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La Festa Natale Spineto

Storia
Università di Torino
17 pag.

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LA FESTA OGGI

1. LA "SECOLARIZZAZIONE"
Per comprendere le variazioni delle feste negli ultimi anni e quindi la differenza del funzionamento tra le
festività del mondo antico e quelle attuali, occorre comprendere il tema della secolarizzazione. Il termine
secolarizzazione deriva dal latino saeculum, secolo, concepito come il mondo in cui viviamo, opposto al
regno di Dio che è fuori dal mondo, nell'eternità. Anche all'interno del sistema cristiano vi è il clero
“secolare”, costituito da preti che vivono nel mondo, coloro che vivono fuori dal mondo in monasteri o
conventi sono detti “regolari”, poiché seguono una regola prescritta dal proprio ordine religioso. Secondo la
secolarizzazione le componenti religiose di una società si attenuano, è una conseguenza della modernità.
La modernità presenta 3 assi:
• La progressiva razionalizzazione, l'imporsi maggiore dell'interpretazione razionale della realtà che
consegue a processi tecnici e scientifici
• L'autonomia dell'individuo e del cittadino nella propria libertà di scelta
• La separazione dello spazio religioso dalla componente politica

La modernità, in quanto legata a questi tre processi, implicherebbe la secolarizzazione. Infatti le spiegazioni
razionali e scientifiche riducono il mistero della religione.
La civiltà occidentale, caratterizzata da modernità e secolarizzazione, è costituita da reti di relazioni tra
elementi culturali di retaggio del mondo classico greco e romano, ebraico e cristiano con apporti islamici. La
modernizzazione non è lineare e non si può circoscrivere in un’unica fase. Una riduzione delle componenti
religiose si ha tra gli anni '60 e '70 del secolo scorso. La seconda guerra mondiale funge da spartiacque,
facendo da premessa allo svuotamento delle campagne e all'aumento del processo di urbanizzazione e
industrializzazione che hanno comportato la fine della civiltà agricola, caratterizzata da una scansione
temporale legata alle fasi di lavoro nei campi e segnata dal succedersi delle feste religiose.
La crisi della pratica religiosa ha colpito le grandi religioni istituzionali come il cattolicesimo; inoltre, anche
all'interno di queste ultime vi è una tendenza opposta con lo sviluppo delle associazioni e con la tenuta delle
vocazioni nei Paesi del Terzo Mondo. I flussi migratori hanno portato l'arrivo nelle società secolarizzate di
persone e gruppi appartenenti a culture estranee al processo di laicizzazione.
I rappresentanti religiosi hanno un posto sempre più rilevante nel dibattito su questioni pubbliche ove risulta
difficile l'autonomia politica. La secolarizzazione non ha comportato tuttavia la scomparsa del "sacro". Il
fenomeno del "ritorno al sacro" è di lungo periodo, si può parlare di una crisi di modelli di vita precedente
che non si è ancora stabilizzata, piuttosto che di un'incertezza causata dai movimenti anti-istituzionali. Gli
elementi di base della modernità quali scienza e tecnica possono dare l'illusione di una soluzione ai grandi
problemi della vita ma l'incontrollabile e l'inspiegabile continuano ad essere sfere fondamentali per l'uomo.
Lo spazio religioso rimane pressoché intatto, ma le grandi istituzioni non sembrano più sufficienti a
riempirlo e a rispondere alle esigenze da cui esso nasce sicchè la ricerca religiosa si fa più frammentaria.
Comunque la religione mantiene il suo carattere sociale, poiché segue logiche sociali.

2. DINAMICA DELLE FESTE CONTEMPORANEE


Progressivamente si diffondono le "feste della civiltà industriale". Il sociologo francese Dumazedier ne
evidenzia alcuni tratti:
• La diminuzione della dimensione collettiva. Rispetto alle grandi cerimonie pubbliche del mondo
antico, la società attuale è frammentata, suddivisa in gruppi di dimensioni limitate, ognuno dei quali
presenta la propria identità e le proprie esigenze. A questi corrispondono molteplici festività, nelle
quali si riconoscono solamente alcuni e non l’intera collettività.
• La decadenza dell'aspetto cerimoniale a favore di quello ludico: gli elementi giocosi divengono
primari, mentre l'evento come ritrovo sentito e il rituale sbiadiscono.
• La festa diventa un semplice giorno di astensione dal lavoro, esplosione periodica ritualizzata del
tempo libero.
Queste caratteristiche distinguono la festa di ieri da quella di oggi. Tuttavia una frammentazione delle feste
in rapporto ai diversi gruppi sociali è sempre esistita nella celebrazione di eventi privati o pubblici dai
risvolti privati. Inoltre l'idea che alle feste del passato partecipasse l'intera comunità con spirito unanime è
opinione confutabile. È fuor di dubbio invece che esista una pressione sociale relativa alla festa che si è
notevolmente attenuata. La referenza dell'aspetto cerimoniale a favore di quello ludico sembra essere
espressa nella celebrazione del 2 giugno, considerato con un giorno di ferie per la pianificazione delle
vacanze più che un momento cerimoniale di manifestazione pubblica. L'elemento parossistico
dell'esuberanza e dell'eccitazione non esiste più nemmeno in ricorrenze come il carnevale, inteso come

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occasione per mettere tutto sottosopra: chi non ha figli piccoli e ha superato l'età delle feste mascherate
rischierebbe di non accorgersi del carnevale se la pubblicità non glielo ricordasse. Nemmeno i bambini si
lasciano andare a comportamenti eccessivi. I comportamenti parossistici sono presenti in qualunque altra
ricorrenza, come una serata in discoteca. La ricerca di emozioni intense e la volontà di distensione si sono
scisse dall'idea tradizionale della festa. Le feste odierne tendono ad essere meno generalmente condivise,
meno cerimoniali e parossistiche, maggiormente parcellizzate e ludiche. La contemporaneità registra nuove
feste: quella della mamma o di San Valentino, le feste religiose acquistano valenza più profana o si
interiorizzano perché hanno perduto il loro carattere più cerimoniale. Attualmente si registra un bisogno vero
e proprio di festeggiare non più sufficientemente appagato dalle feste tradizionali ormai in crisi. Prevale una
forma di edonismo consumista e di spettacolarizzazione. L'aspetto consumista è influente, ma mai
determinante in maniera esclusiva. Il rapporto tra feste e spettacolo ricorda le sontuose feste del
Rinascimento e dell'epoca barocca con la loro teatralità della Riforma e Controriforma. La festa di oggi si
deve confrontare con le ricorrenze singolarmente considerate nel loro mutamento. Si indicano quattro
tipologie di indicatori:
▲ Religiosità o meno delle celebrazioni
▲ Il loro essere o non essere in senso lato tradizionali
▲ Il loro avere o non avere un valore civile
▲ La loro dimensione pubblica o privata

II - FESTE RELIGIOSE, FESTE TRADIZIONALI, FESTE "POPOLARI"

1. UN CAMPO FRASTAGLIATO
Risulta difficile operare una classificazione delle feste religiose. Alle celebrazioni del calendario cattolico di
rito romano si affiancano quelle legate a tradizioni locali. Vi sono feste religiose "tradizionali" e feste
"popolari" come alcune sagre. La componente religiosa del popolare implica una maggiore semplicità e
immediatezza nel rapporto con il divino, risponde più concretamente ai bisogni spirituali e materiali dei
fedeli. Il suo opposto, il non popolare, è identificato nel centrale, elitario, nel dotto e nell’ ufficiale. Le feste
popolari hanno un rilievo locale, radicate in un territorio ben preciso: una città, una parrocchia, un paese, un
santuario. Rappresentano singolarità locali determinanti per una valenza identitaria forte. I membri di una
comunità che si incontrano una volta l'anno per la processione in onore del santo patrono possono farlo per
abitudine, per viva partecipazione o per curiosità, non sono indifferenti al senso di appartenenza suggerita
dalla celebrazione. Le feste popolari e locali sono considerati eventi tradizionali perché legati a una
tradizione. Il valore di una festa viene accresciuto del suo essere tradizionale, del suo radicarsi nel passato
come un riferimento a un evento fondatore o immemoriale e di perpetuare nel tempo. Tale radicamento può
avere valenza storica oppure essere inventato con valenza ben precisa. Si potrebbe immaginare un cerchio
caratterizzato dalle feste del calendario liturgico "universale" che sono anche i tradizionali, una sezione del
quale si sovrappone a un altro cerchio delle feste tradizionali locali, di cui un settore si sovrappone al cerchio
delle feste locali tradizionali e non religiose che si intersecano con il cerchio delle feste locali non religiose
né tradizionali.

2. FESTE DEL CALENDARIO LITURGICO TRADIZIONALE


La festa religiosa mantiene un rapporto di continuità evidente con il mondo antico e medievale/moderno. Se
in generale il calendario costituisce un tentativo di mettere in ordine il tempo scandendolo quantitativamente,
ma presuppone un coagularsi di momenti qualitativamente diversi dalla successione cronologica ordinaria, le
feste appunto, nel calendario liturgico la dinamica è opposta: un’organizzazione del tempo di carattere
qualitativo, fondata sulla fissazione di momenti religiosamente pregnanti, fa da punto di riferimento per una
definizione del tempo che è anche quantitativa.
Il calendario cristiano ha avuto un'influenza maggiore: ad esempio esiste un giorno di riposo settimanale, la
domenica. Nel mondo islamico il riposo è il venerdì, nel mondo ebraico il sabato, non è previsto nella
popolazione cinese, ciò nonostante a livello globale rimane la domenica il giorno di riposo. Anche l'uso di
contare gli anni della nascita di Gesù non è universale: Israele parte dalla tradizione rabbinica della creazione
del mondo, i musulmani considerano l'anno in cui ebbe luogo l'Egira maomettiana. Il calendario liturgico
cristiano presenta differenze a seconda che si tratti del cattolicesimo, dell'ortodossia o del protestantesimo. Il
mondo cattolico ambrosiano segue ritmi differenti da quello romano ed entrambe divergono da quello
orientale. Per il cattolicesimo romano ci si può limitare a ricordare la centralità pasquale con la Pasqua,
culmine della settimana Santa in cui si celebrano passione e morte di Cristo; il periodo è preceduto dalla
Quaresima che inizia il mercoledì delle Ceneri e prosegue fino all’Ascensione e alla Pentecoste 50 giorni
dopo. Il Natale comincia con l'Avvento, quattro settimane prima del 25 dicembre, e termina con l’Epifania.

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Importanti sono le feste mariane che sono presenti tutto l'anno come l'Assunzione il 15 agosto e
l'Immacolata Concezione l'8 dicembre, ogni giorno vengono celebrati anche più santi.
Il fenomeno della secolarizzazione ha investito le religioni istituzionali presenti da più tempo in Europa
comportando una contrazione dei fedeli e una minore partecipazione ai riti, l’idea che l'adesione religiosa
abbia un ruolo marginale nella vita ordinaria. Le festività religiose sono oggi concepite come momento di
svago, di riposo, sganciate dalla ricorrenza religiosa. La festa più sentita è il Natale. La celebrazione religiosa
si limita alla partecipazione alla messa, ma a Natale è associato il cosiddetto spirito natalizio cui sono
sensibili anche cristiani non praticanti e i non cristiani. A Natale si associano usanze caratterizzate da
simboli, rituali, miti condivisi e sganciati dall'occasione religiosa di partenza. Si ha una sorta di
globalizzazione della festa e il suo svuotamento religioso trae un significato accettabile anche al di fuori
dell'ambito cristiano.

