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VITA ^-/c

DI S. AMBROSIO
ARCIVESCOVO
DI MILANO.
TOMO SECONDO.
VITA
DI S.AMBROSIO
ARCIVESCOVO DI MILANO,
Dottore della Ch es a, e Con fessore
i

DIVISA IN DUE TOMI, ED IN DODICI LIBRI,


Nove de' qualicontengono le azioni di quello Santo, e le prin-
cipali cole avvenute di quel tempo nella Chiela, e nell'
Imperio; gli ultimi tre rapprefentano il di lui
Ipirito, la condotta, e la morale:
SCRITTA IN FRANCESE
DAL Signor GOFFREDOHERMA NT Dottore della
Sorbona, e Canonico di Beauvais;
TRADOTTA IN ITALIANO,
ED ACCRESCIUTA DI ALCUNE NOTE DALP.
GIUSEPPE FRANCESCO FONTANA
CLERICO
MILANESE
Hegclare pkll'v Congrecazione
DELLA Madre di Dio.

TOMO SECONDO,

IN MILANO MDCCL.
Nella Stamperia della Birliot. Ambrosiana
APPRESSO Giuseppe Marelli
CON Lli:£iSZA D£' SUFEKIOKi E PRIVILICIO.
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DELLA VITA
Vadc. a>^e. n.^ii ut TÙJ.-x. ,rr.1 y.j'uni'f'iur.

DI S. AMBROSIO "
MILANO,
ARCIVESCOVO DI
Dottore della Chiesa, ec.

LIBRO SETTIMO,
In CUI SI sriEGANo li principali avvenimenti della Chiesa,
E dell'Imperio, prendendo dall'anno cccxc.
SINO alla MORTE DI VaLENTINIANO IL

CapitoloPrimo.
Concilio di Milano contro gli Itaciant .

Jl N quel tempo , nel quale fi fparfe in Mi-


'^ lano la fama della itrage di TefTalonica
trova vanfi in quella Citta i Vefcovi dell'
Italia, e delle Gallic, ficcome abbiamo
di lopra notato Vi fi erano efll radu-
.

nati, per quanto potiamo giudicare, a


cagione degli Itaciani, e per l'Ordina-
zione da efli fatta di Felice in Velcovo
di Treveri, ed a fine di Icdare le turbolenze da efTa luicitate

nelle Chicle della Francia Imperocché quantunque Felice


.

111 A -'^^"^
,

<5< ViTADiS. Ambrosio


aveffe del merito (a)^ fi era nondimeno refb odiofo entrando
in comunione con gli Itaciani , i quali fi erano tirata addolTo
1^indegnazione di tutti li Fedeli, per effcre ftati con le loro ac-
cufe la cagione della morte di Prilcilliano.
La fconfitta, e la morte di MalTuDo protettore degli Ita-
ciani, avendo fpogliati coftoro di tutta quella autorità, con cui
fierano fino a qi^.e! cempo mantenuti nelle loro violenze, com|:
ricaviamo dalla Cronaca di S. Profpero nell'anno ccclxxxix. ,
furono i loro Vefcovi Itacio , ed Urfacio feparati dalla comu-
nione della Chiefa, a cagione della morte di Prifcilliano , del
quale da tutti veniva difapprovato, che ne fuffero elfi ftati ac-
cufatori, ed avverfarj. Imperocché quantunque Itacio (h) prc-
tendeffe di non elTere Rato fautore della morte di Prifcilliano,
nondimeno Ipedb egli ciò confeflava nelle dilpute; quello forfè in
lui fucccdendo per fimpetuofitk del Ino ipirlio, che minacciava
a quelli, che fi opponevano a' fuoi difegni, di trattarli della
ftelìa maniera, con cui aveva trattato Prifcilliano. Della qual
cola elfendo ftato pubblicamente convinto, dilfe per ilcolparfi
non avere egli ciò fatto, che per ordine, e per configlio altrui.
Ma non ci viene fpecificato cola ci volcffe fignificare con que-
fte ambigue parole.
Oltre la (comunica contro di lui fulminata in qucfto giu-
dizio, fu ancora mandato in efilio, nel quale mori lotto Teo-
dofio I., e Valcntiniano, che fi la cffere flato uccifo nel giorno
XV. Maggio del cccxcii.
Qued' aveva comporto un libro intitolato Apologia,
Itacio
nel quale delcriveva tutti li dogmi, maleficj, e le infamie di
i

Prilcilliano. Viene egli da alcuni dichiarato ancora autore di


un altro Libro contro Varimondo Diacono Arriano. Della qual
cofa per diverfe ragioni convien dubitare. E certamente il no-
me, e la Setta di queRo Varimondo danno luogo di credere,
che il riferito Trattato fuffe comporto in quel tempo , nel qua-
le

(a) Sulfiic. Sever. Dial. ^., & l. i. i

\
{t)J Sulrbit. Sevtr. ì. z. Hifior.
Hiji.
. .

LlBRoVII. CAriTOLoI.
7
le la Spagna era piena di Barbari, ed Arriani, e per conlegucn-
za elle fia di qualche Autore del quinto fecole. In fjtti il P.Chif-
flet ha (limato di dover darlo alla luce lotto il nome di Viailio
Vclcovo di Taplo
Prorpero, e S. Ifidoro (a) hanno fcritto, ciie con Itacio
S.
fu fcomunicato ancora il VtfGovo Urlacio, come reo dello llef-
fo delitto. Ma ciò è totalmente oppolto a quanto ne ha fcritto
S. Suipicio Severo, il quale dice, che Itacio lolo fu tra' Vcicovi
deporto (^). Se pure non fi vuol dire, che qued' Urlacio fia
quello, che da queflo Autore vien detto Nardacio, e che da
ciò abbiano S. Prolpero, e S. Ifidoro prcla occafione di Icrivc-
re, che egli era flato depoflo, perchè rinunziò da le itelTo all'
Epilcopato, quantunque luffe all'ai meno colpevole dltacio.
La condannazione d'Itacio nondimeno non fu badante a
rcfìituire la pace alla Chiefa della Francia, o perchè Felice di
Treveri non volefle acconlentire alla fua dcpofizione , o per
qualche altra occulta ragione che dalla Storia non ci vien
,

detta. In fatti fino all' anno ecce, nel quale S. Sulpizio Se-
vero fcriveva (f), gli Ortodoffi erano fra di loro divifi da una
guerra, e da una dilcordia continua, che produceva pernicio-
filìimi effetti , e per edinguere la quale non fi poteva trovare
alcun mezzo. Onde tal cola diede occafione di tenere in Mi-
lano un Concilio verfo il tempo della ftrage di Teflalonica ; nei
quale

( (t) In Chron. cnif che fembra affai più divcrfo da


,
]

{b) QuelV opinione può foflcnerfi ,


Nam Oltre di che non fo le fi
Idacius .

perchè in alcune edizioni di Sulpizio farebbe detto, che Idacio era meno col-
Severo fi legge Urfacio in vece di Nar- j
pevole d'Itacio. Sembra adunque al-
dacio .Ed elfendo the non flafi vedu quanto probabile, che quelt' Urlacio,
to, che fi abbia fino a qui parlato né |
o Nardacio, fulfe qualclie Vefcovo del
di Urlacio, né di Nardacio, e per con- I partito d'Itacio, quale però fi era fe-
il

trario non (i vegga ciò the (eguille d'Ida- gnalato meno di lui E quanto ad Idacio,
.

cio, quale aveva continuamente agi-


il i ei doveva efTcre morto avanti thePnftil-

to in compagnia d'Itacio, non manca- liano f alfe privato della vita , poiché da
no alcuni , quali in luogo di Narda-
1 noi fi é di già notato,che nell'una menzio-
cius vogliono che fi legga Nam Idacius ne fi fa di lui nel Concilio di Bordeaux .

Ciò per verità fembrcrebbe più proba- {e) S. SulpK. Sevtr. Hijior. l. 2.

bile , qualora altri non Icggciiero Urja-

A IV
,

g ViTADiS. Ambrosio
quale altresì, ftante rabbominio, in cui fi avevano gliltaciani,
tutti fi cercarono i mezzi per totalmente
deprimerli.
Effendo che i Vefcovi della Francia aveffero condannati

sii Itaciani fino dal precedente


anno, vollero in quello far con-
fermare il lor giudizio da quelli dell' Italia: ciò che può cre-
derfi, che facilmente fufle loro da' Veicovi dell' Italia accorda-
to. Imperocché abbiamo veduto, che S. Ambrofio (a) {\ era
di oia aftenuto in Treveri dalla comunione degli Itaciani
nel

tempo della fua deputazione a MafTmio E noi lappiamo al- .

tresì, che Papa Siricio, ed il noftro Santo dichiararono con lo-


ro lettere, quali furono lette, ed approvate nel Concilio di
le

Torino (/'), che quelli, i quali fi leparercbbero dalla comu-


nione di Felice, fuffero ricevuti in quella della Chiela Catto-
lica. Quefta Lettera non fi è fino a noflri tempi confervata;,
ma ne abbiamo però un altra del noftro Santo diretta ad un
Signore nomato Studio (e), nella quale dimoftra l'avverfione,
che ha per un procedere si contrario allo Ipirito di dolcezza,
che deve regnare nella Chiefa, e lo detefta qual fanguinofo trion-
fo da alcuni Veicovi riportato con l'oppreffionc de' fventurati.
Trovafi altres\, che Ambrofio Icrifle a' Veicovi della Spa-
gna, a fine di pregarli a concedere la pace a Simfofio Vefcovo
ÌPrircillianifta, e che fi fece fuo mediatore con patto, che do-
vefie condannare quant' egli aveva operato di male , e che
adempire fedelmente le altre condizioni, le quali da fé me-
defimo fi era fpontaneamente impofte. Ed avendo qucfto Sim-
fofio ordinato Prete Dittinio fuo figliuolo, il quale aveva fatte
molte opre contro la Fede , S. Ambrofio non lalciò di decretare
eh' ei fc ne fteffe femplice Prete , ma che non falifle a più alto
grado. Sembra ancora, che il noftro Santo abbia fatte molte
Opere confiderabili contro i Prilcillianifti , poiché Paterno Vef-
covo di Braga, che era flato Jeguace di quclVErefia, attribui-
fce la fua converfione alla loro lettura.
Ca-

(a) Amùrof. Ef.<i6. 1


^'^ Ambrof. Ep. 52.
( i ) Concil. Tauri)!. Can. 6. I
. .

Libro VII. CapitoloII. p

Capitolo II.

Condnntnizjone di Gio'vtmano fatta nel Cottcilto di Milano


Vifa^ e libri di quefì' Eretico.

VErso quefto tempo fu l'Erefiarca Gioviniano condannato


in Milano o inConcilio, o in qualch' altra
quefto fteflb

occafione {a)^ trovandofi notato, effere la di lui condannazio-


ne leguita nel mentre che vi foggiornava l'Imperadore, e lotto
il Pontiiìcato di Siricio. Ne
parleremo adunque in quefto luo-
go, poiché S. Ambrofio
ebbe gran parte nella totale Icon-
(/»)
fitta data dalia Chiefa a quefta Erefia, che fu di affai corta
durata
Era Gioviniano Latino, e S. Girolamo (e), che vigoro-
lamente lo ha confutato, lo rimprovera, che dopo quafi 400.
anni, che la Chiela era Hata (labilità, nel qual tempo tutte
l'Erefie erano ftate prodotte da' Greci, Caldei, e Soriani, egli
lì fufte addoffato il vergognofo incarico di rinnovare le infamie

di Bafilide , acciocché la lingua Latina avefl'e altresì le lue


Erefie.
Quefto Maeftro della più voluttuofa diffolutezza era Mo-
naco di profeffione, com'egli fteffo vantavalì, ed aveva ne' pri-
mi anni della iua vita praticate aufterita di gran lunga mag-
giori di quelle, che erano in ufo preffo i pii^i mortificati, e
virtuod Solitarj. Erafi in qne' primi anni veduto andare (calzo
ne' piedi, domare la iua carne con il digiuno, cibarfi fcarla-
mente del pane più groftblano , beverc acqua pura , coprirli
con vefte nera, ma ai lommo abbietta, e ludicia, pallido nei
vol-

(a) Baronio crede, che quefto Con- 1 vi era l'Imperadore , e fotto i!Ponti-
cilio fia quello, in cui fu condannato ficaio di Siritio , è Io ftelfo metterlo
Gioviniano né cofa alcuna vi è, la
, |
in queiV anno, che in un altro,
quale o favori Tea , o combatta quefta (6) Ambrof. Ep. 7.
opinione. Ma poiché Gioviniano fu (f) Hieron. l. 2. cantra Jovsnian.
condannato in Milano nel tempo, che
[
,

IO ViTADiS. Ambrosio
volto, di ruvidezza pieno, e callofo nelle mani, per dar chiari
contrafegni del faticoio travaglio, in cui efercitavafi.
Eflcndo ulcito dal luo Monaftero per ifbbilire nel Mondo
una dottrina del tutto favorevole a' lenfi , e che vifibilmcnte

tendeva all'annientamento della Croce di Cesidi Cristo, ed


alla diftruzione del fuo Evangelio , prefe a pubblicarla in Roma,
vale a dire , in una Citta tutta inzuppata del iangue de' Mar-
tiri , quale dai Principi degli Aportoli era fiata riichiarata
e la
co' lumi della Religione Criftiana , a lolo fine di (tabilirvi Ja
lantitìi de' coftumi , l'amore della penitenza , fimilmente che la
purità della Fede. Per la qual cola S.Girolamo domanda , ie
non vi era altra Provincia nel Mondo , che fuHe capace di ri-
cevere r empietà da quello Erefiarca predicata , e nella quale
quello ferpente potefle introdurfi, toltone che in quella, ove
la dottrina di S. Pietro era (labilità fopra Gesù Cristo, pie-
tra ferma, e (labile della verità. Ma fu ofTervato, elTerfi (em-
pre dagli Eretici procurato di (labilire la loro empietà in Ro-
ma, come nel centro della Religione. E Gioviniano si fatta-
inente operando , non tentò fé non fé ciò , che i Manichei , ed
i Donatidi avevano prima di lui praticato.

Qiaantunque non fé ne fappia precifamente il tempo, egli


e certo nondimeno, che tale fcandalo fegui nel mentre che Sant*
Agodino era tuttavia giovane, e fotto il Pontificato di Siricio
come modrerà la continuazione della (loria, e prima del cccxcii.,
poiché quell'Eretico era flato di già condannato , quando San
Girolamo fcriveva contro di lui in queft'anno.
Ebbe Gioviniano la temerità (a) dì pubblicare le fue bc-
fìemmie con un opera da lui comporta , per iipargcre quefto
pertifero veleno ne' cuori di coloro , i quali bramava di avere
per feguaci. E quantunque non fufse dotato né di capacità,
né di eloquenza, nondimeno trovò molti dilcepoli, poiché alla
voluttà , della quale voleva fantificare gli ecceffi , giammai
noti mancano partitanti.
S.Gi-

( «) Sirie, apui Ambrof. £/». 6.


,

«
LIBROVII. CaPITOLoII. II
S. Girolamo (^) , che ne cita il fecondo libro , ne parla
con lomiiio dilprezzo, dicendo, che coltui era un uomo lenza
lingua, e lenza parole, e che i luoi difcorfi erano cosi infipidi,
che era più degno di compalTione , che d'invidia. Indi per
ilcreditarne lo Itile, dice: I luoi Icritti fono si barbari, e pie-

ni di tanta confufione , e tanto impuri nelle loro efpreflioni


che non ho potuto comprendere, né ciò, ch'ei voglia dire, ne
di quali prove abbia dileguo di valerfi, per iftabilirc le fue pre-
tenfioni elsendo coftui tutto gonfio non lafcia di ftrifciarfi da
:

per tutto, ed in ciafchcduno iilante guizzando sfugge, e come


un ferpente , che perduta tutta la fua forza , da fé medefimo
fi feriice , fi Ichiaccia col divincolarfi e dibatterfi , per inal-
zarli più che a lui è poliìbile
di quello ,Imbroglia talmen- .

te tutte le cofe, e le confonde in guifa, che è difficile il poter-


le dilcernere QLianto trovafi dofcuro nclii antichi autori ,
.

non può dirfi , fé non fé chiaro al confronto delle tenebre, fpar-


le da quello facitore d'enigmi. Tutte le volte, che io mi
applico a leggere la fua opera, non vi trovo né paufa , né di-
ftinzione, le non fé quando a coftui era mancata la lena. Tutte
le cole cominciano le une dalle altre , e vi dipendono infepa-
rabilmentc ;
ed é impoflibile il conofcerne la connellìone. A
rilerva poi de' paffi della Scrittura , i quali quell'eloquente
Scrittore lalcia nel loro elTerc , né ardifce di cambiare ,
per
mettere in loro vece le belle , eleganti e fiorite frafi della tua
Rettorica , tutto il reftante del fuo difcorfo ha grande relazio-
ne con tutte le materie , delle quali parla , perché nelTuna ei
ne tratta in particolare. E per verità un palfo dlGioviniano,
rapportato da S. Girolamo ne' fuoi proprj termini, corriiponde
all'idea, ch'ei ce ne fa concepire, e lalcia che noi giudichiamo
da quello frammento lopra la qualità di tutta f opera degna
veramente della confufione, e dello {regolamento dello Ipirito
del fuo autore Avendo quindi quello Santo Dottore della
.

Chiefa prefo a confutare tutto il libro di quello Erefiarca , ne


fa

(a) Hitrtn. l. i, gdv. JovìhÌm».


12 Vi T ADI S, Ambrosio
fa un compendio, e ne cita diverfi paffi ; ma fi contenta di
prenderne loitanto il fignificato, trovandoli corretto a cambia-
re termini, e le cfpreinoni , ftantecchè fé non aveffe ciò fat-
i

to , non gli farebbe nufcito di renderfi intelligibile .

Baftava intanto al Demonio, che quefto fventurato aveffe


l'audacia per corrompere quei fpiriti , i quali per
di fcrivere
la loro naturale inclinazione erano di già grandemente portati
allo Iregolato licenziofo vivere. Né con tutto l'incolto, e bar-
baro fuo ftile lafciava coftui d'eflfere un degno organo di quefto
Principe delle tenebre , che non gli aveva iipirata la fua Ere-
fia, tutta di carne, e di fangue, fé non perchè , fecondo l'ef-
preffione di Papa Siricio (^), egli è noftro antico avverfario,
mentitore fino dal principio, nemico della verità, e d'invidia
pieno verfo dell'uomo , per potere ingannare il quale fi è con-
tentato di prima ingannare le (teflb. Aggiugne quefto Papa,
avere coftui fatta continua guerra alla Caftita , date lezioni
d'incontinenza, e di diifolutezza, efferfi palciuto di crudeltà,
avere confiderata l'aftinenza come un fupplicio , avere odiato
il digiuno, e fatto predicare da' fuoi miniftri , effere inutile il
praticarlo; e che non avendo alcuna fperanza de' beni dell'altra
vita , ei li condanna con quelle parole della Sapienza citate dall'
A portolo nella lua prima epiftola a' Corinti Beviamo., mangiamoy
:

poiché dom-tni moriremo (h). Era Gioviniano degno difcepolo


di SatanaiTo ed effendocchè avelfe cominciato con lo fpirito ,
;

per finire con la carne , fece vedere con la pubblicazione delle


lue dcteftabili Maftime i progreifi da lui fatti in poco tempo in
quefta icuola d'empietà.

Ca-

( fl ) yfpud Ambrof. Ep. 16. \


{0)1. C«r. 1 5.
.

LiBRoVII. CapitoloIII. 13

Capitolo III.

Sr egola fCT^a della Dottr't?ia^ e de cojìumi di Gtovifti.ino

PErqueir
quanto pieni
Eretico,
fiano di ofcurita
vi fi fcorge nondimeno
i fcritti, ed i

l'afTcttazione
dilcorli di
, con
cui inalza il Matrimonio, per abbaffare la Verginità.

S. Girolamo {a) riduce tutta la fua dottrina a quattro


punti. Primo: Che le Vergini, le Vedove, e le Donne ma-
ritate, che hanno ricevuto il Battefimo, fono in eguale grado
di meriti, fé le altre loro opere non pongono qualche diffe-
renza tra di effe. Secondo: Che quelli, quali fono (lati ri- i

generati dal Battefimo con una piena Fede, non poffono piìi
edere vinti dal Demonio. Terzo: Che non vi è alcuna diffe-
renza tra l'aftenerfi dalle vivande, ed il cibarfene, qualora it
ne rendono grazie. Quarto: Che tutti quelli, quali avranno i

confervato il lor Battefimo, conleguiranno nel Cielo una fiefla


grazia.
Egli è facile (^) il riferire a quefti quattro capi gli altri
errori, che a lui fi attribuifcono, cioè, che quelli, i quali era-

no battezzati, potevano vivere fenza peccato. La quale per-


verfa aflerzione ha indotto S. Girolamo a trattarlo come padre
de' Pelagiani. Che i digiuni erano fuperflui. Che tutti i pec-
cati erano eguali. Sopra di che S. Agoftino (e) dice, che ef-
fendo coflui Stoico quanto a quefto dogma, egli era Epicureo
nella difefa, che intraprendeva della voluttà, e nella ricerca che
ne faceva.
Ma i Santi Ambrofio, ed Agoftino (d) afficurano, ch'egli
attaccava ancora la purità della Santiffima Vergine, infegnan-
do , che ancorché aveffe confervata la fua verginità nel
concepire Gesù Cristo, ella l'aveva nondimeno perduta nel

(.a)Hieron. 1.2, cantra Jovlnian. 1 (e) ^ugujì. h.tref.^z. I(l.Ep.Z<p.


{b) III. l.^.contra Pelag. ci. Ambr.Ep.6. '
{d) Injnl. liù. i. e. z.

/
14 Vita DI S. Ambrosio ,

partorirlo; e che coftui pretendeva con quello falfo raziocinio,


benché fottiliirmio , che non ammeitendofi ciò converrebbe ,

dire con Manichei , che il Corpo di Gesù Cristo non fufle


i

flato vero, ma fantaftico.


La frcgolatezza de' coftumi di quefto Epicuro de' Manichei
corrilpondeva alla corruzione della Tua dottrina. Imperocché
difegnando di pii^i deliramente infinuarfi nelli Ipiriti, per mez-
zo della profeflione fanta , da lui giammai non abbandonata,
e per ifpargere il veleno de' fuoi errori con maggior efficacia,
e ficurczza, non folamente non aveva lafciata la qualità di Mo-
naco, ma anzi fé la recava ad onore, e fé ne vantava a piena
bocca. Non ne praticava però le fue aufterita, ed affettava
anzi di comparire ben in carne, e ben compleflb, di avere il
colore vivo, e vermiglio, di federe alle tavole, ove fi beve-
vano vini più deliziofi, e s'imbandivano vivande, e fapori
i

degni del luffo d'Apicio, e di Baxamo, di frequentare i bagni,


i ridotti de' giuochi di zara, e le bettole. Procurava in lom-
ma di eflTere filmato un bel Monaco, affai pulito, di beli' af-

petto , ben proporzionato , e cercava di comparire leggiadro


quanto uno fpofo.
radere la barba per diflinguerfi dalli altri Mona-
Si fece
ci, che affai lunga la portavano in quel tempo. Prefe ad ufare
panni lini, velli di feta, e de' più belli panni di lana. Ver-
miglie aveva le labbra, dilicara, e nitida la pelle, i capelli
arricciati, e rilevati con dell' artificio nella fommita della fron-
te, ventre groffo, e che porgeva in fuora, le fpalle alte, la
il

gola gonfia, e così graffa, che le parole fìncopate da lui profe-


rite non ufcivano dalla fua gola, che con gran pena.
Cosi ce lo dipinge S. Girolamo. ES. Ambrofio (a) dice
ancora, che egli trovavafi ogni giorno ne' conviti, e ne' ridotti
di dilTolutezza , come fé per una forte di pentimento affai flra-
ordinario, egli provaffe del rincrelcimento per le aufterita da
lui altre volte praticate, ed avelie voluto indennizzare il fuo
corpo

( «) j4rnb)of. Epijl. j.
.

Libro VII. Capitolo ITI. 15


corpo de' digiuni, con i quali avevalo tormentato. Non volle
con tutto ciò maritarfi, non giìi perchè credeffe, che la conti-
nenza a lui ierviffe dinanzi a Dio di alcun merito per la vita
futura, ma per il iolo amore della iua quiete, e per non im-
pegnarfi nelle faftidiole cure della prefentc vita, che dal Ma-
trimonio vengono inevitabilmente cagionate.
Maravigliar quindi non dobbiamo , che una dottrina
ci

COSI carnale, qual era la fua, e che lufingava le più corrotte


inclinazioni de" figliuoli d'Adamo , trovafle molti feguaci in
Roma , come le ne gloriava , e come
Girolamo fi protefta S.
di non volergli contraltare Coloro , che aniavano le delizie,
.

troppo volentieri leguivano un uomo , che pubblicamente ic


autorizzava; e quella dichiarazione, che elTi in tuo favore fa-
cevano , il più delle volte portavali a manifeftare con maggio-
re liberta i delitti, che in legreto commettevano ,
prima che
fi confeflalTero di eifere nel numero de' tuoi feguaci
Fra tanti difordini, il più deplorabile era quello, di ve-
dere, che molte perlone dell' uno non meno, che dell' altro
feflb, le quali avevano abbracciata la continenza, e per molti
anni erano in clTa viffuti lenza ben minimo motivo di dubita-
re della loro pudicizia, fi lafciavano forprendere da' lofilmi di
queft' uomo Iceleratiffimo, il quale dimandando loro, le pre-
tendevano di effer più Santi di Abramo, di Sara, e di tanti
altri illuftri Perlonaggi dell' antico Teftamento, i quali fi era-
no maritati , otteneva , che deteftata da elfi la vita celibe ,

s'impegnaffero nel Matrimonio.


; Per quante attrattive però potefse aver queft' Ercfia per
allettare le pcrfone leniuali ; nondimeno Iddio non permile ,
che ella feduceffe alcuno de' Prelati ; ed ella fu ben predo io-
pita > ed elHnta dalla fedele , e generofa refi Renza, che le ven-
ne fatta dalla Romana Chiefa Imperocché nalcondcndo que-
.

lli Eretici entro fé fteiTi il veleno della loro malizia, per far
comparire al di fuori un efteriore di fantita , ed introducendo
inlenfibilmente la loro dottrina nella Chiefa, per corromperne
i principali membri , e dar morte a tutto il di lei corpo , te-
mer
i6 ViTADiS. Ambrosio
mer con poteva, che trafcinaflero infieme con effi
ragione fi

al precipizio molte perfonc femplici. Per la qual cofa Iddio,


affine di rompere i lacci da coftoro tefi , fece forgere contro
di loro de' Fedeli Criiìiani, illuftri per la lor nalcita, e vene-
rabili per la loro pietà; fra i quali uno fu S. Pammachio, che
poffedeva tutte quefte qualità in grado eminente, ed al quale,
dopo Dio, fi deve la condannazione di Gioviniano. Fu egli
probabilmente aJHtato , fecondo S. Girolamo (/z), da un certo
Vittorino, il quale non aveva potuto foffrire di fentirc fparfa
per Roma quella orribile propofizione, che una Vergine, ed
una Donna maritata fuflero la fteffa cofa. Quefte perfone adun-
que unitamente, e tutto ad un tratto accularono Gioviniano,
e la fua Setta a Papa Siricio con una fupplica, nella quale gli
efponevano cofe, che facevano orrore, cavate, per quanto fem-
bra, dal libro di queft' Erefiarca {b); dimandando che elleno
fuflero efaminate dalla Epifcopale autorità, e condannate dal-
la fentenza dello Spirito Santo.
Avendo adunque Siricio adunato il fuo Clero, fu concor-
demente da tutti pronunziato: efiere la dottrina, di cui fi trat-
tava , contraria a quella delia Chiefa Ed efiendocchè Giovi-
.

niano , Aufenzio , Geniale, Germinatore , Felice, Frontino,


Marcione, Gennaro, ed Ingegnofo fuisero convinti di efsere
gli autori, ed i promulgatori di quella nuova Erefia , quanti
fi trovarono prelenti a quefta deliberazione, tanto Preti, che

Diaconi, ed altri Ecclefiaftici, giudicarono, che fecondo la re-


gola di S. Paolo, Gioviniano, ed i fuoi partitanti dovefTero ef-
iere sbanditi fuori della Chiefa per fempre dalla fentenza di
Dio, e dal giudizio del Papa.
Gioviniano, e tutti gli altri da noi adefso nominati, ve-
dendofi condannati in Roma , fé ne andarono di fubito a Mi-
lano, certamente per forprendere l'Imperadore, che vi fi tro-
vava. Ma la vigilanza di Siricio impedì il male, che dalla
lor venuta in quefta Città poteva eftere cagionato . Imperoc-
ché

( « ) Hieren. Epijl. 56. I ( ^ ) Ambrof. Epifì. 1 6.


LiBRoVII. CapitoloIII. 17
che mandò contezza e della lor Erefia, e della loro condan-
nazione alla Chiela di Milano, avendo forfè Icritta ancora una
lettera particolare a S. Ambrofio , acciocché non potelsero in-
gannare alcuno, né farfi ammettere alla comunione , come Rc-
ligiofi, ficcome fi ipacciavano per tali.
e Criltiani , Vi man-
dò inoltre tre Preti, Crelcenzio, cioè, Leopardo, ed Aleffan-
dro per loftcnere con lo zelo della Fede , della quale erano
pieni, la lentenza dai Capo della Chiefa pronunziata in Roma.
La lua paltorale cura ebbe que' luccefli , che poteva defi-
derare. I luoi Legati furono teftimonj deli' abbominio, che

f Imperadore , e tutti gli altri concepirono contro de' Giovi-


nianilH , quali appena in Milano veduti, furono confiderati
i

per Manichei, e furono altresì condannati dalla comune efc-


crazione; onde rielcì affai facile a' Legati l'ottenere, che fuf-
lero tutti coltoro fcacciati dalla Citta.
Si è detto, elle a cagione di qucfli Eretici, Teodofio fa-
cefse la Legge in data di Verona, e del iii. Settembre di qucft'
anno (/j), con la quale ordina, che tutti quelli, i quali pro-
fcffavano vita Monadica, dovelfero ritirarfi nelle iolitudini , e
ne' delerti. Ma Legge, la quale affai poco durò fenz'
quefta
effere rivocata da verun altra Legge affatto contraria, non fu
fatta tanto per Gioviniano, ed i luoi leguaci, quanto per gli
airi Monaci , de' quali molti in que' tempi turbavano la quie-

te delle Citta col troppo frequentemente portarvifi .

Ambrofio, e gli altri Velcovi (/>),


S. quali fi trovava- i

no allora in Milano, ricevettero le lettere del Papa con la


venerazione ad else dovuta, e nella rifpoita, che a lui man-
darono , dopo di avere lodata la lua vigilanza , confutarono in
poche parole l'empietà di Gioviniano , fermandofi principal-
mente lopra quanto ei diceva contro la verginità della Santiffi-
ma Madre di Dio; d'onde Icmbrava ne deduceisero, che que-
lli Eretici non credevano, che Gesìi Cristo fi fufse veramen-

te incarnato, e che cadeisero quindi nell' Erefia de' Manichei.


Ma

( a ) Cod. Theodof. lib. \ 6. tit. III. /. i . I


i^b) Ambrof. Epifl. 7.

Tom. 11.
.

iS ViTADiS. Ambrosio
Ma vede in S. AgolHno (rf), che quefta era una conclufionc
fi

dedotta da Gioviniano Iteflb mal a propofito contro i Cattoli-


ci, pretendendo, che le la Santiffuna Vergine avefTe conlerva-
ta la Tua Verginità, il Corpo di Gesìi Cristo non farebbe, che
un fantalma, nel qual errore confirteva l'Erefia de' Manichei.
Querta lettera de' Velcovi adunati in Milano è iottofcrit-
ta primieramente da S. Ambrofio, indi da Evencio di Ceno,
da MalTimo d'Emona, da Felice di Zara , da S. Bafliano di
Lodi, da Teodoro di Martigny, da Colìanzo di Grange, e da
S. Sabino di Piacenza, i quali tutti aflìftettero, ficcome abbia-
mo veduto , nel ccclxxxi. al Concilio di Aquileja Oltre .

a quelli, che non vi fono nominati, vi fi trovarono Euftafio,


Coltanzo , che può eflere quello fteffo , al quale S. Ambro-
fio icrifle lopra la iua ordinazione , e Geminiano , il quale
iottolcrilTc per mano di Apero fuo Prete quantunque ei
,
vi
fi trovaflTe in perlbna , e credefi , che fia S. Geminiano di
Modona.
Dopo quefta sì vcrgognofa condannazione di Gioviniano,
la floriapiù non parla di lui per molti anni , non fapendofi
ciò , che ne leguifie , fino a tanto , che non fu pubblicata
una celebre Legge da Onorio, dalla quale chiaramente fi didu-
ce , che Gioviniano teneva delle alsemblee nelle vicinanze di
Roma. Della qual cofa efTendofi doluti i Velcovi con quell'
Lnperadore, ordmò che l'Eretico, ed i luoi feguaci fufsero bat-
tuti con flagelli armati di piombo, indi relegati in diverfc Tib-
ie, tra le quali determina precilamente a Gioviniano, come
capo, quella di Boas nella Dalmazia. Qiiefta Legge è in data
di Milano, e del vi. Marzo (b)^ lotto il Conlolato di Ono-
rio, e di Teodofio , che è il carattere dell' anno ccccxii. , onde
fi comprende la lunga oftinazione di Gioviniano, ed è diretta

a Felice Prefetto del Pretorio. Ma è diftìcile l'accomodare


quella Legge con ciò, che S. Girolamo fcrive contro Vigilanzio
nel

{a) jiiiguflin. lib, 2. cantra Julia»- 1 (^) Ced.Theodof. l. \6. tit. v. /. 5^.
tap. z. ^
eie Hxreticis
.

Libro VII. Capitolo III. ip


nel ccccvi. (a)^ cioè, che quelV Eretico aveva refo l'ultimo
fpirito nel mezzo di un convito, e che era rinato in Vigilan-
zio, come Euf'orbio in Pitagora; dinotandofi per tal maniera
la conformità de' loro errori.
Da tempo in poi non vi fu più chi oiafse di forte-
quello
nere apertamente dogmi di Gioviniano; ma non fi lafciò però
i

di tuttavia infegnarli iecretamente. Per la qual cola, ed af-


fine di annientarli, S. AgolHno (b) compoie i fuoi due libri

de' vantaggi del Matrimonio, e della ianta Verginità.

Ca-
(ìt) Eccovi la Legge tutta intiera: gilanzio iieir anno CCCCvi.: Quomodo
Jovhiianum facriUf^es agere conventus ex- Euphorbus in Pythagora rcnatus effe per-
tra mures Urbis [aerati jjima Epifcoperitm hi&etur, fic in ijh ]oviniani menr pra-
querela deplorai Quare fupra memerata
. va furrexii , ut in ijìo , & in hoc Dia-
torripi prxcipirnus , &
centufum plumbo , boli refpondere eogamur tnfidiis Cut ju- .

cum ceteris fuis participibus , & mini/iris r; dicitur : ftmen peffimum , para filios
exilio cohtberi : ipfurn autem mtichinato- tiios occifioni peccati pairis lui . llle Ro-
rem in infulam Boam fejiina celeritate manie Eccleftx autoritate damnaitis inler
deHiui : ceteris prout liberei , dummodo pbafides aves , &
carnes fuillas , non tam

fuperjìitiofa cen/urat/o exilii ipftus dif- emiftl fpiritum ,


quhn eruclavit : ijìe

cretione felvatur ,
folitariis , & Ungo [pa- caypo Calaguritanus , Cf in perverfum
tio inler fé pofitis infulis in perpetuum propter nomen viculi tnutus Quiniilianus,
deporiatis . Si rjuis autem pertinaci im- mifcet aquam vino , & de artificio pri-

probitate, velila, & dar>ìnata repetive- Jìino fua venena perfidile Catholiix l'i-

rtt,
fciat fé aMjieriorem fcntentiam jub- dei fociare conatuf Sue. Noi leggiamo in

itnrum Dal. pridie Non. Maji Medio-


. Ammiano Marcellino L. 22. e 28. , che
lan. Honor. IX. CT Theodof. V. A. A.
, riiola di Boas, della quale vien parla-
Cofi. Queft' è il carattere dell' anno to in quella Legge contro di Giovi-
ccccxii., egli è però difficile l'accor- niano, era nella Dalmazia, ed era fo-
dare quella data con le feguenti paro- vente deiHnata agli cfuli
le, fcnttc da S. Girolamo contro Vi- ( 6 ) Augujl. lib.i. Rctratìat. cap.zz.

B I I
.

IO ViTADiS. Ambrosio

Capitolo IV.

Sarnì(t7^07ie , e Barba^inno Montici di Milano efercitano


la pa-zien^:^ di S. Ambrofto

NOn più la Corte Imperiale travagliava il

lalciavalo anzi vivere in tranquilliffima pace , mentre i


noftro Santo, e

due Impcradori profetavano iomma venerazione a lui , ed al


luo merito , ed onninamente dipendevano da' laggi fuoi e falu-
tari configlj. Ma la di lui pazienza veniva nondimeno di tan-
to in tanto elercitata da domeftiche perlccuzioni, che lono l'or-
dinaria porzione de' Santi Velcovi, e principalmente di quelli,
a' quali è addofsato il regimento di una valla Diocefi, in cui

mai Tempre de' buoni, e de' cattivi in tutti li flati fi ritrovano.


Alimentava il noftro Santo un afsai copiofo numero di
virtuoUlTimi Solitarj, i quali dimorando in un Monaftero fitua-
to fuora delle mura di Milano , fpandevano da per tutto il
foave odore della loro pietà. QiiL-fta caia {a) Religiofa è pro-
babilmente quella , che S. Agoltino dice di aver veduta in Mi-
lano piena di un afsai vafto numero di Santi , che menavano
una vita ftraordinariamente perfetta, e che avevano per fupc-
riore un Prete dottifllmo, e virtuofiflìmo. K
vero, che quefto
Santo dice , che quelli Solitarj dimoravano in Citta ; ma ciò
efpone per diftinguerli dagli altri Solitarj, che fi erano ritirati
ne' deferti , e quefto nome
di Citta di Milano devefi eftendere
a tutte le fue vicinanze Benché Gioviniano non fulse del nu-
.

mero di coloro, che fi erano rinchiufi in quefto Monaftero, co-


me alcuni hanno afserito , ha nondimeno del probabile , che
quando ei venne a Milano infettafse una parte de' Monaci, che
vi dimoravano.
Almanco è certo, che due ve n'erano (/»), nomati Sar-
ma-

(«) jiugufl, demoì-ibm Ecclef.Catho-\ {b) Ambrof. Epifl. z<,.

Itctecap. ^^.
Libro VII. Capitolo IV. 21
mazione uno, e Barbaziano l'altro, quali grandemente afflig-
i

gevano S. Ambrofio a cagione delle molte accufe , che gli


venivano portate del loro rilalsamento. La di lui carità lo in-
dufle a far ad edi le neccfìfarie lalutari correzioni, ma lempre
indarno, non ne ritraendo cofloro alcun profitto. Imperocché
dopo di elTeriì alquanto, e per qualche tempo foggettati al re-
golato vivere, e di avere digiunato come gli altri, cominciò
loro a parere inlopportabile il giogo della Monadica dilciplina.
La loggczione, nella quale fi trovavano, di dimorare nel Mo-
naltero, lenza poterne uicire quando avrebbero voluto, total-
mente fi opponeva alla forte inclinazione , che avevano per la
vita licenziola Avrebbero in fatti inutilmente cercate occa-
.

fioni di rilaifatezza tra le continue mortificazioni , ed alprezze


de' loro Confratelli. Ed elTendocchè i loro trattenimenti ver-
gognofi tanto , e Iregolati fulTero aflolutamente vietati in que-
Ito luogo di orazione , e di filenzio , la loro delicatezza non
potè pm foflVire un rigore, al quale era gik qualche tempo,
che iforzatamente fi iottomettevano.
Abbandonarono quindi cofloro quella fanta compagnia ,
della quale fi poteva dire, che non erano mai ftati , lecondo
l'efprenione di S. Giovanni (/?); e nella quale avendo voluto
dopo qualche tempo rientrare, S. Ambrofio non gliele pernii-
fe, non ifcorgendo certamente nella loro condotta alcun con-
trafegno di fincera converfione. Q_uefta fermezza del Santo
rifvegliò in eflTi un affai rabbiofo fdegno; laonde per vendicarfi
di lui con detrimento della loro propria cofcienza, fi polero a
dogmatizzare, ed avendo volontariamente perduto il frutto del-
le buone opere da efli altre volte praticate, concepirono invi-
dia verfo di quelli, che le efercitavano. Per un motivo cosi
diabolico adunque fi pofero a predicare pubblicamente la vo-

luttà, configliarono a tutti la vita molle, e deliziola, loftenen-


do, che l'aUinenza, la frugalità, e la verginità non erano d'al-
cun merito dinanzi a Dio. Dicevano, che tutti gli uomini
iono

(/r ) 7. Joann. Il.v. 19.


Tcm. II. Bui
,

i2 V I T A D I S. AMBR O S I O
fono uguali gli uni agli altri per qualfivoglia azione, eh' egli-
no abbiano fatta . Eflere una follia il mortificare la fua carne
col digiuno per fottometterla allo fpirito. Non vi effere al-

cun pericolo neir abbondanza delle voluttà, ne' conviti, e nel-


le crapole . AfTerivano, che quelli, i quali erano battezzati,
nelTun bilogno avevano di applicarfi alla virtù, e che le fan-
ciulle, e le vedove dovevano maritarfi, benché avefifero fatto
voto di contenerfi , Per le quali cole chiaramente fi vede
che ambedue quelli Monaci Aportati loltenevano gli ftefli er-
rori di Gioviniano; ma circa i loro coitumi noi non ofiarno di
afferire cola alcuna .
Fu S. Ambrofio penetrato dal piìi vivo dolore, vedendo
che quelli Difcepoli della Croce di Gesù Cristo avevano ri-
nunziato a' lentimenti di penitenza in guila, che fi attribui-
vano a merito lo Ipargere nel mondo li dogmi della dottrina
di Epicuro, per far deviare i Crirtiani dallo ftretto fentiero,
che conduce alla vita, e ftralcinarli con loro in quelli eterni
precipizi, ne' quali va a terminare la via larga, e fiorita de'
piaceri del Mondo. Di coftoro certamente intende il noftro San-
to di favellare, quando deplora la difgrazia di chi abbandona una
profeffione ianta, nella quale era lungamente vifluto (a). „ Si
„ può con verità dire ( favella egli pubblicamente al luo Popo-
„ lo ), che abbiano deviato dal retto fentiero i piedi di coftoro,

„ la fperanza de' quali è inaridita, la fatica fi è ridotta al nien-

„ te, i voti fi fono raffredditi, e affatto fpenti. Eccovi un uomo,


„ il quale dopo di efferfi per alcuni anni efercitato nella pratica

„ delle virtù, nell' elatta offervanza della continenza, nel defide-


„ rio di una vita affai regolata, ed auftera, ed in feryire a Dio
„ col più accelo fervore, ha tutto ad un tratto abbandonato il
„ Monartero, ha rinunziato alle afflizioni della carne, alle afti-
„ nenze, a' digiuni, fi è immerfo ne' piaceri, e nelle delizie, e fi
„ è totalmente dato alla più sfrenata diffolutezza. Già gran tem-
„ pò egli è, che coftoro lono uiciti dal Monaltero, ed al prefente
danno

( .T ) jimbrof. in Pfalm. ^6.


Libro VII. Capitolo IV. •23

danno lezioni d'impurità, fpargono da per tutro incontinenze,


e diicrcditando la calhta , invitano gli uomini al piìi volut-
tuoio libertinaggio. Non fi potrà adunque dire con tutta ra-
gione, che i piedi di coitoro hanno onninamente traviato dal
retto (entiero, poiché loro iommamente dilpiace di effere tan-
tamente fanno una nuova lorta di penitenza, dete-
vifTuti, e
ftandu le loro buone opere, e non i loro peccati, ed i loro de-
litti? So'30 co/ìoro ti/ciri da noi ^ dice S. Giovanni, ma ejji non
erano co?t noi •
perchè [e fujfi'ro flati con noi , eglino farebbero rc-
fìati con noi {a). Qiielli lono quafi gli IlefTì termini, de' quali
fi Ambrofio, Icrivendo alla Chiela di Vercelli contro
lerve S.
di quelli due Apoftati, cola portatifi per feminarvi la loro dot-
trina Epicurea, che allora poteva tanto più facilmente efl'ervi
ricevuta, quanto che era in quel tempo quella Chiela lenza
Velcovo, non fi accordando nella elezione della perlona, che
doveva riempire quefta Sede vacante.
Ma S. Ambrofio, della di cui Provincia era quefta Chie-
fa , non tralalciò di munirla con potenti prelcrvativi contro gli
errori di coitoro per mezzo della Lettera, che le Icriife, con
la quale dandole a confiderare il peccato di Adamo, le rappre-
lenta, che primieramente la voluttà non può introdurci nel
Paradifo, cfiendo ella llata quella, che ne hi fatti da elfo ulci-
re nella perlona del noflro primo Padre. Indi le moltra la ne-
cefiita. del digiuno, praticato eziandio da Gesù Crisfo, il qua-

le ce ne ha lalciato un si chiaro eiempio per rilpingere le ten-


tazioni del Demonio. Qjieita macerazione della gola procura
di ben impriinerle con l'eleinpio ancora di Moisè, che ricevet-
te la Legge dalle mini di Dio dopo un lungo digiuno; con
quello di D miele, che di quello mezzo fi è pre vallo per chiu-
dere le fauci de' Leoni, e penetrare nell' avvenire; con quel-
lo di S. Pietro, al quale Iddio non ha rivelato il Miltero del
Eittefino de' Gentili, fé non dopo il luo digiuno, e la lua
orazione; con quello di S. Paolo, il quale prova, che le fue
fati-

( rt ) I.Joann. U. v. it).

B IV
.

24 ViTADiS. Ambrosio
fatiche, e le lue IbfFerenze a lui (late farebbero affatto inutili,
fé non vi fufl'e altra vita, che queita, e le i morti non dovef-
fero un di rilulcitare, come faiiamente fi perfuadono i Genti-
li, quali credono, che non vi fia altra felicita, che quella di
i

mangiare , e di bere , perchè noi dobbiamo in brieve morire


ancora quefto Santo nella fteffa lettera in elpor-
Si diffonde
re gii errori degli Epicurei, che fono ftati condannati da' Pa-
gani medefimi. Indi conclude, che cola ftrana farebbe, che
la Chiefa non cancellafle dal novero de' fuoi figliuoli i feguaci
di qiieffi errori ; allor quando ha voluti
la filofofia non gli
riconolcere per fuoi difcepoli. E per ultimo fa vedere i van-
raggi della lobrieta, e dell' aftinenza , a' quali aggiugne le
lodi , che con tutta ragione fono dovute alla Verginità Cri-
fìiana.
Molti anni durò queft' affare di Sarmazione, e di Barba-
zianoj e quella lunga lettera probabilmente non fu da S. Am-
brofio fcritta alla Chiefa di Vercelli, che nel cccxcvi. Ma
non era fuor di propofito il diffciamente riferirlo, e l'aggiu-
gnerlo all' Erefia Gioviniano , di cui può dirfi, eh' ei fufse
di
un maligno rampollo , almanco per la corruzione de' coftumi.

Capitolo V.

Celebre ftoria dell' abolixtonc de' Penitef2:i^eri ?iell' Oriente.


Legge di Teodofto per le Diaco73eJfe .

NEl quefl:' anno cccxc. accadde una affai celebre


corfo di
da noi altrove riferita (/?), ed è, che avendo
ftoria,
una donna peccato carnalmente con un Diacono, ed eflendofl
quello fallo relo noto, o per la pubblica confelfione, che que-
lla donna ne fece, lebbene ciò non lembra probabile, o per
conghiettura, a cui diede motivo la depofizione del Diacono
unita

(rt) Baron. ad ann. cccxc. ViedeS.JeanChrj/foJì.l. i\.c, 17.


Libro VII. Capitolo V. 25
unirà alla penitenza di quefta donna, Nettario Arcivefcovo di
Collancinopoli, col configlio di un Prete nomato Eudcmone ,

abolì nella tua Chiela l'ufficio di Penitenziere, e gli altri Vef-


covi dell' Oriente , leguendo il di lui efempio , fecero fimii-
mente la ftefia cofa nelle loro Diocefi.
Eccovi in brieve la foftanza di quefta ftoria, della quale
non ne riferiamo qui le circoitanze, per elfere ella nota a tut-
to il Mondo . I Cattolici, e gli Eretici ne hanno da efla trat-

te diverfe conclufioni . Hanno quindi pretefo alcuni, effere la


pubblica penitenza ceffata in queft'occafione. Ed altri, che
la confeffione de' privati fatta agli uomini , da quel tempo in
poi non fia più (tata in ulo. Qiielf'è una materia affai impor-
tante, quale, benché fu (lata da noi altrove trattata (</),
la
deve nondimeno avere anche qui il fuo luogo, si per l'ordine
del tempo, come a cagione della penitenza pubblica da S. Am-
brofio importa aTeodofio, la quale con ragione fi folliene effere
ftata praticata anche dopo ncll' Oriente.
Per conofcere però , quale pelo aver debbano le illazioni,
-che trar fi poflbno da quefta ftoria, convicn riflettere, che So-
crate, il quale ne èia fonte, da cui ha bevuto Sozomeno (/>),
era un Avvocato di Cofiantinopoli , poco informato dello ipi-
rito , e della difciplina delia Chiefa , ed efferne quindi deriva-
to, ch'egli lodaffe ugualmente iCattolici, e gli Eretici, quan-'*
do trovava cole, che a lui fembravano giufte, oche erano con-
formi alla fua inclinazione ; e perciò leggonfi nella fua floria
molte lodi della condotta de' Novaziani . Oltre diche, era
Socrate affai credulo , e di non troppo purgato difcernimento
nello Icegliere i documenti, e gli autori, da' quali voleva trar
materia per comporre la Ina ftoria; d'onde procede, ch'ella fia
piena d\ina gran copia di sbaglj, e che nelle cofe eziamdio
niente contraiate ci mefcoli molte circoftanze favolofe , che
non erano probabilmente in que' tempi fondate , le non fé
fopra la voce popolare. Nondimeno per fargli tutta la giufti-
:ia.

(a) Vie de S.Jean Chryfojìome. I


(*) Sotrat.l.^. t.io. Sczont. i.J.e-'ià.
20 ViTADiS. Ambrosio
zia, che le gli deve, io non credo, che di lui fi pofTa dire,
aver' e^ii avuta la mira d'ingannare i tuoi leggitori; quantun-
que quelta fia cola afi'ai ordinaria ne' Greci; e ch'egli abbia ope-
rato contro la propria iua coicienza, mettendo nella fua ftoria
cole, le quali credelTe certamente falle. Si è Socrate lalciato
lovente ingannare; ma non per queRo può giudicarfi , ch'egli
abbia prctelo di volontariamente ingannare altrui Eccovi , .

quale a me lembra pofla formarli idea si di Socrate, che di So-


zomeno, dal quale Socrate è (iato tralcritto , ed in queito luo-
go, ed in molti Debbonfi quindi da ambedue ricevere
altri .

quelle cole , nelle quali può lupporfi , che non fieno fiati in-
gannati, e nel redo, maffime in ciò che riguarda alia Chie-
,

la, debbonfi avere per ibfpetti perchè il non averli per tali,
,

è un volere ingannare le lleflb.


Giudicandone quindi giufta quefi'idea, io non penfo,che
fi poffa dubitare, che Nettario, e gli altri Velcovi dclf Oriente

abbiano tolto dalle loro Chiele il Prete Penitenziere. E quan-


tunque Sozomeno dica , che fin da quel tempo, in cui fi abolì
quelta Carica, non fi fapeva precilamente la ragione , che ave-
va indotti i Vefcovi a quefia riloiuzione; nondimeno non vie
bafiante motivo per rigettare ciò, che Socrate dice , di avere
fentito dalla bocca Itefla di un Prete , il quale non deve prefu-
merfi , che abbia voluto ingannarlo. Ciò però io intendo,
quanto alla loftanza della lloria da noi tefic narrata
, impe- ;

rocché quanto alle circofianze egli può non efiere fiato elatto,
ficcome non lo è fopra di quefio punto in tutto il refiante del-
la fua opera.
Credo però, che neffuna fede debba prefiiarfi a Socrate,
allorché dopo di aver e2,!i ioggiunto , che togliendofi il Peni-
tenziere , iafciavafi all' arbitrio di cialcheduno l'accoftarfi , o
iaftenerfi Mifterj, fembra ne voglia dedurre,
da' fagri eflcrfi

con ciò tolta penitenza, e rovinata la dilciplina della Chiefa.


la
Imperocché è bensì affai più probabile, che effendo quefio Prete
Penitenziere deftinato ad afcoitare le Confefiioni, fi lafciafTc a
cialcheduno la liberta di eleggere quel Prete, che più gii fuffe
pia-
.

Libro VII. Capitolo V. 27


piaciuto per confc-fìTarfi, e di regolarfi nella penitenza sì pubbli-
ca, che privata, iecondo l'ordine prefcritto da' Canoni, al quale
quello cambiamento punto non derogava; ma non gik, che fi
delle una piena liberta di accolbrfi, od ailenerfi dalla peniten-
za. Imperocché oltre alle prove, che trar 1: polTono da S. Gio-
vanni Griloftomo luccclTore di Nettario nella Sede di Codanti-
nopoli, e quelle, che vengono altresì Ibmminiflrate dagli altri
Padri, i quali moltrano ia neceflita della Penitenza, e della
Confeffione al Sacerdote, Sozomeno fteffo, nel raccontare que-
fta rtoria, accorda, che per ottenere la rcmiffione de'
peccati,
che fono inevitabili agli uomini, conviene confeffarli; ed è vi-

fibile, eh' egli intende della confelTione, che fi faceva agli ue-
mini. Nò può quindi crederH, ch'abbia pretefo di efporre, che
fiafi abolita nell' Oriente una cofa da elTolui riconolciuta per ne-

celfaria
Ma Nettario, il quale, come altrove fi è fatto vedere, era
un Vefcovo di mediocre abilita, non lalciava di grandemente affie-

volire la dilciplina della Chiela con l'abolizione del Penitenzie-


re , quale era Itato ftabilito per conlervarla; poiché con l'in-
il

troduzione di quello nuovo ulo avendo ciaicheduno la liberta


di eleggerfi quel Confelfore, che più gli piacele, quelli, 1 quali^
tuttavia amavano i lor peccati, e non erano ballantemente ge-
nerofi per fare una fanta violenza alle loro corrotte inclinazio-

ni, ed loro viziofi abiti, cercavano Direttori compafllonevo-


a'

li, e condilcendenti, piuttofto che quelli, i quali tra di


loro

erano i più capaci di un così difficile miniftero . Imperocché


gli uomini ione ordinariamente aliai ingiufti nel prenderli mag-
giore cura della guarigione delle malattie del loro corpo , che
della falute della lor anima; e laddove cercano i più abili, ed
elercitati medici , qualor fi tratti di ricuperare per mezzo de'
rimedj la loro corporale fallite, eleggono poi per U riianamento
della lor anima quelli, che fono preveduti di aflai icario
lume
per il difcernimenro delle loro fpirituali infermità; fembrando
a'medefimi, edere quelli più confacene alla loro fievolezza,
purché li trattino con l'indulgenza. Fin da quel tempo regna-
.

28 ViTADiS. Ambrosio
va un grande fregolamento ne' coftumi de' Fedeli nelle
affai

Chiefe dell' Oriente, del quale ne abbiamo altrove fatta un' af-
fai lagrimevole dipintura con i colori prefi in impreftito dalle
Omilie di S. Giovanni Griioftomo, che fin d'allora altamente fi
doleva, che vi erano de' Criftiani, i quali non lo erano fé non
le per convenienza. L'abolizione quindi del Penitenziere gran-
demente favori il loro rilalfamento , e non pochi furono i ferali
effetti prodotti da quefto aftievolimento della difciplina.
Crede Sozomeno, che la ftoria da noi più iopra narrata,
deffe luogo alia legge (/?), con la quale Teodofio proibiva di
annoverare le vedove tra le Diaconeffe, fé almanco non erano
giunte all'età di anni 6q. fecondo la teftimonianza di S. Paolo,
e non avevano figliuoli. Quelli fono i caratteri della Legge
del XXI. Giugno di queft'anno, e quello è quello , che ha ob-
bligato Baronio a mettere nello ftefs'anno l'abolizione del Peni-
tenziere di Coftantinopoli ; nel che Socrate non gli è contrario .

Ma a quanto dice Sozomeno


, che conveniva, che una Diaco-
neffa avefìe de' figliuoli , il tefto della Legge fembra da prima
fignificare, che non conveniva afpettare l'età d'anni 60. ie non
per quelle, che avevano de' figliuoli, quantunque da ciò, che
ne viene foggiunto, fembri comprendere quelle flefle, che non
ne avevano Aggiugne Teodofio , che quelle Diaconeffe fa-
.

rebbero iftituire de'Tutori a' loro figliuoli, e che quanto alle


lor proprie foftanze , elleno non avrebbero , che l'ufufrutto,
del quale ne potrebbero affolutamente difporre alla lor morte;
ma che niente potrebbero lafciare alla Chiefa
Con quella fteffa Legge proibiice ancora alle donne il reci-
dere i lor capelli fotto preteflo di profeffare la vita religiofa,
ed altresì ordina , che Vefcovi , i quah in quello flato le am-
i

metteranno alla partecipazione de' Sacramenti , fiano deporti.


Quantunque fevera al fommo fuffe quella Legge , nondi-
meno l'avarizia de' Cherici l'aveva refa fé non giufla, almanco
tolerabile, e necefsaria per quella feconda parte, che cafsava
tutte

ia) Cod. Theodef. Uè. 16.tit.l1J.2j. de Epìfcopis , & Ciericis .


. ,

L I B R O V I T. e A P I T O L O V. Zp
tutte le donazioni fatte alla Chiefa. Nondimeno efléndocehò
con Topporfi ad un abufo fi cadefse in un ccceflb , impedendo i
Legati Pii , che da una vera carità fi potevano efiggere , Teo-
dofio la rivocò prontamente, e fi crede, che a far ciò venifle
indotto dalle premurole iftanze fattegli da S. Ambrofio.
Con la Legge quindi del xxiii. d'Agofto dello Itefs' anno
queft'Imperadore proibì adblutamente il valerfi in avvenire di
quella Legge del xxi. Giugno, o di produrla in giudizio. Di
forta che con queftc parole lembra, eh' ei l'abbia afìfolutamcnte ,

e totalmente caflata
L'ultima parte di quefta Legge viene onninamente autoriz-
zata dal Canone 17. del Concilio di Cangria, il quale proibi-
fcc alle donne fottofcomunica il raderfi i capelli, fot-
pena di
to preteso di pietà, e fimilmente condanna ciò che Euftazio
di Sebafte aveva in quel tempo introdotto per una vana affet-
tazione. Nondimeno San Girolamo (/?) dice, che quell'ufo
era affai introdotto ne' Monafterj dell' Egitto , e della Soria
quantunque ciò fi faceflc fcgretamente. Qiierta pratica, che
allora era si rigorofamente proibita, è divenuta di poi una fa-
era ceremonia confermata da' Canoni della Chieia
,
.

In quefto flels'anno fi ereffe nel Circo di Coftantinopoli


una Piramide, e prefTo alla Chiefa una colonna, fopra la qua-
le fu poita una ftatua d'argento rapprefentante Teodofio. Se
però dobbiama credere al Conte Marcellino (Z'), gli onori di
queft'Imperadore furono amareggiati da qualche domeltica af-
flizione , avendo il fuo figliuolo Arcadio fcacciata dal palazzo
di Coftantinopoli l'Imperadrice Galla fua Madrigna Ma (e) .

efsendo quefto palso afsai fingolare, il qui accennarlo, è quan-


to polsa farfi , non efsendo poftibile il trovarne altri documenti.

Ca-

(a) Hiert»j. Ef>. 48. neir anno cccxc. che Galla morì, e
I

( b) Marcellin. Chon. I che Arcadio la fece fcppellirc , cita que-


(f ) Conviene , che Baronio abbia j
fto ftcIT» pafTo .

divcrfamente letto ; poiché dicendo


|
. ,

30 Vita DI S. Ambrosio

Capitolo VI.

Tcodofto fa ritorno a CoftantÌ7ìopol't Riporta una nuova vittoria .

nella Macedonia. Grande inalT^amento di Ruffino.

VEdesi dal Codice (a) diTeodofio, che ei dimorò nell'

Italia fino allo ipirare dell'anno cccxci. riledendo quan-


do in Milano ,
quando in Vicenza , e quando in Concordia ;

e ch'ei vi diede nuovi contralcgni dell'amor luo per la Criftia-


na Religione ,
promulgando molte Leggi ad efToiei vantaggio-
fiffime.
Prima giugnere a Coftantinopoli riportò una nuova vit-
di
toria, fé crediamo a Zofimo (^), il quale continuamente, e
quanto mai può disfigura quelVimperadore , rendendo le fue
più gloriofe azioni , vili , ed abbominevoli con odiole circo-
Itahze
Eflfendo adunque l'Imperadore, al dire di quefto Stori-

co , ritornato ,in la Macedonia da


Tefìfalonica trovò tutta
grandi turbolenze fconvolta. Imperocché quei Barbari, i
quali erano lopraviflTuti alla fconfitta di Maflìmo, eflendofi na-
Icolti nelle paludi, e ne'ftagni, che ftavano ne' contorni delle
forefte, profittando dell'imbarazzo, nel quale vedevano Teo-
dofio per la guerra civile , commettevano impunemente ogni
forta di ruberie nella Macedonia, e nella Teflalia. Ma aven-
do udita la nuova della vittoria, e del ritorno diTeodofio, ed
eflendofi naicofti in quefte lagune , ne ufcirono Tegretamente
lui far del giorno, depredarono, e via fi portarono quanto Ci
fece

(«) Teodofio giunfe a Coftantino- i dice 1. i6. Tit. x. I. ii., che fi ritro-
poli col fuo figliuolo Onorio vava in Aquileja nel xvii. di Giu-
li x. di I

Novembre dell'anno cccxci. fecondo Igne, principalmente fé noi ammettia-


Socrate, cha è affai cfatto nelle fue da- mo quanto vien detto daZolìmo, ch'ei
i

te. Imperocché fecondo il Codice 13. !fi trattenne in Telfaloniea, e riportò


IX. 4. converrebbe, che vi fulfe giunto quella vittoria fopra de' Barbari,
j

nel di xvni. Luglio, né cib potrebbe (^) Zof. lib. ^. j

accordarfi con quanto dice lo fteifo Co- 1


,

LiBRoVII. Capitolo VI. 31


fece ad cfTì Incontro nel lor cammino, indi si prontamente fi

lalvarono nel luogo del loro ritiro, che quefto Principe fteflb
dubitò, le gli autori di quelli latrocinj fufTero uomini, o Tpettri.
Non rapendo quindi Teodofio che rilolvere , ne avendo
partecipato ad alcuno ciò, che teneva in fuo cuore, prefe fcco
cinque Cavalieri, i quali conducevano con loro quattro, o cin-
que cavalli per la briglia, acciocché quando taluno de' lor ea-
valli veniflTe meno per la llanchezza , potelsero montare fopra
d'un altro , e non mancalTe quindi loro giammai cavalcatura
per eleguire quanto fi era dileguato da Teodofio, il quale con
quefta picciola (quadra korle la campagna , ulando di tutta la
circofpezione , affine di non effere icoperto per l'Imperadore ,
e chiedendo cibo a' contadini de' luoghi ove trovavafi , allorché
ne aveva bifogno.
Si fermò finalmente Tcodofio in un angufto tugurio di
una vecchia donna , alla quale dimandò in grazia di ritirarfi
al coperto , e da bevere Quella vecchia avendolo ricevuto
.

con civiltà, ed avendogli dato da bevere, e quanti aveva vi-


veri in tua cafa, lo pregò a fcrmarvifi ancora a dormire, poi-
ché la notte fi avvicinava. Avendo l'Imperadore accettata
quefia cortefe efibizione, trovò nalcofto un un angolo di quefl'
abituro un uomo, che non diceva parola, ed aveva fembian-
za di chi cerca occultarfi. Ed avendo quindi dimandato alla
Vecchia, chi fufse coflui, d'onde venifTe? ella gli rilpole: che
niente ne lapeva , e che quanto poteva dirne era , che queft'
uomo, poiché aveva intefo, che l'Imperadore Teodofio era ri-
tornato con un Armata, fiera ogni giorno ritirato in lua cafa,
ove prendeva le refezioni col fuo denaro comperate, e dalla
quale di buon mattino ogni giorno ulciva per ifcorrere la cam-
pagna da una parte, e dall' altra, né ad elfa faceva ritorno,
le non affaticare , e fianco fui far della fera per prendere il

neceisario ripcio, e coricarfi nella maniera, eh' egli vedeva.


Volendo rimperadore profittare della notizia avuta da que-
fta vecchia donna, ed accertarfi della verità di quanto ella gli
aveva detto, s'afficurò di qucit' uomo, per obbligarlo a palefa-
rc
^2 ViTADiS. Ambrosio
re chi egli fiifse ; ma non potè ottenerlo anche dopo averlo fat-

to battere con de' flagelli ; che videfi obbligato ad or-


di forta
dinare a' Cavalieri, che l'accompagnavano, che lo pungefTe-
ro per tutto il corpo con la punta delle loro Ipade , e gli di-
ceisero , che ciò facevano per comando deli' Imperador Teodo-
fio. Vedcndofi quell'uomo melso tanto alle ftrette, confclsò eh'
egli iervivad'elploratorea' Barbari nafcofti in un luogo , che loro
indicò , e delcrilse , dichiarando ad elfi ancora ciò , che dove-
vano fare.
Troncata che ebbero i Cavalieri a coflui la tefta nell'
iftante medcfimo , dice Zofimo, che parti l'Imperadore per
reftituirfi alla fua Armata , accampata ne' contorni di que-
fto luogo, e poiché vi fu giunto, condufse i luoi faldati ver-
fo le paludi, nelle quali quelìi Barbari fi erano ritirati, e fca-
ricandofi lopra di elTi, li fece tutti paflare a filo di fpada, o
dopo averli fatti ufcire dalle lagune, o fcannandoH nell'acqua
ftelsa; di forta che ei ne facelse una grandiffuTia lìrage.
Timafio, uno de' luoi Generali, ammirando il coraggio
dell' Imperadore , lo pregò di permettergli , che i fuoi ioldati
fi pafcelsero, perchè efsendo ancora digiuni più non potevano
foftenere la fatica di quefto conflirto. Pretende Zofimo, che
avendogli Teodofio accordato quanto dimandava, i\ ionalse di
fubito la ritirata , dopo la quale avendo i foldati mangiato , e
bevuto con eccefso, i Barbari trovandoli ubbriachi , e addor-
mentati, li uccidefsero con lancie, fpade, e con altri flromen-
ti da effì a queft' eflTetto trovati. Tale fventurata morte fa-
rebbe feguita air Imperadore medefimo, ed a tutta la fua Ar-
mata, le alcuni foldati, che non avevano per anche mangia-
to, non fulsero corfi alla fua tenda per dargliene avvilo. Fa
indi Zofimo, che Teodofio, avuta quella notizia, prendefse
la fuga con quelli, che ftavano intorno a lui, e lo fa (al vare
da quello pericolo per mano di Promoto , che inlegui sì ga-
gliardamente i Barbari , a legno che li uccife quafi tutti , a
rilerva di un afsai fcarfo numero, a cui le lagune fervirono an-
che per una volta di afilo.
Pro-
Libro VII. CapitoloVI. '

33
Promoto, a cui Zofimo tutta attribuilce la gloria Ji qucft'
avvenimento, non ropravifse lungamente alla riportata vitto-
ria imperocché fu ucciib in quello flelj anno in un imbolca-
;

ta, che i Barbari Se poi credere vogliamo a quello


gli telerò.

Storico, Ruffino fu quello, che lo fece uccidere, perchè aven-


dogli parlato con troppo fodenuta fierezza, quefto barbaro, che
foffrire ciò non potò, fecegli dare uno fchiaftb. Nondimeno
il filenzio di Claudiano lopra una si notabile circoftanza la rende

alquanto iolpetta. Imperocché quefto Poeta, il quale racconta


diPromoto la morte, e fa due libri d'un^ettiva contro Ruffino,
non gli rimprovera un tradimento si nero. Può ancora dirfi,
che Ruffino era baftantemente vendicato dall' af-
ftato di già
fronto dello ichiaffo ricevuto; poiché dolendofene con Teodo-
fio, quefto Principe, il quale, per rapporto del riferito Stori-
co, aveva con elso una grande confidenza, rilpole che ie fi :

continuafse ad invidiare la lua fortuna , lo vedrebbero ben pre-


fto Imperadore .

Stilìicone (^7), che era Promoto, vendicò la fua


amico di

morte lopra de' Baftarni, che l'avevano uccifo, e dopo di averli


disfatti, rinchiule coftoro Barbari, che da gran
, e gli altri

tempo faccheggiavano la Tracia, in una alsai angufta valle,


nella quale gli avrebbe tutti tagliati a pezzi, le Teodofio le-
guendo, dice quello Poeta, perniciofi configlj del Icellerato
i

Ruffino, non avelse anzi voluta fare la pace con effi.


Quefto Miniftro si celebre per il luo inalzamento, e per
la fua funella caduta, che fu un giufto lupplizio della infazia-
bile di lui ambizione , era Francete d'origine e dimorava in ,

Eaufa nella Gualcogna. EfTendofi portato alla Corte di Coftan-


tinopoli, Teodofio, che allora vi regnava, gli conferi la Cari-
ca di gran Maeftro del Palazzo , da eflb tuttavia elercitata in
quelV anno , di cui noi narriamo i più celebri avvenimenti.
Coitui non lolo profeifava il Criftianefimo, e fi era fatto bat-
tezzare nel cccxciv., ma aveva ancora una particolare amicizia
con

(rt) Cl.iudia7ì. iti Stilic. liò. J.

nm./i. e
34 Vita di S. A mbr os i o
con S. Ambrofio, che lo chiama Tuo amico [a). Ma quefl' ami-
cizia non trattenne però il Santo dal rimproverargli, che avefle
indotto Teodofio alla crudele elecuzione di TefTalonica; e, le
vogliam preltar fede a Claudiano, era coftui un uomo di tutte
lepefilme qualità, ed aveva commefìl tutti quei delitti, a' quali
può efTere portato un uom dominato dall' avarizia, dall' ambi»
zione, dalla perfidia, e dalla crudeltà.

Capitolo VII.

Concilio di Capoa^ al quale Fla'viano Ve/covo d'Antiochia


ricuja dintewcnire .

Ul finire di queft' anno cccxci. , o fui cominciare del fe-

s guente {b) fu da Teodofio accordato l'afTenlb, che fi


nelTc
te-

Ambraf. Ep. 52.


(rt) che Teodofio fu ritornato in Oriente,
(6) Noi mettiamo nel fine dell' anno e che Flaviano ( come attefta S. Am-
cccxci. , o fui cominciare del cccxcii. brofio neir Ep. 9. ) fi fu premunito con-
il Concilio di Capoa , del quale gli an- tro del Concilio con dei refcritti da lui
tichi Storici non hanno notato il tem- ottenuti da Teodofio, li quali ei certa-
po .Ma poiché fi vede , che uno de' mente non ottenne nel mentre che
I

principali affari, che vi trattarono,


fi
j
quelV Iniperadore era nell'Occidente,
fu la riunione della Chicfa d'Antiochia fiando al di lui fianco S. Ambrofio, e
divifa tra Flaviano , ed Evagrio , ha gli altri Occidentali , che erano contra-
I

troppo del probabile, che quando Teo- ri a Flaviano. In fatti S. Ambrofio ciò
dofio fece a fé venire Flaviano per or- non kppe fé non dalle Lettere di Teo-
dinargli di portarfi a Roma , ei ciò fa- filo d'Aleffandria.
celfe per obbligarlo ad intervenire a Non potiamo poi differirlo di più,
quefio Concilio Or fé Teodofio lo l'e-
. ricavandofi dalla fpofizione di Teodo-
ce venire a Coftantinopoli nell' inver- reto nel Libro V. Cap. XIII., che do-
no, non feguì che al più
ciò po il rifiuto dato la prima volta da Fla-
prefto nel
X. Novembre del cccxci. , che è il viano di venire a Roma , li Vefcovi Oc-
giorno del fuo ritorno a Coflantinopo- cidentali fecero di nuovo iftanza a Teo-
li , fecondo la fpofizione di Teodoreto Idofio, perchè ve lo mandallei e quello

nel capo 23. del 1. 5. Cefare veramente non ommife di fol-


I

Il fopra efpofto altresì prova , che il lecitarvelo. Tal fatto vi ha apparen-


I

Concilio non fu tenuto, fie non dopo za , che non fia avvenuto dopo ìa mor-
1

te
Libro VII. Capitolo VII. 35
ne/Te un Concilio nell' Italia, per le premurofe iftanzc > come
crediamo, che a lui ne furono latte dagli Occidentali, i quali
bramavano di terminare l'affare di Antiochia, e che ceffaffe
la divifione, che da gran tempo vi regnava, né più loffrire
fi

poteva da chi conservava la premura più forte di vedere riilabi-


lita l'unita della Chiefa. Ka del credibile, che elTendo Tlmpe-
radore tuttavia nell' Italia, accordaffe la convocazione di quello
Concilio, quale iembrando necedaria la prelenza di Flavia-
al

110, fu a lui intimato di trovarfi in Coftantinopoli


nel tempo,

in cui doveva arrivarvi l'Imperadore.


Non mancò egli effettivamente di trovarvifi ; ed effendo-
gli ftato dall' Imperadore comandato òi portarli a Roma, le
ne Icusò, adducendo per giudo motivo la llagione deli' inver-
no, che allora correva; ed avendo chielto di differire fino alla
primavera l'efecuzione di queft' ordine, gli fu conceduto di ri-
tornarfene ad Antiochia, per il qual effetto ottenne ancora de'
relcritti, per quanto poffiamo arguire da ciò, che ne dice S. Am-
brofio (a). Checché però ne fia, egli è certo, che Flaviano
più non intraprefe il viaggio di Capoa.
Gli altri Vclcovi però" non lafciarono di adunarfi , e di prc-
fcrivcre molti regolamenti per la difciplina della Chicla, de'
quali non ne abbiamo notizia, che per alcuni paffi, i quali ne
fanno menzione, non ne effendo a noi rimafto alcun atto. I
Canoni della Chiefa Affricana qualificano quello Concilio per
intiero, chiamandolo Plenariumy o perchè ci fuffe compofto da
tutti i Vefcovi dell' Occidente, o perchè fi debba intendere di

tutti li Vefcovi dell' Italia. Ne parla S. Ambrofio come di


un

te di Valentiniano , che accadde nel fuffe giudicato in Italia :che promct-


XIII. Maggio di qucft' anno , e fu ac- teffe di farvivenir Flaviano , ed or-
compagnata dalla follevazione di Eu- dinaffe a qucfl' effetto, che il Concilio
genio, la quale riempì tutto l'Occiden- di Capoa fud'e intimato per quel tem-
te di conturbazione , e di (ìragi . po, nel quale Flaviano vi potrebbe ef-
Crediamo adunque che Teodofio, ef- fere arrivato: e che affine di farvelo
fendo tuttavia neir Italia , acconfen- venire, gli comandale di ritrovarfi in
tiffe , per le premurofe iftanze degli Coftantinopoli al fuo arrivo.
Occidentali , che raftarc d"Antioi.hia {a) Amhrof. Ep. 9.

C II
. ,

oé Vi T A DI S. A MBR OSI O
un Concilio, quale intervenne un gran numero di Prelati;
al

ed ha molto del verolìmile, eh' ei vi prefedeffe infieme con


Papa Siricio.
Proibilce quello Concilio il battezzare due volte la ftelTa

perlona, il reiterare le Ordinazioni, il trasferire un Vefcovo di


una Sede ad un' altra. Di quello Concilio probabilmente in-
tendevano i Velcovi deir Affrica, quando citavano un Concilio
oltramarino, che proibiva l'ammettere ad alcun grado Eccle-
fialHco quelli, che erano ftati leguaci di qualch' Erefia; ed at-
tribuivano quello Canone principalmente a' Vefcovi di Roma
e di Milano.
ancora in quello Concilio dell' affare di Bonofo
Si trattò
Vefcovo di Nara (/z), la quale, per quanto ne dice la Storia,
era in quel tempo una Citta della Macedonia, o di qualch' al-
tra Provincia vicina. Un moderno Autore però pretende (/>),
che Bonofo fufie Vefcovo di Naiffa nella Dacia, che formava
una parte dell' Illiria Orientale.
Il Vefcovo accufato, era
delitto, del quale veniva quello
l'Erefia di Forino (f), d'ond' è venuto, che da quel tempo in
poi Fotiniani fono flati chiamati Bonolìani; ed allorché Papa
i

Gelafio condanna Bonofo, lembra che lo unifca a Forino. In


fatti fecondo Concilio di Arles fi ha, che i Fotiniani,
dal
ed i Bonoflani^ o Bonofiaci, feguivano lo fleffb errore. Non-
dimeno quelle erano due Sette, e due diverfe comunioni; poi-
ché fu ordinato in quello Concilio, che fi battezzalfero i Fo-
tiniani, e che quanto a' Bonofiaci , elsendo certo, che erano
battezzati nel nome della Santiflìma Trinità, fi concedeva, che
fi ricevcfsero nella Chicfa colf onzione, e l'impofizione delle
mani, facendo ad elfi fare la profelfione della Fede Cattolica.
Aveva Bonofo fatto rilbrgere l'errore di Elvidio
altresì
contro la Santiflìma Vergine , empiamente dicendo, eh' ella
fufiC madre d'altri figliuoli dopo la nafcita di Gesù Cristo .
E di

(a) Narefitauus \SacraTn. pag. 12^.


(1^) Lnc. Hojlen. Not. in GeograpbA (r) GinUéìà. Catal, Httret. tap. 14.
Libro VII. Capitolo 37 VII.
E di Bonofo certamente vuol favellare S. Ambrofio (a)-, al-
lorché volendo dillriiogere queiV errore, dice: eiserfi egli alle-
nuto dal confutarlo fino a quel tempo; ma conolcerfi finalmen-
te tanto più obbligato, quanto che fi trovava per fino un Vei-
covo in quelt' errore caduto. Vedefi quindi, che Siricio nel-
la lettera da lui Icritta ad Anicio, ed agli altri Velcovi dell'
Illiria , che è fiata data alla luce pochi anni dopo (Z») , s'ellen-
de principalmente in combattere queiV empietà di Bonofo,
quale dice eisere caduto nel!' errore de' Giudei, e mollra, che
Gesù Cristo non avrebbe giammai eletta per fua madre la
Santiffima Vergine, fé dopo di averlo partorito, avelse dovu-
ta perdere la fua Verginità con l'ufo del matrimonio Indi .

paisà a far vedere, elserfi Gesù Cristo prefi particolare cura


di rendere una autentica tcflimonianza della di lei purità, rac-
comandandola a S. Giovanni quando le ne flava agonizzando
lopra la Croce; e dice, che quefto fu il fuo tellamento quanto
alla caftitk di fua Madre, quefta la ricca eredita, che moren-
do lalciolle, e con cui ricolmolla della fua perfezione; ch'egli
refe lo fpirito , dopo di avere pronunziate queft' ultime paro-
le , e che volle confumare fintamente tutto il Millero della

noflra redenzione con quefla opera di pietà.


Da una lettera altres'i di S. AgolHno (e) deducefi che ,

un cert' Elpidio , il quale non credeva , che il Figliuolo fufse


eguale al Padre, comanda a quello Santo Dottore, che paffi il
mare e vada a farfi iftruire da Bonofo e da Giafone ambe-
, ,

due uomini dottiffimi , e gli manda anticipatamente un libro


d'un Velcovo della lua Setta. Ricevette quello Santo Dotto-
re con grande umiltà una si temeraria propofla , e gli rifpofe con
carità, alficurando Elpidio, aver egli di già prefentate per lui
le fue preghiere a Dio, acciocché gli delse l'intelligenza di un

si fublime Miflero.
Ordina adunque il Concilio di Capoa , che i Vefcovi vi-
cini

( a ) Mìbr. Ep. 9. e- de Injìitut. Vir- i {h) Cclldi. Rom. HoUhn. /.. 1 89.
^'»- f-
S- I (f) .'f;(^>0'7. £>///. 150.

Tom. ti. C 111


.

^8 Vita DI S. Ambrosio
cini a Bonofo, ed a' fuoi accui'atori, principalmente quelli del-
la Macedonia , Tefsalonica, decideirero quelt' affare;
e quello di
dal giudicare il quale S. Ambrofio fimilmente che Siricio Papa
fi artennero, in offequio del decreto del Concilio, che ne ave-
va commefTa la decifione ad Anifio, e ad altri Prelati, tra i
quali il più ragguardevole, che vi fi trovava, era Teofilo d'A-
lelsandria {a).
Qiianto a ciò, che concerne all' affare d'Antiochia, vi è
qualche apparenza , che Evagrio, il quale ugualmente che Fla-
viano aggognava alla di lei Sede , fi prefentaffe al Concilio di
Capoa, perchè S. Ambrofio (^), il quale fi duole, che Flaviano
non vi fia intervenuto, quafi fi ftimaffe luperiore alle Leggi, edal-
le regole della Chiela, non accufa Evagrio di aver ricuiato di ri-
trovarvifi ; ed attera di più , d'aver egli dal canto fuo folleci-
tato il giudizio. Ma
lontananza di Flaviano impedi, che
la
fi venifle alla decifione diun affare , il quale da tutti gli ama-
tori della pace ardentemente defideravafi canonicamente termi-
nato; poiché già gran tempo era, che la tranquiilitk di tutte
le Chiefe del Mondo veniva turbata da quella divifione. E
quelli, i quali avevano tentato di far ceffare per mezzo di que-
llo Concilio un si fcandalofo contralto, provarono un affai giu-
flo dolore in vedere, che la loro mediazione aveffe avuto un
cfito COSI poco felice.
Nondimeno quella fanta Affeniblea, la quale cercava tutti
i mezzi per far ceffare l'oftinata tempefta, trovò un porto afsai
tranquillo per afiìcurare la pace della Chiela, che ella conofce-
va efsere vicina a far naufragio E fu l'accordare la comu-
.

nione a tutti i Vefcovi dell' Oriente , che confelsarebbono la


Fede Cattolica. Quanto poi alla privata controverfia tra Fla-
viano, ed Evagrio, ne commilero l'efame , ed il giudizio a
Tcofilo d'Alelsandria, ed agli altri Vefcovi dell'Egitto, efsen-
do perfuafi , che il giudizio di quelli Prelati farebbe tanto me-
glio ricevuto, quant'effi erano meno impegnati in tale affare, non
avendo accordata la loro comunione ad alcuno de' due partiti
Ca-

(«) Ambrof. EpiJ}. 5. \ {b) Id. EptJÌ. 9.


.

Libro VII. Capitolo Vili. 3^

Capitolo Vili.

S. Ambrofto ft affatica per rejìituire la pace ad Antiochia


Morte ifEvagrio.

ASi'ETTAVANo i Prelati del Concilio di Capoa , che un


mezzo sì confacente allo (labilimento della riunione , e
della pace della Cliiela d'AlcHlindria dovefle prontamente ri-
metterla in una totale , e perfetta tranquillità . Ma non fu
SI facile l'ularne, com'elTi s'immaginavano, e l'ottenerne quin-

di il fine ardentemente bramato (rt).


da efli Imperocché
avendo Teotilo Flaviano di Ibttometterfi alla pre-
fatto avvifare
fa determinazione; quello Velcovo, il quale fi era Iculato d'an-
dare a Capoa, non volle portarfi al luogo determinato (ù) per
quello giudizio, ed ebbe ricorfo alle fuppliche, e procurò di ot-
tenere de' reicritti Imperiali, quali ordinavano agli Occiden-i

tali di trasferirfi nell'Oriente per ivi terminar quelt' affare.


Avendo Teofilo fcritta quefta notizia a S. Ambrofio , ne
fu altrettanto commofTo quanto amava finceramente la pace
,

della Chicla . Quantunque però con tutta ragione il noilro


Santo fi lagni del procedere di Flaviano nondimeno ne parla ,

fempre con rifpetto, e fa in quelt' occafione comparire e la lua


moderazione, e la iua equità. Imperocché febbene non fi po-
teva negare, che Flaviano avefie con una fomigliante condot-
ta commefib un afiai confiderabile fallo , ed aveffe altamente
oltraggiato il noftro Santo, poiché oltre il non curare gli inte-
refTì della Chieia, aveva altresì dilprezzata la deliberazione del

Concilio di Capoa , di cui S. Ambrofio era probabilmente l'au-


tore e lebbene per efiere iempre (tati Paolino , ed Evagrio
;

nella comunione dell'Occidente, lembrafie, che il noflro San-


to mofifo da tutte quelle confiderazioni dovefle avere tutto l'im-
pegno

(«) jimbrof. Ep. 9.


I
coHVcnia! , mollrano ch'egli già vi era
(é) Il latino feri ve convnhe ; i ter- 1 intervenuto,
mini di S. Ambrofio nel Ep. 9. itemm |

C IV
.

40 ViTADiS. Ambrosio
pegno per Evagrio, nondimeno non lo
dichiararfi in favore di
fece •
anzi , che fiCGome
difle Flaviano aveva ragione di fug-
oire il giudizio della lua cauia , cos'i Evagrio neffun motivo
aveva di follecitarla potendo si l'uno, che l'altro fondare le
:

lue pretenfioni più torto fopra de' difetti , che fi trovavano nell'
ordinazione del fuo competitore, che iopra i vantaggi, e la
giurtizia della fua propria caiifa.
Scrifle egli adunque avendo il Concilio di
a Teofilo, che
Capoa in lui rimeffa la cura di queft' affare, doveva anche per
una volta citare Flaviano , e che quando Flaviano perfiftefle
in non voler comparire, non conveniva lalciar di ammettere
alla comunione tutti gli altri Vefcovi dell'Oriente, che fegui-
vano la Fede della Chiefa , fecondo ciò , che era {tato decreta-
to in Capoa. Indi l'avverte, che dopo eflerfi da lui pronun-
ziata alcuna cofa fopra di ciò , ne deve dare avvifo al Papa >
acciocché venendo approvato dalla Romana Chiefa, (la qual
cofa ei non dubita punto, che ella fia per fare) tutta la Chie-
fa fi trovi unita in un medefimo ientimento , ed egli polfa
con giubilo raccogliere il frutto , e la ricompenfa de luoi
travaglj
Può crederfi Ambrofio non tralafciaffe di fcriverne
, che S.
a Teodofio , come il Papa , il quale con premurofe
altres'i fece
irtanze pregò Imperadore a mandare Flaviano a Roma , qua-
l'

lora ei non volefle, che fuffe giudicato dal Velcovo d'Aleflan-


dria, e rapprelentò a querto Principe , faper egli vincere i ti-

ranni, che li loUevavano contro di lui, ma non lapere cailigare


coloro, che dilprezzavano la Legge di Gesù Cristo. Teodore-
to (a) attribuilce quelle foUecitazioni a Damafo, la cui morte,
erano già tanti anni, che era feguita; a Siricio, eadAnaftafio,
il di cui Pontificato non cominciò , che dopo la morte di Teo-

dofio. Ma chiaro apparilce , aver egli con ciò voluto denota-


re, che elfi avevano prefa parte nella caula di Flaviano.
Aggiugne , che Teodofio preflato da si forti iftanze co.
mandò

(a) Theederet. l. 5. e. 25.


.

Libro VII. Capitolo Vili. 41.


mandò di nuovoFlaviano , anzi obbligollo ad andare a Roma,
a
al qual ordine Flaviano rilpole in qucfti termini: „ Signore,

Te vi lono perlone , le quali abbiano che ridire contro la mia

Fede, come i"e ella non fufle Ortodoffa, o che giudichino , che „
la mia condotta fia indegna del Sacerdozio, io voglio , che i

miei accufatori divengano mici giudici , ed io lon pronto a „
lottomettermi alla lentcnza, ch'eglino pronunzieranno lopra di „
me. Che le non fi tratta d'altro , che della mia Sede Epilco- „
pale , e del lolo articolo del Primato, e della preminenza, io „
non dilputerò contro di efli, ma cederò di buona voglia , e ri- „
nunzierò al Pontificato Inalza Teodoreto con lubiimi elogj
.

quella rifpolla di Flaviano, e dice, che avendola i'Imperadore
ammirata , gli comandò di ritornarlene al luo paefe , e di ria-
lumere il governo della lua Chicla. Ma farebbe egli forfè
ftato più degno di lode , qualora avefle preferita la pace della
Chicla a querta generofita ; e poiché il mezzo cotanto ragione-
vole, che i Padri del Concilio di Capoa gli avevano propofto
a queft' effetto non offendeva la iua colcienza , poteva egli
,

arrenderfi , determinazioni
e foggettarfi alle loro
Ha del probabile, che la
morte del giovane' Valentinia-
110 , del quale tra poco parleremo , e la ribellione d'Eugenio

arreftalsero le procedure degli Occidentali , e che quindi h efe-


guilse quanto aveva rifoluto S. Ambrofio dopo ii Concilio di
Capoa, cioè, che quand'anche non fi potelsero accordare Fla-
viano , ed Evagrio , nondimeno conveniva riunirfi in comu-
nione con quelli Orientali, che Icguivano la Fede della Chiefa,
Ma eisendocchè Evagrio poco vivefse dopo la lua elezione, la
caufa di Flaviano trovò ben prefto più vigorola dopo la di
fi

lui morte, la quale non fuccedette però prima del cccxcii. (a),
nel qual anno di lui f\u'ellando S. Girolamo, ne parla come
d'un uomo ancora vivente .

Ebbe Flaviano deprezza per impedire, che fi def-


afsai di
fe al morto Evagrio alcun fuccefsore; e tal cola certamente
affai

(17) S*crat.lib.<,.tap, 1^. Sozom. lib.7 .c«p. l'\.


Az ViTADiS. Ambrosio
afsai facilitò la di lui riconciliazionecon l'Occidente, la quale
fu dipoi da S. Giovanni Griloftomo maneggiata , e dalla Ina
prudenza Evangelica condotta a fine. Ma quelli del partito
di Paolino, e d'Evagrio continuarono tuttavia a tenere feparata-
mente le loro alsemblee , e per qualunque sforzo, che <la Fla-
viano fi ufalse per riunirli , le ne dettero fempre nella loro fe-
parazione fino all' Epiicopato di Alefsandro (a).
Attico di Coltantmopoii ci alTicura, che l'amor della pace,
e dell' unione de' Popoli aveva fatto mettere ne' facri Dittici i
nomi di Paolino, e d'Evagrio, da lui chiamati Capi di Scif-
ma eziandio Icrivendone a S. Cirillo d'Alefsandria Imperoc- .

ché il partito di Flaviano aveva finalmente prevaluto tra' Vef-


covi dell' Oriente, i quali ficcome di lui parlano con lode, cosi
non la perdonano a' luoi competitori, che gli avevano contra-
itato il polsefso della fua Sede.

Capitolo IX.

Condanita-zjone di Bono/o pronmì'ziata da Vefcovi


di Macedonia.

Concilio di Capoa avendo rimcfTo l'affare di Bonofo a' Vel-


ILcovi vicini, e principalmente ad Anifio di Teffalonica, ed
agli altri di Macedonia, come abbiamo detto, quefti Prelati
pronunziarono una lentenza, con la quale interdicevano a Bo-
nofo l'ingrefib della Chieia (h). Ciò effi probabilmente fecero
ioltanto per fofpenderlo dall' efercizio del luo miniftero, fino
a tanto che totalmente fi dilucidaffe il luo affare, poiché fem-
brava che dagli ftelfi Velcovi fi doveflTe pronunziare un altra
fentenza . Se però non fi vuol dire, che quello giudizio era
fiato fatto avanti il Concilio di Capoa, e che Bonolo avendo

^
(a) Socrat. l. 5. f. 15. Theodoret.l. 5. 1 {b ) ^inòrof.EpiJì. <i.

(-.33. ColUii.Rom.Ep. ^6.


. .

Libro VII. Capitolo IX. 45


appellato al Concilio, fuflfe rimandato a' Vefcovi, acciocché la

fua cauta fuffe di bel nuovo claminata.


Checché però ne Bonolo dopo la delegazione della lua cau-
fia,

fa , conlultò S. Ambrofio, per lapere da lui, le egli non rien-


trerebbe anche per forza nella fua Chiefa; pretendendo forfè
di far cafiare quanto fin allora fi era decretato contro di lui
Ma noftro Santo gli riipole, che non conveniva intrapren-
il

dere cola alcuna, la quale fiifle contraria a quanto era ftato de-
terminato, e che doveva anzi contenerfi tra i limiti della più
ritenuta moderatezza, e niente fare contro la fentenza di quel-
li, a' quali dal Concilio era ftata conferita l'autorità di giudi-

care in quella caufa, acciocché fi defle loro la liberta di ordi-


nare ciò, che giudicafTero conforme alle regole della giuftizia .

Ma da quanto venne in progreiTo operato da Bonofo chiara-


mente apparifce, eh' ei dilprezzò il configlio di S. Ambrofio ,
né fi aftenne dall' efercitare le funzioni fue Epifcopali
I Prelati nondimeno , a' quali era ftata commeffa l'ultima-
zione di queft' affare, ne Icridéro a Papa Siricio come per far-
lo Giudice, ed averne il iuo configlio, e nello fteffo tempo di-
moltrarono di avere un giufto orrore per l'Erefia, di cui cer-
tamente era Bonofo colpevole, cioè, che la Santiffima Vergi-
ne avcffe avuti degli altri figliuoli dopo di Gesù Cristo . Il

Papa nella fua riipofta approvò loro fentimenti fu quefto par-


i

ticolare ; ma in quanto a ciò che riguardava Bonolo , dichia-


,

rò eh' ei non poteva immilchiarvifi, perchéil Concilio di Capoa

aveva nominati effi medcfimi per Giudici, e che quindi ad efii


apparteneva il giudicarne i primi , poiché effi lo tacevano a
nome Concilio, la qual cola egli non poteva fare.
di tutto il

Dimoltra ancora di aver intefo dalla loro lettera, avere effi


dato per Coadjutore Senecione al Velcovo Baffo, acciocché lo
ajutaffe a governare la fua Chiefa, e eh' egli afpettava il regola-
mento della loro fentenza fopra di alcune altre cofe (a).
Fu

(«) Quefta lettera è tra quelle di i me ; maviene dichiarato, ch'cffa non


S. Ambrofio, e ^porta ancora il Iuo no- 1 fia fua, dalla Ikffa lettera, nella quale
riparla
.

44 ViTADiS. Ambrosio
Fu finalmente la caufa di Bonofo terminata con la fenten-
za di Anifio , Macedonia infieme con
e degli altri Prelati della
lui adunati, i quali poiché ebbero condannato Bonofo, dopo un
affai matura deliberazione altresì determinarono, che quelli,
i quali erano da lui ordinati,
Itati fuflfero mantenuti ne' loro

gradi; concedendo ad elfi quefta grazia contro la difciplina or-


dinaria, a cagione della prefente neceffith , cioè, per tema,
che quefti Ecclefiaftici non iiteffero uniti con lui, e che quin-
di non cagionaffero un grave fcandalo, fortificando il partito del
loro Vefcovo , deporto con quefta fentenza. Cofa ftrana inve-
ro ella è, che tale determinazione venga riputata condifcen-
denza , ficcome viene detta da Papa Innocenzo, poiché non
era certamente delitto , l'avere ricevuta l'ordinazione da un
Vefcovo, per fcellerato eh' ei fulfe, fempre che egli era Vef-
covo nella Chiefa Cattolica, come per tale lo dichiara il con-
figlio, di cui Bonofo richiefe S. Ambrofio. E' adunque affai
probabile , che dopo la prima fentenza pronunziata contro di
lui, ci non iafciafle di efercitare le lue funzioni, e di conferi-
re gli Ordini Sacri contro il configlio avuto da S. Ambrofio,
e che la determinazione fatta da Anifio non fi debba intendere
fé non fé rifpetto a quelli, che dopo la prima fentenza erana
Itati da lui ordinati
In fatti egli è certo , che dopo effere ifato feparato dalla
Chiefa, profegui continuamente le fue ordinazioni, e che non
folamente ammetteva agli Ordini Sacri delle perfonc fenza al-
cun efame, ma che veniva altresì accufato di averli conferiti
ad

fi parla di Baronio altresì nel vafì in S. Ambrofio, che è a Teofilo


lui . 1
,,

cccLxxxix. riconofce , non edere fua,«^-/^«//)o, fé non fi vuol dire, che il

e notafi ancora , che il Cardinale di nome di Teofilo deve efTere meflb dopo
]

Cufa confelfa, ch'ella conviene anzi a quello d'Anifio , e che quefto Teofilo
I

Siricio, che a S. Ambrofio. Ma dopo fulle per avventura qualche Vefcovo dei-
alcuni anni Ollìenio l'ha fatta flampare la Macedonia Ma il volerlo prende-
i .

in Roma fotto il nome di Siricio , col I


re per Teofilo d'AlefTandria , come fa
fuo vero tuolo , che è ad ^nifto , ed Biondello, a me fembra non avere al-
o^li nitri Ve/covi dell' Illiria . Imperoc- i cuna probabilità,
che io non intendo il titolo , che ritro-
L I B R o V 1 1. CAr I To L o I X. "45

ad alcuni contro lor voglia, lìraloinandoveli con la violenza.


Imperocché vi lono tempre ftati nella Chiela de' V^elcovi ne-
mici delle più lante regole , e che non hanno leguita altra leg-
ge, che quella ad eili prclcritta dalla loro ambizione, e dal
loro interelie.
Pretendevano Prelati della Macedonia, che tutti quelli,
i

che da Bonoio erano lìati ordinati, fulTero dalla Chiela Catto-


lica accettati , e mantenuti ne' loro gradi , gialla il decreto
di Anifio. Ma da ciò derivandone, che quelli, a' quali la co-
icienza rimproverava fregolatezze, e vizj , che li rendelTero
indegni d'clTere dalla Chiela inalzati a' Sacri Ordini, avellerò
ricorlo a Bonofo, per riceverli dalle lue mani, ed avendolo
indi abbandonato, veniiTero ricevuti nella Chiefa come Cherici,
Papa Siricio volendo eftirpare quel!' abulo, da cui ne deriva-
va un rovelciamento icandalofo di tutta la canonica difcipli-
plina , dichiarò nel ccccxiv. che il decreto di Anifio era itato
,

giulto, fin a tanto che la necefTua lo richiedette, per far cef-


lare la Scilma della Chiela d'Antiochia; ma che elfendo affat-
to celiata quella neceflitìi , a cagione della pace univerfale del-
le Chicle non doveva quefta dilpenla aver più luogo e che fé la
, ;

Chiela ufava tal volta deli' indulgenza in quella materia, ciò


ellafaceva loltanto per facilitare il ritorno di coloro, che era-
no itati tempre nelf Erefia , e non per gli apoflati , i quali
non potevano eflere ricevuti, fé non le per mezzo della peni-
tenza, quale era incompatibile con il Chcricato.
la
Ma Papa Innocenzo I. diRingue affai bene quelle perfone,
le quali erano fiate ordinate nelf Erefia, da quelle, che lo era-
no ilare da Bonoio prima eh' egli fufib condannato , ancorché
dipoi elleno l'avelTero leguito. Imp^occhè ordina, come già
fi era fattoda Anilio, che fé vorranno abbandonare il luo
partilo , e condannare il luo errore per elfere ricevuti dalla
Chiefa , la Chiela ftclfa li accoglierà con giubilo , e li man-
terrà ne' loro gradi. Da quella lettera può dedurfi, che Bo-
noio fufle già morto quand' ella fu icritta , ma non da gran
tempo .

Gen-
,,

4(5 ViTADiS. Ambrosio


Gennadio un certo Audencio Vefcovo della Spa-
(a) parla di
gna , il quale aveva fcritto un libro della Fede contro gli Ere-

tici , col quale confutava i Manichei, li Arriani, i Sabelliani


e principalmente i Fotiniani , che appellavanfi , die' egli, in
quel tempo Bonofiaci, a i quali alcuni riferifcono ciò, che Papa In-
nocenzo dice de' Fotiniani Conviene credere nondimeno, eh' efli
.

formaflero due Sette, e due comunioni affatto feparate; poiché


il fecondo Concilio di Arles ordina , che fi battezzino i Foti-
niani, ma i Bsnofiaci fi ammettano folianto alla Crefima, ed
alla impofizione delle mani, efsendo certo che furono battezzati
nel nome della Santifinna Trinità, come li Arriani.

Capitolo X.

Eccellenti qualità del giovane Valentiniano .

DOro avere Teodofio foggiornato


come abbiamo veduto
lia ,
anni
precedente anno, nel
circa tre nell' Ita-
allor-
ché parti per ritornarfene in Oriente , il giovane
vi lafciò
Valentiniano pacifico pofTefTore di tutti gli Stati di fuo Padre ;
e ciò che ridonda in maggior fua gloria, ve lo laiciò, median-
te le fue iftruzioni, ben confermato nella pietà, e nella Fede {b),
Effendofi in fatti quefto giovane Principe formato lui modello
di Teodofio , nodriva per Iddio una divozione la più fervida
e per S. Ambrofio un affetto il più tenero , ed altrettanto ac-
carezzava quefto Santo, quanto per l'addietro lo aveva perfe-
guitato ad iftigazione di fua madre, e degli Arriani della fua
Corte, e venerava qual" padre quello, che molti anni prima
aveva voluto fcacciare come nemico. Imperocché avendo le
iftruzioni ricevute da Teodofio cancellate dal fuo fpirito le ree
impreffioni ftampatevi da Giuftina fua madre, con altrettante
dimoftrazioni di ftima , e d'affetto verfo quefto Santo Arcivef-
covo

(a) Gennad.CataLHaretic.i^. I
(^) Ambrof.Epifi. <ij.
LibrgVII. Capitolo X. 47
covo riparava quegli affronti , e que' dilgufti, che da altri era
llato indotto ad apportargli. Si gloriava (a) di eflere ftato
da lui nodrito , tal volta lo chiamava col nome di padre , e
defiderava di averlo lenipre prcfTo di fé, per provare gli efTet-
ti della paterna Ina ioUtrcitudine , eflendo perlualo, non altro

cercarfi da Ambrcfio, fuorché il di lui vantaggio. E quindi


certamente ne avveniva, eh' ei dimandava perdono de' pecca-
ti di iua giovanezza, avendogli Iddio fatta la grazia di emen-

darfene, prima ancora di conolcerne la loro malizia.


Né minore a quello cambiamento era quello , che in lui
vedevafi di tutte le fue inclinazioni, ed affetti. Egli aveva
cortumi, e maturità da vecchio aflennato , quantunque fuffe
quafi tuttavia fanciullo , elsendo morto in età d'anni venti ,
ed alcuni mefi {b). Qiiali poi fuflcro le altre lue rare prerogati-
ve, facilmente può arguirfi dalla riloluzione da lui prefa di to-
talmente adenerfi dal giuoco , e da tutti li vani divertimenti
della gioventù, e di affolutamente da fé rimovcre , ed allonta-
nare tutta la licenza di queft' etìi (e). Si fludiava altresì di
addolcire tutto ciò, che vi era di afpro nella pubblica Icveri-
ta, la quale fembra effere compagna indivifibile della Impe-
riale dignità, e credeva di dovere ufare tutta la dolcezza di
un vecchio verfo le perfone, che fi trovavano in pericolo di
efiere convinte di qualche delitto. Erafi egli affai compiaciu-
to del corlo de' cavalli , e degli el'ercizj del Circo , ma aveva
in le talmente fpenta quella inclinazione, che non voleva, che
fi Circo neppure ne' giorni
faceffero quelle corf'e di cavalli nel
più folenni degli Imperadori, né per onorare la iua dignità Im-
periale. Dicevano alcuni, che l'effer egli troppo dedito alla
caccia, ed aU' uccifione degli animali, lo divertiva dall'appli-
cazione, che impiegare doveva negli affari delf Imperio; ma
fece egli in un iliante ceffare quefto lamento con dar ordine ,
che tutte in una volta fi uccideffero le belHe, che erano ne
Par-

(a ) Conclone i de obitu VaUntin.


. I ( f) Conc. 1 . in obiti* Valent. p.i6-j.

(*) HKron.EpiJì.s- '


48 V I TA D I S. AMBROS I O

Parchi del Tuo Palazzo. Ciò dando a comprendere, non po-


tere Filoftorgio (a) rimproverargli, fenz' efìfer ingiiifto, un di-

fetto, dal quale fi era si generofaniente emendato.


Alcoltava nel Tuo Coniìglio le informazioni , che fi face-
vano ibpra degli affari del fuo Stato, e cosi giovane com'era,
rifletteva da vecchio il più afiennato , quafichè fufle animato
dallo fteffo Spirito, da cui lo era fiato Daniele, eziandio fopra
quelle cole, nelle quali i vccch) ftavano dubbiofi , né fapeva-
no rifolvere, o condurre fi lalciavano dalla confiderazione del-
le perfone. Qj.!elli, che per lui nodrivano dell' invidia, l'ac-
culavano d'anticipare per intemperanza le ore delle fue refe-
zioni . Ma per chiudere a coftoro la bocca fi appigliò talmente
al digiuno, che il più delle volte dando lauti conviti a' prima-
rj Uffiziali della fua Corte, fi afteneva dal mangiare, per iod-

disfare nello fteifo tempo, e con una fomigliante condotta, tanto


a' doveri della noftra Religione, quanto a quelli della bontà, e

dell' umanità, con la quale erafi obbligato a trattare i luoi, co-


me conviene ad un Imperadore.
Fu a lui riferito, che i giovani delle più cofpicue Cafe di
Roma erano appaflionatamente innamorati di una affai bella
Commediante. Risolvette egli ben fubito di farla venire alla
fua Corte, per rimediare a quello dilbrdinc. Ed eflendocchè
quello, il quale era flato a queff effetto mandato, fé ne ri-
tornaffe fenza aver eleguita la datagli commeffione, effendofi
lafciato corrompere col danaro, egli ve ne mandò un altro,
acciocché non lembraffe, che avendo voluto correggere i vizj
della gioventù, ei non vi fuffe potuto riufcire. Alcuni però,
che finiflramente interpretavano le fue migliori intenzioni ,
prefero quindi motivo di denigrare con maldicenze il candore
della fua fama. Ma la verità è, che avendo fatta venire que-
lla Commediante nel luo Palazzo, giammai non volle vederla,
e cornandogli di ufcire ben prefto dalla lua Corte, acciocché
tutto il Mondo conolceffe, che egli aveva faputo farfi ubbidi-

___i!i
(«) Phikftorg.XI.i.
Libro VII. Capitolo X. 45^

re; ed i giovani imparaflero dal fuo efempio a reprimere la


paflìone che avevano per quella Donna, riflettendo al poco
,

calo , eh' ei ne aveva fatto , benché la tenefle in luo potere Non .

era egli ancora ammogliato ,


quando operava di una maniera
lòmigliante, e praticava una cosi efatta caftiù, come le vi fui-

ie llato coftretto da' iacri vincoli del Matrimonio.


Non vi era padrone, che avefic tanto dominio fopra di
uno fchiavo, quant' ei ne aveva fopra del fuo corpo, ne pcr-
fona vi era, che ad altri comandafle con tant' imperio, quant'
egli aveva autorità fopra le ftefib, per reprimere i movimenti della
fua gioventù con la feveritìi di una rigidamente eiatta diicipli-
na . Ammirabile era la fua pietà, e per tale la diede a cono-
fcere, allorchc venendo un d\ da un accufatore denunziate al-
cune perlone nobili, e ricche in fommo grado (cola che po-
teva rilvegliare l'avarizia in un Imperadore), e facendo iltan-
za il Prefetto di giudicarle , quello Principe gli riipofe , con
proibirgli anolutamente il dare ordine alcuno contro di elTe ,
che avelie la ben minima apparenza di crudeltà, mallimamen-
te finche non fulfero partatiche dovevano intie-
1 tanti giorni,
ramente da' Fedeli impiegarfi nella divozione. QLiando poi
paOTati alcuni giorni , ebbe l'accufatore fatta leggere la relazio-
ne de' fatti, de' quali incolpava quelle perfone, e fi (lava per
pronunziare lentenza fopra di quella caula criminale, volle,
che polli in totale liberta gli acculati, fi trovalfcro prefenti fino
a tanto, che il Prefetto rellafie pienamente informato. Giam-
mai poi né prima di quello fatto, né dopo, alcuno non vi tu,
durante il Regno di un Imperadore di queft' età, che avelfe
motivo temere di trovarfi nel formidabile imbarazzo di tcol-
di
parfi del tanto grave delitto , qual è quello di lela Maella.
Cos'i giovane, com' egli era, fi rideva di un accufa di quella na-
tura, della quale più agguerriti, e potlenti Monarchi non la-
i

iciano di temerne le ferali conteguenze.


Siccome poi amava egli ellremamente fuoi fudditi, cosi i

facevafi da elfi teneramente amare per la lollecita cura, ch'ei


fi prendeva della loro ficurezza, e tranquillità. Giammai non
.

^O V I T A D I S. A MB RO S I O

loffn, che fi cfiggefTero da effi nuove impoftc nelle Provincie


Imperocché diceva , che efTendo impotenti a pagare gli antichi
fiiflldj, non vedeva come fi potedero efiggere da effi nuovi ag-

gravj. Avevano alcune Provincie del Romano Imperio loda-


to Giuliano di avere tenuta una lomigliante condotta ; ma
ben grande era il divario , che pafTava tra quefti due Impera-
dori ;non folamente perchè uno era più giovane dell' altro ;
ma ancora , perchè laddove Giuliano avendo trovate in affai
buono (tato le fuc rendite, aveva nondimeno refo elaufto il fuo
erario all' incontro Valentiniano non avendo trovato alcun
;

fondo , era viffuto, ed aveva regnato nella doviziofa abbon-


danza di ogni forta di beni.
Io non fo , fé di quella fcarfezza di danaro nella quale ,

trovofìTi Valentiniano quando entrò al pofreflb dell' Imperio ,


fi debba intendere ciò, che dice S. Ambrofio (/?), quando par-
lando del fogno di Faraone interpretato da Giuieppe, fi duole,
che l'effetto di queilo fogno fiafi provato anche a fuo tempo ;
ftantecchè Tabulo fatto dell' abbondanza da' precedenti Impe-
radori aveffe cagionata una generale indigenza di tutte le cofe,
né fi fuffe trovato alcun Giuieppe , il quale configliaffe all' Im-
peradore di moderare gli eccelli delle fue profufioni, e di ri-
lervare alcuna cola per gli anni venturi; ma anzi coloro, che
ftavano al di lui fianco , volendo mantenerfi in una piena li-
berta di depredare tutte le folìanze dell' Imperio , aveflero a
queif effetto impedito , che fi afcoltaffero quelli , che gliene
avrebbero configliato un miglior ufo. Aggiugne quefto San-
to, che quantunque ci non aveffe l'ardire di paragonarfi a Giu-
fcppe, non vi effendo chi poteffe arrogarfi un tant' onore , non
lalciava però di affermare , non cffere quefle Vacche graffe fol-
tanto figura della pubblica diffolutezza , ma ancora della poca
cura, che fi aveva di predare a Dio il dovuto riipetto; e che
queflo fogno della temporale abbondanza non durerebbe fem-
pre , ma che verrebbe un tempo, nel quale a quefìa dovizio-
fa

( <7 ) Idem dejofeph e. 1 7.


LiBRoVII. Capitolo X. 51
fa opulenza fuccederebbe una eftrema miferia.
Ma per ripigliare le lodi , che S. Ambrofio ci ha lafciate
di Valennniano Antiava quello Principe i luoi amici fino a
:

defiderare di morire piuttolto , che doverli efporre a qualche


pericolo per iuo lervigio. La tenerezza eh' egli aveva per le
lue lorelle era si grande , che non folamente con else fi ricrea-
va, e fi Imperio; ma talvolta an-
follcvava dalle fatiche dell'

cora compiacevafi di fcordarfi del fuo grado, e della Maella


Imperiale , per dare ad effe contrafegni dei tuo affetto con in-
nocenti carezze. Qiielt' amore però non Io portava a violare
in lor favore i diritti della giuliizia. Imperocché avendo effe
un ingiulla pretenfione contro di un orfano per una terra, che
la lor madre GiulHna aveva ad efse lafciata, ei volle elami-
nar quella loro pretenfione, ed avendo conol'ciuto efsere ingiu-
fla, la rimile Giudici ordinar), ed intanto credefi, che con-
a'

figliaffe fegretamente le lue lorelle a rellituire quella terra, co-


me da else fu fatto.
Finalmente ei paffava per un uomo che tutte pofse-
,

dcffe quelle doti, di corpo non meno, che d'animo, le quali


potevano farlo giudicare degno dell'Imperio; e le egli aveffe
potuto giugnere fino all'età matura, avrebbe certamente lor-
paffato fuo padre nel coraggio, e neiramminiltrazione della
giuflizia(/»), alla quale indefeffamente applicavafi con tutta
quella attenzione, ed ardore, di cui la fua età era capace; ren-
dendo nello fleffo tempo illullre la Chiela con la lua fede, e
colla fua divozione {b).
Vedendo S. Ambrofio una sì grande benedizione del Cielo,
ed un sì felice cambiamento in un Principe, a cui sì poco ave-
va pregiudicato la peffima educazione datagli da una Madre Ar-
riana , a Dio ne rendeva continue grazie. Ma la di lui con-
tentezza non ^w di longa durata, e noi ben predola vedremo
cambiata in una meftizia uguale all'affetto, che Dio avevagli
in cuore accclb per quello Principe.

(rt") Sozom.liò.j.rap.zi. i (i) Rnffirt. lià.z.cffp. ^i.

D II
' — ,

52 Vita DI S. Ambrosio

Capitolo XI.

VaJent'tntttno nega a Pagani il ri/ìabilimefjto de loro privilegi y


cbiatna Sani Ambrofto in Francia per ejfere da lui
batteT^to , ma troppo tardi .

TRovAVASi quefto giovane Principe nelle Gallie (tf), e vi


godeva della pace, ch'egli aveva procurata a' fuoi Stati,
dante che la lua grande moderazione, e l'amore, ch'egli no-
driva perla pubblica tranquillità, aveva impedito che i Bar- ,

bari faceffera alcuna fcorreria nella Francia.


Mentre però fé ne ftava in quefta Provincia , dopo che
Teodofio lafciata l'Italia fece ritorno a Coltantinopoli, il Se-
nato mandò a lui de' Deputati per domandargli, anche per una
volta , il riftabilimento de' privilegi dal luo fratello Graziano
tolti a' Templi degli Idoli {b).
Trovavafi egli quali neceffitato ad accordare ad affi qnc-
fla domanda per la maella ftelTa del Senato , che lo lupplica-
va, per le premurofe illanze che a lui ne facevano perlone
,

perle quali aver poteva dell'inclinazione, e per l'importunità


di un gran numero di Pagani , che a lui ftavano d'intorno.
Provava egli di più in quefto tempo lo fvantaggio di non avere
preffo di le S. Ambrofio, al quale neppure aveva icritto fopra
di queiV affare, che fi era certamente trattato in fcgreto , e len-
za eh' ei ne lapeffe cola alcuna Nondimeno quefto generolo
.

Principe non temette di difpiacere agli uomini , per piacere a


Gesù Cristo, ed affolutamcnre ricusò di accondefcendere alle
richiefte del Senato E da ciò alcuni hanno creduto efferne
.

—— j» •——— — — — ^ • — .
prò-

(<?) Orof. lib.j. cap. 54. Amhrof. in 1 afTegnando a quanto fcgul in quella il
ebhu Valentin. EpiJL 35. Paulin, Vita tempo dell' ultima Lo Iteflb fìmilmen-
.

Ambrof. I
te ha fatto Prudenzio, poiché fuppone,
Paolino ha confufa quefta de-
(Zi ) 1 che la fupplica di Simmaco, da lui non
putazione del Senato con quella fatta ammcffa , fia poftenore ai viaggio di
per lo flciTo motivo nel ccclxxxiv. , |
Teodofio a Rema.

y
. ,

LiBRoVir. CapitoloXI. 53
proceduta cagione della fua morte (a).
la Infatti molta pro-
babilità vi è, che Arbogafto, autore di crfla, e che era Paga-
no di religione , fulTe uno di coloro , che Io ftimolafTero ad
arrenderfi alle preghiere del Senato. Ma cofa rara ella è il

trovare tra' Cortigiani , e tra gli uomini ambiziofi, qual era


quefto Generale, tanto zelo per la fua religione vera, o falla,
che fiafi , fino a farfene il più impegnato promotore. Sant'
Ambrofio però , che loda Valentiniano di avere fatta una si
eccella azione prima del giorno della fua morte , cioè pochi
giorni avanti, non ci dice quefta circoftanza (^).

Avendo quello giovane Imperadore verfo lo (ìei^o tempo


intefo che i , Barbari devaftavano , e minacciavano l'Alpi
che circondino l'Italia dalla parte dell' lUiria , temette , the
fotto preteso di far guerra ad altri, o forfanche ad altri Bar-
bari, attaccaffero altresì i fuoi ftati , ne' quali avevano di già
fattimolti prigionieri. Il ripofo, di cui godeva nelle Gallie,
cominciò quindi a iembrargli importuno, e sforzoflì di lafciar-
lo, e di elporlì a' pericoli della guerra, per foccorrere all'Ita-
lia. Infatti effendo già lui punto di portarfi a Milano, come
aveva ftabilito, ed avendo di già dati gli ordini neceffarj per
quefto fuo viaggio , la di lui morte impedigli l'efecuzione di
queft'imprefa.
Non però di conofcere in queft'occafione di quanto
fi lalciò
farebbe flato capace , fé più longamente avelfe vifluto Im- .

perocché i Barbari fi erano di già ritirati per il folo rifpetto ,


che alla di lui autorità portavano , e per l'afletto , che per
lui nodrivano , a cagione di lua moderazione , e della cura ,
ch'egli aveva di mantenere religiolamente con efli la pace.
Si fcufarono elfi ancora con lui , gli reftituirono i prigionieri,
e fi

(a) Baron.an. cccxcn. ìmertis Templorum privilegia dmegavit


(i) S. Ambrofio domandando a Dio '
jiflabn: viroriim caterva pentilium-, fup-
la falute dell' Imperadore VAhniin'ia- plicaèat Senatus.
\
Non metnebat homi-
no, fi cfprime con i feguenti termini: \nibus difplicere , ut lièi foli plateret in
Solve ferv» tuo munut grati/e tux , quam Chrifto,
ille nunquam negavit

Tcm.JJ.
, qui ante diem
Dm \
. .

^4 Vita di S.Ambrosio
e sforzarono di giuftificare la loro condotta , adducendo in
fi

loro dilcolpa, non aver elfi laputo, che i prefi da loro in guer-
ra, fuflero Italiani, e fudditi di queftlmperadore.
Ma
prima dell'accennato accomodamento, e nel tempo,
che tuttavia temevafi l'incurfione di quefti Barbari , S. Am-
brofio, che era il refugio più ordinario de' Grandi dell'Imperio,
e de' Popoli in tutti i pubblici affari, per accondefcendere alle
irtanze premurofe del Prefetto del Pretorio , e di altre perfo-
ne affai ragguardevoli, aveva promeffo di andare a trovare Va-
lentiniano in Vienna , ove allora trovavafi, per pregarlo a por-
tarfi in Italia; non potendo, die' egli, ingerirfi da fé rteffo di
andar alla Corte, quando neffun affare ve Io chiamava, né al-
tresì lalciar di fare quant'ei poteva per lervizio del tuo Popolo.
E per verità non vi fu Prelato, che maggior lume, e maggior
diicernimento di lui aveffe in fomiglianti occafioni Ma Va- .

ìentiniano aveva già da fé ftelfo rifoluto d'intraprendere il viag-

gio, del quale il Santo voleva fupplicarlo , e fino dal giorno,


nel quale egli aveva determinato di andarlo a trovare, fi era dato
ordine , di tenere pronto quant'era neceffario per quello viag-
gio deir Imperadore. L'andata quindi di S. Ambrofio , che
videfi felicemente prevenuto, fu impedita da quelli fleffi, che
lo avevano dimandato. Nondimeno la cola erafi già cosi di-
volgata, che fé ne fparfe la fama per tutte le parti,e ne corfe
voce fino a Vienna. Sembra, che il Santo medefimo dica, ef-
ferfi da alcune perfone affettata quefta pubblicazione del fuo

viaggio , ed averne fparfa la voce per qualche lor fine


Valentiniano , che grandemente defiderava la di lui pre-
fenza , ricevette con gioja quella novella, ed impaziente di
conferire con lui molte importanti cofe,, vedendo che non ve-
niva , fecegli fcrivere per mezzo di un Silenziario , nome in
que' tempi di un Uffizio , di portarfi da lui foUecitamente
Aveva Valentiniano due rilevanti affari da comunicare al San-
to , uno de' quali era la neceffità, alla quale trovavafi ridotto,
di premunirfi contro l'eccefTiva autorità del Conte Arbogaffo , che
più contenere non fi poteva entro a' fuoi confini; e l'altra era
l'ac
LiBRoVII. CapitoloXT. 55
laccefa brama, ch'egli aveva di ricevere il Battefimo dalle
mani di quello Santo, da effo onorato come luo padre. Im-
perocché , efiendo tuttavia Catecumeno, aveva nloluto di ri-
cevere quclto Sacramento, prima di venire in Italia (a). E
quelta loia coniìderazione era più che badante a giuftificare le
fue premure.
Non che non vi fufTero allora nella Francia mol-
è già
tilTimi lami Velcovi, che anzi lembra ve ne fuflero molti attual-
,

mente adunati, per tenere un Concilio, e Valentiniano, che


trova vafi continuamente eipollo a' pericolofi incontri, avrebbe
certamente fàno meglio ad eleggere uno di quelli, per riceve-
re un si necefìTario Sacramento, che alpettarc, com'ei fece, l'ar-
rivo di Sant' Ambrofio, con un affettazione, la quale lebbene
non era del tutto ragionevole , era nondimeno fondata nei fm-
cero affetto, ch'egli nodriva per quello Santo Prelato.
Sembra, che Valentiniano aveffe di già più volte invita-
to S. Ambrofio a portarfi da lui in Francia, e che il Santo le
ne fuflTe lempre fculato per le frequenti diflenfioni , che tra*
Velcovi inlorgevano a cagione degli Itaciani , ficcome fembra
che dir voglia S. Sulpizio Severo. Ma dopo che S. Ambrofio
ebbe ricevuta quella lettera dell' Imperadore, non avendo ca-
vallo per far quello viaggio a lue Ipele, fervendofi delle pub-
bliche vetture , parti di lubito e con tanta preltezza, e loUe-
citudine, che non ebbe campo di riflettere fopra de' funelH in-
dizj della dilavventura, che era Hata minacciata all' Imperado-
re, o per meglio dire, che già eragli lopravenuta.
Già il noltro Santo paffava le Alpi , quando ricevette la tri-
fta nuova del tragico fine di Valentiniano , che Arbogafto ave-

va fatto morire due giorni dopo, che queft' Imperadore aveva


fatto fcrivere a S. Ambrofio. Seppe egli ancora, che quello
giovane Principe aveva paffati quelli due giorni in una tale im-
pazienza, ed in una sì moietta inquietudine di vederlo, che
avendo fpedito alla fera il Corriero, già dimandava nella mat-
tina

(a) Ambrof. Ep. 57.


D IV
.

H^ ViTADiS. Ambrosio
tina del terzo giorno fé era ancor ritornato, e fé il Santo Vef-
covo veniva.
Tutta converrebbe conofcere l'ampiezza del cuore paterne
del noftro Santo, ed il fuo tenero amore verfo di quefto giovane
Principe, per concepire fin a qual fegno fuffe alto, e profondo
il fuo dolore, che tante particolari circoftanze avrebbero a lui

refo infopportabile, fé lo fpirito della Fede, dal quale era egli


continuamente animato non lo aveffe foftcnuto ncii' incontro
,

di una sì grande, e si forprendente afflizione. Videfi egli per


tanto coftretto a ritornare a Milano, bagnando tutto il cam-
mino con le lagrime, eh' ei meicolava con i gemiti di tutti i
Popoli. Vedremo poi tra breve gli ufìizj di pietà, eh' ci tri-

butò all' anima, ed alla memoria di Valentiniano; ma convie-


ne, che prima narriamo le circoftanze di quefta morte, la qua-
le elTendo^li ftata procurata da Arbogafto, ftimiamo di dover
qui narrare chi coftui fuffe , e per quali gradi fia egli falito fin

al fommo di una si crudele tirannia.

CapitoloXII.
Arbogafto fi folleva fino ad ìmpadromrjì dell' Imperio , nel quale
Valentìntano in vano Ji sforT^ di mantenerji

ARBOGASToera Francefe {a)\ e fi pretende, fen-


di nafcita
za che fé ne abbia alcun fondamento, eh' ei fuffe della
fchiatta di coloro, che erano ftati anticamente trasferiti in Fran-
cia, e che fi chiamavano Lccti Filoftorgio {b) gli da per pa-
.

dre un Barbaro, dal che potrebbe dedurfi, eh' egli abbia credu-
to , che Arbogafto fuffe Romano.
Delle fue qualità diverfi ritratti fé ne trovano nelle anti-
che ftorie , fecondo che i loro autori erano impegnati , o per la
fuperftizione del Paganefimo , o per la Cattolica Religione.
Zofi-

ia) Péiulin.Vit.Jmkof. Zs/.l.^. 1


(, ù) PMoJlorg. XJ. iz.
. .

Libro VII. Capitolo XII. 57


Zofimo Io dcfcrive (a) per un uomo da non poterfi col
danaro corrompere, ed in eftremo generolb; per un Capita-
no molto prode, e per un afilli elperto guerriero. Eunapio, il
quale era pagano ugualmente che Zolimo, fimiimente dice,
eh' era pieno di ardore , e di coraggio , d'una caitita aflai illi-
bata , ed a tal legno capitale nemico dell' avarizia, ficchè non
fuflc più ricco di un femplice loldato.
Per contrario tutti i Criltiani, i quali hanno fcritta la ì\o-
ria della Chiela , parlano di lui affai ivantaggiolamente So- .

crate gli da uno fpirito crudele, ed eftremamente fitibondo di


fangue (/»). Orofio, che poteva aflai meglio conofccrlo , lo
chiama un Barbaro, che in tutte le cole cadde ne' più viziofi
cftremi, nel coraggio, che nelle riioluzioni, nelle elecuzio-
s'i

ni, nell'ardire, e nella potenza. La qual dipintura è ftata


trovata s'i propria, e si naturale dal Conte Marcellino (e),
che ei nel favellare di lui fi è fervilo de' fteffi termini. E per
verità quanto avvenne icmbra che balfantemente lo giuftifichi.
Avcvalo Graziano impiegato con il General Bautone, che
era altresì Francele, e fé credere fi deve a Zofimo, avevali
queft' Imperadore inviati ambedue a ioccorrere Teodofio ftret-
to da' Goti nel ccclxxx. Efl^endo morto Bautone dopo il iuo
Conlolato , che notali nel ccclxxxiii., Arbogalto fi inalzò da
fé (tefib alla dignità di Generale delle Armate di Valentiniano II.,
fenza che nefl^imo l'onorafle di quella commeffione, ma per la
fola confidenza, eh' egli aveva nel fuo merito, e nel favor de'
ioldati
Dopo la disfatta di Mafllmo, che da Orofio viene a Un
principalmente attribuita, uccife egli Vittore figliuolo di quell'
Uiurpatore , e conclufe la pace con i Francefi nel ccclxxxix.
Gli Storici, che lo favorifcono, dicono, che a cagione di quello,
rilevante fervigio rellò preffo di Valentiniano, aumentando con
la fua gravita le lodevoli, e generofe inclinazioni ài quello Prin-
cipe,

(<r) Siiidas J. ylcirian. Vale/, l. Z. , {b ) Socrat.l.<. c.%. Orof. I.7. e. ^^.


rerum Francknrum 1 (
< ) Chron. Marceli.
58 ViTADiS. Ambrosio
cipe, foftenendo a guifa di feda, e ben piantata colonna l'Im-
periale Dignità, e facendo, che quanto fi operava nella Corte,
tulle diretto giulta le regole, ed il buon ordine. Aggiungo-
no, che egli h era refo cosi potente, che liberamente, ed au-
torevolmente diceva la venta a queft'Imperadore, e tutte im-
pediva quelle cole , che giudicava non doverfi fare ; e che quan-
tunque a Valentiniano talvolta riulcifse aisai moleda l'autori-
tà, eh' egli fi arrogava, e fi sforzalse di opporvifi, ciò ei fa-
ceva invano, comecché Arbogalfo fi fufse guadagnati i loldati.
Ciò alsai uniformafi a quanto ne ha Icritto Sozomeno (a),
cioè, pretenderfi da alcuni, che l'ardore delia gioventù facefse
intraprendere a quello giovane Principe cole , che non fi dove-
vano, e che Arbogalìo ne impedilse l'eiecuzione. Ma per parlar
fanamente , era quefta piuttollo fchietta tirannia nel mentovato
Uffiziale, che un fincero zelo della giuftizia. Imperocché Sul-
pizio Alcfsandro, quale in quello (telso tempo icriveva, fic-
il

Gome può dedurfi da S. Gregorio Turoneic (Z»), riferifce, che


Arbogalto teneva Valentiniano rinchiulo nel Palazzo di Vien-
na con tanto poca autorità, come le quello Principe fufse ftato
un femplice privato; che Arbogallo conferiva tutte le Cariche
della Milizia alli Francefi, ed i civili impieghi a perlone del
fuo partito, e che egli fi era afsoggettato tutti in guila, che
nefsuno Uffiziale della Corte ofava fare quanto dall' Imperado-
re gli era ftato detto favellando con lui , né tanpoco ubbidire
a' tuoi efprefiì ordini , qualora non fuffero ftati approvati da
Arbogafto . E per ilpiegare forfè quefta fervitù, nella quale
era l'Imperadore tenuto , dice S. Ambrofio , eh' egli avrebbe
dovuto mandarlo a cercare per mezzo di una lettera legreta ;
onde fi arguifce, eh' egli non era certamente padrone del fuo
fegreto, e delle fue deliberazioni.
Eflendo che quefta violenza riufcilTe a Valentiniano un
giogo inlopportabile, ei ne fcriveva continuamente a Teodo-
fio, querelandofi dei dilprezzo, che quefto Generale faceva del-
la

(«) Sozam.Ub.T.cap.zj,, ' (i) Creg.TuTon.I.z.HiJì.Franc.c^.


Libro VII. Capitolo XII. 55)

la fiu Dignità, e fcongiuriindolo a non differire d'avantaggio a


foccorrerlo , o che egli verrebbe a trovarlo Qiicfta parti-
.

colarità riferita da Zofimo può (ervire per ifpicgare quanto dice


S. Ambroilo, cioè, ciie il dilegno da Valentiniano avuto di ve-
nire in Italia,fufl'e la cagione della lua morte. Imperocché
Arbogafto potendo ragionevolmente temere, eh' ei non faceffe
quello viaggio per avvicinarfi a Teodofio, e che la conferen-
za, che avrebbero infieme tenuta lopra la di lui condotta sì

infoiente, e si oltraggiola, e l'unione di quelli due Monarchi


non cagionafle la lua rovina, verifimilmente s'indufie a preve-
nire con un azione di perfidia, e di crudeltà la diftruzione di
quella fovrana potenza, alla quale giìi da tanti anni erafi egli
inalzato con tante violenze, ed artiticj.
Valentiniano nondimeno più non potendo tolerare una fer-
vitù SI veroQonofa, che lo riduceva a non eflcre che l'ombra,
....
ed il fantalma d'un Imperadore , nel mentre clie la temerità di
un fuo fuddito tutti le ne ulurpava i diritti fenza portar-
ne il nome, cercò il mezzo di lottrarfi da quella oppreffionc
con qualche generofa riloluzione. EHTendo quindi un giorno af-
fifo lopra del fuo Reale trono, vedendo venire Arbogalto, ri-

mirollo con guardatura fpirante fierezza , e che denotava l'in-


terno fuo fdegno, e diedegli un Breve, col quale Ipogliavalo
della fua Carica di Generale Ma uopo era di qualche cofa
.

di più di quello cambiamento di volto, e di quella nuova ma-


niera di parlare per lollenere quella azione d'autorità. In fatti
Arbogafto non meno infoiente di prima, gli rifpole con un dif-
prezzo, che denotava una adìù manifefta ribellione: che hc-
come egli non gli aveva conferita quella lua Carica , cosi neppure
era in fuo potere il togliergliela, e nello lleffo tempo llracciò
il Breve, gettollo a terra , e fé ne partì. Un Imperadore, la
cui autorità fuffe Itata ben affillita, avrebbe dovuto farlo ar-
rellare neh' illante medefimo. Ma Valentiniano non palsò a
quella riloluzione , comecché temefle i loldati , e non avefle
probabilmente confultato, che il luo coraggio, ed il fuo giulto
rilentimento nel dar lomialianti dimoflrazioni ad Arbogafto,
ne
, . ,

óo ViTADiS. Ambrosio
né aveffe concertata quefta dichiarazione con alcuno de' fuoi.
Laonde altro non ne traffe, che di avere irritato Arbogafto
come una beftia feroce, contro di cui fiafi vibrato un colpo di
Ipiedo, o Icoccato un dardo fenza ferirla.
Succedette probabilmente in quefta occafìone quanto rife-
rifce Filoftorgio (/?), fé ammettere per verace lo vogliamo,
che Arbogafto avendo fatto entrare in collera quefl' Imperado-
re con parole offenfive , volle Valentiniano prendere ad una
guardia la fpada per ucciderlo ; ma che la guardia fermoUo, e
reprimere quefto traiporto, e di nafcondcrlo, dicen-
sforzoffi di
do, che non potendo foffrire di effer Imperadore, e di non po-
ter fare quanto a lui piaceva, aveva voluto uccidere fé fteffo.
Quefl' era un troppo chiaramente dichiararfi in prefenza di Ar-
bogafto, che faper non volle d'avantaggio per afficurarfi del
fuo difegno, e per far prontamente ioffrire a quefto Principe
la pena della fua imprudenza , e della fua debolezza

Capitolo XIII.

Arbognfìo fa flr angolare Vahnt'tmano

iecreto odio, da gran tempo vicendevolmente fomentato ne'


ILcuori di Valentiniano e di Arbogafto eftendo divenuto affatto
, ,

pubblico, Arbogafto ad altro più non pensò, che a cercare mez-


zi per disfarfi di Valentiniano, e di li inanzi più non tenne mi-
fura alcuna ( ^) . Per dar quindi qualche colore ad una sì nera
perfidia, diceva Arbogafto d'aver motivo di temere alcune per-
fone , che l'odiavano. Ma quefte perfone erano affatto inno-
centi, e Valentiniano aveva cuore baftante per apertamente di-
chiararfi, eh' egli voleva piuttofto morire, che permettere, che
un accufa si ingiufta efponefie quefte perfone per fua cagione a
qualche pericolo. Tutti fi adoperarono gli sforzi per riconci-
liar-

(«) Phtloflorg.XLi. \(^b) Zof.lib.Ot. Ambr.inobhnValent. Jd.Ep.i$.

i
Libro VII. CapitoloXIII. 6i
liarli, e far cenare autore di qucftc diffen-
i vani pretcrti dell'

lìoni Né dubitare certamente conviene , che l'Impcradorc


.

non accordalfe fincerarnente ie propofizioni fatte per quello ac-


comodamento ;
poiché uno de' motivi, che lo avevano indot-
to a far venire S. Ambrofio con tutta la polTibile preftezza, era
perchè ei eflTerc luo mallevadore.
potefTe
Santo, che non fi intrometteva negli affari della
Qi.ielto
Corte, non aveva faputo il pericolo, nel quale trova vafi il fuo
caro Principe, ed anche quand'egli ricevette la fua lettera, che
lo chiamava in Francia , non. fi accorfe degli affai vifibili in-
dizj , che fin da quel tempo fi difcoprivano. Valentiniano in
tanto tutto Ipcrava da lui , lo alpettava come fuo liberatore ,

e tal volta diceva a le fteflb : farò io tanto felice di vedere imo


p/jdre? E confidenza non era viziofa ,
certamente la di lui

poiché alpettava Dio nella perfona del fuo Pontefice.


Tutto il Mondo fu da quel tempo in poi perfuaio , che
la prefenza del Santo avrcbbegli infallibilmente falvata la vita,

ed il Santo ftefl'o nefluna difficolta aveva di afferire che fc


,

avefle trovato vivo Valentiniano , lo avrebbe riconciliato con


Arbogafto con offerirfi di efi'ere luo mallevadore , e di rifpon-

dere perlonalmente per tutti quelli, che quello Conte voleva


avere per lofpetti . Infatti oltre alla totale confidenza , che
Valentiniano {a) aveva in lui, Arbogafto medcfimo gloriavafì
di effere luo amico , e di fovente mangiare can lui. Ma la
modeflia fa dire a quello Santo , ch'egli non era un Elia , ne
un Profeta, per penetrare nell'avvenire, e poter quindi impe-
dire la morte quell'Imperadore , la cui vita era a lui fteffo
di

SI cara , e preziofa e che per cagione de' fnoi peccati non ave-
;

va potuto conlervargliela
egli .

QLiantunque tutte le antiche Storie afferifcano , che la


di lui morte fu tragica , nondimeno gli autori diveriamente ne
parlano. Zofimo ha fcritto , che nel mentre fi divertiva prci-
lo Vienna, lopravenne Arbogado, e lo uccife. Filollorgio {b)
rifc-

( a ) Paulin. Vit. S. Ambrof. i ( é ) Philojhri. l. XI. i


.

