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Esistono numerosi tipi di memoria, ognuna dedicata a una funzione diversa.

Hebb (1949) ha
proposto una prima grande distinzione che riguarda la me- moria a breve termine (MBT),
caratterizzata da un rapido decadimento e dovuta a un'attivazione elettrica e la memoria a
lungo termine (MLT), caratterizzata da una traccia più duratura e dovuta alla crescita dei
neuroni. Entrambe sono gene- ralmente viste come magazzini separati ma in grado di
interagire.

Memoria:

Si possono distinguere diversi tipi di MBT in base alla durata della traccia mne- stica in assenza
di ripasso e alla funzione assolta. La memoria sensoriale (Sperling, 1960) e la memoria di
lavoro (Baddeley e Hitch, 1974) saranno viste nel dettaglio. La MLT non è un magazzino
unitario ma si può classificare in base al tipo di informazione ritenuta (semantica, episodica,
procedurale) come proposto da Tul- ving e Donaldson (1972).
Un'ulteriore suddivisione si può, infine, effettuare tra memoria esplicita ed im- plicita (Graf e
Schacter, 1985). La prima riguarda quelle conoscenze che sono memorizzate
consapevolmente, la seconda, invece, quelle conoscenze apprese in precedenza, che sono in
grado di facilitare un compito senza esserne consapevoli. I classici compiti utilizzati per valutare
la memoria esplicita in maniera diretta
sono il richiamo e il riconoscimento. Dopo aver memorizzato una lista di elementi (parole,
sillabe, numeri etc.), il soggetto ne deve richiamare il maggior numero possibile con un ordine
prestabilito (richiamo seriale), in qualsiasi ordine vengano ricordati (richiamo libero) o in base ad
altri elementi della lista (richiamo guidato). Un compito normalmente utilizzato per valutare la
memoria esplicita in maniera indiretta è il completamento, in cui dopo la presentazione di una
lista di elementi (per esempio parole) è chiesto al soggetto di completare uno stimolo.
La memorizzazione delle informazioni avviene per stadi: la codifica, l'imma- gazzinamento e la
rievocazione. La codifica è il primo e fondamentale stadio della memorizzazione, in cui
l'informazione viene decifrata. Fallimenti in questo stadio determinano un fallimento nella
memorizzazione e potrebbero impedire succes- sivamente la rievocazione.
L'immagazzinamento avviene dopo la codifica e con- siste nella creazione di una traccia
mnestica. La traccia mnestica, se registrata nella memoria a lungo termine, è potenzialmente
permanente e può essere rievocata spontaneamente o tramite la presentazione di un indizio. In
alcuni casi si evidenzia un aperdita di memoria che si definisce amnesia. L'amnesia può
presentarsi dopo un danno o un deterioramento cerebrale oppure in condizioni non patologiche,
come nel caso dell'amnesia può compromettere specificamente la rievocazione di eventi
passati (retrograda) o la capacità di memorizzare nuove informazioni (anterograda). In base alla
s cificità dei sintomi, è possibile intuire se specifiche funzioni della memoria fanno spe-
riferimento alla stessa struttura cerebrale o se al contrario utilizzano strutture se- parate, e
dimostrare l'esistenza di strutture mnestiche ipotizzate.

La memoria sensoriale:

Uno stimolo lascia una prima brevissima traccia nella modalità sensoriale in cui viene
presentato. Esistono dati empirici che evidenziano l'esistenza di questi magazzini sensoriali a
brevissima durata; i magazzini di memoria sensoriale più studiati sono la memoria ecoica e la
memoria iconica.

