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Neuro-

farmacologia
2016
INDICE
Malattia di Alzheimer
Terapia dell'Alzheimer
Malattia di Parkinson
Parkinsonismi atipici e
secondari
Th Parkinson #1: L-Dopa
Th Parkinson #2: I
dopaminomimetici
Le epilessie: generalità e
classificazione
Sindromi epilettiche
genetiche
Terapia delle epilessie
Autore: Camilla Graziosi e Niccolò Noccioli

Materia: farmacologia (neurologia)

Data: 03/03/2016

MALATTIA DI ALZHEIMER
La farmacologia dell’Alzheimer è piuttosto rudimentale; il servizio sanitario mette a disposizione 4
farmaci, che vengono rimborsati “sub iudice” cioè vengono rimborsati nel momento in cui c’è
dimostrazione di efficacia, altrimenti chi vuole se li paga. Inoltre quando la malattia è in forma
severa nessun farmaco è rimborsato. L’unico intervento del SSN è nelle forme moderate e nelle
forme lievi.
Cos’è la malattia di Alzheimer? Patologia cronica neurodegenerativa, è una forma di demenza, è la
principale patologia dementigena ad impatto sociale ed è la prima forma di demenza primaria.

EPIDEMIOLOGIA
Negli Usa i casi di persone affette da demenza ad oggi sono 5.3 milioni di persone
In Italia i casi sono circa 1 milione di persone

Di questi il 70-75% sono affetti da malattia di Alzheimer.


È una patologia in espansione e soprattutto perché il principale fattore di rischio se non l’unico è
l’età. Nel 2020 negli Usa si attendono 7 milioni di pazienti e le stime sono drammatiche nel 2050
dove arriveremo a qualcosa come 18 milione di malati.
Nel mondo attualmente ci sono circa 25 milioni. Nel 2050 arriveremo a 80 milioni di malati.
Non c’è grande differenza nella prevalenza dei paesi occidentali, c’è solo un piccolo effetto di
etnia; per esempio negli Usa la malattia è più frequente negli Ispanici probabilmente perché la
sindrome metabolica e l’ipercolesterolemia sono fattori di rischio della malattia e gli Ispanici sono
più soggetti a queste condizioni anche per un fattore immunitario.
Curiosamente la prevalenza è inferiore in Giappone a conferma che in qualche misura l’etnia
conta.
È comunque un fenomeno sociale di grandissimo interesse e grandissimo impatto e fa specie che
dopo decine di anni, in cui sono stati spesi milioni di dollari e milioni di grants, non si sia ancora
trovato un farmaco che sia in grado di ridurre la progressione di malattia. I 4 farmaci messi a
disposizione sono farmaci che migliorano un po’ la sfera cognitiva ma nessuno di questi farmaci
rallenta la progressione della malattia.
FATTORI DI RISCHIO

1- Età la prevalenza è 1% dei casi in persone intorno ai 65 anni. Dei 5.30 milioni negli Usa solo
200000 circa hanno delle “forme giovanili” che sono ereditarie a trasmissione AD; questa
familiarità è un aspetto fondamentale perché ci permette nel presente, negli studi clinici
che finiranno nel 2020, di trattare dei pazienti che svilupperanno la malattia perché sono
figli di qualcuno che ha il gene mutato; questi pazienti vengono trattati con farmaci per 7-8
anni e ora sono in follow up. È la prima volta che vengono trattate persone con molti anni

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di anticipo rispetto all’esordio clinico della malattia. (sono studi clinici e quindi sono
rimborsati i farmaci ; dipende come si fanno: ad oggi sono coinvolte aziende private e
queste finanziano lo studio ma per esempio negli Usa il National Institute of Aging e anche
altre associazioni e fondazioni di Alzheimer stanno finanziando gli studi con il supporto
delle aziende).
L’età per questi pazienti è intorno ai 35 anni e prevedono un totale di 40+185+13
mutazioni differenti in diversi geni.
A 80 anni secondo alcune stime il 20-25% delle persone sono ammalate e secondo altre
stime fino al 35% (la prima stima è più affidabile).
Sopra ai 95 anni si arriva al 35-40%.

2- Concetto della “RISERVA SINAPTICA” che fondamentalmente indica il livello di cultura cioè
quanto ha lavorato il cervello nell’arco della propria vita. Le persone che hanno una
maggiore riserva e una maggiore cognitività, considerando che la malattia di Alzheimer è
una sinaptopatia oltre ad essere una malattia degenerativa, queste persone sono
maggiormente protette. Ci si potrebbe chiedere perché questo visto che il cervello è un
organo le cui cellule eccitabili sono sottoposte alla eccitotossicità, cioè alla morte da
attivazione; quindi in teoria una persona che ha esercitato il suo cervello e ha messo in
funzione le sue sinapsi sia maggiormente a rischio per degenerazione per meccanismo di
usura. Però le cose non stanno così e ciò è ben dimostrato dallo studio “The NUN study”
che è lo studio delle suore. In particolare sono le sorelle dell’ordine di Notre Dame
(fondato circa 150 anni fa in Baviera, Germania, che si è poi diffuso molto negli Usa). Lo
studio è nato nell’università del Minnesota da parte del neurologo Snowdown che è andato
nel convento di Notre Dame e ha trovato questa popolazione omogenea di suore che
hanno dato il consenso informato per essere sottoposte non solo ai test neuropsicologici e
neurocognitivi ma anche perché il loro cervello potesse essere utilizzato ai fini dello studio
(questo studio andrà avanti per anni e anni e il materiale servirà alla ricerca per i prossimi
20 anni). Si è scelto questo campione perché sono suore di clausura, sono sempre lì, le
abitudini alimentari sono sempre le stesse, la popolazione è estremamente omogenea e
quello che cambia è il loro back ground culturale. La maggior parte di queste suore
insegnano per cui sono di un grado culturale abbastanza elevato però molte di queste si
sono formate, altre invece avevano un livello già molto elevato quando hanno fatto la
domanda di noviziato. Siccome vengono conservati gli archivi tramite i quali era possibile
risalire agli scritti di queste persone al momento della loro domanda, si è scoperto che
l’80% delle sorelle che al momento della domanda facevano errori di ortografia e avevano
una sintassi povera nell’articolazione della domanda di ammissione al convento, hanno
sviluppato l’Alzheimer.
Invece solo il 10% tra le sorelle che avevano un linguaggio forbito con alti contenuti
semantici e discorsi ben articolati all’interno della domanda di ammissione, hanno
sviluppato la malattia.
Quindi la riserva sinaptica dovrebbe proteggere dalla demenza, il che in un certo senso è
anche intuitivo perché in persone come Einstein se va incontro a demenza di certo non si
capisce con un test come il minimental, che sono semplici domande e prima che Einstein va
al di sotto di 28 del minimental il grado di demenza e degenerazione deve essere molto

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avanzato. Magari per lui la demenza viene valutata dalla moglie che vede un rallentamento
nelle funzioni cerebrali del marito.
Purtroppo la malattia di Alzheimer è una malattia mortale e porta a morte in genere in
media dopo 7 anni dall’esordio clinico e per lo più a causa delle infezioni opportunistiche.
Quindi un fattore di rischio è una BASSA RISERVA SINAPTICA o un fattore protettivo è avere
un’ALTA RISERVA SINAPTICA.

3- Fattori CARDIOVASCOLARI:
- IPERTENSIONE;
- IPERCOLESTEROLEMIA: il colesterolo si deposita nelle placche amiloidi che sono le
principali caratteristiche istopatologiche della malattia; e poi l’apoE è una proteina
deputata al trasporto di colesterolo e coinvolta in questa malattia;
- DIABETE, in particolare il tipo II: non tutti i malati di Alzheimer sono diabetici, ma solo
una piccola parte; però comunque il DM tipo II ha un OR alto per la malattia di
Alzheimer. In realtà l’Alzheimer è un diabete di tipo III, che non esiste nella patologia;
qui c’è insulino resistenza ma solo all’interno del SNC. In realtà l’insulina non serve per
trasportare il glucosio attraverso la BEE; però i recettori per l’insulina e quelli per IGF
(che è la somatomedina C o insulin-like growth factor) si trovano nei neuroni e sono
essenziali affinchè il glucosio venga trasportato all’interno delle cellule nervose. Il
recettore per le IGF funziona meno del solito in questa malattia quindi è logico pensare
che i malati non captino glucosio nei loro neuroni in modo efficiente; quindi quando i
neuroni sono impegnati in una attività sinaptica e devono produrre ATP non hanno la
loro riserva fondamentale (visto che i neuroni si nutrono solo di glucosio e al massimo
di chetoni ma non di acidi grassi). Il difetto di consumo cerebrale di glucosio che si può
vedere alla PET usando il FDG marcato con F18 non solo si vede nei malati di Alzheimer
ma anche negli anni che precedono la malattia ed è una delle manifestazioni più
precoci. La clinica ci insegna che i malati ricercano zuccheri, vogliono sempre mangiare
dolci, è come se avessero un craving nei confronti degli zuccheri il che può suggerire
che il cervello è meno esposto al glucosio rispetto ad una persone normale. Ma se è
vero questo, cioè se esiste una resistenza per i recettori dell’insulina ma soprattutto
per i R per IGF che funzionano meno nei neuroni potremmo parlare di DM tipo III dove
c’è un insulino resistenza esclusiva del SNC che non interessa la BEE ma interessa il
trasporto di glucosio nelle cellule nervose che è mediato in parte dagli stessi
trasportatori che si trovano nel tessuto adiposo, nel fegato e nel muscolo scheletrico
ma anche in parte dal GLUT3 e che è fondamentale nel neuropilo cioè nell’estensione
della cellula nervosa (si trova per esempio nei dendriti). La sua funzione è strettamente
dipendente da quella dei recettori per l’insulina e per IGF
- SINDROME METABOLICA;

4- TRAUMI però quali traumi? si pensa sempre al pugile Muhammad Alì (nome originale
Cassius Clay, noto pugile di fama mondiale) che ha sviluppato una sindrome caratterizzata
da Parkinson, come componente prevalente, e in parte demenza. Traumi continui, come
quelli dei boxeur NON predispongono alla malattia di Alzheimer ma predispongono alle
tautopatie; la cosiddetta demenza pugilistica non è Alzheimer ma una taupatia nel senso
che non si formano placche amiloidi (come in Alzheimer che è una amiloidosi cerebrale, è

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una β fibrillosi; la proteina tau si forma nei grovigli neurofibrillari che però non si
identificano con Alzheimer anche se in realtà molti lo fanno). La patologia della Tau da
Taupatie che si identificano con:
- Degenerazioni lobari fronto-temporali;
- Demenze fronto-temporali;
- Spesso associata a Parkinson;
- Demenza di Pick;
- Paralisi sopranucleare progressiva;
- Degenerazione cortico-basale;
Non esiste una mutazione di Tau che determini una malattia di Alzheimer. (a differenza
delle mutazioni di proteine che hanno a che fare con la beta amiloide e che danno le forme
familiari di malattia).

I traumi che predispongono a Alzheimer sono i GRANDI TRAUMI per esempio quando in un
incidente stradale un soggetto sbattendo la testa va in coma per diversi giorni;
Quindi: TRAUMI CONTINUI PREDISPONGONO A TAUPATIE O AL PARKINSONISMO POST
TRAUMATICO MENTRE GRANDI TRAUMI PREDISPONGONO A MALATTIA DI ALZHEIMER.

5- APO E: apolipoproteina che fa parte delle LDL e che è deputata al traporto di colesterolo;
abbiamo 3 tipi di questa proteina, che differiscono per due aminoacidi in posizione 112 e
158:
- Apo E2
- Apo E3
- Apo E4: è il principale fattore predisponente della malattia.
I soggetti portatori di un solo gene di ε4, in un solo allele, hanno un OR di 2-3 volte di
sviluppare la malattia;
In condizioni di omozigosi, cioè se si è ε4/ε4 bi-allelici, si ha fino a 10 volte un aumento
di rischio di sviluppare la malattia.
C’è inoltre un meccanismo per il quale per ogni allele di ε4 l’età di esordio della
malattia è anticipata di oltre 10 anni: quindi persona con un solo allele ε4 non solo il
rischio è x2-3 volte di sviluppare malattia ma l’insorgenza è 10 anni prima rispetto ad
un soggetto ε2/ε2; se si hanno due alleli la malattia anticipa di 20 anni rispetto alla
prevista età di insorgenza. Circa il 50% di tutti i malati di Alzheimer presenta almeno un
allele di apoE4 e questo è interessante sia sotto il profilo clinico che anche nella
sperimentazione di nuovi farmaci: quando si fanno gli studi si dividono i soggetti in due
grandi sottogruppi che sono quelli che hanno la ApoE4 e coloro che non la hanno. A
volte capita che i farmaci sperimentati hanno efficacia maggiore nei soggetti che non
hanno ApoE4 anche se c’è qualche eccezione che dipende da farmaco a farmaco.
Apo E4 è un fattore di rischio perché:
- Deposita colesterolo nelle cellule nervose;
- Quando poi si formano le placche amiloidi la ApoE4 si accumula nella parte esterna
della placca contribuendo anche ai fenomeni di aggregazione della sostanza amiloide;
- Qualcuno pensa che contribuisca alla formazione dei grovigli neurofibrillari.

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6- POLIMORFISMI: ora siamo nel periodo di GWAS (GENOME WIDE ASSOCIATION STUDIES)
con il quale in un paziente vengono visti tutti i geni che possono essere associati ad una
malattia. Nonostante molte critiche ci sono alcuni dati di GWAS interessanti e sono quelli
che riconducono al sistema dei RETROMERI, che fanno parte della fisiopatologia della
malattia di Alzheimer. È un sistema di grande interesse perché è un sistema di trasporto
delle proteine, cioè dei cargo, a livello della cellula, dalla membrana verso l’interno e
dall’interno verso la membrana.

CLINICA:
Demenza significa DECLINO COGNITIVO ed è diverso dall’OLIGOFRENIA che invece è una
ALTERAZIONE DELLO SVILUPPO DELLA SFERA COGNITIVA; un malato di Down è spesso ma non
sempre oligofrenico; il Down ha anche un’altissima frequenza di sviluppo della malattia di
Alzheimer soprattutto perché uno dei geni della malattia, cioè il gene dell’APP, è nel
cromosoma 21 e i malati di Down hanno una copia in più del gene.
L’APP è il precursore della proteina β amiloide e si trova nel cr.21. Ci sono però dei Down dove
la duplicazione non è dell’intero cromosoma ma solo di alcuni frammenti di esso:
- Se la duplicazione coinvolge il gene APP allora questi pazienti svilupperanno Alzheimer;
- Se la duplicazione non coinvolge il gene APP questi pazienti non svilupperanno
Alzheimer
CARATTERISTICHE COMPORTAMENTALI DI MALATTIA DI ALZHEIMER:
1- Perdita della memoria e ridotta capacità di apprendimento.
La MEMORIA SI DIVIDE IN:
- DICHIARATIVA che viene perduta precocemente in questa malattia. Questa memoria si
divide in:
A- Episodica è una memoria contestuale. Qui l’ippocampo svolge un ruolo
fondamentale perché è l’elemento e la regione del cervello che contestualizza la
memoria; qui ci sono le PLACE CELLS, le cellule dei percorsi che creano gli elementi
spaziali della memoria. Noi apprendiamo qualsiasi cosa attraverso un meccanismo
di associazione spaziale o temporale
B- Semantica è la memoria del significato delle parole ed è quella che forma la nostra
cultura. Anche questa memoria inizialmente è appresa attraverso un meccanismo
di associazione spaziale o temporale.
Entrambe queste memorie dichiarative vengono perdute e i pazienti non ricordano più
i nomi; il sintomo si chiama AFASIA NOMINUM o ANOMIA.
- PROCEDURALE è quella delle procedure motorie e quindi è una memoria cerebellare è
una memoria dei gangli della base. È quasi sempre risparmiata in questa malattia
tranne nelle fasi finali dove si perde anche questa.

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[Perché noi sappiamo che Parigi è la capitale della Francia? Perché un giorno da bambini guardando il mappamondo
abbiamo visto la Francia e nella parte nord c’era un pallino che era Parigi; quindi gli agenti spaziali che ci hanno
collegato Parigi come capitale della Francia li abbiamo immagazzinati nell’ippocampo e contemporaneamente nella
corteccia cerebrale e abbiamo acquisito questa nozione che poi abbiamo consolidato. Ma se ci si chiedesse quando
abbiamo imparato questa nozione nessuno saprebbe rispondere. Questo perché la corteccia man mano che passa il
tempo sottrae la struttura statistica della memoria all’ippocampo, la memoria si consolida nella corteccia, in cui
rimane LTP, e a quel punto la MEMORIA EPISODICA SI TRASFORMA IN MEMORIA SEMANTICA e l’IPPOCAMPO PERDE
QUESTA MEMORIA e non siamo più in grado di capire quando e con quale associazione spaziale abbiamo imparato da
bambini che Parigi è la capitale della Francia.
Questo avviene per tutte le memorie che non siano AUTOBIOGRAFICHE perché in questo caso le memorie rimangono
nell’ippocampo per sempre: se abbiamo imparato di Parigi perché abbiamo avuto uno schiaffo da nostro padre perché
non volevamo studiare ricorderemo per sempre il momento in cui abbiamo imparato questa nozione perché qui la
memoria è auto biografica.]

La Working Memory, che è quella per la quale uno ricorda il numero di telefono a distanza di
qualche minuto dal momento in cui gli è stato detto, è la MEMORIA CHE SI TRADUCE IN LAVORO
ed è la memoria della corteccia PREFRONTALE DORSO-LATERALE ed è all’inizio largamente
conservata nei pazienti con Alzheimer e si perde solo negli stati avanzati.
La stessa cosa vale per le funzioni esecutive in cui arriva un informazione dal SNC e da qui partono
comportamenti congrui o non a quel tipo di informazione.
Quindi RICAPITOLANDO: nell’Alzheimer non si perde la memoria procedurale ma quella
dichiarativa (sia episodica che semantica);
La working memory all’inizio è conservata come anche le funzioni esecutive.
Questo crea una differenza estremamente importanti con le DEGENERAZIONI LOBARI FRONTO-
TEMPORALI, come la DEMENZA DI PICK in cui la working memory e le funzioni esecutive si
perdono in modo precoce.
PER I RICORDI?

Si comincia perdendo la memoria degli eventi più recenti (avvenuti nei giorni prima) e man mano
che passa il tempo, per meccanismo retrogrado, si perdono sempre di più i ricordi più antichi.
Molti pazienti non riesco neanche a ritenere una informazione, hanno dei problemi di processo di
apprendimento, ma anche se avessero appreso qualcosa il giorno dopo è come se non lo avessero
mai sentito.
Questa progressiva perdita della memoria in senso retrogrado prende il nome di LEGGE DI RIBOT.

2- Perdita dell’orientamento
Il disorientamento è inizialmente EXTRAMOENIA, cioè fuori dalle mura di casa. Sempre
mettere nel taschino di questi pazienti le istruzioni per tornare a casa. Poi diventa anche
INTRAMOENIA per cui il paziente non trova la cucina o il bagno della propria casa. Questi
sono tipici sintomi della malattia. Quasi costantemente sono associati o preceduti da:
3- Disturbi psichiatrici
Questi pazienti hanno spesso depressione o eventi psicotici. I disturbi comportamentali di
questi pazienti sono un grande problema soprattutto per come devono essere trattati.
Purtroppo gli ANTIPSICOTICI ATIPICI come Olanzapina o Risperidone hanno alto rischio di
sviluppare patologie cerebrovascolari perché fanno aumentare di peso chi ne fa uso dando

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aumentato rischio di sindrome metabolica che a sua volta è fattore di rischio
cerebrovascolare. A volte si è costretti a usarli insieme magari anche agli antipsicotici
classici come Aloperidolo tuttavia questo farmaco parkinsonizza e non posso dare a un
paziente con Alzheimer e segni parkinsoniani gli anticolinergici perché questi ultimi
danneggiano ancora di più la sfera cognitiva.
Inoltre c’è da considerare che il 10-15% di soggetti che si pensa abbiano Alzheimer in realtà
hanno la malattia a CORPI DI LEDY, che è un’altra patologia dementigena dove ci sono sia
placche amiloidi che i corpi di Ledy che sono tipici del Parkinson (qui sono tutti sparsi nella
corteccia mentre nel Parkinson sono localizzati nel mesencefalo). Questi pazienti sono
molto più sensibili agli antipsicotici e l’Aloperidolo può rendere il paziente catatonico, può
dargli ipertermia, Parkinsonismo gravissimo, reazioni paradosse etc…
Bisogna quindi stare attenti nell’uso degli antipsicotici: quando si ha un paziente con
Alzheimer con manifestazioni comportamentali gravi usare la QUIETAPINA (SEROQUEL) che
fa ingrassare di meno anche se è meno efficace dal punto di vista clinico.
Come antidepressivo mai dare i TRICICLICI che hanno azione anticolinergica. Si possono
dare gli SSRI che si usano per la presenza di depressione in questi pazienti; questa
comorbilità è talmente evidente che alcuni pensano che la depressione faccia parte del
quadro della malattia e si sa bene che l’ippocampo è la parte coinvolta nella depressione
maggiore.

Quando la malattia progredisce compaiono i tre segni fondamentali della malattia:


4- AGNOSIA cioè incapacità di riconoscere gli oggetti
5- APRASSIA cioè incapacità di compiere movimenti finalizzati. Ce ne sono diversi tipi
(ideatoria, costruttiva…)
6- AFASIA SENSORIALE: afasia è incapacità di parlare. Quella MOTORIA è un disturbo
dell’area di Brocà; la SENSORIALE vuol dire che nel lobo temporale il linguaggio non può
essere organizzato e l’area di Brocà funziona normalmente ma non si riesce a parlare. Si
traduce spesso in AGRAFIA anche perché se non riesco a concettualizzare il linguaggio non
riesco neanche a scriverlo.
Nelle fasi molto avanzate il paziente è allettato e con lo sviluppo di infezioni opportunistiche
muore. la morte è per lo più di polmonite nell’arco dei 7 anni dalla diagnosi clinica.
Questo è diverso rispetto al Parkinson dove le aspettative di vita dei pazienti sono ridotte al
massimo di 10 anni ma si arriva anche a 90 anni.
CRITERI DIAGNOSTICI DI MALATTIA:
La diagnosi viene fatta nei centri UVA (UNITà DI VALUTAZIONE ALZHEIMER) che sono strutture
ospedaliere specializzate. Si usano batterie di TEST e scale che permettono la stadiazione della
malattia e la scala più usata per la stadiazione è:
- MMSE (MiniMental State Examination) non vale molto però è molto semplice da
effettuare. Il punteggio va da 30 (soggetto normale) a 0:
28/27 -> 20 : Alzheimer LIEVE;
19 -> 15 : Alzheimer MODERATA;
14 -> 10: MODERATA-SEVERA;

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< 10 : SEVERA
Se c’è una diagnosi che con gli strumenti di laboratorio ad oggi è quasi certa; prima era solo
autoptica mentre oggi si possono fare diverse cose per cui al 90% si ha la certezza che sia
Alzheimer.
Questo è quello che si fa nei centri UVA. Una volta fatta diagnosi si decide di cominciare la terapia
che è passata dal SSN solo nella forma lieve, nella forma moderata e moderata-severa ma non
nella forma SEVERA.
La NOTA 85 AIFA che serve a regolamentare il flusso dei 4 farmaci che si usano in questa malattia e
che sono :
- 3 INIBITORI DELLE COLINESTERASI
- Farmaco che blocca i recettori NMDA con caratteristiche particolari che si chiama
MEMANTINA.
Questi farmaci vengono dati inizialmente per 1 mese:
- I 3 inibitori si possono dare per le forme LIEVI, MODERATE, MODERATE-SEVERE
- La MEMANTINA solo MODERATE e MODERATE-SEVERE anche se non ha senso ma
semplicemente dipende dagli studi clinici che sono stati fatti così.

Dopo 1 mese il paziente torna per esaminare gli effetti avversi; quindi il primo mese bisogna
valutare il profilo di tollerabilità, cioè se il paziente tollera il trattamento oppure no.
Poi passano 3 mesi e si somministra di nuovo il MMSE; se non c’è stato peggioramento o se c’è
stato un miglioramento il SSN rimborsa il farmaco e la terapia continua.
Se invece c’è stato un peggioramento il SSN non rimborsa più.

È un rimborso che il SSN fa sub iudice: se il farmaco migliora o almeno blocca la progressione dei
sintomi (poiché la progressione della malattia è inarrestabile) allora il rimborso continua.
Quindi questo è lo stato dell’arte: è un rimborso del sistema sanitario nazionale veramente del
mini mental vuol dire che la malattia sta progredendo perlomeno la progressione dei sintomi
perché la progressione della malattia non la può bloccare
la Memantina è indicata solamente nelle forme moderate, moderate severe. non so se adesso
hanno cambiato l’indicazione ma non mi risulta mi devo dovrei controllare inizialmente
sicuramente stato così sono cose diverse
Se volete un commento su questo, mi sembra molto logico che gli inibitori delle colinesterasi non
si debbano dare nella forma severa per il semplice motivo che non c’è più acetilcolina nel cervello,
perché se non c’è acetilcolina da bloccare non si possono dare. Io la memantina la continuerei a
dare anche nelle forme severe.
Si può switchare e si possono anche combinare i farmaci, questo non è un problema. Hanno fatto
tanti studi sulla combinazione delle due categorie di farmaci e i risultati sono stati buoni.
- Il secondo test, che si applica in circa 30 minuti, ed è sicuramente il miglior test che voi
trovate il letteratura ed è quello con cui si valuta l’efficacia dei farmaci si chiama ADAS-

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Cog. È il miglior test che trovate per la valutazione dei sintomi dell’Alzheimer. Ha 11
items, i punteggi che vanno da 0 a 70. Serve per valutare anche lo Stato cognitivo del
paziente però in genere quando tu provi un farmaco, fai uno studio clinico di fase due e
di fase tre e se lo fai soltanto con il minimental ti rigettano il lavoro, se invece fai
l’ADAS-Cog o altri test le cose cambiano radicalmente.
Più è alto il punteggio dell’ADAS-Cog e peggio sta il paziente. Mentre il minimental al
contrario il paziente sta bene quando è 30 e poi va a scendere, qui invece va a salire.
Questi 11 items sono sia della sfera cognitiva che comportamentali, cioè come il
paziente risponde ai comandi, ci sono diversi domini che vengono analizzati.
Quando fai i test al paziente glielo devi dire che gli stai facendo i test apposta oppure
no? Certamente, se il paziente è consapevole di avere la malattia. A volte i familiari lo
nascondono e dicono semplicemente devi fare dei test per prendere delle vitamine.
Alla fine ripeto la malattia di Alzheimer non è tanto una patologia del paziente, quanto una
patologia dei care givers. Perché se un paziente perde la memoria va bene, è come avere un
bambino in casa, è anche una cosa dolce, ma se il paziente è agitato o ci sono seri problemi
comportamentali, paradossalmente i farmaci psichiatrici sono più utili dei quattro farmaci
rimborsati dal Sistema Sanitario Nazionale per la gestione del paziente con Alzheimer.
- Un altro test si chiama ADCS-ADL. Questo è un test interessante, perché le ADL, che
sono la parte cruciale di questo test, sono le cosiddette activities of daily living, che
significa le attività di vita quotidiana. Possono essere attività di vita quotidiana normali
come il paziente che va in cucina e si prepara il caffè, ma possono essere anche attività
di vita strumentali, per esempio controllare il conto della spesa o il conto in banca.
Spesso il paziente perde questa capacità anche abbastanza precocemente e le attività
di vita quotidiana sono espressione anche della qualità di vita. La medicina oggi punta
molto al miglioramento della qualità della vita.
- Poi ancora abbiamo una cosa che si chiama CIBIC-Plus: una valutazione basata
innanzitutto sull’intervista che si fa nei confronti del medico che segue il paziente
quindi questo è un parametro che viene seguito soprattutto nei lavori scientifici per
vedere come il paziente si comporta e si chiama Plus perché si intervistano anche i care
givers cioè le persone che accudiscono il paziente. Come vi dicevo la malattia di
Alzheimer è una patologia dei care givers, molte volte quando gli organismi regolatori
calcolano l’impatto di un farmaco nei confronti di una malattia, valutano naturalmente
gli aspetti economici di un farmaco, perché quello è a spese del SSN. Ma valutando
l’aspetto economico di un farmaco non basta vedere il farmaco costa tanto, i malati
sono questo numero, il sistema spende tanto come nei test provocativi al GH che a un
certo punto hanno abbassato il cut off per dare meno GH ai pazienti.
Qui le cose non funzionano così è una patologia invalidante, che non coinvolge solo la persona che
magari è una persona anziana che non lavora più, ma coinvolge tutti quelli che stanno intorno che
spendono tante ore con lui o con lei. Quindi quando si fa il calcolo da un punto di vista economico
bisogna fare gli indotti a calcolare quanti soldi vengono perduti dal nostro paese perché i care
givers invece di andare a lavorare stanno con il paziente. Quindi valutare come i care givers vivono
con il paziente e quello che pensano del paziente diventa fondamentale in questo CIBIC-Plus per
segnare un punteggio al paziente vedere come i farmaci riescono a fare qualcosa. Quindi se un

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farmaco è costoso ma riduce il numero di ore che i care givers da 8 ore al giorno a 3 vuol dire che il
care giver ha 5 ore al giorno per poter andare a lavorare e produrre. Purtroppo qui da noi questo
calcolo non viene fatto, mentre nei paesi anglosassoni questa è la base della farmacoeconomia,
mentre da noi quando un farmaco viene approvato si discute il prezzo e questo aspetto viene
calcolato in modo molto marginale.

- Poi abbiamo la SIB, che letteralmente sta per severe impairment battery. È un test per
la valutazione delle forme severe, una batteria per la valutazione della compromissione
nelle forme severe.
- Infine c’è il cosiddetto NPI neuro psychiatry inventory che è la valutazione dei sintomi
psichiatrici del paziente, quindi tono dell’umore, psicosi. Anche questo fondamentale.
Quindi tenete a memoria questi test perché anche in neurologia vi possono essere di
una certa utilità. E ricordatevi comunque che l’ADAS-Cog è lo standard of care nelle
valutazioni cliniche, quindi per valutare i farmaci diventa la cosa più importante in
assoluto.

Che cos’è la malattia di Alzheimer? E’ un’amiloidosi cerebrale, che significa che nella malattia di
Alzheimer si accumula nel cervello materiale proteinaceo e l’accumulo è extracellulare, ma questo
materiale si comincia a formare all’interno delle cellule spesso, questo materiale extracellulare
acquista le caratteristiche tintoriali della sostanza amiloide. Quali sono queste caratteristiche
tintoriali? colorazione con rosso Congo e con la tioflavina S così come accade per l’amiloidosi in
altri distretti.
Quindi la giusta definizione è una demenza primaria caratterizzata da amiloidosi cerebrale.
Dove si accumula tutta questa sostanza amiloide? In diverse parti del cervello all’interno del
parenchima cerebrale, anche nella vicinanza dei vasi e nelle pareti dei vasi (questo ha creato
diversi problemi per farmaci soprattutto anticorpi monoclonali rivolti contro l’amiloide che ora si
stanno sperimentando in clinica perché questi anticorpi intervenendo sulla sostanza amiloide che
è presente sui vasi possono dare edema vasogenico e dare effetti avversi che sono legati alla
localizzazione della sostanza nel vaso.
Che vuol dire che si forma sostanza amiloide extracellularmente? Vuol dire che si forma un
particolare peptide, che si chiama peptide Abeta 1-42, anche chiamato peptide beta amiloide
formato da 42 amminoacidi, che ha delle caratteristiche di liposolubilità tali che la sua struttura
secondaria ha una prevalenza di foglietti beta e quando voi avete foglietti beta in una proteina i
foglietti beta tendono a formare ponti ad idrogeno tra di loro e ponti ad idrogeno con le catene
vicine, quindi la proteina tende a ripiegarsi su se stessa, ma soprattutto tende ad aggregarsi con
una proteinaamiloide che si trova vicino e allora la proteina beta amiloide 1-42 forma degli
aggregati.
La proteina beta amiloide 1-42, a differenza di quello che si pensa, è una proteina che
fisiologicamente viene prodotta da tutti noi, solo che fisiologicamente la proteina è presente sotto
forma di monomero perché se ne forma poca e quindi ogni proteina è distante da un’altra. Se però
viene prodotta più proteina, se però ci sono degli chaperone molecolari che favoriscono
l’aggregazione, se però la proteina è mutata e a questo punto la mutazione facilita l’aggregazione,

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se queste cose si verificano si formano gli aggregati. Gli aggregati possono essere da due molecole
fino a 12 molecole e questi aggregati particolari si chiamano oligomeri. Attenzione gli oligomeri
sono il problema principale della patologia di questa malattia, perché sono quelli che creano
sinaptopatia e contribuiscono alla fosforilazione della Tau con formazione dei gomitoli o grovigli
neurofibrillari.

Il problema è che gli oligomeri non si vedono, perché è molto difficile con il rosso Congo e con la
tioflavina s vedere gli oligomeri. Voi con questi coloranti potete vedere gli stati di aggregazione
maggiori che sono ad esempio le protofibrille e le vere e proprie fibre amiloidi che formano le
placche, che si chiamano placche amiloidi o placche senili. State attenti la placca amiloide è un
epifenomeno, cioè qualcosa che anatomicamente siete in grado di vedere, che dice “sì c’è stata
l’aggregazione”, tuttavia non è lei che dà la patologia, lei è un by-product della patologia, la
patologia nasce dagli oligomeri.

Immaginate di avere un foglio di carta e nel foglio di carta a un certo punto mettete una calamita
qui qua qui e qua; queste quattro calamite non sono molto potenti sono distanti e rimangono li
(fig 1) se tuttavia aggiungete altre tre calamite o quattro qui al centro non solo queste quattro
calamite al centro si attraggono, ma anche le calamite che stanno tutte intorno vengono attratte
al centro(fig2) .
Quindi quello che accade è che c’è un meccanismo della malattia di Alzheimer di seeding and
template, che significa che gli aggregati si siedono e agiscono come stampo per la formazione di
altri aggregati.
Quale tipo di patologia vi ricorda questo meccanismo? La malattia da prioni! Vi ricorda il prione.
L’amiloide è in grado di interagire con la proteina del Prione ma con la proteina del Prione
fisiologica cioè quella prodotta dal nostro cervello. nel momento in cui le calamite si attraggono
tutte tra di loro, la singola calamita non c’è più. Quindi è vero che nella malattia di Alzheimer voi
formate oligomeri, ma è altrettanto vero che ma quando si formano gli oligomeri poi perdete i
monomeri.
Quindi una domanda fondamentale è: la malattia di Alzheimer è una malattia gain-of-function
perché si formano gli oligomeri, o una malattia loss of function perché il monomero non c’è più
perché si sono formati gli oligomeri e si perde la funzione fisiologica del monomero? Io amo di più
la teoria loss of function del monomero, ma l’ipotesi corrente è quella del gain of function
dell’oligomero. Io non voglio influenzare il vostro sapere con delle cose di carattere personale, ma
se avete un’interrogazione da parte della neurologia potete gestirla così: si formano degli
aggregati di sostanza amiloide che possono essere oligomerici, protofibrillari o fibrillari. Gli
oligomeri sono una specie tossica e creano sinaptopatia, ma contemporaneamente c’è anche la

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perdita del monomero e il monomero molto probabilmente una funzione fisiologica. Quindi mi
sembra che l’ipotesi più bilanciata che potete fare è che è una patologia da acquisto di funzione da
parte degli oligomeri e di perdita di funzione da parte dei monomeri.
È possibile capire in un essere umano se questo ha una amiloidosi cerebrale? perché nella mia vita
mi è capitato tante volte che venissero da me persone giovani e mi hanno chiesto mio padre ha la
malattia di Alzheimer e io sono terrorizzato all’idea di svilupparla. Posso capire in anticipo se
lasvilupperò? l’unico modo e fare la genotipizzazione per apo E. Se hai apo E4 una volta che lo sai
diventi più frustrato, e buonanotte ai suonatori.
Però oggi le cose sono diverse perché è possibile capire se c’è accumulo di sostanza amiloide nel
cervello e per farlo si fa la PET. Considerate che queste placche si vedono col rosso Congo e con la
tioflavina S dal punto di vista istologico, autoptico. Sono stati preparati dei composti che sono
molto simili a rosso congo o tioflavina s inizialmente: uno di questi si chiamava reattivo di
Pittsburgh di tipo B, perché scoperto lì, quindi un composto che si chiama PIB, che è stato marcato
con carbonio 11. Ma usare un composto marcato con carbonio 11 non è molto comodo perché
dovete avere il ciclotrone nel posto dove fare la PET perché l’emivita del carbonio 11 è brevissima
e quindi se avete a disposizione l’apparecchio per marcare si può fare se no niente.
Adesso si usa un’altra cosa che si chiama FLORBETAPIR che è mercato con fluoro 18, questo
florbetapir è un tracciante PET che adesso è in vendita e ti permette di fare diagnosi di amiloidosi
cerebrale in vivo usando PET.
A questo punto se voi avete una marcatura positiva con il florbetapir quindi avete amiloidosi
cerebrale, però non avete l’aumento della Tau nel liquor, potete avere la riduzione della beta 1-42
nel liquor questo sì perché quando si formano le placche si riduce.
Ricapitolando quando avete una amiloidosi cerebrale indicata dalla PET e confermata dalla
riduzione della A beta nel liquor, ma senza aumento di proteina tau che indica degenerazione dei
neuroni per cui esce dai neuroni e sia Tau che fosfo-Tau la ritrovate nel liquor. Quand’è così e non
ci sono sintomi, voi parlerete di amiloidosi cerebrale asintomatica. Quindi questa è la prima
definizione, avete segni di amiloidosi cerebrale, non avete niente che mi fa dare il sospetto di una
malattia di Alzheimer ma pensate che prima o poi le cose verranno fuori. cominci ad utilizzare dei
farmaci per questo modificatori dello stato di malattia partendo anche prima rispetto all’inizio
della malattia perché realtà la rigenerazione comincia vent’anni prima rispetto all’esordio clinico
della malattia per cui uno con familiarità che volesse fare una PET scopre di avere amiloidosi
cerebrale, potrebbe partecipare ad uno studio clinico per valutare se un farmaco può rallentare la
progressione della malattia, attualmente farmaci da dare in profilassi non ne abbiamo.
Se invece uno ha positività alla PET, riduzione di Abeta 1-42 e anche aumento della Tau ma
continua a non avere sintomi, si parlerà di malattia di Alzheimer presintomatica quindi c’è una
differenza tra asintomatiche e presintomatica è legata all’aumento o meno della proteina tau nel
liquor.
Se avete positività alla PET, riduzione di Abeta nel liquor, aumento della proteina tau nel liquor e
un quadro clinico che configura il cosidetto MCI (che sarebbe mild cognitive impairment) che non
significa necessariamente avere l’Alzheimer. Mild cognitive impairment significa disturbo del
pensiero o della sfera cognitiva che però non compromette l’attività della vita. È sicuramente una
condizione discognitiva molto lieve che però in alcuni casi può acquistare la caratteristica di

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interessare esclusivamente la memoria, quindi in questo caso voi avete MCI amnestico in cui
dominio della sfera cognitiva quello principalmente coinvolto. Quando avete un MCI con tutte
queste cose insieme, parlerete di una malattia di Alzheimer prodromica o incipiente.
Quindi avete tre condizioni:
1- Amiloidosi cerebrale asintomatica;
2- Malattia di Alzheimer presintomatica;
3- Alzheimer prodromica o incipiente .
Per la cronaca se avete un MCI di forma amnestica, la conversione in una forma di Alzheimer vera
e propria e del 10-15% all’anno. Quindi vedete che siamo in una fase buona dal punto di vista
diagnostico, perché siamo in grado di differenziare tutte queste forme quindi non è male.
Il problema di questa malattia è la terapia.
Il peptide A beta si forma da un precursore che si chiama APP (amiloid precursor protein). L’ APP è
codificato da un gene che si trova nel cromosoma 21 e quindi torniamo con il problema dei Down.
Il fatto che l’APP sia assolutamente implicato nella patologia è legata all’osservazione che se c’è
una trisomia del cromosoma 21 come nei Down, all’età di 30-35anni diventano Alzheimer quindi
passano direttamente dall’ oligofrenia alla demenza, e se è duplicata solo una parte del
cromosoma se quella parte contiene APP svilupperanno la malattia, se non lo contiene non la
svilupperanno. Quindi anche la genotipizzazione dei Down ci permette di fare una proiezione e
capire quello che accadrà.
Detto questo la funzione di questa proteina non si sa, intanto esistono tre varianti:
1- una di 770 amminoacidi
2- una di 751
3- una di 695 aminoacidi. Questa è unicamente presente nel SNC, le altre sono più
ubiquitarie. ei neuroni l’APP si trova soprattutto nei terminali ed è a contatto in qualche
modo con le vescicole sinaptiche e con le proteine del complesso SNARE che sono quelle
proteine che fanno l’esocitosi vescicolare. Ma che l’APP sia importante per il rilascio dei
neurotrasmettitori, questo è tutto da dimostrare. Anzi non è mai stato dimostrato.
Una cosa che sappiamo, è che l’isoforma più grande di APP ha nella sua struttura, cioè nella parte
esterna che guarda verso lo spazio extracellulare un dominio di inibitore delle proteasi di tipo
Kunitz e quindi qualcuno ha ipotizzato che ruolo principale della pipì sia quello di proteggere il
sistema nervoso centrale nei confronti dell’attacco delle proteasi che vengono
dal plasma, visto che c’è questo dominio. Mi sembra che è una di quelle balle,
ma hanno deciso che le cose stanno così.
Com’è che dalla APP si forma la beta? questa domanda non è triviale perché
gran parte delle terapie sono finalizzate a bloccare la progressione della
malattia si sono basate sulla riduzione della produzione di questa proteina a
beta. Ma questa proteina ha una funzione fisiologica, se voi bloccate la
produzione di Abeta peggiorate il meccanismo di loss of function, nonostante
questo nelle terapie sperimentali si sono investiti milioni e milioni di dollari
per bloccare la produzione del monomero, come se non fosse una proteina

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prodotta dal nostro cervello. Come se voi avendo un insulinoma, per correggere l’ipoglicemia da
insulinoma bloccate la produzione di insulina del tutto.
Se questa è l APP e questa è la membrana siamo nella parte ammino-terminale extra cellulare,
carbossi-terminale intracellulare, il peptide beta amiloide (fig3) c’è una porzione del peptide beta
amiloide che si trova all’interno della membrana è una porzione che si trova all’esterno. Evidente
che se le nostre cellule devono produrre peptide beta amiloide ci vorrà un enzima che opera
all’esterno della cellula è un enzima che opera all’interno della membrana. All’esterno è sufficiente
un enzima idrolitico che trova l’acqua e fa idrolisi, mentre uno che opera all’interno della
membrana non ha acqua a disposizione e l’idrolisi per definizione una scissione di proteine in
presenza di acqua e quindi nessun enzima riesce a farlo da solo, ci vuole un complesso di
membrana multienzimatico e di chaperone che permettono di attuare questo processo enzimatico
in modo corretto.

Gli enzimi che operano all’esterno della cellula si chiamano alfa e beta secretasi, e sono o uno o
l’altro. Quelli che operano giù formano il complesso della gamma secretasi.
La differenza tra alfa e beta secretasi:
- Alfa secretasi taglia più al di sotto rispetto al punto di inizio del peptide 1-42 ed è
considerato tra virgolette l’enzima buono. Quest’enzima largamente prevale nel nostro
cervello, quindi il taglio dell’Alfa secretasi avviene in tutti noi. È ovvio che la Alfa
secretasi eliminando una porzione del peptide, preclude la formazione del peptide 1-42
perché mancano i primi aminoacidi quindi non c’è altra possibilità. Questa Alfa
secretasi è un enzima che fa parte della famiglia Adam, come il famoso Adam TS 13
della coagulazione quello che taglia il fattore di Von Willembrand, in particolare è un
Adam 10 si chiama anche TACE, perché è uno degli enzimi che taglia TNF-alfa, quindi un
enzima di conversione del TNF alfa. Una cosa interessante è che questo enzima
ha un’attività che viene potenziata dalla protein chinasi C e questo ha permesso
un’equazione molto molto semplice: poiché i recettori M1 m3 muscarinici del sistema
nervoso centrale sono accoppiati a Gq e quando fanno l’idrolisi dei polifosfinositidi
attivano la proteina chinasi C e la PKC stimola l’Alfa secretasi, il taglio buono prevale sul
taglio cattivo.
Punto numero 1 L’ipotesi è stata che inibitori delle colinesterasi potessero bloccare la
progressione della malattia cosa che non è vera.

punto numero 2 sono stati sviluppati agonisti dei recettori muscarinici in particolare m1 nel
trattamento della malattia di Alzheimer come modificatori dello stato di malattia dicendo: i
recettori muscarinici attivano la proteina chinasi C che attiva la Alfa secretasi, la proteina viene
tagliata e si forma peptide buono invece che il peptide cattivo. I dati clinici sono falliti
miseramente perche non c’è stato efficacia e perché quando è attivato il recettore muscarinico il
paziente comincia ad avere tale bradicardia, tali crampi intestinali e contrazioni del detrusore della
vescica e delle vie biliari che va direttamente in ospedale. Sono farmaci che non potete utilizzare
tanto è vero che il carbacolo o la pilocarpina li utilizzate in condizioni particolari: la pilocarpina
nello Sjogren, il carbacolo se avete atonia intestinale, in condizioni estreme.

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Quindi biologicamente è vero, ma pensare di poter attivare il sistema colinergico per questo scopo
è un’autentica idiozianonstante questo farmaci del genere sono ancora in sviluppo.
- Al posto dell’alfa secretasi, può intervenire la beta secretasi, che agisce in posizione
672, questo è il punto del taglio usando la numerazione per la 770.( fig) questa beta
secretasi prende il nome di BACE in particolare BACE 1 perché le BACE sono 2, 1 e 2.
allora si è pensato di produrre clinicamente inibitori di BACE così da bloccare la
produzione del peptide e sono state prodotte decine di molecole e attualmente ci sono
delle review sull’utilizzo di inibitori di base 1.
3 problemi:
1- Innanzitutto queste sostanze non attraversano bene la barriera ematoencefalica quindi c’è
un problema di distribuzione dei farmaci.
2- BACE è abbastanza simile agli enzimi digestivi e quindi quando voi date un inibitore
interferite anche con il metabolismo.
3- BACE taglia anche altre proteine, tra cui la neuregulina, una proteina importante che attiva
alcuni recettori della famiglia Erb b. alcuni di questi li abbiamo studiati nel carcinoma del
polmone e nel carcinoma della mammella sapete che c’è il trastuzumab.
Fondamentalmente lo sviluppo clinico di queste sostanze non ha un grande significato, tuttavia c’è
una cosa interessante: il Rosiglitazone e il Pioglitazone che sono dei tiazolidinedioni che si usano
nel trattamento del diabete di tipo 2 sono sostanze che attivano PPAR gamma cioè il recettore per
l’attivatore della proliferazione dei perossisomi di tipo gamma, queste sostanze sono anche in
grado di bloccare BACE e quindi si è provato a usarlo in terapia per l’Alzheimer ma gli effetti sono
stati nessuno. Sono sostanze che non attraversano la barriera ematoencefalica lo possono fare ma
con difficoltà, interferiscono con il nostro metabolismo, impediscono il taglio di alcune molecole
come la neuregulina.
Dal punto di vista clinico non hanno fatto nulla, anche il rosiglitazone che però mette a rischio di
infarto, neanche nel diabete si usa più.

Le gamma secretasi formano un complesso di enzimi sono 5 proteine:


1-presenilina 1 cioè PS1 questo è fondamentale nell’ Alzheimer perché nelle forme familiari ci
sono 185 mutazioni della presenilina 1, è la proteina in assoluto più mutata nell’Alzheimer
familiare.

2- poi c’è la presenilina 2 meno importante ci sono solo 13 mutazioni


3- questo complesso appartiene una proteina che si chiama APH-1
4- un’altra che si chiama Pen 2
5- poi la proteina nicastrina che si chiama così perché la mutazione è stata scoperta della città di
Nicastro in Calabria e adesso sono stati trovati tutti gli ancestri di questa famiglia di Nicastro per
cui sono andati a beccare tutti i vari parenti nel mondo sparsi che hanno lo stesso albero
genealogico, quindi hanno potuto ricostruire tutta la storia di questa famiglia queste cinque
proteine insieme hanno la capacità di tagliare la APP all’interno della membrana senza acqua e
forma la porzione carbossi terminale del peptide

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Questa gamma secretasi poiché lavora in condizioni piuttosto precarie, non è un enzima preciso
ma promiscuo, può tagliare anche poco poco più sopra poco poco più sotto quindi quando è
intervenuta BACE e interviene la gamma secretasi, per azione della gamma secretasi voi potete
formare un peptide Abeta che ha 39 amminoacidi, 40 aminoacidi ,42 amminoacidi o 43
amminoacidi, in base a come la gamma secretasi interviene potete variare la lunghezza del
peptide.
Il peptide 1-40 è quello che prevale nel nostro cervello cioè se ne forma tanto, e la regola è più
lungo il peptide è, più facilmente si aggrega.
1-39 e 1-40 non si aggregano quasi mai, a meno che non siano in quantità colossale 1-43 ha molta
tendenza ad aggregarsi ma non è il peptide che preva nell’ Alzheimer, 1-42 si può aggregare se ne
viene prodotto di più o se è prodotto in condizioni modificate.
Da qui si è pensato di bloccare la gamma secretasi e hanno prodotto i cosiddetti inibitori della
gamma secretasi che sono un numero grandissimo di molecole, però forse la più popolare di
queste è stata prodotta dalla LillY e si chiama SEMAGACESTAT. hanno fatto un casino con questo
perché i dati dello studio di fase 2, quando la numerosità del campione è limitata, e si comincia a
fare randomizzazione quindi lo studio è controllato, sono stati abbastanza incoraggianti. Nello
studio di fase 3 ha mostrato che i pazienti trattati con semagacestat peggioravano all’ADAS-Cog.
Cioè avevano un punteggio più alto. Non solo il farmaco che aveva dato risultati incoraggianti
all’inizio non fa nulla sulla malattia, ma addirittura peggiora il quadro dell’Alzheimer a conferma di
quello che vi dicevo che non potete bloccare la produzione del peptide beta amiloide.
Allora si è pensato di fare un’altra cosa: uno dei problemi degli inibitori della gamma secretasi era
quello che la gamma secretasi degrada NOTCH. La via di NOTCH è una via del neurosviluppo che è
importante per alcuni tumori e serve per il differenziamento degli astrociti e la mutazione di
NOTCH3 da una mutazione che si chiama CADASIL, arteriopatia cerebrale autosomica dominante
con infarto sublacunare e leucoencefalopatia.
Il taglio che la gamma secretasi esercita su NOTCH è fondamentale per la sua attivazione, quando
viene tagliata segnala nella cellula, un po’ come il recettore della trombina. I pazienti che venivano
trattati con gli inibitori della gamma secretasi avevano dei problemi ad esempio cambiava il colore
dei capelli proprio per questa interferenza con NOTCH. Allora hanno fatto delle molecole inibitori
delle gamma secretasi che non interferivano con NOTCH ma risultati clinici zero.
La gamma secretasi può tagliare in diversi punti e più è lungo il peptide e più si aggrega, allora si è
pensato ad un’altra strategia, far tagliare la gamma secretasi ma fare in modo che il peptide sia più
corto, non di 42 amminoacidi ma di 39 o 40.
I farmaci che funzionano così si chiamano SALA: selective amiloid lowering agents. Farmaci che
selettivamente riducono la produzione di amiloide. La cosa abbastanza interessante, direi quasi
eccitante è che questi farmaci sono alcuni FANS, si è scoperto questo da una dato di
epidemiologia, i pazienti con artrite reumatoide ammalavano meno di Alzheimer perche trattati
con indometacina. Quindi questo farmaco, il sulindac e credo anche il naproxene e sicuramente il
flurbiprofene che sono diversi tipi di FANS che voi trovate in commercio, hanno questa capacita
indipendente dalle COX, quindi non c’entra niente con la loro azione, ma riducono la produzione di
amiloide. Alcuni di questi farmaci sono stati provati in clinica, in particolare l’isomero attivo del

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fluorbiprofene che si chiama TERENFLURBIL. È qui che nello studio di fase 2 hanno scritto “a shot
on goal” un tiro in porta che ha fatto goal, poi nello studio di fase tre hanno scritto a shot on goal
that missed. Anche in questo caso l’uso dei FANS che poteva avere un senso non è approdato a
nulla perché probabilmente c’è qualcosa di strano nel disegno sperimentale di questi farmaci.
Giusto per vostra conoscenza oltre ai SALA ci sono anche i SARA cioè i selective amiloid raising
agents, cioè farmaci che aumentano la produzione di amiloide, cioè fanno esattamente il
contrario. In questi SARA, almeno negli studi in vitro, c’è il celecoxib e il fenofibrato. Il celecoxib è
un bloccante della cox2 mentre il fenofibrato fa parte dei fibrati che sono farmaci per abbassare il
colesterolo. Considerata la comorbilità tra Alzheimer e ipercolesterolemia si potrebbe trovare
questo farmaco in terapia, come è anche possibile che un malato di Alzheimer o uno con una
forma prodromica presenti un problema infiammatorio al ginocchio e si faccia trenta giorni di
celebrex. Poiché questi farmaci aumentano la produzione di 1-42 il consiglio è di non usarlo, ve lo
dico solo a scopo precauzionale perché non c’è alcuna evidenza clinica che questi farmaci
peggiorano la malattia.
GENETICA:
Entriamo nel grande capitolo delle forme familiari di malattia di Alzheimer, dove potete avere
delle forme anche molto precoci a 35 anni. La cosa interessante di tutte queste forme è che sono a
trasmissione autosomica dominante. Se ho trasmesso il gene al figlio prima di sapere di avere
l’Alzheimer, basta quel solo cromosoma trasmesso a far si che il figlio sviluppi la malattia. Quindi
uno diventa consapevole di questo e considerate che di casi familiari in USA ce ne sono 200000 e
questo ha permesso di fare dei registri che sono gestiti dal National Institute of Ageing, cioè
l’istituto nazionale dell’ageing, e anche da alcune fondazione dell’ Alzheimer per cui è possibile
reclutare tutti i casi familiari di Alzheimer, anche in altri paesi per esempio lo stanno facendo in
Colombia, e reclutare questi pazienti per fare studi clinici con largo anticipo rispetto all’esordio
clinico della malattia e rispondendo così a un interrogativo principale: tutti gli studi clinici sono
falliti perché i farmaci sono stati dati fuori tempo massimo, cioè quando la malattia si è già
sviluppata? Questo è possibile, e l’unico modo per capire è quello di cominciare con largo anticipo.
Ma anche ammesso che questi soggetti non sviluppino la malattia, come si fa nelle forme non
familiari? Perché non si sa chi sarà a sviluppare la malattia, quindi non potete sobbarcare 3-4 anni
di trattamento per bloccare la progressione di malattia, a meno che la ricerca non miri, come sta
facendo adesso, alla identificazione di marcatori precoci che vi dicano con certezza la malattia si
svilupperà 20 anni più tardi e allora sarà possibile fare un trattamento profilattico che poi non lo è
perché la degenerazione è già cominciata.
Le prime mutazioni che sono circa 40 riguardano la APP e sono il 10-15 % di tutte le forme
familiari, quindi non sono predominanti, perché quelle predominanti sono della presenilina1.
APP può essere mutato:

- al sito di attacco di BACE, cioè la porzione extracellulare di APP che forma la porzione
Nterminale di A beta sono in K670M(lys-met), N671L(asn-leuc) mentre il sito di legame
di BACE è 672. Queste mutazioni si chiamano Swedish. Tutte le mutazioni di APP hanno
il nome di uno stato o di una città. Se c’è questa mutazione BACE1 lavora di più e si
forma più peptide beta amiloide. Questo conferma il fatto che il peptide è centrale

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nella patologia e che se ne formate di più si aggrega di più, il problema è che non
dovete bloccarlo perche altrimenti non se ne forma più.
- al centro del peptide che aumentano la sua liposolubilità per cui la produzione è la
stessa ma il peptide è più aggregabile, è come se mettete le 4 calamite che però sono
più potenti; la più frequente è la E693G(glutammato-glicina) questa mutazione si
chiama Arctic e questa aumenta la aggregabilità del peptide perché un amminoacido
carico viene trasformato in uno non carico. Se in questa posizione avete
E693Q(glutamina) questa trasformazione aumenta la liposolubilità dando una
Angiopatia Amiloidotica cerebrale tipo Dutch. Si formano placche sulle pareti dei vasi, i
pazienti hanno microemorragie e questo può portare a morte per fatti cerebrali
vascolari.
- sito di attacco della gamma secretasi che favoriscono la formazione di un peptide più
lungo. Sono una serie di circa 10 mutazioni interessano gli aa dal 710 in poi e
favoriscono la produzione di peptide 1-42 o 1-43 invece che 1-40.
Esistono anche 2 mutazoni autosomiche recessive:
1- ala673val
2- del E693
Sono sempre mutazioni che aumentano la produzione del peptide e nel mondo dell’Alzheimer è
una cosa interessante che si siano trovate queste forme autosomiche recessive perché non si
sapeva.
Infine c’è una mutazione che è A673T che è una mutazione protettiva.
Pensate che tempo fa gli studiosi dell’Alzhaimer si dividevano in due gruppi: i BAPTISTI che
dicevano che l’Alzheimer partiva dalla sostanza amiloide e dall’altra parte c’erano i TAUISTI che
dicevano invece che veniva dai grovigli neurofibrillari. In effetti i grovigli sono responsabili di alcuni
sintomi, ma questa è una amiloidosi e i grovigli sono una conseguenza della produzione degli
accumuli della proteina beta-amiloide o della perdita del monomero. Se inizialmente c’era questa
diatriba durata per anni oggi con la genetica molecolare si è risolta a favore dei baptisti. Infatti le
40 mutazioni di APP, le 185 mutazioni di presenilina1, che determinano un aumento della
produzione di abeta e le 13 mutazioni di PS2 che fanno lo stesso dimostrano inconfutabilmente
che la malattia di Alzheimer è una amiloidosi, mentre le mutazioni della proteina tau non danno
mai Alzheimer, ma danno taupatie che sono patologie completamente diverse.