6Z VlT A DI S. A MBROSI O
riferifce più minutamente quefto
fatto, e diee, che paflTeggian-
do quefto Principe lungo le rive del Rodano dopo il pranlo, e
fenza la fua gente , la quale era andata a prendere la fua refe-
zione, gli afTaffini mandati da Arbogafto lo ftrangolarono con
le lor mani, e lo appefero ad un albero col fuo fazzoletto , per
far credere, che egli fi fuffe da fé ftelTo uccilb Ciò è confor- .

me a quanto ne ha detto S. Girolamo (<?), cioè che queft'Im-


peradore fu uccifo, e che di piìi vollero ancor difamarlo dopo
la di lui morte colf appendere il di lui corpo. Orofio attcfta
la fteffa cola (/»), e parla come gli altri di quefto crudele ar-
tificio de' fuoi nemici , che non tendeva ad altro , che a fargli
perdere la riputazione , dopo di avergli tolta la vita. Ruffi-
no (e), la Cronaca
Marcellino, e Sant'Epifanio aflicurano,
di
che ei fu ftrangolato ; ma S. Epifanio aggiugnc , che ei fu trovato
fìrozzato nel luo palazzo; e quefto racconto confronta totalmente
con quanto ne hanno detto Socrate, e Sozomeno (a'), i quali
hanno fcritto , che gli Eunuchi del fuo palazzo guadagnati da
Arbogafto lo ftrangolarono, mentre dormiva. Idacio, e Tiro
Profpero fi contentano di dire in generale, eh' ei fu uccifo per
ordine di Arbogafto. E ciò è quanto vi è d'incontraftabilc ;
quantunque S. Agoftino (e) ne abbia parlato con maggiore
ritenutezza, non volendo afferire fé a quefto Principe fuffe da-
ta morte dalla fcelleragine altrui , o in qualch' altra maniera,
o fé ella feguifte per accidente.
Confcrvò Valentiniano fino agli ultimi momenti del viver
fuo quel tenero, e fraterno amore, che aveva fempre avuto
per le fue Sorelle; e S. Ambrofio non ha lafciato di notare, che
nel giorno fteftb della fua morte, vale a dire, <quando fu afta-
lito da' fuoi Sicarj, altro non una si funefta eftremità,
difle in
che: Ahimè! Mie povere prevedendo lo ftato deplora-
Sorelle.'
bile, al quale si funefto accidente avrebbe ridotte quefte Princì-
peffe.
Non.
ia) Hieron. Epijì. ^. 1 (a') Soaat. l.'y. c.i^. Sozom. l.y. c.ZQ.
(ò) Oro/, lib. 5. eap. 24. j ( f ) Jugufl. Itb, 7. dt Civit. e. %6.
(f) R uffin .Uù.z.c.zi. Epiphan
Libro VII. CapitoloXIII. 6^
Nondimeno la finzione di Arbogafto , che quefto Princi-
pe, del quale egli era uccil'ore, fi tufle ftrangolato da le ftcffo,
non lalciò di Tpargerfi per tutto il Mondo, e di efierc da alcuni
creduta. Imperocché Ruffino, e Sozomeno la riferifcono lenza
rigettarla, ed eziandio S. Prol'pero l'ha inferita nella iua Cro-
naca , come una Cofa in vero aliai maraviglio-
verità coftante.
fa ella è, che laddove gli Autori Pagani, i quali hanno van-
taggiofamente parlato di Arbogafto in tutte le altre occorren-
ze, a lui, lenza efitare, attribuilcono quelV aOTaffinio; per lo
contrario alcuni Autori Crilliani fianfi lafciati perluadere da
coloro, che hanno disonorata la memoria di Valentiniano, e
fianfi lalciati effi fteffi forprendcre dagli artifizj del Tuo nemico,
che giammai non gli avrebbe tolta la vita, le non avefle avu-
to l'iniquo ditegno di rapirgli ancor la Corona.
Ma Ambrofio circa la falute di quefl'Im-
l'opinione di S.
pcradore è da fé fola badante a provare incontraftabilmente,
non efiere egli morto, che per opera dell' altrui violenza. Im-
perocché quefto Santo Dottore della Chiefa, che era provve-
duto di tanto difccrnimento, e lume per giudicare delle azio-
ni umane, non avrebbe si vantaggiofamente parlato di quefto
giovane Principe dopo la di lui morte, fé egli fufle ftato il car-
nefice di le fteflb, elereitando fopra fé mcdefimo una si rea cru-
deltà; né avrebbe confolate le di lui Sorelle, come fece, fé con
far ciò aveftt;dovuto od offendere la verità, o tradire la pro-
pria colcienza; od almanco farebbefi prefo la pena di giuftifica-
rc Valentiniano in quefto fatto, ficcome ei ftimò fuo dovere il
parlare in favore della fua falute , per la premura da lui avuta
di ricevere il Battefimo, benché effettivamente non lo aveffc
ricevuto. Né certamente fi vede, che il Santo pure una pa-
rola ne faccia in un così lungo difcorfo, qual è quello, con cui
pubblicamente elprime il fuo dolore dopo la morte di quefto
Principe; e che punto fi fermi per difcolparlo di quefto delit-
to, che da' Criftiani non fi può concepire lenza orrore, non vi
effondo alcuno, che poffa fcufare di omicidio quelli, che da
loro fteffi fi danno la morte.
Qiie-
0-4 Vita di S. Ambrosio
Qiiefto fu il deplorabile fine, che Valentiniano II. ebbe
nel XII. Maggio anno cccxcii. («), nel vigefimo anno
dell'

della Tua età, già da alcuni mcfi compiuto, dopo avere regnato
anni ledici, e cinque, o fei mefi (b).
Non fi può, lenza fentirfi muovere a compaffione, legge-
re un SI funelto racconto , il quale altresì merita, che fi faccia
feria rifieffione fopra la vanita , ed il nulla delle umane gran-
dezze, confiderando l' infelice morte di due Imperadori Criftia-
ni, di tante ottime qualità dotati. E quefta condotta della Di-
vina Provvidenza, tenuta con due tede coronate, deve iniegnarc
a tutti i Sovrani, non elTervi Corona , la quale fia immovibile ^
toltane quella, la quale Iddio rilerva nel Cielo a'fuoi eletti.

Capitolo XIV.

Il Corpo di Valenthitnno vien fepolto in Milano S. Ambrojio .

gli fa rOraT^otte funebre Eugenio è inalT^ato


.

all' Imperio da Arbogajìo .

L'Autorità', di cui godeva Arbogafto fopra delle Armate,


era polTente in guila da potere onninamente impedire,
che fi faceffero inquifizioni per la morte di Valentiniano , e fé
ne

(^) Accordano anche i PP. Benedet- gno di Valentiniano , fecondo alcune


tini della Congregazione di S. Mauro, edizioni ; e cib fi potrebbe intendere
the la morte di Valentiniano IL fe- dalla morte di Graziano, fino alla qua-
guific nel mcfe di Maggio del cccxcii. le qucito giovane Principe ebbe fol-
Ma non ammettono , che fuffe data tanto il titolo d'Imperadorc , e non
morte a Valentiniano II. nel giorno l'ercrcizio Ma il paragone, che egli
I
.

xii. , che raffaflìnio di di lui fa con Giofia, dà a vedere, che


e vogliono ,

queuo Principe fuffc mandato ad effet- convien leggere 18., come hanno fatto
to nel giorno xv., nel giorno, cioè, Baronio, ed alcuni altri, ma per tro-
precedente alla Pentecollc di queft' an- vare l'anno 18. convien contare il pri-
no cccxcii. Dd
Traduttore. mo, e l'ultimo anno per intieri. Poi-
I

(^) S. Ambrollo de Div. z, p. 115. che in fatti egli non ha regnato che 16.
I

non conta, che l'ottavo anno del Re- anni, e 5. o 6. mefi.


'
Libro VII. Capitolo XIV. Ó5
ne ricercaffero gli autori {a). Erafi egli inalzato al di fopra
delle Leggi; eleguendo una si deteltabile azione , ed un uomo,
il quale era valevole a collocare gli altri lui Trono Imperia-
le , non fi trovava certamente imbarazzato nel procurare a fé
fteflb l'impunitk dell' alfaffinamento dell' Imperadore. Ma poiché

non aveva ancora la sfrontata infolenza per dichiararfene autore,


non impedì , che a Valentiniano fi preftafiero i funebri onori.
Ciò fccefi nel giorno dopo quella morte , in cui cadeva la Fe-
fta della Pentecolle {b). E quefta confiderazione altresì fu
quella, la quale lo induffe a lafciar, che fi portafle il corpo di
quello Principe a Milano , acciocché ivi fufl'e fepolto e ven- ;

nevi accompagnato per tutto il cammino da' gemiti de' popoli,


che piangevano nella di lui morte la perdita del loro padre
comune, più toflo che quella di un Imperadore (e). Impe-
rocché non vi era alcuno, il quale non credefle, che con per-
dere querto Principe, aveva perduto il foftegno della fua fa-
miglia. Tutto il Mondo fi disfaceva in lagrime; piangevano
i privati; piangevano quelli , che temevano le funefle conle-
gnenze di quella morte; e quelli fteffi piangevano, che non
avrebbero voluto piangerla; i Barbari cioè, e quelli, che fino
a quel tempo erano paflati per Inimici. Ma più di tutti ne
erano inconfolabilmente afflitte le perfone pie , ed affezionate
alla Religione Crilliana , le quali non potevano trattencrfi dal
dare fenfibili dimoftrazioni del loro giullo dolore. Infatti dice
S. Ambrofio in queft'occafione eflére , fiata la Chiela percofia
in una guancia perdendo Graziano ,
,
e di avere ella prefenta-
ta l'altra, ed aver ricevuta la feconda percoffa, quando a lei
fu rapito Valentiniano {d). Il poi di quello Santo
dolore
Vefcovo, che inconfolabilmente piangeva la morte di quello
caro figliuolo fpirituale , come le fulfe fiato fuo unico figli-

uolo, era intenlo, che nell'infelice flato, al quale vedeva.


sj

ridotti gli affari, fi farebbe volentieri ritirato per nafconderfi.


Ma

il}) Epiphan.de/nenfuris. \ {d) LI. Ep, 57.


Ttm.U. E
. .

^5 ViTADiS. Ambrosio
Ma non potendo abbandonare la Tua Chiefa, né fpogliarfi del
Sacerdozio, almeno in qualche maniera fi nalcondeva, ftando-
fene in filenzio.
L'afflizione di Giufta, e di Grata, forelle dell' uccifo Prin-

cipe , le quali fé ne vennero allora a Milano


, fé pure di già

non vi erano , fu proporzionata alla grandezza della gratitu-


dine , di cui erano effe a lui debitrici Pianfero in fatti la morte .

del lor fratello con tutta quell'abbondanza di lagrime, che fa


loro permefifo dalla violenza di un dolore cosi penetrante . E
fino a tanto che le fue ceneri rimafero iniepolte, non potero-
no da quelle, ed ogni volta, ch'elleno entravano
effe ftaccarfi

nel luogo, ove ftavano depofitate , ne ulcivano come moribon-


de. In quella amariffima afflizione continuarono quafi per due
mefi , e fino a tanto, che da Teodofio non furono mandati gli
ordini necefiarj (a). Queft'Imperadore , appena avuta la nuo-
va della morte, inviò lue lettere a quelle Principelfe,
delcritta
fimilmente che a S. Ambrofio, per conlolare non meno le une,
che l'altro , e dare con ciò al Santo un irrefragabile atteftato
della inelplicabile afflizione , nella quale ei credeva tutto im-
merfo il tuo cuore; e per ordinare altresì nello fteflb tempo,
quant'era necefltirio, acciocché fufle in Milano fepolto il cor-
po di queft'Imperadore , e fuflero a lui predati tutti gli onori,
che gli erano dovuti.
Rompendo il noftro Santo il fuo filenzio per rifpondere a
Teodofio , gli palefa il difegno, ch'egli aveva di far collocare
il corpo di Valentiniano in una magnifica Tomba di porfido ,

che aveva fatta mettere in pronto preflb quella di Graziano


E come noi crediamo , nella pompa di quella augulla eeremo-
nia

(fl) Sembra, che il corpo di Valea- i Valentiniano fulTe porto nella Tua tom-
tiniano rimanelte infepolto almeno fino ba due mefi dopa la Tua morte, o al-
agli ultimi giorni dell' ellate di quefl' meno dopo trafportato il di lui corpo a
anno, fenza che Teodofio, da cui Ce i Milano, farà meglio dire, che fuperior
ne afpettavano gli ordini, ne mandaffe I
xjìat non fignifichi ncli' Epiftoia 57.
alcuno né tampoco fcriveffe alle Prin-
-,
j
di S. Ambrofio Teftate padata , ma i
cipefle. Ma eflendocchè ciò Ha difficile I
calori dell' cfkte , die tuttavia dara-
a crederfi, e fembri più probabile, che !
vano
LiBRoVII. CapitoloXIV. 67
nia pronunziò egli la funebre orazione in lode di Valentinia-
no, che trovafi tuttavia tra le lue Opere, poiché ei dice, che
andava egli iteffo a mettere le lue ceneri nella tomba (a).
Da quella Orazione deducefi, la grandezza d'animo, e la
tenerezza non eflere due qualith incompatibili. Imperocché,
febbcne il noltro Santo ne' grandi affari della Chiela, e dell'
Imperio era tante volte dato a conofccre di un cuore della
fi

più collante intrepidezza fornito ; nondimeno non potè tratte-


nerfi dal dare palpabili contralegni della più lenfibile affettuo-
fiffima tenerezza, nel recitare quella funebre Orazione , quale,
lembra imponìbile, ch'ei pronunziaffe lenza mandare da' fuoi
occhi un abbondante profluvio di lagrime, e fenza farne fpar-
«ere in grande copia a' luoi uditori.
Impiega egli una gran parte di effa in confolare le Sorel-
le di Valentiniano , che lo alcoltavano e (ìccome piangendo
;

efle la morte di un fratello, e di un Iraperadore , piangevano


altresì la morte di un Catecumeno, non temette egli di alTicu-
rarle della di lui lalvezza, quantunque fufie morto lenza Bat-
tefimo, perchè Fede lo aveva lavato, e la domanda,
la di lui
ch'egli aveva fatta di quello Sacramento della noftra rigene-
razione, avevalo confecrato Dice, che Dio concederà que-
.

lla grazia alle preghiere, ed a' meriti di Graziano, a' facrifi-


cj, ch'egli va ad ofi'erire per lui , ed alle orazioni di tutto il
Popolo. Promette di pregar ogni giorno, ed in tutte le notti
per elTolui, fimilmente che per il luo fratello, e di avere ambe-
due prefenti nelle lue obblazioni. Prega finalmente Iddio, di
non Separarlo da eflì dopo
morte. Né potendo un fo-
la lua
migliante favellare edere nel nollro Santo wn effetto o d'igno-
ranza, o di adulazione, noi fenza dipartirci dalla dottrina di
tutta

(«) (Quantunque fiano PP. Bene- xv. Luglio di qucft' anno cccxcir., e
i |

dettini della Congregazione di S. Wau- che, per due Ioli mefi dopo la morte
ro della ftctTa opinione, fono nondime- di queilo Principe , fi tardalTe a dare a
no piìi efatti ncir affegnare il giorno lui fepoliura, ed a rccitarfi da S. Am-
I

precifo di quella funebre pompa, quale brofio la fua funebre Orazione,


!

ogiiono, che fi celebrafle nel giorno] Del Traduttore.


E n
(^8 ViTADiS. Ambrosio
tutta la Chiefa, e mettere in forfè la neceffita del Battefimo,
dobbiamo credere, che quella cognizione non poteffe in lui de-
rivare, che da quella fiducia, la quale da una fincera, e da cc-
lefte lume rifchiarata pietà fuol eflere avvivata ne' grandi Santi,
ed in quelli, che con una ftraordinaria virtù unifcono l'autori-
tà , della quale Iddio li ha invertiti per il reggimento delle
loro greggie.
Fece Iddio la grazia alle due Principefle Giufta , e Grata
di preferire la Criftiana Verginità a tutte le grandezze del Mon-
do, ed più illuftri nozze del fecolo (<?).
alle La lor forella
Galla , quale aveva
la fpofato Teodofio , ficcome abbiam ve-
duto , rifuonar fece il fuo palazzo di lamentevoli grida, allor-
ché ricevette la nuova della morte del fuo fratello Valenti-
niano {b). Ma abbreviò Iddio il tempo della fua afflizione;
imperocché quando Teodofio Itava per partire da Ceftantino-
poli , per vendicare la morte di quello giovane Principe fui
cominciare dell'anno cccxciv. ella morì di parto.
Per ritornare adeffo allo fcelerato Arbogafto non convie- ,

ne certamente dubitare, che non avrebbe ben volentieri occu-


pato il porto , dal quale il fuo delitto aveva cacciato Valenti-
niano. Ma o conofcelfe , che il far ciò farebbe ftato un di-
chiararli pubblicamente autore della fua morte (e), o ch'egli
fufle efclufo da quefta Dignità per la fua nafcita; non ofando,
o non potendo regnare da fé ftelTo, volle farlo lotto il nome di
un altro , e fcelfe quindi Eugenio , il cui inalzamento è uno
de' più notabili avvenimenti di tutta la ftoria di quefto feco-
lo {d). La prima condizione di Eugenio era ftata quella di
profefiTore di Grammatica (£), e di Maeftro di lingua latina,
e di Rettorica, ambedue
fattamente efercitandofi ,
le quali, sì

giunfe a perfettamente poffedere Indi eflendo paflato alla .

Corte , vi aveva ottenuta una Carica di Segretario , e la di


lui eloquenza avendolo fatto falire in molta ftima , gli otten-
ne ,

. (rt) Socrat. lib. 4. cap. z6, I {d) Orof. lib. 7. cap. 51.
(i) Zof. lib. ^. i ( f ) Socrat. Ij^.t.z^. Saz. l.y.c.2Z.
( e ) Philofìorg. I
. . 1

LiBRoVII. CapitoloXIV. 6if


ne , che fufle provveduto della dignità di gran Cuftode delli
Scrigni {a).
Entrò egli nell' amicizia di Arbogafto per mezzo delle rac-
comandazioni di Ricomero, il quale era lìato Conlole nell' anno
cccLxxxiv. (^), e che a lui prelentollo , come un uomo afìTai
abile a lervirlo
Avendo Ricomero Teodofio, Arbogafto prcfe con
l'eguito
Eugenio una intiera confidenza, e lo elefTe per depofitario de'
luoi più fecreti penfieri. S. Ambrofio (r) lo aveva conolciu-
te quand' era tuttavia privato, ed attelta d'averlo onorato con
perfetta lìncerità. Qiiantunque Eugenio non fuffe Pagano, fic-
come Euftorgio ha pretefo, e noi vedremo in progredo; non-
dimeno non era troppo zelante per la Cattolica Religione.
Credendolo Arbogallo capace di qualunque attentato, co-
municogli il difegno , ch'egli aveva d'inalzarlo all' Imperio,
facendo perire Valentiniano. Avendovi Eugenio da prima re-
fiftito , cedette finalmente a quella tentazione, ed avendo con-

cepita badante ambizione per pretendervi, contribuì egli Hel-


lo all' alìalTmamento di quelt' Imperadore. Eleguita che fu
una SI nera, e si crudele perfidia, fecefi Arbogallo dichiarare
Imperadore fotto il nome di quello uomo, che a lui era onni-
namente loggetto , e che elTendogli debitore di cos\ lublime
inalzamento, doveva di lì inanzi elsere a lui non meno amico,
che fchiavo
ElTendo adunque Eugenio lalito lui trono della tirannia ,
vi fi diportò della maniera, che afpettare potevafi da un tiran-
no, e fi refe di lubito padrone di tutto l'Occidente. Ma non
era ancor loddisfatta la lua ambizione , e troppo poco lembra-
va ad un abbietto profcfTore di Grammatica , l'avere a le fog-
getta la meta del Mondo. Già lufingavafi di riportare fopra
di Teodofio un intiera vittoria, e troppo volentieri predava
fede

(a) Filoftorgio lo chiama M/r?//?/-»», fichi , che Ma^ijlrum fcriniorum .

termine, che denota ordinariamente il ( ^) 2of. Uh. 4.


Gran Maellro del Palazzo ; nondime- |
{e) Ambrof. £/>. 15.
no fi crede , che qai altro non (igni- i

T«iw. ;;. E 1 1
,

no ViTADiS. Ambrosio
fede a vani prefagj de' Pagani, che gliela promettevano; delia
quale folle Iperanza tanto più paicevafi, quanto che vantavafi
di conofcere l'avvenire per l'inlpezione delle vittime, e la co-
gnizione degli Aflri. Né mancava di mantenervelo Flaviano
Prefetto del Pretorio , di cui correva fama, che fuffe aliai ve»
ritiero nel predire le cole future, ed quale più 'di tutti gli
il

altri lufmgàva la di lui ambizione con vantaggiofe promefTe, e


con alTicurarlo quante le profperita.
di tutte Certamente ma-
ravigliare non ci dobbiamo, che i Pagani fufsero a lui cotan-
to favorevoli; poiché, lenza parlare delle grazie, che ei loro
di fubito concedette, come diremo in progrciso, vedevano Ar-
bogafto, che profefsava la lor Religione , padrone afsoluto de-
gli affari, ne punto dubitavano, che finalzamento di Eugenio
non fufse per eisere ad cffi altrettanto favorevole, quanto era
(lata contraria la grandezza di Teodofio.
Non tralalciò Eugenio di fcrivere a S. Ambrofio (a) fin
dal cominciare dell' ufurpato fuo Regno ; ma quefto Santo,
che prevedeva ciò, che doveva fuccedere, nclsuna diede ril-
pofta all' uccifore di Valentiniano

UEL-

(«) Ambrof. Ep. 15.


. .

DELLA VITA
DI S. AMBROSIO
ARCIVESCOVO DI MILANO,
Dottore della Chiesa, ce.

LIBRO OTTAVO,
Nel quale si tratta avvenimenti della
de' principali
Chiesa , e dell'Imperio, sino alla morte di Teodosio.

Capitolo I.

Ruffino è fatto Prefetto del Pretorio nelT Oriente in luogo di Ta-


zi'tno , che fu sbandito , ed il fuo figliuolo Procolo decapitato
Eugenio manda degli Ambajciadori a Teodofto

^.^;^SsENDo ordinariamente le Corti de' Re il tea-


^^^^ tro delle mondane rivoluzioni, neppure quel-
la diTeodofio potè andarne eiente; ed ella
ancora fu dalle lue, benché moderatamente,
Iconvolta, verfo lo ftelso tempo, che la ti-
rannia di Eugenio cominciava a tormarfi nol-
le Gallie . Aveva Arcadio creato Conlole
Ruffino, quel s'i celebre Miniflro di Stato, benché coHui venif-
fe dalla pubblica fama dichiarato autore della morte del Gene-
E IV rale
.

«2 Vita di S. Ambrosio
rale Promoto (a). Ma non
contcntandofi Ruffino di quefta dk
pnita, la quale avrebbe potuto rendere foddisfatta un ambizio-
ne meno infaziabile della fua, fi accinfe ad intraprendere di
perdere ancora Taziano Prefetto del Pretorio , e Procolo fuo
figliuolo, Prefetto di Coftantinopoli ; ambedue i quali, fé fi
vuol preftar fede a Ruffino d'Aquilca, d'altro delitto non era-
no rei, che d'avere esercitate le loro Cariche con una fomma
integrità, né d'altro poteva certamente Ruffino accufarli. E'
vero , che caduti che furono in difgrazia , vennero abolite al-
cune Leggi, le quali erano ftate fatte a loro perfuafione, ma
ciò non fi fece, che per il gran credito di Ruffino ; ed Arcadie
rimife nel primiero loro vigore quefte Leggi dopo la mòrte di
fuo Padre .

Procolo figliuolo di Taziano non ebbe appena veduto co-


minciato il procefso, che temendo ciò, che in fatti avvenne,
appiglioffi all' afsai prudente partito di ritirarfi, e nafconderfi.
E buon per lui fé non avefse afcoltato il poco fano configlio
di fuo padre, che lo fece ritornare, per le fperanze che Ruf-
fino , e Teodofio ftefso gli Zofimo
diedero, come ha fcritto
Imperocché appena giunto, poco
videfi corretto a pentirfi della
accorta fua credulità; poiché fu di fubito arredato, indi dopo
la pronta relegazione di Taziano nel fuo Paefe , e dopo molte
deliberazioni , e confulte , fu per ultimo condannato al taglio
della tefta Ciò rifaputofi da Teodofio, mandogli un fuo re-
.

fcritto di grazia; ma colui, che lo portava, operando di con-


certo con Ruffino , affettò tale lentezza nel recarglielo , che
non giunfe fé non dopo i'efecuzione della fentenza.
Afterio d'Amafea predicando pubblicamente nel giorno-
S.
primo Gennajo del ecce, racconta quello fatto , infieme con al-
tri di alcuni Confoli flati a fuo tempo , ed infelicemente mor-
ti dopo il loro Confolato, ma lo racconta alquanto diverfa-
mente Imperocché die' egli, che queft' uomo fiero, quanto
.

un lione, e che credevafi invincibile, vide primieramente tron-


care

(a) Zef.liò.a,.
. .

Libro vili. Capitolo I.


73
care la tefta al fuo figliuolo, indi vide fé fteffo condannato alla
morte, a cui avrebbe certamente foggiaciuto, fé mentre itan-
do già col laccio al collo , e fui punto di eflere ftrangolato ,
rimperadore non mandava ad impedirne relecuzione ; e final-
mente dopo di avere per qualche tempo ftralcinata la m itera-
bile fua vita tra le aftìizioni, e le ignominie della fua diigra-
zia, la finì prima, che il fuo corfo compiefTe l'anno ecce.
Lo idegno di Teodofio contro di Taziano era sì implaca-
bile, che non lolo in deteflazione della di lui periona abolì tut-
te le Leggi, cheerano pubblicate per di lui configlio (a);
fi

ma tutta la Licia ancora cadde in tale difgrazia, che dichiarol-


la incapace di qualunque Carica , e Dignità , e ioltanto d'in-
fàmia degna , lenza che, per quanto ricavafi dalla Storia, fuflTe
ella colpevole d'altro delitto, che di eifere la patria di Tazia-
no. Ma effendocchè quefto fvergognamento dato alla Licia,
acciocché ne' fecoli futuri ignominiola fuffe la di lei memoria,
venifTe cagionato dalla prepotenza di Ruffino, durante il Re-
gno di Teodofio; Arcadio dopo il tragico fine di quello Mini-
Itro , reftituilla al primiero fuo onore , facendo rivivere glo-
riofa la memoria di Taziano, e di Procolo con una Legge (b)
fatta a bella porta , con la quale proibiva di trattare ingiurio-
famente alcuno degli abitatori della Licia , ed attribuiva tutte
le Leggi, che la infornavano, al folo odio di Ruffino, crude-
le nemico di quefti due Uffiziali, che era flato loro Giudice.
Claudiano (e) quindi annovera il bando di Taziano, e la mor-
te di Procolo tra le ingiuilizie di Ruffino, ed unitamente con
Zofimo ci afficura dell' innocenza di quefti due Uffiziali dell'
Imperio (d)
Nel mentre che in Coflantinopoli fi profeguiva quefto
criminale proceiso, fu a Teodofio recata la nuova della morte
di

( e ) Claudian. lìb. i.
in Ruffi»-
( a ) Cod. Theodof. /. 1 2. 1^. de bonis 1

projcnpto.um l. z^. de annona <& triùu-]


.
(^) La Cronaca d'Aleliandria non
ti!. 1. 1^1. de deciirionièus. l.iz. ^f^«-| mette l'efecuzionc di morte contro di
nonis civicis Procolo , che nel giorno vi. Dicembre
1

( b ) Ibid. lib. 9. tit. XXXVIII. l. 9. I


del cccxcili.
. . . ,

74 Vita DI S. Ambrosio
di Valentiniano, per la quale ne provò quella più molefìa af-
flizione, che pofTiamo immaginarci. Imperocché, ftendendo
i IgLiardi fopra l'avvenire, trovava un gran divario tra un gio-

vane Principe lue Cognato , che gli era debitore delia conler-
vazione de' luoi Stati, e tra perlone, con le quali nelsuna ave-
va congiunzione , né giammai poteva averne per tutto il cor-
lo del fuo regno, efsendocchè il loro coraggio, o per meglio
dire la loro temerità, e la loro ingiuftizia dovevano fempre
tcmerfi
Avendo quindi rifoluto di prepararfi a far guerra al nuo-
vo Tiranno, che vedeva come rinalcere dalle ceneri di Mafli-
mo, cercò tra gli Uffiziali del fuo Imperio i più abili a fofte-
nere degnamente le principali Cariche della fua Armata. Ave-
va difegnato di dare il fupremo comando della Cavalleria a
Ricomero , ma quelli mori nello ftelso tempo.
Nel mentre che ftava occupato in quelle deliberazioni
giunfero degli Ambafciadori mandati da Eugenio , per fapere
s'egli voleva trattare con lui , e riceverlo per collega nella di-
vifione dell'Imperio. Un
Ateniefe nomato Ruffino, era il
Capo di queft' Ambafceria («), al quale fi erano uniti alcuni
Velcovi, per domandargli la pace, della quale credevano po-
ter efsere accetti mediatori, ftante il loro fagro minifterio
Efsendocchè queft' Ambafciadore nefsuna lettera portafse
d'Arbogafto, altresì fi aftenne di parlare di lui ; ma Teodofio
jion potè trattenerfi di querelarfi della fua perfidia , e di accu-
farlo della morte di Valentiniano d'onde prendendo occafione
;

i Vefeovi di favellare, proteftarono, efserne egli innocente:


Ciò che noi crediamo, che loro non riufcifse si facile il per-
fuadergli
Quefto incontro diede occafione a Teodofio di dar prove
affattonuove della fua avvedutezza , e moderazione Impe- .

rocché in vece di trattarli con aiprezza, ficcome avrebbe fatto


qualora Hon avefse confultato che il fuo rifentimento, e di (li-
marli

( « ) Ruffin. Ub. 2. cap. vi.


Libro vili. Capitolo I.
75
marli indegni di fare una fomigliante propofizione per parte di
un (icario, e di un tiranno, ad un Imperadore, che fi era relo
celebre per tutto il Mondo
con le fue vittorie, li trattenne per
qualche tempo, aihne di aver tempo di deliberare, qual rif-
pofta dovefTe ad efTì dare. Indi parlò a' medefimi con una in-
dicibile dolcezza, e finalmente licenziolli cariclii di confidera-

bili donativi. Zofimo, che in ciò gli fa giultizia, non ci dice


qual rifpolla loro defife ma o quefta propofizione di pace fuf-
;

fe un infidia, che a lui fi tendeva per divertirlo dal prepararfi


alla guerra atiine di difenderfi da quefto uiurpatore dell'Imperio,
o eh' egli credefle non eflere cofa nò fìcura , né onorevole Fen-
trare in alcun trattato con coftui , da quanto ne avvenne vi-
defi, non avere quefta negoziazione prodotta eoia alcuna per
la quiete dello Stato , i di cui affari tenevano allora tutto il
Mondo in una grande afpettazione.

Capitolo II.

Teodofio cotìfulta S. Gioiianm d' Egitto [opra la guerra ,

alla quale fi prepara d' una ynaìùcra ajfai diverfa


da quella tenuta da Euge)2Ìo . Stima in cui
era S. Ambrofio prejfo i Fraucefi .

PARTITI, che furono quefti Ambafciadori (/?), Teodofio ad


altro non pensò, che ad apparecchiarfi alla guerra contro
Eugenio né volendo da le fteffo determinarvifi , non la intrapre-
;

fe, fé non fé dopo aver confultato S. Giovanni d'Egitto, quel


celebre folitario fuo Profeta , al quale mandò a queft' effetto
l'Eunuco Eutropio, che divenne di poi si celebre lotto Arca-
dio per il fuo inalzamento , e per la fua caduta (^), e gli
diede ordine, o di iar tutto il poflìbilc per condurre a lui que-
fto lauto Uomo, o, quando ciò non gli fufle potuto riufcire, di
rifa-

ia) Zof.l,!).^. I
(^ò) Sozam. 1,7. e. Z2. Ruffin.l.i.cti.
.

j6 ViTADiS. Ambrosio
rifapere da lui ciò che Dio bramava dal lue miniftero in que-
lla occafione: voleva, che faceffe guerra al Tiranno: fé
fé ei

doveva afpettare, che Eugenio venide ad attaccarlo, od andar


egli fteffo ad infultarlo per prevenirlo.
Non potè Eutropio ottenere da S.Giovanni, che lafciata
la fua folitudine fi portaffe da Teodofio, effendo egli un uomo,
che regolavafi anzi con ciò , che dettavagli la più efatta of-
fervanza di fua profeflìone , che con le leggi della civiltà , e
dell'umana convenienza. Diffegli nondimeno quanto fopra di
ciò Iddio avevagli fatto conofcere , afficurandolo , che Teodo-
ro farebbe vittoriofo , non però fenza perdita , e fenza fpargimento
di fangue, come gli era accaduto nella guerra di Maflìmo. Ed
aggiunfe di piìi, eh' egli morirebbe nell'Italia dopo la fua vitto-
ria , e che lafcierebbe al fuo Figliuolo l'Imperio dell'Occidente.
Avendo Teodofio (/j) premefTa ad ogni fua rifoluzione
quefta confulta, diede chiaramente a conofcere al Mondo tut-
to, non impegnarfi egli in quella guerra, ficcome aveva fatto
nella precedente , che per l'ordine , che Dio gliene aveva da-
to per mezzo del fuo Profeta
Ma da Principe Criftiano, può dirfi che vi
fé l'intraprefe
fi preparaffe da Santo Imperocché, per efprimerci con i ftefll
.

termini de'Storiei Ecclefiaftici (^), non vi fi preparò cercan-


do folamente forze , e foccorfo nelle Armate de' fuoi Capitani,
e de' fuoi Soldati , ma ne' fuoi digiuni , e nelle lue orazioni ,

nelle quali paisò le notti intiere , più confidando in effe, che


nella vigilanza delle Guardie , e delle Sentinelle del fuo Efer-
cito. Neflun luogo vi era deftinato ad orare , ch'egli non fre-
quentane in compagnia de' Preti , e del Popolo. Vedevafi ve-
ftito di cilicio prollrato dinanzi alle Tombe degli Apoftoli, e
de' Martiri sforzarfi di tirare fopra di le , e fopra delle lue Trup-
pe il foccorfo del Cielo con l' intercefTione de' Santi (r).
Affine

(a) .'iugujì. lìl>. ^. de Civit. Dei e. 26. Ime, ove Iddio lo diede a conofcere a
(è) Ruffin.liè.i.cap.^^. Giovanni Vefcovo di quella Città. Ma
(f ) Hanno alcuni Moderni fcritto, Baronio giuflamente rigetta quefto fal-
|

che egli fé n'andò in abito fconofcinto to, per non effer rapportato dagli Au-
|

a vifitare i fanti Luoghi di Gerufakra- '


tori antichi.
.

Libro vili. Capitolo II. •j'j

Affine di unire alle azioni di giuftizia le opere di pietà


,

fece egli in quell'anno, e ne' Teguenti diverte eccellenti Leggi,


conducenti, alcune al loUevamento de' Popoli (rt); altre a far
vivere i ioldati giufta le regole della militare diiciplina ; altre
a fine di perdonare le lue proprie ingiurie ; ed altre per total-
mente eftinguerc il Paganefimo nell' Oriente, nello ItefTo tem-
po che l'autorità di Arbogafto, e l'infedeltà d'Eugenio penia vano
di farlo rivivere nell'Occidente.
Si fono di già altrove rapportate molte di quelle Leggi;
laonde ci contenteremo di qui llir menzione foltanto di quella
da lui fatta li xv. Giugno di quell'anno , con la quale condan-
na tutti quelli Eretici , i quali o riceveranno, o conferiranno
gli Ordini Sacri , a pagar dieci lire per ciafcheduno ; ed or-
dina , che tutti i luoghi , ne' quali avranno elercitata la lor
religione, fiano aggiudicati al Fifco.
ordinazione flefla , che da Sant' Agofti-
Qiieila è quella
no (/») vien più volte citata, icrivendo contro de' Donatilli
Il medefimo Santo Dottore parlando delle Leggi, che da' Sovra-
ni fanno per proibire, e calligare con una giuda leverità i
fi

mali , che fi commettono contro l'ordine di Dio, dice, che ope-


rando d'una fomigliante maniera loddisfanno a' doveri delle lor
Cariche , e fervono Dio da Principi, facendo per lui ciò che i
ioli Sovrani poffono per lui fare.

Qiiedo Davide de' Criltiani , come giuflamente vien chia-


mato dal Cardinale du Perron, poteva in quella occafionc dire,
come il Reale Profeta Quelli , che ci attaccano , tutta ponga-
:

no la lor conjiden-z^ ne loro carri , e ne loro cavalli y ma noi la


-metteremo tutta nelnome del Signore nofìro Iddio , // quale noi
invocaremo (e). Imperocché Eugenio luo nemico irritava Id-
dio contro di fé con una condotta allatto oppofla a quella di
Teodofio , lafciando , che i Pagani rinnovallero nel mezzo di
Roma con troppo lacrilega sfacciataggine i loro abbominevoli
facri-

ia) VoytT. VAumóne Chretienne c.ii.\ Ej>. Parmen. l. i. contr. Crefcon. Ej:- f 4^-
( b ) Ayg. £/>. 48. «?- 50. lib. I . cantra \
( r ) Pfal. CXIX. 'J. 8.
78 ViTADiS. Ambrosio
facrificj ;
fangue delle vittime ne fcorrefTe per ogni
ficchè il

parte, fi IcannafTero delle Pecore per conoicere l'avvenire coli'


infpezione de'loro inteitini, e delle loro fibre, e permettendo a
Fla Viano, il quale era aliai elperto in quefì' arte diabolica, il pra-
ticare con piena autorità quelle fuperitizioni, ftante la ficurezza,
eh' ei dava a quello Tiranno , di avere a riportare la vittoria (a).
Dalla qual vana confidenza lafciofTì si fattamente innebriare
Eugenio, che intraprele la guerra contro Teodofio.
Eflendofi quindi refo padrone dell'Alpi Giulie, e volen-
do fortificarne i diftretti, per chiudere i pafll a queft' Impera-
dore, permife , e forfè ancora comandò , che vi fi metteflero
delle llatue di Giove , armate di fulmini doro, confegrate con-
tro quefto Principe, ma non fi fa con quali ceremonie (b).
L' immagine di Ercole era la principale Inlegna della fua Ar-
mata, quafichè fi vergognafie della Croce di Gesù Cristo (c),
la quale era fempre Hata lo ftendardo de' Criftiani dopo il
Grande Coftantino .

Adunò per tanto in numero poco men che infinito de'


foldati (d)y parte togliendone dalle guerniggioni Romane, par-
te delle Truppe Aufiliarie de' Barbari. QLiefto adunamento di
armati a lui fu altrettanto facile , quanto che Arbogafto era
padrone de' primi per l'autorità, che aveva tra i Romani, e
de' fecondi per la fua nafcita ed origine, che traeva da quefli
Barbari .Devefi qui notare a gloria della Francia, che in que-
llo SI vallo numero di nazioni, dalle quali veniva l'Armata di
Eugenio ingrolfata , ella non gli fomminiilrò da prima neppure
un foldato, quantunque egli da lei traefle la fua origine. Im-
perocché noi vediamo , che molTe a' Francefi la guerra nello
ìlelfo anno (e), nel quale aveva fatto morire Valentiniano
,
trattandoli come fuoi nemici, a cagione di Marcomiro, e di
Sunnone loro Capi, da lui altrettanto odiati , quanto che elfi
erano Francefi di nazione. E che avendo palTato il Reno ver-
fo

( b ) yiugujì. de Ctvit. Dei lib. 5. c.z6. [e) Grtgor.Turon. ltè.2. Hifter.Franc.


( f ) Theodoret. lib. 5. cap. 24. j
cap. 9.
.

LiBRoVIII. Capitolo II. 7^


fo Colonia, andò ad attaccarli nel mezzo dell'Inverno , e de-
vallò una gran parte de' loro Paefi. Ma poi portatofi egli fteT-
lo al Reno a rinnovare le alleanze de' Romani con i Re de'
Francefi, e degli Alemanni , ed a fare pompofa moflra della
fua Armata prodigiofamente numerofa, che più ancora rinfor-
zoffì per una grande quantità di Francefi, che a lei fi unirono,
condufle finalmente contro Teodofio tutte le forze di querti
Popoli
Nonpotendofi dubitare, che Arbogafto non lo accompa-
gnaffe in queilo viaggio, può narrarfi quanto Paolino (a) dice
clfere fucceduto a quefto Generale , quando S. Ambrofio fug-
giva Euoenio , fenza però additarcene il tempo precilo , ma
foltanto dicendoci in generale , ellere ciò accaduto nel tempo
della Tirannia di Eugenio , giuda il fuo coitume , di non e(fc-
re molto efatto nella Cronologia. Succedette adunque in que-
llo tempo, dice Paolino, che Arbogafto, avendo fatta la guer-
ra a' Francefi , ed avendone disfatto un gran numero , e con-
chiufa la pace con gli altri, nel mentre che fedeva a tavola con
i loro Re, fugli da elfi domandato , fé conofceva Ambrofio ,
alla quale interrogazione rifpofe , che non iolamente lo cono-
fceva , ma che era fuo amico , e che aveva lovente con lui
mangiato. allora quefti Principi, non con-
Conte, rephcarono
viene maravigliarfi,che voi fiate vittoriofo , poiché avete l'ami-
cizia di un uomo, che comanda al Sole difermarfi, e di fubito
fi ferma. Le quali parole , dice Paolino, eflergli ftate riferite
da un giovane affai timorato di Dio , il quale trovofli pre-
fente allorché furono proferite , poiché ferviva alla tavola da
coppiere Ed egli le rapporta , per far vedere in qual alta ftima
.

fulle tenutoSanto eziandio tra i Barbari, i quali tanto avevano


il
preflb
di venerazione per la fua virtù, e per la fua interceffione
Dio, che non li farebbero punto maravigliati, quando lo avel-
altro Gioluè, fermare un altra volta il
Sole.
fcro veduto, qual
^
Ciò

(«) PauUn. Vita S. Ambrof.


. .

8o Vita' DI S. Ambrosio
Ciò che non leggefi nella ftoria della tua vita, ch'egli giam-
mai abbia fatto, benché vi fi ritrovino altri miracoli.
Non erano però Ioli i Francefi ad avere pel merito di
S. Ambrofio una sì alta ftima. Noi di già abbiam veduto,
avere la affai vantaggiofa fama, che di lui correva, tirati a Mi-
lano due gran Signori della Perfia e vedremo in progreffo ,
;

eh' ella ebbe altresì la lleffa forza lopra una Regina de' Mar-
comanni.
Ma fé S. Ambrofio con la fua amicizia , e ftretta fami-
gliarità aveva onorato Arbogafio, quando lo credeva Cattolico,
e lo vedeva affezionato al giovane Valentiniano , a cui avevalo
Teodofio affidato, acciocché fufie luo Configliere, e moderato-
re di fua giovinezza avrà poi certamente tralalciato di avere
;

con Arbogafto la ben menoma corrifpondenza quando s'accor- ,

fe , effere collui divenuto uccifore di Valentiniano Per la .

qual cofa più non poteva quefto perfido avere alcun motivo
di vantarfi dell' antica amicizia , della quale fi era refo in-
degno, e la cui memoria non poteva eflergli, che materia di
confufione.

Capitolo III.

S. Ambrojto parte da Milano per isfuggire rincontro di Eugenio ;


al quale fcrive in termini ajfai forti

NEldiamo ,
ritornarfene dal Reno, ciò che feguì,
iul finire dell' anno cccxcii. , o più probabil-
come noi cre-

mente cominciare del cccxciii. venne Eugenio in Italia ,


fui
con quella gonfiezza di cuore , che cagionare in lui potevano
i vantaggi riportati da' Francefi , e con tutta quella prefunzio-

ne, di cui è capace un Tiranno , che fi promette il felice riu-


fcimento d'ogni più malagevole imprefa dalla forza del fuo
efercito { a) Il

( a ) Paulin, Vita Ambf«[.


.

LlBROVIII. eAPlTGLOlIl. 8l
Il fuo avvicinarfi a Milano coflrinfe S. Ambrofio a par-
tirfene ,
per non eflcre obbligato a vedere un Principe , ciac
fotto il nome kaiorava volefie far rivivere il Pa-
di Griltiano
ganefimo , Pagani le rendite de' loro Templi,
concedendo a'

ed il rillabilimento dell' Altare della Vittoria.


Qiicilo Santo, a cui era nota la debolezza della fede di
queft' ulurpatore dell' Imperio, e gì' iniqui impegni da lui con-
tratti con Arbogafto, previde di lubito, che larebbe caduto in
quella deplorabile condifcendenza verfo de' Pagani Per la .

qual cola avendogli Eugenio fcritto fino dal cominciare del


iuo Regno , il Santo non gli mandò alcuna lettera di rifpo-
fta (a), ed efìendogli dimandato, fé egli reicriverebbe, rifpo-
fc: cfìTere rifoluto di non farlo , perchè prevedeva, che lo for-
zerebbe ad accordare cofe , che non potrebbe permettere in
coicicnza.
Non lafciò nondimeno dopo qualche tempo di fcrivergli,
e di domandargli alcune grazie per molte perlone, le quali fi

erano a lui Imperocché moftrar voleva ad


raccomandate .

Eugenio non meno che ad Arbogafto fuo gran Governadore ,


che ficcome negli affari fpcttanti alla Religione, ed alla Chie-
fa , affai più temeva Dio, che gli uomini, e voleva piuttolto
falvare la fua anima, che guadagnare il loro favore con vili,
ed adulatorie fommcffioni; così nelle cofe, che ragionevolmen-
te fi potevano da elfi aipettare , non mancava di predar loro
tutti i doveri meritati dalla Dignità da elli occupata nel Mon-
do, ed infegnava così col fuo efemplo a' Prelati più zelanti , e pre-

murofi di confervare l'onore del , che la legge


loro carattere
della carità li deve talvolta far abbaffare fino a porgere pre-
ghiere alle perlone le più ingiufte, quand' elleno fono inverti-
te deU' autorità loro permeffa da Dio per qualche tempo, ben-
ché l'ufurpazione , che ne hanno fatta, li fottometta al rigo-
re della fua giuftizia
Quantunque però Eugenio fi trovalTe ftrcttamente impe-
gnato

(6) Ambrof. Ep. 15.

r«m. II.
g2 ViTADiS. Ambrosio
gnato con Arbogafto a cagione dell' Imperiale diadema, di cui
avevagli cortui fregiata la fronte, nondimeno non volle di fu-
bito concedere a' Pagani quanto gli domandavano che fuffero, :

cioè, redituite a' loro Templi facrileghi le rendite, di cui era-


no ftati fpogliati . Negò egli ciò a' primi Deputati mandati
a queir effetto, ed eziandio a' fecondi; ma non ebbe egli tan-
ta collanza nel rigettare una dimanda sì ingiuriofa alla Legge
Criltiana, quanta ebbero oftinazione colloro nel proieguire a
farla. Scordandofi quindi della fua fede, dice Paolino ( e da
ciò viene a comprendere eh' egli era Criftiano ) , e metten-
fi

dofi lotto de' piedi il rilpetto dovuto al vero Dio , fenza con-
fultare i Vefcovi in un affare tutto di Religione , accordò le
rendite domandatcoU.
K
vero, che per foftenere in qualche maniera il decoro
della fua riputazione dichiarò , non accordare quella grazia a'
Templi fteffi, ma a coloro, che per Templi la domandavano.
i

Ma effendo che coftoro profeffaffero il Paganefimo, quantun-


que fuffero uomini illuftri, e ragguardevoli, quella si vile, e
vergognofa conccffione di una cola tante volte negata dagli
Imperadori Crilliani, non poteva fé non cagionare un gravil-
fimo icandalo. I principali tra coloro, che quella grazia gli

richiedevano, erano Flaviano Prefetto del Pretorio, tanto ce-


lebrato nelle lettere di Simmaco, ed il Conte Arbogailo , po-
tendofi perciò riconofcere, che quello lecondo era certamente
Pagano di religione Ma aggiungendo a quello favore il ri-
.

Itabilimento dell' Altare della Vittoria, nelsuna iottigliezza era.


valevole a dilcolparlo da sì ingiulla tolleranza ; poiché queiV
era un opprimere vifibilmente la Religione Crilìiana , di cui
doveva ellerne protettore, ed un fare con troppo d'inloicnza
trionfare la fuperltizione degli Idoli.
Quella particolarità ci viene detta foltanro da Paolino, e
S. Ambrofio non efpone alcuna cofa, o perchè Eugenio non
accordaffe per allora quello rillabilimento, o perchè gradata-
mente ciò faceffc per un tacito confenfo piuttollo , che per
una cfpreffa pcrmilfione.
Seb-
LiBRoVIII. CapitoloIII. 83
Sebbene oltre modo fcnfibile fu il dolore da S, Ambrofio
provato a cagione di quello fallo commeflb da Eugenio lui co-
minciare di quelt' anno cccxciii. , ei nondimeno lo tenne naf-
codo in le ItelTo, lenza darne ben minima dimoitrazione , e
lenza palelarlo ad alcuno. Ma lapcndo, che Eugenio sforza-
vafi di venire a Milano (a)^ giudicò di dovertene partire, per-
chè credette, che dopo di eflerfi tanto apertamente dichiara-
to innanzi a Dio, ed agli uomini, contro le iltanze fatte da'
Pagani prelTo molti Impcradori per il riltabilimento dell' Al-
tare delia Vittoria, ei non poteva in un fomigliante incontro
ftarlene in filenzio, e dillimulare il torto, che fi era fatto alla
Religione Cattolica. Non già perchè l'invitta coftanza del fuo
cuore venifTc atterrita dal timore della poflanza di Eugenio (ù);
ma perchè sfuggire voleva l'incontro di un uomo che fi era ,

imbrattato con un iacrilegio; acciocché, le non poteva indur-


lo a foddisfare al fuo dovere, almeno aveffe egli la conlola-
zione di non avere mancato al fuo proprio.
Sforzoffi nondimeno di farlo rientrare in fc fteflTo con una
lettera, che gli Icrifle dopo la lua partenza, per rendergli ra-
gione delia lua condotta, la quale afficuravalo, non avere al-
tro fondamento, né altro motivo, che il timore di Dio, da
cfTolui preferito a tutte le cole; né crede, die' egli, di fare
torto alcuno agli «omini , nefluno di quefti anteponendo a
Dio.
Indi moftra d'elTerfi egli contenuto della fteffa maniera , e
; I >: per

(a) CIÒ fuccedette pocoa-'anti, che i


Italia, e dall' Italia ritornato nelle Gai-
Eugenio veniile in Italia, e noi Io mct- |
lie ,
per ripaffar di bel nuovo nell' Ita-
tiamo folamente nell'anno prefente , |
Ha . Se ciò fi afferiiTc, noi faremmo al-
fembrando, che fi diftingua da S. Am- i trcsì coltrctti a dire, o clic S. Anibro-
brofio ( Epiih 13. )
tempo da fio Itefle due anni aflente da Milano,
qiielìo I

quello del cominciamtnto dell' Impe- anche mentre Eugenia cranc tuttavia
j

rio di Eugenio E perchè pare, che Eu- lontano o che partiffe due volte a £%
. i
, ,

genio fude tuttavia in quelV anno nel- gione di Eugenio: la qual cofa con dit-
I

le Gallie, egli è più facile a crederfi, ficolta potrebbe crederfi


1
per non effer? ,

che non ne fulfe ancora ufcito, che il i


da alcuno afferita.
dire, cfler egli venuto dalle Gallit nell' 1
iù) AmLrof. Ep. 58.
F II
.

§4 Vita DI S. Ambrosio
per la cagione, con altri Principi, fcnza eh' efli fé ne
fleflTa

fiano punto oflfefi. Quindi per eludere quella vana fottigliezza di


Eugenio , il quale pretendeva di dar le rendite de' Templi
non a' Templi fteffi, ma alle perfone illuflri, che avcvangli
domandata quefta grazia, gli rapprefenta la grandezza, e la
Maefta di Dio, che confiderà il cuore, e la volontà di tutti
sii uomini : che efamina l'interno della loro cofcienza ; che
conofcc tutte le loro azioni, prima che elleno apparifcano al
di fuora; ehe penetra col fuo Divino lume fino ne' più remoti
nafcondiglj della lor anima; e che fé gì' Imperadori, che fono
uomini, non vogliono elTere ingannati, avrebbero non poco
dello ftra vagante, le pretendeffero di nafcondere alcuna cofa
a Dio. Dopo di che gli domanda, s'egli abbia fatto fopra di
ciò rifleffione ;
che quand' anche coloro , i
indi gli moftra ,

quali gli chicfero quefta grazia, l'abbiano importunato con le


loro premurofe iftanze, e con la loro iftancabile ortinazione,
ci nondimeno aveva mancato al fuo dovere col non effere in-
fìefìfibilmente cortame nel negare quanto venivagli richiefto
Il culto, e la venerazione del vero Dio vivente obbligarlo ad
una più forte, e più vigorofa refiftenza, ed a negare aflToluta-
mente una cofa tanto ingiuriofa alla fua fanta Legge. Neffu-
no invidiargli i doni da lui fatti ad altre perfone. Non ap-
partenere né a lui , cerne Vefcovo di Milano , né ad altri
Ibmiglianti a lui , il fargli rendere conto delle fue libera-
lità: né invidiare egli i vantaggi, che gli altri ne ricevono;
ma effere bensì giudice, ed interprete di ciò, che appartiene
alla Fede.
Nello fteflb tempo gl'infinua, non potere né Gesù Cristo,
né i fuoi Sacerdoti accettare i fuoi doni, e le fue offerte; vale
a dire , che non poteva effere ammeffo alla comunione Che .

pochi avranno riguardo a quant' egli avrà fatto; ma che tutti


rifletteranno fopra di ciò, che avrà avuto in idea di fare a fa-
vore del Paganefimo. Che tutto ciò, che i Pagani faranno
di poi, lark a lui attribuito, e che ancora crederanno d'aver
anch' effi parte nelle cofe , eh' egli ha fatte in loro favore : e
che
.

Libro vili. C ^ r i t o l o I II. 85


che Imperadore, deve appunto per qucfto eficre più
fé egli è
foggetto a Dio.
Gli domanda, come Preti di Gesù Cristo potranno ef-
i

fcrc dilpenlatori de' luoi doni; e dice che quefta (ìeffà quiftione
cfìTendofi anticamente propofta, i Giudei (<?), dai quali il Re
di Soria aveva voluto efiggere una fomma confiderabile di da-
naro, acciocché fufle impiegata ne' Sacrificj, non avevano vo-
luto pagarla, fé non fc con la condizione, eh' ella fulTe impie-
gata in navi, ed in alcune
altri ufi, cioè in far coftruire delle
altre cole neceffarie alla ; i Pagani Repubblica
ftedi ac- e che
condilcefero a quanto richiedevafi da' Giudei, di quel tempo
ad eflì foggetti.
Finalmente dopo di aver proteftato , che gli profefTava
tutto quel rilpetto dovuto ad un Imperadore, avendolo egli
finceramente amato, quand' era tuttavia uomo privato: né ef-
ferc poffibile, che non l'onori, mentre lo vede inalzato all' Im-
periale Dignità, termina con quelle parole: Se voi efiggetc da
me , che io vi onori , permettete che >ioi onoriamo altresì quello ,
che voi volete far credere ejjcrc l autore del vojìro Imperio
Qiierta Lettera era si c-elcbre prclTo gli antichi, che Pao-
lino ne cita diverfi pafli . La prudenza, e la generofita trovanfi
in eifa unite. E quello Epilcopale vigore, che dimoltra con
Eugenio, e con altri Principi, ci deve ridurre alla memoria
quelle eccellenti parole, eh' ei diflTe in altra occafione: Se voi
volete ( ^) , JìmilìneìJte che Dio , atterrire i peccatori , farvi te-
mere da' Re , ftcchè tutto il Mondo vegga , ejfere eglino fog-
getti a voi ugualmente che a Dio , in conftderando che voi
,

operate nel nome di Dio , dtfprezj^te gen&rofamente tutte le


cofe del Mondo , e fate tutto il pojftbile per preferire Ugno-
minia della PaJJione del Divin Salvatore a tutte le ricche-zj:^
immaginabili .

Che le quelli, i quali hanno fin a qui in ogni forta d'oc-


cafioni olTcrvato il noltro Santo operare con tanto vigore per
op-

( a ) Machab. \ ( £ ) Ambrof. tn Pfal.i 1 8. p. 93Ó.


r.w.//. F III
§(5 V I T A D I S. A M BROSIO
opporfi alle più formidabili Potenze della terra, reftano for-
prefi in vederlo abbandonare la ina Diocefi in una occafione si
difficile, e si pericolofa, nella quale era d'uopo d'un coraggio
fomigliante al fuo per loftenere l'onore , e la difciplina della
Chicla, fi può loro rifpondere: aver noi anzi più giudi moti-
vi di fare Itima della lua fapienza , che di folpettare in lui la
menoma debolezza Imperocché il fuo partire da Milano po-
.

teva fare una impreffione iopra lo fpirito di Eugenio più forte


di quella , che avrebbero cagionata le fuc rimoftranze iopra
querto uomo sì trafportato dal furore della fua ambizione . Ve-
defi di più, ch'egli non fi ritirava, fé non fé per meglio com-
battere, e per fare con una lettera forte, e rifpettofa, più di
quello, che avrebbe potuto fare con la efficacia della viva vo-
ce. Ed in fatti fé ben fi confiderà, converrà afserire : efser-
vi degli incontri importanti, ne' quali un Vefcovo può legiti-
mamente afsentarfi dalla fua Diocefi, purché lafci in fuo luo-
go perfone capaci di lupplire alla fua afsenza . Tal cofa fece
S. Ambrofio , liante la cognizione che aveva della generofita
del fuo Clero, dal quale, non ollante la fua lontananza, fi ri-
gettarono i prelenti , che Eugenio volle fare alla Chiela , per
oftentare una falfa pictìi; né tampoco fi foffrì, che egli fi unifse
all' afsemblea de' Fedeli per orare, a cagione del facrilegio da
lui commclso. Di lorta che poisa dirfi, che efsendo S. Am-
brofio alsentc dalla fua Chicia di Milano, da cui per fuggeri-
mento del fuo profondo fapere erafi allontanato , non laiciava
però di elservi prefente nella perlbna de' fuoi Preti, a' quali
la di lui apoftolica condotta aveva inlegnato a temere non al-
tri che Iddio; e la generofa refiftenza de' quali doveva cfferc

più fenfibile ad Eugenio, i di cui doni eglino ributtarono, di


quella confufìone, che a lui avrebbe cagionata il farlegli lo
ftefib rifiuto dal grande Arcivefcovo.

Ca-
. .

Libro vili. Capitolo IV. 87

Capitolo IV.

Scoprimento de Corpi de SS. Vitale , ed Agricola Martiri in Bolo-


gna y alla prefenT:^ di S. Ambrofto

Lasciata eh' ebbe S. Ambrofio la Citta di Milano (^7), fé


ne andò a Bologna, ove, die' egli fteflb, era flato chia-
mato per trovarfi ad un convito fpirituale, che vi fi faceva per
la traslazione de' SS. Martiri Vitale, ed Agricola. Avevano
quefli Santi foftenuto il loro Martirio nel tempo della perlecu-
zione di Mafhmiano , e Diocleziano , ed avendoli Iddio refi
eguali nella gloria del Martirio, malgrado la difparita della lor
condizione, eflTendo llato l'uno fervo dell' altro, aveva con ciò
dato a divedere, che ciaicheduno riceverà dal Signore la ricom-
penfa del bene, che avrà fatto, o fia fchiavo, o fia libero (^).
Vitale, ch'era il fervo di Agricola, era (fato martirizzato il
primo, ed i Carnefici fperimentarono la di lui codanza con si
tormentofi fupplizj, che parte alcuna del tuo corpo non redo
immune da' dolori, e dalle piaghe. In si crudele conflitto non
mancò però Iddio di fortificarlo con la vifionc di un Angelo,
che gli moftrava una corona , ficcome Vitale rteflb teltificò pub-
blicamente nella preghiera da lui fatta prima di rendere lo ipi-
rito al Creatore.
Agricola fuo padrone, il quale era di uno fpirito si dol-
ce dotato, che facevafi amare per fino da' fuoi nemici, eflendo
flato fimilmentc coftante nella confelfione della Fede, fu cro-
cifilTo. La relazione di Paolino fembra dinotare, che le Ofla
di quelli Santi fieno Hate rivelate a S. Ambrofio. Checché
però ne fia , furono trovati i loro Corpi alTai vicini alle tombe
di alcuni Giudei, i quali dopo di averli pcrieguitati mentre vi-
vevano, affettato avevano ancora di farfi leppcllire preflb di
effi.

( « ) Jmbrof.de hortat. ad Virginitatem. 1 ( i ) E^hef. VI. r 8


.

Paulin. de vita Ambrof. '

F IV
gg ViTADiS. Ambrosio
efiì. Dice il noftro Santo, che furono cavati nella fteffa guifa
come colgonfi le rofe fuori delle fpine . Levò egli con le lor
Offa la croce, ed i chiodi, eh' erano rtati li Itromenti del loro
fupplizio , e raccolfe il Sangue , che tuttavia conlervavafi nel-
le lor Tombe Lafciò egli agli amatori delle ricchezze la
.

premura di rintracciare l'oro , e le pietre preziole nelle vi-


Icere della Terra; e provò un eftrema gioja in vedere la Chie-
fa arricchire di quefte preziofe fpoglie. Aggiugne, che vi era
una grande quantità di chiodi, ciò che faconolcere, efserfi da
S. Agricola ricevute più ferite, che non erano i membri del iuo
corpo. La Chiefa di Nola {a) ebbe la iua parte di quelle
fante Reliquie, e le uni, infieme con molte altre, a quelle di
S. Felice Ne fu portata altresì una porzione a Clermont nel-
.

la Provincia Overgnefe in una Chiefa fatta fabbricare da S. Na-


macio, uno tra' Veicovi di quella Citta.
Compiuta che fu la ceremonia di quella traslazione, Sant'
Ambrofio andò a Faenza , ove dimorò per alcuni giorni , indi
palsò in Tofcana ad iltanza de' Fiorentini , che defideravano
di averlo prelso di loro. Imperocché egli giammai non aveva
avuta intenzione di andarvi ; e folamente vi fi portò per non
deludere la iperanza di quelli Cittadini , ai quali acciocché tro-
vafscro in quelli Martiri quel vantaggio , ch'elfi afpettavano da
lui, diede quante aveva ieco portate Reliquie di quelli Santi,
febbene avelse (labilito di darle ad altri, cioè fece ad elfi dono
del Sangue di quelli Santi, e del legno della croce, Ibpra della
quale era llato S. Vitale confitto Collocò di poi quelle Reli-
.

quie fopra l'Altare di una Chiefa , ch'ei dedicò in tale occa-


fione a S. Fiorenzo, e che da una Vedova nomata Giuliana era
fiata fatta fabbricare , da Paolino nomata la Bafilica Ambro-
fiana. Nel
dedicare quella Chiefa fece egli un Sermone al Po-
polo, che noi tuttavia abbiamo tra i fuoi trattati, lotto il no-
me di Efortazionc alla Verginità ; elsendo che la maggior par-
te

(^a) Paulin. Natal.^, S.Fclicis. Gre^or.Tttrenen.l.z.c 16.


LiBRoVIII. CapitoloIV. 8p
te di efso confifla un irtruzione fatta a tre Figliuole di que-
in
fta Dama dabbene (a).
Quella però non fu la fola benedizione , che gli abitatori
di Firenze ricevettero dal foggiorno fattovi in quel tempo da
S. Ambrofio (b). Uno de' più riguardevoli tra di loro, noma-
to Decente , il quale profelsava la religione Criltiana , aveva
un figliuolo nomato Panlofo , che nella Ina infanzia efsendo
grandemente tormentato dal Demonio, era (lato dal Santo li-
berato col loccorlo delle fue preghiere, e coU'impofizione del-
le fue mani. Non molto dopo quello fanciullo cadde amma-
lato, e fubitamente moru La di lui Madre, ch'era una Dori-
na afsai pia , e piena di viva fede , e di un grande timore di
Dio, dall'appartamento fuperiore della fua cafa , ove era mor-
to qucfto figliuolo, avendolo portato nell'inferiore, ove dimo-
rava S. Ambrofio, Io collocò nel di lui letto, mentr'egli era
alsente. Ritornato il Santo a cala, ed avendo trovato qucflo
figliuolo nel fuo letto, fi mofse a compalfione dello Rato, nel
quale vedeva l'afflitta Madre, e confiderando la i'cde , da lei
data a conolcere in queft'occafione, fece per quefto fanciullo
ciò che Elileo aveva altra volta operato per quello della fua
albergatricc dopo di elserfi egli parimente diftefo lopra di
, e
lui, come il mentovato Profeta , lo reftituì vivo alla Madre,
che morto lo piangeva. Scriffe egli ancora un libro ad illru-
zione di quefto fanciullo affine di lalciare a lui, per quando
,

ne fuflfe capace, quelli inlegnamenti, de' quali non lo era per


allora a cagione della fua infanzia. Ma s'allenne di raccontar-
gli quello miracolo, indotto a tacerlo, come può crederfi , dal-
la loia lua umiltà, quantunque Paolino abbia Icritto, non ap-
partenere a lui il dar ragione di quello fiienzio del Santo. Più
non

(/z) Non troppo chiaramente com- 1 dettini della Congregazione di S. Mau-


preiidefi, qual fia l'anno, in cui fu que- ro , i quali lo vogliono compoRo , e
fto Libro compodo, (e nel cccxciu. , |
pubblicato nel cccxciv.
o nel cccxciv. Ma fé in ciò feguire 1
Del Traduttore.
fi vuole l'opinione più accertata, con- (é) Paulin. Vtta Ambrof.
verr'a attcnerfi a quella de' PP. Bene- |
.

pò Vita DI S. Ambrosio
non trovafi quefto Trattato tra le lue opere ;
ma quefto contra-
legno della Tua Santità vivera eternamente nella ftoria della Chic-
fa , e darà a noi occafione di confeffare, che s'egli ebbe tanta mo-
deftia, per protellarfi di non effere un Elia , non lalciò di aver-
ne il doppio fimilmcnte che Elifeo Tuo diicepolo, aven-
fpirito ,

dogli Iddio conceduta la grazia di reiutcitare de' Morti di una


maniera sì miracolofa , e sì conforme alle iovrumane operazio-
ni di quefto Grande Profeta .

Dimorò Santo in Firenze fino al tempo del fuo ritorno


il

a Milano (/?), che fu il primo giorno di Agofto dell'anno fe-


guente; e contrafTe una sì ftretta unione con quella Chiela, nel
tempo del fuo foggiorno , che quando fu coftretto a Icpararfc-
ne , promife di iovente vifitarla {b) Nondimeno non fi fa,
.

eh' egli più vi tornaflb , perchè le occupazioni adoffategli dalla


Provvidenza, e dal fuoEpifcopato, non gli lafciavano la liberta
di difporre del tempo a luo piacimento. Ma per compiere
nondimeno in qualche maniera alla fua promeflfa , comparve
più volte in atto di orare dinanzi all'Altare della Bafilica Am-
brofiana , da lui ivi dedicata. Ed allorché Radagafio affedia-
va Firenze nel ccccvi. con un Armata di quattrocento mila
uomini, fecondo l'aflerzione di Zofimo; ed aveva quindi quefta
Cittcì perduta ogni fperanza di foftenerfi, il Santo, che era mor-
to nove anni avanti, apparve ad una pcrlona, nella Cafa, ove
aveva albergato , quando vi fi portò per fuggire l'incontro di
Eugenio , e promile , che la Città refterebbe libera nel dì fe-
guente, ficcome infatti avvenne, mediante il foccorfo condot-
tovi da Stilicene, e per la vittoria, che quefto Capitano ripor-
tò fopra di Radagafio.
Affinchè non fi tengano quefte apparizioni di S. Ambrofio
in conto di follie, Paolino, che le inlerifce nella fua Vita, di-
ce, effergli ftate narrate da Zenobio, ch'era Vefcovo di Firen-
ze, quand'egli fcriveva ; al quale Zenobio non da quefto Sto-
rico ie non fé giuftamente il titolo di Santo, mentre la Chiefa
lo

Ca) ^mbrof. £/. 58 \ (.b) Paulin.


. . .

LiBRoVIII. CapitoloIV. pi

Ioannovera tra i Santi fotto il giorno xxv. di Maggio. Vi fono


ancora alcune altre (torie di apparizioni del Santo, alle quali
non daremo qui alcun luogo, perchè la lor novità ce le rende
folpctte
Ambrofio erano una aflai autentica
Qiicfti miracoli di S.
approvazione della tua alTenza da Milano , durante il foggior-
no che vi fece Eugenio ed io credo, che fé tuttavia fi tro-
;

vaflero de' Vefcovi , i quali rifulcitalTero de' morti fuora de'


confini delle loro Diocefi giudicherebbe in fa-
, tutto il Mondo
vore della loro aflcnza, proverebbe nel cre-
e neffuna difficolta

dere, ch'ella non fufic cagionata da ottimi motivi .

C A P I T o Lo V.

Onorio e dichiarato Augujìo. Tcodoffi tiomhia per Generalt


Bacuro , Stilicone , ed alcttni altri Parte da Cofìanti- .

nopoli dopo la morte di Galla S. Ambrofio ritorna .

a Mila?io 7ion ofìante le minacele di Arùogajìo

UNa Guerra di tanta eonleguenza , com' era quella , che


Teodofio intraprendeva contro Eugenio, dalla quale chi
ne fuflTe ufcito vittoriofo, doveva effere Signore di tutto il Ro-
mano Imperio, certamente meritava tutta la poffibile , e la
più accurata follecitudme di quefto Principe, acciocché la giu-
ilizia della fua caufa non venifie ad afhevolirfi per l'inegua-
olianza delle forze Quindi fu , che Teodofio v'impiegò tut*
.

to queft' anno m prcpararvifi


Fece in queftotempo Teodofio dichiarare Augufto Ono-
rio tuo fecondo fioliuolo; ciò che Prolpero ed il Conte Mar- ,

Cellino afferilcono avvenuto in queft' anno , lenza dircene ne


il mcfe, né il giorno , come fa Socrate , il quale ci aflicura
che Onorio fu proclamato Augufto nel di primo Gennajo di
queft' anno (a). Si videro allora affai folte tenebre nove ore
dopo
la

(*) Philojìorg. VI. 2. Sozom.l.j.t.z.


,. . .

p2 ViTADiS. Ambrosio
la mezza notte. Ma Claudiano (a) aggiugne, che nello ftelTo
tempo, che i foldati fecero quefta proclamazione del loro giova-
ne Principe, per dargli il titolo d'Augufto, diflìparonfi affatto
queftc tenebre , e da cÌÌ'q ufci il giorno , e la luce (b). Aggiugne
ancora di fubito , che comparve una Stella , e che la Luna era
nafco-

( rt ) Claiidìnn. Uè. i . de Confulat. Ho- Sembra altresì , che Teodofio fuflTe in


7ÌQT. Socrat. /. 5. £". 24. Coftantinopoli , o poco diftante, quan-
(i) Il P. Pctavio prende in fatti do Procolo fu decapitato, e ciò leguì
queftc tenebre per un Ecliffi. Che fé nel VI. Novembre del cccxciii.
ciò vero , convien neceffariamente
è Marcellino mette la marcia di Teo-
dire, che Socrate lì (ìa ingannato, poi- dofio foltanto nel cccxciv. Ed in ol-
ché il giorno X. di Gcnnajo era in queiV tre tutte le Leggi del cccxcrii. , tol-
anno il 13. della Luna, nel quale non tone una , o due , fono in data di Co-
può feguire alcun Ecliffi Mette quin- . ftantinopoli , e ve ne fono moltiffime,
di il P. Petavio quelF Ecliffi li xx. No- e di tutti i nicfi dell' anno fuddetto
renibre , nel qual giorno , per quello Di forta che non poifa dirfi , che vi fia

motivo, noi fiamo corretti a fidare la errore in tutte, come converrebbe af-
creazione di Onorio E ciò fembra al- . ferirc, per foftenere quanto ha Bion-
trettanto ragionevole , quanto Socrate dello Primatttè p. 230. Cod. l. il. tit.
/. 5. e. 25., e dopo lui Sozomeno /. 5. I. 38. avanzato, che Teodofio non fia

e. 24. dicono, che Teodofio aveva le giammai entrato in Coftantinopoli do-


fue Truppe pronte, quando fi:ce Ono- po il mefe di Gennajo del cccxciir.
rio che dopo la di lui pro-
Augurto, e Le Leggi del feguentc anno fino al xxx.
mozione fi portò follecitamente in Oc- di Maggio fono altresì in data di Co-
,

cidente ; vale a dire, più predo che po- ftantinopoli per la qual cofa nella da-
;

tè , avendo lafciato pafTar l'inverno, ta delle due entro il mcfe di Giugno


ed eirendo partito nella primavera è facile , che vi fia errore
come Filoftorgio efprcframente atteda Può eflTere quindi aflai vcrifimile, che
Che fc Onorio fuffe (lato fatto Augu- Teodofio non partiffe da Coftantinopo-
fìo li XVI. di Gennaio del cccxciir., li , che fui cominciare di Giugno nel
converrebbe , fecondo quefti Autori , cccxciv. , trovandofi una Legge in
che fuflc partito nella primavera fe- data d'Adrianopoli , e del xvii. Giu-
guente \ la quale opinione a me fem- gno. Si può ancora, per mortrare, che
bra non poterfi foftcnere , poiché non Onorio è ftato fatto Imperadore piut-
fi faprebbe trovare alcun fatto d'armi tofto fui finire, che fuicominciare del
che fufl'e feguito in quelVanno; e (em- cccxcii!., allegare Cod. Thtodof. Uè.
bri anzi , che quefta guerra cominciaf- 16. tii. 5. /. 23., e quanto dice Clau-
fe, e fenza vcrun interrompimento fuf- diano in Conful. 4. Honor. , che ei non
fe in affai poco tempo finita. aveva ancora io. anni Egli era adun-
.

Dice in Claudiano in Conf. 3.


fatti que probabilmente nel io. anno di fua
& 4. Honor. , che la vittoria fu pron- età, che non cominciò, fé non nel ix.
ta ed ancora, che Eugenio rlmafe ma-
, di Settembre di queil' anno medefimo.
ravigliato della diligenza di Teodofio.
.

Libro vili. Capitolo V. P3


nafcofta; onde convien credere, che fcguifle un Ecliffi del Sole,
non v'eflendo il coftume di offervare nelle Cronologie le te-
nebrc, che da altro non derivaflero, che da un ammaffo di nu-
vole. E
appunto c'induce a rigettare quella particolarità
ciò
di Socrate, quantunque egli fia ordinariamente affai efatto nel-
le fuc date; cofa impoffibile eflendo, che in queft' anno feguif-
fe un Eclifli del Sole nel primo giorno di Gennajo .

Poiché Teodofio ebbe prcfa quella precauzione, la quale


riguardava la fua Cafa non meno, che tutto lo Stato, fua pri-
ma cura fu , per far avere un felice fucccdimento a quella Guer-
ra, di eleggere degli eipcrti Generali (/z). Trafcelie adunque
Timaio per comandare alle Truppe Romane , ed a lui uni Sti-
licone Effcndo che aveffe Teodofio un gran numero di Bar-
.

bari aufiliarj al fuo foldo, che erano venuti dal loro Pacfe fitua-
to di la del Danubio, e da tutti i luoghi dell'Oriente, fé devefi
credere a Claudiano, ne diede la condotta a Gainafo, ed a Ba-
curo Bacuro era originario dell'Armenia, o piuttofto d'Ibc-
.

ria , della quale Ruffino ( ^ ) lo nomina Re Era ancora Capo de' .

Domcftici tra' Romani (e), e le la teftimonianza di Zofimo


merita di cffere ammeffa , alla militare perizia aggiugneva una
bontà, che lo rendeva incapace d'ogni lorta di malizia. Ruf-
fino ((^), che lo aveva conofìiuto particolarmente nel tempo
del fuo foggiorno in Gerulalemme, perchè egli era Duca del-
le marcie della Paleftina, ed aveva da lui ientita raccontare
la SI ammirabile Storia della converfione deli' Iberia , fatta
per opera di una Servente, lo qualifica per un uomo fedeliflì-
mo, che nodriva grande affetto per la Religione, e la verità,
per un degno compagno di Teodofio , per un uomo illuftrc
in fede, in pietà, ed in ogni forta di perfezione di corpo,
e di fpirito.
Stilicone, che tanto a' tempi fi è rcfo celebre, era
fuoi
Vandalo d'origine, fé vogliampreftar fede ad Orofio {e). Quefta
nazio-

(a) Zofim. l. 4. Soerat. /. 5. f. 24. I ( Comes Domejlicorum


<r )
lozow./.y.c. 24. Claudifirì. Id) L. I. e. 12. (^ l. 2. C. 23.
(é) Ruffin. I. I. (. IO. 1 le) 0,»f. L 7. r. 4.
e^ ViTADiS. Ambrosio
nazione era vile ,
perfida , e fraudolenta . Conveniva nondi-
meno, eh' ei fufie dotato di eccellenti qualità, poiché Teodo-
fio lo Icelle tra tutti i Signori della lua Corte per iipolo di
Serena fua nipote, figliuola del luo fratello Onorio. Benché
però Claudiano faccia profclììone di effcre fuo panegirilta in
tutte le fue opere, nondimeno non fa Icendere la fua nobiltà
da più alto, che da fuo Padre, il quale aveva comandato nel-
le Arnaatc di Valente.
Alarico, che divenne dipoi si rinomato (a)^ ebbe altresì
parte in quella Guerra, e fugli da Stilicene affidata la condot-
ta di alcuni Barbari.
ElTcndo adunque le cofe in qucfto ftato fui cominciare
dell' anno cccxciv. , e difponendofi Teodofio a partire da Co-
ftantipoli, mori di parto Galla fua feconda moglie, fopra la
di cui perdita non potè piangere, che per pochiflfimo tempo,
fcmbrando a lui, che gli affari di Stato dovelTero preferirfx alla
fua domeftica afflizione. Parti adunque Teodofio con la fua
Armata, lafciando in Goflantinopoli Arcadie, ed Onorio fuoi
figliuoli, dopo avere dichiarato Jkuffino Prefetto del Pretorio,
acciocché fopraintendefse agli affari dell' Oriente (If).
Sul cominciare di quello viaggio (e) fi fegnalò Teodofio
con U fua pietà. , e con la confidenza , eh' egli aveva neli' in-
terceffione de' Santi. Imperocché giunto fette miglia lontano
da Coftantinopoli , fece le fue preghiere a Dio in una Chiefa
da lui mcdefimo fatta fabbricare in onore di S. Giovanni Batti-
Ila, e raccomandogli il felice fucceffo di queft' imprefa si per
la fua perfona, che per la fua Armata, ed in generale per tut-
ti i Romani , invocando principalmente S. Giovanni Battifla

per renderielo propizio Indi dopo quella preghiera prefe il


.

cammino verio l'Italia. L'avvenuto indipoi fece vedere, che


con tutto il fondamento aveva egli collocata ogni fua confiden-
za neli' intercelfione del Santo Precuriore di Gesù Cristo, e
che

(<t) Socrat.l.j.t. io.


|
que Marcellino, eZofimo ferivano, che
(^) Non ne può dubitare dopo
fé Teodolìo con feco condurfe Onorio,
ciò, che ne dice Qaudiaao, quantun- (e) Socrgt. l.y- 1. 24.
1
,

Libro vili. Capitolo V. 5)5

che la pietà degli Imperadori Criftiani affai piace al Dio de-


gli Elerciti, nelle cui mani loltanto Ita l'evento delle battaglie,
e la dilhibuzione delle vittorie.
Eugenio intanto preparavafi alla guerra d'una maniera
afTii Imperocché oltre i facrilcgj, de' quali fi era reto
diverfa.
colpevole, concedendo a' Pagani ciò, che non poteva, fenza
farfi reo di grave delitto, altri ne aveva commeflTi coli' aipet-

tare dalla predizione de' Demonj tutti vantaggi delle lue Ar- i

mate, con non afpirare ad altro, che a vendicarfi de' Cri-


e
ftiani, quando parti per quelV imprefa. Arbogafto, e Flavia-
no (^) irritati perchè loro negavafi di riceverli alla comunio-
ne della Chiela, dalla quale elbludevali la loro Religione, pro-
teftarono, partendo da Milano, che quando vi ritornarehbcro
vittoriofi , farebbero della Chiel'a una fenderla per i loro Ca-
valliy ed arrollcrebbero i Cherici per farli portare le armi.
Tal cofa fu da S. Ambrofro (b) notata, allorché dopo aver det-
to, che ficcome la pace di Dio ritorna fopra de' fervi fuoi
quando coloro, i quali efìTi vogliono colmare di benedizioni,
ricufano di riceverle; cosi la malizia de' peccatori , che pren-
dono a perfeguitare il giufto, ritorna in loro iVantaggio, e fa
che efli fi fcrifcano con le fteffe loro armi. Indi aggiunge, che
neir ultima guerra, ch'era quella d'Eugenio, alcuni infedeli,
e facrileghi, i quali attaccavano un Principe, la di cui con-
fidenza era in Dio, e volevano rapirgli il iuo Regno, minac-
ciavano Chicle una crudele perlecuzione.
alle Ma che quelli
milerabili privarono le fteffi della Ipcranza della vittoria, per
la fuperitiziola confidenza, che avevano nelle promelTe del Demo-
nio; e fece Iddio loftrire ad efii il caftigo meritato dalla loro
empietà, e dalle loro bellemmie, avendoli efterminati prima
che fufiero in iltato di dare la bramata efecuzione alle dilcgna-
tc vendette contro la Chieia , ed il Clero di Milano .

Subito che S. Ambrofio Icppe , elTere Arbogafio partito per


andare contro Teodofio (e), lalciò la Tolcana , e fi pole lol-
leci-

{_a) Paulin.Vita jlmhrof. I {e) Idem Ejyiji. "i^-


'
( b ) Ambrof. in Pfalm. LVI.
,

^6 Vita DI S. Ambrosio
lecitamente in viaggio per riftituirfi alla fua Citta Epifcopale
circa il XXI. d'Agolto , per ivi afpettare quefl:' Imperadore .

Imperocché egli teneva per ficuro, che Dio, la di cui poten-


za difpone affòlutamente degli Stati non darebbe in potere ,

degli empj un Principe, che in lui confidava, né fofFrirebbc,


che lungamente fignoreggiafTero gli empj fopra de' giufti, ac-
ciocché quefto Regno d'iniquità non induceffe i giufti a corrom-
pere la purità delle loro mani. Era egli affai lontano dal cre-
dere, che Dio aveffe abbandonato Teodofio; e troppo Rimava
i meriti di quefto gran Principe , per non ifperarc , che Dio

fuffe acciocché liberaffe l'Imperio Romano


per dargli ajuto ,

dal furore di un fcellerato , di un barbaro, e di un ufurpatore


cotanto indegno del Trono , che occupava Né vana fu que- .

fìa confidenza chiamò ella le benedizioni del Cielo fopra l'Ar-


,

mata del legitimo Imperadore, alla di cui vittoria affai contri-


buirono le preghiere del noftro Santo.

Capitolo VI.

Teodofto sforT^a il p^Jf^ggio delle Alpi.


1 fuoi aujìliari fono disfatti.

CREDEVA Eugenio d'efferfi impadronito di tutto il Romano


Imperio (^), effendo giunto a metterfi in poffeffo del di-
ftretto delle Alpi , né fi afpettava , che Teodofio veniffe da
Coltantinopoli a Icacciarnelo con la fpada alla mano {b). Non
era per anche a lui nota né la condotta, né il coraggio di queft'
Imperadore, il quale marciando a grandi giornate, e con tut-
ta

{a) Claudian.de quarto Cor. fui. Honor. 1 Claujlraque ctnjeSis fcopnlis duriffxma
{b) Claudiano così defcrive quefto tendunt
paflaggio : | Non alia re/cranda manti , fed pervia
- -Tetigere lecum , quo fine fub imo 1 tantum
jingujìant aditum (urvis anfra^ibus Augujio, geminifque fidem mentita ty-
alfes , rannis &c.
Libro vili. Capitolo VI. <?7

ta la ponTibile preftezza , lo forprefe in guiia che non ebbe


,

tempo di prepararfi . Laonde avrebbe potuto Tcodofio ap-


propriare a ie fteflb le parole delle quali fi Tervì il Profeta
Geremia ('?), e dire: Ln "jojìra arroganT^ ^ e lorgoslto
del 'vojìfo cuore ha del ufo voi ^ che abitata nelle caverne delle
rupi , e padrone delle jommittì delle
vi sforT^te di rendervi
più Jcojcefe , ed alte montagne
quand' anche avejìe collo- ; ma
cato il voftro nido in luogo tanto eminente y quanto quello , ove
juol porlo lAqutla ^ [apro ben io fcacciarvene Ma Teodofio vol- .

le piuttollo etprimerfi con fatti, che con parole minacciole.


i

Ed Eugenio rimafe foprafatto, nel vederlo padrone del pafliig-


gio dell'Alpi contro ogni efpettazione, ed in un tempo, nel qua-
le lo credeva tuttavia affai lontano. Tutto il Mondo quindi
riconobbe, non vi effere paffo alcuno per iftretto che fìafi , e
difficile, né montagne inluperabili peri Principi, i quali fan-
no unire il valore con la pietà; ficcome per lo contrario, non
elfere i ribelli, e gli empj ficuri anche fulle più alte cime del-
le più Icolcele montagne, e nel mezzo Armare più nume-
delle
rofe, quando Iddio, che gli ha lafciati per qualche tempo tiran-
neggiare, vuole dare efcmpli della fua giuftizia. Tale confidcra-
zione ha fatto dire ad un Autore di quel fecolo ( ^), che Demo- i

nj , a' quali lì erano inutilmente lacrificate tanto vittime, co-


noicendo meglio degli uomini le loro proprie furberie , fc ne
fuggirono i primi ,* quando Teodofio, armato dello zelo, che
aveva per la Religione, cominciò ad accoitarfi alle montagne.
Aggiugne poi ancora quefto lìelTo Autore, che dopo di
ciò i Maeftri, li quali nel Mondo inlegnavano i loro fuperili-
ziofi errori , furono coftretti a vergognolamente nalconderfi , e
che principalmente Flaviano , quel!' uomo si verfato nella
fcienza dell' avvenire , conofcendofi più colpevole per la con-
fufione del peffimo fuccelTo delle lue predizioni, che per il de-
litto di fua ribellione, non volle fervirfi della facilita, che ave-
va di potere , come gli altri , falvarfi , e credette di meritarfi
la

( a ) ]er€m. XLIX. v.i6. ' ( «^ ) /?<#«• lil>- 2- f"^- 33-


Tcm. II. G
. . . .

p8 ViTADiS. Ambrosio
la morte piuttofto per il fuo errore, che per il Tuo delitto.
Da tutto quello fembra poter arguirfi, che quefto Pagano fuf-
fe ftato desinato a guardare le Alpi , e che vedendole sforzate,
avefie voluto piuttoilo morire combattendo, per non iopravi-
vere alla fua ignominia, che falvar fé (leflb con la fiiga, dopo
le aflìcurazioni della vittoria da lui date ad Eugenio per parte
de' fuoi Demonj
Avendo Teodofio sforzato l'ingrefiTo dell'Alpi (<?), incon-
trò nel dilbendere da effe l'Armata di Eugenio in una pianura
tutta coperta della ina Infanteria, e Cavalleria. Imperocché
fapendo quefto Tiranno, che Maffmio, del quale egli imitava
la ribellione , era ftato disfatto per avere tutte ad un tempo
intraprefe molte cofe , e per avere divife le lue Truppe ,
credette di dovere appigliarfi a più faggio configlio , e di
unire infieme tutte le fue forze, e niente avventurare. Ma
la diverfa maniera di guerreggiare non impedì , che ambedue
quefti ufurpatori dell'Imperio non incontraffero la fteffa fven-
tura; volendo Iddio farli perire, dopo efferfi fervito di elfi
per efercitare la pazienza degli altri
Hanno alcuni antichi Autori detto (è), che ciò feguiffc
preffo ad un fiume chiamato Freddo , lungo le rive del quale
vi era una Citta chiamata con lo Ifeflb nome, ed era diftante
alcune leghe d'Aquileja , ed alla quale alcuni danno in oggi
il nome di Wittac, o V/ibac nella Contea di Gorizia lungo il

fiume di Wibac Teodofio , che voleva più tofto efporre


.

i Barbari fuoi ftipendiarj, che i Romani, fece avanzare pri-


ma quelli, con Gainafo, e gli altri loro Capi (r); tenendo
coftoro per gente , la cui perdita fuffe una fpecie di vittoria
Racconta Zofimo, che durante la Battaglia feguiffe una Ecliffi
del Sole cotanto tenebrofa, che fi credette, che fufle fopraggiun-
ta la notte; ma dalle tavole aftronomiche fi deduce, non po-
terfi quefta opinione foftenere, qualora fi ammetta con Socra-

te,

( tf ) Sozom. lib. 7. eap. 22. ( Claudia», de tertio Conful. Honorii


{b) Socrat.l.'^.c.i^. Philoflorg.ULz^ i^t) Zef.lih./^. Ore/, liè.y. cap. 3^.
LiBRoVIII. CapitoloVI. PP
te, che giorno di quella Battaglia fLifTe il cVi vi. Settembre.
il

Laonde fi crede, che qucll" Eclifìì pretela altro non fLifl'e,che


la temperta (ucceduta nel giorno dopo la battaglia, la quale
può facilmente giudicarfi cflere ftata accompagnata da qualche
Itraordinaria oicuritìi.
Dopo un SI oltinato reciproco conflitto , i Barbari aufilia-
r; Tcodofio cominciarono a piegare, più non potendo iofte-
di
nere i sforzi de' nemici , né refiilere al coraggio di Arbogallo,
che gagliardaiiiente li rifpingeva, di modo che dandofi alla
fuga , lalciarono fui Campo una gran parte di loro , ciò per-
mettendo Iddio, non già perchè Teodofio fufle vinto, ma ac-
ciocché non fi dicefie , che i Barbari lo avevano fatto effere
vincitore .

L'Imperadorc, che non poteva fenza provare eflrema do-


glia, eflerc fpettatore della rotta delle lue Truppe, era falito
lu lacima di un alto monte, d'onde gli era tacile il vedere
non meno i'una, che l'altra Armata, e reflTere reciprocamente
veduto. In qucfta affai molelha inquietudine avendo dcpofte
le armi, ricorle alle preghiere, ch'erano il Ino più ordinano loc-
corlo , ed eflcndofi proftrato alla prefenza di Dio con tutta l'umil-
tà propria di un lupplichevole, fece a lui quella orazione: „ Voi „
fapete, difs'egli, o Dio onnipotente, averlo intrapreia quella „
guerra nel nome di Gesù Cristo voltro Figliuolo , aflìne di „
fare una vendetta da me creduta giufta. Se io m'inganno, „
cosi penfando, voi mi punite, perchè l'abbia intrapreia. Ma „
fé io ho avuta ragione d'impegnarmivi , non elsendo fin qui ve- „
nato , che per la loia confidenza , la quale ho Icmpre avuta „
nella volita protezione, affiltcte col votlro onnipoffente brac- „
ciò i vollri fedeli lervi , acciocché le nazioni idolatre non ab- „
biano occafione di domandarci , inlultandoci ove fia il noftro „
Dio.
Generali , i quali (lavano all' intorno di quello si
Tutti i

religiolo Principe , effondo accurati , che Dio avrebbe el'au-


dita quella preghiera , prelero nuovo vigore per fare in pez-
zi i loro nemici. E Bacuro principalmente divenne a tal le-
G II g"o
. ,.,,

100 V I TA D I S. A MBROS I O

sno animofo, che fcaricandofi per ogni parte fopra quelli, che
Itavangli all'intorno, tutti gettoUi a terra a colpi di dardi, di
leve, e di fpade. Penetrò ancora per i loro Squadroni più
denfamente uniti , ed avendoli rotti fi apri una ftrada per
mezzo di mille e mille cadaveri, ftefi al fuolo in più m.ucchj
per giugnere fino alla periona di Eugenio, e togliere dal mon-
do quello Tiranno.
Se Teodofio quindi perdette molti de' fuoi aufiliarj, ne re-
ftarono altresì morti in gran numero dalla parte de' nemici (a)
Ma è d'uopo credere , che la perdita fuffe afiai maggiore dalla
tua parte; imperocché dicefi, che de' ioli Goti ne reftafìfero
morti dieci mila Bacuro fimilmcnte vi mori dopo efierfi con
.

i fuoi elpofto per la difefa della giuftizia con una generofita


ftraordinaria.
Convien qui ammirare la profondita de'giudizj di Dio, il
quale permife la morte di quefto valorofilfimo Generale, che
poteva prefiarc si rilevanti fervigj alla Religione Criftiana, ed
all'Imperio , e mantenne in vita Gainafo, e Saule, uno per
caligare l'Imperio dell'Oriente con la fua perfidia, ed impie-
gare la fua autorità in vantaggio dell' Arrianifmo e l'altro ;

ch'era Pagano , per mettere in pericolo l'Imperio dell'Occi-


dente con la facrilega fua precipitazione (^).

Capitolo VII.

Tcodojio pajfa la flotte ifj ora-:!:ione , e da Santi Giovanni ,

e Filippo gli viene promejfa la vittoria

AVENDO la le due Armate (e), tutta l'oc-


notte feparate
cupazione di Eugenio , il quale fi credeva vittoriofo
fu di ricompenfare con premj coloro, che l'avevano ben fervi-
to,

(/i) Theodoret. /. 5. f. 2. Orof. 1 (r) Zof. Iti/. 4.


(i) Theod.l.j. e. ^y. "
,

Libro VII T. Capitolo VII. loi

to, e di mandarli a cena, lenza prenderfi alcun penfisro delle


confeguenze della battaglia , come fé fufle fiata onninamente
disfatta l'Armata di Teodofio , il quale d'una maniera ben di-
verfa da quella fi regolò. Imperocché avendo fatto marciare
le fue Truppe fino dall'alba del giorno , lorprefe quelle d'Eu-
genio ancora addormentate nel loro campo , le tagliò a pezzi
ed attaccò Eugenio ftefTo , il quale aveva prefa la fuga per
porfi in lalvo.
Eccovi qualmente Zofimo in poche parole ci dcfcrive
quefta grande vittoria di Teodofio , della quale ei tutta ne da
la gloria alla fola vigilanza di quefto Principe , che loda con-
tro la fua inclinazione ,
per volere più tofto afcrivere quefta
vittoria a Teodofio , che al Dio di Teodofio
, come avrebbe
dovuto fvirc , le avefie riferita la verità di quanto allora fe-
gu'i. Convien adunque che noi ci attenghiamo non folo a quan-
to ne fta fcritto nelle opere Chie- de' più illuftri Padri della
fa, e de' più fedeli Storici (/»), ma ancora a quanto ne dice
un Poeta Pagano, oftinatifiimo nel culto de'Demonj, il quale
non ha però lalciato di rendere giuftizia a quefto gran Principe.
Dopo la battaglia del precedente giorno , Eugenio, ed
Arbogafto circondarono con i loro Soldati tutte le falde delle
montagne, per rinchiudervi Teodofio , venire ad attaccarlo
nella notte , e tutti chiudere i pallai alla fua ritirata. Quan-
tunque Teodofio niente lapelTe di ciò , che progettavafi contro
di lui, s'accorle nondimeno, el'sere egli abbandonato dalle fue
genti, eflendo gli uni morti, ed avendo gli altri prefa la fuga.
I fuoi Generali rapprefentarongli la debolezza delle lue Trup-
pe, e lo configliarono a rimettere ad altro tempo la decifione

di quefta importante guerra, a non avventurare una feconda


battaglia, ed a ritirarli per allora a far nuova leva di gente,
per ritornare nel feguente anno fui cominciare della Primavera.
veniva dettato da tutte le regole delF
Q_uefto configlio
umana prudenza ;'^ma non efsendo conforme alla viva fede dell'
Im-

(/r ) Orof. l. 7. (. 24. Sozom. l. 7. e. 24. Claudia». Theodoret. l.<,.c. 24-

r.^i/. G IH
.

I02 Vita DI S. Ambrosio


Imperadore, che dalla coftante fua fiducia in Dio veniva reta
intrepida, ed inalterabile, Teodofio afTolutamente rigettollo, di-
cendo con generofita d'animo , che cola troppo indegna fareb-
be il dar motivo a' nemici della Religione Criltiana di accufa-
re di una si grande debolezza la Croce , lopra la quale il Di-
vin Salvatore aveva operata la noftra falute , e di attribuire
una sì poisente forza alla immagine di Ercole, con la propria
fua confeffione , e con quella della fua Armata ; comecché
r immagine della Croce marciava inalberata alla telta delle
Truppe di Teodofio , e quella di Ercole precedeva l'Armata
di Eugenio
Avendo così parlato con volto rifoluto , ed intrepido, ne
gli reftando che poche Truppe , compolte di Capitani , e di
foldati, coraggio de' quali era abbattuto per lo fvantaggio-
il

lo fuccefso dell' ultima battaglia , fi ritirò in un Oratorio fitua-


to nella lommita della montagna, ov'era il fuo Campo, e vi
pafsò tutta la notte in preghiere , non fi curando né di pren-
dere cibo, né di dormire , ma ftando col corpo ftefo , e pro-
fìrato fopra la terra, e lo fpirito inalzato al Cielo, pregando
Gesù Cristo, che riconofceva potere da le lolo tutte lecofe.
Tal fatto indulse Sant' Agoftino a dire (^), che quello Principe
aveva vinto Eugenio più tolto orando, che combattendo. Né
flette egli molto a ricevere con lomma iua conlolazione la ri-
compenla della fua pietà , ed il frutto della iua confidenza in
Dio, che afiicurollo della vittoria, prima che finifse la notte.
Imperocché dopo averla pafsata in preghiere, trovofli, contra
fua voglia, opprelso dal fonno verfo quel tempo, in cui Galli i

cominciano a cantare. E itando tuttavia proltrato boccone a


terra (/»), gli parve di vedere due uomini veltiti di bianco , i
quali lo efortavano ad armarfi di un generolo coraggio ,a cacciar
ogni timore , aprender l'armi fullo fpuntare del giorno, ed a
mettere le fue Truppe in ordinanza di battaglia , afficurando-
lo, che efll a lui venivano per commefTione di Dio, affine di
loc-

{a)An§u]ì>l.<).deCivit.Deic.l6. !
( b) Theoàoret.
Libro Vili. Capitolo VII. 103
foccorrerlo, e di difenderlo. Uno di efifi diceva d'efsere S. Gio-
vanni l'Evangelitta, e l'altro S. Filippo. Ma qualunque fufle
la ficurezza, che l'Imperadore ricevette con quefta vifione, la
coniolazione da lui provata non lo diltolle dal proieguire le lue
preghiere , anzi le offerì a Dio con un fervore affai più acccfo
di prima.
Effendo un fofdato ftato fimilmente favorito della fteffa
vifione, la raccontò al luo Capitano, che giudicò cofa di affai
grande importanza il parteciparla al fuo Tribuno , a cui per
quelV effetto conduffe il loldato , che dal Tribuno fu pron-
tamente condotto dal fuo Generale, al quale effendo nota la
pietà dell' Imperadore , e credendo di fare a lui cofa affli gra-
ta, qualora gli recaffe una si gioconda notizia, parti di lubito
per comunicargliela. Teodofio alcoltolla fenza punto commo-
verfi , comecché niente di nuovo veniffe con effa a rifapere
;
indi parlogli in quefta rtianiera: „ Non ha quefto foldato per „
me avuta quefta vifione , ne per dare a me della confidenza „
col racconto di una si vantaggiosa predizione. Imperciocché io „
di già aveva preftata un intiera credenza a quelli, quali mi „
i

hanno afficurato, che riporterò la vittoria. Ma il Protettore „


del mio Imperio ha voluto partecipare si nafcofto fegreto a quefto „
foldato, acciocché non vi fia chi poffa avere ii menomo iolpet-» „
to j quefta effere una finzione, od un artifizio da me inventa- „
to, per autorizzare la riioluzione, nella quale io fono, di met- „
tere in ordinanza di battaglia la mia Armata , ed acciocché „
io polla avere un teftimonio irrefragabile , ed autentico del «
racconto, che io farò alle mie Truppe. Per verità io ha „
avuta il primo quefta vifiane, per la rivelazione, che Dio no- „
ftro comune padrone me ne ha fatta. Sbandiamo adunque da' „
noftri cuori ogni lorta di timore, e feguiamo generolamente i „
noftri Generali, e quelli, che portano le noftre Infegne. Ne „
vi fia chi giudichi della vittoria per il maggiore, o minor ni^- „
mero de' combattenti; ma confideriamo unicamente la forza, „
e la potenza de' Condottieri della noftra Armata. " Favella- „
va egli probabilmente di que' due Santi , che avendo iftillato

G IV iin
. .

I04 ViTADiS. Ambrosio


un nuovo vigore al fuo fpirito con una si miracolofa vifione,
dovevano marciare alia tefla delle lue Truppe, e foccorrerc
non meno lui, che i fuoi ne' più pericolofi cimenti.
Dette quelle parole lafciò nelF Oratorio , ove aveva fatta
la fua preghiera, gli abiti fuoi Imperiali , che dovevano effe-
re la ricompenfa dell' invincibile foccorio, che il Cielo gli pro-
metteva, aveva verfato da' fuoi occhi, dive-
e fopra de' quali
nuti come due fontane, un abbondante profluvio di lagrime.
Prcfe indi le fue armi , tenendo per ficuro , che lo ftendardo
della Croce non folamente iarebbe la fua protezione , ma che
gli farebbe infallibilmente riportare la vittoria Effendofi per .

tanto munito del fegno della Croce fece dar principio alla
battaglia , nella quale s'impegnò con tutto l'ardore immagina-
bile, effendo invincibilmente perfuafo , che ne ufcirebbe vit-
toriofo, quand' anche non da alcuno
fufle feguito nell' attacco

de' fuoi. In fatti una fede cos'i viva, quanto quella, ben me-
ritava di effere da Dio fpecialmentc favorita , e che dando
egli un si raro modello di pietà a tutti i Principi Criftianì
per quel tempo, in cui effi trovanfi in pericolofi cimenti, loro
altresì infegnaffecon queft'efempio , effere Gesù Cristo troppo
fedele nelle fue promeise , per abbandonare al furore de' loro
nemici coloro , che da lui folo afpettano affillenza , e foccorfo

Capitol© Vili.

Teodojio riporta la vittoria con varj miracoli. Morte d'Ettgenioy


e d'ArbogaJlo . ^uejìa vittoria è miracolofamente
faputa in Còfìantinopolt , ed in Egitto

DOpo che Teodofio ebbe


Armata {a)y
fua
così afficurata
difcefe dalla
, ed incoraggita la
montagna per andare ad
attaccare i fuoi nemici ; ed allora fu , che cominciò ad accor-
gerfi

{a) T/}etd»ret.l. ^. c.z^. Stzom.l.y. e. ii. Oref.l.j-e.^^.


Libro vili. Capitolo Vili. 105
gerfi del grave rilchio, nel quale trovavafi, vedendo alle fue
Ipalle le Truppe
di Eugenio, le quali fembravano pronte ad
attaccarl© alla coda lubito che egli fufTe venuto alle mani. Al
primo comprendere quello pericolo fi proitrò lubito a terra
per nuovamente implorare con le lagrime il Divino loccorlo ,
di cui provenne immediatamente gli efletti Imperocché il .

Conte Arbitrionc , che comandava alcune Truppe d'Eugenio


porte in una imboi'cata , moflb dal rifpetto, che in lui potè ril"-
vegliare la prelenza di quelV Imperadore , ichierandolì dalla
fua parte liberoUo da quel pericolo , nel quale egli ftefTo ave-
,

vaio mcflb, ed accrebbe le lue forze con quefta unione inalpet-


tata , la quale fu il primo fegno della vittoria.
Il di lui efempio fu ieguito da molti altri; conciofTiachè
cffendo di già incominciata la battaglia, Capitani , eh' era- i

no alla tefta delle Truppe di Eugenio , mandarono ad offerirfi


a Teodofio, purché accordaffe di aver per efii le dovute confi-
derazioni. Quello Imperadore fenza fermarli a deliberare lo-
pra una domanda, che a lui era si vantaggioia, loro accordò
quant' elfi da lui defideravano , ed avendo Icritte iopra alcune
tavolette, per mancanza d'inchioflro , le onorevoli condizioni
da cflì richiede , eglino fi fchierarono lotto le lue bandiere .

Ma nel tempo che quelli ludditi ribelli fi dichiara-


fteflb ,

rono in fuo favore (rt) , trovò ancora motivi di timore tra


le fue fchiere più fedeli , e veterane Poiché dando quelle .

chiufe entro il recinto della montagna , e tardando le loro

fquadre a portarfi al campo di battaglia, a cagione dell' imba-


razzo del bagaglio, e de' loldati , che ad elle impedivano il
cammino , vedendo quello Principe , che la Cavalleria nemi-
ca traeva grandi vantaggi da quefta lentezza nel mnoverfi ,
fcele di fubito a terra, ed avanzandofi lolo alla teda della lua
Armata prele ad incoraggirla con quefte laute, ed efficaci pa-
role : Ov è il Dio di Teod'jfio? Non avrebbe egli si fatta-
mente parlato, le non fufle dato ficuro di avere prcflb di fé
Gesù

{a) Ambrtf. in obitu Thcodof.f. wj.


.

io6 ViTADiS. Ambrosio


Gesù Cristo; non vi effendo chi pofTa ui'are di un fomiglian-
te linguaggio, fé non è pienamente perfuafo della ftretta unio-
ne con quello Divino Salvadore. Baltarono quindi quelle pa-
role accompagnate dal Tuo elempio per tutti eccitare, e rinvi-
gorire i Tuoi loldati ; di fotta che quantunque la iua vec-
chiezza laiciafle ad efli il vantaggio di efiere a lui lupcriori
quanto alle forze del corpo, nondimeno la fua fede aflai più
forte, e vigorofa della loro, gli dava l'altra fcorta di efiere ad
elTi gran lunga fuperiore nel coraggio
di
Avendo Eugenio Icoperto da lontano, che Tcodofio fcen-
deva per combattere , comandò alle lue Truppe di prendere
l'armi, e di metterfi in ordinanza di battaglia Indi effsndofi .

pollo fopra di una picciola prominenza, diceva, che Teodofio


cercava di morire con la fpada alla mano; ma per non lafcia-
re a lui neppure quella gloria , e quella conlolazione nella di
lui fconfitta , comandò a' fuoi Capitani di prenderlo vivo, e
di condurglielo con i piedi , mani
e le legate. Sembrava in
vero, ch'egli avefl'e qualche motivo di
coi\ favellare, né fuf-
fe, in così peniando, oltre modo preluntuofo, tanto l'Armata
di Teodofio compariva picciola in paragone della tua.
Ma il legitimo Imperadore era afliitito (a) da Prorettori
poffenti, che al Tiranno erano ignoti; e quando fi fcoccarono
i primi dardi, o dinanzi ancora, che la battaglia incominciaf-

fe, i Santi Apofloli Giovanni, e Filippo , che avevano pro-


meflb il loro loccorlo a Teodofio, gliene fecero ben prello ve-
dere l'effetto. Imperocché s'alzò tutto ad un tratto un vento affai
poffente , ed impetuolo, il quale prele a direttamente foffiare
con una portentofa violenza contro i foldati d'Eugenio. Qiie-
llo vento fece , che quanti dardi efii fi sforzavano di lanciare

contro de' loldati di Teodofio, tutti prontamente rivolgendofi


contro di loro, feriffero foltanto quelli, da' quali erano flati
vibrati, così che dalle loro mani cadendo le armi, più ne ripiglia-
re, né ritenere le poteffero, e che difordinandofi le loro file,
reitaf-

( a ) Amhr»J, m Pfalm. XXXVJ.p. 6^z.


.

Libro vili. Capitolo Vili. 107


reftafTero cos\ dilarmati efpofli alle frcccie de' loro
nemici, da"
quali non potevano in alcun modo difendere, ftantecchè la
fi

polvere dando nc-1 loro volto li coitringcva a tener chiufi ^li


occhi per tema di perderli. Qiielta tcmpefia però cotanto fu-
rioia era tunella loltanto per Eugenio; ed all'Armata di Teo-
doiìo apportava neflun nocumento, ed incomodo. Tutti dar- i

di de' loidati di Teodofio s'alzavano nell' aria, ed andavano


anche più lontano di quello, che l'ordinaria forza degli uomini
fembrall'e poterli fpingcre ; e quafi nelTuno ve n'era, che an
dalfe a vuoto, e che non aprifle qualche ferita prima di cade-
re a terra
S. Ambrofio, ch'erano allora tanto celebri nel
e Ruffino,
Mondo, d'una fomigliante maniera ci dcfcrivono quelle parti-
colarità, le quali da Orollo non fono Rate inferite nella fua
Storia, che citando per mallevadori gli occhi dì un copiofo
numero di perione, tuttavia nel mondo viventi, e eh' erano
fiate ipettatrici di quefto miracolo. S. AgofEino non dilfe fé
non ie quanto aveva fcntito raccontare da' foldati fteffi d'Eu-
genio, i quali avevano provati i più gagliardi sforzi della fpa-
ventola violenza di quelli turbini.
Ciaudiano Hello (/?), benché Pagano, e di lovcrchio at-
taccato all' Idolatria, non ha potuto difpenlarfi dal fare tefti-
monianza della verità di quello miracolo con elegantifTimi verfi,
che dalla poiterità fono (lati preferiti a tutto ciò , eh' ei ha
Icrirto di più iublime , e pompofo. Attribuiva egli all' amo-
re, che Dio aveva per Teodofio , quella dichiarazione, che il
Cielo aveva fatta, combattendo in fuo favore, e quella van-
taggiola congiura de' venti, eh' egli aveva come chiamati col
fuono della iua tromba per abbattere i tuoi nemici. S. Ago-
ftino, ed Orofio rapportano una parte di quelli vcrfi, quan-
tunque il riferito Poeta ubbriaco di tutte le fuperllizioni del
Paganelìmo ridicololamente aduli Onorio, attribuendo al delli-
no del Figliuolo, che non per anche giugneva all' età d'anni
dicci,

( « ) Claudia», rie tcrtio Confnl. Honor,


. .

io8 Vita DI S. Ambrosio


dieci, od undici, ciò che era dovuto alla fola fede, ed alla fola
pietìi dei Padre. Ma quelli impetuofi turbini abbatterono non
meno l'animo, che il corpo de' foldati d'Eugenio, i quali per-
dettero di fubito ogni coraggio , comecché non fufle ad effì dif-
fìcile il conofcere, che Dio combatteva contro di loro. Quin-
di benché non avefiero coftoro perduta, che affai poca gente ,

e che Arbogalfo facefle quanto può afpettarfi da un uomo di


coraggio; nondimeno altri prefero la fuga, ed altri abbaffan-
do le armi, dimandarono grazia a Tcodofio, che loro di fubi-
to la concedette
Ma quefto Principe vittoriofo volendo che intieramente
reflaffero decifi gli affari dell' Imperio in quella feconda batta-
glia , loro comandò di condurgli il Tiranno. Ed effi per ub-
bidire a queff' ordine, corfero in tutti fretta all' altura, nel-
la quale erafi il Tiranno trattenuto durante la battaglia , di
cui ne aipettava tuttavia l'evento Vedendo . coftui la fua gen-
te venire vcrfo di lui a briglia fciolta, ed a tutta carriera,
credette, che cosi s'afifrettaffero ,
per recargli la prima nuova
della fua vittoria, e con quella vana fiducia loro dimandò, fé
gli conducevano legato Teodofio Ma reftò altamente forpre-.

lo nel fentirfi da efli rilpondere, che non gli conducevano Teo-


dofio , ma che venivano anzi per impadronirfi della fua perfo-
na, e lui fteffo condurre a Teodofio, ffantecchè il Padrone dell'
Univerfo cosi comandava. Lo fecero indi di fubito alzare dal-
la lua iedia, lo legarono, e Io conduffero dinanzi a quello,
che pochi momenti prima ei pretendeva di avere fuo prigio-
.nipro. Zoflmo dice, che ei fu prefo fuggendo. Checché però
ne fia , tutti convengono, che fu prefentato a Teodofio fpo-
oliato delle divile Imperiali, e con le mani legate dietro le
fpriUe
Qiicfto Imperadore vittoriofo vedendolo dinanzi a fé, rim-
proverogli la morte
Valentiniano, l'iniqua ufurpazione dell'
di
Imperio, e l'ingiuffa guerra da lui intraprefa con tanta teme-
rità. BeiTollo altresì del fuo Ercole, e della vana confidenza,
che aveva avuta m
quell'immagine; tutte cole, che dovevano
far
.

Libro vili. Capitolo Vili. lop


far morire di confufione quen^ufurpatore, quale avendo fem-
il

pre fatta profeilìone di Crillianelimo, non erafi pofcia vergo-


gnato di marciare in guerra con quella vana ollentazione della
tua compiacenza per i Pagani , che lo avevano abbagliato con
r empietà de' loro prelagj
Paffando quindi Eugenio dall' infolenza , e dalla fierezza
d'un Tiranno all'umiltà di un lupplichevole, ridotto a non do-
ver più fperare , che nella (ola clemenza del vincitore , voile
impiegare le fue preghiere per ottenere quella vita, della qua-
le fi era refo indegno con la fua ambizione , e con la fua ribel-
lione. Ma nel mentre ch'ei flava prollrato a' piedi di Teodo-
fio per domandargliela , i foldati gli tagliarono la tefta , efe-
guendo così la troppo giufta fentenza , che contro di coftui era
Hata da queft'Imperadore pronunziata.
Fu quella tella pofla nella lommita di una picca, e povia-
ta per tutto il luo Campo Tale comparla obbligò coloro, che
.

tuttavia erano del fuo partito andar a gettarfi a' piedi di


, di
Teodofio , ed a dimandargli perdono , che conceduto loro fu
prontamente, e di buona voglia, avendo Teodofio talmente uniti
li vinti con i vincitori , che giammai non ebbevi diviiione tra

di efli, neppure dopo della lua morte.


Arbogado, ch'era la cagione di tutto il male , forpafsò
tutti gli altri tuoi delitti con un eccelso di furore , divenendo
egli iteflb carnefice di le medefimo. Imperocché dilperando
di poter ottenere la ftefia grazia allora accordata da Teodofio
a quelli, iquali fi erano abbandonati alla di lui clemenza,
velocemente ne fuggì per le più dirupate montagne.
le Ma
accorgendoli di elTerc dappertutto infeguito , fi palsò con più
colpi di Ipada da parte a parte il corpo , due giorni dopo la Batta-
glia, come lembra, che dica Claudiano.
Ecco qual fu la giuda fentenza da Dio pronunziata fopra
quelli due partiti, uno fperava con umiltà in lui (olo,
de' quali
lenza confidare negli uomini; e l'altro luperbauiente prelumc-
va per la folle fiducia , che aveva nelle lue proprie forze , ed
in quelle degli Idoli. Di forta che Teodofio affai meno fi ral-
legrò
no ViTADiS. Ambrosio
leorò nella fua vittoria di aver fatto morire un Tiranno, che
di avere recata confufione alle vane Iperanze
Pagani, tra i de'

quali ,
quelli , che furono più
ropravififero tormentati
, dall'

ignominia , che (offrivano , di vederfi ingannati dalle lor fal-


le divinazioni, di quel che lo fulfero coloro, che perirono uc-
cifì dal ferro, di vederfi disfatti dal rigore della lor iorte.
Teodofio (a)y il qual voleva che la fua pietà aveffe la
miglior parte nel fine di quella Battaglia, ficcome l'aveva avu-
ta ne' fuoi principi, fece atterrare tutte le ftatue di Giove, le
quali erano fiate porte fopra dell'Alpi. Ed avendogli detto
alcuni de' fuoi foldati con quella libertk , che la vittoria nuo-
vamente riportata dava a più fedeli fervi di un si buon Prin-
cipe che farebbero flati affai contenti di ricevere rutti i colpi
,

de' fulmini di quefle llatue, ch'erano d'oro, ei loro li dono li-


beralmente .

Quella vittoria vien confiderata non tanto per un effetto


ordinano dell'umana prudenza di un faggio Imperadore, quan-
to per una flraordinaria ettufione della grazia del Cielo , che
compiacevaG di ricolmare dei fuoi doni in quella occafione un
Principe Crifliano. E S. Ambrofio (^), che l'attribuifce alla
pietà di Teodofio, la paragona a quelle antiche vittorie affat-
to miracolofe daDio anticamente concedute a Mosè, a Giofuè,
a Samuele , ed a Davide .

Tutto ciò, che noi ne abbiamo fin a qui riferito, ne è una


prova più che badante. Ma conviene loggiugnerc, che cffen-
do un indemoniato ufcito dallo fleffo Tempio (e), nel quale
quello religiolo Imperadore aveva fatta la fua orazione, diflan-
te fette miglia da Coflantinopoli, ed efsendo inalzato per l'aria
dal Demonio proferì delle ingiurie contro S. Giovanni Battifla,
e rinfacciandogli la fua tefla recila, gridò ad alta voce: Co.fi
dunque tu mi juperi ^ e mi mandt in rovina la mia Armata?
Qi.ielli, che fi trovarono prefenti ,
quando ciò iuccedette , e
eh' era-

(fl) jiiigufl. I (f) Sczom.


'
(6) Ambraf.Epijì.ió.
.

Libro vili. Capitolo Vili. iii


ch'erano impazienti, fimilmente che molti altri , di ricevere
nuove della guerra, pieni di maraviglia fecero particolare ri-
flefhonc lopra quelle parole , e non molto dopo Cepperò da
quelli ftefifi , che fi erano trovati nella battaglia , eflerc (lare
proferite nello fteffo giorno dell'avvenimento decifivo di qi-'.-fta
Guerra, dei quale non ne furono meno certificati dal lume, e
dalla gioja dc'Santi, che dalla confufione de' Dcmonj. Impe-
rocché quando fu recata in AlefiTandria la nuova di quella dif-
fatta, Rutiino , che ne ha tramandata la ftoria alla pofterita ,
e ritrovavafi allora nella Tebaide con S. Giovanni d'Egitto, la
rileppe nello ftefl'o giorno , che fegu\ , dalla bocca di quello
fanto Profeta, il quale gli foggiunie, che Teodofio non Copra-
vi verebbe lonzamente a quella vittoria.

Capitolo IX.

Piefiì di Tcodojto^ il quale perdona a [noi nemici^


anche a perjuajione dt S. Ambrofio .

TEODOSIO obbligato a riconofcere la grazia a lui compar-


tita da Dio con una pietà proporzionata alla grandezza
del beneficio , non trovò maniera più propria per foddisfarvi,
che di uiare una grande mifericcrdia verfo de' vinti Quello .

egli fece d'una maniera, di cui non v'è eiempio in tutta l'an-
tichità (/«), egli ha fatti meritare gli elogj non lolode'Cri-
(liani , coinè di S. Ambrofio, di S. Agodino, e di Orofio ma ;

ancora de' Poeti Pagani , i quali fono itati coflretti a lodare


una SI eccella , e maravigliofa virtù
Infatti elsendo ch'ei fufse aisai più vittoriofo di fé ftelso,
che de' fuoi capitali nemici, contcntandofi di vedere eftinta una
SI grande , e si pericolola Guerra dal iangue di due fole perlo-

ne , d'Eugenio cioè , e d'Arbogallo , dante che gU altri ribeili ful-


fcro ioggiaciuti alla forte dell' armi , e non uccifi per luo or-
dine.

(a) j1mbrof.Ep.l6. Orof. i. j . e. ^^,


.

ut ViTADiS. Ambrosio
dine, perdonò a' loro Figliuoli, i quali fi rifuggiarono nella
Chiefa, quantunque non fufscro ancora Criftiani
Volle egli , che quella occafione fervifse loro per abbrac-
ciare il Crillianefimo Egli li amò con un affetto del tutto
.

Griftiano, e fu lontano dal privarli de' loro beni, che anzi


s'i

gli onorò con delle Cariche , e delle Dignità della fua Corte y
e del fuo Imperio. Non foffri , che vi fuise alcuna particolare
inimicizia dopo la vittoria; non efsendofi diportato come Cin-
na , Mario , ed altri fomiglianti , i quali non vollero
Siila ,

dar fine alle civili guerre dopo ch'elleno erano fiate terminate
con loro vantaggio , ed elfi avevano col loro rifentimento ol-
trepafsati eziandio i più ampli confini della loro vittoria. Ed
efsendocchè la fua unica afflizione fufse , che quefte guerre fi

fufsero mofse, non volle, ch'elleno recafsero nocumento ad al-


cuno, dopoché furono terminate d'una maniera si gloriola per
lui, e SI vantaggiofa per la Religione CrilHana.
Convien però qui confefsare, che una parte della gloria
dovuta a quella bontà diTeodofio appartiene a S. Ambrofio (a).
Ed efsendocchè queft'Imperadore veramente Criltiano fufse per-
fuafiffimo , efser egli onninamente debitore della fua vittoria
al Cielo, in vece di far inalzare archi trionfali, e di fegnalarfi
con altre fomiglianti magnificenze, come gli altri Principi era-
no llati foliti di fare in fomiglievoli occafioni , fcrifle a Sant'
Ambrofio a puro fine di pregarlo , che rendeffe grazie a Dio
della vittoria da eflblui riportata.
Credendo per avventura Teodofio, che il noflro Santo fuf-
fe afl'ai diftante da Milano, moftra nello fcrivergli d'efiere per-
fuafo , ch'ei fiafene allontanato, perchè dilperalfe , che l'armi
del fuo Principe aveflero un felice luccefìTo. Era peraltro ma-
nifeftamente falla la perfuafione del Principe vincitore ,
poiché
S. Ambrofio era Milano, come abbiamo veduto.
già ritornato a
La ficurezza però , che S. Ambrofio aveva de' meriti di Teo-
dofio, e che a Dio farebbe accetta i'oftia, che le gli offerirebbe
a no-

{a) Ambrof. Ep. 58.


Libro vili. Capitolo IX. 115
a nome di quefto Principe, fece si ch'ei fi conformafTe con tut-
to il giubilo del luo cuore alli di lui defiderj Avendo quindi .

per quello motivo polla lopra l'Altare la lettera fcrittagli da


Teodofio, la tenne nelle mani nel mentre che offeriva il Sacri-
fìcio, acciocché la fede dell' Iniperadore parlaffe con la mano
del Velcovo, ed i caratteri della mano di quello Principe si re-
ligiofo facelTero le Sacerdotali funzioni, ed offeriffero la Divina
Ortia per le mani Gesù Cristo.
del Pontefice di
Dopo ch'ebbe Ambrofio foddisfatto
S. a quefto dovere ver-
fo Dio, Icrilfe a Teodofio per mezzo d'uno de'Ciamberlani del
medefimo Principe, a motivo di rallegrarfi con lui della ripor-
tata vittoria (/z). Si protefta in quella lettera, altro non
avanzargli da defiderare, fuori che il compimento della fua pie-
tà ,
nuovi contrafegni , perdo-
della quale lo Icongiura a dar
nando a' ribelli, principalmente a coloro , che non erano an-
cor caduti in quello fallo, vale a dire, che non avevano por-
tate le armi, che per Eugenio, né avevano avuta parte negli
affari di MalTimo .

Scrifle il Santo a Teodofio ancora una feconda lettera ,


che noi non abbiamo, ed oltre quella (^), un altra, che gli
mandò per uno de' luoi Diaconi nomato Felice, il quale noi
abbiamo probabilità di credere elfere quello, che fu dipoi Vel-
covo di Bologna (e). Non gli fcrilfe però loltanto per fod-
disfarc a' doveri della civiltà, ma ancora per intercedere a fa-
vore di coloro, i quali riconolcendofi colpevoli per la parte da effì
prefa in quella ribellione, fi erano rifugiati nella Chiefa. Ed
clfendocchè la fua maggiore premura fuffe d'ottenere grazia per
quelle perfone, non potendo più foffrire il dolore, che le loro
lagrime gli cagionavano , non volle afpettare , che Teodofio
venilfe a Milano, ma gli fpedi appella il fuo Diacono per iol-
lecitare il loro perdono .

Né di ciò fu contento, ma foflenne ancora generofamen-


tc

(a) Ambrof. Ef. 58. 1 (


'^
) PdMn. de Vit. jimbrof.
ib) Li. Ef. 16. I

Ttm. II-
H
114 ViTADiS. Ambrosio
te diritto, e la fantira degli afili.
il
Aveva Teodofio manda-
to a Milano uno de' luoi Segretari di Stato, nomato Giovanni,
il quale fu dipoi Prefetto del Pretorio, e noi crediamo effere
quello, che prefe Porpora nel ccccxxiii. dopo la morte di
la

Onorio; ed aveva a lui dato ordine di mettere nella fua fal-


vaguardia coloro, che fi erano rifugiati nella Chiefa, affine,
per quanto fcmbra , di mettere in ficuro la loro vita , fin' a
tanto che l'Imperadore diiponeife di effi.
S. Ambrofio, che aveva Ifimato iuo dovere il non allon-
tanarli dalla iua Sede, per poter effere pronto ad opporfi a quei-
1-e violenze, che per avventura voluto fare a quelle per-
fi fuffe
fone, avendo fentito, effere Giovanni venuto
a Milano per ef-
fettuare quefto comando, le n'andò in perlbna a trovare l'Im-
peradore in Aquileja, per intercedere a prò di quefti mifcra-
bili , né {tentò guari ad ottenere grazia per coftoro , avendo a
trattare con un Principe Criliianiffimo , che non nodriva ver-
fo di lui che deli' affetto , e della venerazione , e che gliene
diede nello fteffo iitante prove ftraordinarie, gettandofi egli
Iteffo a' fuoi piedi per proteltargli, averlo le fue preghiere, ed
i fuoi meriti fatto lalvo in tanti pericoli. Di forra che Teo-
dofio vincitore d'Eugenio akriffe a fua gloria d'effere vinto dal-
la pietà Ambrofio
di S. Avendo quindi il Santo ottenuto
.

quanto dimandava, ritornò di lubito d'Aquileja a Milano, ove


Teodofio giunte un giorno dopo di lui (a).
Nel loggiorno, eh' ei fece in quella Metropoli, edificò
tutti i Fedeli con una azione di pietà affai conforme, le non
alle ordinazioni, almanco allo ipirito, ed a' defiderj della Chie-
fa {b) Imperocché per quanto giuda fuffe la guerra, eh' egli
.

era ftato obbligato a foltenere nondimeno il dilpiacere ch'egli


,

ebbe dei fangue, che fi era Iparlo nella battaglia, lo indulfc


ad

(a) Baronio crede, che Teodofio per i che quefti due Apoftoli fiano rapprefen-
rieonofcere il foccorfo predatogli dai |
tati . Ma i volti cuiiiati in .quella Me-
SS. Giovanni , e Filippo faceffe llam- daglia non potrebbero per avventura
pare una medaglia da lui rapportata cfTere di Arcadio, e di Onorio?
all' anno cccxciv. , nella quale crede ! (i) Ambrof. dcobituTheodof.f.zii.
LiBRoVIII. CapitoloIX. 115
ad aftenerfi da' Sacramenti fino a tanto , che avefle ricevuta
una teltimonianza della grazia divina con l'arrivo de' iuoi
Figliuoli.
per verità, fecondo che ne penfa un Santo Padre (/v),
E
per quanto giuili, e legitimi poflano eflere gli omicidj , che fi
commettono nelle guerre, e quantunque i Principi, che ri-
mangono vittoriofi, Ipargendo il iangue de' lor nemici, fi fac-
ciano alzare de' trofei come illuftri mcriumenti delle loro vit-

torie- nondimeno fé fi vogliono confiderare le cofe per fé ftef-

fc, e fare rifleflìone fopra la tanto ftretta alleanza, che tutti


gli uomini hanno gli uni con gli altri , per la partecipazione
d'una Iteffa natura; iomiglianti omicidj non poflbno affoluta-
mente Quindi è , che non fenza un
paffare per innocenti .

ragionevole motivo aveva Moisè ordinato nell' antica Legge,


che quelli, che ritornavano dalla battaglia, ftefsero per qual-
che tempo fuora del Campo , e fi purificafsero prima di en-
trarvi.
L'ufo degli ultimi fecoli può fare tenere in conto di rigi-
da una fomigliante dilciplina. Ma può forfè darfi, che S. Am-
brofio abbia egli flelso configliata quelU umiltà a Teodofio ,
poiché parlando de' Giudici {b)^ i quali fono obbligati a pro-
nunziare fentenze di morte in calligo de' delinquenti, nel rif-
pondere che fa ad un Minillro, che avcvalo fopra di ciò conful-
tato, dice, che quantunque ei non voglia negare ad elfi afib-
lutamente la comunione, come altri del fuo tempo facevano;
nondimeno ei non può le non approvare, e lodare quelli, che
fé ne altengono da loro medcfimi.
Alcuni Storici fanno intraprendere a Teodofio verfo la fine
di quell'anno un fecondo viaggio a Roma (e); ma efsendoc-
chè

(«) Ifider.Peltif.l.^. Ep. 200. 1babile da quanto dicono Socrate L'^jì


ib) ^mhrnf. Ep. 51. \c. 26., e Soioineno /. 8. e. ^8., cHè
(f) Che Teodofio non fi accoftafTe 1 non li ftcc venire, (e non quando tro-

a' S?cramenti , fé non fé dopo il ri- vavafi infermo per la malattia, di fui
torno de' Figliuoli , vien refo poco prò- |
morì ; fé però non vuol dirfi ,
eh' ei fi

anima-
H II
6 . , . ,

Il Vita DI S. Ambrosio
ammalaffc dopo k fua vittoria, e che gli Imperadori tre fole volte C erano
l'idropifia , delia quale morì , non lo veduti in Roma. Or
ed'endo certo, che
lafcialle dopo di effa lungamente fo- Coftantino vi andò nel cccxir., Co-
pravvivere. Ma fiafi in una maniera, Hanzo nel cccxvii. , e Teodofio nel
od in un' altra, egli è difficile l'accor- CCCLXxxix. , neffuna probabilità vi è,
dare ciò con Zolìmo , il quale preten- ch'ei vi ritornalfe ancora nel cccxciv.
de, che Teodofio andaffe a Roma im- Ncffuno Storico quindi , e ncffun Au-
mediatamente innanzi alla fua morte. tore , o Cronolagilta , oltre i tre da
Prudenzio Symmach. dice fimil- noi già citati, pur una parola ne dice.
/. i. in
mente come Zofimo che quando Teo- Ed ancora di quelli tre Teodoreto cer-
, ,

dofio andò a Roma , e vi proibì l'Ido- tamente non nomina Roma che per ,

latria , aveva di gik vinti i due Tiran- dire, che Teodofio era in Occidente.
ni MafTimo , ed Eugenio. E s'egli è Ed il titolo di vincitore di due Tiran-
vero, come dice Teodoreto /. 5. f. 25., ni, che Prudenzio gli da, può cadere
eh' ei fia andato a Roma molto tempo in generale fopra la perfona di quefto
dopo la morte di Paolino, e di poi ab- Principe, fenza che qaefto Poeta abbia
bia voluto obbligare FUviano ad andar- pretefo , eh' ei l'abbia acquiftato fino
vi , conviene che ciò fia feguito dopo da quel tempo
la disfatta d'Eugenio. Si potrebbe dedurre dalla narrazione
Nondimeno il tempo, che pafsò dal di Zofinio ( poiché ei non lo dice ef-
giorno vr. Settembre, ne! quale fucce- prelTamente ), che Onorio fufTe andato
dettequefta disfatta, fino al giorno xv ri. a Roma con fuo Padre. Ma egli è vi-
Gennaio, nel quale Teodofio morì in fibile in Claudiano , che dopo elTervi
Milano, fembra affai breve, ed impro- andato nel cccLxxxix. cffendo ancor
prio per credere, ch'egli fia andato a fanciullo, prima d'elTere Imperadorc,
Roma, e che ne fia ritornato. In oltre e prima della guerra d'Eugenio , ei non
non avrà egli potuto partire da Mila- vi ritornò, che per cominciare il fuo
no, fé non dopo avervi fatti venire da fello Confolato , cioè verfo la fiae del
CoRantinopoli fuoi Figliuoli , fé non
i ccccni.
fi vuol dire, ch'egli abbia fatto quello Stilicone può efTervi ftato , come di-
viaggio, fenza avere prima partecipato ce Zofimo, ed ancora avervi fatto pro-
de' Sacramenti clamare Onorio Imperadore ; la qual
Dice Claudiano mConf.Htnor.^ che cofa però da quel!' Autore fi attribui-
quando Roma volle ottenere da Teo- fce a Teodofio. Dice altresì Zofimo,
dofio il Confolato per i due Fratelli che Serena moglie di Stilicone volle ri-
Olibrio , e Probino , ella gli mandò mirare la (tatua di Cibcle, e che aven-
de' fuoi Deputati a pie' dell' Alpi ; va- do veduto penderle fui petto un' affai
le a dire ad Aquilcja, od a Milano; preziofa collana , da lei la tolfe , e fé
né dice egli eh' ei fuffe allora afpetta- la pofe al collo; della qual cofa rim-
to in Roma , né eh' ei vi andalle in proverandola una vecchia Veilale , che
tutto queir anno. Ma anzi in un al- tuttavia viveva, ella la fece maltrat-
tro luogo, cioè de Confiti. 6. Honor. tare , e cacciare da quelli di fuo fegui-
dice, che ne' cent' anni, che avevano to , malgrado tutte le imprecazioni
preceduto i! fedo Confolato d'Onorio, che colici mandava contro di lei , de!
vale a dire dal cccxv. fino al cccciv. fuo Manto , e de' fuoi Figliuoli . Que-
fto
. 1 . . ,

LiBRoVIII. Capitolo X. 117


che difficilmente unire fi poflTa con le altre circoftanze della no-
fìra lloria , noi ci afterremo di qui metterlo , contro ciò che
ne tentiamo .

Capitolo X.

Teodofio fa ventre in Italia Onorio^ prciòijce i facrijiTJ


de Pagani , e fojìiene Flaviano d'Antiochia

DOpo
mente
la disfatta d'Eugenio applicoffi
nel regolare gli attari dei fuo Stato
Teodofio principal-
(^), come
ie prevedere ciò che doveva accadergli, cioè , che ben prefto
gli lopraltava la morte, giuda l'eiprefla predizione di S. Giovan-
ni d'Egitto. Mandò quindi di (ubito in Oriente per far di la
venire il Ilio Figliaolo Onorio; e credefi , eh' ei mandaffe an-
cora per l'altro fuo Figliuolo Arcadio , fecondo l'afìferzione di

alcuni Storici, benché da altri fi afferifca il contrario, e prin-

cipalmente da Ruffino, il quale ha lalciato fcritto, che Teodo-


fio , nel far venire Onorio, ordinò, che Arcadio governafle

nell'Oriente l'Imperio , eh' ei da gran tempo pofledeva (/»).


Di

fioStorico aggiugne, che Stilicone aven- fata Serena moltianni addietro ; poi-
do comandato, che 11 toglieflero alcune ché Maria loro figliuola fu maritata
lame d'oro .itrai grolle, di cai le porte ad Onorio fino dal cccxcviii., nel
del Campidoglio erano coperte, fi tro- qual anno , per quanto giovane ella
vò fcolpito in latino fotto di quelle fuffe , non poteva avere meno di anni

lame Si confervano per nn cattivo Re


:
dodici
Attribuifce Zolimo a quelk due azioni (,7) Rufflti.l.z. c.^4. Socrat.l.^.c.2-j.

ladifgrazia, che di poi fuccedette a Sti- Soz6m. Claudian. de ^.Confiti. Honor.


licone . E~ vero, che l'avarizia è lem- jimbrof. de obitu Theod.
pre colpevole, niairiniamente quand' el- (ó) Baronio crede, eh' ei faccffe al-
la rende la verità odiofa ; ma per azio- Arcadio. S. Ambrolio in
tresì venire
Figliuoli lo ven-
ni affai pili peccaminoie aveva Stilico- fatti dice, che i fuoi
nero trovare. Paolino parla della ftef-
ne meritato lo fdegno di Dio . a

Flffa Baronio tal fatto all' anno fa maniera. Teodoreto, /. 5. f. 2<5.


cccLxxxix., e può aver ragione; ef- fuppone , che fuffero ambedue
prefcnti
lua morte. E la Cronaca d'Alcf-
fendo certo, che Stilicone aveva fpo- alla
fao-

Tov,. II.
H 1 1
ii8 ViTADiS. Ambrosio
Di forta che fembri affai probabile, che S. Ambrofio, e Paoli-
no Vita abbiano per figura parlato d'Ono-
fcrittore della di lui
rio folo , come di molti , o che con Onorio fiafi condotto a
Teodofio alcun altro de' Tuoi Figliuoli , come la fua Figliuola
Placidia , la quale può avere fatta dimora dopo di ciò nel!'
Occidente.
Kfimilmente certo, che Serena Moglie diStiIicone,e nipo-
te di Teodofio, da effo confideratacome fua Figliuola, venne con
Onorio, o più torto ella venne dall'Oriente paffando per l'Illiria .
Effendo Onorio giunto a Milano, fu da fuo Padre ricevu-
to nella Chieia, e prelenrato a S. Ambrofio {n). Imperoc-
ché ei non credeva di poter procurare a quefto giovane Prin-
cipe una più potente protezione, quanto che l'amicizia di quefto
Santo Vefcovo , dal quale aveva ricevute tante benedizioni per
l'anima lua, e per la prolperita del fuo Imperio, nel dividere il
quale tra fuoi Figliuoli voleva loro lalciare come una delle
i

più confiderabili parti di lua eredita il rifpetto , e la venera-


zione, ch'ei aveva fempre avuta per quello Santo Prelato.
Indi dichiarò Onorio Imperadore (/>>), dandogli per fua
parte l'Italia, la Spagna, le Gallie, tutta l'Affrica, e fllliria
Occidentale, e nominò Stilicene per Generale delle fue Truppe,
e per attendere a' fuoi affari. La giovinezza del fuo Figliuolo
era un male inevitabile, e tutta l'umana prudenza non vi po-
teva rimediare , che fcegliendo tra' fuoi iudditi quello , eh' ei
gm-

fandria rapporta, che iVrcadio ritornò i ga quali fubito che Teodofio racco-
,

da Roma dopo la morte di fuo Padre. I mandò i due Figliuoli a Scilicone.


fuoi
Gli altri Storici però non dicono, che 1 Baronie altresì accorda che Arcadie
,

Arcadio venifl'g Occidente; fembra


in i non affiftelle a' funerali fatti in Milano
anzi che tutti fuppongano, ch'ei fi fer- i per Teodofio dieci giorni dopo la fua
maffe in Collant inopoli ; e Ruffino , /. 2. morte .Quindi lafciando di attenerci
e. 34. , dice, che Teodofio, facendo ve- 1
alla Cronaca d'AlelTandria la cui au-
,

nire Onorio, comandò ad Arcadio di toritì è di poco pefo, ftiraiam proba-


governare ncU' Oriente l'Imperio, che |
bile quanto abbiam detto, che S. Am-
da lungo tempo vi poffedeva. Claudia- 1 brofio , e Paolino parlaffero per figura
no in 3. Confiti. Honor. defcrivendo il d'Onorio folo, come di molti,
viaggio d'Onorio, niente affatto dice 1 (a) Piudin.Vit. Ambrof.
del fuo Fratello, quantunque foggiun- I {b) Zaftn:. !iù. 4.
,

Libro vili. Capitolo X. iip


giudicava il più capace per aduterlo co' fuoi configlj , e difende-
re i con la generale condotta delle ine Truppe .
Tuoi S:ati
Aveva egli formato qnelto dilegno lopra Stilicone , quand'en-
trare lo fece nel luo parentado, dandogli per moglie una delle
fue nipoti, ed era allora convinto delia Ina fedeltà, per i ler-
vigj da lui predatigli nell'ultima battaglia. Ma i grandi Im-
pieghi lono gagliardiffime tentazioni per gli uomini ambiziofi
ed è difccile il non ialciarfi abbagliare dallo fplendore d' una
corona, quando uno fé le trova vicmo, e fi conolce in pofitura
di poter foddisfare alle proprie più impetuole , e fegrete incli-
nazioni. Comprendeva Teodolìo baitaniemente la mente, e
la mano di Stilicone; ma per quanto ei fufle illuminato, non
aveva penetrato ben adentro nel luo cuore; né fapeva , che la
fedeltà di quelt'Uffiziale non avrebbe refiftito alla prova della
qualità di Sovrano, la quale ha indotto a commettere un ecce-
dente numero d' ingiuftizie, e di delitti a' più grandi uomini in
tutti i lecoli.
Efl'endochè non convenga in alcun modo dubitare, che il

Senato di Roma tralafciafle di mandare a Teodofio una folenne


ambalceria dopo la Ina vittoria, e che Teodofio aveflfe di giìi
ad iltanza del Senato conceduto il Conlolato del leguente anno
ad Olibrio, ed a Probino, fembra probabile, eh' ei parlaflTe in
Milano a quelli Deputati della Itefla maniera, con la quale di-
chiara Zofimo, eh' ei parlaffe in Roma nell' Affemblea del Se-
nato. Fece, die' egli, venire dinanzi a ie tutti i Senatori, che
tuttavia leguivano le antiche ceremonie de' Romani, e loro
ragionò, per efortarli a laiciare la Religione, nella quale ave-
vano fin allora vilfuto , e ad abbracciare la Fede Criftiana,
la quale ci libera da' noltn peccati. Né tampoco uno di quelli

(
Zofìmo ,
profies,ue a dir il quale era lempre Itato zelantifii-

mo Paganefimo ) volle arrenderfi alle perfuafioni di Teo-


del
doro, né abbandonare le ceremonie, con le quali la Citta era
ftata fondata, e iuflifteva dopo il corfo di quafi mille e ducent'
anni. Allora Teodolìo dichiarò ad elfi, troppo trovarfi aggra-
vaio l'erario dai diritti, che vi filevavano per i Sacrificj, e le
H IV altre
120 Vita DI S. Ambrosio
altre ceremonie Pagane, e che quindi voleva abolirle, sì per-
che aveva biiogno di danaro per la luffiftenza delle lue Arma-
te, come perchè quefta forta di fpefe a lui certamente
affai dil-

piaceva. Riipofero i Senatori ( feguita Zofimo ad elporre ) non

poterfi le ceremonie convenevolmente celebrare, e fecondo


lor-

dine, qualora ciò che abbifognava per le loro Ipefe, non fuffe
fomminirtrato dallo Stato; ma niente poterono ottenere. Cef-
farono quindi i facrificj , e tutte le altre ceremonie del Paga-
nefimo furono intieramente trafcurate. Cacciaronfi altresì i
Sacerdoti , e le Sacerdotefse degli Idoli , e tutti i Templi con-

feorati al loro culto rimafero abbandonati.