3. TRADIZIONI IMMEMORIALI
Sono diversificate le varianti locali e le feste religiose sganciate dal calendario liturgico universale. La festa
religiosa tradizionale presuppone un rapporto di continuità tra passato e presente nella conservazione di
costumi e prassi rituali. Uno spartiacque evidente è dato, per le feste cristiane, dalla nascita del cristianesimo,
ma vi sono spesso richiami a una componente precristiana che sarebbe stata ricodificata soprattutto se il culto
veniva svolto in luoghi che già conoscevano insediamenti precedenti con i relativi luoghi di culto.
L’arcaicità di queste feste porta così con sé l’idea che ci si trovi di fronte a celebrazioni che sono di origine
precristiana. Si tratta, nella maggior parte delle volte, di un’illusione ottica le cui componenti sono la natura
tradizionale della festa, l'esplicito richiamo a componenti passate, la mancanza di documenti che attestino la
sua origine, la presenza di contenuti che richiamano a rituali delle civiltà antiche, un’implicita identificazione
tra autenticità, antichità e il fascino dell'altro, il non cristiano. Si crea un effetto-sfondamento in cui rituali la
cui documentazione non risale a oltre centocinquant'anni, sono proiettati in un passato più che bimillenario.
Questo non significa che l’età delle feste in questione non superi qualche centinaio d’anni, e neanche che
queste non abbiano una continuità con i culti precristiani. Tale continuità, talvolta, è documentabile, altre
volte vi sono componenti naturali che hanno fornito alle diverse culture che si sono succedute lo spunto per
una nuova elaborazione religiosa. Per quanto riguarda la documentazione letteraria ricordiamo i resoconti
delle visite pastorali, preziosi perché fotografano una determinata prospettiva “di parte”.
La ricostruzione delle feste tradizionali comporta un complesso rapporto tra registrazione di dati attuali ed
esame di documenti precedenti in un equilibrio tra certezza e supposizione.

4. DECLINO E RIPRESA
Si presuppone che le feste tradizionali, religiose e non, abbiano mantenuto una continuità di fondo
plurimillenaria pur avendo subito cambiamenti in base ai tempi. Negli ultimi anni si sono verificati fenomeni
di reinvenzione. Negli anni ‘50 e ‘60 in Italia, con la ricostruzione dell'economia successiva alla guerra, si è
alzato il tasso di industrializzazione e urbanizzazione mentre è andata in declino l'economia agricola. Si
spopolano i piccoli centri, vi sono fenomeni migratori massicci sia verso la città e verso le zone dell'Italia più
industrializzata, sia verso Paesi stranieri più prosperi. Le feste locali tradizionali sono entrate in una fase di
declino collegata al fatto che il loro ambiente di riferimento principale era lontano dei grandi centri urbani,
proprio in quei territori che si stavano spopolando: erano intrecciate ai ritmi di lavoro nei campi che
regolavano la vita quotidiana.
Viene ridimensionato anche il legame di identità sociale. Negli anni ‘50 si verifica un mutamento di
mentalità che porta al rifiuto degli schemi di vita legati alla civiltà contadina per una ricerca di benessere
principalmente economico, di vita "al passo coi tempi". Non fa da contraltare una difesa da parte della
Chiesa che avrebbe dovuto essere interessata al mantenimento delle forme attraverso le quali si esprime la
religiosità dei fedeli.
Le tradizioni locali arricchiscono il quadro dei culti, ma introducono varianti locali eterogenee.
L'atteggiamento dell'autorità religiosa nei confronti di esse è un tentativo di soppressione, di volontà di
moderazione e arginamento. Il sospetto verso le espressioni di religiosità locali era soprattutto legato alla
vena di “superstizione”. Non rientrare nella liturgia codificata, inoltre, le rendeva di difficile controllo. Per
non parlare del fatto che le feste popolari erano spesso organizzate dalle confraternite e non da religiosi.
Negli anni ‘40 nel mondo cattolico si diffonde un dibattito circa la necessità della riforma cattolica: si ricerca
una maniera più autentica, più essenziale e più semplice di vivere la fede. Ne deriva la tendenza a porre in
secondo piano gli aspetti del rituale che erano o sembravano più vuoti e che avevano un’aria superstiziosa.
Tale atteggiamento provoca effetti dirompenti sulla liturgia ufficiale ma anche sulle manifestazioni religiose
popolari, caratterizzate da una forte emotività, genuinità e intensità di sentimento, ma lontane dalla purezza

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sulla quale la fede insisteva: un ideale che corrisponde a un’adesione intima cui si accompagnano
manifestazioni esteriori essenziali.
Nel 1970 Papa Paolo VI inaugura il Nuovo calendario romano in cui scompaiono santi dei quali non è
possibile stabilire con certezza il fondamento storico del culto: tra questi San Cristoforo, Santa Barbara e
Santa Caterina di Alessandria. Il Nuovo calendario mostra come lo spirito dei tempi non fosse favorevole
alle forme di religiosità popolare che nel culto delle feste dei santi patroni vedeva la sua maggiore
espressione. La decisione non implica, in realtà, la cancellazione di quei santi, inoltre non vengono annullate
le celebrazioni locali, ma vengono considerate appunto come tali, togliendo loro un carattere di universalità
che comunque non avrebbero avuto.
Il già conosciuto fenomeno della secolarizzazione nell'ambito delle festività religiose locali consiste in una
scissione dei ritmi della vita dei singoli e della comunità da una scansione del tempo dettata da tradizioni
religiose intrecciate con le esigenze agricole. Ne deriva una contrazione delle festività tradizionali che hanno
visto una diminuzione della partecipazione da parte della gente e l'eliminazione di alcuni rituali (le
considerazioni proposte non in tutte le aree hanno lo stesso peso, differenze significative si riscontrano, ad
esempio, tra il Sud e il Nord).
I problemi dell'inquinamento, le carenze dei servizi, la disoccupazione portano a una rivalutazione dei valori
delle campagne con una contrazione dell'esodo verso la città e un ritorno di interesse nei confronti del mondo
contadino. Ciò avviene negli anni ‘80 in una crisi di secolarizzazione che è accompagnata da una ripresa
della religiosità che ha comportato anche una rivitalizzazione delle feste locali tradizionali. Gli anni ’90 sono
quindi caratterizzati da un periodo di incertezza che porta a percepire come negativo il tempo urbano lineare
e a voler riprendere contatto con i ritmi antichi, nei quali ritrovare le proprie radici e tradizioni. Si
rinvigoriscono le feste tradizionali ma si assiste anche a una loro metamorfosi, una loro parziale
riformulazione coerentemente con i tempi e le esigenze nuove della società.
• Innanzitutto variano i tempi: si disarticolano i sistemi cronologici tradizionali e la collocazione
calendariale diviene più facilmente modificabile in rapporto alle esigenze lavorative o ai periodi di
vacanza.
• In secondo luogo avviene un’omogeneizzazione dei rituali che fa sì che certi momenti delle feste
seguano modelli molto simili. In questo tipo di mutamenti rientrano anche altri due caratteri
apparentemente opposti: la civilizzazione della festa, ovvero l'attenuarsi dei suoi caratteri meno
compatibili con la sua sensibilità attuale (quindi una festa politicamente corretta) e il suo ludismo
promiscuo cioè la crescita del gusto per i combattimenti o simili che presuppongono contatto fisico
o lo sporcarsi.
• Quanto all’oggetto celebrato, si riscontra una marginalizzazione degli aspetti collegati ai rituali
religiosi in favore delle componenti ludiche, conformemente alla secolarizzazione.
• La partecipazione alla festa è sentita come una scelta individuale piuttosto che come un impegno
collettivo. Gli enti pubblici finanziano e promuovono le feste con lo scopo di incrementare il turismo
e il commercio ma anche di rispondere a un’esigenza generalmente sentita di coesione sociale e di
conservazione degli usi del passato. Al successo delle feste tradizionali attualmente contribuiscono
gli emigrati che ritornano ai paesi natii per una riscoperta delle proprie tradizioni in un rinnovamento
del legame con il proprio passato (ex. in Sicilia alcune feste che cadevano in altre stagioni sono state
spostate durante l’estate).

5. FESTE TRADIZIONALI NON RELIGIOSE


Esse possono presentare un riferimento sacrale: una presenza, più o meno importante, del clero, la
celebrazione della messa, una collocazione calendariale che ha a che fare con un santo, che tuttavia non sono
però aspetti fondamentali. Una loro classificazione è difficile.
• In una prima categoria si possono far rientrare quelle ricorrenze che sono tradizionali per essersi
sempre fatte. Senza che sia identificabile un fondatore o un momento di esordio, si sa che si sono
svolte da tempo immemorabile (fiere, mercti,..).
• Altre festività invece si richiamano a un personaggio eroico oppure a una battaglia.
• Vi sono ricorrenze atte a promuovere un territorio o un determinato prodotto per incrementare il
commercio (la data d’inizio è chiaramente individuabile): gli artefici sono le associazioni, gli enti del
turismo e gli amministratori pubblici. È il caso delle sagre: il termine deriva dal latino sacer, sacro,
per indicare in origine la festa del santo titolare di una chiesa o del patrono di una città ma che nel
secolo XIX ha perduto il suo significato religioso a favore di uno scopo commerciale legato alla
civiltà industriale. Non manca tuttavia un rapporto con la tradizione nella scelta dei prodotti del
territorio.