La memoria ecoica:

La memoria ecoica si può definire come l'immagazzinamento delle proprietà acustiche del
suono (Neisser, 1967).
In accordo con Cowan (1984), esistono due forme separate di memoria ecoica: una breve che
si estende fino a 300 ms e una più lunga, che ritiene informazioni uditive per una durata
nell'ordine dei secondi. Secondo l'Autore la persistenza della sensazione uditiva e il limite
integrazione temporale degli stimoli uditivi rap- presentano due tipi di evidenza diretta
dell'esistenza della memoria ecoica a breve termine.
In uno studio condotto da Miller (1948) i partecipanti ascoltavano un rumore bianco' continuo,
intervallato da pause di silenzio o di rumore attenuato di durata variabile. I partecipanti avevano
il compito di aggiustare il volume del rumore nelle pause, fino a non poter più distinguere tali
pause da quelle di silenzio. I risultati mostrano che il livello minimo a cui il rumore veniva
percepito nelle pause era inversamente proporzionale alla durata; a una durata più lunga di 300
ms tale soglia smetteva di variare. La prospettiva teorica del doppio magazzino per la me moria
ecoica interpreta questo risultato come dovuto alla traccia lasciata dal suono prima di questo
intervallo.
Cowen spiega che l'integrazione tra due stimoli presentati in due tempi diversi necessita che
l'informazione riguardante il primo stimolo sia ritenuta fino all'arrivo Il rumore bianco è un
segnale acustico casuale la cui ampiezza è fissa all'interno di una certa banda di fredel secondo
stimolo. In linea con tale assunzione, la finestra temporale entro la quale avviene l'integrazione
dovrebbe indicare il limite di ritenzione e, dunque, il limite del magazzino di memoria ecoica a
breve termine.

La memoria iconica:

Il magazzino sensoriale dedicato alla modalità visiva è la memoria iconica. Il numero di lettere
che in media un osservatore riesce a riportare dopo la brevissima presentazione di un display è
stato chiamato memoria immediata (Miller, 1956). Partendo dalla considerazione che in questo
genere di esperimenti molti osserva- tori riferiscono di vedere più di quanto riescano a ricordare,
G. Sperling (1960) ha ipotizzato l'esistenza di una memoria sensoriale a capacità superiore di
quella evi- denziata con il compito di riporto globale. In una serie di esperimenti facenti parte
della sua tesi di dottorato, Sperling (1960) ha valutato questa ipotesi con la tecnica del riporto
parziale. All'osservatore era presentato uno stimolo, come negli espe- rimenti menzionati
precedentemente, ma questa volta gli è richiesto di riferirne solo una parte, normalmente, una
sola riga da una matrice di lettere. Un tono (alto, medio o basso) indicava all'osservatore quale
riga avrebbe dovuto riportare. Il tono era presentato solo dopo la scomparsa delle lettere,
cosicché l'osservatore non po- tesse utilizzarlo strategicamente per focalizzare la propria
attenzione solo su quel gruppo di lettere, ma fosse invece costretto a tentare di ricordare tutta la
matrice. In tali condizioni, la prestazione dei partecipanti era quasi perfetta, suggerendo che il
numero di lettere registrate nel magazzino sensoriale era ben più alto di quello immaginato fino
a quel momento e comprendeva potenzialmente tutto il display. Il vantaggio, tuttavia,
scompariva dopo appena una frazione di secondo, indicando che questo tipo di memoria ha un
decadimento molto rapido.

La memoria a breve termine:

La MBT è un sistema a capacità limitata. Esistono, infatti, dei limiti alla quan- tità d'informazione
che siamo in grado di immagazzinare e, spesso, questa varia da persona a persona. Tale limite
dipende della memoria sensoriale, che determina la quantità di informazione che si è in grado di
processare, ma può essere reso più efficiente raggruppando l'informazione in pezzi. Per
memorizzare una serie efficientemente raggruppando le cifre di numeri (per esempio
12345678), infatti l'informazione di può organizzare più efficentemente raggruppando le cifre a
due a due(per esempio 12 34 56 78).