Ciò che da Zofimo Pagano deplorafi come un gran male,
non ha fervito , che a daf in tutti i fecoli futuri un affai lu-

minofo rifallo alla pietìi di Teodofio e la malignità della fua ;

penna avvelenata ha molto più contribuito alla gloria di queft'


Impcradore Criftiano, che gl'intieri panegirici. Imperocché
cofa giufta ella era che quello Principe impiegafse a gloria
,

di Gesù Cristo, unico autore della iua vittoria, i vantaggi


da lui ricevuti nella disfatta d'Eugenio, e che eisendo a lui
debitore dello fìabilimento della fua Corona , facefse regnare
in tutto l'Imperio la Religione Criitiana coli' abolizione de' fa-
crificj , e delle ceremonie Pagane , le quali dal Tiranno da lui
fconfitto erano fiate In fatti fenza quella azione
rirtabilite.

di pietà, la di lui vittoria farebbe fiata affai imperfetta, e tanti


facrificj abbominevoli , che fi farebbero offerti ne' Templi de-
sinati all'Idolatria , farebbero (lati altrettanti monumenti del
credito , e dell'empietà di Arbogallo , e della vergognoia tol-
leranza d'un Principe , il quale contentandofi di afficurare la
fua quiete, avefse avuto dell'indifferenza, e della freddezza per
gl'intereffi di quel Dio, che protettavafi di adorare.
In tanto che Teodofio le ne llava nell'Occidente {a}^ con-
tinuando fempre la divifione nella Chieia d'Antiochia, i Vei-
covi

(ij) Theodoret. l. 5. e. 25. •


1 era in Roma , ma noi l'abbiamo gi^
Teodoreto nondimeno dice, eh' egli |
fpiegato per l'Occidente.
Libro vili. Capitolo X. 121
covi Occidentali, che non erano della comunione di Flavlano,
rinovarono le querele di gik fatte contro quello Prelaro , quale
accufavano di tirannia contro la Chicla.
Ma rimperadore dimandò loro, in che confiftcfle la tiran-
nia, di cui accufavano quefto Vefcovo, e prefe a follcnerlo con
tanto calore , s'egli flefso fufse flato Flaviano , ed avefse
come
parlato in difefa di una caufa fua propria. Allora quando gli
replicarono: non poter cfll combattere contro l'Imperadore,
né entrare in un si ineguale contrafto ; rifpofe con efortarli a
cooperare alla pace , ed alla reconciliazione delle Chiefe , con
terminare quella differenza , e dar fine a sì ingiufta difputa ,
loro rappretentando, che Paolino di già era morto, e che la
promozione di Evagrio era ingiufta. Vi era ancora della pro-
babilità , che Evagrio altresì fufse già morto , come abbiamo
di fopra notato Teodofio quindi mollrò a quefti Vefcovi, che
.

tutte le Chiefe dell'Oriente, tutte quelle dell'Afia , di Ponto,


e della Tracia erano della comunione di Flaviano, e che tutta
riUiria riconolceva quefto Vefcovo per capo di tutti i Pre-
lati dell'Oriente. Teodoreto, del quale noi fin'adefso abbia-
mo riferite le proprie parole, dice che i Vefcovi dell'Occidente
arrendendofi alle perfuafioni di Teodofio , promilcro di dar fine
a queft' inimicizia, e di ricevere i Deputati, che loro fi mande-
rebbero, perchè fi effettuafte quefta reconciliazione.
Certamente dopoil rifpetto avutofi da queft' Imperadore

per S.Melecio nel Concilio di Coftantinopoli, ficcome abbiamo


riferito in più di un'opera, non dobbiamo maravigliarci, che
Teodofio lorteneffe la caufa di quello , che gli aveva pofta la
Corona fui capo, come Dio ftello avevagli fatto vedere in fo-
gno . Aveva egli certamente faputo, quanto da Flaviano erafi
fatto per la conlervazione della Fede nella Chiefa di Antiochia
durante l'cfiglio di quello ianto Velcovo, e di gran longa mag-
giore quindi era la premura, eh' egli aveva di difingannare gli
Occidentali, gagliardamente prevenuti contro Flaviano , come
non era egli in iftato di laiciarfi prevenire a fvantaggio di quel
Velcovo, di foccombcre all' oftinatezza delle loro querele
Ag-
122 Vita DI S. Ambrosio
Aggiunge Teodoreto, che per quefto motivo Flaviano man-
dò a Roma Beroea
Acacio diMa egli unifce in una fteffa
.

relazione, per fola coerenza della fiia materia, cofe, che non
fono fuccedute fé non dopo molto tempo . Non occorre però
aflegnarc altra caufa della riconciliazione di Flaviano con
rOccidente, che quella del pcffimo fucceflb delle querele dique-
fti Velcovi contro di lui, e della fermezza, con cui Teodofio

fi dichiarò in fuo favore; ftantecchè quella rifpofta dell' Im-


peradore contribuì a difporre gli fpiriti , facendo vedere a'
Velcovi dell' Occidente, non poter elfi fperare di vincere Flavia-
no , e di opprimerlo col pelo dell' autorità Imperiale E fé .

eglino dopo di ciò celTarono di pretendervi per tutto il reftante


della vita di Teodofio, meno ancora fi lafciarono lufingare da
qaefto penfiero dopo la di lui morte, ftantecchè la divifione da
lui fatta del tuo Imperio tra Arcadie, ed Onorio fuoi due figliuo-
li, toglieva più che mai agli Occidentali il mezzo di guada-
gnare gì' Imperadori d'Occidente, e di tirarli al loro partito.

Capitolo XI.

Prefagj della morte di Teodofio S. Ambrojio fcrive a


. S. Severo
di Napoli . Ritiro di S. Paolino a Nola .

LO fconvolgimento molte Provincie dell' Europa per i


di
continui terremoti, che durarono dal mefe di Settembre
fino a quello di Novembre, diede luogo a molte fpecolazioni («).
S. Ambrofio fteflb fi perfuafe (/»), che quefti fuffero preiagj
della proifima morte di Teodofio, la quale era fiata altresì pre-
detta dalle continue pioggie , e dalle denle , e tenebrole neb-
bie , che affai frequenti fi videro in quefto tempo. Non tra»
fcurò per tanto l'Imperadore un sì falutare avvertimento, eh'
egli aveva di già ricevuto dalla bocca del fuo Profeta S. Gio-
vanni

( « ) Chronic. Marceli. 1 ( ^ ) Ambrof. de obitu Theedof.


. , ,.

Libro vili. Capitolo XI. 123


vanni d'Egitto, e raccoile nel fuo cuore quanti aveva fenti-
mcnti di pietà per prepararfi a comparire dinanzi al Tribuna-
le di quel Sovrano Giudice, la cui kntenza decide della forte

de' Re ugualmente, che di quella de' loro ludditi.


In quelV anno probabilmente S.Ambrofio (a) fcriflTe a Se-
vero Velcovo nella Campagna per raccomandargli un Prete ,
che l'amore di un tanto npolo, e di una Criitiana tranquillità
aveva fatto venire dalli ultimi confini della Perfia, e gli ave-
va fatti fcegliere i lidi, e le innocenti delizie della Campania,
per ivi fervire a Dio lontano da' molefti tumulti del Mondo
Il noltro Santo defcrivendo con poche parole un si deliziofo
ed amabile foggiorno, attenta, trovarfi egli allora in una fitua-
iiione affai contraria a quefto filenzio, e ad un si pacifico riti-
ro; poiché conofceva egli continuamente elpofto a' lolleva-
fi

menti , ed alle violente agitazioni de' Barbari , alle tempefte


della guerra, ed alla crudeltà delle battaglie, dalle quali vede-
vafi circondato, come da un maretcmpeftofo; e nel mentre che
veniva aflediato combattuto da tutte quelle traverfie , e
, e
pericoli, ientivafi altresì opprelfo da un gagliardo timore degli
aliai più formidàbili mali dell' altra vita Quefto rimore è il .

Iblito linguaggio de' Santi, i quali per qualunque pace trovino


nella loro colcienza nondimeno temono, penlando alla Divi-
;

na giuftizia . In quefta lleffa lettera ei dice ancora di cfTere


già vifluto cinquantatrè anni
Sicrede, che Severo, a cui ella fu fcritta, fia quel Vel-
covo di Napoli, che la Chiela onora come Santo li xxx. d'A-
prile (^), e dedicata al di cui nome vedefi in Napoli una Chie-
la affai antica, ed in Sorrento una Cappella, che Giovanni Duca
di Napoli diede all' Abazia di Monte Cafino.
Il Martirologio Romano dice di S. Severo , che rifufcitò

un morto per convincere d'impoftura un calunniatore , da cui


veniva opprefta una vedova, e de' pupilli ancora lotto prete-
fto

(a) j^nibrof. Ep. 52. i


/. i- cap. 6. BollmA. ad ^o. Jfril. pag.
(A; Baron. 50. Aprii. Ferdinand., TÒJ.
Ughell. :vn, 6. Ital. San-. Leo Ojlicn.
.

124 Vita DI S. Ambrosio


fìo di un falfo debito ; e che da quel tempo in poi cominciofTì
ad invocarlo in ajuto degli agonizzanti Era si gloriola la di .

lui fama, mentre tuttavia viveva il noftro Santo, che perfino


iPagani profetavano per lui della venerazione, avendo Simmaco
alTerito, che tutte le diverte Sette erano concordi nella riipet-
tofa venerazione , che profeffavano alla di lui virtù, ed al luo
merito. Ma la Campania acquiftò verlo quello medefimo tem-
po un ofpite affai più illuftre, che Giacomo, quel Prete di Per-
fìa , di cui abbiamo teilè favellato. Fu quelli il celebre San
Paolino , che dopo avere rinunziato alla Porpora de' Senatori,
ed alla Dignità Coniolare , fece affatto pubblica profeffione dell'
Evangelica perfezione verio Tanno cccxcii. (a).
Era quello Santo ftato iempre nudrito nella Fede dalla
carità, e dall' affetto di S. Ambrofio ( />), quale egli chiama
il luo ammirabile Padre, e la forgente di quanto egli aveva di
bene , avvegnacchè fuffe ftato battezzato in Bordeaux da S. Del-
fino ed ordinato Prete da Lampridio, per accondefcendere a
,

tutto Popolo , che con una generale colpirazione , ed una


il

fanta violenza lo volle promoffo al Sacerdozio. Tutto quello


egli Icrive a S. Alipio, che lo aveva certamente conolciuto in
Milano nel ccclxxxvii. ,
quando vi fu battezzato conSant'A-
goftino
Allorché S. Ambrofio (e) ricevette la nuova di quello
ritiro di S. Paolino , il quale rinunziava a tutti i fuoi beni per
ritirarfi inNola , e della fanta riloluzione della lua moglie Te-
rafia, che era affai gencrofa per tutta conlacrarfi a Dio, fimil-
mente che il fuo marito, non potè trattenere in fé fteffo la
gioja, che ne provò; ma comunicolla di fubito al fuo caro
amico S. Sabino Vefcovo di Piacenza per rallegrarfi con lui di
quella si eccelfa opera della grazia. Ben prevedeva egli, che
quella sì llraordinariamente generofa rifoluzione di due perfo-
naggi

(«) S.Paolino non fi ritirò dagl'im- ] varfi con i ftefiì pafii , de' quali fi è
pieghi del fecolo in qi>eft'anno, come fervito Baronie,
ha creduto Baronio , ma verfo l'anno i (i) PauliK.Epij}.^^.
cccxcii. , come può facilmente prò- 1
(e) Ambrof.Epifi. ^o.
. ,

Libro vili. Capitolo XI. 125


naggi della primaria nobiltà , i quali rinunciavano a tutte le
cole , farebbe cenfurata da coloro , eh' erano pieni di umani
fentimcnti, mafTime del Mondo. Ma ei fi beffava delle
e di
vane querele, che i Grandi del iecolo ne farebbono , e delle
dicerie , che pubblicarebbono iopra il cambiamento di abi-
to , eh' era allora il primo effetto della mutazione de' coftu-
mi, quando uno vi fi impegnava con una pubblica dichiara-
zione. Neffun conto ei fciceva d'unsi ingiufto giudizio, ne po-
teva foffrire , che fi fuffe cosi fedele, ed elatto in conformarli
alle regole della vanita, e della menzogna, e sì negligente poi
quando trattavafi della verità , e della falute Finalmente .

condannava apertamente coloro , che moffi da umane rifleffio-


ni fi adcnevano dal fcriamente confiderare , ed adempire i do-
veri della Religione Criftiana, così (anta in fé medefima, e cosi
facra punto nulla confiderando le niinaccie fatte dal Figliuo-
,

lo di Dio neir Evangelio (-?), né temevano la confufione , che


dovranno un dì foffrire dinanzi al fuo Padre celefte coloro
che di lui fi faranno vergognati nel cofpetto degli uomini.
Non aveva certamente S. Ambrofio veduto S. Paolino dopo
la fua converfione, quando o in queft' anno, o nel precedente
fcriffe quella lettera. Ma quefto nuovo convertito nell' an-
darfene a ove aveva rifoluto di compiere la fua vita
Nola ,

preffo la Tomba , aveva potuto vedere il noftro Santo


di S. Felice
in Firenze , nella quale Città aveva egli paffata la maggior
parte di queft' anno (b). Lo fteffo S. Paolino attellò nel fe-
guente anno , che quello Santo Arcivelcovo lo aveva voluto
unire al fuo Clero. Di forra che, in qualunque luogo ei di-
moraffe, fu fempre riputato Prete di Milano, quantunque fufse
ftato ordinato Prete in Ilpagna (r). Si è pretelo, che S. Am-
brofio ardentemente defideraffe di averlo per lucceffore, e fi è
ancora

a) Marc.FIII.v. 58.
( 1 no Doveva egli dire da Firen7e, nelLi
.

(i) Baronie crede, che S. Paolino qua! Città abbiam veduto, che S. Ani-
an-iando a Nola, ove aveva rifoluto di |
brofio fi fermò per la maggior parte di
menare il reliante della (uà vita prcflo 1 quelV anno
la Tomba di S. Felice ,
pafl'afl'e da Mila- '
{e) Epijl- 40.
J25 VjTA DI S. Ambrosio
aggregato al fito
ancora fuppofto, eh' ei l'abbia efFertivamente
Clero {a). Ma le parole di S. Paolino non racchiudono poH-
tivamentc quello fenfo; ed è aflai probabile , eh' egli non ac-
cettaffe quell' efebizione, eh' era contraria alia
regola ordina-

ria della Chieia ; poiché non la racconta ,


che per far vedere
l'affetto, che S. Ambrofio aveva per lui, e
l'obbligazione, che

a lui correva di amarlo, e di onorarlo. Può nondimeno dirfi,


che S. Paolino non era per recarfi a fcrupolo una cola, la qua-
e sì ze-
le veniva approvata da un Arcivefeovo si illuminato,
lante per la difciplina della Chiefa .

Checché però ne fia , che quefta cofa non


egli è certo ,

fu effettuata, e che S. Ambrofio non ebbe la coniblazione di


arricchire la fua Chiefa di Milano di un sì illuftre acquilo,
il quale era dcftinato dalla Divina provvidenza
al Popolo d^i

Nola, o per meglio dire a tutto il Regno fpirituale di Gesù


Cristo.

Capitolo XII.

Morte di Teodofto , al quale da S. Amhrofia nj'ien fatta


la funebre Ora-z^one hi Milano,

ERa già qualche


tinopoli (^), e vi
tempo, che afpettavafi Teodofio
facevano i ncceffar) preparativi per
fi
in Coflan-

riceverlo come Imperadore l'Univerib con quella trion-


di tutto
fale magnificenza, ch'era dovuta alla grandezza, ch'egli fi era
acquiftata con l'ultima fua vittoria. Infatti egli vi ritornava
fui cominciare dell' anno cccxcv. , facendovifi accompagnare
da un Armata Francete, e da tutte le forze del (e), fé Mondo
non ne veniva trattenuto da mortale idropifia , cagionatagli
dalli fatieofi incomodi fofferti nella guerra contro di Eugenio .

Appe-

(a) Baron.an.cccxcw. \
(r) Socrat.liò. ^.cap.i^.
(b) Zof.l.^, Ambr.irt obituThcodof.
. ,

Libro vili. Capitolo XII. 127


Appena fi lenti ammalato (a)^ fi ridufle alla memoria
la predizione di S.Giovanni d'Egitto, e credette, che più non
rifanerebbe. Ma
per morire da Imperadore , che deve por-
tare fino al lepolcro la cura , e l'amore de' fiioi fudditi , quan-
to più fi vedeva vicino al Tuo fine, tanto più applicavafi al re-
golamento degli all'ari dell' Imperio, per impedire que' mali,
da' quali viene lo Stato ordinariamente opprefìb dopo la morte
del luo Principe
Efiendocchè niente gli reftafle da dirporre per i fuoi Figli-
uoli , avendo loro di già dato quanto aveva , fi contentò di
raccomandarli al loro Parente, cioè a Stilicene, che aveva fpo-
fata la lor Cugina; e che gloria vafi, che queft' Imperadore gli
avefìfe affidata, morendo, la cura, e l'educazione de' due Prin-
cipi Arcadio , ed Onorio , ed il governo de' loro Stati (b).
Ebbe nondimeno una lomma premura di perfuadere ad ambo-
due quefti Principi , che nel dividere le Provincie, che loro la-
fciava in eredita ciafchcduno di loro fi sforzaflc di aver tutto
,

intiero lo zelo , ch'egli aveva avuto per la pietà. „ Impe- „


rocche per lei, diceva egli, la pace negli Stati confervafi; „
per lei la guerra fi eftingue ; per lei fi luperano i nemici, e „
s'inalzano de' trofei, e fi riportano le vittorie.
Non gli reftando adunque cos' alcuna da ordinare per i l'uoi
Figliuoli, ed avendo, fecondo Claudiano, di già fatto conclu-
dere il maritaggio di Onorio con Maria Figliuola di Stilicene
e di Serena, per mezzo del reciproco loro conlenfo , a fine di
rendere (labile la quiete della lua Caia con quello matrimonio,
fece il fuo Tefianiento fol tanto per il bene, ed il vantaggio
de' Popoli (e).
Con quelta mira confermò il perdono di già da lui con-
ceduto a coloro , che avevano portate le armi contro di eflb,
e che non aveva potuto fino allora aflblvere, per qualunque
difpiacere, ch'ei ne provafle, a cagione delle oppofizioni di una
periona , che non è nominata .
Con-

(/t) Sozoni. 111/. 7. cap. 19. 1 (^c) Ambrof.


(^) Theodoret. lib. 5. cap. 29.
. , ,

128 Vita DI S. Ambrosio


diminuzione di im importa, che egli
Confermò ancora la

aveva promefla a molti Popoli, della <]^uale un Miniftro aveva im-


pedito l'effetto ma l'oppofizione medefima fervi a rendere quefto
;

Miniltro odioio, ed il Teltamenio di queft'Imperadore più illu-


ftrc , e più gloriolo. Né folamente incaricò a' iuoi Figliuoli
l'efecuzione di ambedue quelle cole; ma ancora ufando di una
più efatta precauzione, ne lafciò una Legge affatto ftefa, ac-
ciocché non fuffe in libertà de' fuoi fucceffori il potere per l'av-
venire obbliare quefta difpofizione delia iùa ultima volontà, la
quale credefi, che dall' Imperadore Onorio fuffe fedelmente ele-
guita. Trovando in ciò Claudiano fuo Panegirifta {a) la ma-
teria di far rifaltare la di lui bontà con eleganti verfi (^), ne'
quali dice , efTerfi veduti ceffare ietto il fuo Regno gli ecceffi-
vi, ed infopportabili accrefcimenti de' tributi e che quindi più ;

non fi vedevano vendere all'incanto i beni de' Cittadini; l'ava-


rizia più non faceva ad alta voce chiamare coloro , che altre
volte ne facevano ii ripartimento; e le rendite del Principe più
non fi accrefcevano con l'impoverimento de' ludditi.
Ma effendocché Teodofio aveffe fempre amata la Chiefa
fi prefe negli ultimi momenti del viver tuo maggior penfìero
di procurarne i fuoi vantaggi , che di cercare alleviamento al
male, dal quale veniva oppreffo. Ed effendocché ne fuffe al-
tresì flato fempre il protettore, credette di dovere prenderfene
particolare cura fino all'ultimo fuo refpiro, per portare al Tri-
bunale di Gesù Cristo incontraftabili contrafegni del luo zelo
per gl'intcreffi della fua Spofa Qiiindi fu, che con quefle .

grandi azioni di giuftizia , e di pietà volle coronare tutte le


buone opere da lui fatte nel corfo della fua vita.
Socrate, e Sozomeno hanno fcritto , che godendo Teodo-
fio ottima falute , dopo una malattia da lui fofìerta , afiiftette

ad

(«) Claudian.deéf.Confulat.Honor. , Non infeliees tabuU , n»n hafla rrfixas


( i ) Claudiano fi fpiega in quefti ter- j
Vendit opes ; avuia JeBor n»n voce ei-
mini: tatur
j

Imfia continui ceffant augrtìcnta tri- Nec tuti privatis crcfcunt £r»ria dam
%Hti ; nts
Libro vili. CapitoloXII. 125?

ad una corfa di Cavalli; ma che in quello ftefTo giorno dopo


aver pranzato venc-ndo tutto ad un tratto da grave malattia
oppredb, mandò il iuo Figliuolo a preliedere a' giuochi , ed ei
nella ieguente notte fé ne mor'i. La confidenza , che Teodo-
fio aveva in S. Ambrofio, era si grande, che chiamavalo per

nome eziamdio mandando l'ultimo reipiro , non potendo di lui


Icordarfi in quel momento si preziolb, e si terribile, dal quale
dipende l'eternità. I Storici Ecclcfiaftici atteftano, che quefta

morte fegui in Milano , ed alcuni di loro, come Socrate, e


l'Autore della Cronaca d'Aleffandria, dicono, che legni li xvii.
Gennajo. Regnò egli anni xvi. meno due giorni. Della ina
eth poi diverlamente parlafi , altri la fanno giugnere a 50.
anni, ed altri a 60. (a).
Il noftro Santo, che lo aveva fempre afTiftito con i fuoi

configli, ^ loUenuto con le lue orazioni , gli relè dopo la mor-


te tutti gli uflizj della pietà Criftiana , e pronunziò la iua fu-
nebre Orazione (b) nella Chiefa, nel quarantefimo giorno de'
luoi Funerali, alla prefenza d'Onorio, e della fua Armata (e) .

Cominciò da' preiagi, di cuiabbiam già fatta menzione, quali i

erano altrettanti pubblici avvili di quefta morte; e dice, che


fé ne vedeva allora il funefto avveramento. ConfeOa aver
tutto il Mondo ragione di piangere inconiblabilmente un Prin-
cipe , che a lui era ftato tolto , e che era llato folito di raddolcire
quando viveva le amare afflizioni di quefto Mondo, e di pre-
venire con la Iua indulgenza la punizione de' delitti. Avere
Teodofio lalciata la terra, ma lafciandola non avere perduto
il

Egli ha cominciato a regnare


((/) fecondo iPP. Benedettini della Con-
il giorno XIX. Gennajo del ccclxxix. gregazione di S. Mauro. E fé é vero,
Ruffino, e Marcellino gli danno 17. che Tcodofio nioriife nel ;cn. Gennajo
anni di regno , contando per due anni dello flcfs' anno, e che quefta funebre
il primo, e l'ultimo, che non fanno Orazione fuffe pronunziata nel quaran-
che uno. Socrate, e Sozomeno dico- tefimo giorno de' fuoi funerali \ ciò ne-
no , aver egli vilfuto 60. anni ; ma Vit- ceiiarianientc dovrà elfere iucceduto nel
tore non gli dà che anni 50. di vita. giorno XXVI. FeI>'i;ra;o dello llefs'anno .

(6) Quilk funebre Orazione fu re- Del 'Irr.diUtirc .

citata nei mele di Febbrajodel cccxcv. ( f ) cimbra]. Coiic. in obitu Thcodof.

Ttnt. n. I
i?o ViTADiS. Ambrosio
ilRegno, ed averlo foltanto cambiato in un altro incompara-
bilmente migliore; effendo ftato chiamato, a riguardo, e per
ragione della fua Reale dignità , a quella Celelte Gerufalem-
me, nella quale trovandofi felicemente Itabilito, diceva: Sic-
come ci era Jìato detto , 'vediamo ejfere nella Città del Signo-
re delle Virtù , nella Dio , da lui fondata
Città del nojìro
perche duri in eterno (a). Soggiunic Molti trovarli privi :

a cagione di quella morte della paterna protezione , con la


quale avevali continuamente affirtiti; ma i luoi Figliuoli elTerc
quelli , che avevano la maggior parte in quella perdita. Non
poterli però dire, che li avefl'e abbandonati , perchè avevali
falciati eredi della fua pietà. Né averli egli certamente ab-
bandonati, poiché loro aveva acquiflata la grazia di Gesù Cri-
sto, e la fedeltà della fua Armata, la quale aveva da lui im-
parata quella importante maflima, che Dio favorifce la pietà,
e rigorofamente punifce la perfidia.
Dice, che l'Imperadore Onorio, il quale aflifte a quella
ceremonia dinanzi agli Altari, gli rende quello funebre uffizio
nel quarantefimo giorno, ad elempio di Giuleppe , che della
fteffa maniera aveva praticato dopo la morte del luo padre Gia-

cobbe ; preferendo quelV ufo alla pratica d'alcuni altri , che al-
tri giorni fceglievano per lomiglianti uffizj di pietà , altri pre-

ftandogli nel terzo giorno, altri nel fettimo, ed altri nel vige-
fimo Ma che Onorio imitando Giuleppe aveva voluto lod-
.

disfare a quella obbligazione quaranta giorni dopo la morte dei


padre fuo Teodofio, il quale aveva imitato Giacobbe nella qua-
lità di Soppiantatore, avendo foppiantata la perfidia de' Tiran-
ni, e diftrutti gli Idoli delle nazioni.
Loda Ambrofio il Tellamento di queft' Imperadore , e
dice, eh' era tutto pieno di carità, concedendo di bel nuovo a' ri-
belli del fuo Stato l'abolizione del delitto della loro ribellione ;

e proffiegue a dire , che fé le ultime volontàed i Teflamenti de'


,

moiibondi hanno forza, e fermezza fempre durevole, non po-


trà

(«) Pfal. XLVIL V. 7.


Libro vili. Capitolo XII. 131
tra darli , che il Tcftamento di un s\ gran Principe non
mai
abbia e vigore, ed effetto.
Indi dopo aver lodata la viva fede di Teodofio , aggiun-
ge, che quella confiderazione obbliga i luci Figliuoli a man-
tenergli una fedeltà , e coftringe i luoi ludditi ad
inviolabile
avere per elli unpaterno, a lui dovendo qualche cofa
affetto
di più dopo la leguita morte, di quel eh' effi a lui dovevano
mentre viveva. Che in fritti le è delitto il violare i diritti
de' minori , ancorché fi tratti di fighuoli di perlone private ,
quanto più lo lark , e quanto d'mgiullizia pieno, qualor fi trat-
ti de' figliuoli dell' Imperadore, e d'un Impcradore, quale è

(tato quello, tutto compaffione, pietìi, e fede. Niente effer-

vi di più eccellente, la fede di un Principe, che non


quanto
fa infuperbirfi potenza, né gonfiarfi d'orgoglio, e che
per la
per motivo di compatimento ha per gli altri della condelcenden-
za. EflTerfi da quello Imperadore di augufta memoria creduto

di ricevere un favore quando veniva pregato a perdonare qual-


che fallo e che quanto più aveva mollrata commozione nel-
;

lo fdegno, tanto più era dilpollo ad accordare il perdono a


quelli, che lo avevano offclo. Elsere llaro il Ino fdegno una
fpecie di privilegio ,
per cui poteva taluno prometterfì gli ef-
fetti della fua indulgenza. Di lorta che, laddove ordinaria-
mente fi teme la collera negli altri Sovrani, in lui per contra-
rio fi defideralTe. Avere in lui trovato il loro fcampo delin- i

quenti, perchè quantunque fornito fufTe e di potere, e d'au-


torità iopra degli altri , nondimeno voleva piuttofto dolcemen-
te rimproverarli come padre, che punirli come giudice. At-
tefta , aver egli lovente veduti tremare per lo ipavento quel-
li , eh' ei riprendeva ma dopo d'elfere itati convinti de' com-
;

meffi delitti , e ridotti alla dilperazione, averli veduti partire


da lui pienamente contenti, per avere da elio ottenuta quella
affoluzione, di cui giammai non averebbero olato di lufingarfi.
Che luo dilegno era di correggere , e non di punire. Ch' egli
era giullo Giudice, e non arbitro rigorolo del caligo, non
negando mai il perdono a quelli , che confelTavano il loro de-
I n litto,
132 ViTADiS. Ambrosio
litto o rimettendo al giudizio di Dio quelli , che io nafcon-
,

devano negli impenetrabili ritiri della loro cofcienza. E eh'


egli tenendo quella condotta f^iceva , che gli uomini affai più
temefiero di eflcrc corretti dalla lua bocca che di effere calli-
,

gati de' loro eccelTi ; perchè egli operava con tanta ritenutez-
za, che voleva piuttodo guadagnare gli uomini con la religio-
ne , che col timore.
Si promette, che queft'Imperadorc efTendo ftato pieno di
fede , e di compaflione , fia divenuto un potente intercciTore
preflb di Gesù Cristo per i fuoi Figliuoli , e per tutto l'Im-
perio; poiché un uomo mifcricordiofo rendcfì a Dio accetto;
e poiché trattandofi benignamente gli altri , fi fa a fé fteffo
vantaggio, e fi guarilcono le proprie piaghe con i rimedj da
fé applicati a quelle di coloro, che ci hanno offcfo. Chiun-
que ia perdonare , die' egli , confeffa di effere uomo , e ticn
dietro alle orme impreffe da Gesù Cristo , il quale eflendofi
veftito della nolira carne, ha voluto piuttofto venire in que-
fto Mondo come redentore, che come giudice. Che perciò
fpiegoffi in quefìi fenfi Davide :lo mno il Signore , perchè fi
degna di afcoltare la mia voce , quando a lui io offro le mie
preghiere (a). Non poterfi fentire recitare quefto Salmo nel-
la Chiefa fenza perluaderfi, effere Tcodofio che parli. A
lui
fembrare, che quelle parole piene di pietà efcano dalla fua
bocca, poiché ei ne vede gli effetti. Avere quello Principe
veramente amato , flantecchè adempì tutti i doveri dell' amo-
re ; conferve i fuoi nemici, e fé gli relè affezionati; perdonò
a quelli, che lo avevano offefo, né ioffri, che fi vedeffero pe-
rire gli ufurpatori del fuo Imperio. Si diffunde il Santo iopra
quefla particolarità, e dice: che quando l'anima di Teodofio
fi feparò dalla terra cosi piena di pietà, e di Spirito Santo,
gli Angeli , che la precedevano , avendole dimandato ciò che
aveffe fatto , mentre era nel Mondo, ella fi era contentata di
rilpondere ad effi io ho amato , ciò che fpicgava lo fteffo ,
:.

quan-

(^) Ffalm.CXIV.v.i.
Libro vili. Capitolo XII. 133
quanto che dire: ho adempita la legge, e niente ho tralcu-
io

rato neir oficrvanza deli' Evangelio .

Avendo poi il Santo Ipiegati d'una maniera aflai tenera


rutti verletti di quelto Salmo, da lui applicati a Teodofio,
i

palla ad inalzare l'umiltìi di quelio Imperadorc, e principal-


mente quella da dimoltrara nella lua penitenza, e dice:
lui
avere egli avute divcrle ragioni di amare quello Principe, del
quale delcrivc l'eterna felicita con colori aflai vivi. E di qui
prende occafione di favellare di quella di Graziano, e di quella
altresì delGrande Coftantino.
Finalmente chiude la fua Orazione, confolando il fuo Fi-
gliuolo Onorio , alla prefenza del quale egli la pronunzia , e
dice che il dilpiaccre , che ha di non potere accompagnare il
:

corpo di fuo Padre fino a Coftantinopoli è uguale a quello di ,

quanti l'afcoltano; non vi eflendo alcuno degli alianti, che non


brami feguirlo in quella funebre pompa. Attefta, che quello
giovane Imperadore neflfuna proverebbe fatica , e dilagio nel
foddisfare a quello dovere , qualora non veniffe trattenuto in
Milano dalle necelTita della Repubblica le quali dalli ottimi ,

Principi fi preferifcono a' loro Padri, ed a' lor proprj Figliuoli.


Averlo fuo Padre fatto Imperadore , ed averlo Iddio invertito
di quefla augufta Dignità, non folamente per fervire a tuo Pa-
dre, ma eziamdio, per comandare al Mondo tutto. Non do-
ver egli temere , che la Ipoglia mortale di Teodofio giaccia ne-
gletta, in qualfivoglia luogo poflfa ella elfere portata. Che
l'Italia non mai nodrira un si ingiuiìo fentimento, quell'Italia,
la quale, elTcndo Hata fpettatrice dello Iplendore di tanti trionfi
di quello gran Principe, ed eflfendo (lata da lui per la feconda
volta liberata dal furor de' Tiranni , già onora l'autore della
fua liberta. Che Coftantinopoli non farà meno grata dell' Italia
dopo aver per la feconda volta mandato quelt' Imperadore a
riportare vittorie , non avendo potuto trattenerlo nel recinto
delle lue mura, durante la Guerra d'Eugenio. Elfere vero,
che quella Cittk alpettava il fuo ritorno , per onorare il fuo
trionfo con pubbliche lolenniiìi, e con f inalzamento de' trofei,

T.«.//. 1 III %^*


17 A Vita DI S. Ambrosio
fopra de' quali ella fpcrava di fcolpirvi tutte le Vittorie di Teo-
dofio ; e ch'ella fi prometteva
vedere l'Imperadore di tutto di
il Mondo ed accompagnato
circondato dall'Armata Francefe
,

da tutte le torze dell'Univerfo Ma che Teodofio va ad en- .

trar in eflfa con un potere , ed una gloria aflai più grande , e


di cui maggiore giammai non aveva avuto, né fperare poteva;
poiché fchiere di Angeli, e di Spiriti Celeiti precederanno que-
lla funebre pompa, poiché un innumerabile elercito di Santi
lo (eguira in quefto viaggio. Invidia egli pertanto la felicita
di Coftantinopoli , che ha la bella lorte di ricevere un Citta-
dino del Paradifo, e di racchiudere in un augufto avello un abi-
tatore di quelU celefte Citta.

Capitolo XIII.

Il Corpo di Teodojìo è portato a Cofìantinopolt,


Elogio di quejf Imperadore .

ESSENDO flato il Corpo di Teodofio imbalfamato dopo la


di morte , fu condotto a Coftantinopoli con tutte
lui
le ceremonie, e pompe, che poffiamo immaginarci; ed emen-
do ftato ricevuto da Arcadio, fu nell'viii. o ix. di queft' an- ,

no collocato nella Tomba degl'Imperadori {a).


Eccovi , qual fu il fine di quel gran Principe , che più
gloriofo riputa vafi ,
per eflere membro della Chiefa, che per
effere Imperadore della Terra , Ambrofio,
e del quale dice S.
che troppo diffidi cofa farà il trovarne un fomigliante. Tutti
i Storici Ecclefiaftici il commendano
fuo coraggio , e la fua
pietà. E onore vien
queft' a lui fimilmente fatto da' più illu-
ilri Padri della Chiefa, da S. Ambrofio, cioè, il quale giam-

mai non fi ftanca di far a lui degli encomj, daS. Agoftino (^),
e da Sinefio Vefcovo di Tolemaide (e).

{a)
i

Socrat. Ub. 7. cap. i.


.

Chron. t
Al-
_— .^
— .

(b) AuguJl.liii.^.deCivit.Deic.JÓ.
^_

Alexan. Zof. /. 4. I (»3 ^ynej\ de regno .

A
Libro vili. C a titolo XIII. 135
Alcuni de' Padani ancora fono ftati dalla di lui virtù co-
ftrctti a lodarlo. Simmaco (a) da a lui delle lodi in molte
lue lettere , quantunque ei non avefTe tutti i motivi di eflTere
propenio ad amarlo e quantunque i pregiudizi da Teodofio
,

recati agl'interenTi del Paganefimo, ch'era la paflione doininan-


te di quello Senatore, l'obbligafTero a dichiararli a lui contrario.
Temilto Filoiotb ne parla altresì vantaggioiamente.
Ma niente può aggiugnerfi a quanto ne dice di lui Aure-
lio Vittore benché del pari egli fufle Pagano , e benché icri-
,

vendo dopo la Tua morte avelie una piena liberta di non tacere
alcuno de' luoi difetti , e di vendicarli delle perfecuzioni da lui

tante volte fatte al Paganefimo , con rendere odiofa la di lui


memoria. „ Teodofio, dice Aurelio Vittore (ù) raffomiglia- „
va a Trajano nel corpo, e ne' cortumi , per quanto può dedur- „
lene da' ferità degli antichi autori , e da' ritratti , che a noi ne re- „
ftano. Egli era fimilmente che lui di datura alta, ed aveva „
membra , capigliatura , e bocca fomiglianti a quelle di quello „
Principe; né altro divario vi era, le nonché egli aveva meno „
di barba , Ifantecchè iovente fé la Iterpava , e che i luoi oc- „
chi erano alquanto più piccioli. Io non io però, i"e nel di lui „
volto tanta compariflTe amabilità, e vivacità di colore, quan- „
ta fé ne vedeva in quello di Trajano; e le il di lui portamen- „
to da uguale maefla andaffe accompagnato. So bene , che „
quanto alle perfezioni dello fpirito , tanto elleno avevano
„ fo-

miglianza con quelle di Trajano, che niente dir fi può di Tra- „


jano, che non pofla altresì applicarfi a Teodofio , le attenere „
GÌ vogliamo alle antiche ftorie. Era egli d'uno fpirito pieno di „
dolcezza , affatto popolare , e che credeva niente dilUnguerlo „
da' luoi fudditi , toltone gli abiti , e gli ornamenti citeriori , gene- „
ralmente onorando tutti gli uomini, ma principalmente gli uo- „
mini da bene. Era un Principe, che ugualmente amava tutti „
i fpiriti lemplici , ma che non laiciava di ammirare i dotti, „
purché l'innocenza della lor vita non andaffe dilgiunta dalla „
loro

(a) Sjfmmach. l. ^.Ep. 8 1. /. 2. E/^.i 3. I {b) Jurcl. Victor, e. 75.


I IV
i^<S Vita DI S, Ambrosio
„ loro erudizione: che con cuore veramente grande, grandi dif-
„ penlava donativi: che
chiamava a fé i Cittadini, fenza verun
„ altro motivo, che di averli una volta conolciuti, per aver con
,, effi converfato, allorché egli era uomo privato; e che colma-

„ vali d'onori , di ricchezze , e d'ogni torta di benefizj ,


princi-

„ palmente s'erano del numero di quelli , de' quali aveva fperi-


„ mentata la fedeltk ne' pericolofi avvenimenti della fua vita.
„ Aveva nondimeno tanto d'awerfione ai vizj, con i quali cra-
„ no meicolate le ottime qualità di Trajano , mafliine l'eccefìTo
„ del vino, ed il defiderio di fegnalarfi con i trionfi, che giam-
„ mai non mofTe guerra ad alcuno , né prefe l'armi, fé non tro-
„ vandovifi coftretto , e fece efprelTamentc una legge, con cui
„ proibiva l'ammettere ne' conviti e fonatori, ed altri fomiglianti
„ miniftri d'impurità, che vi fi chiamavano prima del fuo Regno.
„ Tanta poi era la che aveva di mantenere ne' fuoi
premura ,

„ Stati la caftita , e la continenza , che proibì i maritaggi con


„ le Cugine germane, fimilmente che con le Sorelle. Era egli
„ mediocremente dotto, le fi paragona a coloro, che fpiccavano
„ in letteratura ma penetrava ntUe azioni de' fuoi predeceflbri, ed
;

„ aveva un cftrema curiofita d'informarfene, giammai non ceffan-


„ do di parlare con efecrazione di quelli , de' quali aveva lette
„ azioni fuperbe , crudeli, e contrarie alla liberta. Ciò che fa-
„ cevagii avere orrore per Cinna, Mario, Siila, e general-
dell'

„ mente per tutti quelli, che fi erano ufurpato il dominio; ma


„ principalmente per i perfidi, e per gli ingrati. F
vero, che fi
„ Idegnava, quando veniva impropriamente trattato; mapronta-
„ mente rapacificavafi , e dopo aver dati ordini feveri , e rigo-
„ rofi , tal volta li moderava , per poco , che fé ne ritardafle

„ l'efecuzione. Avevagli la natura gratuitamente dato ciò che


„ Auguflo aveva imparato dal macftro , che avevagli infegna-
„ ta la Filolofia, il quale efiendofi accorto della fomma facilità,
„ ch'egli aveva nello fdegnarfi, per tema, che quella paffìone
,5 non lo trafportaflfe a qualche violenza, gli fuggeri, che quan-
„ do ei cominciava ad adirarfi , riandaffe colla memoria le ven-
„ tiquattro lettere dell' alfabeto Greco , acciocché quefla agita-
zione
LiBRoVIII. CapitoloXIII. 137 .

zione di fpirito quale è di troppo grande importanza, ef-


, la „
iendo divertita d'altro oggetto, per quello picciolo intervallo, „
venilTe a moderarfi. Ma ciò, che aftatto raro è negli uomini, „
videfi in quello Principe, il quale ampliata ch'ebbe, in prò- „
grefTo di tempo , la Tua Imperiale Dignità, affai migliore diven- „
ne di quello, che fune (tato per l'addietro, maflìmamente dopo „
di avere riportato vittoria dalla guerra civile. Imperocché da „
quel tempo in poi fi applicò a dare un buon regolamento per i vi- „
veri , ed a reftituire a molti de' fondi , togliendo eziamdio dal fuo „
erario fomme confiderabili d'oro, e d'argento, per dare ad elfi „
un abbondante ricompenfa quanto dal Tiranno era llato loro
di „
levato, e diflipato; fuperando con far ciò anche que' Principi , „
che paflano per più giufti, e compaffionevoli, i quali in forni- „
glianti occafioni hanno appena praticato di reftituire a' loro fud- „
diti i perduti nella guerra, e le lor terre affatto ro-
fondi da elfi „
vinate. Che le iar menzione debbefi delle fue ottime qualità, „
e di quanto da lui praticavafi nel Gabinetto, e nella fua Corte, „
cofc tutte, che per effere fegretc , e nafcofte , fono d'ordinario „
più oficrvate da quelli, che fono naturalmente curiofi ; egli ama- „
va il fuo Zio, come fé fuiTs (tato fuo Padre; trattava i Figliuoli „
del fuo Fratello morto, come proprj; aveva „
fé fuflero flati fuoi

un paterno affetto per i fuoi congiunti; era polito, e di umor ^,


giojale ne' iuoi conviti , da' quali teneva lontana ogni funtuofi- „
ta, ed ogni ecccffo; converlava famigìiarmentc con ogni iorta „
di perfone,ed era nella converfazione dolce sì, ma grave; per „
i fuoi fudditi era un Padre pieno di tenerezza, e perla fua Mo- „
glie era un Marito tutto tranquillità, e pace, (guanto agli„
efercizj del corpo, ei non vi cercava il fuo piacere, né li pra-„
ticava fino a Itancarlene ; amava di divertire per follevare lo „
fpirito, quando ne aveva tempo; e fi ferviva della lua arti- „
nenza , e della fobrieta , come di un eccellente regolamento „
del luo vivere.
Filoltorgio difcepolo d'Eunomio (/j), che Teodofio aveva
per-

(a) Philoflorg. XI. 2.


128 Vita DI S. Ambrosio
perfeguitiito più di verun altro Eretico, accufa queft' Impera-
dore d'efTcrfi lafciato trafportare dalle delizie del palato. Ma
benché dia a un accula affatto contraria alle lodi, che in
lui

ciò gli dà Vittore; non lalcia però di commendare il iuo zelo


per lo diltruggimento del Paganefimo, e di dire avere egli :

perciò meritata da Dio un affatto ftraordinaria felicita.


Il folo Zofimo è quello, il quale crudelmente lacera la
fama di quefio Principe, ma talvolta con contradizioni affai
vifibili. Per qual cola il Cardinale Baronio fi è creduto
la
obbligato a confutare le fue calunnie. QLiefta imprefa non è
troppo difficile a loftenerfi, e farebbe ancor più facile, fé noi non
avefhmo perduta un Opera comporta in lode di Teodofio da
S. Paolino, allorché ftavafi in Nola, la quale da S. Girolamo
vien chiamata una dotta , ed eloquente Apologia , e da Gcn-
nadio (a) un eloquente Panegirico, col quale quello Santo mo-
Ifrava, efferfi da queft' Imperadore Criftiano vinti gli usurpatori

dcir Imperio piuttofto con la fua fede, e con le lue orazioni,


che con la fua refiftenza, e colla forza delle fue armi S. Pao-.

lino fteflb (b) parlando di quefta fua Opera dice, non aver in
effa tanto lodato nella perlona di Teodofio un Imperadore ,
quanto un Servo di Gesù Cristo, né un Sovrano, che ulafse di
fua potenza fignoreggiando con orgoglio, ma più torto un Re, il
quale non l'elercitava fé non ubbidendo a Dio con umiltà, co-
me a fuo Padrone, e Signore e che Teodofio era Re, più per
;

la fua fede viva, ed ardente, che per la fua Reale autorità,


S. Girolamo quindi fcrivendo a S. Paolino ha detto , che Teo-
dofio era affai felice per avere avuto un tale Oratore, che lo
difendeffe , e che quefto Santo aveva aggiunto un nuovo Splen-
dore alla Porpora Imperiale di Teodofio, ed aveva confecrata
l'utilità delle fue Leggi per tutti i fecoli futuri.

DEL-

(rt) Hieron. Ep.Z^. Gennad.CatalJ {b) Paulin, Ep, 9.


I3P

DELLA VITA
DI S. AMBROSIO
ARCIVESCOVO DI MILANO,
Dottore della Chiesa, ec.

LIBRO NONO,
Nel quale si tratta tre ultimi anni della sua vita
de' ,

E di alcune sue particolari azioni sino alla morte.

Capitolo I.

// Santo dijcopre tniracolofamente i Corpi de Santi Martiri


Na-z^no , e Celfo .

Ddio, che già tante volte aveva date %\ gran-


di benedizioni alla pietà di S. Ambrofio con
la rivelazione delle Reliquie de' Santi Mar-
tiri, volle di bel nuovo conlolarlo con la Ico-
perta de' Corpi de' Santi Nazaro , e Cello ,
alcuni anni prima , che gli accordafie nel
Cielo la ricompenfa di tutte le lue apolìoli-
che fatiche. Paolino (tf), il quale attella, elsere quello Santo
iopra-

( « ) Paulin. Vita S. Ambrof


140 Vita di S. Ambrosi©
fopravifluto per tre anni a Teodofio , racconta queft' avveni-
mento imniediatamente dopo aver parlato delia morte del
di
mentovato Imperadore, e noi altresì terremo quelt' ordine.
Durando la perlecuzione della Chiela , facevanfi talvolta
fervire a' fpettacoli , ed a' popolari divertimenti i Criftiaai
condannati a morte per la Fede, e la Religione Criftiana da
efli profelTata (a). Si ftralcinavano quelli di Milano al Tea-
tro, che allora era fuori della Città, o per eflere uccifi ne'
pubblici giuochi dalle mani di eiperti gladiatori , o per effere
sbranati da' denti delle fiere , o per lafciare la vita in altri
lupplizj più crudeli , e la feverita degli Editti Imperiali giu-
gneva a tale di privarli della fepoltura. La generofa pietk
nondimeno degli altri Criftiani, che ad efli fopravivevano, in-
ducevali a feppellirli ne' prati , o ne' giardini fituati ne' con-
torni della Città, contentandofi di gettare fopra i loro corpi
un poco di terra.
Credefi che Nazaro , il quale era un uomo nobile di na-
scita , fufle martirizzato lotto Nerone , con un giovinetto no-
mato Celfo, e fufle fepolto nella maniera teftè defcritta , cioè
in un giardino, e che Dio avefle rilervata alla fantità di Sant'
Ambrofio la rivelazione del luogo della fua fepoltura. Paoli-
no, che fu preiente ad un sì felice diicoprimento , dice, che
il fangue, il quale fi trovò nella tomba di Nazaro, era frefco,

e vermiglio , come fé fufTe flato fparfo in quel medefimo gior-


no Ed aggiunge, che la tefta di quefto Martire , la quale
.

era ftata recila da quefti empj fu trovata con i capelli , e la


,

barba cosi intiera, ed incorrotta, che fi farebbe detto, ch'ella


fufle ftata allora recifa, e porta nel fepolcro. Si protefta però,
niente maravigliato di quelto prodigio, avendo Gesù
eflerfi egli

Cristo detto Evangelio a' iuoi Diicepoli


nell' cf>e fion perde- :

ranno un fol c.ipello della lor tejìa Aggiunge ancora , che da efla
.

ne ufciva un si ioave, e gagliardo odore, di cui ne furono pieni


tutti gli aftanti, che non è da paragonarfi a' più grati profumi.
Poi-

(«) Antiquìtates Medìolanenfes Cajìillioneì p. iij.


Libro IX. Capitolo I. 141
Poiché fu tolto da terra il Corpo di quefto Santo Mar-
tire, e che venne collocato fopra di un letto, tutti quelli, i
quali avevano alTilUto a quello primo ritrovamento , andarono
ad accompagnare S. Ambrofio per far con lui orazione ove era
il Santo Martire Cello nello iteflb giardino. Non fi ricorda-
vano però , che quelto Santo Arcivefcovo giammai aveffc fat-
ta orazione in quL-tto luogo; poiché, fempre che oflervavafi ,

eh' egli andava a fare la lua orazione in alcun luogo, ove giam-
mai non era ftato da prima, fé ne deduceva, che Dio gli avei-
fe fatta qualche nuova rivelazione. Seppero nondimeno da
quelli, a' quali era commefla la cura di quello luogo, che i loro
antenati avevanli refi avvertiti di un antica tradizione, palla-
ta da padre in figlio , di non ul'cire giammai da quel luogo ,
né elfi , né i loro dilccndenti per tutta la loro pollerita, perchè ivi
fi erano anticamente nalcolti de' preziofiflimi telori E vera- .

mente erano qucfii tefori preziofififimi, poiché erano delia na-


tura di quelli , fopra de' quali neffun diritto polTono avere i
vermi e la corruzione, né poifono eiTere difterrati, e rapici da'
ladri, perché Gesù Cristo fteflo ne veglia alla loro cuftodia,
e la Corte Celclk è il loro vero foggiorno; comecché Cristo
ftelTo era Itato la loro vita, e la morte un vantaggiofo guadagno.
Dappoiché fi fu tralportato ( continua a favellare Paoli-
no), il Corpo Santo Martire alla Bafilica degli Apo-
di quefto
fìoli , nella quale fi erano già da molto tempo innanzi colloca-

te le Reliquie de' Santi Apofioli, con una univerfale divozio-


ne, nel mentre che S. Ambrofio parlava al Popolo, un inde-
moniato cominciò a gridare ad alta voce, che Ambrofio lo tor-
mentava. Ma volgendofi il Santo verfo di lui: „ Taci, gli
difie, milerabile Demonio; non è Ambrofio, che ti tormen-
ta, mala fede di quefii Santi, e la tua invidia, perché tu vedi
falire gli uomini al luogo, d'onde tu lei Itato precipitato per
il tuo orgoglio imperocché Ambrofio non
, , ciò che fia gon- la

fiarfi di vanità. " Dette quindi eh' ebbe quelle parole, co-
lui, che gridava, fi ammutolì, e nello fieOb iftantc rimafe ,

quant' era lungo, ftefo lui fuolo , né piij proferì pur una fiUa-
ba, ne fece il ben minimo movimento.
La
.

142 Vita di S. Ambrosio


La Chiefa quindi di Milano aggiunfe quefto nuovo tefo-

ro di benedizioni, e di grazie alle antiche lue fpirituali ric-

chezze, delle quali ne fece parte ad altre Chicle a le vicine,


e di cui la Francia altresì parteciponne in progrefìTo di tempo.
S. Paolino (a) ne fece uno de' più preziofi ornamenti della
Bafilica di Nola. S. Gaudenzio, avendo avuto del langue di

S. Nazaro, che fi era portato a Brelcia nel gefìTo, con quello


de' Santi Gervafio, e Protafio , dice, eh' ei fi Itimava piena-
mente contento per poOTedcrlo, e collocò nella fua Chiefa le
Reliquie di quefti Martiri, i quali fi erano, die' egli, rivelati
da le (leffi qualche tempo prima al Santo Arcivelcovo Ambro-
fio Ennodio di Pavia (/>) ne mandò per mezzo di uno de'
.

fuoi Diaconi ad alcuni' Vefcovi dell' Affrica, per animarli alla


coftanza nella perfecuzione, che foffrivano per la difefa della
Fede, coir efempio di quelli invincibili foldati di Gesù Cris-
to, i il loro martirio lotto Nerone, come dal-
quali fofiennero
lo fteffo Ennodio ventihiamo afiicurati in un Inno da lui com-
pollo in lode di S. Nazaro. Imperocché quando S. Ambrofio
trovò il fuo Corpo, e quello di S. Celfo di lui compagno nel
conflitto della Fede, non fi lapeva ancora in Milano il tempo,
nel quale elfi avevano iofferto il martirio (e).
La Citta d'Embrun fu altresì arricchita diquefte Reliquie
prima d'alcun altra Citta della Francia. Ma le frequenti fcor-
rerie de' Barbari avendo cancellata la memoria del primo ac-
quifto, eh' ella ne aveva fatto, diedero luogo a molte falle re-
lazioni, per le quali S. Gregorio di Tours (d) fi è indotto a
credere che quefti due Santi avelfero ioft'erto il martirio in
,

Embrun Vi è ftata in Francia ancora una Bafilica intitolata


.

di S. Nazaro, alla quale il Velcovo Leonzio diede una più au-


gufta forma, come noi ricaviamo da un Epigramma di For-
tunato [e). Delle Reliquie di quelli due Santi ne furono al-
tresì

( a ) Fault». Ep. 2. & Natali 9. S.Fe- {d) Gregor. Turon. de gloriti Mart,
licis . cap. 47.
(A ) Ennod. Ticitt. Epijl. 1 1 ( f ) Vnnant. Fortunat. Ub. i.
(f) Paul'in.VhaS.JImbrof. .
. .

Libro IX. Capitolo I. 143


tres'iportate a Parigi {a). Vi era ancora in Coftantinopoli
una Cappella di S. Nazaro, la quale era (tata riitabilita dall'
Imperadorc Bafilio {b). Finalmente quelH fiori CelelH, i qua-
li erano Itati trovati in un giardino fituato ne' contorni di Mila-

no iparlcro la loro divina fragranza per tutta la terra e quello


, ;

fu frutto dell' odorato Ipirituale di S. Ainbrofio, che eifendo


animato dallo Ipirito , e dalla forza de' Martiri , aveva altresì
ricevuto da Dio un dono allatto particolare per Io dilcoprimen-
to, e dilcernimento delle loro Reliquie.
miracolo feguito quando quelle Reliquie fi trovarono
Il

per la confeflìone medefima de' Demonj, e per il favellare di


quell'indemoniato, ai quale S. Ambrofio impoie filenzio, fu
una teflimonianza autentica della veritk di quefte Reliquie ,
fimilmente che della umiltà del noftro Santo E fé Dio non .

volle, che queflo Energumeno fuffe liberato dal maligno Spi-


rito , che lo agitava , ciò fu per iuoi lecreti giudizj , che da
noi debbonfi con profonda venerazione adorare.

Capitolo II.

5". Ambrofto mantiene ti diritto degli ajìli . Storia di Teodulo


Convcrjione di Fr itigli la Regina de' Mareomanni

ESSENDO (lati fatti Confoli nell' anno cccxcvi. i due Im-


peradori Arcadio , ed Onorio (e), prcienioffi a S. Am-
brofào una nuova occafione di difendere i diritti della Chicla,
e le immunita de' luoghi Santi. Nel mentre che l'Impcrado-
re Onorio faceva nell'Anfiteatro combattere delle Fiere, che
gli erano (tate mandate dalla Libia , e che il Popolo correva
in folla ad aflìftere a quello fpettacolo il Conte Stilicone,
, a
perluafione d'Eulebio Prefetto della Citta, permife a' loldati
di

(«) j^imoin.lib.z.de geJUs FrancoT. I (e) Paultn.Vita Ambrof


th^
(b) CrArrn.
Cfdrcn •
,.

lAA ViTADiS. Ambrosio


di andare a levar per forza un certo Crefconio dalla Chiefa
ov' erafi rifugiato. Vedendo S. Ambrofio , che quefto delin-
quente erafi falvato fin fopra l'Altare per trovarvi un ficuro
afilo, fece quanto potè per difenderlo dalla violenza di coloro,
che volevano frapparlo dall'Altare , e circondollo con alcuni
de' fuoi Ecclcfiaftici , che fi trovavano allora nella fua Ghiefa;
ma efTendocchè quefti Ecclefiaftici fulTero in affai fcarfo numero,
e perciò impotenti a refiftere a tanti foldati, i capi de' quali
profcfTavano l'Arianifmo, furono coftretti a cedere alla lor vio-
lenza, né poterono impedire, che non ritornaffero all'Anfitea-
tro con lo fventurato Crefcoitio , che coftoro troppo volentieri
vi ftralcinavano , lafciando la Chiela nel pianto, e nell'affli-
zione del violamento delle fue fante immunita. Ne provò
S. Ambrofio un cftremo dolore, ed effendofi proftrato dinanzi
all'Altare , longo tempo lagrime in abbondanza
vi versò per
Quefte lagrime però ebbero forza ballante per ottenere , che
Dio fi moveffe a compaffione del Santo , e vendicafTe pronta-
mente l'oltraggio, ch'era ftato fatto alla fua Chiefa. Infatti
ritornati che furono i foldati all'Anfiteatro , e rclo ch'ebbero
ragguaglio a quelli , che li avevano mandati ; effendo fuggiti
alcuni Leopardi, corfero, con quanta lena avevano, al luogo,
nel quale ftavano affifi coloro , che già trionfavano di avere
cos'i oltraggiata la Chiefa , né da efTo fi partirono , fé non do-

po avere intieramente sbranati coftoro Vedendo il Conte Sti-


.

licone qucflo si pronto rilentimento della Divina giuftizia, eb-


be tal diipiacere degli ordini da le dati , ftante che con effi fi
fuffe meritato un si terribile caftigo , che ne diede foddisfazio-
ne a S. Ambrofio per molti giorni , e rilafciò Crelconio, ch'era
ftato levato dalla Chiefa, né fece a lui alcun male. Ma per-
ché coflui era convinto di enormi delitti , a' quali non poteva
in altro modo foddisfare , mandoUo in efiglio. Né per altro
motivo ciò fece Stilicone, che per accordargli qualche poco di
tempo dopo la intiera abolizione de' fuoi delitti .

Lo (teffo Dio, che aveva altre volte fatto fcendere il fuo-


co
Libro IX. Capitolo IT. 145
co dal Cielo (/?) per divorare un Capitano, e dieci foldati da
lui condotti, diede a conofcerc coll'elemplare cattigo di quefti
lòldati, quali avevano deprezzate le nmoltranze di S. Am-
i

brofio, qualmente gl'intereflì della lua Chieia, e l'onore do-


vuto a quefto Santo Veicovo, troppo a lui importavano. Non
volle S. Ambrofio in queft' incontro né parlare imperiolamente,
né ulare, come Elia, di lua autorità affoluta, né altro opporre
alla violenza de' luoi nemici , che la lua debolezza , e le lue
lagrime. Imperocché ei certamente fi rammentava di quanto
Gesù Cristo aveva una volta rilpollo a' SS. Giovanni, e Gia-
como, due de' fuoi più cari, ed intimi Apoftoli, allorché con
lo fteffo zelo d'Elia dimandarongli la permifTione di fare fcen-
dere dal Cielo il fuoco ad incenerire i Samaritani. Ed eragU
rimafta ben imprelTa nella mente la riprenfione da Gesù Cristo
ad effi fatta in queft'occafione , cioè, che non fapevano a qua-
le Ipirito erano chiamati. Né fi era Icordato (1^) di quanto
aveva icritto lopra di quella materia, cioè: „ che
egli fteflb
non conviene Icmpre trattare con rigidezza i peccatori, per-
ché dolcezza , con cui fi trattano , ed é utiliffima a chi la pra-
la
tica facendo loro efcrcitare la pazienza , ed aliai coopera all'
emenda di chi ha commelTo l'errore, e fi vorrebbe corretto.
Non trattandofi però in queft'occafione degl'interefiil per-
fonali di Sant' Ambrofio, non afpettò Iddio, ch'egli chiedelTc
vendetta dell'ingiuria fatta alla Chiefa; ma prevenne egli lìef-
fo le fue dimande, ed inlegnò a Stilicone coll'elemplare calìigo
de' loldati , i quali 'avevano allora efeguiti i fuoi ordini, a più
non darne di fomiglianti con tanta inconfideratezza.
Verlo quefto tempo verifimilmente fegui (r), che S. Am-
brofio andando al Palazzo, feguito da Paolino, e da alcuni al-
tri luoi miniftri, uno di elfi avendo meffo un piede in fallo cad-
de a terra; per la qual cofa Teodulo Notajo del Santo non potè
trattenerfi dal ridere. Ma il Santo cflendofi a lui rivolto diffe:
voi.

(a) IV. Rtp,. T.


r (O i^aiiUii.
( i ) Ambrcf. Comment. in Lue. \
,

lAÓ Vi T A D I S. A MBRosro-
Tio/, che fiate in piedi ^ guardatevi dal cadere. Ed appena ebbe^
il Santo proferite quelle parole, che Teodulo , il quale rideva

della caduta d'un altro, fi vergognò della Tua. Ciò che fu


una general iftruzione a tutti quelli , i quali per la maligniti
della nollra natura trar vogliano grandi vantaggi da' falli del
loro proITimo. Ed avendo Paolino ftclTo notato querto fatto,
che non iembra importante, come gli altri, noi abbiam cre-
si

duto di non doverlo tralaiciare Teodulo {a) fu di poi Vcf- .

covo di Modona , ed il di lui governo fatto in quefta Chiefa


ebbe ottimi fuccefli, e fu ricolmato di benedizioni {b). Dalla
maniera, con la quale parla Paolino di Teodulo , fi deduce,
che quefti fufle di già morto, quand' egli Icriveva la fuccen-
nata di lui caduta.
La converfione però di Ffitigilla Regina de' Marcomanni
fu in quello tempo un affai notabile avvenimento (r) Aven- .

do quella Principefla udito parlare del Santo da un Criftiano


andato dall'Italia nel fuo paefe, e lentendofi dalla di lui fama
commofla , credette in Gesù Cristo , di cui quello Vefcovo
era un si fedele lervo, ed avendo mandati de' prelenti alla Chie-
fa di Milano per mezzo di alcuni Tuoi Ambafciadori, di loro
fi valfe, per pregare il Santo a mandarle in ilcritto l'illruzio-
ne , eia regola , con cui ella doveva condurfi Ciò fece il .

Santo, Icrivendole una eccellente lettera, in forma di Cate-


chilmo , con la quale altresì l'eforta a perfuadere al fuo Marito
il mantenere la pace con i Romani. ProdulTe quella lettera
nello Ipirito di quella Regina gli effetti da S. Ambrofio defi-
derati, ed avendo ella perlualo al fuo Marito quanto dal Scinto
le veniva fcritto, ei fi diede a' Romani con tutto il lue Popo-
lo.

((?) Ughell. uno tutto ad un tratto, nel mentre che


I

(^) Ughello nella Storia de' Vefco- | il Popolo vi fi trovava adunato; quan-

di di Modona dice, che Teodulo fece |


tunque Facqua fude di già (alita fino
coftniire una Chiefa in onore di S. An-,- i alle fineflre . Ma fomiglianti ftoric, le

brofio fuo predccelforc, attribuendo al- I quali non fono aiitenticate da alcuna
le fuc preghiere confervazione della
la antica telìiinonianza , non meritano di
Città, e della Chiefa di Modona in i elfere con ficurezza accettate,
una grande inondazione, la quale fifcr- 1 (r ) Paultn.
Libro IX. Camtolo II. 147
lo . Indi ella ftefla con tutta fretta fi pofc in viaggio per Mi-
lano, ove non ebbe la felicità di trovarvi tuttavia il Santo, il

quale era di già morto, quand'ella vi giunte.


ebbe ella adunque minore zelo della Regina Saba ,
Non
effendo venuta dalle edreme parti del Mondo , non per moti-
vo di curiofità, né per una Icmplice brama di fperimentarc la
fapienza di S. Ambrolìo, come quella celebre Principefl'a aveva
fatto , nel volerfi alTicurare Salomone con le
della fapienza di
fue dimande, e col proporre i per motivo di
fuoi enimmi ;
ma
fua falute, e per aiccltare la viva voce di quello, che aveva
avuta la carità d'inilruirla con i fuoi ferirti egualmente pieni
d' unzione che di Celefle lume
,
Giudicò ella della forgente .

dai rivi, e sforzofli di avere parte nella diltribuzione del Ce-


lefte pane, con cui il Popolo di Milano veniva quotidianamen-
te riltorato. Ma la UelTa fede, che la faceva venire da si re-

mota parte, doveva a lei recare una piena conlolazione , con-


fiderando, che il fuo viaggio non le larebbe inutile, e che Id-
dio in ricompenfa della lua buona volontà fupplirebbe alla di
lei irruzione, ed al fuo Rabilimento nella pietà con altri mez-
zi , che non erano noti ad altri, fuorché a lui folo, e ch'ella
doveva umilmente alpettare dalla fua provvidenza.
Abbiamo noi motivo di deplorare la perdita della lettera
dal noftro Santo fcritta a quella Regina ; poiché oltre le ilku-
zioni generali iopra la Fede in quella contenute, noi certamen-
te vi troveremmo la condotta da tenerfi con le perione di reale
condizione, e delle eccellenti lezioni per nuovamente convcr- i

riti. Diede però Ambrofio baltantemente a conolcere lo Ipiri-


to , dal quale veniva in quelF occafione animato poiché fa- ;

cendo una SI illuRre conquida a Gesìj Cristo, procurava agli

Imperadori, ed a tutto il Romano Imperio quella nuova al-


leanza. E la fecondità della grazia nella di lui perlona non
poteva più vifibilmente rifplendere, che col trarre a buon par-
tilo i Re , ed i Popoli più barbari col loio odore della lua pietà.

K IT Ca-
148 ViTADiS. Ambrosio

Capitolo III.

5". Ambrojto fcrìve alla Ch'tefa di Vercelli , alla quale ancora Ji


porta in perfona per procurare l'eleT^one di S. Onorato .

ESSENDO morto verloquefto tempo Limenio Vefcovo di Ver-


celli, Euiebio, il Popolo di quefta Chie-
e fucceflbre di S.
la, che dall' anno ccclxxxi. fino allora era (lato retto da quc-
fto Veicovo , non fi accordava nel dargli un iucceffore, quan-
tunque gi^ gran tempo fufse, che la di lui morte era feguita.
Della qual dilcordia S. Ambrofio, che ne era il Metropolita-
no, fommamente le ne affliggeva. E per verità deplorabile
cofa ella era , che quefta Chiela , alla quale tant' altre erano
fiate folite di domandare de' Vefcovi , non ne avefle alcuno ,
nel mentre che tutte le Chieie della Liguria, dell' Emilia, del-
la antica Venezia, e di altre Provincie ne erano provvedute.
Ciò, che però più lenfibile rendeva Santo la fua af-
al noftro

flizione, era l'attribuirlene a lui fteflb la colpa, benché ingiu-


ftamente ; poiché vano era lo Iperare , che quello Popolo fa-
cefl'e elezione alcuna, fino a tanto che fuffe tra fé divifo, che

durante la difcordia potcffe il Santo darvi il ben minimo provve-


dimento, e che alcuno volelTe rifolverfi ad accettare il gover-
no di una Chiela si piena di turbolenza, e di tumulto.
Quelli motivi per tanto, che iommamente affliggevanlo,
lo induUero a forivere una lunga lettera , di cui parte ne im-
piegava neir inalzare il merito di S. Euiebio, e parte in loda-
re la penitenza, la verginità , e le altre Crifliane virtù da' Mo-
naci Sarmazione , e Barbaziano con lomma inlolenza fcredi-
tate come inutili, e per ultim.o da con effa molte iftruzioni a'
Cittadini di Vercelli, Ipettanti al regolamento de' loro coftumi, e
principalmente al perdono delle ingiurie , per dar fine a tutti i
privati litigi, i quali, per quanto fembra, erano quelli, che im-
pedivano l'accordarfi nell' eleggere un Vefcovo.
EfTendo che quefta lettera neppure una parola dica di Li-
menio
.

Libro TX. Capitolo III. 141?

menio fuccenbre di S. Eulebio, hanno alcuni creduto, ch'ella


fia \t..ui iLfirta immediatamente dopo la morte di qnefto San-

to, Icbbenc non pofia in alcun modo loitcnerfì; imperocché ol-


tre refTere Eulebio morto fino dal ccclxx. fecondo S. Girolamo,
cinque anni avanti l'elezione di S. Ambrolio in efla fi parla ,

di quella di Nettario, laonde ella non può efTerc Itata icritta


più preHo della fine dell' anno ccclxxxi, Qiielli poi, quali i

pretendono, che queita lettera fia apocrifa, non debbono aflb-


lutamente meritar fede. Ma le la Vita di S. Gaudenzio di No-
vara (»»), la quale non è Hata icritta, che verlo il fine del
DCCLX. al tempo di Leone Velcovo della medefima Citta , e
contemporaneo di Papa Paolo, merita qualche credenza, può
con molta probabilità giudicarfi , che quelta lettera di S. Am-
brofio Icritta alla Chiela di Vercelli non fuffe baftantemente
forte per metterla in pace, e che finalmente ei fufie colìretto
ad andarvi in perlona. Imperocché in ella raccontafi, che men-
tre S. Gaudenzio originano d'Ivrea, il quale aveva elercitato
l'ufiizio di Lettore nella Chiela di Vercelli, di cui fu dipoi elet-

to Velcovo (/>), ie ne (lava ritirato, dopo la morte di S. Eu-


lebio, la cui Chiela aveva governata per tre anni, cadde in
penfiero a S. Ambrofìo di fare a lui una vifita, nel ritornarfene
da un viaggio da lui fatto a Vercelli, non ad altro fine certa-
mente, che per dare un lucceflbre a Limenio Ma che quan- .

tunque il Santo avefle rifoluto di vifitare nel fuo ritorno San


Giudenzio; nondimeno mentre Itava per andarvi, riflettendo,
eflere troppo inoltrato il giorno , per aver tempo e di effettua-
re

(/r) BoU^nd. 22. Jan. Tom. 2. gis cujìodiam in prjcdiil.rryì Urbcm ( Vcr-

(^) Doveva più torto dire: di cui celìenjem ) futffet dejìinatus ( Gauden-
fu polcia Vicario , come fi ricava da- tias ) , uhra citraque prtecavens Dei Pjegiy
-
gli Atti Ikilì della Vita di S. Gaudcn- non fivit eum lupi nwrfiéus hniari -
210 predo ii Bollando, ove fta rcgiflra- vicem egrepii Pajloris in pricdicìa Eccìc-

to , che da S. Eulebio fu mandato Gau- fia repr^fentans


Ne per verità vi è
.

denzio, che gli era compagno nelT elì- alcuna memoria, che S. Gaudeii/.'O fia
glio, di ritorno a Vercelli,
per ammi- giammai ihitoVcfcovo di Vercelli.
nidrare il governo di quella Chiefa : D(l l'rtiduttorc
Dum ab Eiijebio pio Pajiore fropter ^fc-
T,m. II.
K III
,

i^o Vita di S.Ambrosio


re quello fno defiderio , e di andare ove fi era prefiffo di giu-
onere, prolegui il lue viaggio. Ma dati appena pochi paffi
tutto ad un tratto il fuo cavallo fatto reltio come fé fuffc
flato fu l'orlo d'un precipizio, fi fermò, né più volle muoverfi.
Per la qual cofa credette il Santo, elfere volere di Dio, eh' ei
vifitaflTe S. Gaudenzio. Infatti appena ebbe rivoltato verfo della
Citta il fuo cavallo, prele egli di lubito a camminare come prima.
Ed effendo S. Gaudenzio venuto ad incontrarlo, fi faluta-
rono, ed abbracciarono; e ne'difcorfi, che infieme tennero, il
noltro Santo gli dilfe, come minacciandolo: Fot farete Fefcovoy
pci- quanto io "veggo. Al che Gaudenzio fenza punto commo-
verfi , rilpofe :Sì io lo faro ; e non già voi ^ ma un altro mi con-
fecrerà. Sembra quindi, che Dio avelfc rivelato l'Epifcopato
di S. Gaudenzio a S. Ambrofio, e la morte di S. Ambrofio a
S. Gaudenzio, e che ambedue aveflero il dono di profezia.
Infatti elstndofi ieparati, ed eisendo S. Ambrofio morto poco
dopo il fuo ritorno a Milano, S. Gaudenzio fu eletto Vefcovo
di Novara dal Popolo, col confenfo dell' Imperadore Onorio.
Tenendo quindi dietro a quella traccia , non può dubi-
tarfi, che Onorato di Vercelli, il quale affiilette nel feguente
anno alla morte di S. Ambrofio , non fu Itato fuccelfore di Li-
menio, ficcome Baronie ha icritto Era quelli un Prelato di
.

un merito Angolare, e meritevole, che S. Ambrofio tutte im-


piegaffe le lue lollecitudini per far riulcire la iua elezione (<?),
poiché la Chiela l'onora come Santo nel xxviir. di Ottobre,
ed il fuo Epitafio, che leggcfi tuttavia in Vercelli nella Chie-
fa di S. Eulebio , contiene grandi elogj della purità della fua
fede, dell' eloquenza de' fuoi difcorfi , e della fantita della fua
condotta .

Convenevole cofa ella era, che quanti Santi Vefcovi fi


trovavano in Italia, aveflero della cornlpondenza con S. Am-
brofio, eh' era l'ornamento dell' Epilcopato dì tutto il fuo fe-
colo . E quindi fu, ch'ei contrafle una s'i Itretta amicizia con
un

(rt) Ferdinand. Vghell.Ital.facrA'tem. ^.pag, 1049.


Libro IX. Capitolo III. 151
un altro Gaudenzio, che onorava allora l'Iralia , e che è di-
venuto celebre nella Chieia per la ina icienza, per i luoi fcrit-
ti, e per i luoi dilcorfi che tuttavia a noi relhmo , e princi-
,

palmente per rumilia, con la quale ricusò l'Epilcopato di Bre-


Icia dopo la morte di S. Filaltno; ne giammai sindufTe ad ac-
cettarlo, le non quando S. Ambrolìo , che prcledette a queft'
elezione, vinle la di lui refillenza con le minacele della ico-
munica, e dell' altre pene, che la Chiela ha pode^à di fulmi-
nare. Non fi la però il tempo predio, nel quale ciò iegui; ma
non può eflTcre iucceduto più tardi del ccclxxxv.

Capitolo IV.

Diverfc particolarità della condotta di S. Ambrofio .

PRiMA che palTiamo a narrare le ultime azioni di S. Am-


brofio, la lua malattia , morte, riferiremo alcune lue
e
particolari azioni, delle quali non abbiamo potuto favellare giu-
Ita lordine de' tempi, che per altro lono in eltremo profittevoli
per quelli, che dalla loro pictk poifono efiere portati a cercare
eiemplari nell' apoltolica condotta del più illultre, e più eroi-
co Prelato , che il quarto leccio , quel lecolo si fecondo di
grandi Uomini, abbia dato all' Occidente.
Paolino (<?) volendo delcriverc la maniera di vivere te-
nuta da S. Ambrofio dopo la lua Ordinazione, dice, che pra-
ticava una ftraordinaria attinenza; che affai vegliava , e itava
in continue fatiche occupato; che ogni giorno aifliggeva il iuo
corpo; e che d'ordinario non pranzava, che nel Sabbato , e
nella Domenica , o nelle Felle de' più celebri Martiri.
Pranzava nel Sabbato (/»), perchè allora in Milano non
fi digiunava in tal giorno , neppure in Qiiarefima. Imperoc-
ché il Santo era periuaio, che in quella lorta di pratiche, le
quali

( a ) PaiiVm, Vit. S- Ambrof, I ( 6 ) Aug, Ep. 8o. Ambrof. Ep, io,


K IV
,

1^2 ViTADiS. Ambrosio


quali fono loltanto di diritto pofitivo, l'ufo ha forza di legge.
Ne avveniva quindi, che quando ei trova vafi in qualche luo-
po, nel quale fi digiunafl'e nel Sabbato, ei parimente digiuna-
va in quel giorno, oiTervando la regola da lui data a S. Agolti-
no per Santa Monica , che in lomiglianti cole conveniva fe-
guire il coftume della Chiela , nella quale uno truvavafi.
Non interveniva giammai ad alcun convito nel iuo Paefc,
per qualunque iftanza gliene fulfe fatta , temendo che quelle
occafioni , elfendo frequenti , come inevitabilmente erano in
una SI vafta Citta , qual è Milano , nella quale fovente veni-
vano gì' Imperadori , egli inlenfibilmente non fi avvezzafle ad
oltrepafTare i limiti della temperanza. La qual pratica di Sant'
Ambrofio fu abbracciata da S. Agoftino fuo Figliuolo fpirituale,
e da molt' altri iuoi eguali , come legge da ofiervarfi da tutti
coloro, che amano il regolato vivere.
Nondimeno allorché trovavafi fuori di Milano concedeva
tal volta quella grazia a' fuoi amici (a), e convitava eziara-
dio i principali Signori dell'Imperio, come il Conte Arbogafto,
i Conloli , ed i Prefetti , i quali llimavanfi onorati da fomi-
gliante dimellichezza, e reputavanla uno de' maggiori loro van-
taggi ; non vi effendo uomo della fua profeflione in quel fecole,
che fuffe in maggiore ftima tenuto di lui preflb i più potenti
perfonaggi della Terra. Il pretendere però, dice Baronio,che

per appreftare ad elfi talvolta de' pranzi, faceffe delle ipele ,


che non convenilfero alla povertà da lui profeffata ; ed il vo-
lere giuliificare con la lua condotta il luffo , e la profufione
che fin da quel tempo era pur troppo fii migliare a molti Prela-
ti, e recava Icandaio a' Pagani medefimi, farebbe un razioci-
nio aflai Itravagante , e contrario non meno alle regole della
Chiefa, che della Logica, e del buon lenlo.
S. Agoltino, che più di verun altro del fuo fecolo aveva
fatta diligente oflervazione fopra la condotta di S. Ambrofio ,
lodava in lui due cofe affai conlìderabiU (^} Una di non im- .

pic-

car) Angiijì.lib.ó.CoHf.cap.^. \
(ò) Pojjìd. devita Augujì, cap.-j.
.

LiBRoIX. CapitoloIV. 153


piegare mai le fue raccomandazioni a prò di quelli , i quali entra-
no nella Corte, per elercitarvi la profelììone dell'armi, per te-
ma che non riulcendo in quell'impiego, non le ne aitribuifle
la colpa a quello , che fi era adoperato , acciocché vi fulTero
ammeiri : L'altra era di giammai non intrometterfi in alcun
maritaggio, contentandofi, quando le parti fi erano accordate,
di andarvi, le ne veniva pregato, o per confermare, ed auto-
rizzare il loro contratto, o per benedirli. Imperocché temeva,
die' egli, che quelli , i quali fi fuflero , mediante l'opera Tua ,
maritati, venendo di poi ad eflere mal loddisfatti del loro ma-
trimonio, non maledicelìero, nel querelarfi, chi era flato l'au-
tore del lor maritaggio.
Che fé noi penetreremo nelle più fegrete flanze della fua
cafa, per elTere iltruiti delle particolarità della fua vita, vedre-
mo, come ci afficura Paolino, che quello Santo non fi difpen-
fava dallo fcrivere con la propria fua mano i fuoi libri, fempre
che il fuo corpo non era abbattuto da qualche grave incomo-
do , e non gli mancavano per tal uopo le neceifarie forze, fic-
chè fufTe coftretto a valerfi del miniflero altrui { a) Tal .

coftume egli praticava, e per meglio imbeverfi di ciò, che


fcriveva , e per ponderare con maggiore maturità le lue Ope-
re, ed ancora perchè travagliando egli la notte, non voleva
incomodare i fuoi dimeftici. Ciò che altres'i denota in quello
Santo una bontà maravigliofa , ed una dolcezza , di cui le ne
trovano pochi elempj
Effendo che portafTe tutto il fuo Popolo nelle fue vifcere,
ogni d'i offeriva per hu il Sagrificio , quale poteva offerire con
tanto più difantita, quanto che tutta la fua vita era un con-
tinuo lacrificio d'orazioni , di giutlizia , e di milcricordia , e
quanto che avendo inviolabilmente conlervata fino alla morte
r innocenza del fuo Battefimo, e la grazia della fua Ordinazio-
ne , egli era fempre in idato di portar alf Altare un nuovo
fuoco , ed una nuova venerazione per la maella dei divini Mi-
ller).

(a) Ambro[. Ep. 6^.


j<j. ViTADiS. Ambrosio
fìerj. fempre pronto ad efporre la fua vita per ia
Efl'endo
fiu Greggia, prepara vafi con una fame fpirituale, ed una lete
acceriflima a quello cibo Ceiefte, che loitanto era capace di ri-
ftorarlo; ed il rant'ulo,che faceva del prcziolo Sangue diGhsù
Cristo, gì' inlegnava a Ipargere il iuo in difela della Fede, per
laChiela, e per la protezione de' deboli , quando opprefli li
vedeva dall' ingiuflizia de' potenti del lecolo.
Operava egli con grande attività , ed era si infaticabile
nelle ceremonie Ecclefiaftiche, che cinque, o i'ei Vclcovi non
avrebbero potuto fare nell'ami-ninillrazione del Sacramento del
Battefimo, ciò ch'egli da le iolo era lolito di fare , tanto il iuo
zelo gli fomminiftrava forze per il iervigio del Iuo Divino Pa-
drone , e per contribuire col fuo miniltero a procurargli de'
Figliu-oli fpirituali. E quantunque fernbraffe, ch^ il digiuno,
e le continue mortificazioni da lui con tanta feverita praticate
dovelTero togliergli le forze; nondimeno fi vedeva, che davan-
gli anzi un nuovo vigore ne' giorni desinati alle più folenni
ceremonie, ne' quali tutto il Mondo maravighavafi , rifletten-
do ad una si infaticabile attività .

Era egli continuamente importunato da Perfone che a ,

lui venivano per loro affari , e che da elfo erano ne' loro bifo.

gni {a) affilfite; ed il poco tempo che libero gli lafciavano,


appena ballava per riparare con le neceffarie refezioni, ed un
bene fcarlo ripolo , le forze del fuo corpo , e con la lezione
quelle del fuo fpirito La porta della fua camera giammai
.

non era chiufa ad alcuno, ed era libero a cialeheduno l'entrar-


vi , fenza farlo prima avvillire di chi veniva. Sembrava la
fua cafa quella di tutto il Mondo; ed effendocchè non defle egli

udienze, le non che gratuite, non vi era di bilogno d'impie-

gare introduttori mercenarj , per effere ammeffi dal Santo Vef-


covo , la cui carità , ed umiltà rendevanlo acceffibile a chic-
chelTia Trovavano quindi facilmente i poveri in lui un porto dopo
.

il naufragio, e la perdita de' loro beni; i miferabili un luogo


di

( « ) Au^ufl. Hb. 6. Conf. (ap 5.


. .

LiBRoIX. Capitol©IV. 155


di rifugio ed un afilo ; gli afflitti un confolatorc ; ed ogni
,

torta di pcrfone continui elempli di virtù, e di iantitìi


Nel mezzo però di tante, e s'i diverfe occupazioni punto
non perdeva dell'interno fuo raccoglimento, e benché piena-
mente loddisfaceflc alle obbligazioni di carità, di cui conofce-
vafi a tutti debitore, giammai non lalciava di prefentare a Dio
il tributo delle fue lodi, e di rinovarne il fervore a milura del-
le preflanti necellita , che trovavafi coilretto a raccomandargli
ne' diverfi affari della fua Chiefa, e del Romano Imperio, il
quale ha fovcnte trovato nella di lui perfona un invincibile
protettore.

Capitolo V.

Il Saftto fi sforma di e/ìirparc diverfi abufi vzforti nel Juo


Popolo , e proibijce di portar da majìgtave Jopra
le Tombe de trappajfati

PErcondotta
quanto S. Ambrofio inceflantemente
Greggia , e per quante benedizioni fa-
della fua
vegliafTe fopra la

celfe icendere lopra della fua Chiela col fervorolo luo orare ,
non potè impedire, che con i buoni non vi fuflero iempre mef-
colati de' cattivi, ficcome d'ordinario in ogni luogo luccede.
Vi erano quindi in Milano molti CriRiani, che fi manteneva-
no fani, e vigorofi nella Ipirituale vita per la robullezza , ed
i poflenti rimedj loro fomminiltrati da una loda pietà, e dalle

efercitate virtù. Ma
ve n'erano altresì moltiffimi di ammala-
ti, e di feriti, alle piaghe de' quali egli a fomiglianza del ca-
ritatevole Samaritano applicava il vino di una leverà correzio-
ne, e l'olio della paterna tenerezza, e compaflione.
Rimprovera egli in un Sermone al luo Popolo la negli-
genza nel venire ad afcoltare i fuoi Ragionamenti (/?), e gli
dimo-

(a) Amòraf. Scrm. 5. de diverf. f. iz6.


l'^ó Vita DI S.Ambrosio
dimoflra, che ficcome le iltrnzioni , che daini incefTantemen-
re fi tanno, Tono utiulfime per la laiute di coloro, che ne pro-
fitrano, e fi correggono; cosi elleno rendono melculabili quel-
li, che perfiltono ne' loro falli, nèadaltro lervono, che ad ac-
crefcere i loro iupplizj.
In un altro luogo fi duole con i fuoi Uditori della poca
cura, eh' effi fi prendevano d'intervenire alla Chiela [a)^ par-
ticolarmente quando alcuna inditpeniabiìe neceihta lo coltrin-
geva ad afìfentarlene ; e loro dimoitra, che m queite occafioni
la iua alTenza èlegitima, perchè la fola pietà ne è la cauia ;
ma che la loro è ineicui'abile, per efTere un effetto prodotto lol-
tanto dalla loro tralcuragine. Loro altresì dimo;tra lu quelfo
propofito , che quantunque fia egli ailente dalla Chiefa, Gesù
Cristo non lafcia d'efservi lempre preiente, perchè trovafi da
per tutto, e che s'eglino non troveranno il loro Velcovo entran-
do in querto fanto luogo, purché vi vengano con le difpofizio-
ni , che i veri fedeli fono obbligati a portarvi, vi troveranno
il Divin Salvatore, che è il Velcovo de' Vefcovi. Aggiugne,
che fé un Criltiano non va alla Chiefa , fé non quando vi è in
efsa il Vefcovo , dinioftra effervnfi ahzi portato per il defiderio
di vedere un uomo, che per motivo di adorarvi Iddio, e che
codeifo non foddisfa al dovere di Criftiano , ed ha lòltanto la
mira di compiere i doveri della civiltà dovuta ad un amico pie-
no di condelcendenza. Indi fi sforza di rifvegliare in efli un
falutare dolore colle lue riprenfioni, e dice (^): „ Che l'amo-
5, re ha de' pungoli, e che fanno ferite tanto più dol-
de' Iproni ,

5, ci, e gradite, quanto più dolorofe; poiché una correzione fan-


5, ta è preferibile a qualunque indulgenza, che proceda da adu-
5, lazione e che come l'acqua fi purifica dopo di eflerfi per qual-
:

55 che tempo agitata; cosi la pietà de' iuoi Uditori è un effetto


j5 del rigore delle fue correzioni. " Ma nel leguente Difcorfo li
confola, e loro Ipiega l'Evangelio al fuo folito.
Un giorno , nel quale aveva predicato contro l'avari-
zia

(rt) Ambref. Uè. i. in Hexaemcr. ci.! (ò) Id. Serm. 5. de diverf.


Libro IX. Capitolo V. 157
zia (^)ì fent'i la fera un gran rumore, ed avendo domandato
quale potefle cirerne la caula , fu a lui detto , che facevafi per
loccorrere la Luna, che Itava per venir meno , vaie a dire,
ch'era vicina ad ecclidarfi. Non potè di lubito trattenerfi dal
ridere per una iomigliante follia , la quale vedevafi effere de-
rivata da' Pagani; ma efl'endocchè ella offendefì'e la pietà non
meno, che la ragione, ei la riprele pubblicamente alcuni gior-
ni dopo.
Fu ad intraprendere gagliardi combattimen-
egli obbligato
ti per efìirpare dalla fua Chiela una luperftizione , tanto più
difficile a vincerfi, quanto più ella era radicata, e fparfa quafi
dappertutto e fi difendeva con un apparente pretefto di pie-
,

tà {b). Erafi introdotto un coftume in diverfi luoghi della


Chiefa, di portare del pane, del vino, e delle carni fopra le
Tombe de' Martiri, ne' luoghi d'orazione, ove s'amminiltrava-
no Sacramenti, e ne' Cimiterj lotto preteso di onorare que-
i

fti Santi, e di lolle vare i Morti. E quantunque vi fuffero del-


le perlone, le quali praticavano quelta cerimonia con fobrie-
tìi; nondimeno ve ne erano di quelle, che ne abufavano flra-

namente , ubbriachezza , ed a molti ecceffi


loggettandofi all'

di gola; di torta che, ed i più fanti luoghi, ed i più lolen-


ni giorni vcniflero profanati con crapole vergognofe, e facrile-
ghe. Imperocché quefti milerabili credevano di non poter el-
fere elauditi da Dio , qualora non avedero profeguito a beve-
re lopra le Tombe de Martiri fino a fera (e). Il Santo non

celiava di deplorare una ù flrana follia degli uomini, che pren-


devano l'ubbriachezza per un che fi immaginava-
lacrificio, e
no di procnrarfi con le lor crapole il favore, e la protezione
de' Santi Martiri , che col digiuno fi erano preparati a foifrire
i tormenti, ed il martirio. S. Paolino di Nola (é/), il quale
è (tato Vefcovo nello (teflb fecolo, deplora altresì queft' abu-
fo, dimandando, fé quelli gran Santi, che noi dobbiamo ono-
rare

(rt) Jlmùrof. Serm. 4. de dtverf. i {e) Id. df Elia, & jejiinio cap. 17.

{b) Aug. lib. 6. Conf. Ep. 64. Paitlin. Natal. S. Fehtts p. 614-
Id. i C<0
.

jtf^ ViTADiS. Ambrosio


rare come noftri Maefìri , approvino dopo la lor morte ciò,
che hanno condannato in vita; e le l'Altare di S. Pietro gradi-
va una pratica sì contraria alla fua dottrina. Gemeva egli in
vedere che nel mezzo della Fede , e della pace della Chiefa,
,

il Demonio inlultaffe a Gesù Cristo, ed a' Santi Martiri con

quella forta di peccati, che fenza alcun rimorfo pubblicamen-


te fi commettevano
Non
potendo adunque S. Ambrofio più lungamente foffri-
re una pratica , che leco traeva s\ abbominevoli abufi , e che
troppo aiToinigliavafi alla luperftizione praticata da' Pagani ne'
funerali, più tolerare non la volle, ed alTolutamente la proibì
ad ogni lotta di perlone. Per la qual cofa reftò ella abolita
anche nella maggior parte dell' Italia , ed in molte altre Pro-
vincie, per felatta difciplina, e la fevera correzione de' Santi
Velcovi, i quali ieriamente penfavano alla futura vita.
S. Agoltino, ch'era ulcito da Milano pieno di rilpetto per
S. Ambrofio, e col più accefo defiderio di praticare in ogni
occafione con la più puntuale fedeltà le divine iikuzionida lui
imparate nella fua fcuola, allorché fu Prete di Ippona sfor-
zoffi di eftirpare dal campo della Chiefa dell'Affrica quefta ve-

lenola erba, la quale vi fi era da gran tempo radicata ; e ne


fcriffe a queft' effetto una lunga lettera ad Aurelio (/?), eh'
era ftato fatto Velcovo di Cartagine , e come tale era Prima-
te di tutta TAffrica Né vane furono le rappretentanze fatte
.

da Agoftino ad Aurelio; imperocché il Concilio tenuto in Ip-


pona nel cccxciii., confermato dal terzo di Cartagine nel
cccxcvii. proibì agli Ecclefiaftici il mangiare nelle Chiele, ed
ordinò, che altresì fi faceffe quanto far fi poteva per diftoglie-
re 1 laici da fomigliante coftume, al quale fi erano i Popoli
talmente affezionati, che i Velcovi, i quali affiftettero a que-
fti Concilj, giudicarono, che non convenifie opporvi altro, che

delle rimoftranze ; e cominciarono quindi quella riforma dal


Clero, per farla indi paffare fino a' laici, ficcome dal Conci-
lio Niceno erafi altra volta praticato a riguardo dell' ulura.
Fa

(ff) Epijì. 64.


LtbroIX. CatitoloV. 15P
Fu finalmente l'ubbriachezza sbandita dalla Bafilica di

Cartagine, non oliante le oppofizioni degli uomini carnali, i

quali fi sforzarono di lollcnere la loro antica fuperftizione con


una pericoloia fedizione, nella quale S. Agoftino corfe rifchio
di perdere la vita (-7). Ne deve crederli, che fi trattafle al-
lora d'abolire colhime degli Agapi (/'), poiché il medefimo San-
il

to Dottore difende quelto colhime dalle calunnie de' Manichei;


e per lo contrario pone in opera tutti gli sforzi fuoi più polfeiì-
ti, e tutto impiega racutifilmo fuo zelo in molti de' tuoi Ser-

moni, per totalniente elHrpare un abufo s'i pericolofo, ed ab-


bominevolc (e). „ I Martiri, die' egli in uno de' fuoi Ser- „
moni, odiano le voltre tazze, ed i voltri vafi abbominano le „
;

voltre graticole, e le voftre pentole; deteftano le voftre eccef- „


five crapole, e le voftre ubbriachezze. Ciò io non dico per „
offendere quelli, che non fono colpevoli di fomiglianti diior- „
dini, ed abufi; ma perchè quelli, che ne fono convinti, ap- „
plichino quant' io dico a loro ftefli. I Martiri, si, i Martiri „
odiano quello coftume, né amano coloro, che lo mantengono. „
Sembra altresì, che per declamare contro di quell' abufo,
S. Agoftino, in un altro Sermone (<^), introduca la crapola a
dire: „ Vivete finché fiere vivo. Trattate amorevolmente voi „
fteifo. Voi morrete un di , né fapete il quando. Voi igno- „
rate, chi abbia ad eflere un di l'erede de' beni , che prefente- ,.
mente polTedctc. Voi negate alla voftra bocca la foddisfazione „
di bevere, e di mangiare. E quando farete morto, il voftro „
crede forfè non metterà pur una tazza fuUa voftra tomba , o „
ì'egii ve ne metterà alcuna , ciò farà per inebriare fé fteflb , né la- „
fciera cadere lopra di voi la menonaa goccia " Cos'i, per far con- .
^>^

cepire dell'orrore a fuoi uditori contro l'intemperanza, faSant'


Agoftino parlare la crapola, la quale, ficcome aveva impara-
to da Ambrofio Ino Padre, e fuo Maeftro , non è mai tanto
S.
pericolofa, che quando ella fi copre col pretefto della pietà.
C A-
{a) Jugu/Ì. Scrnu de diverf.
r^.
\
{e) Jugufì- Serm.loi.de divcrf.
i6.
{ù) FMulin.Vit.JmèroJ.cjp.io. Ju-\ (.d) idem Scrm.Ar^.de divcrf. cap.
gujì.lib. io. cantra Faufi.cap.zo. \
.

1^0 ViTADiS. Ambrosio

Capitolo VI.

Condotta tenuta da S. Amhrofto nel governo


dtil fuo clero.

LA fublime idea, che dal noftro Santo fi è Tempre avu-


grandezza, e della Tantita dello ftato Ecclefia-
ta della
Itico , lo ha relo premurofo di fare fua continua , e princi-
pale occupazione la dilciplina , e la riforma del fuo Clero
Qiiindi oltre le regole , eh' egli ha prefcritte per il governo de'
Miniftri di Gesù Cristo, li quali devono fervire quai canali,
degni di far colare fopra de' popoli le grazie del Cielo ; narrere-
mo noi qui alcuni fatti dorici, i quali ci difcoprono, quali fen-
timcnti lopra di quello particolare Ambrofio nodriffe.
Nel correggere il Popolo , perchè non frequentava la
Chiefa (/?), più acremente ne rimprovera alcuni de' fuoi Ec-
clefiaflici, non potendo foffrire quella negligenza in perione in-
difpenfabilmente obbligate ad affaticarfi nella fantificazione
degli altri.
Non può meglio giudicarfi dell' eftrema fua efattezza nel
non foffrire gravi diiordini nelle perfone confegrate al minifte-
ro degli Altari , che da quanto ei dice ne' fuoi libri degli Of-
fizj {b) intorno alla vigilanza da lui ufata nel difcernere il
merito di coloro , che vi afpiravano Infatti chiaramente fi
.

vede, ch'egli efciudeva da quefto miniftcro per difetti, i qua-


li, rimirati con lo fcarfo lume della maggior parte degli uomi-

ni, non apparivano molto confiderabili. Imperocché attefta,


non aver egli giammai voluto ammettere al Chericato uno
de' fuoi amici, che tutte a bella porta cercava le occafioni di
preftarc fcrvigio alla Chiefa , foltanto perchè coftui aveva un
geilo affai indecente, ciò ch'egli prendeva per un contrafegno
di poco regolato interno. E per verità fi vide , colf andare
del

i^a') An:b,of.f:nr..ii,.dsdr::rf. 1
(ò) Idtm Uè. i.Offic. cap. \2.
Libro IX. Capitolo VI. 161
del tempo , ch'ei non s'ingannava , e che fondatamente ne
congetturava.
Un altro, di già impegnato nello (lato Chericale , prima
di effere inalzato al Vclcovado, commife un fallo , per cui il
Santo lo (olpele dall' elercizio del luo miniltero ;
al quale indi
lo riabilitò, ma con proibirgli di trovarfi con lui nelle Ecclefia-

fìiche funzioni, Itante che Icorgefl'e nel luo citeriore non lo qua-
d'iniolcnza, che offendeva i luoi occhi.
le indizio E ciò che
ne legni, diede infatti a conolccre , che il Santo con tutto il
fondamento, di coftui poco vantaggiolamentc giudicala; im-
perocché abbandonò quefli la Chiela, fnnilmente che l'alerò te-

Itè mentovato. E le il primo fu all'ai difgraziato per rinun-


ziare allaFede Cattolica , allorché veniva pcrleguitato dagli
Ariani, favoriti dall' Imperadrice Ginftina; il feconda non lo
fu meno di lui, parimente rinunziandovi, per lottrarfi dal com-
parire dinanzi a Prelati, ed a' Giudici EcclefialUci, a rendere
conto di certo danaro, che d'clferfi da lui prefo veniva denun-
ziato in giudizio. Il folo mancamento di modeftia notato dal
Santo in coftoro glieli fece anticipatamente conolccre per quel-
li, ch'erano, e la grave loro caduta fece, che tutto il Mondo

ammiraffc la profonda penetrazione di Ambrofio , e lo affai


rilchiarato fuo dilcernimento .

Quella materia ci obbliga a nen ommettere una ftoria con- f


fiderabile riferita da Sozomeno (/»), il quale benché fia folito
d'effcre poco fedele, principalmente nelle circoltanze de' fatti,
nondimeno non venendo che da lui lolo riferita , ed effendo di
qualche importanza , fumo corretti a qui inferirla con le lue
proprie parole, poiché non ne polfiamo avere altronde notizia .
Geronzio ( dice queftoAutore) elercitando l'Offizio di ,

Diacono lotto S. Ambrofio Velcovo di Milano, o con furberia, y

o con dileguo d'ingannare gli altri, o perchè egli lleffo fuffe Ita- ,

to ingannato dagli artificj, e dalle illufioni del Demonio, pre- ,

tefe, non fi la come, d'efferfi impadronito di una Lammia in ,

tempo

(«) S«z9m, lib.Z.cap, 6.

Ttm- II.
*-
,

i52 Vita di S. Ambrosio


5>
tempo di notte , d'averla rafa, e di averla chiufa in un mulino.
Avendo S, Ambrofio fentito, efierlì da cortai fatto quello rac-
conto indegno del lagro fuo miniitero , obbligollo a ftarfene
SI

ritirato in cala, ed a purgarfi da quello fallo con la penitenza.

V Ma Gcronzio , e per eflere eccellente medico , e per avere il


dono dell'eloquenza, e di pcrluadere agli altri tuttociò, che
voleva, e per efleril quindi acquiilato un gran numero di amici,
fi ritirò a Coltantinopoli, come le beffar fi veleffe di quello fanto
Vefcovo,ed infultarlo. " Q^iiando ciò feguiffe , Sozomeno non
lo dice può nondimeno venfimilmcntc crcderfi , che ciò fuc-
;

cedeflTe tra gli anni cccLxxxiii. , e ccclxxxviii. Imperocché


Valcntiniano, che regnava in Italia, era tuttavia fanciullo ia
quel tempo, ed era folito a confultarc Teodsfio in tutti gli af-
fari di confeguenza.
Checché però ne fia , fé credere dobbiamo a Sozomeno
Geronzio s'infinuò tanto in alTai poco tempo nell' amicizia di
alcune perfone di Coflantinopoli , molto accreditate prefib di
quella Corte, che fu ben preito per le loro raccomandazioni in-
alzato al Vefcovado di Nicomedia. Ne fu ordinato da Elia-
dio Vefcovo di Cefarca nella Capadocia , il quale volle dargli
quella dimoflrazione di riconolcenza, per aver Geronzio procu-
rata al fuo Figliuolo una Carica delle più onorevoli nella Corte.
„ Avendo S. Ambrofio rifaputociò, che facevafi in Coltantinopoli,
„ IcrilTe a Nettario, che n'era Vclco^'o , per indurlo a deporre

„ Geronzio, ed a non (offrire nella di lui perfona l'oltraggio, che


5, da lui faccvafi alla difciplina della Chiela. Ma benché Netta-
„ rio tutti impiegaffe i fuoi sforzi per togliergli rEpilcopato,giam-
,. mai non potè riulcirvi , perchè tutti Cirtadmi di Nicomedia
i

„ vi fi oppolero con una generale conlpirazione. San Giovanni


„ Griloltomo però , che luccedette a Nettario nella Sede di Co-
„ ftantinopoli, lo depoie, e foltitui a lui Panfofio, eh' era flato
5, precettore della Moglie dell' Imperadore Arcadie, ilquale ben-
5> ché fuffe uomo di pietà , e di collumi , e maniere affai morige-

3, rate , e dolci , e di tutte le ottime qualità fornito, a' Nicome-


5, dienfi nondimeno punto non piaceva
Ef*
Libro IX. CAriTOLoVI. i<^3

ElTendofi adunque Ipeflc volte foUcvati fino a dare in fedi- „


zione, rapprefenta vano in pubblico, ed in privato le obbliga- „
zioni, che avevano a Geronzio, le alTutcnze, che ogni di nce- „
vevano da lui per ia vaita capacita , ch'egli aveva nell' eierci- „
zio della medicina, e la pratica caritatevole che ne faceva, „
,

alfiitendo ugualmente a' ricchi, ed. a' poveri, con molta afiid ai- „
ta, e difintcrelfe. Lodavano altresì le lue virtù, e di lui par- „
lavano vantaggiolamenrc, e con tutto quel calore, che lo-
alVai „
gliono li amici moltrare nel favellare delle perione , alle quali ,i

lono affezionati. Correvano per tutte le ftrade di Gollantino- „


poli, ed in tutte le pubbliche piazze cantando falmi , diman- „
dando a Dio, ch'ei loro mantenefie Geronzio hcI grado di Vef- „
covo di Nicomedia, e facevano a quelt'efietto tutto ciò, che „
il Popolo ordinariamente fuol praticare in occafione di terremo- „
ti, od in tempo di ficcita, o quando Iddio manda qualche altra „
forta di miferia, e d'afflizioni. Ma tutti quelli sforzi furono „
ad elfi intieramente inutili ; e loro malgrado fi lepararono fi- „
nalmente da Geronzio con gemiti, e con lagrime, e furono „
coiìretti a ricevere Panlofio per loro Velcovo , coniervando „
però lempre ne' loro cuori odio, e timore pel luo governo.
Qiielta fu , lecondo Sozomeno , una delle cagioni della
depofizione di S. Giovanni Grilodomo , il quale lalcioffi in ciò
condurre o dallo zelo , ch'ei in le Iteffo noJriva per la giufti-
zia , o dal rilpetto , eh' egli aveva per la memoria di S. Am-
brofio , o dalle preghiere di Simpliciano, lucceffore del noltro
Santo. Lnperocchè S. Ambrofio era morto prima, che San
Giovanni Griloltomo ialiffe fui trono Epilcopale di Cofiantino-
poli; e quanto ei poteva aver fatto in quclt' occafione a riguar-
do di S. Ambrofio, ad altro fine non era, che di mantenere la
fraterna corrilpondenza, la quale deve paffarc tra' Velcovi, fen-
za confiderare la diilanza de' luoghi , né lalontananza delle
Provincie, e de Regni. E fé quella lloria è vera, può con ra-
gione dirfi, che S.Giovanni Griloftomo ha voluto iupplire, p
alla tiepidezza, od alla poca credenza di Nettario luo prcde-
ceffor? . Ma con tutto ciò la relazione ài Sozomeno deve ef-

L II fere
.

i(S]^ ViTADiS. Ambrosio


ferefemprc rofpetta, allorché tratrafi di S.Giovanni Grifofto-
mo, contro del quale prende ogni occafione di dimoftrarc il iuo
contragcnio, ed avverfione.

Capitolo VII.

De Difcepoli del Santo , e particolarmente


di S. Felice di Como

tre Ecclcfiaftici de' quali abbiamo favellato, furono


SEbaftantementc
i ,

per non apportare al Santo quell


infelici,
onore , e quella confolazionc, che i Padri afpettare fogliono
da' proprj figliuoli, e furono a lui anzi cagione di dolore, e di
umiliazione; non mancarono però altri Difcepoli, i quali ono-
rarono gì' inlcgnamcnti apprefi nella fua Icuola , profittarono
della educazione da lui ricevuta, e lo conlolarono nell' afflizio-
ne cagionatagli da altri, o con la loro formidabile caduta, o
col loro fraudolento procedere, o con la loro ambizione. Non
parliamo noi qui di S. Agoftino, la cui converfione è ftata il
più illultre frutto della fua predicazione, ed avrebbe pienamen-
te compiuta la fpirituale fecondità del piij Santo Vefcovo del
Mondo, quand' anche da lui non fi fuffe dato alla Chicfa, ch«
un Ibi uomo di quello incomparabile merito , valevole ad ac-
quiftarle con la fua converfione un infinita di padri, e di figli-
uoli . Niente altresì noi diremo di S. Paolino Vefcovo di No-
la , uno de' più illullri uomini del fuo fecolo, il quale fi glo-
ria della cura, e della carità, che S. Ambrofio aveva per lui.
Paolino, che Icrviva al Santo di Segretario quando mori,
e che ha defcritta la di lui Vita , fi è refo celebre con queft'
Opera, di cui ha arricchita la poftcrità. Né meno rinomato
e ragguardevole egli è divenuto per lo affai valido, ed oppor-
tuno foccorfo da lui preftato alla Chiefa, quando dichiaroffl de-
latore contro Pelagio, e Celeftio , cmpj autori di una delle più
dctcftabili Erefic, che giammai ufciffero dall' Inferno, per to-
gliere

I
. .

Libro IX. Capitolo VII. 1^5


gliere a Gesù Cristo il fuo carattere di Salvadore , e di Re-
dentore.
Teodulo quale ha altresì fervito il Santo nel me-
(/7), il

defimo impiego di Segretario, ha governata la Chiefa di Mo-


dena con aflai manifclta approvazione del Cielo , e con la ge-
nerale loddisfazione del Ino Popolo.
Venerio, e Felice, ch'erano ftati fuoi Diaconi, fimilmen-
te che Paolino, e Teodulo, furono di poi inalzati ali" Epifco-
pato ; Felice a quello di Bologna , e Venerio a quello di Mi-
lano. Hanno ambedue quelh Velcovi accreiciuto il Catalogo
de' Santi (^)- elTendo il primo invocato dalla Chiefa li iv. Di-
cembre, ed il fecondo li iv. Maggio. Venerio viene grande-
mente lodato da Papa Anaftafio, da S.Girolamo, e da S. Paolino
Velcovo di Nola, e da S. Ennodio Vefcovo di Pavia (e), che
ci ha lafciato un Epigramma fatto in lua lode, nel quale coni-
menda la purità de' fuoi coftumi fimilmente che della fua elo-
quenza , e la cura , eh' ei prendevafi di nodrire col latte della
divina parola i figliuoli fpirituali della Chiela
Fra quelli, a' quali lono (late da S. Ambrofio impofte le
mani per inalzarli all' Epifcopato, S. Gaudenzio tiene un affai
illuftre luogo, ecredefi, che S. Onorato di Vercelli fuffe al-
tresì del numero di quelli, ficcome abbiamo di (opra notato.
Fra quelli però develì incontraftabilmente annoverare San
Felice Velcovo di Como, che dal Santo fu ordinato Vefcovo
il primo giorno di Novembre , e del quale la Chiela ne cele-

bra la memoria li xiv. Luglio (d) La prerogativa di primo .

Vefcovo di Como non lo rende tanto ragguardevole , quanto


ve lo fa la ftrettiflima, e particolare amicizia da lui avuta con
S. Ambrofio, il quale fembra , che tutto ftempri il fuo cuore
nelle lettere, che a lui Icrive
Egli è facile il giudicare della fua apoftclica virtù ,
per
la

(^) Paulin. Vit. Ambrof. \Hteron. apolog. 2. aclver/. Ruffin. PttH-

Ib) Martyrd. Roman. Ferdinand.'. Un. Ep. io. ad Sner. Ennod. r.pigr.yc).
Ughdl. tom. 2. & 4. hai. Sacrx . (d) ylnib,: Ep. 60. Martj/rol. Rom.
\

(f) jinajl.if. ad Joan. Elicrofolymit. Ughell. tom. -). p. 237.


\

Ttw. II. L 1 I I
lS6 V I TA D I S. A MBRos r o

la fcelta, che Ambrofio per confccrarlo Vefcovo


di lui fece S.
della Città di Como, nella quale non vi era ancora, che un
affai fcarfo numero di Opera), quantunque la meffe vi fuffe af-
fai copiofa per le benedizioni da Dio prontamente veriate fo-
pra del luo Miniftro. Ma benché quello Santo Velcovo tro-
vale in Como pochiffimi Preti per aifirterlo nelle lue funzio-
ni, nondimeno ei vi convertì la maggior parte de' Cittadini ,
che ricevettero la parola di Dio per mezzo delle falutari iftru-
zioni, che loro diede.
S. Ambrofio era a lui unito col vincolo di una si ftretta
amicizia, che non poteva trattenerfi dal querelarfi , che non
lo veniffe fpeffo a vifitare. Della qual cola fcufandofi Felice,
con dire, che non vi erano perfone, le quali poteffcro aiutar-
lo, e che prendelfero cura della fua Chiela quand' ei n'era af-
fente; il noftro Santo gli replicava , che quel Dio, il quale gli
aveva date in Como molte perfone atte a ricevere la veritk
della fua dottrina , e ad elsere rifchiarate dal lume delle fue
irruzioni, a lui altresì concederebbe de' Miniftri abili per fol-
levarlo, e toglierlo dalla neceflTita di addurre fcufe per difpen-
farfi dal venirlo a trovare; e che quindi ei potrebbe più Ipef-
fo godere della dolce conlolazione , che recavangli le lue vifite .

Avendogli un giorno Felice mandati de' Tartuffi d'una


fmifurata grandezza (/?), il Santo gli mandò a dire, che ne
aveva fatta parte a' fuoi amici, e ne aveva rifervati alcuni per
fé ; ma nel ringraziarlo di un regalo , che confeffava elfergli ftata
affai caro , aggiugne , che non doveva però perluaderfi , che
quello dono fuffe badante a toglierlo dalla collera, nella qua-
le era con lui , a fupplire al iuo mancamento , ed a rendere
legitime le fue fcufe.
Avendogli
Felice fcritto un altra volta (^) in occafio-
S.
ne del giorno anniverfario della fua Ordinazione , del quale
gliene rinovava la memoria , per implorare di nuovo iì foccor-
fo delle fue preghiere, S. Ambrofio ricevette la di lui lettera
con

( a ) ^mè.-of. Epifi. 60. I ( * ) Idem Epijì. 60.


.

LiBRoIX. CapitoloVII. i6y


con tanto giubilo, che dopo averla letta fi trovò affatto gua- -

rito da un male, che lo travagliava. Rilpondendo poi a quc-


fta lettera lo prega, o piuttollo da amico gli comanda d'inter-
venire alla dedica di una Chiela, che S. Baflìano Velcovo di
Lodi aveva fatta fabbricare a lue Ipefe, ed alla quale ceremo-
nia S. Balfiano llelfo eltremamente defiderava, eh' ei fi ritro-
vale. S ingegna di periuadergli come neceflario quello viag-
gio, e che non pofla da elfo dilpenfarfi, per averne egli ftelTo
data parola a S. Baffiano
Qiielta lettera ci fa particolarmente conofcere il merito
di S. telice. Imperocché promettendogli S. Ambrofio le lue
orazioni per l'anniverfario della Ina Ordinazione, gli domanda
reciprocamente le lue con tutta fimmaginabile premura. Gli di-
ce quindi, „ che ficcome ei lo accompagnerà in iipirito, cosi „
lo lupplica di farlo con lui entrare in iipirito in quel fecondo„
Tabernacolo, che è il grande Santuario. Lo prega di non ilcor- „
darfi di lui, quando profumerà colle lue preghiere queft' Alta- „
re, eh' è tutto d'oro. Gli dice, elfer egli quello Altare, che è

nel lecondo Tabernacolo, d'onde la fua preghiera piena di fa- „
pienza, a guila d'incenlo, s'inalza fino al Cielo. Elfere in lui„
l'Arca del Teltamento, tutt' all' intorno coperta d'oro, vale a „
dire, la Icicnza di Gesù Cristo , e la dottrina della Divina ,^
Sapienza . Trovarfi in elso vaio d'oro pieno di manna, cioè
il „
il ricettacolo dello fpirituale alimento, e delle Divine verità. „
Stare in lui la verga d'Aronne, la quale è il fimbolo della gra- „
zia del luo Sacerdozio, quella verga, che elsendo da prima „
arida ha prodotti de' fiori in Gesìj Cristo. Vedervifi altresì „
i Cherubini che Itendono le lor ali fopra le tavole del Te-Ita-
, „
mento, perla profonda cognizione, ch'egli ha delle Divine „
Scritture. Potervifi ancora rimirare il Propiziatorio, nella lom- „
mua del quale placidamente ripola il Verbo , che è Dio , e „
l'immagine invifibile di Dio, che a lui dice, come a Mosè: Io „
vi parlerò dall' alto del Propiziatorio , Itando nel mezzo di due „
Cherubini. Imperocché Gksìi Cristo parla a noi d'una ma- „
niera, che intendiamo il luo linguaggio; poiché i tuoi dilcorfi „
L IV fono
.

I 58 V I T A D I S. AMBROS I O
fono puramente fpirituali, ed egli giammai non parla delle
cofe del Mondo , ficcome egli fteiso fi dichiara quando dice
nel fuo Vangelo Io aprirò la m;a bocca per parlare con pa-
:

rabole ( /? )
da
Qiieft' elogio fatto S. Ambrofio a S. Felice è tanto pia
valevole a farci concepire merito di S. Felice, quanto per
il

una parte fi fa, qualmente


noltro Santo era aisai illumina-
il

to per lo difcernimento delle virtù, e quanto per l'altra fiamo


convinti, qualmente egli era incapace di adulare alcuno. Ma
contro la lua intenzione ei lodava inlenfibilmente ie ftcflb con
lodare quefto Santo Vefcovo, che aveva da lui ricevuta ogni
iftruzione per l'Ecclefiaftico miniftero, e che fi era fondato nel-
la pratica delle virtù cogli efempli datigli dal noftro Santo in
ogni forta di occafioni .

Capitolo Vili.

Storta della Vergine Ivdtcta accufata dì delitto,

UNo importanti , e de' più imbarazzati avveni-


de' più
menti , accaduti nell'Epiicopato del noftro Santo, fu
la controvcrfia inforta tra un Vefcovo , ed una Vergine Cri-
ftiana, per decidere la quale fu d'uopo di tutta l'avvedutezza ,
e di tutto l'Epifcopale vigore del noftro Santo.
Viveva in Verona una Vergine nomata Indicia (^), dal-
la quale non fi era abbracciata la profclTionc di quello ftato, fé
non dopo la prova di molti anni, e con l'approvazione di San
Zenone, che può crederfi fia ftato Vefcovo di Verona, e dal
quale erale ftata conferita la benedizione. Aveva ella dimo-
rato in Roma con Santa Marcellina , nella cafa , che apparteneva
a quefta Santa, ed a S. Ambrofio fuo fratello, nel tempo, che
il medcfimo Santo erane alTente; né giammai fi era veduta in

lei

(a) Mmh. XJII. » ( è ) ^mbrof. Epiji. 46. & 47.


LiBRoIX. CapitoloVIII. i5<?

lei cofa, che non fafle degna della fantith, e della modeflia di
una Vergine Criftiana Il luo difcernimento avevala lempre
.

tenuta lontana dalla converfazione degli uomini, né in alcun tem-


po ii era potuto tacciarla di alcuna famigliarità con eili. Le
perfone , che la conolcevano, e che avevano con lei maggiore
confidenza , facevano atteitati vantaggiofillimi dell' innocenza
de' fuoi collumi, e della Ina converlazione, e proteftavano con
giuramento non aver effe giammai veduta in lei cola , che
,

meritafse ben menomo rimprovero.


il

Efsendo in Verona, ove dimorava con la fua forella , ma-


ritata ad un uomo chiamato Maffimo , ella vi fu fempre ono-
rata, come una perfona , che vivefse giuda le regole dello fta-
to, al quale Iddio avevale fatta la grazia di chiamarla. La
vifitavano le altre Vergini della Città, ed i Preti , che le ren-
devano queft'onore, a cagione della caftita, e della carità da efsa
praticata con tal perfezione, ficchè potelse dirfi , elserne ella
un eccellente elemplare. Non fi poteva a lei altro rimprove-
rare , le non che non andava di cala in cala per vifitare ogni
forra di perlone , e per efercitare con loro uffizj di civiltà. Ma
quella accula ridondava in fuo vantaggio, ne poteva elTere fonda-
ta, le non iopra l'eflTere ella troppo guardinga nello ftarfene in
filenzio, in ritiro, ed in lolitudine, eh' è la cofa più convene-
vole allo lìato, ed alla pudicizia di una Vergine.
Nondimeno quefta fua (lelTa virtuofa ritiratezza fu quella,
che foggettolla alla perfecuzione di alcune perfone, le quali of-
fendendofi , ch'ella non rendeffe vifita alle lor Mogi)
ficcomc ,

elle pretendevano , che da lei fi faceffe, tale, per quello da elTe

immaginato difprezzo , contro di lei concepirono fdegno , che


l'aggravarono , per quanto fi crede , dell' ingiufta accula , che
fulle apporta Imperocché fu fatta correre voce , eflere al-
.

cune povere donne andate in tutta fretta ad un Moniftero per


pubblicarvi , avere Indicia partorito un Figliuolo , che fi era
fatto morire; ed efferfi quefta nuova dal Moniftero fparfa per
la Città. Quefte donne erano probabilmente Mercuria, Lea,
e Teodula, delle quali parleremo in appreflb.
Maffi-
170 Vita di S. Ambrosio '

Maffimo, che da affai poco tempo era divenuto affine di

Indicia per avere poc'inanzi ipolata la iua lorella, avendo, per


quanto egli pretendeva, uditala pubblica voce, che fi era fpar-
fa ad aggravio di quefta innocente Vergine , e commofTo, dice-
va egli, da dolore paterno per la vergognofa infamia , che ne
fopraveniva alla Iua cafa , ricorfe di lubito a Siagro Vefcovo
di Verona, per chiedergli giullizia, e ve Io lollecitò con si im-
portune preghiere, e con si gagliardi Ichiamazzi, che da quello
Prelato gli fa con iilravagante precipitazione accordato quan-
to domandava, di chiamare cioè i Teltimonj alla Chieia. Ma
non comparendo le donne, che avevano, per quanto fi diceva,
fparfa quella voce , effendo Hate obbligate a fuggire , come
di poi fi rifeppe, fu ftabilito, che fuffero lolamente lentiti Re-
nato , Leonzio , i quali divolgavano di avere udito dire da
e
quefte donne , quanto di Ipettante ad Indicia dicevafi , avere
cileno palefato. Cofloro però fembrar dovevano altrettanto
fofpetti , quanto MalTimo ItelTo, che promoveva quello giudi-
zio con gran calore , ve li aveva condotti. Una si irregolare
condotta tenuta nel cominciamento di quefto giudizio dava ba-
ftevolmente a conofcere , altro non elTere l'accula data ad Indi-
eia, che una mera calunnia. Per tale ancora la dichiarava-
no, e la fuga delle donne, alle quali fé ne attribuiva l'origine,
che per veritk lembrava una pura affettazione , si per parte di
effe , che per parte di coloro, che le avevano fubornate, ed il
non trovarfi ehi comparifle in qualità di acculatore giacché ;

Maflimo ftcffo, che in fatti lo era, giammai non volle prender-


ne il nome, certamente per tema d'eflcre convinto di calunnia.
Era coflui il principale autore di tutta la tragedia, ed era quel-
lo, che ne aveva formato l'intreccio con iftenderne il procefib,
con denunziare di propria bocca la Iua Cognata , e tutti porre
in opera mezzi, perchè fuffe condannata. Ma eflendo ch'ei
i

prove, o per meglio dire, conofceffe dentro


diffidalTe delie fue
di le , di non poterne produrre alcuna, temeva con ragione un
peflimo evento a quefta Iua temeraria imprefa , e che l'alto luo
declamare contro la riputazione di quefta Vergine innocente, e
con-
Libro IX. Capitolo Vili. 171
contro l'onore di Ina famiglia, apportare gli dovefTe la confu-
fione di vedere le ItefTb condannato dal Ino Velcovo a quella
pena , a cui voleva fune fatta loggiacere la Ina Cognata .Qiian-
to poi a' Teltimonj, oltre l'effere convinti di faiiìtaper la loro
manifelta contradizione , altre eccezioni avevano, che troppo
debole rendevano la loro teltimonianza , ed incapace di lervirc
di prova, quand'anche fufìTe flato vero ciò che dicevano. Im-
perocché erano coftoro, per quanto fi alTeriva, Eretici, e per-
ione vili, ed infami, che de' vizi più abbominevoli, e de' mez-
zi più iniqui fi valevano, per potere con piena liberta commet-
tere i più enormi ecceffi, ed erano altresì perlone, che Indicia
ftefla era fiata coflretta a cacciare dalia fua cala , ftantechè le
loro operazioni fmentifTero la profelTione , che facevano o di
continenza, o di Criftianefimo . Infatti Renato, ch'era uno
di quelli teltimonj, fu trovato colpevole di delitti enormi. Di
fortà che effendo coftoro per una parte nemici dichiarati di que-
lla Vergine, e per l'altra, perione infami, erano aflblutamen-
te incapaci di fare alcuna tcdimonianza contro di lei.
Non fi vedeva però, qual poteffe efiere il motivo dell'odio
di Malsimo contro della fua Cognata , e ciò che l' induceffe a per-
feguitarla d'una maniera si oltraggiofa; né altro poteva, per
quanto lembra, addurfcne, fé non che elTendofi infieme ritrovati
in campagna, Indicia non aveva voluto alloggiare in lua cafa,
non gik perchè ella alcuna avverfione aveffe alla di lui perlona,
ma pel lolo amore della purità, per la giufta premura di conler-
vare il Ino buon nome, e per tema di offendere gli occhi di co-
loro, a' quali non era noto, effere ella a lui unita col nodo d'una
sì ftretta parentela. L'odio intanto concepito da Maffimo con-
tro di lei a cagione di ciò, portoUo, ritornato che fu alla Citta,
a lepararla intieramente dalia fua lorella, dividendo con un muro
la cala , nella quale egli , e la fua moglie infieme con Indicia

avevano fino allora abitato.


Qiialunquc Velcovo , che fulTe ftato mediocremente illu-

minato , avrebbe gagliardamente rigettata un'accufa cosi vifi-

bilmente difettofa, quant'era quefta intentata contro d' Indicia,


ed
172 ViTADiS. Ambrosi©
ed avrebbe facilmente conofciuto, effere ella effetto d'una
affai

paffione violenta. Ma Siagro Vefcovo di Verona, il quale per


la dignità del fuo carattere era più d'oga' altro obbligato ad ef-
fere protettore delleVergini , ricevette di fubito una si irrego-
lare, ed ingiufta depofizione , e fenza configiiarfi con alcuno
de'fuoi Fratelli, cioè fenza confultare alcuno de' Velcovi vici-
ni, ed afcoltare le difefs dell'acculata, ordinò di fubito, ch'ella
fufse vifitata dalle allevatrici.
Indicia, che non poteva ignorare la fua innocenza, e che
nel mezzo perfecuzione confervava tutto il pudore ,
di quefta
che richiedeva lo ftato, del quale già da tant'anni faceva pro-
feffione , non potè rilolverfi di fottometterfi ad una si ingiufta
fentenza; e fperando di trovare altrettanta benignità in Milano
nella perlona di S. Ambrofio , quant' aveva trovata durezza, ed
ingiultizia in Siagro , ella portò la fua caufa al Tribunale del
noftro Santo.

Capitolo IX.

S". Ambrofto caJJ'a la fenten':i^a da Siagro pronufi^Jat/t


co'/ìtro d Indicia.

noftro Santo non ftato già da gran tempo avva-


SE il fuffe
lorato da quella invincibile fortezza, che inalza al di fo-
pra d'ogni umano e del riflcffo eziandio , che aver
rifpetto ,

potrebbefi per le più perlbne (<?), avrebbe certamente


iiluftri

lafciata opprimere Indicia dall' autorità di Siagro, eh' era uno


de' tuoi più intimi amici, e da lui appellavafi una parte di fé
fìeffo. Ma conobbefi in queft' occafione la verità di quant' egli
aveva una volta fcritto a Teodofio (^), che non può ripren-
dere con maggior libertà fé non quello, il quale finceramentc
ama, e che per parlare principalmente di fé, quant' ci più fi
vede-

(«) j^mèrof. Ep. 5Ò. 57. l ( ^) W. Ep. ij.


.

Libro IX. Capitolo IX. 173


vedeva obbligato ad unaperfona, tanto più credeva di dover-
le apertamente diicoprire la verità, quand' anche aveffc cono-
fciiito doverlene quella ofi'endcrc Eflendolì quindi propofta
.

quella regola , ed avendola Tempre inviolabilmente praticata


con gì' Imperadori ftcflì , non poteva fcordarfcne in queft' oc-
cafionc, nella quale fi trattava di correggere il fallo d'uno de'
iuoi Confratelli ; ed era convinto, chela dignità, la quale inal-
za i Veicovi fopra gli altri uomini , non da loro la libertb. di
operare da tiranni
Vidcfi adunque il noftro Santo Giudice fovrano d'una si
fcabrofa caula , la quale Maflimo accompagnato da due tefti-
monj, e da perlonc, che avevano pubblicata la fcandalofa vo-
ce, che correva d'Indicia, veniva ad attitare in Milano, per-
chè dal Tribunale di quella Chiefa Metropolitana fulTe del tut-
to opprefTa la iua Cognata. Siagro, che non fi era per anche
accorto dell' irregolarità del fuo procedere, IcrifTe a S. Ambro-
fio diffuiamente (opra quello particolare, e prcgollo, o con una

fola lettera, o con molte, ad avere prefente, che fé Indicia


non fufl'c ftata vifitata, non fi farebbe potuto più rifpondcrc
per l'avvenire iopra l'integrità di alcuna Vergine Che il ricu-
:

larfi da lei di lottometterfi a quella prova della fua purità, era


una confeflìone del fuo delitto. Che guardaffe bene di non dare
motivi a quelli di Verona d'effere mal foddisfatti del luo giu-
dizio : a pronunziare Iopra Indicia
Effcre egli flato obbligato
la fentenza da lui data, perchè avevangli alcune perlone fatto
fapere, ch'elleno fi ritirerebbero della iua Epilcopale comunio-
ne, qualora pretcndeflè di ricevervi Indicia lenza eh' ella fufle
vifitata e perciò domandava, che tale difamina fi faceffe alla
;

prelenza di Marcellina lorella del Santo. Per ultimo sforza-


vafi di far altresì vedere, non dover Mafilmo paflare per ac-
cuiatore .

Avendo conteneva in quella let-


Indicia faputo quanto fi

tera , benché non l'avcfle letta, ne portò un altra a S. Ambro-


fio, con la quale Siagro fteflb, che l'aveva fcritta fui comin-
ciare del di lei procedo, le diceva, che Maflimo, o di fuo pro-
prio
^jA ViTADiS. Ambrosio
prio movimento, o mofifo da altri , la denunziava come colpe-
vole d'un grave delitto. Indi ioggiunle:
ballare quclte iole
parole per far vedere , che Maifiino era veramente il di lei
acculatore.
S. Ambrofio, che voleva operare in quefta caufa con al-

trettanta moderazione, quant' era (tata la precipitazione mata


in quello giudizio dal fuo Confratello , IcrifìTe a Siagro , non
per rinfacciargli una si manifelta contradizione , ma per eOTere
da illuminato ; e Siagro non potendo ditTimulare quanto
lui
aveva in termini cosi precifi fcritto ad Indicia, fu coilrerco a
dire, avergli Mafllmo riferito, clTere Indicia acculata di un de-
litto infame: e tal cola era onninamente ridicola.
Maffimo intento con impegno accefiffimo a portar inanzi
quella criminale illanza, tutte intanto faceva le azioni di un
vero acculatore. Affrettava il giudizio della caufa, sforza vafi
di farla avanzare co' fuoi artifizj, fcriveva, e mandava lettere,
e fpargeva diverfe voci per eccitare l'orrore, e lo Idegno di tut-
ti contro dell' accufata. Ma
quando S. Ambrofio volle prima
di procedere, che qualcheduno fi dichiaralse acculatore, Maf-
fimo s'ollinò di non volerlo efsere, ed in vano il Santo prefsoUo
fu quello particolare.
I Teltimonj Mercuria che dal Santo vengono chia-
, e Lea ,

mate perfone altrettanto difpregievoli per la loro condizione,


quanto deteftabili per l'orribile loro fcelleratezza , erano Hate
coftrette a partirfene da Milano da quelli Iteffi , che ve le ave-
vano condotte; e Teodula era fuggita, efsendole noto, che fa-
rebbe interrogata fopra un delitto, che dicevafi avere ell^ itefsa
commefso con Renato.
Né quella era la fola fcelleraggine , della quale era tenu-
to reo quello miferabile ; imperocché veniva aìtres'i acculato
d'efserfi abufato di una fervente, la quale era prontiflima a fo-
ftenerglielo in faccia. Ed oltre a ciò ,
quando S. Ambrofio
volle interrogare lui , e Leonzio , ed informarfi dell' origine di
quefV affare, ambedue quelli teftimonj non poterono tra di loro
accordarfi , quantunque fufsero e l'uno e l'altro venuti inCeme
a Mi-
Libro IX. Capitolo IX. 175
a Milano, ed avelsero con tutto il lor comodo difpofta per in-
tiero la loro trama Dopo di ciò avendo Renato altamente
.

minacciato di prontamente partirfene con gli altri, fi? di van-


taggio prolongavafi queft' affare, videfi S. Ambrofio obbligato
a decretare, che tulse nel d'i Tegnente onninamente decifo. Mi
quelli furbi non comparvero.
Benché la decifionc di quella cauta non fufse afsai diffici-
le, non ne accuiatore, né teltinionj contro d'Indi-
vi efsendo
cia, S. Ambrofio nondimeno fece radunare i Vefcovi, per de-
ciderla infieme con effi; e fece altresì noto a Santa Marcellina
fua iorella, che Siagro defiderava, che Indicia fufse in ina pre-
lenza vifitata ; ma rigettando quella Santa una fomigliantc
propofizione , contentoffi di fare una folenne te(timonian7.a del-

la llima, che aveva per la virtù d'Indicia. dare neNé ella

poteva alcuna, la quale fufse efprefsa con termini più vantag-


giofi , che col proteftarfi , come fece , dcfiderarc ella con tut-
to l'ardore del luo cuore , che Gesù Cristo la facefse compa-
gna di quella Vergine nel fuo Regno .

In tanto mentre attitavafi quella caufa, Indicia ftava con-


tinuamente in compagnia di Paterna , dal noflro Santo chia-
mata fua figliuola, la virtù della qual Vergine era si nota al
Mondo tutto, che il fuo amore per Indicia era una convincen-
te prova dell' integrità di quell'acculata, ed un incontraftabile
attellato della di lei innocenza Qualunque lemplicc parola
.

avelse quindi quella Vergine sì efemplare pronunciata in fa-


vore d'Indicia, allorché ne fu da S. Ambrofio interrogata, po-
teva equivalere a qualunque più facro giuramento. Pa- Ma
terna non fi contentò folamente di parlare in ditela dell' inno-
cenza d'Indicia; ma volle di più lolennemente protellare, non
trovarfi da lei in Indicia cola, che non fuTse di eleinplariflima
quali
edificazione, ed onninamente aliena da que' delitti, de'
veniva Indicia ingiultamente aggravata.
Fu iriterrogata la Nudrice d'Indicia , la quale e
altresì
per la tua età, e per lacondizione non poteva ignorare
tua
la verità del fatto, del quale trattavafi, né cos' alcuna
dire,
che
. .

175 Vita dtS. Ambrosio


che vi fiifse contraria; ed cìU pure attsltò, non aver cos' al-
cuna veduta, né laputa d'Indicia, che fuise contraria al di lei
onore
Dopo tutte quefte ricerche , e dopo tante teftimonianze
SI vantaggiole per Indicia, i Vclcovi pronunziarono, non aver

ella fatta cos' alcuna , che offendere potelse la fua verginità


Che Leonzio e Renato reltafsero Icomunicati fino a tanto,
,

che fulsero refi degni della milericordia della Chiela, median-


te una fincera penitenza, e che avelsero pianto amaramente
il loro peccato e che MafiTimo fperar potrebbe di elscrc rice-
;

vuto alla comunione, Tempre che correggelse il fiio errore.


Avendo S. Ambrofio pronunziata quella ientenza, man-
dolla di lubito a Siagro, accompagnata da una lettera afsai ef-
ficace, e forte, a cui da principio col dirgli: Che fé quelli di
Verona in iomigliante occafione laranno mal foddisfatti di al-
cuno, certamente lo faranno di Siagro, e non di lui; poiché
vengono fovente a Milano di afsai accelo fdegno ripieni contro
del loro Velcovo, e ne partono rappacificati. Che le fin' a
queir iflratìte aveva egli creduto alle minaccie fattegli di fepa-
rarfi dalla fua comunione , in calo che ei vi ricevefle Indicia
fenz' efscre vifitata, fapefse, non avere più motivo di temer
ciò, per efsere ftato liberato dalla pena, che avrebbe avuta
nel giudicarla . EfìTerc a fua notizia , non mancare perfone in
Verona , le quali erano pienamente perlualc dell' innocenza
d'Indicia. Sembrargli però cola affai (trana, che un Velcovo,
come lui, che fi deffe legge a' Velcovi , e loro fi pre-
foffriffe

fcriveffero le lentenze, che debbono pronunziare.


Gli dimoftra l'errore da lui fatto nell' ordinare la vifita di
una Vergine da nefsun accufatore incolpata, e da neisuno abile
teftimonio convinta ; efsendo quefte vifitc troppo molerte a per-
lone d'onore, ed altresì alsai incerte, giuda il lentimento de'
più eiperti Medici , e fecondo l'efperienza ; che lenza andar in
traccia di antichi efempli , tutto il Mondo fapeva, quant'era
poc' innanzi fuccedwto in Akina, nella quale clsendo itata vifi-
rata una perfona di quefto felso , ed efsendo (lata pronunziata
fen-
.

LiBRoIX. CapitoloIX. 177


fentcnza fvantaggiola alla di punta , fu ella di poi efporta
lei

ad una ieconda vifita in Milano, non per luo ordine, benché


in quel tempo ei vi false Velcovo ma per ordine di Niceta
,

Segretario di Stato, a cui ella apparteneva, e che la allevatri-


ce, che vifitolla, nella quale lolpettare non fi poteva né igno-
ranza , né mala fede, avendo giudicato in favore della iua Ver-
giniià, la cola non lalciò di reitare lempre indecila.
Entrando di poi nella generale quiltione , le fia permefso
il fcrvirfi di lomigliante mezzo, fembrache inclini a rigettarlo

alsolutamente, od almanco a non lervirfene, le non per quel-


le, che dal timore dell'infamia, piìi tolto che dall'amore del-
la purità, vengono tratteHute nel loro dovere. S. Agoftino

fuo dilcepolo (a) è ftato altresì della itefsa opinione circa que-
llo efperimcnto della calHta delle fanciulle, e lo ha fempre ri-
putato un mezzo alsai dubbioio, ed incerto.
A quclta lettera , un altra il noftro Santo n'aggiunge (l>)
diretta alio ftelso Siagro , per dolerfi con lui da amico dell'in-
giuria da elso fatta in quella occafione alla Verginità , e per
moltrargli la cura , che Dio fi è fempre prcfa di vendicare le
ingiurie recate alla caftitk Gli racconta a quefto propofito
.

tutta la ftoria, che fta regiftrata nel libro de' Giudici della Mo-
glie del Levita, e della guerra, di aui ella fu la cagione.

Capitolo X.

Ultime a^Joni del Santo ,

ALTRO a noi non refta ,


prima di paffare a deferi vere la
morre del noltro Santo, che riferire le ultime lue azio-
ni, le quali fono come l'ultimo profumo da lui fritto lalire fino
al Trono di Dio vivente , prima di offerirfi a lui in olocaulto
con l'ultimo fuo facrificio.
Era

(4) AugMfi.lib.deCivit.Dci. I {b) Ambtof. Epift . ^7


Titti. II. M
.

lyg Vita di S. Ambrosio


Era noftro Santo più pieno di meriti, che carico d'an-
il

ni, e fi potava ragionevohn-^nte Tperare , che Dio fufìTe per


lonoamente confervarlo a vantaggio della ina Chiela, quando
fece vedere in quell'anno cccxcvii. giudicar egli di non dover
più differire a dare a lui la ricompenfa delle fue apoltolichc
fatiche.
L'amore, che aveva per Iddio, crefceva
il noftro Santo
coni giorno più nel luo cuore (a) ^ e veniva accefo da una
ardente fete di polTederlo con tutta quanta la fua capacita
Aveva egli una fanta impazienza di vedere, in qual maniera
quefta Divina Maella fi comunichi a' fuoi figliuoli nel Regno
eie' Cieli, faziando le loro brame colla manifellazione della fua

gloria. Già da molti anni erano, eh' ei defiderava di morire,


avendo incominciato ad accenderfi in lui quefta brama, fino da
quel momento, in cui il fuo Fratello Satiro fé ne parti da que-
llo Mondo (b). Troppo amabile cola a lui fembrava, l'anda-
re fciolto da' legami del corpo ad unirfi con Gesù Cristo. Cre-
deva di non effere del numero di quelli , a quali è neceffario il

vivere pel vantaggio de' fuoi Fratelli Era perfuafo, che col .

morire lottrarrebbefi dal pericolo di peccare. Come cofa quin-


di per lui in ertremo vantaggiola rimirando la morte, inceffan-
temente domandava a Dio di effere prontamente liberato dalle
milerie di quefta vita. Imperocché era a lui cagione, dice Pao-
lino (e), di prorompere in continui gemiti, il riflettere, che
l'avarizia , radice di tutti i mali , andava ogni giorno più cre-
fcendo, maffmiamente nelle perione coftituite in dignità. Di
forra , che facendo effe , o, per meglio dire, rovinando tutte le
cofe per far acquifto di danaro, all' eltremo penolo gli riufcifr
fé il dovere trattare con effe , per raccomandare loro affari di
giuftizla o di carità
, Qtielto dilordme infatti era la cagione
.

di tutti mali, ch'erano venuti a fcaricarfi lopra fltalia, nel-


i

la quale , in ogni momento , tutte le cofe andavano di male


in

(«) Jugujì. Ep. 112. I


(f ) Pctulin. Vit. Ambrof.
( Zi
) Ambrof. de obhit Satj/rt . 1
Libro IX. Capitolo X. lyp
in peggio; e fu altresì quello, che dopo non molto tempo pro-
dulie il totale roveiciainento di tutto rimperio dell'Occidente.
Ottenne quindi S. Ambrofio , che le fervorole preghiere,
le quali da lui coatuiu.imcate fi facevano per ottenere la gra-
zia di ulcire da qnelto Mondo, fuiTero pienamente elaudite; e
non lolamente ebbe egli la conlolazione di morire in eia poco
avanzata; ma ottenne ancor quella di anticipatamente rilape-
re il tempo della iua morte, la quale ei predille a' luoi dilcepoli,
loro manifeltando che le ne Itarebbe con eflì loltanto fino a
:

Palqua.
Poco avanti la morte del nodro Santo , uno de' fervi del

Conte Stilicone , il quale dopo eflere Itato liberato dal Demo-


nio dimorava nella Bafilica Ambrofiana, per le gagliarde iitan-
ze fattene dal fuo Padrone , falfificava lettere , in virtù delle
quali , coloro , che con elio contrattavano per averne alcuna , ve-
nivano inveliti della dignità di Tribuno. Era coitui sì mani-
feltamcnte convinto di quello delitto, che furono carcerati tutti
coloro , che dopo efferfi fatti provvedere di quella Carica , la
etercitavano Si trattò quindi di procefìTarlo; ma Stilicone vi
.

fi oppole, né volle che fulfe punito. Ciò rilaputofi da S. Am-


brolio , procurò prima , che Stilicone facefle rilalciare quanti
erano itati carcerati per cagione di colini. Indi gagliardamen-
te declamando contro de' fraudolenti artificjdi quell'ingannato-
re , moitrò defiderio , che fulle la di lui frode , ficconie con-
veniva, ievcramente caltigata. Ma vedendo, che nelTun cafo
fi faceva delle lue giulle rimoilranze, fatto chiamare , e venire

dinanzi a le quello falfificatore, avendolo dopo varie interroga-


zioni trovato reo di un si enorme delitto , pronunziò lentenza
contro di lui, e dille con S. Paolo (/?): conviene y che cojìuijìa
dato in potere di S/itannJfo , perchè dijìrugga la di lui carne , ne
piti quindi commetta nelT avvenire Somiglianti eccejft Non .

aveva il Santo ancor (ìnito di proferire quelle parole, che il


maligno Spinto già faceva in pezzi quello federato lervo di
Sti'

(/j) J. Cor. 5.