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6. SIGNIFICATI DELLE FESTE TRADIZIONALI LOCALI
La festa attribuisce nuovi significati ai comportamenti, alle relazioni, ed è un motivo di nuova condivisione
nella nozione di identità. Rappresenta la trasformazione di una comunità sparsa in una comunità aggregata.
L'identità è quella propria di un gruppo che si riunisce intorno a qualcosa che sente come un valore comune.
Un emigrato che ritorno al suo paese per partecipare alle festività patronali e contribuisce con una donazione,
lo fa perché riconosce nel riunirsi agli altri una conferma del suo radicamento a qualche cosa che risiede
proprio lì e non altrove.
In alcune festività religiose siciliane sono presenti pratiche corporee che non sono presenti dappertutto,
questo perché in esse il rapporto tra sottofondo agropastorale e ritmi di vita ordinaria non si è del tutto
spezzato, mentre altrove, invece, è una frattura definitiva.
III -FESTE CIVILI
1. LA RELIGIONE CIVILE AMERICANA
In un episodio della serie televisiva i Simpson, la città di Springfield celebra la "festa delle mazzate" nella
quale gli abitanti si procurano manganelli con i quali devono uccidere i serpenti che ci sono in giro per la
città. In realtà questi si sono ormai estinti, ma la tradizione rimane poiché l'amministrazione li fa giungere in
città per l'occasione: si tratta infatti di una cerimonia importante in cui tutti si riuniscono contro il nemico
ritrovando comunanza di emozioni e volontà. La cerimonia ricorda Jebediah Springfield, veneratissimo
fondatore della città cui è dedicata una statua che lo ritrae mentre uccide un orso, come colui che uccise il
primo serpente. In realtà si scopre che non solo non aveva ammazzato la belva, ma al contrario era lei che
l'aveva sbranato.
In occasione del bicentenario della nascita della città agli studenti delle elementari viene assegnata una
ricerca sul fondatore. Lisa scopre che il fondatore era un pirata pluriomicida che aveva tentato di uccidere
persino George Washington. La bambina presenta il suo lavoro a scuola e non viene creduta, ma una volta
mostrate le prove, viene autorizzata a esporre la sua ricerca alla comunità. Un cecchino, ingaggiato dal
sindaco, è pronto a colpirla in caso di rivelazioni compromettenti. Ella, di fronte alla comunità commossa e
grata al fondatore, rinuncia e lascia i concittadini nella loro convinzione. Tale racconto è un caposaldo della
religione civile americana. La città necessità di miti di fondazione che vedono per protagonisti eroi che
devono essere ricordati riaffermando la coesione sociale. Questo è importante per la comunità, il sindaco è
disposto persino ad uccidere per mantenere in piedi l'illusione. Il mito di fondazione, in quanto tale, è
impermeabile alla verifica storica e la verifica storica è scoraggiata quando può scalfirlo.
Il termine "religione civile" è stato introdotto da Rousseau che ritiene che la religione abbia una funzione
unificante per garantire la coesione e il buon funzionamento del corpo sociale. È una religione minimale,
ridotta a elementi generali tra cui: il riferimento a una divinità "intelligente, benevola, provvidente e
provvida"; alla credenza di una vita dopo la morte a e una giustizia che governa il mondo; all'idea della
santità del contratto sociale; è bandita l'intolleranza. Tutti i cittadini sono obbligati ad accettare tali principi e
una volta che abbiano aderito ad essi possono professare la religione che preferiscono. La religione civile è
diversa da quelle positive ed è essenziale per il mantenimento della coesione sociale. L'autore non menziona
la festa perché le feste religiose non riguardano la città, ma la libera scelta dei credenti. Tuttavia viene
assegnato un ruolo centrale alle feste non religiose, le feste pubbliche, essenziali per creare una comunità
emozionale. La festa pubblica coinvolge tutti i membri della collettività senza distinzione di ruoli o
professione, si svolge all'aperto e comprende il contributo attivo di coloro che ne prendono parte. Ciascuno
deve vedere e amare se stesso negli altri, affinché tutti abbiano più forti vincoli di amicizia. Questo tipo di
religiosità si manifesta attraverso la convinzione diffusa di una “benedizione” sugli Stati Uniti, interpretata
come un’elezione, nel senso in cui si parla, nelle Sacre Scritture, di Israele popolo eletto, cioè scelto da Dio.
La religione civile americana riguarda
• la centralità di fede e di preghiera, non intesa come una generica fiducia, ma una credenza religiosa
lasciata però indeterminata. Non è infatti importante l’indicazione di una religione di riferimento,
quanto la coscienza che le azioni umane siano guidate e garantite da una componente trascendente.
Si ricordi il giuramento dei presidenti sulla Bibbia e la frase " in God we trust" (confidiamo in Dio).
• La “regione civile” si esprime in un calendario festivo scandito da determinate ricorrenze: il giorno
del Ringraziamento, per ringraziare Dio del primo raccolto abbondante dei padri Pellegrini sul
territorio americano; il Memorial Day che celebra i caduti della guerra civile che sono morti per
l'America; l’Independence day che ricorda la dichiarazione di indipendenza dal Regno Unito
avvenuta il 4 luglio 1776. Tali feste presentano un rinnovamento della coesione nazionale sul piano
della sovranità con l'Independence Day, della potenza militare con il Memorial Day e della
prosperità con il Thanksgiving Day. Esse sono regolate da leggi che comportano l'astensione dal
lavoro, si svolgono attraverso rituali solenni e si riferiscono a eventi fondatori. Per loro tramite, lo

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Stato celebra se stesso tramite un riferimento alle sue origini assolvendo a una funzione di conferma
e stabilizzazione della realtà attuale. In tutti si ha un riferimento a Dio. Dio è il destinatario del
ringraziamento, Dio che ha consentito l'indipendenza e che consente la commemorazione dei caduti
per la patria. La religione civile è una religione dello Stato e per lo Stato che comporta un richiamo
a Dio come garante.
Tuttavia le tre feste adempirebbero alla loro funzione di coesione anche senza presupporre che “in God we
trust”. Se allora le liturgie civili non richiedono necessariamente la fede in Dio, la nozione di “religione
civile” che si è definita non basta ad esaurire il tema delle celebrazioni laiche.

2. FORME DI "RELIGIONE LAICA"


In età contemporanea le festività laiche hanno avuto un riscontro appariscente nel contesto dei totalitarismi.
Il nazismo è volto all'incremento del consenso delle masse. Il ricorso alle liturgie laiche da parte dei regimi
totalitaristi si spiegherebbe sulla base dell’idea che l'unità politica non risiede nella “volontà di tutti”, intesa
come volontà dei singoli, ma nella "volontà generale", sovraordinata. Hitler attinge a un apparato simbolico
che richiama la storia culturale recente del popolo tedesco. Emilio Gentile ha sviluppato la nozione di
"religioni politiche", presenti nei regimi totalitari come fascismo, nazismo, stalinismo che impongono
credenze e rituali nei quali manca un riferimento a un Dio trascendente e tutto si consuma in un livello
interno allo Stato. Quella volontà generale ha un valore sacrale e prende il posto di Dio: trascendente perché
supera le coscienze individuali. Al posto di Dio si pone lo Stato, mentre le liturgie sono riadattate a nuovo
scopo e riempite di nuovi contenuti. La religione politica è una sostituta delle religioni tradizionali.
Le "religioni secolari" indicano l'aspirazione alla salvezza collettiva di movimenti come socialismo, nazismo
e comunismo, conferendo comportamenti analoghi a quelli che si trovano nelle religioni. Gentile sottolinea il
senso propriamente religioso della “religione politica” accomunata alla “religione civile” dalla capacità di
conferire risposta all'esigenza umana fondamentale attraverso il riconoscimento del significato e del fine
dell'esistenza nella politica. Entrambe costituiscono le "Religione della politica", entrambe forme di
sacralizzazione della politica. Le "religione della politica" sono sottoinsiemi della religione laica o secolare.
La "religione civile" è intesa come insieme di pratiche e convinzioni che hanno come centro lo Stato e come
punto di riferimento un Dio equidistante dalle religioni positive. La "religione politica" ha al centro lo Stato
come alternativa alle religioni positive. I fenomeni che non presentano una divinità e una concezione
totalitaria non rientrano in nessuna delle due. Esse sono parte della religione laica. Raffaele Pettazzoni ha
individuato quella che poi ha definito la "religione dello Stato" contrapposta alla "religione dell'uomo" che è
laica perché non postula l'idea di Dio, indifferente al trascendente, fondata su coerenza e impegno morale,
basata sulla sacrificio e la morte per i propri ideali e la radicalità delle scelte. Vi è poi il concetto di "religione
metaforica" in cui i temi delle tradizioni religiose sono concepiti in termini politici e artistici. La "religione
implicita" indica gli aspetti della vita ordinaria che presentano elementi religiosi all'interno. L'idea della
"sacralizzazione della politica" comporta un concetto di sacro come strumento di studio e di interpretazione.
Può essere utilizzato come oggetto ultimo del riferimento di gruppi e individui storicamente documentabile
verso una dimensione che supera quella quotidiana senza essere necessariamente religiosa.

3. MITI, RITI E SIMBOLI POLITICI


• Il mito ha il suo luogo di nascita nella Grecia antica e presenta pertanto un carattere etnocentrico. Il
mito è una narrazione in cui il soggetto si colloca in una temporalità altra rispetto all’attuale e il cui
ruolo è quello di costituire il fondamento di una componente del mondo in cui viviamo. Ad esempio,
nella Grecia antica la temporalità altra è costituita dai primordi, è il tempo dell'Iliade e dell'Odissea.
Il tempo mitico non è sempre collocato in una dimensione diversa rispetto a quello storico: a Roma
si tratta del periodo della fondazione della città da parte di Romolo, delle vicende dei re, delle prime
parti della Repubblica: non è un tempo fuori dal tempo, ma una parte della storia di Roma che
presenta una differenza qualitativa rispetto alla storia successiva. Il mito quindi può avere una
componente astorica oppure inserirsi all'interno della storia. Roland Barthes ha cercato di ricostruire
il meccanismo attraverso il quale si produce un mito: si prende in considerazione una componente
del nostro mondo che presenta una propria storia e una propria funzione, la si sottrae dal proprio
ambito e le si assegna un altro significato. In questo modo perde la sua storia, la sua contingenza e
diviene qualcosa di incondizionato, eterno. Jesi invece ha proposto l'impossibilità di cogliere un mito
in quanto tale sostenendo che ci si trova invece di fronte a una "macchina mitologica", una serie di
processi che portano alla fabbricazione dei miti. Egli tende verso la decostruzione delle piccole e
grandi mitologie della nostra cultura per smascherarne le radici strumentali. Si vuole superare un
mondo nella speranza di una nuova società più giusta.

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L’operazione dello storico va in direzione opposta rispetto al processo di mitopoiesi che dà origine al
mito: il primo, infatti storicizza, cioè ricostruisce e intende i fatti riportandoli al loro contesto
culturale, il secondo destoricizza cioè sottrae gli eventi dalla storia e fa assumere loro un aspetto
eterno. La storia coglie la cronologia degli eventi ma non è in grado di fondare nulla. La mitopoiesi
costruisce racconti fondanti e li colloca oltre la storia oppure in una storia fantastica.
I processi di mitizzazione creano gli eroi. L'eroe è una figura che con le sue azioni e, in alcuni casi,
con la sua morte ha contribuito a realizzare l'evento mitico fondante. L'eroe è un personaggio con
caratteristiche umane in una personalità fuori dal comune. Il mito generale presenta anche gli
antieroi come il protagonista della Coscienza di Zeno di Italo Svevo.
La costruzione o ricostruzione del passato che avviene attraverso i miti pone al centro dell’attenzione
il tema della memoria collettiva. Questo concetto si intreccia con quello di memoria culturale a cui
associamo i temi del ricordo, dell’identità, del costruirsi una tradizione.
• Troviamo poi il rito, presente nelle religioni e nelle feste civiche. Nella festa sono presenti riti e
azioni non rituali tra loro collegati. Caratteristiche del rito sono: ripetitività, periodicità, dimensione
collettiva, efficacia. L'efficacia consiste nella capacità del rito di conseguire risultati pratici ma anche
non visibili. Con il rito, infatti, si accede a un ordine simbolico diverso rispetto quello quotidiano. Il
termine latino ritus è collegato anche al sanscrito e delinea il concetto di ordine. Nella religione il
rito sottrae il mondo dal caos per regolarlo in un ordine cosmico, sociale, religioso.
I rituali laici sono ripetitivi, collettivi ed efficaci, fissati da leggi e tradizioni in un ordine politico e
morale. Le feste costituiscono sistemi complessi nei quali è possibile trovare rituali differenti. Ad
esempio i cortei e le processioni presentano una dimensione necessariamente spaziale: ridisegnano lo
spazio secondo una rete di significati che non è quella della vita quotidiana.
• Una terza componente delle feste laiche consiste nell’uso di simboli. Risulta complicato elencare i
principali simboli delle liturgie politiche perché spesso fortemente legati ai determinati contesti in
cui si sviluppano. Rivière distingue simboli visuali (come le luci, i monumenti,.) auditivi (verbali
come discorsi, gli slogan, le citazioni), gestuali (come nel caso del saluto romano) e incarnati in
personaggi (nei processi di eroizazzione).