L'informazione contenuta nella MBT decade con una velocità nell'ordine dej secondi ed è
stimata essere intorno a 712 elementi (vedi Miller, 1956), nonostante lo span di MBT vari tra gli
individui e in base al tipo di informazione da ritenere (lettere, numeri, immagini, configurazione
spaziali etc.).
Uno dei modelli più influenti per spiegare il funzionamento della memoria è stato proposto
inizialmente da Waugh e Norman (1965) ma reso celebre da At kinson e Shiffrin (1968). Il
modello modale (Waugh e Norman, 1965; Atkinson e Shiffrin, 1968) ipotizza che l'informazione
proveniente dall'esterno entri nel ma- gazzino a breve termine, che controlla il flusso in ingresso
e in uscita dalla MLT La distinzione tra magazzino a breve termine e magazzino a lungo termine
era in grado di rendere conto di dati empirici che mostrano la rapida perdita di informa zione
nella condizione in cui venga impedito il ripasso (Peterson e Peterson, 1959),
Robinson e Brown (1926) sono stati tra i primi a mostrare l'effetto della po- sizione seriale; cioè,
che in un compito di richiamo gli elementi iniziali (primacy) e finali (recency) di una lista
precedente appresa vengono ricordati meglio di quelli centrali. Il modello modale spiega l'effetto
di primacy come un riflesso della me- moria a lungo termine: tramite strategie di ripasso, infatti,
è possibile che i primi elementi della lista abbiano il tempo di essere immagazzinati nella
memoria a lungo termine. L'effetto di recency, d'altra parte, rifletterebbe il funzionamento della
memoria a breve termine poiché il tempo trascorso tra la memorizzazione e la rievocazione
sarebbe sufficientemente breve da consentire il richiamo degli ultimi elementi della lista. Gli
elementi presentati nelle posizioni intermedie ver- rebbero dimenticati poiché non ancora
spostati nella memoria a lungo termine e sovrascritti nella memoria a breve termine dagli ultimi
elementi presentati. Un'ipo- tesi alternativa suggerisce che l'effetto di posizione seriale possa
essere spiegato immaginando una sequenza spazio-temporale in cui gli elementi iniziali e finali
siano maggiormente distinguibili (Murdock, 1960).

La codifica:

Molto spesso il concetto di memoria a breve termine viene erroneamente iden- tificato con
quello di codifica (Crowder, 1993). La codifica si riferisce al livello ini- ziale di elaborazione che
porta alla rappresentazione dell'informazione in memoria. Craik e Lockhart (1972) hanno
proposto che l'informazione può cessata a diversi livelli ed elaborata, dunque, più o meno
essere pro- profondamente.
In un esperimento, Craik e Tulving (1975) hanno presentato ad alcuni partecipanti una serie di
parole. Dopo ogni parola, i partecipanti dovevano indicare se la parola
era stampata in maiuscolo o minuscolo (caso), se faceva rima con un'altra parola (suono)
oppure se poteva essere inserita in una specifica frase. Questi tre compiti avevano lo scopo di
indurre differenti livelli di elaborazione della parola. Successi- vamente veniva chiesto ai
partecipanti di riconoscere, all'interno di una lista, le parole che erano state presentate
precedentemente. Le parole per cui veniva indicato il caso venivano ricordate più spesso di
quelle per cui era indicato il suono, che a loro volta venivano ricordate meglio di quelle che
erano inserite in una frase. Tale risultato sa- rebbe a favore dell'ipotesi dei differenti livelli di
processamento e indicano che l'in- formazione è ricordata meglio quando viene elaborata più
profondamente.

La memoria di lavoro:

Il concetto di memoria di lavoro è stato proposto inizialmente da Miller, Ga- lanter e Pribram
(1960) e poi adottato da Baddeley e Hitch (1974) per enfatizzare la natura multimodale della
MBT e distingure il proprio modello da quelli prece- denti che vedevano la MBT come un
magazzino unitario.
In accordo con il modello originale di Baddeley e Hitch (1974), la memoria di lavoro può essere
suddivisa in almeno tre componenti: il taccuino visuospaziale utile per il mantenimento di
informazioni relative alle proprietà visive e spaziali degli oggetti, un ciclo fonologico deputato al
mantenimento delle informazioni verbali, e un esecutivo centrale preposto al controllo
attenzionale e al coordinamento, mani- polazione e uso delle informazioni contenute negli altri
due moduli. La memoria di lavoro si può definire come un sistema dedicato al mantenimento e
immagaz- zinamento di una limitata quantità di informazione in una rappresentazione attiva per
un breve periodo, necessario a rendere disponibile il suo utilizzo e a sottendere il pensiero
umano (Baddeley e Hitch, 1974). Sembra, quindi, che per definizione il concetto di memoria di
lavoro coincida con quello di coscienza (Courtney, Petit, Haxby e Ungerleider, 1998).
Il modello del ciclo fonologico include un magazzino capace di trattenere in- formazioni di tipo
fonetico per qualche secondo prima che questa decada, tra- informazione che può essere
trattenuta dipenderebbe da tale processo di ri-ar- mite il processo di ripasso che coincide con il
discorso interiore. Il limite di ticolazione che, avendo luogo in tempo reale, permetterebbe a un
certo numero di informazioni di essere ripassate; superato tale limite i primi elementi verreb-
bero dimenticati prima che avvenga il ripasso. Il ciclo fonologico avrebbe il compito di facilitare
una serie di attività cognitive come il ragionamento o l'apprendimento.
Secondo Baddeley (2003), l'effetto della lunghezza della parola sarebbe u prova dell'esistenza
del ciclo fonologico; lo span di MBT diminuirebbe mentare (da una a cinque sillabe) della
lunghezza delle parole da memorizzare. Tale effetto sarebbe per contro abolito quando il
ripasso viene impedito chie- dendo ai soggetti di ripetere un suono irrilevante durante il compito
di rizzazione. Questa tecnica prende il nome di soppressione articolatoria.
Il taccuino visuo-spaziale è una sub-componente della memoria di lavoro una con l'altra
dedicata all'immagazzinamento di informazioni visive e spaziali e avrebbe un ruolo importante
nello svolgimento di compiti come la rotazione mentale di un'immagine. Utilizzando il paradigma
del doppio compito, in cui ai partecipanti si chiede di svolgere due compiti
contemporaneamente, Logie, Zucco e Baddeley (1990) hanno dimostrato l'esistenza di queste
due sub-componenti. Il compito verbale richiedeva osservare due liste di consonanti, presentate
una dopo l'altra per 3 secondi ciascuna, e indicare quali consonanti della seconda lista erano
diverse.
Per il compito visuo-spaziale, i partecipanti dovevano indicare differenze tra due serie di
quadrati bianchi e neri. Contemporaneamente dovevano eseguire un altro com- pito che poteva
essere di tipo verbale (per esempio un compito aritmetico di conta) o di tipo spaziale. La logica
sottostante il doppio compito è che se due compiti fanno riferimento allo stesso magazzino a
risorse limitate, la prestazione dovrebbe essere deteriorata; al contrario, se due compiti fanno
riferimento a risorse indi- pendenti il loro svolgimento simultaneo non dovrebbe influire sulla
prestazione. I risultati mostrano un abbassamento dello span di memoria verbale solo quando il
compito concomitante era di tipo verbale e un abbassamento dello span del taccuino
visuospaziale solo quando il compito concorrente era di tipo spaziale.
L'esecutivo centrale è il sottosistema ipotizzato per coordinare le subcomponenti della memoria
di lavoro.
Tale componente sembra avere il compito di guidare l'attenzione e rivolgerla verso il compito da
eseguire. In una delle più recenti versioni del modello di memoria di lavoro (Baddeley, 2000;
2003) è stata ipotizzata una nuova sub-componente: il buffer episodico. Il buffer episodico è
presentato come un sottosistema separato ma può essere considerato la componente di im-
magazzinamento del'esecutivo centrale; avrebbe la capacità di integrare informa- zioni da
diverse fonti e immagazzinarle sotto forma di episodi.
Un'ulteriore componente della memoria di lavoro, sé di lavoro (working self), è stata ipotizzata
da Conway e Pleydell-Pearce (2000). Secondo gli autori esisterebbe una gerarchia di obiettivi
rappresentati in funzione di feedback, positivi e negativi, a diversi livelli di specificità. Il sé di
lavoro avrebbe la funzione di diminuire la di- screpanza tra l'obiettivo desiderato e lo stato
attuale allo scopo di regolare il comportamento. Tale funzione potrebbe attuarsi nella modifica
dei ricordi esistenti o nella creazione di false memorie per mantenere la coerenza dell'obiettivo.
Come il buffer episodico ipotizzato da Baddeley (2000; 2003), il sé di lavoro potrebbe inoltre
regolare l'accessibilità dei ricordi della MLT in base all'obiettivo corrente e consentirebbe
l'accesso dei ricordi alla MLT.