Nell’animale da esperimento, l’amiloide del ratto e del topo non si aggrega, non sviluppano
amiloide spontaneamente. Per ottenere un topo AD bisogna fare un topo transgenico in cui viene
inserita l’amiloide umana modificata. Questi topi sviluppano placche e grovigli, però i topi vivono 2
anni e questo tempo non basta a vedere la degenerazione, quindi si possono sperimentare terapie
che riducano la produzione di grovigli ma non si può vedere se le terapie sono neuroprotettive a
parte in un topo detto triplo mutante che ha contemporaneamente una mutazione della APP,
della PS1 e della TAU che peraltro è stato prodotto da un italiano che si chiama Laferla e da un
siciliano che si chiama Oddo e sono andati in California a fare questo topo transgenico usato
spesso negli studi per l’Alzheimer. Ma questo topo è una aberrazione naturale: le mutazioni APP e
PS non sono modificate e quelle della TAU non sono mai nell’Alzheimer però mutando tutto i
neuroni cominciano a morire, si formano placche e grovigli. Quando fate questi transgenici il

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genotipo non è espresso in tutte le cellule allo stesso modo quindi poi il fenotipo varierà di
conseguenza.

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Autore: Arianna Cleri
Materia: Farmacologia Neuro
Nome del professore: Nicoletti
Data: 10/03/16

MALATTIA DI ALZHEIMER (continuo)


Dobbiamo iniziare il monomero.
Il punto era se la malattia di Alzheimer è con acquisto di funzione o perdita di funzione. È abbastanza sicuro
dire che è entrambe le cose.
Se noi crediamo ad un'ipotesi con perdita di funzione, cioè sul fatto che il monomero non c'è più perchè si
aggrega e forma gli oligomeri, poi le protofibrille, le fibrille ecc., evidentemente il monomero deve avere
una funzione fisiologica.
Ci sono un po' di studi adesso che dimostrano che il monomero dell'Abeta, in particolare della Abeta1-42,
agisce come PAM (modulatore allosterico positivo) del recettore di tipo I per l'IGF (insulin-like growth
factor) [in realtà l'IGF più importante nel SNC è IGF-I].

Il recettore di tipo I dell'IGF è un recettore praticamente identico al recettore dell'insulina,


poiché appartiene alla stessa famiglia dei recettori dell'insulina, e con i recettori
dell'insulina forma degli eterodimeri.
Quindi voi nel SNC, o anzi nei neuroni, potete trovare sia i recettori dell'insulina, sia i
recettori di tipo I dell'IGF, sia gli eterodimeri formati da un recettore dell'insulina e un
recettore per IGF.
Disegno recettore dell'insulina. Catene alfa e beta che formano ponti disolfuro sia
intracatena che intercatena.

Come funzionano. La subunità beta è una tirosin chinasi; nel momento in cui viene attivata c'è una
transfosforilazione, per cui una catena beta fosforila l'altra catena beta, e poi delle proteine che hanno dei
domini SH2 (Src Homology 2) vengono calamitate qui e iniziano a funzionare. Tra le proteine che fanno
questo c'è p85 della fosfatidil inositolo 3 chinasi (PtdIns-3-K), per cui si forma il fosfatidil inositolo 3,4,5
trifosfato (PtdIns 3,4,5 P3). C'è la fosforilazione di Akt e questo, insieme ad altri meccanismi, determina
nella cellula la traslocazione di GLUT che va a finire sulla membrana. Questo è un meccanismo notissimo in
periferia, cioè nelle cellule adipose e nelle cellule muscolari, dove voi trovate principalmente GLUT4, che è il
principale trasportatore del glucosio, e trovate anche GLUT2.

Quando avete studiato biochimica sicuramente vi hanno detto che il glucosio entra nel SNC in modo
insulino-indipendente, e io vi confermo che è così (il passaggio della barriera emato-encefalica non richiede
insulina). Tuttavia l'ingresso del glucosio nei neuroni richiede insulina e IGF-1. Se voi prendete un
qualunque neurone, nel neuropilo il trasportatore più importante è il GLUT3.

Ci sono tre evidenze.


1) i malati di Alzheimer cercano il dolce, è come se il loro SNC richiedesse zuccheri.
In realtà la gran parte del glucosio prodotto dal fegato per gluconeogenesi e glicogenolisi è diretto al SNC.
2) Se voi fate una PET con 18fluorodesossiglucosio (18FDG), quindi valutate il consumo di glucosio nel
SNC, una riduzione del consumo di glucosio alla PET è probabilmente il marcatore più precoce di
malattia di alzheimer (non ha nessuna specificità perchè anche in altre demenze e in altre patologie
c'è un ridotto consumo di glucosio).

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Fondamentalmente nella malattia di alzheimer avete un cervello iponutrito, poiché non ha l'upholding
dell'energy introduction, cioè non ha il glucosio sufficiente per formare l'ATP, e quindi cercare di avere
l'energia necessaria per poter fare l'attività sinaptica.
3) Se voi prendete un cervello di malati di alzheimer, il recettore di tipo 1 dell'IGF è un recettore
difettivo, cioè funziona male.

Queste tre cose ci fanno pensare che la malattia di alzheimer sia una malattia da ridotto consumo di
glucosio.

[Dalle lezioni di endocrino. Le mutazioni del recettore dell'IGF sono nel 3% dei bambini nati piccoli per età
gestazionale, cioè i cosiddetti SGA (Small for Gestational Age). Mi chiedo se questi bambini hanno poi una
predisposizione ad ammalare di alzheimer successivamente.
Bisognerebbe fare uno studio difficilissimo perchè i bambini SGA diventano alzheimer probabilmente 60
anni dopo.]

Il monomero dell'amilode si comporta da PAM per i recettori di tipo 1 dell'IGF.

[Ci fa vedere un'immagine al computer: questo qui è un analogo fluorescente del glucosio che colora le
cellule in verde quando vengono captate. Questi sono neuroni di controllo messi in coltura nella piastra.
Questi sono gli stessi neuroni quando aggiungete IGF 1 e questi sono i neuroni quando aggiungete il
monomero del peptide beta amiloide da solo.
Se voi misurate il GLUT3 (in rosso), questo è un neurone di controllo, questo invece è un neurone dove è
stato applicato il monomero dell'amiloide. Il trasportatore si mette tutto sulla membrana e se voi combinate
il monomero con un inibitore della tirosin chinasi del recettore dell'IGF1, che qui si chiama PDP se non
ricordo male, quando fate questo l'effetto non c'è più, quindi il monomero sta funzionando sul recettore
dell'IGF1 facendo entrare glucosio nelle cellule.
Domanda studente. Risposta: tu metti un inibitore per dimostrare che il monomero sta lavorando attraverso
il recettore. Nella fisiologia dovresti rimettere il monomero, però siccome ci sono gli aggregati, se tu
aggiungi il monomero al SNC, gli aggregati se lo mangiano immediatamente, quindi peggiori le forme di
aggregazione.

Altra immagine. Questa è la stessa cosa però fatta con un anticorpo esofacciale, cioè che riconosce un
epitopo che è all'esterno della cellula, cioè per il trasportatore.]

Ovviamente qual è la controprova che questo meccanismo possa essere importante, perchè questo
dimostra che se voi aggiungete il monomero avete l'effetto, però potete fare l'esperimento anche in
maniera diversa, cioè potete eliminare il monomero, stimolare la captazione del glucosio in condizione di
attività sinaptica e vedere se senza monomero la cellula non prende più il glucosio.

Per fare questo tipo di esperimento potete usare due strategie:


1) prendete topi knockout privi di APP, quindi non posso produrre il monomero perchè non hanno il
precursore dell'amiloide.
2) Potete utilizzare l'inibitore delle gamma-secretasi. Se usate questo il monomero non si forma
perchè la gamma secretasi toglie la porzione intramembranale del peptide beta amiloide.

(vedi tabella sotto)

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1) Se voi valutate il consumo di glucosio in neuroni in coltura normali (disegno), voi date una
depolarizzazione, per esempio date 25 o 50 millimolari di potassio, la depolarizzazione aumenta il consumo
di glucosio perchè il neurone sta lavorando di più e quindi ha più bisogno dal punto di vista energetico.
2) Poi date il K + inibitore delle gamma-secretasi e avete questo.
3) Poi se voi date il K + inibitore delle gamma-secretasi + monomero nuovamente l'avete così.
4) Se date invece il potassio negli animali che sono APP KO ce l'avete così.
Quindi il monomero fa entrare il glucosio nelle cellule e l'idea è che se voi avete una condizione in cui il
monomero forma degli aggregati, chiaramente questo non c'è più .

1) 2) 3) 4)

Non entrando il glucosio nelle cellule cosa succede?


La prima conseguenza è che avete una ridotta produzione di ATP quindi andate automaticamente in
sinaptopatia (ovviamente le sinapsi funzionano male in queste condizioni particolari) e questo contribuisce
a giustificare il fatto che le sinapsi nella malattia di alzheimer fanno più LTD e meno LTP, cioè sono più
sottoposte ai meccanismi di depressione che ai meccanismi di potenziamento.
Anche gli oligomeri fanno questo, ma potrebbero far questo perchè calamitano il monomero che c'è lì, per
cui il monomero non può funzionare più.

Noi sappiamo che i sintomi discognitivi della malattia di alzheimer nascono nel momento in cui si formano
gli aggregati di Tau. Questo è vero, infatti il punto di forza dei cosiddetti tauisti era quello di dire: voi potete
avere tutte le placche del mondo, ma l'individuo tende a rincoglionire un po' quando la Tau si iperfosforila,
si stacca dai microtubuli e si formano i gomitoli neurofibrillari, che sono tutti inizialmente intracellulari, poi
però si possono trovare anche i cosiddetti ghost tangles, che sono i gomitoli che si trovano all'esterno,
perchè il neurone muore e quindi i grovigli neurofibrillari sono lì.
Questa Tau iperfosforilata è molto resistente alle proteasi e di conseguenza non è più degradabile.

Qual è il link tra oligomeri o perdita del monomero: la fosforilazione della Tau e la compromissione del
citoscheletro. Questo non si sa alla perfezione, tuttavia chi fosforila la Tau sono una serie di proteine come

22
GSK3beta e Cdk5 (protein chinasi ciclina-dipendente di tipo 5, non importante per il ciclo cellulare, ma per
la regolazione di Tau e di altre proteine del citoscheletro).

Facciamo un'ipotesi, cioè che GSK3beta svolga un ruolo fondamentale nel fosforilare Tau (vi ricordate qual
è uno dei compiti dei recettori dell'IGF della PI3K in generale? È quello di inibire GSK3beta. L'insulina
aumenta lo store del glicogeno nel fegato inibendo GSK3beta).
Se voi avete un recettore dell'IGF che funziona poco perchè manca il monomero e diventa oligomero,
GSK3beta è attivato e fosforilaTau.
Potete collegare un mancato funzionamento del recettore dell'insulina alla fosforilazione della Tau, perchè
avete un punto nodale che è GSK3beta.

C'è tuttavia un'interpretazione alternativa.


Quando il glucosio entra nella cellula, all'interno della cellula c'è la via delle esosamine che porta come
prodotto finale UDP-N-acetilglucosamina (UDP-N-AcetilGLCN). Questo serve a fare un processo che si
chiama OGlcNAc che significa O N-acetil glicosilazione delle proteine.
Questo tipo di meccanismo metabolico è il 3% di tutto il metabolismo del glucosio e le proteine possono
essere OGlcNAc acilate, cioè possono incorporare il N-acetilglucosamina attraverso l'enzima OGT, e una
volta che le proteine diventano OGlcNAc acilate possono perdere l'N-acetilglucosamina per mezzo di un
enzima che si chiama OGA.
L'enzima OGT, che è una transferasi, fa una N-acetil glucosaminazione delle proteine e l'enzima OGA stacca
questi residui dalle proteine (sono modificazioni post traslazionali).

La proteina Tau è fosforilata e i vari anticorpi che l'anatomopatologo usa per fare diagnosi di alzheimer
riconoscono epitopi di Tau che vengono fosforilati.
Ma la tau è anche OGlcNAc acetilata e i due processi sono mutualmente esclusivi, cioè se la Tau viene
OGlcNAc acetilata non viene fosforilata e viceversa.

Nell'alzheimer prevale la fosforilazione e la Tau si stacca dai microtubuli, forma i grovigli neurofibrillari e i
microtubuli poi non funzionano più. Questo potrebbe accadere perchè se c'è un difetto del monomero ed il
recettore dell'IGF funziona meno, entra meno glucosio, c'è meno glucosio disponibile per la N-
acetilglicosilazione della Tau e visto che la Tau non viene più N-acetilglicosilata automaticamente viene
fosforilata, ed essendo iperfosforilata si stacca e forma i gomitoli neurofibrillari.

[Risposta a studente. Quelli che studiano la glicobiologia studiano questi processi di glicosilazione delle
proteine. Siccome la glicosilazione avviene sui siti di serina e sui siti di treonina, che sono anche quelli che
vengono poi glicosilati, è ovvio che c'è l'uno o c'è l'altro]

Quindi l'ipotesi è questa, LOF loss of function.

[Quando farete l'esame di neuro, se dovessero chiedervi qualcosa sulla fisiopatologia della malattia di
alzheimer, attenti a come dite le cose; dovete dire che il culprit della malattia è la formazione degli
oligomeri perchè sono tossici, danno sinaptopatia, danno più LTD che LTP, determinano un meccanismo di
iperfosforilazione della TAU e nascono i gomitoli neurofibrillari. Questi aggregati vengono degradati
difficilmente e possono essere trasferiti da cellula a cellula.

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Sapete cos'è la stadiazione di BRAAK?

I depositi di amiloide iniziano soprattutto nella parte


inferiore del lobo temporale.
Poi l'amiloidosi va in tutta la corteccia e negli stadi finali
ci sono placche anche nel cervelletto, dove
normalmente non è una sede della patologia, per cui è
come se diffondesse.
Questi aggregati dove iniziano? C'è qualcuno che pensa
incomincino nella mucosa nasale e poi da lì
progrediscano.
Infatti uno dei test predittivi dell'alzheimer sarebbe di
prendere la mucosa e vedere se c'è deposito di amiloide
nella mucosa.

Oggi con la PET potete fare una diagnosi di amiloidosi cerebrale in qualunque momento, è quella che si
chiama amiloidosi cerebrale asintomatica, però considerate sempre che la PET è in grado di vedere le
placche, non gli oligomeri (con reattivo Florbetapir).

La Tau invece è un po' diversa perchè parte dall'ippocampo e diffonde


piano piano. I tangles stanno inizialmente nella zona del locus coeruleus,
poi diffondono nelle zone limbiche, però il cervelletto è sempre
risparmiato (nonostante i depositi di amiloide non c'è mai groviglio
neurofibrillare).

(altra immagine. Parkinson alfasinucleina) Il Parkinson è una


alfasinucleinopatia, ci sono i corpi di Lewy. Inizialmente stanno giù, poi
forse attraverso il nucleo del tratto solitario entrano nel tronco
dell'encefalo e poi per qualche motivo nella sostanza nera c'è un locus minoris resistentiae e si fermano lì.
Questa è l'evoluzione di BRAAK.

Esiste una patologia, un'alfasinucleinopatia, dove c'è demenza a corpi di Lewy che insorge con il Parkinson,
ma la demenza viene fuori entro un anno. Ha degli accumuli di alfasinucleina che invece prendono tutta la
corteccia oltre che la pars compatta e la sostanza nera. Avete un misto tra parkinsonismo e demenza.
Elementi distintivi. La demenza a corpi di lewy ha come caratteristica il fatto di avere una sfera psichiatrica
importante, ci sono allucinazioni soprattutto visive; il declino cognitivo è molto fluttuante anche nell'arco
della giornata e ci sono i disturbi del sonno. [il disturbo della fase REM del sonno è un grosso fattore di
rischio per il parkinson, si chiama disturbo comportamentale della fase REM del sonno]
Nella demenza a corpi di lewy, quando avete questo quadro allucinatorio, date i neurolettici teoricamente.
Se date un neurolettico classico c'è una risposta spaventosa (diventano catatonici, rigidi), non potete farlo
perchè c'è una sensibilità particolare ai neurolettici che invece i malati di alzheimer non hanno.

Le patologie degenerative dovrebbero essere tutte riclassificate; non ha senso parlare di alzheimer,
parkison, sono malattie da misfolding proteico il cui fenotipo poi si differenzia in base alla proteina che fa
misfolding.
Per quale motivo ad un certo punto queste proteine anomale si aggregano: avete delle mutazioni.

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Avete un'angiopatia amiloidotica familiare di tipo Dutch (aumenta la liposolubilità oppure voi ne
introducete tanto).

Questa potrebbe non essere l'unica fase di lettura e dovendo trovare qualche elemento in comune che ci
faccia capire perchè ad un certo punto le proteine anomale si aggregano, l'elemento in comune lo troviamo
in un sistema particolare che si chiama SISTEMA DEI RETROMERI.

I retromeri cosa fanno fare alle proteine di membana (es


APP). Ad un certo punto queste proteine le ritrovate nelle
vescicole (endosomi) che iniziano a fare un percorso inverso
rispetto a quello che porta normalmente la proteina sulla
membrana. La proteina è sintetizzata nel reticolo
endoplasmico rugoso, va nel transgolgi, entra nelle vescicole
e poi normalmente viene depositata nella membrana.
Siccome la vescicola si apre così (vedi foto), la parte della
proteina interna alla membrana poi va all'esterno.
Tuttavia la proteina dalla membrana ritorna dentro e
attraverso il sistema del retromero fa la strada inversa.

Normalmente ha tre destini:


1) l'endosoma si fonde con il lisosoma (l'endosoma può anche incorporare gli enzimi catalitici, quindi
ci possono essere tante cose lì dentro). Quando le proteine vengono ubiquitinate, normalmente la
degradazione è attraverso proteasoma o può arrivare al lisosoma.
2) In questo percorso la vescicola può nuovamente ricollocare la proteina sulla membrana.
3) Ci può essere il sistema degli exosomi, cioè la proteina da dentro può andare fuori diventando
extracellulare.

Per esempio la proteina Tau che tutti considerano intracellulare del citoscheletro, la trovate anche
all'esterno della cellula e viene veicolata all'esterno attraverso la via dei retromeri.

La via che va nei lisosomi invece converge con gli autofagosomi (autofagocitosi o autofagia).

Se voi avete un sistema come questo, siete come in aeroporto dove ci sono gli aerei molto grandi che si
chiamano aerei cargo.

Prendiamo la vesciola con l'endosoma.


Voi dovete avere delle proteine qua (tratto più marcato a destra)
che riconoscono il cargo. Il cargo più essere rappresentato dalla
proteina che viene direttamente trasportata dall'endosoma o da
una proteina che a sua volta ne lega un'altra.

Vi faccio un esempio.
L'APP che normalmente si trova qui (linea obliqua nella vescicola /
) ha una sua proteina cargo che si chiama SORL-1 che la attacca a
questo complesso del retromero che è il complesso di proteine
che riconosce il cargo.
La prima cosa che trovate nel retromero è un complesso proteico
6

25
che riconosce il cargo. Il cargo può essere la proteina trasportata direttamente o può essere un'altra
proteina che poi lega la proteina d'interesse.
I polimorfismi di SORL-1 predispongono all'alzheimer, quindi il sistema dei monomeri e il trasporto del
cargo può avere un certo significato.

Il retromero ha 4 moduli:

1) proteine che formano il cargo recognition core. Le proteine che riconoscono il cargo e che formano
questo complesso si chiamano VSP (vescicular sorting protein: proteine del sorting vescicolare) 26,
29, 35. Stanno nell'endosoma. [esempio: se voi dovete caricare delle casse su un aereo da cargo, il
carrello che porta le casse è in realtà il cargo ed è la SORL-1. Le casse sono il vero cargo e sono
l'APP. La stiva dell'aereo dove mettete le casse è il cargo recognition core: VSP]
L'espressione di queste tre proteine è ridotta nel cervello dell'alzheimer, in più c'è il polimorfismo di SORL-
1.

2) Modulo di tubulazione. L'endosoma ad un certo punto, per poter progredire nella sua strada ed
andare verso il lisosoma, fa come le amebe, quindi ci vogliono delle proteine che modificano la
tubulina tutt'intorno e fanno questo (curva disegnata all'esterno della vescicola, sembra il manico
della “racchetta da ping pong”). La tubulina si modifica tutt'intorno e l'endosoma può muoversi
verso il lisosoma oppure può andare nell'altra direzione e fare riciclaggio per riportare la proteina
sulla membrana.
Le proteine di questo modulo si chiamano nexine del retromero SNX 1,2 che ingrandiscono con SNX 5,6.
I polimorfismi della nexina del sorting di tipo 1 aumentano il rischio della malattia di alzheimer. Le nexine 1
e 2 interagiscono con 5 e 6 ed il retromero progredisce.

3) Proteine che stabilizzano il cargo recognition core (VSP). Quali sono: nexina SNX3 e Rab7a.
[Rab7a è una proteina monomerica che si trova nell'early endosome e serve a farlo muovere nelle varie
direzioni. Quando l'endosoma precoce diventa late Rab7a viene sostituita da
- Rab5 se l'endosoma va verso i lisosomi;
- se invece va verso il riciclaggio, viene sostituita da Rab4 o da Rab11]
Sempre qui c'è un'altra nexina SNX27 che è legata all'attività della PI3K.
PI3K, Rab7a, SNX3 sono ridotte nel cervello dell'alzheimer.

4) Proteine che interagiscono con l'actina. Tecnicamente per muoversi dovete fare interazione sia con
la tubulina che con l'actina che è un'altra proteina del citoscheletro. Queste formano il complesso
WASH.
Il complesso WASH è formato da tante proteine es. WASH 1, WASH 7 (KIAA 1033), la Strumpellina e la
FAM21. Molte di loro sono difettive nel cervello dell'alzheimer.

Perchè queste proteine sono importanti per la formazione di aggregati? Cosa può accadere se il sistema dei
retromeri è ingolfato? L'endosoma che ha l'APP ad un certo punto si ferma e siccome all'interno
dell'endosoma c'è BACE (beta secretasi) se l'endosoma non finisce nei lisosomi o non fa il riciclaggio, BACE è
libera di agire e si forma tanto peptide beta amiloide 1-42.
Questa cosa è comune al parkinson e molto simile probabilmente a quello che accade nella malattia da
prioni, forse nella sla. Noi dovremmo cercare di riattivare il retromero.

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Ci sono patologie neurologiche da difetto del retromeri (per polimorfismi o altre cause) ed in base alla
proteina che forma gli aggregati, i fenotipi delle patologie del retromero si diversificano.
Il prione si trasmette, parkinson ed alzheimer in teoria no.
Considerando che il parkinson potrebbe nascere dall'intestino come complessi di alfasinucleinopatie, voi
potete escluderne a priori che non ci sia qualche batterio che contribuisce a formare gli aggregati di
alfasinucleina nella parete intestinale, poi il sistema nervoso autonomo lo riporta al SNC?

Terapie sperimentali

1) inibitori di BACE1 → schifo totale su tutti i fronti;


2) inibitori della gamma secretasi → schifo totale, non serve a niente;
3) inibitori della formazione delle fibrille (fribrillogenesi): il monomero viene prodotto ma impediamo
che si aggreghi e formi gli oligomeri. Problema: se voi disaggregate le fibrille, quando le protofibrille
si disaggregano, si formano gli oligomeri (tossici) quindi non va bene. Bisogna impedire
l'aggregazione nella fase molto iniziale della malattia, non dare degli intercalatori delle fibrille,
perchè si mettono tra i foglietti beta che formano ponti ad idrogeno, quindi la proteina si
raggomitola su se stessa e si lega ad altre proteine. Se voi inserite qualche elemento tra questo,
non solo impedite la formazione di nuovi aggregati, ma disaggregate.

Cosa facilita l'aggregazione?


ApoE4, GAG, metalli pesanti (es. rame, alluminio, zinco). Questo un po' lo sappiamo perchè le tesaurismosi,
quindi per esempio le malattie da accumulo di ferro, sono anche patologie degenerative. C'è la
degenerazione globale con accumulo di ferro di tipo 1 che è di base un'alfasinucleinopatia, è un disturbo
del metabolismo del ferro che facilita la formazione degli aggregati.

FARMACI INTERCALATORI DI FIBRILLE:

- chelanti dei metalli, non hanno portato a nulla;


- intervenire nei confronti dei GAG, omotaurina, chiamata anche Tramiprosato o 3-
AminoPropanSulfonato ed il nome commerciale è VIVIMIND.
L'omotaurina è un integratore, è stato venduto nei supermercati liberamente. Poi hanno fatto degli studi
clinici dimostrando che il vivimind è attivo nel migliorare la sfera cognitiva e ridurre l'ADASCoG (più alto è e
peggio è), però lo è nei soggetti ApoE4 positivi che sono maggiormente a rischio. Succede questo perchè
ApoE4 comunica con i GAG favorendo l'aggregazione.
Questa è una sostanza anti-GAG, quindi in questi soggetti il vivimind ha maggiori probabilità di successo,
ma niente di eclatante. (negli ApoE4 negativi non c'è effetto)
(domanda: quanti sono gli ApoE4 positivi? Nell'alzheimer il 50%)
- Carvedilolo, è un beta bloccante, non c'entra niente;
- Daunorubicina è un'antraciclina, antitumorale;
- Tetracicline ed in particolare una a lunga emivita Doxiciclina.

Tra queste categorie di farmaci è impensabile usare un'antraciclina in cronico in un malato di alzheimer,
però la doxiciclina è diversa. Hanno fatto molti studi nella malattia da prione e negli studi iniziali hanno
dato buoni risultati (l'estensione della vita in questi pazienti era aumentata di un anno). Hanno fatto lo
studio di fase 2 o 3 nella malattia da prione e purtroppo non è risultato niente.
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Un inglese è andato non si ricorda dove e hanno trovato un farmaco sbalorditivo che ha addirittura
migliorato l'ADASCoG di 8-9 punti (un dato enorme dal punto di vista cognitivo); nome RENDER ed è il blu di
metilene, perchè disaggrega la TAU.

Vaccini
Nuovo vaccino: ADUCANUMAB, contro l'amiloide, contro oligomeri e protofibrille.
È il primo caso di vaccino che oltre a migliorare il cognitivo ha anche ridotto il carico amiloide
considerevolmente fatto con lo studio PET.

Cosa sono i vaccini.


I vaccini nascono con l'AN1792, è un signore che credo si chiamasse Shank, che ha pensato “se io prendo un
topo con l'alzheimer”, ma ratti e topi sviluppano l'alzheimer? NO! L'amiloide del ratto e del topo non si
aggrega. Il modello murino si fa in transgenico, mettendo l'APP o la presenilina dell'uomo con la mutazione,
quindi sono per esempio dei topi APP/PS1 mutati, con la doppia mutazione, o solo APP.
La neurodegenerazione in questi modelli non la vedete mai, perchè dopo due anni il topo se la scampa,
quindi il tempo tecnico reale non c'è.

Ha pensato: prendo un topo come questo, prendo il peptide Abeta1-42, lo unisco con l'adiuvante di Freund,
che stimola le cellule Th1 e poi vedo che succede. Cosa è successo: quando questo vaccino (vaccinazione
attiva) è stato fatto in profilassi, cioè prima del tempo in cui nel topo si vedono le placche ed i grovigli
neurofibrillari, tutto è scomparso; quando è stato fatto invece in terapia, in un'età in cui le placche e i
grovigli già c'erano, gran parte delle placche se n'è andata, ma i grovigli sono rimasti.

Questa storia ha incoraggiato molto e si è andati ad uno studio clinico che si chiama AN1792.
Hanno preso circa 300 pazienti ma lo studio si è interrotto perchè 6 persone hanno sviluppato
meningoencefalite asettica, perchè le placche non sono solo nel parenchima ma si trovano anche sulle
pareti dei vasi, ma oltre a questo c'è stata una risposta infiammatoria Th1 mediata, quindi citochine
proinfiammatorie e almeno 3 persone di queste 6 sono morte.
Hanno poi analizzato il cervello ed hanno visto che c'era stata una forte riduzione delle placche nei soggetti
trattati, ma nessuna modificazione dei grovigli.

Come può aver agito il vaccino.


- Da dissolutore delle placche. Si formano gli anticorpi che hanno un titolo, questi entrano nelle
placche amiloidi e le disaggregano, col rischio che si formino gli oligomeri.
- Opsonizzazione con intervento del complemento e sapete che nel SNC c'è la microglia che si
mangia poi le cose che hanno il complemento, come le placche.
- Meccanismo SINK, cioè un meccanismo lavandino. La Abeta1-42 passa la barriera emato-encefalica
verso il sangue e dal sangue ritorna su, quindi circola tra la periferia ed il SNC. Il recettore di entrata
è il RAGE (recettore per i prodotti avanzati di glicazione proteica), mentre il recettore di uscita è il
LRP1 (proteina correlata al recettore delle LDL).

Qual è l'idea. Si formano gli anticorpi, gli anticorpi legano l'Abeta1-42 nel sangue e l'equilibrio si sposta
verso l'uscita, quindi l'eccesso di Abeta1-42 va nel sangue.
Se l'anticorpo lo lega, quello che è libero tende ad aumentare e dal SNC passa nel sangue per ristabilire
l'equilibrio.

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L'altra cosa interessante è che l'Abeta1-42 è degradato dall'IDE (enzima che degrada l'insulina) e c'è
qualcuno che considera l'alzheimer come diabete di tipo III, cioè insulino resistenza centrale, non periferica.

Visto questi risultati, ci sono altre due possibilità.

- si fa la vaccinazione attiva utilizzando un adiuvante che va verso Th2, non verso Th1. Questo è stato
fatto ma l'efficacia della vaccinazione attiva è stata molto ridotta. Nonostante questo la Novartis è
andata in fase 2 o 3 con un vaccino che credo si chiami CAD106, che è un vaccino di amiloide
coniugata con particelle virali inattive.
- Vaccinazione passiva, cioè usare i mAb, infatti le grandi industrie stanno producendo una serie di
anticorpi monoclonali. Lo svantaggio della vaccinazione passiva è che bisogna ridarglielo, ma il
vantaggio è che se hai un effetto avverso puoi controllarlo.

Vaccinazione passiva, quali sono.


Ci sono quelli che non discriminano, cioè legano sia i monomeri, che gli oligomeri e anche altre forme di
aggregazione; ci sono anche quelli che legano oligomeri e protofibrille, ma non legano i monomeri, che
sicuramente sono più promettenti perchè lasciano il monomero intatto.

Quest'era degli anticorpi è nata col BAPINEUZUMAB, è umanizzato, “bap” sta per peptide beta amiloide,
“neu” sistema nervoso centrale.
Quali sono stati i risultati. C'è stato un miglioramento della funzione cognitiva minimo, però solo nei
pazienti ApoE4 negativi, con manifestazioni di edema vasogenico perchè ancora una volta questi aggregati
si trovano in vicinanza della parete dei vasi. Quindi è stato sospeso.

A questo punto la Lilly ha risposto con il SOLANEZUMAB, umanizzato, “ne” sistema nervoso centrale.
Hanno trovato un miglioramento cognitivo nel 34% dei pazienti e di conseguenza sono andate in fase 3,
adesso il trial si chiama EXPEDITION.
Ha effetto nei soggetti che hanno MILD AD, cioè una forma di malattia di alzheimer lieve, che sono anche
quelli che hanno più anni da vivere, quindi già questo ci dà l'idea che dovremmo cominciare il più presto
possibile.

La Roche è entrata in gioco con GANTENERUMAB, interamente umano. Ci sono stati discreti risultati del
cognitivo e adesso è andato in fase 3.

È comparsa improvvisamente la Biogen. [che è l'azienda che fa il Tecfidera e il Tysabri per la sclerosi
multipla. Il tecfidera in prima linea, il tysabri che è il natalizumab in seconda linea, però molto efficace.
Quando fate il trattamento per la sclerosi multipla, mantenete il trattamento entro un certo periodo di
tempo, non andate oltre i 24 mesi. Se gli anticorpi non ci stanno andate senza problemi; se gli anticorpi
sono presenti ed i pazienti non erano mai stati trattati prima con immunosoppressori e fate un trattamento
che rientra in quei 24 mesi, la PML difficilmente viene fuori.]
Ha fatto l'ADUCANUMAB, utilizzando 10mg migliora abbastanza il cognitivo e c'è la riduzione delle placche.
È la prima volta che dal punto di vista clinico con PET, perchè col vaccino attivo nel cervello si erano viste
ma all'autopsia, usando il florbetapir (ligando dell'amiloide) hanno visto la riduzione delle placche.
Con 10mg tuttavia c'è edema vasogenico in alcuni pazienti.
Allora la biogen ha deciso di scendere a 6mg, dove il miglioramento cognitivo è inferiore. Nonostante
questo, sulla base dei dati di fase 2, sono andati in fase 3 usando 6mg e reclutando 2700 pazienti. In questo
tipo di reclutamento cercano di prendere i pazienti nella fase iniziale della malattia.
10

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Altro anticorpo CRENEZUMAB, umanizzato. È in sviluppo.

Il punto fondamentale è cominciare presto, quindi voi cosa fareste?


Avete solo 2 possibilità.

- Prendete i soggetti ApoE4+ che sono a rischio e li cominciate a trattare (se fossi ApoE4 + in
entrambi gli alleli, non mi sottoporrei ad un trattamento profilattico con un anticorpo, perchè
significherebbe fare l'anticorpo per 10 anni della mia vita, senza avere la certezza di sviluppare la
malattia e l'anticorpo potrebbe non essere efficace ma crearmi problemi come edema vasogenico,
microemorragie, atrofia cerebrale o pseudoatrofia).
- È molto più logico intervenire sulle FAD (alzheimer familiare), in particolare nei pazienti che hanno
la mutazione della presenilina1 (PS1) perchè le mutazioni sono autosomiche dominanti e con
penetranza completa (a differenza delle mutazioni del parkinson dove la penetranza è incompleta,
perchè se la penetranza è incompleta e ce l'ha vostro padre e ce l'avete anche voi, non è detto che
possiate sviluppare la malattia completamente, ma se la penetranza è completa si).

Se vostro padre ha l'alzheimer familiare voi siete automaticamente genotipizzati, vi trovano la mutazione di
PS1, voi avete 20 anni e sapete che a 40-50 anni svilupperete la malattia. A questo punto vale la pena
prendere il monoclonale e fare 10 anni di trattamento e vedere se questo vi blocca la progressione della
malattia.

Oggi ci sono i registri con migliaia di casi familiari di alzheimer che hanno varie fondazioni, col
CRENEZUMAB stanno iniziando a fare questo.

Ci sono altri due aspetti di terapia sperimentale. La malattia di alzheimer è stata considerata per molti anni
una malattia del sistema colinergico. Sapete qual è il fattore che fa sopravvivere i neuroni colinergici nel
SNC? NGF (nerve growth factor), fa sopravvivere i neuroni colinergici ed i neuroni del simpatico, cioè i
neuroni periferici. Il ruolo del NGF nell'alzheimer è stato studiato dal ricercatore Antonino Cattaneo. Ha
creato un topo che forma anticorpi spontaneamente contro NGF. Questo topo sviluppa la malattia di
alzheimer e nel cervello muoiono i neuroni colinergici e la morte di questi neuroni si associa a placche e
grovigli, quindi anche se per esempio l'ipotesi corrente è che la malattia di alzheimer non sia una malattia
dei neuroni colinergici, ma questi muoiono secondariamente, probabilmente perchè muoiono le cellule
piramidali e non c'è produzione di NGF. Tuttavia un intervento che distrugge i neuroni colinergici fa venire
placche e grovigli. Indipendentemente dal rapporto tra sistema colinergico e NGF, questo significa che voi
potreste tentare di dare NGF in terapia per far sopravvivere i neuroni colinergici il più possibile.
C'è una malattia che è una neuropatia disautonomica in cui c'è insensibilità al dolore. C'è la mutazione di
NGF R100W. Lui è partito da questa malattia, ha creato NGF con questa mutazione, l'ha testato su modelli
animali ed ha visto che NGF manteneva il suo profilo procognitivo, senza però dare dolore. Questo è molto
promettente, perchè evita l'iperalgesia che è la controindicazione assoluta all'impiego del NGF.

Gli oligomeri interagiscono con la membrana cellulare ed interagiscono con la proteina del prione cellulare.
Questo è ampiamente dimostrato. Gli effetti tossici e la sinaptopatia dagli oligomeri è correlata a questa
interazione con la proteina del prione della cellula.
Ovviamente il prione non è patologico, altrimenti abbiamo l'altra malattia.

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Questa interazione è mediata dal recettore mGlu5 (recettore metabotropico del glutammato di tipo 5). La
triade oligomero, proteina del prione e mGlu5 dà un messaggio di morte nella cellula e nello stesso tempo
un messaggio di disfunzione sinaptica con prevalenza del LTD che crea poi la disfunzione cognitiva.

Se uno vuole interrompere questo, non potendo intervenire direttamente sull'oligomero e sulla proteina
del prione, si può dare il NAM di mGlu5.
Gli studi di base hanno dimostrato che se voi bloccate mGlu5, bloccate la triade e proteggete la sfera
cognitiva nell'animale e la degenerazione nei modelli murini di alzheimer.

Ci sono in questo momento dei farmaci NAM (modulatori allosterici negativi) del 5 che sono in studio
clinico, come per esempio il MAVOGLURANT, il BASIMGLURANT ed il DIPRAGLURANT che sono antagonisti
del recettore del glutammato (“glurant”). Bloccando la triade ne impediscono gli effetti tossici.
Dovrebbero essere dati molto precocemente nello sviluppo della malattia, in periodi che precedono
largamente lo sviluppo di placche e di grovigli, perchè se gli aggregati di Tau si sono formati e voi avete un
aumento di Tau nel liquor, in quel momento avete o la fase presintomatica, o prodromica incipiente a
seconda dei sintomi e lì qualunque intervento non può fare niente.

Quali sono i farmaci utilizzati nella Nota 85 AIFA.


Tre inibitori della colinesterasi (ChEI) e la MEMANTINA che blocca il canale NMDA.
Un malato di alzheimer deve essere visitato dai centri specializzati (es. centri UVA: unità di valutazione
alzheimer) e la stadiazione della malattia si fa con MMSE (mini mental state examination).
- MILD (lieve) partendo da 28 → 20
- moderata 19 → 15
- moderatamente severa 14 →10
- severa < 10

Nella forma severa non si dà niente, nella forma lieve, moderata e moderatamente severa si danno i tre
inibitori della colinesterasi. La memantina si dà prevalentemente nella forma moderata o moderatamente
severa.

I pazienti si ripresentano un mese dopo l'inizio del trattamento per verificare il profilo di sicurezza e la
tollerabilità del trattamento farmacologico.
Se li tollerano, il trattamento continua a spese del servizio sanitario nazionale e a quel punto il paziente si
presenta 3 mesi dopo e si fa il mini mental. Se il mini mental non peggiora o addirittura migliora, il SSN
continua a spesare il farmaco. Se il mini mental peggiora nonostante il farmaco, il SSN non paga più il
farmaco e se il paziente vuole continuare a prendere il farmaco lo fa a spese proprie.

Autore: Francesca Glieca


Materia: Farmacologia – Neurologia
Data: 10.03.2016

Ci sono 2 tipi di colinesterasi:


- Acetilcolinesterasi: è l’enzima più veloce del nostro organismo (un singolo enzima degrada 10 mila
molecole di acetilcolina per secondo); è altamente selettivo per l’acetilcolina ed è l’enzima che noi
classicamente troviamo nel SNC e nella placca neuromuscolare, ma anche nel SNP, in particolare
nel SNA, dove le fibre pregangliari sono sempre colinergiche e le fibre postgangliari del
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parasimpatico e dell’ortosimpatico che innervano le ghiandole sudoripare e i bulbi piliferi sono
tutte colinergiche.
- Butirrilcolinesterasi, chiamata anche pseudocolinesterasi: classicamente è l’enzima che si trova nel
plasma, nel fegato; riconosce l’acetilcolina, ma anche tanti altri substrati, come la butirrilcolina, la
succinilcolina (infatti quando dobbiamo fare un intervento chirurgico e usiamo un depolarizzante di
placca, cioè la succinilcolina, bisogna fare la genotipizzazione della butirrilcolinesterasi, sapere se è
un metabolizzatore lento o rapido), l’eroina, l’aspirina, la cocaina. Adesso si è visto che si trova
anche nel SNC, nella glia e una cosa molto importante è che sei noi facciamo un topo knockout
dell’acetilcolinesterasi, la butirrilcolinesterasi prende il suo posto e degrada l’acetilcolina nel SNC.

Il gene che codifica per l’acetilcolinesterasi ha 6 esoni e in base agli esoni che ritroviamo nel mRNA
(meccanismo splicing alternativo) possiamo avere:
· esone 1,2,4,6: l’acetilcolinesterasi si chiama S (sinaptica) ed è quella che degrada l’acetilcolina
rilasciata dai terminali ed è in forma tetramerica. Questa forma globulare tetramerica si chiama G4:
viene ancorata alla membrana nella placca neuromuscolare da un derivato del collagene (tipo Q);
nel SNC viene ancorato da una proteina che si chiama PRIMA.
· esone 1,2,3,4,5 , c’è anche un introne 4’ che viene inserito nella lettura: questa acetilcolinesterasi si
chiama Read Trought (leggere attraverso) e viene chiamata di tipo R. Questa non può formare
aggregati perché manca l’esone 6 che è fondamentale per formare il tetramero. Questa è
monomerica e si chiama G1. Non si trova nella membrana post sinaptica, ma è lì intorno che flutta.
· un’altra acetilcolinesterasi è la G2 che però si trova solo negli eritrociti e serve a saggiare se i gas
nervini funzionano ancora o non funzionano più. ( nel campo della MA non ci interessa).

La stessa cosa abbiamo per le butirrilcolinesterasi.


Tuttavia una cosa importante per questo enzima sono i polimorfismi:
una variante K che ha mutazione D70G riduzione dell’attività del 30-33%: : sono molto frequenti e
una variante atipica E593T sono quelle che noi ricerchiamo prima di dare la
succinilcolina
una variante H riduzione attività del 60-90%: sono rare
una variante J

INIBITORI COLINESTERASI
Il razionale è aumentare la concentrazione di acetilcolina nella fessura sinaptica, ma i neuroni colinergici
nella M.A. degenerano progressivamente e nella forma severa non ha senso darli perché non c’è più
acetilcolina.
Sono 3:
DONEPEZIL (ARICEPT/MEMAC): è selettivo G4
selettivo solo per la acetilcolinesterasi
Dosaggio: 5-10mg con necessità di titolazione (il prof pensa che gli inibitori
delle colinesterasi sarebbero molto più efficaci se si usassero a dosaggi più alti, ma sono sottodosati perché
avendo il SNA, aumentando l’acetilcolina, cuore, intestino, vescica, vie biliari ne risentono gravemente)
E’ un inibitore reversibile, cioè è attivo quando è presente
Emivita: più di 40h e si fa qd (una volta al giorno)
Metabolismo: CYP2D6 e CYP3A4 (viene amplificato dall’ Iperico e il
Donepezil non agisce più).
Ci sono scuole di pensiero che ritengono che gli inibitori delle colinesterasi rallentano la progressione della
malattia, ma è sbagliato: teoricamente potrebbero farlo perché l’acetilcolina attiva i recettori muscarinici
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M1 e M3 che attivano la PKC che attiva l’alfasecretasi, però non è stato mai dimostrato un effetto disease
modifier.

GALANTAMINA (REMINIL): è selettivo più sul G4 che sul G1


selettivo su acetilcolinesterasi
è un PAM dei recettori nicotinici dell’acetilcolina, i quali fanno le
oscillazioni di network
Dosaggio: 12-24mg con titolazione
Emivita: 5-6h e si da Bid
Inibitore reversibile
Metabolizzato: CYP2D6

RIVASTIGMINA (EXELON): è formulato sottoforma di compresse oppure come cerotto


le compresse si danno da 6 a 12mg/die bid
il cerotto rilascia circa 10mg 9,8cm2 : ha il vantaggio perché evitiamo picchi,
siamo sempre nella finestra terapeutica, evitando effetti avversi; questo ha portato anche a sviluppare la
formulazione dove si può arrivare anche a 20mg con il cerotto. (trial clinico: IDEAL e si devono reclutare
pazienti di tutto il mondo)
E’ sia selettivo G1 e sia G4
Agisce sia su Acetilcolinesterasi e sia sulla Butirrilcolinesterasi
Cosa succede in un cervello normale e in cervello di un malato di Alzheimer?
In un cervello normale accade che G4 prevale su G1 e la Butirricolinesterasi ha un ruolo di secondo piano.
Se abbiamo una situazione come questa daremo o il Donepezil o la Galantamina perché loro agiscono su G4
e non hanno attività sulla Butirrilcolinesterasi.
Mentre nel cervello del M.A. G4 scende e G1 si mantiene, o addirittura sale un po’, la butirrilcolinesterasi
svolge un ruolo fondamentale e la troviamo alla periferia delle placche, anche nelle aree limbiche e nelle
regioni importanti per il comportamento del malato di Alzheimer.
E’ pseudoreversibile: è un carbammato, quindi forma un intermedio che
non è un acetil enzima come nel caso della degradazione dell’acetilcolina, ma è un carbamil enzima che
libera acetil- e butirrilcolinesterasi dopo un certo periodo di tempo.
Emivita 1h-1h e mezza , ma si dà Bid perché è un inibitore
pseudoreversibile
Non è metabolizzata da CYP.

Effetti avversi:
GI (predominano): crampi, nausea, vomito
Cardiovascolari: ci sono gli M2 che innervano il cuore, ma per i dosaggi attuali non danno effetti avversi CV.

Se abbiamo un quadro di M.A. combinata con Parkinson con disturbi piramidali la rivastigmina la possiamo
dare perché nello striato troviamo la G4: l’acetilcolina si trova nei gangli della base dove abbiamo i grandi
neuroni colinergici e nel solo Parkinson non potremo dare inibitore della colinesterasi, poiché già diamo
anticolinergici.

La rivastigmina sembra aver avuto più successi però in soggetti sotto a 75anni e la butirrilcolinesterasi sia
wild type e non mutata. (forse, ma non così evidente)
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Nessuno di questi farmaci è un modificatore dello stato di malattia: hanno un effetto sintomatico, che
peraltro non è eclatante.
Nessuno di questi farmaci può essere dato nella forma severa perché non c’è più acetilcolina.

MEMANTINA (Ebixa)
È un inibitore FAST del canale NMDA: ci sono anche altri meccanismi, ma nessuno è rilevante alle
concentrazioni della memantina nel M.A. che sono circa 1µM plasmatica.
Gli NMDA sono recettori al glutammato che formano il canale ionico, sono formati da subunità che si
chiamano GLUN (GLUN1 e GLUN2 che va da A a B): il glutammato si lega su GLUN2 e la glicina su GLUN1.
È un recettore attivato da glutammato più glicina e forma un canale ionico a conduttanza larga che
permette il passaggio del calcio, il quale innesca i meccanismi i plasticità sinaptica, come l’apprendimento.
In genere questo tipo di segnale è un segnale anche di sopravvivenza, perché il calcio è utile nei meccanismi
di sopravvivenza; questo però si applica al recettore NMDA che è formato dalla subunità GLUN1, GLUN2A e
che è un recettore sinaptico, che significa che si trova dove arriva il glutammato dalla neurotrasmissione.
Poi abbiamo un recettore extrasinaptico che è formato da GLUN2B e da un segnale di morte: è importante
per lo sviluppo, ma quando lo sviluppo si completa, va nella periferia della sinapsi e dà un messaggio tossico
per le cellule e può essere responsabile dei meccanismi di eccito tossicità.
Indipendentemente dal tipo di recettore NMDA, il recettore è bloccato da ioni magnesio e lo stimolo
associativo avviene perché abbiamo uno stimolo associato, il quale depolarizza la membrana, la
depolarizzazione della membrana rimuove il Magnesio dal canale, entra il calcio e crea tutte le premesse
per rinforzare la sinapsi: così si forma la LTP, cioè il potenziamento a lungo termine della trasmissione
sinaptica eccitatoria.

I bloccanti del canale NMDA sono tantissimi, però le tre più famose categorie di bloccanti sono:
- magnesio: bloccante fisiologico;
- bloccanti rapidi: Memantina, Amantadina, Destrometorfano;
- bloccanti lenti: PCP – polvere d’angelo -, Ketamina (antidepressivo ultrarapido) che sono anestetici
dissociativi.
Se il recettore NMDA è colui che fa l’apprendimento, noi perché nella M.A. diamo la Memantina che è un
bloccante del recettore?
Al dosaggio che si usa in clinica di 20 mg qd (una volta al giorno), titolando da 5 a 20mg (la titolazione si fa
sempre con i farmaci del SNC), è preferenziale sui recettori che usano GLUN2B, però inibisce anche quello
sinaptico. Questo è un paradosso: se noi diamo un farmaco che blocca i recettori NMDA in una patologia in
cui l’apprendimento e la memoria sono compromesse siamo folli.
Però noi sappiamo da studi clinici che la memantina migliora il cognitivo.
Come fa? ( intanto secondo il prof se potessimo dare un dosaggio di 2mg, riusciremmo anche a modificare
lo stato di malattia, perché bloccheremmo solo i recettori extrasinaptici, ma non si fa)
Succede che il blocco del recettore da parte del magnesio per definizione è un blocco voltaggio dipendente,
che se noi abbiamo una depolarizzazione di membrana il magnesio se ne va e il recettore si attiva. Così il
recettore NMDA non funziona normalmente (se una sinapsi non ha anche il recettore AMPA è silente)
tuttavia se noi abbiamo uno stimolo associato che depolarizza la membrana il recettore si attiva.
Stessa cosa se abbiamo una depolarizzazione di base, determinata da ATPasi Na/K che funziona poco nella
M.A. perché non entra glucosio nella cellula: quindi nella M.A. probabilmente c’è un’attività costitutiva del
recettore del NMDA. Questo significa che abbiamo un rumore di fondo molto alto e la nostra capacità di
apprendimento si riduce.

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Esempio del fenicottero : il professore quando era fidanzato con la moglie è andato in un’oasi nel
siracusano dove c’era un solo fenicottero rosa che ogni anno andava lì e lui se lo ricorda benissimo; poi si è
sposato ed è andato in Kenya dove nel lago di Nakuru tutta la superficie del lago è rosa perché è coperta da
fenicotteri rosa e in quel caso non si ricorda come erano fatti i fenicotteri perché aveva un rumore di fondo
troppo alto.
Se noi diamo la Memantina lei si lega al canale ionico esattamente come il magnesio, è voltaggio dipendete,
ma la depolarizzazione di membrana che abbiamo costitutivamente nel M.A. non è sufficiente a rimuovere
la memantina. Se però c’è uno stimolo associato che aumenta la depolarizzazione, lei se ne va e si attiva il
recettore.
Quindi si abbassa il rumore di fondo, non torna al rumore di fondo di partenza, però migliora
l’apprendimento.

Se invece uno da la PCP o la ketamina, loro si mettono dentro il canale, il rumore di fondo si riduce a zero,
ma non c’è più apprendimento perché non si tolgono più. È per questo che peggiorano la sfera cognitiva.

Il prof dice che se abbiamo un malato di Alzheimer a casa possiamo dare 1-2mg di memantina (non puoi
farlo in ospedale perché stai sotto dosando e vai in tribunale) e miglioriamo la progressione della malattia.
Più lo associ a rivastigmina e Vivimind.

La memantina non ha problemi con i CYP.


Emivita è circa 60h e per quello si dà una singola volta al giorno.
Effetti avversi:
cefalea e GI, ma da tenere in considerazione sono 2:
1. azione psicotomimetica: se noi usiamo dopamina-agonisti o con paziente che inizia ad avere
manifestazioni allucinatorie il prof non darebbe questo farmaco, perché noi blocchiamo gli
interneuroni a candelabro.
2. Diminuisce azione barbiturici perché aumenta l’espressione BDNF, il quale riduce l’espressione del
KCC2 (che fa l’omeostasi del cloro) e così il cloro rimane nella cellula e un farmaco gabaergico come
un barbiturico funziona di meno. Quindi non dobbiamo combinare la memantina con farmaci
gabamimetici. Per questo meccanismo potrebbe anche aumentare le crisi epilettiche.

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Autore: Emanuela Di Murro e Giulia Mattei
Materia: farmaco/neuro
Nome del professore:Nicoletti
Data: 17/03/16

PARKINSON
Fisiopatologia e genetica

Diagnosi di Parkinson
cosa significa rigidità nel parkinson? E che differenza c'é tra rigidità e spasticità nel Parkinson? Le sindromi
caratterizzate da spasticità sono tutte le interruzioni del tratto piramidale, la sclerosi multipla.
Le masse muscolari coinvolte sono differenti.
Nella spasticità sono coinvolti i muscoli anti-gravitari, che si chiamano anche estensori fisiologici.
È giusto curare la spasticità (con miorilassanti o con la tossina botulinica) fino ad un certo punto, perché la
spasticità a volte rappresenta una stampella fisiologica che ti permette di stare in piedi. Oggi si usa molto la
tossina botulinica per le forme abbastanza estese ( non so se ha una buona risultanza). La tossina
botulinica si usa anche per l'emicrania resistente ai farmaci, in questo ospedale la usano tanto da
Martelletti. Ma ora le cose cambieranno perché ci sono in fase 2 e fase 3 i monoclonali contro il cgrp, loro
recettore, e con singola somministrazione l'emicrania se ne va per tre mesi.
Come si fa a capire se un parkinsoniano ha rigidità? Si fa la manovra della troclea dentata. È un movimento
a scatto perché l'ipertono interessa interessa sia i flessori che gli estensori, quindi interessando tutte e due
le masse muscolari, quando estendi l'avambraccio sul braccio questo va a scatto. Come fate a capire un
paio di anni prima se un paziente svilupperà la malattia di parkinson? A parte l'olfatto e la costipazione ( la
costipazione è stata scoperta grazie a un grande studio clinico sui rischi cardiovascolari con circa 15000
pazienti e il dato maggiore che è emerso, è il fatto che i pazienti che avevano costipazione avevano
maggiore probabilità di sviluppare la malattia di parkinson) che Naturalmente non possono essere
indicatori di rischio, la festinazione, semplicemente guardandolo nuotare esso nuota a cerchio, non dritto.
Un altro segno che vedete abbastanza presto è quando scrive al computer, ci sono le lettere che si ripetono
perché non riesce a staccare il dito dal tasto. Inoltre l'asciugamano spesso è bagnato perché c'é la seborrea.
Poi ha disturbi del sonno, si chiamano disturbi comportamentali della fase rem ( rem behaviour disorder).
Però, in un'altra circostanza faremo i fattori di rischio e i fattori di protezione della malattia di parkinson.
Per esempio, forse la caffeina protegge come la nicotina; invece l' Helicobacter Pylori è un fattore di rischio,
come l'uso dei beta bloccanti.

I due argomenti di oggi: FISIOPATOLOGIA E GENETICA DEL PARKINSON

Premesso che ci sono anche i disturbi non motori come la depressione, il dolore, i disturbi del sonno, la
stessa costipazione, che sono una pena del signore perché sono spesso refrattari al trattamento, la
levodopa è fantastica per i sintomi motori ed è addirittura patognomonica della malattia. Quando voi
volete la certezza che il paziente sia parkinsoniano, fate un challenge con Levodopa, se il paziente risponde
è parkinsoniano, se non risponde non lo è. Poi fate la Pet con clorodopa o quello che volete per avere la
certezza che ci sia una degenerazione.
La malattia di Parkinson riflette una cosa che abbiamo fatto in farmacodinamica, che è una disfunzione dei
circuiti motori dei gangli della base. Questi sono formati dallo striato dorsale che si distingue per questo
dallo striato ventrale il quale è formato dal nucleo Accumbens che è importante per l'addiction, per le

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droghe. Mentre lo striato dorsale è formato dal nucleo caudato e dal Putamen, quest'ultimo più importante
nel Parkinson perché degenerano prima le fibre che partono dalla sostanza nera porzione più laterale e
raggiungono il Putamen, poi degenera anche il resto. Stazione di input del circuito motorio dei gangli della
base: serve a programmare il movimento. Le altre stazioni che programmano il movimento nel SNC sono
cervelletto e nucleo Accumbens. La differenza tra il movimento programmato nello striato e nell'
Accumbens, è che quest'ultimo è finalizzato al raggiungimento della ricompensa, cioè del reward, mentre
invece quello dello striato dorsale è finalizzato all'esecuzione dei movimenti abitudinari e codifica per
l'Habit memory ( la memoria motoria meno flessibile che abbiamo). La distorsione dei meccanismi che sono
ala base dell' habit memory viene da due eventi:
1.degenerazione fibre dopaminergiche
2.somministrazione di levodopa che riforma dopamina nelle fibre residue.
Quando questa memoria viene distorta, non verrà più eradicata e per questo la Levodopa dopo un certo
periodo di tempo, induce discinesia. Sono quelle che in termini tecnici si chiamano LID,discinesia indotta da
Levodopa. Nel momento in cui avete le LID, se sospendete la somministrazione di Levodopa non le avete
più , ma se dopo averla sospesa la riprendete, immediatamente vi ritornano, anche se è passato un lungo
periodo di tempo, perché avete la memoria delle discinesie, avete un meccanismo che si chiama priming e
che rimane nel tempo. Quindi qui c'è una plasticità che ha una scarsa flessibilità. Quando faremo le
discinesie da Levodopa, capiremo cosa succede.
Il Neostriato viene innervato da fibre dopaminergiche che arrivano da un nucleo chiamato “pars compatta
della sostanza nera” in quanto i neuroni contengono neomelanina . Ci sono una serie di osservazioni:
1. non è l'unico nucleo pigmentato del cervello in quanto il locus coeruleus che contiene neuroni
noradrenergici è pigmentato e il nucleo motorio dorsale del vago da cui partono le fibre viscero
motorie del vago è pigmentato. Questi tre nuclei e altre stazioni del tronco dell'encefalo
degenerano nella malattia di Parkinson.

Quindi dire che la malattia di parkinson è una malattia esclusiva della pars compatta della sostanza nera
non è vero perché in realtà degenerano altri nuclei del tronco dell'encefalo, come il nucleo motore dorsale
del vago, il locus coeruleus e in realtà anche i nuclei del rafe che sono neuroni serotoninergici.

2. la seconda osservazione è che solo nell'uomo i neuroni della pars compatta della sostanza nera
hanno la pigmentazione, non in altri animali. Per esempio il topo non ce l'ha pigmentata e le
scimmie hanno la pigmentazione ma solo in parte. Quindi, quando voi usate dei modelli animali per
studiare la degenerazione credendo che siano modelli di parkinson, in realtà avete un bias di
partenza perché la regione target dei vostri studi ha una conformazione anatomica completamente
diversa.