4. FESTE CIVILI IN ITALIA


Le feste pubbliche sono riconosciute e regolamentate dallo Stato. Un regio decreto del dicembre 1923
(diventato legge nel 1925) distingue i giorni festivi a tutti gli effetti civili, le feste nazionali e le solennità
civili. I giorni festivi a tutti gli effetti civili sono: le feste religiose (comprese le domeniche) o il Natale di
Roma (21 aprile), la festa della vittoria della prima guerra mondiale. Le feste nazionali sono il 4 novembre,
la prima domenica di giugno. Le solennità civili sono: 21 aprile, 20 settembre, 24 maggio (anniversario della
dichiarazione di guerra). Una stessa festa può rientrare in più classi.
Una risistemazione del calendario si rende necessario dopo la caduta del fascismo. Comincia ad attenuarsi
con un decreto legge di Alcide De Gasperi che dichiara il 25 aprile festa nazionale, anniversario della
Liberazione e stabilisce che il 25 aprile, 1 maggio, 8 maggio (anniversario della vittoria in Europa) siano
giorni festivi a tutti gli effetti civili con l’astensione dal lavoro retribuita. Il 2 giugno, fondazione della
Repubblica, è indicato come festa nazionale. Giorni festivi sono: tutte le domeniche, il primo giorno
dell'anno, l'Epifania, 25 aprile, Pasquetta, il giorno dell’Ascensione, il giorno del Corpus Domini, 1 maggio,
la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, l'Assunzione della Beata Vergine Maria, Ognissanti, 4 novembre, 8
dicembre, 25 e 26 dicembre.
Una revisione del 1977 ha soppresso le feste dell’Epifania, di san Giuseppe, dell’Ascensione, del Corpus
Domini, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Esse non sono state abolite ma ne vengono cancellati gli effetti
civili. Si insiste sul mutamento italiano che deve adeguarsi al resto dei Paesi più industrializzati e sul fatto
che troppe giornate di vacanza nocciono all'economia. In realtà incidono anche altri due fattori: lo scarso
peso in Italia di quella che vien definita “pedagogia civile” e il clima secolarizzante che investe sia le feste
religiose che quelle civili. La riduzione delle feste che colpisce principalmente le ricorrenze cattoliche si
verifica durante il governo democristiano di Giulio Andreotti. La discussione parlamentare si sofferma sulla
cancellazione del 1 novembre, Ognissanti, mantenuta grazie al gruppo repubblicano che la difende per la sua
diffusione internazionale. La caduta dei regimi comunisti, il processo di integrazione europea, la
partecipazione italiana alla guerra del Golfo inducono a portare all'ordine del giorno la questione dei simboli
e dei riti della nazione. In questo periodo si impone particolarmente la Lega Nord che mette in discussione i
simboli dell'unità nazionale. Una svolta è comunque data dalla presidenza di Carlo Azeglio Ciampi che ha
tentato di rivitalizzare il sentimento nazionale promuovendo simbologie e liturgie repubblicane in un
progetto generale di "religione civile".

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5. LA FESTA NAZIONALE: IL 2 GIUGNO
Il 14 luglio in Francia e il 4 luglio negli Stati Uniti sono esempi di feste nazionali. In Italia la festa più sentita
è il Natale mentre emblemi di identità di gruppo sono le celebrazioni dei santi patroni. In Italia la religione
ha sempre avuto ruolo identitario determinante e la frammentazione e la pluralità hanno avuto influenza
notevole sul costume. Nel periodo postunitario la festa nazionale celebrava lo Statuto Albertino, prima carta
costituzionale, celebrata la prima domenica di giugno. La legge del 1949 sancisce il 2 giugno festa della
Repubblica. Il 2 giugno 1946 è il giorno del referendum istituzionale, celebra la nascita della forma di
governo repubblicana, caratteristica del nuovo assetto statale e intende riavviare i valori legati alla
costituzione, alla democrazia, alla Repubblica. Con il passare degli anni, la festa è sempre più contraddistinta
da un importante aspetto formale e ufficiale, mostrando di avere scarsa presa sul popolo. Quest’ultimo dato
comporta un confronto con il 14 luglio francese, sempre stato sentitissimo dal popolo. Il referendum
istituzionale non rappresenta per gli italiani un momento di coesione: è invece occasione di controversie a
causa delle contestazioni che nascono a proposito dei risultati. La vittoria della Repubblica è netta, ma non
preponderante e l'Italia risulta un paese geograficamente diviso: il Sud, a partire dal Lazio, monarchico; il
Centro-Nord repubblicano. Il 2 giugno quindi non sancisce un momento fondativo unitario. Una seconda
circostanza riguarda l’identità dei due partiti di massa: il partito comunista e la democrazia cristiana. Il primo
è legato a liturgie di partito che guardavano a quelle sovietiche, il secondo osserva il calendario cattolico.
Essi non erano particolarmente sensibili allo spirito patriottico che ispira l'idea stessa delle feste nazionali.
Inoltre vi è carenza in Italia di una pedagogia civile o civica, un'educazione ai valori patriottici e ai loro
simboli sia nella scuola sia attraverso i mezzi di comunicazione sociale. La struttura cerimoniale del 2
giugno prevede tre componenti:
• La parata militare, espressione della fedeltà delle forze armate al valore della costituzione della
Repubblica, atto di omaggio ai militari. È una manifestazione di ordine e di potenza.
• Il protocollo prevede un ricevimento organizzato per la prima volta da Luigi Einaudi nel 1949 in cui
il presidente riceve autorità ed esponenti della società civile e consegna decorazioni. Le onorificenze
implicano l'indicazione di modelli da seguire, componente significativa dei rituali laici. I prefetti
allestiscono ricevimenti analoghi nelle loro sedi, invitano autorità civili, militari e personaggi
importanti della società consegnando le decorazioni. Sono usanze molto ufficiali e poco popolari.
• Omaggio rivolto al milite ignoto con la deposizione di una corona presso l'Altare della Patria
effettuato per la prima volta da Luigi Einaudi, atto che rientra nel più generale culto dei morti per la
patria proprio delle liturgie civili.
Negli anni ‘60 e ‘70 la diffusione dei movimenti pacifisti porta a una forte messa in questione della sfilata.
La crisi economica induce a diminuire le spese, inoltre in questo periodo raggiungeva il suo culmine il
processo di secolarizzazione che ha comportato profonde variazioni nelle feste religiose e che può aver
esercitato il suo influsso anche nei cerimoniali che non sono esplicitamente religiosi ma che seguono gli
stessi modelli della religione, come nel caso delle liturgie profane. La scarsa sensibilità della maggior parte
degli italiani ha comportato un svuotamento della festa facilitando l'imporsi di considerazioni legate
all'ordine pubblico e di carattere economico. Queste due ultime tematiche inducono a degradare il 2 giugno
spostandolo alla prima domenica del mese. La ricorrenza si limita a questo punto a determinati rituali
compiuti dall'autorità a livello locale cui si aggiunge il ricevimento al Quirinale.
Questo comporta un periodo di oblio che attua una sua ripresa con la presidenza di Sandro Pertini in cui si
ripropone per una volta la parata. La rivitalizzazione della ricorrenza si deve però a Carlo Azeglio Ciampi
che persegue un'esplicita volontà di educazione della coscienza civile degli italiani attraverso una sorta di
religione civile. È durante la presidenza di Ciampi che nel 2001 il 2 giugno viene reintrodotto come giorno
festivo. Tra le componenti del 2 giugno ha avuto maggiore risonanza la sfilata militare, diffusa dai mezzi di
comunicazione e molto seguita dagli italiani sia direttamente sia in televisione. Chi assiste adesso prova un
sentimento di orgoglio che nasce dal sentirsi partecipi di una realtà potente e sovraordinata, anche se è
possibile che se ne colgano principalmente le qualità spettacolari incarnate soprattutto dalle frecce tricolori
che solcano il cielo nel suo momento conclusivo. Per Durkheim i membri di una collettività, riunendosi
periodicamente, ravvivano e rinnovano il senso di coesione che è indispensabile al mantenimento della
società come corpo autonomo e compatto.
Nel 2012 con il terremoto emiliano si è dibattuto sull'opportunità o meno di svolgere la parata militare e si è
deciso di ridimensionarla, priva delle frecce tricolori, da un lato per motivi economici e dall’altro per rispetto
nei confronti delle popolazioni colpite dal sisma. È questo l'anno in cui l'Italia vede ampliare la propria crisi
economica e attraversa un periodo di sfiducia e di pessimismo accentuato dal terremoto e dalle distruzioni.
Gli italiani necessitano di sentirsi risollevare, di provare fiducia nel proprio Paese e in se stessi e di
riscoprire il valore dei rituali civili.

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IV - FESTE LAICHE SENZA VALORE CIVILE
1. FESTE DI PARTITO, FESTE SPORTIVE, FESTIVAL
Le feste laiche senza valore civile non si riferiscono alla religione e non hanno una rilevanza pubblica,
tuttavia non sono nemmeno private in quanto riguardano tutti i membri del gruppo sociale. All’interno di
questa categoria rientrano le feste di partito e quelle dello sport. Tra le feste italiane di partito le principali
sono quelle de "l'Unitá", nate nel 1945 dopo la guerra per fornire un sostegno economico al giornale
comunista. Sono legate al dibattito politico, alle sorti del giornale e a quelle del partito. Dal 2008 con
Veltroni hanno acquisito il nome di feste democratiche. In Italia non mancano queste legate ad altri giornali
politici come quella de "l'Avanti" che hanno però avuto un rilievo e una diffusione minori. Il rapporto tra
sport e festa presenta due punti di vista:
• la presenza di componenti rituali nelle attività non religiose
• eventi sportivi come occasioni per festeggiare cui hanno contribuito significativamente le ricerche
sui mass media.
La "razionalizzazione delle emozioni" della società contemporanea favorisce l'economia e consente di
evitare rischi che si verificano in caso di eccitazione collettiva. Tale razionalizzazione riguarda:
• le attività sportive del passato che presentavano tratti più violenti che sono state fatte oggetto di
regolamentazioni più attente o sono scomparse
• Poiché le emozioni non sono eliminabili ma devono essere controllate, occorre canalizzarle e lo
sport in modo efficace genera eccitamento gradevole e favorisce attraverso la competizione
l'identificazione collettiva.
I mass media e le "feste televisive" interrompono la routine, fanno riferimento a valori cui la società assegna
un ruolo importante e coinvolgono un pubblico "devoto". Possono essere suddivise in tre categorie:
• la categoria della competizione allude a tutto ciò che presenta un aspetto competitivo, dallo sport alla
politica
• la categoria della conquista include avvenimenti come il viaggio di Papa Giovanni Paolo II in
Polonia
• La categoria delle incoronazioni in cui rientrano i funerali di Kennedy o il matrimonio di Carlo e
Diana
Le competizioni-evento per antonomasia sono le grandi gare sportive, in primis i mondiali di calcio in diretta
tv.
Un caso a parte è costituito dai festival: il termine, di derivazione inglese, in italiano indica una festa
musicale popolare che ha assunto dagli anni ‘30 il significato di manifestazione artistica di varia durata,
periodica e competitiva. Il principale è quello di Sanremo. Recentemente è stata estesa per indicare
manifestazioni non competitive e culturali in genere come nel caso del festival della letteratura di Mantova o
di quello dell'economia di Trento.

