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Ecclesia orans 37 (2020) 47-72

Questioni liturgiche e antropologiche


nell’epoca di Internet.
I social media e i riti cristiani

Manuel Belli

Recentemente sono comparse alcune letture sullo “stato di salute”


della riforma liturgica che non mancano di segnalare alcune preoccu-
pazioni. F.G. Brambilla sostiene che «la situazione attuale sta sotto gli
occhi di tutti. Veniamo da un periodo di forte crisi del rito, e del rito
cristiano in particolare. A un certo punto è sembrato che mentre la
riforma liturgica procedeva a una maggiore intelligenza del rito e a una
migliore traduzione delle sue forme, parallelamente sia nata una spinta
a eticizzare la celebrazione, a farla diventare luogo di istruzione, di cate-
chesi, oppure di incontro e socializzazione»1. La situazione non sembra
così priva di una certa enigmaticità: da un lato mai come in questo pe-
riodo i riti hanno conquistato la ribalta in teologia, e allo stesso tempo
«alcuni testi liturgici che la tradizione ci ha trasmesso appaiono oggi
come delle grandi tele di rara bellezza che riproducono il nucleo del-
la fede cristiana ma che, agli occhi-orecchi di quanti partecipano alle
nostre liturgie, risultano impenetrabili e a tratti indecifrabili»2. Para-
dossalmente sembra che la maggior consapevolezza teorica e pastorale
dell’importanza dei riti sia direttamente proporzionale alla disaffezione
per la ritualità cristiana. Forse le celebrazioni con i bambini sono le
più emblematiche: i testi sugli accorgimenti liturgici e catechistici per
celebrare con i più piccoli aumentano in quantità e qualità, ma non

Manuel Belli ha conseguito il Dottorato presso il Pontificio Ateneo sant’Anselmo.


Insegna sacramentaria al Seminario di Bergamo. Ha pubblicato diverse monografie
e articoli con un’attenzione agli snodi pastorali e alle premesse filosofiche delle que-
stioni sacramentali.
1
F.G. Brambilla, Liber Pastoralis, Queriniana, Brescia 2017, 99.
2
E. Bianchi – G. Boselli, Il vangelo celebrato, San Paolo, Cinisello Balsamo
2017, 273.
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aumentano i bambini che vengono alle celebrazioni eucaristiche e non


diminuiscono le difficoltà nel celebrare con loro3.
Se superiamo qualche istante di legittima frustrazione, la domanda
che si pone è circa le ragioni del divario tra intenzioni ed effettività:
perché a fronte di una liturgia potenzialmente disposta a una parteci-
pazione attiva dei fedeli assistiamo a una crescente difficoltà celebrati-
va? Vorremmo per un istante interrompere la “via liturgica” di rispo-
sta all’interrogativo evocato: chiaramente possiamo celebrare meglio,
capire meglio la liturgia e progredire sulla via della riforma liturgica.
Ma vorremmo proporre la questione sul versante antropologico: cosa
è cambiato nell’uomo per cui i riti liturgici risultano difficilmente ac-
cessibili? Non mancano riflessioni sul tema: la secolarizzazione ha pro-
fondamente mutato il quadro antropologico di riferimento4, la società
post-moderna rifiuta il principio del precetto e dell’obbligo, le giovani
generazioni stanno imparando a vivere esistenze in cui Dio non emerge
come questione5, sembra che Dio non sparisca dall’orizzonte dei più
giovani che però pongono serie ipoteche su ogni tratto normativo e
ritualizzato della fede6. L’elenco di questioni antropologiche che rendo-
no non facile l’accesso ai riti potrebbe continuare; di fatto piccola am-
bizione di questo scritto è l’aggiunta di un tassello all’elenco: Internet
potrebbe rappresentare una voce in capitolo importante?
Gli ambienti educativi si sono attrezzati: verosimilmente è difficile che
un educatore sostenga che uno smartphone, un tablet o un computer con-
nessi in rete siano semplici mezzi da usare bene. La posta in gioco è molto
più profonda: «La caratteristica peculiare degli adolescenti, nativi digita-
li, di essere instancabilmente connessi ad una “intelligenza” e “memoria

3
Sul tema cfr. M. Belli, I bambini sono mai andati a messa? Prima comunione,
iniziazione cristiana e formazione liturgica, in «La Rivista del clero italiano» 5 (2017)
339-353. L’indicazione statistica consultata è citata in P. Mattei, Bambini senza
battesimo. Un fenomeno in crescita, in «30 giorni» 6 (2006).
4
Cfr. C. Matarazzo, Liturgia e secolarizzazione. La missione della Chiesa nel
mondo attuale, EDB, Bologna 2018.
5
Cfr. A. Matteo, La prima generazione incredula. Il difficile rapporto tra i giova-
ni e la fede, Rubbettino, Soveria Mannelli 2011.
6
Cfr. R. Bichi – P. Bignardi (edd.), Dio a modo mio. Giovani e fede in Italia,
Vita e Pensiero, Milano 2015.
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santi, Whatsapp semplifica le comunicazioni, Google Drive si presta


a essere strumento di condivisione di idee e progetti, Doodle è utilis-
simo per organizzare una riunione, un filmato ben preparato rende
bello un gioco, una presentazione Power Point può rendere più chiara
una conferenza, un gruppo su Facebook può aiutare a mantenere con-
tatti. Non ha senso ignorare ciò che sta accadendo: la nostra realtà è
ormai già aumentata da questi strumenti.
6) Può essere utile talvolta ricordare che i media aumentano la realtà, ma
non la esauriscono. Ha ancora senso vedere l’alba e il tramonto senza
farne un filmato, lavorare la terra, camminare in un bosco, cantare una
canzone, accendere un fuoco, giocare in un prato, percorrere un sentie-
ro, preparare e curare un pasto. Tra i riti cristiani e i riti base della vita si
può istituire un legame virtuoso: i riti cristiani attestano l’insuperabilità
della carne come punto zero di ogni esperienza. Vivere esperienze con
la nuda carne, affrontare l’urto del reale, prendere di petto l’immedia-
tezza senza media può essere frutto del discernimento pratico operato
dai sacramenti e premessa per ben celebrare i riti dei cristiani.

Sommario

I media digitali non sono semplicemente strumenti neutri: essi stan-


no operando una riconfigurazione antropologica. I social media in par-
ticolare modificano i riti-base dell’esistenza umana. Anche la ritualità
liturgica non può rimanere indenne. L’articolo presenta una descrizione
di alcune riconfigurazioni antropologiche operate dai media e la loro
ripercussione liturgica, proponendo alcuni criteri di discernimento.

Abstract

Digital media are not simply neutral instruments: they are operating
an anthropological reconfiguration. Social media in particular modify
the basic rites of human existence. The liturgical ritual is inflicted and
modified. The article presents a description of some anthropological
reconfigurations made by the media and their liturgical repercussions,
proposing some discernment reflections.

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