Nell'uomo, le fibre che partono dalla sostanza nera e raggiungono il Neostriato, considerando tutte le
diramazioni, sono assoni di 4 metri di lunghezza . Quindi è un assone che sale a 4 metri di lunghezza. Un
singolo assone dopaminergico nello striato fa 2 milioni e mezzo di sinapsi. Invece in un ratto l' assone
misura 70 cm e il numero di sinapsi è 250000 e il numero di neuroni innervati da un singolo assone è 60000.
Vedete ancora una volta che tra uomo e roditore c'è una grande differenza. È sorprendente che ci siano 4
metri di ogni singolo assone con 2 milioni e mezzo di sinapsi nell'uomo. Pensate che nel roditore, ogni
singolo assone copre quasi il 6% di tutto il volume dello striato per come si ramifica. Quindi, è sicuramente
un'innervazione di grandissima importanza. Quando voi avete la malattia di Parkinson, nel senso che
nascono i sintomi, normalmente i neuroni dopaminergici della Pars compatta della sostanza nera sono
ridotti del 50-60%, mentre i terminali dello striato, del Putamen in particolare, sono ridotti del 70-80%.
Questo è il cut-off:
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- riduzione del 50-60% dei neuroni della sostanza nera,
- riduzione del 70-80% degli assoni che raggiungono il Putamen.
Quindi se uno vi dice che il cut-off è 70%, in realtà è una media tra queste due misure.

Perché questi neuroni muoiono?


Dando una definizione, la malattia di Parkinson è un'alfa sinucleinopatia ( fra poco cercheremo di capire
cosa sia l'alfa sinucleina). L'alfa sinucleina, nella malalattia di Parkinson, forma degli aggregati che prendono
il nome di CORPI DI LEWY (pronuncia:levi): inclusioni citoplasmatiche eosinofile, acidofile che hanno un
alone chiaro intorno.
Quanti neuroni trovate nella sostanza nera con i corpi di Lewy? 3-4%.
voi trovate il 3/4% in tutto lo sviluppo della malattia, sono sempre in questa %.
Si è cercato tante volte di riprodurre sperimentalmente questi corpi. Ad esempio, iniettando amfetamina,
vedete delle inclusioni molto simili con gli stessi marcatori proteici ma diverse che trovate nel nucleo e nel
corpo striato, non soltanto nella sostanza nera.
Perché i corpi di Lewy rimangono costanti nel tempo nonostante la degenerazione progressiva? Perché i
neuroni che hanno i corpi di Lewy ad un certo punto muoiono, quindi la presenza dei corpi è una sorta di
marcatore di morte. Poi, una volta che i neuroni muoiono, questi corpi possono essere trasmessi da un
neurone ad un altro e questa trasmissione non avviene soltanto con la distruzione della cellula, ma avviene
anche attraverso gli esosomi, cioè possono essere rilasciati all'esterno attraverso gli esosomi ed essere
presi dalle cellule vicine attraverso la micropinocitosi. Quello che probabilmente accade è che quando un
corpo di Lewy o comunque un aggregato di alfa sinucleina si trova nelle vicinanze di alfa sinucleina normale,
quest'ultima diventa patologica e forma aggregati. Anche in questo caso, come abbiamo visto
nell'Alzheimer, c'è un meccanismo chiamato “Seeling and template”, cioè questi aggregati costringono altra
alfa sinucleina a diventare come loro. Così come abbiamo visto per le fibre amiloidi, anzi per gli aggregati,
oligomeri di Abeta , anche in questo caso la patologia ricorda la patologia del prione con la differenza
sostanziale che non dovrebbe essere trasmissibile da uomo a uomo. Tuttavia non si sa, c'è chi pensa che gli
aggregati di alfa sinucleina comincino nell'intestino e poi raggiungano il snc attraverso le fibre di senso del
vago le quali entrano nel nucleo del tratto solitario (come tutte le fibre viscero-sensitive), dopodiché dai
nuclei di Lewy andrebbero nel nucleo motore del vago, poi salirebbero verso il Locus coeruleus e alla fine
arriverebbero nel mesencefalo, cioè nella pars compatta della sostanza nera dove trovano la loro sede
definitiva nel caso della malattia di Parkinson. Anche ammesso che questo sia vero, noi dobbiamo spiegare
come mai il parkinson non è l'unica alfa-sinucleinopatia. Le alfa sinucleinopatie sono tante, per esempio la
demenza a corpi di Lewy o il complesso parkinson-demenza dove ci sono i disturbi del movimento e anche
demenza. Nella demenza a corpi di Lewy i corpi sono più rappresentati nella corteccia. Quindi, come mai
nel Parkinson i corpi si fermano nella sostanza nera, e nella demenza invece camminano e raggiungono per
esempio la corteccia cerebrale? Una delle possibili spiegazioni è che i corpi possono nascere anche in altre
sedi, per esempio nella mucosa olfattiva, e da lì progredire verso il SNC, d'altra parte c'è anosmia come
elemento premonitore del parkinson. Forse, se parte dalla mucosa olfattiva, arriva più facilmente in
corteccia e la patologia che si ha alla fine è dementigena; se invece parte dall'intestino, entra dal tronco
dell'encefalo e si ferma lì. È chiaro che ci sono molti punti interrogativi su questo. Non si sa come si
formano nell'intestino, qui ci sono 30000 specie batteriche, non si esclude che lo formano loro, e poi può
essere preso con la dieta come avviene per i prioni. In questo caso l'ingresso dei prioni è attraverso il
linfatico intestinale e poi sale verso il midollo spinale; ma non esiste una dimostrazione che le cose siano
così. Hanno dimostrato questo tipo di trasmissione nell'animale da esperimento, cioè gli aggregati di alfa
sinucleina, dall'intestino sono arrivati nel SNC e quando si induce questo sperimentalmente, questo si
dimostra; ma nell'uomo una dimostrazione non c'è.

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Se muore un parkinsoniano e si prendono i neuroni della nigra con i corpi di Lewy e si trasferiscono nella
sostanza nera di una scimmia, la scimmia sviluppa i corpi di Lewy. Quindi la trasmissibilità è stata
dimostrata.
Domanda: si può rendere un topo parkinsoniano? Risp: si e no, considera che un topo vive 2 anni. Puoi
indurre acutamente con MPTP solo un parkinsonismo tossico ed è completamente diverso.

Alfa- sinucleinopatie:
- la malattia di parkinson;
- la demenza a corpi di Lewy ( Lewy body disease);
- il complesso parkinson-dementia (pdd);
- disordine parkinson demenza, molto simile alla demenza a corpi di Lewy, la differenza sta
nell'esordio della demenza rispetto alle malattie extrapiramidali: entro 1 anno è demenza a corpi di
Lewy, di più è pdd.
- MSA , cioè l'atrofia multisistemica della quale vi parlerò la prossima volta. La msa si può definire
parkinson plus, cioè un parkinson con altri sintomi. È l'unione di tre vecchie patologie
neurologiche: degenerazione striato- nigrale; l'atrofia oligopontocerebellare e la malattia di Shy-
drager. La degenerazione striato-nigrale è responsabile degli effetti “parkinsoniani” dell'atrofia
multisistemica. È striato-nigrale, non nigro-striatale. L'atrofia oligopontocerebellare dà atassia e
segni cerebellari ( sapete che l'oliva inferiore è quella stazione del tronco dell'encefalo che invia le
fibre rampicanti che fanno sinapsi con le cellule del Purkinje); mentre, la malattia di Shy-drager è
una patologia neurologica caratterizzata da disautonomia, cioè il sistema ortosimpatico è in attività
alterata, quindi modificazioni pressorie, del ritmo cardiaco ecc..Queste tre patologie sono inglobate
nell'atrofia multisistemica, però ci può essere la prevalenza dell'una o dell'altra. Per esempio,
atrofia multisistemica prevalentemente cerebellare oppure no. Considerate che in questo caso gli
aggregati non sono nei neuroni, ma si trovano negli oligodendrociti e nella fattispecie si chiamano
corpi di Papp-Lantos. Rispondendo ad una domanda : sono gli aggregati di alfa-sinucleina a
danneggiare le cellule con un meccanismo loss of function o gain of function o come vuoi; quando
sono localizzati nei neuroni lo capisci, se sono localizzati negli oligondendrociti non lo capisci più, a
meno che primariamente i corpi di Lewy non fossero nei neuroni per poi essere trasmessi negli
oligodendrociti, ma perché questo non avviene nel Parkinson?
- L'ultima patologia in cui trovate costantemente aggregati di alfa-sinucleina è la vecchia malattia di
Hallervorden-Spats che adesso si chiama “degenerazione globale con accumulo di ferro di tipo
1”:una tesaurismosi parziale del snc (malattia in cui si accumula il ferro nei gangli della base). Il
nome è cambiato perché erano nazisti ed avevano fatto la sperimentazione sugli ebrei.
Queste sono tutte le alfa-sinucleopatie, un gruppo eterogeneo che poi hanno orientamenti diversi a
seconda di come gli aggregati si formano.

Nel SNC gli accumuli possono essere di;


- tau;
- amiloide;
- alfa-sinucleina e
- tdp43 .
A seconda di chi prevalga delle 4, fate le classificazioni cliniche in amiloidosi cerebrale (Alzheimer), alfa-
sinucleinopatie che sono queste, taupatie che sono le degenerazioni lobari fronto temporali, cioè la
demenza fronto temporale, e nel caso caso di TDP-43 avete sia demenze fronto-temporali che sclerosi
laterale amiotrofica. Ma c'è una grande commistione, per esempio i polimorfismi della proteina tau sono

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fattori di rischio del Parkinson, le inclusioni di TDP-43 si vedono nella malattia di parkinson e le demenze
fronto-temporali sono spesso associate al parkinsonismo. Le taupatie che possono dare parkinson plus:
paralisi sopranucleare progressiva, oppure la degenerazione cortico basale, oppure la ftdp17 (demenza
fronto-temporale associata al parkinson legata al cromosoma 17 dove c'è il gene della tau). Dovrebbero
riclassificare le patologie del snc: le patologie neurodegenerative sono tutte le stesse ed entrano nel grande
capitolo di malattie degenerative, poi in base alla prevalenza degli aggregati noi dividiamo: alfa
sinucleinopatie , taupatie , amiloidosi. Il fenotipo è altamente variabile e dipende da dove gli aggregati si
formano.

Come funzionano i gangli della base:


ritornando dal Nucleo caudato e Putamen, i loro neuroni di proiezione sono i più importanti, cioè quelli che
escono che vengono chiamati “medium spiny neurons” (neuroni medi spinosi) perché hanno tante spine
dendritiche. Sono neuroni a GABA, sono più del 90% dei neuroni presenti nello striato il quale, quindi ha più
del 90% di neuroni di proiezione e un numero relativamente piccolo di interneuroni. Questi neuroni di
proiezione sono di due categorie:
- via diretta: esprime recettori D1 della dopamina, ECCITATORI
- via indiretta: esprime recettori D2, INIBITORI

LA MALATTIA DI PARKINSON è CARATTERIZZATA SOPRATTUTTO DA UN'IPERATTIVITà DELLA VIA


INDIRETTA ; c'è sicuramente anche un'ipoattività della via diretta ma è meno importante.

Invece le LID ,discinesie da Levodopa,sono caratterizzate da iperattività della via diretta!

Se voi date un farmaco che riduce l'attività della via indiretta e che insieme alla Levodopa riduce anche
l'attività della via diretta, avete il perfetto farmaco anti-parkinsoniano che riduce anche le discinesie da
Levodopa. Se poi questo farmaco protegge anche, diventa una cosa meravigliosa. La prossima volta
vedremo che ci sono delle molecole che hanno questo potenziale.
Per capire come funziona il circuito dei gangli della base, dobbiamo fare una premessa.
Quando voi programmate il movimento, la programmazione deve partire da alcune zone della corteccia,
che sono zone che tengono conto del vostro passato, di come i movimenti sono importanti per voi, di
quello che dovete fare nella vita, dell'arrivo sensoriale. Per esempio le parti accessorie della corteccia, la
corteccia prefrontale dorso-laterale, la corteccia ventro-mediale.
Questa parte della corteccia che programma il movimento, manda qui dentro fibre al glutammato, che
formano la cosiddetta via cortico-striatale. Quindi stiamo attenti, noi siamo sempre stati abituati a
ragionare sul sistema nigrico-striatale, cioè su queste fibre dopaminergiche enormi che arrivano nello
striato, ma queste sono fibre che modulano il sistema. In realtà, l'afferenza diretta più importante, quella
che programma il movimento vero e proprio, origina dalla corteccia e sono fibre al glutammato. Ad un
certo punto qui avviene un meccanismo di integrazione, per cui a seconda della dopamina che arriva e a
seconda di come queste fibre scaricano, i neuroni della via diretta e indiretta possono essere più o meno
attivati. Ma se si programma il movimento, in qualche modo ci deve essere un ritorno alla corteccia e il
programma motorio deve ritornare alla corteccia motoria dove ci sono le cellule piramidali giganti di Betz il
cui assone raggiunge le corna ventrali del midollo spinale, e poi arriva ai muscoli scheletrici perché
l'individuo si possa muovere. Se questo circuito deve ritornare in corteccia, deve obbligatoriamente passare
dal talamo, in particolare il circuito di programmazione del movimento deve passare dai nuclei ventrali del
talamo, che si chiamano anche nuclei motori del talamo. Questi tre nuclei talamici sono VA, VM e VL
(ventrale anteriore, mediale e laterale). I nuclei del talamo sono facili da studiare dal punto di vista
neurobiologico in quanto non esistono nel loro interno interneuroni, ci sono solo neuroni eccitatori di
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proiezione. Quindi all' interno, il neurone eccitatorio manda una fibra glutammatergica alla corteccia
eccitando la corteccia motoria. Il sistema è semplice: se il talamo funziona di più, voi avete più movimento,
se il talamo funziona di meno, voi avete meno movimento. Partiamo dalla base, la dopamina stimola il
movimento ed anche i movimenti che non hanno una finalità come la corea, come nelle sindromi ossessivo
compulsive le quali il circuito compromesso è il fronto-striatale perché lo striato programma i movimenti
abitudinari e voi compite dei movimenti che non hanno senso semplicemente perché si perde il controllo
della corteccia e lo striato funziona di più. Come fa lo striato a controllare l'attività del talamo? In
particolare come fanno i recettori d1 della via diretta e i d2 della indiretta a controllare l'attività del talamo
ricordando che che se il talamo funziona di più avete più movimento, se funziona di meno ne avete di
meno? C'è una stazione chiamata “stazione di output dei gangli della base” che è rappresentata da due
nuclei: Pars reticolata della sostanza nera (neuroni molto vicini alla pars compatta che però non sono a
melanina) e il globo pallido interno. Sono due stazioni anatomicamente molto diverse perché quest'ultima
si trova attaccata al globo pallido e invece la pars reticolata della sostanza nera si trova attaccata alla Pars
compatta della sostanza nera, cioè al mesencefalo. Però fanno la stessa cosa, per questo li ho messi
insieme. Queste due si chiamano stazioni di output perché proiettano al talamo e sono le uniche a fare ciò.
Quindi il talamo motore, cioè VA, VM e VL, si comporta in base all' input che riceve da loro, anche perché
qua non ci sono interneuroni. Questa proiezione è a Gaba, cioè inibitoria. Quindi le stazioni di output
inibiscono il talamo. Se la stazione di output funziona di più, avrete meno movimento; se la stazione di
output funziona di meno, avrete più movimento. Allora, la dopamina, alle stazioni di output, le deve fare
funzionare di meno in modo tale da avere più movimento. La via diretta è una via a GABA , inibitoria, il rec.
d1 stimola via diretta e la stimolazione inibisce le stazioni di output che a questo punto non funzionano, e
quello che accade di conseguenza è che il talamo funziona di più. Perché avete un'iperattività della via
diretta nelle LID? Perché l'iperattività della via diretta aumenta il movimento, e quindi vi fa eseguire dei
movimenti involontari patologici che non hanno alcun senso. Quindi lo scopo della terapia sarà quello di
attenuare un po' questa iperattività della via diretta che si forma per una memoria patologica determinata
dalla Levodopa in un contesto di degenerazione di fibre. Dico questo perché se voi, per esempio, avete la
sindrome di Segawa in cui non si può formare endogenamente Levodopa, e sono bambini che voi trattate
con Levodopa sin dall'inizio della loro vita perché non c'è la formazione della tirosina e di conseguenza
quella della Levodopa , in questo caso specifico la Levodopa non da mai discinesie e la sua azione
terapeutica continua sempre. Ma lì le fibre sono intatte, non c'è degenerazione, mai vedete LID.
Quindi le LID vengono fuori perché c'è una distorsione della plasticità sinaptica, cioè una memoria
patologica che si forma in risposta alla Levodopa perché le fibre degenerano e di conseguenza il sistema si
altera.
Ripetendo : se le fibre sono intatte, però non sintetizzi Levodopa perché hai un difetto enzimatico, la
Levodopa la somministro dall'esterno altrimenti diventi parkinsoniano, oppure diventi distonico in base
all'età di vita e quando ti do la Levodopa rispondi bene, non sviluppi mai fluttuazioni dell'efficacia
terapeutica e mai discinesie. Quindi, ci vuole combinazione di un trattamento cronico con Levodopa più
degenerazione di fibre per avere questi effetti avversi della Levodopa e avere le LID. Questa è quindi la via
diretta, per sapere qualcosa in più, queste fibre utilizzano ma esprimono anche un peptide che si chiama
pro-dinorfina e anche un precursore della sostanza P.
Quindi, avete una serie di peptidi che vi permettono di identificare questo neurone e di distinguerlo da
quello della via indiretta che sono la dinorfina e la sostanza P. La dinorfina è un oppioide endogeno
(endocoide dell'oppio come la enkefaline e beta endorfina) che attiva i recettori k dell'oppio che si trovano
sia qui che qui, quindi ha un compito regolatorio. La sostanza P invece, è un classico mediatore del dolore
che però si trova in tanti altri distretti del SNC. Quindi, questa è la via diretta: la via più importante per le
discinesie da Levodopa.
Mentre la via più importante per i sintomi motori del Parkinson è la via indiretta.
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La via indiretta viene bloccata dalla dopamina, quindi nel Parkinson sarà iperattiva. Significa che questo
neurone scaricando di più, deve determinare un' iperattivazione delle stazioni di output, e quindi lo
spegnimento del talamo.
Come fa la via indiretta ad attivare le stazioni di output?
Le stazioni di output vengono stimolate da un neurone glutammatergico che fa parte della via indiretta, e
che si trova nel nucleo subtalamico di Luys (pronuncia: “liuis”). Questo nucleo è di grandissima importanza
ed evidentemente funziona di più perché le stazioni di output devono essere iperattive per bloccare il
talamo. Quindi, lo scopo della terapia farmacologica e della Deep brain stimulation è quello di spegnerlo.
Nella deep brain st. con l'elettrodo stimolate il nucleo subtalamico di Luys che è l'opposto che vi aspettate,
perché dovete spegnerlo, però la stimolazione elettrica data alle frequenza giuste, desensibilizza il nucleo e
il nucleo non scarica più con il profilo di scarica che ha normalmente nel Parkinson. Questo è utilissimo nel
controllo dei sintomi motori del Parkinson (attenzione! Pontieri odia quando si dice “soggetti resistenti alla
levodopa”; questi non sono parkinsoniani, dovete dire “i soggetti che non rispondono più al trattamento
farmacologico”. Altrimenti andate contro la definizione di Parkinson. Persino il Parkinson plus, l'atrofia
multisistemica, la paralisi sopranucleare progressiva e gli altri, che molti dicono non rispondo alla Levodopa,
non è vero, un terzo di questi pazienti risponde alla Levodopa e lui a questo ci tiene) però certo c'è una fase
del trattamento in cui i pazienti non rispondono più ai farmaci e a quel punto la stimolazione profonda del
nucleo subtalamico di Luys con spegnimento del nucleo, evento paradossale ma che si verifica, è un'ottima
risultanza dal punto di vista terapeutico. Questo tipo di intervento sul nucleo subtalamico di Luys, migliora
anche le discinesie da Levodopa, perché migliorando i sintomi motori si riduce il fabbisogno di Levodopa,
quindi voi date meno Levodopa al paziente e continuando con la Deep brain stimulation, avrete meno
discinesie. Quindi è un effetto indiretto.
L'ischemia del nucleo è una situazione in cui questo nucleo subtalamico viene spento, avrete una sindrome
controlaterale al nucleo che prende il nome di “emiballismo controlaterale”. È la lesione ischemica del
nucleo subtalamico di Luys da un lato solo. “Ballo” significa “scagliare”, quindi sono dei movimenti molto
violenti che il paziente fa dall'altro lato del corpo.
Come fa la via indiretta ad attivare il nucleo subtalamico di Luys?
La via indiretta se è iperattiva, deve attivare il nucleo subtalamico di Luys, e deve attivare il sistema di
output e spegnere il talamo. Succede che la via indiretta fa sinapsi inibitoria a Gaba nel globo pallido
esterno ( poco fa abbiamo visto il globo pallido interno che è una stazione di output) che è la sede che
riceve le fibre gaba-ergiche dello striato della via indiretta. Dal globo pallido esterno parte un altro neurone
a gaba, quindi ovviamente è un circuito con molte inibizioni, e da qui raggiunge il nucleo subtalamico di
Luys. Così, se la via indiretta è attiva, come nel Parkinson, il neurone del globo pallido esterno viene
bloccato e così il nucleo subtalamico di Luys non viene inibito e si attiva,si ha attivazione del sistema di
output e di riflesso lo spegnimento del talamo. La dopamina attiva i recettori d2 della via indiretta, spegne
così il nucleo subtalamico di L. e questo vuol dire movimento!

Il messaggio da portare a casa:


NEL PARKINSON LA VIA INDIRETTA è IPERATTIVA; NELLE DISCINESIE DA LEVODOPA LA VIA DIRETTA è
IPERATTIVA.
Vi aiuta nell'impostazione nella terapia.

Poco fa abbiamo detto che il neurone di proiezione della via diretta esprime pro-dinorfina e sostanza P; il
marcatore del neurone di proiezione della via indiretta invece è la preproenkefalinaA , che è il precursore
che genera enkefaline ( metionina enk e leucina enk) si trova da questa parte.
Nel terminale avete recettori mor, che sono rec alla morfina.

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Adesso il circuito è pronto; abbiamo detto che la via diretta è importante per le Lid, la via indiretta per i
sintomi motori del parkinson; la via indiretta è iperattiva, la via diretta è ipoattiva nel Parkinson ma la via
diretta è iperattiva nelle discinesie da Levodopa, questo è evidente.
Quali altri elementi troviamo in questo circuito importanti per la terapia? Poi faremo la terapia attuale, i
farmaci che entreranno nel mercato tra qualche mese e qualche spunto di terapia sperimentale, quindi ci
serve capire cosa altro regola questo circuito per vedere quali sono i punti di attacco della terapia. Da
sottolineare è che nello striato voi avete una serie di interneuroni dei quali non abbiamo parlato:
interneuroni a GABA che sono una piccola %, considerate che i neuroni di proiezione sono il 90% quindi ve
ne rimangono 10%. I neuroni a Gaba sono pochi però sono molto simili ai neuroni a Gaba che voi avete
nella corteccia cerebrale, sono neuroni parvalbumina e somatostatina positivi, alcuni scaricano ad alta
frequenza ed altri a frequenza più bassa . In realtà il loro reale significato nell'integrazione dei messaggi di
programmazione del movimento non si conosce. Mai si è fatta una farmacologia su questi neuroni
Gabaergici. Si sa che stanno lì, si sa che in qualche modo influenzano il profilo di scarica dei neuroni di
proiezione e altro non si sa. Tuttavia tra questi interneuroni, ci sono dei neuroni molto più grandi che sono
Aspiny (non hanno grandi spine dendritiche, a differenza delle cellule di proiezione che sono tutte spinose,
ricevono una marea di sinapsi per esempio dalle fibre dopaminergiche) e sono colinergici. È importante la
loro conoscenza perché gli anticolinergici vengono utilizzati nella malattia di Parkinson, e sono stati i primi
farmaci ad essere stati somministrati nel Parkinson. Un tempo si usava solo l'estratto della Bella Donna
dove trovate l'atropina e in parte la scopolamina perché non c'era altro da dare. Oggi gli anticolinergici
come trattamento di prima linea si usano in una condizione in cui non potete dare la Levodopa, in un
paziente schizofrenico in cui non potete aumentare la dopamina ed è in trattamento con antipsicotici
classici come l' Aloperidolo, inducono una forma chiamata parkinsonismo farmacologico.
Questo non si può trattare con Levodopa perché è schizofrenico, glieli stiamo bloccando noi i recettori per
la dopamina. Allora per bloccare il parkinsonismo farmacologico si danno gli anticolinergici, DISIPAL e
AKINETON.
Considerate che gli psichiatri seguono due scuole di pensiero: alcuni, quando ritengono necessario che si
debba fare l'anticolinrgico, lo cominciano a dare sin dall'inizio della terapia con antipsicotici; altri aspettano
e per esempio danno il Risperdal per la schizofrenia e se non vengono fuori sintomi extrapiramidali
importanti non glielo danno, se invece viene fuori il parkinsonismo cominciamo con il Disipal o Akineton.
Pontieri ama anche sapere che i farmaci anticolinergici potete darli anche nella malattia di Parkinson
idiopatica, senza intervento farmacologico, e questo può precedere la Levodopa. Il problema con la
Levodopa è che una volta che incominciate, dovete continuarla, e quindi per certi versi più la ritardate e
meglio è. In realtà c'è ancora una scuola di pensiero che dice che dobbiamo iniziare con il farmaco più
efficace più precocemente possibile, così come c'è una scuola di pensiero che si sta affermando sempre di
più che dice che la stimolazione profonda cerebrale del nucleo subtalamico di Luys è bene farla quanto più
precocemente possibile per evitare che poi i farmaci possano indurre una plasticità patologica nel sistema.
Quindi, il management del paziente parkinsoniano sta cambiando nel tempo, si sta spostando sempre di più
verso la neurochirurgia. Se voi decidete di rimandare la Levodopa e cominciare con un altro farmaco,
potete dare un dopamino-agonista tipo Ropinirolo e Pramipexolo , però hanno il problema del gambling
patologico e in un giovane è pericoloso.
L' anticolinergico al giovane( 55-60anni) potete darlo, all'anziano no perché 80% del Parkinson evolve in
demenza e l' anticolinergico peggiora le sfera cognitiva. L' anticolinergico può andare bene se avete un
Parkinson unilaterale in cui prevale il tremore, p. tremorigeno unilaterale risponde bene all' anticolinergico.
Lo dico perché Pontieri ve lo chiederà e questa potrebbe essere un'opzione. Quindi avete questi larghi
neuroni colinergici che effettivamente influenzano il sistema, voi volete bloccare i recettori muscarinici, per
esempio con Biperidene, Orfenadrina, Akineton e Disipal rispettivamente. Ultima cosa, nello striato ci sono
piccole cellule che non sono molto ben definite, non si capisce a cosa possano servire ma sono abbastanza
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affascinanti. Queste cellule presentano la tirosina idrossilasi e anche la Gad che è l'enzima di sintesi del
Gaba. Sono cellule che localmente possono produrre dopamina probabilmente, sicuramente possono
produrre Levodopa, poi il macchinario per trasformare la Levodopa in dopamina non ce l'hanno molto
evidente. Come vedete sono a doppio fenotipo, sia catecolaminergiche che gabaergiche, probabilmente
sono interneuroni gabaergici che si sono dedifferenziati ed hanno acquisito anche un fenotipo
dopaminergico, o al contrario sono cellule staminali che possono andare in una direzione o in un'altra.
Questi neuroni catecolaminergici locali nessuno sa a cosa servono, però se voi fate lesioni nelle scimmie, il
numero di questi neuroni aumenta nello striato e quindi c'è chi pensa che questo sia un meccanismo di
compensa per rifornire dopamina quando la dopamina non arriva più dalla sua sorgente primaria che è il
sistema nigrico striatale. Per cui c'è tutta una linea di ricerca che vuole implementare, aumentare il numero
di questi neuroni. Come se fossero delle piccole cellule staminali che però il sistema stesso sta producendo.
Anche quei pazzi che curano il parkinson con le cellule staminali e prendono per esempio le cellule
mesencefaliche o le staminali embrionali che poi fanno differenziare i neuroni dopaminergici, le staminali le
mettono nello striato non le mettono nella sostanza nera. Perché se le mettono nella sostanza nera, il
percorso del loro assone è troppo lungo e queste sono cellule nuove e l'assone non ci arriva lì. Quindi, loro
le inseriscono direttamente nello striato e si capisce quanto possa essere diverso il ritmo di scarica di una
cellula dopaminergica messa nello striato rispetto a quella naturale che invece è presente nella sostanza
nera. Io sono contrarissimo all'uso di cellule staminali nella malattia di Parkinson. Gli studi clinici che sono
stati fatti hanno fornito dati molto contraddittori, ci sono stati pazienti che occasionalmente hanno tratto
un po' di beneficio che secondo me era più un placebo, altri che non hanno risposto per niente, ed altri che
hanno sviluppato discinesie. Non solo, ma se voi inserite cellule staminali c'è il rischio che nello striato è
minimo ma nella sostanza nera si prendono anche loro i corpi di Lewy. E poi se il snc avesse previsto la
possibilità di fare rigenerare i neuroni, secondo voi in milioni di anni di evoluzione questa cosa non si
sarebbe verificata? Sicuramemente si, i neuroni sono talmente istruiti sin dalla vita fetale che quando
muoiono non c'è niente da fare più. Non potete prendere una cellula nuova per ristabilire i circuiti perché è
impossibile; il sistema preferisce perdere che sostituire con uno che non sa fare niente. È molto meglio
restare fermi che andare incontro al leone quando il leone vi viene davanti! Quindi se voi avete un sistema
motorio che non programma il movimento perché c'è una cellula che non sa cosa fare, per il sistema è un
evento perdente. Sapete che i neuroni sono l'unica cellula del cervello che non può dare origine ai tumori,
non esiste un neuronoma, tutte le altre cellule posso dare origine ai tumori tranne il neurone differenziato,
c'è il neuroblastoma che deriva dal neuroblasto, nemmeno il neurocitoma, c'è il gangliocitoma, tanti tumori
neuro endocrini, ma sono cellule diverse che partono da cellule staminali ma mai dal neurone differenziato.
Quest'ultimo l'unica cosa che può fare è uccidersi se uno gli da il comando di proliferare. E in tutte le
patologie degenerative, Parkinson incluso, i neuroni hanno uno stimolo a proliferare, passano dalla fase s,
duplicano i cromosomi, poi scatta un check point e muoiono per apoptosi.
La natura sa che non si possono sostituire elementi che sono altamente istruiti e l'istruzione parte dalla vita
fetale e continua senza mai fermarsi e prima della nascita voi avete il doppio dei neuroni rispetto a quelli
che avete dopo la nascita, quelli che non servono a niente muoiono per apoptosi. Che senso ha farli ri-
proliferare? Tranne nell'ippocampo, nel giro dentato e intorno al ventricolo dove c'è una neurogenesi
anche nell'adulto. Ma nell'ippocampo questo serve a formare nuove memorie , continua a memorizzare per
tutta la vita e voi attraverso la neurogenesi del giro dentato collegate le memorie una il lunedì e una il
mercoledì (collegamento temporale); quelle che invece partono dalle regioni periventricolari nessuno sa a
che servono perché nei roditori vanno nel bulbo olfattivo ma noi l'olfatto non lo usiamo.

Cerchiamo adesso di fare un'indagine un po' più molecolare.


Prendiamo un neurone della via indiretta in cui abbiamo:

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- il recettore D2 inibitore accoppiato a Gi, ma se questa azione inibitoria è fondamentale per il
controllo motorio della dopamina, è abbastanza intuibile che sulla stessa cellula ci debbano essere
dei recettori che fanno il contrario.
- A2A accoppiato a Gs. Questi due recettori sono uniti tra di loro; il rec A2A è attivato da adenosina.
Nella malattia di Parkinson si deve bloccare A2A, perché voi attivate il D2 o bloccate A2A visto che
fanno l'opposto. Infatti antagonisti di A2A sono in fase 3 di sviluppo clinico per il Parkinson. Quindi
il blocco di A2A è un altro scopo della terapia. Poi abbiamo anche recettori attivatori che
funzionano in un altro modo:
- NMDA, attivato dal glutammato che arriva dalle fibre cortico-striatali ( le più importanti qui),
recettore eccitatorio per definizione, quindi se si trova nel neurone della via indiretta si deve
bloccare nella terapia del Parkinson ( vi ricordate che la volta scorsa abbiamo parlato della
Memantina, bloccante rec. NMDA, nel trattamento dell'Alzheimer? La memantina è stata per un
po' di anni nel mercato della mal. di parkinson in Germania, poi è passato all'Alz. ma in generale i
bloccanti NMDA sono antiparkinsoniani).
- Il partner quasi obbligato dei rec. NMDA è il rec. mGlu5 eccitatorio del glutammato accoppiato a
Gq. Quindi una strategia è quella di bloccare i rec. NMDA o bloccare i rec. mGlu5. Tra i farmaci
bloccanti mGlu5 c'è Mavoglurant, Vasiglurant e Bipraglurant che sono in fase di sviluppo anche per
altre patologie del snc.

Quindi, questo avviene nel neurone della via indiretta, ma questo ha anche un suo assone, quindi se voi
volete frenare l'iperattività del neurone della via indiretta (ricordate che questo neurone è iperattivo nel
Parkinson), o lo bloccate dando dei farmaci che attivano D2, lo bloccate dando antagonisti A2A, o
antagonisti di mglu5 o antagonisti dei rec NMDA. Però ci sono anche dei recettori presenti nel terminale
che sono tutti accoppiati a Gi e bloccano il rilascio di GABA qua giù. Quindi un'altra possibilità è attivare
questi due recettori qui , che sono recettori freno per la trasmissione della via indiretta. Uno è mglu4, e i
suoi PAM sono in fase di sviluppo clinico per trattamento della malattia di Parkinson. Recettore pre-
sinaptico accoppiato a proteina Gi che blocca il rilascio. Il D2 agisce qua su, mglu4 qua giù. L'altro recettore
è il Mor, per la morfina e teoricamente gli oppioidi possono essere utili nel trattamento della mal. di
Parkinson, di fatto però non hanno sviluppo clinico, quindi non vengono utilizzati. Il Parkinson, come
l'Alzheimer, ha molte comorbilità di tipo psichiatrico; il Parkinson è spesso associato a depressione, dolore ,
l'Alzheimer alla psicosi e depressione, quindi prima di dare un farmaco che può avere un impatto
psichiatrico come un'agonista D2, bisogna stare molto attenti. (Italiano: comorbilità, significa che le due
patologie sono associate = Inglese : comorbidity . Comorbidità in italiano significa, invece, associazione con
la morte. Come delirio che in italiano significa “alterazione della logica non corretta dalla critica” e invece
“delirium” in inglese vuol dire “perdita dello stato di coscienza”, mentre Delusion in inglese vuol dire il
nostro delirio)

Nel neurone della via DIRETTA c'è:


- D1;
- NMDA ;
- mGlu5.

ma la via diretta è iperattiva nelle LID e l'unico farmaco ufficialmente approvato nelle discinesie da
Levodopa è Amantadina (mantadan), vecchio farmaco antivirale, chiamato anche L-adamantanamina
perché ha una struttura a diamante e si usa nell'influenza ed è un bloccante rapido dei canali NMDA, quindi
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limita un po' l'attività della via diretta e per questo è efficace nelle discinesie da Levodopa. Ed è l'unico
farmaco che ha l'indicazione ufficiale. Ma i farmaci che bloccano mGlu5 sono quelli che hanno dato degli
ottimi risultati clinici nel trattamento delle LID. Quindi questa categoria di farmaci bloccanti NMDA e
bloccanti mGlu5, da un lato dovrebbero migliorare i sintomi del Parkinson agendo sulla via indiretta,
dall'altro dovrebbero ridurre le LID dati in combinazione con Levodopa, agendo sulla via indiretta. Per
chiudere questo discorso, lo striato riceve dall'esterno anche fibre a serotonina, a noradrenalina, riceve
anche alcuni assoni colinergici che vengono dal nucleo centromediale del Talamo, riceve anche fibre dal
nucleo subtalamico di Luys, cioè ci sono molte fibre in entrata, non solo quelle dopaminergiche del sistema
nigrico-striatale e le fibre glutammatergiche cortico-stratali.
Focalizzate l'attenzione sulle fibre serotoninergche non tanto per il fatto che gli SSRI possono peggiorare la
sintomatologia, ma perché se questo è un terminale a serotonina che libera serotonina dalle vescicole, la
serotonina viene incorporata nel vescicole perché viene trasportata da un trasportatore chiamato vmat che
però, per definizione è un trasportatore vescicolare delle monoamine, quindi riconosce qualunque cosa. Il
problema non si pone perché ha la triptofano idrossilasi , quindi sintetizza esclusivamente serotonina e non
dopamina. Però attenzione , è un neurone che ha la decarbossilasi degli aminoacidi L- aromatici, Lad, la
quale converte il 5-idrossi triptofano in serotonina, altrimenti serotonina non se ne forma. Questo neurone
non è abituato a vedere la Levodopa perché non avendo la tirosina idrossilasi, lui non la sintetizza, ma se
gliela date dall'esterno e arriva un grande carico di Levodopa, a quel punto visto che è un aminoacido, entra
anche qui e la Levodopa, trovando la LAD, viene trasformata in dopamina e siccome le vescicole
serotoninergiche hanno il vmat, la dopamina entra attraverso il vmat e ve la ritrovate nelle vescicole
insieme alla serotonina. Quindi un terminale che inizialmente è serotoninergico, artificialmente per il
trattamento farmacologico rischia di diventare dopaminergico oppure a funzione mista. Con la differenza
che rilascia dopamina con il pattern di scarica della serotonina e questo contribuisce alle discinesie da
Levodopa.
Tutto questo discorso serve per capire come i farmaci in via di sviluppo funzionano, e se non si fa una
fisiopatologia non si può capire.

Via indiretta nmda A2A D2


d2
memb.

mor mglu4

d1 NMDA
via diretta

11

46
mglu5

GENETICA

L'impatto genetico, familiarità della malattia di Parkinson è 70-80%, le forme monogeniche sono il 10%. La
malattia di Parkinson è una patologia più genetica che ambientale perché in generale gli elementi
ambientali che possono dare la malattia di Parkinson sono i pesticidi oppure i metalli pesanti. C'era
l'intossicazione da manganese nelle miniere del Belgio, dove avevano anche la distonia del piede a forma
del piede di pollo. Però attenzione, la “locura manganica” non dà malattia di Parkinson, dà una forma di
parkinsonismo con distonia. Voi dovete distinguere la malattia di Parkinson dal Parkinson plus in cui c'è
innanzitutto molta più demenza, potete avere distonia. Pontieri, ma anche io la prossima volta, parleremo
del parkinsonismo caraibico che si ha per una sostanza che contiene un inibitore del complesso 1 che si
consuma nei Caraibi (guanabano o qualcosa del genere) il cui principio attivo è la Nonacina. Poi, potete
avere compromissione del tratto piramidale, patologia del Globo pallido ma comunque sapete bene che le
forme di Parkinson plus più frequenti sono L'atrofia multisistemica e la paralisi sopranucleare progressiva.
Ne parleremo la prossima volta.
La demenza pugilistica, invece, è dovuta a tanti traumi ripetuti che posso dare una forma di Parkinsonismo
come Cassius Clay ma ancora una volta non è malattia di Parkinson. L'impatto ambientale nei confronti del
Parkinsonismo lo tratteremo molto presto.
Per quanto riguarda le forme monogeniche, dobbiamo fare due tipi di distinzione. Innanzitutto distinguere
quelle forme che danno un parkinsonismo classico “late onset”(ad insorgenza tardiva come nella malattia di
P. normale) in cui è coinvolto un gene in maniera critica, da quelle che invece danno “early onset” (forme
che possono insorgere anche a 35-40anni) e che hanno caratteristiche di Parkinson plus, cioè ad evoluzione
dementigena con delle componenti distoniche, dipende da caso a caso. Anche se non c'è una regola, in
generale le forme ad insorgenza tardiva sono a trasmissione AD e le early sono a trasmissione AR. Inoltre
all'interno della genetica dovete identificare i cosiddetti fattori di rischio perché esistono fattori di rischio
genetici che sono diversi rispetto ai fattori di rischio ambientali e sono diversi rispetto alle forme
monogeniche. La cosa che può sembrare confondente è che alcuni dei geni che danno Parkinson familiare,
classico ecc , sono anche, con altre mutazioni, fattori di rischio. Per esempio l' alfa sinucleina che è la
proteina cardine della malattia, anche se dal punto di vista delle mutazioni è molto poco frequente, ci sono
mutazioni, duplicazioni o triplicazioni che danno il Parkinson familiare. Invece ci sono mutazioni del
promotore che sono fattori di rischio della malattia. Inoltre un fattore di rischio è la glucocerebrosidasi, un
enzima che quando è mutato dà la malattia di Gaucher, malattia di accumulo lisosomiale. Inoltre, la
fosfodiesterasi 1 della sfingomielina , che credo corrisponde con la sfingomielinasi, aumenta il rischio di
ammalare di P. di 10 volte. All'interno delle forme genetiche di Parkinson noi possiamo individuare due
temi principali che però sono i temi di fisiopatologia del Parkinson più rilevanti:
- gli endosomi , in particolare il sistema dei retromeri;

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- la mitofagia che consiste nel fatto che i mitocondri danneggiati vengono degradati e sostituiti da
mitocondri nuovi. Nel mitocondrio sottoposto al danno da radicali liberi e con dna plasmidico
mutato, se questa sostituzione non avvenisse, la catena respiratoria continuerebbe a produrre
specie reattive dell'ossigeno. Tutto questo meccanismo, nella Sostanza nera in cui i meccanismi di
difesa sono precari (c'è poco glutatione, molto ferro, poca catalasi) sarebbe una condanna a morte.
Per esempio, nel danno assonale della Sclerosi Multipla, la componente mitocondriale è
fondamentale. Negli assoni lunghi i mitocondri formano dei raggruppamenti vicini ai nodi di Ranvier
e un' ipotesi patogenetica della forma progressiva della Sclerosi Multipla è la mitocondriopatia (i
mitocondri rimangono là, il loro dna viene danneggiato e diventa una patologia simile alle malattie
mitocondriali). In particolare il complesso 1 della catena respiratoria, che è il primo complesso
enzimatico del mitocondrio, è stato chiamato in causa nel Parkinson. I difetti del complesso 1 si
vedono anche nelle piastrine dei parkinsoniani, quindi diventa anche un marcatore periferico di un
certo interesse. Quindi, adesso che discuteremo della genetica, cerchiamo di fare mente locale sul
sistema degli endosomi e dei retromeri e sul sistema dei mitocondri.
Partiamo dagli endosomi e dai retromeri e dopo, visto che i mitocondri li conosciamo, cerchiamo di
commentare la genetica su questo perché diventa molto più facile in quanto dei retromeri abbiamo già
parlato a proposito dell'Alzheimer.
Immaginate a questo punto che voi avete una proteina che si chiama alfa sinucleina, e la prima cosa da
chiedersi è cosa questa proteina sia in grado di fare visto che è la proteina chiave della malattia di
Parkinson, essendo un'alfa sinucleinopatia. Immaginate quanti lavori ci sono stati negli ultimi anni su questa
proteina e nonostante ciò non si è mai realmente capito a cosa serva. Però si sa che si trova soprattutto nei
terminali nervosi, per esempio nei terminali assonali e prende contatto con proteine del complesso SNARE .
Le proteine del complesso snare sono la sinaptobrevina, la snap25 ecc le quali servono per determinare la
fusione delle vescicole e rilasciare il trasmettitore. Però, queste proteine sono anche importanti per il
movimento degli endosomi perché sono proteine di movimento vescicolare e gli endosomi sono vescicole.
In particolare l'alfa sinucleina interagisce con snap25 che è una delle proteine del complesso snare
attraverso uno chaperone molecolare che si chiama HSC70 (“cognato delle Heat shock protein di tipo 70”).
Immaginate che questa sia una cellula e l'alfa sinucleina si trova qui agganciata alle proteine del complesso
snare e come tutte le proteine di membrana viene il momento in cui deve essere degradata . E la prima
tappa di degradazione è quella che l’alfa sinucleina viene portata all’interno sotto forma di vescicola
attraverso la CLATRINA. Da farmacodinamica ricordiamo che l’internalizzazione dei recettori avviene
attraverso i “clatrine coated pits”, cioè queste piccole vescicole che contengono clatrina. L’alfa sinucleina
viene trasferita all’interno di queste vescicole attraverso un sistema che si chiama ESCRT, che abbiamo già
incontrato nell’ HIV. Letteralmente: endosomal-sorting-complex-regulator-of-transport. Qual è la funzione?
L’alfa-sinucleina viene ubiquitinata e il suo destino sarà quello di essere degradata sia attraverso il
proteasoma, ma anche attraverso i LISOSMI che sono fondamentali per la degradazione dell’alfa sinucleina.
In qualche modo questa proteina deve essere attaccata dalle proteasi, durante il suo trasporto retromerico
arriva al transgolgi e l’endosoma maturo deve fondersi con il lisosoma: questo è un punto di contatto con
l’autofagia. Il sistema degrada abbastanza bene, perché all’interno si forma un enzima che si chiama
“catepsina B” che serve a degradare l’alfa-sinucleina. Tutto ciò avviene quando questo sistema funziona alla
perfezione e la proteina è nella sua forma nativa. Però l’alfa-sinucleina può essere mutata, prodotta in
eccesso, modificata post traslazionalmente… quando questa non può essere più degradata e la catepsina
non riesce ad agire, o perché il sistema dei retromeri è compromesso, o perché l’alfa-sinucleina è
compromessa, come avviene in molte malattie genetiche, a questo punto si formano gli aggregati e ciò
porta alla formazione dei corpi di lewy. Il primo elemento che si incontra in questo sistema di trasporto
interno dell’alfa sinucleina è la clatrina. Ci sono della proteine che aiutano la funzionalità della clatrina:
DNAJC13 e SINAPTOJAMINA1. Queste due aiutano a prendere la clatrina e a portarla dentro e sono due dei
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geni che vengono mutati nella malattia di Parkinson. Per poter capire queste mutazioni dobbiamo cercare
di individuare il sistema:
1à si forma endosoma precoce caratterizzato da una proteina che si chiama Rab5, proteina monomerica
GTP dipendente, che non ha grande ruolo nella malattia di Parkinson. Una volta che si è formato,
2à l’endosoma comincia a maturare e acquista importanza il sistema dei retromeri. Quindi ci deve essere
3à un “cargo” che trasporta la proteina, e un complesso che lo riconosce. Quali sono le proteine che
riconoscono il cargo? VPS 35,26,29 che sono proteine del sistema dei retromeri polimorfici nella malattia di
Alzhemeir dove rappresentano fattori di rischio. VPS 35 è responsabile anche di una forma AD della
malattia di Parkinson. Quindi evidentemente il sistema dei retromeri ha un ruolo essenziale nella
patogenesi di questa malattia. Chi è il cargo che lega l’alfa sinucleina a VPS 35? Il recettore di tipo 2 per
l’IGF (ricorda che il tipo 1 si comporta come il recettore dell’insulina, mentre il tipo 2 è un recettore di
clearance che si comporta come il recettore del mannosio-6-P). Nei retromeri c’erano tutta una serie di
moduli, come ad esempio il modulo di tubulazione che permetteva al proteasoma di muoversi interagendo
con il citoscheletro e poi fondersi con i lisosomi (se invece l’ endosoma esprime Rab 4 e Rab 11 se ne va
verso l’esterno). Questo modulo di tubulazione aveva le Nexine del retromero che sono 1,2,5,6. Tuttavia c’è
una proteina che unisce VPS 35 alle Nexine, che si chiama DNAJC13. La mutazione di questa è responsabile
di un’altra forma AD.
4à Affinchè l’endosoma maturi è necessario che ci sia una pompa che deve dare energia che prende il
nome di ATP13A2. Questa ATPasi se viene mutata dà vita alla sindrome di Kufor Rakeb che è una forma di
parkinsonismo con coinvolgimento del tratto piramidale, cioè un Parkinson plus e che si manifesta in età
precoce.
5à A un certo punto l’endosoma maturo si fonde con il lisosoma e il pH deve diventare sempre più acido e
quindi serve una pompa protonica che si chiama ATP6AP2, le cui mutazioni sono responsabili di un’altra
forma di parkinsonismo genetico.

FORME GENETICHE DELLA MALATTIA DI PARKINSON:


I geni conosciuti sono 5
· alfa-sinucleina
· LRRK2, che è quello più importante conosciuto anche come Dardarina
· Parkina
· Pink1
· DJ1
I primi due sono a trasmissione AD, gli ultimi AR. Questi sono quelli fondamentali da ricordare.
1. Alfa-sinucleinaà primo gene che si è trovato mutato in questa malattia. In realtà i casi familiari
che dipendono da questa mutazione sono molto pochi. Questa è una proteina di 140 aa e le
mutazioni principali interessano l’esone 2 e l’esone 3. Questi sono gli esoni centrali ed è la
porzione che forma più facilmente aggregati. Le classiche mutazioni sono quelle definite “locus-
park-1”. Le mutazioni all’interno di park1 più importanti, anche se non le uniche, sono le
classiche A53T, A30P, E46K (che ha una componente dementigena). Nella maggior parte dei
casi queste forme danno di parkinsonismo late onset, ma ci possono essere anche
caratteristiche di parkinson plus. La trasmissione è AD ed ad alta penetranza quindi i soggetti
svilupperanno sicuramente la malattia, però le mutazioni sono rarissime quindi è difficile fare
trials clinici. Poi c’è un altro locus chiamato park-4, che contiene lo stesso l’ alfa-sinucleina, ma
sono stati individuati in famiglie diverse. La differenza è che nel park 4 il gene è duplicato o
triplicato. Quindi mentre nel park1 le mutazioni erano missense, qui abbiamo CNV=copy
number variation, variazione nel numero di copie del gene (se ricordate nel cyp2D6 lo abbiamo
visto tante volte). Lo studio di park4 è importante perché ci fa capire che esiste un effetto dose,
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cioè la malattia è più grave quando il gene è triplicato rispetto a quando è duplicato. Quindi più
alfa-sinucleina le cellule producono e maggiore sarà il rischio. La malattia può quindi derivare
da:
- Sistema dei retromeri ingolfato
- mutazione in aa che ne favoriscono l’aggregabilità
- se ne produce di più (cfr amiloide)
2. LRRK2: la proteina si chiama anche dardarina dal dialetto basco che vuol dire “tremore”. È una
proteina che ha 2527 aa, e molto raramente si incontra una proteina così grande. Ha moltissimi
domini: dominio che lega l’ankirina, dominio armadillo, dominio lrrk2 (leucine rich repeat kinase 2),
dominio ROC-COR (la maggior parte delle mutazioni si trovano qui), dominio MAPKKK, dominio
WD40 che si trova nella sub. beta delle proteine GTP dipendenti trimeriche.
Questa proteina è:
- Protein kinasi, ha quindi funzione enzimatica
- GTPasi
- interagisce con la membrana degli endosomi
- Interagisce con i mitocondri, così come l’alfa-sinucleina
Tuttavia la sua precisa funzione ancora non è certa, ma sicuramente è importante per la sua interazione
con VPS35, formando un ponte con l’alfa-sinucleina. Ci sono diverse mutazioni AD, quella più importante è
G2019S, che è quella che maggiormente si riscontra nelle varie etnie. Soprattutto questa mutazione si trova
nel 2-3% degli europei, soprattutto nel bacino mediterraneo; negli ashkenazi la mutazione è addirittura del
12-25% sia nelle forme familiari che nelle sporadiche. Nei magrebini la mutazione si ha nel 31% delle
familiari e 41% delle sporadiche. Tuttavia la penetranza è incompleta ed è età-dipendente, per cui a 20-30
anni è del 20%, a 50 anni è 45-50%, in età più avanzate arriva al 70%. Per cui fare un reclutamento di
soggetti che potrebbero non sviluppare la malattia è un problema per i trials.
Altre mutazioni sono per esempio I2020T, Y1699C, R1441C-G-H (che può essere trasformato in cisteina,
glicina o istidina). Tutte queste mutazioni hanno penetranza maggiore, ma sono più rare della precedente.
Alcune mutazioni della dardarina costituiscono invece dei fattori di rischio, quindi aumentano il rischio di
ammalare in età successiva, ma non danno malattia di per sè: G2385R, P1268L ( è inutile imparare questi
numeri che ingolfano soltanto il cervello, ma se per l’esame di neuro ricordate solo la G2019S fate bella
figura. Se Pontieri vi chiede i meccanismi patogenetici del parkinson e ditegli che sono meccanismi che si
possono spiegare in parte con la genetica e tra i geni mutati quello più frequente è LRRK2 con la mutazione
più frequente che è la la G2019S AD ma a penetranza incompleta.)
Altre mutazioni importanti interessano FBXO7 che è una E-3ligasi dell’ubiquitina sempre AD. Un’ altra è poi
la CHCHD7 che è probabilmemte importante nel mitocondrio, ma si è vista solo in una famiglia giapponese,
anche se è stata riportata come mutazione emergente.

Mutazioni AR: interessanti perché riguardano solo il mitocondrio, compromettendo il meccanismo di


mitofagia, cioè il ricambio fisiologico dei mitocondri. Una volta che i mitocondri si usurano con i radicali
liberi il DNA che codifica per gli elementi della catena respiratoria viene danneggiato e questa funziona
male. (NB il complesso 1 è interessato nel Parkinson, mentre il complesso 4 nell’ Alzheimer, e il 2 nella
corea di Huntongton). Il locus park-2 è quello coinvolto e codifica per una proteina che si chiama:
3. Parkina che è una E-3 ligasi dell’ubiquitina responsabile della degradazione mitocondriale di
proteine che si occupano di mitofagia. Ci sono diverse proteine che vengono degradate ad opera di
questa proteina, ma tra queste purtroppo non c’è l’alfa-sinucleina, come si pensava. Una di queste
proteine fa parte delle “fusine” che si chiamano MFNS2, VPR1 e DJ1. Quindi la parkina degradando
queste proteine promuove la mitofagia e facilita il turn-over mitocondriale. La trasmissione è AR, il
parkinsonismo è early onset, che dà una malattia più severa e a insorgenza più precoce. A
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differenza di LRRK2 che dà una forma di parkinson indistinguibile da quella classica, in questa forma
non ci sono i corpi di lewy. Questo ci fa capire che non esiste UNA malattia di Parkinson, ma una
SINDROME PARKINSONIANA che può differire nella sua espressione e meccanismi patogenetici. Il
problema è che le mutazioni della parkina sono molto più rare.
4. Pink1 (codificata da park-6): protein kinasi regolata da PTEN (modulatore negativo della fosfatidil
inositolo 3k) le cui mutazioni sono responsabili di tumori, per es. cerebrali. L’attività di pink 1 fa
reclutare parkina all’interno del mitocondrio, passando prima la membrana esterna, poi quella
interna con due meccanismi chiamati “Tom e Tim”, letteralmente: trasporto attraverso Outer-
membrane e Inner-membrane. (Ovviamente se sperimentalmente riproducete la mutazione di
pink1 nell’animale dando una grande quantità di parkina, riuscite a proteggere il fenotipo perché la
parkina riesce a passare anche senza l’intervento di pink1). Pink1 è però anche in grado di
fosforilare alcune proteine del complesso 1 della catena respiratoria
5. DJ1 (locus park-7): questa proteina protegge il mitocondrio dai radicali liberi. Il suo turn-over è
regolato dalla parkina, essendo DJ1 substrato di questa.

RIASSUNTO: Come si colloca la malattia di Parkinson sotto un profilo genetico?


Risposta: l’impatto della familiarità nel Parkinson è del 70-80%, ma le forme monogeniche sono il 10%.
Ci sono due geni che inequivocabilmente correlano con il fenotipo che sono l’alfa-sinucleina e LRRK2.
L’alfa-sinucleina ha come ruolo più importante, probabilmente, quello di regolare il complesso SNARE,
cioè quello responsabile dell’esocitosi. I due loci identificati per primi sono stati park-1 e park-4 con le
mutazioni A53T, A30P, E46K (se queste le volete imparare sono molto popolari). Poi nel park-4 c’è
duplicazione e triplicazione del gene con effetto-dose. Tuttavia la proteina più importante che viene
mutata nel Parkinson si chiama LRRK2, ovvero dardarina. Questa è una proteina molto grande a
differenza dell’alfa-sinucleina, la cui funzione però non è conosciuta. La maggior parte delle mutazioni si
verificano in un dominio chiamato ROC-COR che ha attività GTPasica. La mutazione G2019S è la più
frequente soprattutto negli aschkenazi e nei magrebini ed è anche presente nelle forme sporadiche
nostre, ma in una percentuale più piccola. Poi ci sono altre forme AD meno importanti, che se non le
ricordate non fa niente. Mentre per quanto riguarda la trasmissione AR abbiamo le tre viste prima, che
sono importanti perché non hanno i corpi di lewy, per cui la patogenesi non è dovuta soltanto a un
ingolfamento dei retromeri con aggregazione dell’alfa-sinucleina, ma può riguardare anche danno dei
mitocondri. Se c’è danno mitocondriale con maggior produzione di radicali liberi le cellule
maggiormente coinvolte saranno quelle che non hanno difesa contro le specie ossidanti, che per
definizione sono i neuroni melanici della pars compacta della substantia nigra.

La prossima volta vedremo tutte le forme di parkinsonismo plus, la forma post-encefalitica, la forma
vascolare ecc..

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Autori: Dario Fioravanti e Roberta Roggiolani
Lezione: farmacologia
Data: 31/03/16

Parkinson dipendente da aggregati


Lezione precedente: classificazione dei Parkinsonismi
Parkinsonismo primario (degenerativo)
– Malattia di Parkinson (sporadica e genetica)
– Parkinsonismo atipico (paralisi sopranucleare progressiva, atrofia multisistemica,
degenerazione corticobasale, malattia dei corpi di Lewy)
– parkinsonismi eredo-degenerativi
Parkinsonismo secondario (acquisito, sintomatico)
– Farmaci (neurolettici, antiemetici, ecc)
– Sindrome multi-infartuale vascolare
– Tossine (manganese, CO, pesticidi, ecc)
– Infettive (postencefalitiche)
– Trauma (encefalopatia da pugilato)

parkinsonismo post-encefalitico (encefalite letargica, o epidemica, o di von Economo-Cruchet )


descritta per la prima volta agli inizi del 900, ha infierito (sotto forma di pandemia) dal 1915 al
1920, dunque attualmente non è possibile trovare pazienti affetti da questo tipo di encefalite.
Nonostante non sia più presente, è comunque interessante classificarlo: mentre la malattia di
Parkinson dipende da aggregati di α-sinucleina il Parkinsonismo post-encefalitico non ha aggregati,
è un virus influenzale, che si comporta come virus lento, quindi è un classico esempio di
Parkinsonismo di origine virale.
Excursus microbioma:
rapporto tra agenti infettivi e malattia di Parkinson: è possibile che alterazioni del microbioma possano
influenzare la predisposizione alla malattia o la risposta alla L-DOPA.
Il Parkinsonismo post-encefalitico agisce in modo diverso (nel senso che non influenza la predisposizione
alla malattia o la risposta alla L-DOPA), è un virus neurotropo, che penetra nel SNC, poi, dopo tanti
anni, può dare la malattia di Parkinson.
Questa forma di parkinsonismo fa parte della storia del Parkinson (cultura cinematografica: il film
"Risvegli" si è basato sui pazienti affetti da Parkinsonismo post-encefalitico, e il "risveglio" si ha usando un
farmaco, la mantidina, che ha dato una certa risposta in questi pazienti, che hanno ripreso una certa attività
motoria).