2. LA FESTA DEGLI INNAMORATI


Si celebra il 14 febbraio in occasione della ricorrenza calendariale di San Valentino. È un appuntamento che
possiamo considerare quasi naturale, gli italiani di meno di quarant'anni ritengono che esista da sempre e
anche i meno giovani la pensano così. In realtà fino alla fine degli anni ‘70 in Italia solamente le persone di
una certa cultura avevano sentito parlare di San Valentino, ad essere conoscitori erano principalmente i
viaggiatori che avevano soggiornato negli Stati Uniti in quel periodo. Charlie Brown e la sua cerchia nel
fumetto Peanuts erano soliti scambiarsi "Valentine", biglietti che in America si scambiano gli innamorati,
probabilmente fu questo il principale veicolo della conoscenza della festa di San Valentino in Italia. A partire
dagli anni ‘80 la festa riesce a imporsi in Italia. Importante veicolo sono le pubblicità relative ai doni in
occasione della ricorrenza: I Baci Perugina oppure i cioccolatini della Ferrero. Dal 1979 le pubblicità inerenti
la festa si intensificano progressivamente e lo testimonia il "Corriere" nella cronaca milanese che indica un
connubio tra l'amore e il consumismo. Nel 1990 inizia una crisi della natura esclusivamente commerciale
della ricorrenza. Si mettono in discussione i fenomeni di costume che accompagnano la festa, il consumismo
e le dinamiche di coppia, mentre l'abitudine di celebrare San Valentino è ormai consolidata. Questo dimostra
come nel giro di pochi anni la festa si è innestata nel costume italiano, essa viene proiettata in un passato
remoto nel quale ancora non esisteva e ciò che consente tale dilatazione temporale artificiale è
l'identificazione di San Valentino come festa dell'amore autentico. Si innesca un meccanismo di caratteri di
purezza e autenticità che si paleserebbero nella genuinità dell'amore della coppia. La consacrazione della
crisi della coppia tradizionale e della natura consumistica di San Valentino inducono ad esprimere nostalgia
verso quel momento festivo autentico che in realtà non c'è mai stato e che proprio perché non ce lo

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ricordiamo sembra ancora più antico. Constatare la diffusione dell’idea di San Valentino come festa
“tradizionale” induce a considerare due problemi tra loro correlati: la sua origine e le ragioni del suo imporsi.
• Sulle origini vi sono diverse ipotesi, alcune delle quali si riferiscono alla ricerca di fatti della vita di
Valentino. La situazione è complicata dalla presenza di diverse figure che rispondono al nome di
Valentino e la difficoltà di una ricostruzione storica della biografia del personaggio ha fatto sì che la
Chiesa cattolica lo cancellasse dal calendario canonico romano per la mancanza di un suo
fondamento storico. Tra il periodo in cui avrebbe operato il santo e le prime attestazioni del
collegamento tra lui e gli innamorati non vi sono documenti. Si associa San Valentino con l'amore
nell'Inghilterra del secolo XIV in alcune liriche di Geoffrey Chaucer. Nell'Inghilterra dei secoli
successivi la festa del santo è occasione di giochi di società relativi alla coppia che consentono rituali
sociali consolidati e diffusi. Nel secolo XIX si diffondono leggende relative alla vita di Valentino che
giustificherebbero il suo ruolo di protettore degli innamorati. La festa continua ad essere in auge nel
periodo vittoriano e decade alla fine dell'800. La sua è una storia tutta britannica, ma si è ipotizzata
una sua origine romana. Nel secolo XV il cardinale Torquemada nel giorno del 14 febbraio stabilì
che venisse effettuata un'elargizione in denaro in favore delle ragazze da marito che non potessero
permettersi una dote. È un emblema del legame tra la festa e il fidanzamento, ma della quale è
difficile valutare il peso effettivo.
La fortuna della festa oltre i confini britannici comincia con la sua esportazione negli USA a partire
dagli anni ‘40 dell'800, dovuta a motivi economici. In America si fissano le due caratteristiche
essenziali di questa festa: sul piano ideale il riferimento all'amore relativo e sul piano economico
l’obbligo di regalare i dolci, un oggetto o una cartolina. Il primo fattore porta commentatori a
insistere sull'esaltazione dell'amore, a rimpiangere una purezza di sentimenti ormai offuscata e a
criticare la società. La dimensione economica induce a rivolgere l’attenzione ai costi e guadagni e ci
si impegna in una polemica contro il lato commerciale della festa. Dagli USA la festa di San
Valentino si diffuse in Giappone, in Cina e in Italia.
Il riferimento sacrale è limitato alla sua collocazione calendariale, agli esercizi dei pubblicisti per
rintracciarne la genesi nel cristianesimo dei primi secoli e agli sforzi del clero di Terni, luogo
originario di Valentino, per conferirle un rilievo anche religioso. La festa si diffonde in maniera
indipendente dalla professione di fede tant'è che si diffonde negli USA che sono indifferenti al culto
dei santi esattamente come gli atei. In alcuni luoghi però l'aspetto religioso è considerato, ad esempio
in ambito musulmano ove si vieta di celebrare le feste non musulmane proclamando pene per coloro
che ricordano la festa degli innamorati. Probabilmente è un travestimento di una motivazione di
ordine generalmente politico per tener lontano un modello consumistico americano che vede in San
Valentino uno dei suoi principali promotori. Il 14 febbraio 2014 Papa Francesco ha ricevuto in
Piazza San Pietro 15.000 coppie di fidanzati per parlare loro dell'importanza del matrimonio e di
come debba nascere l'amore inteso come relazione. La chiesa cerca di integrare nelle sue attività
alcuni elementi di una festa che non ha niente di particolarmente religioso e si sviluppa in un
contesto non cattolico, ma presenta un grande seguito presso i giovani, un impatto mediatico forte
basato sul valore dell'amore come fondamento di vita di coppia regolare e stabile. Quest'ultimo
punto è il centro della preoccupazione attuale della Chiesa riguardo l’etica familiare sicchè la festa di
San Valentino diventi un vettore ideale per trasmettere un messaggio relativo alla solidità della
famiglia. La cerimonia in piazza San Pietro non è solamente volontà di impiegare uno strumento
comunicativo per un messaggio efficace, ma anche una volontà di riappropriazione di una
componente intesa come tradizionale e fondamentalmente cattolica sviata da una deriva
consumistica.
• Inoltre la ragione principale del diffondersi della moda di San Valentino risiede nel fatto che la festa
è uno dei casi particolari del fenomeno dell’importazione di elementi culturali statunitensi in Italia.
Inoltre si è innestata la motivazione economica, sintetizzabile nella considerazione che tra Natale e
Pasqua mancava un momento di particolare incremento dei consumi e San Valentino risponde a tale
esigenza. Il fattore economico, poi, si esplica in un quadro più antropologico che possiamo definire
come la tendenza a sottolineare ritualmente un momento di particolare significato della vita, cioè
quello del costituirsi una coppia.

3. HALLOWEEN
Tra le ricorrenze americane che i Peanuts hanno fatto conoscere in Italia si trova anche halloween che nella
metà degli anni ’60, quando la rivista “Linus” inizia a diffondersi, era da noi praticamente sconosciuta. Il
protagonista, Linus, promuove lo strano culto del "Great Pumpkin" (Grande Zucca), un essere che la notte di
Ognissanti appare in un campo di zucche recando doni ai bambini buoni. Si tratta di una religione dell'attesa