M li
igo ViTADiS. Ambrosio
Stiliconc. Paolino, che trovò preferite a quefto miracolo,
fi

dice, che in tutti gli aftanti cagionò maraviglia infieme , e ter-


rore. Infatti cola non v'era, quanto quella, che potefle fare
maggiormente rifplendere la fantitk di quelV Uomo apoltolico.
Imperocché le S.Giovanni Griloflomo (^) vuole fi concepiica
un affai alta idea del merito di S. Paolo, per raflbluto dominio,
che diede a conofcere di avere l'opra il Demonio, allorché, per
caftigare un incelhiofo Corintio , di lui fi valfe con la fteffa fo-
vranitìi, con cui i Giudici, ed i Magidrati impiegano il mini-
fiero de' Carnefici nelT eiecuzione delle loro lentenze : come
non dovremo noi formarne una aflai vantaggiofa della fantita di
Sant' Ambrofio, poiché Io vediamo in quelVoccafione andare
fornito d'un autorità niente inferiore a quella dell' Apoftolo,
,

facendo rientrare il Demonio nel corpo di quello Falfario, che


ne era fiato liberato dalle preghiere della Chiefa. L'ampia, e
quafi luprema autorità del fuo padrone Stilicene parente dell'

Imperadore Onorio, Generale delle fue Armate, e primo Mi-


nifiro de' fuoi Stati poteva bensì fottrarre quefto federato dalla
feverita delle Leggi, e procurargli l'impunita del fuo delitto ;
ma non poteva già liberarlo dallo zelo di S. Ambrofio, il quale
vedendo Tabulo, che coftui faceva della lua guarigione, dopo
efiere fiato liberato dal maligno Spirito, credette , che a lui fuf-
fe necefiaria queft' umiliazione , e Io diede colla loia potenza
della fua parola a Satana, del quale fi era fatto miniltro, com-
mettendo falfita s\ pregiudicievoli a tutto il Romano Imperio.
Che le con quella si tremenda azione diede S. Ambrofio
a conolcere il luo zelo, fece con altre, verfo quello tempo,
provare gli effetti della lua beneficenza, e della fua tenerezza,
lìmilmente che del potere, che Dio gli aveva dato fopra i De-
monj . Imperocché aggiunge Paolino, che in quefii Itefii gior-
ni fi videro molti indemoniati del tutto liberi per l'impofizione
delle fue mani , e per un femplice fuo comando . E laddove
S. Martino fu riprelo da un Angiolo, e vide in le fteflb alquan-
to

(rt) Chryfdfl. homil. z$. ad Pop. Antioch,


Libro IX. Capitolo X. i8i

to dirainuito il miracoli, per aver ufa-


dono, chs aveva di far

ta qualche condclcendenza nell' affare degli Itaciani ; al con-


trario S. Ambrolìo, che relufcitava i morti , e cacciava ugual-
mente che lui i Demoni, fece negli ultimi giorni della fua
vita vedere quefta effufione della Ina fantità coli' operazione
de' miracoli.
Accadde qucfto medefimo tempo, che Niceta ,
altres'i in

il quale era in guila tormentato dalla gotta, che non poteva


quafi mai comparire in pubblico, effendofi accodato ali' Alta-
re per ricevere Sacramenti, ed avendo prorotto in im alto
i

grido, perchè il Santo, lenza accorgcrfene, gli aveva fchiac-


ciato un piede, fentì una voce, che gli difle Andate pure ^ :

che adeffo camminerete [en-z^ doglie In fatti la di lui guari-


.

gione fuccedette si immediatamente a queftc parole, che quan-


do il Santo Vefcovo fpirò, atteftò quell'uomo, piangendo per
tenerezza, eh' egli non aveva giammai fentito da quel tempo
in poi alcun dolore ne' piedi. Chi quindi era flato cagione del
dolore di quello uomo fu la di lui guarigione, ed il pafleggie-

ro toccamento di S. Ambrofio in quella parte addolorata , atto


naturalmente a non altro,, che ad accreicere il fuo male, in-
comparabilmente più giovogli , che i foccorfi della medicina,
della quale tutti aveva inutilmente impiegati i rimedj. Dob-
biamo noi profeffarci obbligati a Paolino Segretario di S. Am-
brofio, per averci confervata la memoria di tanti miracoli ope-
rati da quello Santo, i quali fi non trovano altrove regidrati,
e de' quali può egli farne a tutta la pofterita una tellimonian-
za altrettanto fedele, quanto che ebbe egli la grazia di vederli
con i propr) occhicola che troppo di rado ritrovafi ne' più
:

clalTici Autori de' primi fecoli Quello che polTiamo noi però
.

raccogliere da tante, e tanto flraordinarie azioni di quello San-


to, è, che dopo elTcre llato dagli Imperadori venerato come
il più virtuofo, e fanto Vefcovo del loro fecolo, e per la fua
virtù avuto nella più alta ftima da' Tiranni fteflfi , volle Iddio
altresìdare un irrefragabile tcftimonianza della lublimitk del
fuo merito con una vifibile anticipazione delle ricompenle, che
III M a lui
.

i8z Vita di S. Ambrosio


a lui preparava nel Cielo, e con dar a conofcere a tutta la
terra la perdita, eh' ella flava per fare di un si amabile con-
folatore di tutti gli afflitti, {a)
Non
(a) Nonavendo lo Scrittore Fran- Piftola di S. Paolo fé ne flava ritto
cefe di quella Vita fatto alcuna menzio- in piedi preffo all'Altare, per afpet-
ne della prodigiofa afiìlknza di S. Ani- tare la benedizione di Ambrofio, il
brofio al Funerale di S. Martino a mo- , quale dormiva Molti degli alianti
.

tivo, come crediamo, che alcuni Au- oflcrvando il fonno ilraordinario del
tori r hanno fuppolta apocrifa, ingan- Prelato rillettero per quali tre ore,
nati forfè dalla vana computazione de- ncffuno avendo coraggio di avanzarfi
gli anni, che in quel tempo fi ufava a dcllarlo. Dopo
lungo fpazio di
si

nella Francia, e nell' Italia, coficchè tempo molti infieme Io (vegliarono,


fembri che S. Ambrofio fia premorto a dicendo: l'ora è avanzata; coman-
S. Martino ; Non vogliamo però noi date o buon Vefcovo al Lettore di
omettere di farne memoria, ftantechè adempire il fuo ufficio; ftantechè il
raccontandola S. Gregorio Vefcovo di popolo è quafi ftanco di afpettar tan-
Tours, il quale fcriveva foltanto 179. to .Rifpofe allora Ambrofio, come
anni dopo il fatto, e fedeva nella me- fcolfo da gagliardo foporc Non vi :

defima Chicfa, in cui era feguito mi- turbate , miei fratelli , mentre molto
racolo così ftupendo, e ritenendone la „ recommi di piacere l'avere così dor-
Chiefa di Milano la perpetua tradizio- „ mito , perchè Dio Signore degnolTi
ne tanto nelle Lezioni del fno Brevia- di nianifeftarmi un gran miracolo .

rio per la Fcfta di S. Martino, quanto Sappiate pertanto, che il Sacerdote


nel Mofaico antichilTimo, che adorna Martino fratello noftro pafsò felice-
il Coro della Bafilica Ambrolìana, ol- mente alla eterna vita ; e che io (Icf-
tre molti altri tellimon; d'ogni fede de- fo concorfi a celebrargli i funerali ;

gnilTimi , fi mancarebbe aldovere di Avendo già io offerto giullaco- il

veri figliuoli del Santo Dottore , fé la- ftume l'incruento Sacrifìcio, non po-
fciafTimo nelle tenebre della dimenti- tei finire di leggere il Capitolo , per-
canza un prodigio così luminofo. Scri- chè in tal tempo voi mi fveglialle
ve adunque S. Gregorio nel Libro IL Prefi quanti ciò udirono dallo llupo-
Gap. I. de' Miracoli di S. Martino con re, marcarono con efattezza il gior-
quelli fcntimenti: „ S. Ambrofio cele- no fonno di Ambrofio; e
e l'ora del
brava la fanta Meffa in giorno di Do- poco dopo ebbero accertato rifcon-
menica, giuda il fuo coilume, ed il tro , che in quel tempo appunto eranfi
Lettore le gli approfllmava col Li- celebrate le efequie al Santo Vefco-
bro facro, per ricevere dal cenno del vo di Tours " Comechè conven-
.

Prelato permiffione di leggere Già gono tutti li Scrittori , li quali accet-


la .

erafi letta la Profezia in quella Do- !tano, e fofìengono la verità di quello

„ menica , che venne in feguito alla mirabile avvenimento, che fia feguito
„ morte di S. Martino, ed il Lettore negli ultimi mefi della vita di S. Am-
'

,,.difpofto a leggere uno fquarcio della I


brofio, fotto il prefente Capitolo ne ab-
biamo
.

LiBRoIX. Capitolo X. 183


Non debbefi però tralafciare di qui narrare una cofa , la

quale ha non poco dello ilraordinario, e ci viene riferita da


Paolino . Dice adunque qucfto Storico , che ftando in letto
S. Ambrofio tenutovi dall' ultima Tua malattia, e dettando a
lui la ipiegazione del Salmo quarantefimo terzo, videfi tutta la
di lui telta coperta di fuoco , e che quello fuoco convertitofi
tutto ad un iitante in una fiammella, entrò infcnfibilmente nel-
la di lui bocca, della llclTa guifa, che un padrone entra nella
Tua cafa dopo di che divenne il volto del Santo bianco al pari
;

della neve, nò ricuperò il naturale luo colore le non dopo qual-


che tempo. Paolino, che, come fi è detto, fu fpettatore di
quello miracolo , venne da tale liordimento fopraffatto , che rima-
le immobile, né potè profeguire a fcrivere quanto dal Santo
gli veniva dettato finché quefta vifione non cominciò a dil-
,

parire. Gli rilovvenne nondimeno perfettamente di quanto il


Santo gli dettava fopra di un palio della Scrittura; poiché
S. Ambrofio, per ammalato che fufle, non ceisò mai in tutto
quel giorno o di dettare, o di fcrivere ma con tutto ciò non
;

potè compiere la Ipiegazione di quello Salmo. Paolino fece


confapevole dell' avvenuto miracolo il Diacono Callo, col
quale dimorava , e da cui era alhltito ne' luci bilogni E quello .

Diacono, uomo pieno della grazia del Signore, modrando a


Paolino la conformità, che vi era tra quclt' avvenimento, e
quanto fi legge nel principio degli Atti degli Apoiloli, lo refe
per-

biamo inferita la memoria, non enfen- Cardinale Federigo Borromeo Arcivef-


1

do quello il luogo di fenderci a for- covo di Milano di fempre celebre ri-


mare una Differtazione per foltenerla, cordanza dovendo dare alla luce il Brc-
\

quando già tra li Scrittori Milanefi ne viario Ambrofiano riformato, fece efa-
1

hanno eruditamente trattato li dottif minare da' più inlìgni Letterati , de*
fimi Gian-Pietro Puricelli ne' Ma. lu- quali n'era egli Mecenate, con fom-
I

menti della Balilica Ambrofiana num. ma diligenza quefto iklfo controverfo


1

82. ed 8:5., e Giufeppc Anto)io Salfi prodigio, e fu decifo di ritenerne reli-


ncUc Vindicie per il poiTello de' Corpi giofamente la memoria nella preacccn-
!

de'SS. Martiri Protafio e Gervafio num. nata Lezione per la Fella di S. Marti-
\

89. Sappiamo che la memoria di tale no V:fcovo di Tours , giuda il rito


|

prodigio fia Hata levata dal Breviario della Chiefa Milaiiele.


1

Romano \ ma giova i'alTerire , che il I Dei Traduttore


M IV
.

ig^ Vita DI S. Ambrosio


perfuafo che una vifione di fimil fatta fufle un evidente con-
,

trafegno della dilcefa dello Spirito Santo (opra di S. Ambrofio.


Quantunque però la Ipiegazione di quello Salmo Uà. ri marta
imperfetta, e mancante di alcuni verfetti, nondimeno quanto di
effa noi abbiamo, deve leggerfi con ifpeciale venerazione; poiché
il Santo era si pieno di Dio quando dettolla, che la di lui fantitk

paflava dal iuo cuore arifplendere fui di lui volto, come wn pe-
gno di quella gloria, di cui doveva tra poco effere coronato .

Capitolo XI.

Malattia , e morte di S. Ambrofio .

DOpo quale
che Santo ebbe confecrato un Vefcovo
il

Paolino {a) non


del nome, ci dice il
Pavia,
di
cadde in
una grave malattia, che fu l'ultima, ed il generale rimedio
di tutte le infermità del fuo corpo ;
poich' ella lo fece
paflTa-

re da quella vita ad un altra pienamente felice Rifaputofi .

appena da Stilicene, che il Santo era trattenuto nel letto da


mortale infermità, tetnette ciò, che doveva feguire a riguar-
do degli interefli di tutto l'Imperio, e diife: che morendo un
SI grand' uomo, a tutta 1 Italia iopraftava una univerfale ro-

vina .Quefto Politico non aveva certamente il dono di pro-


fezia, ma ciò che avvenne fece troppo chiaramente conofce-
re la verità di quefta predizione; e convenne confeffare, che
la fuffiftenza, e la confervazione dello Stato dipendeva in qual-
che maniera dalla vita di S. Ambrofio , il quale non farebbe
flato meno venerato da' Goti , e da' Vandali , di quello , che
lo era ftato fin' allora dagli altri nemici dell' Imperio , fé Dio
aveffe prolongato il fuo ioggiorno fopra la terra
Quefta previdenza di Stilicene non fu foltanto un indi-
zio, ed una lode pafteggiera , ma fu un affai autentica tefti-
mo-

(<i) Paulin.Vtt.Ambrof. .
.
,

Libro IX. Capitalo XI. 185


monianza della ftimach'egli aveva per S. Ambrofio
, Im-
.

perocché avendo fatti radunare i più ragguardevoli , ed i più


nobili Cittadini di Milano , che fapeva elfere amici intrinieci
di S. Ambrofio, li con minacele, e con perluafioni
collrinle e
dolci, ed obbliganti, ad andare da quefto Santo per indLirlo
a domandare a Dio, che io lafciafTe vivere ancora per qual-
che tempo. Ma allorché da effi ne fu al Santo fatta que-
fta ricerca , egli loro diede una rifpolta degna della ftraor-
dinaria fua fapienza Io dicendo , òo vìjfuto tra di vci.
: ,

duna maniera , che mi trattiene dal vergognarmi di vivere an-


cora per qualche tempo ; ed io altresì non temo di morire , per-
che- r abbiamo da fare con un buon Padrone (a). Avendo $. Ago-
ftino rifaputa quella rilpolta si piena di fapienza, e di pieiìi
ne ammirava tutte le parole, ed altamente le commendava.
ElTendocchè non fulTc poffibile il parlare né più giuito , né più
mifurato fopra di quello particolare. In fatti all' entrare nei
loro vero fenfo, dicendo il Santo, che non temeva di morire,
perché l'aveva da fare con un buon Padrone, voleva denotare,
che la purità de' fuoi collumi non cagionava in lui alcuna gon-
fiezza di cuore, né alcuna prelunzione; e dicendo: aver egli vil-
futo d'una maniera , che lo tratteneva dal vergognarfi di vive-
re ancora per qualche tempo, ei parlava Iccondo l'idea, e la
cognizione , che aveva del giudizio , che gli uomini potevano
fare di lui, confiderandolo come uomo.
Ed
elTendocché conolcefle la feveritk, ed il rigore, con cui
Iddio deve giudicarci, dimoftrava d'aver minor confidenza ne'
fuoi meriti, che nella bontà del Signore, al quale ogni giorno
diceva nelle lue orazioni Perdonateci le nofìre ojfefe , come
:

noi perdoniamo a quelli , che ci hanno oltraggiato .


In queflo tempo , nel quale il Santo giaceva ammalato,
Cafto , Polemio , Venerio, e Felice, i quali erano allora Dia-
coni, trovandofi tutti inficme nella camera, ove il Santo gia-
ceva ammalato, per conferire lopra di quello, che converreb-
be,

{a) Pojfid.cap.xj.
,

i85 Vita DI S. Ambrosio


be ordinare Vefcovo in fuo luogo dopo la di lui morte , ed
avendo pronunciato il nome di S. Simpliciano, ch'era un Pre-
te di Milano , affai avanzato in età, quantunque parlaflero
d'una voce cosi bafla, che appena potevano tra di loro inten-
derfi , nondimeno il Santo, che flava nell' altra eitremita del-
la ftanza, come fé fuffc flato prefente al loro dilcorlo, ed avef-
fé approvata la Icelta, che dicevano di quello Prete, difle per
tre volte gridando: E' vero^ che è ciffat •vecchio^ ma è da bene.
Rimalcro cffi si forprefi , e fpaventati da quelle parole, che
neir iftante medefimo fé ne fuggirono. Non ebbe però egli
altro fuccelTore dopo la fua morte, che quello Vecchio, da eflb-
lui per tre volte nominato Vefcovo di Milano. Venerio
del quale abbiamo teftè fatta menzione , fuccedette a Simpli-
ciano. Felice era Vefcovo di Bologna nel tempo, che Paoli-
no fcriveva la Vita di S. Ambrofio. E Cafto, e Polemio, eh'
egli aveva nodriti come frutti di un eccellente albero ,
profe-
guirono ad effere Diaconi nella Chiefa di Milano.
S. Simpliciano quindi fu nominato Vefcovo da S. Ambro-
fio fleffo, come Sant' Atanafio lo era flato nello fleffo fecolo da

S. Aleffandro. Ed il Clero, ed il Popolo di Milano fecero in


quella occafione , per il rifpetto, ch'ebbero per il loro Santo
Prelato, ciò che gli AlefTandrini avevano fatto per onorare il
giudizio del loro Vefcovo. QLiefto Simpliciano è quello fteffo,
il quale noi abbiam veduto avere avuta tanta parte nella con-

verfione di S. Agoftino, per la cura, ch'ei fi prele di fcioglie-


re i fuoi dubbj nelle conferenze da lui tenute con quello Santo ,
e per avere fovente ripetuto allo fleffo Santo Dottore ciò che
egli medefimo aveva udito dire da un certo Platoniano, che
conveniva fcrivere in lettere d'oro ne' luoghi più eminenti del-
le Chiefe il principio dell'Evangelio di S.Giovanni {a).
Baffiano Vefcovo di Lodi fu altresì uno di quelli , che af-
fiftcttero S. Ambrofio fu l'ultimo della fua malattia, e flandofe-
ne egli intorno al fuo letto , e pregando con lui in que' mo-
menti

( a ) Augujl. Uè. 10. eie Civit. Dei caf. 2 j.


. ,
.

Libro IX. Capitolo XI. 187


menti sì preziofi ed importanti , vide noftro Signore Gesù
,

Cristo , che veniva con un volto ridente al noltro Santo , il


quale morì dopo una sì G,ioconda vifione. Qiielta particolari-
ù. dalla bocca ikffa di Balìiano fu raccontata a Paolino.
Il tcrvoroio amore del Santo aumentavaiì vifibilmentc a

milura , che le forze del fuo corpo s'indebolivano. E nel gior-


no in cui cominciando dalle undici ore dopo la mezza
morì ,

notte, fino al momento, in cui refe lo ipirito, pregò tempre


con le braccia iìele in forma di croce , con iomma edificazione
degli aitanti , che vedevano il movimento delle fue labra, ma
non intendevano ciò eh' ei diceva.
Onorato Vefcovo di Vercelli, eficndofi coricato in un ap-
partamento luperiore per prendervi qualche ripolo, udì per tre
diverfe volte una voce, che lo chiamava, e gli diceva: Levati
prontamente , ed ajfrettati , perche egli è in procinto di partire
Eflendo adunque dilcelo nel luogo, in cui il Santo fi ritrovava,
gli diede il Corpo del noftro Signore, il quale fabito che da Sant'
Ambrofio fu ricevuto, relè lo ipirito a Dio, portando con lui
nell'altro mondo un sì eccellente Viatico, acciocché, dice Pao-
lino , eflendo (tata la fua anima nodrita, e fortificata con que-
fto Divino alimento, godefle nel Cielo della converfazione de-
gli Angioli , de' quali aveva condotta la vita nel mentre che
dimorava lopra la terra , e la compagnia d'Elia, col quale sì
grande aveva fomiglianza , non avendo giammai , al pari di Elia
temuto di parlare ai Re, ed alle più formidabili Potenze della
Terra , a cagione del timore di Dio, di cui era ripieno.
Succedette querta morte (a), come noi crediamo, nell'an-
no

(a) Baronio ha creduto, che S. Am- nel cccxcviii. al xvii. d'Aprile. Ma


brofiofia morto nella notte del Sabato oltre la manifefta violenza da efTì fatta
precedente alla Domenica, ciò che po- all<r nun-,cra!i cifere da elfi citate , per

co conformafi alle parole di Paolino. trovare il lor computo , non v' è (lato

I Continuatori di Bollando hanno fin a qui alcuno, quale abbia detto,


il

fatta una particolare Difiertazione nel- che il noltro Santo moriile nel xvii.
la Prefazione del loro primo Tomo dei d'Aprile; e la Chicfa di Milano, e la
mefc d'Aprile alia p. 38., per moftra- Romana, e tutti gli antichi Autori fo-
ie , che S. Ainbrofio non è morto , che 1 no contrarj a quella data
,

igg - Vi T A DI S. A M&ROSIO
no cinquantefimo fettimo di fua età, nella notte del Venerdì,
o del Sabbato Santo, come può dedurfi dalle parole di Paolino,
il quale dice , che il Tuo corpo fu portato nella grande Chiela
innanzi giorno , e che vi dimorò per tutta la notte precedente
alia Fetta di Pafqua , e che fu di la tolto fu l'apparire del giorno
della Domenica. Sembra adunque, efservi egli flato dal Saba-
to innanzi giorno , fino alla mattina della Domenica. Ciò però
che è certo, e che fu iempre creduto, fi è eh' ei fia morto in
giorno di Sabato , poiché nel giorno quarto d'Aprile non cade-
va la Pafqua, né in quell'anno, né in quelli, che fona o poco
avanti, o poco dopo.
Eccovi qual fu l'avventurofo fine di uno de' più grandi
e de' più fanti Vefcovi , che la Chiefa abbia giammai nodriti
nel fuo feno, dopo gli A portoli, e che abbia dato a conofcere
in tutte le operazioni della lua Epifcopale vita , ciò che pofsa
un iol uomo per la fantificazione degli altri , allorché efsendo
vifibilmente chiamato da Dio mantiene un inviolabile fedeltà
nelli elercizj del fuo miniltero. Egli ha adempiti tutti i dove-
ri d'un difenfore della Fede, d'un diftruttore delle Erefie, d'un
arbitro dei Re , e degl' Imperadori , di un confervatore della
purità delle Vergini, di un protettore delle Vedove, e delli Or-
fani, di un padre de' poveri , d'un confolatore degli afflitti; e
fiè iempre veduto collante, ed intrepido ne' più pericolofi ci-
menti. Ha fempre conlervata negli onori una virtuofa mo-
derazione , ed ha fempre da le tenuto lontana ogni forta d'af-
prezza,edi terrore. E' egli ttato finceramente umile nell'ope-
razioni de' miracoli, nniforme nelle lue azioni, e perfettamen-
te fomigliante a fé medefimo. Non lo ha la provvidenza im-
pegnato in una infinità di conflitti, che per farnelo ufcire vit-
toriolo lenza effufione di fangue. Ha egli accoppiata la fua
fortezza con una fapienza incomparabile , ed ha loftenuta la
fua iapienza con una intrepidezza fovrumana. Egli ha avuto
per la Chiefa un amore tenero, perfeverantc , invariabile, ef-
ponendo inceffantemente la fua vita per la confcrvazione de^
luoi diritti, ed impiegando continuamente le lue vigilie, i fuoi
fudo-
. .

Libro IX. Capitolo XI. i^p


fudori, e le fue fatiche, per far regnare Gesù Cristo nel cuo-
re de' luci Figliuoli. La
fua cariti lo ha refo acceflibile a pili
piccioli nello lleflb tempo, che la grandezza del tuo animo fa-
ceva tremare innanzi a lui i Grandi del Mondo; ed è flato ge-
neralmente amato, e Itimato dagli uni non meno che dagli al-
tri, perchè la iua unica mira era di renderli degni di fedelmen-
te fcrvire il fuo Divino Padrone. Avendo imparata la fua dot-
trina nella fcuola dello Spirito Santo, il quale afTift'i alla fua Or-

dinazione con una Itraordinaria effufione di grazie, e di lumi,


ha egli formato un gran numero di tanti Veicovi pel governo
di molte Chieie dell'Italia; ed i fuoi fcritti fimilmente che le
fue azioni iftruifcono continuamente i Predicatori dell' Evange-
lio , e lomminilbano a' più celebri Pallori regole eccellenti per
la loro condotta. Finalmente tutti quelli, che ameranno ve-
ramente la Chiela, e le defidereranno Pallori degni di lucce-
dere asUApoftoli, non potranno giammai defiderarne a lei de'
più perfetti, le non le quando domanderanno a Dio, che ad efìTa^
in quelli ultimi tempi, tali Pallori conceda, che meritino di el-
fere paragonati a S. Ambrofio.

Capitolo XII.

Diverfe apparì-zjotù di S. Ambrofio nel gtorno de fuoi fufjeìrult ;

e qualche tempo dopo la jua morte

QUESTA morte {a) ^ la quale era per la Chiefa di Mila-


no una troppo luttuola perdita, non impedii, che fi
"
cclebrafTero ,
giufta l'ordinaria confuetudine, le folenni
ccremonie del Battefimo Ma ben fi conobbe , qual infatica-
.

bile Operajo fi fufìTe in quel di perduto, poiché cinque Vefcovi


non poco dentarono a far tutti infieme ciò ch'era fiato egli io-
Vito di compiere da fé folo
Iddio,

(/r) Paultn.
,,

ipo Vita di S. Ambrosio


Iddio , che fi è fempre compiaciuto
comunlcarfi alledi

anime iemplici, ed innocenti, e che al tempo iii S. Cipriano


rivelava a' piccioli fanciulli la periecuzione , di cui veniva mi-
nacciata la Chieia, Icielfe altresì de' fanciulli, per rendere nota
la gloria del loro lanto Velcovo. Infatti di queiti fanciulli
vene furono, i quali lo videro ufcire dalle fonti, d'onde effi

avevano allora ricevutoBattefimo: Altri dicevano, itarlene


il

egli affilo nella lua Cattedra, e nel fuo trono Epiicopale: Al-
tri indicandolo col dito a' loro padri , afficuravano , che lo ve-
devano pafTegoiare . Ma
quelli , che non avevano gli occhi
dello fpirito tanto puri ,
quanto quelli de' loro figliuoli , non
giugnevano a comprendere quanto in una maniera ienfibile af-
ficuravano di vedere quelli teneri fanciulìetti, la maggior par-
te de' quali atteftavano , di vedere una ftella lopra dei di lui
corpo.
Comparfo appena il fanto giorno di Pafqua , e compiuti
che furono i Divini Sacramenti, cioè o le ceremonie, che fi fo-
levano allora fare nella notte della Rilurrezione del Signore
o forte il Sagrificio dell' Altare offerto prima di dar fepoltura al
Santo, cominciandofi a levare il di lui Corpo per portarlo alla
Bafilica Ambrofiana, ove fu lepolto, una truppa di Demonj fi
pofe a SI altamente gridare, che dal Santo venivano tormenta-
ti , che non fi poteva {offrire il fracaffo, ch'effi facevano con le

loro ftrida, ed i loro urli. Né ciò fegui lolamente in Milano;


poiché in dlverle Provincie udironfi grida ipaventofiffime
le quali erano altrettante prove del merito, e della lantira di
S. Ambrofio, E quefti miracoli duravano ancora, quando Pao-
lino fcriveva la lua Vita.
Si videro altresì uomini, e donne venire in folla con de'
pannilini per con effi toccare il Corpo di quello Santo nella
maniera , che potevano. Innumerabili furono le perfone di
ogni et^a, feffo, e condizione, che da tutte le parti accorlero
per onorare la pompa de' fuoi Funerali, a' quali vollero inter-
venire non folamente i zelanti Criftiani, ma ancora Giudei, i

ed i Pagani. Quelli però, che formarono la più confiderabi-


le
Libro IX. Capitolo XII. ipi
le parte di una così folenne ceremonia, furono nuovi battezza- i

ti , che in ben ordinate Ichicre precedevano quelta funebre


pompa .

Nel giorno ftenb delia fua morte apparve il Santo nelF


Oriente a più perlone di fanta vita in atto di orare con e fife , e
di loro imporre le mani. Ciò fi rileppe per mezzo d'una lettera,
la quale fu dalla parte dell'Oriente fcritta al Santo (leflb, co-
me fé fulTc (iato ancora vivo: La qual lettera efscndo fiata ri-
cevuta dal ilio fuccelTore Simpliciano, fu confcrvata nel Mo-
nallero di Milano, con la iua data, la quale fa vedere, cflere
ella fiata fcritta nel giorno flellb della morte del Santo.
Atteila altresì Paolino, elsere ftato aflicurato da Zenone
Vefcovo di Firenze, che avendo il Santo promelso a' Fiorentini
neir ultimo fuo ^àaggio, da eflfo fatto alla loro Citta, che fa-
rebbe Ibvente andato a vifitarli, loro mantenne quella promel-
fa con darfi dopo la fua morte a vedere in atto di orare dinanzi
air Altare della Bafilica Ambrofiana , eh' egli aveva fatta
erissere nella loro Cittìi. E
che trovandofi Firenze afsediata
da Radagafio, ed avendo perduta ogni Iperanza
i Fiorentini
di follenere la loro patria , eisendo S. Ambrofio comparfo ad
uno de' loro Cittadini , nella Cafa , ove era ftato alloggiato
nel tempo, che fuggiva la perfecuzione di Eugenio, afilcurol-
lo che nel feguente giorno fi Icioglierebbe l'aisedio , e liberi
,

renerebbero i Fiorentini da ogni timore,, Per tale annunzio tutti


s'incoraggironoi Cittadini, e quanto fu predetto, in fatti feguì.
Imperocché eisendo nel dì tegnente venuto Stilicene a foccor-
rerla con tutta la fua Armata, diede una totale fconfitta agli
afsediatori. . Panfofia Dama
Fiorentina fu quella, che relè con-
fapevole di quella particolarità Paolino , che l'ha di poi tra-
mandata a tutta la polleritli.
Né quella fu la loia volta, in cui S. Ambrofio volle dare
a conofcerelacura, che anche fi prendeva degl'
dopo morte in-

tcrclfi del Romano Imperio, del quale, mentre viveva, era


ftato il Protettore.
Neil' anno cccxcviii., che venne in feguito immediata-
mente
ipi ViTADiS. Ambrosio
mente morte, Mifcezcl, che comandava all' Armata
alla fua
Romana contro Giidoae fuo fratello, diiperando
nell' Affrica

di lalvare ie (teflro, e le lue Trappe, perchè non avendo che


cinque mila uomini, conolcevafi impotente a foftenerc l'mcontro
di lettanta mila, che componevano l'Armata diGildone, vide
in fogno S. Ambrofio, che teneva un balione nella mano, ed
eflendofi Maicezel gettato a' kiol piedi col più profondo rilpet-
to, il Santo percoflTe col fuo ballane la terra in un luogo , che
precifamente indicogli, e gli diffe per tre volte qu't^ qui^ qui.y
acciocché comprendefle , che in capo a tre giorni riporterebbe
la vittoria nello rtelfo luogo , nei quale gli era a lui compar-
fo Ed avendo quello Generale lu la ficurezza di quella rive-
.

lazione data la battaglia, terminò felicemente quella Guerra,


dalla quale ne ufci vittoriofo , ficcome il Sarfto avevagli pre-
detto.
Riferifce Orofio {a) la fleffa cofa quafi ne' fleffi termini,
e Marcellino altresì attefla (^), che Maicezel rimale vittorio-
fo pel ioccorioavuto da S. Ambrofio, e per l'avvilo, eh' egli
avevane ricevuto da lui in fogno. Né è neceffario, che que-
lli due Autori non abbiano fcritto quello fatto, che appoggia-
ti alla fede di Paolino; imperocché Mafcezel, dalla di cui boc-

ca Paolino l'aveva lentito dire in Milano, l'aveva altresì rac-


contato a molti Prelati di un altra Provincia; ed il di lui rac-
conto avevali nuovamente confermati nella credenza d'un fat-
to SI miraeololo. Ed elTendocchè Paolino dica, ch'egli era
allora in una Provincia, che diftingue chiaramente da Milano;
quella Provincia lenza dubbio è l'Affrica, in cui è certamente
flato quello Segretario di S. Ambrofio, il quale per commelfio-
ne altresì avutane da S. Agollino fcriflc quella Storia, ed a lui
indirizzoUa. Oltre di che avendo Mafcezel vinto nell' Affri-
ca, ha del verifimile, che gli Affricani fuffero i primi, a' qua-
li raccontaffe, in qual maniera aveva disfatta la numerofa Ar-

mata di Gildonc.
Quando

(«) Orof.lib.y.cap.-^i. I {b) Marccllin.Chron.


. ,

Libro IX. Capitolo XII. ip^


portate in Milano le Reliquie de' Santi
Quando furono
Martiri Silino, Martirio, ed Alcirandro , pochi mefi dopo la
morte di S. Ambrofio (/?), apparendo quclto Santo ad un Vef-
covo della Dalmazia l'avvisò di trovarfi ai lor ingreflb , di cui
indicogliene il giorno, afficurandolo , che vi ricupererebbe la

viltà, ficcome avvenne.


Altri miracoli ancora fi videro operati in caftigo di alcu-
ne perlone , che olcuravano la memoria del noftro Santo, e
lo ferivano nella riputazione. Paolino ha creduto di doverli
con ^li altri raccorre , dicendo , averli Iddio permeili si per
corres^gere coloro, ch'erano dediti alla maldicenza; come per
farammirare gli effetti della fua grazia nel tuo Santo , e per
comprovare la" venta delle parole della Scrittura, che minac-
cia di efterminare, e di perdere coloro, che in legreto dico-
no male del loro prolfimo.
Un Prete della Chiefa di Milano , oriondo però dell' Affrica,

oltragG^iando colle lue maldicenze la memoria del noftro Santo in


un convito , ov' erano alcune perlone pie , che inorridite della ma-
lignità della lingua di coftui, fé ne partirono, tutto ad un tratto
da mortale ferita colpito cadde a terra, d'onde levato, e portato
lui luo letto, non ne ulci, che per effere condotto al fepolcro.
Attefta Paolino, di avere veduta in Cartagine cola lomi-
gliante a quefta. Mangiando io, dice Paolino, alla tavola di
Fortunato Diacono di Aurelio, con Vincenzo di Coloffite, e
Mauranio Velcovo di Bolite, e raccontando io la funefta morte
di Donato ad alcuni Vefcovi ad alcuni Diaconi ed a Mauranio
, ,

il quale unitamente con colìoro diceva male di S. Ambrofio con ,

fommo ftupore di quanti fi trovavano infierr.'?, Mauranio provò


avverato in fé fteffo quanto di un altro a lui fi raccontava; poi-
ché nel medefimo luogo, e nello fteffo iftante reftò Mauranio
mortalmente ferito , un letto , indi alla
fu portato lopra di
caia, in cui alloggiava, ove non giunfe, che per morirvi.
I c^-

{a) Buonio ciò mette nel ecce. ^ i mo, pochi mefi dopo la morte di S.Am-
ma fuccedctte in quefi' anno medtfi- i brolio

Tom. II. N
.

ip4 V" I T A D I S. A M BROS I O


(lati a quelle perfone, che parlavano male del
I caftighi
nolìro Santo , fanno baltantementc vedere , che le più emi-'
nenti virtù non vanno efenti da' velenofi morfi della calun-
nia; e che coloro, che hanno avuto dell' odio contro de'
Santi lenza alcun motivo , mentre vivevano , nodrifcono
quelV odio nel fondo del proprio cuore fin dopo la loro
morte. Ma gli el'emplari caliighi di quelli calunniatori mo-
ftrano ad uno Iteffo tempo , che ficcome Iddio ama tenera-
mente i fuoi amici , così confiderà come ingiurie fatte a fc
Hc^o gli oltraggi, che fi fanno alla loro riputazione; ne
fempre differilce fino alla fine de' fecoli ad accertare i lor
nemici, che non lenza ragione la Scrittura lo chiama il Dio
delle vendette.

Capitolo XIII.

Di due appar'iT^ont di S. Ambrojìo aggiunte dal Traduttore

S
ALle miracolofe apparizioni
dente Capitolo narrate dal
di
Sig.
S.

ne
Ambrofio, nell'antece-
Hermant, due altre
aggiugneremo , con le quali quello noltro Santo, anche dopo
alcuni fecoli, ha voluto alTicurarci di quella particolare affiften-
za, con cui ha fempre protetta, e difeia quella Metropoli, fia-
ta una volta cura.
affidata alla di lui pallorale vigilantiffima
Wippone , che {a) ritrovofll in tutti gli avvenimenti di
Conrado, cognominato Salico , dopo avere narrate le violen-
ze da quello Impc^-adore commefle, e contro Ariberto Arcivef-
covo di Milano, e contro de'Milanefi, parlando del Miracolo
lucceduto nel giorno della Pentecolle , dice che in quello iolen-
ne giorno avanti l'ora di Terza, mentre Conrado aflediava un
certo Cartello di S. Ambrofio detto Curbitum , cioè Corbctta ,
come
((t) jlpnd Ptirheili in Monument.Ba-\ 12. p. 2. tom. 1. jlpelogifmoYumMedie-
ftlicte Ambrofianse Mediolan. n. 2:^9. pn^. \lanenfium&c. pag. z^o.
400. , & apud Nicolaitm Sormanum tap. \
,

Libro IX. Capitolo XIII. IP5


come lo denominano i per quanto ne attefta
noftri Scriitori ,

Puricelii (/?); e nello (leflb tempo, in cui dichiarava Arci-


velcovo di Milano Ambrofio Canonaco, in luogo di Ariberto,
dal cielo, che allatto chiaro riluceva adorno della più Iplendi-
da Icrenita , tutt'alT improvilo ne ulcirono tuoni ù Ipavcnte-
volmente lonori, e ne furono vibrali con tale impetuola vee-
menza fulmini in tanta co^)ia , che ioprafatti dal più alto ter-
rore quanti fi trovavano in quello luogo accampati, molti ne
morirono si d'uomini , che di cavalli, e molti divennero si
fattamente inlenlati , che appena dopo alcuni meli poterono
ricuperare l'uio de' loro fenfi Soggiugne poi, che quelli tuo-
.

ni, e quedi folgori furono lentiti, e veduti loltanto da coloro,


i quali (lavano accampati poiché facendo ritorno al campo
;

quelli, che non vi fi erano trovati nel tempo de' tuoni , e de'
folgori, aflicurarono di non avere iomiglianti Ipaventevoli cole,
né udite, né vedute, le quali attelta Wippone , che da molti
furono tenute per miracolole.
Né lembra invero, che da noi diverfamente penfare fé
ne debba, tutta avendo l'apparenza di miracolole quelV ire del
cielo, che modo certamente dalle polfenti preghiere di S. Am-
brofio vendicava s\ì oltraggi fatti e ad un luo SuccelTore, e ad
un Popolo da lui fpecialmentc protetto ficcome più chiaro
;

apparirà da quanto dietro la icorta d'altri Storici foggiungere-


mo in apprclfo.
Non molto diverfamente da Wippone ci vengono le ftcffe
cofe dclcritte da Arnulfo (l>)^ il quale altresì viveva in quel
tempo, e dal quale vcnghiamo di più afiìcurati, che i tuoni
ed i folgori furono da grofTa, e denla grandine accompagnati,
e che Bertaldo Segretario di Conrado, per cui configlio da que-
llo Principe fi era e privato Aribcrto del Vefcovado, e fatto de-
vallare il Territorio de' Milanefi , fu da tale fpavento alTalito ,
che divenne in quell'illante furioiamente pazzo.
Wippone però, ed Arnulfo non tòno l'oli ad afficurarci di
cosi

Crt) Furiceli, ibid. (i^ Purht'.L ibid.


I

N il
,

ipó Vita di S. Ambrosio


fpaventevole fucceflb, del quale altresì ce ne fanno tefti-
cos'i

monianza Vincenzo Bellovacenfe, l'autore delia gran Cronaca


Belgica, Sigonio, e moltifTinii altri Storici citati da Puricelli (a).
Maficcome Arnulfo ha dovute aggiugnerc due circoltan-
ze, tralafcìate da Wippone nel racconto di queflo fatto, cosi
quelli Storici, nel ridirci quanto Wippone, ed Arnulfo ci affi-
curano effere fucceduto in quelV oc:afione , fi fono altresì tro-
vati obbligati ad aggiugncrvi altre particolarità, per cui, co-
me fi chiaramente apparifce , che il noftro Santo fu
è detto
,

quello che indufle il cielo ad armarfi in difeia di quella no-


,

ftra Metropoli. Imperocché tutti quedi Storici , nel defcriver-


ci quello fatto , concordemente dicono , che mentre Conrado
nel folenne giorno della Pentecofte aflìfteva alla MefìTa celebra-
'
ta da Brunone \'"efcovo, che doveva in effa confecrare Ambro-
fio Prete Cardinale della Chiefa di Milano , e Cappellano di

Conrado, folUtuito da quell'Imperatore allo da lui deporto


Ariberto , fu nel cielo veduto da Brunone, da Conrado, da
Bertaldo fuo Secretarlo, e da tre altri, S. Ambrofio , che in
aria maeflevolmente Idegnola , tenendo impugnata una fpada
fembrava volefìTe con efla invertire flmpcradore, il quale at-
territo dai minaccievole alpetto del nortro Santo , più che da'
tuoni, e da' folgori , i quali immediatamente ne fuccedettero,
per fottrarfi da quel totale eccidio, a cui avrebbe foggiacciuto
qualora averte olato di fare temeraria refirtenza ad un si portente
difenfore, deporta affatto la prefa riioluzione di foggiogare Mi-
lano, ufci ben prefto dell' Italia, e fé ne ritornò in Germania,
ove mori nel mxxxix.
Eflendo poi il nortro Santo comparfo a Conrado con volto
minaccevole , e di fpada armato nel giorno della Pentecofte
del Mxxxvii. come affermano tutti gli Storici, che fomiglian-
te apparizione rapportano , lembra le ne debba dedurre, che
ciò fuccederte nelle vicinanze di Corbetta , ftantecchè Wip.
pone , dorico contemporaneo , e teftimonio di veduta , affer-
ma,

( «) Furiceli, ibid. pag. 40 1 . C^' 402.


.

Libro IX. Capitolo XIII. ipy


ma, che Conrado attualmente aflediava quefto luogo nel gior-
no della Pentecolìe di quell'anno mxxxvii.
Trovandofi nondimeno alcuni Storici {^)
benché aflai -,

poftenori a Wippone, i quali afTerifcono efìTere il noftro Santo


comparfo a Conrado nello teflc delcritto atteggiamento , nel
mentre che quclt'Impcradore rtando accampato col Tuo eler-
cito nelle vicinanze di Milano flringeva con forte afTedio que-
fta Citta, ed o nella Bafìlica Ambrofiana, fituata allora fuora
delle mura Milano, od in altra Chiela poco diftante da que-
di
fta Citta, voleva, che fulTe confecrato Veicovo il da lui elet-
to rucceffore d'Ariberto, che colla fuga erafi fottratto dalla vio-
lenza di quelV Imperadore, giammai
non giudicare
ardirei di
degno d'approvazione quanto dietro la Icorta di quefti Storici
ne dice l'EruditilTimo Dottore Nicolò Sormani (^), favel-
lando della feguente maniera: yldmoto exercitu ni dcdant per-
fugam extrcma civibus defjunciat His denegantibus Ò" una ciim
.
,

[acro Principe occumbere parafisi Rex die Pentecojìes ad portam


S. Ambrofii produrlo vallo in Ambroftanam Bajtlicam , qu£ tum
extra muros erat , vel aliam co^nominem in fuburbio fuccedsns ,
no'viim ibi inftitucre Mediol.mi Prxftdem p.irat Horrendum nji- .

sìt ! Sole in medio oborta nox ^ iinis hofìium ca/ìris incubuit ^ reli-

qua circum illujìriy ac ridenti aeli plaga. Tum miri ^ Jupraque


nìodttm natura horrifoni ronitrus crepuere : pavor ipfe exanimes
fìernit : nonnullos elingues , ac ftderatos , ceu fpirantia quidam
Jiniulacra oculis hiantibus diu dejìixitIn eo flammarutn prodi-
.

giali atque nubium vortice fìat S. Ambrofìus immani cultro in


,

jugulum Conradi ^ ni cceptis abfcedat illich^ jamjam imminens


Checché però ne fia ,lempre vero, elferfi in quella
larà
cotanto pericolola occafione da S. Ambrofio protetta la no-
ftra Città.
Qiielta però non fu la fola volta, che il noftro Santo die-
de a conolcere di vegliare alla fua difefa. Trecento due anni
dopo, cioè nel giorno xxi. Febbrajo del mcccxxxix. altri ne
diede

(.a) PurùcU. iòici. 1 {b) Nicol. Sormani ibid. pag. Zig.


T<,m. II. Nili
,

ip8 Vita di S. Ambrosio


diede vifibiii contrai'egni in Parabiago, luogo non molto dinan-
te da Milano.
Lodrifio Vifconti, che per avere cofpirato contro la Citt^
.
'

di Milano ne era flato sbandito, raccolta da varie parti molta


gente d'armi s'incamminò alla volta di quefta Citta per uiur-
parne il dominio. Ned elTendogli flato da Pinalla Aliprandi
pel icarfo numero impedito il pafTaggio dell'
de' luoi fbldati,
Adda, potè fenza verun contralto giugnere fino a Legnano, ed
unirfi alli Svizzeri, che già vi erano giunti, e che formavano
una parte del iuo elercito. Vedendofi Lodrifio in Legnano,
fi prometteva di entrare nel feguente giorno in quefta noltra
Citta. Ma l'impenfato arrivo in Parabiago delle Truppe fpc-
ditegli contro da Azzo, tolfelo dal fuo inganno, e io coftrinfe
a venir a battaglia , la quale effendo da Luchino foftenuta con
indicibile valore, già faceva a Lodrifio temer la fconfitta Non .

fi perdendo però d'animo Lodrifio, e penetrando dentro le Trup-

pe di Luchino con i fuoi più forti guerrieri , tale ne fece ftra-


ge, che cagionando in effe confufione , e difordine , comincia-
rono a piegare; indi rimafto prigioniero il valorofo Luchino,
dandofi alla fuga lafciarono , che Lodrifio fi rallcgraffe d'cffere
vincitore ; ma giugnendo in Parabiago Roberto colle poche
fue Truppe, e con i fuggitivi, che riprefo nuovo coraggio fi
erano ad effe uniti , fu Luchino rimelTo in liberta , e nuova-
mente da lui infieme con Roberto attaccato l'efercito di Lodri-
fio, il quale ripigliato il primo ardire, pofefi a combattere con
si veemente ferocia, che mal potendo l'armata di Luchino trop-

po inferiore di numero ioltenerne l'impeto , già la vittoria fi


dichiarava un altra volta per Lodrifio,
Qiiando tutto d'improvifo d'infolita luce rifplendendo il
Cielo, ed a fé traendo gli Iguardi di tutti, ecco fopra rilucen-
tenuvola comparire S. Ambrofio in abito da Vefcovo affilo fo-
pra bianco, e feroce deftriero , con un flagello nella delira, in
aria macftevolmente minaccevole, ed in atto di icaricare per-
cofle fopra de' combattenti dell' iniquo Lodrifio. Tremò Lo-
drifio a tale inafpettata prodigiofa comparfa del Santo , e timi-
de
.

Libro TX. Capitolo XIII. ipp


de tanto ne divennero, e fpauritc le fue Truppe, che i noftri
per il contrario da lovrumano coraggio invigoriti, poterono far-
ne languinofiffima llrage, e chiudere finalmente quella batta-
glia con un affatto compiuta vittoria
Per tramandare poi alla pofterità la memoria di un si ri-

levante benefizio, e renderne perpetua la riconolcenza al loro


liberatore, il Principe, ed il Popolo di Milano ordinarono, che
nel luogo di Parabiago, ov' erafi ottenuta quella si iegnalata
vittoria per la teftè narrata apparizione di S. Ambrofio, fi co-
flruifTe una Chief'a, e fi dedicale a quello Santo, intitolando-
la, come anche al prelente chiamafi, S. Ambrofio della Vitto-
ria .Indi fu decretato, che ogn' anno nell' aniiiverlario gior-
no di quella vittoria , li Signori Vicario , e Dodici di Provi-
fione fi portalfero a quella Chiefa per fare al Santo in rendi-
mento di grazie una convenevole obblazione. Ciò che per
molti anni fi praticò. Ma afiai gravolo riulcendo per gì' in-
comodi, da cui giammai non va dilgiunta la ilagione d'In-
verno , fu {labilità , che fomigliante obblazione fi facelfe
nella Chiefa di S. Ambrofio ad nemus nel Giovedì dopo Paf-
qua di Rilurrezione. Efiendofi ciò fimilmente per molti anni
adempito, finalmente fu riloUito,. chea quello dovere di grati-
tudine fi foddisfacefle , come anche in oggi coftumafi, nella Ba-
filica di S. Ambrofio di Milano, e nel giorno xxi. Febbrajo,
giorno anniveriario di quella cotanto celebre vittoria, e che
chiamafi il oiorno della Fella della Vittoria di S. Ambrofio in
Parabiago»
Qjl quella rinomata apparizione ne derivato il coflu-

me di dipingere S. Ambrofio con un flagello nella delira , co-


me vuole Donato BoITl {a). Di effa molti fono gli Storici, che
ne parlano, come può vederfi nella parte feconda del primo to-
mo dell' cruditiifima Dilertazione Apologetica data alla luce dal
lopra mentovato Dottore Sormanl nel mdccxl. , e nel libro
flam-

C« ) Donato BoJfiadan,MCCcyixxvìxuapf.dDo>i-ClaMdio Cavalero pag. 66,


N IV
.

200 Vita di S. Ambrosio


ftampato nel mdccxlv. da Don
Claudio Cavalero (/?); da
ambedue i quali , dopo efferfi fedelmente , e colle rteflfe loro
parole rapportato quanto quelli Storici ne dicono , da elTi al-
tresì rapportafi, ma principalmente dal iecondo , tutto affatto
intiera, e ne' fuoi proprj termini una Memoria, che non ci
lafcia luogo a dubitare, elTcrci ella ftata tramandata da Scrit-
tore non molto poiieriore a quella prodigiofa apparizione , o
fé ne confideri la iemplice, ed incolta ina maniera d'efprimerfi,
o fi rifletta alla proceda, che nel tuo principio vi fi legge ne'
feguenti precifi termini elprelsa (^) Acetiche la felice memo- :

ria del corufcante miracolo del Glortcftjjiyno Santo Ambrofto pa-


trone della biclita Citta di Milano non tranfìjfe in oblivione
alla pojìerità ; ma
più prefìo accrejca la divo-zione ^ ed il fer-
vore qual pareva ejfere cjìitìto ^
.^
quello ho intefo da perfo- &
7ie antiche &
de grande autorità , quali furono prefenti al
miracolo , &
alla guerra , sforT^romi fecondo la tenerità del
mio debile ingegno reprefentare con pih brevità potrò ec.
Dopo le quali parole, e dopo efserfi in quefta memoria
afsai diffulamente, con le più minute circoilanze defcritta
e
la tanto nota battaglia , giugnendofi all' apparizione di Sant
Ambrofio , ella ci viene efpofta colle feguenti parole (e ):
Adoncha l'anima Beata de Ambrojìo com' è natura de fpiritu
quando vogliono ejfere conofciuti da gì' occhi humani ajfunfc
un corpo Aereo com' è Judicio de tutti li Theologi volendo
sfeguire quello gf era comejfo & in forma d'un bello Vefcovo
con uno Cavallo bianco tenendo in la mano deflra la fcoriata
& con la fini/ira regi èva
Cavallo non toccando però la ter-
il

ra , ma volava per faere . Et fé fa de fopra al globo o fia


adunamento de loro Barbari &
gli mena-z^^ con la fcoriata &
per tal comminaT^one gli fece timidi , imobili Li Con- & .

dottieri che menarono tali Barbari nel Contado de Milano ve-


dendo che non folo la Città fé defendeva per li Cittadini &
da

( rt ) Nicol. Sorniani ibtd. cap. 1 1 . pag. 1 ( ó ) Claud. Cavaler. ivi pag. 8 1

zoj.&fcqq. Claud. Cavaler. Raccontai (r) Ibid.pag.^^.


Jjiorico&c.pag. 61^. fino alla pag. 80.
Libro IX. Capitolo XIII. 201
da la gente d'arme forsjìier't ; ma anche fé confervava per di-
vin aJHto , lajfata ogni fperan-zj &
confufi per il Miracelo de
tale Apparitionc non cejfarono di jìringere li Cavalli finche
non furono al loco fecuro fuora del Contado ne mai più oltra
ardite de intraprendere tale ìmprefa contro la Cittù fin al
prefente giorno lajfando li SvÌ7:jri ne la pifla , quale non fé
pojfendo movere fremevano con li denti &
majjimamente Mal-
herba cb' era nel dejìro corno non fé potevano defendere hiafìe-
mava contra Dio , Ò' Santo Ambrofto in fua lingua in quefìa
forma , maledetto fta quel Camifone bianco , che poi ne ha me-_
narz^ìto con la Jcoriata mai la mia fpada ha pojfuto fare il

colpo & quefìe parole a tutti fono note a tutti gli h ahi tanti
de Parabiago ec
Veggendo noi adunque , efTerfi il noftro Santo nelli anda-
ti tempi prela particolare cura della d'ifela di quefta no(tra
Citta, Iperar poiFiamo, ch'egli fia per loccorrerla in ogni fuo
pericololo evento , qualora noi non ce ne rendiamo immerite-
voli , dandoci in preda a quei vizj , che troppo egli abbomi-
na, come del tutto oppofti a quelle virtù, le quali da lui furo-
no con tanta perfezione, mentre viveva , elercitate, come fi

vedrà ne' leguenti tre libri, ne' quali dal nollro Autore ci viene
delcritto il di lui fpirito, condotta, e morale.

DEL'
A ,

202

DELLA VI T
DI S. AMBROSIO
ARCIVESCOVO DI MILANO,
Dottore della Chiesa, ec.

LIBRO DECIMO,
Nel quale si comincia a rappresentare il di lui spirito,
E LA SUA morale .

Capitolo I.

Ri[petto y ed amore del Santo per la Chìefa.

Uantunque carattere dello Spirito di Sant'


il

Ambrofio ballantemente rifplenda in tutte le


lue azioni, ne alcuna ve ne fia, la quale non
dia a vedere la purità de' tuoi lumi, la gran-
dezza , e l'elevazione dell'anima fua, lupe-
riore a tutte le mondane cole , e l'eminenza
abbiamo nondimeno cre-
della fua fantita,noi
duto, che quell'Opera farebbe imperfetta, qualora non ci sfor-
zaffimo di entrare nella iua interiore vita , come in un divino
lantuario ,
per difcoprirvi l'origine di tante , e sì rare virtù
che
Libro X. Capitolo I. 205
che ce lo hanno fatto fin a qui ammirare per una delle più ma-
ravigliolc opere delia grazia.
Tra tutti i millerj, de' quali Iddio gli aveva data rintcUi-
genz.i , avevagli particolarmente fatta conoicere la maggiore
di tutte le lue opere, cioè la lua Chieia , per averlo fino dall'
eternità prelcelto ad efferne Padre , e difcnlore. Quello San-
to ne cercava f origine nel terreltre Paradilo, e fapeva , che
quello Ipirituale edifizio, il quale non conleguirk la fua ultima
perfezione , che nel Cielo, quando fark conlumato nella glo-
ria, occuperà fino alla fine de' fecoli lo zelo degli uomini Apo-
flolici , e l'attività dclli Angeli . Qiùndi non lenza motivo ei
dice (a): „ Che Mosè ci rapprelenta Iddio, il qual opera, co- „
me lervendofi di mani corporali, per formare Adamo, ed Eva. „
Infatti quando Iddio comandò, che il Mondo fuflb fatto , nello „
fteflb iftante il Mondo fu fitto, e la Scrittura dice, efiere egli „

flato formato, ed intieramente compiuto con una fola parola. „


Ma quando trattali di narrare la creazione dell'uomo , quello „
Profeta procura di rapprefentarci le mani di Dio impiegate in „
qualche maniera nel perfezionare quefto lavoro. E quando „
io rifletto fopra le opere da Dio fatte con tanta arte, ed indù- „
flria, mi
lento coftrctto a concepire in quefto paffo della Geneiì „
alcuna cofa di più di quella , che io a prima villa vi leggo „ .

Ma l'Apollolomi toglie dalla mia ignoranza, dandomi l'intel- „


ligenza delle feguenti parole: ^eff offo
mie ojfa^ „h tolto dalle
e cjuejìa carne dalla mia carne , ed ella fi chiamerà moglie^ per „
ejfere fiuta tratta dal [no marito E mi efpone il loro fen- „
.

lo colla rivelazione dello Spirito Santo , allorché dice ^e/ìo :



Sacramento è grande (ò) . Qiial Sacramento? Eccovelo Di :

due , eh' eglino erano , diventeranno una fola carne ; perlocchè „
luomo tibbandojìerà juo padre ^ e fua madre per ifìarfene unito alla „
fua moglie. Ed ancora dice nello flelfo luogo, che noi /iamo i „
membri del fuo corpo , formati della fua carne , e delle fue ojja . „
Ma qual è quella moglie , per la quale noi abbandoniamo no- „
Uro

(tf) Ambrof. l. z. Commetit. ia Lue. (.ì.\ {b) Ephcf. ^. v. ^l . & ^Z.


204 Vita di S. Ambrosio
)5
ftro padre, e noftra madre? La Chiefa, che effendofi infieme
}) radunata da diverfe nazioni idolatre per formare un fol corpo,
y)
lafcta fuo padre, e fua madre; perlocchè a lei dice Davide con
ilpirito di profezia: Scordatevi del vojìro popolo^ e della cafa di
V
vopro padre (a). E qual è quell'uomo, per cui ella deve ri-
nunziare a' fuoi proffimi; fé non forfè quello, di cui fta fcritto:
)?
£• venuto dopo di me un twmo , c/je è Jìato fatto avanti di me ,

5>
perchè era prima di me. Effendocchè egli fia quello, che fi è
)5
addormentato , che fi e ripofato , e che fi è rialn^ato , perchè il Si-
?5
gnore lo ha [oficnuto {b). E quale è quefta cofta , di cui noi
5)
fìamo flati formati, fé non una iorgente di vita? Imperocché
?>
quando dal faldato gli fu trapaffato il Cofìato con una lancia , ne
5) ufcì fubito acqua ^ e fangue (e), che fu fparfo per la vita del

>>
Mondo , la qual vita del Mondo altro non è , che la cofta di Gesù
55
Cristo, che è il iecondo Adamo Imperocché Adamo il primo uo-
.

>5
mo e fiato creato con un anima vivente , ed il fecondo Adamo è flato
>5
riempito di uno fpirito vivificante (d) Gesù Cristo è il iecondo
.

» Adamo , e la lua cofta è la vita della Chiefa Noifiamo adunque i .

55
membri del Juo corpo , cavati dalla fua carne , e dalle fue offa ( f ) .

55
Ed ei parlava forfè di quefta cofta, quando diceva: lo mi fono
» accorto , che è uj'cita una virtù da me (/)• Queft' è quella co-
» fta , che è ufcita da Gesù Cristo fenza alcuna diminuzione
>5
del fuo corpo ; imperocché queft' è una cofta fpirituale , e non

?5
corporale. E lo fpirito non foffre divifione , ma dijìribuifce i

»5 fuoi doni a ciafcheduno , come pili a lui piace {g). Queft' è

?5
queir Eva , che è la madre di tutti i viventi. Stantecchè
55
quando voi fentite dire nell'Evangelio: che fi cerca tra i morti

55
quello^ che è vivo (h); queft' elpreflìone vi fa capire, che
55
quelli, che fono privi di Gesù Cristo, fono morti, non cf-

55
iendo partecipi della fua vita, perchè Gesù Cristo è la vita.
55
La Chieia dunque è la madre de' viventi , che Dio ha edifica-
ta

(«) Ffai. 44.


i ò) Joan. i.v.^o. P/à/. 3. (/) Lue. 8.
( e )Joan. 19. V. 35. (g) 1. Cor. 12. v.j.
((i) l.Cor. 15. 1.45. (/;) Lue. 24. r. 5.
Libro X. Capitolo I. 205
ta fopra il fond.imento degli Apolìoli, e de' Profeti, della quale „
Gesù Cristo llelTo è la principale pietra dell'angolo (a). „
Venga adunque Iddio proficgue a dire il poltro Santo edi-
, , „
fichi la donna , io parlo di Eva , che è ftata la coadjutrice di „
Adamo, e della Chieia , che è quella di Gesù Cristo non ; „
perchè quello Divin Salvatore abbia bilbgno di alcun ioccorlo , „
ma perchè noi imploriamo la lua aiTillenza, e defideriamo di „
acquiltare la grazia di Gesù Cristo per mezzo della Chieia. „
Per quello ella è edificata, ella è formata , ella è figurata, ed „
ella è creata. E per quello motivo la Scrittura ufa una nuova „
cfprcfTione , dicendo , eflere noi edificati fopra il fondamento „
degli Apoftoli, e de' Profeti. E quella cala Ipirituale preien- „
temente fi inalza per formare un ordine di fanti Preti. „
Venite adunque Signore, edificate quefta donna , edificate „
quefta Città, e lalciate che il volito fervo venga con voi. Im- „
perocché io a voi credo, quando voi dite: cùe egli mi fabbri- „
cherà una Cifra (b). Eccovi la donna, che è la madre di tut- „
to mondo, eccovi quella cala Ipirituale, eccovi quella Città,
il

che viverà eternamente, perchè ella non fa che cofa fia morire. „
Qiieft' è la Citta di Gerulalemme , che prelcntemente fi vede „
fopra la terra , e che farà un di inalzata al di lopra di Elia ; „
che, non è (lato, più che un fol uomo. Ella farà inalzata al di fo- „
pra di Enoch la di cui morte non fi trova regiftrata nella Scrittu-
; „
ra, perchè è llato rapito , acciocché la malizia non mutalfe il „
fuo cuore. Per contrario la Chieia è amata da Gesù Cristo, „
come (uà fpola, piena di gloria, lauta, lenza macchie, e fen- „
za rughe. Non è adunque più convenevole, che tutto il cor- „
pò di Gesù Cristo fia tralportato un di nel Cielo , che un „
lolo uomo privato, al quale Iddio ha fatta quella grazia? Ec- „
covi qual è la (peranza della Chieia. Sarà ella certamente ra- „
pira, farà inalzata , iàrà trafportata nel Cielo. Elia fu rapito „
m un cocchio di fuoco ; e la Chieia farà altresì rapita. Se voi „
non credete a me , credete a S. Paolo, per la cui bocca Grsìj „
Cris-

(a) Ephef. 2. ». 20. 1 (i) Jfai. 45.


2o6 Vita di S. Ambrosio
„ Cristo medefimo ha parlato: noi faremo tra/portati ^ die egli ^

„ entro alle nuvole^ per andare inanzi a Gesù Cristo, nel nìCT^
„ xo dell' aria ; e quindi noi viveremo fenipre con il Signore (a),
„ Dio manda adunque molte forte di perione per l'edificazione di

„ quefta Citta. Ei vi manda de' Patriarchi vi manda de' Pro- ,

„ feti, vi manda l'Arcangelo Gabriele, vi deputa un infinita di


„ Angeli , una numeroja truppa dell' armata celejìe loda Id-
ed
j^ dio (^), perchè quefta Citta fi va continuamente edificando.
„ Molti fono a lei mandati ; ma Gesù Cristo folo è quello ,
„ che la fabbrica. Può nondimeno dirfi , che Gesù Cristo non
„ fia folo , perchè fuo Padre è con effolui. E quantunque egli
„ folo fia quello, che l'edifica , nondimeno non attribuilce a fé

„ iolo quefta grazia, e queft' onore. Noi leggiamo nella Scrittu-


„ ra , che per fabbricare il Tempio di Salomone , il qual era la
„ figura della Chiefa , vi erano fettanta mila opera), che porta-
„ vano de' pefi fopra le loro fpalle , ottanta mila lavoratori di pie-
„ tre, e tre mila e feicento foprainrendenti per dirigere la ftrut-
„ tura di queft' edifizio. Vengano adunque gli Angioli per impie-
„ garfi in quefta grand' opera; ripuliicano elfi le pietre di quefta

„ fpirituale fabbrica, taglino ciò che le noftr' anime, le quali fono


„ appunto le pietre, hanno di fuperfluo; tolgano, ed appianino
„ tutto ciò, ch'elleno hanno di ineguale. Vengano altresì de'

„ portatori, poiché fta Icritto de' Fedeli: che faranno portati lo-

„ pra le fpalle ( e ) .

CapitoloII.
Jl Santo rapprefenta al fuo Popolo i 'vantaggi della
comunione della Chieja.

ESSENDO S. Ambrofio da Dio, perchè fufse


ftato prefcelto
il difpenfatore delle ricchezze della Chiefa, e l'economo

delle fue Ipirituali delizie, maravigliare non ci dobbiamo , le


volen-

{a) I. Thejfal. 4. v. 17. (5) Lue. 1. (f) Ifai. 60.


Libro X. Capitolo IL 207
volendo infinuare ne' fiioi figliuoli un fanto difgufto delle pafleg-
gere voluttà, e de' conviti, nc'quali regna diiordinc,e l'in- il

temperanza, abbia adoperata la lua eloquenza per rappreien-


tarc a' luci Uditori i vantaggi, che fi ricevono nella comunio-
ne della Chieia „ Se voi volete mangiare [die' egli (/z) ] , ic
.

VOI volete beverc, venite al convito della Sapienza, che invi- „
ta lutti ad alta voce dicendo: Venite^ mangiate ti pane ^ che „
io vi do ^ e bevete il vino , che vi ho preparato {b). Se voi „
vi compiacete di afcoltare i cantici , che cantare fi fogliono „
per rallej^rare coloro , che fi trovano nelle adunanze de' con- „
viti, alcoltate la Chiefa, che vi eforta, e che canta non lo- „
lamente ne' Cantici , ma nella Cantica de' Cantici quelle pa- „
role cotanto amabili: Mangiate wiei cari amici. Bevete ^ ed „
inebriatevi miei fratelli ( e ) Ma quella ubbriachezza
. rende „
lobrii, per clTere ella un effetto della grazia , e non dell' in- „
temperanza, e produce in noi allegrezza, e non vacillamento „
di corpo. Né temiate già, che nel convito della Chieia fia- „
no per mancarvi né grati odori, né foavi profumi, né deli- „
zioie vivande, né bevande di diverfe lorti , né illuftri com- „
menfali , né miniltri , che a voi fervano con tutta la più edit- „
ta proprietà. E qual cola vi è di più nobile di Gesù Cristo, „
il quale e minidra, ed è miniitrato nel convito della Chiefa? „
Abbracciatevi erettamente a lui, e vi unite a Dio ftefib ; né „
moftrate ivogliatezza , o naufea per una tavola , che Gesù „
Cristo ha lecita , dicendo Io fono entrato nel mio orto ,
:

mia forella , mia fpofa Io ho mietuta la mia mirra con
.

i miei profumi Io ho mangiato il mto pane col mio miele .
.

Il convito della Chiefa è celebrato in un orto, cioè nei Para- „
difo terrellre, nel quale ftava Adaino avanti che commettclTe „
alcun peccato e ledeva Eva prima che concepifTe , e par-
; „
toriffe il fallo , di cui fu refa colpevole Qui voi mieterete „
.

la mirra, vale a dire la fepoltura di Gesù Cristo, acciocché „


effendo fepclliti con lui nel Battefimo ,
per morire al peccato , „
V9Ì rifufcitiate , come egli è rifujcitato da morte (d ) Qiii „.

voi

{a) Ltb.l.dtAbd&Cainc.'^. {b) Prov.g.v,<,. {c)Ca»t.^. {el)Rom.6.


.

208 Vita DI S. Ambrosio


„ voi mangiarete di quel pane , che fortifica il cuore dell' uo-'
„ nio (^). Voi gufterete di quel miele, che addolcirà il voftro
„ palato. Voi bcverete del vino melcolato col latte , cioè, del
„ vino in cui la bellezza , e la fincerita fitroveranno unite , o
„ perchè la feniplicitk vi è affatto pura , o perchè la grazia vi
„ fi ritrova fenza alcuna macchia; quella grazia, che rimette i

„ peccati, che nodrilce i fuoi figliuoli col latte delle fue confo-
y,- lazioni , acciocché ipoppati dalle delizie della terra, giungano.
„ pienezza dell' età perfetta.
alla O Ijdraele^ la cafa di Dio è-
„ grande ^ e di una vafìa ejìenfioìie fi è il luogo del fuo pojfejfo .
„ Kampia , e no?} ha limiti ; è alta , ed è fen^^ mifura (b) .

„ In quefta cala adunque voi vi riftoreretc con le vivande, e con


„ i Ipirituali liquori , per mettervi in iftato di più non foffrire né
„ fame, né lete. Imperocché chiunque ivi mangia , giugne ad
„ intieramente iaziarfi; e chiunque ivi beve, beve fino ad ineb-
y>
briarfi
Ma temendo, che quefti fentimenti, quantunque valevoli
a conlolare, ed incoraggire, lafciaffero nondimeno nello fpiri-
to poveri qualche timore di elTere per la loro indigenza
de'
eiclufi da quefta grazia , procura il Santo di togliere dalla lor
mente un penfiero si baffo, e carnale, moftrando ad effi in più
luoghi delle lue opere: Effere la Chiefa madre comune, apri-
re ella indifferentemente il fuo feno a tutti i fuoi figliuoli , e
non deludere da' fuoi fpirituali beni né ricchi, né poveri.
Qiieft' é quanto lembra a noi poffa dedurfi dalla fpiegazio-
nc, eh' ei fa di quelle parole di Davide, il quale dimandando
di effere alcoltato da tutte le nazioni del Mondo, fi rivolge in-
differentemente agli uomini della terra , ed a' Grandi dei Mon-
do , a' ricchi, ed a' poveri (r). „ Davide cos'i favella (dice
„ Ambrofio ), per moftrare , eh' egli chiama tutti gli uomini.
„ Imperocché qual è fuomo della terra , fé non il Figliuolo dell'
„ uomo? E qual è l'uomo fpirituale, fé non quello, che porta
la

{a) Pfnlm. 10^. [ ( *"


) Enarrat. ir» Pfaim. 48.
{b) Baruch. 3. v. 24.
,

Libro X. Capitolo II. lop


la qualità di figliuolo d; Dio f Uno è compofto di fangue , e
di carne , generato dalia volmra deli' uomo l'altro traode
:

la fua origine da Dio rtcfìTo. V^e ne Tono nella Chiela di quel-


li, che fono doviziofi in ogni Torta di parole, e di fcienze; ed

altri ve ne iono, che neflTuno pofseggono di quelli beni, e che


trovandofi privi di queite cole , non Iono perciò poveri , né lafcia-
no d'efler ricchi, e di abbondare di grazie, perchè il povero ha
efclamato ^ ed il Signore lo ha efaudito {n) Al contrario vi
.

fono de' ricchi, che tono luperbi, e de' poveri, che iono umili.
Tutti fono chiamati alla Chiefa, acciocché tutti fiano rilcat-
tati da Gesù Cristo, nel quale trovano gli infermi il medi-
co, i fani un macftro, che loro infegna la fapienza, i prigio-
nieri un redentore, e quelli, che vivono in liberta, un degno
rimuneratore delle loro buone opere La Scrittura fanta edi-
.

fica tutto il Mondo. Ciafcheduno vi trova, o la guarigione


delle fue piaghe, o lo riftàbilim:;nto de' Tuoi meriti. Quella voca-
zione pertanto, che viene ugualmente fatta al ricco, ed al po-
vero nella elortazione di Davide, ci invita a mantener tra di
noi una fpecie d'umiltà, e di uguaglianza , acciocché per una
parte il ricco non rimiri il povero con dildegnofo difprezzo
e per l'altra il povero non invidj il ricco; ma una ftciTli gra-
zia tenga l'uno con l'altro uniti perchè il nollro Divino Sal-
;

vatore eflendo ricco fi è fatto povero , affine di effere falvato-


re de' poveri, ugualmente che de' ricchi.
Si diffonde Aiubrofio nobilmente fu quefta materia anche in
un altro luogo, allorché avendo paragonata la Chiefa ad una Vi-
gna, dice {h): „ Che i pali, che ne loftengono le viti, e che „
le rendono uguali le une alle altre, c'infegnano, elfcre d'uopo „
confervare l'uguaglianza nella Chiefa , affinchè quelli, che poi- „
feggono delle ricchezze, o che fono codituiti nelle dignità, non „
fi lafcino gonfiare dall' orgoglio; ed i poveri, e le perfone più „
difpreggevoli per la baffczza della lor condizione, non fi laici- „
no avvilire , né vincere dalla diiperazione . Conviene , die' „

((j) Pfalm. 35. I (i) L.l-inHtxaemer.cap.iz.


210 ViTADiS. Ambrosio
egli, che tutti godano nella Cliiefa di una mcdefima liberta ^

e che a tutti fi faccia la ftelTa giuftizia, e la ftelTa grazia. Per


quello motivo la torre di quefta Ipirituale vigna è fabbricata
nel mezzo di elfi, acciocché proporre fi poflano da tutte le parti
gli efempli di quelli divini lavoratori , e di quelli fpirituali
pefcatori, che hanno meritato di eflere inalzati fino alla fom-
mita, ed alla più fublime fortezza delle criltiane virtù; ed ac-
ciocché quelli luminofi modelli fiano capaci di iollevare gli af-
fetti delle noftre anime, e di far si, che in vece di arpeggia-
re nella naturale loro baffezza , s'inalzino alle celcfti cole in
guila, che non vi fia tra di noi , chi non fia degno di poter
dire con fiducia: // nojìro diritto di cittadinani^a è nel Cielo (a),
A quell'effetto, ed acciocché le tempelle del fecolo non fiano
valevoli a far piegare , vigna fpiritua-
e cadere a terra quefta
le, ella abbraccia tutti quelli, che danno d'intorno a lei, ed al
fuo leno li ftringe con altrettanti pampini, e lacci, quante
fono le azioni di carità, eh' ella fa; e quindi trova nella loro
unione il fuo ripofo. La carità adunque è quella, che ci uniice
alle celefti cole, e che ci fa inalzare la mente fino al Cielo. Jm-
perocchè chiunque dimora nella carità , Iddio abita in lui , e lui
in Dio {b). Perciò dilTe Gesù Cristo Se ripoferete in me ^
:

io ripoferò in voi . E ficcarne il tralcio della vite non puh pro-


dur frutti da fé Jlejfo , ma conviene che jìia attaccato alla vite ;
, così voi non potrete produrne alcuno , fé non rimarrete in me . lo

, fon la vite della vigna ^ e voi ne fiete i tralci (e).


Fa altresì un altra rifleffione {^d) fopra quefta unione di
tutte le membra della Chiefa , dicendo: „ Non cflervi con-
„ gregazione alcuna , che non tragga il fuo nome da qualche
„ particolare paefe, al quale ella fia debitrice della fua origine,
„ come gli Egiziani, gli Etiopi, i Soriani, i Giudei, gli Arabi
„ portano il nome delle loro Provincie, e delle loro terre ; ma
„ che per cflere noi formati da molti diverfi Popoli, né potendo
quin-

ci) P;&/7//)/». 5.1;. 20. I (f )/««»«. 15. V. 4. 5.


(6) I. JoiT««. 4. 11. 15, ' (d) Enarrai, in Pfalm. -^6.
,

Libro X. Capitolo II. 211


quindi portare il nome
una fola nazione , né avere nome
di
particolare lopra la terra , ne riceviamo uno dal Cielo , e ci 51

appelliamo il Popolo di Gesì^i Cristo.


Le nortre citeriori azioni però non fono quelle le quali ,

fanno a noi meritare quello nome, del quale noi ne fiamo de-
gni (blamente fin a tanto, che dimoriamo nella carità, e nell'
unita della Chiela, la quale fa, che noi fiamo a lei uniti, ed
a tutte le lue membra. E ficcome
Popoli, che fono fedeli
i

a' loro Principi, entrano negli intercnfi de' medefimi, e pren-

don parte ne' profperi eventi delle lor armi , e ne' vantaggi
che elfi riportano dalla disfatta de' loro nemici; così i Criftia-
ni, che tono il Popolo di Dio, s'interefTano ne' beni, e ne'
mali della loro lanta madre la Chiela.
La Chiela , [dice il noftro Santo (a)"] è il modello della
giuftizia, ad cfTa tutti hanno diritto. Ella prega in comune.
Ella opera in comune. In efla vedefi una vicillìtudine di per-
fecuzioni; e febbene fembra , che ella tal volta venga meno,
come la luna; nondimeno non è poflìbile, ch'ella intieramen-
te manchi. Può ben ella edere da qualch' ombra ofcurata, ma
non può mancare; perchè quantunque ella iofira del decadimen-
to a cagione della morte di quelli , che nella perfecuzione le
fono tolti; ciò nondimeno ad altro non lerve , che a farle ac-
quiftare la fua pienezza per la generofa collanza de' fuoi Mar-
tiri , dante che divenendo più illultre per le vittorie di quefti

fuoi figliuoli, che verfano il fangue per Gesù Cristo, fparge


per tutto il mondo un più abbondante, e luminolo calore, per
mezzo della lor divozione, e della loro fede. Ella è quella, in
cui compiuta vedefi la predizione del Patriarca Giacobbe, che
Zàbulon ebiterà longo il mare^ affinchè effendo fuor di pericolo
confideri i naufragi di coloro , che prrilcono intorno a lei, e
li vegga sbattuti da contrarj fconvolgimenti del mar tempello-

fo di quello Mondo , che tralportare fi lafcia da tutti i venti


delle umane opinioni, nel mentre che egli fermo, ed immobi-
le

( a ) L. l.de 0^1;. cap. 29. L. 4. in Hexaem. cap. 3.

O II
212 ViTADiS. Ambrosio
„ le dimora fopra lo (labile fondamento della fede , acciocché fia
„ fomigliante alla Chiefa, che è sìfanta, e si facra, e che effen-
„ do fondata , e radicata nella fede, rimira le tempefte degli Erc-
„ tici , ed i naufragi de' Giudei , per aver elfi rinegato il divino
„ Piloto, che fi era incaricato della loro condotta. Abita ella
„ adunque in vicinanza de' flutti ma non è da elfi
, né percof-
„ fa, né agitata; libera quindi da ogni pericolo trovafi ella in
„ iftato di porgere foccorlo a' miferabili. Di forra che, fé quel-
„ li, che fono sbattuti dalla violenza delle tempefle, voglio-

„ no rifugiarfi nel porto, la Chiefa è pronta a riceverli, come un


„ vero porto di falvamento, ed a (tendere , per cosi dire, le lue
„ braccia , per offerire il fuo feno si tranquillo , e si placido a quel-
„ li , che fono efpofti a' pericoli , e per moflrare loro un luogo , ove

„ ritirandofi poflTono trovare ficurezza. Le Ghie fé adunque fono


„ come i porti di xMare, che circondano tutti i lidi, e che fi offeril-
„ cono da fé (tefh a tutte le perfone agitate dalla tempefta, per
„ dir loro , efl'erc ivi un luogo di rifugio preparato per ricevere
„ i Fedeli, nel quale i Valcelli sbattuti da' venti poflono fottrarft
„ dalla lor furia, e porfi in lalvo.
Che le quelli , i quali avendo dell'affetto per le efteriori
cofe, confiderano la valla eftenfione de' Regni, e degli Imperj;
debbono i Criftiani fentirfi particolarmente conimoffi per tro-
varfi rinchiiifi nel corpo di Gesù Cristo, che tutti tiene rac-
colti gf Imperj del mondo in un folo dominio, affine di favo-
rire lo ftabilimento della fua Chiefa , da lui fparfa per tutta
la terra, quando venne nel mondo. Tutto quefto da il noflro
Santo mirabilmente a vedere nello fpiegare quelle parole di
Davide , il qual dice che Dio ha fatto cejfare le guerre in tutto
:

luniverfo (a). „ Avanti che l'Imperio Romano, (dic'egli)


„ fi ftìffe fparfo per tutto il Mondo, non (blamente i Re di ciaf-
5, cheduna Citta, gli uni agli altri movevano guerra; ma i Ro-
„ mani fteffi erano fovente efpofti allo fconvolgimento delle ci-
5, vili difcordie. Combattè Mario contro di Cinna, ed il Roma-
no

(m) Enarrai, in P/alm. 4^.


.

Libro X. CapitoloII. 213


no fangue fu fparlo dall'una, che dall'altra parte.
si Si lol- „
levò indi Siila , e turbò la vittoria di Mario con nuove guer- „
re civili. Lepido, e Sertorio dopo di ciò fi ribellarono con- „ /
tre il Romano Imperio. Celare attaccò Pompeo ed eccitò , „
il furore de' Galli contro le armi Romane, e dopo aver disfar- „
to li vecchio Pompeo , iuperò il luo figliuolo nella Spagna .

Io non dirò cola alcuna de' Triumviri, quali, di nemici el- i
,,

fendo divenuti amici , laiciaronfi indi tralportare a lulcitare „


tumulti, ed a far atti d'oltilitk gli uni contro degli altri. Né „
tampoco dirò, avere il mare rolTeggiato di fangue Romano nella „
battaglia di Capo Figalo. Tante ftragi furono cagione, che i „
Romani effendo ttanchi di quelfa longa, e funella ferie di guerre „
delfero il loro Imperio a Giulio Celare, e fi vedelfero quindi cef- „
fare tante intcftine battaglie. pace fé ne tralfe il 5,Da quelU
vantaggio, che gli Apoftoli
utilmente mandati per tutto „
fuflTero

rUniverlo, avendo lor detto Iddio: Andate , ed infegnate a „


tutte le Ha':s:^iofjt (a). Che i Regni, i quali fcmbravano non „
avere tra di loro alcuna comunicazione per le inluperabili „
montagne abitate da' Barbari, delfero loro un palfaggio libero, „
come le Indie a S. Tommalo, e la Perfia a S. Matteo. Ma ac- „
ciocché potefl'ero (correre una più valla elfenfione di paele, „
fparfe Iddio per tutto il Mondo la poffanza del Romano Im- „
perio nel nalcerc della Chiela , e fece celfare i contralti degli „
Regni, e delle Provincie con la pace,
fpiriti, e la divifione de' «
che loro diede. E quindi fu , che uomini , i quali vivevano „
fotto un folo Imperio fopra la terra , impararono ad umilmen- „
te riconolcere l'afibluto Imperio di un Dio onnipoffente , per „
mezzo della Fede, che abbracciarono, e che pubblicamente »
profelfarono
Né per altro un Profeta chiama
Chiefa una corona di la
gloria^ e lallegreT:^:^ ^ le non perchè ella
d'i tutta la terra (b)
incorona Gesù Cristo, che è -il fuo capo. „ Imperciocché, „
(come dice il noftro Santo) egli non poteva elfere incoronato „
in

(a) Matih. a8. I


(^) Thrcnor.z.
l.mlT. O III
214 Vita DI S. Ambrosio
„ in altra maniera (a). Infatti il Patriarca Giufeppe ha avuta
„ la corona di caftitk, S. Paolo quella della giullizia, S. Pietro
„ quella della fede.
Ciafcheduna virtù ha avuta la fua corona.
„ Ma Gesù Cristo folo è ftato fregiato della corona della glo-
„ ria, che la Chiela gli ha dato, ed in cui tutte le corone fi con-
„ tengono , non facendo ella folamente la parte di una corona
„ particolare , ma eflendo ella lo fplendorc , la gloria , e la ri-
„ compenfa di ogni forta di corone.
Finalmente non vi èperlona, che non debba preferire la
qualità di membro della Chiefa a tutti gli immaginabili van-
taggi, „ confidcrando, [ come dice ilnoftro Santo (^) ], che fi
attacca oftilmente Gesù Cristo , quando fi attacca la fua
Chiefa, perchè Gesù Cristo è ed offelb, ed onorato anche
nell'infimo de' fedeli, come fi è dichiarato egli ftefib con quel-
le parole dell' Evangelio quanto voi farete a qualcheduno de
:

ìninimi de" mìei fratelli , fappiate che voi lo fate a me (e) , ed


eflendocchè non vi fia Criftiano , il quale non ifperi di cfferc
un giorno inalzato nel Cielo cosi non vi è alcuno , il quale
;

non debba rimirare con giubilo la Chiefa, come un cocchio, di


cui Gesù Cristo fia condottiere ad eflb lui delUnato per quefto
„ grande viaggio (</).

Capitolo III.

VenevaTÌone del Santo per le fante Scritture^ delle quali


ne raccomanda la lettura a tutti i Crtfìiani,

TRa tutti i che della Chiefa compongono


fpirituali tefori,
la ricchezza, i più rari, ed i più preziofi fono da Sant'
Ambrofio Itimati il Corpo di Gesù Cristo, ed il libro delle
divine Scritture. Moflb quindi da queita confiderazione reputa
egli

(<») OBonttr. 1^. in Pfai. 11%, i (e) Matth. 25.


Ib) In Miehgam Preph. I {d) OSlon. 2. i>t Pfaì. Il8.
Libro X. CapitoloIII. 215
egli la Chiefa una mutica Betrelemme, una cafa del pane , ove
da lei fi nodnicono i iuoi figiiuoii con quello celclte ali-
mento (a).
Avendo però noi altrove raccolti i più belli paflTi Tpcttan-
ti al Miltero dell' Eucanlìia (h); qui loltanto ne rapporte-
remo alcuni, con i quali il noltro Santo ci rapprefenta la pa-
rola di Dio, come un alimento, da cui lue forze traggono le
noltre anime. Ne prende egli il motivo dalla rilpofta data da
Gesù Cristo al Demonio , allorché tentato di cambiare le
pietre in pani, avendo alla Scrittura ricorlo, di quello sì info-
iente nemico ne rilpinfe l'aflalto con dirgli: Sta ferino ^ che
Vuomo non vìve folainente dì pane , ma d'ogni parola , che efce
dalla bocca di Dio ( r ). „ Vedete voi, [dice S. Ambrofio {d)'\

di quale forta d'armi ei fi vale per difendere l'uomo dalla fpi-

rituale malignità del fuo nemico, e per renderlo agguerrito in

guila, ficchè tutti luperare polTa le attrative, e gli allettameli-

ti dell'intemperanza? Non fi prevale egli del iuo aflbluto pò- „
tcre, né opera iovranamente da quel Dio, che è, perchè que-

fta maniera di operare per me farebbe ftata infruttuofa ; ma

come uomo impiega in lua difefa un mezzo, di cui egli, non „
meno che noi, polTiamo valerci, per moftrare, che la fua ani- „
ma elTendo intenta a nodrirfi del paicolo de' libri Santi , non fi „
prende penfiero dell^ corporale fame, e trova il fuo alimento „
nella Divina parola Pel defidcrio quindi di queft' alimento „
.

Moisè più non curavafi di mangiar pane. Per il violento ardore „


di quella ftelTa brama non lenti Elia la fame , ed i difagi , che

un longhiflimo digiuno poteva a lui cagionare. Infatti chiun- „
que giugne alla felicita di elTere difcepolo delDivin Verbo, più „
avere non puote alcuna brama del pane terreno, e materiale, „
venendo riltorato dalla loda iollanza del pane Celefte ftante „ ;

che le cole di Dio fono indubitatamente preferibili alle pura- „


il mente
.•

(«) OSicnar.-;. inPfal.\\%. . (r ) Matth-O,. i>. 4.


ib) NtlCOjficiodelSS. Serramento. |
\d) L^.Ctmmtnt.inLM.f./^.
O IV
,

2IÓ ViTADiS. Ambrosio


„ mente umane , ed i beni fpirituali a quelli del corpo Cofa aduti- .

„ que giufta ella è, che quelli, i quali amano la vera vita, de-
„ fiderino quefto pane, che fortifica il cuor degli uomini con una
„ loftanza inienfibile.
Per lo fteflb motivo altresì difle il noftro Santo (a), non
vi efferc per la noftr' anima cofa né più utile, né più delizio-
fa , quanto , fé cosi è lecito di favellare , l'inumidire la di lei
aridità con le divine Scritrure, e fare ch'elleno fccndano fo-
pra di noi a guila di ruggiada „ Allorché dunque ( die' egli )
.

„ voi farete feduti per mangiare col Principe {b) ; confiderate


„ chi è quello Principe, ed eflendo entrati in quefto sì deliziolo
„ Paradilo, e trovandovi ammeftì al convito della fapienza, coti-
„ fiderate attentamente ciò che viene dinanzi a voi imbandito La .

„ Scrittura è il convito della Sapienza , e quanti libri ella contie-


„ ne, tante fono le portate, che dalla Chiela vengono a voi
„ appreftate Fate particolare riflelTione fopra le imbandigioni,
.

„ che compongono ciafcheduna portata ; indi ftendete la mano


„ a fine di regolare e la voftra condotta , e le voftre operazioni con
„ le cofe da voi lette, o che voi avrete da Dio ricevute, e di

„ far comparire fuUe voftre operazioni la grazia, eh' egli vi ha,


„ fatta.
Ma ficcome non bafta nodrirfi , fé non fi digerifcono le vi-
vande tramandate allo ftomaco ; cosi i più foltanziofi nudri-
menti appreftati a' Criftiani dall' Evangelica predicazione, o
dalla lettura de' Libri fanti , non debbono folamente occuparli
nel tempo, che o leggono, od afcoltano la divina parola; ma
vuole il noftro Santo, che per mezzo di una continua meditazione
paflare li facciano nella foftanza della lor anima. „ Riandate (e)
„ (dic'cgli), colla voftra mente dì, e notte, ed a tutte l'ore le di-
„ vine Scritture per non lafciarvi fuperare nella Icienza di effe
5, da un Dottore dell' antica Legge, o da un Giudeo, il quale

„ da voi confultato non vi rifpondcrebbe cofa, che non fi conte-


nere

(«) L. 1 . de Offic. e. ^1. ^


(e) OBenar. 19. in Pfal. ili.
ib) Prov. 2^. V. I-
Libro X. Capitolo III. 217
neflTe in quefti fanti Libri.Nelle loro Sinagoghe non fi parla ,,
giammai di atiari ; ma gli uni agli altri iuccedcndo „
temporali
continuamente procurano, che mai non vi fia nelle loro aflcm- „
biec veruno intervallo , in cui fi ceffi dallo ftare occupati in „
quella divina parola. E voi Criftiani, che avete Gesù Cris- „
To per Macftro, voi non fate altro, che dormire, né temete, „
che dica di voi: ^ueflo popolo neppure code labbra mt otiora (^a)? „
Imperocché le il Giudeo lo onora almeno con le labbra , voi „
neppure lo onorate con quefta fenfibile, ed elleriore apparen- „
za. Che fé il cuore di quelto Popolo, che colle labbra Tonora, „
è affatto vuoto d'amore di Dio , come potrà il volUo cirerne „
pieno, poiché neppure colle labbra lo onorate? E fino a quan- „
do lafcierete , che il fonno vi renda si vergognoiamente tra- „
fcurati per la voltr' animar Che gli affari temporali totalmen- „
te vi occupino, e vi facciano foltanto foUeciti, fino a render- „
vi inquieti delle cole di quella terra? Dividete adunque il vo- „
ftro tempo con Dio, ed il Mondo e poiché non potete Itare „
;

continuamente applicati agli atiari del lecolo, almanco nel mcn- „


tre, che le tenebre della notte vi impcdilcono il trattarne, „
trattenetevi con Dio , cercate le \oltre delizie nell' orazione , „
cantate de' Salmi per non addormentarvi, rubate qualche ora „
al voitro tonno con un latrocinio, che fia utile alla voftr' ani- „
ma , andate di buon mattino alla Chiefa, offerite a Dio le pri- „
mizie della voftra divozione ; e dopo ciò , le avete necetlita „
d'occuparvi negli atiari del lecolo, potrete prima francamente „
dire al Signore: I miei occhi fi jono a voi ifìal:^7ti prima del „
giorno per contemplare la vo/ìra Legge; indi andare a trattare „
con ficurezza i di grande gradimen-
voliri affari. Cola invero „
to di Dio ella é, cominciare la giornata con Inni, e Cantici, „
e colle Beatitudini, che voi leggete nell'Evangelio. Qual „
maggiore felicita può per voi darfi, che mettervi in iiiato di „
ricevere la benedizione della parola di Gesù Cristo, e tare in „
maniera, che nel tempo Iteflo , in cui voi la proferite con la „
vo-

(a) I/ai. Z9. Matth. 15.


2i8 ViTADiS. Ambrosio
j, volira bocca, e la rivolgete nella voftra mente, come un foa-
„ ve cantico, vi efercitiate nella pratica di qualche virtù, a
„ fine di rendervi meritevoli della benedizione di Dio.
Ma la divina parola non ha iolamente la iodezza del pane
per nodrire le noltr' anime. Ella ha altresì la dolcezza del
miele; ed il noltro Santo fi compiace di farcene concepire le
innocenti delizie , Ipiegando le tegnenti parole del Salmifta :

„ / vofìri oracoli Jo^io a me dolci ; e lo fono più di quello lo Jìa


„ // miele al mio palato. Con ragione ( die' egli ) il Profeta ac-

„ tribuiice una tanto loave dolcezza a qucfti oracoli divini , per-


5, che eglino ci inlegnano come ottenere la rcmillione de' nortri
„ peccati, e la vita eterna, ed afficurandoci della rilurrczione de'
„ morti, tolgono dalle noftr' anime tutta l'amarezza di quella si
„ crudele morte, che deve eternamente durare. Sono ejft^ dice
„ Davide, pih dolci che non è il miele al mio palato.
.^
E perchè
„ le voi'trc parole hanno cominciato ad eflTere a noi si dolci, e
„ foavi , voi dite alla Chicfa, Mia Spofa un favo di miele difìtl-
„ // da vojìri labbri (a) . Impariamo noi da Salomohe ciò, che
„ dir voglia un favomiele, cioè un dilcorfo dolce, e loave (^),
di
„ com' parlando figuratamente.
egli intende di dire, Per veri-
5, ta quello favo è eccellente , e la Chiela vi trova un affai de-

„ liziolo nodrimento, che ha il fapore, e l'odore d'un miele, ca-

„ vato dalla fpirituale abbondanza di molti Profeti , come da tan-


„ te diverfe api. Queft' è quel miele, di cui la Spofa de' fagri
„ Cantici dice: Io ho mangiato il mio pane col mio miele ; io ho
j, bevuto il mio vino col mio latte (e). Il raiftico dilcorfo delle

„ divine Scritture (d) è come un pane, che fortifica il cuor dell'


„ uomo. Ma il difcorlo morale che ci conduce alla pratica,

„ delle virtù, è affai più dolce, e più tenero, perchè l'interiore


„ della noftr' anima con piacere fi nodrifce di fomiglianti illru-
„ zioni, che riguardano il regolamento de' noftri coftumi. Im-
55 perocché ficcome il miele addolciice l'amarezza della noltra boc-
ca )

(tf) Cant.^, I (r) Cemt.*,.


{b) Prov.ó. '
{d) Pfalm.io^.v.ìj.
Libro X. Capitolo III. 21^
ca, cagionata o dall' ardore della febbre , o da qualch' altra „
malattia così i cuori , che fono abbattuti dalla triftezza del- „
;

la penitenza, reflano ricreati da quefti teneri difcorfi , de' qua- ,5


li tutta piena è la Scrittura per regolare i coftumi de'Criftiani.

Dilìilla miele dalle labbra de' Predicatori, quando i membri
il

della noftr' anima infranti per le fofferte funefte cadute, e rovine, „
reftano rilanati dalle parole tratte da' fanti Libri. Gran diva- „
rio pafla tra la forza, ed il calore della divina parola , fimil- „
mente che tra la forza , ed il calore del vino ; non clTcndo il lat- „
te, che una figura della purezza , e dello iplendorc de' fpiri- „
tuali difcorfi. Mangiate miei cari amici ^ dice la Sapienza , be- „
'vete^ ed iuebbriatcvi comecché fia vantaggiofa quella ubbria-
.,

chezza, che trafportando fanima a fanti eccelli, ed alla pra- „
tica di azioni le più eroiche , le fa provare nello (teflb tempo „
un eftrema dolcezza poiché da lei Igombrando ogni forta d'in-
; „
quietudine, fa che trovi in quello deliziofo vino una compiu- „
ta allegrezza Quanto è mai vantaggiofa l'ubbriachezza di
.

quella ipirituale tavola 1 La coppa di quejìo "vifio , che [anta- „
mcììte inebbria , coni ella è d'inefplicabile dolccT^Twi ripiena ! Ma ,>

avete voi ancora le feguenti parole in un altro luogo de' Sai- „


mi: Riempite d'acqua i ftioi rivi y fate fruttificare le fue piati- „
te (a)y perchè ficcome quando inzuppata , e come „la terra è
inebbriata dalla celcfle pioggia, veggonfi d'ordinario germoglia- „
re le femenze, e moltiplicarfi i frutti così quando la parola „ ;

di Dio, qual pioggia , che cade dal Cielo, ha inebriate, fé „


così è lecito il dire, le vene della noflra terra, cioè le poten- „
ze dell' anima noftra per mezzo della predicazione, fa ella in „
efla nafcere gli affetti, ed defiderj di molte, e diverte virtù, „
i

e fa in lei crefcerc i frutti della Fede, e di una fanta divo- „


zione , di forta che non fenza ragione dire di lei fi poffa: Foi „
avete vifttata la terra ^ e l avete intiebriata (b). Imperocché „
la Sapienza Divina l'ha vifitata , coprendofi di umano corpo ,>
per la guarigione degli infermi , ed ella l'ha inebbriata con la „
fpiri-

(<t) Pfalm. 2t, 1 (i) Pfflm.ó^.


220 Vita di S. Ambrosio
„ fpiritualc grazia, per colmare di confoldZioni , e delizie quel-
„ li, che tro\^avanfi nioleitaci dall' uiq iietudiiie, e dalia turbo-
„ lenza.
Ci rapprefenta ancora S. Ambrofio la divina parola come
un fuoco celelle , che purifica le nollr' anim^j , ed accende in
eiTe un lauto ardore, che a loro rende amabile qualfi voglia
azione di picca. Cosi egli Ipiega le leguenti parole del Sal-
milla La: vofìra parola è ajjatto avampante , e dA "vcfìro fervo
viene unicamente amata (a). Indi dopo avere domandate qual
fia il fuoco, che Cbsli Cristo è venuto ad accendere ne! n.jo-
vo Teftamento, rilponde „ eflere quello, che deve .iCcendere
„ coir ardore della cognizione di Dio i più fegreti affetti ielle
„ noftr' anime, che deve far ardere la Fede, e la divozione nel
„ cuore degli uomini, e fulcitarvi la brama della virtù. Gere-
„ mia delcrive il calore di quello fuoco, allorché dice: Aver egli
j, un fuoco , la cut fiamma penetra co' Juoi ardori fino nelle Jue

„ offa {b). Cleofa , e quell'altro Dilcepolo , che nel giorno


„ di Palqua andavano con Gesù Cristo da Gerufalemme ad un
5, vicino Borgo, lentivanfi accefi dal fuoco de' fuoi celcfti dif-
„ corfi , quando l'uno all' altro dicevano: E non era tutto accefo

„ ;/ nojìro cuore quand' ei ci fpiegava le Scritture {e)? Q_uelto fuo-


„ co adunque altro non è, che la parola di Gesù Cristo, fuo-
„ co veramente falutare, che comunicandoci il fuo fanto calore
„ non altro abbrucia , che i nollri peccati (d). Qiieiti è un
„ fuoco accefo in affai vigorola materia , che mette alla prova
„ l'oro Apoftolico {e). Con quefto fuoco l'argento de' coltami,
„ o delle opere fi purifica, e per mezzo di elfo le prezioie pie-
5, tre acquilfano nuovo iplendorc, e l'erba, e la paglia fi conlu-
„ mano. Ha egli adunque la virtù di purificare la noftr' ani-
5, ma, e di diftruggere l'errore. Ciò ha fatto dire al noftro di-
„ vin Macftro: Voi di già ftete puri a cagione della parola^ che
„ io vi ho detto (/) Quell' è quel fuoco , che arde dinanzi al
.

Signo-

ia) Pfglm. Ili. I (^d) i.Corinth.S-


^
i^b) Jerem. cap.io. !
(«) Pfalm. 113.
(c^Xnf. 24. j
lf)Jeann.i^.v,^.
Libro X. CapitoloIII. 221
Sij^nore (/»), non eflendo pofTibile Io ftare alla prefenza di Dio, „
qualora non fi abbia entro ie ilenb l'ardore della divozione. „
Accendete quefìo fuoco nelle voftre anime , acciocché il lume „
di Grsìi Cristo in erte rilplenda. li Roveto, che vide Mosè, „
era tutto avvampante di quelto fuoco, né fi conlumava {b). „
Imperocché la parola di Dio abbrucia foltanto per correggere „
la cofcienza del peccatore , e non per dillruggerlo , e per per- „
derlo. Qiiello fuoco mortifica, ed eftingue ordinariamente i „
funedi incendi ^^^^^ fiamme materiali Finalmente i tre Gio- „
.

vani Ebrei eflendo bruciati da quello fuoco non poterono né „


temere, né provare l'effetto di quella fornace ardente, nella „
quale furono gettati (e). " Non lenza ragione adunque quello „
fedele Servo di Dio moftraavere s'i grand' affetto alla pa-
di
rola di Dio^ che è si accefa, che introduce nelle noftr' anime
la carità, e da effe ne sbandilce il timore.
Ma eflendocchè quella parola fia formata per opera dello
Spirito Santo , cne è difcelo lopra gli Apolloli fotto la figura di
lingue di fuoco, e che Gesù Cristo aveva promeflb come una
pioggia ceìelìe; maravigliare non ci dobbiamo, ie S. Ambro-
gio, il quale perfettamente pofl'edeva l'intelligenza delle divine
Scritture, lìafi prevalfo di quefle diverle comparazioni, per
raccomandarne il buon ufo. Imperocché per accenderlo in
un Veicovo, gli dice {d) „ eflere la Scrittura tanta un ma- „
re , che contiene fenfi affai profondi , e naicofti , ed in elfo „
trovarfi gii enigini, ed i mifterj più impenetrabili de' Profeti, „
ed eflere in elfo entrati con tutta la dovizia delle lor acque mol-

ti fiumi, de' quali alcuni ve ne fono , die' egli, l'acqua de quali

e dolciflima, e chiarilfmia, e ne' quali vi fi trovano altresì del-

le fontane viv«, che col loro zampillare fi alzano fino alla vita „
eterna; poiché nella Scrittura vi fono de' dilcorfi dolci, quan- „
to il più purgato miele, e de'fentimenti loavilfimi, che riltora- „
no i loro uditori con una ipecie di Ipirituale bevanda, e ad efli „
fanno

{a) Deutefon.%. \ (c)Dan.^.


{b) Exod.i. '
Id) EfiJi-i9-adConJìant.
.

222 Vita di S. Ambrosio


delle maffime di una falubre morale.
„ fanno gnftare la dolcezza
qualmente in diverfi fiumi lono le (ante
„ Voi adunque vedete,
divile In effe voi troverete, con che potere piena-
„ Scritture
:

„ mente, ed ordinatamente laziare la voftra lete, ciò che vi con-


„ verrà bevete da prima, ciò che dovrete dopoi
forbire, e ciò che

„ riferbare dovrete fui finire della voftra fpirituale refezione .


„ Raccogliete quivi quell'acqua celelte, della quale Gesù Cristo
„ è la iorgente, ed è quella, di cui uopo èfervirfi, periodare Id-

„ dio. Raccogliete da molti luoghi quell' acqua , la quale lì


„ cava da' icritti de' Profeti , ed è in elfi fceia come la pioggia
„ dalle nubi. Chiunque raduna l'acqua, che fcorre dalle iom-
„ mita delle montagne, o che la cava dalle forgenti , fino a fé
„ la fa falire , indi la fa fcendere fopra degli altri , della ftefla

„ maniera, che la ruggiada cade dalle nubi. Riempitene adun-


„ que la voftr' anima, acciocché la voftra terra ne fia imbevuta,
„ e venga irrigata da quefte domeftiche fontane. Chiunque leg-
„ gè molto la Scrittura fanta , e ne pofliede l'intelligenza, ne
„ riempie fé fteflb, e dopo eflerne riempito, ne innaffia gli altri,
„ fecondo quelle parole della Scrittura ^a?ido le nubi fofjo
:

,,
piene fpargono l'acqua fopra la terra ( « ) .

Capitolo IV.

Che fecondo Amhrofio la fola Chiefa pojfiede V 'tntelltgcn\a


S.
delle Scritture , e che gli Eretici ne corrompono il fetìfo

NOn di è,
vi efTendo cofa più divina della parola di
che per la di lei intelligenza fi
Dio, quin-
richiedono anime
purificate, ed orecchie fpirituali; e queft' intelligenza, ci af-
ficura il noftro Santo, in vano
fuori della Chiefa.
cercarfi

5, Imperocché , [ die' egli (^), ] molti credono d'avere quefta


„ inteUigenza , e quefte orecchie interiori, ma s'ingannano; poi-
ché

(«) Eccl. Il, ' (^) Libalo. Cemment. in Lue. c.z2~


. ,

Libro X. CapitoloIV. 223


che di quefto vantaggio foltanto godono quelli che ritrovanfl „
,

nella Chiela; ed affatto ne iono privi coloro, che (tanno fuori „


di effa

Per quefta ragione paragona egli baci de' Giudei a quelli i

di Giuda, che non baciò Gesù CaisTo, che con le labbra, len-
za avere per poiché il culto de' Giudei effen-
lui alcun affetto ;

do puramente ,
punto non piace a Dio, che fi que-
citeriore
rela per bocca di un Profeta che que/ìo popolo lonora colle
;

labbra^ ma che ti fuo cuore è ^[f^i lontano da lui. „ Colui, „


[dice il poltro Santo (<«)]> che non ha né la Fede , né la Ca- „
ritk, è incapace di dare alcun Impe- „
bacio a Gesù Cristo.
rocche il bacio efprime la violenza dell'amore, ed ove non v'è

amore, non vi è né fede, né affetto, de' quali la dolcezza de' „
baci è figura. La Chiela per contrario non ceffa di baciare i „
piedi di Gesù Cristo (^), e per quefto nel Cantico de' Can- „
tici ella non domanda folamente un bacio , ma molti perchè „
;

a lomiglianza di Maria Maddalena, quella fanta Donna, ella fi „


applica ad afcoltare tutti dilcorfi di quefto divin Salvatore, „
i

ella aicolta tutte le fue parole, quando leggefi l'Evangelio, „


ed i Profeti, e le conferva fedelmente nel fuo cuore LaChie- „ .

fa adunque è quella fola , che può imprimere baci lopra di „


Gesù Cristo, effendo fua fpofa; (tantecchè i baci fono come „
pegni del coniugale affetto , ed un privilegio del matrimonio „ .

Come quindi potrebbe darfi, che i Giudei aveffero de' baci per „
dare a Gesù Cristo, i Giudei, che né credono in lui, né Iono „
perluafi , ch'ei per anche venuto al Mondo?
fia

Ma i Giudei non fono i foli , che fiano privi dell'intelli-


genza delle Scritture ; gli Eretici , che fi vantano di polTcder-
la , non ne dilcoprono altresì che la luperficie , e non ne pe-
netrano il vero lenfo , perché non hanno né la Fede , né la
Carità Egli è certo , che il folo mancamento della Carità ,
.

da cui fono alieni, balta per convincerli, di non intendere il


vero fenlo delle Scritture: perché la fola Carità n'é la chiave
ed

(«) £/.;/?. 18. \ (6) Luci.


. ,

224 Vita di S. Ambrosio


ed riducono tutte a quefta divina virtù
eflTe fi A torto quin- !

di pretenderebbono coftoro d'intendere i lacri Libri, mentre li


corrompono con le perniciofe loro interpretazioni, e fono quai
vermi , che rodono , trapaflano , e dividono infenfibilmente
qucfta preziofa verte di GesìiCristo. „ L'Evangelio, [ dice
il noftro Santo (^) ] è fcritto aTeoHlo, vale a dire, a quello
che ama Dio. Se voi amate Iddio, quello libro è icritto per
voi; e fé egli è fcritto per voi , ricevete qnefto dono , che vi
fa un Eyangelifta , e fedelmente cuftodite nel più intimo della
voftr' anima quello sì preziofo pegno del voftr' amico. Cujìo-
dite con V ajuto dello Spìrito Sntito , che abita in noi , il depO'
[ito , che 'vi e fiato confidato {b) Procurate di confiderar-
.

lo attentamente, e di fovente efaminarlo. La fedeltk è la pri-


ma dilpofizione, che da noi aver devefi a riguardo de' pegni
che ci lono flati affidati ; ma è duopo un altra diligenza , ac-
ciocché i vermi, o la ruggine non li diftruggano L'Evange- .

lio è un eccellente pegno , ma guardate bene, che i vermi, o


la ruggine non lo confumino nella voftr' anima, entro la qua-
le i vermi lo divoreranno, fé dopo averlo letto, ficcome con-
viene, voi non crederete ciò che creder fi deve. Gli Eretici
fono vermi. Fotino è un verme. Arrio è un verme. Chiun-
que fepara il Verbo da Dio, ne lacera la di lui velie. Fotino
Iquarcia quella velie , così leggendo il principio dell'Evange-
lio di S. Giovanni al principio era il Verbo.) ed il Verbo era con
:

Dio e Dio era.


.f
Allor quando per confervare intiera quella
vede convien leggere, ed il Verbo era Dio. Chiunque lepara
Gesìi Cristo da Dio, lacera altresì quella velie , e nullameno
la lacera, chi così legge : la vita eterna conftjìe in conofeere voi.^
voi che fletè Dio vero (f), né vi aggiugne la cognizione
il folo
di Gesù Cristo. Imperocché la vita eterna non confillc fo-
lamente in conofeere il Padre, come un vero Dio, ma per pofle-
dcre la vita eternamente durevole, convien altresì conolcere,
che

{a) L. i.Cemmtnt.inLuf. • (^c)Joan. 17. v. 3.


( ^ ) 2. Tìm. 1 I
.

Libro X. CapitoloIV. 225


che Gesù Cristo è Dio, è vero Figliuolo di un Dio vero.
Il conoiccre Gesù Cristo, lenza credere la lua divinità, od il

mifJero del iuo corpo , e della lua incarnazione , è un verme


che rode quella vclte. Arrio è un verme. Sabellio è un ver-
fne. Lo Ipinto fluttuante di quelli , che hanno de' dubbj cir-
ca la Fede, è lottopolto ad enferc divorato da' vermi; ad cfTere
mangiati da' quali lono altresì foggeiti coloro, che non credo-
no, che il Padre, ed il Figliuolo fiano una ftelTa cola, quanto
alla natura Divina. Il lacerare ciò che Ita fcritto: Mio Padre
ed io ftamo una [ìejj'a cofa {a)^ è un dividere quell'unita del
Padre, e del Figliuolo, con due diverle nature. Ogni Ipirito,
che non crede, che Gesù Cristo abbia veftito umana carne,
è un verme, eflendo un vero Anticrilto; dove che quelli, che
iono di Dio , conlervano la Fede, né fon foggetti ad eflere di-
vorati da quelH vermi, che rodono gli abiti. Imperocché tut-
to ciò , che è divilb ni fé ftelTo , fimilmente che il regno di Sa-
tanaflo, non può eflere permanente.
Che
qucfto paragone de' vermi deve ricoprire di confu-
le
sone gli Eretici, che abufano della parola di Dio, debbono elli
altres'i in eftremo vergognarfi, d'avere imparata nella fcuola del
Demonio ftcffo quelta si perniciofa arte di corrompere le Scrit-
ture. Imperocché venghiamo noi
aflicurati da S. Ambrofio,
circrfi il Demonio
maelho degli Eretici, abufando della
fatto
Scrittura, per tentare Gesù Cristo nel deferto. „ Imparate ,

[ die' egli da quello efempio , che SatanaflTo prende tal


(^), ]
volta la figura d'Angelo di luce, e fi vale delle Scritture fan-
te , cumc di lacci , per effere d' inciampo , e di rovina a' Fedeli
Ciò egli fa nella perlona degli Eretici , con quello mezzo egli
fvelle la Fede dal fondo del cuore, e dalle vilcere de' fedeli,
ed indi ne rovelcia la giultizia , e la pietà. Non vi lafciate
adunque forprendere dagli Eretici per alcuni tefli , od efempli
tolti dalle laute Scritture, che elfi pofTono allegare, e credete
pure che gonfj fiano di prelunzione, e d'orgoglio, per la trop-
po

(tf) ]oan. 13. V. 30. ( è ) X. 4. Ctmmcrìt, in Lue. e, 4.


I

Tpm il.
,

2t6 Vita di S.Ambrosio


„ pò vantaggiofa opinione, che enfi hanno della loro dottrina.
„ Imperocché il Demonio fi ferve ugualmente , che elfi , delle
„ tcltimonianze delle Scritture , non già per ammaeftrare gli uo-
„ mini, ma per ingannarli, e per fedurli.

Capitolo V.

patita di un perfetto Crijì'tano rapprefent/tte al vìvo


da Saiìi" Amhrofto .

QUANTO fi è ne' precedenti capitoli detto della Scrittura


fanta bafterebbe per farci concepire una ben alta idea
'dell'eccellenza della Religione Crilliana , comecché la
parola di Dio non fia fiata fcritta in quelli adorabili Libri
fuori che per elTcre il nodrimento dell' uomo Criltiano Ma il .

noftro Santo, che ne efprimeva la realtà, in tutte le fue azio-


ni ha voluto una perfetta immagine in mol-
altresì lafciarcene
ti luoghi de' fuoi fcritti, de' quali ne raccorremo qui alcuni, o

per nollra irruzione , o per noftra vergogna; poiché pochi vi


lono, i quali arrofllre non fi debbano della tanto grande fpro-
porzione, che trovafi tra le obbligazioni del loro ftato, e lo frc-
golamento de' loro codumi , e della loro condotta.
Per farne qui un qualche abbozzo , convien feriamente
riflettere col noitro Santo lopra la qualità d'immagine di Dio,
la quale è ftata impreffa fino nel più profondo dell' anima no-
ftra nella prima nolfra creazione ; e lopra l'alleanza , che noi
abbiam contratta con Gesù Cristo per mezzo del miftero del-
la nollra Redenzione. „ Applicatevi o uomo [ dice S. Am-
„ brofio (rt),] alla cognizione di voi (leflb. Dio dice alla vollr'
„ anima nel Cantico de' Cantici: Se voi vi cono/cete^ voi che fie-
„ te la pit{ bella tra tutte le femmine {b). Rammentatevi adun-
5,
que , effere voi ftato formato di ilerco non già , ma di terra ,
ed

ia) Ambrof. in Pfallii. OElon. io. \ {b) Cam. x.


Libro X. Capitolo V. 227
ed avere Dio mefìTo in voi col fjo foffio un anima vivente {a),

Infatti l'uomo è un opera magnifica, formata dal loffio del fia-„
to di Dio. Riflettete particolarmente l'opra voi ftelTo, come „
dice la Legge {b) Dico lopra voi Iteffo , cioè
. , In la vollr' „
anima. Non fiano gli affari del lecolo, e del Mondo, ed i

penficri della terra valevoli ad occuparvi in guiia , che dal far „
CIÒ vi fraltornino. Applicatevi con tutto lo sforzo del voltro „
fpirito a conlìderare quello, il cui loffio è ftato la caula, ed il „
principio della voftra vita L'uomo , dice il Savio (e) , e una
.

gran cofa^ né nj't è nienre di pth prezjojo^ e di più raro., quanto „
quello.^ che ha della coìnpajjione ; ma egli è difficile il trovarne „
unoy che fta fedele Intendete adunque in che confida la vo-
.

ftra grandezza, e qual fia il voltro pregio, e la voitra eccel- „
lenza. La terra, d'onde voi fiete ftato tratto, è una prova del- „
la voftra balfczza ma la virtù è un diftintivo della voftra glo-
; „
ria, ma Fedeun contralegno della voftra rarità, e la qua-
la è „
lita di Dio è un atteftato della voftra eccellenza ,
d'immagine „
e della voftra preziofita. Evvi cola più pregievole , e più „
grandiofa, quanto l'immagine di Dio? Deve ciò rendere la „
voftr' anima in eftremo fedele alla lua grazia, acciocché il vo- „
ftro cuore fia una rapprefentazione della fomiglianza di quel- „
lo, che vi ha formato; ed acciocché attentamente rimirando „
la voftr' anima , non vi fu chi non riconolca in efla il luo fa- „
citore . Evvi cola più preziola dell' umiltà Griftiana, la qua- „
le fa, che con la cognizione, che voi avete del voltro corpo, „
e della voftr' anima, voi per una di quefte due cole vi abbaf- „
fiate , e per l'altra vi riconofciate ? La carne vi rende propen- „
fo, e vi porta naturalmente al male; la compaffionc vi rende „
pcrfuafo, che da voi fi acquifta a voi fteftb quella affifienza, „
che preftate ad altri; che quanto da voi elee, a voi ritorna; „
e che quanto voi fate, tutto ridonda in voltro vantaggio. Il „
vigore, e la forza deli' anima voftra, che ha tanta vivacità, „
quel

(a) Cenef. i.
i
(f) ProV, 20.
{b) DeutCT. 4. 1

P II
.

228 Vita di S. Ambrosio


quel ientimento, che è capace di ragione, d'intelligenza, e di
giudizio, e che vifibilmcnte companlce degno albergo d'un s\
grand' ofpite, non perderà il vantaggio di fua natura, né fi
ridurra a renderfi indegno del nome,
d'uomo. e della qualità
Imperocché la Scrittura non appropria quefto
non a nome fc

quello, che è creato ad immagine, e fimilitudine di Dio. E


per denotare il peccatore, ella non fi vale del nome d'uomo,
ma di quello o di Terpente, o di mulo, o di cavallo, o di
quaich' altro animale irragionevole . No7ì vi ajfomigliate ^ dice
Davide ( ^ ) , ^l cavallo , ed al mulo , che fono [en-z^ ragione
Siringete con un morfo , ed una briglia la bocca di coloro , che
non ajfomigliano a voi. E Gesù Cristo parlando di Erode
dice Andate a dire a quella volpe (b), S. Giovanni ha fimil-
:

mente chiamato il Popolo GÌMàco ra-:^^ di vipere (e). O uo-


mo voi fiete adunque l'opera di Dio, e quanto Dio vi ha dato,
è un fingolariffimo beneficio. Guardatevi adunque dal perde-
re ciò, che da Dio vi è (tato dato. Voi avete ricevuta da lui
una grande grazia, quand' ei vi ha creato a fua immagine , e
ciò vi elpone ad un più rigoroio caltigo , qualora voi ve ne
abufiate. Imperocché Iddio non calliga in voi la fua fomi-
glianza, ma punilce quello , che eiTendo flato creato a fomi-
glianza di Dio , non ha corrifpo.to alla grazia ricevuta Il .

di lui cafligo adunque cade lopra il ceTare d'efiere a fomiglian-


za di Dio, vale a dire, lopra il voilro peccato.
Più oltre ancora pafTa S. Ambrofio col fuo ragionare , e
giugne ad inalzare l'uomo lopra degli Angioli. „Gli Angioli
( die' egli ) fono itati creati da Dio per effere impiegati in di
lui lervigio; ma l'uomo é rtato formato a fomiglianza di lui.
Sebbene gli Angioli lo fuficro , la Scrittura non lo dice , fic-
come di noi lo attefta. Abbiamo noi quindi alcuna prerogati-
va, che forfè non hanno gli Angioli, avendo Iddio foprabbondato
con la fua grazia, dove aveva ioprabbondato il peccato (d).
Gesù

ia) Pfal. 31. ,


(r) L'.c. 5.
(ù) Lue. I?. I (^) ^om. 5.
.

Libro X. Capitolo V. 2 2p
Gesù Cristo è nato a noi da una Vergine; imperocché leg- „
giamo: Che un Ramhmo è n.ito a noi ^ e che un Figliuolo è fìnto „
dato a noi \a). Per noi egli fi è veltito di carne , o piutto-

ito fi è velino di noi con queita carne da lui prefa, allorché

ha collocato il Figliuolo dell' uomo lopra il trono dello tlelTo „
Dio. Io altro non leggo degli Angioli , fé non che Ihnno

ritti dinanzi al trono di Dio, ed adempiono verlo di lui do- „ i

veri del proprio minilkro {h). Degli Angioli non già, ma



degli uomini lultanto io leggo, efi'ere flati iepolti con Gesù

Cristo, e refulcitati nella di lui periona {e). Finalmente „
dice l'ApolloIo, effere noi Itati vivificati con Gesù Cristo

per la lua grazia, eflere noi itati fatti falvi, averci egli fatti

rifulcitare con lui, ed il Padre averci fatti federe alla fua de-

(tra con Gesù Cristo. Il Figliuolo dell' uomo adunque é quel-

lo, che ha feduto alla dcftra di Dio, non gli Angioli, non

gli iVrcangioli, non i Cherubini, non i Serafini, a' quali quefto

SI eccello onore non é fiato conceduto. Lodano gli Anoioli „
Iddio nel Cielo; ma il Figliuolo dell' uomo fia affilo alla di lui

defira Il Figliuolo dell' uomo é lodato dalla bocca degli An-
.

gioii {d) per aver vinti gli Angioli ribelli, per avere trionfa-

to delle Ipirituali potenze , per avere refi gli uomini forni-

glianti agli Angioli, quegli uomini medcfimi , che prima di

ciò erano lojjoetti al contacio della morte.
Per confeguire però quefia gloria è uopo operare giufta i

dettami della migliore, e più nobile parte di noi medefimi.

Imperocché (come dice il noftro Santo) ciò, che abbiamo di „
fingo, e di putredine , ci accomuna con le beftie ; ed il no-

ftro Dio ha data alla noltr' anima una eccellente, e particolare

prerogativa , acciocché l'uomo difiinguendofi , ed inalzandofi „
ibpra il reftante degli animali, loro altresì comandi. Ma per „
potere ad efii comandare, convien eh' ei fia l'oggetto a Dio. „
All' uomo però nella Scrittura inlegnafi in qual maniera debba

ler-

(«)//". 9. -u. 6. (e) ;?,3W. 6. Ephtf.j.v.i.


I

( b ) Jpocal. o.
Hebr. Apccal.
\
ià) 1 . 3

Ttm. II. Pili


.

2->Q Vita DI S. Ambrosio


„ lervirc a Dio, per potere giugnere un dì al pofleflfo di quefto
„ Regno. Imperciocché chiunque lerve Gesli Cristo ferve alla
„ venta , e per conleguenza deve allenerfi dalla menzogna
„ Chiunque ferve alia giurtizia, deve da fé tenere lontana l'iniqui-
„ tà. Chiunque ferve un Dio sì puro, ed affatto efente da ogni
„ benché menoma macchia , deve con tutta la più puntuale elat-
„ tezza olfervare le regole, e la dilciplina della caltita. Chiun«
„ que ferve alla luce, deve odiare le tenebre de' peccati.
Non vi efifendo alcuno tra' Criitiani, il quale non debba
dare il fuo fangue, e la fua vira in lervigio di Gesù Cristo,
per averci egli rifcattati col prezzo ineltimabile del Ino fangue;
„ Voi fiere a lui debitore [ dice S. Ambrofio (^)] del fangue,
„ con cui egli vi ha riicattato; e quantunque ei non fempre l'è-
„ figga,non perciò voi lafciate di cflerne a lui fempre debitore.
„ Comperatevi adunque Gesù Cristo non con l'oro, che da pò-
„ chi fi pofTiede, ma col prezzo Ileiro del voftro fangue , che a
„ voi è comune con tutti gli uomini, ognuno de' quali lo pof-
„ fiede per natura, benché pochi tra di elfi vi fiano , che a lui
„ lo offerilcano per quel religiofo timore, che debbono avere per
„ lui. Gesù Cristo a voi ridomanda una cola , che già gli
„ appartiene. Egli ha data la vita a tutto il Mondo. Egli ha
„ offerta la fua morte al fuo Padre Iddio per tutto il Mondo.
„ Soddisfate quindi voi al voilro Autore, con pagare a lui quan-
„ to gli dovete per iftretta obbligazione di legge Qi-iello con- .

„ tratto, che voi avete fatto con lui, non è di poca impor-
„ tanza. Pochi vi fono, che facilmente entrare poflano in que-
5, (to commercio, e comperare Gesù Cristo. Le Vergini, del-
5, le quali fi fa menzione nell' Evangelio, ed a cui quello Divin
„ Salvadore ha chiula la porta , non iono fiate feparare dalia
„ compagnia del loro Spolo, le non perché elleno non fi erano
„ prefa la neceffaria cura di comperare dell' olio, né furono iti
„ tempo ad efeguire quanto dalle prudenti Vergini fu loro detto,
55 cioè : Atidate piuttojìo da quelli , che ne •vendono , e comperate-
ne

(«) AmbroJAib. i. da]ofeph Patita,-.


Libro X. Capitolo V. 231
ne quatJto ve ne bifogna (a). Né per altro motivo viene firn il- ,j
mente lodato nell' Evangelio quel Mercatante, che per compc- „
rare una pieziolìflima perJa vendette tutte le Itie ricchezze, {b). „
Ma qualunque merito pofTa avere un Criltiano, egli è in- „
degno di qucito nome, le non fi confiderà lopra la terra come „
uno itranicro, per poter dire con Davide: Io Jofio /opra la ter- „
ra come un vitJggiatore ^ ed un fore/ìiero: Signore mi date a co- „
7iofccre i vojìri precetti (e). Imperocché ( come dice il nottro „
Santo) queito linguaggio non è quello d'ogni lorta di perione, „
né può egli con ragione ularfi, che da un uomo , il quale ab- „
bia rinunciato a tutti i piaceri della terra, e fiafi fpogliato del „
dcfiderio i^\ tutte le cole del Mondo. Quello lolamente è lo- „
reltiero lopra la terra che può dire
, li nojìro diritto di citta-
:

dinanT^ e nel Ciclo (d) ; che può querelarfi di troppo lunga- „
mente vivere l'opra la terra; che può dire, eflTere Itanco, ed „
annojato della troppo lunga durata di quefta caduca vita; che „
ha del rincrcfcimento , o del diipiacere per la lunghezza di „
quella dimora, della quale un Santo ha detto: Infelice colui , „
c/jc dimora /opra la terra (e); che non teme d'eflere dilciolto „
da' legami del corpo, e che ha una piena fiducia d'elVere con „
Gesù Cristo, quando ciò a lui accadera; queft' uomo è vera- „
mente forertiero lopra la terra ; poiché egli é Cittadino della „
mcdcfima Citta de' Santi, e domcltico della cala llelTa di Dio, „
e va a le iteffo radunando un teloro nel Cielo Eflendocché.

quclV uomo fia ulcito da quello fpirituale Egitto , nelTuna bra- „
ma egli ha di ritornarvi, né punto teme od il fine di lua vec- „
chiezza , rappreflamento delia morte. Non fabbrica egli „
grana) per rinchiudervi i luoi raccolti , come le avefle da ol- „
trepaÓiare que' termini, che Iddio gli ha preicritti di vita; e „
non eflendo ricco, che per la fecondità delle lue virtù, raduna „
egli beni aliai più ftabili ; beni, che la vecchiezza non potrà „
fargli perdere, né tampoco la morte potrà togliere ad eflblui. „
Ca-
{a) M^tth.2'^.v.^. I {d) Philipp, i.v.i^.
\b) Ibidem l'i. V. 4.'^. {e) Jpocal.i.
le) Pjalm. 118. Offon. 19. j

P IV
.

2:52 Vita DI S. Ambrosio

Capitolo VI.
t

Che per ejfere un vero Cri/li ano convlen ejfere tutto dì Gesù
Cristo, ed un perfetto ritratto delle fue virth,
e delle fue perfe7;joni

SAnt' Ambrosio , a cui erano pienamente note le obbliga-


zioni di un vero CrilHano, non ne aveva ai certo un idea
troppo bafla , e tutte rinchiudevale in una parola dalla mag-
gior parte de' fedeli lovente ripetuta, e che lebbene vien pro-
ferita dallabocca di quafi tutti gli uomini, non fi trova però
nel cuore , che di pochiflimi. Sono elleno quelle obbligazio-
ni comprele in quel verlo del Salmifta: Salvatemi ^ poiché io
fon tutto vofìro , altra cofa ìion cercando , che i vofìri precetti .

Imperocché, come dice il nolfro Santo (^), „ quelle parole


„ fono facili a proferirfi, e fembrano comuni a tutti; ma pochi
„ vi fono , che fiano in illato di valerfene , dante che affai icar-

„ fo fia il numero di quelli, i quali poffono dire a Dio: Io fono

j, tutto vofìro. Con vien pertanto, che un uomo llia unito a Dio
„ con tutte le fue forze, e fia incapace di rivolgere i fuoi pen-
„ fieri ad altro oggetto; ed affinchè un uomo ulare poffa quella
„ efpreffione uopo è , eh' egli poffa dire a Dio mofìrateci il vo- :

„ fìro Padre ^ e ciò a noi bafìa {b). Molti vi fono, a' quali non
„ bada il conofcere Dio, ed il loro numero è copiofiffmio. Tanti

„ popoli , tante nazioni , tante perfone ricche credono, che fia

„ una povertà il fervire a Dio; e quello, il quale Ita al di lopra

„ uomini, e
di tutti gli ampiezza è immenla, fembra loro
la cui

„ picciolo, e limitato, ed il Figlmolo di Dio, nel quale tutte le


„ cofe fi comprendono, ad effi non bada. Quell' uomo ricco fi-
„ nalmente, di cui fi fa menzione nell'Evangelio, ed a cui Gesù
„ Cristo diffe: Se vuoi ejfere perfetto ^ va ^ vendi quanto hai^ e
), dallo a poveri (e), fi perfuale , che Dio a lui non ballerebbe,
e le

{«) InPfdm.iii.v.zi. I {b) ]oann.i^.v.^. 1 Matth.ip.v.tl.


Libro X. Ca>»itoloV1. 235
e fé ne parò pcnfofo, e malinconico, come le ciò, che vede- ,,
vafi obbligato ad abbandonare, fuffe di un prezzo affai maggio- „
re, di quanto egli aveva dilegnato di eleggere. Può adun- „
que un uomo dire Io fono tutto •vojìro quando però può dire „
: ^
:

lEcco , che noi ahb'unm la[ctato tutto , e ri abbiamo fcguito Cosi „ .

parlare lokanto poffono gli Apoftoli; ma non tutti gli Apodo- „


li; imperocché Giuda era Apoltolo , e ledeva alla tavola di „
Gesù Cristo con gli altri Apoftoli, e come effi diceva: Io „
fo?ì tutto vo/ìro , ma lo diceva
colla bocca , e non col cuore „ .

Venne quindi Satanaffo ad impoffeflarfi di lui , e dopo effere in „


lui entrato, cominciò a dire: Gesìi , queft' uomo non è voftro, „
ma mio: non è il Tuo fpirito occupato, le non in ciò, che „
concerne i miei intereffi: Egli non da l'ingrcffo nel fuo cuore, „
fé non a cofe , che a me appartengono: Mangia egli alla vo- „
ftra tavola; ma fi pafce, e fi nudriice con me: Ha egli rice- „
vuto il pane , che voi gli avete dato ma nello fteffo tempo ha „
;

tgli ricevuto il mio danaro: Beve egli con voi; ma vende a „


me il voftro fangue Egli è voftro Apoftolo ; ma non lafcia „
:

d'effere pronto a' miei voleri , e del numero de' miei fervi .

Un uomo del mondo non può altresì dire a Dio : Io fon tutto „
•uofìroy poiché egli ha un infinita di padroni E fé ei preten-
. „
de di SI fattamente favellare , a lui di iubito dice l'impurità Voi :

fiete mio , poiché voi non bramate , che le voluttà della car- „
ne: Voi vi fiete venduto a me , per l'amore che voi portate „
a quella giovane donna: Quando voi vi fiete follazzato con „
quella proftituta io vi ho numerato il danaro, col prezzo del
, „
quale voi vi fiete venduto a me. L'Avarizia altresì gli dice :

L'oro, e l'argento, che voi poffedete, è il prezzo di voltra ichia- „
vitù. Io ho comperato il dominio della voftra perfona , allor- „
che voi avete acquiftata quefta terra, e voi mi avete venduta „
la voftra liberta , nel poffederla. A lui dice la crapola
Voi fie- :

te mio: Il convito, da voi fatto in un lol giorno, è il prezzo, „
e la compra di tutta l'eHenfione della voftra vita: Quando voi „
facefte quella elorbitante Ipcfa di comeftibili, voi impegna-
si „
(le per tempre la voftra tefta , e facefte con me un contratto, „
m
234 Vita di S. Ambrosio
j, in vigore del quale io fono divenuta voftra padrona. Ma ciò
che è aliai peggiore per voi, fi è, che qu.mto nu e convenuto
sburlare per acqwillarvi , vale affai più di quello, che voi pote-
te valere. La voftra imbandigione colta afiai più della voftra
perlona, ed il lulTo della voftra tavola di un lol giorno è prefe-
ribile a tutto il tempo della voftra vita. A lui altresì rivol-
ta l'ambizione gli dice: Voi certamente fiete tutto mio. Non
„ lapete voi, che il mio dilegno nel farvi comandare agii altri è
„ ftato di rendervi mio fchiavo? Non iapete, che invcftendovi
„ potenza , io ho voluto affoggettarvi alla mia? Non
di quefta
„ lapete voi , che quando il Principe del Mondo ha moftrati a
„ Gesù Cristo ftefto noftro Divin Salvatore tutti i Regni del
„ mondo, gli ha detto Io vi darò tutte quefle coje , fé projìran-
:

„ dovi avanti a ine voi mi adorerete ^a)? Ogni uomo adunque


„ defideroio, che gii altri fiano a lui loggetti , fi lottomette egli
„ fteftb il primo con la fua ambizione. Tutti i vizj in folla fi fan-
„ no inanzi a queft' uomo amatore del Mondo , ne alcuno ve
„ n'ha, che a lui non dica: Voi fiete mio. Evvi (chiavo più
„ dilpregevole di coftui , iopra del quale tanti padroni hanno
„ nello fteftb tempo le medcfime pretenfioni? Se voi adunque vi
5, trovate in si deplorabile condizione , come potete voi dire a
5, Gesù Cristo: lo fo7i tutto voflro? Imperocché egli rilpon-
„ dera di iubito: Tutti quelli che mi dicono^ Signore^ Signore.^.^

„ non entreranno perciò nel Regno de' Cieli {b) ; e tutti quelli che ,

„ mi dicono lo fono tutto -voflro


: non fono perciò miei. Voi ^

„ fiete veramente mio le la voftra cofcienza non ilmentifce le


,

j, voftre parole; fé la difpofizione della voftr'anima, e le voftre


„ opere non fi oppongono a' voftri difcorfi. Io non nego , che
„ mio fia un uomo, quando rinunzia a fé medefimo, e vi rinun-
„ zia per amor mio. Io non voglio avere tra' miei fervi un uo-
„ mo, che ha tanti padroni. Imperciocché come può egli elfere
5, mio , fé nello fteffo tempo , che colla bocca mi dice Io fon :

„ tutto vofìro., mi rinega colle fue opere, e fi da in potere, ed


intie-

(«) Matth. 4. 11. ^. 1 (^) llfid. 7. V. 21.


Libro X. Capitolo VI. 135
intieramente foggetrafi al Demonio colle fue operazioni ì Co- „•
lui, che tutto avvampa di fiamme d'impurità, mio non è poi- „ ;

che mia è la caditi Colui , che


. è dommato da quella si inu- „
mana cupidigia , che lo conduce ad opprimere i deboli , ed a Ipo- „
gliarli de' loro beni , non è mio ; poiché mia è la liberalità „ .

Colui che ftadi in una continua agitazione, ed inquietudine, „


e tralportare fi lalcia da ogni vento, e da ogni mutazione, non „
è mio; poiché mia è la tranquillità. Un uomo non è mio , „
quando fi abbandona all' ubbriachezza , ed agli eccefli della era- „
pola; quando infettare fi lalcia, e corrompere dall'ambizione; „
quando è poffeduto da un ertremo defiderio delia vanagloria del „
Mondo e fanatico per si violenta paflione giugne ad eiporfi ad
, „
ogni fotta di pericoli, né fa contenerfi entro giufti , ed inno- „ 1

centi confini di una lodevole moderazione Io tono la pace , „


.

né lo ciò che fiafi la querela , ed il contralto Come potrò io „ .

annoverare tra quelli , che riconofco per miei , un uomo , di „


cui il Demonio verrk a dirmi: egli è mio; poiché egli fi é „
proftrato dinanzi a me. Io trovo in lui molti contrafegni del- ,,

la mia Ibvranita, onde non veggo , come voi polliate avere lo- „
pra di lui alcuna pretenfione. F vero , che fi arroga il vo- „
Itro nome, ma egli porta altresì le mie divife, e fa profeffione „
di elTere al mio iervizio. ,7

Non è adunque di Gesù Cristo, fé non chi va efente da „


ogni delitto. Non è di Gesù Cristo le non chi può affcrire „
di edere continuamente fuo fervo. Imperocché coloro , che „
fono foggetti all' incoftanza, come lo fono io , che dominar mi „
lafcio quando dalla triftezza, quando dalla collera , non fono „
di Gesù Cristo. n
La collera fi prefenta dinanzi a queft' amatore del Mon- „
do, dicendogli : Tu appartieni a me , che un ora fa tu eri „
mio, e Ipero, che lo larai di bel nuovo. La triltezza fimil- „
mente a lui dice: Tu fei mio, una fol ora é paffata, dacché „
tu eri di mia dipendenza, e di mia giurildizione , poiché eri „
talmente nel dolore immerfo, e si ftraordinariamente abbat- „
tuto , che foUevare non potevi l'afflitto tuo fpirito dalla tota- „
. • le
2^6 ViTADiS. Ambrosio
.„ cofternazione, in cui trovavafi, né tampoco alzare gli occhi;
le

„ e ie alcun altra avverfa cofa ti fuccedera, tu tornerai ad el-


„ lere mio nella ilels'ora. Quello adunque può prometterfi d'el-
„ Dio, che può dire come S. Paolo: L^ cojcien'z^ di nien-
fere di
5, te mi rimprovera (a). Quindi era, che quett' Apoltulo dice-
„ vafi fervo di Gesù Cristo, perchè non li conoiccva loggetto
„ ad alcuno. Ma io talvolti fono di Dio, talvolta della triftez-
„ za, o della collera, o delle parole inutili. Colui per tanto,
„ che ha molti padroni, non può dire con verità Signore Gesù ^ :

„ fofio tutto vofìro . Ed io altresì credo , che a cagione di iomi-


„ glianti padroni abbia aiTerito S. Paolo: A^ìcorchh altri vi Jiano^
„ / quali chiamnììfi Dei , o uel Cielo , o ttella terra , e che quin-

5, dì vi Jì ano molti Dei f


e molti Signori^ 'nondimeno non v è per
5, noi , che un foto Dìo , che è il Padre , dal quale tutte le cofe

5, hanno ricevuto il loro ejfere , e fono fiate create (h) Eifen- .

