autostima può
essere eccessivamente elevata o bassa; possono rivestire ruoli genitoriali incoerenti, distaccati, iperemotivi,
abusanti o irresponsabili che possono indurre a sviluppare nel coniuge e nei figli problemi fisici e mentali.
Queste persone possono anche riconoscere di non avere un problema.

I disturbi di personalità implicano tratti di personalità rigidi, disadattivi tanto pronunciati da causare stress
significativo e determinare la compromissione del funzionamento lavorativo e/o interpersonale.
I trattamenti diventano efficaci solo dopo che i pazienti acquisiscono la consapevolezza che i loro problemi
siano intrinseci, non causati solo dall'ambiente esterno.
Le terapie psicosociali sono il trattamento principale.
I farmaci sono d'aiuto nel controllo di sintomi specifici solo in casi selezionati, p. es., per controllare l'ansia
significativa, le esplosioni di rabbia, e la depressione.
I disturbi di personalità sono spesso resistenti al cambiamento, ma molti gradualmente diventano meno
gravi nel corso del tempo.

Disturbo paranoide di personalità


È caratterizzato da un modello pervasivo di diffidenza ingiustificata e dal sospetto verso gli altri che riguarda
l'interpretazione delle loro motivazioni come dannose.
I pazienti con disturbo paranoide di personalità diffidano degli altri e ritengono che questi vogliano
danneggiarli o ingannarli, anche quando non hanno nessuna giustificazione per questi sentimenti.
Si stima che tra lo 0,4 e il 5,1% della popolazione generale e il 9,7% della popolazione clinica abbiano un
disturbo paranoide di personalità. Alcuni dati suggeriscono un legame tra questo disturbo ed abusi emotivi
e/o fisici e la vittimizzazione durante l'infanzia.
Le comorbilità comprendono disturbi del pensiero (schizofrenia), disturbi d’ansia, disturbo post traumatico
da stress, disturbi da abuso di alcol o un altro disturbo di personalità (borderline).

Disturbo schizoide di personalità


È caratterizzato da un modello pervasivo di distacco e disinteresse generale nelle relazioni sociali e da una
gamma limitata di emozioni nei loro rapporti interpersonali.
Si stima che circa l'1-3% della popolazione generale abbia un disturbo schizoide di personalità.
Questo disturbo può essere più comune tra le persone con un'anamnesi familiare di schizofrenia. Avere
avuto adulti emotivamente freddi, essere stati trascurati, e distaccati durante l'infanzia sono fattori che
possono contribuire allo sviluppo del disturbo schizoide di personalità.
Le comorbilità sono con episodi di grave depressione. Spesso hanno anche altri disturbi di personalità, più
comunemente schizotipico, paranoico, borderline o evitante.
Il disturbo schizotipico può essere confuso con il disturbo schizoidea causa dei limitati livelli di interazione
sociale:
 i soggetti con disturbo schizotipico hanno delle convinzioni ed esperienze percettive insolite, un
pensiero magico e un comportamento e un’apparenza inconsueta
 coloro che hanno un disturbo schizoide di personalità sono isolati, distaccati, e anonimi
nell’apparenza.

Disturbo schizotipico di personalità


È caratterizzato da un modello pervasivo di intenso disagio e ridotta capacità di relazioni strette, di
alterazioni del pensiero e delle percezioni e dal comportamento eccentrico.
Le esperienze cognitive riflettono una deviazione più florida dalla realtà (es. idee di riferimento, idee
paranoiche, illusioni corporee, pensiero magico) e una maggiore disorganizzazione del pensiero e del
linguaggio che si verifica in altri disturbi di personalità.
La prevalenza riportata varia ma è probabilmente del circa 1-2% nella popolazione generale.
Le comorbilità sono con (dal 30 al 50% ) disturbo depressivo maggiore.
Questi pazienti spesso hanno anche un disturbo da abuso di sostanze.
Si pensa che l'eziologia del disturbo schizotipico di personalità sia primariamente biologica perché
condivide molte delle anomalie cerebrali con quelle caratteristiche nella schizofrenia.