La memoria a lungo termine:

C'è un accordo generale sulla distinzione tra MBT e MLT, e sulle successive suddivisioni
all'interno di questi due grandi magazzini. Tale suddivisione è sup- portata sia da dati empirici e
sia da evidenze neuropsicologiche che mostrano come alcuni danni cerebrali danneggino una
funzione specifica lasciando intatte le altre.

Tulving (1972) ha proposto una classificazione della MLT che ancora oggi viene largamente
accettata, distinguendo tre componenti: la memoria episodica, la memoria semantica e la
memoria procedurale. La memoria episodica è relativa ad eventi collocati in un contesto spazio-
temporale, come ad esempio la vittoria dell'Italia alla finale dei mondiali di calcio del 2006.
Alcuni ricordi episodici sono autobiografici, cioè ri- guardano specificamente un esperienza
vissuta personalmente, come ad esempio quello che stavo facendo quando l'Italia ha vinto i
mondiali nel 2006. La memoria semantica riguarda invece un tipo di conoscenza astratta, non
collocabile nel tempo e nello spazio. La distinzione tra memoria episodica e semantica spiega
perché ad esempio è possibile conoscere la capitale della Francia senza necessariamente ri
cordare il momento in cui tale informazione si è appresa; in altre parole, abbiamo il ricordo
semantico di Parigi ma non necessariamente il ricordo autobiografico legato all'acquisizione di
tale informazione.

La memoria procedurale, al contrario della memoria semantica e di quella episodica, non è un


tipo di conoscenza esplicita ma piuttosto una collezione implicita di ca formazioni che ci
permettono di eseguire compiti come camminare, guidare, dare in bicicletta. Quando
camminiamo, infatti, non abbiamo la necessità rievocare tutta la procedura che ci permette di
mantenere un equilibrio i muscolo delle gambe che alla fine portano a eseguire ogni passo.
Nell'atto dell'apprendimento, tuttavia, la conoscenza procedurale può essere esplicita come nel
caso in cui stiamo imparando ad andare in bicicletta. All'inizio è necessario che qualcuno ci
spieghi dove mettere i piedi, come pedalare, trovare l'equilibrio o partire. Una volta appresa la
procedura non è più necessario richiamare ogni singola istruzione ricevuta ma è sufficiente
rievocare implicitamente "come" pedalare.

La memoria semantica:

La memoria semantica si riferisce alla capacità di immagazzinare e richiamare conoscenze e


fatti generali come categorie e tipi di eventi. Una delle caratteristiche principali della memoria
semantica è l'organizzazione per argomenti. Meyer e Schvaneveldt (1971) hanno mostrato in
un classico esperimento che il richiamo di un concetto facilita il richiamo di concetti
semanticamente collegati. In un compito di decisione lessicale, i partecipanti dovevano
classificare delle stringhe di lettere in parole e non-parole. Quando una parola semanticamente
legata era presentata prima della stringa di lettere, la decisione avveniva più velocemente
rispetto a quando era presentata una parola non collegata: questo effetto è chiamato priming.
Altre caratteristiche della memoria semantica sono la possibilità di inferire informazioni a partire
dai contenuti e la natura astratta dell'informazione, che non
è collegata ad alcun evento specifico.
Uno dei primi modelli della MLT ipotizza che i concetti siano organizzati in maniera gerarchica
(Collins e Quillian, 1969). Si può immaginare tale mo dello come una serie di nodi, che
rappresentano i concetti, collegati tra di loro. Esistono due caratteristiche principali dei nodi:
sono collegati tra di loro ali mite etichette che ne denotano la relazione e le connessioni sono
direzionali. Tale modello è messo in discussione dall'effetto di tipicalità, secondo cui le persone
classificano come un uccello più velocemente un canarino che un pinguino nonostante,
secondo tale modello i due nodi siano allo stesso livello gerarchico.