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volta ad alimentarsi proprio del rinvio della manifestazione della Grande Zucca, una religione la cui
comprensione richiede una determinata conoscenza dei costumi americani di Halloween.
Nell'ultimo quinquennio del secolo XX si verifica l'importazione di questa festa dall'America. Il nome è
quello impiegato negli USA e deriverebbe da All Hallows Eve ( vigilia di tutti i santi). In prossimità della
fine di ottobre si decorano negozi, ristoranti, locali pubblici con zucche intagliate a simulare un volto e con
un lumino acceso all'interno e con immagini che evocano il mondo dei film horror: scheletri, pipistrelli,
streghe. Il 31 i bambini si mascherano e girano per le case suonando il campanello chiedendo, secondo
l'usanza americana, "dolcetto o scherzetto?". Anche le scuole, i locali, i comuni organizzano eventi per
l'occasione.
Dopo i Peanuts il principale veicolo di diffusione della festa in Italia è stata la filmografia americana, in
particolar modo i film horror che associano assassinii, ambito paranormale e psicopatie. In Italia inizialmente
Halloween è un pretesto per serate a tema in locali, in seguito assume poi il carattere di festa dei bambini,
supportata sia da scuola e amministrazione locale che trovano in essa l'occasione per manifestazioni e
iniziative didattiche sia dalla macchina pubblicitaria in quanto la festa ha comportato ripercussioni
commerciali in particolar modo nel campo dell'industria dolciaria, dell'organizzazione di eventi, dei gadget e
dei costumi per bambini. Si è imposta in Italia in tempi molto recenti a causa di fattori che non si legano
all'identità religiosa del nostro Paese.
Il problema del rapporto tra Halloween e la componente religiosa è declinabile in tre diversi modi:
1. La ricerca di un sostrato religioso pagano che avrebbe ispirato la forma della festa definita nel
mondo anglosassone prima di essere importata in Italia. Gli studiosi insistono sull'ipotesi della
derivazione di Halloween da una ricorrenza celtica di nome Samain che si svolgeva a fine ottobre.
Collocata nel momento di passaggio dalla stagione luminosa a quella buia, implicava rituali legati al
simbolismo del fuoco: si preparavano focolari, cibi e bevande per i defunti che si riteneva potessero
comunicare in quel periodo con i vivi. È probabile che la ricorrenza celtica abbia influito su quella
cristiana: i rituali di Samain si ritroverebbero nella veglia di Ognissanti in Irlanda e in Scozia, gli
immigrati irlandesi li avrebbero portati in America dove si definirono le abitudini che conosciamo
oggi. Originariamente si scavava una rapa per mettere al suo interno una candelina a simulare lo
spirito dei morti poi, data la presenza massiccia di zucche nel nuovo continente, si sarebbe passato a
questi ultimi ortaggi. Il nome americano della zucca, Jack O'Lantern, deriva dalla leggenda che
vuole che l'ubriacone Jack ingannasse il diavolo facendogli promettere che gli avrebbe risparmiato
l’inferno. Una volta morto, dal momento che non poteva entrare né in paradiso, a causa dei suoi
peccati, né all'inferno, a causa del patto col diavolo, Jack fu condannato a vagare per l'eternità,
rischiarandosi il cammino con un tizzone infernale messo dentro ad una rapa. La festa
progressivamente si diffonde e si trasforma in una ricorrenza per bambini con il famoso dolcetto o
scherzetto la cui espressione inglese è "Trick or Treat": il primo termine significa scherzo, il secondo
riguarda il piacere, ma il verbo è relativo a uno scambio, una sorta di ricatto. Coloro che ricercano un
nesso tra Halloween e Samain nobilitano la festa secondo una tradizione antica precedente al
cristianesimo. Una delle principali critiche che vengono rivolte alla festa in Italia è rivolta al suo
essere priva di un radicamento locale e costituirebbe un corpo estraneo rispetto all'identità italiana
perché prodotto di un mondo consumistico americano e di un retaggio anglosassone. Ci si trova di
fronte a una festa dei morti che presuppone la questione del confine che separa il mondo dell'aldiquà
da quello dell'aldilà con la conseguenza di una maggiore prossimità dei defunti ai vivi. Il morto può
influire ancora sul mondo dei viventi in maniera positiva o negativa. È una concezione non ammessa
dalla dottrina della Chiesa se non nella forma dell'intercessione dei defunti in grazia di Dio in favore
dei vivi. L'offerta è per i defunti, l'idea che tornino a portare doni o fortuna oppure che si offendano
sono elementi che rientrano in quest'ordine di considerazioni.
2. Un'altra componente è l'uso del travestimento. Il "Dolcetto o scherzetto" somiglia a forme di questua
che comportano la richiesta di offerta in cambio di preghiera per i defunti associate all'idea che la
mancata offerta possa provocare insoddisfazione del defunto e quindi avere conseguenze anche
negative. Un altro aspetto riguarda il coinvolgimento dei bambini e quindi l'idea di una prossimità
dell'infanzia al mondo dei defunti, poiché il bambino si trova più vicino alla non vita rispetto a
quanto lo sia l'adulto (lo si ricollega all'elevata mortalità infantile dei tempi passati). Anche il
riferimento alla zucca intagliata rappresenta il tratto per il quale certi usi del nostro Paese somigliano
di più a una festa americana. La festa si è instaurata in Italia su influenza americana secondo
modalità attinte dall'America ed è possibile riconoscere una sistematica divergenza tra le tradizioni
italiane e la festa attuale di Halloween, in quanto presentano una visione della vita e della morte del
tutto opposte. L’insistenza sulle tradizioni italiane che ricordano i riti di Halloween può avere il
significato di mostrare come certe forme rituali corrispondano a modelli di comportamento

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antropologicamente significativi e come gli usi di Halloween non siano solamente un insieme di
invenzioni delle industrie dolciarie americane, ma si radichino in una componente profondamente
umana e quindi italiana e anche americana.
3. In Halloween sono stati riscontrati tratti "occultisti" che consistono nel porre al centro dell'attenzione
l'intervento dei defunti nel mondo dei vivi che prescinde dalla mediazione cristiana. Tale
interpretazione contrappone radicalmente la festa dei santi e quella di Halloween. Nella seconda
manca qualunque riferimento alla vittoria sulla morte da parte di Cristo e il tema della morte è
considerato utilizzando strumenti tratti dalla componente magica e superstiziosa e addirittura pagana.
Il vescovo di Prato aveva indicato Halloween come uno sgarro all'identità cristiana, l'arcivescovo di
Torino l'ha definita come "una festa celtica e pagana delle zucche vuote", che non ha che fare con la
tradizione cristiana, anzi la offende e costituisce un tentativo della cultura consumista di penetrare
nella fede cristiana svuotandone il significato col rischio di confondere e spaventare i bambini
facendo perdere loro il significato profondo delle feste dei santi e dei morti con richiami alla magia.
Don Benzi sosteneva che il sistema imposto da Halloween provenisse da una cultura esoterico-
satanica in cui si porta la collettività a compiere rituali di stregoneria, satanismo che possono
sfociare anche in sette, sacrifici rituali e violenze. Per i satanisti Halloween è la festa più magica
dell'anno e in queste notti fomentano le iniziazioni magico-esoteriche. È importante che la gente si
ricordi il vero senso della festa di Ognissanti. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, allude a una
contaminazione della festa dei morti che fa dello spiritismo e del senso del macabro il suo centro
ispiratore. Il bersaglio cattolico verso Halloween è in primo luogo la natura consumistica e vuota
della festa, ma lo stesso impegno non si è rivolto contro altre festività come quella della mamma.
Halloween e la sua prossimità al 1 novembre, giorno dei morti, è intesa come minaccia.
Paradossalmente Halloween non sarebbe vuota, ma densa di significati che ne fanno un’alternativa al
corretto approccio cristiano alla fine della vita terrena. Halloween, nella forma più “leggera”, è un
modo per sviare l'attenzione della gente dal postulato della morte verso qualcosa di superficiale.
Nella forma più forte mette in guardia contro la visione occultista magica e anticristiana. Per il
cardinale Bagnasco Halloween è una ricorrenza senza risvolti seri e il problema non è la
concorrenza che fa alla festa dei morti, ma la secolarizzazione, causa dell'allontanamento della
pratica di rituale cristiano. Le critiche provengono anche dal mondo laico, molti sostenevano che
mancasse di radicamento alle tradizioni italiane.
Le tre proposte che legano Halloween a una celebrazione celtica, ripresa di elementi tradizionali italiani
precristiani, come espressione di credenze occultiste di varia origine, valorizzano le componenti religiose
della festa. Esistono pratiche che consistono in serate in discoteca non più trasgressive di altre durante le
quali ci si maschera, la presenza di bambini in costume che prendono parte ad attività organizzate da eventi
pubblici e privati e le pratiche di andare di casa in casa per ottenere dolci. L'aspetto ludico e consumistico ne
sono i maggiori componenti. Halloween non contribuisce al declino delle commemorazione di tutti santi e
dei fedeli defunti presenti nel calendario cristiano che hanno conosciuto l'abbandono della pratica religiosa
evidentemente prima che Halloween, che da noi è molto recente, si imponesse. Il successo di questa festa e
di quella di San Valentino si spiega con l'attrattiva che esercitano modelli importati da Paesi culturalmente
egemoni come gli USA. È intesa come un'occasione di sociabilità, per stabilire relazioni intense e con un
rilievo commerciale, ma non è solo questo. Gli importi di Halloween non sarebbero stati possibili se essi non
avessero toccato il tasto sensibile del fascino per mistero.

4. LA FESTA DELLA FAMIGLIA


A differenza delle due precedenti tipologie di festività, queste sono prive di ogni allusione alla religione:
sono le feste dedicate alla mamma, al papà, ai nonni, molto diffuse e hanno diversa origine nei vari Paesi del
mondo. Nel caso italiano la festa della mamma è senz'altro la più sentita. La sua diffusione in contesti
cristiani può far pensare alla maternità di Maria celebrata l'11 ottobre, ma in realtà anche i culti mariani sono
legati alla festa, che si è sviluppata in maniera autonoma rispetto ad essi, al loro significato e al loro
calendario. La festa della mamma inizia ad essere celebrata in Italia a partire dagli anni ‘50 per importazione
di un’usanza americana. Questa festa infatti ancora una volta nasce negli USA e sarebbe stata fondata da
Anna Jarvis che nel 1908 commemorò la madre, sottolineando che il suo era un intento per far riconoscere il
ruolo che le singole madri ricoprono all'interno delle loro famiglie. La festa era stata proposta in seguito
come National Holiday e venne destinata alla seconda domenica di maggio. I risvolti commerciali della
ricorrenza hanno indotto Anna Jarvis a polemizzare contro la forma che aveva assunto la festività e a
ripudiarla. Tuttavia furono proprio le ricadute economiche che incrementano il successo della festa della
mamma. Ha ottenuto l'appoggio dei conservatori, che ritenevano che una celebrazione della donna spettasse
nella società, di gruppi di sostenitrici dei diritti delle donne, che la consideravo una un'occasione di conferma