Parkinson vascolare, origine di natura aterosclerotica, quindi c'è un problema di irrorazione,


interessante i gangli base (arterie silviana, sottocorticale, ecc).
DD Parkinson vs Parkinson vascolare:
1. risposta alla L-DOPA, Parkinsonismo vascolare non sempre risponde a L-DOPA (anche se
un certo miglioramento si può registrare);
2. segni focali, in caso di patologia vascolare anche altre parti del SNC saranno coinvolte;

Parkinson PLUS (gruppo di patologie)


tra queste il più rilevante è il gruppo delle degenerazioni lobari fronto-temporali: si tratta di
patologie molto complesse, che rientrano con difficoltà nelle attuali classificazioni delle malattie
neurologiche (tanto da farne dubitare la validità); racchiudono: elementi di demenza (infatti sono demenze
fronto-temporali, dove il lobo frontale è colpito molto di più di quanto non accada nella demenza di Alzheimer,
quindi si avranno disturbi comportamentali, delle funzioni esecutive, tutte caratteristiche della parte frontali del
cervello, soprattutto della corteccia frontale, dorso-laterale, ma anche delle porzioni ventro-mediali ),

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Parkinson, o comunque problemi di tipo extra-piramidale, e anche spesso a SLA.
Dunque è una serie di patologie il cui fenotipo dipende da come un paziente esprime la patologia
rispetto a un altro, quindi fare una classificazione di Parkinson, SLA o demenza frontale in realtà
non è corretto, mentre sarebbe giusto far rientrare tutto in queste degenerazioni lobari fronto-
temporali, in cui a volte anche il motoneurone è colpito, causando SLA.
Queste degenerazioni lobari fronto-temporali si possono classificare in base alle caratteristiche
cliniche:
a) varianti behaviouriali o comportamentali -> la malattia si presenta con le caratteristiche
comportamentali della demenza, sono soggetti che non riescono a calcolare il rapporto
rischio/beneficio, hanno un alterazione della sfera del controllo degli impulsi, molto spesso
sono pazienti con una certa aggressività, in cui la working memory è compromessa, sono
compromesse anche le funzioni esecutive, ecc.
b) varianti caratterizzate da afasia (= alterazione del linguaggio):
1. semantica, in cui il paziente non riesce a riconoscere il significato delle parole;
2. progressiva fluente (non fluente è quando mettono insieme soltanto 2-3 parole, nella fluente
invece fai un discorso, che però non è organizzato in nessun modo, fai mille errori... ), in cui il
paziente non riesce a organizzare un linguaggio in modo corretto, fa un sacco di errori
grammaticali, quindi grammatica e impostazione del linguaggio scorretti;
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excursus, afasia:
– definizione -> alterazione del linguaggio, in particolare di: comprensione,
strutturazione/esecuzione, elaborazione e ripetizione;
prima classificazione afasia
– fluenti, si dicono diverse parole, almeno 5-6, però l'organizzazione grammaticale è
completamente compromessa; ovviamente nelle forme più gravi il paziente mette le parole a
caso, senza che ci sia alcun tipo di costrutto;
– non fluenti, quando il paziente dice soltanto 2-3 parole, il linguaggio non è fluente, vi
mancano assolutamente le basi per costruire il linguaggio;
seconda classificazione afasia, sulla base della struttura cerebrale coinvolta
– Globali, in cui tutte queste funzioni (esecutive e organizzative del linguaggio, ecc) sono
compromesse.
– Motoria, di Broca, in cui l'alterazione è nel centro omonimo, nell'emisfero sinistro
(perlomeno nei soggetti destrimani, cioè la maggior parte degli individui); il centro di Broca
può essere compromesso, l'arteria silviana può essere compromessa o anche le strutture
proprio sotto al centro di Broca; in questo caso il linguaggio può essere organizzato ma non
c'è l'esecuzione motoria del linguaggio, perchè nel centro di Broca ci sono le cellule
piramidali che mandano il comando alle corde vocali (non direttamente: arrivano nei nervi
cranici e poi c'è il comando delle corde vocali).
– Sensoriali, dell'area di Wernicke, che colpisce l'area omonima, sita nella regione uditiva
associativa del lobo temporale; il linguaggio non può essere elaborato, strutturato,
organizzato, ma teoricamente può essere seguito, perchè il centro di Broca è libero, solo che
non gli arriva l'informazione dall'organizzazione del linguaggio (quindi non si comprende
nemmeno il significato, non c'è nè comprensione, nè strutturazione del linguaggio); tipo di
afasia tipico della demenza di Alzheimer.
– Trans-corticali, dove sono colpiti i fasci di associazione o le aree vicine; possono essere
sensoriali o motorie, però non è interessata l'area di Wernicke, ma le regioni sottostanti, e
qui quello che c'è in queste forme è una compromissione della ripetizione del linguaggio.
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classificazione anatomo-patologica e immuno-istochimica


– tau-patie
– α-sinucleinopatie

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tau-patie
È la classificazione più importante per il Parkinsonismo Plus, in quanto il gruppo più
rappresentativo delle degenerazioni lobari fronto-temporali comprende quelle aventi aggregati della
proteina tau (tau-patie, classificate nella scorsa lezione), quindi sono tau-patie (come la malattia di
Alzheimer, per certi versi è una tau-patia, nel senso che in questa si formano grovigli o gomitoli neurofibrillari, e
qualcuno ancora crede che la patologia primaria nell'Alzheimer sia a carico della tau, però in realtà gli studi di
genetica molecolare lo escludono, perchè non esiste una mutazione della tau che dia Alzheimer ), date da
mutazioni o alterazioni post-traslazionali della tau.
le più importanti delle degenerazioni lobari fronto-temporali caratterizzate da aggregati della
proteina tau sono:
– demenza di Pick, classica demenza frontale in cui però i disturbi extra-piramidali si vedono
poco;
seguono altre 2 patologie (3, comprendendo anche FTDP17) che possono essere definite come
"Parkinson Plus":
– degenerazione cortico-basale (DCB), apparte la demenza, c'è un segno caratteristico, la
sindrome della mano aliena (la mano fa qualcosa che non è più sotto il controllo del paziente
stesso). In genere è un fatto periferico: all'origine la DCB è frontale, per cui la percezione
visiva dovrebbe essere conservata, a meno che la degenerazione non sia molto estesa, poi
chiaramente diffonde a tutta la massa corticale, e una volta che va nella corteccia calcarina si
ha impegno oculare.
– paralisi sopra-nucleare progressiva (PSP o sindrome di Steele-Richardson-Olszewski, 3
persone che l'hanno descritta, in tempi diversi), è una patologia del tronco dell'encefalo,
soprattutto delle parti più alte. Sono colpiti i movimenti degli occhi (in quanto nella zona
mesencefalica c'è la formazione reticolare che controlla gli occhi), ad esempio c'è paralisi
verticale dello sguardo, il segno o sindrome di Parinaud. Si possono avere anche paralisi
pseudo-bulbari, cadute improvvise, ecc... quindi tutta una serie di manifestazioni.
Pur essendo 2 entità cliniche completamente diverse, la cosa di base è che queste patologie,
soprattutto PSP, possono rispondere a L-DOPA, contrariamente a quello che normalmente è
riportato nei testi, ma la risposta è solo in 1/3 dei casi circa, quindi non è corretto dire che la PSP sia
resistente alla L-DOPA, perchè una certa risposta c'è. Chiaramente se si trovano pazienti con PSP
che rispondono alla L-DOPA ci si potrebbe confondere con la malattia di Parkinson, in questo caso
sono gli altri segni clinici a permettere la diagnosi differenziale.
– FTDP17, o demenza fronto temporale associata al Parkinson, legata al cromosoma 17, dove
c'è il gene che codifica per la proteina tau. In realtà più del 50% di questi soggetti non hanno
una mutazione diretta della tau, ma hanno mutato un altro gene, nello stesso locus del
cromosoma 17, che si chiama progranulina (richiamo della lezione precedente).

α-sinucleinopatie
La classificazione anatomo-patologica comprende anche le α-sinucleinopatie, caratterizzate da
accumulo di α-sinucleina, trasmissibili da una cellula all'altra; quindi c'è un percorso, che
normalmente rientra nelle classificazioni di Braak. Le α-sinucleinopatie sono rappresentate da:
1. malattia di Parkinson propriamente detta
2. PDD
3. Demenza a corpi di Lewy
4. atrofia multisistemica
5. sindrome Hallervonden e Spatz
malattia di Parkinson propriamente detta
anche se va ricordato che i Parkinson con mutazioni AR (per esempio Pink1, parkina e DJ1) non
hanno corpi di Lewy; quindi la malattia di Parkinson è una sindrome, in cui l'α-sinucleinopatia può
contribuire, ma non è detto che ci siano aggregati di α-sinucleina.

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PDD, ossia l'associazione Parkinson-Demenza.
Demenza a corpi di Lewy
almeno un 15-20% di casi, inizialmente diagnosticati come demenza di Alzheimer, sono
rappresentati da demenza a corpi di Lewy.
Differenza tra demenza di Alzheimer e demenza a corpi di Lewy: nella seconda ci sono gli accumuli
di α-sinucleina, assenti nella prima, in cui ci sono solo accumuli di amiloide.
Altro elemento distintivo, stavolta rispetto al Parkinson, è la localizzazione dei corpi di Lewy: nella
malattia di Parkinson i corpi sono nel mesencefalo (sostanza nera), ma anche nel locus coeruleus
(quindi nel ponte) e nel nucleo motorio dorsale del vago; comunque sia, si trovano nei nuclei
pigmentati nell'encefalo. Nella demenza a corpi di Lewy sono distribuiti soprattutto a livello della
corteccia; l'origine è sconosciuta (nel Parkison originerebbero dall'intestino, e quindi probabilmente
potrebbero salire...), forse originano dalla mucosa olfattiva e fanno il percorso indietro, e scendono...
Caratteristiche demenza a corpi di Lewy:
1. chiaramente c'è un declino cognitivo, ma fluttua nell'arco della giornata, cioè non è una
demenza costante, come nel caso dell'Alzheimer, si può avere di più al mattino, meno la
sera, o viceversa, quindi c'è una fluttazione giornaliera.
2. Gravissimo disturbo della fase REM del sonno, però non specifico, perchè anche nel
Parkinson è presente.
3. Allucinazioni, quindi caratteristiche psichiatriche molto ben strutturate. Se si confonde una
demenza a corpi di Lewy per malattia di Parkinson si potrebbe dare L-DOPA, la quale, come
tutti i farmaci dopaminergici, ha una potenziale azione psicotomimetica, quindi in una
patologia di questo tipo potrebbe aumentare il quadro allucinatorio.
4. Un farmaco che si da abbastanza tranquillamente nella demenza a corpi di Lewy è la
rivastigmina (Exelon), è uno degli inibitori delle colin-esterasi, si può dare anche sotto
forma di cerotto (è uno dei farmaci descritti anche nella demenza di Alzheimer, ma ha anche
una certa popolarità qui).
5. caratteristica è la reazione, molto violenta spesso, nei confronti dei neurolettici (anti-
psicotici): colui che soffre di demenza a corpi di Lewy non risponde bene agli anti-psicotici,
soprattutto ai classici, come l'aloperidolo (e ai D2-bloccanti, in generale) e può sviluppare
Parkinsonismo farmacologico, più spesso che nei normali pazienti psichiatrici (ma questa è
una forma mista di Parkinsonismo, per cui fa già parte della patologia), o può avere reazioni
di tipo distonico, ipertermia, ecc... cioè effetti avversi dei neurolettici.
atrofia multisistemica
altra α-sinucleinopatia, dove uno dei massimi esperti si trova a Innsbruck, e da questa persona è andata
Alessandra Fanciulli, allieva del professor Pontieri, quindi una domanda sull'atrofia multisistemica, agli esami
potrebbe uscire fuori, quindi vi consiglio di andare su New England Journal of Medicine, dove c'è la review di
Alessandra e del professore di Innsbruck.
caratterizzata dall'unione di 3 vecchie patologie neurologiche, che ora non hanno più un'entità
autonoma, ma sono all'interno dell'atrofia multisistemica:
1. degenerazione striato-nigrale (non nigrico-striatale, è il percorso opposto), quindi c'è un
severo Parkinsonismo, comunque ci sono manifestazioni extra-piramidali che possono far
parte di questa patologia.
2. atrofia (o degenerazione) olivo-ponto-cerebellare*, in cui i nuclei olivari inferiori del bulbo
e anche alcune stazioni del ponte sono compromesse. Adesso è inserita all'interno dell'atrofia
multisistemica, e tra le 3 questa rappresenta una variante prevalentemente atassica
dell'atrofia multisistemica, in cui la componente cerebellare diventa prevalente.
*I nuclei olivari inferiori danno origine alle fibre rampicanti o "climbing".
NB. Una sola fibra rampicante innerva una sola cellula del Purkinje.
All'inizio, durante lo sviluppo, quando il cervelletto è in formazione, più fibre rampicanti sono associate a
una singola cellula del Purkinje. Successivamente le fibre rampicanti soprannumerarie sono eliminate, con
un processo di pruning sinaptico, e rimane un'unica fibra, che però da dei potenziali molto forti.
3. Malattia di Shy-drager, caratterizzata dalla disautonomia, cioè alterazione del sistema

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ortosimpatico principalmente. Peculiare è chiaramente l'alterazione della pressione arteriosa.
È un'α-sinucleinopatia, quindi l'α-sinucleina forma degli aggregati nel cervello di questi pazienti,
però gli aggregati, per qualche ignoto motivo, a differenza del Parkinson della demenza a corpi di
Lewy, non si trovano nei neuroni, ma negli oligodendrociti, e prendono il nome, tra gli anatomo-
patologi, dei corpi di Papp-Lantos, tipici dell'atrofia multisistemica. Quindi non sono corpi di
Lewy, nella fattispecie.
Anche se normalmente resistenti, 1/3 dei pazienti è responsivo a L-DOPA.
Possibile domanda di Pontieri: "considerando che l'atrofia multisistemica è una forma di Parkinson PLUS, la L-
DOPA si può dare a questi pazienti o no?" voi dovreste rispondere "classificamente, l'atrofia multisistemica, così
come la paralisi sopra-nucleare progressiva (che è un'altra cosa, una tau-patia, l'atrofia multisistemica invece è un'α-
sinucleinopatia), sono considerate abbastanza resistenti alla L-DOPA, però nella realtà, 1/3 dei pazienti almeno può
dare una certa risposta alla L-DOPA, in questi casi. Inoltre gli aggregati di α-sinucleina si formano negli
oligodendrociti, cioè nelle cellule che formano la mielina, all'interno del SNC, e non a livello neuronale, quindi
non si chiamano corpi di Lewy ma di Papp-Lantos".
sindrome Hallervonden e Spatz* o degenerazione globale con accumulo Fe, di tipo 1
*questi 2 signori non rientrano più nella nosografia medica, perchè erano nazisti, lavoravano sugli ebrei...
facevano sperimentazione umana.
tesaurismosi marziale (un'altra forma di tesaurismosi è la malattia di Wilson, in cui si accumula il Cu, e c'è la
cosiddetta degenerazione epato-lenticolare, con l'anello di kayser-fleischer, nella retina ).
Il Fe si accumula in alcune zone dei gangli della base, nel globo pallido in generale, ad esempio nel
globo pallido interno, e nella pars reticolata della sostanza nera.
Quando questa patologia dovesse essere di origine genetica si chiamerebbe in questo caso "malattia
da difetto della pantotenato-chinasi di tipo 1". È difettosa una chinasi dell'acido pantotenico,
coinvolta nella sintesi del coA, fondamentale affinchè i prodotti della glicolisi anaerobia, ma anche i
prodotti della β-ossidazione degli acidi grassi, possano entrare nel ciclo di Krebs. Quindi il
metabolismo energetico è compromesso e ciò contribuirebbe a determinare un accumulo di Fe, con
questa patologia come risultato.
In realtà la malattia di Hallervonden e Spatz non è caratterizzata da Parkinsonismo, prevalgono la
componente distonica e spastica, e non rigida e bradicinetica, tuttavia viene classificata tra le α-
sinucleinopatie.

Parkinsonismo farmacologico e tossicologico


sono 2 capitoli molto importanti in medicina, non è malattia di Parkinson, ma è chiaramente un
Parkinsonismo.

parkinsonismo farmacologico
I farmaci che possono dare una sindrome caratterizzata da rigidità, bradicinesia e qualche volta
anche tremore, sono:
1. anti-psicotici classici (aloperidolo, tra tutti), soprattutto se ad alta potenza (ossia agenti a dosaggi
bassi; per esempio l'aloperidolo si dà da 2 a 10 mg/die, mentre la clorpromazina si dà da 200 a 300
mg/die), anche se in generale tutti gli anti-psicotici classici possono dare parkinsonismo.
Questi farmaci possono essere dati anche in formulazioni depot, per esempio l'haldol decanoas, dove se si fa
un trattamento con 150 mg i.m. si fa una singola iniezione e a quel punto si ha l'effetto del farmaco, che
dura per un mese circa, perchè il farmaco è rilasciato lentamente.
Nel momento in cui si dovrebbe trattare un paziente con farmaci di questo tipo è quasi
obbligatorio introdurre in terapia anti-colinergici, per impedire il parkinsonismo
farmacologico.
NB. pazienti schizofrenici (dunque trattati con antipsicotici classici) non possono essere
trattati con L-DOPA (razionale: frenare l'effetto avverso degli antipsicotici classici), perchè
peggiorerebbe la schizofrenia, in quanto ad azione psicotomimetica, mentre invece gli
anticolinergici hanno una decorosa azione anti-parkinsoniana, non interferiscono con la

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somministrazione dopaminergica, a differenza della maggior parte degli altri farmaci che si
usano nel Parkinson, quindi possono essere tranquillamente utilizzati nel caso del
Parkinsonismo da farmaci anti-psicotici. Considerato che la maggioranza dei pazienti
schizofrenici ha un range di età che va dai 20 anni ai 30-40 anni, a volte 50, l'azione di
questi farmaci nei confronti della sfera cognitiva è presente ma poco rilevante, perchè anche
se l'anticolinergico può distruggere la memoria e l'apprendimento, il soggetto è giovane e lo
può tollerare.
2. anti-psicotici atipici (prototipo -> clozapina, ma è un farmaco non dà mai effetti Parkinsoniani, anche
se crea tanti altri problemi), si può avere Parkinsonismo farmacologico con:
a) risperidone (Risperdal), perchè questo farmaco, bloccando i D2 per più del 90% nel
SNC, attiva la via indiretta dei gangli della base, dando i sintomi Parkinsoniani.
b) 9-OH-risperidone (paliperidone, o Invega) derivato, metabolita del risperidone;
c) iloperidone, nuovo derivato molto simile al risperidone;
quindi tutti e 3 possono dare Parkinsonismo farmacologico. Quando si usa uno di questi
farmaci per il trattamento delle psicosi maggiori (schizofrenia o disturbi bipolari), il giusto
atteggiamento terapeutico sarebbe, sin dall'inizio del trattamento, combinare un anti-
colinergico. Un altro atteggiamento, soprattutto quando si usa uno di questi 3, è quello di
aspettare, cioè vedere se i soggetti presentano Parkinsonismo farmacologico o rallentamento
motorio, quando ciò dovesse accadere si aggiunge l'anticolinergico in terapia, perchè è
sempre un farmaco che interferisce con il SN autonomo, se un paziente ha glaucoma non lo
può prendere, potrebbe dare alterazioni cardio-vascolari, della motilità intestinale, vescicale
e soprattutto declino cognitivo, quindi se potete evitarlo è meglio.
NB. Se usate un antipsicotico classico dovete andarci diretto, non perdete tempo, se usate
uno di questi 3 una strategia alternativa sarebbe quella di aspettare un po' e vedere se il
paziente sviluppa Parkinsonismo farmacologico e a quel punto somministrare
l'anticolinergico.
3. bloccanti dei recettori D2 utilizzati come euritmizzanti, soprattutto metoclopramide (plasil).
Evitare e/o scongliare a un Parkinsoniano il plasil, che a volte si prende come anti-emetico,
proprio perchè può dare Parkinsonismo farmacologico e a volte anche discinesie tardive.
Infatti la metoclopramide passa la barriera emato-encefalica, quindi può agire a livello
centrale. Se si vuol fare una terapia del vomito, della nausea, a un paziente parkinsoniano, ci
si dovrebbe dare domperidone (Peridon), anti-nausea, anti-emetico e euritmizzante gastrico,
che però non passa la barriera emato-encefalica, quindi ha un'azione esclusivamente
periferica, l'unica cosa che si può avere è un aumento della prolattina, ma questo effetto può
essere anche trascurato.
4. alcuni Ca-antagonisti, in particolare flunarizina (bloccante dei canali L del Ca, derivato
fenil-piperazinico), non ha un grandissimo impiego in terapia, però è molto usato per
l'emicrania o la cefalea a grappolo, trattamento in questo caso profilattico; va somministrato
tutti i giorni, per almeno 6 mesi, per ridurre la frequenza degli attacchi emicranici in quei
pazienti che soffrono di emicrania severa. Quindi, attenzione: quando si somministra la
flunarizina a un paziente emicranico, considerare sempre la possibilità che questo paziente
possa avere un rallentamento motorio, soprattutto se è a rischio, con familiarità del
Parkinson, o se prende altri D2 bloccanti, ecc.
5. α-metil-DOPA, farmaco per il trattamento dell'ipertensione, agisce perchè trasformato in α-
metil-NA, attivando così i recettori α2-adrenergici del SNC, e spegnendo il centro vaso-
motore. α-metil-DOPA ha un'unica indicazione nell'ipertensione, che sarebbe la gravidanza,
perchè è un farmaco molto tollerato, però in questo passaggio, da α-metil-DOPA ad α-metil-
NA, l'α-metil-DOPA è prima trasformata in α-metil-dopamina, falso neurotrasmettitore che
si lega sia ai recettori D1 che D2 e tende a bloccare i recettori D2, quindi ci si può aspettare
un po' di iper-PRL, ma oltre a questo anche del Parkinsonismo farmacologico.
6. Etosuccinide (Zarontin), farmaco anti-epilettico molto noto, usato nel trattamento delle
assenze epilettiche(unico impiego). È un bloccante selettivo dei canali T del Ca (ignoto il

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motivo per cui il blocco dei canali T del Ca sia responsabile del Parkinsonismo
farmacologico: i canali T sono stati trovati nella sostanza nera, ma il loro ruolo non è molto
noto. La flunarizina dà Parkinsonismo ma blocca i canali L, non i T). È comunque un effetto
avverso raro.

parkinsonismo tossicologico
deriva da contaminanti ambientali:
1. cianuro
2. monossido di carbonio, dà un'intossicazione molto severa ed è uno degli strumenti maggiori
di suicidio; se queste persone che tentano il suicidio vengono salvate a volte sviluppano una
forma di Parkinsonismo tossicologico, di natura ambientale, da monossido di carbonio.
3. manganese, interessa minatori, nelle miniere di Mn, che sviluppavano una forma di
Parkinsonismo chiamata locura manganica. Adesso in effetti è molto raro. È un
Parkinsonismo con componente assiale distonica molto importante, quindi è una forma di
Parkinsonismo che si potrebbe racchiudere nel Parkinson PLUS, cioè non si presenta con la
classica triade dei sintomi del Parkinson (per esempio c'è una distonia del piede per cui il
paziente ha il piede a forma del piede del pollo).
4. Inibitori del complesso 1 della catena respiratoria del mitocondrio:
NB. sono 2 gli elementi nella patogenesi del Parkinson, il mitocondrio è uno di questi 2, molte mutazioni
compromettono la mitofagia, cioè la rimozione dei mitocondri che sono malati e hanno mutazioni nel loro DNA.
Il complesso 1 sembra associarsi alla patologia, in modo molto specifico (inoltre alterazioni del complesso 2
sono più legate alla corea di Huntington, del complesso 4 sono più legate all'Alzheimer, quindi ogni complesso
del mitocondrio ha una sua patologia di appartenenza ...). Sicuramente il complesso 1 è importante, al punto che
rilevare una sua alterazione nelle piastrine è considerata un marcatore periferico di malattia. Se si ha il blocco
del complesso 1 nella catena respiratoria si formano radicali liberi e probabilmente, soprattutto se il complesso 1
non riesce a trasferire gli elettroni nel complesso 2, questi sono trasferiti direttamente all'O2, ma in quel caso il
complesso 1 non riesce a trattenere l'anione superossido, lo libera, e la sostanza nera ha la caratteristica di
essere sensibilissima al danno da radicali, ha tanto Fe, non ha catalasi, ha poca superossido-desmutasi, ha poco
glutatione, quindi chiaramente è un locus plus minoris resistentiae.
a) alcuni pesticidi (e.g. Rotenone, Ciperoquat, Paraquat).
Barbeau(uno dei più grandi studiosi della malattia di Parkinson e uno dei primi ad aver usato la L-
DOPA in terapia nel 1962), è uno studioso canadese che ha elaborato un'ipotesi
epidemiologica del Parkinson, basata su una maggior incidenza della malattia nella
popolazione rurale, in particolare credeva che i contadini ammalassero maggiormente di
Parkinson perchè facevano uso di acqua di pozzo, semplicemente perchè l'acqua di
pozzo raccoglieva tutte le sostanze utilizzate in agricoltura, tra cui i pesticidi.
b) Annona muricata -> parkinsonismo caraibico(particolarmente caro al professor Pontieri,
all'esame di neuro potrebbe venire fuori), in quanto riguarda le Antille francesi, che si trovano
appunto nei Caraibi. Si verifica perchè nelle Antille francesi, ma in realtà in tutte le zone
caraibiche tropicali è consumata una particolare pianta, Annona muricata, da cui si fa un
succo, con cui ricavare tè verde o anche altre bevande, che prende il nome di
Guanabana, e all'interno del succo dell'annona ci sono delle acetogenine, tra cui
l'annonacina. L'annonacina è un inibitore del complesso 1 e dà questa forma di
Parkinsonismo caraibico il quale in 1/3 dei casi è molto simile alla paralisi sopranucleare
progressiva, in 1/3 dei casi invece si presenta invece con Parkinsonismo con componenti
assiali e distoniche, e 1/3 dei casi invece è un Parkinsonismo completamente diverso,
non riconducibile a queste 2 forme.
Tanto per darvi un'idea, il Parkinson PLUS, normalmente, è 1% di tutti i casi di Parkinsonismo che noi vediamo
in clinica. Fra i soggetti affetti da paralisi sopra-nucleare progressiva per esempio sono 1% di tutti i malati di
Parkinson. Lì il Parkinsonismo caraibico, con queste caratteristiche (PSP) arriva al 30-50%, forse qualcosina in
più, quindi è molto rappresentato. Non solo, ma soggetti che dalle Antille se ne vanno in Inghilterra, quindi
cambiano ambiente, ma continuano a consumare i prodotti dell'annona, perchè fa parte della loro cultura,
ammalano di Parkinson PLUS, in Inghilterra, con la stessa freq che avevano nelle Antille francesi. Dunque
evidentemente c'è un rapporto di causa-effetto.

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c) MPTP (conosciuto da tutti gli studiosi di Parkinson), 1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina.

Storia
Molecola "scoperta" quando alcuni ragazzi, che avevano un garage con un laboratorio
illecito di chimica, per sintetizzare la cosiddetta "nuova eroina", che partiva da un
oppioide (che si trova in commercio peraltro), la meperidina, ottennero
(inconsapevolmente) come by-product (prodotto collaterale della sintesi) MPTP. Questi
ragazzi si sono presentati al pronto soccorso con una sindrome rigida-acinetica,
inizialmente confusa per schizofrenia catatonica, principalmente per ragioni di età, anche
perchè in quel periodo il Parkinsonismo familiare, con le mutazioni della parkina, non si
conosceva, quindi un Parkinson a un età così precoce non era minimamente pensabile; in
seguito però è stata fatta la diagnosi reale di Parkinson, da MPTP.
Anche alcuni dei ricercatori del MPTP, che inizialmente hanno usato la sostanza con
poche precauzioni, hanno sviluppato Parkinsonismo, questo perchè MPTP attraversa la
cute e può passare in circolo, quindi può essere preso da qualunque via (nella fattispecie i
ragazzi della "nuova eroina" se lo erano iniettato, quindi a maggior ragione).
A neuromed, i colleghi del prof, per fare modelli di Parkinsonismo da MPTP,
ovviamente usano tante precauzioni, lavorano sotto cappa quando iniettano la sostanza,
lo fanno con i guanti, stanno molto attenti.
caratteristiche biochimiche e metabolismo
MPTP è una sostanza dotata di immensa liposolubilità, quindi può attraversare
qualunque tipo di membrana, senza alcun problema. Una volta che viene data (per
qualunque via) penetra nell'organismo, va in circolo, attraversa la barriera emato-
encefalica, e una volta che penetra nel SNC, viene attaccata dalla MAO B, che non si
trova nei terminali dopaminergici, ma si trova nei terminali serotoninergici e nella glia.
Quando la MAO-B attacca, fa un'ossidazione, ossia inserisce altri doppi legami
nell'anello contenente N, quindi la prima cosa che la MAO-B fa, è trasformare MPTP in
un composto dove i doppi legami dell'anello della piridina non sono 1, ma 2, e si chiama
MPDP (metil-fenil-diidro-piridina). Dopodichè, la stessa MAO-B completa la catalisi, e
si forma il prodotto finale, poi responsabile della patologia, dove viene del tutto
aromatizzato l'anello della piridina, e di conseguenza l'azoto diventa carico
positivamente, perchè ha 4 legami, non più 3, e questo composto si chiama MPP+ (ione
metil-fenil-piridinio). Quindi MPP+ è l'ultimo composto che viene fuori, per la catalisi
del MPTP da parte della MAO-B.
MPP+ è principalmente captato e trasportato nel terminale, di base per mezzo del DAT
(trasportatore ad alta affinità della DA), ma lo può fare anche attraverso il NAT, cioè il
trasportatore ad alta affinità della NA. Una volta entrato nel terminale,
indipendentemente dal fatto che questo terminale sia dopaminergico o noradrenergico, si
accumula nei neuroni che hanno neuromelanina, quindi esercita principalmente i suoi
effetti tossici a carico dei neuroni pigmentati del tronco dell'encefalo. Questo significa
pars compacta della sostanza nera, e significa locus coeruleus. Una volta che MPP+ è
dentro, inibisce il complesso 1, ma poi forma anche specie reattive del O2, e questo
determina la degenerazione della pars compacta della sostanza nera del locus coeruleus,
che sono anche 2 dei nuclei che degenerano nella malattia di Parkinson.
Impiego
Indipendentemente da quello che si vede nell'uomo, MPTP è utilizzato anche nei modelli
sperimentali di Parkinson, con molta attenzione tuttavia: c'è una grossa differenza tra

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ratto, topo e uomo, nella pigmentazione della sostanza nera, i roditori hanno la sostanza
nera non pigmentata e il ratto non ce l'ha per niente, quindi se si somministra MPTP al
ratto, non accade nulla, se si dà al topo, avente un po' più di pigmentazione, la sostanza
nera degenera. Dunque MPTP nel topo è usato come modello di degenerazione della
sostanza nera nella malattia di Parkinson.
Si usa anche nelle scimmie, si fanno protocolli di trattamento e poi si studia la
degenerazione per vedere farmaci neuroprotettivi o per studiare discinesie da L-DOPA.
Quindi è una delle sostanze utilizzate più di tutte per i modelli animali della malattia di
Parkinson (chiaramente non è un modello di malattia di Parkinson ma di Parkinsonismo
tossicologico).
5. cica circinalis o micronesica -> Complesso SLA/Parkinson-Demenza, presente nelle isole
di Guam e Rota, del Pacifico Occidentale (vicino all'arcipelago delle Marianne), dove cresce una
palmetta (presente anche qui), la cica circinalis o micronesica. La cica ha al suo interno una
serie di sostanze che possono esercitare tossicità, tra cui la BMAA (β-metil-amino-L-alanina),
agonista dei recettori NMDA e dei recettori metabotropici del glutammano mglu1 e mglu5,
ma non è l'unica sostanza lì presente, ce ne sono diverse altre, per esempio dei glicosidi a
struttura sterolica. La sostanza responsabile di questa patologia ancora non è ben chiara,
fatto sta che prima o durante la seconda guerra mondiale, quando gli arborigeni locali
(Chamorro) non avevano niente da mangiare, facevano le tortillas con la cica, oppure
cucinavano i pipistrelli, di cui l'isola è molto ricca, ma i pipistrelli erano ghiottissimi di cica,
e quindi gli arborigeni, con un meccanismo di bio-amplificazione, sviluppavano questa
forma di patologia molto strana, dove la frequenza della SLA era 1000 volte superiore alle
altre regioni del mondo. Il tipo di demenza è particolare, non c'è deposito amiloide, ma ci
sono però grovigli da accumulo della proteina tau, quindi per certi versi questa si può
configurare come una taupatia, e si potrebbe anche mettere insieme alla degenerazione
lobare fronto-temporale, visto che ci sono SLA, Parkinson e demenza. La patologia è finita
dal momento in cui gli americani hanno invaso l'isola e hanno messo i McDonald's, quindi
gli americani dicono scherzando che questa è l'unica malattia curata dai McDonald's (che
danno tante altre patologie, d'altra parte).

Parkinsonismo post-traumatico
Demenza pugilistica, si associa a Parkinson, anche in questo caso Parkinsonismo, quindi si
potrebbe definire Parkinsonismo post-traumatico.
Infatti tra le altre cose i traumi sono fattori di rischio per il Parkinsonismo. I più classici casi di
demenza pugilistica sono Cassius Clay e Mohammad Ali.

Terapia Parkinson
abbiamo praticamente diverse opzioni, ma la terapia si può distinguere in 2 grandi capitoli:
– terapia "patogenetica" o disease modifying, si basa sull'utilizzo di farmaci che rallentano la
progressione della patologia, e per far questo si deve attaccare la patogenesi. Ovviamente la
cosa ideale sarebbe utilizzare una terapia eziologica, cioè agire sulla causa, soltanto che
questa è tuttora ignota, cioè si sa che è un α-sinucleinopatia nella maggioranza dei casi, però
non si sa perchè si formano gli aggregati, nè da dove partono, se si sapesse forse si potrebbe
fare qualcosa.
– Terapia "sintomatica": nell'attesa che le informazioni aumentino sono disponibili dei
farmaci che in qualche modo si collocano tra il sintomatico e il patogenenetico, ma che sono
sicuramente più sintomatici, rispetto al ruolo patogenetico. Il gold standard del trattamento
della malattia di Parkinson è la L-DOPA. Altri farmaci: anti-colinergici, D2-agonisti
(agonisti recettoriali della dopamina), inibitori delle MAO (in particolare delle MAO-B,

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rasagilina e selegilina), inibitori delle COMPT (tolcapone ed entacapone) e nuovi farmaci,
sperimentali, compreso il potenziale uso delle cellule staminali.
L-DOPA

molecola molto semplice (levo-3,4-diidrossifenilalanina), ha una struttura caratterizzata dal


catecolo, ma di base è un amminoacido.
Il razionale dell'impiego della L-DOPA nel Parkinson è il fatto che la DA non può essere
somministrata a pazienti affetti da Parkinson perchè non attraversa bene la barriera emato-
encefalica. Per questo motivo si dà dunque il precursore, cioè L-DOPA, la quale nei terminali
dopaminergici è attaccata da un enzima, la DOPA-decarbossilasi, ma che in realtà è molto più
corretto chiamare L-aminoacido-decarbossilasi, o LAAD, questo perchè è l'enzima che trasforma L-
DOPA direttamente in dopamina, ossia nell'ammina più importante che si vuole ripristinare
(togliendo un gruppo carbossilico, quindi fa una decarbossilazione), però contemporaneamente
trasforma 5-idrossi-triptofano in serotonina e istidina in istamina. Per questo è più corretto dire
LAAD, perchè è una sorgente anche di serotonina e istamina.
L-DOPA si tratta peraltro di una sostanza naturale; non è un aminoacido che ha un codone, una
tripletta nel DNA, quindi non è incorporato nelle proteine, però è un aminoacido introdotto con la
dieta, in particolare si trova nei fagioli, ma anche in diverse altre specie vegetali, ma la quantità
introdotta con la dieta è veramente piccola.
Nomi importanti: Birkmayer e Horny-kiewics (cui si attribuisce, con la scoperta della dopamina nel
Parkinson), Carlsson (svedese, Nobel per i suoi studi sul Parkinson), Cotzias e Barbeau.
La L-DOPA ha iniziato a prendere forza nel trattamento del Parkinson a partire dal 1960, e pian
piano è entrata come Gold Standard, come farmaco di 1a linea nel trattamento di questa malattia ed
è un farmaco largamente non superato, nel senso che tutti gli altri farmaci prodotti successivamente
non hanno mai eguagliato l'efficacia della L-DOPA nel trattamento della malattia di Parkinson.
A Catania, in modo non conforme alle linee guida, fanno un challenge in acuto di L-DOPA per fare
diagnosi di Parkinson, quindi prendono un parkinsoniano, lo trattano con domperidone per evitare
poi nausea e vomito per 3 giorni, poi danno la L-DOPA, in acuto, 1 somministrazione (o 2,
intervallate da 12h); prima di fare il challenge valutano l'UPDRS (scala unificata della valutazione
dei sintomi del Parkinson, che riassume le vecchie scale di hoehn e yahr, e la webster rating scale),
dopodichè si aspettano diverse ore, si vede se l'UPDRS migliora e si aspetta che il miglioramento
non cessi, se avviene, questo aiuta nella diagnosi di malattia di Parkinson (poi naturalmente potete
fare altre cose, anche la clinica è di aiuto, la PET, si può usare la fluoro-DOPA e vedere se i
terminali sono ridotti, ecc). Tuttavia questo challenge non rientra più nelle linee guida (lo fanno solo
a Catania perchè aiuta la diagnosi), questo per dire come un paziente affetto da Parkinson risponda
sempre alla L-DOPA, a differenza di un paziente affeto da paralisi sopra-nucleare progressiva e
atrofia multisistemica, che risponde solo in 1/3 dei casi.
L-DOPA agisce trasformandosi in DA all'interno del SNC. La cosa che viene da pensare è che gli
effetti della L-DOPA siano molto rapidi, nel senso che L-DOPA arriva nel SNC, entra nei terminali,
viene trasformata in DA, e a quel punto la DA rilasciata in quel momento esercita la sua azione
terapeutica, e poi gli effetti finiscono presto.
Nella realtà Pontieri tiene molto al fatto che L-DOPA genera un beneficio prolungato, cioè oltre a
questa azione rapida, che in effetti è presente, c'è un'azione più prolungata, un'azione a lungo
termine, la quale, soprattutto nelle fasi iniziali del trattamento, diventa importante, per cui se fate un

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trattamento con L-DOPA per qualche giorno, poi sospendete la terapia, gli effetti benefici sui
sintomi si continuano a vedere, alcuni giorni almeno dopo la fine del trattamento, e questa
componente a lungo termine della L-DOPA è responsabile del 60% almeno dell'effetto benefico sui
sintomi del Parkinson, quindi con la L-DOPA si ha una componente a breve termine, rapida, e una
componente lenta, che vi fa la maggior parte della terapia, nei primi anni di trattamento.
Quando però passano 2-3 anni, a volte di più, e a volte di meno, accade che man mano la
componente rapida prende il sopravvento sulla componente lenta, e questo beneficio prolungato
della L-DOPA non c'è più. Quando ciò accade cominciano a nascere 2 complicanze note a tutti, che
si vedono maggior mente nei pazienti giovani trattati con L-DOPA, che sono le fluttuazioni
dell'efficacia terapeutica, dove il paziente alterna fasi on a fasi off (di spegnimento motorio) e poi le
discinesie, cioè i movimenti involontari patologici, che riflettono un'azione più forte della L-DOPA,
cioè un'iperattività dopaminergica.
Honey moon: teoricamente sono 5-6 anni, però dopo 2-3 anni la componente lenta comincia a
scendere e la rapida ad avere il sopravvento. Quindi questo significa che in una prima fase del
trattamento la L-DOPA vi da una copertura nel tempo, nelle fasi successive del trattamento la L-
DOPA comincia ad agire soltanto quando è presente, quindi cambiano alcune caratteristiche
fondamentali, sia della farmacocinetica che della farmacodinamica, nonostante la distribuzione del
farmaco sia sostanzialmente la stessa.
L-DOPA non agisce soltanto come precursore della dopamina, ma agisce anche probabilmente lei
stessa come (neuro)trasmettitore, nel senso che alcuni terminali che si trovano nel SNC captano
L-DOPA e in risposta alla depolarizzazione rilasciano L-DOPA. Questo è inaspettato, naturalmente
non va detto all'esame di neurologia, dove la cosa che dovete dire è che L-DOPA è il precursore
della dopamina e la dopamina viene rilasciata. Si sa che L-DOPA è rilasciata nell'ippocampo, nel
setto, in alcune zone del SNC, ma nessuno è ancora in grado di capire se ha un effetto indipendente
dalla produzione di DA oppure no.
A partire dalla L-DOPA si possono generare dei metaboliti diversi dalla dopamina, tra questi
c'è la 2,4,5-triidrossi-fenilalanina, o TOPA. Questa è una sostanza in grado di interagire con i
recettori al glutammato e di produrre eccito-tossicità. Ovviamente la morte dei neuroni della
sostanza nera riconosce anche un meccanismo eccito-tossico, mediato dall'attivazione dei recettori
NMDA dal glutammato che arriva dal nucleo subtalamico di Luys. L'eccito-tossicità prodotta dalla
TOPA è bloccata dagli antagonisti dei recettori al glutammato, questo è curioso e non c'entra niente
con la dopamina.
Per molti anni si è discusso sul fatto che la L-DOPA potesse essere tossica o protettiva, sicuramente
un suo metabolita, che si forma spontaneamente, non enzimaticamente (viene aggiunto un ossidrile
e rimosso un altro, riarrangiando la molecola), può creare degenerazione neuronale.
Inoltre la L-DOPA nel SNC può unirsi con la cys, e si forma la cisteinil-DOPA, trasformata in
cisteinil-dopamina, che genera specie reattive del O2, oltre a questo forma aggregati di α-sinucleina,
probabilmente per azione delle specie reattive del O2. Quindi è curioso, che da questi elementi il
farmaco gold standard della malattia di Parkinson potrebbe in realtà risultare tossico.
studio ELLDOPA ( Earlier versus Later Levodopa Therapy in Parkinson's Disease ), è uno studio molto
famoso, che Pontieri conosce molto bene. In particolare è un trial clinico, in cui fondamentalmente
ci si è chiesti quando si deve iniziare il trattamento con L-DOPA in un paziente parkinsoniano, dato
che la L-DOPA dà poi fluttuazioni dell'efficacia terapeutica e discinesie.
– Naturalmente qualunque persona di buon senso risponderebbe il più tardi possibile, perchè
così è possibile ritardare questi effetti, e magari cominciare con un farmaco dopamino-
mimetico, per esempio Ropinirolo (Requip) e Pramipexolo (Mirapexin), e passare poi alla
L-DOPA quando l'efficienza di questi farmaci non dà più un buon rendimento dal punto di
vista terapeutico (premesso che questi farmaci comunque danno molti effetti avversi, e uno di questi è
il gambling patologico, per cui quando si usa un D2-agonista si rischia che l'individuo si mette a fare il
poker online e in pochi minuti crei il panico nel nucleo familiare, com'è ovvio pensare ).

65
– Tuttavia c'è una corrente di pensiero che invece sostiene, indipendemente da questo, che
prima si comincia con la L-DOPA, meglio è.
Questa cosa è sempre stata un punto interrogativo nella malattia di Parkinson.
In realtà lo studio ELLDOPA aveva come scopo valutare se il trattamento con L-DOPA fosse
protettivo oppure no. È uno studio di 40 settimane, a 4 bracci, 1 braccio trattato con placebo, 3
bracci trattati con 150, 300 e 600 mg di L-DOPA, più naturalmente l'inibitore periferico delle
decarbossilasi (carbidopa, sinemet). Dopodichè il trattamento è stato interrotto e 2 settimane dopo il
termine del trattamento è stata valutata l'UPDRS, valutata naturalmente anche all'inizio e poi
durante il corso del trattamento. Ovviamente la L-DOPA crea un effetto sintomatico molto forte, ma
ha una cinetica piccola, dopo 2-3 h non c'è più, quindi se fate l'UPDRS a inizio terapia e poi si
ripete alla fine della terapia, 2 settimane dopo il trattamento, quando l'effetto della L-DOPA
teoricamente non può esistere, se voi vedete, nei bracci trattati con L-DOPA, una riduzione del
UPDRS rispetto all'inizio, mentre invece nel braccio trattato con placebo vedete un aumento del
UPDRS perchè il paziente in quelle 42 settimane peggiora, chiaramente significa che la L-DOPA ha
protetto, cioè ha rallentato la progressione della malattia.
In effetti è stato così, cioè l'UPDRS nei bracci trattati con L-DOPA si è ridotto, e la riduzione è stata
maggiore in base al dosaggio della L-DOPA, quindi il risultato è stato che L-DOPA probabilmente è
protettiva, non è soltanto un farmaco sintomatico ma in qualche modo sta anche riducendo la
progressione della malattia, perchè erano passate 2 settimane dall'ultima somministrazione di L-
DOPA, quindi l'effetto sintomatico si pensava non ci fosse più.
Tuttavia nello stesso studio è stato fatto anche il dosaggio del DAT alla PET, utilizzando beta-cit,
una sostanza a struttura tropanica, come la cocaina, che lega il DAT. Dosando il DAT alla PET si
dosa il numero di terminali della dopamina presenti nello striato, nel senso che più DAT c'è,
maggiore sarà il segnale alla PET.
Si è visto che i bracci trattati con L-DOPA, alla 42a settimana avevano tutti una riduzione
significativa del presunto numero di terminali, cioè del DAT, presente nei terminali, quasi a
testimonianza del fatto che la L-DOPA avesse esercitato un effetto nocivo.
Quindi questo studio ha presentato un'ambiguità di risultati, mostrando un miglioramento della
sintomatologia, al UPDRS, 2 settimane dopo l'ultima somministrazione di L-DOPA, ma
contemporaneamente dimostrando una maggiore perdita dei terminali.
Devono essere fatte 2 considerazioni:
1. primo, lo studio non ha tenuto conto del fatto che c'è il cosiddetto beneficio prolungato, cioè
questo effetto a lungo termine della L-DOPA, per cui verosimilmente l'effetto terapeutico
persisteva 2 settimane dopo il termine del trattamento, perchè forse la L-DOPA era stata
immagazzinata nel SNC, ha continuato a produrre dopamina, quindi ha creato questo
miglioramento dei sintomi, che non ha niente a che vedere con una azione disease modifier,
ma semplicemente dipende dal fatto che la L-DOPA continua a funzionare anche giorni
dopo rispetto la fine del trattamento.
2. Secondo, va precisato che beta-cit misura in realtà il numero di trasportatori presenti sui
terminali (e non il numero di terminali): se per un meccanismo di compenso il trasportatore
si è modificato, e per rinforzare la trasmissione dopaminergica, quando si fa un trattamento
con L-DOPA, il numero di molecole di trasportatore sul singolo terminale si è ridotto,
facendo la PET si vedrà una riduzione del segnale di beta-cit, però questo non significa che i
terminali sono morti, ma semplicemente che meno trasportatore è espresso sui terminali...
Quindi alla fine questo lavoro non ha concluso niente, perchè ci sono tanti più interrogativi che
risposte, però è un lavoro che ha una valenza storica, perchè è il primo lavoro che in realtà ha
sollevato questo problema, cioè se la L-DOPA in realtà è tossica o protettiva, quando si deve
somministrare e perchè. Inoltre è un lavoro che ha valutato non solo i sintomi ma anche un
surrogato clinico, che è quello della PET, seppur con il limite precedentemente considerato, ossia
che la PET valuta sempre una molecola, non valuta l'integrità anatomica ( "per capire se ci sono meno
terminali l'unico modo sarebbe ghigliottinare il paziente e andare a vedere cosa c'è nello striato, non ci sono altre
alternative, ma ciò è cruento, e non lo facciamo").

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Inizialmente, quando la L-DOPA era stata introdotta in terapia, si davano dosaggi maggiori di
1g/die, perchè la quantità di L-DOPA che raggiunge il SNC è bassissima, cioè inferiore al 5%;
questo è dovuto alla presenza di LAAD anche a livello periferico. Chiaramente dando dosaggi così
alti la L-DOPA aveva un impatto enorme con tutte le funzioni al di fuori della barriera emato-
encefalica, queste funzioni comprendono:
– regolazione della funzione arteriosa: i D1 nel rene sono farmaci che riducono la pressione
arteriosa; i D1 nei vasi sono farmaci che anch'essi riducono la pressione arteriosa, perchè
creano AMPc; i D2 nei terminali del simpatico, che bloccano il rilascio di noradrenalina,
sono farmaci che anch'essi riducono la pressione arteriosa, quindi uno dei problemi grossi,
iniziali con la L-DOPA era l'ipotensione ortostatica, che ancora si può avere in terapia, sia
con la L-DOPA che con i farmaci dopamino-mimetici, però allora quando si usavano
dosaggi così alti di L-DOPA questa era la regola.
Oltre all'ipotensione ortostatica nausea e vomito, perchè chiaramente la CTZ (Chemioreceptor
Trigger Zone) è al di fuori della barriera emato-encefalica, pur trovandosi nel bulbo non è protetta
da barriera, perchè la funzione del vomito deve percepire qualcosa che viene dall'esterno.
Poi ancora serissimi disturbi gastro-intestinali, perchè i recettori D2 li avete nei terminali
colinergici.
Allora, per cercare di risolvere questi problemi si è pensato di combinare L-DOPA con inibitori
periferici delle LAAD. Questi inibitori sono 2: carbidopa e benserazide.
Uno di questi 2 farmaci è costantemente combinato con la L-DOPA: non esiste possibilità di dare L-
DOPA senza un inibitore periferico delle LAAD.
La combinazione è sempre in un rapporto di 1 : 4 (-> 4 molecole di L-DOPA; questo rapporto va
mantenuto, è la combinazione ottimale, altrimenti si sbilancia il sistema) il che vuol dire, tradotto in
terapia, che si hanno 25 mg di carbidopa o benserazide, per 100 mg di L-DOPA.
Quando si comincia il trattamento è bene titolare, è fondamentale, quindi cominciare un po' sul
basso e titolate perchè altrimenti il paziente comincia a vomitare, perchè la nausea e il vomito sono
comunque un problema.
Le associazioni: sinemet (L-DOPA + carbidopa) o madopar (L-DOPA + benserazide).
Non c'è nessuna differenza tra carbidopa e benserazide, tutte e due sono molto efficienti, però
considerare che per bloccare efficientemente le decarbossilasi periferiche si dovrebbe avere
teoricamente un 75 mg di carbidopa o benserazide, ciò vuol dire che nell'arco della giornata si
possono bloccare le decarbossilasi periferiche solo se si danno 300 mg (75 x 4) di L-DOPA al
giorno. Quindi 75 mg sono il dosaggio necessario per bloccare le LAAD ma nonostante questo non
avete un blocco completo delle LAAD, in periferia, quindi un pochettino le LAAD continuano a
funzionare, e questo crea problemi soprattutto a livello intestinale, dove la dopamina riduce lo
svuotamento gastrico.
Seconda parte
Alcuni problemi che vedremo meglio in seguito e che si riferiscono alla fluttuazione terapeutica
dipendono dal fatto che, col passare del tempo, la LDOPA limita lo svuotamento gastrico e quindi il
suo stesso assorbimento trasformandosi in dopamina (evidentemente una certa quantità di
dopamina qui si forma nonostante la presenza di Carbidopa e Benserazide).
Voglio sottolineare il fatto che la LAAD è un fastidio in periferia, ma è fondamentale nel SNC perché
è l'enzima che trasforma la LDOPA in dopamina nei terminali.
La domanda principale è questa: la trasformazione di LDOPA in dopamina sostanzialmente dove
avviene a livello del SNC?
· Sicuramente nei terminali dopaminergici, dove è presente la LAAD, che peraltro si riduce
nel tempo nella malattia di Parkinson anche perché degenerano i terminali; oggi ci sono
degli studi clinici per tentare di aumentare la quantità di LAAD a livello nervoso centrale ed
aumentare l’efficacia della LDOPA in cui dei vettori virali che hanno l'informazione genetica
per produrre LAAD vengono somministrati al paziente per poi raggiungere il SNC. I dati

67
clinici che sono stati ottenuti con questo tipo di approccio sembrano positivi anche se gli
studi non sono stati ancora completati. Esiste quindi una LAAD periferica che rompe le balle
e una centrale che invece è importante per la produzione di dopamina e, nel momento in
cui dovesse ridursi in corso di Parkinson, può essere fatto un tentativo per somministrarla
geneticamente istruendo un adenovirus o un lentivirus a produrne, questa è una delle
novità che stanno venendo fuori nel trattamento della malattia di Parkinson.
· Terminali noradrenerici
· Terminali serotoninergici
· in alcuni neuroni "d" dello striato
· in pochissimi neuroni TH+ che si trovano nello striato
· negli astrociti
· e nell'endotelio.
Tutte queste cellule all’interno del SNC possono sintetizzare dopamina; un terminale
noradrenergico non ha problemi perché la LDOPA che voi date diventa dopamina e poi
noradrenalina, fa già parte della sua via di biosintesi, l'astrocita invece produce dopamina quando
somministriamo LDOPA, normalmente non ha motivo di farlo perché in condizioni normali la
LDOPA non arriva dall'esterno se non in piccolissime quantità e la dopamina si può formare solo se
presente l’enzima tirosina idrossilasi.
Quando la LDOPA viene somministrata dall'esterno, tutte queste cellule contribuiscono e ognuna
di queste non solo contribuisce, ma rilascia dopamina con un pattern di scarica completamente
diverso; tutto questo porta ad uno scompenso del sistema ed è all'origine delle discinesie e
fluttuazioni.
Inoltre la dopamina che si forma nell’endotelio altera la funzione dell’endotelio stesso e la BEE
diventa più permeabile quindi man mano che la terapia va avanti avete anche maggior
permeabilità di barriera.
Pensate a quante cose fate quando somministrate LDOPA, date un farmaco che potrebbe essere
tossico, che fa produrre dopamina a cellule che normalmente non la producono e che quindi
ovviamente altera la plasticità del sistema (vi dirò quando faremo le discinesie che una forma di
plasticità sinaptica maladattativa è responsabile dei movimenti involontari patologici).

Farmacocinetica della LDOPA


La LDOPA viene somministrata regolarmente per bocca e il primo parametro della farmacocinetica
da valutare è l’assorbimento (c’è anche tutta una letteratura della somministrazione endovena, ma
ci interessa poco).
L’assorbimento avviene nella prima porzione dell’intestino, tra duodeno e digiuno, attraverso il
trasportatore degli aa neutri che trasporta tantissimi aa (valina, isoleucina, leucina, cisteina,
alanina, glicina); la prima cosa da sottolineare è che esiste una competizione tra gli aa della dieta e
la LDOPA che somministrate, è intuitivo che la dieta ipoproteica aumenti l’assorbimento di LDOPA
per una minor competizione.
Altra cosa molto interessante: se prendete LDOPA + inibitore della LAAD lontano dai pasti avete
una cinetica più lineare e le fluttuazioni dell’efficacia terapeutica/discinesie si sviluppano con
minore frequenza.
Quindi il consiglio, per un miglior management del paziente, è quello di dare la terapia lontano e
non in corrispondenza dei pasti.
Vediamo un grafico di AUC per capire come questo sia possibile:

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avete il picco che corrisponde a Cmax, che per voi è indesiderato in realtà, perché il picco è
associato alla possibilità di avere le discinesie da picco. Quando la concentrazione scende, dovete
fare una nuova somministrazione, avrete un nuovo picco e poi riscende. Questo avviene quando
date la LDOPA durante il pasto. Se la date lontano dai pasti avrete invece livelli molto più stabili,
biodisponibilità abbastanza simile, una Cmax più bassa e un assorbimento che continua anche
dopo, perché non viene intralciato dagli aa delle proteine che vengono dalla dieta.

L’altra variabile fondamentale dell’assorbimento è data dalla velocità di svuotamento gastrico.