5, docchè adunque queft' Apollolo fuffe tutto affatto del Verbo ,

5"^ volevano fperimenfare GEsh Cristo,


5, domanda a' Corinti:

5, che parlava per la di lui bocca . Io fono ^ diceva, di Gesù Cri-

5, sto, e Gesù Cristo gli rifpondeva, voi fiete mio. Final-


5, mente Gesù Cristo mandando Anania a S. Paolo , gli diffe:

5, Andate a trovare queft' uomo ^ perchè egli è un i/ìromento da me

„ eletto (e). E perchè egli ha perfevcrato ad eflere di Gesù


„ Cristo , ha meritato di riportare la corona della giuftizia, per
„ aver compiuto il fuo conflitto {d).
5,
Con il Profeta Davide
ragione adunque ha detto: lo fon
5, tutto vofìro , perchè egli è flato fempre del Signore. E per
3, rendere ragione dell' aver egli detto: Io fon tutto vofìro ^ ag-

5,
giugne , non cercando io altra cofa , che di appartenere a
5, Gesù Cristo. Sono gli altri, o Signore, folleciri di far ac-
„ quifto di gemme, ma io non cerco, che i voftri precetti, che
„ fono gli abbigliamenti della Criiliana giuftizia Unifcono al- .

;>,
tri le cafe della Citt^, e della campagna le une alle altre, dan-
do

(«) I. Cor. 4.
I
(f) ^f?. 9.
C^) I. Cor. 8.7;. 5.<5. I ià)z.Tm.i,.
.

Libro X. Capitolo Vf. 237


do COSI un aflai ampia cftenfione a' loro palazzi, come fé vo- „
lelìero abitare Ioli nella terra, ed elTere elTi ioli i padroni di „
queft' elemento, che è comune a tutti gli uomini. Si sforza- „
no altri d'impadronirfi d'una parte dell' aria , ma io trovo tut- „
ta l'ampiezza di mia eredita ne' voftri precetti . Ne io faprei „
rifolvermi a pofledere fé non ciò, che da voi affolutamcntc di- ,•>

pende. Il danaro, che io voglio ammaffare, è un danaro fpi- ,5

rituale, che unicamente confiltc ne' voftri oracoli. Dio è la „


mia porzione lo jo7t tutto "jojìro ; perchè la parte , che io
. „
pretendo nella mia eredità, non confifte né nell'oro, nènell'ar- :,

gento, ma Gesù Cristo lolo.


in
Il fin qui detto da S. Ambrofio può a noi baftare per ren-
derci periuaiì, affai fcarfo elfere il numero de' veri Criftiani in
quefti ultimi fecoli; poiché non merita di portar quefto nome
chi continuamente, e con ragione non può dire a Dio col cuo-
re, e colla bocca: Io fon tutto vojìro ; e iempre che il pec-
cato, che fignoreggia nella maggior parte de' Fedeli , può trat-
tenere dal fare una tale dichiarazione
C'infegna ancora nello iteflb tempo il Santo , che quan-
tunque la ftrada la quale conduce alla vita , fìa per le ftefla au-
,

gnila; nondimeno non lalcia di elfere fpazioia per i veri Cri-


Itiani,perchè che dilata i loro cuori , li porta ad
la carità ,

amare per fino i loro nemici „ O uomo, die' egli (//), quanto „
.

ampia è la voftra eftenfione, qualunque volta il voflro lenno, „


e la voftr' anima incapaci non fieno della vada eftenfione de' „
divini Comandamenti] Vafto è il precetto della carità: Ama- „
/f, ei dice, i vojìri nemici {b). Tutti ei comprende gli uo- 55
mini nella tenerezza della carità, non ne efcludendo neppure i „
nemici. Imperocché da che vi fono comprefi per fino ne- i „
mici potrà elferne alcuno elclufo ? A tal riguardo diffc l'Apo- „
•ftolo (e) Vivete in pace ^ fé ciò vi è pojjibile-, per quanto dt-
: „
pende da voi ^ con ogni for t a di perfone Non fi può dire né . „
a' Giudei, né a Pagani, che abbiano la pace con tutto il Mon- „
do:

{a) Ambrof.ineumdtmOihìì. I {e) Ronuiz. v.i%.


'
(b) Matth.'^.
, .

2^8 Vita DI S. Ambrosio


do eiTendocchè effì appena amino quelli, che fono a loro più
;

profTimi , al contrario de' Criftiani, a' quali non è permeilo il


lalciare di amare i loro (ledi nemici. Quando io parlo d'un
Criftiano, io parlo d'un uom
la pienezza della perfetto, tutta
divinità trovandofi in Gesù Cristo
poiché voi vi attri- . E
„ buiie il fuo nome, ed aver volete quello titolo, e quella qua-
„ lita , perchè non vorrete voi produrre quelle opere, che ad un
„ tal nome corrilpondono ? E d'onde deriva , che voi avete
„ una SI grande avverfione alla voltra perfezione ? Alcoltate
„ quello SI ampio precetto: Benedite coloro , che vi perjeguttano^
» e ÌÌ07I li m dedite .

Capitolo VII.

Che fecondo S. Amhrofto , // Crijìiano è un viaggiatore , che fi


,

sforza di arrivare al Cielo con la pratica della perfezione


Che la fervitk da lui prejìata a Gesù lo rende
libero . Che è un faldato , e quali deb-
bano ejfere le fue armi

LA grazia del Criftianefimo riabilitando


acquiflo di quella eterna felicità, per cui fu da Dio crea-
un Criftiano all'

to, induce S. Ambrofìo a confìderarlo come un viaggiatore,


che fi propone la cclefte Geruialemme, ed il foggiorno dell'
Eternità per termine del fuo viaggio. „ Di così difficile cam-
„ mino [ dice S. Ambrofìo C-'?) ] non è così facile il trovare
5, chi ne batta le vie; cioè il rinvenire un uomo, il cui Ipirito,
„ e volontà, pochifiimo commercio,
abbiano fa- e quafi neffuna
„ migliarità col fuo corpo. che non abbia la ben Un uomo,
,, menoma focietà con i vizj; che fia affatto infenfibile a quanto

5, vi è di più amabile, e lufinghevole; che vedendofi nell' inal-


„ zamento della più florida prolperità , non rimiri con difprezzo
colo-

( (T
) Ambrof, Enarrai, i . tn Gencf. ad Horcntian. ^.417.
Libro X. Capitolo VII. 235.

coloro, che a lui fono inferiori; che vincere non fi lafci dalla „
mitezza; che non fi opponga alle lodi, che fente darfi alle „
pcrfone di pietà, diminuendone la loro fama , ed il merito; „
che non fi laici dominare da veruna ambizione, e da defiderio „
alcuno di gloria, e che foffochi nel fuo cuore quante accende- „
re vi potrebbono vili , e terreftri brame l'avarizia, e la cupi- „
digia delle caduche ricchezze. Un uomo, la cui anima vale- „
vole fia a refiftere a' più poderofi aflalti della triftezza, né pof- „
fa concepire il ben minimo rilentimento per qualunque più „
ignominiolo oltraggio, ned effere refa inquieta dal fofpetto, o „
fcolTa con violenta'^ agitazione dalla impurità, o contro della „
quale poffano prevalere le carnali paffioni, e che giammai non ,>

pofla eflere tolta dalla tranquillità di lua quiete, fiafi dall' appe- „
tito delle vanitk, o da' lufinghevoli allettamenti delle voluttà. „
Se voi quindi mi date un uomo, che a qucfte sì vantaggiofe „
difpofizioni unifca le virtù tutte , la caltitìi , la fobrieta , I-a ,,
temperanza; un uomo, che ncffuna provi difficoltà nel repri- „
mere gli fregolati movimenti delle paffioni, eziandio più miti; „
che fappia ritenere dentro i confini di una lodevole modera- „
zione, e le fue cupidigie, ed i fuoi piaceri; che fia di baftan- „
te equità fornito per difcernere le oicure ed imbarazzate co-
, „
fé, e con uno Ipirito di tranquillità regoli le dubbiolc, ed in- „
certe che godendo affoluta padronanza fopra tutti i movi-
; „
menti e della carne , e dello ipirito mantenga le potenze in- „
teriori, ed elteriori in perfetta concordia , qual arbitro pieno „
di lapienza , e di rettitudine; e che finalmente fi trovi in una „
fincera diipofizione di riportare la corona del Martirio ,
qual- „
ora le nò pofla temere d'efiere da
gliene preientafle l'occafione , „
peflfimo configliere diil-olto ; queit' uomo farà da Dio , che è „
luo padre, fano ialite al Cielo, non folamente come luo ami- „
co, ma ancora come fuo figliuolo, acciocché ivi in lempiterno »
goda delle ricchezze della lua gloria, e della fua eredità.
Ma quello inalzamento del Criltiano non è il lolo vantag-
gio , che venga apportato dalla grazia della noftra ianta Reli-
gione. Ella ci fa altresì contrarre alleanze maravigliofe , le
quali
,

2^0 Vita di S. Ambrosio


quali in verun altra profelTiGne non fi trovano; ed ella fola è
quella, che può renderci tutto ad un tempo liberi, e Ichiavi.
Servire alla giuitizia (^), è la vera li-
, dice il nottro Santo
bertà. Imperocché un fervo , che è chiamato iervo del Signo-
re, è da lui fatto libero; e per contrario un uomo libero, il quale
è (lato chiamato al fervizio del Signore , divien iuo fervo, e
fuo fchiavo L'uno non meno, che l'altro di quelti ftati lono
.

al fommo eccellenti, ed in eltremo defiderabili; poiché si l'u-


no, che l'altro, ci foggettano a Gesù Cristo, fotto del qua-
le preziofa è la fervitù , e gloriofamente vantaggioia è la liber-
5, ta. La liberta è preziola per eflere acquilfata dal mento di
„ un fangue si preziolo , e divino ; e la fervitù è gloriolamcnte
5, vantaggioia ,
perchè i luoi legami , e le fue catene non fono

5, effetti dellafchiavitù, nella quale fi cade commettendo de' pec-


5, cati; né gemere fotto quell'eforbitante pelo, con cui ci
ci fa

5, oprimono gli enormi delitti; anzi il di lei giogo è affatto diver-


„ fo da quello, al quale volontariamente fi foggettano coloro, che
„ commettono cadono in iniquità, ed in difordi-
degli ecceffi, e
5, ni, che troppo (convengono all'onore delia primiera lor nalci-
5, ta Applicatevi o uomo allo ftudio della vera umiltà. Klrui-
.

5, tevi o uomo nella fcuola del grande Apoftolo , ed


apprendete
5, quale fia la forza , e la
virtù delle fue maffime falutari. Voi
„ dite, che fiete fchiavo; lappiate , che fiete libero voi vi van- ;

5, tate di effere libero, e voi fiete e fervo, e fchiavo. Imperoc-


„ che quello, il quale è fiato rifcactato come fchiavo, poffiede

„ la libertà; e quello , il quale effendo libero per la condizione

5, entrato
di fua nalcita è nella nolfra fanta Religione, ha il bei
j, vantaggio di riccnofcerfi fchiavo di Gesù Cristo, fotto l'im-
5, perio
del quale la fervitù, ugualmente che la libertà, lono un
„ incontraftabile ficurezza Chi potrà mai contraffare a S. Paolo
.

„ una piena cognizione del diritto? E non ha egli forfè faputo


„ diftinguere un rifcattato da un libero , allorché parlando non
55 già a cafo , ma di una maniera la più naturale , e la più pro-
pria

( fl ) Ambrof. lib, i . de]acob , & vita beata eap. 3.


Libro X. Capitolo VII. 241
pria ha detto ( /?): ^Juello , che sjjetido fchtavo ^ è chiamato al
fervtT^jo del Signore ; e Jimìlments quello., che ejfendo libero vi è
chiamato, diviene jchia'uo di Gesù Cristo. Infatti noi fumo
tutti redenti da Gesù Cristo , e neffuno di noi è libero, poi-
ché quanti fumo, fiamo nati nella lervitù, e nella Ichiavitu-
dine. Perchè adunque vi attribuite la liberta con un orgoglio
inloffribile, voi che fiete fchiavo per la condizione della vollra
naicita? Perchè vi vantate ingiuftamente di quei vani titoli di
nobiltà, voi, che avete ereditata la ichiavitù, venendo al mon-
do? Non lapete voi, che il peccato di Adamo, e d'Eva vi
aveva pofti in fervitù ? Non fapete voi , che Gesù Cristo
non vi ha lemplicemente comperati , ma vi ha rilcattati ?
L'Apoftolo S. Pietro vi dice ad alta voce: Noti eJJ'cre fiati voi
con lo sborfo di cofe corruttibili , comt l'oro , e l' argento rijcat- ,

tati dalla vanità paterna , ed ereditaria della vofìra prima vita y


ma dal [angue pre-ziofo di Gesù Cristo Agnello immacolato {b)
Voi adunque fiete redento da Gesù Cristo. Voi fiete Ino
Ibhiavo per il titolo della voftra creazione. Voi lo fiete per
quello della voftra redenzione , e debitore a lui fiete della vo-
ftra fervitù , come a voftro Signore , e come a vollro Reden-
tore. Né
v'immaginiate, chela qualità di redento fia rilpet-
to a voi una qualità inferiore a quella di perfona libera Se .

voi ne confiderate l'onore, e la dignità, ella è uguale; le voi


riflettete alla ficurezza della voftra perlona , ella è ancora più
vantaggioia, e più eccellente. Ella è uguale per la grazia di
una maggiore precauzione, che v'impedilce il cadere; più fic-
cura, perchè vi premunifce controia tentazione dell'orgoglio.
Voi non fiete ftato porto in liberta, le non perchè vi rammen-
tiate fempre dell'Autore della voftra liberazione , e perchè voi
reftiateconvinto dell'obbligazione di conofcere quello, al qua-
le voi fiete debitore di una obbedienza legittima, per non de-

cadere da quello Itato di liberta in caftigo della voltra eftrema ,.

ingratitudine Può darfi alcuno più felice di voi , poiché voi


. >.

regna-

ci ) 1. Cor. 7. X. 22. I
( ^) I. PfM. r. i8,

Tarn. II. Q.
242 Vita di S. Ambrosio
regnate fotto il Signore , al quale fervile , e poiché voi fietc
?>
falariato dal voftro padrone, e dal voftro protettore?
»
Può vederfi nelle opere del noftro Santo (<?) un affai ion-
go diicorfo, ch'ei fa per provare, che il folo (apientc è libero.
Effendocchè i Filoiofi Pagani aveffcro impiegati de' proliffi ra-
gionamenti, per attribuire quefta lapienza, egli moItra,non tro-
varfi effa che nella Religione Criftiana, e per conleguenza i foli
Criftiani effere liberi. Imperocché dopo avere rapportata una
lettera affai generola di Calano Gimnolofiila degli Indiani, fcrit-
ta ad Aleffandro il Grande , fa quella rifleffione. „ Eccovi,
„ die' egli, delle eccellenti parole; ma parole, che altro per veri-
„ ta non fono, che parole. Eccovi una ammirabile coftanza, ed
„ una lettera maravigliofa ; ella però non lalcia d'effere una let-
„ tera d'un Filoiofo. Ma donzelle femplici , ma eccclfe tanto
» fra di noi per l'accefiffima brama di morire, fi fono formata una
fcala per alcendere fino al Cielo. Che dirò delle lantc Tecla,
Agneie, e Pelagia , quelle tanto nobili Verginelle, che quafi
piante di raro innefto crefcendo fui cominciare del loro vivere,
fono ite incontro alla morte, come le andaffero all'immortalità?

Ha una vergine efultato per la gioja da lei provata, vedendofi


nel mezzo de' lioni, e fi è fatta vedere aJpettare intrepida i
morfi di quelle feroci beftie, che rugivano d'intorno a lei. E
per confrontare le azioni de' noftri Santi con quelle de' Gimno-
lofifti, S. Lorenzo ha col generofo fuo operare date convincenti

prove di quell'invitta intrepidezza , di cui Calano non ne ha


date altre prove , che di vantarfene; poiché S.Lorenzo effen-
do bruciato vivo, e fopravivendo alle fiamme, che lo tormen-
?>
tavano, diffe al fuo tiranno: rivolta^ e mangta. Il conflitto

))
de' tre giovanetti della diicendenza di Abramo, che
erano cat-
tivi in Babilonia, e quello de'Macabci, iono altresì illuftri mo-
5>
numenti di quefta generofiia; poiché i primi cantavano nel mez-
zo delle fiamme, ed i fecondi mvecc d'implorare pietà nel men-
55 tre che erano tormentati, fgridavano il lor crudele perfecuto-
rg>

(4) 'Enarrut, in Pfiil. 104.


Libro X. Capitolo VII. 243
re per maggiormente irritarlo.
,
D'onde chiaramente dedu-
cefi, efTere il Savio libero. Ma qual Eroina vie più Inblime,
e generola di S. Pelagia, la quale vedendofi circondata da' per-
lecutori, diceva, prima di prclentarfi dinanzi a loro Trop- :

po volentieri io muojo, ne perlona olerà Itendere la mano fo-

pra di me
per toccarmi diloneftamente nelTuno potrà vantarli :

d'aver violata la mia Verginità con ifguardi impudichi. Io


porterò con me il mio onore, e la mia caftita Io falverò la .

mia pudicizia , né per verun attentato ella contrarra alcuna


macchia. QLielti Icclerati , e quelli carnefici niente profitte-
ranno iopra di me con la loro intolenza. Purché Pelagia fe-
gua Gesù Cristo , nelTuno le toglierà la fua liberta , nefluno
le rapirà né la generofita della lua tede , né la gloria della fua
pudicizia, né vantaggio di lafciare, invece d'una feconda po-
il

Ilerita, una affai illultre fama di fua prudenza , e del fuo fa-
pere. Quefto mio corpo, che è foggetco alla fervitù, dimore-
rà fopra la terra , ma farà difefo dalla crudeltà de' miei car-
nefici , perché elfi non potranno farne alcun ufo. La libertà
adunque di quella Vergine è Rata (traordinariamente generolà ;
poiché trovandofi circondata da una truppa di manigoldi, ella
giammai non ha temuto mezzo de' pericoli, a' quali fi ve-
nel
deva cipolla, di perdere tutto ad un tempo e la purità, e la
vita.
S. Ambrofio confiderà ancora il Griftiano come un folda-
to, che trovifi in continua guerra , che deve combattere ma
con fiducia, avendo Dio per protettore , e per armi, che lo
rendono invincibile, la pratica de' fuoi Comandamenti. „ Io „
mi ricordo [ dice il Santo { a ) predicando al fuo Popolo ] ài „
avervi più volte detto , non doverfi da noi temere gli Itrepi- „
ti, ed i tumulti della guerra, ed il numero de' nollri nemici, „
avvegnacchè (Iraordinariamente copiolo pofiTa effere, né dove- „
re Ipavcntarci, perchè, come dice l'Apollolo S.Giovanni (/^), „
quello, che è in noi, è più grande di quello, che è nel Mon- „
do :

{a) Serm. i . de Elifao Froph. \ ( i) i . Jo. 4. "u.


.

244 Vita di S. Ambrosio


do; cioè, che Gesù Cristo ha maggior forza per difendere i

fuoi fervi , di quella ne abbia il Demonio per lufcitare contro


di efli degli avverlarj . In fatti quantunque il Demonio radu-
ni le fue truppe da tutte le parti, e le armi di crudeltà , e
di furore contro di noi; nondimeno facile è il vincerle, ed il
diftruggerle, perchè il noftro divin Salvadore procura al fuo
Popolo un più forzofo loccorfo, e per ogni parte lo circonda
di truppe aufiliarie , ficcome ci dice il Profeta con quelle pa-
role : Gli yingfol't del Signore fi accampano nel me-i^ di quel-
li ^ che lo temono^ per metterli in ftcure-z^ ^^^^ ^^ l'An-
i^)'
gelo del Signore lalva da' pericoli quelli , che Io temono ;
chiunque ha il fanto timore di Dio non deve temere i barba-
ri, né paventare il furore de' iuoi nemici , purché oflTervi i
Comandamenti di Gesù Cristo con una fedeltà inviolabile .
Imperocché i Comandamenti di Gesù Cristo fono armi, che
rendono invincibili i Criiliani , ed il timore di Dio sbandifce
dalle lor anime il vano terrore de' loro nemici. Le armi, eh'
egli ci badate per difenderci, fono l'orazione, l'elemofina, ed
il digiuno, il quale è quello, che più di tutti ha forza per di-
fenderci . L'elemofina poi ha affai maggior efficacia della vio-
lenza , e del latrocinio; né v'è freccia alcuna, che con mag-
gior forza , e violenza vada a ferire i noftri nemici , quanto
la preghiera. In fatti convien vedere da vicino i fuoi nemici
per ferirli con delle freccie ma l'orazione li trapaffa , quand'
;

anche trovinfi affai lontani da noi

Ca-

(«) Pfal. 33. V. 8.


. .

Libro X. Capitolo Vili, 245

Capitolo Vili.
Che un Crijìiang deve onorare Dio col rendimento di gmxje ,
e con una continua oraT^ione

SAnt' Ambrosio non folamente


perfuade come necefTaria
ci
la preghiera per nemici, ma altresì ce la
refifterc a' noftri
raccomanda, come uno de' più elTenziali doveri della Religio-
ne Cnlliana ; ne può ioffrire ringratinidinc , e l'acciecamento
di coloro, i quali elicendo da Dio ricolmati di bencfizj, né po-
tendo luflìflere fenza il di lui foccorfo , non fi curano né di
ringraziarlo de' Tuoi doni , né di meritarfi le fue grazie con
continue orazioni
Sono coftoro, die' egli (/z), fervi ingrati del Signore, i „
quali non lo temono come lor padrone, ed avendo l'onore di „
eflere luoi figliuoli, non fi curano di onorarlo come lor padre.

Iddio dice per bocca d'un fuo Profeta (^): Se io fono njojìro „
Signore , 00' e il timore , che voi ftete obbligati ad avere per me? „
e Je io fon vofìro Padre , ov è l amore , che voi mi dovete ? „
Cioè, le voi fiete fervo di Dio, loddisfate al dovere, che vi „
ftringe con effolui di un rilpettofo timore ; e le voi fiete fuo „
figliuolo, rendetegli, come a veltro Padre, ciò, che una pietà „
piena d'affetto, e di tenerezza efigge da voi. Ma voi non lo „
ringraziate de' fuoi beneficj. Voi non amate Dio , né altresì „
lo temete. Adunque voi fiete verlo di lui od un fervo ribel- „
le, od un figliuolo protervo, e baldanzofo. „
Chi è adunque vero Criftiano deve inceffantemente pub- „
blicare le lodi di fuo Padre, e del fuo Signore, e fare tutte le „
fue azioni per la di lui gloria, fecondo quelle parole dell' Apo- „
dolo: O voi mangiate.^ beviate^ qualunque altra cofa fac- „
date , fate tutto per la gloria del Signore ( f ) Voi vedete „ .

quali

(a) Serm. in MalachiamProphetam. i {e) i. Cor. IO. •v. 5.


(A) Maiach. 1. V. 6. \

T,m. u. Qui
,

2a5 Vita di S. Ambrosio


„ quali debbono cffere i conviti de' Criftiani , fecondo S. Paolo ,
„ acciocché la grazia di Gesù Cristo, piuttofto che le vivande
„ imbandite iopra la tavola , fia il loro nodrimento , e le loro
„ delizie ; ed acciocché la frequente invocazione del nome di
„ Dio affai più contribuifca alla fulliiìenza degli uomini, che il
„ copiofo numero delle vivande loro appreftatc , ed affine che
„ effi ridorino la loro fame con i rendimenti di grazie , piutto-

„ fto che con l'abbondante lautezza de' cibi corporali.

„ Fate ogni cofa , dice quello grande Apoftoio, per la gloria


„ di Dio. Vuole egli adunque, ciò infinuando, che tutte le no-
„ ftre azioni fieno fritte in compagnia di Gesù Cristo , ed alla
„ fua prelenza ; di lorta eh' egli fia l'autore, ed il principio di
„ quanto noi facciamo di bene, e di quanto omettiamo di male,
„ iul riflelTo di quella
s'i llretta famigliarità, che noi abbiamo con

„ lui. Imperocché ogni uomo, il quale fa effere Gesù Cristo


„ con lui, fi vergogna di cedere alle tentazioni, che lo affalgono;
„ e di commettere azioni indegne alla prefenza di Gesù Cristo,
„ il quale ci foccorre, ed aflifte nelle opere di pietk, e ci prefer-

„ va dalle male operazioni.


„ Quando adunque noi ci alziamo fu lo fpuntar dei giorno,
„ prima di ufcire dalia noftra camera, rendere dobbiamo grazie
„ al noftro Salvadore, e premettere a tutte le azioni domeniche,
„ nelle quali ci farà d'uopo occuparci nel reftante del giorno
„ quefta azione di pietà, ringraziandolo, che ci, abbia confervati
„ nella precedente notte, e lalciati placidamente dormire ne' no-
„ ftri letti. A qual altro mai, fuori che a Dio debbefi attribuire
„ la confervazione di quello, che dorme? poiché abbandonandofi
j,taluno al fonno , ed obbliando quant' ha di vigore , e di forza , egli
„ è talmente fuora di le ilefìTo, che più non fa né ciò, eh' egli fiafi,
„ né ove trovifi, ridotto all'impotenza di affiftere a fé medefl-
„ mo. Perlocché è neceflàrio , che Dio affilia quelli, che dor-
„ mono, eflendo eglino incapaci di procurare a loro fteffi alcun
„ foccorfo, ed egli in fatti é quel folo, che in tempo di notte
„ prelerva gli uomini da' pericoli, altri non vi efiendo, che per
j, loro veglj Io dunque fono a lui debitore della bontà , che
.

ha

I
LiBkoX. Capitolo Vili. 247
ha acciocché io pofTa dormire con ficurezza, ri-
di vegliare, ,

cevcndoci egli come nel leno di un dolce ripofo, mentre noi ,

andiamo a coricarci ne' nollri letti, e conlervandoci come in ,

una fpecie di tcloro di tranquilliti, e di pace, col difenderci ,

dalla luce coli' ol'curiti delletenebre della notte , con cui ci ,

copre, e ci circonda, acciocché la malizia degli uomini, che, ,

durante il giorno, ci perleguitavano , fia reipinta dalle tene- ,

bre, ed acciocché l'olcurita dia a quelli, che lono fianchi, ed ,

affaticati, quella pace, e ripofo, che loro non verrebbe accor- ,

data, per mancanza di umanità, da quelli, che fono della loro ,

fleffa Ipecie, e natura .In fatti gli uomini, che odiano i loro ,

nemici, non fapendo più ove trovarli in tempo di notte per ,

continuare contro di elfi le loro perfecuzioni , e violenze , de- ,

fìftono, loro mal grado , dal contrailare quella pace, che non ,

avevano voluta di buona voglia ad effi accordare. Noi dob- ,

biamo adunque , quando ci alziamo , rendere grazie a Gesù ,

Cristo, e munirci, avanti dar cominciamento ad ogni azione ,

della giornata , col legno del divin Salvadore .Non eravate ,

voi premurofi de' fegni , quando voi eravate tuttavia dediti ,

alla luperllizione del Paganefimo , e non ricercavate voi allo- ,

ra con ilcrupoloia , ed aniiofa lollecitudine quelli, che lembra- ,

vano promettere a voi vantaggiofi avvenimenti ? Io non vo- ,

glio adelTo, che manchiate nel fiflare il numero di quefli fegni; ,

lappiate per tanto, un folo a voi convenirne, cioè quello di Gè- ,

su Cristo, il quale è da le folo ballante per afficurare la fé- ,

licita, e la proiperita di tutto il Mondo. Quelli, che ave- ,

ranno coniultato quello legno, prima di dar principio a femi- ,

narc, mieteranno la vita eterna. Qiielli, che lo avcranno di- ,

nanzi agli occhi nell' intraprendere il gran viaggio del Cielo, ,

vi arriveranno felicemente. Qi.ie(to nome adunque è quello, ,

che deve regolare la noflra condotta, e che da noi debbefi ri- ,

petere in tutti i momenti della noflra vita, perchè, come dice ,

i'Apoflolo, i?i lui viviamo , ci moviamo , e ftamo (<?). Con-


viene

Q IV
248 Vita di S. Ambrosio
„ viene poi ancora lodare Iddio la fera colla Salmodia, e canta-
„ re con ianta compiacenza la fua gloria, acciocché avendo dato
„ fine a tutti i noltri travaglj, che iono altrettanti combattimen-
„ ti , meritiamo di gallare la dolcezza del ripolo , come frutto
„ della noftra vittoria, e che il fonno, che ci fa fcordare di tut-
„ te le noltre fatiche, ne fia come la palma, e la ricompenfa.
Né a' foli folitarj, ed alle Iole vergini Criftiane, ma a
tutto il Popolo di Milano raccomandava S. Ambrofio l'orazio-
ne della notte, fpiegando quelle parole di Davide: lo mi al-
Zanja nel me-zj^ della notte per conjejfare , e lodare la fomma
giujìlzja de comandamenti
-vojìri Né credeva d'imporre a' lai-
.

ci del fuo tempo un giogo troppo duro , ed iniopportabile,


quando loro proponeva di alzarli a mezza notte per pregare
Iddio. „ Il giorno, diceva (z^), non baila per la preghiera,
„ conviene adunque levarfi di notte per applicarvifi , ed ancora
„ a mezza notte. Gesù Cristo fteflb ha paiTata tutta la notte
„ in queft' efercizio , a fine d'invitarvi col luo efemplo a pregar
„ Dio. Dimandava egli al fuo Padre la remilTione de' vollri
„ peccati, quando nella preghiera occupavafi ; e quantunque ci
„ ve la imploralTe dal luo Padre, non lalciava però di procurar-
„ vela colla fua propria potenza, e colla fua fuprema autorità.
„ Ma riflettete, che il Profeta non vi dice folamente, che vi al-
„ ziate a mezza notte, ma eh' ei vi obbliga ad alzarvi di notte,
„ e principalmente a mezza notte; imperocché aveva già detto,
„ che conviene levarfi di notte Signore^ quefte fono le fue pa-
:

„ role, io mi ricordo del vofìro nome in tempo di notte, Tut-


„ ti pofibno ridurfi alla memoria il nome di Dio, fenza però al-
„ zarfi Tutti pofTono alzarfi , ed indi domandare a Dio quan-
.

„ to ad elfi verrà in mente. Perlocchè il Salmifta aggiugne:


„ lo mi levo nel ìnezj^o della jìotte , per inlegnarvi , effere
„ quello il tempo proprio per lorgcre dal letto. Né fenza ra-
„ gione aggiunte il Salmifta le feguenti parole, per lodarvi^ vale
„ a dire, che noi dobbiamo pregare Dio principalmente in que-
llo

(M) O^on*r. 8 in Pfalm. 118.


.
"Libro X. Capitolo Vili. 245?

fto tempo, e piangere i né a lui domandare il „


noltri peccati;
perdono (olamente da noi per l'addietro commein, ma „
di quelli
altresì la grazia di ichivare quelli , che porremmo commette-

re per l'avvenire. „
E ciò perchè [ profiegue a dir Sant' Ambrofio ] in quefto „
tempo ci alTalgono molte tentazioni; perchè quefto è il tempo, „
in cui i piaceri della carne tutte pongono in opera le loro In-

finghe, e le loro forze per indurci a compiacerla; perchè allo- „
ra il Demonio , che ci tenta , cagiona in noi delle illufioni „ .

Quello è il tempo, in cui fi quanto


bevuto, e man-
digeriice fi è

giato, in cui lo llomaco è infermo, in cui lo Ipirito foccombe al „
lonno, in cui l'anima è ingombrata; di Iona che il calore, che „
iì fomenta nel dormire, fi accrelce nel corpo di quelli, che ri- „
polano; o fé non fi prende fonno, non fi ha vigore baflevole per „
refillerc a quefte violente agitazioni. Né lafcia il Demonio di „
raddoppiare in fomir;lianti cimenti li fuoi sforzi, e di tutte tende- „
re le lue infidie, per far cadere coloro, che non iftanno bene all'

erta. I fpiriti maligni fimilmente fpargono fopra di noi le loro „
tenebre, e fi sforzano
indurci ad ogni fpecie di colpa in que- „
d'
fto tempo, nel quale nefluno può eflervi o complice, o Ipet-

tatore de' noflri misfatti. Varj coftoro fufcitano contrafti, e „
tumulti nel cuore di chi dorme, e le da eflb viene loro fatta „
refiftenza ,
procurano di abbattere la fua fermezza , con prò- „
porre a lui l'elemplo di alcuni Santi , divenuti colpevoli di falli

fomiglianti a quelli , ne' quali fi sforzano di farlo cadere ma „ ;

che da elfi poi furono efpiati con la penitenza, e de' quali altresì „
elfi ne ottennero l'implorato perdono. Imperocché, febbene „
il noftro nemico di mala voglia ci proponga alcuna penitenza „
da altri praticata ; nondimeno per potere iorprendere coloro , „
che attentamente vegliano fopra loro fteffi , e facilmente in- „
durli a que' peccati, che loro iuggerifce di commettere , li lu- „
finga con la fperanza di ottenerne un di il perdono. Ed al- „
lorchè trova qualche miferabile, che a lui dia orecchio, e vede, „
che non tanto l'amore della virtù , quanto il timore della pena „
lo allontana dal vizio, gli fa fare molte ri-flelfioni pericolofe
, „
e lo
2<o Vita di S.Ambrosio
„ e lo fa internamente difcorrere: Da chi fon io prefente-
cosi

j, -niente veduto? Io fono circondato dalle tenebre^ e dalle muraglie.

j, VAltiJfimo non mi vede I nofiri peccati fin a lui non gtungo-


.

„ no , ne ei fi prende la pena di conftderare le difonefìe noftre aTJio-


„ }2Ì (a). L'ufo, e la fperienza ci fanno conofcere, che ciò pur
„ troppo fuccede , né mancano efempli, che di ciò ne convinco-
„ no, non vi eflendo alcuno, che vada elente dalla tentazione.
„ E ficcome poi il tempo della notte è affai fecondo di tentazio-
„ ni; così egli è il tempo de' caftighi, e de' fuppliz), come fuc-
„ cedette ne' primogeniti degli Egizj , i quali furono nella mez-
„ za notte efterminati.
Avendo S. Ambrofio narrata quella mifteriofa ftoria dice,
che ficcome Mosè, per prevenire il terribile efietto della ven-
detta di Dio , fece mangiare l'agnello Palquale al luo Popolo ;
cosi i debbono difenderfi dalle tentazioni del lor ne-
Criftiani
mico, mangiando il Corpo di Gesù Cristo , in cui trovafi la
remiffione de' peccati preghiera della divina reconciliazio-
, la
ne, e la protezione eterna. „ Ricevete [die' egli] il noftro Si-
„ gnor Gesù Cristo nella voftr' anima, come in un luogo, nel
5,
quale ei debba fare la fua dimora. Ov' è il Corpo di Gesù
„ Cristo, ivi altresì è egli fteffo . E quando il voltro nemico
„ vedrk , che l'albergo da voi preparatogli è ripieno dello fplen-
„ dorè della divina prefenza, riconofcendo , che quel luogo, nel
„ quale egli fperava di far entrare le fue tentazioni , viene a lui
chiufo da Gesù Cristo , prenderà la fuga , e prontamente fi riii-
rerk, di modo che voi pafferete la meta della notte lenza fcanda-
lo, e fenza effere affaliti da alcuna tentazione. Il facrificio del-
la fera vi ricorda altresì l'obbligazione , che a voi corre di non

„ ifcordarvi mai di Gesù Cristo, c nel mettervi a giacere nel vo-


„ Uro letto, dimenticare non vi potrete di un Dio, al quale voi
„ avrete prefentata la voftra preghiera fui finire del giorno , ed
„ il quale avrà faziata la voftra fame , dandovi per alimento il
5>
proprio fuo Corpo. Imperocché lo fteflb penfiero, nel quale
voi

( « ) Eccl. 23.
Libro X. CAriTOLoVIII. ~ 251
voi vi farete fidati la fera , vi ripaffcra prontamente entro lo „
fpirito, quando voi vi rilveglierete. Gesù Cristo fteflb vi „
rifvegliera , e vi avvifcrk di alzarvi , e voi vi munirete coli' „
armi dell' orazione in un tempo, nel quale il Demonio ci attac- „
ca colie più violente tentazioni.
Propone ancora il Santo lu quello particolare la preghiera
fatta da S. Paolo, e da S. Siila nella prigione , durante la not-
te, e conchiude con le feguenti parole: „ Alzatevi adunque, e „
fate che la voltr' anima fi rilVegl). Qiiellojche vi cuftodifce, „
non fi lalcia lorprendere dal fonno, fé non vi trova addormen- „
tati; ed ei fi leverà, fé la voftra vigilanza lo rifveglia , e co- „
manderà ai venti, ed allora il voftro cuore, che era agitato da „
tante tempeftc, goderà di una maravigliofa tranquillità. Con- „
viene adunque, che noi ci leviamo a mezza notte , perchè que- „
fto è il tempo , in cui luol venire lo Ipolo Procurate, che que-
.

fio fpofo non vi trovi addormentati guardatevi dal lafciarvi op-
; „
primere dal fonno in guifa, che non polTiate accendere la voftra „
fiacola. Conviene alzarfi per lodar Dio e per rendergli le,

dovute grazie Conviene altresì confeflare i luoi eterni giù-
.

dizj, ed attribuire alla fua giuftizia tutto il bene, chea noi ne „
deriva. Ed o fiamo ricchi, o godiamo d'una perfetta fanità, „
cofa doveroia ella è , che tributiamo quella riconoicenza alla „
giuftizia del Signor noftro, perchè è giufto ed acciocché tro- ; „
vandoci noi caduti in quefta noftra corporale infermità, perla „
dilgraziata forte della noftra natura, che è adeffo priva di que' „
vantaggi, de' quali una volta godeva, ci ci ajuti a iollevarcene, „
ufando di iua mifericordia nel darci quella forza, e vigore, che „
a tal uopo richiedcfi. Chiara cofa adunque ella è, che né dì, „
né notte, né in qualfivoglia tempo dobbiamo ceffare di adem- „
fiere quefto dovere , e che nefllin momento vi ha , in cui non „
fiamo tenuti a rendere inceffantemente grazie a Dio.
E forza il confeflfare , che quefto difcorfo di S. Ambrofio
fia poco conforme a' coftumi della maggior parte de' Criftiani

del noftro fecolo , le orecchie de' quali fi offenderebbero, le i

predicatori, che loro annunziano le Evangeliche verità, ad elfi


per-
. .

252 ViTADiS. Ambrosio


perfiiaciefrero l'alzarfi nella notte per pregare Iddio . Ma noi
a non altro dobbiamo attribuire queft' edrema dilicatezza, che
alla noftra tiepidezza, ed al noftro rilafTamento, né ol'are dob-
biamo di acculare il noftro Santo di uno zelo indilcreto, poiché
abbiam veduto efferfi fimilmente da S. Giovanni Griloftomo rac-
comandata al Popolo di Coftantinopoli quefta pratica di orare
in tempo di notte dalla quale ei neppure efenta i piccioli
,

fanciulli

Capitolo IX.

Che la preghiera è una efclama':i^07ìe dell' anima , che ne denota


il fervore^ e che ella deve ejfere accompagnata
dalla perfeveran7:a

che da noi fi è riferito della condotta di S. Ambrofio,


CIÒ,
e de' felici da Dio conceduti alla fua pietà ne'
luccelTi
più pericolofi affari della Chiefa, e dell'Imperio, ci deve ren-
dere invincibilmente intefi de' lumi ftraordinarj da lui avuti
circa l'efficacia dell'orazione , della quale con una maniera la
più penetrante ieppe infinuarne l'amore a' fuoi popoli. Una
però delle più importanti lezioni da lui date fu quefta mate-
ria, è d'applicarvifi con fervore, e con perfeveranza, non di-
mandando a Dio, fé non fé cole degne di un anima veramen-
te Criftiana.
Tale neceffità ce la dinota particolarmente , fpiegando
quelle parole del Salmifta: Mio Dio^ io ho indri^^ati verfo di
voi i ahi clamori della mia voce con rutto /' affetto del mio
piti

cuore ; efauditemi , ve ne prego , acciocché )o ojfervi i vojìri co-


mandamenti Imperocché dopo aver propofto l'efempio di quc-
,

fto gran Re, il quale fi è veduto perfeguitato in tutto il corfo


della lua vita , quando da Saule , e quando dal luo proprio
Figliuolo, dice: che quefti nemici vifibili dovevanfi da lui te-
mere meno degl'invifibili , che ci fanno guerra, e per difen-
derfi
Libro X. Capitolo! X. 253
derfi da i quali , cioè dagli aflalti de' Demonj , alzava Davide
verfo Iddio i iuoi clamori con tutto il tuo cuore . „ Per ve-
rità, [die' egli (a)] allorché fi tratta di gridare contro il De-

monio, convien anzi impiegarvi la forza dell' animo, e del cuo-


re, che quella della vocg . Nondimeno il cuore non lalcia di
avere la Tua voce, ficcome il langue ha la iua, che giugno fino „
a Dio , il quale dille a Caino L^ "joce del [angue del tuo fratello „
:

grida "verfo dì me (If). Forma adunque il nodro cuore le lue „


grida, che non fono elteriori , e icnfibili, ma che confillono nel- „
la lublimitade'peniìeri, e nell'armonia delle virtù. Grida la „
Fede in tuono ben alto, e lonoro; ed a cagione dello fpirito , „
che ci vien Ibmminiftrato dall'adozione di figliuoli di Dio, noi „
alziamo le nolìre voci, e diciamo Mio Padre., mio Padre (e), „
e lo Ipirito di Dio parla in noi. La giullizia, e la calHtà han- „
no altresì una voce affai alta, gagliarda, e penetrante; poiché „
elleno fanno parlare i Santi anche dopo la loro morte, ne Io- „
lamente tanno efli parlare, ma ancora gridare, come Abele (d). „
Per contrario l'anima del peccatore ne parla, né grida, mentr' „
egli vive, poiché ella è morta , ella niente ha né di lublime, „
né di magnifico, ne di fomigliante a quella degli Apolloli, de' „
quali fta Icritto , eòe il Juono della lor foce ha rimbombato per ,>
tutta la terra , e che la loro parola Jt è fatta Jentire fino alle

ejìremità della terra (e).

Mosé (/) balbettava, e parlava con della difficolta; non- „
dimeno Dio lo intendeva meglio di tutto il rcftante del fuo Popò- „
lo. Si fa egli tuttavia intendere ogni giorno nella Chiefa, ed Ioli
„ i

Giudei fono quelli, che non l'intendono , perché quantunque „


aprano le orecchie del corpo per alcoltare i tuoi diicorfi, il loro „
cuore non ne ha f intelligenza. Dio dice altresì ad un altro „
Profeta Al-:^te la vofìra voce con tutte le 'vofìre forze (5)
:
)>

Nondimeno non trovafi Icritto , che Anna abbia gridato nel „


fuo

( a) Ambrof. ORon. 1 9. in PJal. 1 1 8. (O Pfnl. 18. V. 4.


( i) Gcn. 4. ( / ) Exod. 4.
( f ) Rom. 8.
{ci) I. Tini, 4.
.,

2<d. ViTADiS. Ambrosio


fuo cuore come Mese, ma folamente dicetì , che ella parla-
va (<«). E ciò ferie, perchè ella domandava de' figliuoli , cioè
perchè la grazia da lei domandata con sipremurofe irtanze, non
confifteva, che in un bene privato, e non in pubbliche bene-
dizioni. Ma perchè ella ricorreva a Dio per domandargli de'
figliuoli, promettendo quand' ei gliele avet-
di offerirli a lui,
fe conceduti, per quefto che ella parlava con Dio
dicefi foltanto
,

Al contrario di Mosè dicefi, che gridava, perchè non prega-


va egli per le flieffo, ma per tutto il fuo Popolo, e per quello
©bbligò Iddio a dirgli Perchè gridate -voi così ?
: In fatti ei
gridava per uno zelo pieno di pietà , e per uu profondo lenti-
mento , onde la di lui voce rilonava fino nel Cielo, doman-
dando una grazia, che richiedeva miracoli i più grandi , edi più
celefti , qual era quella di poter cambiare gli elementi. Final-
mente , per qui tutta rapportare la ferie di quella ftoria , Faraone
flava in procinto di ifcagliarfi fopra di lui , e fopra tutto il luo
Popolo, ed effendo circondato da una infinita di carri Egiziani
gagliardamente incalzava gli Ifdraeliti. Da una parte il Po-
polo di Dio vedevafi attorniato da una prodigiofa moltitudine
di nemici, e dall' altra il mare fi opponeva al fuo paffaggio
e gli impoffibilitava il ritiro , e la fuga . Più a lui non reftava
luogo di confidare nelle fue armi , e di fperare nelle fue forze.
Qi-ieflo Profeta fentiva folamente intorno a fé il confufo mor-
morio di un Popolaccio ammutinato, che neffuna compafTione
meritava, flantecchè colle fue doglianze rimproveravagli, che
a lui farebbe (lato più vantaggioìo i'afibggettarfi nell' Egitto
a' più inlofiVibili pefi che difgra-
di duriffima oppreffione ,

ziatamente perire nel deferto con sì crudel morte . Que-


flc doglianze però a lui nelTun foccorfo recavano , né alcun fo-
glievo, né erano valevoli, che a rendere più enorme il fuo pec-
cato. Mosè adunque flava nel mezzo di quello Popolo, da
fomma triftezza oppreffo , pieno d'inquietudine , e per i peri-
coli, a' quali vedeva efpollo il fuo Popolo, e per le di lui do-
glianze,

(«) I. Reg, I. ,
Libro X. CapitoloIX. 255
glianze ed afpettava radempimento delle promeffe fattegli da
,
5>
Dio , e lenza dire la menoma parola andava tra le ItelTo pen-
lando di qua! mezzo Icrvirebbcfi la di lui Previdenza per affi-
fterlo in queit' occafione , rammentandofi della Tua bontà, e
fcordandoli dell' ingiuria , che a lui faceva quella s\ ingrata
gente. Allora fu, che Iddio gli diffe Perchè efclamate voi w
:

coù verfo d't me? Noto non è a me l'elleriore luono della pa-
rola di Mosè, ma non laicio però di riconolcere la di lui voce.
ti
Io leggo nella Scrittura elprelTo loitanto il luofilenzio; male
fuc opere m' inducono a credere, eh' egli effettivamente indi-
»
rizzava le lue voci a Dio . Il Popolo prorompeva in alti fchia-
mazzi e Dio non l'afcoltava. Mosè neppure una parola di-
,

ceva, e Dio afcoltava la di lui voce. Qiiindi è , che Iddio non


dice al Popolo Perchè gridate voi così ? perchè il Popolo non
:

gridava verlo Dio quando co' luoi clamori domandava cole così
ingiulte , ed indegne di effere domandate da uomini .» Ma a Mosè
folamente dice Iddio: Perchè gridate voi verfo di me? Voi folo
liete quello che a me indirizzate le voftre voci , poiché voi
,
>?
folo fiete quello, che in me collocate la vcitra fperanza Al- .

tri non v'è, che a me rivolto favelli, fuori di voi; poiché

voi lolo liete quello, che afpcttate, che il mio nome fia an- •)•)

nunziato per tutta la terra Mosè adunque gridava nel fuo


.

cuore, né v'c alcun favio, che non faccia la Itefla cola. Fi-
nalmente la Sapienza Itclfa alzando il tuono di fua voce , ci 5)
invita a riltorarci alla lua tazza, e ci dice: Lafciate la follia ^ 5)
e cercate la fapienr!:^ (a). Qjjefto difcorfo è affatto lublime ,

quella elortazione venir non può, che da una voce gagliarda,


»
e poffente; poiché ella promette la lapienza ad uomini itolti,
ed inlenlati .Gesù Cristo ftelfo alzava la fua voce per
dire:^ Se alcuno ha Jet e ^ a me ne venga ^ e beva (b), E cer-
tamente ei gridava ad alta voce, allorché con quelle parole „
chiamava gli uommi al Regno de' Cieli, ed invitava a quella „
bevanda sì adorabile , che infundc nelle noltr' anime il frutto „
della vita eterna. Do-

(#) Prov. 9. I ( *) Ji»iy>n- 7- "v- 27.


2<6 ViTADiS. Ambrosio
Domandate adunque quando voi pregate, cioè
cofe grandi

„ beni eterni, e non tranfitorj, e caduchi. Pregate Dio, che a
„ voi conceda cole affatto divine, e celefti , acciocché voi fiate
„ come gli Angeli di Dio nel Cielo Non vi curate di pregare
.

„ Dio, che vi conceda argento, perchè egli è loggctto alla rug-


„ gine; né oro, perchè non è, che un metallo; né tenute, che
„ altro non fono, che terra. Somigliante preghiera non giugne
„ a Dio, il quale non alcolta domande, che giudica indegne di
„ effere da lui elaudite, né afcolta , che quella voce, la quale

„ dalla pietà formafi in un cuore, quella voce sì piena di divo-


„ zione, e di grazia. Non convien adunque folamente gridare,
„ ma gridare con tutto il cuore. E ficcome i clamori, che for-
„ manfi con il corpo , fi fanno perfettamente allorché tutta aprefi,
„ la bocca per gridare ; così convien gridare fpiritualmente con

„ tutto il cuore, le vogliamo, che Dio a noi conceda eccelle grazie,


„ ed ottenere bramiamo dalla iua beneficenza, che fieno eiaudite le
„ noftre preghiere, e le noftre domansle Efiggeva egli dal Po-
.

„ polo tal forta di voci , e di clamori ; ma perchè non fentiva


„ egli quefto mirteriolo favellare, amaro gliene faceva il rim-

„ provero, dicendogli: ^uejìo Popolo mi otiora colle labbra^ ma


„ // fuo cuore è aj^at loììtano da me (^). Iddio adunque efau-
„ dilce foltanto quelli, il cui cuore a lui avvicinafi; d'onde for-
j, za è concludere , neceffariamente richiedcrfi , che il cuore par-
„ li, acciocché il fuo dilcorlo poffa effere afcoltato . La gran-
„ dczza, e l'inalzamento del Crirtiano conofcefi dalla qualità del-
„ le cofe, ch'egli deve domandare a Dio; e quando egli a lui
„ accoftafi per mezzo dell'orazione, è obbligato a foUevarfi fo-
„ pra le ftelfo, e lopra tutti gli affetti baffi, e terreni, per non
„ defiderare che beni fpirituali, e degni dell' eccellenza del fuo
,

„ ftato . Dice pertanto 11 noftro Santo , averci voluto Gesù


„ Cristo ciò denotare, quand' egli fece la fua orazione fopra di
„ una montagna. Tutti quelli, che pregano, die' egli (^), non
„ falgono, per ciò fare, fopra di una montagna; imperocché vi
è una

'
(^a^ Manh.\<j.v.^. \ {l>) Lio. ^. Commentar, in Lue. e. 6.
.

Libro X. Capitolo IX. 257


è una forta di preghiera, la quale tramutafi in peccato (/?);
ma chiunque la orare, come conviene, lollevandofi dalle cole
della terra a quelle del Cielo , alcende fino alla fommitìi di
ciò 5 che può degnamente occupare le Tue foilccitudini, con la
ricerca di beni 1 più eccellenti, e piìi lublimi Ogn' uomo, .

che è anfiolamenre loUecito delle ricchezze , e degli onori di


quello Mondo , o che vuole ingiuftamente impoffefrarfi delle
terre del luo proflTinio, non alcende fopra una montagna, ma
quello loltanto vi fi porta, che cerca Dio, ed a lui tlomanda
il ioccorlo della lua grazia per compiere lautamente la fua car-

riera. Tutti coloro, che lono grandi, tutti quelli, che han-
no uno fpirito lublime , ed elevato alcendono il monte. Im-
perocché non ha il Profeta detto indifferentemente ad ogni for- „
ta di perlone: Salite [opra dd mo7ìte voi ^ che annun'ziatc l'È-

•vangeito a Gi'rufalcmmc (/»). Salite fopra quello monte non
con i piedi del voftro corpo , ma colla fublimita delle vodrc
azioni, e (eguite Gesù Cristo, per potere voi fteffi divenire
una moutagna , ftantecchè egli è circondato da' monti (e).
Per quello dice l'Evangelio , che i ioli Dilcepoìi lalirono fui
monte con quello divin Salvadore .

Ma qualunque traggafi vantaggio dalla preghiera, ella ci


fark inutile qualora vada dilgiunta dalla fiducia., e dalla perfe-
vcranz.1 Imperocché Gesìi Cristo vuole , che fi batta {d)
,

alla di lui porta per domandargli del pane, e la nollra impor-


tunità è da lui gradita. Non vi è ai-certo cofa, che da noi
Ipcrare non fi debba, dopo l'efprefTo comando da lui a noi s'i
fovente replicato di pregarlo „ Imperocché quando Iddio ci
.

promette alcuna cola (dice il noflro Santo) deve animarci col-


la fperanza di ottenere quanto gli domandiamo, acciocché, fic-
comc le di lui efibizioni allettano la nollra obbedienza, cosi
le lue proraefle impegnino la nollra fede, e folleviuo la noftra

Iperanza coli' elpe'ttazioae de' beni eterni, e della milericordia


di

{b) Pfalm.io^. {e) Pfalrn.iliS^.v.2.


I

( i ) Ijai. 40. -y. 9. '


( <^ ) Lib. 7. in Lue. cap. 1 1

Tom. II. R
. . ,,

258 Vita di S.Ambrosio


di Dio, riflettendo alla tenerezza, e coaipafTione, che foglio-

„ no gli uomini avere per quelli , che Tono a loro fimili pur-
;

„ che però cofe giufte da noi lì domandino, acciocché la nollra


„ preghiera non ci venga afcritta a peccato. Non fi è quindi
„ vergognato S. Paolo di fovente raddoppiare la Tua preghiera
„ per tema di moltrare diffidenza della milericordia di Dio , o
„ di avere concepito difguito per non avere iubito ottenuto quant'

„ ei domandava. Per la qual cofa^ die' egli, io ho pregato tre


„ volte il Signore (<j), facendo vedere con quefte parole, acca-
„ dere fovente, che Dio ci neghi le cofe, che gli domandiamo
„ nelle noftre orazioni, perchè egli giudica eflcre a noi inutili,

„ iebbcnc crediamo, che elleno debbano eflerci vantaggiofc.

Capitolo X.

Lodi del digiuno , e dell' ajìinenxj Crijìiana , cavate da fcritti


di S. Ambrojìo

Uale il noftro Santo per la


affetto nodrifle fobricta, ed

q; il da quale fpirito di mortificazione fuflfe egli


digiuno , e
animato j chiaramente ce lo dimoltrano non meno le da
noi già narrate lue aufterita, che l'intiero libro da lui compo-
fto, per ioddisfarc al concepito difegno di proporre al iuo Po-
polo le virtù di Elia, e le lue maravigliole azioni (^) , a fine
d'animarlo con la fpiegazione di quelta importante materia
come col fuono di una tromba, a prepararfi alla grande fcfta
di Pafqua.
Dopo efferfi in quello libro primieramente detto dal no-
fìro Santo, che la Croce di Gesù Cristo è la vittoria de'Cri-
fìiani, e la di lui Pafqua il loro trofeo, aggiugnc: „ Che que-
llo divin Salvatore ha voluto combattere prima di vincere,
non già che a lui d'uopo fuffe il combattere , per fuperare i fuoi
nemi-

car ) 2. Corinth. 12. v. 8. \ {b) De Elia , &/r}nntf


Libro X. Capitolo X. 25P
nemici, ma per prercriverne a noi la maniera di combatterli,

e darci indi la grazia, per trionf=.irne. Avere egli digiunato, „
e dopo quello Tuo digiuno eflerfi a lui prefentato il Tentato-

re, ed avere, a fine d'attaccarlo, vibrato contro di lui per pri-

mo dardo, quello della gola , dicendogli Se fiere Figliuolo di
:

Dio , comandate , che quejìe pietre droenguno pane (a) . Ma che „
ficcome erafi il Demonio lervito di quella infidia per far cade-

re Gesù Cristo nelle lue reti col defiderio di alimento, cosi

il noltrò Signore fi valfe del digiuno per difenderfi dalle lue reti,

e da' luoi lacci, dicendogli: L'uomo tion 'vi'ue di fola pane , ma

d'ogni parola di Dio . E laddove Adamo fu prefo dal Demo- „
nio con quello laccio ; per lo contrario ogn'uomo è (tato libe-

rato dalle diaboliche infidie con la rifpofta data da Gesù Cristo

al luo nemico, per deludere la di lui fraudolenta propofizione.

Lalciare quindi non poflfiamo di confedlire [ profiegue a dire

il noftro Santo (^)], che il digiuno abbia una maraviglioia et-

ficacia, e lomminittri per combattere una maniera bella tanto,

ed amabile, avendo Gesù Cristo lleffo collocate in eOb le fue

delizie, di modo che abbia ballante forza per inalzare gU uo-

mini fino al Cielo. Per valermi più tollo d'elempli d'uomini, „
che di quello di Dio (lefìTo ; la parola, che ulcì dalla bocca di

Elia, dopo avere digmnato, chiufe il Cielo al popolo Giudeo
, „
il quale era caduto nel facrilegio. Imperocché avendo il Re
Acabbo fatto erigere im Altare, affine che lopra di cflb vi fuf- „
fé adorato l'Idolo di Baal, appena quello Profeta ebbe aperta

la bocca, più non cadde né pioggia, né ruggiada fopra la ter-

ra per tre anni e mtzzo di feguito. Meritavano certamente „
cofloro di efferc cosi caftigati per la loro ingordigia, ed intem-

pcranza; ed era ben giullo , che il Cielo fuffe chiulb a caftigo „
degli empj, che avevano imbrattata la terra colle loro diUblu- „
tezze , e delitti. Ma cofa giuda altresì ella era , che quello „
fìeflb Profeta fulTe mandato da Dio alla Vedova di Sarepta nel-

la Sidonia , per condannare quello facrilego Principe ; e che que-

^*
___^ •

R II
2éc Vita di S. AMBRoSttì
fta donna, la quale aveva preferita la devozione della fua ani-
ma al nodrimento del luo corpo, meritAlTc d'elfere la loia cfen-
tata tra tutte l'altre da quello univerlale caftigo della pubblica
ficcita. Per virtù del digiuno rilulcitò egli il figliuolo di quc-
„ fla Vedova. A cagione del digiuno, altro far non dovette ,
„ che proferire una parola, per far cadere la pioggia. In pre-
„ mio del digiuno egli è ftato inalzato al Cielo in un cocchio di
„ fuoco. Un digiuno di quaranta giorni gli ha fatto godere dei-
„ la prefenza di Dio. Per virtù del fuo digiuno egli ha fermato
„ le acque del Giordano, ed è pafìTato a piedi afciutti quello fiu-

„ me, che feccofìlì in un illante. Qi.ianto più finalmente ha di-


„ giunato, tanto più ha meritato.
„ Aggiugne S. Ambrofio , effere il digiuno l'immagine di
„ una vita tutta celelte, il nodrimento dell'anima, il cibo dello
„ fpirito, la morte del peccato, la dirtruzion de' delitti , un ri-
„ medio falutare, la radice della grazia, il fondamento della ca-
„ ftita
, ed una fcala per giungere più prontamente a Dio. Il

„ digiuno in fatti fu quella fcala, per la quale Elia fall al Cielo,


„ prima di efiervi tralportato (opra del cocchio. E quella fo-
„ brieta, ed altinenza fu l'eredita da lui lalciata al fuo difcepolo
„ Elifeo nel iepararfi da lui. S. Giovanni Battifta, il quale e
„ venuto nel mondo con la virtù, e con lo fpirito di Elia; che
„ come lui fi è applicato al digiuno , vivendo nel deferto, né fi

55
fecondo la natura, ed è Itato llimato, non un uomo,
fibile

j, ma un Angiolo; elfendo Itato fcritto a di lui vanto: Io mando


„ dinanzi a voi il mio Angelo^ che vi preparerà la via («).
In apprelfo rapprelenta Ambrofio il digiuno come una ve-
rte, che CI copre di fantita, e di luce, e ci difende da quella
vergognola nudità , alla quale eravamo itati alsoggettati dal
peccato di Adamo. Dopo di che paffa al digiuno praticato da
Mosè lopra la montagna ne' quaranta giorni della fua dimora
con

{a) Matth. II. V. IO.


Libro X. Capitolo X. 261
con Dio, per ricevere l.i Legge dalle fue mani. Moftra i van-
taggi Itraordinarj riccvuri dalle madri di Santone, e di Samue-
le, dopo averlo oOervato, e qualmente Elilco praticoUo a ri-
guardo dc'luoi diicepoli. Fa confiderare l'effetto cagionato
dal digiuno ne' tre giovanetti , che furono gettati nella forna-
ce di Babilonia , e quello parimente accaduto a Daniele get- ,

tato nella foffa de' lioni. Indi foggiugne: „ Che il digiuno


è la fcuola della continenza, la dilciplina della caftita, rumiltà
dello Ipirito, la mortificazione della carne, il modello della fo-
brieta , la regola della virtù , la purificazione dell'anima, il
fondo, e l'erario delia compafllone Criftiana , l'arre, che infon-
de negli uomini la dolcezza , l'attrattiva della carità , la ora-
zia, che rende venerabili i vecchj, e la falvaguardia delia gio-
vinezza .

Il reftante del libro , dal noftro Santo fcritto fu quefta


materia, è una gagliarda invettiva , con cui condanna il ludo
de' conviti , gli ecceffi della gola , i difordini , e le diflblutez-
ze, che fono confeguenze dell' ubbriachezza, e dell'
le naturali
intemperanza , e rimprovera l'acciecamento , e la durezza di
coloro , i quali da quefto maledetto impegno vengono ditiolti
dall' accoftarfi al Batteilmo, ed a' miflerj ddla Chiefa. Elfen-
docchè ei fuffe un efatto imitatore di San Bafilio, ha prefe da
lui ad impreltito molte cofe, le quali trovanfi inierite in quefto
trattato; ma
l'unzione della fua pietà pcrfonale vi fi fempre U
vedere; né v'è chi non confefiTi, parlar egli, e fcrivere fopra
di ciò per l'abbondanza del fuo cuore.
Si diffonde ancora altrove il nofìro Santo (a) fopra i ma-
ravigliofi effetti del digiuno , veduti nella converfione de' Ni-
niviii, il Re moftrando d'efferfi fcordato della fua di-
de' quali
gnità, fi Ipoghò della reale porpora, fi tolfe dal capo il diade-
ma, velti di facco, e di cilicio, né ricorrendo ad altro, fuor
fi

che digiuno, ed .all'orazione, perfalvar il fuo Popolo minac-


al
ciato per parte di Dio di una generale fovverfione , divenne
un

(«) Enarrat. i. injonam,


Ttv,. II. R I I I
2<^2 Vita di S. Ambrosio
un vero Re della giuftizia, più non fi rammentando del fupre-
mo potere, che aveva egli lopra Dal cui elem-de' Tuoi Stati.

pio commolTa tutta la Citta di Ninive pure praticò un , ella

«enerale digiuno, e fu si afflitta, e compunta, che da elfo non


volle ne andaflero efenti non che i vecchj, ed i fanciulli, ma
né tampoco le beftie. „ Cofa invero maravigliofa ella è [ foggia-
gne poi S. Ambrofio ] che le beftie digiunino per la falute, e
la confervazione di quefta Citta, quantunque elleno non fiano
colpevoli de' dilei delitti. Tal elempio, fratelli, ci obbliga, al-

lorché fiamo efpofti a pubbliche afflizioni, a digiunare tutti in-


differentemente, e ad implorare la milericordia di Dio con una
generale attinenza E per veritk, cola ftrana farebbe, che i
.

Crirtiani ricufaflero di fare per la lor propria falute quanto fe-


cero le beftie in quefta occafione per la ialute degli uomini.
Né altro può dirli di coloro, i quali non oflervano il digiuno ,
che da' Preti vien ordinato , le non che fiano più ftupidi de'
bruti medefimi. Imperocché non è egli un efler beftia il non
comprendere i mali, che ftanno per ifcaricarfi fopra di elfi, e
che già pendono fopra delle loro teite? (piando una beftia ve-
de una fofla, ella le ne allontana, e fchiva precipizi; e voi i

non volete per mezzo del digiuno difendervi dal pericolo, che
avete dinanzi agli occhi? Conviene per verità effere caduto in
una Ipecie di dilperazione , per voler mangiare , allorché uno
fentefi obbligato all'attinenza , e voler ridere , quando è necef-
fario il piangere . Né altra forra di dilperazione ha certa-
mente voluto condannare l'Apottolo, allorché diffe: Penftamo

a bere-, domani
ed a mangiare^ morremo (a).
po'ichhNella qual
brutale dilperazione giammai Iddio non ci laici incorrere.
Ma tutto ciò, che S. Ambrofio ha detto di più infinuan-
te, e di più forte, per infpirare l'amore del digiuno a' Crittia-
ni, può ridurfi a quefta loia confiderazione , che non avendo
Gesù Cristo digiunato per le medefimo, ma per noi, il fuo
elempio deve eflere a noi una legge inviolabile. „ Imperocché
[come

(a) 2. Cor. 15. V. 32.


.

Libro X. Capitolo X. 253


[come dice quefto gran Santo (^)'}^ noi fumo
non per „ falvi ,

linremperanza, ma per il digiuno. Ed il motivo, che ha in- „


dotto Gesù Cristo a digiunare, non è flato per meritare al- „
cuna grazia, ma per darcene una lalutare irruzione
Maravigliare quindi non ci dobbiamo, le il noftro Santo
ci eforta col Salmilta (h) „ a vellirci del digiuno, come di una „
prezioia velie (r), e ci dice, che le il Santo Patriarca Giù- „
Teppe non fulTe Itato coperto dà quello si decorolo ornamento del- „
la lobrictk, e dell'alHnenza, larebbe itato Ipogliato della bian- „
ca velie dell' innocenza , e della lanuta dalla Iregoiata paflìo- „
ne di una donna impudica, ed adultera; ficcome per il contra- „
rio Adamo non fi larebbe veduto ridotto ad una vergognofa nu- „
dita, qualor avefle , qual ricca velie, coniervato il digiuno. „

Capitolo XI.

Ejferft da S. Ambrofto ne fuoi trattati , e fermcmi d'imojìra-


ta la necejjità di fare elcmoftna , e prcjcì'ttta la maniera
di joddtsfare crijìtannmcnts a quejìo dovere,

ERa ripieno,
imponìbile, che Ambrofio avendo
non impiegaire quant'

cuore
S.
aveva egli
il di cari-
di fpirito, e
di eloquenza, per infinuare al fuo Popolo l'obbligazione, che
tutti abbiamo di redimere i noftri peccati con le elemofine.
Dopo avere rotti i calici, ed i lacri vafi della Chiela per loc-
correre i miferabili nelle pubbliche neceflìta , cola ftrana fareb-
be Hata, ch'egli avefle tralalciato di favellare fopra di una ma-
teria delle più importanti di tutta la morale Crilìiana, e che
non meno riguarda la falute de' giufti, che la giuilificazione
de' penitenti Si fono di già raccolti inunopera (//) degli ec-
.

cellenti paflì del Santo Dottore, per confermare quella gran-


de

(a) Lib. 3.de Fideta^.z. i (e) Enamt, in Pfal. "JZ,


( b ) Pj'al. 68. I ( ^ ) Dans CAumofrie Chret tenne f. 24.
R IV
2(^4 Vita di S. Ambrosio
de verità, e fi è impiegata la di lui autorità per dimoftrarc ,
che quelli, a' quali la debolezza non permette di digiunare nel-
la Qiiarefima , debbono fare maggiori limofine. Si è altresì
fatto vedere, che iecondo S. Ambrofio (a) è fpediente con-
vertire in carità lo ftromento dell' avarizia. E fi fono ancora
rapportate alcune regole da lui prefcritte per foddisfare a quelV
obbligo di carità, e di giuftizia. Noi qui adunque inferiremo
foltanto alcune altre confiderazioni cavate da' fuoi fcritti, che
quali gemme di fplendore ripiene dalla Chiefa vengono dili-

gentemente cuftoditi ne' fuoi preziofi tefori.


Defcrive egli gli effetti maravigliofi della liberalità Cri-
ftiana con quelle parole del Savio: L'acqua ejìhigue rardore del
fuoco ^ e l'elemofma reftfle al peccato {b ) „ Eccovi, die' egli,
.

„ una grande parola , la quale deve eflcre alcoltata , e ricevuta


„ da tutto il Mondo con fomma premura, ftantecchè ella pro-
„ mette la grazia di una nuova rifurrezione a quegli uomini , che
„ fono già quafi morti , e che daU' ardore de' loro peccati fono
„ (iati ridotti ad una deplorabile arlura ; affine che l'clemofina

faccia ad elfi quanto l'acqua opera in prò delle piante inaridi-


te, che da lei fono fatte rivivere con un nuovo umore. Vale
a dire, che quelli, i quali erano (tati deplorabilmente infelici
per perdere la vita della grazia , e foggiacere alla morte del
„ peccato, fiano dair elemofina a nuova vita richiamati: e nul-
„ lameno che quelli, i quali per un funefto avvampamento dell'
„ avarizia erano rimarti conlunti , ritornino ad effer lalvi per
„ mezzo della miiericordia , la quale divenendo per loro una
5, lalubre lorgente , li ajuti ad eltinguere con lanta liberalità le
„ fiamme, che elfi Iteffi avevano accele con i loro peccati, ed
5, ecceflfi. Vale a dire altresì, che quelli, i quali per l'addietro
j, con brutale prodigalità avevano fcialacquato il loro danaro nel
5, commettere adulterj, con un commercio totalmente ad elfi van-
5, taggioio lo difpenfino per l'avvenire a fine di altenerfi da traf-
porti

(/») Serra, fa: 5. poji diem C'merum . \ {è ) Eccl. 5.


De Elitf, & Jejiin, C.20. Officiar. l.z. c.i6.\
Libro X. Capitolo XI. 205
porti tanto ingiufti, ed abbominevoli ; ed a fine , per cosi dire, „
di ricomperare l'innocenza della maniera, con cui aveva-
(lefla „
no comperata l'iniquitk. Imperocché avendo Gesù Cristo „
detto a' luoi Dilcepoli Fate elemofwa , e tutte le vojìre cofe
: „
faratjuo monde ^ lubito che voi fate elemofina, per quanto fiate „
lordo , e fiate aggravato di delitti , voi cominciate ad efferc „
innocente ; poiché l'elemofina ha per fua innata proprietà di „
purgare ciò, eh' era (tato imbrattato dall'avarizia laonde di- ; „
Ipenlando voi a' poveri le voftre foltanze, cancellate le mac- „
chie da voi contratte con le voftre frodi, e i voftri ladrocinj. „
Ben vedete adunque , qualmente all' elemofina congiunte van- „
no grazie, e benedizioni, e che ella é da fé fola, e per fc ftef- „
fa valevole a redimere peccati da voi commeflTi.
tutti i

Ma
la giuftizia , alla quale i Criftiani fono obbligati ad
afpirare, deve effere eterna, come quella di Dio medefimo,
di cui dice il Salmifta La vejìra gtuft'tTittt è la giujì'fzìa eter-
:

na^ e la -vofìra legge e la verità (a). „ Imperocché molti vi „


fono (dice il noftro Santo) che non fi ufurpano i beni altrui, „
ma non danno ad altri la ben menoma parte de' fuoi. Altri „
vi fono, che iniquamente ingiufti la roba altrui fi ulurpano , „
e per attribuirfi qualche apparenza di giuftizia , fogliono di- „
fpenfare dell' elemofina a' poveri. Ma quefta non è la giufti- „
zia eterna.
Condanna ancora in un altro luogo le elemofine ,
egli
che non fono fatte con una intenzione pura, e fincera , e dice
pcrderfcne tutto il loro frutto, e tutto il merito per le viziofe
circoftanze, che l'accompagnano. „ Io vi accordo [dice il San- „
to (^)], che il peccato pofla eflere diminuito dalie limofine , „
che fi difpenfano a' poveri; ma conviene, che la fede rendale „
meritorie. che mai gioverebbe difpenfare fuoi beni, fé non „
A i

fi aveffe la grazia. della canta? Alcuni vi fono, che affettano „


di comparire liberali per folo motivo di vanità,
acciocché col „
non

a ) Pfalm. 1 18. v. 142.


( Enéirm. ini C ^ ) ^lù. z.cU Pxnit. ca]). 0.

hunc
ncPftilm.
Pftilm Oclonar.x'è. '
2ÓÓ Vita di S. Ambrosio
non eflerfi rifervata alcuna cofa per loro ftefiì , e moftrato cosi
un totale dilprezzo delle terrene cole, acquiftino la Uima, e
oli applaufi del Popolo . Ma coitoro cercando la lor ricom-

„ penfa in quello Mondo,


radunano per l'altra vita; né
niente
„ loro reità che fperare nell' eternità , avendo di già ricev^ito
,

tutto ciò, che pretendevano, lopra la terra. Altri vi fono,



„ che avendo donati i loro beni allaChiela, per un non fo qua-
„ le impeto, e precipitazione di Ipirito, lenza prima avere lo-

„ pra di ciò maturamente penlato , ed effervi indotti da una ri-


„ foluzione ferma, e collante, rivocano indi le donazioni da elfi
„ fatte, e ciò operando non ricevono né la prima, né la iecon-
,, da ricompenfa ; perchè fi fono refi indegni della prima , non
„ regolando con la prudenza quella buona azione ; né poflbno
„ pretendere alla feconda, per il iacrilegio da eflì commeffo con
Altri poi ancora vi fono quali pen-
„ quella rivocazione . , i fi

5, tono d'avere dillribuiti i loro beni a' poveri.


Deplora S. Ambrofio l'acciecamento degli avari, che non
fanno radunare veri teiori, e gli (limola a far elemofina, al-
lettandoli con dimollrare ad eflì, ciò eflere vantaggiolo a'. loro
proprj intereflTi. „ Qiiando noi moriamo, die' egli (^7), tut-
„ to ciò, che noi poffediamo in quello Mondo, e quanto noi la-
„ fciamo a noftri eredi, tutto da noi lì perde. Imperocché ciò,
5, che da noi
non può portarli con noi , a noi punto non appar-
„ tiene. La fola virtii è quella, che accompagna i morti, e la

„ fola mifericordia è quella, che ci fiegue nell' altra vita, anzi


5, ci precede per prepararci un felice perpetuo loggiorno in. quei

j, celelli tabernacoli. Q_uel poco di danaro, che fi diipenla , ac-

„ quilla a' morti gli eterni tabernacoli , come ci vien inlegnato


„ da' comandamenti di Gesù Cristo, il quale ci dice: Impiega-
5, te le rtcchcTjie mal acquijìate in farvi degli amici , acciocché

„ quando voi verrete a mancare , vi ricevano ne taberfiaceli eter-


„ 7ii {b). Quello comando adunque è onninamente vantaggio-
„ fo alla vollra falute , e valevole ad animare i più tenaci ava-
ri >

( rt ) LìL 7. in Lue. cap. 7. l ( i ) Lue, 1 6. v. 9.


Libro X. Capitolo XI. lój
ri , e ad allcttarli a cambiare le cole caduche , e corruttibili „
con le eterne, ed i beni terreftri , e tranfitorj con quelli di „
Dio. Qiiindi, dice il noftro Santo (/r) ipiegando quello paf- „
io dell' Evangelio, che Gesù Cristo con tutta ragione chia- „
ma le ricchezze ingiufte , perchè il defiderio di effe in molte, „
e diverle maniere ci tenta, e più di un allettativo adopra per „
indurci alla loro fervitù. Quindi è ancora, che Gesù Cri- ,»

STO altresì dice Se non ficte jìati fedeli nclV tifo di un be?ìc
:

/ìi-aniero ^ chi vi darà i vofìri proprj (Z»)? Le ricchezze ibno „
fìraniere a noftro riguardo , perchè elleno non fono fecondo „
l'ordinario corfo della natura , perchè elleno non nafcono con ,j

noi, né paffano con noi all'altro Mondo. Ma per contrario „


Gesù Cristo è di noi, perchè egli è la vita, ed egli ò venuto „
in fua cafa^ ed i fuoi non lo ha?wo ricevuto (e) Nefluno adun- .
,,,

que vi darà ciò, che è voftro, perchè voi non avete creduto, „
che ei fuffe voftro , né lo avete ricevuto , come ve ne correva ,,

l'obbligo. Qiiefto paffo altro non è, per quanto fembra, che „


un rimprovero fatto alli fraudolenti, ed avari Giudei, i quali „
non effendo ftati fedeli nell' ufo de' loro beni , che dovevano „
dividere con i poveri , per la cognizione , che effi avevano , „
che quefti beni loro non appartenevano in proprietà , per ef- „
ferfi da Dio dati i frutti della terra a tutti gli uomini per loro „
comune ufo, fi fono refi indegni di ricevere Gesù Cristo bene „
si preziofo, per far acquifto del quale Zaccheo ha data la meta „
di tutte le lue foftanze. Lalciamo adunque di effere cotanto „
vili col icrvire a' ftranieri, giacche altro padrone non abbia- „

mo, né altro Signore, che-GEsù Cristo.


Quella durezza de ficchi verfo i poveri è un effetto dell'
i

orgoglio loro infpirato dalle ricchezze; né farebbero effi inlenfi-

bili alle afflizioni de' milerabili , le il luffo non li rendeffe inu-


mani. Deplora S. Ambrofio il loro acciecamento , e la lo-

ro ingiulfizia con quelle penetranti parole. ,> L'ampiezza, „


die'

{^ a) In Lue. cap. l6. {e) Joaìin. l. V. II.


|

(6) Liem cap, 1 6. V. 12. '


26S Vita Dif S. Ambrosio
„ die' egli (/?) 5magnificenza delle voitre fale,e de' voftri ap-
e la

„ partamenti vi ,
quando deverebbero anzi
gonfian di orgoglio
„ edere a voi motivi d'afflizione, e di dolore; poiché entro a que-
„ fti vaiti edificj , capaci di ricoverare intieri popoli, la fievole
„ voce de' poveri non può farfi ientire; qnerto però loro non reca
„ alcun pregiudizio , perchè niente ad eflì gioverebbe il gingne-
„ re delle loro flebili voci alle voftre orecchie. Ed è pofiibile,

„ che le voftre (leffe fale non vi ricoprano di confufione, né vi fac-

„ ciano rientrare in voi poiché, mentre vi sforz.ite di o!-


fteffi
;

„ trepaflare i confini delle voftre ricchezze con quelle voftre si


„ magnifiche fabbriche, fiete coltretti ad accorgervi , che tutta-
„ via ne reltano ne' volìri Icrigni, e che molto avete di luperfluo.
„ Voi veftite d'oro le muraglie della voltra caia, e fpogliate i po-
„ veri, e loro togliete per fino gli abiti, che coprono la ior nu-
„ dita. Un uomo ignudo grida dinanzi alla voitra porta,
affatto

„ e voi non vi prendete di lui alcuna pena. Un uomo aftatto


„ ignudo vi efpone con le fue grida la iua miferia, e voi non vi
„ date altro penfiero, che di iapere con qual forta di marmo
„ voi laftricherete il volfro pavimento. Un povero inutilmen-
„ te vi domanda , clie Io ioccorriate con qualche danaro. Un
„ uomo vi chiede del pane, nel mentre che il voltro cavallo mor-
„ de un freno d'oro , e voi non i'alcoltate . Voi vi compiacete di
5,
preziofi, e pompofi ornamenti, nel mentre che tant' altri non
5, hanno con che nodrirfi. Ricco Ipietato , qual terribil giudi-
5, zio tirate voi fopra voi (teffol II popolo viene meno per la fa-

„ me , e voi chiudete i granai. Il popolo piange, e geme, e


„ voi vi trattenete nel voltare , e rivoltare una pietra preziota ,
„ che brilla in un voftro anello] Ah crudele , potrete togliere «
tant' anime dalle fauci di m.orte e far non lo volete, quando -fl
3) ,

con la fola pietra del voftro anello potrefte confervare la vita ad h


un Popolo intiero Imparate da Giobbe, di qual maniera deb-
.'

bono parlare i ricchi (b). Io ho liberato^ die' egli, // pevera


5)
dalle mani dell' uom pojfente , che l opprimeva , e fono flato il pro-
tettore

(«) l.dcNabuthecap.i^, 1 {ò)Jobza.


Libro X. Capitolo XL i6^
tenore deli' Oifuno derelitto, ^lelli , cve /iav.ino per perire y ,,
mi ricolmavano di benedf3:io7}i
, vedova da me
e la bocci della „
confolata , me ne nttgurava le piìt perenni Io mi vcjìiva della.

gtufìixia Io
. er^: l'occhio de' ciechi , il piede de" Troppi , ed il Pa- „
dre degli Orfani. Lo /Iraniero , die' egli (a), non dorrr.iva „
ftìorì della mia cafi , e la mia porta era aperta a tutti quelli , „
che venivano a ricoverarviji Se io ho peccato per impruden:^^
.

non ho occultato il mio fallo , e la cohjtdsr azione della mnltitu- „
dine , e della pili numerofa frequen-^a di popolo non mi ha trat- „
tenuto dal palefarlo alla prefen-z^ di tutti Io non ho fofferto ,
.

che un ammalato ufcijfe dalla tnia cafa fen-z^ la dovuta ajjifìen- „
"Za., e fen-za riportarne alcun foccorfo dalla mia liberalità. Se „
mi è paffata tra le mani qualche promeffa di un debitore , o qual- „
che obbliga'zjo?ie in ifcritto , io /' ho incerata nell' ijlante medejì- ,,

mo per togliermi la fperan^a


,
giammai ricuperare il -mio ere- „
di
dito. Cosi favella Giobbe, quel Giobbe, il quale altresì fi prò- „
tefta d'avere pianto fopra tutti gli ammalati, d'avere prorotto „
in gemiti iopra tutti quelli, che vedeva in neceflltà, nel men- „
tre, eh' egli era nell' abbondanza, e d'avere riguardati come „
giorni peffimi quelli ne' quali vedeva fé mcdcfimo in una co-
, „
piofa abbondanza di beni, egli altri in una iomma indigenza. „
E le cosi parla quello , che giammai non ha refi efaufti di la- ,,

grime gli occhi della vedova quello che giammai non ha


;
, „
mangiato folo il fuo pane, fenza farne parte all'Orfano; quel- „
Io, quale è (tato allevato , nodrito , iitruito fino dalla lua
il „
giovinezza nel più tenero paterno afietto , che giammai non „
ha difprezziti nudi , anzi ha coperti , e fepolti i morti , ha
i „
rifcaldati gli ammalati colla lana delle fue pecore, non ha op- „
preffo il pupillo, mai non fi è compiaciuto delle fue ricchezze, j,

né mai fi è rallegrato della caduta de' fuoi nemici; fé un uomo, „


che poffedeva tanti beni , è Itato volontariamente povero nei „
mezzo di tante ricchezze , né ha tratto altro vantaggio da „
un SI. doviziofo patrimonio , che quello di praticare le opere „
della milericordia ; che farà di voi nell'altro mondo , voi che „
non fapece fare un buon ufo de' voRri beni , che loffritc una „
foni-

ca) 70^31.
270 Vita di S. Ambrosio
„ foinma, e deplorabile mendicità nel mezzo delle voftre abbon-
,j danti ricchezze, delle quali non ne diiptrnlate giammai una bea
„ menoma parte ad alcuno, e colle quali giammai non porgete
„ ad altri alcun loccorlo?
Ma eirendocchè la carità di S. Ambrofio fuflfe da fovr-
umano lume rilchiarata, delbrive egli altrove il dilcernimento,
di cui fa d'uopo uiare nella diilribuzione Jellc elemoHne ; e
quantunque (uo intento fia di prircipaluieiitc illruirne gli Ec-
clefialtici; le regole nondimeno da lui ad efli prefcritte, pedo-
no praticarfi da chiunque s'impiega in queli'elercizio di com-
paflione, acciocché non fìa indotto ad appiicarvifi dalla vanita,
ma dalla giuftizia ; (tantecchè giammai ne' poveri ftata non fia
tanto ingorda, ed impudente, quanto ella è a' noflri tempi,
l'avidità nel domandare. '„ Vengono, die' egli (<?), delle per-
„ fone robufte , vengono alcuni , che nelTun altro motivo hanno
„ di chiedere elemofina, fé non l'ingiulta brama di condurre una

„ vita oziofa , e vagabonda; vengono colioro per godere de' fon-


„ di, deftinati al follievo de' poveri, e togliere ad elfi la maniera
„ di ricevere alcun foccorfo, ne fi contentano di quel poco, che
„ loro fi da, ma pretendono fomme affai confiderabili. Voglio-
„ no ancora effere riconofciuti per perfone di qualità, acciocché
„ fi giudichi della lor condizione dal loro efteriore, e dai lor abi-
„ ti, per effere affiditi fecondo il loro merito, e fi valgono del-
„ la loro pretefa nafcita, per fare i più lucrofi guadagni con que-
„ fta fpecie di commercio, e di traffico. Se coitoro trovano per-
„ fone affai credule, per lafciarfi forprcndere da' loro ftudiati dif-
„ corfi, in poco tempo diverranno affatto cfaulti i fondi, che non
5, debbono effere impiegati, fé non fé nella fuffittenza de'
veri po-
„ veri. Conviene adunque tenere qualche mifura, e qualche mo-
„ difìcazione nelle limofine, che loro fi diftribuifcono , acciocché
„ né fi lafcino partire fenza dar loro alcuna cofa, né altresì paffare
„ fi faccia nelle mani di quefti furfanti il nodrimento de' veri pove-
„ ri, allo fpogliamento de' quali coftoro tendon foltanto. La condotta
55
quindi da tenerfi in foraiglianti occafioni ella è, né di Icordarfi del
tutto
I
» Il » .Ili

( (2 ) Lib, 2. Officiar, eap. 16,

I
.

Libro X. Capitolo XI. 271


tutto de' fenrimenti generali d'umanità, né di renderfi impotenti 11

a Ibccorrcre quelli , che veramente trovanfi da penuriola indi-


genza prefTati.
La maggior
parte di coftoro fingono d'elTere aggravati di de-
biti. Conviene con accortezza in vefUgare, fé dicono il vero Al- .

cuni afìTerifcono d'eflcre ftati Tpogliari da' ladri; convien che l'in- „
giuria da edi fofferta , o la piena cognizione della qualità della loro
5>
perlbna ne faccia fede per prenderfi tutto V impegno di afTilterli
Conviene altresì fare delle elemofine a quelli, che fono sbanditi
dalla Chiefa , fc non hanno di che cibarfi Chiunque però offerva
.
»
in quelli incontri tutta la neceffaria moderazione, non è avaro con
n
alcuno, ed è liberale con tutti. Imperocché non folo dobbiamo ?>
porgere le noflr'e orecchie alle querele di quelli, che ci doman- 5>
dano l'elemofina ; ma altresì fa d'uopo aprire i noftri occhi per «>

confiderare le loro neceflTua. La debolezza, e l'inabilita di un ìf


buon operajo più alto grida per farfi foccorrere nella fua mileria, 5>
che la voce importuna di un povero Non può tal volta farfi di
.
>>

manco di accordare all'importunità di coloro, che gridano alle »


noftre orecchie, più di quello, che farebbe conveniente; macola
giufta non è , che l'impudenza faccia fempre preferire coftoro agli
altri. E' uopo tal volta vedere quel povero, che noi non vede, >>

convien cercare quel biiognoib,che fi vergogna di eflere veduto.


Convien che quell'altro, che ila rinchiulo in carcere , fi prcfen-
ti a voi . Conviene , che qucU' infermo , il quale non può far pe-
netrare nelle voRre orecchie il fuono della fua voce, entrare fac- 5>
cia le lue querele fino nel fondo della voftr' anima.
Afpettare non fi podono, che grandi benedizioni dal Cielo
fopra un si faggio regolamento delle criftiane liberalità. E quan-
tunque la cura , che fi è prefa nel noftro lecolo di rinchiudere i po-
veri in Ifpedali generali, per impedire i peffimi effetti di una men-
dicità vagabonda , ed oziofa , fia una eccellente precauzione contro
gli abufi, che S. Ambrofio voleva impedire; nondimeno le maffi-
mc da lui ftabilite per la dillnbuzione delle limofine , faranno fem-
pre di un affai profittevole ufo nella Chiefa , e le perlbne caritate-
voli troveranno in elTe tutta l'iftruzionc, ed il lume, di cuipofTa-
no aver bilbgno in un cos'i divino elercizio.
DEL-
.

"27 2

DELLA VITA
DI S. AMBROSIO
ARCIVESCOVO DI MILANO,
Dottore della Chiesa, ec.

LIBRO UNDECIMO,
In cui si tratta delle di lui rm eccelse Virtù.

Capitolo I.

Della Fede di quefto Santo .

Oiche' la Fede è la radice di tutte le virtù, fe-


condo S. Ambrofio (/z), ella ci deve fommi-
niftrare i primi colori per dar principio al ri-
tratto delle lue più eminenti perfezioni . La
Fede è la vita del giuilo (^), e fenza di cffa
è imponibile piacere a Dio , il quale fi com-
piace d'infonderla particolarmente nel cuore
di quei Santi, eh' egli ha fino dall'eternità prcfcelti per con-
iervarnc il facro depofito nella fua Chiefa
Que-

( « ) Lii, 2, de Jbcl , & Cain cap. 9. 1


{ò) Hórxos 2.
,

Libro XI. Capitolo I. 273


Qiiefta fu la mira, che ebbe fopra di S. Ambrofio la Di-
vina Pi ivvidenza, allorciiè con una maniera affatto ftraordinaria,
e miracolola chiamollo a riempiere qtiella Sede Epilcopale, nel-
la quale l'Arrianilmo aveva fatte tante iìragi lopra la greggia
di Gh:ìli Ckisto, dacché Aulenzio avevane uiurpato il reoola-
meiito Uopo era di una fortezza , e di una generofith
.

che avefTe del fovrumano per opporli alla fuprema potenza di


una Imperadrice Arriana, che gloriavafi di proteggere l'Ere-
fia. Ma quella fortezza fupponeva in S. Ambrofio una viva
fede , che inalzafìTe lo fpirito , ed il cuore di lui al di fo-
pra di tutte le cole vifibili, e paffeggiere. Imperocché da lui
medefimo vien infegnato (/?) „ che quelle due virtù fono 55
ci
con un affai ftretto vincolo collegate, e che ficcome dalla fede „
viene eccitata la fortezza ; cosi dalla fortezza vien refa ftabil- „
mente ferma la fede.
Conveniva, che quello lume divino aveflfe maravigliofa-
mente purificati gli occhi dell' anima di Ambrofio per giudica-
re, come ei fece (/»), della Divinità di Gesù Cristo, piut-
tofto per la morte da lui lofferta iopra della Croce, che per
l'operazione de' fuoi miracoli. Ed in fatti quanto da lui fi e
detto lopra queflo particolare bada per farci concepire, aver
egli profondamente penetrati i Miflerj della noflra Religione.
Imperocché dopo di avere riflerita la rifpoRa data da queflo
Divino Salvadore a'Difcepoli di S. Giovanni Battifla, portatili
a domandargli per ordine di queflo Santo Precurfore , le egli
era quello, che doveva venire, o fé loro conveniva afpettar-
ne un altro; benché confefTì che tante , e tanto miracolofe
,

guarigioni fiano un totale compimento delle Profezie , nelle


quali chiaramente leggefi, che tutte quelle cofe dovevano luc-
cedere quando il Meffia verrebbe al Mondo nondimeno ag- ;

giugne, cflere quefli menomi atteftati della venuta di Gesù


i

Cristo, la cui Croce morte , e lepoltura fono quelle, che


,

pienamente ftabilifcono la fede del Criflianefimo ; e che per


quello

{a) Liù. ^. tu Lu.-.cap. 12. I

{è) L;è. ^.cap.j.

Ti-x. II.
27^^ Vita di S. Ambrosio
quefto avendo Gesù Cristo detto a' Difcepoli del fuo Precur-
lore che ciechi vedevano,
, i zappi camminavano, i lebbroft
i

erano mondi, i fordi udivano , i morti tornavano a vivere,


l'Evangelio era annunziato a' poveri ; aggiunfe quelt' ultima
prova a tutte l'altre, dicendo: Ed affai felice è quello , che
non ft fcandaHzj:^rà dì me , ne da me prenderà motivo di ca-
di4ta „ Egli è vero ( dice S. Ambrofio) che la Croce potrebbe
.

?5
cagionare fcandalo anche agli eletti ; ma non vi è però un più
il poirente teftimonio della Divinità di Gesù Cristo, né v'è cola
alcuna, la quale pofTa , come quella , lembrare fuperiore alla
5)
condizione umana, quanto il vedere, che un lolo fiafi offerto
5)
per rutto il Mondo; e quella è una prova, la quale da le loia
è badante a convincerci, che Gesù Cristo fia Dio.
Poffiamo fervirci di quello 'àz'Xo raziocinio per venir in cogni-
zione del merito della fede di S. Ambrofio. Imperocché quan-
tunque ella fia fiata affai viva, ed abbia meritato di effer ri-
munerata con copiofo numero di miracolofe operazioni, può non-
dimeno dirfi , che ella giammai meglio non fìafi vifibilmente in
tutta la lua eflenfione, e pienezza data a conolcere , le non le
quando egli efpole la lua vita per la lua greggia, che era quel-
la di Gesù Cristo fleffo , in tante pericolole occafìoni , lenza la-

Iciarfi né lufìngare dalle promefle, né intimidire dalle minacele


de' più potenti, e formidabili uomini della terra . Conolceva
egli
, che le cole, le quali noi vediamo co'
nollri occhi, fono
temporali, e tranfitorie, e che quelle, che noi non vediamo,
fono eterne; ed effendo egli determinato, che il luo fpirituale
edilizio fuflilleffe per tutta l'eternità, sforzavafi di Itabilirlo lo-
pra una foda pietra, e lopra uno llabile fondamento.
In fatti l'abbondanza del fuo cuore , e le interne fuc dif-
pofizioni lo inducevano a parlare, quand' egli proponeva a tut-
ti i Criltiani la fede di S. Pietro qual modello da tenerfi da elfi

inceflfantemente dinanzi agli occhi „ Gesù Cristo, diceva (/z),


.

» è quella pietra, di cui S. Paolo ha fcritto , che gli Ildraeliti


beve-

( /« ) Lib. 6. in Lue, ca^. 9.


Libro XI. Capitolo!. 27^
bevevano della pietra fpiriruale
, che li feguiva , e quefta pie-
tra era Gesù Cristo, quale ha altresì accordato al fuo Di-
il

icepolo il vantaggio di quello nome, e di quefla qualità, dan-


dogli il nome acciocché dalla pietra prendeOe in pre-
di pietra,
ftitù la fodezza della lua coftanza, e la fermezza della fua fede.
Non cercate adunque la pietra fuori di voi , ma trovatela in
voi ftefìTo. La voltra azione, la voftra anima è quefta pietra.
La voltra pietra è la Fede ; e la Fede è il fondamento della
Chieia. Fabbricate la voltra cala fu quella pietra , e neflun
turbine, per violento che fiafi, farà valevole ad atterrarla,
benché fia fufcitato dalla malizia dell' Inferno. Se voi fiere
pietra, voi larete nella Chiefa, e le porte dell' Inferno non
prevarranno contro di voi Le porte dell' Inferno fono le por-
.

te della morte, né perciò pofTono eflTere quelle della Chiefa.


Ben fapeva S. Ambrofio, che quelle parole dette da Gesù
Cristo a S. Pietro erano un elogio della Fede di quefl' Apofto-
lo, e lo innalzavano ad una particolare dignità, che lo diflin-
eueva dagli altri Fedeli ma ciò non toglieva, eh' ei non fi
;

sforzafie d'infpirare a tuttii Crilliani que' lentimenti di fortez-

za, da' quali egli ftelso era penetrato, e che non fi trovano fé
non fé in un anima totalmente ripiena di viva Fede.
Con
quello lume divino riconoiceva egli l'onnipotenza, e
la divinità del Salvadore del Mondo nel mezzo delle lue umi-
liazioni , e nel più profondo abbaiamento della fua Incarnazio-
ne. „ Tutti quelli, die' egli (^7), quali vogliono effere ri- i

fanati , vadano a quello celefte Medico , ricevano dalle fue


mani un rimedio da lui portato per parte di fuo Padre, e da
lui preparato nel Cielo, dopo averlo fatto llillare dal fugo del- „
le piante immortali. Quello rimedio non vien dalla terra prò- „
dotto, e la natura tutta neffuna parte ha nella di lui compo-
fizione. Imperocché per un dilegno affatto divino fi è egli ve-
ftito di quella carne, cioè per far vedere con la di lui condot-

ta, dovere la legge della carne elfere foggetta a quella dello Ipi-
rito.

( ^ ) Lib. 2. de Fide .

S n
irj^ Vita di S. Ambrosio
rito . Si è egli veftito della noilra carne affine di riportare co-

me uomo la vittoria, e d'inltruire gli uomini con la tua vita.


Che gioverebbe a me, fé come Dio mi avefife ioltanto con tut-
ta l'eitendone di Tua polTanza fatto vedere la iua Diviniti , e
moftrato , intieramente inviolabile?
effere egli Invano lareb-
befi egli veftito ddla noftra carne , qualora non aveflTe voluto
eflere tentato come uomo della mia natura, e della mia debo-
lezza. Egli ha dovuto elTcre tentato, egli ha dovuto compa-
tire le mie milerie, perchè e mi fulTe nota la maniera di refi-
ftcre agli aflTalti delle tentazioni, e lapefTì , che l'efifere (tato
compatito mi farebbe uicire vittoriolo da lomiglianti conflitti.
Egli è rimafto vittoriofo per mezzo del difprezzo delle ricchez-
ze, e per mezzo della Fede. Egli ha conculcata l'ambizione,
pofta in fuga l'intemperanza, sbandita la lafcivia; S. Pietro
ha veduto quello rimedio, e nello fteffo iftante ha abbandona-
te le lue reti come lìromenti d'avarizia rinunziando a' defi-
, ,

derj della carne, come ad una nave imputridita, in cui quella


concupilcenza è come una lentina di molte, e diverfe paffioni.
Sovrumano adunque è quello rimedio poiché non folo ha tol- ;

ta la cicatrice della noftra antica piaga, ma ne ha ancora fvel-


ta la radice , ed allontanata la cauia . O fede più preziofa di
tutti li tefori , Mondo
ed eccellente rimedio delle noftre
del
piaghe, e de' noftri peccati! Confideriamo leriamente quan-
to fia a noi vantaggiolo il fapere , eflerfi Gesù Cristo per
amor noftro foggettato a tutte le noftre debolezze , a tutti i

mali, a tutte le infermità del noftro corpo; efferfi egli addof-


fati per amor di tutti gli uomini i peccati di tutto il Mondo ;

efTerfi egli fatto oggetto di maledizione per l'amore di noi, ed


efìervifi egli lottomelfo per amor mio, e nella Itcfta mia natura;
eflere egli finalmente per amore di me divenuto agnello , vi-
gna, pietra, fervo, figliuolo dell'ancella, non conlapevole del
di, e dell' ora dell' ultimo giudizio Ciò che non avrebbe .

egli potuto ignorare, egli che ha fatti i giorni, ed il tempo, fc


non fi fufle da le fteflb fatto oggetto di maledizione , non fe-
condo però la Divinità , ma fecondo la carne ,
giufta ciò , che
fta
Libro XI. Capitolo I. 277
fta fcritto, che qualunque uomo un albero, „
(ara attaccato ad
larìi maledetto. Vi è egli flato confitto fecondo la carne, e „
per quello egli fi è fatto maledizione , perchè ha prele fo- „
pra le IteflTo le maledizioni , che noi avevamo incorie. Egli „
ha pianto, aihnchè voi, o uomo, più lungamente non pian- „
gelte. Ha egli loflcrte le ingiurie, acciocché voi fufte infen- „
fibile a quelle, che verrebbono a voi fatte. Non è egli adun- „
que un rimedio lovrumano il trovare la fua conlolazione in „
Gesù Cristo Ifeffo, dal quale tutti i mali fi fono con un elh'e- „
ma pazienza (offerti? Ma come potremo noi chiamarci luoi „
dilcepoli, noi, che non polliamo tolerarne alcuno per luo amo- „
re lenza dare in impazienze? Chi potrà tralafciare di perdo- „
nare le ingiurie ricevute, qualora confideri, avere Gesù Cri- „
STO fUffo pregato lopra la Croce per i luoi carnefici, e perfecutori? „
Non vedete voi, che quelle, le quali voi chiamate infermi- „
tìi di Gesù Cristo, lono voltre virtù? Perchè vogliamo noi „
obbligarlo a renderci conto de' rimedj, eh' egli ci ha dati? Le „
fue lagrime ci lavano, li luoi pianti ci purificano, i fuoi timori „
acciocché non cadiamo nella dilperazione, quan- „
ci fortificano,
do cominciamo ad effere agitati da affannofa anfieta , o timo- „
re. Q_aanto maggiore è l'ingiuria , eh.; egli ha voluta (offri- „
re per amor mio, tanto maggiore gratitudine debbo avere „
io
per la di lui bontà. Ma fa d'uopo riconofcere la di lui Divi- „
nita nelle (uè (telTc umiliazioni .Era egli confitto (opra la „
Croce, e tutti gli elementi erano a lui (oggetti. Il Sole fi „

ofcurò, eccliffbfli il giorno, coprilfl di den(e tenebre il Cielo, „


tremò la terra, ma punto non tremò quello, che (lava confitto „
fopra di quello infame legno. Tutti quelli avvenimenti denotano „
for(e alcun altra cola, fuori che il rilpetto dovuto all' Autore di „
tutte le cole ? Se voi lo vedete confitto lopra di una Croce, „
non vedete voi nello (teffo tempo darfi da lui ad un ladrone il „
regno di Dio? Se voi leggete, aver egli (offerta la morte, non „
leggete voi altres'i, aveie cgii indotto un uomo facinorolo a chie- „
dergli il Paradllo? Se voi vedete delle donile, clie piangono „
al luo fepoicro, non vedete voi ancora degli Angioli , che vi

T,m. jj. Sui (fan-
27^ Vita di S. Ambrosio
„ ftanno alla guardia? Se voi leggete quant' egli ha detto, non
„ leggete voi ancora quant' egli ha fatto ?
Eccovi come il noftro Santo, il quale era flato fufcitato
da Dio per difendere la Fede, per mantenere nella Chida il

Millero della Santiffima Trinità, trovava altresì m quello dell'


Incarnazione regole , e madime per la noftra condotta Ed .

eccovi altresì, come egli non voleva né praticare, ne infegna-


re a tutti i Fedeli fé non le ciò, che egli aveva imparato nel-
la Icuola di quello Divino Maeltro, il quale non fi è fatto uo-
mo, che per inlegnare agli uomini con tutte le operazioni del-
la iua vita, con tutte le circoftanze della fua morte la dottri-
na della loro falute.

Capitolo IL
Della Sperttrfzj di S. Ambrojìo , e della fua fomma
conjìden-:!^ ''^ l^io .

COn si maravigliofo incatenamento vengono


che non è poffibile, che una Fede
ftiane tra di loro unite,
le virtù Cri-

viva vada dilgiunta da una Speranza immobile, e coftante .


Ciò chiaramente fi è veduto in tutta la condotta di S. Ambro-
fio, fimilmente che nella purezza, e nella lublimiia de' fuoi
penfieri.
Niente vi è di più bello, e di più confiderabile fu quefto
particolare, quanto ciò, che da lui ci fu lalciato nella Ipiega-
zione di quelle parole del Salmifla: ^^ Ricevetemi ^ o Signore^

„ [otto la vojìra prote7;jone ^


gitt/la le vofìre promejfe ^ ed io vive-
„ ro •
e fate refli delufa la mia fperan-Tia (a)
sì , che non Se .

„ quelli che dal Patriarca


( die' egli ) Abramo fono itati accolti

„ nel fuo fcno, fono vivi; con quanto più di ragione farà vivo
„ un Criftiano, quando Gesù Cristo lo riceve lotto la fua pro-
tezio-

( a ) Pfalrn. il'è.v.lié.
Libro XI. Capitolo II. 275»

lezione? Imperocché come potrebbe un Crifliano lafciare di „


vivere eternamente, dopo d'eflere (lato ricevuto dalla vita eter- „
na, dopo d'edere llato da Gesù Cristo intieramente prelo lotto la „
protezione Ina onnipotente , dopo che egli è divenuto tutto affatto „
del Verbo Divino, e che la di lui vita Ita nalcolla inGKsù Ci<is- „
TO? Certamente potrebbefi dire inloffribilmentc prolontuolo „
quello Profeta, allorché dice a Dio, ricevetemi^ ^'^g'^ ""'^ ^&" »
giugneflc immediatamente dopo quelle parole , la promelT.i fat- „
tagli da Dio medefimo, come fé volefTe a lui dire Voi fiete :

la caufa dell' ardire, con cui io vi faccio qucfta preghiera . Io „
vi riconvengo dell' obbligazione, che voi avete a voi Itelfo im- „
polla in ilcntto dopo avere cancellato il chirograto, che a noi „
era contrario . Noi eravamo alia morte loggetti per cagio- „
ne di quefto chirografo, e voi avete Icritto in noltro favore „
un chirografo di vita. Non confondete adunque l'clpettazione „
del voltro lervo, perchè egli Ipera in voi , e la fpcratf:^i non „
confonde (/?). E le io mi ritrovo nell' afliizione, datemi la „
pazienza, che mi è necelTaria per poterla lotiVire , acciocché „
nel mentre, che io alpetto la voltra alhltenza, e la vortra gra- „
zia, non relH opprelTo dalle mie debolezze, non ceda alle ten- „
razioni, né redi abbattuto da quelle violente agitazioni, che „
della mia pazienza fanno Iperimento e fia quello iperimento
; „
un effetto della Iperanza, che mi fortifica, mi rende collante, „
né mi confonde. Cioè fate, che ne' travaglj , i quali loven- „
te mi elcrcitano, e mi affaticano, io non cada in quella con- „
fufione , e turbamento, nel quale neceffariamente caderci, le „
dalla iperanza non fuffi loftenuto. Ciò luccederebbe anche ne' „
più indurati nella lofferenza de' più penofi travaglj, e ne' più „
collanti nella toleranza delle più lenfibiii ingiurie, i quali final- „
mente cedercbbono, le loro fuflc toltala iperanza di vedere un „
di il fine delle lor Imperocché può elfervi altro rinco-
pene. „
lamento in lomiglianti occafioni, le non ie quello di iapere , „
che fi ioffrono per CÌesù Cristo tutti 1 mali, e tutte le imma- „
2Ìna-

(a) Rom. 5.

S IV
.

28o Vita di S. Ambrosio


ginabili difavventure? Quindi è, che la fola fperanza fi è quel-
la , la quale non confonde,
ci ma ci rincora, e fa si, che s'av-
» verino le parole dell' Apoitolo, il quale dice, che dove tro-
vafi la fperanza non poflbno alcun nocumento recare ne gli

^)
ejìern't coìnbatttme7tt't nb le interne agit^'^oni {^)
-,

•>> Ed effendo che un altra verfione di quello paffo del Sal-


)•> mifla dica, fwn ci fafe arrojjire ^ chiara cola è , che chiunque
fpera in Gesù Cristo come deve, giammai non arrofllra. E
chiunque Ipera in Gesù Cristo può con tutta ragione ripetere
ciò , che in un altro luogo vien detto da Davide Mio Dio , :

•>•) io in voi confido., né giammai arrojjiro {b). Imperocché que-


V fta fiducia è quella, che colla fua forza ioiliene la noflra ipe-

>•) ranza, ed inveite di non lo quale autorità quelli, che fperano.


)> Non cefl'ate adunque di fperare, e fiate pur certo, che nefTu-
>> no eluderà la volfra efpettazione Quello che noi afpettiamo
.

T>
è la vita eterna. Quello che noi attendiamo è la compagnia
degli Angioli , e d'cfiere ricolmati di fpirituali benedizioni.
Sperate ogni giorno, accertati, che giammai nelTun fine , ed
>> interrompimento debba avere la voilra fperanza. Se quando
55
voi perdete alcuno de' voftri amici, o congiunti , viene a voi
55
detto nel vedervi meffo, ed afflitto per un fomigliante acci-
55
dente: che giova a voi la voftra giuftizia? non tralafciate per
55
quello di fperare, ne permettete, che la voftra fiducia venga
„ meno .Se taluno vi dice, quale vi ha apportato vantaggio
„ il digiunare ogni giorno; l'avere mantenuto callo il voftro cor-

„ pò, e pudica la voftra anima; le qual peccatore, e qual em-


„ pio fiete percoffo dalla mano di Dio? Se voi, dico , fiete in-
„ fomigliante guifa infultato, non permettete, che la voftra fidu-
„ eia manchi, ed a lei fucceda una pufiUanime diffidenza. Im-
„ perocché quantunque voi fiate infermo. Gesù Cristo nondi-
„ meno, che è fedele nelle lue promeffe , non lafcia di prenderli
„ follecita cura de' voftri interefli Gesù Cristo dice a' luoi
.

„ Difcepoli Date loro da mangiare , acciocché non manchino per


:

la

(«) i.Cerinth.j.v.^. I (^) Pfahrt.z/^.-c.i.


Libro XI. Capitolo"! T. 28r
la via. Voi avete una vivanda Apoftolica mangiatela , e 5>
;

non verrete meno. Cominciate a nodrirvi di quella, accioc- >>


ché indi arriviate a cibarvi della vivanda di Gesù Cristo, del-
la carne, cioè , del Corpo di nodro Signore, e fiate indi am-
»
meflTo al convito del iuo Sacramento, e fatto partecipe di quel-
la bevanda, che inebria i defiderj, e gli afictti de' Fedeli, onde
firallegrino della remifhone de' peccati, e liberi relìino dalle
cure di quello lecolo , e dal timore, e dall' inquietezza della
morte. Q_nefta fanta ubbriachezza però non rende vacillante il
corpo, ma lo raddrizza, e lo fortifica, ed in vece di riempire 55
l'anima di confufione, la confagra, e la fortifica.
Ciò, che abbiamo veduto di fingolarc nella condotta da
S. Ambrofio tenuta nelle più importanti occafioni del fuo Epif-
copato, è un effetto di que' nobili ientimenti, che non avrebbe
agli altri con tanta forza, ed efficacia inlpirati, qualora nonne
fufle ftato egli fteflb abbondcvolmente ripieno .Non fono a
lui mancati ibpra la terra de' poffenti protettori, fimilmente
che de' formidabili nemici ma né troppo ha confidato nella
;

benevolenza de' primi, né punto fi è laiciato fpaventare dall'


odio de' lecondi I due Valentiniani , Graziano, e Teodofio
.

hanno per lui nodrita tutta quella confiderazione, la quale può


averfi per un Vefcovo, che ad uno fteflb tempo promova ed i
vantaggi della Chiefa, e quelli dello Stato. Ma fé la di lui
fperanza fuffefi ioltanto fondata fopra la loro protezione , ella
farebbe con elfi perita , ed invece d'efsere fempre , ficcome
ei fu, di un cuore immobilmente intrepido, farebbe egli anzi

Itato il ludibrio delle vicende de' tempi , ed obbligato conti-


nuamente a cambiar penfieri, ed intereffi , fecondo le diverfe
rivoluzioni della Corte, e degli affari dell' Imperio. L'Impe-
radrice Giuftina fi è dovuta conolcere affatto impotente contro
un difenlorc della Divinità del Verbo ; e Calligonio , che fi
era pollo in pcnfierq di cacciarlo dalla fua Sede, e di perder-
lo, loffrì egli flefso in cailigo de' tuoi delitti quella pena, a
cui voleva farlo ingiuflamente loggiacere per opprimere la lua
virtù. Ma cfsendocchè la di lui fperanza altro oggetto non
avef-
..

2^2 Vita di S. Ambrosio


avefsc, che il Re de' fecoli, il quale è immutabile, ed im-
mortale, la fiducia da lui avuta nella lua onnipolsente prote-
zione è Hata il principio della fua fortezza, e la lantita da lui
portata iu' noftri Altari nell' offerirvi il grande Sacrificio della
nortra Religione con una pietk affidua tanto, ed eiemplare ,
ha fatto vedere alla Chicla, qual vigore fi debba alpettare da
un Veicovo , che fa fare un iant' ulo de' Milterj i piìi augu-
ri , e più facri. Nel ricevere ogni giorno il pegno deli' eter-
na felicita, egli ha imparato a rimirare con un generofo di-
fprezzo tutte le prelenti cole, né altro ha temuto, che di di-
fpiacere a Dio , perchè la fua unica mira è (tata di fempre pof-
iederlo
Confiderava egli quefto principio come uno de' principali
elementi della Religione Criltiana , e credeva, che baftaffe il
fapere gli Articoli del Simbolo degli Apertoli per tutta collo-
care la fua fiducia nella Croce di Gesù Cristo. „ Io faccio,
5, [diceva (<*)] una pubblica profeffione di narrare i fupplizj di
„ quello, nel quale io credo io ad alta voce li recito, né mi
;

„ arroffifco di quanto il Redentore del Mondo ha voluto loffrirc


j, per la qiia falute, ha (offerto con la virtù fua onnipoffen-
e lo
j, te. Mi deridano il Giudeo, ed il Pagano quanto a lor piace,
yy perchè colloco la mia fperanza in quello, che io confeffo effe-
j, re (tato crocififfo, ed avere (offerta la morte ; io non lafcierò

„ per quelto di fare, loro malgrado, mia gloria le piaghe, per

5, cui io conofco d'effere caro al mio Redentore da elfi non cono-

„ fciuto. Imperocché, come dice l'Apoltolo (^), la parola del-


), la Croce è una follìa per coloro , che fi perdono ; ma per qucl-
„ /i, che fi falcano y vale a dire per noi , è virtù , e poJfan-:i:a
j, di Dio
Quefta profonda venerazione, eh' egli aveva per la Cro-
ce di Gesù Cristo , facevagli trovare la lua conlolazionc, e
la lua gioja nelle fofferenze de' pu'i intolerabili mali di quella
vita, i quali a lui fembravano utilità vantaggiofiffime, per la
Ipe-

(«') In Sj/mbolum Apojìolorum , 1 ( i ) i . Ccrinth. \.v. 1 8.


. .

Libro XI. Capitolo III. 283


Iperanza, ch'egli aveva della rilurrezione , e della gloria, che
Dio prepara ncll' altra vita a quelli , che laranno itati con-
formi all' immagine del Ino Figliuolo.

Capitolo III.

Dell' amore del Sa7ito per Gesù Cristo, per il fuo Popola^
per i fuot nemici , e per gli Eretici fìejji

UNa viva Fede, ed una così ferma Speranza, qual


così
era quella di S. Ambrofio , non poteva produrre nel
fuo cuore, le non un Amore puriflimo , ed affatto difinteref-
fato , che lo flaccalfe da tutte le terrene cofe , e io unilTe
ftrettamente a Gesù Cristo, in cui iolamente trovava egli
tutti beni immaginabili. Ciò da lui chiaramente fi ftabililcc
i

nello Ipiegare , che fa quelle parole di Davide (a): Che deftde-


rerò io nel Ciclo , fé non voi ; e che altro io amero fopra la ter-
ra , fiiorchc l'oi fola ? La mia carne , ed il mio cuore "jengono
meno per voi ^ che ftete il Dio del mio cuore ^ e la mia por^jone
in eterno. Imperocché a noi infegna favellando (opra quelle
parole del Salmiita, che dir voleva quefto Profeta: „ Voi fiete „
o mio Signore la mia porzione, che pienamente appagate tut- „
te le mie brame. Altro da me non fi è pretcib, che di aver- „
vi per mio padre. Giammai non mi ibno aifoggettato ad al- „
cuna creatura celefte, come hanno fatto Pagani; né ho bra- i „
mate in quelto mondo ricchezze, o piaceri; poiché non ho bi- „
fogno di cola alcuna, dacché voi avete la bontà di annoverar- „
mi tra i voftri; né più mi refta, dopo di ciò, che defiderare „
ne' cieli. Non avendo io cola alcuna, non lafcio nondimeno „
di pofledere tutte le cole, perchè io polfeggo Gesù Cristo; „
perché il Padre Eterno con non perdonare a quejìo fuo Figli- „
ttolo ^ e darlo a morte per noi tutti (^) ,
tutte ci ha date le „
cole ,

(a) /'/«/m.yz.-u. 14.25. 1 (ó) Row. 8. v. ji


A

2^ Vita DI S. Ambrosio
5, cofe ,
Paolo , allorché dice
ficcome attefta S. tuffe ejfere le :

„ cofe in Gesù Cristo, per ch'ere fiate tutte create per lui , e
„ tutte per lui fujfijìere {a).

„ Chiunque adunque pofTiede Gesù Cristo , altra ricom-


„ penfa non chiede , eflfendo appunto quella la ricompenfa di
„ tutti: Quindi è, che Gesù Cristo dice all'uomo perfetto:
j, Caricatevi della vojìra Croce , e feguitemi { b ) . Chiunque
„ legue Gesù Cristo non fi propone
, il premio come un mo-
„ tivo, che tendere lo faccia alla perfezione; ma la perfezione,
„ che rendendo confumato il fuo merito, gli fa ottenere il premio.
„ Imperocché gli imitatori di Gesù Cristo non fono buoni, e
„ virtuofi per la fperanza di efferne ricompenfati, ma per il puro
„ amore effendo Gesù Cristo ileflo buono per la
della virtù
,

„ fui natura, e non per alcun defiderio di ricompenfa. Ha egli


„ quindi patito per la compiacenza, che prova nel ricolmare noi
5, di benefici > ^ ^°" perché cercaffe di trarre accrefcimento di
j, gloria dalla fua paffione. Conviene adunque , che chi vuole
„ imitarlo, faccia non ciò che giova a ie itefib, ma ciò che puo-
„ te eflere d'utilità agli altri. Quefta é la ragione, per cui vie«
„ meno a fé ftefib nello RefTo tempo , che il progrefTo da lui fat-
„ to nella virtù più vigorofo lo rende in vantaggio degli altri..
„ Può quindi dire: il mio cuore, e la mia carne mancano: voi
j, fiete il Dio del mio cuore, non eficndo poflibile, che a noi ne

5, vengano i beni eterni, fé prima da noi non partono i terreni.


„ Vien meno la mia carne, quando fi mortificano le fue affezioni;
„ e meno vengono altresì coloro , che nella loro carne portano
„ la mortificazione di Gesù Cristo , efl'cndo che la morte di
j. Cristo faccia, che in elfi tutte muojano le lufinghe, le quali

„ potrebbero farli cader nell'errore.


Iddio è lempre ilato abbondevolmente ballante a S. An>
brofio , ed il fuo cuore , che fu fempre onninamente fiaccato
da tutti i beni, da tutte le vane grandezze, e da tutti i pia-
ceri del fecolo , elfendo fiato infeparabilmcnte unito a Gesù
Cris-

(«) Colofs.u \ (i) M«rf.8,


Libro XI. Capitolo Ili. 285
Cristo, in lui ha Tempre trovate tutte le ricchezze, tutti gli
onori , e tutte le immaginabili delizie . Era S. Ambrofio tal-
mente penetrato dà quelli divini Tentimenti, che lì sforzava di
farli paHare dalla pienezza del fuo cuore nell' anima di tutti
gli uomini „Noi pofìTediamo [diceva egli (/») ] tutte le cofe „
.

in Gesù Cristo. Si accoftino „ adunque tutte le anime a lui;


e quelle, che fono afflitte da interiori malattie per aver com-„
mefli peccati gravi , e carnali ; e quelle , che trovanfi impe- „
gnate nell' amore del fecolo, al quale fono attaccate per mez- „
zo de' lor defiderj, come da tanti chiodi penetranti; e quelle, „
che elTendo tuttavia imperfette, non laiciano però di avanzarfi „
nella pietà colf applicarfi di continuo nel profondamente me- „
ditare le cofe fante e quelle , che lono di gìh. perfette per la
; „
pratica di un gran numero di virtù Qiielte anime danno tut- „ .

te fotto la poffentc protezione di Gesù Cristo , nel quale ogni „


cola ritroviamo Imperocché le vogliamo rifanare dalle no- „
.

fìre piaghe, egli è noltro medico; le l'ardore di violenta feb- „


bre ci brucia, e ci confuma , egli è una lorgente valevole a „
refrigerarci ; fé dalla iniquità fiamo opprelTi , egli è la giufti- „
zia ; le deboli fiamo , e bifognofi di foccorfo, egli è la nollra „
fortezza ; le bramiamo di falire al Cielo , egli è la via , che „
al Cielo ci da noi fi abborrilcono le tenebre ,
conduce ; fé „
egli è la luce fé noi cerchiamo alimento, egli è il nollro cibo:
; „
Gujìate ^ e vediitc quanto mai il Signore fta foave Beato è quell' .

uomo che .f
luì fpcra (h).
/';;

Sono quelle parole tante fcintille, che, come da una forna-


ce tutta accefa dall'amore divino, efcono dal cuore del San-
to, il quale non fi contentava d'amare egli folo Gesù Cristo,
ma fi sforzava d'inlpirare in tutti la brama di alìliporare la
dolcezza, e conofcere la forza della carità crifliana per mezzo
di una lanta Iperienza ed affai felice riputavafì, qualora po-
;

teva condurre i peccatori a penitenza, rilvegliarc i tiepidi, ed


animare i perfetti Siccome ei fapeva , che quelt' amore , del qua-
.

le

{a) Lib-i-deVirgin. 1
{ù) Pfalm. S3' '"^-
2§5 Vita di S.Ambrosio
fiamo debitori a Dio , non deve giammai effere fterile , cosi
le
eoli fi applicava alle funzioni del fuo miniltero con una atti-
vità, ed uno zelo incomparabile; e quefto fuoco celeite, che
gli fomminillrava le ali per volare fino a Dio con la contem-
plazione delle cole lante, a lui altresì comunicava una Itraor-
dinaria agilità per inftancabilmente fcorrere i Regni, e le Pro-
vincie , allorché vi fi trovava obbligato dalle neceffita della
Chiefa , e dello Stato. „ La carità [ diceva egli (^) ], è un
5, eccellente virtù, che ha dell'ali, compofte da un fuoco tut-
5, to avvampante. Di effe ella fi vale per prendere il fuo volo
„ nel cuore de' Santi, ove confuma tutto ciò, che vi è di mate-
„ riale, e di terreno, ove fa prova di quanto v'incontra di puro,
„ e di fincero, ed ove col calore del luo fuoco divino accrefcc
5, le virtù.
Quella carità, che fi è placidamente ripofata nel cuore
di S. Ambrofio, è ftata quella, che gli ha lomminiltrate le
ali per volare ovunque lo chiamavano le pubbliche neceffita
della Chiefa, e dello Stato, fenza punto dipartirfi da quella
pace interiore, e da quella profonda tranquillità, della quale
godono le anime , che iono tutte di Dio I viaggi da lui .

fatti a Maffimo, e ad Eugenio in Francia, ed in Alemagna ,


ce lo debbono far confiderare per un degno imitatore di S. Pao-
lo , che da S. Giovanni Grifoftomo vien detto un uccello cele-
fte, a cagione delle differenti Provincie da lui Icorle per por-
tarvi la luce dell'Evangelio.
Eiortando i iuoi Diocefani (^) ad animarfi tra di loro
con la confiderazione di non effervi cola né più dolce , né più
cara a Dio della carità, e della pace; propone ad effi per mo-
dello l'amore, eh' ei nodriva per cialcheduno di loro, il quale
amore (e) era di tal lorta, che da effo veniva egli tralporta-
to ad elporre la ffeffa iua vita perla loro conlervaziont. Qiian-
to meno però temeva egli per fé fteffo la violenza de' Prepo-
tenti,

( rt ) Lib. de Ifaac , & anima .


| ( «^
) Setni' 1 • de diverf.
Libro XI. Capitolo III. 287
tenti tanto più la temeva per il fuo Popolo
,
Ciò Io te- .

neva (a) s'i Itrettamente unito alla Ina Chiefa , che da efla
giammai non dipartivafi, ie non le per urgentillima necefifita.
E quando era corretto ad allontanartene per i bilogni d'altre
Chiele, l'amore, che nodriva per la ina, compariva nelle Tan-
te impazienze , che aveva per elle , com' egli mirabilmente
lo deicrive (b).
Valevaìì l'ovente con fomma liberta, e coftanza (e) del-
la ftima, in cui era prefìTo de' Grandi, in prò de' miierabili, fa-
cendofi loro intercenbrc , e protettore , quantunque iommo a
lui recaffe incomodo l'avarizia de' Minilln , che non accordava-
no grazie, le non fé mediante lo sborfo di qualche fomma di
danaro. Credeva (^) avere ottenuto il perdono de' fuoi
di
peccati, qualora riulcivagli di liberare alcuno dalla morte col
mezzo degli opportuni ioccorfi da lui prellatigli in una si ur-
gente neceflita , e giudicava cola gloriola per un Vefcovo (e)
l'elporfi ad innumerevoli mali , ed alla morte medefima , per
falvare la vita ad un uomo. Ma quanto alle caule, nelle quali
fi trattava Ibltanto di danaro, ei non voleva, che un Vefcovo
vi s'intromettelTe,non lolamente perchè in lomiglianti occa-
fioni non può obbligarfi una parte lenza far all' altra ingiuria,
ma perchè ella è una follia il farli de' nemici a cagione del
danaro.
Non
eftendeva però quefta regola generalmente a tutte le
caule, nelle quali non fi trattade che di danaro , o di qual-
che temporale interelTe . Imperocché diceva (/) eflere d'u-
na gran gloria a' Miniftri della Chiefa , l'impedire le vio-
lenze de' Prepotenti col loftenere una vedova, ed un orfano da
efli opprelfo , e far vedere, che il comando di Dio ha maggior

forza lopra il loro fpirito, che tutto il favore de' ricchi; e con-
felTa , elfcrfi egli Ibvente oppolto all' autorità degli Imperadori per
difendere i depofui dèlie vedove , e di altre perione , come noi ve-
dremo in progrefio. ^^
(a) Serm.^. 1 (d) Jmèrof in Pfai. 11^. OBon.'è.

lù) Epijl.l. {e^ Ltb.Z. Officiar, cnp. e,.

{e) PaHÌin. deviti S.Ambrof. \ if) Liè.z.c.^p.^.


.

2g§ Vita di S. Ambrosio


Ma paragonare ancora lo pofiTiamo alla colomba dell' Ar-
ca, e per avere lenipre procurata ia pace in tutti i viaggi fat-
tigli dalla Divina Provvidenza intraprendere, e per la tua iem-
plicita, e dolcezza, lenza fiele, ed rifatto fimile a quella di una
colomba; fìccome chiaro apparilce e dalla tenerezza da lui avu-
ta per il Tuo Popolo, e dalla generofita, con cui ha perdonato
a' iuoi nemici , non
vendicando delle ingiurie da. efli a lui
fi

fatte, che con ricambiarne de' beneficj.


La paterna carità, eh' egli aveva per i figliuoli fuoi fplri-
tuali, iomminiftravagli efpreflioni tenere, ed amorofe, che non
fi pofìTono anche a' dì nollri leggere nel fuo Libro (h Officiis
lenza eflerne vivamente commoflb „ Siccome Cicerone [di-
.

5, ceva egli (a) ] ha ne' tempi andati trattata quefta materia

5, per iftruzione del fuo figliuolo ; cos'i io pure ho intrapreio a


3, Icrivernc, per inftruirne i miei figliuoli, come tali amandovi;
5, poiché vi ho generati per mezzo dell' Evangelio , ed hovvi avu-
5, ti come frutto, e benedizione del mio maritaggio; giacché la

5, grazia non è meno forte, e veemente della natura ncil' inipi-


3, rarci dell' amore; ed è ben giudo, che noi affai più amiamo
5, quelli, con i quali Iperiamo di dover vivere eternamente, che
5, quelli, con i quali dobbiamo vivere foltanto fu quefta terra.
5, I figliuoli, che da i padri fono (tati procreati fecondo la carne,

5, il più delle volte degenerano da' loro genitori , e fono ad elfi


5, di confufione, e di vergogna. Sara difficile, che ciò in voi
3, poffa fucccdere, in voi, che noi fteffi abbiamo prefcclti per og-
5, getto del noftro amore. La neceffita, che coilringe i padri ad
5, amare i loro figliuoli carnali , non è baftantemenre forte a far
5, SI, che i padri concepifcano per i figliuoli un affetto, che lun-

3, gamente perleveri, né giammai abbia fine. Ma io vi amo,


„ perchè avendovi giudicati degni del mio amore, vi ho fcelti
„ per amarvi. Né vi è cola, che poffa maggiormente accreice-
5, re , e dilatare l'ardore della carità , quanto l'avere lenamente
5, fperimentati quelli, che fi è ftabilito di amare, e che fi amano

„ perchè di propria elezione fi fono fcelti come degni del proprio


j> affetto Fi-

C«) Lib.i.Offic.cap.S.
Libro XI. Capitolo III. ;S>i

Finalm<;nte l'eminenza dì fna carità fi è data a conolcere


per mezzo de buoni ufticj da lui preftati a' inoi più crudeli per-
lecutori, allorché Tono ad implorare la di lui alTi-
Ihiti coltretti

itenza , non vi eflendo Itato alcuno, che di facilita, e compia-


cenza dotato abbia con tutta la pienezza della ina perfezione
adempiuto quel gran comando dell' Evangelio, il quale ci ob-
bliga ad amare quelli, che ci odiano, ed a ricolmarli di be-
neficj. Dice egli fpiegando quello precetto al fuo Popolo (/?),
che laddove l'antica Legge comandava la vendetta, ed obbli- „
gava a rendere male per male, per contrario l'Evangelio ci „
prelcrive di corrifpondere all' odio con amore, e carità; di „
avere della tenerezza, e della condifcendenza per quelli, che „
hanno della avverfione contro di noi ; di bramare ogni torta „
di benedizioni a quelli, che ci caricano d'ingiurie
„ ; di foffrire
con pazienza noltri perfecutori, di palcerli famelici, di toc- „
i

correrli nelle loro indigenze, e di non vendicarci di eflì , fé „


non con far loro favori, e beneficj. " La condotta da lui tenu- „
ta coir Imperadrice Gmftina fark vedere fino alla fine del Mon-
do a tutti
1 figliuoli del fecolo, che quello si elevato dilcorfo
della più fublime perfezione non era in lui una vana idea, ed
una pura fpecolazione da Filofofo , avendo egli elpolto ad evi-
denti rilchj e la tua liberta, e la fua vita per afllftere a quefta
Principefia Arriana, che più volte aveva tentato di perderlo:
di lorta che, lenza penlarvi, facelTe egli a le (tefib il fuo elo-
gio, allorché diffe , che tra gli Atleti quello è incontrallabil-
mentc il più forte, che è il più inlenfibile a'colpi, ed alle in-
giurie. Avevalo in fatti la iua carità condotto all' acquilto di
quella Tanta, ed avventurola inlenfibilita e ficcome gli aveva
;

fatti difendere gli interefii di Dio nel refiltere all' Imperadrice;


così gli fece loitcnere quelli dell' Imperadore, e del fuo Stato con
opporfi a Mafiimo , fenza temere gli effetti dello fdegno di un Ti-
ranno vittoriolo.
(Quella si tenera carila, di cui ardeva verfo de' fuoi pm
arrab-

(d) Lib. 5. in Lue. cap. 6,

T"-i. lì.
. . .

-> pò Vita di S. Ambrosio


arrabbiati perfecutori induceva non folamente a porgere
, lo

fervorole preghiere a Dio, ma eziandio a ipargere lagrime in


abbondanza dinanzi a lui per chiedergli la converfione degli
Eretici. Allorché fi dovelTc proporre un eccellente modello
della maniera da tenerfi nel trattare con effi , d'altro non farebbe
d'uopo, che addurre la ragione, con cui egli giuftifica la dol-
cezza della fua condotta, allorché dice (.-7): „ fuo difegno non
„ effere di vincerli , ma di fanarli ; né tendere egli ad cffi delle

„ infidie, ma dar loro de' profittevoli avvifi per la loro falvez-


5, za; comecché fiafi fovente veduto, che quelli, i quali non fi
„ fono potuti vincere né coli' autorità, né con la pofTanza, né
„ tampoco con la forza della ragione, fianfi lafciati inlenfibilmente
„ guadagnare dalla dolcezza

Capitolo IV.

Dell' umiltà di S. Ambrojio

ESSENDO fondamento di tutte le virtù Criftianc,


l'umiltà il

maravigliare non ci dobbiamo , che la carità del noftro


Santo fia (lata sì pura, sì univerfale, sì infaticabile, fempre
che riflettiamo, confiderando tutte le fue azioni , efferfi egli
preio particolare cura di foftenerla con una profonda umiltà
Ci ha egli dato a conofcere il merito di quefta virtù fpie-
gando quelle parole di Davide Signore , io fono fiato ridotto
:

ad una eflrema umiliandone ^ "vivificatemi jecondo le vofìre pro-


meffe {b). „ Felice, die' egli, quello, che affai più fi gloria
„ del fuo abbaflfamento, che della fua potenza. In fatti la po-
„ tenza ci abbaglia, e c'inganna, ma l'umiltà giammai non ci
„ abbandona. Quefta umiltà in fatti a noi è sì vantaggiofa,
j, che ella è ftata lodata come una virtù nella perfona di Gesù
5, Cristo fteflb. Certamente io più Io venero per cagione di
elTa,

{a) Ltb.z.deFidecnp.^. I
{ i>) In Pfalm. iiS. OBon.i^.
Libro XI. Capitolo IV. ipi
efla,che per la creazione dell' Uni verlo; perchè noi fiamo ftati „
creati per la fatica, ma fumo Itati ricomprati per il ripolo „
eterno. In louima, volendo egli itenb elercitare i Popoli a „
ricevere gli effetti della lua milericordia , derivare la fua „
fa
gloria dalla lua propria umiltk , dicendo: Io mi fono in pub- „
blico prejentato a quelli , che non mi cercavano Io mi fono „
.

fatto "vedere da quelli , de non fi curavano di conofccrmi (a). „


Ed altrove : ho joggettato le ìnie fpalle a" colpi de' fiagel-
Io

li ^ e le mie guancie a coloro , che mi jchiajfeggia'vana , e mi ,,

fìrappnvano i peli della barba Io non ho rivoltato il mio


.

volto da quelli y che mi fìrapazj^jivano con villanie ^ e mi co-„
privano d'immondi fputi (b). Con tutta ragione adunque ha „
voluto Davide umiliarfi, per intiero rendere in ie flelTo il non„
ancora da le compiuto adempimento delle fofferenze praticate „
da Gesù Cristo. E ben può crederfi, che Gesù Cristo ftei- „
fo abbia parlato per bocca di quefto Profeta, allorché diffe „ :

Io fono ridotto ad una e/ìrema umilia-T^^one Qiiel Gesù Cri-


.

sto, il quale ha detto nel iuo Evangelio: me ne venite„ A
voi tutti , che fiete a^aticati , ed aggravati , ed io vi folleve-

rò ; prendete ti mio giogo fopra di voi , ed imparate da me , „
che fono manfueto , ed umile di cuore , e troverete la quiete „
delle vofìr aììime (e). „
Lafciamoci adunque inftruire da quello, che ci ha infe- „
gnate maffime si lalutari, e che per eccitare la noftra attenzio-

ne ci ha detto: Imparate da me. Poco non farebbe quand'ei„
ci dicefle iolamcnte quella parola: Imparate ; ma egli dice di „
più, imparate da me. Per qualunque umana lapienza poflcgga „
un anima, difficilmente potrà dare ad altri lezioni di umiltà, „
fempre che ripiena lara di quelT orgoglio, per cui gonfia iuol „
efiere qualunque anima , che dalla luperbia della carne viene „
portata ad inalzarfi lopra le (telTa. Si darà uno, che di buo- „
na voglia fi loggctterk ai dilagi della povertà; ma poi neffuna „
avrìi

T II
,

2p2 ViT A D I S. Ambrosi o


)> avrà lofTerenza per le ingiurie. Si darà un altro, che fia di

baftante pazienza fornito per fottoporfi ai colpi de' flagelli ; ma


?)
non lafcierà di affai inquiete provare le agitazioni ncU' anima
lua , allorché a lui fi diranno delle ingiurie Sara un altro .

5>
baftevolmente generolb per non curarfi di Ibvraftare agli altri;
>) ma provera poi fommo difpiacere nel vederfi meno onorato di

qualcun altro Affai richiedefi di magnanimità per in ogni


.

V cola, ed efattamente tutte offervare le regole dell' umiltà.


n La fuperbia è ftata il primo tra i vizj , che ha fatto de-
cadere l'uomo dallo flato, in cui trovavafi Qiiindi è, che .

volendofi da noi più di quello, che a noi compete, da noi fi per-


5>

dono poi ancora i menomi noftri vantaggi. Per contrario affatto


vantaggiola è l'umiltà, la quale niente defiderando ottiene tut-
to ciò , che da lei fi difprezza Effendofi il noftro Signore Ge-
.

5)
sù Cristo umiliato per inalzarci, ed umiliato fino alla msrte
5)
della Croce {a); per queffo appunto il fuo Divino Padre lo

3) ha inalzato, acciocché ogni ginocchio (ì pieghi nel fentir il fuo


„ nome. Quante cofe ha fatto il Signore, mi farò lecito il dir-
„ lo, e non ho a lui piegate le ginocchia? Ma poiché egli fi è
„ umiliato, io a lui le ho piegate. Imperocché egli per mezzo
„ dell' umiltà, e della Croce ha congregata la fua Ghiefa.
Maravigliare adunque non ci dobbiamo, che S. Ambrofio
effendofi fempre propofto per oggetto delle fue confiderazioni
Gesù Cristo , come autore, e confumatore della fua fede, fu
flato una fedele copia di queft' adorabile Originale, il quale ha
voluto fegnalarfi fopra la terra con una umiltà profondiffima.
Da quindi Ambrofio all'umiltà il nome di capo delle altre vir-
tù tutte, e dice (b): „ Mcritarfi effa, come virtù prima-
j, ria, che ogni no (Ira brama, follecitudine, ed induflria tenda
j, al di lei confeguimento ; dover ella effere l'oggetto primario
„ delle noflre fperanze, e delle virtuofe noftre operazioni; ed il

„ di lei acquifto dovere reputarfi per il principale de' noftri affari


5, né altra darfi per noi occupazione , che più premurofa fia , ed
impor-

(a) Pkilijff. 2. I {b) OBon, zo. in cumdemPfalm.