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dell'importanza del genere femminile, e della comunità di medici e addetti ai reparti di maternità. Si
promuove l'immagine della donna americana come sostegno, nutrimento fisico e morale, nucleo della società
nonché della famiglia. Dagli USA l'iniziativa si è poi diffusa in vari Paesi. Negli anni ‘20 la festa viene
osteggiata in Germania da chi insisteva sull'emancipazione della donna anche nel mondo del lavoro,
considerato come la principale causa della riduzione delle nascite, favorita dal regime nazista che le ha
conferito connotazione razziale. Una preoccupazione per l'incremento delle nascite è presente nell'Italia
fascista ove, il 24 dicembre 1933, si celebra la prima "giornata nazionale della madre e del fanciullo" che
però non ha relazioni con la festa della mamma come la conosciamo noi. Negli anni ‘50 la festa della
mamma si impone su modello americano e viene organizzata per la prima volta a Bordighera la seconda
domenica di maggio su iniziativa del sindaco della città. Progressivamente il Presidente accenna alla
possibilità che sia conferito un contenuto più morale alla festa della mamma e del fanciullo.
La festa del papà nasce parallelamente a quella della mamma sempre negli USA. Secondo la versione
ufficiale sarebbe nata nel 1910, sull'esempio di quella della mamma, da Sonora Louise Smart Dodd, che
commemorò il padre, veterano della guerra civile. Nel 1972 Richard Nixon eleva il Father's Day a festa
nazionale. Dagli anni ‘30 la festa si imposta in ambito commerciale tramite produttori di articoli adatti ad
essere regalati a un papà, ma proprio l'attribuzione commerciale ne ritarda il riconoscimento ufficiale. Più
della festa della mamma, la festa del papà si incontra nel nostro paese con sviluppo locale legata alla figura
di San Giuseppe celebrato il 19 marzo, ricorrenza del santo. La figura paterna nella teologia cristiana riveste
importanza notevole per il riferimento al Padre eterno, ma una vera e propria festa liturgica del Padre eterno
non esiste nel calendario cattolico. La paternità di Giuseppe è posta in risalto dalla festa della Sacra famiglia,
collocato nel tempo di Natale secondo il rito romano. La festa di San Giuseppe risulta collegata con la festa
del papà soltanto in usanze locali. Quando, importata dagli usa la festa della mamma, ci si è trovati a voler
istituire una festa del papà, si è ripresa una festa che in Italia aveva radici profonde e si è attribuito un rilievo
nazionale alle tradizioni locali relative a San Giuseppe e ai papà.
A completare la triade troviamo la festa dei nonni che anche in questo caso presenta un'origine americana,
grazie alla sua ideatrice, Marian McQuade, la cui celebrazione viene approvata da parte del congresso poi nel
1978. Si diffonde nella metà degli anni ‘90 la volontà di istituire un equivalente italiano del National
Grandparent's Day. Una legge del 2005 ne promuove il riconoscimento. La figura dei nonni è simbolica, la
festa è intesa come occasione per parlare di quanto la memoria e l'esperienza degli anziani possano influire
positivamente sullo sviluppo della società al fine di migliorare la nostra coscienza collettiva. Ci si ricollega
ai valori perduti e alla necessità di rinsaldare la memoria e la continuità tra le generazioni. L’approvazione
avviene senza voti contrari e senza riferimenti alla festa americana. La festa viene stabilita il 2 ottobre, nel
giorno dedicato agli angeli custodi, nell'idea dei nonni come angeli custodi dei nipoti così che la festa, che si
svolge in periodo scolastico, non rischi di passare inosservata a causa delle vacanze e possa essere ricordata
dai docenti delle scuole.
Le tre feste dedicate alla famiglia presentano tratti in comune, ad esempio la mancanza di una liturgia. Sono
rielaborazione locali di modelli precedenti americani e presentano tutti una mancanza di riferimenti religiosi
pregnanti (con eccezione di alcune tradizioni locali nel caso della festa del papà), è presente un forte impatto
commerciale, anche se meno evidente nella festa dei nonni. Le critiche al loro rivolte sono legate alla
mancanza di riferimenti alla tradizione e alla loro natura consumistica; ma il relegarle puramente a fenomeni
commerciali rischia di non fare capire in fondo il senso. Non tutti i prodotti commerciali hanno successo
anche se sono adeguatamente pubblicizzati.
L'esperienza generalmente umana e poi anche culturalmente definita di alcuni valori legati alle relazioni
parentali costituisce la base di un’esigenza di sottolineatura rituale cui risponde ciò che viene definito con
l’espressione "liturgia umana".
V. FESTE PRIVATE
1. UNA CATEGORIA ETEROGENEA
La festa privata riguarda tutte quelle situazioni festive che non hanno un fare esplicitamente religioso e sono
aperte solamente a gruppi ristretti di persone: i membri di un gruppo oppure gli invitati. Ma i confini di tali
feste sono sfumati essendo molteplici ed eterogenee e quindi difficili da classificare. Alcune sottolineano
momenti importanti: battesimo, prima comunione e cresima, momenti individuali salienti come il
matrimonio, compleanni, onomastici, il banchetto funebre. Altre sono spontanee, sganciate da occasioni
particolari come nel caso di un individuo che organizza una festa per stare con amici in un contesto di
serenità, privo di altri scopi. In altri casi le ricorrenze possono presentare maggiori individui, è il caso di
associazioni che ricordano il decennale della loro fondazione. L'aspetto in comune consiste nella sospensione
della vita ordinaria, nella creazione di una parentesi in cui le dinamiche del quotidiano subiscono una
variazione. Per molte di esse sono prescritti precisi riti sociali che prendono il nome di "galateo". Le feste

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regolamentate dal galateo presentano precisi codici sociali che sono volta per volta rispettati, aggiornati,
ignorati o rifiutati. Inoltre vi sono usanze più o meno codificate, che presentano una determinata libertà
dovuta alla mancanza di sanzioni per comportamenti non conformi alle regole. La sanzione è principalmente
di disapprovazione sociale, di pettegolezzo critico e di forme di ostracismo. Alcune feste si oppongono alle
regole comuni e ai rituali sociali regolamentati e sono presentate come antistrutturali.

2. IL MATRIMONIO
È la principale festa intima e familiare. Presenta una serie di componenti che sono rimaste abbastanza stabili
nel tempo: l’inoltro degli inviti formali, la cerimonia civile o religiosa, il momento conviviale, un pranzo o
una cena successivo, lo scambio di regali e bomboniere, il viaggio di nozze. Vi sono poi alcuni elementi che
hanno subito mutamenti nel corso del tempo che riguardano, ad esempio, l'addio al celibato. Sulla
valorizzazione e la difesa del matrimonio esistono istanze laiche e religiose. L'importanza della famiglia è
difesa della Costituzione. Le famiglie, basate sul matrimonio, costituiscono mattoni con i quali è costruita la
compagine sociale. I cambiamenti dei costumi hanno scalfito parzialmente questa convenzione, che tuttavia
rimane salda. Anche con la pluralità attuale di modelli famigliari, la famiglia fondata sul matrimonio rimane
oggetto di maggiore tutela giuridica. La Chiesa non considera il matrimonio come un'istituzione puramente
umana, poiché Dio è autore del matrimonio. Al riconoscimento dell'importanza del matrimonio
contribuiscono due valori:
• la volontà di sottolineare un momento di passaggio significativo che dà luogo alla nascita di una
nuova famiglia
• La valenza sociale che rende il matrimonio un modo per affermare uno status nella società. La
cerimonia nuziale non risponde a logiche di convenienza economica e spesso è superiore alle
possibilità della famiglia che la organizza
Ci sono tre principali fattori di innovazione:
• Il dilatarsi del tempo che precede il matrimonio nel prolungamento della festa il giorno dopo le
nozze, nelle variazioni relative ai regali,..
• L’emergere di nuovi “attori sociali”
• La festa si è maggiormente spettacolarizzata
In merito alle istanze matrimoniali vi sono relazioni tra aspetti fissi e variazioni che ripropongono il tema
della flessibilità dei rituali. Ci si sarebbe aspettati che la razionalizzazione dei rituali religiosi che ha
accompagnato il processo di secolarizzazione incidesse anche sui riti del matrimonio. Il rito si è invece
mantenuto con variazioni legate alle mode. Ad esempio si ha una domanda crescente di una ritualità
maggiormente articolata durante i matrimoni civili, per il quale la legge fissa obblighi del sindaco molto
rapidi: il riconoscimento dei coniugi attraverso i documenti di identità, la lettura degli articoli del codice
civile relativi alle nozze, le firme sui registri dello Stato civile. In merito al dibattito circa i matrimoni gay il
punto in questione è relativo al riconoscimento alle famiglie non tradizionali della tutela giuridica di cui
godono le coppie sposate. Il momento del matrimonio deve essere sottolineato ritualmente e attraverso un
rituale che abbia un significato pregnante.
Pur di avere un rituale che abbia determinate caratteristiche, si può anche costruirne uno falso. Si ha la
volontà di seguire un modello trasmesso dalla filmografia americana secondo il quale le nozze possono
essere celebrate ovunque si voglia e spesso in case private oppure in località particolari. In Italia però il
matrimonio religioso si svolge nelle chiese parrocchiali e la sede del matrimonio civile è il municipio.
Ciononostante diverse agenzie organizzatrici di eventi propongono nozze che non rispondono a tali dettami
e molte persone si sposano in casa propria o in zone particolarmente amene. Il matrimonio vero è celebrato
in municipio, alla presenza dei soli testimoni senza alcun cerimoniale particolare, molto rapidamente, poi si
ripete il rituale di fronte a un pubblico ufficiale o a un qualunque amico che indossa una fascia tricolore,
durante il ricevimento di fronte agli invitati spesso ignari della situazione. La formula di rito può essere
tradizionale oppure si possono impiegare parole come "conferma" che denotano che gli sposi non stanno
realmente contraendo matrimonio, ma solo confermando promesse già fatte in precedenza. Il rito può essere
lo stesso, ma non ha effetti. I diretti interessati sono consapevoli che è una recita, ma sono emotivamente
coinvolti. In questi casi la spettacolarizzazione è molto importante: l'idea secondo la quale la volontà e le
predilezioni dei singoli sono determinanti anche nella scelta dei rituali. Il rituale è estensibile, ma
imprescindibile.

3. IL "RAVE PARTY"
Tale espressione era ignota in Italia fino nei primi anni ‘90, quando fa la sua apparizione sul giornale.
Solamente nella metà degli anni 2000 è entrata nel nostro lessico per indicare un tipo di feste di cui non si ha
notizia molto chiara, ma il cui nome è associato a qualcosa di pericoloso o negativo. Il fenomeno continua ad