La memoria episodica e autobiografica:


La memoria umana, secondo Williams James (1890), è una componente fon- damentale del sé;
non stupisce dunque che la memoria episodica, e in particolare di quegli episodi riguardanti la
nostra persona, grosso interesse per siano di comunità scientifica.
Due forze sembrano governare la memoria autobiografica: la coerenza e la corrispondenza
(Conway, 2005). I ricordi possono essere, infatti, alterati, di- storti o inventati per supportare
personali credenze, schemi, o la propria im- magine di sé (Bartlett, 1932; Freud, 1899; 1915).
Opposto al bisogno di coerenza è il bisogno di corrispondenza, cioè la congruenza con le
esperienze effettivamente vissute. La necessità di corrispondenza deve fronteggiare il pro-
blema della spazio disponibile all'immagazzinamento: non tutti gli eventi infatti vengono
memorizzati, ma solo quelli che il sistema denota come rilevanti.

Un'eccezione è stata riscontrata in una paziente, AJ, recentemente studiata da Parker, Cahill e
McGaugh (2006), unico caso conosciuto di sindrome iper- timestica³. La memoria di AJ sembra
essere automatica, inarrestabile, incon- trollabile, ma selettiva per gli eventi riguardanti la sua
autobiografia o il suo interesse e non riflette dunque un vantaggio per la memoria generale.
Secondo gli autori (Parker et al., 2006), due caratteristiche sembrano definire la sin- drome: un
eccessiva quantità di tempo spesa a ricordare il passato e una stra- ordinaria capacità di
rievocare eventi specifici della propria esperienza passata. Tale inclinazione si potrebbe definire
come modalità di recupero che Tulving (1983) indicava come la propensione di un soggetto a
focalizzarsi su eventi passati. Nel caso di AJ, un indizio, come per esempio una data o un
evento storico, produce un'automatica sensazione di ricordo di un'esperienza autobiografica.
La maggior parte delle teorie contemporanee della memoria autobiografica con- cordano nel
distinguere tra memoria per fatti o conoscenze personali, e memoria per eventi specifici esperiti
personalmente, accompagnati da una ricca rievocazione sensoriale e una particolare
consapevolezza del ricordo (Wheeler et al., 1997).
Una distinzione simile è stata effettuata da Conway (2001) tra memoria sensoriale evento-
specifica e memoria di eventi più generali riguardanti il sé, in un'ampia finestra spazio-
temporale. Il modello teorico del Sistema di Memoria di Sé (SMS; per una versione recente vedi
Conway, 2005; Figura 2.2) propone che ogni ricordo abbia una naturale propensione a essere
dimenticato se non inserito in una rappresentazione a lungo termine e ipotizza un complesso
meccanismo di obiettivi, che consentirebbe all'individuo di organizzare i ricordi altrimenti de-
stinati a un inevitabile oblio.