. ,

Libro XI. Capitolo IV. 2^3


importante, quanto quella, che s'impiega nel procurare di „
diventare umili, e di leguire la verità, che non fi conofce da ,,
coloro , quali pazzamente ibpra di loro ftefh inalzandofi , hanno „
i

il cuor gonfio, e tutto carne, né mantengono l'unione, che do- ,,

vrebbero avere col loro capo. Q^ieCt' umiltà però di S. Am- „


••'

brofio , luoghi de' fuoi icritti viene da tutti ammi-


che in pii!i

rata, larebbe certamente rimalla inconfiderata , le la Divina


Providenza non fi fuflTe prefa particolare cura di renderla vifi-
bile ne' luoi Trattati, ed avcOe permeffo, eh' ella rimanede
occulta nel Tuo cuore, entro del quale lono ilari foliti di nai-

conderla i Santi , che come S. Ambrofio hanno dovuto ioftenere


la verità, e la giufiizia dinanzi agli uomini; avendola elfi con-
fervata nel più profondo delle lor anime piuttolìo con l'unione
inviolabile da elìi mantenuta con Dio, che con le umili elprel-
fioni, fovente affettate anche dall'orgoglio, per coprire la lua
deformitll
Per qualfi voglia compafiione egli nodrifie verfo de' poveri,
ai quali aveva diltribuiti tutti i luoi beni, e per quallivoglia
cura, eh' ei fi prendefTe di afliflere ad ogni iorta di perlone ,
non laiciò però di proteftarfi , che un Santo ha il diritto di ap-
propriarfi quelle parole del Salmifta : lo fof?o ufi'tto per ajjctto^
e per jocietà con quelli , che voi temono , e che ojfervano i volìrì
comandamenti (^), ma che egli giammai non ardirebbe di pro-
ferirle „ Imperocché quante perlone vi fono (die' egli) lequa-
:

li temono Dio , e le di cui milcrie rimiro lenza compiangerler

Dimandano effe afliitenza , e lollievo , ed io di loro non mi


muovo a pietà. Hanno elleno bilogno che fi Ipenda per pro- ,

vedere alla loro indigenza , ed io loro non porgo il ben mini-


mo fovvenimento .

Si confclTa in un altro luogo colpevole di gravi peccati


e dice (^), non ilperar egli la lua lalvezza, che dalla miieri-
cordia di GFsià CrisYd, il quale non lo ha abbandonato, ed a
cui fa umile conftflione del luo peccato, e della fua debolezza.
Io

( a ) /» rfalm. 1 18. OUon. 8. I


( ^ ) Lib. z. de Fide cap. 14.

T.m.lL T III
204 Vita di S. Ambrosio
Io defidero con tutto il mio cuore [efclama egli altro-
ve (a)']-, Divin
che Salvadore
il dica a me , fimilmcnte che
agli altri: Sciogliti da' tuoi legami, elei da' ceppi, e dalle ca-
tene de' tuoi peccati; (laccati dal tuo errore, che tienti avvi-
lupato tra forti vincoli Imperocché quantunque io fia il più
.

fcellerato tra tutti gli uomini, e che io mi fia refo deteftabilc


per l'abituazione de' miei peccati; nondimeno io laro libero,
le quello, che ha falvato dal liipplizio in un lolo momento un
reo convinto di ladrocinio, e condannato alla morte, e lo ha
») introdotto nel fuo Regno, vuole altresì pronunziare fentenza
5? in favore della mia liberta.
Somma maraviglia recarebbe l'udire in fomigliante guifa
favellare un uomo tanto giudo, e tanto fante, qual era S. Ara-
brofio , fé non lì lapeflTe, che i maggiori Santi riconolcono in
loro fteflTi i germoglj, ed i principi di tutti i peccati immagi-
nabili, a cagione della concupifcenza, che loro refta, né di-
ftinguono le llelii da'fcellerati, che mercè la mifericordia di Dio,
dalla quale folamente afpettano la lor perfetta converfione , e
la falute QLiindi è, che efponendo quanto fuccede nella giù-
.

ftificazione del peccatore, di cui la rilurrezione di Lazzcro è


[tata una figura, brama egli IteflTo di edere nel numero di quel-
li, che quello Divin Salvadore rilufcita con la fua parola on-
„ nipolfente. „ Signor Gesù [ die' egli (b) ], io defidero con
„ tutto il mio cuore, che voi vi degniate di accollarvi al mio
„ fepolcro, e di lavarmi con le voltre làgrime poiché i miei ;

„ occhi fono SI aridi , che verfar non ne polfono con quell' ab-
„ bondanza, che badi a lavare tutti i miei peccati. Io farò fai-
„ vo , fé voi non ifdegnate di piangere per me Se io fon fat- .

„ to degno delle voflre lagrime, lara da me tolta tutta la foz-


„ zura, ed il fetore de' miei peccati. Se io fono meritevole,
„ jche voi fpargiate. alcuna lagrima fopra di me, voi mi chiame-
.,, rete per farmi ufcire da quello corpo, come dal profondo di
„ un lepolcro, e mi direte: Efci fuor/i^ acciocché io più non rin-
chiuda

{a) InPfalm,ii%, OBon.%. ' {b) Lib.z.d^ Panit.ftip.i,^ ,)


LlBRoXI. CaPITOLoIV. 2C?5

chiuda miei penficri entro li tanto angufti confini di qucfto mor-


i „
tale corpo, ma dia loro la liberta di sbrigarli dalle lue tenebre, „
per inalzarfi a Gesù Cristo, c riledere nella lua divina luce; „
ilcchè più non fiano le mie opere in avvenire opere delle tene- „
bre , ma azioni della luce ; perchè chiunque va meditando pec- „
cati, fi affatica per imprigionare le iteflTo nella propria cofcien- „
za. Chiamate adunque liiora, o Signore, il vollro fervo. E „
benché i legami de' mici delitti mi abbiano ridotto ad avere „
legate e mani, e piedi, e ciie io fia di giìi come lepolto da' „
miei penfieri, e dalle mie opere morte; io nondimeno ulcirò „
affatto libero, e Iciolto, le voi mi chiamate, e mi ritroverò ,,
tra quelli, che mangiano alla vollra tavola, e fono ammeffi „
al vottro convito ; e la voftra cala fi riempirà dell' odore di un „
preziolb profumo, le voi conferverete con la vollra grazia quel- „
lo, che vi ficte degnato di rilcattare. Imperocché fi dira allo- ,,
ra di me: Eccovi un uomo nodrito fuora del leno della Chic- „
fa, non corretto, né domo nell' eù. tenera dilla di lei dilcipli- „
na , un uomo crefciuto, ed affuefatto a* clamori del foro, ed „
alle voci de' pubblici Araldi, e de' più infini miniitri di giù- „
ftizia; eccolo tolto tutto ad un tratto da' Tribunali, iegrega- „
to dalle vanità del fecolo ;
eccolo affiduo, ed attento neh' al- „
coltarc i Cantici del Salmilla ; eccolo perfeverante nel Sacer- „
dozio non per lua propria virtù , ma per la grazia di Gesù „
Cristo, ledere con gli altri convitati alla di lui tavola tutta „
celelle , e divina. Profeguite, o Signore, ad affiltermi con la „
vo;tra milcncordia, e conlervate il dono, che ho ricevuto dal- „
la voltra bontà nel tempo Iteffo, che io vinto da' miei timori „
refiileva alle voilre beneficenze . Ben era a me noto, non me- „
ritarfi da me il nome di Vtlcovo , dopo effermi per lunga pez- „

za immcrlo negli affari del fecolo; e le lo lono, tutto è dono „


della voltra grazia. Io fono quel che fono, e mi riconolco „
per il minimo di tutti i Vefcovi , e per l'ultimo di tutti nel „
merito . Ma avendo io nondimeno intraprela alcuna cola per „
fervigio della voltra Santa Chicla , conlervate quello frutto; „
né vogliate permettere, che quello, il quale era perduto quan- „
T IV do
2p6 Vita di S. Ambrosio
,, do voi Epilcopato, perifca dopo ch'egli è Vc-
lo chiamafte air

„ fcovo. Sopra tutto concedetemi, che abbia per i peccatori la


compaffione ; eflendo un Ibmigliantc
„ più fincera aftettuofiflrima
„ compatimento aflTai virtuolo, poiché (la fcritto: Non ^>^ ralle-
., grcvcte
nel giorno , in cui vedrete perire i figliuoli di Giuda , nh
„ uferete di un altiero contegno nel dì della loro afflf:^one con or-

„ gogliofo parlare (a) ; ma ogni volta, che mi fi narrerà la ca-


„ duta di qualche peccatore, fate, che io ne abbia compaffione,
„ ed in vece di riprenderlo con orgoglio, io pianga, e gema fo-
„ pra il deplorabile fuo ftato, e nello fparger lagrime per cagion
„ d'altri, io pianga altresì (opra me fteffo, dicendo Thamar è :

„ più giufìa , e più innocente di me {b). E fé per avventura

„ accada, che qualche donzella fi iafci fedurre , e precipiti in


„ qualche vergognofo peccato vinta dalla forza di quelle occa-
„ fieni, che a lomiglianti ecceffi conducono, ricordiamoci, che
„ noi quantunque vecchj non lafciam di peccare . Non può ne-
„ garfi, che la legge della carne refifta in noi alla legge dello
5)
fpirito (e), e ci lirafcini al peccato come tanti cattivi, per
farci fare ciò, che far non vogliamo. Ma fc quefta incauta
fanciulla può addurre per ifcuia e \^ fua età, e la fua giovi-
nezza, io già più non pOiTo allegare fomigliante pretello . Im-
perocché le a lei corre l'obbligo di farfi inftruire, a me corre
quello d'infegnare agli altri. Thamar adunque è più giufla ^ e
più innocente di me .Q_aando noi accufiamo alcuno d'avari-
zia, efaminiamo fé non abbiamo mai fatta cofa alcuna per mo-
>) tivo di cupidigia, e le ci conofciamo colpevoli, ftantecchè Vava-
•>1
mali («'), e fappia occultarfi in
rizja Jta la radice di tutti i

„ guifa da poterli infenfibilmente introdurre nel più intimo della


„ noftra anima; diciamo tutti quanti Thamar è più giufìa ^ e
:

„ più innocente di me ; perchè così favellando noi impediremo,


„ che Gesù Ck:sto, o alcuno de' fuoi Difcepoli ci dica: Voive-
„ detc una paglia nell' occhio del vofìro fratello , 'voi che non
difcca-

ia) ^bdi£ I, .
I
(f) Rom.j.
(i) Genef.^%. '
(W) x.Timvtk.i^.v. io.
Libro XI. Capitolo IV. 25^7

d'tfcoprifc una trave , che Jìa nel vojìro occhio . Ippocrita to- „
gliefe prima la trave dal vojìro occhio , ed indi voi vedrete „
come far pojftate a cavare la paglia dall' occhio del vojìro fra- „
tello {a).
Qiied' umiltà del noflro Santo fondata fu la confiderazio-
ne de' luoi peccati altresì apparifce in un altro luogo , ove
dopo aver detto, che tutti gli uomini debbono pafllire per quel-
la fpada di fuoco, che Dio aveva meda alla porta del terre-
ftre Paradifo, ficcome viene riferito nella Genefi, ed eflere da
cffa le loro azioni provate, ed efaminate, aggiugne quelk pa-
role {b) „ Di me lara fatto fperimenro, come ie fuflì di piom- „
:

bo, ed arderò fin a tanto, che quello piombo refti liquefatto, „


ed affatto purificato. Che fé non fi troverà in me verun ar- „
gento, ahimè farò gettato
! nel più profondo dell' Inferno per „
elfere bruciato come la paglia. Ma „ fé troveraffi in me un poco
d'oro, o d'argento prodotto non già dalie mie perfonali azioni, „
ma dalla grazia, e dalla mifericordia di Gesù Cristo, a ca- „
gione del minifterio del mio Sacerdozio, io forfè mi avanzerò a „
dire al mio Signore THtti quelli , che vi afpettano con pa-
:

T^cH'zj ^ non rejìeranno confuji (e). Quella Ipada di fuoco „
lara quella adunque, che bruciera, e conlumera l'iniquità, che „
dalla Scrittura ci viene rapprefcntata come leduta lopra un „
talento di piombo.
Cola, che più dogn' altra deve recarci maraviglia (d)y
e nello ftelTo tempo onninamente edificarci , fi è , che quan-
tunque nuli' altro di più gloriole vi fuffe per quello Santo Dot-
tore della Chiefa, quanto che la maniera, con cui fu inalzato
all' Epifcopato , ei nondimeno non ne parli , che come di av-

venimento , il quale debba fervirgli di un forte motivo per


umiliarfi , e non ne rinovi la rimembranza , fuor che per dar
lodi alla Divina Mifericordia , e fcongiurarla con la confidera-
zione di quefta prima-grazia ad accordargli tutte l'altre a lui ne^
ceffarie per farne buon ufo .
Ab-

( <J ) Matth. 7. v. 3. 5. ( *"


) Pf"^"'- -4- "'-'• 2-
!

ib) in Pfalm. ii-è. OHon.zo. \ {d) L.ò.O^c. ci. L.Z.ds Panit.c.^.


.

2p8 Vita di S. Ambrosio


Abbiamo di già (a) defcritra l'eftrema fua moderazione
dopo i felici luccefli della fua refillenza agli ordini dell' Impe-
radrice Giufiina, che togliere a lui voleva alcune Bafiliche per,
darle agli Arriani. cuore d'un Vefcovo mediocremente vir-
Il

tuofo larebbefi certamente in fomigliante occafione gonfiato ;


ma il noftro Santo profondamente umiliandofi credette (^),
che Dio non l'avelTe fatto trionfare de' forzofi attentati di que-
fta Principerà 5 le non perchè ei non lo giudicafl'e ancora ca-
pace di loffrire per lui la morte
Quella medefima umiltà (e) infpiravagli un si profondo
rifpetto per i Millerj della nollra Religione, eh' ei giammai
non ne parlava, che tremando, temendo lempre d'elTere iniuf-
ficiente per cofe tanto divine ; ed inducevalo altresì a temere
tal volta di non penetrare ne' fenfi nafcolfi delle Scritture (^),
benché nello fklfo tempo giudicaffe i fuoi uditori perlone per-
fette, e di fufficiente difcernimento dotate per diltinguere il
bene, ed il male.
Noi vediamo quanto poca ftima aveffe delle fue
altresì
cognizioni, quando lottometteva luoi Scritti non folamente al
i

giudizio di Uomini illullri, quali erano i Santi Simpliciano, e


Sabino di Verona; ma qualora confultava altresì Romolo, che
non era Vefcovo, poiché ei lo chiama fuo figliuolo. Impe-
rocché egli lleflTo attelta (e), che credeva di ricevere una gra-
zia, alloracchè una perfona, qualunque ella fi fuffe, lo av ver-
tice di ciò, che trovare potevafi di reprenfibile ne' luoi Scrit-
ti; elfendo perluafo, potere egli ingannarfi, e fare degli erro-
ri per isbaglio, o lafciare alcune ambiguità, a cui dare fi po-
teffeun perniciofo fignificato, e fi potelfero da altri mtendere
in ienlo affai diverto da quello da lui pretefo.
Finalmente conveniva effere tanto umile , quanto egli lo
era, per coniultare Santa Marcellina fua forelia, come ordi-
nariamente faceva ne' più importanti affari della Chieia, e per
alfog-

( a ) Pauini. Vita Ambrof. (ri) h Pfah^.a,7.


{b) Ambrof. Epijì. 40. (e) In Exod. Epijì. i.

(e) Idem Lib. i de Fide cap.


. 9.
.

Libro XI. Capitolo V. 25?^

aflbjigettare in qualche maniera la fua Epifcopale autorità al


conlìglio , ed al giudizio di una lemplice donzella, della qua-
le per il luo carattere Sacerdotale era divenuto padre

Capitolo V.

Piera del Santo , e ftio umore per l'ora-zjone ^

e per il ritiro .

AVENDO l'umiltà prodotta in S. Anì'orofio {a) una forte


inclinazione di trattenerfi non nien di notte , che di
giorno continua, e fervorola preghiera , maravigliare non
in
ci dobbiamo , che i uoi Scritti ne tramandino la di lei loave
1

fragranza, e che l'odore della fua pietà penetri infenfibilmeu-


te ne' cuori di quelli, che leggono le fue Opere. Dimoftra
egli in più di un luogo l'importanza di quefto Tanto commer-
cio dell'anima con Dio. Prefcrive le condizioni, che aver
debbe una Cnlliana preghiera, e fi sforza d' impegnare ognuno
in quella fanta pratica, con ifchierare fotto degli occhi di ciai-
cheduno vantaggiofi effetti, che fé ne ritraggono, lempre che
i

degnamente vi fi loddisfaccia.
Quella lua pietà è Hata quella, che gli ha fatto fovente
melcolare delle preghiere, e delle afpirazioni a Dio ne'dilcorfi
da lui pronunziati per ifpiegare la Scrittura fanta al fuo Popo-
lo; d'onde poi ne avveniva, che quella interiore unzione, di
cui era egli imbevuto , agli altri fi comunicafTe per mezzo di
quefto fpirituale liquore. Eccovi in qual maniera conchiude egli
uno de' luoi libri della creazione del Mondo (^) , dopo aver
parlato della penitenza , e delle lagrime di S. Pietro, che dal
canto del gallo venne dalla fua fonnolenza rifcoffo , rivolge il
fuo dilcorlo al nollro Divino Salvatore con quelle tenere, ed af-
fettuofe parole „ Rimirate noi altresì Signore Gesù , accioc-
.

ché

( a ) Panini. Vita Ambrof. 1 {b) Lib. 5. vi Hexaememì.


3 00 ViTADiS. Ambrosio
j, che a fomiglianza di quefto Apoftolo pofTiamo noi del pari ri-
„ conolcere i nollri falli , ci difponghiamo a lavarli con fincerc
„ lagrime di pentimento, e meritiamo quindi di ottenere il per-
„ dono de' nollri peccati. Con quella mira abbiamo noi prolon-
„ gato querto difcorfo, acciocché il gallo cantando noi fimilmen-
„ te rifcuoteflTe, e venilTe in noftro ioccorfo, nel mentre che par-

„ liamo a quello Popolo, e dalla voflra grazia ottenefTimo il per-


„ dono de' mancamenti, ne' quali poITiamo efTere incorfi nel pro-
„ nunziare quefto difcorfo. Dateci, Signore, fé cos'i a voi pia-
„ ce, le lagrime di S.Pietro, perchè l'allegrezza di un peccato-
„ re non è ciò che io voglio. Hanno gli Ildraeliti pianto , ed
5, il mare fi è divifo, e fono fcampati dai grave imminente peri-
„ colo, palTando nel mezzo de' foipefi flutti. Faraone per Io con-
„ trario fi è rallegrato di averli raggiunti , e rinchiufi ; ma egli

„ poi è infelicemente perito col luo popolo , ed è rimafto fom-


„ mcrfo nel mare con tutta la fua Armata. Giuda fi è rallegra-

„ to di avere ricevuto la ricompenfa del fuo tradanento; ma


que-
„ fta ricompenia medefima è itata il laccio, di cui fi avvalfe per
„ irtrangolarfi.
„ S. Pietro per lo contrario ha pianto il fuo fallo , ed ha

„ meritato di alTolvere gli altri da i loro falli Ma tempo è .

„ ormai di finire, e di conchiudere quello difcorlo poiché il tcm- ,

in cui affai più conviene tacere, od il tem-


piangere, è
„ pò, il il

„ pò, nel quale fi rinova la memoria della remiffionc de' noltri


5, peccati.
Canti adunque per noi quello miitico gallo ne' fa-
„ cnfi^j, che tra poco offeriremo; poiché il gallo di S. Pietro ha
„ di già cantato nel nollro dilcorlo Pianga per noi Pietro,
.

„ quel Pietro, che si fruttuolamente ha pianto per le fteffo, e ci


„ ottenga la grazia di effere rimirati da Gesù Cristo con oc-
5, chio compaflionevole. Quello Divino Salvatore, la cui bon-
„ th è sj grande, non volle, che le turbe le ne partifTero digiu-
„ ne, perchè non veniffero meno per la via. lo^ difs'egli, ho
,, grande compajjione per qviefìe
turbe ^ perchè fono già tre giorni ,
5, che continua-mente mi fieguono ^ed elleno
non hanno conche cibarft:
j, nh io voglio y che partano ,
je non Je dopo di ejferji rejìciatey ac'
ciac-
Libro XI. Capitolo V. 301
cìocchh non "jcìigaHo meno per la via (a). E leMaria Madda- „
lena cflendo nuca intenta ad afcoltare la ftia fama parola non „
fi curava di altro nodrimento; come non faremo noi obbligati „
a riflettere, che pochi fono tra di noi quelli, i quali fi nodri- „
fcano della parola di Dio, e che quindi ne deriva, che da mol- „
ti , i quali ne fono bifognofi , con tanto ardore i corporali ali- „
menti fi defiderino?
II celefle odore di fua pietà trafpira altresì nella prefazio-
ne dell'opera, che dall'Imperatore Graziano fugli richieda lo-
pra la Divinità dello Spirito Santo (Z-). Imperocché avendo
parlato dell'acqua, della quale Gesù Cristo fi era fervilo per
lavare i piedi de' fuoi Apoftoli, ed avendo dimoftrato, parlar
Gesù Cristo a tutti i Fedeli, allorché
Se io dille a S. Pietro:
7ìon vi laverò .f
voi non averete parte con apre me (e); egli
il fuo cuore dinanzi a Gesù Cristo con quelle parole: „ Ve- „
nite adunque Gesù Cristo, fpogliatevi delle vefti, di cui per

mio amore vi fiete coperto, riducetevi ad una totale nudità, „
acciocché velHate noi colla voftra milericordia ; prendete un „
pannolino , e ve lo cingete all' intorno per circondare noi colf „
immortalità della voftra grazia Mettete dell' acqua in un .

bacino, e lavate non lolo i miei piedi, ma ancor la mia tefta. „
Io non lolo voglio cancellare le macchie del mio corpo , ma „
io voglio altresì disfarmi di tutti gli affetti della mia anima „ ,

e di tutte le fozzure della noftra fragilità acciocché io dica „ ,

come la Spola Io mi fono [pagliata delle mie ve/ti come do- „


:
,

vro io dt bel nuovo rivejìirmene ? Io ho lavati i miei piedi come „ ^

dovrò io di bel nuovo imbrattarli (d)? Qiiant' è mai grande „


la voftra Maeftà Voi, o Signore, come fervo, lavate i pie- „
!

di de' voftri fervi , e come Dio fate cadere la ruggiada dall' „


alto de' Cieli E voi non lavate folamente i loro piedi ; ma „
.

voi altresì c'invitate a federe alla vollra tavola, ed avete la „


bontà di efortarci con quelle parole Foi mi chiamate vojìro „ :

Mae-

(a) Matth. 15.-J. :j2. (f) Joann. 15. v. 8.


I

(A) Pr.-efrt. ìib. i. de Spiritu San^o . ' {d) Cam. 5.


,

302 Vita di S. Ambrosio


Maeffro^ e vojìro Signore^ e ne avete ragione polche io Io fono.

Se cduttqHe io vi ho lavati i piedi , io che jono vojìro Signo-


„ re ^ e vojìro Maejìro ^ voi altresì dovete lavar i piedi gli uni
„ agli altri (a). Io voglio adunque altresì lavare i piedi de'
„ miei fratelli, io voglio efeguire il comando del noltro Signore.
„ Io non voglio vergognarmi, né aver a Idegno di fare quant'
„ egli ha fatto. Il milterio di quella umiltà mi è vantaggiofo,

„ poiché lavando le macchie, e le lozzare degli altri, io libero


„ me dalle mie. Ma tutti non fono Itati capaci di penetrare la
„ profondita di quefto milterio. Abramo ha voluto altresì lava-
„ re i piedi degli ofpiti, che ricovera vanfi nella lua tenda; ma
„ non ha fatto, che per motivo di olpitalita.
lo Gedeone ha vo-
,, luto lavar
i piedi di un Angelo, che a lui apparve ; ma ciò
„ non facevafi, che ad un iolo, né ei voleva farlo, che per dare
„ attertati del tuo rifpetto, e della fua ubbidienza, non già per far
„ entrare quelt' Angelo in focieta con lui. Queft' è un grande
5, mifterio , che da
neffuno è ftato intefo. Gesù ftelTo ha detto
5, a Pietro Foi non fapete ciò , che io faccio , ma lo faprete
:

„ poi {b). Divino adunque, io dico, è quello mifterio, men-


5, tre quelli fteffi , che hanno lavati gli altri, non lalciano di ri-
„ cercarne l'intelligenza. Imperocché l'acqua, della quale Ge-
„ su Cristo parla , benché fia acqua femplice , non lalcia però
„ di rinchiudere un mifterio tutto celefte, il quale ci abilita ad
„ aver parte con Gesù Cristo ; effendo che vi fia un altra forta
„ di acqua, la quale dobbiamo verfare nella noftr' anima , come
„ in un bacino; ed è quell' acqua, della quale vien parlato nel
„ Libro de' Giudici , che gocciolava dalla lana di un montone
j, ed è quell'acqua , di cui fi fa menzione ne' Salmi. Queft' acqua
„ è la ruggiada de' celefti Oratori, e delle Scritture. Venga,
„ Signor Gesù , venga queft' acqua nella mia anima , difcenda
j, fopra la
mia carne , e rinverdire faccia il mio fpirito della ftef-
„ fa maniera, che l'acqua inaffiando le più profonde valli le fa
„ rifiorire. Venga queft' acqua, ed umettando col fuo umore
il mio

(«) /oa«». I3.^'. 13. 14. l


(^) /m«». 13.1;. 7.
.

Libro XI. Capitolo V. 303


il mio cuore, a guifa di campo inaridito, e Aerile , lo renda „
fruttifero. Scendano, o Signore, nella mia anima le goccio- „
le di quelV acqua , che voi fate cadere dall' alto de' ed 5> Cieli ,

inlenfibilmente vi Ipargano la rugiada della grazia, e dell'im-


mortalità. Purificate, o Signore, il mio cuore in guifa, che
non abbia ad ammettere entro di le alcuna macchia di pecca- fi
to. Lavate, o Signore (le di cosi favellare è permeffo) lava-
te le piante de' miei piedi, acciocché pofsa io rendere vana la »
maledizione pronunziata contro di me , né più nuocere mi pof-
fano i velenofi morfi del ferpente; quand'anzi fenza riceverne
il ben menomo nocumento abilitato fia a calcare co' miei piedi

iferpcnti, ed i fcorpioni , ficcome voi avete comandato. Voi


avete rifcattato l'Univerlo, rilcattate ancora l'anima di un fol 5>
peccatore. Principale, ed eccella prerogativa della voftra mi- „
lericordia ella è l'elserfi da voi ricomperato tutto il Mondo in „
ciafchcduno degli uomini. Elia fu mandato per una fola ve- „
dova. Ellfeo non ha mondato, che un lol lebbrofo . Ma voi, „
Signore Gesù , mille oggi ne avete fanali per noftra confo- „
lazione
Traendo dalla Scrittura le regole per ben condurfi, ave-
va S. Ambrofio (a) apprefo qua! fufse il merito della vita
contemplativa, e quale preferenza a lei fi dovefse fopra la vita
attiva . Alsai diverfamente egli opinava da coloro , i quali fi
perfuadono, non potere la virtù fulTiftere fé non fé per le opere
efteriori, e s'immaginano, che un uomo oziofa, ed inutile vita
conduca nel Mondo, qualora foltanto fi occupi nella ricerca,
e nella contemplazione della veritk. La più ardente brama (ù)
del fuo cuore , che da lui procuravafi con tutta l'immaginabi-
le pofsanza di accendere ancor negli altri , era di ricrearfi con
la vifione di Dio ne' Cieli, e di iegregarfi quindi con lo Ipirito
da tutte le terrene, e fenfibili cofe (e >. Per giugnere però al
confeguimento di un si tanto dilegno fi sforzava di ftabilirfi in
quella

{^) In Pfalm. 1 18. ORon. II. 1 (e) Ambrof. lib. z. de Abraham caj>.^.

{b) Augufi.EpiJì.iiz. '


. .

^o4 Vita di S. Ambrosio


quella tranquillità, nella quale l'aninia neppur uno defidera
di quanti fi
;
procurava di abbandonarfi
danno terreni piaceri
^^uel SI efficace Tonno da lui attribuito a S. Al'colo Vefcovo
di TeflTalonica (/?), nel quale ei dice confillere la vita de' San-
ti; e di ritirarfi in quel (anto dclerto, ove più non hanno at-
trattive i piaceri per allettarci, neiTuna forza hanno le ricchez-
ze per commoverci, ed ove l'inalzaraento della vanità più non
ci gonfia
Trovava ancora il fuo ripofo nelle meditazioni delle Scrit-
ture; ed da lui propoitofi nello Ipiegare al fuo Popolo
il fine
la Roria di Noè, ed il miiterio dell' Arca (/') , altro non era,
che di sbrigarfi da tutte le cure , e da tutte le inquietudini ,
che l'affollamento degli affari a lui inceffantemente cagionava.
5, Io mi vergogno, diceva, di fopravivcre a' miei figliuoli, e pro-
5, vo fommo diipiacimento d'effere tuttavia nel Mondo, per do-
j, vere rifapere in ciafcheduno momento le afflizioni , e le tra-
5, verfie di tante illuftri perlbne. E chi mai potrà avere baltan-
„ te fermezza per non affìiggerfi , trovandofi continuamente nel
„ mezzo di tante tempefte, da cui fono iconvolte leChiefe, e
5,
prevedendo quelle, che ftanno per fuicitarfi? Noi fiamo adun-
„ que coftretti a cercare queflo ripofo con ogni ardore, accioc-
3, che applicandoci a confiderare Noè con tutto il noftro fpirito,

5, troviamo in quefìa meditazione il noftro foUievo, ed il riftoro

5, delle noftrc forze; della fteffa maniera, che il genere umano tro-

„ vò nella perfona di qucfto Patriarca il fine, ed il ripofo delle


j, fue opere, e della fua triftezza.
Erafi da lui perfettamente conofciuto, quanto fia ad ogni
Criftiano neceffario il ritiro; e diceva (e), che lo Spirito San-
to fcendendo lopra di Gesù Cristo in forma di colomba, ave-
va a noi fomminirtrate delf ali per infegnarci a Ibllevarci dal-
la terra al Cielo. Defiderava (d) ancora alle volte di fot-
trarfi dalla viltà degli uomini, ritirandoli in alcun luogo appar-
tato;

(_a) Epijì.zz. ic) In Pfaim. Ili. OBon. 14.


( è ) Lib. de Noi' , & Auà j

* Id) E^tft. 57.


.

Libro XI. Capitolo V. 305


tato; ma non
permettendoglielo gli impegni del ino miniilc-
almanco in tal qual maniera, dimorando nel filen-
rio, ritiravafi
zio; e nel mentre che continuamente onorava negli altri que-
fta virtù, eh' ei non poteva praticare, trattenevafi , (Iccomc
abbiamo veduto, in un Monaltero di Solitarj fituato prefTo a
Milano.

Capitolo VI.

Affetto dc'l Santo per tutte le perfons pie ,

e fua tenerexi^ per i penitenti

LA Crifìiana carità non eflTendo gelofa, ned altra mira aven-


do, che la perfetta unione con Dio, e con il prodimo,
maravigliare non ci dobbiamo, vedendo che il noftro Santo,
il quale ardeva di uno zelo acceiìfilmo per Gesù Cristo, e per

la Chiela, trovalTc: una perfetta contentezza nella fedeltà, con


cui amava i veri iervi del hio adorabile Maeltro, e che eflen-
do perlualo a pruova , il loro numero
fcario affai effere altamen- ,

te rimaneffc Iconlolato allorché vedeva morirne qualcheduno.


Racchiudendo, com' ei faceva, nel fuo cuore tutte le Chic- „
fé del Mondo amaramente piangeva (dice Paolino [a) auto- „
,

re della fua vita) tutte le volte, che ei riceveva la nuova del- „


la morte qualche Santo Velcovo ; ed i fuoi amici, tra
di qua- i

li quello Storico fé iteffb annovera , non potevano conlolarlo, „
quantunque non fuffe ad elfi nota la lanta difpofizione di que- „
fto eccello Uomo, né penetravano la cagione, ed il motivo del- „
la tua eftrcma aftiizione , della quale egli loro ne rendeva que- „
fta ragione, cioè : Le fue lagrime non derivare dall' avere fen- „
tito, che quello, di cui a lui narra vafi la morte, fuffe ulcito da „
quello Mondo ; ma che ne fuffe ulcito prima di lui , ed in tein- „
pò, nel quale troppo era difficile il trovare un uomo, che fuffe ,^

degno deli' Epilcopato. Ter-

( « ) Paulin. Ut. Ambrof.

Tcm. II. V
^os Vita di S. Ambrosio
Terribile invero è quefta parola in un fecolo cosi florido,
qual era il Tno, nel quale può dirfi, che vi fufiero più falci
di paglia nella mefTe della Chiefa, di quel che adeflb vi fi veg-
gano fpighe ; in un fecolo in cui tuttavia durava la perlecuzio-
ne degli Arriani, che li sforzavano di effere i padroni, ed i
dominatori del Mondo, dopo che i Pagani avevano ceffato di
eflTerlo; in quel fecolo finalmente, in cui il farfi annoverare tra
gli Ecclefiaitici era lo ilelTo , che l'elporfi al martirio.
S. Ambrofio però non fi affliggeva foltanto della perdita
de' Santi Vefcovi, ma generalmente fi commoveva per la mor-
te di tutte le perfone dabbene, ed eccovi la ragione, che ne
adduce. „ Non deve, die' egli (<?), alcuno invidiare ad un
„ altro una lode , che fia a lui itcflo vantaggiofa ; e per fcellera-
„ to , che fia un uomo, egli lovente imita quello, che lo ha ri-
„ comperato, od almanco a lui certamente profeffa rifpetto , e
„ venerazione ; né di rado fuccede , che per lui abbia ancora
dell'amore. Se poi giugne a fapere, che quello uomo da lui
onorato farli per efTere utile a molt' altri, il fuo zelo fi accre-
fce per mezzo di quefta confiderazione ; e tale confidcrazione
unifce i Popoli, rende più fervida la carità de' cittadini, e più
illuftre la gloria delle Citta. Felice in vero è una Citta, fin-
ché annovera tra' faoi abitatori molti giuili; ella merita d'ef-
„ fere generalmente lodata da tutti; è ficura d'eflere con tutta la

„ pienezza ricolmata di benedizioni a cagione di quelle pcrfonc


„ timorate, che vivono entro le fue mura; e con ragione credefi
„ {labilità in una perpetua prolperità. Somma io provo contentez-

„ za, quando veggo degli uomini manfueti, umili, e laggi vive-


„ re lungamente; quando confiderò, che delle vergini cafte , e
„ delle gravi vedove giungono fino all' eftrema vecchiezza ; e che
„ il lor efteriore portamento è in riguardo alla Chiela come un

„ augufto Senato venerabile per i tuoi capelli canuti, fopra del


„ quale i Popoli fermando attento lo fguardo trovano che vene-
„ rare, che imitare, e con che inftruirfi nella pratica di ogni
fona

( « ) Uè. Z. de jibd , & Cai» taf. 3.


Libro XI. Capitolo VI.
307
forta di virtù. Né io mi rallegro, che vivendo lungamente „
rertino quelle perlone cipoltc alle continue noje , ed afflizioni „
di quelta vita; mache cileno fiano utili a molti altri: e per „
queita Itefl'a ragione, allorché alcuna di effe finilce di vivere, „
quantunque non venga condotta al iepolcro le non le dopo un „
affai conlumata vecchiezza, io nondiineno ne rclto lenfibilmen- y,

te afflitto, perchè la moltitudine de' giovani, i quali ad effe „


foprav'ivono , rimane priva della loro airutcnza , che icrvito „
le avrebbe d'un inelpugnabile riparo In fatti il primo in-
.

dizio della rovina d'una Citta, o de' mali, che a lei fovrafta- „
no, o della corruzione, che deve tra poco infettarla, è la nior- „
te degli uomini valevoli a dare a' fuoi Cittadini ottimi confi- „
gì;, o delle donne laggie, e gravi; poiché mancando iomiglian- „
ti perlone comincia ben prcito ad aprirli la porta di una Cit- „
t«i a tutti quc' mali, che afpettavano occafion favorevole per „
inirodurvifi.
Per quelia medefima ragione temette egli qualche caftigo
di Dio lopral'Italia, quando il fuo fratello Satiro mori, (tan-
te che (tabiliva maggiormente il luo timore nel vedere allora
morire molte fante vedove.
Ma le perlone di una fantita ftraordinaria non erano fjlc
a provare gli effetti del più tenero amore di S. Anibrofio , la
fua carità eltendevafì lopra i peccatori , rifoluti di convertirfi,
fimilmenre che lopra gì' innocenti: e ficcome lapeva rallegrarfi
con quelli, che godevano della gioconda pace di una buona
colcienza, coù lapeva piangere con quelli, che trovavanfi nell'
afflizione, e che gemevano lotto il pjiode'lor peccati „ Im- . „
perocché quando alcuno, dice Paolino (.z), veniva per con- „
fcfTare a lui fuoi errori, ed a riceverne la penitenza, egli
i „
piangeva di una ananiera si fcnfibile, che cavava altresì le ì^l- „
grane dagli occhi del penitente , per cui aveva una si grande „
condilccndcnza, che larebbclì detto, che egli IfefTo fulse cadu- „
to con quello, che vedevafi prollrato a' iuoi piedi. E quanto „
alle

(<i) Paulin.Vtt. Ambiìf.


V II
508 Vita di S. Ambrosio
:i)
alle ree azioni, delle quali quelli peccatori a lui fi accufava-
,, no, egli non ne parlava, che con Dio folo , per implorare ad
„ cfli dalla di lui bontà il perdono de' loro falli, lafciando a' Ve-

,, fcovi, che dovevano a lui luccederc nel governo della Chiefa,


„ qucfto lanto eiempio di conlìderarfi anzi intercefsori prelso
„ Dio, che accufatori de' peccatori prefso degli uomini. In fatti
„ fé noi vogliamo feguire il configlio dell' Apoftolo, ad un pec-

„ catore riloluto di convertirfi dobbiamo dar prove della carità,


„ e dell' amore, che fi ha per lui, acciocché da (e ftelso fi ren-
„ da accufatore, e prevenga i rimproveri, che fé gli potrebbero
„ fare per i fuoi peccati; né afpetti che alcuno lo accufi per if-
„ gravarfi della ionia de' fuoi peccati con la confeffione eh' egli
„ ne fa, ed acciocché il Demonio luo nemico più non abbia di
„ che poterlo acculare dinanzi al tribunale di Gesù Cristo. E
„ querta è la ragione, per cui la Scrittura dice: Che il giujìo
„ fi accufa da [e fìcjjo fui cominciare del fuo difcorfo Impe- .

„ rocche egli toglie la voce al luo nemico, e con la confeflione

„ del fuo peccato gli rompe i denti ( le cosi è lecito dire ) che

„ già aveva preparati per divorarlo , come una preda , della

„ quale tenevafi ficuro per i delitti , de' quali quello crudele av-
„ verfario aveva difegnato di caricarlo e dà con ciò la gloria
;

„ dovuta a Dio, al quale tutte le cole fono palcfi , e che affai più
„ fi compiace della vita del peccatore , che della fua morte Ma .

„ non bada che un penitente lì accufi fempliccmente de' fuoi pecca-


„ ti , fé poi dopo averne fatta fincera confeiTione non foddisfa per i

„ fuoi delitti, non le ne corregge, non s'aftiene dal commettere per


„ l'avvenire azioni, le quali debbanfi elpiare con la penitenza;
„ e fé non umilia la fua anima, fimilmente che il Santo Profe-
„ ta Davide, il quale avendo udito dirfi daNatanno, che il fuo

„ peccato gli era ilato perdonato, divenne più umile nella pe-
„ nitenza , eh' ei ne fece con tanta aulterità, mangiando la ce-
71 nere come luo pane , e mefcolando la fua bevanda con le fue
„ lagrime.
Non ignorava quefto gran Santo lo zelo, che i Preti deb-
bono avere per vendicare le ingiurie fatte a Gesù Cristo ;
ed
Libro XI. Capitolo VI. 30P
ed avendo detto in un luogo delle lue Opere («) « €he gli „
Angioli non lono lenza zelo, e perdono il privilegio, e la pre- „
rogativa della loro natura , le l'ardore dello zelo non li loltie- „
né; lapeva altresì, che quelli, che fono chiamati alle funzio- „
ni del Sacerdozio, lono gli Angioli del Dio degli elerciti.
Ma era però Ambrofio aliai alieno dalla durezza de' Nova-
ziani, che rigettavano i peccatori lenza avere riguardo alla lor
penitenza , tenendo egli un giudo mezzo tra il rigore eccelTivo
di que:ti Eretici, che chiudevano a tutti la porta della recon-
ciliizione, e l'inlenfibilita de' peccatori , i quali lenza fare una
vera penitenza vogliono sforzare la Chiefa a non negare loro la
comunione, e la pace. Qi-iindi è, che per opporfi a quelle
due SI contrarie eltremita ha egli pubblicati i due Libri della
Penitenza. Noi abbiamo tuttavia un eccellente lettera ( Z» )
da lui fcritta a Floriano , il quale era probabilmente un Mini-
ftro, ed un Ulfiziale pubblico, con la quale gli dk de' falutevoli
documenti per forgerc da un fallo, in cui era caduto, e nello
fìeflb tempo ulando di lua faggia , e caritatevole precauzione ,
gli prelcrive delle regole per condurre di li inanzi una vita ve-
ramente Criiliana. „ Mio figlio, gli dice, le voi amate le la- „
grime , non tardate a Ipargerle. Siate altrettanto pronto a ,s

piangere i voftri peccati, quanto lo fulìe in commetterli. Più „


non vi fia nel Mondo cola valevole a frallornarvi dalla premu- „
ra di purgarvene Se voi non potete intieramente vincere la
.

collera , sforzatevi almeno di moderarla. Sara per voi una „
gran gloria il perdonare a quelli, a' quali potete nuocere. Se „
alcuno vi offende, non lo trattate com' egli meriterebbe per il „
fuo fallo; e fiate perlualo, che un giorno farete giudicato, né „
Dio a voi perdonerà, fé voi non accordate agli altri il perdono. „

Ca-

ia) InPfalm.ii'è. Oa»r>.iy. 1 ( i )£///?. 29.

T,n,.JI. V III
.

jio Vita DI S. Ambrosio

Capitolo VII.

Sentimenti del Santo , e fua condotta nelP amminifìraT^one della


Peniten'z^ , per cui raccomanda le lagrime , delle quali
efpone l'efficacia per la remijjtone de peccati

SUPERFLUA cofa farebbe il qui trafcrivere quanto fi può fa-


cilmente trovare, e con noftra edificazione leggere, ed è
già ftato raccolto {a) da' Scritti di S. Ambrofio iopra quefta
materia della Penitenza. Baderà quindi il dire, che ficcomc
ei ne ha lalciato alla Chiefa il più grande, ed il più illuftre
efempio , che trovifi ne' fecoli antichi; cosi non pofibno fe-
guirfi regole più ficure per Famminiltrazione del Sacramento
inftituito per la reconciliazionc de' peccatori, di quelle da lui
ftabilite ne' fuoi due Libri della Penitenza.*
K vero, che non può leggerli fenza tremare quanto ei
dice della rarità de' veri penitenti in un tempo, nel quale la
Chiefa offervava tutto il rigore della fua difciplina, ed in cui
ella trovava de' fudditi baltevolmente pieghevoli per fottomet-
tcrfi con prontezza all' autorità de'luoi ordini, e delle fue leggi.

-, Imperocché egli attelta {b) di aver conofciute perfone, le qua-


„ li nella loro penitenza avevano aperti profondi folchi nelle lor

„ guancie coli' abbondante profluvio delle non interrotte lor la-


„ grime ; che fi protravano fopra la terra, per effere conculca-
„ te; che macerandofi con continui digiuni, erano divenute pal-
„ lide, fmunte , e sfigurate in guifa , che rapprefentavano una
„ viva immagine di morte. Ma non lalcia poi di foggiungere (r)
avere egli trovato, che quelli, i quali avevano mantenuto il-
libato il candore della battclìmale innocenza, erano in numero
affai più copiofo di quelli, i quali avendolo imbrattato, ne avcf-

fero poi lavate le contratte macchie con le lagrime di una con-


vene-

( « ) Tradition de rEglife fur le fu jet , {ù) Lib. i . de Pccnit. cap. 6.


de la Pcnitence ,& de la Communian . j
(e) Lib. 2. cap. 20.
Libro XI. Capitolo VII. 311
venevole penitenza." Sono quefte parole fpaventofe ; e quan-
tunque non avefle il noltro Santo alcun dilegno di ridurre i
peccatori alla dilperazione , né di togliere alla Chiefa l'autori-
tà di rimettere i peccati, come facevano Novaziani, de' qua- i

li confutava gli er-ori; nondmieno Iddio ha permefiTo, eh' egli


abbia Icritto della raritìi de' penitenti, fecondo l'eiperienza, che
ne aveva fatta ; acciocché quelli , che dovevano nafcerc ne'
fecoli più rllalTati , non fi lalciaflTero lufingare da una vana
fiducia loro inlpirata dal vallo numero di coloro , che fa-
rebbero confiltcre la penitenza in parole, ed in promefle in-
efficaci .

nondimeno il noftro Santo dato a conofcere per on-


Si è
ninamente perlualo, edere le lagrime sì della Chiefa, che de'
penitenti maravigliofamente efficaci per ottenere dalla miferi-
cordia di Gesù Cristo la rifurrezione de' peccatori; ed eflere
quelte lagrime di eguale forza a quelle della Vedova di Naim,
dalle quali molTo Gesù a compalhone, s'induffe a reftituirle vivo
l'unico tuo figliuolo nello ItcOò tempo, che portato veniva ad
(«).
eflere lepellito „ Se il voftro peccato, diceva egli, è sì „
enorme che voi (k-flb non lo poffiate lavare con le lagrime
, „
della penitenza, la Chiela volita madre preghi per voi; quel- „
la Chiela, che per cialcheduno de' fuoi figliuoli in particolare „
impiega la lua mtercelhone preflb Dio, della fleffii maniera, „
che una vedova madre l'impiegherebbe a prò di un unico fuo „
figlmolo. Da un certo fpiricuale dolore, in lei eccitato dalla „
noitra natura, vien ella mofsa a compaffione, allorché vede „
clsere i luoi figliuoli ad eterna morte condotti da' mortali pec- „
Cdti da loro commeffi. Vi fono delle viicere Ipirituali, e San „
Paolo chiaramente dimoftra, aver elso avute quelle viicere, feri- „
vendo a Filemone (b): Sì mio fratello^ che io riceva da -voi „
quejta corttcntexT^a nel Signore ; fatemi provare in Gesù Cri- „
STO cutefìa coìi\ola-:(ione fino nel più interno delle mie vifcere. „
Noi fiamo le viicere della Chi.ia ;
poiché noi fiamo i mem- ,,

bri

{a^ Lib. 5. ;/; Lia. cap. 7. ' ( (^ ) Philemon. v. 20.


V IV
^12 ViTADiS. Ambrosio
bri del fuo corpo cavati dalla Tua carne, e dalle fuc ofsa (a).
Quefla Santa Madre concepifca adunque del dolore per voi. Sia-
te voi altresì afìfiftito in quella funelta occafione da una molti-
tudine numerofifTirna, la quale abbia compaflìone di quella co-
tanto addolorata Madre, e voi rilulciterete da morte a vita,
né farete voi rinchiufo nel fepolcro . I miniftri de' voftri fu-

V nerali, che vi portano al fepolcro, fi fermeranno di fubito ;


voi comincierete a dar contralegni di vita con le parole, e tut-
ti temeranno. Imperocché d'altro non è d'uopo, che dell' efem-

pio di un folo per correggerne molti, e per indurli a lodare


)> Dio, che per fua cftrema honù. ci ha appreftati tanti rimedj
5)
per farci fchivare la morte.
Eccita egli altresì in un altro luogo i peccatori , nel no-
vero de" quali mette fé fteflfo, a verfar lagrime colf eiempio della
donna peccatrice, che è sì celebre nell' Evangelio di S. Luca
per avere lavati i piedi di Gesù Cristo. „ Moftrate, die'
egli (/'), al medico la piaga della vollr' anima, acciocché pof-
fìate efserne fanato
•>•>
. K vero, efsere a lui già nota, ned ef-
„ fere uopo, che a lui veder la facciate; ma egli defidera, che

„ voi fteffo gliela difcopriate, e di fentirfela dcicrivere dalla vo-


„ lira medefima bocca. Cancellate le voflre cicatrici con le vo-
„ ftre lagrime. Con effe quella Donna, di cui fi (à menzione
„ neir Evangelio, ha dillrutto il fuo peccato, ed ha da fé ri-
moffe tutte le lozzure del fuo errore. Con effe ella ha can-
cellati i fuoi falli, lavando i piedi di Gesìi Cristo col pianto.
A voi però piaccia, o mio Gesìi, di rifervare a me il fango,
con cui avete imbrattati i voftri piedi camminando iopra la
„ terra, per venirvene a me. A voi piaccia, che io tolga da
„ voi tutte quelle fozzure, con le quali le inique mie operazioni
„ hanno imbrattate le voftre piante. Ma dove troverò io l'ac-
,, qua, con cui lavare io poffa i voftri piedi? Ah che le queft'
„ acqua rai mancai non mi mancano però le lagrime, con cui
>•) nel mentre, che io lavo i voftri piedi, mi fia altresì concedu-
to il

ia) Ejìhef. 5. '


(^) Lib. 2. de Pccnit. enj). 8.
.

Libro XI. Capitolo VII. 313


te il lavare me ftefTo ed abbia quindi
; , che voi di la forte „
me diciate, ficcome di quella Donna dicelle: Molti peccati „
foT7o /fati a lei perdonati , perche tnolto ha ella amato ( a) .

Gonfelso, che i mici debiti lono di gran lunga maggiori, che „
quelli di quefla Donna, e che Dio aliai più copiolo numero di „
peccati ha perdonato a me ; effendo io Itato tolto da' con- „
fufi, e ilrepitofi contraili del Foro, e dal terrore della pubbli- „
ca Maertratura per efiere inalzato al Sacerdozio ; ciò che mi „
fa temere d'elsere convinto d'ingratitudine, fé dopo eflermi fiate „
perdonate da Ghsù Cristo colpe e più gravi, e più numerofe, „
lara per lui il mio amore meno ardente di quello di quella Don- „
na. Ma non tutti polliamo uguagliare il merito di quefta Don- „
na , la quale giuflamente è Itata preferita a Simone, quantun- „
que egli lauto pranzo imbandiise a Gesù Cristo ; ed è dive- „
nuta maeltra di quelli, che vogliono da Gesù Cristo ottenere „
il perdono de'lor peccati, baciando i fuoi piedi, lavandoli con „
le lue lagrime, alciugandoli co' fuoi capelli, ed Tingendoli con „
odorofo unguento. Il baciare è contralegno deh amore, le- „
condo quelle parole de' Cantici: C/j ei in imprima un bacio con „
le fue labbra (b). I capelli denotano, efll-re uopo dimettere „

quanto fi ha di pompolo, eziandio le elleriori divife delle di- „


gnità temporali, e dovere noi protrarci e piangere, e per ec „
Girarci a domandare umilmente perdono delle da noi recate of- ,,
itic^ e per renderci favorevole la Divina Milcricordia con que- „
fta volontaria umiliazione. Il profumo poi rapprefenta il buon „

odore di una tanta converfazione Davide, quantunque fulse „


.

Re , non lalciava di dire : No/t pajjerj notte alcuna


„ , in cui
Tion bagni il nito letto col mio pianto „ , e tion lo penetri tutto
con le mie lagrime ( e ) „
Quello piarfto lo ha ricolmato di una si eccellente grazia, „
che ha meritato, che la Vergine, la quale ha partorito Gusù „
Cristo per noltra falute , dilcendelse dalia di lui prolapia. „
Que-

(fl) lKf.9. {e) Pfatm.6.v.6.


,

{b) Cnnt. I, 1
314 Vita DI S. Ambrosio
„ Quefto pianto altresì ha fatto, che la virtù di quefta Donna,
„ la quale ha lavati i piedi a Gesù Cristo, fu itata cotanto inal-

„ zata neir Evangelio Che le noi non abbiamo virtù baftantc


.

„ per uguagliare il merito delia mentovata Donna, il noUro Di-


„ vin Salvadore la loccorrere i deboli, e tutta predare Taffilten-
„ za a qaelli, che non iono in iltato di a lui preparare un con-
„ vito , di fpargere preziofi unguenti fopra de' luoi piedi, e di
„ feco portare una intiera lorgente di acqua viva.
Ma non è polTibile l'immaginarfi cola più atta a commo-
vere, ed intenerire, quanto ciò, che da S. Ambrofio vien detto
dell® lagrime, e della penitenza di S. Pietro, da lui propollo
a' penitenti qual elemplare di perfetta converfione. „ Pietro
„ [die' egli ('?)] predicando al Popolo, fi dilciolfe di lubito in la-

5,
grime lenza proferire alcuna preghiera. Infatti io trovo nell'
„ Evangelio, eh' egli ha pianto; ma non vi trovo, eh' egli ab-
„ bia parlato. Io vi leggo le lue lagrime; ma non vi leggo le
„ lue dilcolpe. Certamente con ragione Pietro ha pianto, ed ha
„ oflervato un profondo filenzio; mentre non fi luole Icufare ciò,
„ che ordinariamente fi piange, né fi può difendere, e giuftifica-
5, re ciò , che può elfere cancellato Imperocché le lagrime la-
.

„ vano, e cancellano i peccati, che non fi pofibno con la viva


„ voce confefiare lenza un vergognolo roffore .Sono adunque
„ utili le lagrime per ilparmiare la confufione, e per procurare

„ la lalute. Elleno non arroflUcono, perciocché domandano, e


„ facilmente ottengono, che reitino le noltre preghiere, ed i no-
„ ftri defiderj pienamente elauditi, ed appagati. Le lagrime,
„ dico io , Iono tacite preghiere , che meritano il perdono de'
„ peccati lenza domandarlo, ed ottengono la mifericordia di Dio
„ lenza che noi prèndiamo a trattare la nofìra caula con parole.
„ Ciò luccede, perchè più utili lenza dubbio fono le fuppliche
„ elpofte dalle lagrime, che le preghiere proferite dalle parole;
j, comecché le parole, di cui ci vagliamo, poffano elTere fallaci,
j, ma le lagrime giammai non lo fiano Talvolta ancora acca-
.

de,

( a ) Serm. 48,
Libro XI. Capitolo VII. 315
de, che il noflro favellare manchevole fia d'efprenìone , né „
giunga ad elporre ciò , che di manifclUre pretende Ma le lagri-
.

me diicoprono Tempre tutto l'affetto della nollr' anima. Qjiin- „
di è, che S. Pietro più non impiega nella lua penitenza il lin- „
guaggio , di cui fi era lervito per ingannare , per offendere „
Iddio , per perdere la Fede , acciocché il pelfimo ufo da elfo „
fattone, rinegando Gesù Cristo, non gì' impedire d'efl'ere ere- „
duto , nel mentre che era rifoluto di confeflarlo; perciò volle „
piuttoffo trattare la lua cauta con le fue lagrime, che con le „
lue parole, e confefi'arc col fuo pianto quant' egli aveva nega- „
to con la lua voce. Io trovo ancora un altro motivo del filcn- „
zio di S. Pietro, ed è: aver egli temuto, che una troppo pron- „
ta domanda del perdono del fuo peccato venendo riputata affai „
ardita fuffe anzi valevole ad irritare, che a placare quello, „
a cui facevafi. Imperocché ogni uomo, che prega con della „
confufione, merita di effere più prontamente elaudito. Con- „
vicn adunque cominciare dal piangere , allorché fi vuole otte- „
nere il perdono di qualche peccato, e dopo aver pianto ricor- „
rere all'orazione. Da un tale efempio impariamo quindi la „
maniera, con cui dobbiamo diportarci con Dio, per ottenere „
da lui la remiffione de' noftri peccati.

Capitolo VIII.

Della prudcììTia di S, Amhrofto,

Sant'Ambrosio (/t), quale fpeffe volte fi ferve del fen-


il

lo allegorico per la Ipiegazione della Sacra Scrittura, pa-


ragona l'anima di un Giulio ad un carro, del quale Gesù Cri-
sto tenga le redini, e dice che i cavalli, de' quali egli ne re-
:

gola i movimenti, ed a' quali fembra foave cola l'cffere log-


getti al di lui regimento, fono la Prudenza, la Temperanza,
la

(a) Ambto[.ltb.dc animàca^,%.


.

3i5 Vita DI S. Ambrosio


la Fortezza, e la Giuftizia; e che quefte fono quelle quattro
Virtù, che foilevano l'anima, e la fanno inalzare fino al Cie-
lo, e falire alla Palma, di cui viene fatta menzione nella Can-
tica, ed i frutti della quale fono di loave dolcezza ripieni {a).
Indi aggiugne , che i profani Filofofi hanno parlato ne' loro
Libri del combattimento di quelli carri ma che elTi non han-
;

no potuto falire fino alla Palma, perchè hanno ignorata la fu-


blimita del Verbo, e l'elevazione dell' anima.
Paragona altrove quefti faggi del fecolo alle nottole, che
fono cieche nei mezzo giorno (b). Dice che avendo coftoro
travviato dalla Fede fi fono fepolti, ed inviluppati tra le te-
nebre d'un perpetuo acciecamento , quantunque abbiano intor-
no a fé il giorno di Gesù Cristo, e la luce della Chiefa. Ef-
fere coftoro privi affatto di lume; ma non laiciarc però di par-
lare di tutte le cofe, come le di tutte le cofe fuflTero inftrutti.
Eflere di penetrante intendimento per le vanita, ma ftupidi
per le verità eterne, e con i lunghi giri delle loro difpute far
vedere a tutti l'acciecamcnto della loro ignoranza.
Giudica altresì il noftro Santo, che elTendo coftoro privi
della Fede, dare non fi poffa in elfi vera virtù. Die' egli per
tanto (e) „ altro non effere le virtù fcnza la Fede, fé non fé fron-
di, e frondi, le quali benché fcmbrino avere qualche verdu-
ra, fono nondimeno per loro fteflTe infruttuofc, e leggiere in gui-
la da poter eflere l'ordinario ludibrio de' venti. Quanti Paga-
ni hanno della compafllone, e della fobrieta ; ma qual frutto
ne ritraggono da codefte, mentre fono privi della Fede? Foglie
iono quclte, che cadono al primo leggier foffio di vento. Vi
lono altresì de' Giudei, che callamente vivono, che con molta
afliduita, ed attenzioneleggono la fanta Scrittura; ma qual ne
ritraggono quindi vantaggio , le non lafciano perciò d'efl'ere
quali foglie continuamente agitati, e qua, e la diiperfi? Que-
Ite foglie per avventura iono quelle vedute dal noftro Signor
Gesù

( « ) Cant. 7. I ( ' ) Enarrai, in Pfalnt. 1

{b) Liù. 5. Hexaemcr. cap, 24. '


.

Libro XI. Ca p i tolo VI 1 1. 317


Gesù Cristo menzione ncU' Evangelio, „
nel Fico, di cui fi fa
dal quale egli non trovò prodotto alcun frutto (a). „
In un più felice ftato però il nollro Santo ha veduto le
fteffo, per avere egli impiegata tutta la ilia lapienza, e la lua

prudenza nel mantenere inviolabile la lua Fede. Avendo in-


celo quel comando dato da Gesù Cristo a tutti li luoi Dilce-
poli con quefte-parole Siate prudenti come i [erpenti ^ e /empii-
:

ci come le colombe (/>); fi lludiò d'imitare la prudenza del lerpea-

te, prendendofi particolare cura delia conlervazione della lua


telta, vale a dire di Gesù Cristo , che è il capo di tutti i

Crirtiani (e), non loffrendo giammai, che la lua Fede fuffe

fcofla dal ben menomo urto, o vacillamento nella fodezza.


Il generolo difprezzo, ch'egli lempre ebbe per le terrene

cole, è un incontraltabile contralegno di lua prudenza, e del


chiaro fuo dilcernimento. Imperocché avendo lette le Divine
parole , che da' mondani non fono intele Voi : ftete felici y voi
che adejfo pei eòe in apprejfo voi riderete (d): ei
piaf7gcte ;
ne fu pienamente perlualo, né lalciò d'mfinuarle al luo Popo-
lo non meno con le parole, che colf efempio, allorché a lui
difTe (e): „ Che la prudenza confiUe in deplorare la miferia „
delle caduche, e tranfitorie cole, in non cercare, che le eter- „
ne, in tralcurare affatto i da „
beni di quello baflb Mondo, che
le fteflì fi combattono, e fi deltruggono, ed in ieguire con ogni „
ardore il Dio della pace, che ha leciti i meno laggi, fecondo „
il Mondo, per confondere i più faggi, ed i più deboli ad atter- „
rare i più forti
PoHedeva egli la avere Gesù Cristo
vera fapienza coli'

ftefib nel luo cuore; ftantecché S. Paolo: Egli ci è


al dire di

fiato dato da Dio per ejfere la no/ira vera fapienza , ed tn lui


fìanno ììafcofìi tutti i teJori della fapien-^a ^ e della Jcten-^ (J).
Qiiindi a tale riguardo egli dific, che „ chi vuole trovare Gè- „
sù Cristo, conviene, che lo cerchi nel cuore di un faggio, e „
prudente Prete (g). La

(« ) Mattb. 21. (?) Lil>. 5. Cnmmentarior. in Lue. e. 6.


( é ) Ibid. cap. lo.v. 1 6. (/) ì.Cerinih. ì.v.^o. C»loJs.1.v.^.
( f ) Idem in Pfalm. 37. \g) Lib.^.deViTginib.
(</) Lue. 6. V. 11.
3i8 ViTADiS. Ambrosio
La di lui prudenza non derivava foltanto dalla fpeiienza
delle cofe del Mondo, quantunque in ciò iopravanzaflc tutti i

più faggi del lecolo per U


maturità del luo giudizio, e per il
maneggio da lui avuto ne' più importanti affari del luo lecolo;
ma era ella un effetto della fua pietà; perchè avendolo Iddio fcel-
10 per dar faggi configlj ad ogni lorta di perlone pel regola-
mento della loro vita, avevalo in ricompenla di lue preghiere
dotato di tutte quelle qualità, che da lui lieffb richiegonfi in un
avveduto direttore, ed in un fedele configliere. „ Imperocché
„ [per fervirci de' iuoi proprj termini (a) ], chi potrebbe nlolverfi
5, a cercare una fontana in un pantano? Chi vona da un acqua
„ torbida trarne bevanda per difetarfi ? Chi mai crederà di do-
„ vere riportarne ioglievo, e vantaggio dal ricorrere ad un uo-
„ mo, eh' ci conolca dedito alla diffolutezza , alla intemperanza,
„ e ad ogni lorta di vizj? Chi non rimirerà con difprezzo un si
„ fatto adunamento di coRumi cotanto putridi ? Chi potrà per-
„ fuaderfi , che un uomo incapace di regolare fé fteffb polsa ad
„ altri preferi vere una faggia condotta ? Chi non fi guarderà dall'
„ avere la ben menoma confidenza con un uomo, nel quale di-
j, fcopra uno fpirito maligno, contumeliolo, contenziolo, e lem-
„ pre pronto, ed inclinato a nuocere agli altri? Chi non fark
„ ogni sforzo di Ichivarne per fino un palseggiero incontro? Ma
„ quale altres'i potrò io trarre utilità da un uomo> il quale, quan-
„ to è capace di darmi i più falutari configlj, altrettanto è di un
„ incontro diffìcile? Non lo riputerò io lomigliante ad uno, che
„ chiude di una fontana i condotti, acciocché più non traman-
„ dino acqua, e vano fia l'accoltarvifi per attingerne? Imperoc-
„ che che giova a me, che un uomo fia di molta fapicnza do-
„ tato, fé poi a lui manca quella bontà, che richiedcfi per rcn-
„ derlo propenfo, e facile a darmi configiio?
La prudenza di S. Ambrofio era un maravigliofo aggrega-
mento di ogni forra di virtù. Veniva ella accompagnata da
una affabilità, che lo rendeva acceflibile a tutti, ficcomc ne
ven-

ia) Lib. 2. Officiar, eap. 1 2.

j
,

Libro XI. Capitolo Vili. 31^


venghiamo afiìcurati, ed abbiani altrove notato con la tefti-
monianza di S. Ascoltino. Ma elsendocchè il luo miniiterio
Apoitolico l'obbligaise ad clsere tutto a tutti , lapeva egli ae-
comodarfi ad ogni iorta di perione, ed aliilterle lecondo che
richiedevano i loro bilogni, le diverte circollanze de' tempi, e
delle occafioni. Siccome poi la iorgente de'luoi configl) giam-
mai non veniva meno ; cosi l'accelso a lui non era in vcrun
tempo interdetto ad alcuno. Gli Imperadori, ed i loro iud-
diti, i Re, i Maeftrati, ed i Popoli, i ricchi, ed i poveri, le
vergini, le vedove, ed conjugati, i padri, ed i figliuoli; in
i

una parola , qualfifia perlona d'ogni età , lelso , e condizione


trovò kmpre in lui tutta quella luce , di cui facevalc bilogno
per cfsere ficuramente fcorta Non fi lal'ciando egli condurre
.

da umane confiderazioni, giammai né il timore de' Grandi, né


il vantaggio di qualche mondano intereise fu valevole a farlo

parlare diverfamentc da ciò, che ne fentiva la retta fua co-


fcienza. Hanno tutti conofciuto, polsederc egli tutte le doti
da lui richielte in un faggio, che venga con-
e fede! direttore,
fultato (opra gli affari della cofcienza; non lui né trovarfi in
oicuntà, né frodolenza, né finzione, né doppiezza, né il ben
menomo difetto, che lievemente adombrafse la candidezza de'
fuoi coltumi; ma efsere in lui una si compiuta regolatezza di
vita, ed un amorevolezza fincera tanto, e paterna da allet-
tare chiunque a lui ricorfo faceva per ricever configlio (a).
Ben era a lui noto , efsere impoffibile l'cfcrcitare quello mini-
fterio in vantaggio de' proffimi,prudenza non andavano
fé alla
unite tutte le altre principali virtù Imperocché conofceva egli
.

farfi da lei tutte le cole, ed aver ella una tlretta focictà con tutti
i beni, ed i vantaggi dell' anima. „ Come potrà un uomo, ,

die' egli (i»), dar* ad altri falutari configlj , fé non poflìedc la ,

giuftizia , fé non è armato di fortezza , e di coilanza , le non ,

fimette in iftato di non temere la morte fé non é lupcriore , ,

ad ogni fona di terrore, e di fpavento, fc non crede non do- ,

vere

( « ) i/i. 2. Offifier. taf. 13. Ibid-. tap. 1 4-


j ( i» )
,

320 Vita DI S. Ambrosio


V vere le adulazioni, eie lufinghe farlo giammai deviare dalla
5)
reale ftrada della verità? Se efsendo perlualo, che tutto i'uni-
ìì
verlo è patria dell' uomo favio, non è pronto ad andar in efi-
5>
glio; le mancar al lavio , per polse-
elsendo convinto niente poter
derfi da lui nella più dovizioia abbondanza le più prezioic ric-

» chezze , non ha badante magnanimità per dilprezzare la po-


55
vertà? Imperocché evvi cola più lublirae di un uomo, che
55
non può l'oro rimovere dalle ftabilitc fue riloluzioni , che di-

55
fprezza le ricchezze, e che dall'alto rimira tutte le umane paf-
55
fioni? Certamente quando un uomo è giunto a quella iùbli-
55
mità di perfezione, noi fiamo pienamente perfuafi, efsere egli
55
(lato inalzato ad uno flato alla natura dell' uomo fuperiore.

55
Sopra di ciò difse il Savio Chi è queflo uomo , e noi lo lo-
:

55
deremo ? Imperocché egli ha fatto delle maraviglie nella fua
55
•vita {a) .

Noi abbiamo trovato queft' uomo in S. Ambrofio, ed il


fuo fpirito è flato, durante il corfo del viver fuo , una peren-
ne forgcnte di iaggi configlj, perchè egli ha tempre avuto il
cuor retto, l'anima grande, ed intrepida, ed i piaceri del fen-
lo giammai non hanno avuto per lui veruno allettamento. Po-
tevafi quindi con ficurczza feguire una guida , che molto né poco
non deviava con artificiofi raggiri; un faggio, che rendeva au-
torevoli le fue parole col pelo, e l'uniformità delle lue azioni;
un medico Ipirituale, che fapeva curare gli infermi , fecondo
le loro difpofizioni, e che perfettamente conofceva il tempo,
ed i momenti, ne' quali conveniva «fare una giuda feverita
e quelli, ne' quali adoperare dovcvafi la dolcezza di una giu-
drziola condiicendenza.

Ca-

(<«) Eccleftajìici 31. i;. 9.


.

Libro XI. Capitolo IX. 3^-1

Capitolo IX.

Della giufìt-^ia del Santo quanta avverftons avejfe per


, e
r tngiuJìÌT^a . Fatti memorai/ili a que/ìo propojiro

QUANTO da noi fi è detto della Prudenza di S. Ambrofio,


cioè , che qual virtù univerlale tutte le altre compren-
"deva , può fimilmente applicarfi alla lua giudizia , la
quale avendo per oggetto il pubblico bene , faceva si , che
tutti trattale con la più lodevole equità , e provaflc lomma
contentezza nel ricolmare gli altri di grazie , e di beneHzj .

A ha egli icritto {a)


tale propofico „ : Eflfere la giuftizia una ,

virtù di un lovrumano chiarore adorna; eflcrc ella di affai van- ,

taggiofa utilità alla focieta degli uomini , perchè nata effendo ,

anzi per che per le ìtefia , llaflene ella in elevato pò-


gli altri, ,

fio, per di lafsù ben diicernere le cole, e decidere con rettitu- ,

dine; a tutti afliltere, quando con opportuni l'occorfi, quando ,

con valide protezioni , quando con iomminiitrare danaro a chi ,

ne ha di bilogno , e quando con Ibltenere , e difendere chi fi


,

trova in pericolo ; e tutti in iomma altrui preitare que' buoni


uffizj, che poflbno da lei elercitarfi.
Ma non può meglio giudicarfi dell'amore, ch'ei nodriva
per quella virtù, che dall'avverfione , e dall'orrore , ch'egli
aveva per l'mgiuftizia, e dalla tanta indignazione, e zelo, di
cui ardeva contro coloro, che opprimevano gli altri, o con le
loro ulure , o con la loro prepotenza. Qiiindi è , rapprelen-
tarfi da lui con una ftraordinaria veemenza {h) la fpietata du-
rezza di un ricco, a cui mancando del vino per la lua tavola,
lece depredare ad un fuo debitore quanto aveva in lua ca-
ia, e lo coltrinie'a porre in vendita per fino i luoi figliuoli,
per trovare con che pagarlo, e differire per qualche tempo la

pena, alla quale lo voleva condannato l'inumanità di quello


cni-

( .1 ) i;i. I . tie Offif. c»f. 28. \ (i) De Nabittkc ca^. $,

T<>.7>. II. X
,,

?2 2 ViTADiS. Ambrosio
crudele avaro. E quantHnque qucfto miferabile uomo s'incon-
tralTe in perfona caritatevole , che toltelo da queiV anguilla ,
nondimeno ritornatolene in fua cafa, dopo quello pafTcggiero
Toglievo, più non vi trovando con che provvedere alle indigen-
ze, e proprie, e della fua famiglia, videfi nuovamente ridot-
to alla dura necelTita di vendere uno de' fuoi figliuoli , dopo
avere provate nelle lue vifcere convulfioni tormentofiffime nel
farne la lecita. La fpaventofa immagine però di una miferia
sì deplorabile potè bensì, dice il noltro Santo, Ipremere dagli

occhi di tutti lagrime di compafllone , ma non gik ottenere


che quefto ricco punto s'impietofifle , e moderafle alquanto la
crudeltà della fua avarizia.
Racconta fiinilmente un altro efempio di durezza, fé non
più inumana, almeno più Itraordinaria , e che merita di eflere
qui tralcritta con le lue proprie parole; febbene ella non ci
faccia tanto ammirare la vivacità del fuo fpirito ,
quanto la
faviezza di fua condotra. „ Quante volte , die' egli (^), ho
>•)
veduti degli ufuraj impadronirfi de' cadaveri de' loro debitori
il
ritenerli quai pegni per alficurarfi del pagamento de' loro de-

>) biti, ed impedire , che venilTe a eoftoro data fepoltura, fino


a tanto, che non fuffe loro intieramente sborlata l'ufura, alla
)•>
quale fi erano quefti debitori obbligati , mentre vivevano ?
Qualunque volta però ho veduti cofloro rifoluti di sì fattamen-
te operare , io di buona voglia ho loro accordato il coftringere
così il loro debitore, acciocché avendelo cfii eletto per l'afficu-
razione del loro credito, egli ne divcniffe malevadore Ecco-
.

vi quali iono le leggi degli Ufuraj. Ho pertanto detto ad cffi :

„ cultodite diligentemente il voftro debitore, ed acciocché ci non


„ fugga , conducete nella vollra cafa , chiudete nella voftra ca-
•>1
mera colui , che nelTuna prigione riceverebbe, e che dal più
crudo elecutore farebbe aitoluto Lalcia la prigione
. m
liber-
ta dopo la morte coloro , che fono convinti di delitto , e voi

5>
ve li rinchiuderete ? le più fevere leggi aflblvono i rei dopo
la

(«) DcTebiacap.io.
1

Libro XI. Capitolo IX. 323


Ja loro morte , e voi anche morti li vorrete puniti? E non „
v'accorgete, aver eglino pienamente loddislatto alla lor ione? „
Io nondimeno non vi contrailo una fomigliante condotta. Cu- „
ftodite pure il voltro pegno. Neffun divario pafla tra l'ulura, „
e la morte nell'idioma de' Latini; e la morte, e la che „ iorte ,

Tono in ulo nel linguaggio degli Uluraj, hanno il medefimo fi- „


gnificato. E l'uiura altresì fa dare in iltrida, ed urli niente „
meno fpaventevoli di quelli, ne' quali coltringe a prorompere „
il lutto de' funerali. E
vero che quello, contro del quale ve „
la prendete, è onninamente privo di forze; ina non lalciate pe- „
rò di legarlo, e di Itringerlo con forti vincoli, acciocché lenta il „
pefo delle vo(tre catene. Voi l'avete da fare con un debitore „
duro , inflcflTibilc , ed affolutamcnte incapace di vergognarfi , ,,
e loltanto elcnti fiete dal temere, eh' ci fii p^r citarvi al tri- „
bunale di qualche Giudice , per farvi da lui obbligare a Ioni- „
miniltrargU i neccifarj alimenti. Comandai quindi, che il ca- „
davere di uno dt quelU debitori fulfe portato con la a lui con- „
vcnevole funebre pompa alla cala dell' Ulurajj tuo creditore. „
Ma appena vi furano giunti quelli , i quali accompagnivuno „
quello cadavere , che fi lentirono rilonare per l'aria Ipavente- „
voli muggiti; ond' avrelle voi detto, che fi fliceflero ivi de' fune- „
rali, e fi piangeflero de' morti. Né mal appoito iarebbefi , chi „
così avelTc penfato, fé non in quanto che da quelli clamori fi „
reltafic perlualo, che invece di un lolo morto, il quale fin allora „
fi era pianto , fi piangcfie , perchè ivi doveflTero certamente „
morire molte pcrlone. Ma cedendo l'Ulurajo alla conluetu- „
dine del paefe , ed a qualche lentimento di Religione , quan- „
tunquc fi prttcndclTe, che fuflero lomiglianti pegni ricevuti in „
altri paefi, p'egò, che fi conducelfe quello cadavere alla delli- „
natagli lepo;tura.' Ed allora riflcrrendo io riulcire a me gra- „
vofa la falla umanità Uluraj, penfai, che giulta cola
di quelli „
fulfe ridurre coitoro a non poterfi più dolere , che fi fuflc ad „
elfi fatto perdere il loro credito , con coitringerli a lottoporre „
le loro Ipalle al morto lor debitore, ed a portarlo elfi llcffi al „
fepolcro; rellando però codelli piìi fcnfibilmentc afllitti per la „
X 1 perdita
,,
.

324 Vita DI S. Ambrosio


„ perdita del loro danaro, che per fomigliante fvergognamento.
Ed eccovi la pena, con cui il Santo puniva l'ingiuftizia
degli Ufuraj , e la maniera , con cui eiponevali alle derifioni
di tutto il Mondo , per condannare quella loro si furiofa in-
umanità, che portavali ad infierire per fino contro de' cadaveri.
Ma l'amore , eh' ei nodriva per la giuftizia , obbligoUo
ancora ad azione più forte , e generofa di quella. Imperoc-
ché vcdendofi coftretto ad intraprendere la difela , e la prote-
zione di una Vedova contro l'autorità Imperiale , ei ciò fece
con tanta fermezza, con quanta ne avrebbe adoperata, fé avef-
fe dovuto foflenere o l'onore, o gì' interelfi della Ghiefa a fron-
te della refiflenza de' Pagani, o de' raggiri della Politica; o la
purità della fede contro il furore d'un Imperadrice Arriana .

Ed allora fu, che apropofito della inviolabile fedeltà (a)ycon


la quale gli Ecclefialtici debbono cuilodire ì depofiti ad elfi af-
fidati , e per iflruirc il fuo Clero, e principalmente i Diaconi
che erano deftinati dal lor minillerio a fomigliante impiego,
loro diffe: che conveniva guardarfi bene dal non foffrire , che
i depofiti delle vedove fulTero efpoili ad alcuna violenza , e con-

fervarli con tanta efattezza e premura, che non ricevcflero alcun


pregiudizio. Giò che non deve intenderfi folamente a riguardo
delle vedove, ma di ogni forta di perfone; poiché la fedeltà a tut-
ti è dovuta, quantunque mantener ella debbafi principalmente,

allorché trattafi degli intereffi delle vedove , e degli orfani


Ed avendo altresì a quello propofito raccontata la floria di
Eliodoro, che fla regiflrata nel lecondo libro de'Macabei (l?)
aggiugne quelle parole „ Miei figliuoli , conviene avere una
:

„ gran fedeltà perla confervazione de' depofiti, e prenderfene una


„ cura la più efatta. In ciò principalmente rifplender^ il deco-
„ ro del voflro minillerio, le voi col ioccorlo, e con la protezio-
„ ne della Ghiefa vi opporrete agli attentati di qualche potente
„ pcrlonaggio, la cui violenza le vedove, e gli orfani non fuffe-
„ ro capaci di follenere; e fc voi farete vedere con la voftra con-
dotta,

(«) Lil>. 2. Offic. c-ap. 29. I


(^) a. Mathab. taf. 3.
1

Libro XI. Capitolo IX. 325


dotta, affai più di forza avere fui voftro fpiriio il comando di
Dio ,cUe la confiderazione di un uomo ricco , e potente .

Qiiella obbligazione correndo ugualmente a me, che a voi, io


•vi riferirò fu qucfto particolare un fatto fucceduto , non ha

molto, nella Chiefa di Pavia, la quale fi vide in pericolo di


perdere un depofito, che una vedova aveva alla di lei cultodia
affidato. Imperocché colui, il quale fé ne voleva impadro-
nire, impiegando a quello effetto un relcritto dell' Imperado-
re, il Clero di quefta Chiefa non era di badante autorità for-
nito per rcfiftervi, ed i qualificati, e cofpicui perfonaggi, che
a lei erano itati dati per fuoi patrocinatori, in fomiglianti in-
contri dicevano , eflerc vano il tentare di (ottrarfi da un s'i ef-
preflb comando del Principe. Leggevafi la formala, ed il con-
tenuto del relcritto, l'intimazione del Maeftro degli Ufficj ,.
quanto dalli Uffiziali fubalterni err.fi ftabilito fopra di quefl:'

•affare; l'Uffizialc di Giuflizia già ilava per venirne all' efe-


cuzionc, e finalmente già andava per prendere, e coniegna-
fi

re quetto depofito. Avendomi nondimeno il lanto Vefcovo di


Pavia comunicato quanto da lui fi era rifoluto di fare, chiule,
e circondò con guardie tutti que' luoghi, nei quali conobbe tro-
varli il depofito di quella vedova. E poiché fi fu quello depofi-
to pollo in ficurezza , fi confefsò, per mezzo di uno icritto d'aver- ,

lo ricevuto. Dopo di che venendone fatta nuova iilanza alla


Chiefa in vigore dello Icritto , e venendone altresì rinovati i

comandi dall Imperadore , che a me pure ne fece egli llcflTo


premurofe iilanze io gli rifpofi
;
che quanto a me giammai
:

non gli avrei accordato quant' ei chiedeva; e con grande (len-


to ottenni, ch'egli afcoltaffe le ragioni, le quali a ii fattamen-
te operare m' inducevano, dopo avergli fatta confiderare l'au-
torità della legge "di Dio, letta la floria, e rapprefentato il pe-
ricolo d'Eliodoro. Ciò però non impedii, che di nuovo fi ten-
taffe di avere quello depofito per via di forprefe Ma il lanto .

Vefcovo già fi era premunito contro quell'ultimo attentato, con


reilituirc alla Vedova il depofito, che da lei erafi a lui affidato.
Rimaneva quindi al coperto la fedeltà con una lomigliante
T,m.u. X 1 1 con-
,

52(5' ViTADiS. Ambrosio


condotta, né più temere potevafi la violenza; poiché fé tutta-
via fi poteva temere qualche pericolo , quelto pericolo corrc-
vafi dalla cofa, e non dalla fedeltà della Chiefa .

Si generofi lentimenti di S. Ambrofio c'inlegnano, un vero


Giulio edere tale in tutte ftimar grandi gli
le cofc , e tutti
affari, che dipendono dalla buona fede, e da' doveri della giù-
(lizia, per eflere egli pieno di quella adequata idea, che de-
vefi avere per la grandezza, e la giuftizia di Dio.

Capitolo X.

Della fua tempera»':!^


NOn poflono immaginarfi più eccellenti regole delle princi-


pali virtù, fopra di quelle, che dal noftro Santo ci fono
ftate lalciate ne' fuoi Icritti; ma quando non avefle egli arric-
chita la Chiefa d'alcuna fua opera , troverebbonfi tutte nella
ferie delle fue azioni , di cui eziandio le menome fono ftate
modelli perfettiffimi della Criftiana perfezione.
Non fi era il noftro Santo propofta la temperanza qua!
virtù, che foltanto raffreni le appetenze del palato, e tenga
dal noftro corpo lontana ogni forta di voluttà; ma dava a lei
un dominio di più ampia eltenfione, e voleva, che tutti da lei
fi regolaffero i movimenti e della carne, e dello fpirito, e tut-

te altresì le loro funzioni fi teneflero fempre in una modera-


zione, ed aggiultatezza, che degna fuffe della grandezza, e
della dignità di figliuoli di Dio.
„ Ciò che fi e che ricercafi nella temperanza
ha per fine ,

„ [die' egli («) ], è la tranquillità dell' anima , l'amore, e la


„ pratica della manfuetudinc, il dono della moderazione, la cura
„ dell' oneftà, e la confiderazione della decenza. Conviene quin-
„ di a queft' effetto prefiggerfi un ordine , ed una regola imprc-
te-

(«) Lio. I. Offic. cap. 43.


Libro XI. CAriTOLoX. 327
teribile nella condotta di noftra vita; di fona che per gettar- „
ne come le prime fondamenta, debbafi cominciare dalla vere- „
condia, che e l'ordinaria compagna, e l'intima amica della tran- „
quillita dell' anima, che fugge 1 tralporti, abbomina ogni for- „
ta di luilb ama la fobrietìi, mantiene l'onelta, e procura una
, „
decorofa convenevolezza Dopo ciò è necelfario far una giù-
. „
diziola fcclta delle noltre converfazioni , e non contrarre ami- „
cizia le con perione invecchiate nella virtù, e nella più
non le „
conofciuta , ed integerrima probità. Imperocché quanto eie „
gioconda , e doLe la coaverlazione dille perione a noi uguali „
nell' età; altrettanto vantaggiofi, e ficura è per noi la fami- „
gliarita con i vecchj; per elfere ella come una fcuola, nella „
quale i giovani continuamente s'illruifcono; e (tante che la fag- „
già condotta della lor vita faccia a' loro coRumi prendere un „
eccellente tintura , ed un colore rilplendente al pari di quello della „
porpora. In fattile quelli, i quali non (anno le Itrade , che metto- „
no ad un luogo, al quale vogliono andare, procurano di porfi in „
camminocon perione, che ncfianopratiche; quanto più dovran- „
no giovani accompagnarfi con l vccchj nell' intraprendere il Cam-
i „
mino dell' umana vita affatto ad edi ignoto, per nun deviare, né „
allontanarfi dal vero icntiero della virtù ? Certamente non poi- „
fono i giovani defiderare cola più profittevole, quanto quella di „
trovare ne' provetti tutto ad un tempo maelki, e tellimonj della „
lor vita . Conviene in oltre cercare in tutte le noitre azioni „
ciò, che conviene alle perione, a' tempi, ed all' età, e ciò che „
è proporzionato allo fpirito, ed al genio di cialcheduno. Im- „
perocché non di rado fuccede , che quanto conviene ad uno, „
ad un altro difdica. Una cofa iara propria per un vecchio, „
ma non la farà per un giovane; e ciò che iara a propofito nell' „
afflizione, non lo (ara nella profperità.
Tutte quelle regole della temperanza ci defcrivono il ca-
rattere di S. Ambrofio, la gravita del cui eilcriore ha fempre
corrilpolto perfettamente alla pace , ed alla tranquillità dell'

anima lua . Ha egli avuta una generale carità per tutti ; ma


egli è llato affai guardingo, e giudiziolo nella Icelta delle ami-
X IV cizie;
.

3^8 Vita DiS. Ambrosio


cizie ; e ficcome abbiam veduto, tutti i Santi uomini del fuo'
fecolo hanno con lui contratta Itrcttiflima a.nifta. Non pote-
va la temperanza effere dalla Providenza affidata ad
un più de-
gno difenlore, qual ne Santo Velcovo, che avendola
fu quello
eletta , acciocché fufie a lui indivifibile compagna nel fuo mi-
nifterio , l'ha folienuta con un vigore apoftolico contro la car-
nale ercfia di Gioviniano, e contro lo iregolamento di alcune
particolari perfone della fua Diocefi, le quali avevano prefo l'im-
pegno di accreditare , e dare a credere per lodevole la voluttà
55
Rapprefentò egli a coftoro (a) con la teftimonianza dell'
55
Apoftolo, dovere l'ufo del vino effere un rimedio della noftra
55
infermità, e non fervire d'incitamento a' piaceri, ed alle delizie.
55
Aver Elia trovata una focaccia cotta lotto la cenere , ed un
55
vafo pieno d'acqua, ed efferfi contentato di quefto nodrimen-
55
to, che a lui diede forza baììante per loftenere il non interrot-
„ to digiuno di quaranta giorni. Daniele, ed i tre Giovani del-
„ la cattività di Babilonia non eflcrfi alimentati, che con vivan-

„ de del lor paefe , e diflTetati con poca acqua , quando il primo


„ manfuefece la ferocia de' leoni , e gli altri tre circondati dal-
„ le fiamme di accefiffima fornace, non ne provarono il ben me-

„ nomo nocumento. Paflando poi dagli uomini alle donne: Giu-


„ ditta non avendo punto partecipato del convito di Oloferne'
„ dedito alla crapola, ed all' ubbriachezza , altro non impiegò,
„ che la fua fobrieta per riportare un trionfo, al quale non avreb-
„ bero potuto aipirare i più forti guerrieri ; liberò la fua Citta
„ dall' alTedio de' fuoinemici; ed uccife con le fue proprie mani
„ Oloferne, facendo vedere con quefto si chiaro efempio , che
„ un SI rinomato Capitano erafi lafciato avvilire dalla fua diflb-
„ lutezza , e che ella aveva acquiftata per mezzo del digiuno for-
„ za, e generofita affai maggiore uomini più co-
di quella degli

„ raggiofi; di forta che in quefta grande occafione la natura non


„ fufle fuperata nel fuo feffo, ma rimanelfe vittoriofa per la fo-
„ brieia da lei offervata nell' ufo degli alimenti.
Loro

ia)'Offie. lib. j. eap. 25.


. ,

Libro XI. Capitolo X. 3?p


-
,.
"

Loro, eflTerft da Efter col


altresì dimodra fuo digiuno am- „
mellito il un Re fuperbo. cuoreAnna la di Profcteifa dopo „
quarant' anni di vedovanza impiegati in continui digiuni, e „
preghiere, e col tantamente di, e notte occuparli nel lervizio „
del Tempio avere avuto il vantaggio di conolcere Gesù Cris- „
To, la cui venuta da S. Giovanni, quel gran maellro dell' alti- „
ncnza, e quel nuovo Angelo lopra la terra, era fiata annun- „
ziata. E lìnalmente dice, che attenendoci alla Rolta opinio- „
ne di qucfti difenfori del piacere , e del lento , ed ammetten- „
do con elTi, inutile elTere ogni torta d'attinenza, e digiuno, „
converrebbe inferirne, che Elileo fufTe un pazzo, quell' Eliteo, „
che con erbe Iclvaggie alimentava i Profeti tuoi ditcepoli; eh' „
Etdra aveffe obbliate le Scritture, quell' Etdra, che le ha rida- „
bilite coir efatta fedeltà della fua memoria; e che S. Paolo fufTe „
un ignorante , inalzando il digiuno fino a quel fegno , a cui „
lo elevo
Non dobbiamo adunque maravigliarci, che S. Ambrolìo
altamente abborriffe i altrove notato; e
conviti, come abbiam
fi sforzafTe d'infpirare quella fanta avverfione in tutti gli Eccle-

fiaflici, qual regola della loro condotta, per non dilonorare fc


fteflì, benché nello flcflb tempo loro raccomandaffe l'olpitali-
ta; dicendo egli (a) „ Molti darfi vani iniertenimenti ne'
:

conviti degli eftranei, e mollrarfi da quelli, che li frequenta- „
no, d'avere deli' ingordigia per le più laute imbandigioni. Or- ,y
dinariamente introdurvifì de' dilcorfi delle mondane cole, e de' „
vani divertimenti del fecolo, ne poter uno dilpenlarfi dall' af- „
coltarli non fi potendo lenza affettazione chiudere l'orecchie
; „
né tampoco ordinare, che fi defifta da tomiglianti dilcorfi, lenza „
cffere riputato qual tupcrbo dagli altri commenfali. Trovarfi „
uno impegnato a bcvere più di quello, che vorrebbe. Se ad- „
durre quindi da voi fi debbono delle fcule, meglio farà l'ad- „
durne una loia in vofìra cafa, che il doverne far molte in cala „
altrui. E quand' anche fufte Ccuro d'alzarvi dalla tavola fen- „
za

( « ) Lib. I . Officjer. caf. 2©. •


)
.

^3© Vita di S. Ambrosio


„ za efservipunto fcoftato dalla folita voltra fobrieta nondime- ;

j, no convenevole cola non è , che i'inlolcnza altrui tragga van*


„ taggio dalla voftra prelenza per autorizzare i luoi ccccffi
Quanto poi a quella parte della temperanza, che confifte
in una totale alienazione, e niniicizia con i piaceri groHolani,
e carnali, non iolo Tara difficile il trovar uno, che maggiore
ne avefTe di Ambrofìo , e l'uguagliafle quindi nella purezza;
ma ancora l'idearli una più guardinga precauzione di quella da
lui praticata , e defiderata in tutti gli Ecclefialtici nello Ichi-
varc la famigliarità delle perfone di ieffo differente „ Non .

„ conviene, die' egli (^), che i giovani Ecclefiiftici vadano alle


„ cale delle vedove, e delle vergini, le non qualora lo richieda
„ una lodevole, ed indilpenfabile convenienza. Al q lale utfi-
„ zio però debbefi loddisfare coli' affiilenza d'uomini alfcnniti, e
„ vecchj, cioè con quella de' Velcovi, od almanco de' Preti, fé
„ la caufa è urgente. Imperocché qual necelfita vi è, che diafi
„ da noi a' laici occafione di biafimare la noftra condottar Qiial
„ vi è neceflita di autorizzare la frequenza di quelle vifite col
5, noltro elempio? Che farebbe, le alcuna di quelle vedove, o
„ fanciulle , che frequentemente vifitiamo , cadelfe in qualche
„ vergognofo peccato ? Perchè vorremo noi caricarci allo Ipro-
„ pofito delle loro cadute, e de' loro falli? Quante perlone an-
„ Cora tra le più lungamente efercitate nella virtù hanno vil-
„ mente ceduto alle troppo lufinghevoli attrattive della voluttà?
„ Quanti, febbene non lono in alcun errore incorfi, ne hanno
„ nondimeno fatto gagliardamente folpettare? Perchè piuttolto
„ non impiegare utilmente il tempo, che a voi reità libero da'
„ lervigi delia Chiela, nella lezione de' (acri libri ? Perchè non
„ ritornare piuttolto alla vifita di Gesù Cristo, a trattenerli in
„ ragionamenti con lui , e ad afcoltarlo ? Quale abbiamo noi
„ attinenza con le cale altrui? Una loia è la cafa, cioè, la Chie-
„ fa, che è comune a tutti; e quelli, i quali hanno di noi bi-
„ fogno, qua ne vengono a trovar noi. Che deve importare a
noi

ia") Liè. i,0£ic(or.cap,2<3.


^

Libro XI. Capitolo X. 331


noi delle fciocchezze, e vanita de' mondani? Il noflro impie- „

go è di iervire agli Altari di Gesù Cristo, c non di preltarc „


omaggio agli uomini con una vile obbedienza. Umili dobbia- „
mo noi eflere, manlueti, trattabili, caritatevoli, gravi, pa- „
zienti , e regolati da una giulta , e lodevole moderazione in „
tutte le nodrc operazioni; acciocché né l'elteriore apparenza y,

del noftro volto , ne la maniera noftra di favellare facciano ),

comparire alcuna frcgolatezza ne' noltri coftumi.


Ma la S. Ambrofio non fi riflette in lui folo
continenza di
rinchiufa. Fu ella una virtù feconda, producendo delle Ver-
gini , che debbono efiere il frutto della calHta de' Vcfcovi, e
che fono ftate la particolare benedizione del fuo Epifcopato,
ficcome abbiam veduto, ed altresì vedremo in progreffo.

Capitolo XI.

Della fua fortCT;^ , e gertero/tt^ .

DOpo tutto ciò, che


la generofita di S.
abbiamo notato della fortezza, e del-
Ambrofio, la quale è fiata iemprc
fua indivifibile compagna in tutte le azioni da lui intraprefe
nelle più grandi, ed importanti occafioni del fuo fecolo , lem-
bra , che quanto dire qui le ne potrebbe, effere non poffa ,
che una nojoia ripetizione. Ma
per verità poffono a lui con
tutta ragione appropriarfi le parole dell' Ecclefialfico, che la
Chiefa canta di tutti i Santi ConfelTori: Noti ejferft , cioè,
trovato alcuno che fta fiato a lui fomigl'tante nella foytCT^i
,

e nella generofttà , ed efiere quella la virtù lua propria , che


lo ha contradilHfito, ed inalzato fopra di tutti gli altri Prelati.
In fatti la fermezza, con cui ha refiftito alle minacele, ed ha
follenuti gli sforzi de' Grandi del Mondo, è ftata la cagione
della più alta maraviglia di tutti quelli , che ne lono ftati te-

ftimonj, e lara iempre il modello di tutti gli uomini apoftolici

fino alla coniumazione de' fecoii.


Trop-
332 ViTADiS. Ambrosio
Troppo bene conofceva
merito, e la eftenfione di fua
egli il

fortezza, e della fua Criftiana generofit^, per non accordarle per


. compagne tutte le altre virtù; ei ne formava il luo vero ritrat-
. to, quando ne indicava i doveri, e le funzioni „ La fortez-
.

„ za dell'anima, die' egli (/?), non è una virtù mediocre, né


5)
feparata dall'altre. Ella non fa guerra all'altre virtù, anzi
V>
di tutte ella difende la gloria, e ne conferva gli ornamenti.
Ella è quella, che decide le battaglie , che ad ogni vizio fi
» danno; ella è inftancabile, ed invincibile ne' tra vagì); vigoro-
fa per cfporfi a pericoli; auftera per reprimere le voluttà; in-
fleffibiie per rifpingere le tentazioni più iufinghiere. Deprez-
» za ella le ricchezze, ed abbomina l'avarizia, come una corru-
zione valevole ad affievolire la virtù, ed a renderla effeminata:
non vi effendo cola più contraria alla fortezza , che il lafciarfi
vincere dalla fperanza di qualche guadagno. Quante volte è
fucceduto, che dopo rifpinti, e meffi in fuga i nemici, abbia-
yi
no i più generofi Capitani perduta miferabilmente la vita nel
V mezzo di quelli che avevano vinti, per efferfi trattenuti
fteffi ,

nel raccogliere ; e che legioni vittoriofe , lalciandod


il buttino
»)
abbagliare dallo fplendore de' loro trionfi, abbiano fatti ritor-
5)
nare iopra di loro i nemici da elfi difperfi, e fugati, ed ab-
5>
bianli eccitati a prendere nuovo vigore nel vederle si avida-

55
mente intente alla preda . Allontani adunque da fé la fortez-
>J
za quella fiera peftc, e ne procuri la total diltruzione. Si ren-
da ella tale da neppure effere affalita dalla menoma tentazione
5)

J5
di cupidigia ; e vigorofa in guila da non elTerc da veruno timo-

5)
re abbattuta; effendo che la virtù ha per fé fteffa baftante ro-
}) buitczza, e coilanza per tutti vigorolamente perlcguitare i viz),

3>
come veleni valevoli ad infettarla, ed a corromperla. Pren-
?5
da ella le armi per riipingere da le la collera, che toglie il fenno
V agli nomini , e qual funelta infermità la tenga da le lontana . Ri-
9)
nunzj poi ella ancora a' vani defiderj della gloria, la quale fé non
5)
è lempre iìata nocevole a quelli, che l'hanno defiderata, giam-

V mai però non ha laiciato di cfferlo a quelli , che l'hanno uiurpata.


Di

( « ) Lio. I . Offiiier. (ap. 3 9,


Libro XL Capitolo XI. 333
Di qual carattere fufle la Griftiana, ed Epifcopale gcne-
rofiik di S. Ambrofio può facilmente dcdurfi da quefte lue sì
elevate malTime. Niente egli ha temuto nel Mondo, perchè
niente vi Iperava, ed ha creduto di non potere {offrire mali
troppo grandi in quella vita per acquiftarc una eternitìi di glo-
ria, di cui ne conoi'ceva il troppo ineftimabilc pregio. Non
ellcndo armato, che della fua fede, e della lua fiducia in Dio,
ha difefa la fantita delle Chicfe contro numerofc fquadre di
foldati autorizzati dagli ordini dell' Imperadore, e dopo avere
fuperate le più ardue di{ìicolt-i con una grandezza d'animo, che
ha eccitato la più alta maraviglia ne' medefimi luoi oftinati per-
fecutori, egli fi è fegnalato anche più con l'importante vittoria da
lui riportata fopra di le medcfimo, e dc'fuoi proprj riientimcnti.
Effendocchc la fortezza affai più rilplenda nell'afflizione,
che nella profpcrita , fembra che Dio abbia voluto far nafcerc
il noftro Santo in un fecolo pieno di pubbliche calamita , ac-
ciocché avendo egli (a) continue occafioni di efercitare la pa-
zienza, ed avendo continuamente (otto degli occhi le violente
inondazioni de' Popoli Barbari, da' quali il Romano Imperio era
devaftato , imparalTe a ftaccarfi dall'affetto di tutte le caduche
cofe, né cercaffe il iuo ripoio altrove, che nel Cielo, che e quel
Regno, che non verrà giammai contraflato ad alcuno degli eletti.
Non fi contentava però di fortificare fé fleffo con quelle
SI fante , e sì falntari rifieflioni , ma di porle
altresì sforzavafi
fotto degli occhi del fuo Popolo , afhne di dilaffezionarlo dal
Mondo, il cui decadimento fembrava affatto vifibile . Impe-
rocché fpiegando quelle parole dette da Gesù Cristo ncU'
Evangelio di S. Luca: c/je quando noi fentìremo parlare di guer-
re , e di tumulti , non dobbiamo maravigliarci , per cjfcre necej-
fario , che ciò priAia fucccda y ma che il fine non verrà ù prcjfo ;
fa vedere l'adempimento di quella predizione nel Ino leccio.
Di quante guerre , die' egli {b)-, e di quanti tumulti lentiam „
noi parlare ? Gli Unni fi fono foUevati contro gli Alani ; gli „
Alani contro i Goti, i Goti contro i Teffali , ed i Sarmati. „
Gli

(«) Liù. i. officiar. cap.^^i. I


(^) Liè. io. in Lue. cap. 21,
,

334 ViTADiS. Ambrosio


„ Gli Goti hanno altresì sbanditi noi dal noflro paefe
efiglj tie'

„ e cacciati nell' Illiria , né sì pretto ne vedremo il fine La .

„ careflia ha cagionate orribili itragi la pelle ha


; fatto morire

„ gli uomini , e le greggie , e ci ha ridotti all' iltefTa mileria di

5,
quelli, che fono (tati maltrattati dalla guerra, quantunque ella
5, non fiafi ertela fopra di noi. Siccome adunque noi ci accoftia-

„ mo alla fine del Mondo; così le malattie del Mondo fono altret-
„ tanti forieri della fua generale rovina. La careltia è una ma-
„ lattia del Mondo, la peltilenza è una malattia del Mondo, e
„ tale altresì è la perfecuzione Ma un Criltiano trovafi ancora
.

„ impegnato a foftcnere altre guerre. Egli è obbligato a combat-


„ tere contro un gran numero di pafTioni , e di affetti , tra loro
„ diverfi ; ed i nemici domeftici, che noi abbiamo, fono anche
„ più formidabili , che gli efteriori . Talora ci pungono gli
„ ilimoli dell'avarizia, talora tentiamo accenderfi in noi le fiam-
j, me dell'impurità ; talvolta il timore ci fpaventa; talvolta la
„ collera ci fconvolge con violente agitazioni ; talora l'ambizione
„ ci turba , e talora gli fpiriti maligni iparfi per l'aria fi sforzano
„ di atterrirci Un Criltiano adunque viene Itretto da quelle
.

„ violente tentazioni, come da altrettante battaglie, e l'incoftan-


„ za della fua anima vacillante viene icolTa da quelli impetuofi
„ movimenti, come da terremoti. Ma trovandofi più forte de'
5, fuoi nemici, egli s'incoraggifce con quelle parole del Salmilla:

j, Quando io faro circondato da un armata nemica , che Jìa in-


„ torno a me accampata , il mio cuore non lafcierajji avvilire
5, dal timore ; e quand' ella verrà a fcaricarji Jopra di me per
„ combattermi , la battaglia fìejfa raddoppierà la mia fperan^^ {a),
„ Collante, ed intrepido egli è nella battaglia , prefentando il
j,
petto al fuo nemico, e quando anche vcdeflTe venir incontro a
„ le un Golia di fpaventevole afpetto, e di datura flraordinaria-
„ mente terribile, nondimeno nello lleffo tempo, in cui tutti gli
„ altri tremano, e paventano, egli gli va incontro per combar-
„ terlo con una umiltà fomigliante a quella di Davide, e come
„ lui depolle le armature di un Re terreno, e prendendo nelle mani
i dai di

( a ) Pfalrn. z6. v. 5. 6,
Libro XI. Capitolo XI. 335
i dirdi della Fvide, che Tonopiù leggieri, e valendoli di una „
i

fincera confeliìone, come di una fionda di tre corde infieme „


te/fute, ed attortigliate, apre mortale ferita nell' alterezza del

fuo pcrlecutorc, lecui minaccie dilprezza, la cui pofFanza non

cura, e rendefi quindi degno di fare, che Gesù Cristo mede- „
fimo parli per la lua bocca.
Ma S. Ambrofio
che verun altro uomo del fuo
è Itato più
fecolo, quel generoso Crifhano, del quale egli ne fa un si ec-
cellente ritratto, onde rendendo le (teflTo fedele imitatore dell'
umiltà di Davide, e della lua confidenza in Dio, vinlc, e do-
mò tutta la polTanza de' Dcmonj, de' quali il fuperbo Golia
è flato la figura.
Appena però noi giugneremmo a fare un informe abbozzo
di fua generofita , e fortezza ,
qualora lalciafTimo di prendere
da lui in preltito i colori da cflb adoperati per fare il ritratto
di un perfetto Criftiano. „ Indiipcniabil dovere, die' egli (a)^ „
di un uom perfetto è il foftenerc con la fortezza dell' anima „
fua la debolezza di una natura, che a lui è comune col reftan- „
te degli uomini, di regolarne i movimenti in guifa , che la

renda atta a virtuofe azioni, non fi lafci abbattere in quelle „
battaglie, che fembrano formidabili, e terribili alla maggior „
parte; ma ne follenga come un valorofo foldato qualunque più „
pericolofo attacco ed incontro ; ed a fomiglianza di clperto
,

Piloto dcilramente governi la fua nave nel più furiofo alTalto „
della tempelta, è si avvedutamente prevegga i flutti, che fono

per invetlirla, onde fchivi il naufragio, piuttodo formontando i „
marofi, che ichivandoli. Un uomo, che fia perfetto, intre- „
pido le ne fta nella perfecuzione , avvilire non fi lafcia da'

tormenti, né teme d'irritare il furore de' carnefici; ma fimile „
ad un valorofo atleta, che fia flato percofTo dal luo avverfa- „
rio, lo ripercuote le non con la mano armata, almanco con „
la lingua, e con le parole, deprezzando quc' tormenti, da' qua- „
li tanti fi lafciano intimorire, col dire: Le loro freccic non „
hanno

{») Ltb. I . dc]a(tb , & vita beata cap. 8.


23^ Vita di S.Ambrosio
hanno maggior for-^j di quella , che ne avrebbero , fé fujje-
ro /cocca fé dalla dehil mano di piccioli fanciulli . Combàtte
egli con li più tormentofi dolori, lenza prorooipere nel ben
menomo lamento, che degno io renda dell'altrui compafllonc,
e moftra col fuo portamento, rilpienderc lempre chiara la di lui
luce, e che la fua lampada è tuttavia accefa, vale a dire, che
la fortezza, e la virtù della fua anima fempre rifplcnde, né
giammai s'eftingue, eziandio tra le più orribili tempelte , ed
il più gagliardo foffiare de' venti. Qiiello Crilliano niente ral-
lenta il fuo vigore per le ingiurie , che da' fuoi gli fi fan-
no , né alcuna premura prendefi della fepoltura del fuo cor-
po, fapendo che il corpo fteffo ha diritto al Cielo, come ad
una cofa a lui dovuta . Se il di lui Popolo rimane fog-
gctto alla tirannia de' fuoi nemici, egli punto non fi abbatte
nella cattività de' fuoi Cittadini; ma qual giudice fevero , ed
ineforabile condanna la perfidia, e gli errori degli infedeli, fic-
come fece Daniele, che nello ftato d'umiliazione, in cui tro-
vavafi , non lafciò di difcoprire i ladrocinj de' Sacerdoti , e di
vigorofamcnte riprendere le loro fuperftizioni moftrando non
;

eflTere la loro condotta fondata fopra alcuna verità, ma effere


foltanto appoggiata fu la menzogna, e la frode. Un uomo
finalmente, eh' è di tali diipofizioni fornito, dee certamente dirli

un uom perfetto, defiderolo che tutto il Mondo viva bene, e


che non fucceda alcun male a chiccheflìa ; e quand' anche a lui
ne fucccdefle alcuno contro la fua intenzione , non perde per-
ciò pur una menoma
parte di iua virtù.
Non occorre cercar altre parole , che quelle di S. Ambrofio,
per comporre il fuo elogio. Egli ha pofledute tutte quelle rarif-
fim.e prerogative, o fé ne confideri la dilpofizione del iuo cuore,
o fcne efaminino le chiare tanto, ed incontrallabili lue opera-
zioni; e ciò che farebbe ftato foltanto una vana idea per de' Fi-
iofofi Pagani, refe fegnalata in lui una virtù, ed una collanza
effettiva, della quale dar fé ne polfono altrettanti contralegni , \

quante fi fono a lui prefentate grandi oceafioni di dar a conolce-


le ai Mondo tutto, chi egli fi fuffe dinanzi a Dio,
DEL-
337

DELLA VITA
DI S. AMBROSIO
ARCIVESCOVO DI MILANO,
Dottore della Chiesa, ec.

LIBRO DUODECIMO,-
Nel quale si contengono le istruzioni da lui date

ad ogni stato, ed a tutte le condizioni


DEL Cristianesimo.

Capitolo I.

^uaìi fujfero i di lui fentimeìiti circa remìttetiza


dello flato Ecchftijjìico.

Ddio , a cui piacque di eleggere un paftorello


per farne un Re, ed un Profeta, volle fimil-
mente far rilplendere la divina virtù della
iua grazia , facendo da' Tribunali della Giu-
dicatura pafiare un Miniftro all' Ecclefiaftico
Trono; a lui comunicando lumi si puri, e
sì celefti, di modo che tutta la Chiela lo ve-
nererà fempre per uno de' fuoì primarj Dottori.
Si è Iddio compiaciuto di dare con una lomigliante con-
T.:m. II. Y dotta
2,8 ViTADiS. Ambrosio
ciotta a eonofcere, che ficcome non vi fono Dottori cotanto
ra<J"uardevoli e per la naturale vivacità del loro fpirito, e per
la torza del loro raziocinio , e per l'afllduita de' loro fludj, e
delle loro vigilie , che non debbano avere Gesù Cristo per
loro maeftro; cosi non vi è alcuno tra' difcepoli del Nazare-
no, che divenire non pofla in pochifìTimo tempo un eccellente
Dottore, qualora lo fteflb Cristo con una cura affatto partico-
lare prenda ad iftruirlo nella fua fcuola. Imperocché ( come
dal noftro Santo fi è conofciuto ) non fi da che un vero Mae-
ftro, il quale è il folo, che non abbia imparato ciò , che do-
veva inlegnarc agli altri , all' oppofto degli uomini , a' quali
conviene prima imparare da lui, e da lui altresì ricevere le
iftruzioni, che loro conviene di dare agli altri. „ E quefto appun-
„ to [ profiegue a dire S. Ambrofio (/?) ] è accaduto a me ftef-
„ io: Imperocché eflendo io ftato tolto da' Tribunali della Mae-
„ ftratura, e dal civile minirterio, per effere inalzato al Sacerdo-
„ zio , io ho -cominciato ad inlegnarvi ciò che non aveva ira-,

„ parato; di lorta che fia fucceduto, che io abbia cominciato a


„ farla prima da maeftro, che da diicepolo Io adunque mi fono
.

„ ridotto ad iftruire me fteftb nello fteftb tempo , che infegnava


„ agli altri; poiché non ho avuto tempo d' iftruire me medefi-
„ mo prima della mia Ordinazione. Ma per qualfi voglia pro-
„ greffo, che un uomo pofta aver fatto nella cognizione delle
5, cole, non ve n'è alcuno, che non abbia bifogno di effere am-
,j maeftrato in tutto il corfo della fua vita.
Una profonda umiltà dettava quefte parole a S. Ambrofio,
ed ei le ha volute pubblicamente Icolpite in fronte al luo Trat-
tato degli Uffizj, come fopra la flicciata di una fabbrica. Ma
quefti sì umili fentimenti, eh' egli ha avuti di le fteffo, non
hanno trattenuta la Chiefa ogni giorno ne' fuoi
dall' inftruirfi

tre Libri degli Uffizj, gli Ecclefiaftici dall' impararvi le rego-


le, che debbono offervare per mantenere l'onore, e la fantita
del loro miniftero, e S. Agoftino {b) dal dire: Effere quefti
Libri

{a) Lib.i.Offic.cap.i, 1 {b) AuguJi.Ep.i9. Amb<.lib.l.0ffic.c.7.& lib.z.e.6.


Libro XII. Capitolo I.
339
Libri pieni di precetti utilifTimi. è Qiùndi
che quantunque ,

non gli abbia egli Icritti che in generale per i figliuoli da lui
generati per mezzo dell' Evangelio, ei nondimeno più volte in
eflfi fi rivolge a' Diaconi, ed a quelli da lui eletti pel minifte-
rio del Signore ; ed eglmo badano per rifvegliare in noi una
fomma venerazione verfo la purità, e l'abbondanza de' lumi
da lui avuti per i più elevati minKicrj del Sacerdozio.
Da Ambrofio noi impariamo la lomiglianza, che Vefco- i

vi hanno con S. Giuleppe, per dover cflere coniervatori della


purità della Chieia, della fteHa maniera, che quefto Giudo è
llato il protettore di quella della Santiffima Vergine. Impe-
rocché dopo aver narrata la ftoria del lor maritaggio, ficcome
ci viene defcritta da S. Luca (<?), aggiugne quelta riflefTionc.
Noi abbiamo ( die' egli ) fentita la Itoria della verità nel Te- „
fio dell'Evangelio ; noi vi abbiamo imparato il difegno di „
Dio nella condotta da lui tenuta , impariamone il millerio. „
Maria era la Spola di Giuleppe; ma ella era Vergine, perchè „
ella era la figura della Chieia, che è pura, e lenza macchie,

né lafcia d'elTere maritata. Quella è una vergine, la quale ci „
ha concepiti di Spirito Santo, queft' è una vergine, la quale „
ci ha partoriti fenza gemiti. Ed è forle accaduto, che la Ver- „
gine fia fiata maritata a S. Giuleppe, e fecondata dallo Spirito „
Santo, perchè le particolari Chicle fono fecondate dall' operazione „
dello Spirito Santo, e della Grazia, benché abbiano per ifpo-

fo vifibile un Prete, il quale non lo è per elle più che per un

tempo determinato.
Si vale egli ancora dell' cfempio dell'ordinazione di Aron-
re, e del iuo figliuolo Eleazzaro, per farci concepire una gia-
lla idea del Sacerdozio della nuova Legge, di cui l'antico Pre-
sbiterato ne fu foltanto la figura. „ Confideriamof die' egli (/>) ], „
dalla grazia di "Dio, che è quella, che opera ne' Preti, e non „
da quella degli uomini efTerne derivato, che tutte le verghe da „
Mosè raccolte da ciafcheduna Tribù, e melfe in difparte, quella „
di

{a) Lib.i.inLuc.ca^. i, I
( ^ ) £>//?. 2 5 «./ Ecdef. Vetedknf,
.

Y II
2^0 Vita di S. Ambrosio
,, di Aronne fiiffe la fola , che prodiicefle de' fiori che altresì
; e

„ da quefto fovriimano prodigio reltaiTe il Popolo invincibilmen-


„ te perlualo, doverli il diritto del giudizio di Dio rifpettare nel-
„ la loia perfona del Sacerdote; né più aveffe l'ardire di pcrfille-

„ re neir ingiuda opinione da lui fin allora con umane ragioni


„ ibftenuta , di avere il diritto di pretendere a quelta iublimc
„ dignità, fimilmente che Aronne, eia fua famiglia. In fatti
„ che altro dinota quella verga adorna di fiori , le non che la
„ grazia del Sacerdozio giammai non illanguidifce, e vicn meno,
„ ed anche in un profondo abbaflamento non lalcia, per la virtìi
„ dal fuo minilterio comunicatale, di produrre i fiori della pof-
„ fanza, di cui è ftata invertita? od ancora che un fomigliantc
che a qualche milteriolb
„ prodigio non poflfa venir desinato,
„ (l'unificato? Né a cafo, per quanto noi polfiam giudicarne ,
„ venne quella prodigio operato fui finire della vita del Sacer-
„ dote Aronne. Imperocché quella circoftanza fembra dsnota-
„ re, che effendo l'antico Popolo tarlato, e putrido per la vec-
„ chiezza di una infedeltà di molti anni, doveva negli ultimi tem-
„ pi, a fomiglianza della Chiefa, prendere nuova iorma, prati-
„ cando azioni fante di devozione, e di fede , e come per mez-
„ zo di un rinafcimento di grazia , fare Ipuntare de' fiori , che
„ "ia da tanti fecoli erano affatto inariditi. Ma quale mai fu
„ la cagione, per cui dopo la morte d'Aronne, non già a tut-
„ to il Popolo, ma a Mosè, che era del numero de' Preti, or-

„ dinò Iddio di veftire Eleazzaro figliuolo di Aronne delle divife


„ di tuo padre? fé non per darci ad intendere, che un Prete ha
„ da efiere ordinato da un altro Prete, il quale deve veitirlo de-
„ oli abiti Sacerdotali, vale a dire, delle virtù convenevoli al

„ fuo minifterio , e farlo approffimarc a' Santi Altari, s'egli co-


„ nofce, che a lui neffuno manchi degli ornamenti del fuo Sa-
„ cerdozio, e che tutte abbia le qualità richiede da quello Stato.
„ Eflendo palefe, che un uomo obbligato a prefentare fuppliche
per il Popolo, deve da Dio, ed approvato da' Pre-
cflere eletto

„ ti, acciocché deflinato eflendo dal fuo minifterio a farla da in-

5, terceflbrc per ottenere il perdono de' peccati altrui, egli fteffo


non
Libro XII. Capitolo I. 341
non offenda Dio, prefeRtandofi inanzi a lui reo di enormi de- „
litri In fatti la virtù di un Prete non deve confiftere in una
.

perfezione mediocre, poiché non folamente deve con attenzio- „
ne vigilare lopra fé liclTo per non far cofa alcuna , che abbia „
qualche affinità con i maggiori eccedi , ma per neppure com- „
mettere de' piccioli mancamenti. Conviene eh' egli abbia del- „
la prontezza, e dell' ardore per applicarfi alle opere di cari-

ta ; che non trovi del rincrelcimento d'eflervifi impegnato con „
promeHe; ch'egli alzi coloro, che lono caduti; che compatif- „
ca le miferic delle perlonc afflitte che mantenga lo fpirito di „
;

dolcezza; che ami la piet^; che reprima la collera, o la ten- „


ga in le fteffo racchiufa; che fia come un trombettiere, per „
eccitare il Popolo alla divozione, e per rappacificarlo, e ritta- „
bilirlo nella tranquillità, qualora il vegga dall' agitazione Iccn- „
volto, e dalla turbolenza. Vi è un antico Proverbio, il qual „
dice A-vve-^i^tevi ad ejfere femprc lo Jicjfo , acciocché la vo- „
:

ftra vita fia una fpecie di pittura, che fempre confervi l'im-

magine, che avrà ricevuta. Ma come potrà un uomo pafiàr „
per uguale nel luo modo di vivere, fé vegga fi , che ora la col- „
lera lo infiamma ; ora affatto fi abbandona all' indignazione , „
ed al dilpetto; tal volta ha la faccia tutta fpirante fuoco, e „
tal volta è eftrcmamente pallido, canoiando ad ogni momen- „
to di colore? Io confefTo, che troppo 11 ha di propenfione per „
la collera; e che non fenza ragione daffi a conolcere alcuna fia-

ta d'effere internamente commoffi; ma un uomo deve mode- „
rare la fua collera, e non lalciarfi tralportare dal furore, a gui- „
fa di un lione. Conviene ancora, che non fi affuefaccia a gri- „
dare, e ad inquietare la iua famiglia con iftrida , e contele. „
Poiché fta icritto, che ruomo y che h wclmato
fa „ alla collera ^

ufc'tre il peccato- fuor della terra {a). Un uomo,


il
„ che ha
cuor doppio , non è un fol uomo Non effere un. foi uomo è „
il non poter reprimere i movimenti della fua collera; ciò che „
ha fatto dire a Davide Sdegnatevi ^ e lìon
: 'vogliate peccare {b). „

Con

{a) Ptov. 15. I


(^) Pfihi-^-
Tiu 11. Y I I I
. .

JA2 Vita di S. Ambrosio


Con qucfte parole non ci obbliga già egli a fdegnarfi , ma in

)•> una tal qual maniera comanda alla natura, la quale quantun-
5>
que dall' uomo non pofTa intieramente reprimerfi, può nondi-
?)
meno temperarli, ed elTere moderata. Benché adunque la col-
55
lera in noi fi folle vi, conviene nondimeno, che ella altri mo-

5)
vimenti non abbia, fé non fc quelli, che fono conformi alla
5)
natura, e non fi laici trafportare ad un peccato, il quale ol-
55
trepalfi i confini della natura. Imperocché chi potrebbe fof-
5) frire, che un uomo incaricato del governo degli altri, non po-

55 telfe poi governare le medefmio?


Da quelle parole del Santo chiaramente deducefi, che la
vocazione di Dio, da lui richierta per entrare nello (tato Ecclc-
fiaftico, impone grandi obbligazioni a quelli, che vi fono inal-
zati, e che efli non iolamente debbono andare efenti da delitti
enormi , ma altresì conviene loro l'andar adorni delle più emi-
nenti virtù, per continuamente praticarle.

Capitolo II.

^tal't debbano ejferc per fentinicnto di S.Ambrofio^


^ le qualità^
e le pcrjezioni de Mimjìri della Ch'tefa

ABBIAMO di già incidentemente parlato della fcienza, e del-


la caltità dal nodro Santo richieda ne' Miniftri dell' Al-
tare. Qui adunque loltanto aggiungeremo, obbligarli egli ad
una illibatifllma innocenza, ad un perpetuo facrificio di loro
medefimi, ad un totale difintercffe , e ad una generofita, che
abbia un non fo che di fovrumano, per vendicare l'onore di
Dio, e non far cola indegna della fantita de'raifterj, de' quali
fono i difpenfatori.
Conviene, die' egli {a)^ che un Prete fia alieno dalla dol-
cezza, e dalle attrattive de' piaceri , e che tenga da fé lon-
tana

(a) Lib.àcViduts
.

Libro XII. Capitolo II. 343


tana l'interiore languidezza del corpo, e dell' anima, per ci- „

fere un deono Miniltro del Sangue, e del Corpo di Gesù Cri- „


sto; non efl'endo poillbile, che un uomo, il quale prova gli „
effetti dell' infermiti de' fuoi peccati, e che non è lano, fan- „
tamcnte ioddisfaccia all' amminiftrazionc de' ialutari rimedj la- „
fciatici dal noltro Divin Salvadore per procurarci l'immortali- „
ta. Riflettete attentamente, o Prete, a quello, che voi fate „
in fomiglianti occafioni, e guardatevi bene dal toccare il Cor- „
pò di Gesù Cristo con una mano infiammata di ardor febbri- „
le. Se egli vuole, che quelli, i quali fono ftati da lui ftedo „
purificati, fi prelentino al Sacerdote; quanto più giudo, e più „
necelTario farà, che puro fa il Sacerdote medefimo? Prima „
adunque rilanatc voi ttclfo , acciocché voi polliate adempire i „
doveri del voftro minitlerio.
Stabililce altrove quelVillibatifiima purità fopra l'indifpen-
fabile necclhta , che i Sacerdoti hanno di iacrificar le medefimi
ad elempio di Gesù Cristo . Imperocché dopo avere favella-
to de' Miller) dell' antica Legge, che fono la figura di quelli,

che noi celebriamo nella Chiela , cos'i proffiegue a ragionare (a)


Noi abbiamo veduto (die' egli) il Principe de' Sacerdoti veni- „
re a noi; noi l'abbiamo veduto offerire per noi il iuo preziofo „
fangue, e noi n'abbiamo udito il racconto. Noi per tanto, „
che fiamo Sacerdoti, feguiamolo per quanto ci farìi poffibile, „
affine di offerire il Sacrificio per il Popolo. Per quanto imme- „
ritevoli noi fiaino, confideriamo nondimeno, che il Sacrificio, „
del quale fiamo i Minillri, merita che noi venghiamo onora- „
ti, perché quantunque non apparifca, che Gesù Cristo tutta- „
via offra al prelente le Itclfo ; nondimeno egli è quello, che „
vien offerto fopra la terra quando fi offerifce il Iuo Corpo. „
Oltre di che, egli é quello, che fi manifelfa nella noflra per- „
fona ,
perchè la fua parola è quella , che lantifica il Sacrai- „
ciò, che noi offeriamo. Egli è certamenre noltro Avvocato „
preffo del fuo Padre; ma noi adclfo non lo vediamo , ed allo- „
ra

Y IV
o .

244 Vita di S. A mbros i

ra folamenrc io vedremo, quando l'immagine farà paffata, e


Giunta farà per noi la verità. Tutto quefto fuccedera quando
noi non vedremo pm per mezzo di uno IpeccUio, ma a faccia
a faccia quelle cole, le quali fono si eccellenti, e perfette.
Che fé i Sacerdoti fono tenuti a guarire la lebbra dell'
anime con Sacramento del Battefimo, e con quello della Pe-
il

nitenza , fono altresì obbligati ad avere le difpofizioni di Eli-


feo , ed a temere di efifere puniti con lo ftcflb cafligo , con cui
lo fu Giezi, le non tengono lontana l'avarizia non folamente
dalie loro perfone , ma ancora da quelle de' loro dimenici
Imoerocchè dopo avere riferita la si celebre lloria della guari-
gione di Naamano , fa quella riflelTione . „ Imparate, die'

„ egli(a)f da quello efempio le regole, e le maflTime delle vir-

5) tù, che da voi fi debbono praticare. Elifeo ha date prove


della fua fede, ricufando gli a lui prefentati regali. Impara-
te da quello doppio infegnamento d'azione, e di parole ciò,
che voi dovete imitare. Voi avete in ciò il comando di Dio,
e l'elempio di un Profeta, ambedue i quali vi obbligano a ri-
„ cevere gratuitamente, a gratuitamente dare, ed a non vende-
„ re i nottri Miller), ma ad oflerirli. Imperocché alla grazia
di Dio neffun prezzo di danaro fi taffa, né il guadagno, ma il
minifterio del Sacerdote è quello, che cercafi ne' Sacramenti.
Né bafta, che voi non cerchiate guadagno per ciò, che a voi
tocca perfonalmente ; conviene altresì , che voi tenghiate dal
„ suadasHO lontane anche le mani de' vollri dimeftici né loia- :

„ mente richiedefi, che voi conierviate voi iolo callo, e lenza


macchie, non avendo FA portolo detto Confervafe puro voi :

folo^ ma avendo detto: Confervate puro 'voi Jìejfo {b). Non


fi domanda adunque da voi iolamente, che voi fiate puro, e
„ netto da quella forta di trattici , ma che lo fia ancora tutta la
„ voflra cafa. Uopo è per tanto, che il Velcovo fia irreprenfi-
„ bile, che faogiamente governi la fua famiglia, e che manten-
„ ga i fuoi figliuoli neir obbedienza, ed in ogni forta di oncita;
po'icbi

(tf) Lib.<\.C9rtiment.)rtL«e.eap.A. t {b) i. Timeth. '^.v. 22.


,

Libro XI L Capitolo II. 345


fotchè fé t/ilmìo non fa precedere alla fua propria famìglia , „
cerne potrà governare la Chiefa di Dio (a)? Inltruite adun- „
que la voilra famiglia, elortatela, pigliatevi cura della di lei „
coniervazione; e le luccede , che il voftro icrvo v'inganni, co- „
me io confeiro enTcrne capaci tutti gli uomini, dopo averlo con- „
vinto dei Tuo tallo, cacciatelo dalla voftra cala per imitare qiic- „
fto Profeta La lebbra fucccdette prontamente ai vergogno- „
.

fo guadagno di quello diicepolo mercenario, ed il danaro mal „


acquirtato imbrattò il ino corpo, e la Ina anima. Foi avete „
diflcgli Elileo, ricevuto del danaro^ ma avete con ejfo compe- „
rara una terra ^ delle vigne , delle piante d'olivo , e la lebbra „
di Naamano giammai non fi fiaccherà
da voi ^ e dà vofìri pò- „
fieri. Voi vedete, che la fuccefìfione degli eredi è condannata „
a cagione delia pefTima condotta del loro capo. La vendita „
d'un fagro mifterio è un fallo, che non può purgarfì, e la pena „
con cui Iddio puniice un ù abbominevole abuio della fua gra- „
zia, pafla a tutta la polterita di colui, che ha commcffa una „
lomigliante profanazione.
Soffrir non poteva S. Ambrofio quefto traffico delle cofe
fante nelli Ecclefìaftici, i quali fapeva edere obbligati, a ca-
gione della lor profcffione, ad un totale difinterefle. „ Impe- „
rocche, ei dice (/»), parlando a' Diaconi: Se il femplice Po- ,,

polo Criitiano è tenuto al difprezzo delle ricchezze, per le in- „


Irruzioni, che l'Evangelio a lui ne ha date; i Leviti, i quali „
hanno Dio (lefifo per bro eredita, come non faranno tenuti ad „
cfl'ere onninamente alieni da ogni forta d'avarizia, ed a non „
avere il ben menomo atfetto a beni della terra? In fatti prof- „
fiegue a dir quello Santo, quando Mosc dillribuiva al Popolo la „
terra daDio promefTa a' loro padri (e), eccettuò lo ftelfo Iddio i „
Leviti, e volle.che non potcflero pretendere a quella tempo- ,,

rale poffclfione, perchè egli UefTo era la loro lortc, e la loro „


eredita : lopra la qual cofa ebbe a dir; Davide // Signore è „ :

tutto

(a) i.r/iwafA. 3.*. 2.4. 5. (,(') Nmn.-i'ò'


I
'
ik) Lib. i.Ojfic.cap. 50.
^.(.ó Vita di S. Ambrosio
„ tutto il mio bene ^ e tutta la mia eredità {a). Finalmente,
„ che cola fignifica quefta parola Levita ? altro non ilpiega cer-
„ tamcnte, fé non che egli appartiene a me o pure egli è per ,

„ me; ciò che denota la dignità di quefto Stato, in cui fa Iddio


„ un sì fpiegante elogio. Iddio altresì ha voluto indicare que(t'
„ unione, ch'egli aveva co' Tuoi Miniftn, quando parlando con
„ S. Pietro d'una moneta di argento, che dovevafi trovare nella
„ bocca d'un pefce, dilTe Datela per me^ e per voi {b).
:

Ma qualunque pofTa efifere il difintereffe de' Minillri del-


la Chiefa, farebbe ad effi inutile, fé non lo accompagnaffcro
con la liberalità, e con la dilìribuzione delle elemofine, la qua-
le richiede grande gcnerofita, fimilmentc che molta prudenza,
e difcernimento {e) affine di guadagnarfi l'affetto del Popola
lenza dare in alcuno de' due cltremi, o di difiipare i beni del-
la Chiefa con della profufione per accontentare l'importunità,
degli infaziabili ; o d'effere troppo ritenuto, allorché trattali
di follevar i poveri dalle loro indigenze Inlegna il noltro .

Santo a quefto propofito, effervi molte forte di liberalità , e


che non devefi folamente fovvenire quelli, che fono biiognofi
d'alimento perla conlervazione della lor vita; ma che fa d'uopo
ancora avere del riguardo per le nsceffita di quelli , che fi vergo-
gnano di pubblicamente palefarc la loro povertà doverfi però :

nel far ciò procurare, che i fondi delle pubbliche caritk non
rimangano elaufli. Aggiugne, che in fomiglianti occafìoni un
uomo, il quale fia coftituito in qualche Ecclcfiaftico grado, co-
me un Prete , od un Diacono , ne deve rendere confapcvole
il Vefcovo , e non afpramente ributtare quelli , che vede in

qualche indigenza, o quelli, che fono decaduti dal loro ftato,


ed entrati nel numero de' poveri , mafìimamente ie fono ca-
duti in queir effrema miferia, in cui ritrovanfi quelli, a' quali
manchi eziandio ciò, che indilpenfabilmente richiedefì al pro-
prio foftentamento, non già per le difsolutczze della loro gio-
ven-

ca) Pftilm. 1 5. a;. 5.


I
( » ) ^l>- 2' Offit. eaf. i 5.
(À) Matth. 17, v.T.f>, •
.

Libro XII. Capitolo II. 347


ventò, ma per la violenza, ed il depredamento de' ladri, o
per la perdita del lor patrimonio.
Per animare gli Ecclclìaftici virtnofi a quefli efcrcizj di
carità del tutto conformi alla lantitìi del loro minifterio , dice:
Che quanto più efll vi fi applicheranno , tanto più iaranno
amati dal Popolo (-7). Attelta ancora, conolccre egli molti
Preti, i quali hanno veduto aumentarfi i beni della Cliieia a
miiura della cura , che fi ion effi preia di tare più abbondanti
limofine a' poveri ; perchè chiunque conolce un degno mini-
ftro, ed un fedele opera jo, fentefi portato a volentieri fommi-
nilìrarc le cole, delle quali egli ha bifogno per l'efercizio del-
la iua Carica, elsendo certo, che la lua elemofma giugncrà
ficuramente fino alla pcrlbna del povero
Ma fé tante, e tanto eccellenti qualità abbifognano per
cfTere un faggio difpenlatore de' beni della Chiefa, lecondo la
fente S. Ambrofio; di maggiori certamente, ed in numero, ed
in perfezione, ne farà d'uopo per la difpenfazione de' Divini
Miiterj, nella quale principalmente non conviene punto ral-
lentare il rigore della dilciplina a riguardo della carne, e del
fangue; ficcome Mosc non ha perdonato neppure a' fuoi prof-
fimi, allorché fi trattò di punire l'Idolatria degli Ifdraeliti.
Mosè , dice il noftro Santo (/»), è altres'i venuto in quefto gior- „
no, quando fi fono nella Chiefa recitate le parole della Legge. „
Mosè ci chiama, quando la Legge ci fa alcoltare i comanda- „
menti di Dio. L'A portolo (e) c'infegna l'obbligazione, che a „
noi corre di fepararci da tutti quelli, che trai nortri fratelli „
conducono vita Iregolata. Percuotiamoli con la fpada fpiritua- „
le, che è la parola di Dio. In fomigliante occafione fia da noi „
lontana ogni accettazione di perfone, non confideriamo né fra- „
telli, ne congiunti, ma fepariamo dalli Altari di Gesù Cristo „
tutti quelli, che fono impuri, acciocché fi purifichino fpoglian- „
dofi de' lor mancamenti, e fi correggano, ed indi meritino di „
ritornare a' Divini Altari. Leg-

{a) Lib.z.Offc.cap.ió. I {e) z.Thejfal. ^.v.6.


Ili) Lib.i.de Elia, & jejitn. cap. zz. '
,

ja8 VitadiS. Ambrosio


Leggere non può fenza tremare quefta obbligazione del
fi

Sacerdozio, la quale domanda una fermezza, ed una coltanza


SI intrepida, ed inalterabile; né può le non raddoppiarfi il no-
ftro timore, qualora fi confideri che la rarità di queiìa difpo-
fjzione non fa cKe ella non fia neceffaria in molte occafioni.
Convien confefiare, eflere terribili le armi della Chiefa;
ma effa non doverfene iervire, le non fé con fomma diicretez-
za; e quando i Preti alano dell' autorità da Dio ileflb ad eflì
conferita, ciò far debbono anzi come medici, i quali applichi-
no rimedj violenti nelle malattie pericolofe, e difperate; che
con uno fpirito d'audacia, e di collera. Qtiindi per accefiffimo
che fufl'e io zelo, di cui andavane ricolmo il noftro Santo per
il mantenimento della difciplina Ecclefialiica, egli non impie-

gava la fcomunica, fé non in quc' mali, i quali, fenza quefto


rimedio, a lui fembravano incurabili. „ Non fi recide, die'
„ egli (/?), non fi ftrappa, fé non con eftremo dolore una parte

„ del corpo, per putrida, e corrotta eh' ella pofTa eflTere. Si ufano

„ per lunga pezza rimedj dolci, e meno violenti, a fine di far


„ prova, Te può con elfi guarirfi ma fé ciò conofcefi impoffibile,
;

„ allora un buon chirurgo fenza nefluna difficolta fi accinge a rc-


„ ciderla. La difpofizione quindi, nella quale debb' eifere un
„ buon Vefcovo, e la mira eh' ei deve avere, fi è il defiderare di
„ guarire i malati, di togliere le ulceri che fi formano ne' corpi,
„ di ufare con taluno il fuoco prima di venire al taglio, né final-
„ mente recidere, fé non le quella parte, che fembra onnina-
» mente incurabile.
Ogni uomo, che opererà fimilraente come S. Ambrofio
potrà parlare della maniera, fenza coprire fé fleflb di con-
ftefla

fufionc. Ma benché cola non vi fia più giufta di quella, da


lui richiefta da" Miniftri di Gesù Cristo; l'aggregato nondi-
meno di tante eccellenti qualità, ch'egli defidera nelle ior©
perfone, deve recare un grande ipayento anche a' più perfetti,
ed a' più virtuofi Ecclcfiaiìici, i quali facilmente conoiccranno
effere la loro condotta poco conforme a quefta sì fublime idea.
Ca-

{a^ Lib 2. Ojpe. ff.p. 27.


. .

Libro XII. Capitolo III. 34P

Capitolo III.

Delle lodi della Vergmttà Cr'ijì'tana cavate da dìvcrfi


Trattati del Sauto.

dovuto alla Verginità e la cura che aver debbeft


ILdirirpetto
proteggere Veroini, fono le
,

fcmprc ftati due de' princi-


pali doveri de' fanti Vefcovi, ai quali però S. Ambrofio in una
maniera affai particolare ha foddisfatto, dante la profonda ve-
nerazione, che aveva concepita, moffo da qualche fupcriore
iftinto, fino dalla fua infanzia, verfo di quefto Angelico flato.
L'educazione cotanto Criftiana , eh' ei ricevette da S. Marcel-
lina fua forella, avevagli certamente imprellì nel più profondo
del cuore quefti fentiraenti di ftima, e d'affetto per la purità
delle Vergini; e poiché furono quefti primi lumi accrefciuti
dalla fanttta della fua Confecrazione, tutta v'impiegò egli e la
fua autorità, e la paftorale fua amorevolezza in darne alla Chie-
fa Univerfale chiare , e fenfìbili dimoftrazioni
Da una si pura forgente ne derivarono perciò que' fanti
Trattati da lui compofti, talora per far comprendere l'eccel-
lenza dello ftato delle Vergini, talora per regolarne i dove-
ri, e denotarne le obbligazioni. Noi qui ne rapporteremo al-
cuni palTi de' pili luminofì , i quali tutto hanno il merito per
efsere in quefto luogo confiderati.
Stima egli la Verginità uno ftato fuperiore all' ordinario
ufo della natura, che d'altronde non tragga la iua origine, che
dal Cielo. „ Cola confueta ella è, die' egli (a) ^ quando fi „
tefsono panegirici, il lodare la patria, ed parenti di quelli, „
i

de' quali fi pretende inalzare il merito., affinchè favellandofi „


delcapo, e dell'autore della loro famiglia, la iua gloria fi co- „
munichi a quelli, che ne fono a lui fucceduti. Q}iindi avvegnac- „
che mio dileguo non fia di tefsere panegirici alla Verginità „ ,

ma

( /T ) Lib. I . de Vifginibtis
,

350 ViTADiS. Ambrosio


„ ma foltanto di formarne un abbozzo , credo nondimeno efscre
„ a propofito il dir prima, quale fia la fua patria, ed il di lei au-

„ tore. Ma le patria è chiamato il luogo, ove uno è nato, egli


„ è vifibile efsere il Cielo il luogo della primiera origine della
„ caftitìi. E
che altro ella è la caftita verginale, fé non una pu-
„ rità affatto fcevra da ogni fozzura , e corruzione? E chi pof-
„ fiam quindi noi credere, che ne fia l'autore, fé non il Figli-
„ uolo di Dio, che è si puro , e si cado, la di cui carne fi è
„ fempre prefervata incorruttibile, e la di cui Divinità neffuna
„ contagione ha contratta? Vedete adunque quanto eccelfo fia
„ il merito della Verginità. Gesù Cristo era prima della Ver-
„ gine , che lo ha partorito , e la Vergine ha partorito Gesù
„ Cristo .Egli è nato dal fuo Padre Celefte prima de' fecoli
„ ed egli è nato da fua Madre alla fine de' iccoli. Se la prima
5, di quelle due cofe appartiene alla fpeciale prerogativa della

„ fua nafcita, la feconda riguarda la noltra utilità. Egli è fem-


5,
pre (tato Dio, ed ha voluto effere uomo. Riflettete ancora
„ fopra un altro vantaggio della verginità. Gesù Cristo è lo
„ fpofo d'una Vergine; e le ciò può dirfi, egli Iteffo ha praticata
„ una caftita verginale. Imperocché Gesù Cristo non è della
„ verginità, ma la verginità ftefla è tutta di Gesù Cristo. La
„ Chiefa adunque è quella Vergine, che fi è a lui congiunta in
„ matrimonio Ella è quella Vergine
. che ci ha portati nel fuo
,

„ feno , che ci ha generati , che ci ha nodriti col proprio fuo lat-


„ te, e della quale un Profeta ha detto Z-c mammelle fcorre- :

„ ranno hicejfantemente dalla f tetra ^ e la ?ievs del Libano , e la


„ pioggia farà fempre dal vento portata con impetuofttà ( a) .

,,
Qual è quefta Vergine, la quale è irrigata dalle fontane della
„ Santiffima Trinità, in prò di cui le acque fcorrono dalla pie-
„ tra , che ha delle mammelle fempre feconde , e che fparge il mie^
„ le con abbondanza? Secondo S, Paolo (h) la pietra è Gesù
„ Cristo. Gesù Cristo adunque giammai non lalcia di avere
j, delle mammelle. Iddio non cefla dal comunicare
la fua gloria,

e lo

{a) Jerem.iS: ì (^) i . Cer/'«?/&. 1 0. i^. 4.