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essere vitale sebbene i giornali ne parlino più sporadicamente. Definiti anche free parties, sono feste che
presentano la libertà rispetto a costrizioni sociali e legali, a strutture organizzate, alla ritualità. Una serie di
elementi rituali, tuttavia, hanno finito per imporsi con regole che esistono e ci consente di descrivere un
modello generale di massima. Un rave party nasce quando un organizzatore diffonde notizia che si sta
preparando un raduno: non è pubblicizzato da canali ufficiali, ma l'invito a partecipare viene esteso a tutti gli
interessati attraverso le versioni aggiornate del passaparola. Viene diramato all'ultimo momento cosicché le
forze dell'ordine non possano bloccare l'iniziativa. I volantini costituiscono un oggetto interessante
d'indagine per le loro azioni comunicative. Non è un evento spontaneo e l'organizzazione richiede impegno
del quale si fanno carico libere associazioni che devono rientrare nelle spese. L'evento può raccogliere un
numero molto alto di partecipanti e il luogo in cui si svolge, che varia ogni volta, deve essere particolarmente
spazioso per ospitare un grande afflusso di persone. Solitamente sono capannoni, zone industriali o
commerciali abbandonati. Al centro della scena vi sono le casse che emettono a volume alto musica techno e
costituiscono una sorta di muro davanti al quale i partecipanti ballano da soli, restando più o meno nella
stessa posizione di spazio. Tutto intorno vi sono accampamenti, punti di ristoro e persone che vendono
diversi tipi di stupefacenti. Il rave party è per definizione trasgressivo. È una componente della festa in
genere che sospende la vita ordinaria e che si traduce nella possibilità di infrangere regole comuni. E’
debolissimo il fattore di contenimento e le sue caratteristiche sono indefinite. Il clima trasgressivo si esprime
nel luogo di svolgimento, un edificio abbandonato che ha comunque un suo legittimo proprietario e viene
occupato abusivamente; la mancanza di permessi che occorrono per manifestazione di tale genere come
quello della Siae; la vendita di merci e sostanze illegali; I numerosi danni che i raduni possono provocare.
Tale festa è un’alternativa a una normalità del divertimento incarnata dalle discoteche, considerate come
spazio addomesticato per persone di un certo ceto, di gusti omologati che ribadiscono le gerarchie sociali. Si
impone in Gran Bretagna nel periodo del governo conservatore come rigetto di tale politica. La sua natura
non strutturale è talmente forte che ha provocato interventi legislativi proibitivi in diversi Paesi, motivati
dall'idea che partecipare al rave party sia pericoloso. In realtà le statistiche confermano che i pericoli non
sono tali da allarmare, ma insistere su di essi giustifica con più facilità scelte coercitive. All'interno stesso di
tale feste si sviluppa una dinamica identitaria tra le cui componenti figura il rischio. La trasgressione non è
fine a se stessa, ma fa emergere un'esigenza diversa. Per quanto concerne lo spazio si risalta la
contrapposizione tra il rave e i raduni di altre subculture americane diffusesi anche in Europa in cui gli
incontri si svolgono in mezzo alla natura. L'equazione natura-genuinità-ricerca di autenticità è tipico di
questi eventi che la condividono con tradizioni culturali del passato oggi ancora vitali, in particolare con la
filosofia dei “figli dei fiori”. Nel rave party non è presente una particolare attenzione per la natura, si
scelgono prevalentemente spazio urbanizzati, post-commerciali e post-industriali: i relitti di una civiltà dei
consumi che si sviluppa in maniera smisurata per poi abbandonare i suoi monumenti quando hanno dato tutto
quello che era possibile dare. La critica alla vita attuale si muove all'interno di una realtà industriale intesa
come punto di partenza entro il quale formulare la propria proposta, colpendo il momento della sua
decomposizione. Il primo rave party si tenne a Detroit per dare libero sfogo a un modo di fare musica
lontano dalla disco-music commerciale. In realtà il rave party è tipicamente europeo, ma la costruzione del
mito di fondazione richiede coerenza ideologica più che correttezza storica e qui la corrente ideologica è
conferita dal riferimento alla città industriale americana per antonomasia, agli USA, che sono la sorgente
della maggior parte delle mode culturali degli ultimi anni, alla opposizione bianco/ nero che diventa
opposizione tra mondo maggioritario e mondo marginale. L'annuncio dell'ambiente in cui tale festa si colloca
è dell'ultimo momento. I partecipanti si spostano anche per lunghi tragitti per raggiungere la meta. Esiste una
sorta di spirito nomade per il quale non vi è un centro permanente, ma il centro, punto di riferimento spaziale
della comunità, si costruisce ogni volta. Il centro è costituito dalla fonte della musica, dalle casse: nella
musica elettronica non solo si amplifica il volume di un suono altrimenti inudibile, ma lo si genera. Si
produce piuttosto che riproduce. Le casse sono di grandi dimensioni, sopraelevate, in grado di emettere suoni
potenti e disposte in fila a formare una sorta di muro, una struttura che sovrasta tutto. Presentano un carattere
tecnico, di una struttura verticale dal senso religioso. L’analogia allora è il principio di coesione della
comunità del rave che si riunisce di fronte ad esse e a cui rivolge lo sguardo. La musica è scelta da disc
jockeys celati dietro le casse. Nelle discoteche il dj è il punto di riferimento costante ed è collocato al centro
in una posizione sopraelevata invisibile che ne sottolinea simbolicamente la superiorità gerarchica rispetto
agli altri, qui invece la sua figura è completamente spersonalizzata perché è solo la musica a parlare. Proprio
il fatto di essere nascosto conferirebbe a questo personaggio un prestigio ancora maggiore, legato alla
capacità di favorire, grazie alla musica, esperienze che somigliano ai viaggi sciamanici dell'anima fuori dal
corpo. Qualcuno sceglie la musica, ma questa figura non è individuabile, anzi viene evocata come sopra
individuabile, carica di una vena di mistero. Chi è in piedi davanti alle casse balla rimanendo sul posto con
piccoli passi, sembra avanzare come uno zombie o come guerrieri antichi che mettono in scena una danza

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armata rituale. Tutti sono diretti verso le casse e il ballo è individuale perché l'orientamento frontale
impedisce la reciprocità di movimento necessario quando si parla con qualcuno. È difficile la conversazione
anche solo per l’alto volume della musica. La potenza del suono induce a vibrare all'unisono. È
un'esperienza isolata perché non vi è comunicazione diretta tra i partecipanti, ciascuno si fa penetrare dal
ritmo della musica con azioni che si avvertono sullo sterno e nello stomaco. Il processo di spersonalizzazione
si mette in moto, collegato a un sentimento di appartenenza alla collettività, ma è anche uno strumento per
riprendere contatto con la dimensione più intima di se stessi. Il ritmo così consente di prendere contatto con
qualcosa di molto personale e profondo e allo stesso modo con qualcosa di molto condivisibile e collettivo.
I protagonisti sono come plasmati dal suono. È un’esperienza che si può provare rimanendo in un livello di
coscienza normale, ma che può facilmente trascorrere in quegli stati di coscienza alterati o modificati. La
musica influisce sul livello di coscienza e il genere di musica di tale festa è idoneo a questo scopo perché
crea uno stato di trance. Un'esperienza di tale genere è facilitata dall'impiego di sostanze particolari come
alcol e fumo, ma gli stupefacenti agiscono più facilmente, rapidamente e in modo efficace. Le sostanze
possono essere più o meno indispensabili per il raggiungimento modificato della coscienza. Il consumo di
droghe insieme alla musica e alla danza pone tale festività in continuità ideale con forme rituali tradizionali:
ci si riferisce allo sciamanismo e alle sostanze psicotrope impiegate nel mondo antico e presso le culture
orali per scopi religiosi. L'uso edonistico delle droghe non è il prodotto della decadenza del loro uso
religioso, ma il rave party riporta in auge l'associazione sostanza-danza-musica in una funzione edonistica,
per rendere del tutto la funzione magico-religiosa. Tale festa però è un qualche cosa di ben diverso rispetto al
semplice consumo privato di sostanze stupefacenti e rispetto a quanto avviene durante una serata in
discoteca, quando si vogliono amplificare le proprie capacità relazionali o si vuole aumentare l’euforia e il
senso di benessere che si prova. I discorsi dei partecipanti sono espressi con una terminologia di tipo
religioso che ha indotto gli studiosi a parlare di "guarigione spirituale" e a comparare l’esperienza dei raver
a quella della conversione. È una trance senza Dio, che manca di una fede collettiva senza la quale non vi è
né sciamanismo, né possesso, né misticismo. La trance del raver, a differenza di quella tradizionale che è
funzionale alla società, rientra in fenomeni della trance selvaggia, disfunzionale, pura sperimentazione di una
alterità, individuale e non collettiva perché la collettività esiste solo ove vi è regolamentazione. Tale trance è
una contestazione ai sostituti della religione che la secolarizzazione ha fatto nascere, come il culto dei DVD,
dello spettacolo e dello sport o le nuove mitologie dei mass media.
Tale festa risponde all'esigenza di una sospensione radicale dalla vita ordinaria che comporta un rifiuto delle
regole, delle convenzioni, dei tradizionali rapporti sociali, di ogni struttura codificata per accedere a una
realtà altra in cui non esistono legami con il proprio mondo e conta solamente un senso di appartenenza a
qualcosa di esterno e interno al contempo, una componente fondamentale mediata ed espressa dal ritmo
musicale. Siamo in una comunità di sospensione delle gerarchie sociali. Eliade individua nell’uomo un
desiderio di oltrepassare la storia e vivere fuori di essa: la festa consente di tornare simbolicamente al tempo
mitico dei primordi. Gli studiosi trovano riferimenti al primitivo e al futuro, dimensioni temporali opposte
ma accomunate dalla distanza nei confronti del presente, rifiutato in cerca di alternative migliori, in un
paradiso primordiale la cui principale caratteristica è la non differenziazione.
Il senso di communitas accompagna e segue il rave party. È una creazione di una comunità di persone che
non necessariamente si conoscono e che rispondono all'appello degli organizzatori, mentre il cuore della
festa, la danza davanti alle casse supera anche questo concetto poiché riporta una componente di indifferenza
nei confronti della società, delle sue forme che vengono capovolte, invertite in una negazione della socialità
e dell'individualità. Si rifiuta l'individualità come si nota dallo stile della danza, dall’anonimato del dj, dal
tipo di musica, dall'indifferenza all'identità del singolo, dalla spersonalizzazione dei luoghi. È una crisi del
soggetto propria del post-moderno che arriva fino al "post-umano" con l'idea di una fusione in un tutto dove
non si distingue più ciò che è umano e ciò che è tecnologico. Il rifiuto dell'individualità tuttavia
paradossalmente conduce a una situazione di assoluta omologazione in cui le storie personali sono ininfluenti
di fronte a qualcosa di più fondamentale che si ricerca attraverso la musica, la danza e le sostanze psicotrope.
L'intento è quello di sciogliere i vincoli sociali ordinari per accedere a un universo più autentico sebbene a
volte artificialmente indotto.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE - DALL'INCORONAZIONE DI ELISABETTA II AL RAVE PARTY
Quando non si circoscrive nettamente l'oggetto del discorso in via preliminare, come in questo caso in merito
alla festa, si finisce per dare delle definizioni che non devono per forza essere coerenti tra loro.
L'antropologo Paolo Apolito ha attirato l’attenzione sulla "concezione olistica" della festa caratterizzata da
due elementi:

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• il valore sociale, la festa è un’esperienza comunitaria di rinforzo o conferma della coesione della
società. È una realtà in cui giocano opposizioni radicali: sacro- profano, individuo-comunità, utile-
spreco, norma-trasgressione.
• La dimensione temporale con la distinzione tra tempo sacro e profano.
Si configura così un'idea di festa difficilmente applicabile a molti fatti contemporanei.
Il tentativo di circoscrivere la festa nelle caratteristiche del valore sociale della dimensione temporale induce
a cercare altre soluzioni. Per introdurre il suo discorso sull’”aria di famiglia”, il filosofo viennese
Wittgenstein fa riferimento al tema del gioco. I giochi non hanno caratteristiche comuni, sono eterogenei, ma
tra essi vi è una rete complicata di somiglianze che si sovrappongono e si incrociano a vicenda. È un'aria di
famiglia appunto: quella che si riscontra nella foto di un gruppo famigliare, qualcosa accomuna tutti al di là
delle differenze. I numeri naturali sono i numeri interi ma al loro interno si inserisce anche lo zero e poi si
citano i numeri negativi, razionali, formano una famiglia. Le somiglianze che sussistono tra i membri di una
famiglia si sovrappongono e si incrociano. Si pensi, dice Wittgenstein, a un tessuto: ciò che gli dà robustezza
non è una fibra ma il sovrapporti di diverse fibre. Impostando la questione nei termini del filosofo, diventa
più facile associare all'interno di un medesimo insieme due elementi diversi come l'incoronazione della
regina Elisabetta e il rave party. Quello di festa è un concetto aperto che si è formato attraverso una continua
associazione di fatti nuovi e termini già esistenti. La festa presenta la definizione generale di interruzione di
qualcosa, è un allontanamento dall'ordinario per accedere a una dimensione altra. Ciò accade anche nel
gioco: nel caso della festa però vi è un sovrappiù di senso. Scaturisce da questo ordine diverso il senso di
appartenenza a un gruppo che viene incrementato, un rapporto con il mondo dei defunti che è riconfermato,
una ripresa di contatto con un’interiorità e una vitalità profonda che devono fare i conti con la routine
quotidiana, una o anche semplicemente una scarica emotiva piacevole per chi festeggia. In tutti i casi si
tratta di qualcosa che viene percepito come fondante o almeno vivificante. La festa comporta un sovrappiù di
senso perché ha natura simbolica, esso è inoltre indeterminato e impreciso. Chi festeggia attribuisce un volto
alle porzioni di contenuto indeterminate: è un volto che cambia a seconda della festa e può variare anche per
i diversi partecipanti perché non tutti hanno condiviso il medesimo vissuto.

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