Il problema, come vi dicevo poco fa, è che i recettori D2 che si trovano sul terminale del vago e
bloccano il rilascio di acetilcolina, riducono lo svuotamento gastrico; la dopamina che si forma
nello stomaco quando voi date la LDOPA, nonostante la presenza degli inibitori della LAAD,
chiaramente attiva i recettori D2 per cui la LDOPA tende a ridurre lo svuotamento gastrico e a
rallentare il proprio assorbimento.
Uno dei possibili rimedi a questo inconveniente è combinare la LDOPA con il Domperidone, un
euritmizzante bloccante i recettori D2, che non attraversa la BEE e che quindi non dà
parkinsonismo farmacologico e potrebbe risolvere il problema legato all’alterazione
dell’assorbimento della farmaco. Cos’è che può alterare l’assorbimento della LDOPA?
1. HP; l’hp è considerato fattore di rischio del Parkinson, ma allo stesso tempo interferisce con
l’assorbimento di LDOPA e ne limita la risposta. Una cosa interessante da fare con un
paziente a cui fate diagnosi di Parkinson, sarebbe eradicare l’hp con terapia antibiotica
prima di iniziare il trattamento con LDOPA perché questo vi mette in condizione di avere un
assorbimento del farmaco più regolare.
2. Bacterial overgrowth; l’alterazione del microbioma fondamentalmente, una cosa sulla quale
si è discusso tanto [“Io vi posso raccontare l’esperienza di mio padre che una volta al mese
va a Ragusa, dove un signore medico che ha la mamma di 90 anni fa di tutto per cercare di
risolvere il parkinsonismo della madre, che peraltro è un parkinsonismo con componente
assiale, distonica, quindi probabilmente un Parkinson plus, però nonostante questa donna
abbia un Parkinson piuttosto complicato è ancora in vita, normalmente se avete una
paralisi sopranucleare progressiva o un’atrofia sistemica in 7/8 anni se ne vanno. L’ultima
cosa che questo matto ha fatto è stato trattarla per due o tre mesi con eritromicina tutti i
giorni partendo dal principio che la Bordetella Pertussis potesse avere un ruolo nella
patogenesi della malattia di Parkinson. Mio padre mi ha chiesto consiglio perché lui non lo
ascoltava, le dava eritromicina e mi chiamava in causa perché Montagnè, che ha preso il
Nobel e ha scoperto l’hiv, sostenitore di questa teoria, è stato ed è ancora consulente
dell’istituto Neuromed. Io rispondo che trattare una signora di quell’età con Parkinson per
mesi e mesi con eritromicina, è da pazzi perché distrugge completamente il GI anche se è

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un macrolide, pensate a come si altera la microflora. Questo è un esempio che ci fa capire
che esiste probabilmente una relazione tra la composizione del microbioma (30mila specie
batteriche e milioni di geni non ridondanti) e le patologie degenerative del SNC. In effetti
non è escluso che gli aggregati di alfa sinucleina possano provenire da lì. In questa sede
però semplicemente ci interessa sapere che un’alterazione del microbioma può provocare
un’alterazione nell’assorbimento della LDOPA”].
3. Metalli; soprattutto il Fe, ma anche Al. Il catecolo ha due gruppi ossidrilici che possono
caricarsi negativamente quindi due molecole di LDOPA possono fare chelazione del Fe ad
esempio, dell’alluminio o del rame; cerchiamo perciò di limitare nell’ambito del possibile la
presenza di metalli.
4. Antiacidi compresi i PPi
5. Pasto iperproteico
6. Pasto ricco in FAT (acidi grassi)

Dopo tutto ciò, la LDOPA viene finalmente assorbita:

Cmax
1. LDOPA circa a 1ug/ml (oscillano tra 0.8 e 1.2 che si considerano le buone concentrazioni
terapeutiche) e per gli
2. inibitori delle LAAD nell’ordine di 0.165-0.170 ng/ml.
(D’altra parte il rapporto è 1:4)

Tmax: 30-60 minuti.

Per quanto riguarda il metabolismo periferico della LDOPA, essendo un aa, questa non viene
metabolizzata dal CYP450, ma da due enzimi che attaccano il catecolo:
1. LAAD (per cui abbiamo inibitori periferici, anche se non tutto l’enzima viene bloccato)
2. COMT, enzima metilante che produce principalmente 3-idrossi-metilDOPA e in minime
quantità 4-idrossi-metilDOPA.
Nella fase iniziale della terapia non abbiamo inibitori della COMT, più tardi lo vedremo
(Stalevo/Toncapone due volte al gg separato dalle somministrazioni di LDOPA).
La trasformazione in 3-idrossi-metildopa diminuisce la concentrazione di LDOPA che raggiunge il
SNC, nonostante questo la quota che arriva è ancora sufficiente soprattutto all’inizio della terapia.
Quando la LDOPA arriva al SNC anche lì viene trasportata da un trasportatore degli aa.
Il SNC non è abituato a ricevere LDOPA perché la quantità che arriva con la dieta è minima e quella
piccola quantità viene metabolizzata in periferia, tuttavia quello che accade è che la 3-idrossi-
metildopa potrebbe competere con il trasportatore degli aa e con la stessa LDOPA,
compromettendone in qualche modo la quota che penetra all’interno del SNC.
Noi vogliamo che tanta LDOPA entri e venga trasformata in dopamina il più possibile, ma con i ritmi
di scarica dei neuroni dopaminergici centrali, cosa che purtroppo non è possibile.

All’inizio del trattamento osserviamo un fenomeno chiamato “beneficio prolungato”, una risposta a
lungo termine nei confronti della LDOPA per cui gli effetti che voi avete sui sintomi li vedete
tranquillamente anche per giorni dopo la sospensione del trattamento, questo è un punto cruciale.
Azione della LDOPA
· long term
· short term (inizialmente contribuisce per meno del 40% all’effetto antiparkinsoniano che
invece dipende maggiormente da quella a lungo termine, è per questo che la LDOPA è in
grado di migliorare i sintomi)

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Il beneficio prolungato, dopo un certo periodo di tempo, si va perdendo, il che vuol dire
automaticamente che prevale l’azione a breve termine e l’emivita della LDOPA è al massimo 2/3
ore. Quando date LDOPA e avete l’azione a breve termine, la dopamina che si va formando,
perdendo il beneficio prolungato, vi dà l’effetto per quelle 2 o 3 ore, ma poi, una volta che non c’è
più, il discorso è chiuso.
Le origini di questa modifica nel tempo non sono conosciute, non si sa perché dopo un paio d’anni
le cose comincino a cambiare, perché all’inizio la LDOPA venga immagazzinata da terminali e poi
non venga più immagazzinata. Tutti questi cambiamenti sono stati visti con la fluoro-dopa, che con
il tempo cominciava ad essere persa con grande velocità.
Potrebbe il beneficio prolungato dipendere da una memoria dell’effetto motorio che persiste per
qualche giorno, che poi è labile e che man mano che passa il tempo non si forma più? Certo,
potrebbe.
Se calcolate la finestra terapeutica della LDOPA e inizialmente la date tre o due volte al giorno
assestandovi su 300 400 mg/die con l’equivalente di carbidopa/benserazide, man mano che passa
il tempo e che passa questo periodo chiamato “honey moon”, la finestra terapeutica va
restringendosi sempre di più e le concentrazioni di LDOPA vanno sopra o sotto la finestra: questo
coincide con il fatto che il beneficio prolungato va sparendo e comincia a prevalere l’effetto a breve
termine che diventa l’effetto fondamentale dell’azione della LDOPA nei confronti della malattia.
A questo punto iniziano le così dette fluttuazioni dell’efficacia terapeutica:
· acinesia al risveglio, l’esempio forse più lampante della perdita del beneficio prolungato.
Quando il parkinsoniano la sera, prima di andare a dormire, fa l’ultima somministrazione di
LDOPA, all’inizio della terapia, essendo presente un beneficio prolungato, ha una copertura
anche la mattina, al risveglio; se il beneficio prolungato viene perso, compare l’acinesia.
· Fenomeno del wearing-off (fenomeno del decremento di fine dose); all’interno di questo
fenomeno può instaurarsi un meccanismo chiamato drug-resistant off /delayed on/ NO ON
à se avete una finestra terapeutica ristretta e date la dose di LDOPA, ad un certo punto
andate sotto la finestra terapeutica; quando andate sotto, vi aspettate la fase off (fase di
rallentamento motorio, che è la cosa più critica, immaginate un parkinsoniano che va a
lavorare, ad un certo punto ha una fase off e non è più in grado di esercitare le sue normali
funzioni). A questo punto potete dare la successiva dose di LDOPA e cercare di risolvere la
fase off, ma ci sono condizioni in cui la successiva somministrazione non vi darà l’effetto che
sperate e in questo caso può verificarsi una fase del movimento ritardata (delayed on)
oppure completamente assente (no on), comunque sia la definirete drug resistant off, cioè
una fase off resistente al trattamento. Questi fenomeni si spiegano abbastanza bene con la
farmacocinetica perché le fasi off sono dovute esclusivamente al fatto che meno LDOPA
raggiunge il SNC e non è disponibile per la sintesi di dopamina. Tutti gli sforzi del
farmaceutico in questi anni sono stati mirati a rendere la cinetica il più lineare possibile,
ovviamente non ci si è riusciti.

Possiamo dire che esiste una correlazione assoluta tra la quantità di LDOPA disponibile e la fase off
tranne in un fenomeno che si chiama freezing o gaiv in cui improvvisamente la marcia si blocca;
questa forma di acinesia acuta probabilmente non dipende dalla alterata disponibilità di LDOPA,
ma riconosce un altro meccanismo.
L’ultimo fenomeno tra questi, cioè tra le fluttuazioni dell’efficacia terapeutica, che sarebbe non
on/off è molto più difficile da spiegare perché le fasi on e off si alternano senza alcun rapporto con
la farmacocinetica della LDOPA; ad esempio potete avere una fase off nel momento in cui c’è il
picco o una fase on nel momento in cui i livelli plasmatici scendono al di sotto della finestra
terapeutica e questo è difficile da spiegare; è un’alterazione del passaggio di barriera? È uno store
sbagliato all’interno del SNC? È un’alterazione del metabolismo? È difficile da spiegare in effetti.

71
Sarebbe logico pensare che questo sia un effetto a lungo termine della LDOPA.
Facciamo un esempio: se Niccolò prende la LDOPA, dopo 4 o 5 anni dovrebbe sviluppare
fluttuazioni degli effetti motori e verosimilmente discinesie. Cos’è che vi dimostra che le cose non
stanno invece in questo modo e che quello che i problemi che insorgono non sono problemi
intrinseci della LDOPA, ma della LDOPA somministrata ai pazienti affetti da malattia di Parkinson?
La risposta è che esiste una sindrome chiamata S. di Segawa (che forse ricorderete da
farmacodinamica) in cui l’alterazione è a carico dell’enzima GTP-cicloidrolasi, coinvolto nella sintesi
di tetraidrobiopterina (BH4), cofattore della Tirosina idrossilasi. Nei soggetti con sindrome di
Segawa non può essere prodotta LDOPA perché non hanno l’enzima funzionante per cui bisogna
che gli venga somministrata e non sviluppano mai fluttuazioni dell’efficacia terapeutica né
discinesie nonostante prendano LDOPA per tutta la vita! Quindi attenzione, la LDOPA dà
fluttuazioni dell’efficacia terapeutica e discinesie esclusivamente nel momento in cui viene data in
un contesto di degenerazione progressiva delle fibre dopaminergiche. C’è una dimostrazione
diretta nell’animale da esperimento che le cose stiano davvero così? Come fareste a dimostrarlo
nell’animale da esperimento? Per esempio utilizzando MPTP nel marmoset della scimmia;
facciamo somministrazioni ad un dosaggio tale per cui potete avere nella scimmia una
degenerazione del sistema nigrico-striatale del 20%-50%-70%-90%. Più alta è la
neurodegenerazione, maggiore è la probabilità statistica che la LDOPA dia fluttuazioni e discinesie,
che quindi si vedono molto nel gruppo del 90%, poco in quello del 20%. Più degenerano le fibre,
più la LDOPA dà gli effetti a lungo termine come ad esempio le discinesie e le fluttuazioni
dell’efficacia terapeutica.

Le fasi off delle quali abbiamo parlato, le abbiamo descritte come fasi motorie (di blocco
motorio/miocinesie), ma c’è anche una fase off non motoria, questo vuol dire che quando c’è una
fase off, oltre al rallentamento motorio, possono anche comparire fenomeni:
· di natura psichiatrica (come depressione, ansia, riduzione delle funzioni cognitive),
· che possono riguardare la sensibilità, come ad esempio ridotta soglia del dolore (+ pain),
· disautonomici, come se ci fosse un’atrofia multisistemica (per esempio flushing o
alterazioni della pressione arteriosa).

La prossima volta vedremo anche come si affronta la fase off, quali farmaci dare e che tipo di
strategia seguire e tra queste ce n’è una assolutamente sorprendente che prende il nome di
“duodopa”in cui si fa un abboccamento intestinale e si somministra LDOPA direttamente
nell’intestino con una pompa regolata che purtroppo costa 3-4 mila euro a ciclo di terapia.

L’altra manifestazione sono le discinesie, movimenti involontari patologici che la prossima volta
descriveremo in maniera dettagliata, ma che vi anticipo consistere in
· tics
· movimenti coreici
· atetosici
· balistici
Le discinesie riflettono un meccanismo di plasticità sinaptica maladattativa nello striato che
dipende soprattutto da un’iperattivazione della via diretta, dove le discinesie rappresentano una
forma di habit memory, cioè di memoria delle abitudini motorie assolutamente irreversibile, che
non può essere più corretta in nessun modo.
Prendiamo in considerazione le fibre corticostriatali, abbiamo una trasmissione sinaptica dello
striato in condizioni normali; se facciamo una stimolazione tetanica (per esempio a 100 Hz), la
trasmissione sinaptica aumenta e avete un LTP, però a questo punto potete dare una stimolazione
a bassa frequenza e per il meccanismo di meta-plasticità potete depotenziare nuovamente la

72
trasmissione. Questo è quanto succede nel nostro striato quando il barattolo del sale viene
spostato in un altro posto in cucina: io devo annullare/depotenziare la prima memoria e sostituirla
con un’altra. La sostituzione della traccia mnesica nei gangli della base non è facile, quando voi
entrate in cucina avete l’istinto di andare a prendere il sale dove era prima, poi con il tempo
sostituite quella memoria con un’altra, ma non è un evento così automatico come sembra.
Se prendete dei ratti e distruggete la maggior parte delle fibre del sistema dopaminergico nigrico-
striatale, poiché non avete più dopamina e l’LTP dipende dall’attivazione dei recettori D1 dello
striato, non ci sarà più induzione di LTP; dopodiché fate un trattamento con LDOPA, se avete
ancora delle fibre intatte la LDOPA viene trasformata in dopamina e a questo punto siete in grado
di riprodurre LTP, fate una stimolazione tetanica di queste fibre e potenziate l’attività sinaptica. A
questo punto i ratti che avete trattato si dividono casualmente in quelli che sviluppano discinesie
da LDOPA e quelli che invece non le sviluppano, un po’ come nell’uomo (dove le discinesie si
vedono nel 40% del pazienti trattati).
In quelli in cui non ci sono discinesie, potete indurre LTP (sempre previa somministrazione di
LDOPA) e potete anche depotenziare, in quelli con le discinesie potete indurre LTP, ma non potete
depotenziare, cioè perdete il meccanismo di meta plasticità: nello striato rimane una traccia
mnesica indelebile che si traduce in movimenti involontari patologici.

Discinesie dal punto di vista clinico:


· discinesie di picco (al Cmax)
· discinesie bifasiche (al momento della salita e della discesa, non al momento del picco, non
si spiegano bene come le prime)
· e ancora peggio, tra le così dette LID (LDOPA induced discinesia), le distonie della fase off
(ipertono muscolare che deforma le articolazioni e fa assumere posture anomale nelle fasi
off, quando il paziente è immobile).
Quindi anche qui, come nelle fluttuazioni dell’efficacia terapeutica, non sempre le manifestazioni
fanno pendant con la LDOPA.
Una situazione del genere si verifica nella sindrome di Gilles de la Tourette, nella Corea di
Huntington, nella sindrome ossessivo compulsiva, in cui l’esecuzione degli eventi motori che non è
più sotto il controllo della corteccia frontale, ma diventa afinalistica, non sono movimenti
involontari, ma sono procedure idiote che siete costretti ad eseguire per cercare di rimuovere le
ossessioni dalla vostra mente. Lo striato mi dà comandi motori che non sono più sotto il controllo
corticale, infatti quella ossessivo compulsiva è una sindrome fronto-striatale.

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Autore: Livia Pescarollo
Materia: farmacologia (Neuro)
Nome del professore: Nicoletti
Data: 7/4/2016


Effetti a Distanza della Levodopa
Abbiamo parlato l’ultima volta della cosiddetta fine della “luna di miele” che può durare diversi anni ma
teoricamente può iniziare anche dopo 2/3 anni, quindi dipende da soggetto a soggetto.
Due condizioni possono quindi manifestarsi in questa fase:
- Fluttuazioni dell’efficacia terapeutica: non sono effetti avversi, semplicemente il controllo del
movimento “fluttua” durante la giornata e nel momento in cui il movimento è appunto
compromesso parleremo di “fase off”. La “fase off” è di fatto un termine molto generico perché di
fatto ci saranno manifestazioni off motorie e non motorie. Sempre la volta scorsa abbiamo quindi
parlato della differenza tra acinesia a risveglio, wearing off o drug resistent off, delayed on o no on,
on/off ( la più insidiosa tra queste manifestazioni di fase off si alternano senza una corrispondenza
con la cinetica della Levodopa. In tutte queste manifestazioni dipendono da una limitata
disponibilità di levodopa nel SNC. Inizialmente infatti prevaleva la cosiddetta “risposta a lungo
termine” LDR (Long Duration Respond), ovvero somministrando la levodopa al pz per un certo
periodo di tempo e anche sospendendo la levodopa avremmo una copertura motoria che si protrae
per diversi giorni. Questo probabilmente giustifica anche i risultati dello studio L-Dopa di cui
abbiamo parlato la volta scorsa e che studia la differenza tra l’UPDRS e la PET col Betacinto .
Contemporaneamente c’è anche un SDR (short duration responce) che dipende dalla Levodopa nel
senso che quando questa non c’è più la risposta a breve termine non si manifesta.
Man mano che passa il tempo e la finestra terapeutica si accorcia, LDR non ha più ruolo, mentre
all’inizio era responsabile del 70% dell’efficacia terapeutica della Levodopa, dopo qualche anno prevale
rigorosamente la SDR, il che significa che la Levodopa eserciterà i propri effetti solo quando
effettivamente è in circolo e quindi tutto dipende dalla sua cinetica. Per questo motivo quando i livelli
plasmatici vanno sotto della finestra terapeutica, poiché anche con una certa approssimazione i livelli
plasmatici riflettono quello che avviene a livello cerebrale, a quel punto si avrà la fase off. Questo è il
significato del “Waring off” o “decremento di fine dose”.
Questa regola generale che la disponibilità di levodopa si correla ai fenomeni di on e off vale sempre
ad eccezione del “Freezing Eight” o “marcia improvvisamente impedita”; ovvero la condizione per cui il
parkinsoniano ha difficoltà ad iniziare la marcia. E’ una particolare condizione che non sembra
correlarsi in maniera significativa con la disponibilità di Levodopa.
Ansia depressione, ridotta soglia al dolore, alterazioni della pressione arteriosa sono tutte altre
manifestazioni della fase off extramotorie; la loro presenza ci suggerisce che il neostriato non controlla
solo il movimento ma tante altre cose…

Come ovviare al “decremento di fine dose”
Per far si che le concentrazioni sono scendano mai al di sotto della finestra terapeutica.
Frazionare la dose: mantenere lo stesso dosaggio giornaliero frazionandolo in più somministrazioni (5 o
6 volte die). Questo ha il vantaggio che i picchi plasmatici non superano mai il limite alto della finestra
terapeutica evitando così le discinesie, e nello stesso tempo, appena le concentrazioni plasmatiche
scendono si interviene automaticamente con un’altra dose. In effetti può bastare questo per migliorare
il quadro.
In caso invece di “Drug resistent off” ( una fase off resistente alla somministrazione di una nuova
dose)o “Delayed On” (fase On ritardata) o “No on” (mancata risposta alla somministrazione successiva),
o il sistema nigrico striatale non è più funzionante o c’è un problema di assorbimento della levodopa.
Bisogna tener conto del fatto che cinetica e assorbimento della levodopa sono sesso dipendenti
(effetto Gender), le donne in generale assorbono meglio.

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Inoltre l’assorbimento dipende da un trasportatore degli aa. che è localizzato nel duodeno e trasporta
moltissimi aa. neutri. La dieta ipoproteica può quindi ridurre la quota di aa. che competono con la
Levodopa per l’assorbimento a livello duodenale. Inoltre gli stessi trasportatori sono presenti anche
sulla BEE e quindi la medesima competizione può verificarsi anche a livello centrale, quindi la dieta
ipoproteica offre un doppio vantaggio.
Si deve cercare di favorire inoltre lo svuotamento gastrico. Ricordate che la dopamina rallenta lo
svuotamento gastrico, infatti i farmaci euritmizzanti gastrici sono antidopaminergici (PLASIL o
DOPERIDONE). Nonostante nella Levodopa ci sono Carbidopa e Benserazide, inibitori delle
dopadecarbossilasi, comunque un po’ di dopamina si forma nello stomaco e questa rallenta lo
svuotamento gastrico. Si deve ovviare a ciò somministrando DOMPERIDONE, NON PLASIL (perché la
metoclopramide attraversa la BEE e peggiore i sintomi del parkinson!).
H.Pilory interferisce negativamente sull’assorbimento della Levodopa, quindi se siete medici fini, anche
prima di iniziare il trattamento con levodopa, in un pz sintomatico per disturbi gastrici fate fare un cU-
Breath Test o una EGDS e fate una terapia eradicante per migliorare la cinetica della Levodopa.
Bacterial Overgrought del piccolo intestino può interferire anche qui sull’assorbimento; anche qui un
trattamento con antibiotici per ristabilire un orretto equilibrio del microbioma può aiutare. Secondo
alcuni il parkinson deriva dal microbioma e quindi l’intervento su questo è cruciale, in effetti gli
aggregati di alfasi nucleina possono formarsi li ma le teorie non hanno ancora trovato grande consenso
nella comunità scientifica (neanche nicoletti ci crede troppo).
Occorre distanziare la Levodopa dai pasti ed evitare Fe2+, alluminio, Mg2+ nei comuni antiacidi perché
possono complessarsi al farmaco. Anche gli IPP alterando il pH possono compromettere l’assorbimento
della levodopa.

Come aumentare la disponibilità di Levodopa e controllare e
fluttuazione dell’efficacia terapeutica
Una delle possibilità è quella di dare delle somministrazioni a lento rilascio come il SINEMET o
MADOPAR CR( rilascio controssato) o HBS per cercare di assicurare una cinetica quanto più lineare
possibile. Purtroppo i dati clinici non hanno mai ottenuto nulla.
Ci sono studi di fare II e III con nuove formulazioni a lento rilascio di cui alcune combinate, cioè a lento
rilascio e rilascio rapido, per vedere se ci sono miglioramenti clinici.
Il SINEMET CR è di fatto utile solo per evitare l’acinesia al risveglio, perché se si prende la Levodopa
prima di andare a letto e si ha un beneficio prolungato non c’è problema; ma se la LDR non c’è più la
situazione cambia radicalmente e il parkinsoniano si sveglia e è acinetico. Dare questo tipo di farmaco
può dare una certa copertura durante la notte e al risveglio.
Si può anche agire con una formulazione di Levodopa che viene assorbita a velocità “supersonica” per
cui se si ha il fenomeno del Wering Off prendendo questa formulazione solubile effervescente
(LEVODOPA METILESTERE o MeLevodopa o Syrio). Non ha avuto un gran successo terapeutico però,
quando volete far assorbire a grande velocità la levodopa può essere utile.
DuoDopa (levodopa duodenale): Formulazione di levodopa che arriva direttamente in duodeno.
Inizialmente per un paio di giorni si inietta levodopa attraverso un sondino nasogastrico e si valuta il
livello di assorbimento. Se questo risulta efficace si fa un intervento chirurgico percutaneo che
permette un rilascio diretto attraverso una stomia direttamente in duodeno. Il vantaggio è che il
dosaggio può essere controllato perché la pompa di infusione è controllabile e la velocità di
assorbimento diventa indipendente dallo svuotamento gastrico, la competizione con gli aa. c’è lo stesso
però. Questa è formulata a 20mg/ml/h con possibilità di cambiare la velocità di infusione. Il problema è
che si tratta di una metodica invasiva e costosa (3000-4000euro/mese).
Evitare il metabolismo periferico della Levdpoa con inibitori delle decarbossilasi per far arrivare più
Levodopa al SNC ma servono almeno 75mg per bloccare tutte le decarbossilasi e poi una quota
significativa della levodopa viene mutilata dalle COMPT in 3ossimetildopa, sottraendola al SNC.
Questo ha fatto suscitare l’interesse per gli inibitori delle compt:
- TOLCAPONE (TASMAR n. commerciale) 100mg 2volte die talvolta 3. ha una lunga cinetica quindi
non necessariamente deve essere smministrato in concomitanza con la Levodopa. Il problema è

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l’epatotossicità, per cui nelle fasi iniziali le transaminasi deve non essere controllate ogni mese per i
primi 6 mesi e poi a intervalli più lunghi. Inibisce le compt in periferia e nel SNC (inibitore duale)
questo impedisce la trasformazione a livello centrale di Dopa in acido novanillico nei neuroni ma
impedisce anche il catabolismo della adrenalina e NA alla formazione dell’acido
3metossi4idrossifenilglicolico (metabolica finale delle catecolamine). Quindi ha un impatto
importante a livello centrale!
- ENTACAPONE (CONTAN se da solo ) o (STALEVO in combinazione con carbidopa e benserazide)
Inibitore esclusivamente periferico, non è epatotossico però ha una emività breve, per questo deve
essere sempre combinato a levodopa e carbidopa o levodopa e benserazide.

Utilizzando questi due farmaci ci aspettiamo un miglioramento delle fasi off ma allo stesso tempo c’è
un aumento delle discinesie, perché è più facile che i livelli salgano oltre il limite alto della finestra
terapeutica. Quindi dobbiamo fare una valutazione del rapporto rischio/beneficio.

Inibitori delle MAO b possono servire a migliorare la quantità di dopamina che si forma.

Trattamento dei sintomi NON motori delle fasi off
4 strategie accreditate:
Pramipexolo per la depressione, stranamente perché si tratta di agonista D2 quindi sarebbe un
antiparkinsoniani
Excelon (rivastigmina) per la demenza
Clozapina per la psicosi, unico che realmente non parkinsonizza
Tossina botulinica per la scialorrea
Poi ci sono tutta un’altra serie di molecole che considereremo in un altro momento.

LID o dicinesie indotte da levodopa
Aims: “anormal involontry movements scale” ovvero scala dei movimenti involontari patologici. Le LID

sono movimenti involontari che riflettono una disorganizzazione del circuito del movimento, in gergo si

dice che rifettono un iper dopaminergismo (anche se non propriamente corretta). Spesso sono tics,

movimenti coreici (danza di corea di Saidenamda streptococco beta emolitico o ballo di san vito),

movimenti ballistici o atetosici cioè lenti, oppure posture distoniche dovute ad un ipertono muscolare

che crea un disturbo posturale. Questo genere di disturbi si manifestano chiaramente al Cmax, al picco

di assorbimento, e infatti vengono anche dette “discinesie di picco”. Queste sono la cosa più ovvia e

facile da trattare, perché per ridurle basta ridurre il picco, per esempio il dosaggio di Levodopa. Questo

ci è permesso dalla stimolazione profonda del nucleo subtalamico di lewis o DBS( Deep Brain

Stimulation) che ha effetti motori così spiccati che permette la riduzione del dosaggio di levodopa.

A volte però le discinesie sono bifasiche, ovvero non si verificano al Cmax ma piuttosto durante la fase

ascendente e discendente dei livelli di Levodopa comunque a livello della finestra terapeutica. Questo

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succede perché evidentemente c’è una dissociazione tra l’azione della dopamina nello striato e le

concentrazioni plasmatiche, cioè invece di andare di pari passo sono sfasate. Le ipotesi sono diverse:

1)fenomeno del priling ( 33:49); sia nell’animale da esperimento che nell’uomo, una volta che la

levodopa induce discinesie, se blocchiamo il trattamento da levodopa improvvisamente le discinesie

chiaramente scompaiono (Io vi scoraggio a fare questo, senza titolazione a ribasso i pz parkinsoniani

rischiano ipertermia maligna e rigidità parkinsoniana). Se la terapia dopo viene ripresa le discinesie

tornano. Il motivo è che si è formata una “memoria PATOLOGICA” che non si eradica facilmente. Le

condizioni che favoriscono l’instaurarsi d questo tipo di memoria sono: il dosaggio di levodopa usato

(più alto è più facilmente si instaura) e anche l’età di inizio trattamento (più precoce è e più

precocemente si instaurano, viceversa più anziano è il pz, più è difficile che si abbiano discinesie e

fluttuazioni dell’efficacia terapeutica). I modelli animali ci confermano con assoluta certezza che le

discinesie vengono fuori, non perché la levodopa le provochi indipendentemente, ma perché la

levodopa le provoca in un contesto di degenerazione delle fibre.

Nell’animale da laboratorio si induce il parkinsonismo farmacologico con EMPTP (tossina di cui abbiamo

spesso parlato), seconda del dosaggio si induce un danno sulle fibre del 30% o 70% o più….poi si

trattano le scimmie con levodopa e quello che si vede è che le disinesie sono molto più frequenti nelle

scimmie con danni elevati. Più le fibre degenerano, maggore è la probabilità statistica che il

trattamento possa indurre le discinesie.

Nella S. di Segawa non c’è attività della tirosin idrossilasi, in cui i pz non possono formare levodopa, la

prendono per tutta la vita e non sviluppano mai discinesie perché le fibre restano intatte.

La memoria delle discinesie che si va a strutturare è una forma di plasticità sinaptica maladattativa.

Nello striato è possibile indurre Long Term Potentiation (come si fa nell’ipotalamo) e che dipende

dall’attivazione dei recettori D1. In assenza di dopamina non si può indurre LTP e se si bloccano i

recettori D1 la LTP non viene indotta. Una volta indotta l’LTP questa può essere facilmente

depotenziata, in un soggetto normale, facendo una stimolazione delle fibre corticostriatali a bassa

frequenza e la LTP scompare. Presi degli animali e distrutte delle fibre del sistema corticostratale, se si

induce la LTP questa viene indotta comunque ma se li si trattano con levodopa questi animali finiscono

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per dividersi in due gruppi: Quelli che hanno discinesie e quelli che non ce li hanno. Questo dipende da

vari fattori tra ci l’epigenetica ma comunque la LTP è indotta. Su questi animali indurre il

depotenziamento risulta efficace in quelli che non hanno le discinesie ma non in quelli con le discinesie.

Lo striato in effetti è importante per la Habit memory, la memoria delle abitudini motorie, che non

possono essere flessibili come una memoria cognitiva o semantica…perché si rischia di morire. In chi ha

sviluppato le discinesie, quella memoria rimane li , le sinapsi vengono rinforzate e il movimento viene

amplificato e non si possono più eradicare. Questo è il mecanismo del priling dove le discinesie da

levodopa riflettono un meccanismo di plasticità sinaptica maladattativa in cui il potenziamento a lungo

termine della trasmissione sinaptico eccitatoria delle fibre cortico striatali non viene più depotenziato

e in risposta alla levodopa questo speiega le discinesie. I recettori D1 si trovano nella via diretta che è

più impotante per le discinesie. Quando si attivano i recettori D1 contemporaneamente si attivano i

recettori al glutamato NMDA e Mglu5 perché innervati dalle fibre corticostriatali mentre i D1 ricevono

la dopamina dal sistema nigrico striatale e quindi si ha una confluenza di stimoli. D1 è accoppiato a Gs

che attiva AMPc che attiva PKa e che a sua volta fosforila la proteina DARPP 32. Questa DARPP è una

fosfoproteina che viene regolata sia dalla dopamina che da ampc. Fosforilata da PKa su una treonina in

posizone 34, può svolgere due azioni:1) inibire la proteinfosfatasi che normalmente defosforila i

substrati fosforilati dalla PKa (meccanismo di amplificazione); 2)attiva ras e quindi la via dalla map

chinasi che arriva al nucleo e induce l’espressione genica di delta-fosB (indicatore del fatto che sta

nascendo una plasticità mal adattativa sulla via diretta). Questo mantiene la memoria delle discinesie.

L’altra possibilità è che ci sia una manifestazione distonica (contrazioni di muscoli che alterano la

postura), come un torcicollo, una torsione assiale, si chiamano “distonie della fase off” in

ipodopaminergismo. Questo a dimostrare che le LID non riflettono tutte un iperdopaminergismo.

Come intervenire praticamente la LTP. I recettori nmda e Mglu5 sono importanti per questo
meccanismo. I recettori NMDA sono importanti per tutte le forme di LTP e inoltre i recettori Mglu5
“camminano insieme all’LTP”. Quindi noi potremmo o bloccare i recettori D1 o bloccare gli NMDA o gli
Mglu5 o impedire che si attivi la mapkinasi.
Bloccare con antagonisti selettivi i recettori D1 è possibile in teoria, ad esempio ci sono inibitori selettivi
come sch2390, ma non hanno impiego clinico perché semplicemente bloccare i D1 significa togliere
una componente importante su cui agisce la dopamina, e questo non si può fare. Quindi di devono
ridurre le LID conservando però il beneficio motorio della levodopa, altrimenti non ha più senso il
trattamento. Il recettore NMDA si blocca invece con l’unico farmaco approvato ufficialmente per il

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trattamento delle LID cioè la mantadina (MANTADAN). Questa è come la memantina, che infatti era
prima usata nella terapia del parkinson. mantadina e memantina sono due bloccanti rapidi del rec.
NMDA. La memantina si da a 300mg/die con buoni risultati. Tutti i farmaci che bloccano i recettori
NMDA sono potenzialmente psicotomimetici (come la PCP, la chetamina), infatti i recettori NMDA è
fondamentale per l’attivazione dei recettori a candelabro, quindi non possono essere bloccati
impunemente. La mantadina si chiama anche L-adamantanamina ed è chiamata così per la sua
struttura a diamante ed è un farmaco sviluppato come antinfluenzale inizialmente.
La seconda possibilità è quella di utilizzare la clozapina, che blocca tutti i recettori dopaminergici
(D1,D2,D3,D4,D5..) è il farmaco più”sporco” che esista ma anche uno dei più efficaci che esistano.
Blocca però i recettori solo al 45%-50%, non tutti. È l’unico antipsicotico che mai induce parkinsonismo
farmacologico e quindi è l’unico farmaco che possiamo utilizzare nel parkinson con psicosi o per il
trattamento delle discinesie da Levodopa appunto. L’effetto avverso più importante della clozapina è
però la granulocitopenia.

Nonostante la consapevolezza che gli ultimi due studi siano stati impostati in modo errato il
programma di studio di efficacia del mavoglurant da parte della novartis perché questa ha bloccato
tutto il programma di studio sulle malattie del SNC ad eccezione della Sclerosi multipla dove hanno
prodotto il fingolimod, poi il fatumumab.
Il dipraglurant è ancora attualmente in fase di sviluppo clinico. I dati sembrano molto promettenti.
Per le discinesie da levodopa si può anche cercare di bloccare Ras con le statine. La lovastatina infatti
nell’animale ha dimostrato efficacia nel trattamento delle discinesie da levodopa.
Gli altri tipi di trattamento per le discinesie da Levodopa partono da un principio;
La memoria patologica che viene fuori però dopo un certo periodo di tempo, non subito perché man
mano che il tempo passa e le fibre nitrico striatali degenerano, la Levodopa è trasformata in dopamina
da altre cellule che normalmente non hanno un ruolo importante, ma che in questo caso diventano
importanti perché se i terminali dopaminergici muoiono, chiaramente la levodopa verrà captata da
altre cellule che sono:
1) cellule endoteliali che convertono la levodopa in dopamina rendendosi responsabile di alcune
condizioni infiammatorie dell’endotelio che si osservano nel parkinson;
2) poi negli astrociti che hanno la LAD;
3) poi nelle cellule T striatali, interneuroni non ben identificati;
4) in alcune cellule tirosin idrossilasi positive sempre dello striato che è come se fossero
dopaminergiche, sono in numero molto piccolo e possono ancora sintetizzare dopamina.
5) Nei terminali Noradrenergici che rimangono intatti;
6) nei terminali serotoninergici. Questi ultimi in particolare sono istruiti a sintetizzare serotonina
perché non ha la tirosin idrossilasi. Questo terminale non è abituato a vedere Levodopa, infatti la
quantità che si ingerisce con la dieta è minima e viene tutta decarbossilata in periferia senza
arrivare al SNC. Se entra invece levodopa nei terminali serotoninergici trova la LAD che trasforma il
5idrossitriptofano in serotonina. A quel punto il terminale serotoninergico comincia a produrre
dopamina e ne produce sempre di più, tanto maggiore sarà la quota di levodopa che entra nel
terminale. La dopamina che si forma va nelle vescicole dove c’è il VMAT, ovvero il trasportatore
vescicolare delle monoamine, e non discrimina tra serotonina e dopamina. Questo fa si che il
terminale serotoninergico, man mano che passa il tempo diventa un terminale dopaminergico. La
differenza importante però è che questo terminale inizierà a rilasciare dopamina con lo stesso
pattern di scarica con cui aveva rilasciato serotonina! Il che è completamente diverso dal pattern di
scarica dei terminali dopaminergici del sistema nitrico striatale. Il risultato sarà che la frequenza di
scarica, le oscillazioni di network del sistema striato saranno completamente confuse perché gli
arriva un falso neurotrasmettitore che normalmente li non dovrebbe esserci.
Quindi finchè si hanno terminali dopamnergici funzionanti questi captano tutta la levodopa, ma quando
questi degenerano allora la dopamina inizierà a formarsi in sedi dove normalmente non si dovrebbe
formare. Tutto questo ci da qualche piccolo spunto di terapia.

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Si può bloccare l’azione dei neuroni serotoninergici attivando recettori che si trovano espressi da
questi, come i recettori 5HT1A usando buspirone, zepirone e ixapirone (agonisti parziali di 5HT1A,
ansiolitici non benzodiazepinici).
Nel frattempo la serotonina attiva anche i neuroni della via diretta attraverso il recettore 5HT2A.
questo può essere bloccato attraverso la pivamanserina (derivato della chetanserina). Tutte queste
opzioni nell’animale funzionano nel trattamento delle discinesie da levodopa, nell’uomo invece è un
po’ più complesso.
Si stanno cercando di sviluppare anche antagonisti dei recettori alfa2 tipo C. gli alfa 2 sono famosi per il
controllo della pressione arteriosa ad esempio e si dividono in 2a , 2b e 2c. i 2c si trovano nel SNC e non
sappiamo bene cosa promuovano ma nell’animale gli antagonisti dei 2c funzionano. Uno si chiama
IDAZOXANO che è stato inizialmente sviluppato poi è stato bloccato, ma nel complesso in generale
questa è un’altra via percorribile. Infine si possono usare antagonisti dei recettori AMPA, come
TELAMPANEL E PARAMPANEL, perché alla fin fine la sinapsi eccitatoria deve avere il recettore ampa e
bloccandolo riduciamo l’eccitazione della via diretta.
Quindi ci sono tutta una serie di strategie terapeutiche nei confronti delle discinesie che possono
essere percorse.

Terapie alternative alla Levodopa
Farmaci anticolinergici.
1) BIPERIDENE (AKINETON) farmaco antimuscarinico molto famoso che si somministra a 2mg/die
diviso in due o tre dosi e ha una certa potenza.
2) ORFENADRINA (DISIPAL) 50mg e si arriva a somministrarlo fino a 5 volte die. Meno potente, ha una
componente antistaminica. Meno frequentemente prescritto.
Questi farmaci devono essere utilizzati nei parkinsoniani giovani, perché bloccando i recettori
muscarinici l’impatto su memoria e apprendimento è impotante e non può somministrarsi nei pz
anziani. Ricordate che c’è comorbidità tra parkinson e demenza, nelle fasi terminali del parkinson la
gran parte dei pz sviluppa demenza. Poi l’ideale è l’utilizzo in pz giovani con prevalente tremore
unilaterale, perché il tremore risponde abbastanza bene agli anticolinergici. Sono farmaci di prima linea
nel parkinsonismo farmacologico da antipsicotici, in cui non si può dare la levodopa perché
peggiorerebbe il quadro della psicosi.
L’aloperidolo o altri antipsicotici classici richiedono obbligatoriamente l’associazione con anticolinergici.
Se si usano gli antipsicotici non classici come il risperidone, 9idrossirisperidone o paliperidone e
iloperidone bloccano tutti i recettori D2 della dopamina per più del 90%, però sono atipici perché
bloccano anche i 5HT2A. in questo caso possiamo o instaurare il trattamento anti discinesie dall’inizio
(profilassi del parkinsonismo farmacologico) o in alternativa si danno gli anticolinergici in conseguenza
della comparsa dei primi segni di parkinsonismo farmacologico. È importante fare profilassi ma bisogna
anche tener presente l’impatto dell’anticolinergico su diversi sistemi.
Non si possono mai somministrare ne disipal ne akineton in pz che soffrono di glaucoma, perchè
l’anticolinergico fa precipitare la cecità inducendo la midriasi con blocco del deflusso dell’umor acqueo
da parte del sistema trasecolare. Allo stesso modo il cardiopatico grave e il demente non può essere
trattato con anticolinergico. Soggetti con problemi di difficoltoso transito intestinale o svuotamento
vescicale difficoltoso non sono indicati gli anticolinergici. L’iperreattività vescicole del parkinsoniano
può essere viceversa migliorata dall’anticolinergico.

Farmaci inibitori della MAOb
Nel parkinson sono si possono utilizzare gli inibitori aspecifici delle monoamine ossidasi che invece si
usano nella depressione maggiore. La dopamina è metabolizzata dalle maob e questa è una delle
ragioni per cui si usano questi farmaci, ma anche perché la mao b nella catalisi produce ROS specie
anione superossido e quindi quando sono stati sviluppati gli inibitori delle MAOb si è pensato anche ad
un effetto “desease modifying” nei confronti della progressione della malattia.
IUMEX (o SELEGIDINA o DEPRENIL) 10mg 2die. Ha un metabolismo dipeso da moltissimi cyp 2c19 2d6,
3c4 e arriva a produrre molte sostanze tra cui anfetamina e metanfetamina. Questi metabolici possono

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essere utili per migliorare il tono dell’umore nei parkinsoniani, però occorre ricordare che sono
sostanze tossiche per lo striato, quindi alla lunga contribuiscono a quella che è già una degenerazione
spontanea. Il datatop è uno studio sul deprenil che ha dato una indicazione molto importante e cioè
che il farmaco riduce il bisogno di levodopa, permettendo al paziente di prenderne meno e questo
ovviamente significa anche avere meno discinesie.
Considerate che se avete delle fasi off da levodopa i maob possono migliorarle perché la dopamina non
viene metabolizzata nel SNC.
RASAGILINA (AZILECT) è un inibitore selettivo di maob, più potente e che si può dare a 0,5/1 /2 mg/die.
Ha una lunga emivita e necessita di una signola somministrazione e non produce metabolici
anfetaminici. La dose scegliere è stata studiata con studi clinici molto suggestivi chiamati studi “presto”,
“largo”, “tempo” e “adagio”. Lo studio adagio pubblicato sul NEJM è molto popolare in cui si è pensatio
di studiare se, visto che la rasagilina, così come il deprenil, inibiscono la produzione di ros da parte delle
MAOb è possibile che esercitino un effetti desease modifying (rallentamento nella progressione della
malattia). Per capirlo lo studio adagio è stato fatto con la strategia del wash in. Ovvero partono due
bracci: uno trattato con rasagilina 1-2mg/die per 6 mesi. L’altro braccio parte con placebo. Arrivati a 6
mesi quelli che prendevano rasagilina continuano a prenderla e quelli che prendevano placebo invece
switchano sulla rasagilina. Misurando UPDRS alla fine. Più alto è il punteggio e peggio sta il pz. c’erano
diversi end point tra cui il fatto che il trattamento della rasagilina abbia effettivamente migliorato
l’UPDRS; valutando a metà strada se quelli trattati con rasagilina stavano meglio. quello che è emerso
da questo studio è che confrontando l’updrs iniziale e finale, in quelli trattati con rasagilina fin da
subito lo scarto di efficacia sull’updrs era maggiore rispetto a quelli che iniziavano con placebo.
L’interpretazionedi questo studio è stata quindi che la rasagilina oltre ad essere efficace sui sintomi si è
dimostrata anche protettiva verso la progressione della malattia.
L’effetto protettivo presunto si vede però solo con un mg e non con due mg! Inoltre il miglioramento è
comunque di 1 punto, talvolta 0.9! quindi pontieri ha criticato molto questo studio.

Farmaci Dopaminomimetici
Molti preferiscono iniziare la terapia con questa categoria di farmaci partendo dal principio che non
danno fluttuazioni dell’efficacia terapeutica né discinesie. Questo è falso! Perché in realtà non danno
queste manifestazioni in un arco di tempo di 4-5 anni, ma se si aspettasse oltre i 10 anni questi farmaci
darebbero fluttuazioni e discinesie.
Questi farmaci agiscono esclusivamente sui recettori della dopamina, mentre la levodopa entra
dappertutto e crea dopamina anche dove non dovrebbe esserci.
L’efficacia della levodopa continua ad essere insuperata anche se questi farmaci hanno una certa
efficacia. Attenzione però al fatto che questi farmaci hanno un impatto molto violento sulla sfera degli
impulsi, che anche la levodopa può alterare in una certa misura. Quindi il rischio, cominciando con
dopaminomimentici, è che sopraggiunga il gambling patologico. Questo è un problema medico legale
se non si avverte pazienti e famigliari del rischio legato a questi farmaci.
ERGOT:
il problema degli ergot in generale è il fatto della fibrosi perché attivano i recettori 5HT2B stimolando i
fibroblasti a sintetizzare GAGs .danno fibrosi retroperitoneale, pericardica, polmonare ma anche quella
valvolare della tricuspide più frequentemente.

1) BROMOCRIPTINA (PAGODEL): potente con biodisponibilità bassa per cui deve essere somministrato
a dosi elevate per raggiungere la quota plasmatica sufficiente ad avere effetto. Il trattamento si
comincia normalmente con 0.125mg la sera e poi si titola lentamente fino a 10-20mg/die da
distribuire in tre somministrazioni giornaliere. Metabolizzato da cyp3a4. la bromocriptina ha una
ridotta capacità di attivazione dei 5HT2B e quindi la fibrosi valvolare è ridotta.

2) CABERGOLINA (CARBASEL): causa fibrosi valvolare e rigurgito tricuspidale tant’è che viene preferita
in genere una terapia con non ergot ma pontieri considera la cabergolina ancora il più efficace tra i
dopaminomimetici. 2mg/die , a cui si arriva attraverso titolazione. Questo è completamente
diverso rispetto al trattamento per gli adenomi prolattinosecernenti in cui si somministra da 0.5 a

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2mg a settimana. A questi dosaggi la fibrosi valvolare non è frequente. Anche se non viene
metabolizzata dai cyp e non interferisce con essi comunque il rischio di fibrosi valvolare esiste ad
alti dosaggi.

3) LISURIDE (DOPERGIN?) la scheda tecnica su internet è presente ma farmastar lo definisce revocato.
Una volta veniva data in infusione continua. Ora ci sono compresse a 0.1mg la sera per arrivare a
0.2 mg per tre al giorno attraverso una titolazione prolungata. Metabolizzata dal cyp3a4 ed è
substrato di cyp2d6

4) PERGOLIDE (NOPAR): si inizia con 0.05mg per poi titolando per diverse settimane si arriva a 1.5mg
die con somministrazione tid. Non risulta che sia stata prodotta una formulazione a lento rilascio.
Metabolizzato dal Cyp3a4 inibisce cyp2d6. Induce potentemente fibrosi valvolare.

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Autore: Eleonora Torchia
Materia: Neurofarmacologia (II parte)
Nome del professore: Nicoletti
Data: 07/04/16



FARMACIDOPAMINOMIMETICI

ERGOT NON ERGOT



FARMACI DOPAMINOMIMETICI NON ERGOT
I Non Ergot sono quattro:
1. Apomorfina
2. Rotigotina
3. Pramipexolo (che ha anche un’azione antidepressiva, venuta fuori dagli studi clinici.)
4. Ropinirolo

APOMORFINA
L’apomorfina è un prodotto chimico della morfina e mantiene la struttura fenantrenica della
morfina, però ha un catecolo come anello aromatico (al contrario della morfina, che non ha il
catecolo) e nel fenantrene dell’apomorfina è disegnata la dopamina. Il risultato finale è che
l’apomorfina non ha alcuna attività oppioide ed è un agonista sia D1 sia D2 (è D1-like e
D2-like), quindi attiva tutti i recettori dopaminergici, ma ha una maggiore affinità per i D1 rispetto
ai D2 (anche la dopamina è più affine ai D1 che ai D2).
L’apomorfina ha un problema: è un farmaco enormemente emetico, il che vuol dire che prima di
cominciare il trattamento bisogna fare un pre-trattamento col Domperidone e, possibilmente,
continuare il Domperidone a 60-90 mg anche quando si comincia a dare l’Apomorfina.



SOMMINISTRAZIONE: L’apomorfina viene somministrata in due modi.
1. Somministrazione sottocutanea: viene utilizzata per risolvere la fase off. Quindi, nel caso in
cui si presenti una fase off da levodopa che non si riesce a risolvere, si può dare
apomorfina sotto cute a 10mg/ml (poi stabilite il volume che volete dare). L’azione è molto
rapida, anche se l’emivita è breve, quindi dopo un po’ l’effetto cessa (consideratelo come

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un equivalente del Break-Through Pain, - la comparsa di dolore violentissimo e improvviso-
in cui si fa il Fentanil transmucosale. In questo caso, se non c’è altro modo per risolvere la
fase off, fate l’apomorfina sottocute e la fase off migliora).
2. Pompa di infusione continua: l’apomorfina viene data al dosaggio di 2mg/h. Naturalmente
la pompa è programmabile, quindi potete regolare la velocità di infusione e, quindi, la
quantità di apomorfina che viene assunta (se non sbaglio Papa Wojtyla aveva la pompa di
infusione di apomorfina: lui aveva un Parkinson molto avanzato, che non rispondeva più
alla levodopa).

METABOLISMO: L’apomorfina viene metabolizzata dalle COMT. Questo è interessante perché, se
voi doveste avere in terapia anche l’Entacapone(Stalevo) e il Tolcapone(Tasmar),
automaticamente avreste un accumulo di apomorfina nell’organismo con potenziamento
dell’azione emetica (con l’apomorfina, oltre all’azione emetica, c’è una buona stimolazione di tipo
sessuale, tant’è vero che l’apomorfina sublinguale viene indicata per il trattamento della
disfunzione erettile, per la quale i dosaggi sono chiaramente più bassi, quindi immaginate quando
ne fate 2 mg/h: praticamente la stimolazione sessuale è molto amplificata).
Se ricordate da Farmacocinetica, le COMT sono enzimi polimorfi e c’è un polimorfismo Metionina-
Valina in posizione 108 o 158 a seconda che consideriate la COMT solubile o quella ancorata alla
membrana [Val(108/158)Met]: se c’è la Metionina sono metabolizzatori lenti (l’apomorfina quindi
si accumula), se c’è la valina sono metabolizzatori rapidi (l’apomorfina è meno efficace). Quindi,
bisogna fare attenzione al polimorfismo della COMT (che però normalmente non si va a vedere) e
alla presenza in terapia di farmaci inibitori delle COMT, perché interferiscono col metabolismo
dell’apomorfina.

PRAMIPEXOLO (MIRAPEXIN)
Pramipexolo e Ropinirolo sono due tra i farmaci in assoluto più utilizzati oggi.

SOMMINISTRAZIONE: Il Pramipexolo(Mirapexin), lo potete prendere a compresse. Si comincia da
0,26 mg e si sale fino a 1,1 mg con titolazione. Si possono utilizzare o le compresse da dare
inizialmente 2 volte al giorno, e in seguito 3 volte al giorno, oppure potete utilizzare le compresse
a rilascio prolungato che sono direttamente compresse da 0,26 mg. Quindi, cominciate con 0,26
mg e lo date giornalmente. Alla fine della titolazione (che viene fatta in diverse settimane, per
evitare eccessivi effetti avversi – nausea, vomito, ipotensione ortostatica ecc..-) non si possono
superare i 3,3 mg al giorno.

METABOLISMO: Il Mirapexin non è metabolizzato dai CYP.

Vi ripeto: azione antidepressiva negli studi clinici.

ROPINIROLO (REQUIP)

SOMMINISTRAZIONE: IL Ropinirolo (Requip) si comincia da 0,26 mg, si dà 3 volte al giorno e si
titola finche non si arriva a 3-9 mg (a volte si è arrivati anche a 24 mg, ma diciamo che un dosaggio
finale da 3 a 9 mg dovrebbe essere quello corretto).

METABOLISMO: Metabolizzato da CYP3A4 e inibitore del cCYP2D6.

ROTIGOTINA (NEUPRO)

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SOMMINISTRAZIONE: La Rotigotina (Neupro) è il cerotto transdermico che si applica ogni 24h.
Sono cerotti “a prova di bomba”, non si staccano mai: gli studi clinici si svolgono anche a diverse
latitudini perché è importante sapere se la sudorazione fa staccare il cerotto.
C’è stato però un caso nel Stati Uniti di Rotigotina che ha formato i grumi e non è stata
correttamente assorbita, per cui per questo difetto di produzione la Rotigotina è stata per qualche
mese sospesa dal commercio, poi hanno risolto il problema di fabbrica ed è ritornata in
commercio. Il dosaggio che normalmente si fa è da 4 a 8 mg al giorno, anche lì titolando.

Domanda: Come fai a titolare col cerotto?

Risposta: Credo che si possa titolare perchè puoi usare un cerotto a dosaggi inferiori, il cerotto
dovrebbe essere a diverse quantità.

METABOLISMO: Credo che la Rotigotina non sia metabolizzata dai CYP (Quindi, Rotigotina,
Pramipexolo E Cabergolina non passano dai CYP, né inducono né inibiscono i CYP).

EFFETTI AVVERSI DELLA LEVODOPA E DEI DOPAMINOMIMETICI
Mettiamo assieme gli effetti avversi della levodopa e gli effetti avversi dei dopaminomimetici
perché sono molto simili. Le differenze sono:
Il fatto che gli Ergot possono dare fibrosi, mentre la levodopa no.
L’intensità di alcuni di questi effetti, che è sicuramente maggiore nel caso dei farmaci
dopaminomimetici.

1. EFFETTI AVVERSI GASTROINTESTINALI: Queste sostanze interferiscono con la motilità gastrica:
danno nausea e vomito, sono emetici, in quanto i recettori D2 sono fondamentali
nell’induzione del vomito. Quello più emetico di tutti è l’apomorfina, però anche gli altri
farmaci sono emetici e in effetti prima di cominciare un dopaminomimetico, per permettere
all’organismo di abituarsi, un po’ di Domperidone non guasterebbe, anche se non rientra nelle
linee guida (tra l’altro, il Domperidone non attraversa la barriera quindi, anche se trattate un
parkinsoniano, non ci sono problemi).

2. EFFETTI SULLA PRESSIONE ARTERIOSA: sia i recettori D1 sia i recettori D2 sono ipotensivanti.
Quando la levodopa è stata introdotta in terapia, senza gli inibitori delle decarbossilasi, e se ne
dava più di 1 mg al giorno, l’ipotensione ortostatica era un grandissimo problema. I farmaci
dopaminomimetici possono dare ipotensione ortostatica. Da cosa dipende?
a) Innanzitutto dalla stimolazione dei recettori D1 che si trovano nel tubulo contorto
prossimale, i quali bloccano il riassorbimento del Na. Le cellule del tubulo contorto
prossimale hanno l’AAAD, quindi sono in grado di formare dopamina dalla levodopa. Se
attivate i recettori direttamente con farmaci come l’apomorfina o altri è chiaro che potete
avere ipotensione ortostatica.
b) Ci sono recettori D1 localizzati nei vasi sanguigni, in particolare nelle arterie renali, che
dilatano i vasi perché sono accoppiati a proteina Gs, quindi si forma cAMP e quando si
forma cAMP la muscolatura liscia del vaso si rilascia.
c) I recettori D2 sono localizzati nei terminali del simpatico e quando vengono attivati
inibiscono il rilascio di Noradrenalina.
A questo aggiungete che l’ipotensione ortostatica può far parte della malattia di Parkinson.
Tuttavia, questo vale solamente per la levodopa: quando la levodopa viene combinata con

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sostanze che interferiscono con la trasmissione noradrenergica, per esempio Triciclici
Antidepressivi, inibitori di MAO-A, anfetaminici (e qui viene da pensare all’associazione tra
levodopa con la Selegilina che forma amfetamina o metamfetamina) è possibile che ci sia un
massimo rilascio di noradrenalina, che viene formata a partire dalla levodopa nei terminali
dell’ortosimpatico e questo potrebbe dare una forma gravissima di ipertensione acuta. Quindi,
la levodopa non si può combinare con TCA, con IMAO, con amfetaminici, con cocaina, con
tutto ciò che può interferire con ricaptazione di noradrenalina, che nel frattempo viene
prodotta a partire dalla levodopa.

3. EFFETTI SUL SNC: Nel SNC il primo pericolo sono i disturbi di natura psichiatrica (in particolare
allucinazioni, illusioni, disturbi della sfera percettiva, che vi aspettate con qualunque farmaco
dopaminomimetico) e ovviamente aggravamento della psicosi, se la psicosi è in atto. Se la
levodopa viene combinata con Amantadina, per le discinesie da levodopa, o con Memantina
per la componente dementigena, la possibilità di manifestazioni psicotomimetiche aumenta,
così come aumenta se il soggetto prende Ketamina oppure se assume Fenciclidina (quando si è
fatto il lancio della Memantina uno dei problemi con gli effetti avversi era proprio l’azione
psicotomimetica in combinazione con levodopa: la Memantina si è fatta per un po’ di anni in
Germania come antiparkinsoniano, per questo si sapeva).
Poi c’è il problema dell’alterazione della sfera degli impulsi: questo può determinare una serie
di manifestazioni che vanno dalla bulimia, cioè ingestione incontrollata di cibo, all’
ipersessualità, al Gambling patologico, al cosiddetto Pudding (che consiste nel montare e
smontare il motore di una macchina duemila volte) e poi anche irritabilità, aggressività,
impulsività. Questo ovviamente è un problema che si presenta con la levodopa, ma
soprattutto con i farmaci dopaminomimetici.
L’impatto nei confronti della sfera alimentare è da discutere, nel senso che teoricamente le
sostanza dopamimmentiche riducono l’appetito, stimolando il centro della sazietà, però non
sono al corrente di riduzioni marcate dell’appetito con levodopa o con sostanze
dopamimentiche, almeno quando si usano nel trattamento di Parkinson, quindi questo è un
dato da prendere con relative riserve.

4. FIBROSI: per quanto riguarda la fibrosi, ne abbiamo già parlato.


FARMACI IN SPERIMENTAZIONE

1. SALFINAMIDE: Tra i farmaci in sperimentazione che stanno entrando in clinica probabilmente
quello che viene maggiormente riconosciuto si chiama Safinamide. Non è un farmaco che mi
faccia impazzire, comunque è un inibitore delle monoaminoossidasi di tipo B selettivo: spesso
questi inibitori sono irreversibili e suicidi (come avviene nel caso di Selegilina e Rasagilina, che
sono appunto inibitori irreversibili e suicidi entrambi). Oltre a questo la Safinamide è anche un
bloccante del rilascio di Glutammato, quindi potrebbe interferire con la memoria patologica
che voi avete nelle LID perché blocca i canali del Na e i canali del Ca voltaggio dipendenti.
Infatti, inizialmente, la Safinamide è stata sviluppata per il trattamento dell’epilessia e poi,
successivamente, si è impiegata per il trattamento della malattia di Parkinson. Credo che si dia
40-80 mg al giorno e che sia in fase di lancio.