Libro XII. Capitolo III. 351
e lo Spirito Santo di fare fcorrere un fiume di grazie. Eccovi „
dunque la Santiflìma Trinità, che irriga la Tua Chiefa, cioè, „
il Padre, Gesù Cristo, e lo Spirito Santo.
Indi S. Ambrofio paflTando dalla Chiefa, che è nodra Ma-
dre comune, Vergini, che fono lue figliuole, fpiega quel-
alle
le parole dell' Apoftolo guanto alle vergini io non ho rice-
:

vuto alcun comando dal Signore (a) y che obblighi alla veroi-
nità. „ Se Dottore delle Genti non ha ricevuto comando al-
il
,>

cuno lopra di ciò, chi potrà averlo avuto? K


vero non aver „
egli ricevuto comando alcuno lopra di ciò ; ma ne ha ricevuto „
un efempio, non effendo la verginità di quelle cofe, che fi co- „
mandino, ma del numero di quelle, che fi defiderano. Impe- „
rocche le cofe, le quali fono al di lopra di noi, fono piutto- „
fio l'oggetto delle noftre brame, che la materia di quelle, che

da noi fi efiggono con la forza del comando. Per me^ dice „
l'Apoftolo (/»), profegucndo il fuo dilcorfo, io dejìdero dive- „
dervi liberi da og?3Ì follecitudine ^ ed inquiete^:^ Colui ^ che.

no7t e congiunto in matrimonio , fin Jhìipre occupato nelle cofe

del Signore , ne ad altro penja , che a quanto far debbe per „
piacere a lui. Ed una Vergine altresì d^ altra non è foli ecita ^ „
che delle cofe del Signore ^ per fantifìcare e la carne ^ e lo fpi- „
rito . Ma una donna maritata /ìa continuamente intenta alle „
cofe del Mondo , ed a ciò che far debbe per incontrare il gra- „
dimento del fuo marito {e). Come fé queft' Apoftolo diceffe: „
Io non intendo diftorvi dal matrimonio, ma vi dimoftro i van- „
raggi della verginità ^tello , che è debole nella Fede , dice
.

altrove, noìi fi ìiodrifca^ che di legumi (d). Imperocché vi „
fono delle cole, che io da voi necelfariamente efiggo, ed altre „
ve ne fono, che io mi contento di ammirarle in voi. Siete „
voi legato con dopna ? Non cercate di fciogliervi Non ftete .

voi legato coìì donna? Non cercate donna Eccovi il comando,
.

che fpetta alle perione coniugate. Ma che die' egli delle Ver- „
gmi?

(d) l.Corinth.j. v.l. (e) Ibid.v.ll.


I

(ó) /ó/W.-j. 32.54. l


Id) Rom.i^.v.:
. . •

352i VlTADlS. AMfeRÒSlO


,5
gini ? Quello , che congiunge
matrimonio la fua vergine in

,5 figlia f^ bene, mn
quello , che non ve la congiunge
, fa
me-
„ gito {a). Una Vergine, che fi marita, non pecca; ed una
„ Vergine, che non fi marita, acquirta un eternità di gloria. La
„ prima di quefte due cole è il rimedio dell' umana infermità
;

5, la feconda è la gloria della calHtà. La prima non può effere


„ biafimata; la leconda merita ammirazione, e lode.
Dopo avere il Santo paragonato lo (tato delle vergini con
quello de' conjugati, fa vedere andar effe efenti dagli incomo-
di del matrimonio, inalza la loro fecondità fpirituale al di fo-
pra perlone, che non danno a' lor figliuoli, che
di quella delle
un effere corporale, e caduco. „ Una Vergine , die' egli, è
„ un dono di Dio, una grazia , ed un regalo, eh' egli fa a' fuoi
5,
genitori , un facerdozio di caffita Una Vergine è l'oftia della .

?5 fua madre , che con un facrificio quotidiano placa lo fdegno di


Dio Una Vergine è, riipetto a'iuoi genitori , unpegnodacffi
.

infeparabile; ella non cagiona loro alcuna inquietezza per la tua


dote, ella non li abbandona ufcendo dalla lor cafa , ed ella
ad effi non reca alcuna ingiuria
Parlava il Santo fecondo l'ufo del fuo fecolo, nel quale la
maggior parte delle Vergini Criftiane non ulcivano dalle cafe
de' lor E con quella mira
genitori per vivere in claufura.
nello Rendere un iftruzione ad una Vergine, eh' ei compofe ad
iftanza d'Eufebio, il quale aveva coniecrata a Dio la lua figli-
uola Ambrofia, attefta, averfi con ragione da Euiebio mag-
gior affetto, e tenerezza per quefta figliuola, che per tutta l'al-
tra fua prole. „ Eccovi, die' egli (^), qual è la vera dilpo-
35
fizione di Imperocché voi allevate le voltre
un anima fedele.

J>
figliuole per farle voftra cafa , e congmngerle in
ulcire dalla

35
matrimonio con de' ftranieri; ma quella giammai non fi dipar-
3) tirà dalla voftra cafa, e da voi. Voi avete per le altre quel-
35 la follecitudinc, che v'infpira la paterna pietà; ma nella con-
3) dotta di quefta voi vi inalzate al di fopra del dovere di padre,
e vi

( ^ ) i^o w, 1 4. -j. 58 1 {,b) De inflitutione Vtrginis eap. i


.

LiBRoXII. Capitolo III. 353


e vi sforzate di rendervi grato a Dio col dcfiderio , che avete „
di far qualche progreflb nella perfezione Criltiana . E quan- „
tunqae non vi fu cola più defiderabile di qiiefla in tutto il cor- „
fo di qiiclta vita; nondimeno ella a voi è altrettanto vantag- „
gioia, quanto che con tal mezzo potete pagare a Dio ciò , che „
gli dovete per voi Iteffo , e per tutti i voltri figliuoli. Qiiert' „
è il facrificio da Abele offerto a Dio delie primizie delle fue „
pecore
Dice poi il noftro Santo verfo il fine del Trattato , d on-
de fono tratte quelle parole (<?): „ Aver egli motivo di ren- „
der infinite grazie a Dio , la cui milericordia ci ha concedu- „
to di vedere fopra la terra nella Santiffima Vergine la vita de- „
gli Angioli, che noi abbiam perduta nel Terreftre Paradilo. „
Imperocché poteva Iddio far di più per eccitare il zelo delle „
Vergini, per confermare la loro virtù, e per accrefcerc la glo- „
ria della Verginità, che permettere, che l'Unigenito fuo pren- „
delle carne umana da una Vergine ? Maggiori invero iono „
ftati i vantaggi, che i pregiudicj apportatici dal fallo del no- „
flro primo Padre , avendoci nel milterio della noltra Reden- „
zione fatto provare un si grande effetto della grazia di Dio .

Ma l'unico Figliuolo del Padre Eterno avendo dileguato di ve- „
nire nel Mondo a ricuperare ciò, che vi era flato perduto, „
non ha potuto valerfi di un mezzo più puro per la generazio- „
ne della lua carne, quanto che calando a coniecrare l'utero della „
Santiffima Vergine con un abitazione affatto celefte , per render- „
lo ad un tempo fteffo e il Santuario d'una caftita la più ilhba- „
ta, ed il Tempio di Dio.

Ca-

{a) Dt inJlitHtitnc Virginis €ap. 7.


z
.

T^j, Vita DI S, Ambrosio

Capitolo IV.

C/je la Sant'tJJtma Madre dì Dìo e il pili eccellente


modello delle Vergini.

ESSENDO la Verginità Criftiana la più eccellente tra tutte le

virtù della nuova Legge , ha dovuto avere un modello


proporzionato alla fublimita del fuo ftato, di cui, dopo Gesù
Cristo, altro non ve n'è più perfetto, che la SantiflTima Ver-
gine Dovendo quindi S. Ambrofio prcicrivere a tutte le Ver-
.

gini Crifliane delle regole per la loro condotta, tutte le ha loro


da prima elpofte con la femplice rapprefentazione di un sì raro
originale
„ Abbiate voi, dice loro (^), Tempre dinanzi agli occhi
„ voftri la verginità, e la vita della Beatiflìma Vergine Maria,

5, la quale faccia a voi vedere con tutta la poffibile chiarezza co-

„ me nel terfo, e lucido criftallo di uno fpecchio , e l'immagine


„ della caftita, ed il modello della virtù. Ecco d'onde trar po-
„ tete efempli maravigliofi pel regolamento della voftra vita, i

„ quali faranno a voi altrettante lezioni delle virtù , che do-


„ verete praticare , per rendervi fomiglianti ad un si nobile
„ modello, ed i quali vi moltreranno ciò, che dovete ofTerva-
„ re, ciò che fuggire, ed abbracciare pure dovete. Che ie la
„ maggiore, o minore nobiltà del maeltro è quella, che più vee-
„ mente o più rimeffa accende ne' diicepoli la brama d'impara-
,

„ re; che v'è di più nobile della Madre llefla di Dio? Che v'è
„ di più illuftre, e Iplendido di quella, che è ftata eletta per un
„ sì iublime dilegno dalla fteffa luce increata? Che v'è di più
5, cafto di quefta donna , la quale ha generato il facro Corpo di

„ Gesù lenza alcuna ben menoma lefione della virginea illibatiflì-


„ ma lua carne ? Imperocché per non dir cola alcuna delle altre fue
,

5, virtù, ella era Vergine non iblo di corpo, ma ancora di fpiri-


to^>

'

( <7 ) Lib. 2 . de VirgÌKibus .


LiBRoXII. CapitoloIV. 355
to, e la finceritk del fuo cuore non era corrotta da alcun arti- „
ficio, o da doppiezza, né da veruna torta di frode . Ella era „
umile cuore, grave ne' iuoi diicorfi, iaggia , e prudente
di „
nella lua condotta. Poco ella parlava, e colla più afTidua „
attenzione applicavafi alla lezione; non collocava la fua fidu- „
eia nelle incerte, e caduche ricchezze, ma nella preghiera del ,j

pov*;ro. Occupavafi ella nel lavoro; modelli erano i Iuoi di- „


Icorfi, da verginal roflbre accompagnati; e per arbitro volc-
e „
va, e per giudice delle Tue operazioni, non già l'uomo, ma „
Dio medefimo NefiTuno ella offendeva , tutti amava , dava
.

contralegni del Tuo rifpetto a quelle perlbne, che erano di età „
maggiore alla lua , non invidiava a quelle , che erano a lei „
eguali neir età, fuggiva la vanita, teneva dietro alla ragione, „
amava la virtù. „
Qiiando mai vidcfi in lei il ben menomo cambiamento „
di volto, di cui offendere fi Iuoi genitori?
poteffcro Qiian-
i

do mai è (ucceduto, eh' ella abbia anche leggiermente contra- „
flato con i Tuoi proffimi? Quando mai fi lono da lei rimirate „
con diiprezzo le più vili, ed abbiette perlone? Qiiando mai „
fi è da lei iehivato l'incontro del povero ; da lei che giammai „
non intervenne ad alcuna adunanza d'uomini, che non fuffero „
dello fcelto numero di con i quali trattare fi poteffe
quelli ,

fenza alcun pericolo di neppure lievemente offendere le leggi „
facrofante della più circoipetta verecondia? Alieni affitto da „
sfacciatezza, e da Ivagamento erano Iuoi occhi Neffuna rilona-
i :

vano alterezza, od audacia le lue parole: Da ogni lua azione „
non trafpirava altro che modelHa, e regolatezza. Grave, e „
compollo era il fuo gelto, ed il iuo paffo; umile, e piacevole „
il tuono della lua voce. Il tuo efteriore in fomma era una „
viva immagine della fua beli' anima, ed una lenfibiie rappre- „
fentanza delle lu'e virtù. Imperocché ficcorne la bontà di una „
cafa deve conofcerfi dallo ItefTo fuo liminare, e rendere per- „
fuafi quelli, che in effa entrano, in lei non trovarfi olcurità; „
cosi l'anima nortra, non effendo da veruno temporale impac- „
ciò trattenuta, deve effere come una tace rinchiuta in una cala, „
Z II ma
,

oió Vita DI S. Ambrosio


„ ma che anche al di fuori tramandi la fua luce . Che dirò poi

„ fovrabbondante tua
della fua fobrieta nell' ufo de' cibi, e della
„ fedeltà, ed efattezza nell' adempimento d'ogni fuo ben meno-
„ mo dovere, effendo e con querta , e con quella giunta a tale
„ di troppo fcarfamente provvedere con la prima alle piùpreflan-
„ ti indigenze , e di oltrepaflare con la feconda gli ordinar) con-

„ fini della natura"?Per verità nel foddisfare a fuoi doveri ella


„ non iapeva ciò, che fi fufl'e interrompimento, e follievo ; e
„ nel concedere alla natura i neceffarj riftori si ritenuta ella era,
„ fino a giungere ad aftenerfi per più giorni da ogni forta d'ali-

„ mento, ed a troppo parcamente nodrirfi, quando ne veniva


„ coftretta, di que' cibi foltanto, che elTendo de' più groflblani

„ potevano bensì impedirle il morire, ma non già con la loro


„ delicatezza lufingarle l'appetito del gufto. Non fi coricava ella
„ nel letto, fé non fé quando non già la mollezza
ve l'allettava,
„ ma la neccflità ve l'obbligava. Nel mentre però, che il fuo
„ corpo prendeva ripofo , vegliava il fuo ipirito, or riandando
„ nel lonno le cole lette nel decorfo del giorno, or profeguendo
„ la meditazione di quelle, che dal fonno era fiata coltretta ad

„ interrompere, or trattando entro fé fteffa quelle , che già ave-


„ va riloluto di fare, ed or prevedendo quelle, che ella avreb-
„ be dovuto intraprendere. Non fapeva ella ciò, che fi fufse l'u-
„ fcire di cafa , non ne lortendo, che per portarfi al Tempio,
„ ove però giammai non andava le non le accompagnata da' fuoi
„ genitori, o da' fuoi più ftretti congiunti. Molto ella occupa-
„ vafi nel lavoro entro la fua cafa, ove anche quando ftavafenc
„ in compagnia di quelli, che la venivano a vifitare ,non aveva

„ né migliore, né più fedele cultode di le fìeffa, che fé medefi-


„ ma. Somma rifcuotevano venerazione, ed il fuo favellare, ed
„ il fuo andare; e poteva ella contare i fuoi pafii piuttofto con

„ gli avanzamenti delle virtù, che con i movimenti de' fuoi piedi.

„ Era SI attenta in ciafcheduna lua azione, come fé fuffe in ogni


„ momento alTiftita da più perfone, che la rendeffero avvertita
„ del fuo dovere; e si pienamente loddisfaccva al più puntuale
5, efercizio d'ogni virtù, ficchè fembrafle non già praticarne, ma
darne
Libro XII. Capitolo IV. 357
darne altrui delle illriizioni . Come tale ce la defcrive l'Evan-
gelilla S. Luca, tale ritrovolla l'Angelo, e come tale fu quefta
Santa Vergine icelta dal Divino Spirito, per efierc Madre di
un Dio. Ma che flarò qui io a dclcrivere ad uno ad uno tutti
i fuoi pregi, ^'^^ ridirvi fino a qual legno lufse ella annata da'
fuoi congiunti, lodata, ed ammirata dagli cftranei? Non è
egli più che ballante a farcene concepire un adequata idea il
riflettere, efsere ella fiata degna, che il Figliuolo di Dio vo-
lefse naicere da lei ? Qi-iando l'Angelo entrò nella fua cafa ,
loia la trovò nel più remoto luogo di elsa , ove fola fé ne fla-
va, acciocché non fuffe da veruna perfona interrotta la iua ap-
plicazione alla preghiera , ed affinchè la quiete del fuo ritiro
non venifTe da veruno ftrepito intorbidata. Imperocché aven-
do ella una mente ripiena di fanti penfieri, che continua a lei,
e vantaggiofa compagnia facevano , punto non fi curava della
converfazione delle altre donne. Era ella invincibilmenre per-
fuafa di non elTcre meno fola, che allor quando ritrova van in
una perfetta folitudine E per verità come poteva dirn loia,
.

avendo con fé tanti libri, tanti Arcangeli, tanti Profeti? Fi-


nalmente trovolla Gabriele nello ftcflb luogo, nel quale era
lolito di vifitarla, e la Santa Vergine al fuo arrivo, come all'
arrivo di chi aveva fembianze d'uomo, fu da tremore, e da
turbamento afTalita ma uditone da lui il nome, lo riconobbe,
;

effendocegli noto già da gran tempo. Ed effendo rimafta forpre-


fa all' incontro di un uomo , non lo fu all'incontro di un An-
gelo , acciocché noi comprendefTimo la pietà delle lue orecchie,
e la pudicizia degli occhi luoi Se lalutata fi tacque , chiama-
.

ta rilpole; ed efìendofi da prima impallidita, e turbata, pro-


mife indi obbedienza.
La fentimenti di pietà, e di
Scrittura altresì ci fa palefi i

rifpetto da lei avuti per le Donne del fuo parentado. Impe-


rocché appena fu a lei noto, averla Iddio fcelta per Iua Madre,
ch'ella di vanta^oio umiliandofi, nell'iltante medcfimo len'an-
dò ioUecit.i per le fcofcele montagne della Giudea a ritrovare la
fua Cugina; non già perchè ella aveflc bifogno di rimanere convin-
Tom. a. Z I I I ta
^^S Vita DI S. Ambrosio
„ ra della verità annunziatale dall'Angelo con la veduta della gra-
„ vidanza di Santa Lifabetta, poiché già aveva preftata piena tede
„ al celefte oracolo di Gabriele , ond' ebbe la tua Cugina a dirle :

„ Siete hsnta per aver creduto (a) ; ma perchè con lei fermandofi per
„ lo ipazio di tre mefi veniflTe con quella longa dimora a dare
„ non già una prova della fua fede , ma un incontraftabile contrafe-
„ gno della fua pietà. Ciò non fuccedette, fé non fé dopo, che
„ il Figliuolo di Santa Lifabetta ebbe faltato nell'utero di Iua
„ Madre per falutare Maria, come Madre di Dio; dando con
„ ciò a conoi'cere , efiere egli prima atto ai fentimenti della pic-
„ ta , che a quelli della natura. Alla vifta poi de' miracoli,
„ che dopo ne feguirono , di una Donna llerile , cioè , che par-
„ torifce un Figlio, di una Vergine, che diviene feconda, di un
„ mutolo, che parla , de' Magi, che adorano Gesìi Cristo , ài
Simeone, che accoglie nelle fuc braccia il per tanto tempo af-
pettato Meffia , degli aftri, che ne annunziano la di lui venu-
ta. Maria, cheli era turbata al comparire di un Angelo, ftan-
dofene immobile alla vifta di tanti prodigi; coìifervava tutte
quefìe cofe nel fuo cuore. E quantunque fufie Madre di Dio,
>> nondimeno defidcrava d'inflruirfi ne' comandamenti di Dio,
ed avendo concepito Iddio nel fuo feno , defiderava di cono-
fcerlo .

Conviene ancora notare che ella ogn'anno intraprende-


,

va il viaggio di Gerufalemme per la folennita della Paiqua , e


che vi andava con S. Giufeppe. Il pudore è il compagno di

tutte le Vergini, ed ei deve eflereinfeparabilmente unito alla Ver-

„ ginita poiché fenza di lui non fi da Verginità. Maria non è


;

„ andata al Tempio fcnza il pudore, che era il fuo fedele cufto-


de. Eccovi pertanto il vero efemplare della Verginità; ecco-
vi Maria che tutti li fuoi andamenti volle regolati dal più
,

caRo pudore; che sì fantamente ha vifTuto che la di lei vita


,

effer puote una Icuola, nella quale tutte le pratiche di ogni


forta di virtù fi poffono imparare. Se adunque a noi non di-
fpiacc

(^) lue. i.r.45.


LiBRoXII. CapitoloIV. 35P
fpiace il rimirare un si perfetto clem piare ; a noi pure non „
dilpiaccia Tapprovarlo, e tutte cjuelle, che aipirano alla ri- „
compenla da lei goduta ne' cieli , dianiì con tutto lo sforzo, e „
tutta l'attenzione ad imitarla. Quante per verità, e quante „
diverte virtù tutte ad un tempo in lei rilplendonor In efla fi „
vede l'arcano della cafìita, lo ftcndardo della Fede, l'obbedien- „
za della divozione. Ella compariice vergine in cala, compa- „
gna qualora trattavafi di contribuire col luo miniiierio all'affi- „
Itenza de' proffimi , e madre per prelentare il tuo Figliuolo nel „
Tempio. O quante Vergini vi fono, incontro alle quali an- „
derìi ella un giorno ne' cieli per riceverle! Quante dopo aver- „
le ftrettamcnte abbracciate ne conduna ella a Gesù Cristo, „
e nel prefentargliele gli dirà Eccovi o mio Figliuolo una Ver-
:

gine , che ha tenuta lontana ogni benché menoma macchia „
dal vollro illibato talamo , con una cailità , e fedeltà inviola- „
bile. E quclto Divin Salvatore raccomanderalle altresì al Dì- „
vino fuo Padre , cosi a lui dicendo Padre Santo , eccovi le
:

Vergini, che io vi ho conlervate, e nelle quali il Figliuolo „
dell'uomo ha trovato un luogo, in cui polare li fua fella. Io „
vi domando, ch'elleno IHano con me, ovunque io farò. Ma „
elleno non debbono folamente elfere utili a loro ItelTe , poiché „
non hanno vifTuto folamente a le fteffe. Rifcatti una adunque „
fuo padre, e fua madre , e l'altra i fuoi fratelli. Padre Giù- „
fio il Mofido non mi ha conofciuto {a)\ ma quefle Vergini han- „
no conofciuto me, e non hanno voluto conofcere il Mondo. „
Quanto magnifica è quella pompa, quanto rara è qucfta „
grazia, quanto grande il giubilo dimoftrato dagli Angioli con „
i loro applaufi , e da efìi provato per avere quella Beata Ver- „
gine, con vivere fopra la terra d'una maniera affatto celefte, me- „
ritato , che le fuffe affegnato il Cielo per fuo perpetuo foggior- „
noi Prenderà aflora Maria il timpano, per eccitare i Cori „
delle Vergini a rendere palefe con Cantici di rendimento di „
grazie la affai felice forte da efle goduta neU' attraverfare i tem- „
peflofi

{a) Joana. 17.-J. 25.

Z IV
. . ,

^6o Vita di S. Ambrosio


,,
peftofi mari di qviefb Mondo fenza reftar fommerre ne' fuoi
,
profondi gorghi. Ed allora altresì ciafcheduna di quefte Vcr-
,
gini efprimera quel giubilo , dal quale lara trafportata , con
,
quelle parole del Salmifta (a): Io c?ìtrero »elP Aitar dsl Si-
,
gnor e ^ di quel Dio , chs di gioja riempie la mia giovine-z^ .
, lo ojfro a Dio un fagrijicio .di lode ^ ed ojfro all' AltiJJimo i
, ))?ici voti. Né io dubito, che a voi fiano , o Vergini, aperti
,
gli Altari , potendo io francamente aderire , efiere le voflr'

) anime tanti divini Altari, ne' quali Gesù Cristo ogni dì firn il-
, mente fi offre per la redenzione del fuo mimico corpo Se il .

,, corpo delle Vergini è Tempio di Dio , che dovrk poi dirfì


, che fia la loro anima , la quale venendo fcoperta dalla mano
, del Sacerdote eterno, e difibtterrata dalle membra de' loro cor-
, pi, come da tante ceneri, che nafcondono le fante fcintille del
, iuo amore, in alto manda gli odorofi vapori, ed il fumo di un
, fuoco tutto celefle r Avventurate voi , o Vergini , che tra-
, mandate il foave odore di quefta grazia immortale, che ne fie-
, te tutte ripiene, come lo iono i giardini di fiori, come i noftri
, Templi del culto di Dio, e della Religione, ed i noftri Altari
, della lantita de' Sacerdoti
Qiiefto paflb di S. Ambrofio {b) è si celebre, che la Chie-
fa (limandolopiù polTente ad eccitare la pietà de' Fedeli alla
il

devozione della SantifTima Vergine, ha creduto di doverlo in-


ferire nel fuo Uffizio. Il noftro Santo però non fi è contenta-
to di quello folo; ma con molti intieri Capitoli fi è sforzato di
proporre alle Vergini Criftiane le Virtù dell' eccella Genitrice
di Dio, per eflere regole della loro condotta; e neppure di ciò
foddisfatto il fuo fpirito, per l'alta idea, che ne aveva conce-
pita, loro altresì qual elemplare la propofe, (piegando al fuo
Popolo il mifterio dell' Angelica Salutazione, e l'adorabile fto-
ria dell' Incarnazione del Verbo

Ca-

(a) Pfalm. 42. v./^. Ffalm.j^t). t/.i 5. 1 7. 8. 9. Ltb. z. Cemmcntar. in Lue. e. i.


{b) D: inftitutione Virghùs cap. 5. 6. I
Libro XII. Capitolo V. ^6i

Capitolo V.

Viifh , e pe.fcTJon't delle Vergini defcritte da S. Amhrofìo .

VOLENDO noftro Santo (/») rendere le Vergini Criftiane


il

itnceramente innamorate delle più eccelfe virtudi, pensò


che uno de' più valevoli mezzi fun"e di dar ad efle primieramen-
te a conofccre il gran divario, che pafla tra il loro Spolo, e
lo fpofo di quelle donzelle, che tolgonfi dal privilegiato lor
novero, con impegnarfi nel matrimonio. Tutto ciò da Davide
viene eipreflb colle feguenti parole: La vojìra belle':!:7:a forpaj-
fa la bellexj^ di tutti gli uomitii , la grafia è fparfa fu le
vojìre labbra (b). „ Qiial è quello Spoib? Egli è quello, la „
cui grandezza non dipende da baffi, e lervili omaggi, che non „
va gonfio d'orgoglio pel poffedimento di caduche ricchezze ; „
Ma il fuo troìio è un trono eterno , ed onorn colla fua bene- „
fcenxa le figliuole de i Re La Regina voRra fpofa fìa af-
.

ftfa alla "vofìra dcjìra , •vejìita d'abito doro , circondata dallo „
Jplcndore di molte divcrfe vtrtu A/coltate adi-.nque^ mia figlia :
.

Aprite gli occhi , e porgete l'orecchio ; /cordatevi della lofìra „
na-:2^one ^ e della e afa vofìra paterna^ pcrchh il Re ^ che è vo- „
fìro Dio , /'* concepito dell' amore per la 'vofìra bellcT^- No- .
,,

tate quindi ( proiìegue a dire il nofìro Santo) quanti gloriofi ,,

vantaggi ha a voi attribuiti lo Spirito Santo con la teftimo- „


nianza fteffa delle divine Scritture, dandovi tutto ad un rem- „
pò Regno , oro , e bellezza Regno è perchè voi liete la fpo-
.

la del Re eterno, e percliè avendo un anima generofa, ed in- „
vincibile, voi non fiete già Ichiava delle voluttà del corpo, „
ma loro anzi comandate lovranamente in qualità di Regina .

Oro, perchè ficcome qucfto metallo effendo purificato dal fuo- „
co, ne diviene più preziolo ; cosi la bellezza di una Vergine „
effendo confecrata dallo Spirito di Dio , acquifta un nuovo „
iplen-

(a) Lii. i.deVtrgiìtìb. 1 {li) Pfalm. ^^. v. ^.


3<^4 Vita di S. Ambrosio
„ blimi, e penetra co' fguardi le più profonde valli (a). Quel
„ Gesù Cristo, la cui bellezza può paragonarfi ad un cedro del
„ Libano, che fa ialire le fue frondi, ed i fuoi rami fino al Cie-
„ lo , nel mentre che la fua radice fta rinchiufa nel più profon-

„ do feno della terra.


Efigge altresì il noftro Santo dalle Vergini Criftiane una
fovrumana generofita, per refiilere alle tenerezze de' loro ge-
nitori, e congiunti, che impiegano ogni forta di artifizj, e
di promefTe per dillorle da quefto flato, allorché Iddio interna-
mente le muove ad abbracciarlo. „ Voi trovate, die' egli (^),
„ della contradizione per parte de' voftri genitori, ma fappiate,
„ che elfi vogliono eflere vinti: Né a voi da prima rcfiltono,
„ ie non perchè temono d'ingannarfi credendo di fubito ciò, che

„ loro voi efponete Sovente elfi s'adirano, perchè voi impa-


.

„ riate a vincerli. Vi minacciano di diferedarvi, per provare,


„ fé voi fiete incapace di temere la perdita de' beni temporali.

„ Tutte adoperano le attrattive, e le carezze, per vedere fc le


„ promefle , e le lufinghe della voluttà, con cui fi sforzano di
„ abbagliarvi, fiano valevoli ad ammollire il voftro cuore. Ver-
„ gine Criftiana, una fomigliante condotta può bensì efercitarvi,
„ ma non cofiringervi Qiiefii molefti attentati de' voftri paren-
.

„ ti vi fomminiltrano la materia de' primi conflitti, che voi fictc

„ obbligata a lollenere. Cominciate quindi ad cflTcre vittoriofa


„ della naturale pietà; e fé voi fapetc vincere la voftra cafa pa-
„ terna, fiate ficura, che voi potrete trionfare del fecolo. Ma
j, che importa, fé a voi, od a' voitri congiunti toccherà un gior-
„ no la perdita del vollro patrimonio? La privazione delle ca-
„ duche, e corruttibili ricchezze non è ella lovrabbondantemcn-
„ te ricompenfata dall' acquillo di un Regno per voi deftinato
„ ne' Cieli? Ma fé noi crediamo alle divine parole dell' Evan-
„ gclio (r), non v'è alcuno, il quale abbandoni la fua cafa,
3, luo padre , iua madre , i fuoi fratelli , la fua moglie , i fuoi
figli:

(,7) Pfalm. liz. Ca«r, 5. j


(f)ÌK«. 18. Matth.ff.
( ^ ) Lib.I de Virginio.
.
'

I
Libro XII. Capitolo V. 3^3
figliuoli, a cagione del Regno di Dio, fenz' efferc accurato, „
che a quant' abbandona centuplicatamen- „
lui farà in queita vita
te reftituito, e nell' altra gii farà data la vita eterna E poi- „ .

che voi nelTuna diiìicolta avete di confegnare il voftro danaro „


ad un uomo lopra la buona fede, fidatevi altresì di Dio, date „
pure ad ufura a Gesù Cristo, e non dubitate , eh' ei non fia „
per effere un fedele cuftode del depofito della voftra fperanza, „
e che non fia per rendervi con ufura lovrabbondante il taien- „
to della voftra fede, da voi a lui confidata. Mantiene la ve- „
rita ciò, che promette; la giuftizia non defrauda , e la virtù „
giammai non inganna alcuno.
S. Ambrofio dà fimilmente delle regole alle Vergini per la
pratica del digiuno, e dell'orazione; e quelle, che lafciavanfi
da lui regolare, erano tanto zelanti, ed infervorate dell' afti-
nenza, ch'egli fteflb non poteva trattenerfi dall' altamente com-
mendarle. „ Il digiuno, die' egli (<?), è uno de' comandaraen- „
ti, che fiamo tenuti ad oflervare; ma quefto comando non ci „
obbliga, che per un giorno alla volta, e non come voi fate a „
paflare molti giorni , e molte notti fenza prendere alcuna forra „
di nodrimento. Quando venite (limolata a prenderne, ed a „
deporre per qualche tempo il voftro libro, voi prontamente ri- „
fpondete : V
uomo non 'vive fol/imente di pane , nia d'ogni pa- „
rola, che efce dalla bocca di Dio {b). Le voftre refezioni non „
fono , che di vivande comuni , e che facilmente fi appreftano ; „
di forra che il difgufto che voi ne provate in cibarvene , vi
, „
faccia con maggior ardore defiderare il digiuno. L'acqua del- „
le fontane è la vollra bevanda; voi melcolate le voltre lagrime „
con le voftre preghiere , e voi non prendete fonno , che iul „
voftro libro. " Dopo di avere infinuata moderazione nelle
aurterezze alle V.ergini più avanzate in età, dice edere d'uo- :

po l'aggiugnere alcuna cofa al rigore degli altri digiuni nel tem-


po della Quarefima ; ma doverfi ciò lare fenza la ben menoma
oftentazione, e foltanto per motivo di religione, e di pictìi.
Ren-

C 1 ) Lib. 5 de Virginib.
. I ( ó ) Matth. 4. v. 4.
^S^ Vita di S. Ambrosio
„ blimi, e penetra co' fguardi le più profonde valli (a). Quel
„ Gesù Cristo, la cui bellezza può paragonarfi ad un cedro del
„ Libano, che fa falire le fue frondi, ed i fuoi rami fino al Cie-
„ lo, nel mentre che la fua radice fta rinchiufa nel più profon-
„ do feno della terra.
Efigge altresì il noftro Santo dalle Vergini Criftiane una
fovrumana generofita, per refidere alle tenerezze de' loro ge-
nitori, e congiunti , che impiegano ogni forta di artifizj, e
di promefTe per difterie da qucfto flato, allorché Iddio interna-
mente le muove ad abbracciarlo. „ Voi trovate, die' egli (^),
„ della contradizione per parte de' voftri genitori, ma fappiate,
„ che efli vogliono eflere vinti: Né a voi da prima rcfiftono,
„ fé non perchè temono d'ingannarfi credendo di fubito ciò, che

„ loro voi efponete Sovente elfi s'adirano, perchè voi impa-


.

„ riate a vincerli. Vi minacciano di difercdarvi, per provare,


„ fé voi fiete incapace di temere la perdita de' beni temporali.

„ Tutte adoperano le attrattive, e le carezze, per vedere fc le


„ promefle , e le lufinghe della voluttà, con cui fi sforzano di
„ abbagliarvi, fiano valevoli ad ammollire il voftro cuore. Ver-
5, gine Criftiana, una fomigliante condotta può bensì efercitarvi,
j, ma non coftringervi Qiielli molefti attentati de' voftri paren-
.

„ ti vi fomminiftrano la materia de' primi conflitti, che voi fiete

„ obbligata a ioftenere. Cominciate quindi ad cflere vittoriofa


„ della naturale pietà; e le voi fapete vincere la voftra cafa pa-
„ terna, fiate ficura, che voi potrete trionfare del fecolo. Ma
„ che importa, fé a voi, od a' voftri congiunti toccherà un gior-
„ no la perdita del voftro patrimonio? La privazione delle ca-
„ duche, e corruttibili ricchezze non è ella iovrabbondantemcn-
„ te ricompenlata dall' acquifto di un Regno per voi deftinato

„ ne' Cieli? Ma fé noi crediamo alle divine parole dell' Evan-


„ gelio (f), non v'è alcuno, il quale abbandoni la fua cafa,
5, luo padre, fua madre, i fuoi fratelli, la lua moglie , i fuoi
figli:

(a) Pfalm. 112. Cant. y 1 (f)ittf. i8. Matth.9.


(t) Lib. J de Virginiù.
.
'
Libro XII. Catitolo V. ^6^
figliuoli, a cagione del Regno di Dio, fenz' eflerc afTicurato , „
che a quant' abbandona centuplicatamen- „
lui farà in quefta vita
te reftitiiito, e nell' altra gli larìi data la vita eterna E poi- „ .

che voi neflTuna diHìcolta avete di conlegnare il voftro danaro „


ad un uomo fopra la buona fede, fidatevi altresì di Dio, date „
pure ad ufura a Gesù Cristo, e non dubitate , eh' ei non fia „
per eflerc un fedele cuftode del depofito della voftra fperanza, „
e che non fia per rendervi con ufura fovrabbondante il talen- „
to della voftra fede, da voi a lui confidata. Mantiene la ve- „
rita ciò , che promette ; la giuftizia non defrauda , e la virtù „
giammai non inganna alcuno.
S. Ambrofio da fimilmente delle regole alle Vergini per la
pratica del digiuno, e dell'orazione; e quelle, che lafciavanfl
da lui regolare, erano tanto zelanti, ed infervorate dell' afti-
nenza, ch'egli fteflb non poteva trattenerfi dall' altamente com-
mendarle. „ Il digiuno, die' egli (^)-, è uno de' comandaraen- „
ti, che fiamo tenuti ad oflervare; ma quello comando non ci „
obbliga, che per un giorno alla volta, e non come voi fate a „
paflare molti giorni, e molte notti fenza prendere alcuna forta „
di nodrimento. Qiiando venite ftimolata a prenderne, ed a „
deporre per qualche tempo il voftro libro, voi prontamente ri- „
fpondete L uomo non vive Jolamente dì pane , r,ìa d'ogni pa-
:

rola^ che efce dalla bocca d'i Dìo {b). Le voftre refezioni non „
fono , che di vivande comuni , e che facilmente fi apprefiano ; „
di forta che il difgufto , che voi ne provate in cibarvene , vi „
faccia con maggior ardore defiderare il digiuno. L'acqua del- „
le fontane è la voltra bevanda; voi melcolate le voftre lagrime „
con le voftre preghiere , e voi non prendete fonno , che lui „
voftro libro. " Dopo di avere infinuata moderazione nelle
aufterezze alle V.ergini più avanzate in età, dice eflère d'uo- :

po l'aggiugnere alcuna cola al rigore degli altri digiuni nel tem-


po della Quarefima; ma doverfi ciò fare fenza la ben menoma
oftentazione, e foltanto per motivo di religione, e di pietà.
Ren-

( (T ) Ltb. 5 de Virginib.
. 1 ( y ) Matth. 4. v. 4.
355 Vita DI S. Ambrosio
5)
Rendiamoci, die' egli , grati a Dio con frequenti preghic-
„ re. Imperocché fé il Profeta Reale, che era occupato negli
„ affari di tutto un Regno , diceva a Dio , Io vi ho lodato fette

„ volte il giortio ; che dobbiamo noi fare , noi che leggiamo nell'
j, Evangelio :Vegliate^ ed orate ^ acciocché ?ion entriate in tenta-
„ -2:jo;ie? Certamente conviene tributare k Dio delle lolenni pre-
„ ghiere accompagnate da' rendimenti di grazie , e quando noi
), ufciamo dal letto, o dalla noftra cala , e qu.mdo noi fiamo per
„ prendere cibo, o ci fiamo con eflb nltorati all'ora di Vcfpro,
„ ed allorché andiamo a ripofare. Ma io dcudero , che nello
j, ftelTo letto ancora recitiate de' falmi di tanto in tanto , e l'ora-

5, zione infegnataci dal noftro Signore Gesù Citisro, e quando


5, vi fvegliate, e prima di addormentarvi, acciocché effendo voi
„ rimafta libera da tutte le mondane cure , prima di darfi prin-
„ eipio al voftro ripofo , il fonno vi trovi occupata nella medi-
3j tazione delle divine cofe. Dobbiamo noi altresì ogni giorno
], recitare il Simbolo nello fpuntare dell'Aurora , e ben impri-
„ merlo nel noftro cuore , per poi avere a lui ricorfo , allorché
„ venghiamo aflaliti da qualche orribile tentazione E quale
.

„ mai videfi foldato , o nella fna tenda, o nella battaglia ftarfe-


„ ne fenza la divifa di lua milizia?
Finalmente vuole il Santo, che una Vergine verfi lagrime
in SI grande abbondanza , che il fuo letto ne fia tutto molle ;
che ella pianga per le diflblutezze del fecolo ; che ella fi attri-
fti , e fia piena di fentimenti di compunzione, e di penitenza;

che la grazia fia la cagione del luo giubilo, e che fecondo il


configlio dell'Apoftolo ella pianga con quelli, che piangono,
e fi rallegri con quelli, che fi rallegrano.
Non vi è Vergine Criftiana, che trovare non pofla inftru-
zioni confacevoli al fuo fiato in quelle pratiche di S. Ambrofio,
le quali però aflai più fpettano a quelle, che trovanfi impegna-
te nel commercio Mondo, e vivono nelle cafe de' lor paren-
del
ti, che che ftanno rinlerrate ne' Monafterj, ne' quali
alle altre,
la regolarità è prefentemente mantenuta da certe pratiche non
ancora introdotte al tempo di quefto gran Santo, che le ha in
gran
Libro XII. Capitolo VI. ^^y
gran parte (a) racchiufe in una preghiera da lui fatta a Dio
nella conracrazione di una Vergine , alla quale d'una maniera
alTai penetrante defidera tutte le virtù Criltiane, e religiofe,e

tutte le benedizioni dello Spolo celefte.

Capitolo VI.

C/jc qucjìo Sa7ito fi e prefo una particolare cura d" ijìrmre ,

e di diriggere le Vedove .

ESSENDO il noflro Santo perfuafo (^) , affai approfllmarfl


lo ftato delle Vedove alla perfezione delle Vergini , non
avendo l'Apolìolo fteflfo feparate le une dalle altre , par-
lando de' vantaggi, che loro fono comuni, ed hanno fopra le
conjugate , ha voluto comporre un particolare Trattato per
renderle informate delle loro obbligazioni. Comincia quindi a
dir ad efle , che i loro elempli nella pratica della continenza
fono in una tal qual maniera altrettante lezioni da effe date
alle Vergini, per confermarle nella loro fanta riibluzione; e che
per la cura, ch'elleno fi prendono di mantenere al lor marito
defonto una cafHtìi inviolabile , elleno infcgnano alle Vergini
la perfetta puma , che debbono conleryare al loro Spofo Gesù
Cristo. Dopo di che foggiugne , elfere un azione quafì
ugualmente virruoia, il rinunziare al matrimonio, dopo aver-
ne una volta gultate le dolcezze , che il farne un generofo ri-
fiuto , non ne avendo fperimcntati piaceri ; e che la fortezza,
i

e generofita delie Vedove daffi a conolcere e nel nefluno rincre-


fcimento, che hanno di elferfi una volta impegnate nello fla-
to coniugale, 'ciò. che dimoltrano con la fedeltà , che a lui in-
violabilmente mantengono ; e nel riculare , che effe fanno di
nuovamente foggettarfi a' (uoi legami, per godere delle lue giìi
affaporate delizie ; e nei non temere , che non potendo da fé
fole

(/?) Dcinl\it»t.Vir^^in:scai>.\-j. I {,b) Lìb.d'.Viàuii


. .

3<^8 Vita di §. Ambrosio


fole fuffìftere, la loro debolezza fia per renderfi palefe a tutt'il
Mondo.
PaflTa indi che in un tempo , nel quale tut-
ad oflervare ,

to l'Oriente era afflitto da una generale carilHa , Elia fu man-


dato ad una Vedova , e dice che lomigliante condotta tenuta :

in quelt'occafione da Dio denota l'eccellenza, ed il merito di


ambodue gli Itati, Vedovile , e Verginale ; poiché fé la Santif-
fima Vergine ebbe per meflaggero un Angelo ; un Profeta fu
inviato ad una Vedova; e che Gabriele fu l'Angelo, ed Elia il
Profeta eletto per una si importante deftinazione ; perchè uno
era il piti eccellente tra gli Angeli, e l'altro il più jlluftre tra'
Profeti
Ma
quanto più è fublime lo ftato delle Vedove, altret-
tante richiede virtù, le quali da S. Paolo fono efpreffe con que^:
Ile parole Onorate , ed ajjìfìete le Vcdov? , che fono "veramente
:

Vedove. Che fé una qualche Vedo'va ha de figliuoli., e de" nipo-


ti , ella impari primieramente ad efercitare la fua pietà verfo la

fua propria famiglia , ed a prefìare a fuoi genitori ciò che ella ha


ricevuto da ejjì { a ) . „ Di (orta che preltando obbedienza a'
5, fuoi genitori a' fuoi figliuoli una pratica irruzione ,
, ella dia

„ che pronti li renda a tributare ad effa gii Itcfh doveri ; e sì


5, facendo procacci a fé la ricompenfadi quanto fa; poiché quant'

5, ella fa agli altri, tutto ridonda in fuo proprio vantaggio.

Preferì ve ancora , quali Vedove fi debbono fcegliere pel


fervizio della Chiefa fecondo l'ordine dello Iteflfo Apoltolo , di-
cendo che la Vedova , la quale è veramente Vedova , ed abban-
:

donata , non ifperi che in Dio , e perfeveri dì ^ e notte in preghie-


re , ed orazioni Che le^ Vedove conducano una vita irreprenft-
.

bile . E che quella che farà fcclta per ejfere pofia nel novero del-
,

le Vedove , fta per lo metto nelP età d'anni 6o. (b). „ Non
j,
già, dice S, Ambrofio, perchè vecchiezza
la fia l'unico conftitu-
„ tivo di una Vedova ma ; perchè fembra, che i meriti della vedo-
5, vanza vadano ordinariamente congionti con la vecchiezza
Im-

(a) Timoth. ^.v.^.^. I


(é) lèJd. v. ^. J. ^.
Libro XII. Capitolo VI. ^6p
Imperocchc- una Vedova affai fi diftingue dall'altre , allorché

raffrenando il fervido ardore di Tua giovanezza, e tutti repri-
mendone li luriofi impeti, non cura né l'amabile coniolazione,
che a lei recherebbe la dolce compagnia di un gradevole mari-
to , né la gioconda contentezza , che proverebbe nel vederfi
circondata da più numerola figliuolanza; e fenza dubbio meri-
ta d'eiTere molto più ftimata di quella , che avendo il corpo
eftenuato, ed il l'angue agghiacciato nelle vene, già più non può „
in si avanzata età , né lentire il lufinghiero calore della volut-
tà, né l'perare di mandare alla luce de' figliuoli. 5)
Una femmina, che fia paflata alle feconde nozze, che non )>
fono dall' Apoftolo proibite, non dovrà efcluderfi dal novero
delle Vedove dopo la morte del tuo fecondo marito , come fé >)
ella aveffe perduta tutta affatto la caftita. Potrà ella ancora
confeguirnc il merito , quantunque alquanto tardi Qtiella .

però, che non farà ftata maritata più di una fola volta, é de- >)
gna di maggior lode , perchè fi rende affai più ragguardevole >>
per l'amore, che ella dimoftra per la caftita, al contrario dell' •)ì

altra , la quale fembra che non rinunzj al maritaggio , le non >>


fé per la fua vecchiezza , o per la vergogna , che prova nell'
impegnarvifi per la terza volta. 5>
Non conviene nondimeno immaj'inarfi , che la fortezza
di un?. Vedova confilta iolamente nella fua caftita ; deve ella
5J
ancora con la fua vita inlegnare la pratica d'ogni lorta di vir- ))
tù. Conviene., dice l'Apoftolo , c/je vi fi ano de' teJìimo7ij delle 5)
fue buone operai:joni , che abbia ben allevati i fuoi figlinoli ,
efercitata /' ojpit alita , lavati i piedi de Santi , preflato foccorfo 5J
agli afflitti , e Jìafi applicata ad ogni forta d' opere di pietà (a) .

Voi vedete ( profiegue S. Ambrofio


quante diverfe vir- )
tù rinchiuda l'Apoftolo in quefte parole vuole egli , eh' ella »
:

abbia foddisfatto ai doveri della Criftiana pietà, che abbia avu-


to dello zelo per l'ofpitalità , che fiafì dimoftrata umile , che
abbia fecondate le inclinazioni della più caritatevole compaf- 55
fio-

(/») i.Tìmotk. ^.v, IO,


T-,-. :i A A
,

270 Vita di S. Ambrosio


„ fionc, e liberalità, e fiafi in ibmnia per lunga pezza efercitata
„ nella più eiaita pratica d'ogni Ibrta di opere virtuole. Q.iin-
„ di è, ch'ei vuole, che non fi ricevano donne giovani in que-
„ (lo flato, perchè elleno non poffono adempiere i doveri di una
„ s\ perfetta virtù Imperoc«hè troppo eflTendo la giovanezza
.

„ loggetta alle cadute , per elTere troppo atta ad eflere ril'calda-


„ ta , ed accefa dal fuoco delle paffioni , deve un faggio Maeflro
„ che ama utilmente affaticarfi nell'iliruzione degli altri, toglie-
„ re, per quanto può, ogni materia di peccato. Infatti la prin-
„ cipale regola da ofTervarfi in occafioni fomiglianti è di prima
„ onninamente rimovere tutto ciò, che può effere d'incentivo alla
„ colpa; indi ufare di fua efficacia per far abbracciare la virtù.
„ Non avendo nondimeno l'ApoftoIo ignorato, che Anna,
„ quella Vedova, che già ottuagenaria profetizzò quanto un à\
„ doveva compierfi da Gesù Cristo (/t), erafi polla nel no-
„ vero delle Vedove fino dalla fua giovanezza , in cui era ri-
„ mafia priva del fuo marito; io non credo ch'egli abbia voluto
„ diftogliere le giovani vedove dalla prefa nfoluzione di perfe-
„ verare in quello fiato; e tanto meno da me ciò fi crede, quan-
„ to che è noto , aver egli detto , eflere meglio congiungerfi in
„ matrimonio, che condannarfi ad ardere eternamente (b). Im-
„ perocché le egli perluade il matrimonio, non lo perfuade,che
„ come rimedio, con cui pofiano preiervarfi lane quelle, che per
„ la loro debolezza lenza di elfo in mortale infermità incorrereb-
„ bono né lo prefcnve come fiato d'abbracciarfi da una donna
;

j, carta, la quale voglia vivere nelfo fiato di continenza. Infatti


5, due cofe fono afiai tra di loro diverte , il porgere loccorlo a
„ quelle, che ftanno per cadere; e l'efortare alla pratica della vir-

„ tu quelle, che afpirano alla perfezione.


Quindi dopo aver premcfie tutte quefie precauzioni, non
teme di diffuadere dal matrimonio le giovani vedo"e, le quali
avendo avuti de' figliuoli, ed avendoli perduti fi ibttopongono
per la feconda volta aquefto giogo, lotto pretcfto d'averne degli
altri.

(d) Lue. I. \ (lì) i. Cer. 7. V. 9.


.

Libro XTI. Capitolo VI. 371


altri. „ Una donna, dic'e^li, che d'una foniigliante maniera „
operi, non lemora che voglia nuovamente loftVire l'afflizione „
da lei deplorati? L'imin.igine faneita degli eiHnti Tuoi figlino- „
li , e le lagrime veriate nella br morte non fi prefentano di- „
nanzi al Ino Ipirito per riempirlo di meftizia, e d'orrore, nel „
mezzo della Ina gioja , e de' giulivi augurj , che a lei fi fanno „
pel felice lucceflb delle nozze ? E
quando di notte tempo fi „
accendono le faci per condurla nella camera del fuo Ipolo , „
ella deve anzi rimirarle come faci di quell'antica funebre pom- „
pa che quali contrafegni del gradevole apparato di quella nuo-
, „
va cerimonia, ordinata a metterla in poflTelfo del nuovo talamo „
maritale? D'onde deriva adunque, mia cara figliuola, che voi „
tanto vi affaticate per di nuovo ibggettarvi a' dolori , che voi „
temete, fotto preteflo di procacciarvi di bel nuovo il mezzo „
d'aver degli altri figliuoli contro la vollra efpettazione? Se la „
precedente afflizione vi è ftata tanto fenfibile, voi dovrefte „
anzi evitarne la caufa , che andarne in cerca con un fecondo „
maritaggio 55

Ma donna, che tuttavia avere de' figliuoli, qual pre- „


voi o
tenfione poflb io credere , che fia la voUra in una lomigliante „
condotta? QluIì motivi potete avere per rimaritarvi, le non „
la leggerezza del voftro fpirito, l'abito da voi contratto di vi- „
vere nell'intemperanza, e la fecreta piaga d'una Iregolata co- „
Icienza? Ma dovendofi i configlj dare alle lobrie, e non alle „
ubbriache io rivolgerò il mio favellare loltanto a quelle don- „
;

ne, la cui coicienza è ancor libera, e che poflbno o rimaritarfi, „


o rimanerfi vedove; poiché quelle, che fono per la loro irrego- „
lare condotta inferme, cerchino pure nel fecondo maritaggio de' „
rimedj per i loro difordini; e le fole onelle donne alcoltino que' „
fuggerimenri, che e dare, e ricevere poffono fu quello parti-
fi „
colare. Che fate voi adunque mia figliuola? perchè cercate „
voi de' flranieri eredi, mentre ne avete nella vollra propria „
cafa? Vollro fine non è d'aver figliuoli, poiché già ne avete. „
Perché adunque foggcttarvi ad una fchiavitù, che non avete? „
Imperocché lo llato , nel quale voi bramate di entrare, è una „
A II A vera
572 ViTADi S. Ambrosi©
, vera lervità, non potendo la conjugalc amicizia efiTcrc le non.
,,
cftremamente fredda , per non aver voi più né il pregio della
, Verginità , di cui già ne delle il fiore al voltro primo marito, né
,
quello della giovanezza. Più gravi, e molelti rielcono i dif-
gufti in fomigliante ftato apportati; affai lolpetta è l'alteriggia,
ed affai rara è la concordia, non potendo ella cffervi mantenu-
ta né dall'amore inveterato di un antica amicizia, né dal pri-
mo iplendore della bellezza, né dalla floridezza degli anni. Élla
è per voi una pietà troppo penola il ridurvi alla dura neceffita
di temere d'amare i voftri figliuoli, di non poterli rimirare fen-
zaarroffire; e di trovare un occafion di dilcordia in ciò, che è
la cagione più ordinaria dell'affetto de' genitori, per la confide-
razione di una fedeltà reciproca. Voi volete aver de' figliuoli,
i quali faranno più tofto nemici , che fratelli di quelli, che voi

di già avete prodotti E che altro adunque fi è nel caio vo-


.

ftro il generare nuovi figliuoli , fuorichè lo fpogliare i primi, e


privarli tutt'ad un tempo e de' vantaggi , che trar potrebbono
dalla pietà, e de' beni erano acquiftati?
, che loro La legge
fi

divina ha uniti con un fanto legame il marito, e la moglie con


una autorità affatto celefte ; ed è quindi difficile il ritrovare
una fcambievole amicizia , che longamente duri ne' fecondi
maritaggi. Imperocché prefc Iddio una cofta dal primo uomo,
e di effa ne formò la donna , dicendo che di due, che erano,
diverrebbero una medefima carne. Ma egli ciò diffe de' primi
matrimonj , e non de' fecondi poiché né Eva , né la Chitfa
;

hanno avuti de' fecondi mariti. Guefto Sacramento b grande,


dice l'Apoftolo {a) in Gesù Cristo, e nella Chiefa. E per-
ciò egli deve effere profondamente venerato.
Propone indi S. Ambrofio alle Vedove Criftianc l'efémpio
delle più illuttri Vedove , la virtù delle quali è Itata lomma-
mente lodata si nell'antico , che nel nuovo- Tcffamenro. Ed
oltre a quelle da noi di già mentovate, inalza egli il merito di
Debbora , la quale avendo governati gli Ildraeliti in tempo di
pace

(«) Efhef. 5. V. ?:.


,

Libro XII. Capitolo VI. 373


pace ammininrando la giuftizia , efTì altresì regolò durante la
guerra contro de' Cananei , fece una laggia elezione di Gene-
rali, che comandare dovevano alle truppe, e loro diede ordini,
mercè de' quali fu conleguita la gloria del trionfo; avendo fatto
vedere per mezzo della riufcita del luo figliuolo, eflTere ella ca-
pace di formare in (uà cafa guerrieri , atti a riportare le più
rinomate vittorie.
Affai fimilmente il noftro Santo fi diffonde nelle lodi di
Giuditta, la quale avendo acquiflata una maravigliola fortezza
per la fua eftrema fobrieta, ed i fuoi continuati digiuni, fi ef-
poie alla morte con un generofo difprezzo; recile la tefta d'Olo-
ferne con una accortezza, della quale i Cittadini giammai non
l'avrebbero creduta capace; di terrore, e di Ipavento , tutto
riempi il campo nemico; fi refe vittoriofa della debolezza del
fuo leffo, e comunicò la tua fortezza, ed il fuo vigore a' luoi
Cittadini , allor quando i loro cuori erano caduti nell' ultima
colU-rnazione.
Propone la Suocera di S. Pietro qual modello delle Ve-
,

dove, che hanno per intercelfori degli Apofloli, e de' Martiri


fìante l'alleanza che con efìi hanno a cagione della pratica
,

delle opere di milericordia , e per cui fi poflono promettere


quàlfivoglia cola dalla loro poffente protezione.
Si proteica finalmente , non effere fuo difcgno di tendere
con quello Trattato; ma che ellendogli fiata com-
lacci all'altre
meffa dalla Provvidenza la coltura del campo della Chieia,ei cer-
ca di conlolarfi nel vedere la ina fertilità, o nello iplendore, e nel
fiore della fanta Verginità , o nella gravita dello ftato Vedovi-
le, o nell'abbondanza de' frutti , e delle fpirituali benedizioni
del Matrimonio; non effendo quefti diverfi ftati altroché frutti
d'un mede-fimo campo. Ed aggiugne, che , le lo flato delle
Vedove, le quali fi redole della Fede, ha avuto
Guidano con le

de' perfecutori, quella confiderazione deve anzi animarle ad ab-


bracciarlo con la fperanza del premio , che le afpetta, più torto
che indurle a sfuggirlo qual dolorolo lup|>lizio.

Um. II. AA III Ca-


.

5^4 Vita di S. Ambrosio

Capitolo VII.

IJÌruzton't date da S. Amhrofio a Conjugeti.

QUALUNQUE venerazione dal noftro Santo profcffata


fuITe la
alla Tanta Verginità, ed allo flato della Criftiana Vedo-
'vanza; non era però tale, che lo trattenefTe dall' avere
un alta ftima anche per lo flato de' Conjugati Vedcndofi .

pertanto (/r), com'egli fleffo ne fcrive , affai vaflo efTcre il


numero di coloro, che fono cofìretti ad operare la loro falute
nel maritaggio, ed affai riftretto quello degli altri, che deb-
bono procurarfela nel celibato, ficcome più fono le fpighe, che
Ipuntano ne' campi, che i giglj ^ che tiorifcono ne' giardini,
ed in affai maggior numero le terre deftinate al lavoro, che le
elette per le delizie degli orti, fi è egli indotto a dare a' Con-
jugati delle falutari iftruzioni in più luoghi delli fuoi Scritti.
Uno de' più importanti avvertimenti però da lui dato a
quelli, i quali vogliono abbracciare lo ftato conjugale , è di
confiderare piuttoflo la virtù, che la bellezza nella Icelta delle
loro ipole. E iomminiltrandogliene opportuna occafione Sara
moglie di Abramo, che era affai più virtuota, che bella, cosi
loro dice {b). „ La bellezza non rende tanto amabile al fuo
„ marito una donna, quanto la virtù, e la laviezza. Chiun-
„ que vuole ftabilirfi in un maritaggio, nel quale poffa guflarc
„ una vera dolcezza, deve andare in cerca di una donna, che
„ non fia affai più ricca di lui, acciocché le necefhta del marito
„ non la fpaventino; e gli ornamenti, eh' egli deve defiderare in
„ effa, fono piuttofto i buoni coltumi, che il prezzo, e la lucidezza

„ delle gioje. Ordinariamente iuccede, che un marito fi offen-


„ da, che la fua moglie s'accorga, e conofca d'effere più nobile,
„ e di migliore cafa di lui, ed abbia di fé fteffa fom.igiiante fìi-
„ ma, che grandemente fi appreffa all' orgoglio. Sara non era

(<?) Lib. I. eie Vidnis I {b) Lii. i. de Abrah. e. 2,


Libro XI T. Capitolo VII. 375
né più ricca, né più nobile di Abramo , e ciò faceva eh' ella „
credede, che non vi fulse tra lui ed elsa alcuna inegualitìi. „
L'amava ella come Ino pari, e né le lue ricchezze, né luo pa- „
dre , né tua madre, ne i luoi congiunti erano capaci a rite- „
nerla nella lua patria, ed a diltorla dal feguirlo ovunque egli „,

determinale di andare.
Eficndocché altresì vi fulTc un affai copioio numero di Pa-
gani nel iecolo, in cui viveva il noitro Santo; fi prende egli
particolare cura di diflfuadere le donne Criltiane dal congiun-
gerfi in matrimonio con de' mariti o Pagani, o Giudei. „ Co- ,y

me, diceva egli (<j), può darfi quell' unione, la quale viene „
prodotta dalla carità, tra perlone di diverla Fede, e Religio- „
ne ? Criftiano guardatevi adunque dal dare voltra figlia per „.

ilpofa ad un Pagano, o ad un Giudeo. Guardatevi, die' 10, „


di prendere per moglie una Pagana, una Giudea, una ftranic- „
ra, cioè un Eretica, od una donna, la quale profclh una Re- „
ligione diverla dalla voftra. La prima fedeltà, che cercar de- „
vefi nel maritaggio, è la grazia della caltita. Se quella don- „
na per tanto adora gli Idoli , de' quali i Pagani pubblicano , „
e lodano gli adulterj ; le ella nega Gesù Cristo , che ci co- „
manda la caltita, e che promette eterne ricompenle a chi ille- „
fa la cuitodilce, come quefU virtù? Né ba- „
potrà ella amare
fta , che ella fia Criltiana , fé tale ancora non é il fuo marito, „
e fé ambedue non hanno ricevuto il Sacramento del Battefi- „
mo poiché conviene, che l'uno e l'altra fi alzino dal letto nello ,,
;

Itelfotempo per pregar Iddio, e per infieme ofierirgli la mede- „


fima orazione. Perchè però, o Marito, abbiate della Itima , „
e della premura per la caftita della Moglie , fa d'uopo , che „
voi fiate perluafo, averla data Iddiomedefimo, ed egli, e non „
altri eflcre l'autore del voRro maritaggio. Imperocché dice „
Salomone: Còe una donna jaggia è un dono ^ che Iddio fa all' „
uomo {b). Le perlone di diverla Religione non poffono per- „
fuaderfi , che quello che elfi 'non adorano abbia loro accorda- „
ta

{a) Lib. I. de Abraham. ,1 ( ì* ) Prov. 19. r. Ij>


A A IV
,

2né Vita di S. Ambrosio


ta quefta grazia del Matrimonio. Di fimigliante verità maeftra

„ a noi ne è la ragione
; ma gli efempli affai più valevoli fono a

„ rendercene onninamente convinti. fovente fucceduto, che F


„ le attrattive di una moglie abbiano ingannato , e fatto cadere

„ i mariti ancor più forti , ed abbianli indotti ad abbandonare la


„ Religione, che profeffavano; perlochè procurate di vivere nell'
„ unione, e amicizia coniugale; ma fuggite l'errore.
nell'
Siccome però non vi è focicta, la quale fi poffa confer-
vare fenza la reciproca unione , e corrifpondenza delle parti
che la compongono ; cos\ quella del marito, e della moglie
non iuffifte , che per la icambievoie concordia , e quella fi
mantiene mediante la fommiffione della moglie, e la caritate-
vole condotta del marito. „ La moglie, dice S. Ambrofio (a)^
„ onninamente abbia del rilpetto, e della ftima verfo fuo mari-
„ to non fia ella né ferva , né fchiava di lui , ma fi laici da
;

„ efforegolare , ma neffun motivo a lui dia di effere corretta .


„ Indegna fi rende una donna dello fiato conjugale, qualora fia
„ d'umore litigiofo, ed obblighi quindi il fuo compagno a do-
„ lerfi di lei. Ciaichedun marito fi diporti con la lua moglie

„ da faggio reggitore , la onori come fua compagna , ed a lei


„ faccia parte di ciò, che le tocca, come a coerede della gra.
„ zia che Dio gli ha fatta
, .

Non convien però credere, che l'aftetto, il quale da' ma-


riti devefi avere per le lor moglj , li difpenfi dall' amore di

Dio , il quale vuole effere amato fopra tutte le cofe Tal .

cofa dal noftro Santo vien con fomma chiarezza efpofta, fpie-
gando quelle parole del Salmifta Io ho odiati gli ìn'tqià , ed
:

ho amata la 'uojìra legge {b). Imperocché dopo avere dimo-


fìrato, aver elleno una perfetta relazione con ciò, che Gesù
Cristo ha detto nell' Evangelio: 5"^ alcuno a me ne viene ^
e non odia fuo padre , fua madre , la jua moglie , i fuoi figli-
uoli.) i fuoi fratelli fue forelle , ed ancora la fua propria
, le

vita y non puh ejfere mio difcepolo (e). Prega quefi;o Divin
Sal-

{a) EtfJ/l. 15. i


CO Lue, 14. V. 28.

iù) In Pfal. 118, '


LiBkoXII. Capitolo vn. 377
Salvadore a fciogliere si ofcura quiftione, ed a dire perchè con-
danni nelì' Evangelio, che è legge d'amore, ciò che egli ave-
va comandato ncll' antica Legge, per rigida, e dura, eh' ella
fuflc*. „ Conolco mio Dio ( die' egli ) che io non poflTo ri- „
Ipondere a quefta difficoltà; però vi rilpondete voi. Imperoc- „
che voi non avete bifogno, che fi giuftifichi la voftra condor- „
ta, voi che fufte Tempre mai vittoriolo Io , rifponde quefto
.

Divin Salvadore, io condannare la pietà, io che tanto ho d'av- „
verfione per ringiuftizia, e la fpietatezza ? Io comandare a' „
miei Dilcepoli, che non amino i loro genitori; io che loro or- „
dino di amare i lor nemici? E non avete voi lette quelle pa- „
role della Scrittura, le quali dicono, che ve il tempo d'odia- „
re , il tempo della guerra , ed il tempo della pace {a) ? E „
che altro può pretendere l'Ecclefiafte con quefte parole , fé „
non d'infinuarci l'obbligo , che ci corre di operare fecondo le „
diverle circoftanze de' tempi, a fine di potere Tantamente ama- „
re quelli, che fi erano odiati, ed odiare con giullizia quelli, „
che erano amati?
fi Giammai io non ho preteio d'infondere „
nel cuore de' figliuoli l'odio de' loro genitori ; ne d'infpirare a' „
mariti della dilpiacenza, e dell' avverfione per le loro mogi). „
Se bramate fapere ciò, che io da voi efiggo, interrogatene la „
natura , che bafl;antemente infiruita dimoftrafi della volontà „
del fuo Autore con lo fcambievole affetto , e corrifpondenza „
da lei inftillato in perfone si firettamente congiunte. Legge „
indilpenfabile di natura ella è, che i figliuoli amino i loro gc- „
nitori ; i mariti efentare non
ed fi pofTono dall' amare le loro „
moglj, lenza contravenire alla Legge di Dio, che ve li obbli- „
ga , e che non per altro cambia la conjugale amicizia in natu- „
rale affetto, fé non perchè di due corpi, e di due anime, una „
fola carne fé ne« faccia , ed uno fpirito lolo Se i fratelli
.

amanfi tra di loro fcambievolmente , privilegio è quello della „
natura, che avendoli per lunga pezza nodriti, ed allevati nel- „
la medefima cafa, gli ha infenfibilmente accoltumati alle te- „
nerez-

(.t) Eccleftajìes J. v. 8.
278 Vita di S. Ambrosio
„ nerezze della carità. Non ho io adunque comandato alle per-
„ Ione tra di loro sì llrettamente congiunte il reciprocamente
„ odiarfi, ma loltanto ho voluio rendere loro lofpetti quegli amo-
3, ri, che avere potrebbero per la colpa, e quelle attrattive, dcl-
„ le quali potrebbero vicendevolmente valerli, per indurfi al

„ male . E con tutta ragione iono a me loipette lomiglianti at-


„ trattive ; comecché quel lerpente, che tanta polilcde arte, e
„ deprezza per mandare ad effetto i iuoi pervcrfi dilegni , abbia
„ voluto anzi valerfi affai più delle lufìnghe di una donna , che
„ della malignità del luo proprio veleno per corrompere l'affetto
„ d'Adamo, il primo di tutti gli uomini, e farlo decadere dalla
„ purità della fua natura, nella quale era sì iodamente ftabilito.
„ Non ofando adunque il ferpente tentare da le 'defìb immedia-
„ tamente quefl' uomo, fi è lervito dell'affetto delia fua moglie,
,5 e dell' affiduitìi, con cui ella a lui affuleva per inlenfibilmente
„ introdurre le fue tentazioni nel di lui cuore infelicemente ammol-
„ lito dalla tenerezza , che provava per colei , a cui riulcì dipreci-

„ pitarlo prelentando alla di lui bocca il vietato pomo , ed im-


„ piegando in di lui danno la violenza del fuo amore . E pure
„ Eva non per anche aveva de' figliuoli , de' quali poteffe fervirfi
„ per farlo facilmente cadere con quella fecreta dolcezza di un
„ affetto fondato iopra pegni sì prcziofi . Quante volte è fucce-
„ duto, che il conjugal amore ha diitolti molti Criftiani dalla
5,
prefa riloluzione di coronare la loro coltanza con la palma
5, del Martirio! Quante volte finalmente fi è da noi veduto un
„ uomo, il quale fi era dato a conolcerc per collantemente in-
„ trepido , quantunque attorniato da formidabile numerofa Iqua-
„ dra d'inferociti carnefici.' aveva dimoftrata una coltanza invin-
5, cibile nel vederfi aperte, e Ideate le cortole; che lamine di
„ ferro infuocate non avevano potuto rimovere dall' inflellibile
„ rigore d'una fortezza eroica, e trionfante; lìando già per rice-
„ vere e la corona, ed il premio di quella ina iovrumana gene-
„ rofita, fi è lalciato fedurre, e vincere da una loia lagrima del-
„ la fua moglie, che ha eccitata nel fuo cuore una per lui trop-

,j pò fatale compaffione col porgli lotto degli occhi i deboli, e


teneci
.

LiBRoXII. Capitolo VII. 373?

teneri fuoi figliuoli , e rapprefentargli lo flato lor deplorabile! ,->

LafciofTì Sanlons forprendcre dalla lua donna. Siete voi più „


forte di lui r Salomone fimilmente potè efTere ingannato „
dalla Ina donna. Siete voi più iaggio di lui? Di lui, la cui „
lapienza quantunque fia ftata celebrata in tutti i fecoli, non- „
dimeno è caduto nella più deplorabile follia , per troppo avere „
amata la donna lua .

Un lomigliante ragionare di S. Ambrofio ci fa vedere, ef-


fere i amicizia conjugale un valido loccoilo per la pietà, qual-
ora ella fi trattenga ne' fuoi confini; ma efiere ella altresì una
troppo pcricolola tentazione qualora la divina carità, che tut-
,

ti regolare dovrebbe gli affetti delle noftr' anime , non vi oc-

cupi kmpre il primo pofto , e non tenga lontana ogni umana


confiderazione valevole ad indebolire la lua forza, ed a rovina-
re Tuo imperio.
il

Eforta altresì il noftro Santo (a) le moglj a foffrire pa-


zientemente lo Ipiacevole umore , ed i difordini de' ior mariti,
per quanto fiano viziofi , faftidiofi , incivili , dilobbliganti, de-
diti alle donne, ed all' ubbriachezza „ Eva ( die' egli) ha .

ingannato Adamo, e non Adamo ha ingannato Eva. Gofa „
adunque giulla ella è, che voi prendiate per voftro reggitore „
quello, che la donna ha fatto cadere nel peccato , acciocché „
egli non vi cada di bel nuovo per la ecceffiva condefcendenza „
della fua moglie. Ma voi mi direte: egli è un uomo intrat- „
tabilc , fenza civiltà , e politezza Ed a me balla il riipon- „
.

dervi elfervi piaciuto una volta, poiché voi l'avete fpolato. „


:

11 mal è, che voi vorrelle, che fuffe in voflra liberta lo Iceglie- „

re fovente de' mariti


Ma nello (tedbnoflro Santo eforta le mo-
tempo , che il

glj alla pazienza, obbliga i loro mariti a trattarle con dolcezza.

Lalciate [ dice loro (^) ] quella gonfiezza di cuore , quella „


maniera di trattare si aipro, e sì feroce, giacche voi avete (pò- „
fata un oneda donna, affiduamente applicata al governo della „
fua

( « ) Lib. 5. Hcxnemcr. atp. 7. \ (^b) Iblei.


,

58o Vita di S.Ambrosio


„ fua famiglia. Allontanate da voi lo fdegno, e la collera, che
„ vi trafporta, quand' ella v'invita al conjugale affetto con la
„ tenerezza , eh' ella ha per voi Voi non fiete luo fignore .

„ ma ino marito, ella non vi è ftata data per eflere voflra ler-
„ va, ma voftra moglie. Dio ha voluto, che voi fufte il lofte-
„ gno , ed il regolatore del luo lefTo, che è a voi inferiore e ;

5, non fuo dominatore, e fuo lovrano. Rendetele adunque amor


5, per amore, e carità per carità.
Q_aelli , che fono chiamati allo flato del matrimonio, vi-
veranno certamente in tranquillilfuTia pace, fé oflTerveranno que-
fte regole non vi effendo cofa , che maggiormente turbi la
;

tranquillità di quefto (lato, quanto l'imperiofo trattare de' ma-


riti, e l'impazienza delle mogi).

Capitolo Vili.

Che e u?!a grafìa d'i Dìo la fecondi fa del matrimonio , il quale


7ion puh cjfere fcioho fuori che dalla morte
del marito , o della moglie .

ESSENDO il matrimonio deftinato alla propagazione del ge-


nere umano, ed alla generazione de' figliuoli, i quali tor-
nano a rinalcere nel Battefimo, vuole S. Ambrofio, che quel-
li, a quali Iddio concede fecondità di prole, a lui ne dimo-
fìrino della gratitudine Favellando quindi della feif ofa al-
.

legrezza, che far fi dovette nella nafcita di S. Giovanni Batti-


fta, fecondo la predizione, che l'Arcangelo Gabriele ne aveva
fatta a Zaccheria. „ Quefla è un iftruzione, die' egli (^),
„ a' padri , ed alle madri di ringraziare Iddio non tanto per la
5, nalcita de' loro figliuoli, quanto per i loro meriti. Imperoc-
„ che ella non è una grazia poco confiderabile , che il Signore
3)
loro dia de' figliuoli, che perpetuino la loro poiierita, e che
quali

(a) Liù. I . ir: Lut. CMp, r.


Libro XII. CafitoloVIII. 381
quali eredi fiiccedano ad cfli nel pofìcdimcnro de' loro beni .

Qiiindi e che noi leggiamo , effcrfi da Giacobbe avuta la con-
, ,,

tcntczza di aver mefli al Mondo dodici figliuoli. Diede Dio „


un figliuolo ad Abramo; e fu efaudita la preghiera fatta da „
Zaccheria a quelV effetto. La fecondità adunque d'un padre, „
e d'una madre è una grazia di Dio. Sono perciò tenuti li gè- „
nitori a ringraziarlo d'aver prodotti de' figliuoli , i figliuoli di „
avere ricevuto l'cffere, le madri dell'onore, che acquiftano , „
goslendo delle ricompenle del matrimonio. Imperciocché i „
figliuoli fono come lo ftipendio della loro milizia Verdeggi „ .

la terra, e dia con ciò lodi al luo Signore, che la provede di „


agricoltori colla moltiplicità degli uomini Grato a lui fi di- „
.

raoftri il Mondo per venire con quefto mezzo refo più cono- „
fciuto, e più celebre. Elulti la Chiefa, perchè viene accre- „
fciuto il numero dell' eletto Popolo, che la compone, dalla na- „
fcita diun figliuolo, eh' ella battezza.
Siccome poi era una cola importantiffima in que' tempi il
rendere convinti della (labilità del matrimonio i Crifliani, che
convivevano con de' Pagani , e de' Giudei , ed il moftrare loro
con una pratica inviolabile, che il di lui legame è affatto indif-
folubile; cosi S. Anibrofio ha voluto eltenderfi lopra qucfla ma-
teria, fpicgando quelle parole di Gesù Cristo, che ftanno re-
gidrate nell' Evangelio di S. Luca: Cfjìufique la/eia la fua mo-
glie-, e ne prende uh altra , commette adulterio ; e chiunque
'prende in tfpofa quella , che dal fuo marito fu lafciata , com-
mette adulterio (a). „ Nan lalciate la voflra moglie (die' egli) „
acciocché quella voftra condotta non dia a divedere, che voi „
non fitte perluafo, che Gesù Cristo fia l'autore del maritag- „
gio , che con lei vi unifce Imperocché le voi fiete obbligato „
.

a tollerare, ed a corregger.^ collumi, ed i difetti di quelli „


i

fteffi, che tono a* voftro riguardo eftranei , quanto più laretc „

voi tenuto a si fattamente diportarvi con la voflra moglie ? „


Afcoltatc ciò , che nollro Signore ha detto : Chiunque lajcia „
la

(«) Lue. 6. V. l'i. Lib.Z.ifiLttt.cap.ió,


2 gì ViTADiS. Ambrosino
„ la fua moglie , la fa divenire adultera ( a ) , perchè non efTen-
„ do a lei pcrmelso il pafsare ad altre nozze durante la vita del

„ ìlio marito
,
può ella venir
facilmente indotta dalla lua libidine a
„ procacciarfi sfoghi vietati. E le ella cade in lomigliante flil-
„ lo, chi ve l'induce, fé non voi, che del iuo peccato, egual-
„ mente che lei , ne divenite colpevole ? Se ella è gravida , quan-
„ do voi la cacciate, ove la mandate voi con luoi piccioli figli- i

„ uoli? Se ella è molto avanzata in età quando dalla voilra ,

„ cafa ad ufcire la coftringete , ove andera a rifugiarli col pie fuo


„ vacillante? Grande durezza ella è fcacciar la madre dalla voftra
„ cafa, ritenendone i figliuoli, e dopo avere difonorata la cari-
„ ta nella di lei perfona, farle ancora quefl' oltraggio nella per-
„ fona de' luoi figliuoli . Ma
una durezza ancor più fpietata fa-
„ rebbe, fé voi cacciafte altresì i figliuoli con la madre pel folo
j, motivo, ed a cagione dell' odio, che a lei portate; poiché il

5, rimirare i
figliuoli dovrebbe eflere all'ai forte motivo per indur-

5, vi a perdonare
alla lor madre il fallo , che ella può avere com-

5, melTo contro di voi. Ma le deteftabile cofa ella è l'efporre col

„ voftro abbandono donna giovane al formidabil


la fragile età di

5, pericolo di
cadere in qualche vergognofo ecceffo ; qual empie-

5, ta farà l'abbandonare nella fua vecchiezza quella, che vi ha


5, dato nella fua giovanezza il fiore della fua caftita verginale ?

5, Approverefte voi, che un foldato dopo avere per lunga pezza

5, fervito nelle Armate fofle dal fuo Imperadore privato d'ogni

5, ftipendio , d'ogni ricompenfa , e d'ogni contralegno d'onore ?


5, Approverefte voi, che un agricoltore cacciafi'e dalle lue tcnu-

j, te, e dal fuo campo un giornaliere, che tutte avelfe conluma-


5, te le fue forze nel fervire a lui per molti anni ? E crederete
poi di avere il diritto di efercitare iopra chi è a voi eguale un

„ rigore , di cui ufar non potrefte fenz' eflVre eftremamente in-
5, giufto , e crudele fopra di coloro , che da voi dipendeffero quai

„ fervi foltanto, e quai fudditi?


j,
Voi adunque impunemente , come fé ufafte del voftro di-
ritto ,

(«) Matth. 5-'y. 32


LiBRoXII. Cai'itolo\III. 3S3
ritto, cacciate la voflra donna, e peniate, che ciò fia a voi „
permeflb, perchè la legge umana non ve lo quan- „
proibii'ce,
tunque la Divina ve ne taccia il divieto. Abbiate del timore, e „
della venerazione per Iddio, voi, ciie con tanto di Ibmmeflfio- „
ne vi foggettate agli uomini, ed alcoltate la legge del Signore, „
alla quale i fteffi Legislatori non ricuiano di obbedire, e che ,>
dice: che /'»owo non fepari ciò y che Iddio ba congiunto (<?). ,»
Ma conviene di più confiderare, che un fomigliante prò- -,,

cedere non Iblamente giugne a violare il comando di Dio, ma „


tende altresì alla diftruzione di una delle fue opere. Imperoc- „
che, ditemi, io ve ne prego foffrirefte voi , che i voftri figli- „
:

uoli viveflero foggetti all' autorità di un fecondo marito della „


vofìra moglie, nel mentre che voi fafte ancor vivo ; o che „
prima che morifìTe la madre , che li ha partoriti , dipendeflbro „
da una matrigna? Se voi fupponete, che quando voi avrete „
ripudiata la voftra donna, ella non fi rimariterà con altri; co- „
me direte voi, eh' ella ha potuto difpiacervi, mentre fiete tut- „
tavia Tuo legitimo marito, ed ella vi mantiene la fedeltà, an- „
che quando voi fiete a lei infedele, ed adultero ? Che fé ella „
fi rimarita, voftro delitto è la fua neceffita; e ciò, che voi (li- „

mate un matrimonio, non è che un vero adulterio. Stantec- „


che un fomigliante delitto o fi confefli pubblicamente o fi ri- „ ,

copra colf citeriore apparenza di marito, è lempre un adulte- „


rio; fé pure non fi vuol dire , effere ancora un peccato più „
cr rme il volere giuilificare un delitto, autorizzandolo con una „
fpecie di legge, di quello che fiafi il commetterlo occultamente. „
Ma proTiegue a dir S. Ambrofio) potrà replicar-
taku.o '


mi: come adunque Mosè ha ordinato di lafciar la fua moglie, „
dando a iti une (cntto , con cui fi dichiari, che fi ripudia? „
Colui, cl-epari^ ùÀina maniera fomigliante, è un Giudeo; co- ,>
lui , che parla così , non è Criltiano E perchè ei rigetta quan- „
.

to Glsù C't<:to gli ha detto, eonvien che Gesù Cristo gli ri- „
fponda, come fa nell' Evangelio, dicendo che: A
cagione del- „
la

(a) Mjttb. 19. V. 6,


. . .

384 Vita DI S. Ambrosio


, ìa durez^ del vojìro cuore , Mosè vi bn permeffo d'i lafctare
, le 'vojìre moglj ; ma ciò fioft è Jìato così da principio {a). Or
,
querta è la legge di Dio, la quale è fiata Inabilita fin dal prin-
, cipio . E
qual è la legge di Dio ? Eccovela L'uomo lafcie- :

,, rà juo padre , e fua madre , e fìarà colla ftta moglie , ed ejjl


, faratìHo due in una fola carne {b). D'onde è vifibile , che
chiunque lalcia la fua moglie, lepara la fua carne, e divide
, il fuo proprio corpo. E quefto pafìfo fa vedere, che non è
,
propriamente Iddio quello , che ha fcritto , quanto è flato icrit-
, to a cagione della fragilità degli uomini Dice per tanto l'A- .

,,
portolo il Signore , e non io , è quello , che comanda , che la
:

, moglie non fi fepari dal fuo marito E più a baffo pianto . :

,
poi agli altri , non e il Signore ^ ma io che loro dico , che fé
,, un fedele ha una moglie , che fta infedele ec. ( e ) D'onde .

, chiaramente deducefi , non effere la legge di Dio offervata nel-


, la diverfita delle Religioni Ed aggiugne ancora: che fé il
.

, marito infedele fi fepara dalla fua moglie , che è fedele , ella


„ lo lafci andare (d). Lo Apoftolo nega altresì, che lo
fteffo

, fcioglimento di qualfivoglia maritaggio fia conforme alla legge


,, di Dio, la quale non ci ha data l'autorità di fcioglierlo, ma
folamente ha efentato dal delitto, chi farà abbandonata in fo-
, migliante occafione.
Q^uefti fentimenti di S. Ambrofio sì conformi alla Scrittu-
ra, ed a tutta la Tradizione, non faranno inutili al noftro feco-
le, nel quale la feparazione delle meglj e de' mariti è tanto or-
dinaria , quantunque il ripudio non fia più autorizzato dalle Leg-
gi, come lo era affai frequentemente fotto i primi Imperadori
Criftiani (e). Il Sacramento del Matrimonio non farebbe sì

frequentemente efpoflo a' difpregi , ed alle profanazioni de'


mondani , fé quefti configlj fuffcro efattamente offervati ; e la
pace regnarebbe affai più nelle famiglie, di quello , che ella fac-
cia, e fi vedrebbero ceffare tanti fcandali, i quali fi vanno in ve-
ce ogni giorno moltiplicando C a-
( a ) Matth. 1 9. i). 8 1 {d) Ihid. v. 1 5

(ò) Ci'inf.z. (e) L. ^.Cod.T/jcado/, xvi.l, I. 2.


(f) i.Corinth.j.v. IO, \
Libro XII. Capitolo IX. 385

Capitolo IX.

De doveri de padri verfo i loro figliuoli.

SICCOME non vi è efempio più vivo, né che più chiaramen-


te Uabililca il fiipremo dominio di Dio Ibpra tutti gli uo-
mini, quanto il lacrificio di Abramo, il quale ha avuta baf-
tante fortezza per volere facrificare il luo proprio figliuolo; così
Sant' Ambrofio ha voluto diflufamente ftenderfi fopra di quefta
materia , per inlegnare a tutti i padri Criltiani , che dei loro
figliuoli non ne hanno un afroluto dominio, e che elTi debbono
trovarfi in una continua dilpofizione di offerirli a quello , che
li ha cavati dal nulla ( « ) .

Si diffonde egli principalmente in defcrivere la premura ,

che fi diede il mentovato vecchio Patriarca di Icoprire il luo-


go desinato a quello lacrificio, e l'impazienza, ch'egli ebbe di
eieguire gli ordini del Signore. Dice, che quantunque quello
Patriarca raddoppiaffe i paffi per la veemenza dello zelo, che
lo traiportava, nondimeno credendo, che ei non loddisfarebbe
cOiì prelto a quella obbligazione, Itele gli occhi fopra quel luo-
go , al quale i fuoi piedi lo dovevano far giugnere , e da ciò
ne traffero i luoi membri quel vigore, che l'età lua aveva lor
tolta ; i vecchj hanno la villa sì debole , che con
e laddove
grande ravvilano
difficoltà più vicini oggetti , all' incontro i

quefto iant'uomo non iolo dilcoprì il luogo da Dio delHnaro al


fuo lacrificio, ma lo dilcoprì affai da lontano.
Aggiugne, che quantunque il nome di padre gli trapafsaf-
fe il cuore, allorché il fuo figliuolo liacco lo pronunciava, non-
dimeno non lalciò di perfeverare immobile nella fua prima ri-
foluzione, per l'ardore, e la divozione, che egli aveva nel luo
miniderio; credendo che il mezzo più proprio per adempire i
doveri di padre , e per confervare il luo figliuolo , fi fuffe il fa-
crifi-

( a ) Lib. I . de Abraham cap. 8.

T^ra.JJ. B B
^^6 Vita di S. Ambrosio
crificarlo a Dio. „ Ed ei non folamente ( dice Sant' Ambrofio )
5)
ha profetizzato con quefta condotta si coftante, e generofa, s'i

5)
quanto è di poi fucceduto; cioè, che Dio fi era prefa la cura di
tarfi offerire un altra vittima invece d' Ifacco , e che doveva

edere rellituito quefto figliuolo a fuo padre , ma ha egli altresì


predetta una affai più importante verità , cioè , che il monto-
5) ne, che a lui doveva effere foftituito , non era la principa-
>> le vittima , che Dio aveva deftinata ; ma che un altra fé ne

>•) preparava per tutta purificare la terra, la quale doveva effere


da lui affai più gradita; poiché per di lei mezzo molti padri of-
„ ferirebbero un giorno i lor figliuoli , né temerebbero di fiar da
„ effi divifi in quello mondo. Ogni giorno (profiegue egli a dire)
„ i padri offerifcono i lor figliuoli, acciocché muojano in Gesù
„ Cristo , e fiano fepolti nel Signore. E quanti padri infatti
„ vi fono, i quali , poiché i loro figliuoli hanno perduta la vita
„ per mezzo del Martirio , fé ne ritornano feftofi alle lor cafe ,

„ benché fiano filati fpettatori del loro iupplicio?" Qiiert'efempio


del Patriarca Abramo , e de' primi Criftiani , de' quali parla il

Santo, deve far arroffire un copiofo numero di padri, che ado-


rano i lor figliuoli, come loro idoli, e che invece di offerirli a
Dio , e lafciare , ch'egli ne difponga, come a lui piace, fono
inconlolabili per la lor morte, e fembra , che abbiano tutt'ad
un tratto perduto ed ogni fentimento di Religione , e tutto il
xifpetto, che debbono a fua Divina Maefta.
Rare fono le occafioni del Martirio in quefti ultimi fecoli;
ma quelle di offerire de' figliuoli a Dio giammai non mancano
a' padri Criftiani, i degni fono di quefto nome, aver
quali, le
debbono in conto di una grazia fpeciale la bontà , che Dio ha
di gradire , che i loro figliuoli fi confagrino al fuo fervizio ne'
Monafter) , allorché vi fono legittimamente chiamati. „ Se
„ facendo rifieffione, dice S. Ambrofio (/?), fulla bellezza di una
„ Vergine confecrata a Dio , voi adorate il noftro Signor Gesù
„ Cristo per ringraziarlo, che fin da' fuoi più teneri anni, una
, vita

ia) biPfalm.iiS. OBonar.j.


. .

Libro XII. Capitolo IX. 387


vita fenza macchie faccia in lei le veci d avventurofa vecchiez- „
za ; con quello lentimento voi a lui l'offerite , acciocché
e le „
riceva il ianro velo della Religione , Gesù Cristo le le farà „
incontro , affine di chiamarla lua Spofa .

Propone altresì il noftro Santo a tutte le madri Criftiane


l'efempio di Sara , che nell'eftrema lua vecchiezza nodriva il
fuo figliuolo Ifacco col proprio latte; e dice {a) „ che queft'
efempio deve eccitare tutte le madri, e far loro lovvenire l'ec-
cellenza, e la dignità, che va anneffa a quefto gloriolo titolo,
ed indurle a nodrire i loro figliuoli ; poiché per una parte , ciò
facendo, vi è il vantaggio, e l'onor di madri, ed il mezzo di „
renderfi più amabili a' loro mariti; e dall'altra„ hanno efl'e ordi-
nariamenre maggior affetto per i figliuoli da effe nodriti col prò- „
prio latte , che per quelli, i quali elleno hanno dati ad allat- „
tare a ftraniere nodrici.
le madri, che slattano i loro
Inveilce altrove {b) contro
figliuoli troppo prefto , e contro quelle, che effendo ricche,
credono che fia una cofa troppo ad effe difdicevole il nodrirli
con le loro proprie mammelle. Die' egli ancora (e), fcriven-
do alla Chiefa di Vercelli, durante la vacanza della di lei Sede:
Allattate i voftri figliuoli, amateli, e pregate per effi , accioc- „
che vivano longamente fopra la terra. Avvertiteli di amar „
piti la Croce di Gesù Cristo, che quefta vita.

Manda egli i padri, e le madri ad offervare gli Orfi, che


formano a perfezione i lor piccioli parti con la lingua {d)^
affine di imprimere iopra di effi la loro fomiglianza, e rimpro-
vera a' Criltiani il non effere d'una maniera lomigliante amo-
revoli con i loro figliuoli, procurando di formarli con una buo-
na educazione
Uno de' più importanti avvifi, ch'ei fi crede obbligato di
dare a' padri, ed klle madri , è di non gettare femi di divifio-
ne nelle loro famiglie con parzialità , e dimoftrazioni , che
deno-

( (» ) Lio. 1. de Abraham cap. j. I (e) Epijì. 2 5


( i ) Ub. 5. Hcxaemer. cap. 18. I
( W ) Lio. 6. Hcxaemer. cap. 4.
Bb h
.

5g8 V'ita DI S. Ambrosio


denotino, aver effi dell' aflettc più per uno de' loro figliuoli,
che per un altro , elTendo elleno troppo valevoli a fufcitare tra
fratelli gelofie, avverfioni, e difcordie. Imperocché parlando
della maggior propenfione, che Ilacco , e Rebecca avevano per
Giacobbe, minor affetto, che nodrivano per Elaù, fi pro-
e del
tefta (a) „ trovarfi impegnato a dire , che quello padre , e que-

„ fta madre hanno bifogno di elfere compatiti per la maggiore


„ ftima , che avevano verlo il loro fecondogenito, e per la mino-
5, re, che facevano del primogenito; ed effere d'uopo di ftar ben
„ avvertiti per non troppo leguire il loro efempio , come s'ei do-
„ vefle aver forza di giuftificare l'ineguaglianza dell'affetto de'
„ padri, e delle madri verfo i lor figliuoli, e difcolparli, quand*
„ effi amano più l'uno, che l'altro; perchè una fomigliante con-
„ dotta d'altro non può elfer feconda, che di fraterne inimicizie,
„ e di parricidi, pel folo motivo d'un groffolano intereffe , e per
„ far acquifto d'un poco più di danaro. Conviene ( aggiugne
„ quello Santo) tenere una fteffa miuira nell'amare i proprj fi-
„ gliuoli, e far loro provare i medefimi effetti di una fteffa pietk.
„ Che le per una tal qual indulgenza fi acconfente di lalc-iarfi
„ traiportare ad amar un poco più uno, che gli altri, o perchè
„ vi fi conolce più d'amabilità , o perchè uno vi fi trova in-
„ dotto da una maggiore fomiglianza, uopo è nondimeno, che
„ le regole della giultizia fiano egualmente offeryate a riguardo di
„ tutti gli altri. Ciò facendofi fa ridondare maggior vantaggio
„ a quello , che più amafi , perchè così fé gli procaccia l'affetto
„ de' fuoi fratelli; laddove diverfamente praticando, fé gli toglie-
„ rebbe più di quello, che a lui dar fi potrebbe, caricandolo dell*
„ invidia di una ingiufta preferenza. Efaù minacciava a Gia-
„ cobbe la morte ; né la confiderazione del vincolo di fratellan-
„ za , ned il riipetto dovuto a' fuoi genitori , era valevole a di-
„ ftorlo da un si infano furore , e da sì orribile fratricidio; foffriva
„ perciò con affai impaziente idegno, che quello fratello gli avef-
„ le fatta perdere la fua benedizione ,
quantunque dovtffe anzi
ren-

( « ) Lib. 2. dejac»b , & vita beata (ap. 2


.

Libro XI I. Capitolo IX. 38P


rcnderfi degno di imirare la ina bontà, e la fua dolcezza, che „
penfar a commettere un si enorme eccefTo Per verità Rebec-
.

ca non preferiva uno de' Tuoi figliuoli all'altro; ma ella opera- „
va come anteponendo un giudo ad un peccatore. Eccovi per „
tanto , qual può efiervi , circa quello particolare innocente ,

contrafto tra il padre , e la madre. Dimoitri dell'affetto la „
madre, ed il padre faccia vedere , ch'egli opera con giudizio. „
Si laici la madre indurre dalla tenerezza della fua pietà a di- „
molìrare maggior affetto per il fecondogenito , che per gli al- „
tri; ma il padre mantenga al luo primogenito quella premi- „
nenza d'onore, che gli è dovuto, fecondo l'ordine della nafcita. „
Onori il padre il primogenito più degli altri, ed abbia la ma- „
dre maggior tenerezza per il fecondogenito; ma non meno l'u- „
no, che l'altra prendanfi cura di promovere i vantaggi di tutti, „
e di ciafcheduno de' loro figliuoli , invece di vicendevolmente „
coipirare a non coniìderarne , che un lolo , privando gli altri „
del foccorio, che da effi fpcrarc potrebbono Vi fia tra que-
.

ffi contralti, ed in quella dilparità d'inclinazioni una fpecie „
d'uguaglianza, e procurino genitori di far provare agli uni,
i

ed agli altri de' loro figliuoli gli effetti di uno fteffo amore, e „
di una fteffa grazia, acciocché quell'apparente diminuzione di „
affetto, che per parte del padre, o della madre in quelli elle- „
riori contralegni d'amicizia viene foffcrta da taluno de' figliuoli,„
fia compenlata da quello de' due genitori , che a lui dà mag- „
glori dimollrazioni di tenerezza. Il contrailo, che fu quello „
particolare era tra il Patriarca Ifacco, e la lauta donna Rebec- „
ca, veniva talmente regolato, che, uguagliando effi ambodue „
i loro figliuoli , facevano, che uno non fuffe all'altro inferiore. „

Ha Sant'Ambrofio giudicato quell'avvertimento d'una si


grande importanza , che lo ha fovcnte ripetuto , e fi e valfo
dell'efempio dell'invidia da' fratelli del Patriarca Giufeppe con-
cepita contro di lui, per diftoglierc i padri da lomiglianti dilu-
guaglianze di affetto. „ Deve, die' egli (^.), queit' cfempio „
a noi

( « ) Df Patriarfhajofepb
Tcm. V. B B I 1 I
,

-»oo Vita di S. Ambrosio


„ a noi infegticire , qiial eflere debba l'amore de' padri , e delie
„ madri verlo de' loro figliuoli, e quali effetti ne debbano far loro
provare. Inefplicabilc dolcezza provafi nell'amare i proprj fi-

„ gliuoli col più intenfo ardore ; ma il più delle volte luccede
„ che quelV amore, che i genitori hanno per i proprj figliuoli, di-
„ venga loro nocevole , qualora non effendo da e(fi moderato, li
„ tralporti , od a perdonare loro con troppo indulgente condi-
„ fcendenza i loro falli, od a dare ad uno di elfi tal preferenza lo-
„ pra degli altri, che eftingua in loro l'amore fraterno, quando
5, procurandolo al proprio figliuolo, affai più promovono i di lui
„ vantaggi, di quello, che farebbono, le a lui deflcro qualche
„ Torta di preeminenza fopra degli altri. Ed eccovi la maggiore
„ liberalità, che pofiTono i genitori efercitarc verfo de' loro figli-
„ uoli, e la più ricca eredita, che i figliuoli pofìono ricevere da'
„ loro genitori. Conviene, che i figliuoli effendo infieme congiunti
„ per l'eguaglianza della natura. Io fieno altrettanto, dividendofi
„ fra di loro egualmente l'affetto de' genitori. La vera pietà di que-
„ Ili neffun calo fa di que' temporali vantaggi, che con difpendio,

„ od a corto della pietà medefima debbono comperarfi. Ed a che


„ maravigliarci , le anche a' giorni nodri fuccede , che tanti contra-
„ (li, e liti inlorgano tra fratelli, o per qualche fondo di terra, o per

„ qualche cola, efl'cndoci palcfe, che i figliuoli di Giacobbe furono


„ animati da cotanto furioia invidia a cagione di una fola velie?
„ Meriterà adunque Giacobbe di effcrc da noi riprefo, per avere
„ amato uno de' fuoi figliuoli più degli altri? Togliere noi non dob-
„ biamo a' genitori la liberta di avere un amor più acccfo per quelli
„ de' loro figliuoli, che credono mcritarfi fopra degli altri il loro af-
„ fctto; né Ipegnerc ne' figliuoli la brama di renderfi più accetti a'

„ loro genitori . Amava alla fine Giacobbe quello tra' lùoi figliuoli,

„ nel quale difcopriva luminofi contrafegni di più eccella virtù; e


„ faceva quindi vedere nella fua perfona più tofto la mifteriofa con-
„ dotta di un Profeta, che la naturale inclinazione di un padre,
„ il quale preferiica uno de' fuoi figliuoli agli altri di lui fratelli.

Quelli però, che rifchiarati non fono dal lume de' Patriar-
chi, ufar debbono di una affai più guardinga precauzione, al-
lorché trattafi di dividere l'affetto tra i loro figliuoli. Né po-
tran-
,

Libro XII. Capitolo X. 3Pi


tranno cfTì far fufTiilere la pace nelle loro famiglie , fé non ter-
ranno la bilancia in bilico; ed a riferva de' Maggiorafcati , che
le leggi, ed i coftumi attribuifcono a' primogeniti, debbono in
tutto il relìo mantenere una totale uguaglianza.

Capitolo X.

De doveri de' figliuoli verfo i loro padri , e madri

QUANTUNQUE la natura baftantcmente da fé fteffa infegni


il rilpetto, l'obbedienza, e la gratitudine, che i figli-

uoli debbono avere per i loro genitori ; nondimeno aven-


do Iddio fatto di qucfta grande obbligazione un comando parti-
colare sì nell'antica, che nella nuova Legge, maravigliar non
ci dobbiamo della fpecial cura , che S. Ambrofio fi è fovente

preio d'illruirne il fuo Popolo.


Per quello motivo comincia egli il trattato delle benedi-
zioni de' Patriarchi da Giacobbe, che dando nel letto moribon-
do benedice i fuoi dodici figliuoli: „ La prima cola, die' egli (/?), „
che noi da ciò impariamo, è il fommo rilpetto, che dobbiamo „
a' noftri genitori; poiché leggiamo, che chiunque era benedet- „

to da fuo padre veniva ricolmato di benedizioni, e che chiun- „


que tirava lopra di le la di lui maledizione era per fempre ma- ,,
ledetto. La qual autorità non è fiata data da Dio a' genitori, „
fé non le per eccitare figliuoli a preftar loro tutti gli uffizj del- „
i

la pietìi ; di forta che una lomigliante autorevole prerogativa „


de'pàdri fia un lUruzione per i figliuoli. Onorate adunque vo- „
ftro padre, o figliuoli, acciocché vi benedica; e fé avete della „
pietà per lui, onoratelo per i vantaggi, che trar ne potete; e „
fé fictc verfo di lui ingrato onoratelo pel timore, che aver do- „
vete di foggiacere alla fua maledizione. E quand'anche, o fi- „
gliuoli, veltro padre fuile povero , né avelTe ricchezze da la- „
fciarvi,

( /i ) De BenediBiontbus Patria/char. eap. l.

Bb IV
,Q-, ViTADiS. Ambrosio
iciarvi, egli nondimeno ha il potere di dividere tra di voi la

fua ultima benedizione, che è vantaggiofifTima a fuoi eredi per

„ operare anime, ed è un bene incom-


la lantificazione delle lor
maggiore, che ricco. Ciò appunto indù-
„ parabilmente
l'effere

„ ceva Giufeppe a defiderare con tanta premura la benedizion di


„ fuo padre .

Propone in un altro luogo a' fuoi uditori l'efcmpio delle


Cicogne, che tutte infieme contribuifcono al nudrimento del lo-
ro padre, e lo portano fopra le loro ali. „ Chi v'è, dic'egli (<7),
„ tra di noi , che non provi del rincrefcimento vcdendofi coftrct-
„ to ad aflfiftere fuo padre, quand'egli è ammalato ? Chi è quel-
„ lo, che lo vorrebbe portare fopra le fue fpalle, quand'è oppref-
„ fo dalla vecchiezza; poiché fomiglianti efempli , fono si rari,
„ che appena fi credono, allorché leggonfi nelle ftorie ? Qjal è
„ quel figliuolo, per pieno di pietà, ch'egli fiafi, che non fi fgra-
„ vi di quefto dovere , caricandone i fuoi fervi? Gli uccelli in
„ tanto niente trovano di duro , e di difficile nel foddisfare a fo-
„ miglianti doveri di pietà né provano alcuna pena nel dare con
;

„ ciò un totale adempimento alle obbligazioni della natura. Gli


„ non ricufano di nodrire il loro padre ;
uccelli ciò che raoltiflTi-

„ mi uomini hanno ricufato di fare, anche dopo d'effervi ftati co-

„ ftretti dal terror dc'caftighi. E pure la legge, che gli uccelli

„ hanno ricevuta, non è una legge fcritta, ma ella è una legge


„ nata con eifi. Non fono egli'no verfo de loro genitori obbli-
„ gati da alcun comando particolare, ma vengono
portati a radu-
narfi per foddisfare a quefto dovere dalla fola loro inclinazione
naturale. Non fi vergognano di portar il corpo del loro padre,
quand'è opprefib dalla vecchiezza, e di foftenere un pelo loro
addoflato dalla pietà , il quale effendo divenuto sì celebre pref-
•)>

fo tutte le nazioni, ha meritato di ricevere una convenevole


ricompenfa Davano . ordinariamente i Romani alla Ci-
infatti

55
cogna il nome di Pia ^ e la chiamavano Pia svis\ titolo che

55 a lei è tanto più gloriolb , quanto che ella ha meritato, che


diafi

(«) Lib. 5. HexacmtT. tap. ì6.


LiBRoXn. Capitolo jp^ X.
diafi a tutte quelle della fua fpecie una denominazione
, che „
un folo tra tutti gli Impcradori ha potuto ottenere per de- „
creto del Senato.
Rifchiara ancora altrove quefta materia della fommifìTione
dovuta da' figliuoli a quelli, che loro hanno dato ren'ere,ela
tratta minutamente , Ipiegando il comandamento , che Gesù
Cristo ha rinovato nell' Evangelio: „ Onorate, dic'egli (a), „
voflro padre, e voflra madre; llantecchè in quefto rii'petto con- „
fifte il primo dovere della filiale pietà , avendoveli Iddio dati

per autori del voltro nalcere. Onorateli coli' obbedienza, che „
voi loro preftarete, aftenendovi dal fare ad efTì alcuna ingiuria,

perchè conviene guardarfi apportar loro difgulto , ezian- „
dall'
dio col fitr apparire fui voftro volto il ben menomo contrafTe- „
gno di avere per elTi della dilpiacenza Non balla però il non „
.

offenderli, ed il puramente non contravvenire alla legge, la quale



pronunzia ientenza di morte contro chi maledirà fuo padre , e lua „
madre; ma conviene di più onorarli, ed elTere tutto di parziale „
bontà ripieno verlo di elfi. „
Il beneficio della Legge, ed
dovere della pietà fono due
il

cofe affatto diverle. Onorate i
voftri genitori, poiché Gesù „
Cristo fteffo ha onorato i tuoi, e Icggefi nell'Evangelio, che „
egli era ad elfi ibggetto {b). Se Dio pertanto ha voluto elfere „
foggetto a' fuoi infimi fervi, con quanto più di ragione dovete ,,

voi efferlo a voftro padre, ed a voflra madre? Gesù Cristo „


adunque onorava Giufcppe, e Maria , non per obbligazione di „
natura, ma per dovere di pietà. Onorava Cristo altresì Id- „
dio (uo Padre con una si rilpettofa fommeffione, alla quale nef- „
Inno giammai ha potuto afpirare, edendo egli flato a lui obbe- ,,

diente fino alla morte. Onorate adunque vollro padre, e vo- „


lira madre; né i'onorc fi rillringa al lolo rifpetto, ma ei vi por- „
ti altresì ad efTere verio di cffi liberale, giufla il fìgnificato di

quelle parole di S. Paolo: Onorate^ ed ajjtfìete le Vedove^ che fono „
veramente Vedove (e). Imperocché allora fi onora uno, allor- „
che

in) Lio. 8. in Lui. cMjf. 19. 1


(^) !• Tint. 5. v. 3.
(Z-) Lue. 2. I
3P4 Vita di S. Ambrosio
„ che e fi rifpetta , e fi foccorre a mifura del fuo merito. Ali-
„ menrate voftro padre: Nodrite voltra madre, e dopo averla
„ provveduta, lappiate, non aver voi dato a lei la compenlazio-
„ ne dovutale per li tanti incommodi, e patimenti da lei Tofferti
„ nel tempo, in cui era di voi incinta ,
per i iervigi preftativi,
„ allorché vi portava nelle lue vilcere, e per le doglie patite nel
„ partorirvi; e che non mai giugnercte a contracambiarle l'ali-
„ mento, che vi diede nel porgere che fece a' voftri labbri le Tue
„ mammelle da fuggere con tutta la tenerezza del luo materno
„ affetto ; né tuttavia le avete potuto ricambiare la fame , e la fete
„ da lei lofferta , per tema di mangiare , o di bevere cola , che potel-
„ fé a voi nuocere, od infettare quel latte, che edere doveva il vo-

„ ftro alimento . Voltra madre adunque per voi ha digiunato , per


„ voi ha mangiato, per amor voftro fi è aftenuta da quei cibi, che
„ gradevoli erano al luo palato, e fi é nudrita di quelli, che nelfuno
„ avevano per lei fapore; per voi ha paffate le notti vegliando; per
„ voi ha pianto; e voi foffVitc, che a lei manchi ciò che le fa di bi-
„ fogno? O mio figliuolo quale fpaventofo giudizio tirate voi lopra
„ del voftro capo, le non nodrite la voftra madre, a cui fiete debi-
„ tore di quanto avete, e di ciò, che voi ficte in qucfto mondo!

„ Quale, farà il voftro giudizio, fé la Chicfa lara obbligata ad ali-


„ mentare quelli, che voi non alimentate , quantunque sì ftretta,
„ e rigorofa ve ne corra l'obbligazione ? Se un uomo , dice S. Paolo,
che a lei appartengano
„ fé una donna fedele ha delle Vedove ,
„ per parentela , ad effe fommintflri ciò che loro è neceffario , ac-
5, ciocche la Chiefa non refìi aggravata del loro Jofìentamento , e pof-

„ fa quindi mantenere quelle ^ che fono veramente Vedove {a).


„ Eccovi ciò, che prefcrive la Chiela pel vantaggio di quel-
„ li, che a neffuno appartengono per titolo di parentela. Che
„ dovrem noi dunque penlare, eh' ella voglia fi faccia a riguar-
„ do de' genitori? Non é molto, che noi abbiamo di ciò con
„ dell' efficacia, ed a bella pofta favellato, indottivi dai lamenti

„ di una madre ; ed abbiamo voluto anzi avvertire in pubblico,


che

(li) i.Tim. 5.V. 1(5.


.

Libro XII. Capitolo X. 3^5


che privatamente correggere colui, il qual era colpevole, e
che lebbene non palefiamo pubblicamente chiamandolo col pro-
prio nome, nondimeno tutto ricoprire dovrcbbefi di conf'ufio-
ne riflettendo all' empia inumanità, di cui reo ritrovafi Non .

fate, o mio figliuolo, che l'altrui fame contribuilca alla fuflì-


itenza de' voleri genitori; né vogliate permettere , che dal di-
giuno de' poveri trar lì debba con che nodrire voftro padre, e
voilra madre Se voi non volete alimentarli per il premio ,
.

che Dio ve ne darà, e per afiicurare la voftra falute nodri- ;

teli almeno per lottrarvi dalla confuilone , e dalla vergogna, a


cui dovrete inevitabilmente foggiacere, le ciò trafcurate. E
voi, mia figliuola, non vi vergognate, allorché entrando nel-
la Chiela voftra madre nella fua eftrema vecchiezza ftende la
mano per elTere foccorfa da perione eftranee, e non olando di
ricorrere alla propria figliuola, e di domandarle alcuna cofa ,
chiede clemofina a perione , chea lei non appartengono, nel
mentre che voi le paflcite dinanzi col capo alto , con guarda-
tura altiera, con una verte, che feco trae un lungo ftrafcino,
con pendenti nell' orecchie, con braccialetti ed anella, e tutti
gliabbigliamenti del luflb ddcritti dal Profeta liaia («)? E
fé voftra madre indirizzando il fuo livellare a voi , e laician-
do d'implorare da altri il neceffario fovvenimento, da voi ri-
chiegga ciò, che le dovete per obbligo di natura e quell' af-
;

fiftenza , che la giuftizia , e la gratitudine vi coftringono a


preitare in contracambio de' ricevuti alimenti a corto delle fue
induftriofe follecitudini? Che rilponderete voi a voftra madre
in un fomigliante incontro
? Darete voi clemofina ad altri ?
Ma qual vergognoia confufione vi faran erti ricoprire col dir-
di
vi andate ; nodrite prima voftra madre , poi allora le ne ave-
:

te datene anche a noi. Imperocché per poveri che fiano, non


vorranno nondimeno efiere foecorfi da una ù empia clemofina
Non avete voi udito raccontare, che quel Ricco, il quale era
veftito di porpora, e di finirtlma tela, e ftava aflilo ad una
menla
jpó Vita di S. Ambrosio
„ menfa magnificamente imbandita , della quale Lazzero racco-
„ glieva i minuzzoli, loffre tormenti aiprifluni, per non aver no-
„ drito quello povero (*)? Se grave delitto adunque egli è il
„ negare relemofina ad un eftraneo , come non lo lata , ed in
„ eftrcmo atroce il privare del neceflfario toilentamento i noftri
,, fteffi genitori?

„ Che fé voi mi dite ( profiegue a ragionare S. Ambrofio )

„ che volete piuttofto dar alla Chiefa ciò , che dovrcfte contri-
„ buire per il loftcntamento de' vofrri genitori ; io vi riipondo :

„ che Dio non vuole , che voi gli offeriate de' doni , i quali ri-
„ ducono i voltri genitori alla dura neceffitìi di morire di fame.
55
Quindi è, che rinf.icciando i Giudei a Gesli Cristo, che i fuoi
55
Dilcepoli non lavavano le loro mani, ei loro rifpole Chiun- :

55
que dirà a fuo padre , od a fua madre : Ogni dono , che io fac-
55
cio a Dio , è utile a voi , ei né onorerà , ne ajjtfterà fuo padre ,

55
e fua madre (b). L'ofcurita di quelle parole ci ha fatti di-

55
vertire a bella porta dal noftro dilcorfo Imperocché da una
.

55
parte i Giudei leguendo la tradizione degli uomini traicurava-
55
no quella di Dio, e dall' altra i Dilcepoli di Gesù Cristo an-
55
teponendo la tradizione di Dio a tutte le cofe , trafcuravano
55
quella degli uomini, non lavando le loro mani, perchè effen-
55
do mondi da capo a piedi, più non avevano bilogno di lavarli
le mani ." Dopo efferfì da S. Ambrofio prefa occafione di fpie-
35

gare il mifterio del Battefimo, che ci purifica da tutti i nofiri


peccati , palla egli a confutare il falfo pretcfto de' Giudei, che
per coprire col velo della pietà la durezza de' loro cuori, vo-
levano che i padri, e le madri ncflun foccorfo riccveffero da
elfi per tema di contravvenire alla legge, e li riducevano a mo-

rire di fame per motivo di Religione.


Ma quella ( dice S. Ambrofio ) è tradizione d'uomini, che
cercano Icuie per coprire le loro avarizie , e non tradizione di
Dio, mentre quefta ci obbliga a cominciare dall'alimentare no-
ftro padre , e noltra madre E fé qualunque ingiuria , la quale fia
.

fatta

{a) Luca i6. \


{b) Matth. 15. v. 5.
Libro XII. Capitolo X. 3^7
fatta a' proprj genitori viene punita con la morte, giufta l'ora- „
colo della Scrittura, qual meriterà kipplizio la fame, alla qua- ,,

le dalla fpietatezza de' propr) (ìgliuoli vengono condannati i gè- „


nitori , efl'endocchè la fame fia aflki più tormentola della mor- „
te medefima? „
Con quefte parole reprime Gesù Cristo l'inlolenza di co- „
loro, che con una vana oltentazione dilpenlano le loro elenio- „
fine. Molti in fatti vi tono, i quali per procacciarfì gli ap- „
plaufi degli uomini donano alla Chielaciò, che tolgono a' loro „
congiunti; quando Criftiana compaffione cominciare dovreb- „
la
be da i doveri della domeftica pietà. Date adunque primie- „
ramente a vollro padre, poi date povero: date al Prete i
al „
beni della terra, che vi lopravanzano, acciocché egli vi dia „
quei beni fpirituali, che a voi mancano: Imperocché colui, „
che onora, farìi onorato. Confiderate adunque, che quello „
Prete da a voi nello fteflb tempo, che riceve da voi come pò- „
vero, ma per rendervi con ulura quanto riceve. Date al pò- „
vero per luo lollievo, acciocché facendogli alcuna parte de' vo- „
ftri beni, vi mettiate in iftato di ricevere un di per iuo mezzo „

l'eterno ripofo. Ma ficcome la Scrittura vuole preferiti gè- „ i

nitori nella diftribuzione delle noftre elemofine; così ella ci oh- „


bliga ad abbandonarli per amore di Dio, qualora elfi fiano d'im- „
pedimento alla noftra devozione, e ci frailornino dall' offerire „
a lui queir amore , fiam debitori.
di cui gli
Fonda il noftro Santo (a) quelf obbligazione ancora fu
l'efempio lafciatoci da Gesù Cristo con la cura da lui prelafi
fopra la Croce di affidare la tua Santiffima Madre alla fedeltà
del luo diletto dilcepolo Giovanni. Imperocché offerva egli,
quefto Evangelilta effere quel folo , il quale abbia notato ciò,
che non hanno Icritto gli altri tre, cioè lopra la Croce fteffa
averla quefto Divin Salvadore riconolciuta per lua Madre, ed
avere quello grand' Apoitolo creduto, che il Divin Maellro
diltribuendo tra la Madre, ed il Dilcepolo gli ufuzj della pie-
tà.

{a) L:b. io. in Lue. tgp. 23.


T^8 Vita di S. Ambrosio
ta, facefTe cofa affai più confiderabile di quella del trionfare de'
tormenrofi fupplizj, e dell' avere accordato ad un ladro il Re-
ono de' Cieli. „ Imperocché fé il perdono, die' egli, da Dio
conceduto in quefta occafione ha per oggetto la religione, e la
pietà, ve lo ha altresì, ma in un modo più fpeciale, l'onore
da quefto Divin Figliuolo preltato alla fua Madre. Né per-
fuadere vi dovete ( profiegue S. Ambrofio), che fiafi da me
variato l'ordine de' tempi, parlando prima della affoluzione del
5>
ladro, che del nome di Madre da Gesù Cristo attribuito fo-
V pra la Croce alla Santiffima Vergine. Imperocché recar non
3>
ci deve maraviglia, che quello, il quale era fcelo fopra la ter-

•>y ra per falvare i peccatori, abbia cominciato nell'ordine de' miei

V fcritti a compiere il minifterio, che fi era addoflato nel veni-


re al Mondo, perdonando ad un peccatore, ed affolvendolo da'
» fuoi delitti. Finalmente egli è quello, che ha detto Cl^i è :

mia madre , e cf/t fono i miei fratelli (a)? Perchè non era
55
venuto a chiamare i giufti, ma i peccatori, ed aveva cosi par-
55
lato a cagione del luogo, ove egli era, e dell' occafione, in

55
cui trovavafi. Ma fopra la Croce non potendo fcordarfi di
„ fua Madre, gliene da il nome, dicendo a lei: Eccovi il vo/ìro
„ figliuolo ; ed a S. Giovanni Eccovi la vofìra madre
: Face- .

„ va Gesù Cristo il fuo teltamento dall' aito della Croce , e


„ S. Giovanni degno teltimonio di un si gran Tellatore lo rice-

„ veva, e lo fcriveva. Eccellente teftamento , in cui non fi


„ trattava di terre, né di ricchezze, ma della vita; e che non
55
era fcritto con inchioliro, ma con lo Ipirito di Dio vivente,
55
fecondo quelle parole del Salmo La mia lingua ha la fìeffa
:

55
velocità della penna , e della mano leggiera di un efperto , ed

55
efercitato fcrittore (^). Ma non avendo Maria minor virtù,
55
e merito in queft' occafione di quel, che ne doveva avere la

55
Madre di un Dio, llava in pie dinanzi alla Croce, rimirando
55
le piaghe del fuo Figliuolo con occhio pieno di pietà , perchè

55
ella alpettava la falute di tutto l'Univerlo, e non la morte
dell'

(«) Matth.\z.v.^%. Luc.ii. Joan.i^. I


{è) Pfal. ^^. v. z.
.

Libro XII. Capitolo X. ^pp


dell' vxmata fua Prole. Abbiamo noi adunque in ciò una gran-
de iih-uzione di pietà. Voglia Iddio, che la lettura di quello
pafTo dell' Evangelio ci inlcgni e ciò, che il materno afietto
deve imitare, e qual rilpetto devono i figliuoli profefllire alle
lor madri acciocché le madri da fé ftefle accorrano ne' perico-
;

li, a' quali vedono cfpofti i lor figliuoli; ed acciocché i figli-

uoli fieno più ibileciti, e premurofi delle lor madri in lomi-


glianti occafioni, ed affai più commofli dal materno afletto, che
dal dolore della lor propria morte .

S. Ambrofio (a) impiega ancora , ed efpone con le flef-


fe parole quella fanta , e giudiziofa riflefflone nella lettera da
lui i'critta alla Chiela di Vercelli , credendo di non potere con
maggior gagliardia perfuadere a figliuoli il rilpetto , e l'aflì-
ftenza, che debbono predare a' lor genitori, che con l'elem-
pio di Gesù Cristo ItelTo, il quale ha voluto, che quello fui-
le uno de' principali articoli del luo teftamento, fatto in mor-
te, e della fua ultima volontà.

Capitolo XI.

S. Amhrojìo condanna i vani ornamenti delle donne maritare^


e delle fanciulle , ed il lujfo de loro abiti

FRaina eloquenza, contro


i difordini,
ed
quali ha
fuozelo, non ve
Ambrofio armata
de'
alcuno,
il
S.
n'é
la
eh' egli
abbia combattuto con più forti invettive, quanto l'afiettazione
de' vani abbigliamenti delle donne maritate, e delle fanciulle
del fuo leccio, pigliandolela principalmente contro di quelle,
che s'imbellettavano per comparire della più lufinghiera avve-
nenza adorne agli occhi degli uomini . Condanna egli quefl'
abulo, qual ecceffo valevole a disfigurare l'opera di Dio, ed a
fare, che noi più non pofiìamo elfere riconol'ciuti dagli occhi
dell'

(a) Epijl. 25.


400 Vita di S. Ambrosio
dell' Autore della natura, che ci ha formati colle proprie fue
mani. .„ O uomo, die' egli (a), voi fiete colorito , ed il
, voftro Dio è llato quello, che vi ha colorito della maniera,
, che lo fiete. Voi fiete lavoro d'un eccellente artefice, e di un
efimio dipintore. Guardatevi dal cancellare una sì rara pittu-
ra, che non riceve dall' inutile ajuto del belletto i luoi rifalti,
ma dal verace fuo luflro, e da' naturali ornamenti; che non è
tirata fopra la cera , ma è formata dalla grazia Donna , voi .

cancellate la vollra pittura, fé imbiancate il voftro volto con


un candore prefo in preflito da ftraniera materia, e lo colorite
fon un vermiglio, che non è a voi naturale. Qucfta pittura
è piuttofto una deformità, che un accreicimento della volìra

„ bellezza. Qiiefla pittura è anzi un inganno, che un contra-


, legno di femplice naturalezza. Quella pittura è di affai corta
, durata, e colla pioggia, o col fudore affatto cancellafi. Que-
, Ita pittura, con cui pretendete ingannare altrui , inganna voi

, fteffa , perchè primieramente fa sì , che voi non piacciate a.

,
quello , cui volete rendervi amabile ; qualunque volta ei s'ac-
, corga, voltro non effere, ma prefo in preftito, quel colorito,
, con cui cercate piacergli; ed in fecondo luogo abbominevole
, vi renda al voftro Facitore, che tutto vede in voi deformato il
, fuo lavoro. Ditemi, ve ne prego: fé voi avelie impiegato
un eccellente artefice in qualche manifattura, e dopo avervela
egli ridotta a quella ultima perfezione, che da lui potevafi de-
fiderare, voi ricorrefte ad un altro, il quale disfiguraffe quan-
to fi era fatto dal primo, altri in lui fbftituendo lavori invece
de' già perfezionati dal primo; quell'artefice, il quale vedreb-

, be così dillrutte le lue laboriole induflrie, non ne concepireb-


, be un alta indignazione? Non cancellate adunque in voi la
,
pittura di Dio , per imprimervi quella di una proftituta ; poi-
, che Ila icritto: TagUaro adunque le membra di Gesù Cristo
, fer farle dfvenir membra di una meretrice ? Guardimi il Cic-
, lo {h)! Chiunque adunque guafta , e corrompe l'opera di
Dio,

{a) Lib.6.Hexaemer.cap.%. \ (i) i.Corinth.ó.v. i<,^


.

Libro XII. Capitolo XI. 401


Dio commette un enorme delitto poiché enorme
,
;
delitto egli è il

credere, che un uomo
pofsa dare maggiore vivacità al vollro voi- „
to di quella, che gliene abbia data Iddio nel formarlo colle „
fue proprie mani, ond' egli poi fia coftretto a dirvi con volto ,,

fdegnato: non veggo i miei colori, più non vi ricono- „


Io più
fco la mia immagine, più non vi ravvilo i da me formati linea- „
menti . Rigetto adunque
che non è mio Itene pure, itene con
ciò, .

colui, che vi ha colorici, abbiate con lui commercio >mo(lratevi a „
lui grato, alui, cui delie ricompenfa per rimeritarlo della ina fati- „
ca. Che riiponderete voi ad un s\ giufto, ed amaro rimprovero? „
Favellando il noftro Santo degli incomodi del matrimo-
nio, condanna altresì fomiglianti peccaminofi artifìcj, de' qua-
li alcune moglj fi valgono per renderfi gradevoli a' loro mariti

Di qui naicono , die' egli (rt), quei incentivi de' vizj, che da „
effe fi adoperano per dipingerfi il volto, ufando a quelV ef-

fetto colori rari, ed affettati, per afficurarfi di non difpiacere „
a' loro mariti; di forta che lembri, che col roffetto, e con Io

trasformamento de' loro volti meditino , e procurino tutti i „
mezzi valevoli a corrompere la loro caftità. Qual follia è ella „
mai , cambiare la naturale tua immagine , l'avere ricorlo a (Ira- „
niero colore, e far quindi paleie lo fvantaggioio giudizio, che „
di fc fteffe pronunciano pel timore, che hanno della cenfura

de' propri m-inti > e di non efìfere da efli giudicate baftantcmen-

te gradevoli?

E non confefla forfè di difpiacere a fé fìeffa colei, che tanta „
dimoftra premura, ed affettazione di piacere agli altri? Ed a „
qual giudice più verace, ed irreprcnfibile polfiamo noi ricorrere, „
o donna, perchè venga pronunziata lentenza fopra la voRra „
deformità, che a voi fteffa, la quale temete d'effere veduta? „
Se voi fiete bella, perchè vi nafcondete, e vi trasformate cosi? „
E fé voi fiete deforme, perchè fingete d'eflere bella, effendo

ficura di non efferla riputata né dalla voftra cofcienza , né dall' „
errore di colui , che d'ingannar pretendete ? Stantecchè un „
altra

(ti) Lib. i. àcVirginib.

Te»/;, n. G C
.

^02 Vita di S. Ambrosio


altra egli non quella , che voi efponete a' fuoi fguardi
ama , e
col veltro malcheramento , con cui vi sforzate di piacere a
che al voftro marito.
tute' altri, E vi fdegnarete poi, fino a
dar in ilmanie da furibonde , fc il voftro marito s'innamora
d'un altra, dopo d'avergli voi ftefla iniegnata, ed infmuata la
corruzione, e l'adulterio con l'alterare il voftro volto? Mal
a propofito voi vi fate, o donna, a lui maeftra della voftra
,
ingiuria. Qijelle ftefie, le quali fi fono valfe d'un infame mi-
5 nillro per le loro impudicizie, provano dell' orrore ad impe-
,
gnarfi in un cosi vergognofo lenocinlo, e per vile, e miferabi-
, le, che fiafi una donna, giammai non vuole, che il fuo delit-
, to promova foddisfacimento, ma folamente
l'altrui interelTe, e

, il proprio . che il male, il quale fi commet-


Può altresì dirfi,

, te con l'adulterio, fia in una tal qual maniera più tolerabile;

,
poiché fé con l'adulterio la fola pudicizia corrompefi, col bel-
, letto la natura flefla viene onninamente corrotta Quante .

, ( profiegue a dire S. Ambrofio), per-


fpefe poi è forza di fare
, che anche una donna, che dalla natura ha ricevuto il vantag-
,
gio della bellezza, non difpiaccia al luo marito? Collane fi
, richieggono di un valore llraordinario, e vefti fplendide per
, riccamente teflute , le quali abbiano un lun-
l'oro, di cui fono

,
go ftralcico, ond' abbia altiera , e faftofa a trarle dietro fui fuo-
, lo Comprafi adunque la bellezza col danaro , e non real-
.

,, mente pofledcfi. Qiianti ancora fi adoprano profumi per reri-


, derla più gradita ? Qiiante lì fanno pendere pietre preziofc
, dalle lue orecchie ? Fino a' faci occhi fi cerca di far prendere
, la tintura d'un più vivace colore. Che refta quindi ad una
, donna, che a lei fia proprio, e naturale, dopo tanti cambia-
, menti ? Perde ella i fuoi fenfi , e nondimeno crede ella per
, avventura di poter profeguire a vivere ?
,
Non vedete [ die' egli verlo la fine dello ftelTo Libro (<?)],
, che con paflb maeftevolmente mifurato ella fi muove, come le
celebrafìTe la ceremonia, e la pompa di qualche trionfo, e tut-
to

( « ) Ltb, I . de Virginib. pag. 46 5


,.

Libro XII. Capitolo XI. 403


to compone il luo eftcriore per far rivolgere fopradi fé gli fgiiar- „
di di tutti, divenendo con quella Tua affettazione moltruola , „
nello rteflb tempo, che iì sforza di comparir avvenente? quan- „
4o in vece difpiace ai Popolo, prima di piacere al tuo marito. „
Eh che afsai più belle , e gradevoli vi rende, o Vergini , la „
fanta voftra negligenza, con cui rigettate ogni lotta di abbi- „
guarnenti, elsendo appunto per voi il più bell'ornamento il „
difpregiare tutti gli ornamenti. Certamente le orecchie delle „
mondane donne, che corrette fono a lalciarlì trapalsare, e la- ,y
cerare per andar adorne delle preziofe pietre , che da lor pen- „
dono, e l'infelice lor collo aggravato da enorme pelo, nelsun „
alleviamento dar pofsono a' lor lupplizj, ned altro fare, che „
efporle a quei pericoli , a* quali conducono si preziofi metalli „
Cinto da pelante catena è il ior collo , chiufi tra' ceppi fono i „
lor piedi. Siafi poi oro, o ferro, quello, che ne opprime il „
loro corpo, che importa ? fé le membra lono opprefse, fé forz' „
è moverfi con dello ftento. La preziofitk del pelo, che vi op- „
prime, o donne, ad altro non giova, che a rendervi affan- „
nofamente timorofc d'efscre fottratte dal tormentolo vollro fup- „
plizio. Che voi poi, o donne vane, fiate condannate per „
altrui, o per voftra fcntenza , che importa? Ciò che fi può „
di voi dire fi è, efsere voi afsai più infelici de' condannati alle „•
catene dalla pubblica autorità delle Leggi; perchè laddove co- „
fìoro folpirano d'andarne Iciolti, voi per Io contrario altra bra- „
ma non avete , che di rimanerne avvinte " . Eccovi in
qual maniera le pone il noftro Santo in derifione, per far loro
concepire dell'orrore della volontaria loro Ichiavitù, ed ecci-
tare ne' loro cuori qualche fona di compaffionc verfo fé flefse.
Ma per abbattere tutti quc' frivoli pretefli, de' quali el-
leno erano lolite valerfi per giuftificarc la lor vanita, rifponde
ad una obbiezione, che le fanciulle, e le donne maritate del
fuo tempo potevano a lui fare, nello fpiegare, che faceva ad
else la lìoria de' pendenti dell'orecchie, che il fervo d'Abra-
mo diede a Rebecca per parte d'Ifacco fuo giovane padrone
Ce II che
.

40-4 Vita di S. Ambros i o


che damandavala in iipofa (a). „ Forfc mie figliuole (loro di-
„ ceva) voi che ajpiratc alla grazia del Signore , potrà queft'
„ efempio rendervi voglioie d'avere degli orecchiecti , e delle
„ maniglie, ed indurvi a cosi favellare :# Come? nello fteflb tem-
„ pò, nel quale voi ci proponete l'elempio di Rebecca per me--
„ dello della noftra condotta, voi ci proibite l'avere com' ella de'

„ pendenti, e delle maniglie fomiglianti a que' doni da lei rice-


„ vuti per le fue nozze? Ma io vi rifpondo: che ella non avc-
„ va di quella iorta di pendenti , e di braccialetti , che ordina-
„ riamente fono cagioni di riffe, e di contrafti, quando cadono
„ nelle Chiefe; ma che ella ne aveva d'un altra fpecie, quale
j, iodefidero, che voi fimilmente li abbiate. Gli «rccchietti di
5, Rebecca erano gl'illullri contrafegni di pietà, con cui ella afcol-
„ tava la parola di Dio; e le fue maniglie , o braccialetti erano
„ gli ornamenti delle fue buone opere QLiefta forta di penden- .

5, ti battevano piacevolmente nelle lue orecchie, né erano a lei

5, d'aggravi©, e le maniglie da lei portate non rendevano pefan-


„ te la fua mano con alcuna forta d'oro materiale , e fenfibile,
„ ma la facevano anzi più leggiera, e più atta alle azioni fpiri-
„ tuali, che rilplendevano nella di lei condotta, e grata la ren-
5, devane a fuo padre, ed a' fuoi parenti. Prendete adunque an-
„ cor voi i pendenti , che Abramo vi ha laiciati ; prendete le
„ maniglie , che fono fino a voi difcefe per la iucceffione d'Abra-
„ mo Afcoltate la parola del Signore voftro Iddio, come que-
.

„ fto Patriarca i'afcoltava , ed cfeguitc i luoi comandi della itef-


„ fa maniera , con cui egli fi è sforzato d'intieramtnte adcm-
„ pirli.
Cosi dal noftro Santo feparavafi il frutto dalla fcorza, lo
fpirito dalla lettera, ed il mifterio dalla figura; e dava chiaro a
capire ad un ki^o naturalmente inclinato alla vanirà, ed al luf-
fo , che fé i principali ornamenti delle mogi] de' Patriarchi
erano la lor fede, la loro obbedienza, la loro modeftia, e tut-
te le altre virtù; molto più quelle, che fono rifchiarate dalla
- più

( * ) Liù. I . de Abrah. pag. 241


.

Libro XII. Capitolo XII, 405


più terfa luce dell' Evangelio , dovrebbero prenderfi maggior
cura di abbellire le loro anime , che di renderfi riguardevoli
con l'erteriore pompa di quefte vane fuperfluitk

Capitolo XII.

Che S. Amhrofio e fìnto fempre il fl.tgello degli Avari ,


e dell' avari:?ja.

NOn v'è chi pofla con voce più alta, e minaccevole de-
clamare contro de' vizj, quanto quello, che non ne pro-
va 1 loro afiiilti. Ed efìTendocchè il difinterefle di S. Ambrofio
fulTe noto a tutti quelli, che vivevano nel luo Tecolo, mara-
vigliare non ci dobbiamo , eh' egli fia llato il perpetuo flagel-
lo degli avari, e dell'avarizia.
vano timore, che tiene coftoro in continua
Si ride egli del
agitazione per l'apprenfione, con cui temono, che ad efTì fiano
tolte le lor ricchezze. „ Non paventate,
(^), quelli, 5> die' egli
che pofiTono rubarvi i teiori dell'oro , e dell'argento, da voi „
radunati. Coftoro non vi tolgono cola alcuna, poiché vi tol- „
gono ciò , che voi non avete. Eglino a voi tolgono quello,
eh' era anzi capace d'aggravare , e di opprimere la voflra
anima , che di adornarla Eglino vi tolgono ciò , che ab-
.

batte il voftro cuore , non ciò , che lo arricchiva , fecondo


quelle parole della Scrittura, che voi avete in queft' oggi udi-
te :Ove è il vo/ìro f eforo , ivi al fresi è il vofiro cuore {b).
Alcuni vi fono , i quali rinchiudono i loro tefori lotto le
ferrature delle loro porte ; ma coftoro non fi fidano né de'
loro [leccati , né de' loro catenacci Molti ve ne fono , che
.

vi pongono delle guardie, e delle lentinelle , perché vi ve-


glino d'i, e notte; ma efll ordinariamente affai più diffidano
delle lor guardie , che di verun altro. Altri ve ne fono, i „
quali

(^) Liè.z.d'jvitdùeatàcap.^. | (^) Matti). 6. v. li.


Ce III
,

jQ^ Vita di S. Ambrosio


quali avendo nafcoflo fotto terra il loro oro, ed argento, giam»
mai da lui non fi Tcoitano, come le lo voleflero coprire, e di-
„ moftrano cosi, ftare il lor cuore fotto terra lepolto, della itcf-
„ la maniera, che vi iìà il lor oro. Guardatevi però dal si fat-
„ tamente fepellire il vodro cuore I ladri , che voi dovete tc-
.

„ mere, non Tono i ladri di queit' oro terreno; ma quell'ulura-


„ jo, il qual tutta va ricercando la voltr' anima, per vedere fc
„ abbiate con lui contratto alcun debito, commettendo qualche
„ grave peccato, che lepellilce il voitro cuore lotto terra, che
„ eopre la yoftr' anima della (lefTa terra, con cui voi avete co-
„ perto il vortro oro, la fa gemere fotto l'enorme pelo delle più
„ eforbitanti ulure , e finalmente la chiude in un fepolcr\o
„ d'onde giammai alcuno non è ulcito.
Fa altrove il nollro Santo un aflai vivo ritratto di quefta
ferale infermità, e ne defcrive tuoi perniciofi effetti. „ Non
i

„ -vi è, die' egli (^), malattia più pericolola, ed inlanabile di

„ quella dell' avarizia , e della inlaziabilc cupidigia . L'Ecclc-


„ (ìalte ce la delcrive in quelli termini: Vi è ancora una malat-
„ tia njjfai tormentofa ^ da me veduta RìcchcT^
fotto del Sole.

„ z^ cieèf con la p'th atijtoja jollecitudtne confervatc per conti-


-i

„ ììuo fuppltzjo di colui , che le pojjiede {b). Ditemi , o Ec-


„ clefiafte , ciò che voi giudicate di quella pericolofiITima infer-

„ mita ? Ed egli mi rilpondera: che la Iperanza di poffederc


„ ricchezze con avarizia divora molte perfone, e che la cupidi-
„ già è inlaziabile Colui, che brama di acquiftare danaro, am-
.

„ morzare non può quella accefillmia brama. Gonfiano le ric-


„ chezze cuore, e non laziano kioi defiderj; e quand'ancora
il i

„ dall'avaro le ne godelfero con iitrabocchevole abbondanza, non-


„ dimeno placidi giammai non larebbero i luoi tonni. Tutti il
„ milcro paffa i giorni della lua vita in affanni, tnllezze, ango-
„ fcie, ed amarezze (e). Imperocché di qual ripolo può mai
,j godere un uomo, che viene continuamente agitato dall' affa n-
noia

(a) Enarrat.in Pfalm.i. j


(e) lòid.v. il. l6,
(i ) Ecclef. 5. V. 12. '
Libro XII. Capitolo XII. 407
nofa follecitudine, con cui veglia alla cuftodia del fuo danaro, „
temendo di perderlo , che inceflantemente brama di accrefce- „
re, che fta continuamente occupato nell'efaminare a qual vai- „
fente afcendano frutti delle lue rendite, e delle lue ipoteche? „
i

Qiiefta malattia adunque è affai molefta poiché ci toglie la „


;

tranquillità dell' animo, che è un bene più d'ogn' altro amabi- „


le, e defiderabile. „
L'avarizia (dice altrove Santo) è vcrfo tutti invidiofa; „
il

è per le fieffa povera nella più doviziofa rie- „


dilprcgevole ; è
chezza e bilognola fi rende nell' abbondanza d'ogni Torta di „
;

beni , a cagione dell' eccefib , e della violenza della lua paffìo- „


ne. Non venendo poi la cupidigia da verun freno regolata, „
da neffuna moderazione altresì viene trattenuto quell' ardore, „
che la tralporta a commettere ogni forta di ladrocinj. Accen- „
de ella l'anima, e crudelmente la divora; né altro paffa diva- „
rio tra l'amore dilonefto, ed eflTa, fé non che l'impurità imbrat- „
ta , e corrompe la bellezza del corpo , e l'avarizia perverte „
l'ufo delle terrene ricchezze. Mette ella loflTopra gli elemen- „
ti, folleva i mari, fcava le viicere della terra, importunai „
Cieli con infaziabili brame, non può foffrire né il tempo fere- „
no, né il tempeftolo, dilapprova i raccolti di ciafcun anno, „
e rimprovera alla terra la fertilità di lua abbondanza.
Gofa non v'è, che più infoffribile fembri a S. Ambrofio ,
quanto la durezza de' ricchi , che fanno un traffico inumano
delle pubbliche afflizioni, chiudendo le biade ne' lor grana) per
venderle in tempo, di careftia , e profittare cosi delle milerie
de' loro fratelli, ed arricchirfi alle Ipele di un vallo numero di
miferabili . Abbatte egli quindi tutti i vani pretefii, co' qua-
li colloro cercano di ricoprire la loro „ Convien „
avarizia .