Disturbo antisociale di personalità


È caratterizzato da un modello pervasivo di disprezzo per le regole e le leggi altrui.
Le persone con disturbo antisociale di personalità commettono atti illeciti, fraudolenti, tendenti allo
sfruttamento e sconsiderati per profitto personale o per piacere e senza rimorsi; sono indifferenti allo
sfruttamento e alle loro azioni nocive sugli altri.
La prevalenza stimata varia tra circa l'1 e il 3,6% della popolazione generale; è più comune tra gli uomini
che tra le donne (6:1) e vi è una forte componente ereditaria.
La prevalenza tende a diminuire con l'età, il che suggerisce che i pazienti possano imparare nel tempo a
cambiare il loro comportamento disadattivo e cercare di costruirsi una vita.
Le comorbilità: la maggior parte dei pazienti presenta anche un disturbo da abuso di sostanze (e circa la
metà di quelli con abuso di sostanze presenta criteri diagnostici per il disturbo antisociale di personalità),
disturbo del controllo degli impulsi, sindrome da deficit di attenzione e iperattività o disturbo borderline di
personalità.
Sia i fattori genetici sia quelli ambientali (es. l'abuso durante l'infanzia) contribuiscono allo sviluppo del
disturbo antisociale di personalità. 

Disturbo borderline di personalità


È caratterizzato da una modalità pervasiva di instabilità e di ipersensibilità nei rapporti interpersonali,
instabilità immagine di sé, estreme fluttuazioni dell'umore, e impulsività. 
I pazienti con disturbo borderline di personalità hanno un’intolleranza di essere soli; fanno sforzi frenetici
per evitare l'abbandono e generare crisi, come la realizzazione di gesti suicidari in una modalità che invita al
salvataggio e all'assistenza da altri.
La prevalenza riportata è probabilmente tra 1,7 e il 3% nella popolazione generale, e fino al 15-20% nei
pazienti in trattamento per disturbi mentali.
Le comorbilità sono complesse: i pazienti spesso presentano un certo numero di altri disturbi, in
particolare depressione, disturbi d'ansia (es. disturbi di panico) e disturbo post traumatico da stress, come
anche disturbi dell'alimentazione e disturbi da abuso di sostanze.
Eventi stressanti durante la prima infanzia possono contribuire allo sviluppo del disturbo borderline di
personalità. Un'anamnesi remota relativa all'età adolescenziale di abusi fisici e sessuali, di abbandono, di
separazione dei genitori, e/o la perdita di un genitore è comune tra i pazienti con disturbo borderline di
personalità.

Disturbo istrionico della personalità


È caratterizzato da un modello pervasivo di emotività eccessiva e ricerca di attenzione.
I pazienti con disturbo istrionico di personalità usano il loro aspetto fisico, per ottenere l'attenzione degli
altri; mancano di un senso di autodeterminazione e sono altamente suggestionabili, spesso agendo in modo
sottomesso per mantenere l'attenzione degli altri.
Si stima che circa 1,5 al 3% della popolazione generale abbia un disturbo istrionico di personalità; è più
comune tra le donne che tra gli uomini.
Le comorbidità sono con altri disturbi di personalità (antisociale, borderline, narcisistico) suggerendo che
questi disturbi condividono una vulnerabilità biologica .
Alcuni pazienti hanno anche un disturbo somatoforme, che può essere la ragione per cui si presentano per
la valutazione; disturbo depressivo maggiore, distimia e disturbo di conversione possono anche coesistere.
I pazienti con disturbo istrionico di personalità chiedono continuamente di essere al centro dell'attenzione
e spesso diventano depressi quando non lo sono.