La memoria autobiografica corrisponde nel modello alla storia della vita, che consiste nella
collezione di conoscenze generali sull'individuo. La sua zione varia al variare degli obiettivi, cioè
quando l'individuo affronta un nuovo periodo della sua vita (per esempio cambiare lavoro, avere
un figlio etc.) che di venta centrale per il sé di lavoro. L'organizzazione consiste in un tema
centrale e una colonia di ricordi collegati a tale tema. La memoria specifica degli eventi, cor-
risponderebbe al contenuto di quella che inizialmente Tuving (1972) aveva defi- nito come
memoria episodica.
La funzione della memoria episodica sarebbe di registrare sommariamente i contenuti
(sensoriali, concettuali, emotivi etc.) della memoria di lavoro. I contenuti della memoria
episodica sarebbero principalmente rappresentate da immagini visive in ordine cronologico;
sono immagazzinate sottoforma di rappresentazioni a lungo termine se integrate nella memoria
autobiografica. Tali ricordi sarebbero inoltre in grado di essere attivati e inibiti per un lungo
periodo di tempo e la loro funzione principale sarebbe di fornire una registrazione a breve
termine dei progressi dell'obiettivo corrente.
Il modello del SMS spiega che il ricordo innescato da un suggerimento attiverebbe un ciclo
iterativo di valutazione-elaborazione, proposto originariamente da Norman e Bobrow (1979): un
suggerimento richiama un ricordo che diventa disponibile; il processo può questo punto
terminare o iniziare un nuovo ciclo in cui il suggerimento viene elaborato sulla base delle
informazioni ora disponibili.
Lo studio della memoria autobiografica presenta alcune problematiche relative alla collezione
del materiale. La stesura di un diario, anche molto dettagliato, non permette, infatti, il controllo
dell'accuratezza del ricordo e il campionamento casuale dei ricordi. I partecipanti potrebbero
selezionare i tipo di informazioni da registrare in base alla "memorabilità", impedendo una
corretta stima dell'oblio. Un classico studio ecologico sulla memoria autobiografica, conosciuto
come beeper, è stato condotto da Brewer (1988). Per un certo numero di giorni, i parteci panti
indossavano un dispositivo che emetteva un suono in risposta al quale i par-tecipanti dovevano
annotare cosa stavano facendo o pensando in quel determinato momento.
I primi risultati mostrarono che gli eventi annotati con tale tecnica erano dimenticati più
rapidamente di quelli annotati tramite diario. Inoltre, i luoghi crano ricordati meglio rispetto a
pensieri e azioni, risultato che Brewer stesso rico- nosce essere dovuto probabilmente a un
artefatto, riconducibile alla strategia di ri- costruire intuitivamente il luogo in base all'azione (per
esempio è molto semplice inquire di essere a scuola in base al ricordo di essere interrogato da
un insegnante). In generale, la memoria autobiografica decade, e il ricordo dei pensieri sembra
de- cadere più velocemente rispetto alle azioni e luoghi.

Un interesse crescente si sta sviluppando intorno a un nuovo congegno pro- dotto da Microsoft
Researche SenseCam. Tale dispositivo, delle dimensioni di un telefono cellulare, è stato
disegnato per essere indossato al collo ed è stato pro- grammato per scattare passivamente
una foto ogni pochi secondi producendo circa 2000, 3000 immagini alla fine della giornata
(Hodges et al., 2006). La Sense- Cam è stata utilizzata principalmente nell'ambito clinico, come
una sorta di diario pittorico per migliorare la MLT e il consolidamento della traccia mnestica in
pa- zienti con lesioni cerebrali (Berry et al., 2007; 2009). Molti gruppi di ricerca stanno inoltre
utilizzando la SenseCam nell'ambito della ricerca sulle funzioni cognitive (Laursen, 2009). Il
vantaggio di tale dispositivo risiede soprattutto nella possibilità di svolgere ricerche sperimentali
definite ecologiche, cioè quelle ricerche che si propongono lo studio delle funzioni cognitive in
ambiti più naturali rispetto a quelli che normalmente si riscontrano nelle ricerche di laboratorio,
per contro, più controllate. Uno dei problemi della ricerca ecologica, infatti, è la quasi im-
possibilità di studiare un evento nella naturalità quotidiana con lo stesso rigore scientifico che si
ottiene in laboratorio.

Amnesia infantile

Introduzione alla psicologia


L'amnesia infantile si riferisce alla naturale assenza di ricordi autobiografici consapevoli risalenti
ai primi anni di vita. L'assenza dei ricordi legati ai primi anni di vita potrebbe essere legato sia
all'incapacità di accedere a tali ricordi, sia al fal- limento nel codificare adeguatamente i ricordi.
Esiste un acceso dibattito che ti- guarda l'origine e la spiegazione dell'amnesia infantile.