[Sono farmaci che non hanno rivoluzionato niente: tutti, in una certa fase, pretendono di essere
farmaci che rallentano la progressione, ma in realtà nessuno ce la fa. Ma sapete come funziona, si

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dovrebbe iniziare vent’ anni prima. Per esempio i farmaci dopaminomimetici esercitano un’azione
neuroprotettiva, riducono l’apoptosi, inibiscono la tirosina idrossilasi che contribuisce a produrre
specie reattive dell’ossigeno, aumentano il GDNF, fanno tante cose che potrebbero essere utili,
ma comunque questi farmaci non riescono a rallentare la progressione.]

2. BLOCCANTI DEI RECETTORI A2A: L’altra categoria di farmaci in via di sviluppo sono i bloccanti
dei recettori A2A. Se vi ricordate, i recettori A2A sono molto vicini ai recettori D2 nei neuroni
della via indiretta e fanno l’opposto: i recettori D2 sono accoppiati a proteina Gi, mentre i
recettori A2A sono accoppiate a proteina Gs, quindi fanno l’uno l’opposto dell’altro e quando
volete attivare i D2 potete anche bloccare gli A2A (N.B. gli A2A sono recettori per adenosina). Il
farmaco che è il più avanzato nella clinica si chiama Istradefillina, ma poi ce ne sono tante
altre: ci sono molecole in fase 2 e in fase 3 di sviluppo e queste molecole mostrano efficacia
non solo nei confronti dei sintomi motori ma anche nel migliorare le fasi off e a volte le
discinesie da levodopa, anche se il fatto che questi farmaci siano da tanti anni ancora in
sviluppo e mai hanno raggiunto la clinica fa pensare un po’ (per esempio l’Istradefillina non è
stata approvata dall’FDA, però gli altri farmaci nuovi sono un po’ più evoluti).

FARMACI PROTETTIVI

Voi sapete che nel Parkinson le cose sono importanti alla fine sono tre: i retromeri, il mitocondrio
e la formazione di specie reattive dell’O2.
Sui retromeri fino adesso non si può far nulla.

Sul mitocondrio hanno fatto degli studi col Coenzima Q dato, mi pare, a 300-600 mg, e si è visto un
minimo effetto: l’unica cosa che vi posso dire è che il Coenzima Q non fa male, quindi se qualcuno
lo vuole prendere a scopo protettivo per rinforzare la catena respiratoria del mitocondrio, che è
difettiva nel Parkinson (il Complesso 1 è difettivo), faccia pure.

Cosi come gli antiossidanti sono una storia vecchia (come Resveratrolo o Bergamotto): alla fine la
quantità di queste sostanze che realmente raggiunge il SNC è bassa. Chi si vuole prendere il
Resveratrolo faccia pure, si ricordi però che è un fitoestrogeno, dato che appartiene agli Stilbeni, e
si può comportare da endrocrine disruptor (è anche vero che sono Parkinsoniani, per cui la sfera
gonadica è già compromessa. Tra l’altro da un lato l’apomorfina lo stimola, e dall’altro i
fitoestrogeni controbilanciano un po’).

Domanda: “Ma quindi i fitoestrogeni hanno davvero un’azione efficace su SNC?”
Risposta: “Non entrano nel SNC assolutamente, forse qualche endocrine disruptor, come qualche
difenolo o polifenile policlorurato, che sono più liposolubili, passano, ma il Resveratrolo o gli
Isoflavoni tipo la Genisteina non passano, o meglio, ne passano quantità talmente piccole che non
hanno azione.

Il più importante fattore protettivo in assoluto per i neuroni della sostanza nera è il GDNF (fattore
neutrofico che origina da linee cellulari gliali, Glial cell line-Derived Neurotophic Factor) ed è un
fattore prodotto dai neuroni della glia. Esercita una potente azione protettiva nei confronti dei
neuroni della pars compacta della sostanza nera e anche nei confronti degli alfa-motoneuroni,
quindi ha un ruolo importante per il trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica, oltre che per
la malattia di Parkinson. Questo fattore neurotrofico si lega ai recettori per il GDNF, i quali non
legano solo il GDNF, ma anche altre tre sostanze della stessa famiglia, che si chiamano Nurturina,

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Artemina e Persephina. I recettori sono i recettori GDNF di tipo alfa 1-2-3-4, il GDNF si lega
principalmente all’1, gli altri al 2, 3 e 4 , ma comunque il GDNF può legarli quasi tutti. Il problema è
questo recettore, pur legando il GDNF, di per sé non fa nulla, ma deve formare un complesso
combinandosi con un altro recettore che si chiama RET ed è un recettore tirosin-chinasico (RET
dovrebbe ricordarvi la malattia di Hirschsprung , l’agenesia intestinale, che è dovuta appunto a
mutazione di RET).
La storia del GDNF comincia con la somministrazione periferica del GDNF nel malato di Parkinson,
ma non si è ottenuto nulla. Il secondo tentativo è stato fatto dandolo per via
intracerebroventricolare, ma dava estrema tossicità. La terza possibilità prevede di istruire delle
cellule staminali da impiantare nel putamen a produrre GDNF, e i risultati sono in via di sviluppo.
La quarta possibilità è dare farmaci che aumentano la produzione di GDNF localmente, e sono
diretti in questo senso i PAM del recettore Glu3 del glutammato. Il PAM stimola gli astrociti e i
neuroni a produrre GDNF, attraverso la via del glutammato che attiva MAPK che alla fine portano
alla produzione di GDNF.

Infine, per il trattamento del Parkinson, c’è la stimolazione profonda del nucleo subtalamico di
Luys. Si impianta un elettrodo stimolante con un generatore di impulsi che viene piazzato sotto la
cute, in maniera tale che si possa programmare e si fa una stimolazione a frequenza di 130Hz,
credo per 6 o 0,6 microsecondi di impulsi, con un netto miglioramento dei sintomi e anche ridotta
necessità di levodopa (quindi questo tipo di intervento è utile pure per le discinesie perché
prendendo meno levodopa ci sono meno discinesie). Ovviamente la stimolazione spegne il
nucleo subtalamico di Luys, perché lo desensibilizza: se vi ricordate, il nucleo subtalamico di Luys è
iperattivo nel Parkinson, fa parte della via indiretta. Il problema è il posizionamento dello
stimolatore: con la RMN si individua il nucleo nelle immagini T2-pesate, e quindi prima scendete
con un elettrodo stimolante e registrante nello stesso tempo, e poi mettete l’elettrodo definitivo
che è molto piccolo e lo lasciate là. Però, a volte, la RMN fa la distorsione delle immagini, che è un
problema ancora non risolto al 100%. Considerate che ci sono ancora alcuni centri che fanno la
ventricolografia stereotassica, cioè mettono il mdc nei ventricoli e, in qualche modo, partendo dai
ventricoli stereotassicamente individuano esattamente il punto del nucleo subtalamico di Luys.
Oggi si tende a fare la stimolazione profonda il più precocemente possibile, quindi non limitata
soltanto a quei soggetti che non rispondono più alla levodopa, ovvero quelli che hanno perduto la
risposta ai farmaci, ma anche nei pazienti che possono essere trattati quanto prima possibile.

Domanda: “Ma è un’operazione neurochirurgica?”
Risposta: “Certo, a tutti gli effetti, però poi lasci lo stimolatore, applichi gli impulsi e lasci là così “

Domanda: “Riguardo la stimolazione profonda, non ho capito se va fatta solo una volta o se va
ripututa”
Risposta: “Va ripetuta.”
Domanda: “Ogni quanto si ripete?”
Risposta: “Credo che ci sia un generatore di impulsi che voi programmate, e che automaticamente
manda impulsi a tempo. La tempistica esatta non la so, ma comunque viene fatto con elettrodo
interno e il generatore di impulsi esterno. È un intervento da tenere in considerazione, certo è un
intervento neurochirurgico con tutte le sue complicanze, però permette al parkinsoniano non
controllato bene di risolvere tanti problemi nella vita.”

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Cellule staminali: non ci credo. Di tutti i tentativi fatti con le cellule staminali embrionali e con
trapianti della midollare del surrene, in alcuni pazienti hanno dato dei buoni effetti peraltro
transitori, in altri pazienti hanno peggiorato il quadro, in altri hanno indotto discinesie: c’è
tantissima variabilità, che d’altra parte è logica, dato che le cellule staminali non vengono messe
nella sostanza nera, ma vengono messe nello striato, perché la sostanza nera è troppo distante e
quindi l’assone non ci arriva.

SINTOMI NON MOTORI DEL PARKINSON

1. DEPRESSIONE- Pramipexolo, SSRI o SNRI, però forse il farmaco più efficace è il TCA. Il triciclico
ha però il problema della azione anticolinergica, quindi si può usare solo in pazienti
relativamente giovani, dato che l’azione anticolinergica fa bene come effetto
antiparkinsoniano, ma c è l’impatto sulla sfera cognitiva.

2. DISTURBO DELLA FASE REM DEL SONNO: Clonazepam (Rivotril).

3. SONNOLENZA DIURNA: Potete dare Modafinil (Provigil), che rilascia glutammato, il farmaco
che si dà nella narcolessia. Alcuni hanno provato anche il Metilfenidato (Ritalin), però in Italia
non esiste un discorso del genere.

4. ANOSMIA: Niente, ve la tenete.

5. COSTIPAZIONE: Forse la cosa migliore è usare un lassativo (Polietilenglicole). Teoricamente c’è
il Tegaserod, agonista 5-HT4, però non sono neanche sicuro che sia in commercio.

6. IPERATTIVITA’ VESCICALE: Ossibutinina e Tolterodina, quindi anticolinergici a prevalente
azione periferica, per bloccare il detrusore.

7. DEMENZA: RIivastigmina (Exelon), anche se è colinomimetico, è più selettivo per G1 e sullo
striato c è più G4 di colinesterasi. I dosaggi vanno da 6 a 10 mg, il cerotto di Exelo, che è la cosa
migliore, rilascia 10,8 mg se non ricordo male.

8. PSICOSI: Clozapina

9. SCIALORREA: tossina botulinica

10. IPOTENSIONE ORTOSTATICA: Si può usare la Midodrina, alfa1-agonista che si usa anche nella
sindrome epatorenale in combinazione con Octreotide, analogo della Somatostatina. Oppure
si può usare il Fludrocortisone, il potentissimo mineralcorticoide.

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Autore: Daniele Bianchini, Monica Massimo
Materia: Farmacologia (neuro)
Nome del professore: Nicoletti
Data: 14/04/16

EPILESSIA
Il termine epilessia deriva dal greco antico ἐπιληψία epilēpsía, che viene
da ἐπιλαμβάνειν epilambánein che significa "prendere, prendere possesso, cogliere", che a sua volta
proviene dalla combinazione di ἐπί (epì) "sopra" e λαμβάνειν (lambanein) "prendere". Il tratto
fondamentale di questa patologia è una SCARICA generatasi da un gruppo di cellule nervose che ha delle
caratteristiche ben precise: è IMPROVVISA, ANOMALA, IPERSINCRONA, DISORDINATA (così la definisce uno
dei più grandi esperiti del campo, Hughlings Jackson). Possiamo parlare di epilessia solo ed esclusivamente
se queste scariche si ripetono nel tempo: per la diagnosi debbono esserci almeno 2 crisi “non provocate”.
Se ne è presente solo una non si è autorizzati a procedure al trattamento con farmaci anti epilettici, a
meno che: a) non vi sia familiarità; b) il Pz abbia un basso QI; c) non ci siano delle severe alterazioni
elettroencefalografiche intercritiche; d) non ci sia come esordio uno stato di male epilettico, che
indicerebbe il fatto che le crisi sono “subentranti”; e) non ci sia un evento post-ictale, come ad esempio
la “paralisi di Todd”, che è una paralisi di un arto che si verifica successivamente ad un attacco epilettico.
Le crisi epilettiche possono essere chiamate anche “comiziali” (si chiamano così perchè quando queste, nel
periodo dell’antica roma, si presentavano in soggetto che stava effettuando un comizio, si pensava che
fosse un messaggio mandato dagli dei). Infatti I farmaci contro l’epilessia sono dei farmaci che molti medici
definiscono come “farmaci anti-comiziali”.
Anticamente I soggetti che avevano le crisi epilettiche venivano catalogati come persone che “avevano la
luna” (da qui il termine lunatico): ciò in virtù del fatto che questi attacchi si esacerbano, nei soggetti di
sesso femminile, poco prima delle mestruazioni. A tal proposito abbiamo due possibilità: la prima è che
queste pazienti hanno degli attacchi in qualsiasi periodo con la differenza che questi attacchi diventano più
severi durante il periodo pre mestruale; la seconda è che queste donne hanno degli attacchi solo ed
eslusivamente prima delle mestruazioni. In tal caso si parla di EPILESSIA CATAMENIALE (è dovuta alla
caduta dei livelli di progesterone, in quanto dal progesterone si formano i neurosteroidi, ed in particolare il
3α-idrossi-5α-pregnan-20-one anche detto ALLOPREGNANOLONE, che sono dei potenti modulatori dei
recettori del GABA)

Come si gestisce un paziente epilettico


Fondamentalmente si esordisce con una MONOTERAPIA, scegliendo il miglior farmaco utilizzabile in base
alla tipologia di crisi che presenta il paziente. Quando si comincia a somministrare un farmaco è necessario
effettuare la TITOLAZIONE dello stesso, salendo graduatamente con il dosaggio, in quanto tutti i farmaci
epilettici hanno degli effetti avversi di classe: SEDAZIONE, ATASSIA, NISTAGMO e DIPLOPIA (segni
cerebellari). Quando dopo titolazione si arriva a quello che in cinetica prende il nome di steady state
[Quando si somministra un farmaco, la concentrazione plasmatica dello stesso, nel tempo, subisce
oscillazioni che diventano minime dopo un certo periodo di assunzione. Dopo un certo numero di
somministrazioni la quantità di farmaco eliminata corrisponde a quella introdotta per ogni
somministrazione: a questo punto il sistema è appunto in steady state. Questa situazione si raggiunge dopo
un tempo pari a 4-6 volte l'emivita del farmaco (ad esempio un farmaco che ha un'emivita di 2 ore arriverà
allo steady state dopo 8-10 ore)], è opportuno verificare che la concentrazione plasmatica del farmaco sia
pari a quella prevista. Inoltre, durante questa fase, il familiare del paziente deve annotare su un diario
clinico, il numero di crisi epilettiche che si verificano nell’arco della giornata. Se dopo lo steady state non si
arriva ad una concentrazione clinicamente utile oppure alla data concentrazione prevista, il numero di
scariche giornaliere è troppo elevato, sarà necessario cambiare terapia. A questo punto si inizia a titolare
un secondo farmaco fino a quando non viene raggiunto lo steady state. Si inizia così a diminuire il dosaggio

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del primo farmaco in modo tale da far abbassare in maniera graduale la sua concentrazione plasmatica. In
tal modo il medico riesce a capire se il nuovo farmaco introdotto da solo riesce ad espletare i suoi effetti o
se è necessaria l’associazione tra i due farmaci. Quando effettuiamo questa operazione, bisogna comunque
tenere conto che i farmaci antiepilettici sono quelli che maggiormente interferiscono con l’attività del
citocromo P450 e nella fattispecie con il CYP3A4. Quindi quando noi andiamo a dosare il secondo farmaco,
se il primo farmaco è un induttore del CYP3A4, logicamente la sua sospensione fa innalzare la
concentrazione del secondo farmaco molto più del dovuto. Le terapie di associazione non possono
prevedere la somministrazione di oltre 4 farmaci contemporanemente. Detto ciò, se con una monoterapia
si riesce a gestire la malattia del paziente, sarà comunque necessario proseguirla per un perido minimo di 2
anni oltre i quali è possibile effettuare una sospensione mettendo il paziente sotto osservazione. Quando il
medico effettua la sospensione, deve basarsi sugli stessi parametri che ha utilizzato quando ha iniziato a
somministrare la terapia (QI, Familiarità, numero di crisi ecc…). Se sussistono le stesse problematiche
iniziali, la sospensione è poco raccomandabile. Viceversa se il paziente sta bene ed è esente da fattori di
rischio, si può iniziare la sospensione graduale del farmaco: durante questo perido bisogna dire al paziente
di non guidare, di non fare il bagno da solo o comunque di evitare tutte quelle situazioni rischiose per la
vita se ipoteticamente si venisse a verificare una crisi.

Caratteristiche elettroencefalografiche

Uno degli aspetti clinici più importanti nella valutazione di un paziente con l’epilessia è sicuramente
l’ELETTROENCEFALOGRAMMA. Attraverso questo esame si registrano i potenziali bioelettrici che vengono
evocati “verticalmente” dalle cellule piramidali (registrazione di “potenziali di campo”). In tal senso è
importante considerare la distanza che c’è tra le cellule del focolaio epilettico e l’elettrodo di rilevazione: se
il focolaio è troppo interno l’elettrodo non riesce a rilevare alcuna attività. Quando effettuamo l’eeg
riusciamo a valutare diversi tipologie di onde elettriche: 1) ONDE ALFA-si registrano con paziente ad occhi
chiusi. Hanno una frequenza di scarica tra 8 e 13 Hz. Se diciamo al paziente di aprire gli occhi abbiamo una
desincronizzazione verso le onde beta; 2) ONDE BETA-si registrano in un paziente impegnato in una data
attività. Hanno una frequenza massima di 30 Hz. Quando la frequenza arriva a valori più elevati, come ad
esempio i 90 Hz si parla di “onda gamma”, che tuttavia non è studiabile con il semplice EEG; 3) ONDE TETA-
hanno una frequenza compresa tra 4 e 7 Hz; 4) ONDE DELTA-hanno frequenza minore a 4 Hz-sono tipiche
del sonno ad onde lente.
Come è ben noto le cellule nervose scaricano in maniera temporalmente diversa l’una dall’altra ad una
certa frequenza basale che è indice di una certa desincronizzazione. Durante il sonno le scariche diventano
sincrone, con la formazione di treni di onde con frequenza compresa tra 12 e 16 Hz, che prendono il nome
di sleep spindles. Nell’epilessia si verifica qualcosa di similare, nel senso che si riduce la frequenza di scarica
generale, ma alcune cellule iniziano a scaricare in maniera “ipersincrona”, determinando delle alterazioni
grafiche sull’EEG. Quello che vediamo è rappresentato da: 1) RALLENTAMENTO DEL TRACCIATO; 2)
PRESENZA DI PUNTE con orientamento positivo o negativo a seconda delle derivazioni: la punta è indice
di una scarica ipersincrona di neuroni eccitatori; 3) ONDE: quando gli interneuroni inibitori iniziano ad
aumentare la loro frequenza di scarica, nel tentativo di spegnere l’attività delle cellule piramidali,
iniziano a comparire delle onde che derivano dall’intermittente spegnimento delle cellule eccitatorie. Tali
reperti grafici si possono osservare sia durante l’attacco che durante le fasi intercritiche di un paziente
epilettico, sia in maniera isolata che in maniera combinata, rappresentando quello che viene chiamato
complesso punta-onda (spike&wave). Un complesso punta-onda tipico è quello con frequenza di 3 Hz nelle
cosidette assenze tipiche (fenomeno di rapida e fugace perdita di coscienza dai 4 ai 20 secondi). A volte
risulta necessario effettuare la registrazione in condizioni evocate, come ad esempio dopo deprivazione di
sonno o viceversa durante il sonno (in questo caso andiamo a valutare se ci sono focolai in un contesto di
fisiologica ipersincronia), dopo iperventilazione o dopo induzione farmacologica.

Epilettogenesi

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Si consideri che ognuno di noi ha continuamente delle microcrisi, che sono delle “scariche abortive”. In
alcuni soggetti queste microcrisi, diventano delle “macrocrisi” che danno origine a delle manifestazione
fenotipiche molto variabili a seconda della regione cerebrale che viene colpita: si possono avere degli
improvvisi cambiamenti del tono dell’umore se vengono interessati i neuroni della corteccia pre-frontale; si
possono avere delle “crisi sequenziali” ovvero dei fenomeni improvvisi di dejavù. Questi fenomeni sono
presente in almeno il 10% della popolazione e ciò a dimostrazione del fatto che sono degli eventi
abbastanza diffusi. Tuttavia, quando le microcrisi diventano macrocrisi, si viene a sviluppare una memoria
delle crisi, che da origine ad un potenziamento sinaptico (long-term-potentiation o LTP). Questo
meccanismo è alla base della memorizzazione della crisi ed è anche una delle basi fondamentali
dell’epilettogenesi. L’epilettogenesi è quel processo per il quale l’iperattività neuronale viene memorizzata,
potendo così diffondere in altre aree del sistema nervoso centrale e determinare il quadro fenotipico
dell’epilessia. Esiste un modello in grado di spiegare i meccanismi dell’epilettogenesi, che prende il nome di
“modello del kindling”, attuabile sia su animale da esperimento che su esseri umani: il kindling consiste
nell’acquisizione di una risposta elettrografica (eeg) o elettrocorticografica e comportamentale indotta da
uno stimolo ripetuto nel tempo che inizialmente è sottosoglia. Si immagini di prendere un animale da
esperimento e di impiantare nella sua amigdala un elettrodo stimolante. L’amigdala risulta essere
direttamente o indirettamente una struttura nervosa coinvolta nell’EPILESSIA TEMPORALE (in cui può
esserci anche una componente neurodegenerativa - in questo caso parliamo di epilessia temporale con
sclerosi. In tal caso si effettua un intervento di rimozione dell’ippocampo e dell’amigdala con conseguente
miglioramente del quadro epilettico). Quando noi andiamo a stimolare l’amigdala dell’animale e andiamo a
registrare contemporaneamente, quello che vedremo sarà solo ed esclusivamente un “artefatto di
stimolazione”. Ciò vuol dire che stiamo utilizzando una stimolazione sottosoglia che non da alcuna risposta
elettrofisiologica: l’animale comportamentalmente non fa nulla. Nei giorni successivi ripetiamo la stessa
stimolazione, fino a quando il quadro eeg metterà in evidenza una serie di punte, che corrispondono ad
uno stato di male epilettico caratterizzato da convulsioni tonico-cloniche. Ciò dimostra il fatto che l’animale
è stato in gradi di memorizzare lo stimolo sottosoglia, facendolo divenire così uno stimolo “soprasoglia”
dopo le successive stimolazioni. Questo modello ha ovviamente dei risvolti anche dal punto di vista clinico e
farmacologico, in quanto la grande maggioranza di farmaci antiepilettici sono in grado di abortire o
prevenire le crisi, ma solo pochissimi sono in grado di influenzare il processo di epilettogenesi (un grande
traguardo della ricerca sarebbe quello di riuscire ad intervenire sul processo di epilettogenesi).
In alcuni casi l’epilessia prende il nome di “epilessia riflessa” ovvero una crisi evocata da stimoli sensoriali
che possono essere stimoli acustici, visivi, oppure una epilessia evocata dall’inizio della marcia (epilessia
startle). Ne sono classici esempi le epilessie che esordiscono quando si comincia a leggere un libro o quelle
che esordiscono nei bambini che vedono un programma televisivo (in tal caso si potrebbe ipotizzare che sia
o la stimolazione visiva o il contenuto dei programmi ad innescare l’attacco). Esistono degli ottimi modelli
animali con i quali si può studiare l’epilessia riflessa. Uno di questi è stato effettuato con un babbuino
(papio-papio): quando si illumina con un fascio di luce il babbuino, vengono evocate le convulsioni. Allo
stesso modo altri animali vanno incontro ad attacchi convulsivi dopo stimolazione acustica (si tratta
comunque di animali predisposti allo sviluppo di “crisi audiogeniche”).

Classificazione, epidemiologia e tipologia delle crisi


Per poter effettuare una corretta classificazione dell’epilessia è opportuno seguire i criteri ILAE (lega
internazionale contro l’epilessia). Innanzitutto si deve identificare il tipo di crisi. In seconda battuta si deve
capire la modalità con la quale si presentano le crisi, in quanto queste possono presentarsi come “ripetute”
, dando un vero e proprio quadro di epilessia o “stereotipate”con caratteristiche particolari. In quest’ultimo
caso si parla di “sindromi epilettiche”(ognuna delle quali ha dei sintomi precisi e una terapia specifica). Per
quanto riguarda le sindromi epilettiche bisogna effettuare una distinzione tra quelle che sono le “sindromi
idiopatiche” di cui non si conosce la causa, le “sindromi criptogenetiche” che hanno una causa ma che
rimane tuttavia nascosta (la differenza tra idiopatiche e criptogenetiche è puramente semantica) e quelle
“secondarie” ad una causa ben nota (ne è un esempio l’encefalopatia di rassmussen, ovvero una

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encefalopatia infiammatoria ad eziologia autoimmune, in cui il fenomeno epilettico viene scatenato dal
sistema immunitario). Con la’avvento della biologia molecolare possiamo comunque iniziare a parlare di
sindromi “genetiche”, che rappresentano tra l’altro il 47% della totalità delle sindromi epilettiche. In questo
gruppo vengono incluse anche alcune manifestazioni comuni come ad esempio le assente epilettiche: sono
stati in questo caso identificati pochi geni responsabili delle assenze epilettiche, ma si pensa che ve ne siano
molti altri, in quanto, a questa particolare manifestazione fenotipica si associa una grande variabilità
genica.
Alcune di queste sindromi epilettiche, sono associate a delle particolari caratteristiche sindromiche, come
ad esempio la sindrome dell’X-fragile, la sindrome di Angelmann, la sindrome di Unvericht-Lumborg e la
malattia di Lafora (appartententi queste ultime due al gruppo delle epilessie miocloniche progressive), in
cui oltre ad essere interessato il sistema nervoso centrale, sono coinvolti anche altri organi periferici.
All’interno di questa classificazione è altrettanto utile distinguere le forme epilettiche neonatali, infantili e
del bambino, giovanile (peripuberali) e dell’adulto.
Per quanto riguarda la prevalenza parliamo dello 0,5-1% della popolazione, con poca differenza di sesso,
tenendo sempre conto che le donne possono avere un esacerbazione della sintomatologia nel periodo pre-
mestruale. A tal riguardo è comunque buona norma ricordare che circa il 10-20% della popolazione può
avere occasionalmente delle crisi che sono considerate “crisi esperenziali”.
Abbiamo diversi tipi di crisi epilettiche:
· Crisi focali (precedentemente denominate “parziali”): in tal caso l’iperattività neuronale riguarda
solo ed esclusivamente una zona del sistema nervoso. Tale zona prende il nome di “focus
epilettico”. Avere delle crisi focali non vuol dire essere affetto da una forma più lieve di patologia,
in quanto questi foci epilettici possono essere innescati da condizioni benigne o maligne (come ad
esempio un tumore nel sistema nervoso). Le crisi focali hanno nella maggior parte dei casi la
coscienza conservata a meno che la zona colpita non sia una “zona ad alto significato integrativo” .
In tal caso possiamo parlare di epilessia PSICOMOTORIA o epilessia TEMPORALE.
· Crisi generalizzate: questo gruppo di crisi probabilmente (secondo la teroria centro-encefalica)
originano dalla formazione reticolare, ovvero quella struttura del tronco encefalico che invia delle
proiezioni corticali estese a tutta la corteccia encefalica. Seppur con qualche eccezione, le crisi
generalizzate sono caratterizzare da una perdita di coscienza (l’esempio migliore di questo tipo di
crisi è la “crisi tonico-clonica di grande male”, che è una crisi che dura circa un minuto e mezzo della
quale il paziente non ricorda assolutamente nulla, a meno che non sia stata una crisi a partenza
focale). Rappresenta un eccezione a questa regola l’ epilessia mioclonica giovanile (una delle più
frequenti dell’età giovanile), in cui abbiamo scosse miocloniche generalizzate con coscienza
preservata in almeno il 57% dei pazienti.
· Crisi secondariamente generalizzate: appartengono a questo gruppo quelle crisi caratterizzate dal
fatto che il paziente riferisce di ricordare un particolare evento. Sono delle crisi che esordiscono
come focali e che successivamente diventano generalizzate. Presumibilmente queste crisi
esordiscono in un particolare focus, che con un circuito preferenziale raggiunge la formazione
reticolare che a sua volta proietta alla corteccia.
In alcuni casi la crisi epilettica è caratterizzata da delle fasi premonitorie. Ciò significa che nelle ore che
precedono la crisi l’individio su sente strano: presenta delle alterazione del comportamento alimentare,
disturbi del tono dell’umore, alterazioni dell’aggressività. Nei momenti immediatamente precedenti la crisi
vera e propria (soprattutto nelle crisi di grande male e in quelle tonico-cloniche) si può verificare l’ AURA.
Nei casi delle crisi focali e di quelle secondariamente generalizzate, l’aura rappresenta l’unico momento di
tutta la crisi che l’individuo riesce a ricordare, in quanto la coscienza è conservata.

Crisi focali

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Le crisi focali si suddividono in semplici e complesse. A loro volta le crisi focali semplici possono essere:
motorie, sensitive e disautonomiche. Di seguito verrano analizzate una per una:

Crisi focali motorie

Le crisi motorie si manifestano molto spesso con clonie (anche dette mioclonie), ovvero delle
manifestazioni isolate caratterizzate da SCOSSE MUSCOLARI. Per scossa si intende una fase di contrazione
muscolare seguita da una fase di rilasciamento. La fase di contrazione prende il nome di MIOCLONO
POSITIVO, viceversa quella di rilasciamento prende il nome di MIOCLONO NEGATIVO. Le crisi motorie
variano a seconda della zona in cui si manifestano. A proposito di questo è opportuno fare tre osservazioni:
· nelle crisi focali motorie “semplici” (quelle complesse sono di pertinenza dell’epilessia temporale
con perdita di coscienza ed in cui i movimenti sono organizzati in maniera bizzarra), si osservano le
clonie solo ed esclusivamente ad un gruppo ristretto di muscoli.
· La crisi Jacksoniana, ovvero è una crisi che interessa le cellule che si trovano nell’homunculus, la
quale esordisce con mioclonie a livello del dito e dell’avambraccio che gradualmente si estendono
al volto al corpo e agli arti inferiori. La crisi jacksoniana non può essere considerata generalizzata
perché non invade tutta la corteccia ma rimane focalizzata sull’homunculus motorio (viene definita
anche marcia jacksoniana).
· Esistono le crisi parziali motorie continue di Kojewnikow (anche dette epilessie parziali continue),
ovvero delle manifestazioni di crisi focali con attacchi che si ripetono in un tempo molto ravvicinato
(sono quindi l’equivalente di uno stato di male epilettico che riguarda però le epilessie parziali).
L’encefalopatia di rassmussen è un classico esempio di epilessia parziale continua: i soggetti affetti
da questa patologia vanno incontro a delle crisi motorie ripetute durante la giornata (anche fino a
30 volte) che interessano un solo emisfero (è per questo che sono focali e non generalizzate).
Nell’encefalopatia di rassmussen il sistema immunitario produce degli autoanticorpi diretti nei
confronti della subunità GLUa3 del recettore del glutammato di tipo AMPA e nei confronti dei
recettori di tipo NMDA. Il ruolo eziopatogenetico di tali anticorpi è ancora molto criticato, tuttavia
si è visto che inoculando gli stessi in un coniglio si riusciva ad evocare le crisi epilettiche
nell’animale. La problematica legata a questa affezione è che vi è purtroppo uno scarso controllo
farmacologico (eccetto per l’utilizzo di farmaci immunosoppressori, anticorpi monoclonali come il
rituximab, la plasmaferesi o la terapia con Ig) per il quale al giorno di oggi viene effettata una
EMISFERECTOMIA o una EMISFEROTOMIA.
· La paralisi di Todd, che tipicamente è una paralisi post-ictale, può scaturire da una crisi focale.
Questa rappresenta un campanello di allarme in quanto risulta essere l’esito di una crisi
particolamente severa. È opportuno in tal caso inquadrare bene questa caratteristica delle crisi
focali in quanto facilmente confondibile con le dirette conseguenze di un attacco ischemico (che
ovviamente ha una prognosi molto più severa). Allo stesso modo, la stessa può presentarsi in
pazienti sotto trattamento per il diabete: questi pazienti possono andare in contro a delle crisi
convulsive da ipoglecemia che possono esitare in una paralisi di Todd (soprattutto nei pazienti
anziani). È opportuno sottolineare che nel caso di “prima crisi” associata a paralisi di todd, è
opportuno iniziare subito il trattamento farmacologico.
Le crisi motorie focali semplici possono interessare delle aree di integrazione. Di conseguenza le
manifestazioni motorie fenotipiche diventano “complesse”, con la presenza ad esempio di stereotipie, tics,
manifestazioni coreoateatosiche, che consistono fondamentalmente nella ripetizione parossistica di schemi
motori. Questo si verifica in particolar modo quando il focus epilettico coinvolge il lobo temporale, che
rappresenta un area altamente integrativa (vedere crisi complesse), ma anche la corteccia frontale.

Crisi focali sensitive

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Le crisi focali sensitive hanno la caratteristica di manifestarsi fenotipicamente come parestesie. Si possono
manifestare molto comunemente in alcuni tipi di epilessie infantili, con formicolii che interessano la parte
inferiore del labbro (associati più o meno a clonie). In alcuni casi possiamo avere delle manifestazioni
olfattive: una caratteristica tipica del soggetto epilettico è quella si “sentire odore di kerosene”. In aggiunta
si annoverano le manifestazioni visive: quando viene colpito il lobo temporale si hanno manifestazioni di
“dejavù” o di “jamevù” dove dejavù si intende l’impressione di aver visto qualcosa che in realtà non
abbiamo mai visto, viceversa per jamevù si intende l’impressione di non aver visto mai qualcosa che in
realtà ci è molto familiare. Manifestazioni particolari sono quelle di microzoopsia e macrozoopsia, ovvero
delle allucinazioni visive (che si osserva nella sindrome da astinenza acuta alcolica – delirium tremens),
consistenti nella visione di animali che camminano sul terreno o sulle pareti.

Crisi disautonomiche

Le crisi disautonomiche sono caratterizzate da midriasi, alterazioni dei valori pressori, sudrazione (o
comunque tuttu sintomi ascrivibili ad una iperattivazione del sistema simpatico). Esistono tuttavia delle
circostanze in cui abbiamo una iperattivazione del sistema parasimpatico, ovvero delle sitazioni molto gravi
in quanto possono portare il soggetto a morte per arresto cardiaco (queste crisi rappresentano una delle
cause di “sudden death” o morte improvvisa). Una condizione in cui ci si può aspettare un evento del
genere è la Sindrome di Dravet ovvero una “epilessia mioclonica severa dell’infanzia”, nella quale l’impianto
di un pacemaker può rappresentare un presidio salvavita.

Crisi focali complesse

In tal caso abbiamo una epilessia psicomotoria o epilessia temporale. Si parla di epilessia complessa in
quanto le manifestazioni sono complesse, sia dal punto di vista sensoriale che dal punto di vista motorio.
L’epilessia temporale si può associare anche a sclerosi del corno di Ammone il quale è un fenomeno
neurodegenerativo che interessa l’ippocampo che porta a perdita della memoria e a perdita delle funzioni
cognitive. In linea generale questo tipo di crisi è preceduta da un aura che rappresenta tra l’altro l’unico
ricordo che il paziente ha dell’evento patologico, associata più o meno a tutte le manifestazioni tipiche
delle crisi focali semplici. Una volta terminate le manifestazioni di cui sopra, il soggetto si blocca ed entra in
uno stato sognante che darà l’inizio alla crisi vera e propria della quale non potrà essere ricordato nulla (in
quanto da questo momento la coscienza non è più conservata). In tale circostanza vengono fuori gli
automatismi motori che possono essere semplici o più complessi, come ad esempio iniziare a correre
(epilessia propulsiva), abbottonarsi e sbottonarsi la camicia, cominciare a ridere (epilessia gelastica),
cominciare a guidare.

Crisi generalizzate

Quando parliamo di crisi generalizzate intendiamo una tipologia di crisi che coinvolgono tutta la corteccia
encefalica. Le prime che devono essere prese in considerazione sono le assenze epilettiche. Le assenze
epilettiche possono essere tipiche, atipiche o complesse.
Quelle tipiche, che hanno una durata di pochissimi secondi, sono abbastanza frequenti soprattutto nei
bambini e sono caratterizzate dal fatto che questi bambini si estraniano completamente dalla realtà. Delle
volte in associazione alle assenze possiamo trovare delle lievi clonie che interessano il labbro. L’aspetto
elettroencefalografico delle assenze tipiche è quello di complessi punta-onda con frequenza di 3 Hz che si
ripetono frequentemente durante la giornata osservabili in qualsiasi derivazione (anche se sono più
accentuate in quelle mediali). Le assenze originano da alterazioni di un network talamo-corticale, formato
da: cellule piramidali della corteccia somato-sensoriale, nucleo reticolare del talamo e complesso ventro-
basale del talamo. Tale circuito è responsabile dei fusi del sonno, ma nel momento in cui le oscillazioni di
questo circuito diventano patologiche si manifestano le assenze. Ciò che rende patologico il circuito è un
iperattività di alcuni canali per il Calcio che prendono il nome di CANALI T, ovvero dei canali transient and
tight a bassa soglia (si aprono e si chiudono molto facilmente) che producono correnti molto piccole. Nel

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caso delle assenze questi canali rimangono aperti generando delle eccitazioni patologiche. I farmaci che
sono attivi nei confronti delle assenze, il cui prototipo è l’ETOSUCCIMIDE (zarontin), bloccano i canali T. allo
stesso modo si comporta il VALPROATO (depakin), la ZONISAMIDE (zonegran). LAMOTRIGINA (lamictal) e
CLONAZEPAM (rivotril) che si usano ugualmente per la terapia contro le assenze (sono molto diffusi anche
in ambito psichiatrico), hanno un meccanismo di azione differente. Quando le assenze si ripetono senza mai
arrestarsi si parla di stato di male picnolettico (questo perché le assenze vengono anche chiamate “piccolo
male”).
Le assenze possono essere anche atipiche, in cui i complessi punt-onda hanno una frequenza diversa (2-2.5
Hz). Sono accompagnate da manifestazioni neurologiche “di lato” e sono caratterizzate da una durata
maggiore. Possono essere individuate in molteplici sindormi epilettiche tra le quali la più celebre è
sicuramente la sindrome di Lennox-Gastaut. Ciò che è importante sottolineare è il fatto che in presenza di
un assenza tipica ci troviamo sicuramente di fronte ad una encefalopatia.
Le crisi generalizzate possono essere crisi toniche, caratterizzate da ipertono (soprattutto dei muscoli
antigravitari), crisi atoniche in cui il tono muscolare viene perso transitoriamente determinando quindi la
caduta a terra e crisi miocloniche caratterizzate da scosse. Quando queste crisi si presentano insieme si
parla di crisi di grande male anche detta crisi generalizzata tonico-clonica. [CONTINUA MONICA MASSIMO].
La crisi di grande male E’ una manifestazione che comincia con dei segni premonitori, quindi la fase di
premonizione come vi dicevo, è quella che precede di qualche ora la crisi e i cui segni si possono imparare a
conoscere. Ovviamente sono molto soggettivi, possono essere: alterazioni del tono dell’umore, del
comportamento alimentare. L’individuo li riconosce, sa che la crisi dopo verrà e questo lo mette in
condizioni di difendersi, anche se è molto raro che questo accada; molto spesso una crisi tonico-clonica di
grande male viene all’improvviso e non ve ne accorgete. Poi c’è una fase di aura caratterizzata da aclonia
per esempio, che è l’unica fase che dura pochi secondi ed è l’unica fase della crisi tonico clonica
generalizzata di cui il paziente ha ricordo. Naturalmente se esiste quest’ aura, è facile che si tratti di una
crisi focale secondariamente generalizzata, cioè c’è il focus epilettico che dà l’aura e poi la crisi diffonde a
tutta la massa encefalica. Avrete così la classica crisi di grande male che esordisce con una fase tonica
(ipertono dei muscoli estensori) con classica pronosupinazione delle mani e c’è anche la contrazione della
laringe che può determinare il cosiddetto epilectic cry, cioè il pianto epilettico. Questa fase tonica dura
circa 20-25 secondi. E’ una fase di assoluto blocco respiratorio, perché i muscoli respiratori rimangono in
ipertono quindi il soggetto diventa cianotico, la lingua può ruotare verso l’interno e una cosa a cui dovete
stare sempre attenti, se cercate di prendere la lingua e rimetterla fuori, vi possono saltare le dita perché poi
parte la fase clonica e le dita si staccano, quindi dovete farlo con una protezione perché la forza del
massetere è straordinaria, perché è un muscolo antigravitario e quindi va in estensione anche lui.
Poi c’è la fase clonica delle scosse, che dura al massimo 1 minuto e anche qui c’è una fase di apnea, quindi
fondamentalmente il soggetto rimane 1 minuto e 10, 1 minuto e 15 senza respirare; dopodichè si passa alla
fase post ictale. Nella fase tonica prevalgono le punte, nella fase clonica prevalgono le onde e i complessi
punta e poi punta-onda. Ovviamente la fase tonica riflette la fase di attività delle cellule piramidali; la fase
clonica invece la fase di attivazione-spegnimento, quindi si vedono anche diverse onde. Nella fase post
ictale, che dura qualche ora, si ha perdita di coscienza con perdita di urine e di feci e poi c’è un recupero
graduale dopo un periodo di riposo; alla fine quando il paziente riprende coscienza può avere cefalea
pulsante. A volte le crisi tonico cloniche, che paradossalmente possono avere un significato più benigno di
quanto voi possiate pensare, perché a volte dipendono soltanto da un problema metabolico generale, (per
esempio da una disvitaminosi, problemi legati al metabolismo degli zuccheri che poi si risolvono e non
vengono più), vi ricordo che quando c’è una spina irritativa, cioè un focus, le cose sono più gravi, ma
comunque a volte le crisi sono ravvicinate e in questo caso prendono il nome di status epilecticus o stato di
male epilettico, quando le crisi sono subentranti. Potete avere delle crisi continue o intermittenti in un arco
di almeno 30 minuti, ma in maniera più corretta si parla di stato di male epilettico quando le crisi
perdurano per più di 5 minuti. Lo stato di male epilettico è un’emergenza medica, in cui i farmaci si
somministrano per vie endovenosa. Se non si interviene, ci sono dei pericoli ben precisi che sono
rappresentati da: Ipertermia; Eccitotossicità con morte delle cellule nervose; Aritmie cardiache. Bisogna
stare attenti quando si fa un intervento nello stato di male epilettico, perché può sembrare che lo stato di
male epilettico non ci sia più perchè il paziente non ha più queste convulsioni, ma può avere per esempio
qualche piccola clonia ad un dito; in realtà lo stato di male può ancora continuare, quindi è l’EEG che ci dice

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che lo stato di male si è risolto oppure no. Un particolare tipo di crisi generalizzata è rappresentato dagli
spasmi, che sono delle contrazioni muscolari che avvengono durante la prima infanzia e infatti prendono il
nome di spasmi infantili. Gli spasmi infantili fanno parte di alcune sindromi epilettiche della prima infanzia
che si chiamano sindrome di Otahara e sindrome di West e hanno delle caratteristiche particolari.
Quindi questa è la classificazione delle crisi: crisi focali (semplici e complesse) e crisi generalizzate. Nelle
crisi focali non viene coinvolta tutta la massa encefalica, nelle crisi generalizzate chiaramente lo è.

Sindromi epilettiche
Possono essere divise in sindromi idiopatiche, criptogenetiche e secondarie o sintomatiche e possono
interessare il periodo neonatale, la prima o la seconda infanzia e il periodo giovanile o della vita adulta.
Cominciamo con le crisi epilettiche che interessano il periodo neonatale e che alcune volte si possono
manifestare anche durante l’infanzia.

Crisi neonatali familiari benigne

Voi potete avere le cosiddette crisi neonatali familiari benigne: sono delle crisi motorie che si presentano
soprattutto come spasmi o clonie. Si presentano nel periodo neonatale, ma poi spariscono del tutto dopo i
primi mesi di vita e sono a significato benigno perché non lasciano traccia di sé, anche se hanno una
familiarità, quindi deve esserci un deficit genetico da qualche parte o un’alterazione genetica.
In realtà nel 10-15% dei casi i pazienti poi sviluppano epilessia anche nelle fasi successive dello sviluppo,
quindi non è vero che sono del tutto benigne, ma possono avere delle connotazioni particolari.
Queste crisi familiari neonatali benigne sono dovute a mutazioni di alcuni canali permeabili al potassio.
I canali del potassio regolano l’eccitabilità neuronale come sapete. Si dividono in quattro categorie: ci sono i
canali Kir cioè inward rectifiers, (che abbiamo incontrato per esempio nel diabete e anche in cardio), poi ci
sono i canali del potassio calcio dipendenti, poi ci sono i canali del potassio detti 2 pori, per esempio i
canali TREK e i canali TASK che sono canali che regolano il potenziale di membrana e poi ci sono i canali che
interessano a noi, che sono i canali voltaggio dipendenti che abbiamo trovato nel cuore, perché erano i
canali outward rectifiers.
I canali in questione, nelle crisi familiari benigne neonatali sono Kv7.2 e Kv7.3. I geni si chiamano KCNQ2 e
KCNQ3. (Dovreste ricordarvi che il KCNQ1 è quello che è mutato nella sindrome del long QT di tipo 1 e nella
sindrome dello short QT di tipo 2; nella sindrome del long OT di tipo 1 avete una mutazione con perdita di
funzione mentre nella sindrome dello short QT di tipo 2 avete una mutazione con acquisto di funzione).
Qui le mutazioni sono loss, sono mutazioni con perdita di funzione. Il fatto che queste mutazioni siano
benigne oppure no dipende molto dal tipo di mutazione. In genere le mutazioni di KCNQ3 sono abbastanza
tranquille, quindi voi avete questo fenotipo epilettico alla nascita che però poi si perde con il passare dei
mesi, mentre invece con KCNQ2 le cose cambiano: per esempio se voi avete una mutazione arginina 213
glutammina in questo caso è abbastanza benigna, ma se avete una mutazione arginina 213 triptofano la
mutazione dà anche manifestazioni neurologiche severe e in alcun circostanze può essere responsabile di
autismo.
In alcuni casi le crisi benigne familiari non sono neonatali, ma possono essere neonatali e infantili o
semplicemente infantili, quindi essere più tardive, in cui mantengono il carattere della familiarità, però
esordiscono più tardivamente oppure si protraggono pure nell’infanzia. Quando accade questo, le
mutazioni non sono più a carico dei canali del potassio, ma sono a carico soprattutto di SCN1B e della
subunità dei recettori al GABA di tipo gamma 2. Queste mutazioni possono, a seconda della loro
caratteristica, dare anche delle crisi benigne familiari o neonatali non familiari.
SCN1B è la subunità beta 1 del canale del sodio voltaggio dipendente dove però attenzione, la subunità più
importante è l’alfa. Questa è la forma benigna familiare neonatale che potete avere anche nell’infanzia.
Se voi avete la forma benigna neonatale non familiare, quindi senza mutazione, questa non si considera
epilessia di fatto, ma queste crisi possono dipendere da un fatto che avete alla nascita, per esempio da una
carenza di vitamina B6, corretta la carenza le crisi non ci sono più.

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Quindi le forme benigne familiari vengono considerate come forme di epilessia benigna monogenica, le
forme benigne non familiari non si considerano neanche epilessia, sono crisi che però non vengono
classificate come crisi epilettiche.

Epilessia (encefalopatia) mioclonica precoce

Poi abbiamo la cosiddetta epilessia mioclonica precoce che è di tipo encefalopatico, quindi si chiama in
maniera più corretta encefalopatia mioclonica precoce. È una forma di encefalopatia mioclonica che si
presenta alla nascita di cui non si conosce il difetto genetico, ma si sa che il gene c’è e che è mutato da
qualche parte ed è caratterizzata da scosse miocloniche. (La prossima volta vi parlerò dell’encefalopatia
mioclonica progressiva che invece si sviluppa più tardivamente a partire dal sesto-settimo anno di età).

Sindrome di Otahara e sindrome di West

SINDROME DI OTAHARA: sindrome estremamente grave che è caratterizzata all’EEG da manifestazioni che
si chiamano burst (cioè treno di scarica) suppression (cioè seguita da un silenzio). Viene nei primi giorni
dopo la nascita, con manifestazioni di vario tipo, soprattutto spasmi; fa parte degli spasmi infantili X legati
(X linked) legati al cromosoma X, cioè fa parte di questo tipo di patologie insieme alla sindrome di West
(della quale vi parlerò).
E’ una sindrome che comporta: alterazioni dello sviluppo, ritardo mentale. La sindrome di Otahara è
refrattaria al trattamento farmacologico nella maggior parte dei casi ed è una sindrome che naturalmente
evolve nella sindrome di West, che però si presenta in genere dopo i primi due mesi di vita, quindi la
sindrome di Otahara è più precoce. Quando le mutazioni che inducono la sindrome di Otahara sono
particolarmente severe, la prognosi è infausta e la sindrome di Otahara può portare a morte nelle prime
fasi della vita.
Il difetto genetico adesso ve lo accomuno alla sindrome di West.
La seconda forma caratterizzata da spasmi come vi dicevo, è la sindrome di West che si chiama anche
sindrome di Tic-el-salaam, chiamata anche sindrome degli spasmi in flessione. Questa sindrome è anche
accompagnata da ritardo mentale e alterazioni dello sviluppo e all’EEG c’è una manifestazione che si
chiama ipsiaritmia che significa che c’è aritmia del tracciato in tutte le derivazioni.
Che cosa c’è in comune tra la sindrome di West e la sindrome di Otahara? La differenza naturalmente è
data dalla tempistica, perché la sindrome di West viene dopo, la sindrome di Otahara invece è neonatale. Ci
sono mutazioni in alcuni geni, in particolare il gene più importante è il gene ARX, poi per esempio STXBP1 e
CDK5 L1 (like).
STX sta per sintaxina, che è una proteina del complesso snare che serve per il rilascio vescicolare, quindi
STXBP1 significa binding protein della sintaxina di tipo 1, della proteina che lega la sintaxina;
CDK5 invece fa parte delle protein chinasi ciclina dipendenti che però non entra in gioco nella regolazione
del ciclo, ma nella regolazione del citoscheletro e L1 è una CDK5 like protein, cioè una proteina simile a
CDK5. CDK5 è una delle proteine che fosforila tau.
La proteina ARX invece è una homeobox, è la più interessante tra tutte queste proteine e può avere diversi
tipi di mutazioni. Le mutazioni possono essere loss of function o gain of function.
Nella sindrome di West e nella sindrome di Otahara sono nella maggior parte dei casi gain of function, sono
mutazioni con acquisto di funzione.
Se le mutazioni invece sono loss, danno un fenotipo particolare che prende il nome di lissencefalia
(corteccia liscia). Quindi la sindrome di West e la sindrome di Otahara sono imparentate strettamente con
le displasie corticali.
Come si strutturano queste mutazioni gain of function? Ci sono per esempio delle sequenze ripetute che
sono dei dodecameri presenti nel gene: sono citosina e guanina ripetute (CCGGGCGCGCGG), sembrano
quasi delle isole CpG che sono quelle metilate. Questi dodecameri hanno delle ripetizioni diverse fino a 30.
Perché sono importanti queste mutazioni di ARX? Perché ARX è un gene homeobox che serve per lo
sviluppo dei neuroni GABAergici della corteccia cerebrale, quindi ovviamente quando avete una mutazione

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con perdita di funzione, la citoarchitettonica della corteccia cerebrale viene profondamente mutata. Sto
andando molto in sunto perché i geni coinvolti nella lissencefalia sono tantissimi.
(Sapete cos’è la sindrome della doppia corteccia? C’è un gene che si chiama DCX che sta per double cortex,
che quando viene mutato può dare la cosiddetta eteropatia corticale, cioè si forma un’isola di sostanza
grigia all’interno della sostanza bianca, per questo si chiama double cortex).

Sindrome di Lennox- gasteaut

Andando avanti, avete all’incirca intorno ai due anni, ma anche un po’ prima qualche volta, l’insorgenza
della sindrome di Lennox- Gasteaut. Questa sindrome in realtà è la prosecuzione della sindrome di West ed
è caratterizzata da crisi atoniche, qualche volta crisi toniche o clonie, però le vere crisi tonico-cloniche sono
rare in questa età, perché le crisi tonico-cloniche per venire fuori hanno bisogno di una mielinizzazione
completa. La mielinizzazione ovviamente si completa dopo la nascita, richiede del tempo per esprimersi
bene, quindi per esempio nel neonato una crisi tonico-clonica di grande male non l’avrete mai, avrete degli
spasmi, avrete altri tipi di crisi.
Poi avete le cosiddette assenze complesse che hanno 2-2,5 Hz come frequenza all’EEG. Questa si complica
con ritardo mentale. Uno dei problemi seri è come fare il trattamento della malattia di Lennox-Gasteau,
perché non ci sono dei farmaci che funzionano molto bene.
Il farmaco che potrebbe funzionare è il valproato cioè il depakin. La cosa che tuttavia accade è che gli
effetti avversi del valproato, soprattutto l’epatotossicità, sono effetti che si manifestano maggiormente nei
bambini che hanno meno di due anni, quindi se voi trattate la sindrome di Lennox-gasteaut con l’acido
valproico correte il rischio di effetti avversi come ad esempio l’insufficienza epatica, perché l’acido
valproico tra le mille cose che fa, blocca la beta ossidazione e quindi può dare steatosi epatica.
Si può usare un farmaco che non è molto amato, ma è molto efficace che si chiama felbamato: non è molto
amato perché è uno dei farmaci che dà più effetti avversi di tutti i farmaci antiepilettici e tra questi c’è
epatotossicità e c’è soprattutto l’anemia aplastica, che ha un’incidenza abbastanza importante. Tuttavia gli
effetti avversi del felbamato sono abbastanza infrequenti nei bambini che hanno meno di due anni di età,
quindi il felbamato teoricamente potrebbe essere utilizzato con una certa sicurezza.

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Neuro Farmacologia
21/04/16 Prof. Nicoletti
Alessandra Logoteta

Sindromi epilettiche genetiche


Alla nascita, la sindrome forse più critica è la sindrome di Ohtahara, che, come dicevamo l’altra
volta, è caratterizzata dal punto di vista elettroencefalografico dalla “burst-suppression” cioè da
un’iperattività seguita poi da un silenzio.
È una sindrome che può essere letale, in determinate circostanze, è caratterizzata anche da
spasmi.
La patogenesi non è chiarissima, ma ci sono anche delle forme genetiche, e uno dei geni
interessati è il gene ARX, che è un gene importante per lo sviluppo corticale, infatti a seconda delle
mutazioni potreste avere lissencefalia.
(un grande capitolo, però molto complesso, è quello delle displasie corticali, ci sono delle ottime
review sulle displasie corticali ed epilessia che potete vedere).

La sindrome di Ohtahara evolve naturalmente nella famosa Sindrome di West, che è la famosa
“sindrome del tic di Salaam”, che si chiama anche ipsaritmia, perché il tracciato è aritmico in
diverse derivazioni.
La sindrome di West non ha una prognosi felice perché c’è sempre ritardo mentale.
Dal punto di vista farmacologico è interessante, era uno di quei casi in cui si dava ACTH o
cortisonici, si dava il Synacthen Depot, perché si cercava di simulare la produzione di cortisolo dal
surrene e disedemizzare, dato che a volte la West veniva fuori per danno da forcipe, trauma da
parto.
In realtà sia in West che in Ohtahara la genetica è molto importante: sia il gene ARX che il CDK5-
like, cioè la proteina simile alla kinasi ciclina dipendente di tipo 5 è stata chiamata in causa, e poi
anche la sintaxin binding protein di tipo 1, la SBP1 sembra essere coinvolta (vi ricordate la
sintaxina dov’è? è una proteina del complesso SNARE che quindi regola il trafficking vescicolare).
Nella sindrome di West, oltre ad ACTH e cortisonici, può essere dato anche un farmaco che si
chiama Vigabatrina, che è un antiepilettico di II generazione, ed è un bloccante del metabolismo
del GABA, è un inibitore irreversibile della GABA transaminasi, e per qualche motivo ha una buona
efficacia negli spasmi infantili della West. L’unico problema è che dà edema intramielinico,
soprattutto nel nervo ottico, e quindi dà neuropatia ottica, che nell’adulto si può facilmente
esaminare con l’analisi del campo visivo, mentre nel bambino a 2 mesi di vita diventa molto
complicato, al massimo si possono fare i potenziali evocati visivi.

C’è in realtà una forma di epilessia molto severa che può esordire subito dopo la nascita, che è una
forma di epilessia mioclonica encefalopatica precoce: Early Myoclonic Encephalopathy (EME)
precoce.
Dobbiamo qui stare attenti alle definizioni; si definisce “epilessia encefalopatica” un’epilessia che è
sì sostenuta da una danno cerebrale, ma soprattutto si chiama così quando le crisi aumentano il

100
danno quindi c’è una specie di circolo vizioso tra le crisi e l’encefalopatia. L’encefalopatia è
all’origine delle crisi e questo è ovvio, anzi sono quelle forme di epilessia che si trattano molto
male, perché poi alla fine non si riesce a controllarle, però nello stesso tempo man mano che le
crisi vengono l’encefalopatia peggiora.
Questa forma di encefalopatia può essere di varie origini; genetica, metabolica, per esempio per
condizioni di iperglicemia neonatale, oppure se è alterato il metabolismo degli amminoacidi,
dell’acido metilmalonico etc…ci sono tante condizioni che possono dare questo.

Poi, sempre nella prima infanzia, abbiamo cominciato a parlare delle forme monogeniche
propriamente dette.
Se ricordate, c’è una forma di epilessia, normalmente benigna, perchè in genere se ne va dopo i 2
mesi di età, che è la cosiddetta “crisi neonatali familiari benigne”.
Quando queste crisi non sono familiari non si considerano epilessia, perché possono dipendere da
tante altre cose, ad esempio una carenza di vitamina B6.
Quando invece c’è familiarità in genere c’è una mutazione a carico dei canali del potassio che
generano la corrente Kv 7.2 o Kv 7.3; sono quindi dei canali del potassio voltaggio dipendenti che
sono i prodotti dei geni KCNQ2 e KCNQ3 (KCNQ1 era nelle sindromi del long QT).
Normalmente danno delle convulsioni che si controllano abbastanza bene con il Fenobarbital,
quindi se avete bambini che hanno questa cosa e hanno familiarità date il Gardenale e così
controllate le convulsioni fino ai 2 mesi, e poi tendono ad risolversi da sole o comunque diventano
più gestibili.
Tuttavia un 10-15% di questi bambini può presentare epilessia nella vita adulta, quindi in realtà ci
potrebbe essere un follow up delle crisi neonatali benigne. Inoltre a seconda delle mutazioni, il
fenotipo potrebbe essere molto più complesso, per esempio, c’è una variante con autismo, che
abbiamo segnato la volta scorsa.
C’è inoltre una variante di queste crisi neonatali benigne, cioè le crisi neonatali infantili familiari
benigne e le crisi infantili familiari benigne, quindi avete tre varianti della stessa malattia, laddove
per infantili intendiamo che vanno oltre i 2 mesi di età, quindi sempre nella prima infanzia.
Però quando avete le infantili benigne e le neonatali infantili benigne la mutazione cambia perché
non sono più coinvolti i canali del potassio, ma sono mutazioni prevalentemente con acquisto di
funzione del gene SCN2A che codifica per la subunità del canale del sodio, responsabile delle
correnti Nav 1.2.