Disturbo narcisistico di personalità


È caratterizzato da un modello pervasivo di grandiosità, necessità di adulazione, e mancanza di empatia.
Poiché i pazienti con disturbo narcisistico di personalità hanno difficoltà nella regolamentazione
dell'autostima, hanno bisogno di lode e di affiliazioni con persone speciali o istituzioni; tendono anche a
svalutare altre persone in modo che possano mantenere un senso di superiorità.
Si stima che circa lo 0,5% della popolazione generale abbia un disturbo narcisistico di personalità; è più
frequente negli uomini che nelle donne.
Le comorbilità sono con disturbo depressivo (es. disturbo depressivo maggiore, distimia), anoressia
nervosa, un disturbo da abuso di sostanze (soprattutto cocaina), o un altro disturbo di personalità
(istrionico, borderline, paranoide).
Sembra che vi sia una componente ereditaria significativa; alcune teorie ipotizzano che le figure di
riferimento siano state inadeguateverso il bambino, per esempio, essendo eccessivamente critici o al
contrario lodandolo oltremisura.

Disturbo di personalità evitante


Si caratterizza per l'evitamento di situazioni sociali o interazioni che comportano il rischio di rifiuto, la
critica, o l'umiliazione.
Le persone con disturbo di personalità evitante hanno intensi sentimenti di inadeguatezza e di reazione
disadattiva con l'evitamento di eventuali situazioni in cui essi possono essere valutati negativamente.
Si stima tra l'1 e il 5,2% della popolazione generale con disturbo di personalità evitante; è più comune tra le
donne che tra gli uomini.
Le comorbilità sono frequenti verso il disturbo depressivo maggiore, distimia, disturbo ossessivo
compulsivo, o un disturbo d'ansia (es. disturbo di panico, in particolar modo fobia sociale ). Essi possono
anche avere un altro disturbo di personalità (es. dipendente, borderline).
I pazienti affetti da fobia sociale e disturbo di personalità evitante hanno sintomi più gravi e disabilità
rispetto a quelli con un solo disturbo.
La ricerca suggerisce che le esperienze di rifiuto ed emarginazione durante l'infanzia e le caratteristiche
innate di ansia sociale e di evitamento possono contribuire al disturbo di personalità evitante.
L'evitamento nelle situazioni sociali è stato rilevato più precocemente circa all'età di 2 anni.

Disturbo dipendente di personalità


È caratterizzato da un pervasivo ed eccessivo bisogno di essere curati, che porta alla sottomissione e a
comportamenti di attaccamento.
Nei pazienti con disturbo dipendente di personalità, la necessità di essere accuditi ha come effetto la
perdita della loro autonomia e di interessi. Poiché sono intensamente preoccupati che qualcuno si prenda
cura di loro, diventano eccessivamente dipendenti e sottomessi.
Si stima che circa lo 0,7% della popolazione generale abbia un disturbo dipendente di personalità; è più
comune tra le donne.
Le comorbilità sono verso il disturbo depressivo (disturbo depressivo maggiore o distimia), disturbo d'ansia,
un disturbo da abuso di alcol, o un altro disturbo di personalità (p. es., borderline, istrionico).
Si pensa che fattori culturali, prime esperienze negative, e vulnerabilità biologiche associate con l'ansia
possano contribuire allo sviluppo del disturbo dipendente di personalità. Caratteristiche familiari come la
sottomissione, l'insicurezza, e il comportamento schivo possono anche contribuire.

Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità


È caratterizzato da una preoccupazione diffusa per l'ordine, il perfezionismo, e il controllo (senza spazio per
la flessibilità) che in ultima analisi rallenta o interferisce con il completamento di un lavoro.
Poiché i pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo di personalità hanno bisogno di avere il controllo, essi
tendono ad essere solitari nei loro sforzi e a diffidare nell'aiuto degli altri.
Si stima che circa dal 2 all'8% della popolazione generale abbia un disturbo ossessivo-compulsivo di
personalità; è più frequente tra gli uomini.
Si ritiene che tratti familiari di compulsività, una ristretta gamma di emozioni, e il perfezionismo
contribuiscano a questo disturbo.
Possono essere presenti comorbidità: i pazienti spesso hanno anche un disturbo depressivo (disturbo
depressivo maggiore o distimia) o un disturbo da abuso di alcol.

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