Secondo l'ipotesi della discontinuità sociale proposta da Schachtel (1947) e

cognitivo da una modalità infantile a una adulta, conformata alle aspettative so- ciali. Questa
discontinuità negli strumenti cognitivi necessari alla rappresentazione e organizzazione dei
ricordi infantili ne impedirebbe la ricostruzione in età adulta. Un approccio funzionale alla
memoria, espresso nelle teorie di Freud (1915) e ripreso dalle teorie cognitive contemporanee
della memoria, suggerisce che la memoria autobiografica include quei ricordi che sono
significativi, escludendo quelli personalmente insignificanti. Secondo questo approccio teorico, i
ricordi infantili sono carichi di contenuti a carattere sessuale e psicosomatico, che sareb- bero
inaccettabili socialmente nella fase adulta e dunque repressi. Schachtel (1947) suggerisce
invece che la ricostruzione dei ricordi sia funzionale ai bisogni del pre- sente; la codifica e
richiamo dei ricordi sarebbe funzione degli schemi cognitivi che includono specifiche credenze,
bisogni e interessi. Ricordi incompatibili con tali schemi sarebbero dunque ricostruiti o
dimenticati. Secondo la prospettiva teorica del SMS (Conway, 2005), l'amnesia infantile
rifletterebbe cambiamenti nella gerarchia di obiettivi del sé di lavoro. Gli obiettivi del sé di lavoro
di un in- fante sarebbero codificati in maniera tanto diversa da essere inaccessibili al sé di
lavoro di un adulto. Alcuni studi cross culturali riportati in una rassegna (Wang, 2003) indicano
che l'amnesia infantile è più pronunciata nei paesi orientali: in adulti Cinesi e Koreani il primo
ricordo risale all'età di circa 4 anni; mentre in adulti Europei o americani caucasici i primi ricordi
consapevoli risalgono in media all'età di 3 anni e mezzo, e sono in generale più articolati e ricchi
di contenuti. Tali studi suggeriscono che i ricordi autobiografici si sviluppano in un determinato
ambiente sociale che definisce l'elaborazione di simboli e interazioni.

Un'ipotesi diversa riguarda lo sviluppo del concetto di sé (Howe e Courage, 1993) che non
esisterebbe prima dei 18-24 mesi di vita: per organizzare una col- lezione di esperienza
autobiografiche, cioè di eventi accaduti a "me", sarebbe ne- cessario un sé più sofisticato che
raggiunge il suo completo sviluppo intorno ai 4 anni di vita. Tuttavia, le interpretazioni che si
basano su inefficienza del sistema intellettivo infantile non spiegano perché l'accesso ai ricordi
autobiografici è pres- soché normale durante il periodo a cui risale l'amnesia. I bambini sotto i 4
anni, infatti, hanno ricordi autobiografici vividi che talvolta persistono per un lungo periodo di
tempo, diventando tuttavia inaccessibili in età adulta.

La memoria procedurale e memoria implicita:

L'amnesia, pur danneggiando la memoria degli eventi, non distrugge alcune forme di
conoscenza per specifiche procedure. Questo tipo di osservazioni hanno portato Cohen e
Squire (1980) a ipotizzare l'esistenza di due strutture distinte: una memoria dichiarativa e una
memoria procedurale, la prima comprendente la conoscenza per gli eventi e l'altra riguardante
la conoscenza di procedure. Il famoso paziente HM, incapace di memorizzare nuovi eventi in
MLT, ha mostrato in diverse occasioni di avere una intatta capacità di apprendere nuove
procedure.
Uno studio condotto da Cohen e Corkin (1981) ha mostrato un apprendimento nella norma nel
risolvere il problema della torre di Hanoi.
La torre di Hanoi è un rompicapo che consiste in una serie di dischi impilati in ordine grandezza
in uno di tre paletti.
Lo scopo del problema è di spostare tutti i dischi dal primo all'ultimo paletto rispettando due
regole: muovere un solo disco alla volta e sistemare sempre i dischi più piccoli su quelli più
grandi. Tale compito richiede non solo abilità motorie ma anche abilità cognitive, entrambe
evidentemente preservate nel paziente HM.
Una caratteristica di tale apprendimento è che può sussistere in assenza di consapevolezza; in
altre parole, il paziente non è capace di ricordare di aver ap- preso il compito nonostante la sua
prestazione migliori. L'apprendimento incon- hanno osservato l'effetto di falso riconoscimento
dovuto a stimoli non percepiti sapevole sarebbe alla base della memoria implicita. Jacoby e
Whitehouse (1989) consapevolmente. I partecipanti dovevano memorizzare una lista e
successivamente indicare se una parola test fosse presente nella lista appresa. Ogni parola
senti nella lista oppure una parola nuova che, nella condizione critica, era presente, era
preceduta da una parola contesto, che poteva essere una delle parole pretata per un periodo
tanto breve da non essere percepita consapevolmente.

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