A proposito di queste crisi infantili, c’è una variante con movimenti coreici, quindi è coinvolto
l’apparato extrapiramidale con movimenti involontari patologici.

Sindrome di Lennox Gastaut


È l’evoluzione naturale della sindrome di West, caratterizzata da ritardo mentale, dove le crisi
sono atoniche, con perdita del tono muscolare, i bimbi quindi cadono per terra e sono costretti a
volte a vivere col caschetto.
Ci sono anche assenze atipiche, che sono assenze che durano parecchio e sono caratterizzate
anche da manifestazioni neurologiche diverse, concomitanti, e all’EEG vediamo i complessi punta

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onda con frequenza di 2-2.5 Hz, quindi un po’ inferiori come frequenza rispetto a quelli classici da
3 Hz delle assenze tipiche.

Poi andiamo avanti, arriviamo nell’infanzia fino ai 6 anni, e qui abbiamo patologie epilettiche su
base genetica che sono piuttosto interessanti, come quelle che interessano le mutazioni dei canali
del sodio.
Queste sindromi sono imparentate con le convulsioni febbrili, che sono molto comuni, in alcune
stime raggiungono anche il 3-4% dei bambini, e che consistono nelle crisi che si hanno nella fase
ascendente della febbre, soprattutto per infezioni a carico dell’apparato respiratorio, ma non solo.

A volte, le crisi febbrili, acquistano il carattere di epilessia generalizzata, e quindi prendono il nome
di GEFS, generalized epilepsy con seizures (crisi) febbrili.
Se la Gefs si chiama Gefs+, vuol dire che le crisi febbrili sono oltre il 6 anno di età, e in questo caso
nella maggior parte dei casi, avete mutazioni dei canali del Na + e in particolare della subunità dei
canali del sodio che generano la corrente Nav 1.1, codificata dal gene SCN1A (a cardio c’è SCN5A,
che dava mutazioni della corrente Nav 1.5, legata a sindrome di Brugada ed altre sindromi).

Questo canale Nav 1.1 è il canale del sodio più importante in tutto il SNC, ma succede un fatto
strano.
La maggior parte di queste mutazioni sono loss of function, cioè con perdita e non con acquisto di
funzione; potete avere diversi tipi di mutazioni: delle mutazioni non senso, delle mutazioni
missenso, ma potete avere anche delle larghe delezioni, quindi poi la gravità del fenotipo
dipenderà dall’entità della mutazione.
Se la mutazione del canale del sodio è con perdita di funzione, e il canale del sodio è un canale che
crea i potenziali post sinaptici eccitatori, in quali neuroni vedete la mutazione, per vedere un
fenotipo epilettico? Nei neuroni inibitori!
Questa mutazione dunque è diversa rispetto alle forme neonatali/infantili, perché lì era con
acquisto di funzione, qui invece è con perdita di funzione.

Il fenotipo, a seconda della mutazione, può essere quello delle semplici convulsioni, quello delle
Gefs o Gefs+, o a volte, può essere estremamente grave, cominciare prima dei 2 anni di età, e
prendere il nome di Sindrome di Dravet.
La sindrome di Dravet è una patologia molto conosciuta in pediatria. È un’epilessia mioclonica
severa dell’infanzia, o SMEI (severe myoclonic epilepsy of infancy).
Questa esordisce spesso con uno stato febbrile epilettico, cioè in un momento di rialzo febbrile le
crisi vengono fuori à gogo e non si fermano mai.
La stessa cosa può capitare se il bambino fa un bagno caldo, e c’è anche una componente di
fotosensibilità, come risposta alla luce. Evidentemente sono mutazioni del canale del sodio che
sinergizzano con l’alta temperatura, quindi rendono il canale del sodio particolarmente vulnerabile
agli aumenti della temperatura.

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È una sindrome molto complessa in realtà, in alcuni casi può essere anche mortale; e la morte può
venire fuori per SUDEP, cioè la morte improvvisa legata all’epilessia (sudden unexpected death in
epilepsy).
Questa morte improvvisa in genere si ha perché durante la crisi viene massivamente attivato il
parasimpatico, in particolare in nervo vago, quindi la morte si ha per blocco cardiaco e l’unico
modo per evitare la morte da SUDEP è quello di mettere un pacemaker al bambino, che sarebbe
un’ottima cosa da fare, perché anche se c’è una crisi vagale e la frequenza cardiaca scende al di
sotto di un certo numero di battiti, il pacemaker lo salva.
La patologia, come vi dicevo, è complessa, comprende anche: atassia, alterazione dello sviluppo
cognitivo, disordini del movimento, quindi insomma è una vera sindrome neurologica.
Che farmaci dareste voi come anti epilettici se doveste fare una scelta? Non potete dare dei
bloccanti dei canali del sodio perché quello è già bloccato, quindi si danno farmaci GABAergici.
Fenitoina, lamotrigina, carbamazepina, sono controindicati perché peggiorano il quadro di Dravet;
mentre invece i farmaci di prima linea sono le benzodiazepine, in particolare si usa il Clobazam, poi
si usa il Valproato; poi un antiepilettico particolare che si chiama Stiripentolo; ma anche il
Topiramato (Topamax) e il Keppra (Levetiracetam).

Però avete anche un altro fenotipo che può dipendere dalla mutazione di SNC1A, cioè le epilessie
intrattabili del bambino con crisi generalizzate tonico cloniche, ICE GTC (intractable childhood
epilepsy con generalized tonic-clonic seizures).
Anche per questa patologia bisogna utilizzare farmaci GABAergici, perché le mutazioni sono con
perdita di funzione del canale del sodio.

In realtà le Gefs+ non dipendono soltanto da mutazioni SNC1A, ma in alcuni casi anche da
mutazioni dell’SCN2A, e questo in alcuni casi vale anche per la Sindrome di Dravet. L’SCN2A
l’avevamo già visto nelle crisi neonatali familiari o neonatali infantili, però da un punto di vista
quantitativo le mutazioni di SCN1A sono molto più rappresentate. Ricordatevi che l’SCN1A è il
gene che codifica per la subunità che genera la corrente Nav 1.1, mentre l’SCN2A è Nav 1.2.

Inoltre le Gefs + , ma non la Dravet, possono dipendere da mutazioni dell’SCN1B che è quello che
genera la subunità 1 dei canali del sodio(che abbiamo già incontrato in cardio nella LQTS); o
anche da mutazioni della subunità 2 del recettore GABA A, il cui gene si chiama GABRG2.

Quindi se all’esonero dovessi chiedervi le forme sindromiche delle epilessie voi dovete dire che le
mutazioni dei canali del sodio sono responsabili di tutta una serie di patologie collegate alle crisi
febbrili, in genere sono plus, cioè vanno al di là dei sei anni e la forma più grave in assoluto è la
sindrome di Dravet oppure l’ice gtc. Queste forme hanno una terapia tutta particolare, perché è
una terapia che deve utilizzare i farmaci GABA ergici e non certo i bloccanti dei canali del sodio. Poi
spiegate che la gravità del fenotipo dipende dal tipo di mutazione; certo la Dravet può essere
mortale per iperattivazione del vago, e per questo, mettere un pacemaker al bambino può essere
una soluzione per evitare la morte improvvisa che altrimenti potrebbe venire fuori.

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Sempre in questo periodo, cioè nell’infanzia, ci sono delle crisi focali che hanno sede nel lobo
occipitale, in cui ovviamente i sintomi riguarderanno la percezione visiva. Questa epilessia, con
spikes che originano nel lobo occipitale, può presentarsi precocemente, nell’infanzia, o più
tardivamente.
- Se è ad insorgenza precoce, si chiamano “crisi occipitali di Panayiotopoulos”
- Altrimenti se sono ad insorgenza tardiva si chiamano “sindrome di Gastaut”

Andiamo ora alla forma più frequente di epilessia dell’infanzia, che è ad andamento benigno;
normalmente qui entriamo più nella seconda infanzia, perché siamo più tra i 7 e i 9 anni più o
meno, anzi siamo nella childhood perché l’infant finisce a 2 anni.
In questo caso la sindrome si chiama epilessia Rolandica, che è fino al 25% di tutte le forme di
epilessia del bambino. Il focus è intorno al solco principale del cervello, ed è caratterizzata da
spikes centro temporali.
Qual’è la caratteristica dell’epilessia rolandica? Innanzitutto è colpito il volto, quindi quello che
avete più frequentemente sono crisi, sia motorie che sensitive, che interessano al zona del labbro,
e che però a volte si possono estendere alla nuca, al collo, a volte anche agli arti superiori. Poi ci
può essere anche il coinvolgimento del faringe, e talora delle corde vocali, quindi si blocca
improvvisamente la favella e avete un fenomeno che si chiama “anartria”, cioè l’incapacità di
articolare il linguaggio.
L’esito di questa sindrome rolandica è benigno, la prognosi è favorevole; tuttavia ci sono alcuni
casi in cui poi i bambini sviluppano le assenze in una fase successiva.

C’è una patologia rara poi, che è una epilessia encefalopatica che è su base autoimmune, e questo
fa parte del grandissimo capitolo delle epilessie ad origine autoimmune, dove si possono formare
anticorpi che attaccano sia le proteine di membrana, ma anche proteine che si trovano nel nucleo
della cellula.
Alcune forme fanno parte delle encefalopatie limbiche, mentre le forma a cui sto facendo
riferimento si chiama “encefalopatia di Rasmussen”.
State attenti, perché questa è una forma di epilessia focale, ma dove è interessato tutto un
emisfero, l’altro emisfero normalmente non è interessato.
È caratterizzata da crisi ricorrenti, subentranti, un numero enorme di crisi nella giornata; quindi è
come se fosse un’epilessia parziale continua di Kojewnikow, quindi è l’equivalente di uno status
epilettico però di un’epilessia focale.
Naturalmente in base all’emisfero che è coinvolto il linguaggio può essere compromesso o meno,
perché se è coinvolto l’emisfero sinistro, dove c’è il centro di Broca ci saranno grandi difficoltà nel
linguaggio.
In questo caso come si può intervenire? Il trattamento farmacologico tradizionale è piuttosto
fallace perché non riesce a risolvere le crisi. La malattia è di origine autoimmune; inizialmente è la
microglia che presenta l’antigene al sistema immunitario (la microglia sono i macrofagi del sistema
immunitario), poi intervengono i linfociti CD8 + , e questo determina prima attivazione e poi morte
delle cellule nervose, quindi c’è un iter di tipo degenerativo.

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Sono stati trovati anticorpi sia contro la subunità GluA3 dell’AMPA, sia contro i recettori NMDA,
che però oggi sono sempre più comuni nelle patologie neurologiche.
Tuttavia esiste anche una genetica, per esempio la proteina che lega la sintaxina, che abbiamo già
visto nella sindrome di Ohtahara, cioè la SBPX di tipo 1 è stata chiamata in causa per la sindrome
di Rasmussen.
Ancora sono state chiamate in causa alcune componenti virali come l’EBV, o l’herpes virus di tipo
6, HHV6 .
Anche nelle forme genetiche comunque è sempre coinvolto un emisfero, è stranissimo che sia solo
un emisfero, è uno dei grandi misteri delle encefalopatia di Rasmussen. L’attacco del sistema
immunitario avviene solo lì, e come mai c’è la segregazione di un antigene che è presente solo in
un emisfero? Non si sa.
Questo ci fa pensare che comunque il meccanismo sia inside-out e non outside-in, cioè non è il
sistema immunitario che dal di fuori attacca, ma deve essere una sensibilizzazione in centri
germinativi, un po’ come nella sclerosi multipla secondaria, che si trovano vicino alle meningi, che
fanno l’attacco da lì.
Però per qualche strano motivo questi follicoli germinali si vanno a localizzare solo in un emisfero
e non nell’altro.
In terapia per questa sindrome cosa potete fare?
- Cercate di bloccare il sistema immunitario, date immunosoppressori, immunoglobuline in
vena.
- Fate la plasmaferesi che potrebbe essere di una certa utilità.
- Oppure andate sulle misure più radicali, cioè fate l’emisferotomia, cioè isolate un emisfero
dal resto
- O addirittura l’emisferectomia, cioè togliete addirittura un emisfero.
Questi ultimi due interventi chirurgici migliorano enormemente la qualità dei vita del bambino.
Per altro l’encefalopatia di Rasmussen si può verificare anche nell’età adulta, non è soltanto nel
bambino.

Detto questo, andiamo alla patologia forse più riconoscibile in età pediatrica, vale a dire le
assenze.
Le assenze sono una sindrome epilettica, ci sono anche le crisi manifestazioni come assenze
tipiche che sono sindromi epilettiche vere e proprie, però c’è una sindorme che si chiama “assenza
del bambino” che viene indicata come CAE (childhood absence epilepsy) , che si manifesta con
dei momenti in cui il bambino si estranea dalla realtà per pochi secondi, poi torna a fare quello che
stava facendo prima.
Avete qui la presenza di complessi punta-onda, che si hanno in tutte le derivazioni dell’EEG, anche
se sono più evidenti nella linea mediana, e che, come vi avevo detto, dipendono da un’alterazione
del network cortico-talamo-corticale, che vedremo dopo.
Le alterazioni di questo network portano quindi a dei complessi con delle oscillazioni di 3Hz, che si
vedono all’EEG e corrispondono alle assenze.
Questo network è lo stesso che genera i fusi del sonno, cioè gli “sleep spindles”.

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C’è una genetica delle CAE, dove fondamentalmente sono stati coinvolti tre geni; 1.
1. uno di questi tre è SCN1B, che quindi ritorna dalle Gefs+, quindi subunità 1 dei canali del
sodio ceh ora vediamo legata anche alle assenze, chissà perché.
2. L’altro gene che ritorna è la subunità 2 dei recettori al GABA, anche questo legato alle
Gefs+.
3. Il terzo gene è estremamente interessante, perché è il gene che codifica per GLUT1. Cos’è il
GLUT1? È il trasportatore del glucosio di tipo1, che quando viene mutato dà assenze nel
bambino, ma dà anche un quadro molto più complesso, dove c’è anche macrocefalia,
alterazioni neurologiche varie, per esempio del movimento; c’è intellectual disability e poi
c’è ipoglicorrachia, cioè una ridotta presenza di glucosio nel liquor. Perché questo? Se è
mutato il GLUT1 il glucosio nel liquor dovrebbe restare fuori, ma in realtà non funziona così
è un poì più complesso; e stranamente la glicemia è normale.
Quindi il sospetto viene perché quando si fa la puntura lombare si vede che nel liquor c’è
molto meno glucosio del normale, poi si fa la genotipizzazione e si vede se GLUT1 è
mutato, e comunque è un quadro sindromico, con tutti questi altri elementi che vi ho detto
che vi orientano la diagnosi.

Poi si va nel periodo giovanile.


Qui ci sono tre patologie che fanno parte del gruppo delle IGE, cioè epilessie generalizzate
idiopatiche, che sono su base genetica, ma i geni sono soltanto in parte conosciuti.
Le IGE sono tre:
1. Le assenze giovanili, quindi siamo a cavallo della pubertà,
2. La forma più comune di tutte, che si chiama epilessia mioclonica giovanile,
3. Ed infine l’epilessia giovanile con crisi tonico cloniche al risveglio.

Di queste, l’epilessia mioclonica giovanile è sicuramente quella più interessante.


Come dice il nome è caratterizzata da scosse miocloniche, che si hanno soprattutto al mattino, per
qualche motivo dopo le 10 del mattino sono più frequenti; e nonostante si tratti di un’epilessia
generalizzata, quindi un’epilessia che per definizione coinvolge tutta la massa encefalica, la
coscienza nella maggior parte dei casi è conservata.
Quando la volta scorsa abbiamo fatto la classificazione delle crisi, un punto fermo era che le crisi
focali avevano la coscienza conservata, mentre nelle crisi generalizzate invece la coscienza si
perdeva. Però vi ho detto che un’epilessia focale, che era la crisi temporale, aveva la
compromissione della coscienza durante la crisi; qui invece abbiamo un’epilessia generalizzata
senza compromissione della coscienza.
L’epilessia mioclonica giovanile è caratterizzata all’elettroencefalogramma da complessi punta-
onda e poli punta-onda.

La genetica è complessa, nel senso che diversi geni sono stati chiamati in causa.

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· Uno di questi geni è quello che codifica per la subunità 1 del recettore GABA A, che è una
classica subunità presente nel recettore GABA sinaptico, che lega le benzodiazepine e
quindi è molto importante per le caratteristiche funzionali del recettore.
· Poi ci sono due canali del cloro che sono stati chiamati in causa: CLCN2 e CLCN5.
· e poi c’è una particolare proteina coinvolta che ha la capacità di legare il calcio. Vi ricordate
che caratteristica hanno le proteine che legano il calcio? Hanno le EF hand, che hanno una
struttura che è ripiegata come se disegnassero una E ed una F, come le dita della mano; e
quindi questa si chiamerà EFHC1.
Quindi questo significa che l’omeostasi del calcio intracellulare è disregolata nell’epilessia
mioclonica giovanile.
· Ancora c’è un polimorfismo predisponente, che è il polimorfismo del gene che codifica per
la subunità 4 del recettore nicotinico neuronale.

A proposito di recettori nicotinici, la sindrome epilettica che dipende da mutazioni di questi canali
prende il nome di ADNFLE, cioè letteralmente “autosomic dominant nocturnal frontal lobe
epilepsy”, quindi un’epilessia del lobo frontale, notturna, a trasmissione autosomica dominante.
Si chiama così perché sono delle crisi che insorgono durante il sonno, principalmente durante la
fase 3 e 4 del sonno ad onde lente.
È un’epilessia che può essere permanente, cioè queste crisi che si vedono nel sonno, con questi
movimenti particolari, poi persistono nella vita adulta; però insomma sono crisi che
compromettono fino ad un certo punto la qualità di vita.
Le subunità mutate sono e dei recettori nicotinici
L’ il recettore nicotinico più classico che si trova nel SNC, insieme agli omopentameri ; vi
ricordate che un agonista parziale dell’ si chiama vereniclina, ed è lo “champix” che si usa per
la detossificazione dal fumo di sigaretta.
Si è discusso a lungo se queste mutazioni fossero con acquisto o con perdita di funzione; molte
mutazioni alterano i meccanismi di desensibilizzazione del recettore nicotinico e l’affinità
dell’acetilcolina per il recettore nicotinico.
Chiaramente quando sono con perdita di funzione ce li aspettiamo sui neuroni inibitori, come
abbiamo detto per i canali del sodio.

L’altra epilessia genetica interessante riguarda invece una proteina un po’ sibillina, che è la LGI 1.
La L sta ad indicare il fatto che questa proteina è ricca in leucina, la G perché è stata isolata dai
gliomi, e la I sta per inactivated; quindi significa letteralmente “ leucin rich glioma inactivated
protein n. 1”.
Questa è una proteina di membrana, che probabilmente serve al traffico dei recettori AMPA, al
traffico dei canali del potassio, è legata ad ADAM 22, che è un enzima che taglia le proteine di
membrana.
È interessante in quelle forme di epilessia che fanno parte dell’encefalopatia autoimmune perché
molte volte si formano anticorpi con LGI1.
Se ci sono invece mutazioni di questa proteina, l’epilessia che viene fuori prende il nome di
epilessia a trasmissione autosomica dominante, quindi AD, che prende la parte laterale del lobo

107
temporale quindi LTE (lateral temporal epilepsy), con af quindi con caratteristiche uditive (auditory
features), ADTLEAF.

Quindi abbiamo visto due epilessie molto particolari dalle sigle: ADNFLE, e ADLTEAF dove in
questo caso le crisi sono di tipo uditivo, quindi sono semplici ma con caratteristiche sensoriali.

Infine, tra le forme sindromiche di epilessia c’è una sindrome che si chiama malattia di Landau
Kleffner, che è un’afasia secondaria. I bambini cioè cominciano a parlare, ma poi quando
cominciano queste crisi della Landau Kleffner perdono la parola e non parlano più; e non solo non
parlano durante la crisi, ma perdono la favella.

Ci sono poi delle sindromi epilettiche che sono maggiormente a carattere sindromico, e che vuol
dire questo? Che fanno parte in realtà di quadri più complessi, dove ci sono diverse
manifestazioni, però le crisi sono abbastanza interessanti.
Tra queste ci sono, ad esempio, alcune patologie autistiche, come la sindrome dell’X fragile, dove
sono abbastanza comuni le forme di epilessia riflessa, soprattutto di tipo uditivo. Che significa
epilessia riflessa? Che l’ epilessia è scatenata da stimoli sensoriali. I topini che hanno la stessa
mutazione dell’X fragile, si chiamano FMR1 knock out, se li mettete dentro una campana e poi fate
suonare la campana, questi sviluppano le convulsioni.
La sindrome di Angelman, che è quella forma di autismo che è simile alla Prader Willi, però è
l’imprinting che è diverso, la mutazione riguarda UBE3A che è una ligasi dell’ubiquitina. È anche
detta “sindrome del burattino felice”, ci sono tante manifestazioni di questa sindrome, ma
abbiamo anche crisi epilettiche.
Soprattutto, tra le forme di autismo monogenico, probabilmente quella che ha autismo sempre,
nel 100% dei casi, prende il nome di sindrome di Rett; è legata al cromosoma X e dipende da
mutazioni di mecP2.
MecP2 si lega ai tratti metilati dei promotori e regola l’espressione genica, nella sindrome di Rett
può essere mutato o anche duplicato, dipende dal tipo.

C’è poi il capitolo delle epilessie miocloniche progressive.


Sono patologie rare ma abbastanza interessanti in neurologia.
Abbiamo già incontrato l’epilessia mioclonica della primissima infanzia, cioè l’EME, l’epilessia
mioclonica giovanile, che però è una forma relativamente benigna che poi col tempo si risolve,
anche se non in tutti i soggetti; mentre invece le epilessie miocloniche sono patologie gravissime,
mortali tutte, chi più chi meno, solo nel senso che l’età di morte cambia da patologia a patologia.
· La prima di queste patologie è la malattia di Unverricht-Lundborg (MUL), o epilessia
mioclonica mediterranea.
Questa patologia ha un cluster in Finlandia, dove ha addirittura una prevalenza di 1:20.000
che per un’epilessia mioclonica progressiva è un numero abbastanza significativo. Nel resto
d’Europa è decisamente meno frequente, tranne che nel bacino del Mediterraneo,

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soprattutto nell’Europa del sud e nell’Africa meridionale, dove invece c’è nuovamente una
prevalenza un po’ alta.
È una malattia che insorge dai 6 ai 15 anni di età.
L’esito oggi è sempre mortale, ma ci sono pazienti che arrivano anche a 60 anni di età
perché le condizioni generali sono molto migliorate, per l’evoluzione dei farmaci
antiepilettici, perché ne sono stati trovati altri che bene o male un po’ la possono
controllare.
Il difetto genetico interessa un inibitore delle proteasi che prende il nome di cistatina B , da
non confondere con la cilastatina che quell’inibitore delle tiolproteasi che si mette insieme
all’imipenem negli antibiotici.
La cistatina B invece è un inibitore endogeno delle tiolproteasi quando è mutata le proteasi
cominciano a funzionare senza controllo e distruggono tutto, infatti poi l’andamento è
degenerativo.
È una sindrome caratterizzata anche da atassia, disturbi del movimento, deficit cognitivo
ingravescente; quindi abbiamo tutta una serie di manifestazioni neurologiche di vario tipo.
La cosa buona qui è che adesso si vive fino a 60 anni, mentre prima si moriva molto presto.
Il gene chiamato in causa è l’EMP1.

· Invece è di maggiore gravità, ed anche ad esordio completamente inaspettato, la patologia


degenerativa con inclusioni cosiddette a corpi di Lafora. Cosa sono questi corpi di Lafora?
Sono delle inclusioni di poliglucosani.
È una patologia degenerativa gravissima che esordisce improvvisamente dopo i 10 anni di
età, quindi i bambini prima di quell’età sono completamente normali; poi però
evidentemente gli inclusi raggiungono una certa soglia e da lì comincia un declino cognitivo
con degenerazione progressiva che inevitabilmente porta a morte nell’arco di qualche
anno.
Il gene chiamato in causa è l’EMP2A (epilessia mioclonica progressiva di tipo 2 A, il nome è
così anche in inglese, non si invertono le lettere) e la proteina codificata prende il nome di
Laforina. La Laforina è una fosfatasi che è importante per la sintesi di glicogeno quindi le
inclusioni sono di poliglucosani, perché tutto sommato è un’alterazione del metabolismo
del glicogeno.
· C’è tuttavia una seconda variante dell’epilessia a corpi di Lafora dove il gene si chiama
invece di EMP2B e la proteina codificata prende il nome di “malina”, che è un’E3 ligasi, cioè
una proteina coinvolta nel complesso ubiquitina- proteasoma.

Quindi diciamo che l’ Unverricht-Lundborg e l’epilessia a corpi di Lafora sono le principali forme di
epilessia mioclonica progressiva, alle quali però si aggiunge una forma mitocondriale che si
chiama:
· MERRF, encefalopatia mitocondriale con rugged red fibers, cioè con fibre rosse sfrangiate,
perché è fondamentalmente una miopatia.
La mutazione è a carico dell’RNA transfer del mitocondrio, che trasporta principalmente la
leucina; ma ci possono essere diverse mutazioni sempre del tRNA mitocondriale.

109
Naturalmente in questi casi, come sapete, la trasmissione è matrilineare ed è una patologia
assimilabile alla MELAS, che invece è l’encefalopatia mitocondriale con acidosi lattica e
stroke.
Considerate che la MERRF è anche una delle cause genetiche di diabete, rivedetevi
endocrino a questo proposito.

· Poi c’è un gruppo di patologie molto strane, che si chiamano lipofuscinosi ceroidi
neuronali (siamo sempre nel contesto delle epilessie miocloniche progressive).
Sono patologie caratterizzate dall’accumulo di lipofuscina, cioè di pigmenti lipidici
all’interno delle cellule nervose.
In realtà ce ne sono, credo 5 varietà:
1. La prima varietà, che è quella devastante, più severa, che è quella che si chiama “late
infancy”, cioè che interessa la seconda infanzia. Qui il gene mutato è stato trovato,
codifica per una tripeptidil peptidasi, cioè una proteina che stacca 3 amminoacidi alla
volta dalle proteine. Questa forma si chiama Epilessia di Jansky Bielschowsky.
2. Poi ci sono altre due varianti di queste forme, una che si chiama “variante della forma
tardiva infantile”
3. E una che si chiama “variante finlandese”
4. C’è poi ancora una forma giovanile, che si chiama anche “sindrome di Batten”
5. E poi c’è una forma dell’adulto.

· Ancora sempre tra le forme miocloniche dell’adulto ci sono le Sialidasi, dove è alterato il
metabolismo dell’acido sialico o acido neuraminico, come i difetti di neuraminidasi.
Ovviamente l’acido sialico si trova nei glicolipidi complessi, ma lo sapete. Sono
principalmente malattie da accumulo.

· Infine l’ultima forma di epilessia mioclonica giovanile, anche abbastanza grave, si chiama
Atrofia Dento-Rubro-Pallido-Luisiana (DRPLA), in cui è colpito il nucleo dentato del
cervelletto, il nucleo rosso, il globo pallido e il nucleo subtalamico di Luys.

Substrati di terapia
La fisiopatologia dell’epilessia fondamentalmente funziona così.
Tutti noi abbiamo frequentemente delle micro-crisi, che riflettono il fatto che alcuni neuroni, nel
profondo della nostra corteccia, abbiano una scarica ipersincrona in qualunque momento della
nostra vita; però queste micro-crisi non creano poi un fenotipo epilettico perché sono abortite.
In alcuni casi possono diventare macro-crisi, che però anche quelle finiscono lì e, se ricordate,
almeno il 20% della popolazione ha esperienza di “crisi esperienziali” che cioè interessano il lobo
temporale.
C’è da chiedersi però, come mai queste micro-crisi talora diventano macro-crisi? E cosa c’è tra la
micro-crisi e la macro-crisi, e tra la macro-crisi e l’epilessia? Laddove per epilessia si intende delle
crisi ricorrenti, infatti ci vogliono almeno due crisi per fare diagnosi di epilessia e queste due crisi

110
devono essere separate nel tempo, con almeno 12 ore di distanza , ma probabilmente di più; a
meno che non ci sia una singola crisi ma con delle caratteristiche particolari, tipo paralisi di Todd,
familiarità, basso Q.I., o status epilettico, perché tutte queste caratteristiche autorizzano a
cominciare il trattamento subito.
Il periodo di tempo che intercorre tra una crisi e lo sviluppo dell’epilessia prende il nome di
“epilettogenesi”.
La maggior parte dei farmaci che noi abbiamo a disposizione non sono efficaci nei confronti
dell’epilettogenesi, ma attaccano la crisi, mentre oggi si dà molta importanza al fenomeno
dell’epilettogenesi.
L’epilettogenesi è una forma di memoria dell’iperattività, esattamente come accade nell’emicrania
in cui avete un focus, cioè esiste un locus minoris resitentiae che viene eccitato più facilmente
(infatti nel soggetto emicranico se voi fate la stimolazione magnetica trans cranica, mettendo uno
stimolatore di onde magnetiche accanto al lobo occipitale, voi generate i fosfeni cioè cominciate a
vedere i lampi di luce).
Quello che accade poi è che da questo focus, come per incanto, scatta un’onda di depolarizzazione
ma che, state attenti, nel caso dell’emicrania crea depressione a lungo termine della trasmissione
eccitatoria, e quindi voi avete fenomeni negativi della sensibilità, cioè lo scotoma, questo campo
nero, un buco nel campo visivo che si allarga sempre di più. Nel caso dell’epilessia invece voi avete
potenziamento a lungo termine, non depressione!
La trasmissione eccitatoria si va potenziando sempre di più, e così come se cammino per strada ed
incontro un mio amico lo riconosco perchè le sinapsi del mio amico nel mio cervello sono più forti
rispetto a quelle delle altre persone che lo circondano, alla stessa maniera una crisi epilettica viene
fuori perché il circuito che porta alla crisi è potenziato rispetto agli altri.

E allora quali sono i primi attori di questo fenomeno, che si conosce molto poco nonostante
l’enormità di studi fatti su questo?
Probabilmente i primissimi attori sono i canali del sodio voltaggio dipendenti.
Questi formano una grande famiglia di canali che sono responsabili del potenziale di azione; si
chiamano voltaggio dipendenti perché sono canali che si aprono con la depolarizzazione di
membrana.
Questi canali in condizioni normali sono in posizione di riposo; si aprono nell’arco di centinaia di
ms quando la membrana si depolarizza al di là di una certa soglia.
Questo li trasforma, da canali in condizioni di riposo (R), a canali O, cioè aperti e a questo punto
entrano ioni Na+. Tuttavia, nell’arco di pochi ms, il canale passa dallo stato O allo stato I, di
inattivazione.
State attenti che durante lo stato di inattivazione c’è sempre la depolarizzazione, tuttavia il canale
non conduce più.
È importantissimo che ci sia un passaggio dallo stato O allo stato I, perché la riattivazione del
canale dipende solo dal tempo che il canale impiega per tornare dallo stato I allo stato R.
Se un canale non torna allo stato di riposo non si può riattivare.
Quindi voi avete uno stato R di riposo, uno O aperto e poi lo stato I che rapidissimamente viene
fuori e poi un ritorno allo stato R. questo tempo di ritorno allo stato R diventa un elemento critico.

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Le mutazioni che sono all’origine delle Gefs, che sono mutazioni con perdita di funzione, però i
canali del sodio sono negli interneuroni inibitori; fanno sì che si prolunghi il tempo in cui il canale
torna nello stato R.
Se invece, come nelle crisi benigne neonatali infantili, avete mutazioni del canale del sodio con
acquisto di funzione, ovviamente il tempo di ritorno allo stato R è accorciato, così il canale si
inattiva però torna alle condizioni di riposo molto rapidamente.
Questo ciclo di inattivazione si chiama “ciclo di inattivazione rapida”.

La maggior parte dei farmaci antiepilettici blocca il canale del sodio.


Il blocco dei canali del sodio è:
- Voltaggio dipendente, perché il blocco dipende dal potenziale di membrana
- Uso dipendente, perché il canale deve essere prima attivato perché i farmaci lo possano
bloccare; il che già ci dice una cosa importantissima, perché in quale fase i farmaci
antiepilettici si infilano nel canale e lo bloccano? Il canale deve essere prima aperto, ma i
farmaci non entrano quando il canale è aperto O, ma quando è nello stato inattivato I,
quindi quando c’è ancora la depolarizzazione ma nel momento in cui il canale si inattiva.
- Frequenza dipendente , perché la probabilità statistica che loro entrino nel canale è
maggiore se il canale scarica ad alta frequenza. Questo è ottimo dal punto di vista del
design farmaceutico, perché i farmaci antiepilettici non devono sedare, ma devono
selezionare esclusivamente quei canali che scaricano ad alta frequenza.

I farmaci più importanti, che bloccano i canali del sodio, ma che poi ovviamente la prossima volta
vedremo uno per uno sono:
- Fenitoina (già l’avevamo incontrata, perché è un farmaco della classe I b)
- Carbamazepina, farmaco molto famoso, il “Tegretol” che si usa nelle epilessie focali, ma
anche nelle crisi generalizzate, nei disturbi bipolari e anche nel trattamento della nevralgia
del trigemino e del glosso faringeo
- Oxcarbazepina “Tolep”
- Acido Valproico “Depakin”, nonostante abbia cinquemila meccanismi d’azione blocca
anche i canali del sodio
- Felbamato, che è il farmaco più attivo in assoluto nella Sindrome di West, come abbiamo
potuto vedere l’altra volta
- Topiramato, che agisce anche da bloccante del canale del sodio
- Zonisamide
- Lamotrigina che è un farmaco di II generazione ma che adesso è diventato un farmaco di
prima linea sia nel trattamento delle crisi focali che dell’epilessie generalizzate tonico
cloniche, grande male, e si usa anche molto nei disturbi bipolari.

Quello che abbiamo descritto è il ciclo di inattivazione rapida, oltre a questo tuttavia c’è un
secondo ciclo di inattivazione dei canali del sodio, che si chiama ciclo di inattivazione lenta.

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Questo ciclo viene ingaggiato solo in condizioni particolari, cioè solo nel momento in cui voi avete
dei neuroni che scaricano a frequenza altissima.
Questo ciclo di inattivazione lenta, quando entra, non dura ms, ma s (secondi proprio); ed è
responsabile del fatto che i potenziali d’azione comincino a diradarsi, cioè è responsabile del
fenomeno dello “spike accomodation”.
Naturalmente se avete dei farmaci che fanno entrare i canali del sodio nel ciclo di inattivazione
lenta avete un’ottima azione antiepilettica e probabilmente potete anche sfruttarla nei casi in cui
si crei resistenza.
Un farmaco che agisce così è la Lacosamide cioè il “Vimpat”, che è un farmaco che oggi ha
acquistato molta popolarità.

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Autori: Dario Fioravanti & Stefania Cortese
Lezione: farmacologia
Data: 28-04-16
Nell'epilessia la micro-crisi diventa macro-crisi, cioè tutti noi abbiamo delle micro-crisi, quindi i
neuroni scaricano in maniera sincrona, però questo poi non si traduce in una vera crisi epilettica, in
un epileptic seizure, perchè naturalmente non c'è la diffusione, quindi non diventa macro-crisi, non
ci sono sintomi.
Chi si occupa di epilettogenesi si pone 2 problemi:
1. da cosa nasce la micro-crisi
2. come fa la micro-crisi a diventare macro-crisi, e come fa eventualmente l'iperattività a
diffondere, in alcuni casi, a tutta la massa encefalica.
– Quando questo avviene l'epilessia non si chiama più focale ma generalizzata, e il modo
più corretto per interpretarla è epilessia focale secondariamente generalizzata, cioè si
parte da un focus e poi la scarica generalizza.
– Mentre invece la cosiddetta epilessia generalizzata esordisce come tale, partendo dalla
formazione reticolare; quindi il focus magari c'è, ma siccome la formazione reticolare
proietta direttamente a tutto l'encefalo la crisi si generalizza senza che ci sia un punto di
partenza apparente.
Origine micro-crisi
Ovviamente deve essere legata a qualcosa che regola l'eccitabilità di membrana, e i principali
candidati sono i canali del sodio, i particolare i voltaggio dipendenti.
Sono formati da subunità α e β.

Fig. subunità α, struttura


La subunità si ripete per 4 volte (D1-4). A differenza dei recettori al Glutammato, al GABA e anche
nicotinici, formati da 5 subunità, ognuna composta da 4 o 5 domini transmembranari ( a seconda che si
consideri o meno il falso dominio ), in questo caso i domini sono 6, che si ripetono 4 volte. Il poro, cioè
la parte centrale del canale, è formato dal loop compreso tra S5 e S6, mentre i sensori del voltaggio
si trovano in parte sul loop, ma anche su S4 (soprattutto) e S3.
La subunità α è la parte centrale, mentre invece le subunità β sono periferiche.
Possono formare diverse correnti, le più importanti nel SNC sono Nav1.1, Nav1.2 e Nav1.6.
Nav1.1 e 1.2 sono in assoluto quelle che contribuiscono maggiormente al pda propagato, mentre
Nav1.6 è particolarmente importante nel caso dell'epilessia perchè è una corrente persistente, cioè
non ha una fase di inattivazione, per cui poi deve tornare alla fase di riposo (o per lo meno
l'inattivazione c'è, ma il ritorno alla fase di riposo è velocissimo, quindi il canale continua ad attivarsi sempre ).
Proprio per questa caratteristica la corrente Nav1.6 è stata accostata alla genesi delle crisi
epilettiche.
Altre correnti: Nav1.3, però presente soprattutto nella vita fetale; Nav1.4 si trova invece nel
muscolo scheletrico, Nav1.5 si trova invece nel cuore. Nav1.7 e Nav1.8 sono invece 2 correnti
portanti che si trovano nei DRG (gangli delle radici dorsali), quindi non hanno nulla a che vedere
con l'epilessia.

114
Nav1.7 e Nav1.8 sono fondamentali per la patogenesi del dolore, e in particolare sono coinvolte nel
dolore neuropatico, tipo di dolore che deriva da alterazioni anatomiche e funzionali delle vie del
dolore.
Seguono infine Nav1.9 (ultima vera corrente) e anche Nav1.10 che però non è un canale del Na+, non
è una corrente reale ma probabilmente un sensore del Na+ (una specie di "antenna" che vede il Na+).
Quasi tutte le correnti del Na+ sono sensibili alla TTX, tranne Nav1.8 e Nav1.9, resistenti (TTX è una
tossina, chiamata tetrodotossina, prodotta dal pesce palla ).
Nav1.7 (che appunto si trova nel DRG, insieme a Nav1.8) è stata legata a patologie genetiche che
interessano il dolore.
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Excursus
ci possono essere mutazioni di Nav1.7, gain, quindi che rendono il canale più attivo, che danno origine a:
– eritermelalgia, dolore feroce che colpisce gli arti, si chiama in questo modo perchè c'è
arrossamento della cute, perchè fondamentalmente il sistema ortosimpatico viene bloccato; quindi
blocco del simpatico e nello stesso tempo dolore agli arti.
Da differenziare dall'eritromelalgia, dipendente da microtrombi piastrinici e si cura con l'aspirina.
L'eritermelalgia è invece una patologia genetica correlata a mutazione di Nav1.7.
Perchè l'attivazione del Nav1.7 attiva le fibre sensitive del dolore, e quindi c'è dolore, ma allo stesso tempo
inibisce le fibre dell'ortosimpatico, quindi c'è arrossamento della cute per vasodilatazione. Il motivo è che
nelle fibre sensitive del dolore ci sono Nav1.7 e anche Nav1.8; Nav1.7 genera una depolarizzazione molto
transitoria, che però determina attivazione di Nav1.8 (attivazione del Nav1.8 da parte della
depolarizzazione: Nav1.8 ha una soglia più alta, ha bisogno di depolarizzazione sostenuta [più alta di
Nav1.7] per potersi aprire), il quale, quando attivato, causa dolore.
Invece nelle fibre dell'ortosimpatico Nav1.8 non c'è, e la depolarizzazione che Nav1.7 provoca inattiva altri
canali, bloccati dalla depolarizzazione, quindi succede che l'assenza di Nav1.8 nelle fibre dell'ortosimpatico
spegne le fibre dell'ortosimpatico, quindi c'è l'arrossamento della regione cutanea.
– dolore parossistico alle estremità, questo è un dolore molto violento, che prende la regione
periorbitale, la regione oro-mandibolare e perianale.
In queste patologie i bloccanti dei canali del Na+ diventano dei farmaci di prima linea.
In caso di mutazioni loss di Nav1.7 questo determina insensibilità assoluta al dolore. Patologia molto seria,
che porta a ferite e problemi di varia natura.
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I geni dei canali del Na+ voltaggio dipendente: SCN, seguito da un numero corrispondente al tipo
di corrente che si genera, e poi da una lettera che indica la subunità ( A per α, B per β, ecc...);
– SCN1A (subunità α del canale del Na+ che genera la corrente Nav1.1) , principale responsabile della
malattia di Dravet, epilessia mioclonica severa dell'infanzia;
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Excursus
non tutte le lesioni della SM (sclerosi multipla) dipendono da demienilizzazione o da attacco del sistema
immunitario: nel cervelletto, nelle cellule del Purkinje, propriamente per azione di citochine pro-
infiammatorie, c'è un'espressione ectopica di Nav1.8, quindi le cellule del Purkinje acquistano un canale del
Na+ normalmente presente nei DRG e i sintomi cerebellari della SM, che fanno parte della triade di
Charcot, sono sintomi molto standard, possono dipendere da disfunzione delle cellule del Purkinje,
indipendentemente dalla demielinizzazione.
Se per esempio un paziente ha una CIS (episodio clinicamente isolato, cioè un episodio teoricamente con
caratteristiche cliniche della sclerosi multipla, che però non è detto che lo sia, può rimanere come episodio
isolato) per essere certi che la CIS non dia poi degli esiti si fa il conditional eye blink reflex. Quando si
sfiora la cornea automaticamente si chiude la palpebra, questo è un eye blink non condizionato; però se si
fa questo tipo di test dando per esempio un suono o una luce, e quando c'è il suono e la luce c'è la
stimolazione della cornea automaticamente, poi il condizionanento resta e se si accende la luce voi chiudete
automaticamente la palpebra. Questo tipo di condizionamento coinvolge il cervelletto e se c'è un'alterazione
dei circuiti cerebellari il condizionamento è alterato. Serve a dimostrare se ci sono segni cerebellari residui
nonostante la risonanza non dia alcun tipo di lesione al cervelletto. Normalmente non si fa però è un test di
funzionalità cerebellare molto utile.

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si continua così fino a SCN5A, una cui mutazione loss causa Brugada, mentre una gain da
LQT tipo3, quindi è correlato a patologie cardiache.
– A partire dalla corrente Nav1.6 i geni si sfasano di 2, cioè il gene codificante per la subunità
α che genera Nav1.6 (corrente persistente) si chiama SCN8A (no SCN6A), quindi questo
significa che Nav1.7 è codificato dal gene SCN9A e così via.
SCN1A è correlato alla sindrome di Dravet, ma in generale nelle GEFS+ ( Generalized Epilepsy with
Febbrile Seizures plus context ) o crisi febbrili generalizzate, "+" significa che insorgono dopo i 6 anni.
La Dravet inizia prima, dopo i 6 mesi ed è una sindrome gravissima, caratterizzata da:
compromissione cerebellare, atassia, ritardo mentale, sono delle crisi che si controllano molto male,
e poi c'è la morte improvvisa.
Questa è una sindrome in cui può esserci la SUDEP, cioè la sudden unexpected death in epilepsy. Si
verifica perchè l'epilessia fa iperattivare il parasimpatico e il cuore si blocca. Un modo per cercare
di evitare questo è mettere un pacemaker, che può sembrare strano per un bambino però salva la
vita.
Una cosa interessante delle mutazioni dei canali del Na+ che danno Dravet o in genere GEFS+, e
sono SCN1A, 2A e 1B (in cui è colpita la subunità β, in particolare la 1), è che la maggior parte di queste,
contrariamente a ciò che si pensava, sono delle mutazioni loss ( perchè sarebbe stato più logico pensare a
mutazioni gain), quindi il canale del Na+ funziona molto male nei neuroni inibitori e le cellule
piramidali vengono disinibite e iniziano a scaricare in modo incontrollato. Ovviamente non dare
mai, in un bambino con sindrome di Dravet, bloccanti dei canali del Na+, che sono la maggior parte
dei farmaci anti-epilettici, ma si devono somministrare (politerapia, a 3-4 o 5 farmaci):
– Clozaban (Frisium), una benzodiazepina, perchè c'è un'inibizione deficitaria, che si deve
ripristinare;
– Acido Valproico (Depakin), che blocca anche i canali del Na+ ma ha un'azione GABA
mimetica importante, ed è per questo che si somministra;
– Stiripentolo, altro GABA mimetico, che agisce bloccando il metabolismo del GABA o
anche attraverso altri meccanismi;
– in alcuni schemi si può usare il Topiramano (Topamax), ma non sempre;
– alcuni inseriscono il Levetiracetam (Keppra);
i classici bloccanti del Na+ (Fenitoina, Carbamazepina, Lamotrigina) peggiorano il quadro perchè la
mutazione è già con perdita di funzione, perciò se si somministra un bloccante dei canali del Na + le
cose automaticamente peggiorano.
Il canale del Na+:

normalmente è in condizioni di riposo/chiuso (R) e ovviamente trattandosi di un canale voltaggio


dipendente il canale del Na+ si apre con la depolarizzazione di membrana e dallo stato di riposo
passa allo stato open/aperto (O), questo avviene nell'arco di 100 a 400 microsecondi.
Nello stato aperto il canale conduce e chiaramente entra Na+; quindi un classico canale voltaggio
dipendente che si apre con la depolarizzazione.

116
Solo che poi, dopo pochi millisecondi il canale passa dallo stato O allo stato inattivato (I), fase in
cui il canale non conduce più, nonostante ci sia ancora depolarizzazione, quindi è una forma di
inattivazione "rapida" del canale.
Perchè il canale si possa riaprire deve tornare dallo stato di inattivazione allo stato di riposo e in
genere questo ritorno allo stato di riposo è favorito dall'iperpolarizzazione o meglio dalla
ripolarizzazione, cioè si deve riformare il potenziale di membrana. Questo intervallo, tra stato I e
stato R è l'elemento critico della cinetica del canale del Na +: più breve l'intervallo, più il canale si
aprirà con frequenza elevata; più lungo l'intervallo, meno (più lentamente) il canale si aprirà.
Le correnti Nav1.6, cioè le correnti del Na+ persistenti, che probabilmente hanno un ruolo
importante nell'esordio della crisi epilettica, sono correnti in cui questo tempo di ripolarizzazione
che riporta il canale dallo stato inattivo allo stato di riposo è estremamente corto, per cui il canale si
può riattivare in continuazione, perciò la corrente Nav1.6 si chiama corrente persistente del Na+.
All'interno di questo ciclo, i farmaci che bloccano i canali del Na+, che sono i seguenti:
– Lamotrigina (Lamictal), nato come farmaco di seconda linea, ma oggi di prima linea, nelle
crisi focali e nelle crisi generalizzate tonico cloniche grande male.
– Fenitoina
– Carbamazepina
– Oxcarbazepina
ma anche
– Valproato
– Topiramano
– Zonisamide
– Felbamato
la maggior parte degli studi sono stati fatti su Lamotrigina, Fenitoina e Carbamazepina, e questi
farmaci entrano (quando c'è depolarizzazione, però il canale è inattivo, per questo il loro meccanismo si chiama
voltaggio dipendente) nel canale bloccandolo quando il canale si trova nella fase di inattivazione;
agiscono prolungando il tempo necessario perchè il canale recuperi, quindi prolunga il tempo di
recupero del canale, cioè fanno sì che il tempo che intercorre tra fase di inattivazione e di riposo si
allunghi.
Il loro meccanismo ha 3 caratteristiche:
– voltaggio dipendente;
– uso dipendente, perchè il canale deve essere prima aperto ed entrare nello stato di
inattivazione perchè loro si possano legare, per questo uso dipendente, cioè il canale deve
essere usato;
– frequenza dipendente, ma questo avviene perchè la fase di inattivazione è più frequente
quanto maggiormente il canale è attivato con più alta frequenza, quindi la probabilità
statistica che loro vadano a bloccare il canale è maggiore quando scaricano ad alta
frequenza;
sono caratteristiche condivise dagli anestetici locali.
Quindi l'intervento di queste sostanze è sul ciclo di inattivazione rapida.
Oltre a questo c'è un altro ciclo, di inattivazione lenta, in cui il canale dallo stato aperto passa a
uno stato inattivato ma la cinetica, compreso il ritorno allo stato di riposo avviene nell'arco di
secondi (e non nell'arco di millisecondi). Questo ciclo di inattivazione lenta normalmente non opera, a
meno che il canale non scarichi a frequenza molto elevata, allora questo canale ingaggia un ciclo di
inattivazione lenta, responsabile del fenomeno della spike accomodation ( in cui per esempio si ha una
scarica ad alta frequenza, dopodichè gli spike si fanno più diradati, proprio perchè il canale ingaggia questo ciclo
di inattivazione lenta ). A proposito di questo ci sono 2 farmaci favorenti la transizione del canale verso
il ciclo di inattivazione lenta: Lacosamide (Vimpat) ed Eslicarbazepima. Il punto di forza di Vimpat è
che può essere attivo in pazienti che sono resistenti ad altri farmaci che bloccano i canali del Na+.

117
L'impiego dei bloccanti dei canali del Na+ è ristretto a epilessia focale ed epilessia tonico clonica
generalizzata tipo grande male.
Per capire se un farmaco può essere attivo in una crisi di grande male o in una crisi focale in genere
si usano dei test, dei modelli animali, e il test che si usa in questo caso sono le crisi generalizzate
indotte da dosi massimali di elettroshock (si induce l'elettroshock per esempio nel ratto, a dosaggi
massimali, il ratto ha una fase tonica, seguita da clonie, e in genere i farmaci bloccanti dei canali del Na + sono
molto efficaci nel far abortire la fase tonica delle crisi massimali da elettroshock, mentre invece sono meno
efficaci nella fase clonica ).

Un altro target di terapia sono i canali deL calcio voltaggio dipendenti,questi si dividono in due
grandi categorie:
• canali ad alta soglia ( richiedono una forte depolarizzazione per potersi aprire)
• canali a bassa soglia
canali alta soglia: sono molto popolari in farmacologia e quelli più popolari di tutti sono i canali
L ( long lasting) per i quali sono utilizzati in campo cardio-vascolare i farmaci calcio antagonisti ma
non vi è nessun impiego nel campo dell'epilessia. Appertengono ai canali ad alta soglia i canali P/Q
che sono canali molto interessanti perchè le mutazioni delle subunità alfa di questi canali sono
legate all'emicrania emiplegica familiare e ad altre patologie neurologiche parossistiche. Ci sono
poi i canali N dove N sta per "neuronale" e poi infine i canali R che hanno un ruolo meno
importante,. Tutti questi canali sono accumunati dal fatto che si aprono con larghe depolarizzazioni
e rimangono aperti per un periodo di tempo abbastanza lungo.

I canali che sono invece bersaglio dei farmaci antiepilettici sono invece i canali a bassa soglia e in
particolare i canali T, che sono così denominati perchè producono delle correnti transitorie e in
generale delle correnti piccole che si chiamano TINY, quindi T sta per TRANSIET E TINY. Le
correnti che vengono qui generate si chiamano CaV 3,1/ 3,2/ 3,3. tra queste correnti la più
importante di tutte è la 3,2 in quanto coinvolta nel meccanismo dell'epilettogenesi ovvero questa
memoria dell'epilessia che si viene formando nel tempo ed è resposabile del fatto che per esempio
se si ha un'infiammazione acuta del SNC qualche tempo dopo cominciano a svilupparsi le crisi,
ovvero avviene una genesi dell'epilessia nel tempo, i meccanismi di questa genesi sono ancora
oscuri si pensa possano coinvolgere una trasmissione sinaptica con recettori NMDA.
I canali T devono la loro popolarità nell'epilessia per il fatto che sono coinvolti nella genesi delle
assenze, questo deriva dal fatto che i canali T sono particolarmente rappresentati nel talamo.

PATOGENESI DELLE ASSENZE:

le assenze sono delle manifestazioni generalizzate, si dividono in assenze tipiche e atipiche, dove le
tipiche sono molto semplici ci si estranea dalla realtà per pochissimi secondi e poi si torna a fare
quello che si faceva prima e il correlato elettroencefalografico sono complessi punta-onda di 3 Hz
in tutte le derivazioni e in particolar modo rappresentati lungo la linea mediana.

DA COSA NASCONO LE ASSENZE?

Nascono da oscillazioni patologiche di un circuito riverberante all'interno dello stesso circuito


responsabile dei cosiddetti fusi del sonno: questo circuito si chiama network talamo-corticale o per
essere più precisi circuito cortico-talamo-corticale.
I principali nuclei talamici di relè della sensibilità si chiamano ventrale-postero-laterale e ventrale-
postero-mediale, e si chiama nell'insieme complesso ventro-basale del talamo (VB). Il complesso
ventro-basale del talamo è composto da neuroni che proiettano alla corteccia, non sono presenti
neuroni inibitori ma solo neuroni eccitatori. Dal VB originano fibre glutammatergiche che arrivano
alla corteccia e l'elemento che risponde sono le cellule piramidali che vanno dal 3° al 6° strato; la
cellula piramidale a sua volta invia una fibra che giunge al talamo rilasciando glutammato.

118
Se il sistema fosse così semplice rappresentato semplicemente da un arrivo eccitatorio e un ritorno
eccitatorio non si potrebbe mai giustificare l'oscillazione quindi ci vuole un terzo elemento del
circuito.
Questo terzo elemento è rappresentato dal nucleo reticolare del talamo: è una specie di virgola
presente intorno al talamo che rappresenta la porzione più alta della formazione reticolare. Nel
nucleo reticolare sono presenti neuroni che proiettano al VB del talamo, sono dei neuroni a GABA
e hanno il compito di inibire il complesso ventro-basale del talamo.
I neuroni del nucleo reticolare del talamo vengono stimolati da fibre del VB, quindi è presente una
comunicazione non solo reticolare--> VB ma anche VB--> talamo quindi il nucleo reticolare blocca
il VB mentre il VB stimola il nucleo reticolare; la corteccia invia fibre che eccitano il nucleo
reticolare del talamo ma la cosa interessante è che il nucleo reticolare del talamo invia fibre
inibitorie al complesso ventro-basale ma non alla corteccia.
Quindi la corteccia innerva entrambi mentre il nucleo reticolare innerva solo il complesso ventro
-basale ma non la corteccia. I neuroni del nucleo reticolare del talamo sono uniti da gap-juction
ovvero da connessine formanti connessoni, esiste poi anche un'inibizione ricorrente ovvero le fibre
del nucleo reticolare tornano indietro bloccando loro stesse, a questi si aggiungono dei interneuroni
inibitori a GABA i quali non sono presenti nel complesso ventro-basale del talamo.
I neuroni del complesso reticolare del talamo hanno un'alta densità di canali T, e dalla qualità di
apertura dei canali T dipende il fatto che le oscillazioni del complesso siano fisiologiche o
patologiche. Se dovesse accadere che i canali T vengono attivati maggiormente l'oscillazione del
circuito diventa patologica genera i complessi punta- onda di 3Hz o se le assenze sono atipiche
possono essere di 2-2.5 Hz ( sindrome di Lennox-gastaut) e tutto questo si traduce da un punto di
vista clinico con il fenomeno delle assenze.

Quando i canali T si aprono maggiormente?

I canali T hanno una caratteristica si attivano con la depolarizzazione ma si chiudono subito perche
sono transienti, sono quindi canali a bassa soglia ma è la stessa depolarizzazione che li chiude a
meno che la depolarizzazione non insorga in un contesto di iperpolarizzazione, ovvero se il primo
stimoLo depolarizzante interviene in un milieu iperpolarizzato i canali T rimangono aperti. L'unico
elemento che può iperpolarizzare queste cellule è la fibra che proviene dal nucleo reticolare in
quanto rilascia GABA.
Nel momento in cui i neuroni del nucleo reticolare dovessero funzionare di più o nel momento in
cui ci fosse una causa genetica che porta ad un'iperattivazione di questi neuroni oppure al fatto ch ei
canali T funzionano maggiormente, a questo punto avremmo un'iperattivazione dei canali T che
mantegono l'attività dei neuroni del complesso VB e questo facilita la genesi delle oscillazioni
patologiche. Normalmente quando il neurone del nucleo reticolare scarica il GABA che viene
liberato attiva principalmente i recettori GABA a che producono i PSP, questi sono rapidi e i
recettori GABA a non permettono che si crei un ambiente iperpolarizzato a tal punto che i recettori
T rimangano aperti tuttavia se la quantita di GABA rilasciato qui è maggiore, per diverse ragioni ,
oltre ai recettori GABA a il GABA determina l'attivazione dei recettori GABA b.
I recettori GABA b sono accoppiati a proteine Gi quindi metabotropici e contribuiscono
all'iperpolarizzazione attraverso l'apertura dei canali per il potassio ma l'iperpolarizzazione diventa
più duratura, in questo modo i canali T che si aprono per la depolarizzazione della fibra che
proviene dalla corteccia non si chiudono più. In questo caso per il coinvolgimento dei recettori
GABA b si creano le oscillazioni patlogiche che si traducono clinicamente con il fenomeno delle
assenze.

DOMANDA: IL NUCLEO RETICOLARE DEL TALAMO PERCHè SCARICA Più GABA?

si vengono a creare delle condizioni per cui scaricano di più e probabilmente sono condizioni
genetiche ancora misconosciute

119
TERAPIA DELLE ASSENZE:

in terapia utilizziamo bloccanti dei canali T.


Sono un gruppo non così nutrito di farmaci ma presentano un importante prototipo
l'ETOSUCCIMIDE.
L'ETOSUCCIMIDE è un farmaco molto famoso conosciuto con il nome commerciale di
ZARONTIN ed è un bloccante puro dei canali T.
Un'altro bloccante dei canali T è l'acido valproico ovvero i DEPAKIN il quale non è un bloccante
puro ma agisce con diversi meccanismi d'azione ed è forse tra gli antiepilettici il farmaco a più
ampio spettro. Il depakin si utlizza anche in campo psichiatrico nei disturbi bipolari e nel
trattamento della profilassi dell'emicrania severa e nel trattamento della cefalea a grappolo.

Altro farmaco utlizzato è la ZONISAMIDE conosciuto con il nome commerciale di ZONEGRAN ,


agisce sui canali del sodio e blocca anche i canali T.

Un nuovo farmaco in via di sviluppo è la ESLICARBAZEPINA, agisce nei modelli sperimentali


bloccando le correnti CaV 3,2 ed ha quindi una potenziale applicazione nel trattamento delle
assenze epilettiche.

Nelle assenze possiamo utilizzare altri farmaci oltre i bloccanti dei canali T, tra questi ricordiamo :
• CLONAZEPAM ( RIVOTRIL) : farmaco molto famoso anche in campo psichiatrico in
quanto utilizzato come regolatore del tono dell'umore; il rivotril è una benzodiazepina e
andando ad osservare il circuito suddetto e considerando che i canali T rimangono aperti
tanto di più quanto è maggiore l'iperpolarizzazione creata dal GABA la domanda a questo
punto è come mai questo farmaco che è una benzodiazepina è utilizzata nelle assenze?
Questo accade perchè agisce a livello degli interneuroni, agisce spegnendo i neuroni
reticolari del talamo inducendo uno spegnimento della proiezione gabaergica sul talamo,
quindi questo enigma su come mai il CLONAZEPAM pur potenziando la trasmissione
gabaergica venga utilizzato nel trattamento delle assenze viene giustificato da questa
particolare azione . Inoltre è importante sottolineare che le BENZODIAZEPINE vengono
utilizzate maggiormente quanto le assenze sono miocloniche quindi atipiche.
• LAMOTRIGINA: è un farmaco che agisce bloccando i canali del sodio. A differenza di altri
bloccanti dei canali del sodio come ad esepio Fenitoina e Carbamazepina che determinano
un peggioramento delle assenze la Lamotrigina viene utilizzata nel trattamento delle stesse.
È un farmaco famoso per il trattamento delle crisi frontali e generalizzate tonico-clonico
grande male. La lamotrigina agisce riducendo il rilascio di glutammato, quindi un possibile
meccanismo d'azione è dato dal fatto che il nucleo reticolare del talamo viene attivato di
meno dal glutammato rilasciato dalle fibre corticali.

Quali farmaci ci aspettiamo determinino un aggravamento delle assenze? Tutti i farmaci che
aumentano la quantità di GABA nella sinapsi. Quindi tra i farmaci che inducono un peggioramento
abbiamo:
• VIGABATRINA : bloccante della GABA transaminasi , aumenta i livelli di gaba nella
sinapsi
• TIAGABINA : bloccante di GAD ovvero del trasportatore di gaba.

NB--> QUESTI FARMACI NON DEVONO ESSERE UTILIZZATI MAI NEL TRATTAMENTO
DELLE ASSENZE PERCHè NE INDUCONO UN IMPORTANTE PEGGIORAMENTO.

La stessa cosa avviene se il paziente sta prendendo per altre ragioni il baclofene
( paraclorofenilgaba) in quanto questo è un agonista dei recettori GABA b che viene utilizzato come
miorilassante centrale conosciuto con il nome commerciale di LIORESAL; quindi si potrebbe avere

120
un peggioramento delle assenze in un paziente in terapia con baclofene.

Esistono diversi modelli animali delle assenze epilettiche che ci danno indicazioni sulla
fisopatologia; le indicazioni che vengono fuori dai modelli animali sono avvolte peculiari e non ci
fanno capire cosa di fatto stia accadendo dal punto di vista fisopatologico perchè tutti modelli
animali presentano mutazioni di ogni tipo fatta eccezione per le mutazione dei canali T.

Sono presenti modelli genetici di cui il più famoso è un modello di ratto denominati ratti gavers,
che sono ratti con assenze epilettiche generalizzate di Strasburgo, da questi un sottoprodotto di ratti
sono molto interessanti perchè sviluppano le assenze a sei mesi di età corrispondente per un ratto ad
una fase presenile; questo non si sposa molto bene con il fatto che le asenze molto spesso vengano
nei bambini. Questi ratti presentano una sintomatologia clinica del tutto similare alle assenze umane
con fugace estraneamento dalla realta ch esi traduce all'EEG con complessi punta onda che però
sono tra 4-6 Hz o > 6 Hz perchè la corteccia è più vicina al talamo e quindi le oscillazioni sono
maggiori.

Abbiamo poi diversi modelli murini, in cui è presente una mutazione della subunità alfa 1 dei canali
P/Q, questi canali sono localizzati sul terminale e sono fondamentali per il rilascio dell
neurotrasmettitore, questa mutazione probabilmente fa rilasciare meno neurotrasmettitore
rappresentando una mutazione con perdita di funzione.

Inoltre abbiamo poi i topi letargici che presentano una mutazione a carico della subunità beta 4 die
canali del calcio.

Altri modelli utilizzano topi con mutazione a carico della subunità gamma due dei canali del calcio
che produce una proteina (NOME????) implicata nel traffico dei recettori alfa.

Infine abbiamo modelli sperimentali con i topi DUCKY i quali presentano la mutazione a carico
della subunità alfa2delta1 dei canali del calcio. Questa subunità si assoccia molto poco ai canali T .

questa subunità alfa2delta1 dei canali del calcio è molto importante. I canali del calcio hanno una
struttura peculiare: presentano una subunità centrale formante il poro denominata subunità α1 e in
base al tipo di subunità α1 dividiamo i diversi canali del calcio, poi è presente la subunità γ i cui ne
esitono 7 tipi e infine una subunità β e una subunità composita α2δ.
Questa subunità α2δ non è essenziale per la conduttanza al calcio però facilita la funzione del
canale, questa subunità è importante perchè è il target di 2 farmaci antiepilettici: GABAPENTINA
E PREGABALIN ovvero NEURONTIN e LYRICA. Questi farmaci nascono per il trattamento
delle epilessie focali per poi trasferirsi nel trattamento del dolore , sono infatti oggi i farmaci di
prima linea nel trattamento del dolore neuropatico in particolar modo della neuropatia diabetica.
Inoltre entrambi sono approdati in campo psichiatrico nel trattamento dei disturbi bipolari, inoltre il
pregabalin è attualmente utilizzato nel trattamento del disturbo di ansia generalizzato GAD e nel
trattamento profilattico dell'emicrania.
La storia di questi farmaci è interessante, sono nati per far entrare il GABA nel SNC, in quanto è
un gaba un po modificato al quale è consentito passare la barriera emato-encefalica, in realtà questi
farmaci non hanno nessun tipo di connessione con il GABA ma interagiscono con la subunità α2δ
e a questo punto riducono sia l'espressione che la dimensione dei canali del calcio e sopratutto
agiscono a carico dei canali N e canali P/Q.

121
I canali del calcio sono strutturati così: hanno una sub-unità centrale che forma il poro che si chiama sub-
unità Alfa 1. Poi avete una sub unità gamma che è di tanti tipi (7 dice forse nicoletti), una beta (4 tipi) e poi
invece una sub-unità composita che si chiama alfa2delta (4 varianti). Questa sub-unità non è essenziale per
la conduttanza al calcio però facilita la funzione del canale. È importante perché è il tarket di due farmaci
anti epilettici che si chiamano GABAPENTINA e PREGABALIN vale a dire Neurotin e Lyrica.

Questi due farmaci sono nati come antiepilettici per le epilessie focali però si sono velocemente trasferiti
per il trattamento del dolore; oggi vengono utilizzati entrambi come farmaci di I linea nel trattamento del
dolore neuropatico in particolare nella neuropatia diabetica che è la forma più frequente e dura di dolore
neuropatico causa di complicanze micro-vascolari del diabete. Tra l’altro questi due farmaci sono approdati
in psichiatria; la maggior parte dei farmaci anti epilettici poi sono usati per il trattamento dei disturbi
bipolari. In realtà il PREGABALIN viene utilizzato per il trattamento dell’ansia generalizzata.

All’interno dei loro nomi c’è la parola gaba quindi sarebbe logico pensare che in qualche modo attivino il
sistema gabaergico. Di fatto questi farmaci sono nati per far entrare il gaba all’interno del SNC. In realtà non
hanno niente a che fare con il gaba ma vanno ad interagire con la subunità α2δ e a questo punto riducono
sia l’espressione che l’attivazione dei canali del calcio soprattutto dei canali N e P/Q che sono i due canali
coinvolti nel rilascio dei trasmettitori (questo avviene nelle fibre del dolore e del SNC).

La cosa interessante è che … se la subunità α2δ1 viene mutata, GABAPENTINA e PREGABALIN non hanno
effetto sulle assenze epilettiche (1:08 min boh….)

La Trombospondina, prodotta dalle piastrine, ha come recettore la subunità α2δ; la trombospondina nel
SNC legandosi alla subunità crea nuove sinapsi eccitatorie. Quindi il topo dati? avendo la subunità mutata
abbia meno sinapsi eccitatorie.

Per farla breve GABAPENTINA e PREGABALIN si usano nelle epilessie focali non nelle assenze, anzi le
peggiorano; però come la subunità α2δ1 contribuisce alle assenze non si sa perché non si lega ai canali P o
si lega molto poco. Tuttavia la trombospondina è una sostanza endogene che lega alla subunità α2δ e crea
sinapsi (quindi può darsi che sia importante). Questo rapporto trombospondina/α2δ è interessante nel
cuore dove la trombospondina è stata chiamata in causa nell’insufficienza cardiaca (dove la subunità α2δ fa
parte dei canali del calcio di tipo L). Quindi, quando si utilizzano GABAPENTINA e PREGABALIN, bisogna
sempre stare attenti se il soggetto è in insufficienza cardiaca perché danno insufficienza acuta.

Ci sono dei farmaci che agiscono sulla trasmissione gabaergica ma lo fanno modificando il livelli di gaba; la
Tiagabina che agisce sul trasportatore GAT inibendolo, quindi il livelli di GABA aumentano. L’altro è la
Vigabatrina farmaco inibitore della Gaba T (gaba-transaminasi). Quindi il Vigabatrin è un farmaco
anticonvulsante che inibisce il metabolismo del GABA, agendo come substrato suicida sulla GabaT, l’enzima
responsabile della degradazione del GABA.

Il Valproato (Depakin) è un inibitore della succinato-semialdeide deidrogenasi che degrada la semialdeide


succinica, prodotta a sua volta dalla GabaT, in acido succinico. Inoltre il valproato aumenta l’attività di GAD e
la sua sintesi. Quindi ha una attività gaba-mimetica però nelle assenze nonostante questo agisce in terapia
perché blocca i canali T. Quindi questo sarebbe un deterrente ma il blocco dei canali T gli permette di
esercitare la sua azione terapeutica nel trattamento delle assenze.

L’ultimo bersaglio che prendiamo in considerazione è una proteina molto strana che si chiama SV2A che è
una proteina delle vescicole sinaptiche. Però nessuna sa realmente cosa serva semplicemente perché non è
una proteina che trasporta neurotrasmettitori all’interno delle vescicole, non modifica il pH della vescicola.
Si sa che sta lì punto e basta. Però in realtà se voi fate un topo Knockout della proteina SV2A otterrete il più
violento modello di epilessia neonatale (i topi muoiono entro 2/3settimane di vita per crisi generalizzate).

122
Quindi è una proteina sicuramente importante soprattutto per la neurotrasmissione inibitoria; la cosa
importante è che la proteina SV2A è il bersaglio molecolare di alcuni TAM, farmaci a struttura pirrolidonica,
come il Levetiracetam. Questo farmaco è parante strutturalmente del Piracetam (Nootropil) che però non
ha attività nei confronti dell’epilessia.

Sul recettore GABA A (canale per il cloro) agiscono tre categorie di farmaci che si usano contro le epilessie:
innanzi tutto le benzodiazepine che agiscono da…(1:41..) nei confronti dei recettori GABA A sinaptici; poi
abbiamo i barbiturici in particolare, anzi l’unico utilizzato, il Fenobarbital; infine l’ultima categoria sono i
Neutosteroidi (Allopregnanolone) che si legano ad un sito molto simile a quello dei barbiturici tenendo il
canale aperto per più tempo.

Il trattamento dell’epilessia è una monoterapia; l’ideale è riuscire a fare la monoterapia. Se non ci si riesce
pazienza. La regola generale è: si comincia con un farmaco, si titola fino a raggiungere la concentrazione
massima del farmaco e quando arrivate allo steady step? A quel punto fate il dosaggio del farmaco e vedete
se la concentrazione plasmatica risponde alle vostre attese. Nel frattempo controllate il paziente grazie
anche ad uno strumento importante che è il diario del paziente, il diario delle crisi epilettiche.

Se il farmaco non funziona potete pensare di inserire un altro farmaco ma il farmaco che inserite non
dovete farlo sospendendo il primo ma lasciate il primo, inserite il secondo e quando arrivate al platou con il
secondo cominciate a scendere il primo (detto switch). Ovviamente il secondo farmaco deve avere un
meccanismo d’azione diverso rispetto al primo. Se anche il secondo non funzione potete pensare ad una
politerapia anche con tre farmaci. Nella sindrome di Gravè? ci sono protocolli a 4 farmaci. Non si utilizzano
più di 4 farmaci per evitare la farmaco resistenza del paziente che non risponde a terapia.

Se non risponde a terapia ci sono solo tre azioni possibili: la prima è intervenire con la chirurgia (solo in caso
di epilessia focale); normalmente si interviene nell’epilessia temporale con sclerosi del corno di Ammone.
Detta anche mesiale in cui la parte mediale del temporale viene colpita. Altre volte si può fare un intervento
di chirurgia stereotassica in cui si va ad individuare il focus e lo si rimuove. O si può provare a denervare
andando ad isolare il focus.

Le ultime due risorse sono: una è la dieta chetogenica cioè si va ad aumentare l’acidosi sistemica; infine si
può fare la stimolazione del vago in cui si va a mettere un elettrodo stimolante nel collo. La stimolazione del
vago determina desensibilizzazione del nucleo del tratto solitario andando a spegnere i circuiti iperattivi del
SNC.

Poi ci sono degli approcci innovativi: uno è l’utilizzo del Bumetanide, da cui derivano i diuretici dell’ansa che
agiscono sul recettore NKCC2

Terza Parte

vi faccio una domanda molto semplice, se avete un neurone, con un recettore GABA A, e come sapete il
recettore GABA A fda entrare cloro, la domanda è: "perché entra cloro?"

Nelle prime fasi di sviluppo nella cellula avete NKCC1 che fa entrare Cl- perché è un trasportatore sodio
potassio 2cloro, come quello presente nell'ansa di Henle, KCC2 non c'è quindi in questa fase dello sviluppo
quando (incomprensibile 1:51:13) il cloro fuoriesce, è il GABA eccitatorio. A un certo punto c'è il trapasso, il
GABA da eccitatorio diventa inibitorio e cambia il reversal potential del GABA. Durante lo sviluppo quello
che succede è che l'NKCC1 se ne va, e KCC2 va nei neuroni maturi e a quel punto il GABA diventa inibitorio.
E' semplice alla fine, nelle prime fasi di sviluppo prevale NKCC1, nel neurone maturo KCC2. Nell'autismo, per
lo meno nell'instabile, questo trapasso è come se non ci fosse, quindi la maturazione del KCC2 non avviene.
C'è uno studio recentissimo di un ricercatore francese che ha aperto tutto un problema sulla maturazione

123
della sinapsi inibitoria del cloro. Nell'epilessia farmaco resistente soprattutto nel lobo temporale, quello che
succede è che kcc2 se ne va e torna nkcc1, per cui il GABA torna a essere eccitatorio, e quindi date farmaci
gabaergici per indurre ???. La bumetanide bloccando NKCC1 facilita la transizione gabaergica, per cui nei
soggetti resistenti può essere una scelta.

Primo farmaco degli antiepilettici classici: Fenitoina

molti farmaci hanno questo tipo di struttura, la ritrovate anche nel fenobarbital e nell'etosuccimide, gli
antiepilettici sono nati così.

nome commerciale: Dintoina, Aurantin

Indicazione clinica:

• crisi focali

• crisi tonico-cloniche generalizzate

• grande male.

Peggiora le assenze, peggiora le forme di epilessia mioclonica. Blocca la fase tonica indotta dalle dosi
massimali di elettroshock nel ratto e questo è preventivo per l'azione del farmaco nei confronti delle crisi
tonico cloniche generalizzate.

Ancora è antiaritmico della classe 1b, insieme alla lidocaina.

E' stato provato nel dolore ma non è un farmaco di prima linea.

Meccanismo d'azione:

Blocco dei canali del sodio in modo voltaggio dipendente, uso dipendente e frequenza dipendente; si lega
al canale quando è inattivo e allunga il tempo di recupero del canale.

Come si usa da un punto di vista clinico:

il dosaggio nella maggior parte dei casi è 100mg 3 volte al giorno, si dà normalmente per os e si titola.
Bisogna arrivare ai 300mg finali partendo da dosaggi più bassi e salendo con la dose progressivamente.
Questo è un principio che si usa in tutti i farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale, compresi quelli
utilizzati in psichiatria, fatta eccezione per i farmaci che si usano nelle agitazioni psicomotorie in cui si usano
subito dosaggi elevati.

Si può fare anche in vena, in questo caso si usa a un dosaggio di 10 15 mg per chilo massimo 150 mg al
minuto di infusione per il trattamento dello stato di male epilettico che è un emergenza e bisogna quindi
intervenire con farmaci endovena, insieme ad altri farmaci come il tavor, il gardenale o il valium.

L'assorbimento è buono, poco influenzato dal cibo e da antiacidi. Si lega all'albumina più del 90% quindi dà
fenomeni di spiazzamento.

Emivita intorno alle 17-20 ore, quindi teoricamente due somministrazioni al giorno basterebbero ma se ne
fanno tre per garantire una copertura migliore.

I FANS, soprattutto i sialicilati, possono spiazzare la fenitoina, anche i sulfamidici, o ancora gli anticoagulanti
orali, sulfaniluree, diuretici sia tiazidici che dell'ansa, ma soprattutto l'acido valproico. Fate attenzione in
quanto sono due antiepilettici e può essere richiesta la loro associazione. Quindi ricordate che l'acido
valproico spiazza la fenitoina e così aumenta la quota libera.

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Lo ?? si raggiunge dopo 4 giorni cioè circa 6 emivite e in realtà per fare il dosaggio plasmatico si deve prima
raggiungere il dosaggio finale quei 200 300 mg, e a questo punto aspettate 6 emivite da quel momento. Tra
una cosa e l'altra passano una quindicina di giorni. A quel punto si fa il dosaggio plasmatico la mattina dopo
che l'ultima somministrazione è stata fatta la sera e le cose vanno bene se trovate circa 10 microgrammi/ml

Se avete più di 20 microgrammi/ml avete effetti collaterali che diventano gravissimi superati i
30microgrammi. Fare il dosaggio degli antiepilettici è un must e ovviamente sarebbe molto più utile fare un
dosaggio della concentrazione libera però si dosa raramente,

Metabolismo per 2/3 CYP2C9 e per 1/3 CYP2C19. Vi ricordo che le varianti lente di 2C9 sono frequenti nei
caucasici, circa il 5% le varianti lente del 2C19 sono invece più frequenti negli asiatici, più del 10%.

La Fenitoina induce il CYP3A4, quindi massima attenzione quando usate anche farmaci metabolizzati dal
CYP3A4 e soprattutto per le associazioni con le benzodiazepine.

L'Acido Valproico è il bloccante del 2C9 e del 2C19 quindi tende ad aumentare l'auc della fenitoina e oltre a
fare questo spiazza la fenitoina dalle proteine plasmatiche. Quindi quando combinate fenitoina e acido
valproico vi aspettate un aumento degli effetti della fenitoina compresi gli effetti avversi.

Il Fenobarbital induce il CYP3A4 ma anche 2C9 e 2C19 quindi naturalmente l'auc della fenitoina con questo
si ridurrà. Vi dico da un punto di vista pratico come comportarvi, quando la fenitoina non va più bene e
aggiungete il gardenale, cioè il fenobarbital, fino a quando questo arriva a un plateau, ma sono necessari
alcuni giorni perché il gardenale ha un'emivita molto lunga e ci vogliono circa 360 ore. A dosaggio pieno
induce 2c9 e 2c19 a questo punto il metabolismo della fenitoina è accelerato, quando voi dovete ridosare i
dosaggi di fenitoina quando avete aggiunto il fenobarbital come secondo farmaco, dovete aspettare che il
fenobarbital arrivi al plateau, poi controllate che abbia indotto i cyp, aspettate altre 6 emivite di fenitoina e
poi dosarla. Ci vuole almeno un mesetto.

Se invece usate un inibitore del CYP2C9 o del CYP2C19 l'effetto sarà immediato e l'aumento dell'auc lo
vedete immediamente. Gli inibitori sono fondamentalmente gli antifungini azolici. Poi il prozac blocca il
CYP2C9, mentre la fluvoxamina, cioè il maveral,blocca fondamentalmente il CYP2C19.

Problemi di interazione con gli inibitori di pompa non ce ne sono quindi non ve ne dovete preoccupare,
mentre invece l'isoniazide blocca il metabolismo della fenitoina. La cimetidina (anti H2) è anche un
bloccante.

Effetti avversi acuti:

Bisogna inanzitutto distinguere tra effetti acuti che si possono avere con somministrazioni ev o per os.
Quando dato ev potrebbe dare aritmie cardiache, questo è abbastanza ovvio perché in quanto antiaritmico
come tutti gli antiaritmici può essere anche aritmogenico, poi potete avere depressione del snc, rigidità,
decerebrazione (come se aveste una spasticità da lesione del tratto piramidale), effetti di natura cerebellare,
il cervelletto è l'organo più colpito in assoluto dalla fenitoina. Poi potete avere ipotensione,
verosimilmente di origine cardiaca.

Quando invece si da per os prevalgono gli effetti cerebellari che sono uno standard per tutti gli
antiepilettici, in particolare danno atassia, nistagmo, diploidia e sedazione (quest'ultimo non è un sintomo
cerebellare). Ovviamente se il dosaggio per os raggiunge un certo livello avete il quadro pieno della
sindrome di (2:20:36 sembra che dica "Duchenne" ma non sono sicuro), con coinvolgimento del cervelletto
e adiadococinesia.

125
Effetti avversi cronici:

Oltre agli effetti cerebellari presenti anche in acuto, abbiamo degli effetti collaterali che dipendono dalla
farmaco induzione da fenitoina, la prima cosa che può capitare è l'osteopenia da ridotti livelli di vitamina D.
Dipende dal fatto che il metabolismo della vitD è accelerato e c'è anche un ridotto assorbimento intestinale
di vitD.

L'altro giorno parlavo con la prof. Francia che raccontava di un epilettico al quale è stata data la fenitoina a
un dosaggio alto e le sue gengive erano rovinate, infatti la fenitoina dà ipoplasia gengivale che dipende da
un alterato metabolismo del collagene, che si può prevenire con una buona igiene orale ma soprattutto nei
bambini può causare seri problemi.

Anemia megaloblastica, perché è accelerato il metabolismo dei folati e della vitamina B12.

Irsutismo, per alterato metabolismo degli steroidi sessuali, ovviamente parliamo della donna

Neuropatia periferica, fate attenzione se avete associazione di isoniazide e fenitoina, conviene associare il
complesso vitaminico B, le vitB sono protettive per il nervo periferico. Inoltre la vitamina B6 può agire da
coadiuvante nella terapia antiepilettica prevenendo le convulsioni.

Poi abbiamo reazioni di ipersensibilità, che avvengono nel 3-4% dei casi soprattutto come rash cutaneo
anche se possono evolvere in sindrome di Stevens-Johnson, oppure ci può essere la DRESS (drugs rush
eosinophilia systemic symptoms).

Nelle reazioni di ipersensibilità può essere colpito il midollo osseo quindi con manifestazioni di neutropenia,
trombocitopenia anemia aplastica gravissima.

La fenitoina induce anche iperglicemia perché inibisce la secrezione di insulina.

Effetto ipotalamico, diabete insipido per ridotta produzione di ormone antidiuretico

Effetti in gravidanza:

Qui nasce un grande problema, quando una donna fa una terapia con antiepilettici le viene consigliato di
non rimanere incinta, quindi di prendere la pillola anticocezionale ma ricordatevi però che la fenitoina è un
farmaco induttore e quindi c'è il pericolo che il metabolismo del metil estradiolo venga accelerato e di
conseguenza la pillola fallisce. Normalmente la fenitoina determina teratogenicità, ma sono malformazioni
compatibili con la vita, c'è un'incidenza intorno al 2-3% più o meno. Quando avete un antiepilettico classi
cioè di I generazione (come la fenitoina), quindi un antiepilettico classico questa percentuale sale al 4-5%,
se però mettete più farmaci in terapia la percentuale arriva anche al 10%.

Una delle ragioni per cui sono stati disegnati farmaci di II generazione è stata proprio questa, cioè cercare di
migliorare il trattamento della donna epilettica in gravidanza, anche se il risultato non è stato non è stato
brillante.

Che cosa può accadere dal punto di vista della teratogenesi: disturbi a carico della notocorda, che si
strutturano subito nelle prime fasi della gravidanza, e quello che può accadere è la spina bifida e può
manifestarsi in diversi modi: può essere aperta e così il liquido amniotico va in contatto con il midollo
spinale esercitando un'azione tossica e diventa incompatibile con la vita. Mielocele se c'è un'erniazione del
midollo spinale e in questo caso è come se fosse aperta, oppure potete avere mielomeningocele in cui il
sacco contiene il midollo e le meningi. Oppure potete avere spina bifida ??? in cui avete soltanto una
fessura dell'arco vertebrale. Queste manifestazioni colpiscono soprattutto la parte inferiore del midollo
spinale e quindi si avranno problemi a carico della motilità degli arti inferiori. Oltre a questo ci possono
essere sinostosi cranica, disturbi della dentizione, disturbi del setto interatriale e interventricolare, disturbi a
carico delle dita con sindattilia, ipospadia.

126
Avete un accelerato della vitamina D e K, questo significa che il bambino quando nasce può avere i sintomi
da difetto di queste vitamine, quindi per quanto riguarda la vitamina K quando nasce può avere emorragie,
per la vitamina D può avere osteopenia. (anche la vitK è coinvolta nell'ossificazione per la gamma-
carbossilazione)

Come dovete comportarvi se la madre prende fenitoina in gravidanza: dovete somministrare folati sin
dall'inizio, e ancora conviene prendere vitK nell'ultimo mese.

Secondo farmaco da prendere in considerazione prende il nome di Carbamazepina.

La Carbamazepina è un antiepilettico classico, la Oxcarbazepina è un antiepilettico di II generazione, e


l'Eslicarbazepina di III generazione.

La prima è un farmaco famosissimo si chiama Tegretol, la Oxcarbazepina invece si chiama Tolep, in


pischiatria vedrete molti pazienti usare sia il tegretol che il tolep nel disturbo bipolare.

Come sapete il Tolep è stato sviluppato da Novartis, che ha sviluppato anche il Tegretol, la strategia è stata
quella di fare uscire il Tolep quando il brevetto del Tegretol è scaduto, però è stato un tentativo non riuscito
nel senso che la classe medica ha continuato a usare il Tegretol.

Durante il metabolismo viene trasformato in epossido qui. Tanti effetti avversi dipendono da questo allora il
Tolep è stato fatto così, quindi la strategia di produzione farmaceutica del Tolep è stata questa, fare
l'Oxcarbazepina senza avere l'epossido qui e quindi evitare molti effetti avversi che invece la Carbamazepina
dà.

Quando si usano Tolep e Tegretol:

• Crisi focali

• Crisi generalizzate tonico cloniche di grande male

NON si usano nelle assenze, NON si usano nelle mioclonie, sono assolutamente inefficaci nelle sindromi
dell'infanzia. Quindi fondamentalmente lo spettro d'azione è quello della fenitoina.

Tuttavia si usano moltissimo in psichiatria in particolare come terapia di profilassi dei disturbi bipolari, si
usano anche in neurologia come trattamento del dolore ma il loro impiego è circoscritto al dolore
accessuale della nevralgia del glossofaringeo e del trigemino. E' un dolore particolare che si chiama dolore
nevralgico, molto violento dove probabilmente c'è un'iperattività simil-epilettica del nucleo sensibile del
trigemino. Quindi come se fosse una forma di epilessia focale anche se ci sono molte interpretazioni che
possono essere provate.

Meccanismo d'azione:

Blocco dei canali del sodio in modo voltaggio dipendente, uso dipendente e frequenza dipendente. Si
legano ai canali del sodio allungando il loro tempo di recupero.

Dosaggi:

Compresi tra 700 e 1500mg pro die nel caso del Tegretol, con il Tolep si arriva a 2000mg pro die, bid o tid,
hanno emivita di 15-17h e un assorbimento spesso erratico e variabile influenzato dal cibo. Legame con le
proteine plasmatiche 75% quindi fenomeno di spiazzamento inferiore rispetto alla fenitoina.

127
Metabolismo:

CYP3A4 per entrambi, però la carbamazepina viene trasformata in epossido, quindi in seconda battuta
entra in gioco l'epossido idrolasi, mentre invece l'Oxacarbazepina non diventa ipossido ma diviene un
monoidrossiderivato, cioè il gruppo chetonico in posizione 10 o 11, probabilmente 10 diventa un gruppo
ossidrilico.

La Carbamazepina è un potente induttore del CYP3A4, mentre l'Oxcarbazepina è anch'essa induttore del
3A4 ma è anche inibitore del CYP2C19, ricordate che questo metabolizza molti farmaci tra cui gli IPP, in
particolare Omeoprazolo, Lansoprazolo ed Esomeprazolo, molto meno invece il Pantoprazolo. Questo ci
suggerisce che se voi dovete usare IPP, per evitare di avere un eccesso di IPP utilizzate il Pantorc.

Il plavix è bioattivato dal CYP2C19, e se il Tolep lo blocca può ridurne l'attivazione, quindi in caso date
Tegretol e non Tolep. E' pure vero che il CYP3A4 è un'altra possibilità di bioattivazione del plavix, quindi i
due effetti potrebbero anche compensarsi tra di loro, però per non sapere nè leggere nè scrivere usate il
Tegretol.

Un polimorfismo riguarda l'epossido idrolasi che agisce esclusivamente nei confronti della Carbamazepina
perché chiaramente deve scindere l'epossido e lo trasforma in un trans-diidro-tiolo, che è quanto abbiamo
visto per il metabolismo degli idrocarburi policiclici per uso (incomprensibile).SE questo è l'epossido,per
azione dell'epossido idrolasi, l'epossido diventa poi in questo modo e si detossifica. La probabilità statistica
che la carbamazepina sia teratogena dipende fondamentalmente dalla quantità di epossido idrolasi
presente nell'organismo, più ce n'è e più il farmaco è sicuro.L'epossido idrolasi di tipo 1 è un enzima
polimorfo ne abbiamo una variante istidina173tirosina, che si trova nei soggetti di razza africana, credo che
sia presente nel 10% degli africani, e questi soggetti sono dei metabolizzatori lenti e questo determina
maggiore tossicità del farmaco.

iEffetti avversi:

Inanzitutto gastrointestinali e voi dite "grazie al cazzo li abbiamo sempre" (lol) soprattutto per la
carbamazepina.

Poi abbiamo un particolare spauracchio, che sono le reazioni ematologiche, questo vale soprattutto per il
Tegretol e meno per il Tolep, perché non c'è formazione dell'epossido. Quasi costantemente all'inizio del
trattamento si ha trombocitopenia e neutropenia ma sono condizioni transitorie e reversibili. Però nel 2-3%
dei pazienti queste manifestazioni sono più acute e quindi bisogna controllare neutrofili e piastrine.

Raramente, 1/40'000, potete avere anemia aplastica, se n'è parlato a lungo nei confronti della
carbamazepina, nel tolep non c'è.

Ipersensibilità qui è interessante perché potete avere rash e anche qui può evolvere in Stevens-Johnson e
DRESS, ma questa evoluzione è molto infrequente con questi farmaci a meno che non si abbia un
polimorfismo HLAi*1502 oppure HLAa*3101. Nel primo caso si associa maggiormente a Stevens-Johnson in
terapia con carbamazepina. Questo è comune tra i cinesi di Taiwan, mentre invece i Giapponesi non ce
l'hanno e invece i caucasici lo hanno raramente. Il 3101 esiste anche in Giappone.

Un'altra cosa, iponatriemia questo vale sia per il Tegretol che per il Tolep. Questo perché aumenta l'azione
dell'ADH, soprattutto questo può essere critico negli anziani, quindi attenzione quando diamo questi
farmaci cronicamente.

Azione teratogena, anche qui aumento del metabolismo di vitamine D e K.

128
Eslicarbazepina: dosaggio 2gr bid o tid, stesse indicazioni di tegretol e tolep

Meccanismo d'azione:

Blocca i canali del sodio, facendo però ingaggiare al canale il ciclo di inattivazione lenta, quindi è un
meccanismo un po' diverso che potrebbe essere utile per i pazienti farmaco resistenti.

E poi anche il blocco delle correnti Ca b3.2 implicato forse nell'epilettogenesi. Qui c'è un ancora un punto
interrogativo perché è ancora in sperimentazione.

Non è metabolizzato dai CYP, ma è induttore dell'UGT (da cui viene metabolizzato), è induttore debole del
3A4 e bloccante debole del 2C19.

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Autori: Niccolo’ Noccioli, Laura Rossi e Mariolina Bruno
Materia: Farmacologia del sistema nervoso
Nome del professore: Nicoletti
Data: 12/05/2016

Continuiamo con i farmaci antiepilettici di I generazione

ACIDO VALPROICO (o acido dipropil acetico)

È un acido grasso a catena ramificata, e questo già vi fa pensare alla beta ossidazione, alla steatosi epatica,
al metabolismo e che avete a che fare col miglior farmaco antiepilettico n assoluto, il migliore che c’è nel
mercato. Ma nello stesso tempo ad un farmaco dotato di uno spettro di sicurezza e tollerabilità abbastanza
precario.

Nome commerciale DEPAKIN.

Impieghi clinici: per via orale

1)crisi focali

2)crisi generalizzate, grande male epilettico

3)assenze

4)epilessia mioclonica (include quella giovanile)

5)sindrome di Lennaux Gastaut

6)disturbi bipolari

7)profilassi emicrania severa e cefalea a grappolo

8)endovena: seconda linea nello status epilepticus, sia convulsivante che non convulsivante (picnolettico)

Il meccanismo d’azione:

a)blocco canali del sodio con meccanismo voltaggio dipendente, frequenza dipendente e uso dipendente(i
farmaci antiepilettici legano Na+ch nello stato di inattivazione)

b)blocco canali T del calcio(coinvolti nelle assenze)

c)meccanismi sul GABA: aumento della GAD(acidogludammicodecarbossilasi), inibizione della succinico


semialdeide deidrogenasi. Questo dovrebbe essere peggiorativo nelle assenze ma nel network
talamocorticale l’azione sui canali T prevale.

d) inibizione gsk3beta che normalmente fosforila tau e beta catenina; accumulo glicogeno nel fegato
(meccanismo condiviso dal litio che spiega l’effetto nel disturbo bipolare)

130
e)inibisce le HDAC(istone deacetilasi) quindi epigenetica

Per os , si dà bid o tid 750mg-1,5g fino a 2g/dì

Le concentrazioni plasmatiche allo steady state sono 40-100microg/ml

Metabolismo: -beta ossidazione (mitocondri) genera metaboliti potenzialmente tossici che sono gli acidi
propil 2 pentenoico e acido propil 4 pentenoico

-omega ossidazione (citosol)

-cyp2c9 e 2c19

Inoltre è un inibitore farmacometabolico: inibisce 2c9, 2c19, UGT, epossido idrolasi( che trasforma epossido
in transdiidrodiolo).

I metaboliti bloccano la beta ossidazione.

Ha un alto legame >90% con le proteine plasmatiche. Attraversa la barriera placentare con teratogenicità.

Effetti avversi:

1)di classe: atassia, diplopia, nistagmo, sedazione

2)epatotossicità che deriva dall’impatto nei confronti del metabolismo bloccando la beta ossidazione e
facendo metabolizzare gli acidi grassi dalla omega ossidazione.

I metaboliti tossici che si formano determinano iperammonemia perche si osserva una riduzione dei livelli
di N-acetil glutammato e una inibizione e una riduzione dell’enzima carbamoil fosfato sintasi 1 enzima
battistrada del ciclo dell’urea e questi due eventi sono collegati tra loro. Polimorfismi dell’enzima sono
predisponenti.

I livelli di ammonio superano i 97mg/dl (fino a 145-150mg/dl)

Facilita questo, il fatto che nel rene l’enzima glutamina sintetasi, che converte glutammato e ammonica in
glutammina è bloccato dal valproato e quindi cos’ i livelli di ammonio salgono ancora di più.
L’iperammoniemia determina disturbi a carico del SNC come disturbi di coscienza, aumento del numero di
crisi, manifestazioni neurologiche focali e se i livelli crescono troppo anche coma.

Questo meccanismo è associato al fatto che si crea un deficit di carnitina e quindi gli acidi grassi liberi
invece di entrare nel mitocondrio vengono ossidati dalla omega-ox citoplasmatica e questo porta a una
ripercussione sul ciclo dell’urea.

L’ammonemia aumenta nel 40% dei pazienti trattati con valproato, molti sono asintomatici ma altri vanno
in encefalopatia da ammoniemia. Di fronte a una iperammonemia da valproato bisogna dare L-carnitina in
vena( lavoro di Giuseppe Lauria in proposito che studiano le encefalopatie di origine metabolica) con
remissione dopo breve tempo. È efficace nel 75% dei pazienti. In mancanza di carnitina si può usare l’
acetil-carnitina che comunque è un donatore di carnitina.

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L’iperammoniemia dà disturbi neuronali perché la glia non riesce a ricaptare il glutammato dallo spazio
extracellulare e di conseguenza il glutammato da fuori crea swelling della glia.

Se contemporaneamente voi avete una infezione virale in soggetti predisposti, l’acido valproico può
portare alla sindrome di Reye, la stessa che si ha usando ASA in bambino con infezione virale che infatti ne
controindica l’uso in bambini minori di 15 anni

-acidosi metabolica

-disturbi respiratori

-perdita di coscienza

-epatopatia

-encefalopatia

poi avete steatosi micro e macrovescicolare che dipende dal fatto che gli acidi grassi non vengono beta
ossidati e questo porta alla sintesi di Tg. La steatosi macrovescicolare è associata a insulino-resistenza, una
sindrome metabolica che è aggravata dal valproato.

Un’altra caratteristica che contribuisce alla epatotox è la tossicità mitocondriale che dipende dai metaboliti
tossici che interagiscono con complesso I e IV il che significa che il valproato non va usato nelle forme di
epilessie mitocondriali, può avere esiti fatali. Le epilessie mitocondriali sono:

sindrome di Leigh(encefalomielopatia subacuta necrotizzante) con mutazioni a carico di mDNA e nDNA che
sono collegati;

sindrome di Alpers-Huttenlochers con mutazione della DNApolgamma che è la polimerasi mitocondriale;

MELAS encefalopatia mitocondriale con acidosi lattica e stroke in cui la mutazione è a carico del tRNA della
glicina;

MEMSA epilessia mioclonica mitocondriale con atassia sensoriale;

MERRF epilessia mioclonica con ragged red fibers

L’insufficienza epatica la avete in 1:20-30.000 pz e ho tralasciato di dirvi che ovviamente aumentano GOT,
gamma GT, bilirubina.

3) pancreatite alterazione del metabolismo degli acidi grassi. Bisogna controllare quindi la amilasi.

4)Nel SNC è frequente il tremore soprattutto intenzionale

5)alopecia

6)disturbi GI che vi aspettate con una molecola del genere

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7)aumento di peso per impatto metabolico, insulino-resistenza (negli antipsicotici c’è un aumento di peso
per aumento del senso di fame)

quando si ragiona su STEPS safety tollerability efficacy …

la safety sono gli effetti avversi che mettono a richio la vita, ma riguardano il medico perché il paziente non
si rende conto del rischio di safety( in un farmaco che può dare un infarto immediato, sarà il medico a dire
stai attento) mentre la tollerability sono gli effetti avversi che alterano la qualità della vita, quindi se il pz
comincia ad avere disfunzioni sessuali aumento di peso tremore ecc va dal medico e gli dice che lui il
farmaco non lo prende più.

ETOSUCCIMIDE (ZARONTIN): inibitore selettivo dei canali T del Ca con azione selettiva anti assenza e con
buona efficacia nelle assenza tipiche. Non è un farmaco induttore. Metabolizzato da molti cyp. Emivita
superiore alle 40h e quindi con somministrazione q.d . Dosaggio 500- 1g/die.

Effetti avversi:
-di classe:fotofobia,parkinsonismo farmacologico

FENOBARBITAL(GARDENALE-LUMINAL):agisce su recettori GABAa e si lega all’intero del canale ionico e


aumenta un parametro che si chiama TAU cioè il tempo di apertura del canale. Sito simile a quello dei
neuro steroidi come l’ ALLOPREGANOLONE. I neuro steroidi sono stati alla base del disegno di anestetici
ALFAXALONE e antiepilettici nuovi GANOXOLONE. Dosaggio 100-120mg/die.

Emivita maggiore a 60h. Lega il 75% delle proteine plasmatiche. Metabolismo cyp2C9-2C19.
È un farmaco induttore generale di tutti i cyp soprattutto il cyp2B6 e di altri ad eccezione del
cyp2D6. Induce UGT. Induce epossido idrolasi.
Il gardenale è un antiepilettico ad ampio spettro, oggi non è un farmaco di prima linea, è usato
soprattutto per le crisi focali,crisi tonico cloniche generalizzate, non si usa per le assenze,si usa nelle
epilessie post traumatiche(incidente stradale,ematoma). La copertura con la pillola
anticoncezionale è rischiosa perché l’indice di Pearl(è la tecnica più comune usata in statistica
clinica per la misura dell'efficacia dei metodi di contraccezione) si innalza e si rischia una gravidanza.
Effetti avversi:
-bambino:irritabilità,aggressività
-adulto:effetti di classe

PRIMIDONE (MYSOLIN): pro farmaco trasformato in fenobarbital e in PEMA (Feniletil maloraldeide)

BENZODIAZEPINE: CLONAZEPAM(RIVOTRIL), DIAZEPAM(VALIUM), LORAZEPAM(TAVOR)

Diazepam e lorazepam usati nello stato di male epilettico e trattamento ansia.


Clonazepam usato in caso di ansia,come ipnotico,assenze epilettiche,forme mio cloniche,disturbo
bipolare. Dosaggio 2mg titolabile fino a 10mg e nel bambino da 0,03 a 0,2 mg.
Meccanismo azione:è un pam cioè modulatore allosterico positivo dei GABA(formato da 5 sub 2
α2β1ϒ; le sub α sono 6:le α1-2-3 rispondono a BZD mentre le α4-5-6 sono resistenti a BZD: le
subϒ2long è necessaria per la risposta a BZD).
Le BZD agiscono sui recettori GABAa sinaptici e poi ci sono quelli laterali extra-sinaptici dove le BZD
non agiscono ma agiscono farmaci come neuro steroidi,etanolo,anestetici.

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Azione: Aumentano la frequenza di apertura del canale del Cl associato a GABAa, , aumentano
l’affinità del GABA al sito di legame presente su sub β.
Il RIVOTRIL è attivo nelle assenze perché è un farmaco gamma-mimetico:il circuito delle assenze
formato dal nucleo reticolare del talamo dove è presente un interneurone gaba con sub α3 e su
tale sub agisce il clonazepam.
Se soggetto epiettico prende rivotril tutti i giorni si crea una tolleranza per modificazione del
recettore GABA o modifica dell’apertura del canale e sintesi di endocoidi (come il DBI diazepam
binding inhibitor) che si comportano da agonisti inversi cioè pro convulsivanti.
Poi si può creare DIPENDENZA e quindi non si può sospendere bruscamente un trattamento con
BZD e se si può evitare l’uso delle BZD è meglio.
CLOBAZAM (FRISIUM) altra BZD che si usa in associazione con VALPROATO-STIRIPENTOLO-
LEVETIRACETAM(KEPPRA) e viene usato per la sindrome di DRAVET ovvero è una epilessia
mioclonica severa dell’infanzia con mutazione loss del canale del Na che interessano gli
interneuroni e quindi non si possono dare i bloccanti del Na ma si cerca di potenziare l’inibizione
dell’interneurone con farmaci gaba.

STATUS EPILEPTICUS: definito come 30minuti di scariche continue e intermittenti con perdita di
coscienza oppure qualunque tipo di crisi con durata superiore a 5 minuti.

200000casi di SE negli USA e mortalità pari a 50000.


Fattori scatenanti: traumi, stroke, interruzione brusca di farmaci antiepilettici,cause metaboliche,
overdose di farmaci che possono dare convulsione(psicostimolanti come cocaina), CLOZAPINA può
scatenare crisi in soggetti non epilettici,BUPROPIONE(NDRI).
Rischi: 1)ipertermia 2)aritmie cardiache 3) eccitotoccicità 4) soggetto diventa epilettico e si fa
terapia dall’inizio.
Management: assistenza respiratoria
Farmaci di prima linea: DIAZEPAM 0,15 mg/kg , LORAZEPAM 0,1 mg/kg ev.
Il diazepam ha un due problemi:
1) il primo è la cinetica che è un po’ fastidiosa perché quando il lorazepam arriva nel sangue
poi va nel SNC rapidamente,poi però essendo molto liposolubile va nel tessuto adiposo e
nel sangue scende di concentrazione e dunque per equilibrio esce dal SNC tornando nel
sangue che ne è privo;
2) il secondo motivo è il metabolismo, infatti il lorazepam è esclusivamente metabolizzato da
UGT, mentre il diazepam è attaccato soprattutto dal CYP2C19 il quale lo trasforma
inizialmente in nordazepam (che sarebbe il desmetil-diazepam e che peraltro è un altro
prodotto metabolico del clorazepato, un’altra benzodiazepina che si dà per os),poi diventa
oxazepam (che è un’altra benziodiazepina attiva il SERPAX, famosa per il trattamento
dell’ansia) e infine un altro metabolita che viene glucurono coniugato.
Quindi si formano 2 metaboliti attivi ed in più se ne forma un altro collaterale attivo che
prende il nome di temazepam. In processi metabolici così complessi più tappe metaboliche
hai più polimorfismi da attenzionare puoi avere.

Quando fai questi trattamenti 80% persone risolve le crisi nelle prime 4 ore, però poi se vai oltre 5 ore
alcuni possono andare avanti e risponderà solo il 40%, quindi devi passare alla II linea, soprattutto se lo

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stato di male continua pur senza convulsioni a livello periferico, e non te ne accorgi, ma a livello centrale
continua l’epilessia.

Farmaci di seconda linea:

· VALPROATO 15-40mg/kg
· LEVETIRACETAM 20-40 mg/kg,
· FENITOINA 10-15 mg/kg o FOSFENITOINA più solubile 10 mg/kg che hanno ha copertura più lineare
rispetto al diazepam perché non vanno sangue-cervello-adipe.
· Fenobarbital è anche seconda linea,ma prima si dava di più,ora si dà di meno 10 mg/kg.

Nelle vecchie linee guida ci stava anche il topiramato.

Se non si dà si va ai farmaci di terza linea che di fatto sono anestetici:

· MIDAZOLAM, un'altra BDZ che si usa anche in anestesia, che si può usare anche in I linea in
alternativa agli altri due, ma qui in III linea la dai a dosi anestetiche cioè più alte mettendo in
quiescenza tutti il SNC
· TIOPENTALE che è sempre anestetico (che agisce sempre sui neuroni al GABA ma anche sui canali
al calcio spegnendoli),
· PROPOFOL, un anestetico generale
· Alcuni propongono anche la KETAMINA

ANTIEPILETTICI DI II GENERAZIONE
Nascono per migliorare il management di in gravidanza e per il trattamento add on; tuttavia da quando
sono usciti gli antiepilettici di seconda generazione, quanto meno il primo tipo, sono diventati farmaci di
prima linea.

Lamotrigina (LAMICTAL)
In realtà è diventato I linea, superando la fenitoina , il fenobarbital e la carbamazepina, per

1. Epilessia generalizzata tonico clonica (farmaco di prima linea insieme al Depakin)


2. Epilessia focale
3. Assenze epilettiche (per qualche motivo che nessuno comprende)
4. Profilassi dei disturbi bipolari (la profilassi è particolarmente efficace noi confronti degli episodi
depressivi che maniacali, dove è più efficace il litio).

Come agisce?

ü Blocca i canali sodio in modo uso, voltaggio, frequenza dipendente, similmente a fenitoina e
carbamazepina.

135
ü Inibisce rilascio glutammato, cosa che tutti i bloccanti del canale del sodio vi aspettate che
facciano, però con la lamotrigina questo meccanismo è più importante, e l’effetto sulle
assenze, dove notoriamente i bloccanti del sodio non funzionano, funziona.

Dosaggio 200 mg/die, bisogna titolare. Range di dosaggio tra 200-300 mg/die.

Metabolizzato UGT 1A3 e 1A4. I pazienti che hanno sostituzione L84V dell’ UGT 1A4 hanno clearance
accelerata. A questo proposito per il problema dell’UGT , la cosa interessante riguarda le interazioni tra
farmaci, in particolare 3 tipi di interazioni:

a) Con Valproato: blocco UGT, per cui la lamotrigina deve essere data a 100 mg
b) Con Fenobarbital: attiva UGT, devi salire a 300 mg
c) Con Etoposide (per esempio se il paziente è anche in terapia per carcinoma polmonare),
d) Con Atovquone (un farmaco che si da nella malaria, insieme a proguanile).

Concentrazioni plasmatiche (2-4 mcrg/ml).

Effetti avversi:

o di classe
o reazioni di ipersensibilità fino al 10% . Queste cose vengono soprattutto nelle prime fasi del
trattamento, sesso femminile maggiormente esposto e anche persone con patologie autoimmuni
poiché hanno il sistema immunitario più attivato. Le reazioni di ipersensibilità possono anche
evolvere e andare in Steven Johnson (SJS), DRESS E TEN. Nonostante le reazioni di ipersensibilità
siano dosi indipendente, in questo caso aumenta la probabilità statistica di ipersensibilità

Felbamato (TALOXA)
è il più tossico di tutti i farmaci qui citati. Per un po’ è stato ritirato dal commercio.
Qual è il meccanismo d’azione? Bloccante i canali del sodio e in più inibizione del recettore NMDA.
Quando si usa? È un ottimo antiepilettico di base, però lo potete usare o in soggetti resistenti ad altri
farmaci, in quanto è comunque il farmaco più efficace nella sindrome di Lennox Gastaut , che se ricordate è
la prosecuzione nella sindrome di west, con esito in ritardo mentale caratterizzato da assenze atipiche e
altro. Teoricamente in questa sindrome potreste utilizzale anche il valproato, ma il Valproato nei bambini
più piccoli di 2 anni di età ha un epatotossicità, mentre invece la tossicità del felbamato è minore in questi
bambini, quindi è più sicuro.
Dosaggi 600 mg fino a 3.6 g (si prende BID la prima settimana, max fino a 2.4 gr)
Dal punto di vista farmacocinetico è un inibitore CYP2C9, induttore CYP3A4.
Il problema sono gli effetti avversi:

− il primo è l’epatotossicità, che porta insufficienza epatica agli stessi livelli del Valproato, le
transaminasi infatti salgono bruscamente;
− l’altro effetto avverso è l’anemia aplastica, la cui incidenza è 167 casi su 1.000.000, molto di più
della Carpamazepina, ma nei bambini al di sotto dei 2 anni non si verifica mai.

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Gabapentina (NEURONTIN) / Pregabalin (LYRICA)
L’impiego principale è una terapia add on nelle crisi focali (prima linea) ed è usato in prima linea nel dolore
neuropatico in particolare neuropatia diabetica. Inoltre è utilizzato :

· Nell’ansia generalizzata
· Nei disturbi bipolari
· Nella sindrome di astinenza da benzodiazepine e da etanolo
· Profilassi emicranica severa e cefalea a grappolo.

Si legano alla subunità a2d1 dei canali Ca++ voltaggio dip. VSCC; e il loro meccanismo è legato al blocco dei
canali P/Q ed N importanti per il rilascio dei neurotrasmettitori. . Si legano in una zona che si chiama
Dominio di Von Willenbrand (che non deve essere confuso con il fattore) , dove si legano anche alcuni aa
neutri, leucina, isoleucina, valina . Il legame dunque è competitivo e i soggetti che hanno resistenza a
Pregabalin o hanno mutazione regione Von Willenbrand oppure eccesso aa neutri, quindi ad esempio stati
catabolici, sarebbe interessante fare uno studio.

Dosaggio: per il Lyrica da 150 a 300 mg ma titolando (c’è scritto che si può arrivare a 600 ma non si dà). Per
il neurontin, cominciate la titolazione il primo giorno 100 mg, il secondo si da 200 mg, e così via fino ad
arrivare tra 900 e 1800 mg al giorno. Attenzione ai pasti perché c’è una interferenza negli amminoacidi nel
neurontin, mentre nel Lyrica no .
Per quanto riguarda il metabolismo non vi è interazione con i CYP, quindi vanno bene in add on.

Effetti avversi:

· Di classe
· Acquisto di peso
· Ipotesi di Interferenza con la sinaptogenesi e trombospindina
· Blocco dei canali L del calcio ( non usare nei cardiopatici e nei pazienti che prendono anche
Verapamil)
· Il pregabalin va anche a bloccare la sinaptogenesi ; la trombospindina media, mediante la subunità
a2d1 di cui target anche pregabalin, la sinaptogenesi nel sistema nervoso centrale per
l’epilettogenesi, quindi il pregabalin interferisce; inoltre mutazioni della trombospondina sono
associate in insufficienza cardiaca cronica, mutata in SQTS e Brugada.

Tiagabina (Gabitril) e Vigabatrina (Sabril)


sono dei farmaci che agiscono sul Gaba

La tiagabina si dà a 20-40 mg/die , inibisce GAT 1 (trasportatore GABA), andando ad aggravare le assenze
nel talamo. Ha un emivita abbastanza lunga è metabolizzato dal CYP3A4. In laboratorio è stato provato nei

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ratti che la tiagabina aumenta le assenze ma non se si mette nella corteccia somatosensoriale, dove
avviene il contrario.

La vigabatrina invece, è di grande interesse perché è quello che funziona meglio nella sindrome di West,
soprattutto in prima linea quando il West è associato a Sclerosi Tuberosa con mutazione di tsc1 e tsc2. È un
inibitore selettivo irreversibile GABA T, dato con un dosaggio 1.5-2.5 gr/die, BID o TID, non influenza i cyp.

Effetti avversi: il problema di questo farmaco, al netto di una grande efficacia è che in 1\3 degli
adulti e 1\5 dei bimbi porta ad una riduzione concentrica e progressiva del campo visivo associata
ad edema intramielinico del nervo ottico che facile da vedere nell’adulto mentre nei bambini devi
fare l’elettroretinogramma; Inoltre porta a disturbi psichiatrici critici soprattutto nell’adulto

TAMs
Sono dei farmaci a struttura pirrolidonica, che come prototipo hanno il piracetam (NOTROPIL) che però non
si usa nell’epilessia . Un altro farmaco appartenente a questa classe è l’Aniracetam. Nessuno di questi 2 è
utilizzato nella epilessia. Piuttosto, essendo PAM dell’ AMP sono usati come “cognition enhancer”.Un altro
farmaco appartenente a questa classe è il Levitiracetam (KEPPRA) ed il Brivaracetam (ancora in sviluppo
ma più potente e più liposolubile).

Questo farmaco (il Levetiracetam) è ottimo in add on per i seguenti motivi:

· non ha interazioni con i chip,


· è forse l’unico che non è trasportato dalla glicoproteina P (quindi non sviluppa resistenza
nei confronti di questa)
· è uno dei pochissimi che ha una risposta sempre più forte nel modello del Kindling quando
l’animale viene stimolato, e tende ad inibire l’epilettogenesi.
Indicazioni:
1. Epilessia focale
2. Tonico clonica generalizzata
3. Epilessia Rolandica con problemi alla faccia
4. No indicazione per le assenze (anche se ha dato buoni risultati)

Dosaggio 1-2 gr/die si dà BID.

Quindi non è soltanto efficace nella crisi ma anche nello sviluppo di queste. Tutto questo ci fa pensare ad
un meccanismo d’azione particolare: hanno un sito che si chiama Pr SV2A, delle vescicole sinaptiche (SV
sta per VESICOLE SINAPTICHE), gruppo che include SV2A, 2B, 2C, la A è più importante perchè ubiquitaria.
Serve al rilascio di neurotrasmettitore anche se non si sa bene come. Interagisce con la sinaptotagmina,
che serve quando il Ca++ aumenta il rilascio di neurotrasmettitore.

La cosa che di fatto si sa è che i topi Knock-out per SV2A hanno il più severo fenotipo epilettico conosciuto,
forse perchè SV2A serve per rilascio di GABA. Quindi forse Keppra è PAM SV2A.

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Lacosamide (Vimpat)
200- 400 mg /die. Non si sa se lo trasporta glicoproteina P. Non ha interazioni con CYP.

È un farmaco magnifico nei pazienti resistenti ad altri farmaci.

I meccanismi d’azione sono 3

1. Blocco canali Na+ facilitando l’ingresso del canale nello stato di inattivazione lenta. Forse lo fa
interagendo col tratto CH e congiunge S5 ed S6 del II e IV dominio, questi tratti formano la parete
canale ionico.
2. Inibisce correnti persistenti del sodio
3. Un po’ enigmatico, perchè è attivo nel modello delle convulsioni indotte da stimolazione della
cornea nell’animale, di 6 Hz. Questo è un modello di epilessia farmaco resistente , solo che in
questo modello, funzionano principalmente i farmaci Garbaegici, ma lui non è un garbaegico, ma
allora come funziona? Probabilmente è legato al fatto che la lacosamide alle concetrazioni
fisiologiche è inibitore della anidrasi carbonica, quindi in sua risposta quindi si riduce la
concentrazione intraneuronale di HCO3-, così quando si apre il canale del Cl- del GABA il
bicarbonato non esce (quando entra il cloro normalmente il bicarbonato fuoriesce)

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4. Interagisce anche con CRMP-2 che serve per la retrazione dell’assone. Fa parte di una famiglia che
regola il citoscheletro e la funzione trofica del BDNF, un altro membro di questa famiglia, che è
CRPM5 è bersaglio di ab in un’encefalite autoimmune limbica.
CRMP2 è trait d’union tra tubulina e canali del Na+ quindi può agire anche così. Quindi forse la
Lacosamide interagendo con CRMP2 regola attivamente il traffico dei canali del sodio.

LA PROSSIMA VOLTA CI OCCUPEREMO DI TOPIRAMATO

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