[ die' egli (^) 1 morte


mortificar l'avarizia
, e dar
alla cupidi- „
già Davide fi protefta (^), avere lommo abborrimento a lomi- „
.

glianti mezzi d'arricchire , per efler eglino indizj piuttofto d'a- „


nimo fraudolento, che di cuore fincero. E Salomone dice: „

(a^ lik^.deOffic.ctip.ó. I
(6) Pfalm. 70.
Ce IV
1

.Qg Vita di S. Ambrosio


Che quale nafconde il frumento , farà maledetto da
colui , il

Popoli (a) Queft' è una lentenza definitiva, che non laicia


.

luo^o né alle dilpute, né a' loliti contrafti, che logliono farfi


„ allorché da taluno fi pretende, iHmarfi da tutti l'agricoltura
„ per cofa lodevole, e dicefi, effere i frutti della terra per fc
„ lleffi indifferenti; meritare d'cffere più iHmato, chi più ha femi-
„ nato di frumento; ed eflere una ricompenfa dovuta alla lua indu-
„ ftria l'averne egli raccolto in maggior copia; ned eflfere ftati
„ foliti ali uomini di biafimare in fomiglianti occafioni, le non fé
„ la negligenza quei lavoratori, i quali non fi lono curati di
di

„ ben coltivare le loro terre. Io, mi fi dira, ho ulata nell' ara-


„ re diligenza ftraordinaria ; ho buttato del feme in maggior
„ copia ; ho coltivato il mio campo con la più attenta accura-
„ rezza; fono (lato premurofamente loUecito nel chiudere i miei
„ raccolti ne miei grana), ve gli ho fedelmente conlervati, e ve
„ ho cuftoditi per una tal qual previdenza, che avevo dell'
gli

j, avvenire ; ed ora in quello tempo di careltia li vendo, e ioc-


„ corro cos'i alla neceffua di coloro , che hanno fame Io ven- .

„ do il mio frumento, e non l'altrui; né lo vendo più degli al-


j, tri, anzi a meno io lo rilafcio. Q;ial frode adunque ritrove-

„ raffi un fomigliante operare, con cui provedo all' indigen-


in

5, za di tanti, i quali fé non trovaffero frumento da comprare


„ potrebbero per avventura perire? Mi fi afcrivera adunque a
delitto la mia induftria Deli' effcrmi io prefa cura dell' av-
„ ?

„ venire ne farò io incolpato? E degno di biafimo riputeraflì


„ quello mio prevedimento?
Quell' uomo ( profiegue S. Ambrofio ) forfè dira Giu-
„ :

„ feppe ha radunato del frumento nel tempo dell' abbondanza,


„ e lo ha venduto nel tempo della careltia S'obbligano adun- .

que gli altri a comperarne folranto aiiorchè vendefi a caro


5,

„ prezzo ? Si ufa forfè della violenza per coflringere gli altri a

„ comperarne contro lor voglia? Laiciafi a tutti la liberta nel

j, tempo del raccolto; a neffuno adunque fi fa ingiuria.


Dopo

( « ) Prev, 1 . V. 6,
Libro XII. Capitolo XII. 40^
Dopo un fomigliante ragionare, con cui ciafcheduno efpo- „'

ne quella opinione che viengli dettata dal luo Ipirito ; un


, „
altro fi prelentcrà ( dice il noìtro Santo
)
per ilmiimcntc far „
palele ciò che ne fente , in quefti termini Buona per verità
:

è l'agricoltura, poiché a tutti fomminirtra frutti, ed alimento, „
accrefcendo lenza verun artifizio, e frode, ma colla fua fola „
femplicitìi la fecondità della terra; non riufccndo ella IVantag- „
gioia le non fé quando viziofa rendafi Imperocché chi ben „
.

lementa, abbondantemente raccoglie, e chi fcclto frumento „


butta nel luo campo, frumento eletto nericava. Una terra fé- „
conda rende moltiplicato ciò che riceve ed un campo fedele „
;

reftituifce con ufura il feme a lui affidato. Dalla fecondità „


adunque della voftra terra attendere voi dovete la mercede „
delle voftre fatiche ; dalla fertilità adunque del voftro fuolo „
fperar voi dovete la ricompenla dovuta all' induftriofe voftrc „
follecitudini. E
perchè adunque volete impiegata nel defrau- „
dare altrui l'indultria , e la liberalità della natura? Perchè „
contraftate voi al comune ufo degli uomini quei pubblici frut- „
ti, che fono fatti per elfi r Perchè diminuite voi fabbondan- „
za de' Popoli ? Perchè procurate voi la loro povertà, e la mi- „
feria? Perchè riducete i poveri a bramare la ftcrilitìi? Ini- „
perciocché ncffuna traendo elfi utilità dagli anni fecondi , per „
porfi da voi in opera tutti i mezzi inducenti all' accrclcimen- „
to del prezzo de' grani, e per rinlcrrarfi da voi ne' voftri gra- „
naj, vogliono piuttolìo , che non ve ne fia di lorta alcuna, „
che vedervi fare un si crudele traffico della pubblica fame .

Voi fofpirate la penuria de' frumenti voi bramate con tutto
; „
l'ardore una totale cariftia di viveri; voi vi affliggete degli ab- „
bondanti frutti del fertile fuolo ; voi piangete la pubblica fer- „
titua ; voi deplorare qual grave infortunio la troppo copiofa „
quantità di quelle biade, di cui iono pieni i voftri granaj; voi „
Itate in continua attenzione ofservando fé la terra divenuta „
meno feconda, e più fcarlamente di quel che foglia, produca „
i tuoi frutti. Ed allora voi vi rallegrate, voi el'ultate , ve- „
dendo dalla fua maledizione loddisfatta l'avarizia de' voftri de- „
fide-
,

410 ViTADiS. Ambrosio


„ fiderj fempre intenta a bramare, eh' ella neffun frutto produca
„ in alcuna ina parte. Ed allora vi rihbandonate ad un iftraordina-
„ rio giubbilo, vedendo giunto il tempo della voftra mietitura.
„ Ed allora voi ammalsate ricchezze a corto deli' univerfale mi-
„ feria E dopo tutto ciò potrete avere ancora la sfrontatezza
.

„ di far paflTare quefta voftra maniera di operare per un effetto


„ della voflra induftria e di dar il nome di follecita cura , e
,

„ di provida precauzione a ciò, che altro non è, toltocchè un


„ fraudolento artificio, od una artificiofa fraudolenza? E dopo
„ tutto ciò potrete chiamare rimedio ciò , che non è fé non un
„ invenzione, ed uno ftratagemma della voftra malizia? Io per
„ me vi afficuro, che non fo, fé debba a quefta voftra condot-
„ ta dar il nome di latrocinio, o pur di iniquifiima ufura. Voi
„ in tal qual maniera cercate il tempo de' latrocinj per entra-
„ re infcnfibilmente fino nelle vifcere degli uomini a fine di ,

5, tendervi crudeli infidie. Voi accrefcete , e fate crefcere il


5, prezzo delle biade in guifa , che di molto ibrmonti il fommo ,
„ l'ecceffivó , l'elbrbitante; ed efponete cosi a piti ficuro perico-
„ lo la vita degli uomini. prezzo
Pel folo voftro vantaggio il

„ del pane da voi tenuto rinchiufo ne' voftri grana) ogni dì più
„ crefce, e fi raddoppia. Voi nafcondcte il frumento come ulu-
5, raj, e come iiìercatanti ne aumentate il prezzo. Perchè au-
„ gurate voi a tutti del male, e l'univerfale ultimo efterminio
„ come fé più premurofa dovefs' elTere la cariftia, come fé altre

„ biade non vi fuflero, che le voftre, come fé il venturo anno


„ dovefs' effere di gran lunga più fterile del prefente ? Neil' uni-
5, verfale rovina adunque e diicapito confifte il voftro guadagno.
j,
Il Santo Patriarca Giufeppe ha aperti i granaj di Farao-

j, ne a tutti gli Egiziani, e non gli ha chiufi , né gli ha riem-


„ piti per far rincarare il frumento, ma perchè giammai non

„ mancaffe ai Popoli il neceffario foftentamento Egli non ha


.

5, pretefo di far per fé il ben menomo acquifto , ned altra mira


„ ha avuta, ufando di una si faggia previdenza, che di tene-
„ re lontani dai Popoli tutti gli incomodi della penuria, e di
,5 riparare li gravi pregiudizj della fame.
Si
LiiSRoXII. CapitoloXII. 411.
Si duole ancora S. Ambrofio (a) dell' ingiuftizia di que-
gli uomini, i quali lono talmente prevenuti dalla (lima del-
le ricchezze , che credono non meritare d'clTere onorato , fé
non chi ne abbonda. Ne attribuilce loltanio quelt' ingiufti-
zia al ma contcira efTere da gran tempo, che nel
luo (ecolo,
Mondo regna un fomigliante abulo. „ A cagione dell'ava-
rizia ( die' egli ) Acham pensò di far perire tutti gli Kdrae-
liti. Gioluè , che ebbe forza di fermare il corlo del Sole,
e di trattenerlo, ficchè non pafTaffe più oltre, non potè im-
pedire gli inlenfibili progreflTi dell' avarizia degli uomini Il .

Sole fi fermò al proferirfi di una fola lua parola ; ma l'ava-


rizia non fu trattenuta da' fuoi difcorfi. Giunfe egli a com-
piere il fuo trionfo, fermando il Sole; ma {a quafi in peri-
colo di perdere la lua vittoria per i progrefti dell' avarizia.
Rapporta ancora a qucfto propofito i'elempio di Sanlo-
ne , che fi lafciò lorprcndere , e rcftò prefo dal tradimento
di Dalila .
„ Quello ( die' egli ) che ha fatto in brani colle „
fue mani un lione furibondo , che eft'endo legato , e dato in „
potere de' Filiftei ha infranti i fuoi vincoli lenza il foccorfo „
d'alcuno , e ne ha fatti morir mille , che ha rotte corde tef- „
fute di nervi, come (e fuftero un tcnuiffimo filo di canape; „
quefto medefimo uomo
avendo abbaffata la fua tefta fopra
, „
le ginocchia d'una donna, perdette il preziolo ornamento de' „
capelli , che lo rendevano invincibile , e ne' quali confifteva„
la maravigliofa, e fovrumana fua forza. L'amor del danaro „
penetrò inienfibilmente nel feno di quefta donna , e qued' „
nomo SI formidabile fi fenti di lubito dalla fua forza abban- „
donato. L'avarizia adunque è un peccato funefto, ed il da- „
naro ha attrattive troppo nocevoli; poiché rende perfidi quel- „
li ,che lo poffedono, ed è inutile a quelli, che ne foji privi. „
Dice ancora S. Ambrofio in un' altro luogo con affai
d'eloquenza, che la Fede combatte per Iddio, e l'avarizia
per il Demonio; che la Fede ammalia ricchezze, le quali a
lei
! - „ I
.
I
III «I I I III W^
,

412 ' ViTADiS. Ambrosio


lei poflbno efìfere utiliffime , al contrario dell' avarizia , che

ne aduna ibltanto per i ftranitri Indi deplora l' infelicità


.

degli avari, che tanto fi atìNinnano, fenza lapere, chi iara quel-
lo , che goderà un dì del frutto delle loro follecitudini, e de'
loro travagli „ Non vi è [ die' egli {a) ] maggior vanita nel
:

„ Mondo, quanto quella di non fapere per qual erede uno fi af-
„ fatichi Imperocché come può un' avaro fapere , fé a lui
.

„ fopravivera il fuo figliuolo , od il fuo nipote ? Spefle volte


5, fuccede , che quello , il quale era flato col fuo teftamento
5, dichiarato fuo erede , o fia prima di lui portato al fepolero ,
5, o fé a lui fopravive , tutte ne diflTipi le acquiftate ricchezze

„ od in crapole , od in diffolutezze; o pure ne venga privato,


5, o per l'imprudente fua condotta,
o dalla pena della profcri-
5, zione Se
. voi adunque vedete taluno anfioiamente foUecito
ricchezze , ditegli c/je invano ci ft affatica , e
5, nel radunar
:

5, / inquieta , e cIj egli r«duna , ne fa ^ chi raccoglierà quanto ha


5, radunato . Imperocché non potendo feco portare ,
quant' ei

5,
pofTiedc , laiciera le fue ricchezze a de' ftranieri , e come fo-

5, vente fuccede , elleno caderanno nelle mani d' un fuo nemico


5, o d' un ingrato , che lo infulti dopo avere acquiftata la fua
5, eredita , e fi prenda il piacere di perfeguitare quelli , che

„ erano fiati amati dal fuo predcccfTore , e di vendere in iichia-


5, vi quelli, eh' egli aveva nudriti.
Finalmente dice (ù) „ che ficcome Giudei fono figliuo-
i

5, li del Demonio , non già per la fucceflione della carne , ma


5, per
quella del loro delitto; così tutti gli avari peiTeggono con
5, le loro ricchezze la lebbra di Giezi ; che tutti gli sforzi da
eflì

5, ingiuftamente fatti per acquiftar tanti beni ,


quanto meno ier-

3, vono ad acerpfcere le loro rendite, altrettano cooperano al ra-


„ dunamento di un teforo di delitti ; e che avendone per poco
5, tempo goduto, fi condannano per fempre ad un tormento eter-

5, no . Poiché laddove tranfitorie e brevi lono le lor ricchezze , per


5, contrario in eterno durerà il lor fupplizio; effendocchè ne gli
„ avari, né gli ubbriachi, ne gli idolatri erediteranno il regno di
„ Dio {e). Eccovi

C«) Ea.nrgt.h Pfrtltn.^^.- (è) lib./^.in Inr. c.ip./^. (r) \. Cc-.ó.v.').


Libro XII. Capitolo Xlf. 413
E«co\7Ì come da S. Ambrofio tutti adempivanfi i doveri
d" un ruccefTore degli Apoftoli per inftruirc- tutti gli flati del
Criftianefimo , e prenderlela contro di tutti i vizj, che lo dil-
onerano . Qiial Evangelica tromba animava alla Ipirituale
battaglia tutti quelli, che fi erano arrollati per mezzo del Bat-
tcfimo fotto lo ftendardo della Croce. Si sforzava di ricondur
col terrore fopra la ftrada reale della falute quelli, che ne ave-
Vano deviato, per tener dietro alk vanita, ed a' caduchi be-
ni di quefta terra . Ne Chieia certamente lo annovere-
la
rebbe anche a' noitri giorni più celebri Dottori, s'egli
tra' fuoi
non fi fuffe recato a gloria di eflere un umile Dilcepolo di
Gesù Cristo, e di non inlegnare al fuo Popolo, le non fé ciò,
ch'egli aveva imparato nella fcuola di queUo Divino Ma-eftro,

Fine delia Vita di S. Ambrosio.

'^^^

GIÙ.
GIUDIZIO SOPRA ALCUNE OPERE
COMPOSTE
DA S. AMBROSIO.
^. I. abbiamo parlato nel decorfo di quc-
fta rtoria ,tenere nel far ciò
e di
Di fuoì Scvìtti /opra t primi capi- l'ordine delle ultime edizioni (<^).
toli della Cenefi . Oflerva S. Girolamo (^) eflcrc

A
la maggior parte de' libri di S. Am-
Vendo S. Ambrofio brofio pieni di paflì tolti da Origene.
onorara , ed edifi- Il primo di quelli libri è l'Efa-
cata la Chiefa non merone, o l'opera de' fei giorni,
meno colla fua dot- che fpiega il principio della Genefi,
trina , e con i fuoi e la noria della creazione del Mon-
Scritti che colla fantità delle fuc
, do (e). Oiiefl' opera è Hata dal
operazioni, noi abbiamo c^iudicato nofho Santo cavata principalmen-
cola conveniente il qui telFere un te da Origene. In elTa nondime-
catalogo di quelli , ne' quali non no attenendofi egli anche alle opi-
nioni

(<z) Tra qucde ultime edizioni non 1 Sig. Hcnnant la Vita del noflro S.iìito .

deve intenderfi comprcia qr.ella del- Dd Traduttore , come pure tutu le al-

le Opere di S. Ambrofio de' PP. della \


tre fottonotate a quefio Cincìizio .

Congregazione di S. Mauro enTcndofi ; i

molto avanti a quefl' edizione, cioè {l>) Hie/on. l. i- in Ruffin. e. i.

fino dal MUCLXxix. data alla luce dal |


{c^Idcm Epiji.6'^.
. . . .

4IÓ Giudìzio sopr A ALCUNE Opere


nioni de' Santi Ippolito, e Bafilio, Santo (leffa trafcritti quefli Sermo-
chiaramente conofcefi , eflere ella ni , dopo d'averli compoHi , ed aver-
poco meno , che una traduzione ne fatta lateffitura; ciocché altre-
de' Santi teftè mentovati confueta cofa era in lui

Qiieft' opera è in oggi divifa in Sirto di Siena nondimeno fortie-


fei libri (/?) , e fino dal tempo ne, che nelle arrtiche edizioni fi
di Beda veniva cosi citata. I più legge, conticuijfep , ed ait
antichi efemplari la dividono non- Nota il Santo in queft' Opera,
dimeno fermoni, come fembra
in che eifendovi fiata alcuni giorni
aflai più convenirle ; edendocchè inanzi una ficcità, aveva uno det-
il principio, ed il fine di ciafche- to , che pioverebbe nel rinovarfi
dun libro fiano in fiitti più addat- della Luna , fecondo la perfuafio-
tati ad un Omilia, che ad un li- ne , che dalla maggior parte degli
bro. uomini fi ha, che i' cambiamenti
Vedefi altresì (^), che egli con della Luna cagionino de' cambia-
effi parlava al Popolo Criftiano adu- menti neir aria. Non effendofi
nato nella Chiefii dopo la Lezione però avverata la predizione di co-
de' facri Libri, e che dava fine al Ihii , S. Ambrofio , che dèfiderava
filo difcorfo , per andare ad offeri- la pioggia ugualmente , che gli al-
re il Sagrificio . Sembra che mol- tri , ma che affai più dèfiderava di
ti ne recitafTe in tempo di fera. diftruggere le falfe opinioni, fu af-
Egli fteflb fi dichiara d'averne pro- fli che non pioveffe , fé
contento
,

nunziato uno in giorno di digiuno i non dopo di efferfi impiegate dal-



ed è certo, averli egli recitati nel la Chiefa molte preghiere per ot-
tempo della Qiiarefima , fimiimen- tenere querta grazia da Dio, dal-
te che S. Bafilio , da lui altresì la cui mifericordia , diede il Santo
imitato nel pronunziare alle volte a comprendere , doverfi attendere
due Sermoni in un fol giorno. Im- la pioggia, e non da' diverfi cam-
perocché fece egli quelli fei libri in biamenti della Luna
lei giorni; ed è viiibile, che il Ca- S.Girolamo {e) fembra indica-
pitolo quinto del terzo Libro ha re queft' Opera di S. Ambrofio, del-
nel fuo finire fembianza d'Omilia la quale il Santo rteffo ne parla in
(e). due luoghi (/) , in una lettera diret-
Nelle ultime edizioni (d) vi fi tro- ta ad Oronziano , il quale avendogli
vano quelle parole , & cum pati- fcritto, che aveva letto il fuoEfa-
ìukim contictti/fem
, iterumfermonem merone , ma che non vi aveva tro-
Quella maniera di
adorjtis ajo ZD'c. vato il perchè Iddio avelie fatto
efprimerfi dinoterebbe , efferfi dal l'uomo dopo tutte le altre creatu-
re,

I ( a ) Caffied. 1. 1 . Infiit. Sixt. Senenf. l.*^. (c^)i. 5.«'. 12. {e)Hieren.Ep.6%.


(é)F. I. 17.252. />. 24. 58. 81. (/) Aìnbrof. ad Horont. e. i ad Sahin.
.

(c)L. d. f. j. /. 5.f. j. _^. 421.


. .

DI S. A M B R o s I o 417
re, il Santo gliene dà la ragione. parola denota , fé però non vi è
Qualifica eg!i <^ueflo Otonziano errore, non eflere quello, che un
per fuo figliuolo in diverfe lette- frammento di un più ampio Trat-
re , che a lui feri ve , e lo tratta tato.
fempre come uno de' fuoi più inti- Nel libro del Puradifo efamina
mi amici (a). Sembra che coflui ciò, che Paradifo terreftre, ov'
fia
fia ftato Giudeo ; ma è certo, eh' egli fia , e quanto vi è fucceduto a
celi fu ricevuto, ed allevato nella riguardo de' noftri primi progeni-
Chiefa fino dalla fua infanzia , ed tori Tale materia egli la tratta con
.

ilSanto aveva fopra di lui impofte ifiile affai elegante , ma più fecon-
le mani per inalzarlo , come fem- do il fenfo allegorico da lui in par-
bra , al minifterio, vale a dire al te cavato dal libro di Filone fopra
Diaconato le allegorie , che fecondo la let-
S. Ambrofio (à) ha fcritte al- tera .

tresì ad eflb alcune lettere, e fo- Compofe egli quello libro ne' pri-
pra la fpiegazione della Genefi , e mi anni del fuo Epifcopato (/") ,
fopra altre materie di pietà, e di e molto tempo dopo trattò ancora
fcienza. materia in una lettera fcrit-
la llelfa
In una di quefte lettere (e) lo ta a Sabnio Vefcovo di Piacenza,
configlia a leggere i libri apocrifi che Io aveva richiedo della fua opi-
di Efdra per apprendere la natura nione fopra di ciò S. Agofi!no(,^) .

dell' anima , e glieli cita fovente citadivcrfi paffi di queito libro del
come parte della Scrittura. Paradifo per provare il peccato ori-
Dopo l'Efemerone {d) ne viene ginale contro i Pelagiani, e gli al-

un picciolo Trattato col titolo : tri principj fpettanti alla Grazia.


Della dignità della crea7:joiie dell' Gli altri due libri d^ Abele , e
«omo {e) , nel quale il Santo dimo- di Caino {/j) trattano fecondo il
flra , qualmente l'uomo è (tato inal- fenfo miftico della nafcita , vita,
zato fopra tutte le creature, per- coflumi , e facrificj di quelli due
chè fatto ad immagine , e fomi- fratelli. Il Santo ne ha cavata una
glianza di Dio. QLieRo Trattato parte dal libro di Filone intitola-
comincia con un Jtaque , la qual to i Sacrifici di Caino, ed' Abele.

§.II.

( a ) Epijl. 28. ;'/; Michtc/im .


j
abbiamo tatto in altri luoghi di quella
(A) Torw. 2. 419. Ep. 38.
;>. Storia, ncll' alfegnare l'anno, in cui
( f ) Tom. ì.p. ^oj. I
fu dal Santo compoda, o mandata al-

id) Che fu fatto circa l'anno 389. la luce alcuna delle fue Opere.
a fcntimento de' PP. Benedettini del- ( «r ) Tom. i. p. 105.
h. Congregazione di S. Mauro, dall'I (/) Circa l'anno 575.
opinione de' quali non ci (coderemo j (?) -Aug^. l. 2. in Julian. e. 5. 6. 7.
punto nel preferite Capitolo , ficcome | f /; ) Conipofti circa l'anno 375.
. /.^ .7. Dd
. ,

^i8 Giudizio sopra ALCUNE Opere


§. II. lenteMorale ; la qual cofa fimil-
mente Filone erafi sforzato di fare

De libri fopra le Jìorie de prima di lui . Fa avvertire da'


Patriarchi leggitori Santo in un luogo di
il

quello libro, parlar egli de' Cate-

LAcondo ftoria di Noè (a)


l'allegoria ,
viene
e la lette-
fe- cumeni , che avevano dato il loro
nome per ricevere il Battefimo [d).
ra fpiegata nel libro intitolato di Ha egli altresì ferirti due libri
Noè , e dell' Arca {b). S. Ambro- fopra Ifacco {e). Il primo è in-

fio ftelTo cita queft' Opera nel fuo , e dell'Anima , per-


titolato d" IJacco
Trattato degli Ufficj , fenza però chè prendendo motivo dalla nafci-
nominarla. E S. Agoftino altresì ta d'Ifacco, e dal fuo matrimonio
cita il libro di S. Ambrofio fopra con Rebecca , tratta in eflb dell'
l'Arca di Noè, ma in effo non fi amore , che è tra lo fpofo , cioè
trovano le parole da lui i-appor- Gesù Cristo, denotato per Ifac-
tate. co , e la fpofa , che è l'anima , raf-
Con i due libri d' Abramo ( e )
figurata da Rebecca; ed in quella
e colla ftoria di quello grande Pa- occafione prende motivo di fpiega-
triarca ci rapprefenta il noflro San- re una gran parte della Cantica.
to la vera idea di un uomo faggio, S. Agoftino (/) cita de'paflìdel
giufla le regole datecene da Dio, libro d'Ifacco , e dell' Anima , fimil-
della ftefla maniera, che Senofon- mente che di quello del Bene del-
te fotto il nome di Ciro defcrive la morte {g).
le qualit.à richiede in un Principe, I due libri intitolati di Giacob'
acciocché fia veramente degno di be.ft della vita beata (-^), fanno
comandare Ma laddove quello
. vedere, che a Giacobbe nel fuo efi-
Filofofo è (lato obbligato ( come glio, nella fua perfecuzione, e nel-
dice lo fleffo noflro Santo) ad at- la fua fervitù nefluna è mancata di
tribuire al fuo Ciro azioni non mai quelle cofe , che rendono un uomo
da ed avvenimenti favo-
lui fatte , felice, per quanto può eflerlo in
lofi; per lo contrario nella fempli- quello Mondo; e che quindi i mali
ce verità della ftoria ha il noliro più grandi , e le più molefle avverfi-
Santo trovati ed efempli , e regole tà non folamente non fanno perde-
degne delia più perfetta, ed eccel- re la beatitudine , ma tal volta an-
cora

(<j) Ambrof. l. i. Office, i^. Aug.\ {d) Sixt. Sen. l. i. e. 4.


in Julia». 112. contr. Epifi. Pelag. /. 4. ( <•
) Circa il 587.
e. ZI. L. i.deAbrab. CI. \ (/) Aus.. l. ni Julian. e. 9. /. 2.
( i ) Il quale fu dal Santo compo- 1 e. 5. In Èp. Pelag. l. 4. e 11.
fio ntir anno 379. {g) Comporto nel 587. all'inarca.
{
(e) Che furono compodi circa ili {h) Fatti circa il 387.
387. I
.

DI S, A M B R o s I o . 4ip
cora contribiiifcono a farcela acqui- che fembra, ch« in eflb ei parli del-
flare Il primo libro efpone la maf-
. la morte di Caligonio, Eunuco di
lìma generale , ed il fecondo la pro- Valentiniano.
va coir efempio di Giacobbe , al Il libro, che fpiega miflicamen-

quale aggiugne quello di Eleazaro, te le benedizioni date da Giacob-


e de'Martiri Maccabei (.7). be moribondo non
a' fuoi figliuoli,
Nel JeUj fuga del fecola (/')
libro è {laro non fé dopo il
compotto fé
ci eforta coli' efempio di Giacob- Commentano fopra S. Luca , il qua-
be a fuggire Mondo, e ad amar
il le è in elfo citato, e vale a dire
il ritiro . Agortino ne cita di-
S. dopo l'anno 378.
verfi paffi (e).
Avendo S. Ambrofio fpefTe vol- §. III.
te trattata la noria d'Abramo , d'I-
facco , e di Giacobbe , ed avendo De fcritti fopra i libri di Mosè ,
fatto vedere trovarfi in Abramo il e delle /ìpologie di Davide .

più perfetto modello d'obbedienza,


prontezza , e fede , in Ifacco quel- Sant'Ambrosio ha fcritto mol-
lo di un innocenza affatto fempli- te lettere fopra la fpiegazione
ce , e ; ed in Giacobbe quel-
fmcera di diverfi paffi dell' Efodo, del Le-
lo della più robufla fortezza di fpi- vitico, e del Deuteronomio.
rito, e della più invitta pazienza Loda egli Ireneo (^), al quale
nel mezzo de' travaglj ; difcende indirizza molte lettere , di cui fi

indi dopo quelle virtù generali alle qualifica per p.ttlre


,
per non ellerfi
particolari, e fceglie a quefl' effet- Ireneo vergognato di collocare la
to Giufeppe, di cui fi vale per dar- fua gloria nelle fofferenze di Gesù
ci un efempio di carità, nella qua- Cristo , ed avere forfè fofferta
le era queflo Patriarca , più che
fi alcuna cofa nel tempo della perfe-
in ogn' altra virtù, fegnalato. cuzione di Giuftina
Sembra che ei fempre parli pub- S. Ambrofio fcrive a Cromacio,
blicamente a tutto il Popolo, ad quello cioè d'Aquileja , per quanto
iftruzione del quale aveva altresì fembra , dopo avergli fpiegate al-
dato il dovuto rifalto alle azioni cune parole di Balaam , che gli
degli altri Patriarchi ; e fembra manda qual picciolo regalo, peref-
nuUameno , che tutte quefte opere ferfi , die' egli, da voi defiderato,

fianofermoni , de' quali ne abbia che io vi mandafTì in iicritto alcu-


dipoi formati de' libri. na cofi delle fpiegazioni dagli an-
Qiieflo libro non ha potuto effe- tichi Autori date alla Scrittura;
re compoflo prima del 387., poi- Ego autein ajfumpft Epifìola? fami-
liari

{a) L. 2. e. IO. 1 1. Ejì. Pd^P- e. 4.


(b) Fatto circa l'anno 987. {ci} Torà. i. p. 482.
{ e ) L. 1. in Julian. e. 8. Z. i. i?ì \

Dd II
. , .

i2C '
Giudizio sotra ALCUNE Opere
ìiari fermone attenere , redoìentes ali- ralità Ciò fernbra avere rappor-
.

quid de p.nrum moribus y qnarum to a queflo libro , nel quale quan-


gtijiii.il fi pyobaverìs , pojì bac ku- tunque fi legga Dapbca , nondime-
jtìjìnodi »iittc;e non 'uerectindabor no viene interpretato i'^«//;7.r. Vi
Malo enim fenilibus vevbis de fti- fi vede ancora Lebna interpretato
peiiìls rebus biilhicinari tecum ( quod dealbatio. Ciò che da S. Girolamo
GrcFci dicutit dìrtKix^jtu , ut Ijuac vien reputato errore
veniente Rebecca futures Eccleftec ani- Difficile cofa nondimeno ella è
mo videnr myjìevia) malo , iuquain ^ il perfuaderfi, che quefto Trattato
halluciii.iri tecum verbis fenilibus, fìadi S. Ambrofio , tanto è baffo ,
ne videar artsm defi(fé, quam con- e debole il di lui ftile , e troppo
cir.nioribus de fiere ali quid necjìudiis lontano dalla maniera di penfare ,
ncfìrii a3um , ncc viribus ( .^ ) • e d'efprimerfi del noltro Santo {e).
Fa noto a S. Sabino Vefco-
egli Viene in elfo foventc citato Giu-
vo di Piacenza (^) lofteffo fuodi- feppe Flavio, della qual cofi potreb-
iegno di fciiveie a' Tuoi amici con be forfè dubitarfi , qualora non vi fi
ifliie femplice, e famigliare, e di vedeffe rapportato ne' proprj termi-
aggiungervi alcuna queflione della ni. Tale maniera di fcriverc non
Scrittura , fecondo che fé ne por- era feguitata da S. Ambrofio , da
gerà l'occafione cui non fi allegavano autorità per
Il Trattato fopra le quarantadue provare cofe , che pofitivamente fi

fta-zj^oni degli Ijdraeliti nel defer- contengono nella Bibbia.


to (e) fenibra un d'ifcorfo indiriz- Potrebbefi da taluno dubitare,
zato al Popolo, o ad altri da una che il termine di Terra Santa per
perfona, che fuffe folita di fpiega- denotare la Paleftina fufle affai in
re la facra Scrittura Parlandofi . ufo al tempo di S. Ambrofio ; ma
in effo di quelli , che fi feparano egli trovafi altresì in S. Girola-
dalla Chiefa, non vi fi nomina, mo (/). Siilo da Siena nel Cata-
che Nettario, ed Apollinare. logo , eh' ei fa dell' Opere di S. Am-
S. Girolamo (^3^) fi duole, che brofio fopra la Scrittura , non fa
perfone Ecclefiaftiche intendenti menzione alcuna di quefla .

chiamino la nona ftazione Rapbca La prima tipologia di Davide (^g')

in vece di Dapbca , e dianle il figni- contiene cofe eccellenti per la pe-


ficato di Curatio contro la verità nitenza. Ma convien aggiungervi
del Tello, ed indi traggano da que- la fpiegazione del Salmo cinquan-
fta fallii interpretazione delle mo- tefimo, che fi è da effa feparata
nelle

(a) Tom. i.p.Afóo. Ite ne dubitano i Dotti, i quali però


( i ) Ep. 65. ! non ce ne fanno alTcgnarc l'autore.
( e ) Tom. r. p. 463. 465. (/) Hiani:. in B.ujf>t. l. i. e. 2.
(^) Hieroìì. Ep. 12. ; {r) Fatta probabilmente nel 384.
{t) In fatti che fia fua grandemen- j
. . .

B ! S. A M B R O S I O . 4-1
nelle ultime edizioni, contro l'au- mento affai convincente per mo-
torità delle antiche , e de' mano- flrare, non effere quello Trattato
fcritti , en'cndoli tolte le parole ,
di S. Ambrofio, del quale negano
che univano l'ima con l'altra . In che lo fia anche Bellaunino, Pollevi-
fatti Siflo da Siena non le difgiun- no, Erafmo, il Signor leFevre tra
ge , ma ne fa una fola cofa E Sant' . i Cattolici, e tra gli Eretici Rivet.
Agoftino (.7) , che rapporta alci:ni Si può aggiugnere, che S. Agofti-
paffi della Spiegazione del Salmo ao cita molte volte aflblutamente
cinquantefimo , cita femprc quelli l'Apologia di Davide, ma giammai
palli come appartenenti all'Apolo- non la chiama la prima. Siilo da
gia di Davide Siena non ne parla punto. Erai^
Que'^o libro, fecondo un antico mo crede, di' ella poffa effere del-
manofcritto , fu indirizzato da Sant' lo fteffo Autore , che ha comporti
AmbrofioaTcodofio, alla peniten- i libri della vocazione de' Gentili,

za del quale è facile l'applicare il quale , die' egli , ha imitato lo flile

quanto vien detto di quella di Da- di S. Ambrofio , e lo ha in alcune co-


vide; benché il Santo rivolga in fe eziandio forpafiato . Qiieft' Auto-

cflb il fuo favellare a molte per- re parla in eflb delli Arriani , de'
fone Fotiniani, de'SabclIiani , come di
Deplora in eflb i mali fopravc- Eretici del fuo tempo . Quindi
nuti all' Imperio per la morte di non può egli averlo fcritto più tar-
un Imperadore uccifo dalla perfi- di , che fui cominciare del quinto
dia de' fuoij ciò che non può rife- fccolo . Nondimeno parlando dell'
rirfi Ce non fé alla morte di Gra- eccidio di Gerufalemme fatto da i

ziano uccifo nel 3S3., od a quella Romani, dice, che Gesù Cristo
di Valentiniano II. fucceduta nel l'aveva data in potere de' Barbari.
392. Si riferifce in fatti a quel- Queflo libro è formato da molti fer-
la di Graziano, poiché Apo- queft' moni inficrae uniti
logia è citata nel Commentario fo-
pra S. Luca fritto nel ^S6. %. IV.
Vi è altresì una feconda Apolo-
gia di Davide , la qual contiene De libri di Tobia , delle querele di
una gran parte di quanto racchiu- Giobbe , e di D.rjide . È /opra
defi nella prima. Si potrebbe per- : Salmi CTf.
ciò dubitare , fé ella iìa veramente

di S. Ambrofio , il quale , per quan- libro intitolato di Elia., e dei


to fembra , non avrebbe ripetute
JLdigiuno (b) fembra un fermone
due volte le fleffe cofc La diver- . pronunziato alla prefenza de' Ca-
fità dello ftile è ancora un argo- tecumeni , che avevano dato il lor
nome

{a) Ang. l. I. /«/«/. (. 3. /. 2. /. 5.


I
{b) Dato in luce nel 389. o 390.
4bnt<-.Ep.Fclag.l. IO,, e. 11. ' I all' incirca .

rom.ii. Dd il>
. . . ,

42.2 Giudizio sopra alcune Opere


nome Bittcfimo, poco inan-
per il di S. Ambrofio. Né fo per qual
zi la Egli è propriamen-
Pafqua . ragione Erafmo, ed altri preten-
te un efortazionc fatta per infmua- dano, che non fia Opera del noftro
re la pratici del digiuno, e dell' Santo. Né il Rivet , ed il Cocus,
afiinenza; per perfuadere la quale liquali aflcrifcono efler eglino ftati
il vale particolarmente dell' efem- di querto fentimento , producono
pio d'Elia, del quale nondimeno argomenti valevoli a fortenerlo .
poco parla , perchè aveva fovente Ma qualunque ne fia la ragione
favellato di quefto Profeta in di- che fé ne porta allegare , è diffici-
verfi libri , ed ancora ne aveva a le, che aver porta alcuna forza con-
bella porta comporto uno in fua tro di un libro, che fi difende da
lode. fc rtefib, ed è fortenuto dall'auto-
Il Trattato, che vien dopo que- rità di S.Agortino
rto , intitolato del digiuno d'Elia , Si riconofce trovarfi non poca
non è che un picciolo difcorfo fat- confufione ne' due libri intitolati
to dal Santo fui finire della Qua- de Lamenti di Giobbe , il cui titolo
refiraa prima,
di dare il Simbolo fecondo un antico manofcritto do-
a' Competenti; né faprei dire , fé vrebbe eflcre de Lamenti di Giob-
querto abbia relazione col Tratta- be ^ e dt Davide^ e dell' infermità
to del Simbolo , che trovali nel dell' uomo (e). Proteftafi in fat-
primo tomo {a). ti il Santo cfpreflamentc , di vole-

Il libro di Naboth {b) è una re trattare delle doglianze , che


veemente invettiva contro l'avari- l'uno, e l'altro fa a Dio fopra le
zia, e la tirannia de' ricchi, e de' miferie dell' uomo.
prepotenti Al primo Trattato , che contie-
Nel libro di Tobia (f ) fi eften- ne i Lamenti di Giobbe , cavati
deS. Ambrofio particolarmente nel dalla prima parte del fuo libro , de-
riprendere l'ingiurtizia, e la bar- ve fuccedere, fecondo Io rteflb ma-
barie degli ufuraj . Chiaramente nofcritto, la fpiegazione , che noi
vedefi , quefto un difcorfo
eflere tuttavia abbiamo del Salmo 41. e
pronunziato alla prefenza del Po- 42., i quali contengono i lamenti
polo dal fuo Vefcovo, non già in di Davide come fta notato al prin-
,

un folo giorno , ma in molti . Sant' cipio del Salmo 42. , ambedue i


Agortino [d) cita alcuni pafli di quali nella tavola delle Opere di
querto libro, nel quale vedefi to- S. Ambrofio hanno appunto quefto
talmente e lo ftile, ed il penfare titolo: J Lamenti di Davide.
Il

(«) Detto adeffo il Trattato della A ) Comporto nel 595. o nel 396.
(
Trinità, ed altre volte detto del Sim- (f ) Compollo nel 577., od in un
bolo ; da' più Saggi però non già a anno non molto porteriore a quefto
S. Ambrofio, ma ad altri viene attri- ( J ) X. 1. in Jhlian. e. 4.
buito .
{e) P. 61^.
DI S. Ambroiio 413
fecondo libro delle doglianze
Il li tutti Pochi però ne ha fpiega-
.

di Giobbe fupponc un Trattato pre- ti , forfè perchè prevenuto dalla


cedente, intitolato de interpellatio- morte non ha potuto compiere que-
ne Sanóìorum y. di Giobbe cioè, e iìo fuo difegno Abbiamo in fatti
.

di Davide. Contiene quefto Trat- veduto, che non aveva per anche
tato la rtcfla materia, efaminando compiuta l'efpofizione del Salmo
principalmente la profperità de' pec- 4^. quando morì , e fembra , che
catori . Quello forfè è il moti\o, da lui fi prometta quella del Sal-
per cui avendo impiegata l'ultima mo 57. , che non abbiamo. Dal
parte del fuo libro nel favellare non avere poi il Santo tenuto l'or-
di quefta materia a cagion di Giob- dine del Salterio ncU'efporre que'
be , impiega indi, fecondo lo flelTo Salmi, che abbiamo, e dall'edere
manofcritto, a riguardo di Davi- il Salmo 4:^. l'ultima fatica della
de il Salmo 72., che è altresì in- fua applicazione intorno ad elfi , ci
titolato Jf Lamenti di Davide. fi rende inanifelto, averli egli fpie-

Né (o., perchè Bellarmino creda, gati fecondo le particolari occalio-


non elfere di S. Ambrofio quello fe- ni , che fé gli prefcntavano .

condo Trattato de'L.imenti Ji Davi- Cita il noflro Santo (^) nel primo
de, ad-Jucendo la diverfità dello llile. Salmo i fuoi Libri delia GoifoUi-
Ha S. Anibrofio imitato Orige- zione , e della Rifuirezione fatti
ne impiegan.iofi nell' efpolizione de' ne' funerali del fuo fratello Satiro
Salmi ^'^ '^ noltio Santo una
(O- nel ^76. o 377. , come noi cre-
y

Prefazione generale fopra i Salmi, diamo {e).


come fé avelie difegnatodi fpiegar- Fa menzione (»/) nel Salmo ^5.
della

( a ) Hfcrm. Ep. 89. ( Z- ) P. ^"58. r,ìutorit\ d'Ammiano, non effcre (lata


(f) Efprcirjiincntc dice qui il Sig. riliiria da' Goti , e da" B.irbari infeih-
Herm^nt pubblicati i due fuddctti Li- ta , che per lo Ipazio di cinque incfi,

bri de cxcelÌH FraCris , & de Fide Re:kr- cioè dalla morte di Valente, the fegul
o 377., dopo avere,
retlioiif nel ^76. il 9. Agoito del 378. fino alla vittoria,

per quanto fembra, nel Capitolo XV. the TeoJofu) rioortb da colloro poco
del fecondo Libro, in cui parla de' fu- avanti il fuo makamento all' Imperio,
nerali di Satiro , moltrato di crederli che fu nel 19. Gennaio del 579., (èm-
pubblicati nel ;79. bra che inferire fé ne debba, che Sa-
Imperocché dicendo egli nel Capito- tiro tnorifle verfo la fine della prima-
lo XIV. cllerc Satiro ritornato a Mi- vera del Ì79- , e chr, come vogliono
lano in queir inverno, in cui i
illello gli altrove citati PP. Benedettini, ntU*

Goti , con aliri Barbari , dopo la inor- entrare dell' eilate di quello Itefs anno
tc di V.<ieiite , giugnendo fino alle pcn- ; fuflcro pubblicati i due Libri de exctf-
dici deli' Alpi Giulie , devallavano TU- |
fuy &" de Fide ReiurreBionis Fratria,
lina; affermando indi nel XV. averci formati dalle due funebri Orazioni re-
Satiro convivuto con S. Ambrofio dopo citate dal noltro Santo ne' funerali di
il fuo ritorno per lo (pazio almeno di Satiro luo fratello.
j

circa fti littfi i ed artìcurandoci con |


{d) i'. 692.093.
Dd IV
. . ,

4^4 Giudizio sopra ALCUNE OPER.E


della miracolo^ vittoria , che Teo- de' Santi Protafio , e Gervafio (f),

dofio riportò da Eugenio nel gior- ed in un altro dicendofi (/"), che


no 6. di Settembre nel ;?94'> ed in quel giorno correva la Fefta di
altresì fembra , preghi
che in e fio S. Sebaftiano, che cade li 20. Gen-
per quefto Principe Dal che de- . naio , fi potrebbe fupporrc , eh' egli
duceli , eh' ei fcriveva fopra quefto impiegato avefle più di fette ijiefi'
Salmo prima del ly.Gennajo dell' intorno a queft' opera
anno 3P5., nel qual giorno mori
Teodofio ^. V.
Cita nel Salmo 87. i due libri del-
la Penitenza da lui comporti molto De fcrittì del Santo fopra Saloim-'
tempo avanti (a). ne , fopva ì , e fopra il
Profeti
Cita altresì nel Salmo 40. il fuo Nuovo Tejìamento.
Commentario fopra S. Luca , fat-
to , come noi crediamo , verfo il REPUTA Rivet {g) elegante-
378, (/^). Di quefto Salmo fem- mente
il libro di Salo-
fcritto
bra ne venga citato un paflb da mone ,trova tra le opere del
che fi

S. Girolamo, effendone fimilmente Santo ; ma pretende , che lo ftile


da S. Agoftino (r) citato un pezzo di quefto libro fia alquanto diflb-
di quefto Commentario nella fpie- migliante da quello delle altre ope-
gazione del Salmo 48. re del Santo . Se Rivet intende
L'efpofizione del Salmo 1 1 8". vie- fiivellare del Trattato fopra quel-
ne ftimata tra tutte Topere diSant' le parole Tria funt infaturabilìa
:

Ambrofio la più bella , e la più atta &c. (Jf) , non molto notabile è la dif-
ad edificare i Fedeli Per aflegnar- . ferenza dello che vi fi conofce
ftile ,

le il tempo, in cui fii fcritta, al- e quanti vi fono nominati Ereti-


tro non vi troviamo indizio , fé ci (/) non oltrepafTano il fecole
non fé quello di vedervi citato il di S. Ambrofio. Non ardirci pe-
'Commentario fopra S. Luca (i). rò afferire , che la parola Pfalmo-
Sembrando poi denotarfi in un luo- g'/'afofche per due volte vienvi ri-
go di effa, che o parlava, o fcri- petuta , fuffe dal Santo ufata ; e
veva nel giorno della Traslazione certa cofa ella è , non trovarfi au-
toriz-

(^) Cioè nel 584. duodecim Pfalmos Davtdicos non ri- ,

{b) Ahri perb vogliono, che quefto maneffe compiuta , fé non fé dopo il
'Commentiino non fuITe compiuto pri- meie di Settembre dell' anno 395. all'
ma del 386. incirca.
( e ) Hiero». Ep. 134. jìuguft. l. I. i e) P. 1004.
in] uh e. 5. (/) P-9^9-920.
{d) Potrebbe dedurfi , cfTere ella fia- (?) Crit.facr. l. ^.e. 18.
la fcritta dopo 386. viene ac-
il Ma ('Ì)P. 1093.
cettata qua! opinione la più accerta- {t)P. 1091. 1094.
ta, che l'Opera ìnùtohtz Enarratio in
,. . ..

DI S. A M B R o s I o .
425
rorizzato quanto in cflb fi legge degli empi ,confidando nel foccor-
clVeifi cioè da Gesù Cristo fa- fo di Gesù Cristo, che travaglia
nata S. Mait.i dal fluflb di fanguc in compagnia de' fuoi fedeli fervi
Non affatto immediatamente a Seguono indi due ferinoni fopra
qucfìo Trattato un altro picciolo l'clemolina i uno de' quali fu pro-
né fuccede , che tratta della ftofTa nunziato alcuni giorni dopo l'altro .

materia ; e nel quale affai meno fi Non abbiano lo flile di


foperò, fé

ravvifa lo itile di S. Ambrofio. S. Ambrofio^ fo bene trovarfi am-


Il Trattato fopra quel paflb de' bedue tra quelli di S. Maifimo di
Proverbi MuUerem jortem quìf iih
: Torino
venìetO'c. è certamente un fermo- A
quefti irti altro ne fuccede fo-
«e fatto nella Feda di alcuni Mar- pra quelle parole d'Haia Caupo- :

tiri , tra i quali molte donne fi anno- nes vejhi mifcent vinum aqiia ^ il
veravano ; pcrlocchè fembra anzi quale pare fatto a bella porta per
convenire al giorno dedicato alla infegnare agli Ecclefiaflici il neiìun
memoria di Santa Perpetua, o di impegno, che debbono avere per
altra fomigliante , che a quello de' le mondane cofe Ma ei pure tro-.

Macabei , come fta efpreffo nel fuo vafi nelle opere di S. Maffimo, e
titolo. Vi fi comprende, che una fembra non abbia lo ftile di S. Am-
delle dette Sante avefl'e data que- brofio.
fta rifpolta Honorem Carfavi taii-
: Ne viene indi una lettera fcrit-
qiiam Cxfari reddìte , t/mo/em au- ta ad Ireneo fopra la bellezza, e
tem Deo (.-?). Non ha quefto Trat- l'amore del fommo Bene , che cer-
tato, per quanto mi fembra, lo fti- tamente deve credcrfi prodotta dal-
le di S. Ambroflo, ma molto bensì le meditazioni, e dall' affetto an-
ne ha dello ftile di S. Aa;ortino. zi, che dallo fpirito di S. Ambro-
In eflb fi parla contro de' Donati- fio. Qiiefta lettera non può effe-
ci , e nominatamente contro Dona- re fiata fcritta dal Santo , fé non
to loro capo, che viene contrapo- quando dopo avere egli ceffato dal-
flo a S. Cipriano ; ciò che punto le fatiche foftenute nelle vigilie del-
non conviene a S. Ambrofio. la notte, dopo efferfi occupato nel-
Il feguente Trattato, che fi re- la lezione, ed avere prefo alquan-
puta una fpiegazione del quinto to di ripofo, fi applicò alla medi-
Capitolo dell' Ecclefiafte, è indu- tazione di quel verfetto: Speciofus
bitatamente una lettera del Santo formJ py<F jiliis bomiuum ^ del qua-
fcritta al fuo Clero per efortarlo a le aveva fatto ufo per favellare al
non rallentarfi punto nelle fatiche Popolo fui cominciar della notte
del Minifterio della Chiefa, ed a D'onde chiaramente fi deduce , che
non mai tralafciare le proprie fun- il Santo dopo avere paffata la not-

zioni , per evitare le conrradizioni te nella Chiefa, alla mattina inve-


ce

(<f ) F. 1C98.
^20 Giudizio sopra ALCUNE Opere
ce di ripofarfi fi occupava in leg- nome, chiunque lo ha Ietto dop»
gere, feri vere, e meditare. aver veduti li fcrittl di S. Ambro-
Dopo quefta lettera un altra fé fio, non può ( dice Maldonato) du-
ne trova diretta a Sabino fopra la bitare , che queft' opera non fia

Pernice , di cui parla S. Girolamo, d'un altro Autore A' giorni no-.

che ei dice avere trafcritta da un fìri è opinione comune di tutte le

altra da fé mandata ad Ireneo con- perfonealfennate, che non fia Ope-


tro di Apollinare . In effa quali- ra del noftro Santo, ed effe foven-
fica Sabino per fuo figliuolo, per te citano quello Commentario fot-
la quale efpreffione noi crediamo, ro il titolo d'Ambrofialtro, piutto-
che S. Sabino non fuffe per anche flo che fotto quello di S. Ambro-
Vefcovo di Piacenza ; e che quin- fio (a).
di fia ftata fcritta prima del :^8i. Bellarmino crede (/>) , che que-
I due feguenti fermoni, ne' qua- llo Comment.'yio fia d'Ilario Dia-
li vedefi paragonata la fentenza da cono, che fufcitò fcifma fotto Li-
Pilato pronunziata contro di Gesù berio, per effere citato da S. Ago-
Cristo , con quella di Daniele rtino un palfo col nome di S. Ila-
proferita in favor di Sufanna , fi rio, quantunque nondimeno lo fti-
trovano ancora tra le opere di San le , e gli errori, che vi fi trovano,

Mafljmo. I dne fermoni fopra il chiaramente dimoftrino, non poter


Profeta Giona , de' quali noi ab- elfere di S. Ilario. Mattonato lo
biam altrove parlato , fono feguitati attribuifce a S. Remigio Ai civcrco-
da due epiflolead Oronziano, nel- vo di Lione, il quale \iveva nel
le quali il Santo, che ne è certa- nonofecolo, ed altri vogliono, che
mente l'autore, applica a' peniten- fia flato fcritto fino fui cominciare

ti un paffo del Profeti Michea , ed del quarto fecolo. A noi bada,


un altro di una fua lettera ad Ire- che non fia di S. Ambrofio, fenza
neo fopra il Profeta Aggeo L'ul- . inoltrarci in quella controverfia,
timo Trattato è un fermone al Po- dalla quale troppo è difficile l'u-

polo fopra un rendimento di gra- fcirne, non vi eifendo ragioni ba-


zie , il quale altresì trovafi nelle flevolmentc convincenti ne da una
opere di Maflimo.S. parte, né dall' altra (e).
Noi abbiamo parlato nel 388. Ciò che in cflo fi dice della con-
del Commentario del Santo fopra tinenza de^li Ecclefiafiici , fembra
il Vangelo di S. Luca . Quanto poi non poco convenire al fecolo di Da-
a quello fopra le epiflole di S. Pao- mafo. La maniera altresì, con cui
lo , che porta in fronte il di lui vi fi park dei Battefimo degli am-
malati ,

(/») Qucrto Commentario perb fopra f


be crederfi compiuto prima dell' ann»
r Epiflole di S. Paolo al quale non è ,
j
35<4.
sì facile rafl'cgnaic quando;
l'autore, (é) IF. in Ep. Ptlag.c. ì>
ftt/fe (lato fcrittoda S.AmbroOo,d»vrcb- 1 ( e ) F. óy'ù.
, . . ,

DI S. Ambrosio. 417
malati , e per confegucnza degli Morti; nel quale Trattato però vi
adulti; e quanto vi fi dice di ap- è dal Santo citato il Simbolo in
partenente alla polizia della Chie- una maniera, che dinota il difegno,
fa , ed all' Eiefia de' Cattafiigi ch'egli aveva di fpiegarlo (^).
dinota , per quanto a me fembra Aldifcepolo, che andava in Em-
una grande antichità. maus conCleofa, viene quivi dato
Vi fono alcuni paffi , i quali fi ilnome di Ammaone , ficcome pa-
trovano colle medcfime parole nel rimenti vien chiamato nella fecon-
Commentario Pelagiano attribuito da Apologia di Davide.
a S. Girolamo. Teodoreto (e) un paflb dell'
cita
Notafi , che il Commentario fo- efpofizione della Fede , come di
pra l'epirtola agli Ebrei fembra tol- S. Ambrofio; ma queftopaflb, che
to dalle Omilie di S. Gian Crifo- è del tutto addittato al miflerio
ftomo. dell'Incarnazione, non fi trova nel
Trattato , di cui parliamo , neppure
§. VI. neir edizione di Nivelle , e fembra
che fi poffa attribuire a S. Niceta di
Del Simhto delli Apojìolì , delia Di- Dacia. Le parole però dette da Ge-
vinità del Figliuolo , de" libri sù Cristo fopra la Croce Quare :

de^ Sacramenti ^ e di qtielìi me dereliquijìi ? vi fono fpiegate


della Penitenza &c. delia llefl'a maniera , come nel Com-

mentario fopra S. Luca


ESSENDOSI da noi altrove favel- Quanto al Trattato della Divi-
lato de' libri degli UflFizj, non nità del Figliuolo noi crediamo eh'
ne facciamo qui parola {a). ei fia piuttoilo di Gregorio d'Elvi-
Il Trattato poi fopra il Simbolo ra, chedi S. Ambrofio, o di S. Gre-
degli ApoHoli non è utla continua- gorio Nazianzeno, al quale S. Ago-
ta fpiegazione del Simbolo, quale Itiiio fteffo lo attribuifce (i). Il
folevafi fare a' Catecumeni ; ma picciol libro del miilerio della Paf-
piuttofto un Trattato fopra alcuni qua deve crederfi un fermone fatto
Articoli della Fede, vale a dire, in quefla folennità; mentre fembra
fopra la Trinità, fopra l'Incarna- derivare il vocabolo Pafqua dalla
/ione , e fopra la Rifurrezione de' Greca voce rd^iy.
II

(a) Qucfti Libri degli Uffiz/ effcndo attribuifce, che a S. Ambrofioi e però
|

fati pubblicati dopo la totale fconfit- non vi fi afTegna l'anno, in cui fu fatto
!
.

:a, e mone d: MalTimo Tiranno, non ( e ) Di.-tlog. 2. rem. 4.

•ofibno elVerc llati mandati alla lucei (^) Quciìo Trattato, che non è at-
«he circa l'anno jpi. tribuito a S. Ambrofio neppure ncll'
I

(A) Qucfto Trattato detto del i"/?»- ultima edizione deli' Opere di quefro
1

Mo deg^li j^pojloli y ed ora ultima .Santo, viene in effa intitolato: Trr.-


ncll'
«lizione dflla Trinità , a tutt' altri fi Hatus de Fide ertodoxa ctntra jirtanos
|
. . , ,.

42.8 Giudizio sopra alcune Opere


Il libro o piut-
de Initiandis {a)
, fofpettare , che fiano fiati adulte-
tofto de Jnitiatis , un fermone è rati • E
per verità a giudicarne
pronunziato nel giorno di Pafqua dopo averli confrontati coli' altre
a' Neofiti , che avevano di già ri- Opere del noftro Santo , che come
cevuto il Corpo di Gesù Cristo, tali fono a lui in oggi attribuite
per inftruirli nc'mifterjdelBattefi- fembra che il loro ìlile fia meno
mo, e dell' Eucarilìia , che ad effi nobile, non tanto forzofo, ed ele-
per un giufto timore non erano ftati vato al pari di quello delle altre
lino allora dichiarati fue Opere , e molte altresì in elfi
Quefto libro ( ^ ) è affai proprio fitrovano efpreffioni incolte , e bar-
per reflare informati e dell' ordine bare. Vi li vede nondimeno del-
tenuto dalla Chiefa nelle ceremo- la conformità con e(fe , e molte
nie del Battefimo , e della creden- vi fi trovano allufioni al libro de'
za, che ella fi sforzava d'infpirare Cantici , fecondocchè fovente pra-
% fedeli circa l'Eucariftia in un oc- ticare foleva il noftro Santo. E
cafione , nella quale non fi tratta- le fpiegazioni , e ceremonie fono

va d'inalzare mirterj con metafore, quafi le medefime , che veggonfì


e figure , che loro ne avrebbero an- contenute nel librone Initiandis,,
ziimbrogliata la mente , ma di dire al quale quelli de' Sacramenti in
femplicemente la verità, che eifa gran parte fono conformi.
aveva ricevuta dagli Apertoli Pcr- . Dice in elìi l'Autore (^), che
locchè chiunque non tiene quefto la Chiefa Romana , eh' ei fi sforza
libro, e gli altri a lui fomiglianti di feguire in tutte le cofe , non la-
per una vera regola di quanto dob- vava i piedi a' Neofiti , come co-
biamo credere in quefta materia ftumavafi in Milano ; ma eh' egli
fa vedere , andar egli dietro alle non fi aftencva da quefta pratica ,
fue immaginazioni , e non cerca- come più lodevole , ed ufata in al-
re la verità nella dottrina della tre Chiefc , eflcndo ciafcheduno li-
Chiefa bero in cofe fomiglicvoli Quefta .

I fei libri (f) de' Sacramenti, efpreffione, per quanto fembra , di-
i quali trattano di materie fomi- nota una Chiefa affai vicina a Ro-
glianti a quelle del tellc mentova- ma , che ne fapeffe , e ne veneraffe
to libro de Initiandis Ó'c ^ o de le pratiche; ma non già fuffe ad
Myjìeyiis &c. , non hanno tutto effa foggetta , come a fua Metro-
quel carattere , che converrebbe poli , di forta che a lei correffe
aveffcro per farceli credere di Sant' l'obbligo di feguirla in ogni cofa
Ambrofio, oper renderci alieni dal E ciò troppo conviene ad un Vc-
fcovo

( « ) P. 549. riis , che fu compofto circa l'anno 377.


I

{i>) Non
può certamente dirfi, che,' (e) O fette, fé ci attenghiamo air
«Uro fu quefto Libro, fuorché quello ultima edizione. ;

al prefcntc chiamato lik 1. de Myjìc- (d) P. 361. \


.

DI S. Ambrosio, ^'-9

fcovo di Milano ne' primi fecoli In fatti da noi fi vedrà in progref-


delLa Chiefa Se non giudicafi . fo, efferfi da S. Ambrofio compo-
quindi quefto Trattato degno par- rto un libro de' Sacramenti , e del-
to di S. Ambrofio , almeno può cre- la Filofofia , il cui foggetto è on-
derfi , che fia di alcuno de'Hioifuc- ninamente divcrfo da quelli.
ceflbri, le cui Opere fianfi unite a Il Trattato della Dignità Sacer-
Snelle del Santo , e probabilmente dotale per tutte quante le cofc m
i Venerioche elTendo fiato fuo
, elfo contenute aliai più conviene
difcepolo , fi farà certamente sfor- al fecolo di Gregorio VII. Sommo
zato d'imitare la fua maniera di Pontefice , che al tempo di S. Am-
fcrivere, la quale fé non ha potu- brofio . Vi è nondimeno fiato chi
to uguagliare, nefluna recar ci deb- lo ha attribuito a S. Anfelmo.
be maraviglia. Abbiamo di già parlato de' due
Lanfranco, Guitmondo, Pafca- libri dellaPenitenza fatti da S. Am-
fio Ratbcrto , e Ratramnio hanno brofio (^) contro i Novaziani , e
citato quello libro 800. anni fono, nello fieffo tempo contro f.ilfi Pe- i

come Ambrofio j ma fi è of-


di S. nitenti (e). Ne comprendo il per-
fervato , che una gran parte de' palTi che Soto Domenicano , che viveva
citati da Ratramnio fono del libro nel decimofefio fecolo , abbia potuto
intitolato de iis, qui myjìgriti inì- dubitarne , ed allegare in prova
tiantur , o de tnitiandis . Né io veg- del fuo dubio uno de' più belli pafìì-
go, che da ciò inferire con certez- che in cfii fi ritrovino , cioè la sì
za fi pofla , eflere flati di poi cor- umile maniera , con cui il Santo par-
rotti effenJo altresì facile il cre-
, la di fé fieifo, e con termini cot.into
dere , che "ìlatramnio fiafi imbro- a lui proprj , i quali chiaramente de-
gliato, citando due libri, ne' qua- notano la maniera , con cui egli
li fi tratti della ftefla materia. Il era fiato inalzato all' Epifcopato .

raziocinio però, di cui fi vale il Si è Rivet accontentato di rappor-


P. Labbè {a) fiipponendo, che fia- tare quefio paflb di Soto, ma non
no ihiti corrotti , ha non poco del- ha ardito di aggiungervi cofa alcu-
lo ihavagante na , benché di tutte fi vaglia le oc-
Ciò parimente, che può con dif- cafioni per indebolire la tradizione
ficoltà indurci a credere, che i li- della Chiefa , diminuendone , per
bri de' Sacramenti fieno di S. Am- quanto può , gli Autori , ed i li-
brofio, è l'effere cofa aflai rara, bri, che la compongono. Oltre
e fenza efempio , che un Autore le prove però, che trar fi pofTono
dia lo fteffo titolo a due fcritti dallo fiefiò libro, S. Ambrolìo (//)
contenenti materie affatto diverfe . efprefsamente fi protefia d'avere
egli

(iz) L. z. de Scriptor. p. 707. :5i2. L. 2. de Poentt. e. 8. p. 419.


(A) Nel 5S4. (d) Ambrof. in Pjalm. 37.
(e) Rivct l. 5. CivV/V. Sita-, (, Io.
. ,

4^< Giudizio sopra ALCU-NE Opere


due piccioli libri della
egli fcritti funo l'abbia fino a qui annoverata
Penitenza, ne' quali ne rapprefen- tra l'Opere di quefto Padre Qiian- .

tava la neceffità , e l'utilità. E to poi al non attribuirla a S. Giro-


S. Agoflino , il quale cita quefl;' lamo, conviene, che in ciò fiafi
Opera in quattro diverfi luoghi , e feguita l'opinione di Erafmo ; poi-
la chiama ordinariamente il libro ché ella è fempre fiata porta tra le
contro de' Novaziani , non ci per- Opere , che non fono fue .

mette il dubitare , eh' ella fia di Sembra altresì , non avere ella
S. Ambrofio. totalmente lo ftile di S. Ambrofio;
maffimamente nel fuo principio .

§. VII. Con tutto ciò io non vi trovo un


divario afsai notabile , e confefso
Del Trattato ad una Vergine divo- non poterfi negare , eh' ella tutta
ta j e della Lettera fcritta a non abbia l'elevatezza, e la fubli-
Sufanna y che aveva perdu- mità dell' eloquenza di quefto Pa-
ta la fua Verginità dre Chiaramente fcorgefi , efse-
.

re ella fcritta da un Vefcovo , e


Trattato diretto ad una Ver- fcritta in tempo , in cui tuttavia
IL gine divota fembra non avere fuffifteva il Paganefimo ; l'allegazio-
tutto lo fiile diS. Ambrofio. Que- ne poi di Santa Tecla, che in efsa
fìo Trattato è fatto per efortare la trovafi , è afsai ordinaria a S. Am-
fuccennata donzella ad evitare più brofio .

di quello, che ella faceva, il com- Conviene nondimeno (^) nota-


mercio, e la converfazione de' mon- re, che Gennadio attribuifce a Ni-

dani , e per rapprefentarle i grandi cea, o Niceta Vefcov» de' Daci


mali , che ella aveva giufto moti- celebre per gli elogj, che a lui fo-

vo di temerne (<j). no da S. Paolino , un picciolo


fatti
Maggiori però s'incontrano dif- libro diretto ad una Vergine cadu-
ficoltà, per rapporto alla lettera di- ta , nel quale non tralafcia di dire
retta a Sufanna , la quale aveva vio- alcuna cofa , che fia valevoje ad
lata la verginità da lei folennemen- animare un peccatore alla peni-
te confegrata a Dio, imperciocché tenza .

quefta lettera fi trova fimilmente Coco rigetta quefta lettera, per


nelle Opere di S. Girolamo ; ed dirfi in efsa , che fé la mentovata
Erafmo , il quale giudica , non per- donzella fufse morta fenza corrom-
mettere afsolutamente lo ftile , che pere la fua verginità , l'avrebbero
a lui fi attribuifca , non è molto i fuoi parenti tenuta come unoftia

lontano dal crederla di S. Agofii- vivente , che loro impetrafse la


no. Nondimeno io penfo, che nef- gloria di Dio , e la remifllone de'
pec-

ca) Q^iiello Trattato nell' ultima edi- i tri , che di S. Ambrofio ,

zionc è onninamente riputato di tutt' al- ! {^b) P. 450,


. . ,

DI S. A r.t BUOSIO. 4^1


peccati {ps'op'tt'tamcem). Ciò eh' Secondariamente può crederfi ,
egli prerende non poterfi dire , che fcnza efsere Novaziano, che vifia-
di Gesù Cristo , come fé quel- no de' peccati, de' quali la Chiefa
lo ftefso, cheGesù Cristo ci dà creda di non dovere concederne il
di fua propria autorità , e per i perdono quiintunqne ella pofsa ;
fuoi meriti , come prezzo
proprj poiché ella ha mantenuta rigorofa-
del fuo fangue , i Santi non ce lo mente quella difciplina ne' tre pri-
potefsero ottenere colla loro inter- mi fecoli avanti , e dopo Novazia-
cefllone, unita a' meriti di Gesù no. ed ha ancora per molti fecoli
,

Cristo . dopo ricufato di afsolvere per la


Rivet però, nefsun cafo facen- feconda volta coloro , che già lo
do di quelìo pafso, adduce foltan- erano flati inutilmente ; ed il fal-
to la riflcfTione fatta da Poflevino, lo di quefla giovane donna fem-
e Bellarmino fopra di alcune paro- brava elhemamente ecceffivo per
le di quefta lettera , che fono le tut^e le fue circoftanze (b).
feguenti , nelle quali dicono con- Aveva ella da fé ftefsa fcelto lo
tenerfi l'errore de Novaziani (/?): flato di verginità fenza che i fuoi
Inbcere poenitemix ujque ad extre- genitori ve l'avefsero indotta. An-
muin vìtie y nec tibi pnefunì.u- ab zi dopo da fuo
efserle rtate efpofte
humano die poffeveniam dari ,
quia padre tutte più ardue difficoltà
le

decipit te , qui hoc tibi polliceri ve- di quefto flato ; perfeverando più
luerit Qii<e enim proprie in Do-
. che mai coflante nella fua rifolu-
tninum peccajìi , ab ilio fola qutere zione piote flò , trovarfi ella coflret-
remedium ta ad abbracciarlo da fpaventofc
Nondimeno io non veggo, che rivelazioni (e) .

quefta obbiezione debbafi più dell' Aveva il velo all'


ella ricevuto
altra confiderare. Stantecchè pri- Altare nello giorno della Ri-
ftefso
mieramente chiara cofa fi è , non furrezione del Signore, e tutto il
fignificare queHo pafso, non dover Popolo , che fi trovava prefente
ella fperare l'afsoluzione dalla Chie- aveva fottofcritto il di lei contrat-
fa fino alla morte ; ned altro fafTì to con V/Jmetij col quale ci l'ave-
con quefle parole , che efortarla va confermato (d).
quindi a foddisfare a Dio per il Ufcì ella dalla cafa paterna, ed
uio peccato con tutto l'ardore , del entrò in un Moniflero di Vergini
quale ella è capace , e a non afcol- nel quale ebbe tutte le iflruzioni
tare coloro , che lufingandola le dal fuo Prelato, e tutte vi trovò
faceflero fperare il perdono del fuo le poiTibili ficurezze per non incor-
fallo con una penitenza di pochi rere nel naufragio (e).
giorni Tre

(.") P- 454. {d) P.452-


(b) P.45I. (O /'•433-
( e ) Ibidem .
. , . ,

432. Giudizio sopra ALCUNE Opere


Tre anni prima (a), che il fuo dre , i fuoi fratelli , le fue forelle
fallo fufse fcoperto, efsendofi fpar- fomma n'ebbero afflizione I Pa- .

fa una voce poco a lei vantaggio- gani , ed i Giudei prefero quindi


fa, la quale probabilmente era hl- motivo di declamare contro la Chie-
{.i , ma era però un prefagio del fa , ed il Popolo follevoffi in guifa
fuo delitto, ellaproteftò per la fua contro di lei fino ad efclamare , ef-
integrità, e dimandò pubblicamen- fere d'uopo bruciarla viva
te nella Chielìi , che fi punifse que- Eflendo dunque quella giova-
fla calunnia . Suo padre non per- ne [d) caduta in un fallo sì im-
donò a fatica , né ad incomodi, portante , ed enorme , e non ne
perchè data quella fod-
a lei fufse dimoftrando quel dolore , da cui
disfazione quello, dacuièfcrit-
, e doveva eflere opprefla, non ci dob-
ta la lettera, fece quanto potè biamo maravisliare , che l'Autore
per trovare l'autore di queft' im- fembn alquanto oltrepafìare i li-
poltura ; non fapendo foffrire , che miti della verità; lafcifi trafpor-
ìì formaffe il ben menomo fofpetto tare ad una gagliarda efaggerazio-
contro una Vergine di Dio. ne per farla rientrare in fé ftefla,
Ciò nondimeno non la tratten- e riempirla di un giulto terrore
ne (/?) dal lafciarfi corrompere nel che abbracciare le ficcia con tut-
mezzo della Città da uno ftolto to l'ardore il rimedio della peni-
giovane, il quale, per quanto fem- tenza; e giudichi, che per il fallo
bra faceva fimilmente profeflìone
, da lei commefib ella meriti , che
di pietà, e di continenza, ed il dalla Chiefa giammai non le venga
quale fé ne abusò non folo due , o tre accordato il perdono Ma ficcome .

volte, ma molte e molte, edafsai abbiam già detto, non è necefla-


Ipefso, fino ad averne, come fi cre- rio il dar quefto fenfo alle fue pa-
de , da cortei un figliuolo, che el- role.
la ,
per quanto dicefi , fece fecre- Quiefla lettera è altresì confide-
tamente morire rabile per le diverfe coftumanze
Avrebbe ella { e ) nondimeno dell' antichità da lei contenute.
diminuito alquanto il fuo fallo, fé Imperocché oltre a quefla foltnne
lo avefsc volontariamente confef- confecrazione delle vergini , la qua-
liito , e ne avefse fatta peniten- le fi faceva pubblicamente nelle
za • Ma effa al contrario lo nafco- maggiori Fefle dell' anno , e di cui
fe quanto mai potè , né fu fcoper- molte altre troviamo prove nelle
to, che fuo malgrado. Si sforzò Opere di S. Ambrofio , noi altresì
ella ancora di fcufarfi con dire con- veggiamo, che vi erano de'Moni-
tro la verità , eflere a lei ftata fat- fterjdi Vergini nell' Occidente
ta violenza. Suo padre, fua ma- fimilmente che nell' Oriente , del-
la

CO P-V,i-
{ój /'.45i.4;^4.
. .

D? S. Ambrosio 433
la qua! cofa fé ne trovano de' do- §. Vili.
cumenti in altri palfi di S. Ambro-
fio ; le quali Vergini nondimeno De' Sermoni , edeli" Epijìoh dì

andavano alla Chiefa , in cui ave- S. Ambrafw , de fuoi Scritti ,


e

vano un luogo particolare , che ve- che fi fono perduti


niva divifo da un recinto, entro
del quale entravano le Dame per SICCOME tra' Sermoni , che por-
dimandar ad effe il bacio di pace tano in fronte il nome di S.Am-
Sopra la muraglia dello fteffo recin- brofio , è difficile il credere , che
to vi erano fcritte alcune parole di non ve ne abbia alcuno, il quale
S. Paolo fpettanti alla Verginità . non fia veramente fuo; così è cer-
Vedefi altresì , che quefla giova- to , che la maggior parte non lo
ne non aveva recifi i luoi capelli, fono, fé giudicar fé ne deve dalla
per efler Vergine , come aveva proi- diverfità dello Itile, e dal venirne
bito Teodofio nel 390- dopo il Con- un gran numero attribuito ad al-
cilio di Gangres Ma l'Autore
. tri; della qual cofa la particolar
vuole , che ella li recida per far difcuffione difficile troppo farebbe,
penitenza (^). e nojofa. Dubitare nondimeno non
E' certo, non effere S. Ambro- poffiamo, che i difcorfi contro di
fio l'Autore de' due libri della vo- Aufenzio, e le Orazioni funebri di
cazione de' Gentili, benché fi tro- Valentiniano IL , e di Teodofio non
vino tra le fue Opere 11 P. Quef-. fiano parto legitimo del Santo Dot-
nel dell' Oratorio ha fatta una Di- tore .

fertazione a porta per attribuirli a Quanto alle lettere, poche fc ne


S.Leone il Magno, ma non ne ad- incontra, delle quali dubiti, che fi

duce però in prova alcun manofcrit- fieno fue . Abbiam di già notato,
to, ove fi veggano dilhnti col no- che la quinta è piuttofto di Papa
me di quefto Sommo Pontefice .
(^) Siricio, che del noftro Santo. La
tri-

C-«) Neffun anno viene afTcgnatoneir fio non folamente il Fabrizio ne' Tomi
ultima edizione a quello Trattato de lap- IV. e V. della Biblioteca Greca, il qua-
fu Vtr^inis , o ad Vtrgmem lapfam , quale le cita un vecchio Manofcritto della

credefi formato da un Sermone, e che Biblioteca Cantabrigenfe, ove al fine


quantunque non fi attribuifca aflToIuta- del Lib. I. fi leggono queile parole Bca-
mcntcaS. Ambrofio, nondimeno fi giu- tijjìmi jlnibrcfit tramlatio ex]ofcp'uo; ed
dica degno di lui . inoltre un altro antichiiTimo Manofcrit-
(i) Giudico convenevole l'aggiun- to della Biblioteca Ambrofiana fotto la
gere, che ilSanto Dottore ha trafpor- lettera C. n. 105. in f ove leggiamo
,

tato dal Greco in Latino i Libri di Giu- a grandi caratteri dopo il primo Libro
feppe Flavio de Bello Judaico , da alcu- quella tcllimonianza : Ambrof. Eps. de
D! attribuiti ad Egefippo , facendone te- Gracco tranjìulit in Latimim.
fiimonianza di q.ieiìa fatica di Ambro-
. . ,, ,

434 Giudizio sopra alcune Opere


trigcfima terza fcritta alla Vergine fono fmarrite , come tra l'altre quel-
Demetriade non può eflere delno- la lettera, la quale noi dicemmo
{\vo Santo, poiché ella manifefta- aver egli fcritta in forma di Cate-
mente parla contro i Pelagiani, chifmo per Fritigilla Regina de'
"
benché non li nomini , e S. Am- Marcomanni . lo non fo fé me fta
brofio era morto prima , che fi pub- lettera fia quella, che da Teodo-
blicafle queft' Erefia reto chiamafi fefpofixìnne della Fe-
Noi abbiani di già rigettata la de (^) , e da Leonzio di Coflan-
trigefima quarta fopra S. Agnefe tinopoli appellafi la fpiegaxjone del
la cinquantefima terza fopra i San- fenfo del Divino Simbolo. Impe-
tiProtafio , e Gervafio , la cinquan- rocché, come abbiam altrove no-
tefima quinta fopra i Santi Vitale, tato, ciò che quelli Autori ne ci-
ed Agricola , e fatto vedere , che tano , non fi trova nel Trattato
lenza alcun fondamento a lui vie- che noi abbiamo fopra del Simbo-
ne contraflata quella fcritta alla lo. Teodoreto ne rapporta un paf-
Chiefa di Vercelli . Sembra eh' fo affai lungo, che è un efpofizio-
egli fteflb [a) abbia fatta una rac- ne della Fede fopra il Miflcrio dell'
colta delle fuc lettere , e le abbia Incarnazione , ma così chiara , for-
in libri diftribuite . male , e precifa contro Neflorio,
Non diremo cofa alcuna delle al- ed Eutichete, che fé non fé ne fa-
tre Opere, le quali formano il fe- peffe l'Autore , fi crederebbe ch'ella
fto tomo; eflendocchè fi riconofco- fu (le fiata fatta dopo il Concilio di
no vifibilmente apocrife . Hanno Calcedonia Il pezzo però , che
.

alcuni attribuita al noflro Santo la viene citato da Leonzio, altro non


vita di S. Sebaftiano; ciò che non è , che il fine del paffo di Teodo-
può foftenerfi , fé nello fteffo tem- reto Più non abbiamo il Tratta-
.

po non fi confefla, che vi fieno fla- to (e) fatto dal Santo ad iflruzio-
ti di poi cambiati alcuni pafli ne di Panzofio ancor fanciullo da
Con poca ragione altresì preten- lui rifufcitato.
defi , eh' egli abbia tradotta in la- Scrivendo S. Agoftino a S. Pao-
tino una malamente defcritta Ifto- lino (<i) fé gli dà a conofcere per
ria della rovina di Gerufalemme grandemente defiderofo de' libri dal
in fronte alb quale fi è pollo il B. Ambrofio fcritti con molta efat-
nome di Egefippo. tezza , ed eflcnfione contro alcune
Siccome vengono attribuite a perfone ugualmente ignoranti , e
quello Santo diverfe Opere , le qua- fuperbe , che pretendevano , che
li a lui non appartengono, così egli Gesù Cristo aveffe imparate mol-
ne ha compofte molte , le quali fi te cofe dalle opere di Platone , e
vo-

(a) Epifx. dj. ( d ) Jug. Ep. 34. De DoElr. Chrifl.


( i ) Thcodoret. Dial. 2. 18. RetraEl. l. 2. e, 4. L- 2. in Ju-
(e) Ptinlin, lìnn, e. 5. ó. 7. 8.
. . . . .

DI S. A M B R O S I O. 435
volevano, ch'egli avcfTe prefe da riferifce quella floria, fenza diluci-
quefto Filofofo le regole , che effi darne alcun punto \ ned avrebbe
non potevano d'ammirare ,
lafciar egli promeffo in un pubblico fcrit-
e di lodare nel Tuo Evangelio Era . to ciò eh' egli voleva fare con una
^uefto libro intitolato de Sacra- lettera particolare, alla quale non
menti ^ o della Filofofia , ed è fo- poteva per anche allora penfare^
vcnte citato da S. Agoftino , dal poiché Abbondanzio predeceffore
quale viene alle volte denominato di Vigilio tuttavia viveva .

il libro del Sacramento della rigene- Niente abbiamo di confiderabile


ra-T^ione , o della Filofofia , alle vol- fopra i Proverbi; quantunque S. Am-
te il libro della F/7o/o/7j contro PL^- brofio fcmbri di averli fpiegati {b)
tone^ tal volta il libro del Sacra- per iflruire i Catecumeni nella Mo-
mento della rigenera'zj.nne Viene . rale Criltiana
, e prepararli al Bat-

ancora queflo libro citato da S. Ago- tefimo


fiino nel fiio Trattato della dottri- Io non veggo, ch'ei parli in al-
na Criftiana , ma confefla di poi cun luogo dello Spofalizio della
nelle fiic ritrattazioni, efTcrfi ingan- Vergine Santiflima con S. Giufep-
nato nel paflb addottovi , né efler- pe (f), quantunque attefti di aver-
glifovvenuto il vero fenfo di Sant' ne ampiamente trattato.
Ambrofio Neppure abbiamo la lettera , eh'
Più fpedo però quello Santo ci- ei dice Ql) avere fcritta ad Ireneo
ta (a ) il Commentario di S. Am- contro Apollinare , e eh' ei termi-
brofio fopra Jfaia , e ne rapporta na con la citazione della Pernice ,
molti paffi contro l'Erefiade Pela- di cui parla Geremia. Leonzio di
giani . Qiiefto Commentario Topra Coflantinopoli cita unpalfo contro
Ifaia venendo da S. Ambrofio cita- Apollinare, che io non ho per an-
to nel Commentario fopra S. Luca, che trovato nel libro fopra tlncar-
convien dedurne, eh' ei lo abbia naT^ione
fatto prima del 378. Caffiodoro nota {e), che vi era
Noi più non abbiamo il libro un fermone di S. Ambrofio concer-
fatto in lode del Profeta Elia , ned nente il giudizio pronunziato da
i feri t ti , chefembra aver fatti con- Salomone fopra le due donne pub-
tro de' Prifcillianifti , né tampoco bliche, ed alcune Omilie fopra il
quello, che promette nel fuo libro libro della Sapienza. Attefla an-
fopra Io Spirito Santo, di trattare cora , che a lui fi attribuiva un
cioè a fondo la ftoria di Sanfone Commentario fopra i Profeti , e fo-
Imperocché quanto all' Epiflola di- pra tutte l'Epiltole di S, Paolo ;
retta a S. Vigilio, in effa foltanto ma che non aveva per anche potu-
to

(rt) 2. Lue. tom. i.p.^ig. Prtefat. (f) Jbid. 6.


1. 2. de Spir. SanBo . Ep. 24, (J) Tom. 1. p. 112 2.
ib) 1. de Initiandis (f) L. 2. Injiitiit.

Ee II
. , ,

43<5 Giudizio sopra alcune Opere di S. Ambrosio.


to trovare né l'uno , né l'altro mortuam dolebamus , perfe&am re-
Ha molto del probabile , che il vixijfe cognovimuf. llle-ne nof fi-
Santo Dottore avefTe fiitto un Trat- net , cum fcriptis fuis vivendi mo-
tato dell' immortalità dell' anima, dum vivendi ignorare na-
docuerit ,

verfo la fine dell' anno 3 85. Im- tttram ? Non arbitror equidem ,
perocché noi non vediamo , che pof- & multum inde /pero s J^d unum
fa ad altri , che a lui ragionevol- dcìeo , quod erga fé , vel erga fa-
mente appropriarfi quanto S. Ago- pientiam jiudium ìinfirum non ei
ftino aflerifce in un libro, eh' egli ut volumus, valemus aperire. Nam
conipofe in quel tempo. Manije- profeEio tlìe mifereretur fttim no-
flum , die' egli ( ^ ) , habemus , & Jìram^ & exundaret multò citius,
Carmine de hac re fcribi , &
Jolii- quam mine j fecurus enim efì ^ quod
fa oratione ^ (D" ab tis viris , quo- jam totum de immort alitate ani-
fibi
rum nec /cripta latére non poffunt , ma pevfuafit j nec fcit aliquos ejfe
& eorum talia inp^enia novimus ^ fortaffe qui hujus ignorationis mi-
,

ut nos in eorum literis inventtiros feri amfatis cognoverunt , dT qui-


defperare non pnjfimtis Pncfertim
. bus praferttm rogantibus non fui-
cum hlc ante oculos nnflros fit ille^ venire crudele ftt .

in quo ipfam eloquentiam , quam

TA-

((?) Augujl. l. 3. Stliloq, e. 14.


..

437
TAVOLA
CRONOLOGICA
PERLA VITA
DI S. AMBROSIO. Anni
DI
Cristo.
Afcita di S. Ambrofio in Francia nel palazzo 340.
di fuo Padre Prefetto del Pretorio delle
Gallie
Avendo da ftnciullo perduto fuo Padre vie-
ne accuratamente con fuo fratello Satiro
allevato in Roma da fua Madre, e da
S. Marcellina Vergine di lui forella.
Nafcita di Graziano li 18. Aprile. 3^9-
Damafo è innalzato al Pontificato. Urfino mette divifioni 366.
nella Chicfa; per la qual cofa molti perdono la vita nel 26.
Ottobre.
Nafcita del giovane Valentiniano li 18. Gennajo.
L'Imperadore Valentiniano I. di quefto nome , nuovamente 3^7.
rifanato da una grave malatia , dichiara Augufto il fuo fi-
gliuolo Graziano nella città d' Amiens li 24.Agoflo.
Urfmo è sbandito da Roma per ordine dell' Imperadore con
molti dc'fuoi partitanti
Preteftato è fatto Prefetto del Pretorio. 3<58.
Olibrio fucccde a lui in qucfla Carica. 3^9-
Perfecuzione fufcitata da Valente nella Chiefa d'Oriente. 370»
S. Bafilio per configlio di S. Atanafio fcrive a Damafo per in-
durlo a far ceffare la fcifma inforta nella Chiefa d'Antio-
chia, a cagione delle due fazioni di S.Melecio, e di Paolino.
Concilio tenuto in Roma comporto da 90., o <??. Vefcovi.
Ampellio, elfendo Governatore di Roma, Valentiniano per- 371.
mette adUrfino, ed a'fuoi feguaci ove più a lo-
ilritirarfi

ro piacefTe , toltone in Roma, e nelle Provincie.


Morte di S. Atanafio, fecondo Socrate , da noi feguito fino a
qui, la quale pu^ nondimeno prolongarfi fino al 373. atte-
r.endolì all'autorità di S. Proterio, che governava laChie-
r.^.jr. E E III fa
8 . . . . . >.

4.3 Tavola Cronologica.


^pudBu.h^- fa d'AlelTandria nel 454., ed il quale fcrive, che S. Atana-
"e7r"jfh2Z fio viveva tuttavia , quando fi celebrò la Pafqua nel dì
ricìtn> f-i*- ^1. Marzo dell' anno 8p. di Diocleziano, ciò che denota
certamente l'anno 373. S. Proterio è fortenuto dalla Cro-
nica Orientale de' Cofti alla pag. 117., che mette la mor-
te di S. Atanafio in giorno di Giovedì , che cadeva li z. Mag-
gio; ed in fatti il giorno z. di Maggio del ^73. era giorno
di Giovedì ; con la qual cofa perfettamente accordafi il re-
ftante di quefta floria . Lafciafi nondimeno i'cfame di queft'
opinione a' Dotti
373. S. Ambrofio efTcndo flato per qualche tempo Configliere, e
vcrifimilmente AflTeirorc d'Anicio Probo , vicn nominato
Prefetto della Liguria, e dell' Emilia.
374. Morte di Aufenzio Vefcovo Arriano di Milano. S. Ambro-
fio non efTendo ancora Catecumeno è eletto fuo fucceflbre
dal Popolo
Riceve il Battefimo, e l'Ordinazione.
Damafo accufato da Ifacco Giudeo è aflbluto dal Concilio di
Roma.
Turbolenze fufcitate nella Chiefa da' Vefcovi di Parma , e di
Pozzuoli, e da alcuni Donatifti.
375. Valentiniano muore d'apoplefia li 17. Novembre. Il giova-
ne Valentiniano fuo figliuolo in età d'anni quattro è inal-
zato all' Imperio da' foldati li 22. dello fteffo mefe
37Ó. Urfino, ed i fuoi Partitanti fufcitano turbolenze nella Chiefa
di Milano.
Graziano fa recidere la teda in Cartagine al Conte Teodofio
377. S. Ambrofio fcrive i fuoi tre libri fopra le Vergini (a).
378. Valente perde la battaglia d'Andrinopoli , ed è bruciato in
una capanna
37p. Graziano affocia Teodofio all' Imperio in Sirmio li ip. Gen-
najo. S. Ambrofio fcrive i fuoi due primi libri della Fe-
de (/^). Si porta a Sirmio, ove ordina Anemie Vefcovo.
Compone gli ultimi tre libri della Fede
Battefimo di Teodofio fatto da S. Afcolo Vefcovo di Tcfla-
lonica .

Comin-

( /? ) I quali , fecondo i PP. Benedettini della Congregazione di


S. Mauro, furono dal Santo pubblicati nel terzo anno dd fuo Epi-
fcopato, cioè nel ^77.
(0)1 fuddetti PP. li vogliono compiuti , o fulla fine del 377-
o fui principio del 37^.
. . . . . . . . .

Tavola Cronologica. 439


Comincia la diftruzione del Paganefimo. 37?'
L'Erefia de' PriftilIianilH fi f.i p.ilcfe .

11 Vefcovo Itacio fa loro icfirtenza


S. Ambroho ù ridurre in pezzi i vafi fiicri per redimere i

cattivi
Sì ammala nel tempo dell' affenza del fuo Fratello, che era
andato in Affrica
Satiro (.1 naufragio nel fuo ritorno, pafla per Roma, ritorna
a Milano, ed ivi muore.
S. Ambrofio piange la di lui morte
, e pubblicamente lo loda

con due difcorfi


Atanarico Re de' Goti va a fottometterfi a Teodofio in Co- 580.
ftantinopoli li 11. Gennajo.
Ivimuore, e gli fono fatti magnifici Funerali li 17. detto.
S.Ambrofio pubblica i fuoi ultimi tre libri della Fede (a).
Condannazione de' Prifcillianifti pronunziata dal Concilio di
*"
Saragozza
Prifcilliano e fatto Vefcovo d'Avila da quelli della fua Setta.
I fuoi fcsuaci vengono fcacciati da tutte le terre della Spagna .

Si porta a Roma,
ed è cacciato da Daraafo.
Palladio, e Secondiano Vefcovi Arriani fono condannati nel 381.
Concilio d'Aquilcja
S. Ambrofio predice la difgrazia di Macedonio Gran Maeftro 381.
del Palazzo di Graziano.
Due Arriani, Ciamberlani di quefto Principe, fono miraco-
lofamente puniti.
Viaggio di S. Ambrofio a Roma per affifteic ad un Concilio.
Ivi fa de' miracoli , ed ivi pure tiene delle conferenze con
S.Afcolo.
Graziano toglie dal Senato l'Altare della Vittoria, e priva i
Sacerdoti Idolatri delle rendite.
Simmaco vi fi oppone inutilmente
Roma afflitta dalla careftia.
Ribellione di Maflfimo, il quale fa morire Graziano in Lio-
ne, ed affocia il fuo figliuolo Vittore all' Imperio.
Concilio di Bordeaux contro i Prifcillianifti 3^4-
Prifcilliano va a Treveri, e foggiacc al giudizio di MafTimo.
S. Martino refifte ad Itacio, che aveva fottomcflb queft' af-
fare al giudizio di quefto Tiranno
Vien

( a ) Giudicano i fuddetti PP. doverfi crederli aifolutamentc pub-


blicati nel 379.
Ee IV
. . .

44-0 Tavola Cronologica.


384. Vien tagliata la tefta a Prifcilliaiio, e ad alcuni de'fuoi com-
pagni.
S. Martino va a Treveri , e finalmente fuo malgrado comu-
nica con gli Itaciani , della qual cofa vita riprefo da un
Angelo
Teodofio tratta con Mafìimo. S. Ambrofio fchiva la comu-
nione di queft' Ufurpatore dell' Imperio.
Teodofio fa chiudere i Templi degli Idolatri in tutto l'Orien-
te, e neir Egitto.
I Perfiani mandano a Coftantinopoli de' Deputati a Teodo-
fio, per domandargli la pace.
S. Agoftino viene a Milano, ed afcolta S. Ambrofio.
S. Ambrofio impedifce il riftabilimento dell'Altare della Vit-
toria, da Simmaco dimandato a queft' Imperatore .
Incerto di una Vertale .
Morte di Damafo.
Siricio gli fuccede , e rifponde ad Imerio
Vefcovo Tarragona con una Decretale
di
385. S. Agortino pronunzia un Panegirico in lode del giovane Va-
lentiniano, e del Confole Bautone.
Giurtina rinova la perfecuzione contro S. Ambrofio , che le
nega la Bafilica Porziana, ed indi la Nuova.
Querta perfecuzione ceffa miracolofamente nel finire della Set-
timana Santa.
S. Ambrofio fcrive a S. Vigilio di Trento.
386. Concilio di Roma fotto Siricio.
Teodofio disfa i Giutungi, e fpofa Galla.
Giurtina ripiglia perfecuzione .
la
Valentiniano fa una Legge in favore del Concilio di Rimini.
S. Ambrofio gli nega di bel nuovo una Bafilica , né vuole
ufcire da Milano.
Vigilie ftabilite nella Chiefa di Milano con Inni , e Salmodia.
S. Ambrofio ricufa d'andar a difputare nel Palazzo contro Au-
fenzio ; pronunzia contro di lui un difcorfo ; ed è calun-
niato da Giurtina.
Certa la perfecuzione dopo fcoperti i Corpi de' Santi Prota-
fio, e Gcrvafio.
S. Ambrofio fcrive fopra S. Luca , e fopra la Fefta di Pafqua
Converfione di S. Agortino.
387. Battefimo di S. Agortino conferitogli da S. Ambrofio.
S. Ambrofio va per la feconda volta a Treveri, e tratta con
Martimo fenza conchiudere cofa alcuna .
Maflìmo parta in Italia, s' impadronifce dell' Occidente , e

1
.. . . . .

Tavola Cronologica. 441


Vaicntiniano cerei l;i piotezione di Teodofio nell'Oriente.
Sedizione d'Antiochia contro Teodofio .
387.
Vittorie da Teodoho riportate fopra di Maffimo , il quale è 388.
prefo , e decapitato; dopo di che è tatto morire il fuo
figliuolo Vittore .

S. Ambrofio compone diverfi trattati. Teodofio perdona a'


fediziofi di Cofì.mtinopoli
S. Ambrofio impedifce il rift.ibilimento delLi Sinagoga de'
Giudei in Callinico.
Simmaco tenta per la terza volta inutilmente il riiìabilimento
dell'Altare della Vittoria , ed è ignominioCimente sbandito.
Leggi di Teodofio contro i Fideicommiffi , e contro li Euno- 38^.
miani
Latino Pacato pronunzia in Roma un Panegirico in fua lode.
Molte famiglie illuRri di Roma abbracciano la noRra Religio-
ne , e da Teodofio fono eRirpati moltiflìmi abufi.
Grandine prodigiofi
Teodofio fa una Legge in Milano contro li Eretici.
Demolizione del Tempio , e dell'Idolo di Serapide, e di al-
tri Templi d'Idoli nell' Oriente
Teodofio punifce crudelmente li abitatori di Tefsalonica.
Accetta in Milano la penitenza impoRaglL da S. Ambrofio, e
fa una Legge contro l'efecuzioni precipitofc delle fentenzc.
Concilio di Milano contro li Itaciani, nel quale Gioviniano
è condannato.
Abolizione de' Penitenzieri fatta da Nettario in Coftanti-
nopoli
Sregolamento di Sarmazione , e Barbaziano in Milano.
Concilio di Capova, al quale Flaviano Vefcovo d'Antiochia jpi.
ricufa d'intervenire, e condannato.
Bonofo vi è
S. Ambrofio s'affatica per procurare la pace ad Antiochia
Morte d'Evagrio.
Valentiniano nuovamente nega a' Pagani il riftabilimento de'
lor Privilegi.
Fa intendere Ambrofio , che vada a trovarlo in Francia.
a S.
Debolmente reprime ArbogaRo, che lo fa Rrozzare in Vien-
na di Francia, ed inalza al Trono Imperiale Eugenio.
Il corpo di Valentiniano vien fepolto in Milano, ove S. Am-
brofio recita in fua lode una funebre Orazione (.7).
Riti-

(a) Vogliono 1 fuddctti PP. recitata quella funehrc Ora7Ìone,


come fi è altrove detto, nel giorno i 5. Maggio del 39:.
. . . .

442 Tavola Cronologica.


Ritiro di S. Paolino, che fu di poi Vefcovo di Nola, e della
fu.i moglie Terrafia

3?3- Taziano Preferto del Pretorio è mandato in efilio, ed il fuo


figliuolo Procolo è decapitato per opera di Ruffino.
Eugenio manda delli Ambafciadori a Teodofio , e viene in
Italia.
S. Ambrofio fi ritira da Milano, e fcrive fortemente ad Eu-
genio,
Scopre in Bologna le Reliquie de' Santi Vitale, ed Agricola.
Refufcita un morto in Firenze.
5P4. Onorio è dichiarato Augufto da Teodofio.
S. Ambrofio ritorna a Milano.
Teodofio sforza le Alpi , perde di fubito una parte delle fuc
Truppe Auuliaric, ed indi riporta miracolofamente la vit-
toria per la fua pietà
Chiama in Italia il fuo figliuolo Onorio, proibifce i Sacrificj
Pagani, e protegge Flaviano d'Antiochia.
de'
3^5. Morte di Teodofio, in lode del quale pronunzia S. Ambro-
fìo una funebre Orazione , e pofcia il di lui corpo è ri-
portato a Coftantinopoli
S. Ambrofio fcopre miracolofamente in Milano i Corpi de'
Santi Nazaro , e Celfo .

^p6. Scrive alla Chiefa di Vercelli, la cui Sede da gran tempo


vacava.
Fa molti miracoli , e dà in potere di Satanaflb un fervo del
Conte Stilicone
Sua malattia, e fua morte in età d'anni 57.
Apparifce dopo la di lui morte a molte perfonc.

TA-
, . ..

(delle
TAVOLAPrincipali Materie trattate nella Vita
44!

di S. Ambroflo
Il primo numero preceduto dalla lettera T. denota il Tomo,
ed il fecondo preceduto dalla p. denota la pagina.

A Sua converfione T. i.p. 395. e fcg. .

Suo ritiro. T. i.p. 398.


ABBIGLIAMENTI dellc Donnc Suo Battcfimo T. i. p. 401. .

ciò che ne Tenta S. Ambrofio. Confolato nella Tua agitazione da El-


T. 2.P.403. e feg. pidio . T. I. p. 400.
Abiti, loro lulfo condannato Cib , che diede cccafione al Tuo libro
da S.Ambrofio. T. 2. p. 402. della Divinazione de' Demon j . T. i

Abbondanzio, Vefcovo di Trento, p. S18.


afflile .il Concilio d' Aquilca T. i. . AoGRtcìo, fatto Prete contro l'ordi-

p.178. ne. T. I. p. 196.


A'-CACfo, Vefcovo Bcroea , invia- di Agricola (Santo) fcoprimento del
to a Roma da Flaviano T. 2. p. 122. . fuo Corpo . T. 2. p. 87.
Adhlfd, Vefcovo d'Aquilea T. i. . CrocifiiTo fotto Diocleviano . ivi,c feg.

p.451. Didribuzione delle fue Reliquie . T.i.


Aginacio, Prefetto del Pretorio, fi p. 88., e feg.
sforza di fedare la fcifni.a"d' Urfino ; Alessandro , Legatodi Siricio .T. 2.

perde fé (ledo, volendo perdere Oli-


brio . T. I. p. 58. e feg. Alii'Pio, amico di S.Agoftino. T. i.

Agappia, moglie di Graziano Prifcil- p. 400.


lianifta . T. i. p. zz6. SuoBattefimo. T. i.p. 401.
Agostino (Santo) vende i facri vafi Amico di S.Paolino. T. 2.p. 414.
per rifcattare i cattivi . T. 1 . p. 1 34. Altare della Vittoria V. Vittoria . .

Infegna la Rettorica in Milano, e con- Ambascerie di S. Ambrofio a Maflì-


trac amicizia con S. Ambrofio. T. i. mo. T. I. p. 261. 263. 264. 408. e
fcg.
P-277- ^
Afcolta i Sermoni di S. Ambrofio.
,
Amdrosio ( Santo), figlio d'Ambrofio
Prefetto dei Pretorio delle Gallic
T. I. p. 278. e (cg.
Progrelfi della grazia nell'anima fua. T. I. p.5-
T. i. p. 30i.e feg. Nalcc nelle Galhe. T. i.p. 7.

Sregolatezza del fuo vivere. T. i. Fratello de' SS. Satiro, e Marcellina


Vergine . T. i. p- 9.

Con- Le api entrano nella di lui bocca men-


Recita un Panegirico in lode del
fole Bautone. T. i.p. 301.
T. 1. p. 8.
tre giace in culla.
E' commolfo ncll' animo in afcoltando Sua educazione dopo la morte del Pa-

il canto de' Salmi T. 1. p. 3Ó0. .


dre T. I p. 9. e feg.
. .

Eflendo
. . .
.

Tavola delle Cose Notabili.


Effendo ancor fimciullo da a baciare la Fa un Trattato fopra le flato Vedo-
liKi mano . T. i. p. io. vile. T. I. p. 122. e feg.

Suoi primi ftudj T. i. p. 14. .


Compone due libri della Fede ad iflan-

E' fatto Configliere, ed Aflefforc di za di Graziano. T. i. p. 126., e feg


Probo Prefetto del Pretorio. T. i. Eforta Collanzo Vefcovo d'Imola ad
p. 14. impedire il commercio del fuo Po-
E' protetto da Simmaco. T. i.p. 15. polo con gli Arriani rifugiatifi in
E' fatto Prefetto delia Liguria 5 e dell' quella Diocefi . T. i. p. 129.

Emilia . T. I. p. 16. Vende i facri vafi per ricomperare i

Prefagio del fuo Epifcopato . ivi- cattivi . T. I. p. 130.


Vien eletto miracolofamcnte Vefcovo Suo difinterefie T. i. p. 134. e feg. .

di Milano. T. i. p. 87. Approva la decorazione delle Chiefe,


Suoi sforzi ftraordinar; pcrnon accet- e degli Altari T. i. p. 158. .

tare r Epifcopato T. 1 p. 88. e feg. . . Si ammala, effendo affente fuo Fra-


Fugge da Milano, e fi ritrova miraco- tello T. I. p. 14^.
.

lofamcnte alle porte della flefla Citta. Sua afflizione nella morte di Satiro,
T. I. p. 89. i cui beni dillribuifcc a' poveri T. x. .

Rifolve di farfi Monaco, ivi. p. 146. e feg.


.Se gli aflegnano delle guardie per im- Compone il di lui Epitafio ,
pronun-
pedirgli la fuga. T. I. p. 90. zia ne' fuoi funerali due Difcorfi
Valentiiiiano approva la fua elezione. ivi
T. I. p. 91. Diftoglie Graziano dall' accordare un
Si nafconde in una cafa campagna
di Concilio Generale a Palladio Arria-
di Leonzio, che lo difcopre. T. i. no. T. I. p. i6i.
p. 92. Va a trovar Graziano, e compone a
Suo Battcfimo. T. i. p. 95. fua iftania tre altri libri della Fe-
E~ ordinato Vefcovo otto giorni do- de T. f. p. 163. e feg.
.

po il fuo Battcfimo. T. i. p. 94. Va a Sirmio per rillabilirvi un Ve-


Dk in dono tutte le fue terre alla fcovo Cattolico. T. I. p. 16^.
Chicfa, non rifervandonc che l'ufu- Graziano lo mantiene in poireffo di
frutto per la fua Sorella . T. i. p. 96. una Chiefa di Milano, che gli Ar-
Suoi , e fua eloquenza da Vefco-
ftudj riani volevano ufurparc T. i. p. 167. .

vo Confulta S. Simpliciano. T. i.
. Scrirc i fuoi tre Libri dello Spirito
p.98.99. Santo, i quali vengono difprezzati
Sua maniera di ftudiarc, e di legge- da S. Girolamo. T. i. p. i6g. e feg.
re . T. I. p. loc. loi. Difputa nel Concilio d'Aquilea con-
E' pcrfeguitatoda Urfino.T. i. p. no. tro Palladio, e Secondiano Arriani.
Sua unione con S. Bafilio, che a lui T. I. p. 180.
manda Corpo di S. Dionifio Ve-
il Tornato da quefio Concilio fi difcol-
fcovo di Milano. T. i.p. 11 9, e feg. pa preffo del Popolo di quefta fua
Scrive tre libri della Verginità T. i. . affenza T. i. p. 196. .

p. 117. Predice la difgrazia di Macedonio


Le fue cfortazionl fanno abbracciare ivi e feg.
Io fiato di Verginità r. molte fan- Ottiene la vita ad un Uffiziale. T, i.
ciulle di Bologna , di Piacenza e p. 197. e feg.
,

della Mauritania . ivi Cafligo miracolofo di due Arriani ,


..

TAVOtA DELLE C OSE Nota xili:


clic fi erano beffati di lui. T. i. p. 199. rinabilimcnto dell'Altare della Vit-
toria T. I. p. 282. e fcg.
.

Confutagli Eretici dinanzi al Popolo, Nega a Valentiniano la Bafilica Por-


e tiene con eflì delle conferenze. T. i. ziana , che gli Tiene da lui dimandata
p. 205. e fcg. per gli Arriani T. i.p. 512. .

Un Uomo venuto a Milano mormora E' a lui richiefia la Bafilica Nuova , ed


di lui T. I. p. 202. e 20^.
. ci la nega T. i. p. ^15. .

Sermoni pronunziati da cfTb al Popolo Alcuni Uffiziali delia Citti interrom-


dopo il fuo ritorno dal Concilio di pono le ceremonic della Domenica
Aquilea T. I. p. ipó.
. delle Palme. T. i. p. 518. e (eg.
Intraprende il viaggio di Roma T. i . Libera Catulo d.ilic mani del Popolo
p. 205. infuriato , temendo fpargimento di
Viene a lui attribuito un miracolo nel fangue T. i p. 3 1 7. e feg.
. .

corfodiqucfto viaggio, ivi, e feg. Sua rifpofia gcnerofa a' Conti, ed a'
Trova in RomaS. Marcellina, effendo Tribuni venuti acitarlo .T.i. p-Ji?.
giìi morta la di lui Madre. T.i. p.207. Gli Uffiziali, ed Soldati fi ritirano i

Rifina un Paralitico T. i. p. 208. . dallaBafilica . T. i. p. 521.


Sua unione con Damafo Papa per im- Si vale della fcomunica per far ri-
pedire il riftabilimento dell' Altare tirare dalla Bafilica Nuova i Sol-
della Vittoria T. i.p. 212.. dati , che fé n'erano impadroniti.
Condanna la propoda fatta in Roma, IVI e feg.
in tempo di careftia , di fcacciarc i fo- Si ferve della fpiegazione di un paflb
,e fi vale dell' efempio di un
reftieri diGiobbe per rapprefentare lo fiato
Prefetto di Roma. T. i. p.214. e dellaChiefa. T. i. p. 522. efcg.
feg. Accufato da un Secretarlo dell' Impc-
Deplora la morte di Graziano , ed otio- radore di tirannia modcfiamcnte fi ;

ra la fua memoria . T. i. p. 220. 222. difende T. 1 p. 227. e feg.


. .

Si difende dalle infidic di Prifcilliano. Pafia la notte col fuo Popolo incantar
T. I. p. 242. Salmi T. I. p. 329.
.

Giultina lo manda Ambafciadore a Gli vien dato avvifo, efierfi i Soldati


MafTimo 262.
. T. i. p. ritirati dalla Bafilica Nuova . T. i.

E' introdotto nel Conlìglio di MalTi- P- 550- .

mo , ed è ritenuto fino al ritorno del Grande ofiervatore della continenza


Conte Vittore . T. i.p. 254. degli EcclefiafiiciT. i. p. 541. .

Sua generofiti nel parlare a quefto Ti- Nega feconda volta la Bafilica
per la

ranno, cheingiudamcnte lo rimpro- Porziana T. i. p-55i- e fcg. .

vera , che l'abbia mgannato. T. i. Riceve ordine daU'Imperadore di ulci-


p.265. rcda Milano, evi refiftc.T. i.p.555.
Pafiando per Grenoble nel (uo ritorno e feg.
trova de' nuovi Ambalciadori man- E' per più notti guardato dal Popolo
dati da Valentiniano a Mairimo. T. i nella Chiefa. T. i. p. 357. e feg.
p. 266. Dio lo conferva miracolofamente.
Sua carità verfo S. Agoflino, quando T.i.p.358.
era ancor Manicheo. T. i.p. 278. Fa cantare degli Inni , de' Salmi , e de'
Stende una fupplica per rifpondcrc a Cantici . ivi e fcg.

quella di Simma«o , che chiedeva il Compone molti Inni . T. i.p. 3<5i.


E' ci-
.

Tavola delle C OSE Notabili.


Eccitato a difputare nel Palazzo alla data a Graziano. T. i. p. 415.
prefenza de' Giudici con Aufenzio ; Qiiefio Tiranno gli ordina di ritirarfi

e ricufa di ciò fare ,


prefentaiido fopra T. I. p. 416.
di quello una fupplicaall' Imperado- comunione delli Itacia-
Si attiene dalla
re T. I. p. 562. e fcg.
. ni T. I. p. 417.
.

Protesa di deteftare il Concilio di Ri- Vede con fuo difpiacere un Vefcovo


mini T. I. p. 2155.
. nomato Igino condotto in efilio.

Pronuncia un difcorfo contro di Au- T. 1. p. 416.


fenzio nella Domenica delle Palme. Manda a Valentiniano una relazione
T. I. p. 3<5(5. e feg. della fua feconda ambafciata T. i. .

Narra una ftoria di S. Pietro affai cu- p.417. e feg.


riofa. T. i.p. 36-/. e feg. Diverfi difcorfi avuti in quefia feconda
Il braccio di un Uomo andato per af- ambafciata con Maffimo. T. i . p.409.
l'afTinarlo nella fua camera refta at- e feg.
tratto, mal' AffalTmo viendalui ri- Moderazione dlTeodofio dopo ladif-
fanato T. i. p. 3Ó9. e feg.
. fatta di MafTimo , attribuita a S. Am-
Dio niiracoiofamente lo difende da brofio T. I p. 446. e feg.
. .

magiche operazioni T. . i. p- 370. Si porta in Aquilea T. i. p. 451. .

Scopre miracolofamente le Reliquie Scrive a Teodofio per impedire il rirta-


de' SantiProtafio,e Gervafio. T. i. bilimento di un Tempio degli Eretici
p. 571. e feg. Valentiniani di Callinicio T. i. .

I Demonj fi dolgono di lui per bocca p. 453. e feg.


,. ,. .

degli Energumeni 373. . T. i. p. Obbliga Teodofio a rivocar gli ordini


Rende partecipe Santa Marcellina del- dati fu quello particolare. T.i. p.464.
lo fcoprimento delle Reliquie de'San- Si duole chefiano liEcclefiaftici obbli-
tiProtafio, e Gervafio. T. i. p. 377. gati a fervir nelle Curie. T. i . p. 408.
Le manda copia del difcorfo da lui pro- e feg.
nunziato in queft' occafione. ivi e feg. Impedifce, anche un'altra volta, il
Un Arriano fi converte per avere ve- riflabilimento dell'Altare della Vit-
duto un Angelo parlargli all'orec- toria T. I p. 473. e feg.
. .

chio. T. i.p. 384. Diftoglie Teodofio dalla vendetta dife-


I Demoni lo temono per confefTione di gnata contro gli abitatori di Telfalo-
Probo Notajo energumeno. T. i. nica. T. I. p, 530.
p.388. Si ritira alla campagna dopo l'ecidio
Pubblica i fuoi commentari fopra S. diqueftaCittk. T. i.p. 53Ó.
Luca T. I. p. 389.
. Vede Teodofio infogno, egli fcrive .

Scrive a'Vefcovi dell'Emilia. T. i. T. i.p. 537-efeg.


p. 394. Impedifce a Teodofio l'entrare nella
Configli» a S. Agoftino convertito la Chiefa di Milano, e lo mette in pe-
lettura d'Ifaia. T. 1. p.400. nitenza T. I. p. 541. e feg.
.

Battezza S.Agoftino. T.i.p.401. Non foffre che Teodofio flia nel coro
E' mandato per la feconda volta Am- T. i.p. 548.efeg.
bafciadore a MafTimo T. i. p. 408. . Due Perfiani vengono a trovarlo T.i. .

Sua generofita nel trattare con queflo P-555- . .,. .„. ^


T. 2.
Tiranno . ivi , e feg. Sua condotta con i Prifcilianilii .

Lo cforta a far perutenza della morte p. 6.


Pro-
. . , . ..

T AVf)l A DELLB Cose NoTABtir.


Procura 11 perdono aSimforofio, ed a quale dcfidera di unire
al fuo Clero.
Dittinio luo figliuolo. T. 2. p. 8. T. 2. p. 124. e feg.
Deplora e condanna Sarmazionc, e
, Pronunzia la funebre Orazione di Teo-
Barbaziano Monaci apoltati e feriva , dofio dopo la di lui morte. T. 2.
contro di erti allaChicfa di Vercelli p. 129. e feg.
T. 2. p. 22. efeg. Scopre miracolofamente i Corpi de'
Si duole che Flaviano d'Antiochia Santi Nazaro,e Cclfo T. z.p. 159, .

non fia intervenuto al Concilio di e feg.


Capua. T. 2. p. ^8. Fa tacere il Demonio che parlava per
,

Parte da Milano per andare in Francia bocca di un Energumeno T. 2. .

a trovare Valcntiniano , e per Klrada


riceve la nuova della di lui morte. Mantiene il diritto degli afili contro
T. 2.p. 5 5.e feg. Stilicone, che gli afcrive ciò a de-
Fa la di lui funebre Orazione. T. 2. litto. T. 2. p. 143. efeg.
p.67. Dà un idruzionc a Fritigilla Regina
Non rifponde alle lettere di Eugenio . de' Marcomanni , che gliela aveva
T. 2.p. 81. dimandata. T. 2. p. 147.
Arbogafto fi gloria di conofcerlo .T. 2. Scrive alla Chiefa di Vercelli nel tem-
p. 79. po , che la di lei Sede era vacante •

I Francefi hanno per lui della venera- T. 2.p. 148. e feg.


zione . ivi e feg. Suo digiuno continuo. T. 2. p. 151.
Lafcia Milano a cagione di Eugenio . Non interviene ad alcun convitto in
T. 2.p.8^ Città, ma fuori di Città tratta con
Scrive ad Eugenio coji termini forti, i principali Signori. T. 2. p. 152.

ivi e feg. Giammai non volle raccomandare gen-


Scopre in Bologna i Corpi de' Santi te d'armi , né intromettcrfi ne' Ma-
Vitale, ed Agricola. T. 2. p. 87. trimoni . T. 2. p. 1 53.
Va Faenza T. 2. p. 88.
a . Offerifce ogni giorno il Sacrificio . i vi
Dedica una Chiefa in Firenze , e vi E' infaticabile neiramminillrazione
mette delle Reliquie de' Santi Vitale, de' Sacramenti T. 2. p. 1 54. .

ed Agricola Pronunzia in quella


. Tiene aperta a tutti la porta della fua
Città un efortazione fopra la Vergi- camera ivi .

nità, e rifufcita un Indemoniato. Stato della Chiefa di Milano, mentr'


ivi e feg. era governata da Ambrofio. T. 2.
Ritorna a Milano. T. 2. p. 90. p. 155. e feg.
Suo affetto verfo de' Fiorentini , ad al- Abolifce il coflume di mangiare, e di
cuni de' quali apparifcc fovcntedopo bevere fopra i fcpolcri de' Martiri
la fua morte ivi e leg. . T. 2. p. 158.

Mette fopra l'Altare la lettera da Teo- E viene in ciò imitato da S. Agofiino


dopo la vittoria ri-
doiìo a lui fcritta ivi
portata da Eugenio. T. 2. p. 113. Riprende i difordini del fuo Clero.
Scrive a Teodolio per la confervazione T. 2. p. 160. e feg.
degli afili . ivi Efclude dalla Chericatura uno de' fuoi
Ottiene da Teodofio il perdono per i amici per un gcfio indecente, e ne
ribelli . T. 2. p. 1 14. fofpende un altro ivi . .

Sua gioja dopo il ritiro di S. Paolino, Suoi Difcepoli . T. 2. p. 1154. e fe^.


Efa-
. . .

Tavola DEtll Cose Notabili.'


Zfamina l'affare d'Indicia vergine, e Sua condotta nell' amminiftrazione
pronunzia fentenza in fuo favore . della Penitenza. T. 2. p. 310.

T. 2. p. 175. Sua Prudenza . T. 2. p. 3 1


5.

Defidcra la morte per pietà, e la predi- SuaGiuflizia. T. 2. p. 321.6 feg.


ce. T. 3. p. 178. Sua Temperanza T. 2. p. 326. e feg. .

Fa poffedcre dal Demonio un falfifica- Sua Fortezza, e generofità. T. 2.


tore di lettere, fervo diStilicone. p. 331. e feg.
T. 2.p. 179. Suoi fentimenti circa 1' eminenza del-
Guarifce Niceta dalla gotta , calcan- lo flato Ecclefiaftico. T. 2.p. 337. e
dogli un pie«ie . T. 2. p. 181. e feg.
AfTiftc a' Funerali di S. Martino Vef- Quali prerogative richiegga ne'Mini-
covodiTours. T. 2. p. 182. flri della Chiefa. T. 2. p. 342. e feg.

La diluitela comparve tutta coperta Se la prende contro l'Avarizia. T. 2.


mentre dettava la fpiegazio-
di fuoco, p. 405. e feg.
ne dei Salmo XLIII. T. 2.p. 185. Ammonio , Grammatico , Sacerdote
Confacra un Vefcovo di Pavia poco della Scimia in Aleflandria T. i. .

avanti la fua morte. T. 2.p. 184. p. 501.


Predice che Simpliciano fari fuo fuc- Ampellio Prefetto di Roma. T. i.

ceffore . T. 2. p. i8(5. p. 60.


Muore in età d' anni 57. T. 2. p. 187. Anemio Vefcovo Cattolico diSirmio .

T. I. p. 1(55.

Suo Elogio . ivi Interviene al Concilio d' Aquilea.


I fanciulli lo veggono come fé foffe an- T. I. p.164.
cor vivo. T. 2. p. 190. Anicio Probo Prefetto dell' Italia , del-
I Demonj gridano, ed urlano ne' fuoi la Sicilia , dell' Ifole vicine ,e dell'
funerali, ai quali i Giudei , ed Pa- i Affrica T. I. p. 14.
.

gani alTiftono ivi , e feg. . Suo zelo per la noftra Religione . T. i


Apparifce nel giorno della fua morte a p. 1 5.6480.
molti Santi nell'Oriente. T.2. p. 191. di Roma T. i. p. 1 5.
E' fatto Prefetto .

Comparifce ad un Cittadino di Firen- Anisio ( Santo Vefcovo di Teffaloni-


)
ze , e promette la liberazione di quel- ca, fuo elogio. T. i. p. 267.
la Città affediata daRadagafio. ivi. DaDamafo, Siricio, ed Anaflafio Pa-
Donato , e Mauranio fuoi calunniatori pi è conflituito Giudice delle caufe
collida morte improvifa T.2. p.i93. . Ecclcfiafliche nell' Illiria Orientale.
Suo rifpetto , e fuo amore per la Chic- T. I. p. 26g.
fa T. 2.p. 202. e feg.
. Damafo gli feri ve circa le ordinazioni
Sua venerazione per le fante Scritture. irregolari di que' paefi . ivi
T. 2. p. 214. e feg. Siricio gli fcrive contro Bonofo . T. 2.
Sua Fede T. 2. p. 272. e feg.
.
?:''?'
Sua Speranza. T. 2. p.278.e feg. Siricio approva le ordinazioni fatte da
Suo amore per Gesù Crifto. T. 2. quefto Vefcovo . T. 2. p. 45.
283. e feg.
p. Antiochia due
divifa in fazioni dalle
Suo amore per ilProflìmo. ivi. comunioni di S. Melecio, e di Paoli-
Sua Umiltà. T. 2. p. 290. e feg. no T. i.p. 66. 114. 190. e feg.
.

Sua Pietà, ed affetto per l'orazione, Sua fedizionc contro Tcodofio T. i. .

e per il ritiro T. 2. p. 304. e feg.


.
P-433-
II
. .

Tavola delle Cose Notabili.


Il il lei Popolo atterra le ftatue di Fla- mo Sant'Ambrofio. T. 1. p. ^i^o.
di
cilla . T. I. p. 4^ J. Loro rabbia a cagione de' miracoli o-
Viene falvata da Flaviano, e da S. Gri- perati da' SS. Protafio , e Gervafio .

foftomo. T. I. p. 453., e feg. T. 375., e feg.


I. p.
Antonino, celebre mago, predice la Si siorzano di fcreditare quelìi Santi
roTÌna del Tempio di Serapidc . T. i T. I. p. 37(5.
p.518. Converfione di un Arriano per avere
Api entrano nella bocca diS. Ambro- veduto un Angelo parlare a S. Am-
fio ancor bambino T. i p. 8. . . brofio mentre predicava. T. i. p. 584.
Apparizioni diverfe di S. Ambrofio Procurano di llabilirfi coH'autoritk del-
dopo la Tua morte . T. 2. p. 190. e fcg. la Corte Imperiale. T. i. p. 391.

Apparizioni di S. Ambrofio feguitc Bruciano la cafa di Nettario in Con-


in Corbetta , ed in Parabiago T. 2. . ftantinopoli . T. i. p. 524.
p.194. e feg. AsARiNO condannato a
Prifcillianifla
Aquilea Ivi tenuto un Concilio
. , e morte T. i. p. 250.
.

quali Vefcovi in eflb fedeflero . T. i. Ascolo ( Santo ) battezza Teodofia


p. 175., e feg. Imperadore. T. i. p. 16S.
Prerogative di quella Chiefa . T. i. Sua morte. T. i. p. 270.
p. 85.,e feg. Astinenza lodata da S. Ambrofio.
Arbogasto Generale della Cavalle- T. 2.p. 58.
ria diTeodofio T. i. p. 452. . Atanasio (Santo) fcriveaDamafo,
Fa morire Vittore figliuolo di MafTi- e foUecita la condannazione d'Au-
mo . T. I. p. 445. fenzio. T. I. p. 54.
E' Francefe di nafcita, e diverfe opi- Atta lo Arriano condannato nel Con-
nioni circa le fuc qualità. T. 2.
p-só.,
cilio d'xlquilea T. I. p. i8ó. .

e feg. Atti del Concilio d'Aquilea da chi


Fa ftrangolare Valentiniano in Vien- fcritti . T. I. p. 191. fino alla p. 195.
na di Francia T. 2. p. 60. , e feg. . Avari ciechi nel radunare tefori . T.i.
Innalza Eugenio all' Imperio. T. 2. p. z66.
p. Ó9. Avarizia, quanto deteftata da Sant'
_

Minaccia Criftiani T. 2. p. 95.


i . Ambrofio. T. 2. p. 4.05., e feg.
Uccide fé fteffo dopo la disfatta d'Eu- AuDENZio Vefcovo di Spagna fcrivc
genio. T. 2. p. 109. contro Bonofiaci T. 2. p. 36.
i .

Teodofio accorda il perdono a' fuoi Aurelio Prifcillianiila condannato a


figliuoli T. 2. p. 112.
. morte. T. i. p. 270.
Arcadio Imper.idore ottiene il per- AusENZio ( il Vecchio ) fuoi fenti-
dono per li Àrriani T. i. p. 450., . menti perverfi refi noti a Damalo da
S. Atanafio. T. i. p. 54.

Arri ani Una Vergine Arriana di Sir-


. Intrufo da Coltanzo Imperadore nel
mio procura di far cadere S. Ambro- Vefcovado di Milano. T. i. p. 84.
mentr'egli flava in
fio dalla fua fede Sua morte T. i. p. 85. .

Chiefa. T. i. p. 165., e feg. AusENZio (il Giovane) Scita di nafci-


Turbano la Chiefa di Milano. T. 1. ta , chiamato ancora Mercuriano,
p. 166., e feg. fi eleggere Vefcovo di Milano da-
fa

Deridono la Salmodia de' Cattolici e , gli Arriani T. i. p. 510. .

fé ne dolgono come d'un incantefi- Ottiene una legge in favore del Con-
Ttm. u. ff cilio
. . . .

Tavola delle Cose NoTABiLf.


cilio di Rimini. T. i. p. 549. Battesimo di Sant'Agoftiii». T. l.

Fa proporre una difputa a S. Aiiibro- p. 401.


{ìo nel palazzo dinanzi a' Giudici . Bautone Francefe di nafcita è rimpro-
T. I.362. y e feg.
p. verato da Maffimo, come traditore,
Ribattezza i Cattolici pervertiti. T. i. ed è giuftificato da Sant' Ambrofio
p. 39Ó., e feg. T. I. p. 2Ó6.
Suo ritratto. T. i. p. 312. Fa venire gli Unni, e gli Alani con-
tro di Mafllmo ivi .

B Se fia flato Pagano. T. i. p. 285.


S. Agoftino fa il fuo panegirico . T. i.

BAcuRO Capo de' Barbari aufiliarj p. 301.


Teodofio. T. 2. p. 93.
di Belletto , ciò che ne penfi S. Ambro-
Capo de'domeftici ivi. . fio. T. 1. p. 399. , e feg.
Conofciuto, e lodato per la fua pietà Benevolo Uffiziale dell' Imperadore
da Rufino d'Aquilea ivi . ricufi di pubblicare una legge in fa-
Ballione uccifo da Maffimo . T. i. vore del Concilio di Rimini. T. 2.

p. 225. p. 47. , e feg.


Barbaziano Monaco di Milano pre- Sua amicizia con S. Filaflrio, e con
dicatore della voluttà. T. i. p. 21., S. Gaudenzio Vefcovo di Brefcia .

e feg. T. I. p.348.
BASiLicANuovadifefadaS. Ambrofio, Rinunzia la fua Carica per non offen-
e dal Popolo T. i p. 320. , e feg.
. . dere la vera Fede T. i p. 348., e feg. . .

S. Ambrofio da effa ritirare i Soldati,


fa Bessarione folitario d'Egitto predi-
che fé n'erano impadroniti. T. i. ce l'erterminio dell'Idolatria. T. i.

p.321., e feg. p. 517.


Basilica Porziana . T. 1. p. 311., Bologna Citta d'Italia rovinata da
51Ó., 351., e feg. Maffimo. T. I. p.424.
Basilio (Santo) invia Doroteo a Da- BoNoso Vefcovo Eretico, feguace di
ma fo . T. I. p. 66. Fotlno, e d'Elvidio. T. 2. p. 36.,
Ritorno Doroteo con una rifpofta
di
f.ivorevole. T. i. p. 73., e feg. Giudicato da Anifio , e da' Vcfcovi
Inftituifce le vigilie nella Cappadocia di Macedonia. T. 2. p. 44.
T. i.p. 584. Sue ordinazioni fuffilìono , benché
Rimanda a S. Atnbrofio il Corpo di fatte fenza efame , e per forza T. z. .

S. Dionifio fuo anteceffore. T. i. p. 44. , e feg.


p. 114. Bordeaux . Concilio ivi tenuto con-
Bassiano (Santo) Vefcovo di Lodi T. i.p. 245.
tro de' Prifcilli-anifti .

foftiene il Concilio di Milano. T. 2. Quel popolo ammazza una donna opi-


p. 17., e feg. nata neir erefia T. i. p. 250. .

AfTifte S- Ambrofio in morte. T. 2. Borgognoni devaflano le terre de'


p. i8<5. Romani. T. i. p. 62.
Basso Prefetto di Roma da' Luciferiani Britanno Vefcovo di "^reveri . T. 1.
tenuto per favorevole 209. . T. 1. p. p. 247.
Basso Vefcovo, è a lui dato Senecio- Buttericg Generale dell' liliria ucci-
ne per coadjutore. T. 2. p. 48. fo nella fediiione di Teflalonica .

Battesimo di S.Ambrofio. T. 1. p. 93. T. I. p. 529.


Calli-
1 .

Tavola dei.lk Cose Notabili.


Qualità richierte da Sant' Ambrofio
ne' fuoi Minirtri . T. 2. p. 342.
Formata nel Paradifo Terrefire . T. 2.
CALifGONio Eunuco Gran Ciam- p. 203. , e fcg.
berlano oltraggia S. Ambrofio. Vantaggi della fua comunione . T. 2.
T. I. p. 352. 5^5. p. 206. , e fcg.
E^ decapitato. T. i. p. 955. Paragonata ad una vigna. T. 2. p. 209.,
CALLiNicoCittachiamatadi poi Leon- e (cg.
topoH in Oriente T. i. p. 452. . Battuta dalle temperte. T. 2. p. 211.
Callisto Diacono calunniatore di Stabilita durante la pace del Romano
Damalo. T. i. p. 189. Imperio . T. 2. p. 2 1 1 e feg. .
,

Calunniatom di S. Ambrofio cafti- Chiesa di Milano Metropoli dell' Ita-


gati. T. 2. p.i95.,efeg. lia . T. I. p. 83.
Candida Vergine celebre di Cartagi- Chiesa d'Aquilea , fue prerogative.
ne . T. I . p. 9. , e 207. ivi
Canopo Città ì fono in efla rovinati i Chiesa Santa da S. Ambrofio parago-
Templi profani , e gii Idoli , vi fi nata ad Eva . T. 2. p. 203. , e fcg.
pongono in vece delle Reliquie de' Chiamata corona di gloria . T. z.
Martiri, e vi fi ftabilifcono de' Mo- p. 213., e fcg.
naci . T. I. p. 512. , e feg. Chilone fi duole con Olibrio, che fi
Cantico Te Deuw quando, e da chi , fiano fatti contro di lui de' malefi-
fia (tato comporto. T. i p. 40 1 , e fcg. .
.
cj . T. I. p. 58.
Canto nella Chiefa introdotto da Sane' CiNEGio Spagnuolo mandato in Egit-
Anibro'.ìo . T. i. p. 360. , e feg. to da Teodofio. 272. T. i. p.

Carestia di Roma , in cui fi tratta di Muore Prefetto del Pretorio. T. r.


fcacciare i Forclheri . T. i. p. 213. p. 274.
Carterio Vefcovo affirte al Concilio Claudiano Vefcovo Donatifta tur-
tenuto contro i Prifcillianilli . T. i. ba la Chiefa di Roma. T. i.p. 15(5.
p. 237. ClercJ riprefo da S. Ambrofio. T. 2.
Casto Diacono di S. Ambrofio afiille p. lóo. , e fcg.
alla fua morte. T. 2. p. 185. Commentar] fopra San Luca, quando
Castolo liberato da S. Ambrofio dalle pubblicati da Sant' Ambrofio. T. i.
mani del popolo di Milano. T. i.
P- ?i7- Concilio d'Aquilea , in cui Palladio,
Celibato confermato nel Concilio di e Secondiano Vefcovi Arriani fono
Roma fottoSiricio. T.i.p.539. uditi , cond.-innati , e deporti . T. i.

Celso (Santo) Martire fotto Nero- p. 173. , e feg.


ne i S. Ambrofio trova il fuo corpo ia Concilio di Bordeaux, contro Pri- i

un giardino. T. 2. p. 140. fcillianirti . T. p. 245. , e Icg.


I .

Cesario priva Antiochia deltitolodi Concilio di Capua, in cui fi proibifce


Metropoli. T. I. p. 433. il ribattcTzaie, il replicare le ordina-
Chericatura chi da efianeefcIudefTe zioni ,ed il trasferire i Vefcovi. T. 2.
Sant' Arribrofio T. 2. p. 160. , e fcg. .

Chiesa . Amore, e rifpctto di S. Am- Rimette l'efame della caufa di Bonofo,


brofio verfo di effa. T. 2. p. 202., ad Anicio , ed a' Vefcovi vicini .
e feg. T. 2. p. 37., e fcg.
Ff 1 Am-
.

Tavola Delle Cose NoTABiLr.


Ammette alla comunione tutti i Ve- Coftanzo fi ritira in Sirmio . f. i*.

fcovi dell' Oriente. T. 2. p. ^8. _ p. 419.


Rimette l'affare di Flaviano d'Antio- CosTANZtANo grande Scudiere di Va-
chia a Teofilo , ed a' Vefcovi dell' ientiniano è uccifo dagli affaflìni nel-
Egitto, ivi. le Gallie. T. i. p. 56.

Concilio di Milano contro gli Itacia- Costanzo Vefcovo d' Grange, affitte
ni . T. 2. p. 6. al Concilio d'Aquilea T. i. p. 174.
.

Condanna Gioviniano T. . 2. p. 9. Sottofcrive quello di Milano. T. 2.


CoN'ciLio di Milano tenuto nel tempo p. 18.
della firage di Teffalonica . T. i. Costanzo Vefcovo d'Imola fotto-

P- 535- fcrive il Concilio di Milano, ivi.


. . .

Concilio diRimini autorizzato da una


,
Costanzo Vefcovo diScifiia afiìfte al
legge di ValentinianoII. T. 2. p. 47. Concilio d'Aquilea. T. i. p. 174.
Concilio di Roma, in cui Urfaccio, Creditore finto miracolofamente fco-
e Valente fono deporti. T. i. p. 54. perto. T. p-403.
I.

Concilio di Roma tenuto nel ^/'S. Crescenzio, Prete , Legato di Siri-


T. I. p. 50. ciò al Concilio di Milano. T. 2.
. , .

Concilio di Roma fcrive a Vefcovi p. 17.


d'Aleffandria . T. i. p. 54. Cresconio levato dalla Chiefii di Mi-
Concilio di Roma , in cui viene lano, ove erafi ritirato . T. 2. p. 143.,
riabilita l'autorità del Papa. T. i. e feg.

p. 157. I Leopardi divorano i foldati , che ne


Concilio di RomafottoSiricio . T. 1. lo avevano levato. T. 2. p. 144.
p. 338., e feg. Stilicone lo rcfiituifce a S. Ambrofio.
Concilio di Saragozza contro i Pri- ivi
fcillianifli . T. I. p.2^6. , e feg. Cristiano, qual debba efiere fecondo
Concilio di Torino. T. 2. p. 8. Ambrofio. T. z.p. 22(5., e feg.
S.
Concordia dedica una ftatua a Pre- Di quanto fia egli tenuto a Gisìi Re-
, teftato . T. I. p. 290. dentore. T. 2. p. 230.
CoNcoRDio Diacono calunniatore di Quali fieno le di lui obbligazioni. T. 2.
Damafo. T. i.189. p. p. 232.
CoNjuGATi, irruzioni date loro da Tenuto ad ainare anche i nemici. T. 2.
S. Ambrofio. T. 2. p. 226. , e feg. 237.
p.
Conrado il Salico Imperadore come Raffomigliato da S. Ambrofio ad un
punito da S. Ambrofio T. 2. p. 1 94., . viaggiatore T. . 2. p. 238.
e feg. Soldato di Crifio , e quali effer deb-
Conviti ricufati in Città da S. Am- bano le fue armi . T. 2. p. 243.
brofio . T. 2. p. 152. Tenuto ad onorare Dio co' ringrazia-
CoREETTA Vedi Apparizioni . . menti , e l'orazione T. 2. p. 245. .

Corpo di Gesù Cristo difende dal- Croce, fuo legno preferva le greggie
le tentazioni . T. 2. p. 250. T. i. p. 128.
dalla pelle .

Costantinopoli profperata dopo di Croci trovate nel demolire il Tem-


avere cacciati li Arriani. T. i.p. 169. pio di Serapide. T. i. p. 504.
Costanza moglie di Graziano. T. i. Cromazio Vefcovo d'Aquilea. T. i.
p. 222. p. 451.
Gostanza Sorella dell' Imperadore Curie, ciò, che fufiTcro. T. i.p. 4Ó9.
Daga-
. . . 1 . .

Tavola delle Cose Notabili.


Rimanda Pietro Vefcovo d'Aleflan-
dria con lettere vantaggiofc . T. i.

p. 150.
DA6ALAIFO mandato da Valenti- Calunnia datagli da un Giudeo . T. i

niano contro gli Alemanni manca p. I 50. , e fcg.


di coraggio T. i. p. 31.. Si tratta la fua caufa nel Concilio di
Dalmazio Tribuno , e Notajo cita Aquilea , nel quale fi purga dall'
S.Ambrofio a difputare contro Au- adulterio imputatogli. T. i. p. 188.
fenzio. T. I. p. ^62. e feg.
Damaso Figliuolo d'Antonio. T. i. Perfeguitai Luciferiani T. i. p. 209. .

Impedifce il riftabilimento dell'Alta-


P- 33-
Sua forella Irene fa profertione di Vir- re della Vittoria T. i p. 2 1 2. . .

ginità, ivi. Ricufa di afooltare Prifciliiano, ed i

Diacono di Roma fotto Liberio, fidi- fuoi feguaci . T. i. p. 242.


chiara della fua comunione con giu- Sua morte, fepoltura, efcritti. T. i.
ramento T. I. p- 34-
. p. 291., e feg.

Non è flato, né della comunione di Fe- Danaro trovato, e reftituitoda un Cit-


lice, né gran Vicario di Liberio, ivi tadino Milanefe T. 2. p. 404. , e fcg. .

Sua elezione al Pontificato cagiona fci- Decente Crilliano, e Cittadino cele-


fma ivi .
bre di Fiorenza. T. z.p. 89.
E' calunniato da due Preti Luciferiani. Delfino Vefcovo di Bordeaux affide
T. i.p. 34-.citg. al Concilio di Saragozza. T. i p. 2^6. .

Sua elezione lodata da' Santi Ambro- Battezza S. Paolino T. 2. p. 124. .

fio , e Girolamo T. i p. 5 5. e fcg.


. . , Demonj predicono la rovina dei Genti-
Viene falfamente accufato d'adulte- lefimo. T. I. p. 517.
rio. T. i.p. 59. Sono li maceri degli Eretici nel cor-
Vien accufato d'aver corrotto con da- rompere il fcnfo delle facre Scrittu-
naro la Corte dell'Imperadore T. I. . re. T. 2. p. 225.
p. 49. Depositi con qnal fedeltà debbano cf-
S'adopra per il ritorno degli Ecclefia- fere cuftoditi T. 2. p. 324. , e feg.
.

fìici partitanti d'Urfmo . T. i. p. 54. Fatto dorico a qucfto propofito. ivi


Raduna un Concilio in Roma, in cui Digiuno, quanto lodatodaS. Ambro-
fono condannati Urfacio, e Valente, fio. T. 2. p. 258.
ivi Continuo in S.Ambrofio .T. 2. p. 151.
S.Atanafio lo induce nlla depofizionc Dionisio (Santo) Vefcovo di Milano,
d'Aufenzio. ivi. fuo corpo inandato in dono da S. Ba-
Li Arriani d'Aleffandria mandano a filio a S. Ambrofio T. r.p. 114. .

lavorare alle miniere di ferro un Dia- Discepoli di Sant' Ambrofio T. 2. .

cono fuo deputato. T. i. p. 69. 164., e fcg.


p.

Si lafcia quafi forprendere da Vitale Dittinio Prete figliuolo di Simfofio


Prete del partito d'Apollinare . T. 1. Vefcovo T. 2. p. 8.
Prifcillianifta .

P- 74- Donatisti delti Montanari in Roma .

Rimanda Vitale a Paolino, ivi. T.


i.p. 15 5., e feg.
Manda a Paolino una confefTione di Donatisti d'Affrica mandano a Ro-
Fede, che Vitale ricufa di fottofcri- ma Claudiano, perché fia fatto loro
vere. ivi .
Vefcovo. T. I. p. 156.
T>'U. li. ff 1 1 Ribat-
.

Tavola delle Cose Notabili.


RibattcTTano. T. i.p. 15Ó. Elpidio, fuoi errori circa la Divinitii
Donato Prete di Milano, perchè col- del Verbo. T. z.p. 37.

pito da morte improvifa. T. 2. p. 29:;. E LPi D o Cugino di Teodofio vuole fpo-


I

Doni offerti da Eugenio alla Chiefa di faie Santa Olimpiade . T. i. p.435.


Milano ricufati da' Preti di detta Em!L!a, S. Ambrofio fatto Prefetto
Chiefa. T. 1. p. 85. di elfa Provincia. T. i. p. 16.
Donne troppo inclinate agli ornamen- Emona Città, di qua! Provincia. T. r.

ti , ed al ludo T. 2. p. :;<pg.. p. 178.


Donnino Ambafciadore a MafTimo , Endelaco Oratore Criftiano . T. i.

dal quale fi lafcia forprendere T. i.. p. 129.


p.4i8., e feg. Episcopato , con quali sforzi ricufa-
Doriforiano cavato di prigione per todaS.Ambrofio T. i. p. 88. , e feg.
.

ordine di Graziano , e fatto giulti- EQ.UI2IO, attaccato da' Quadi,e dif-


ziare in Francia. T. i. p. iió. fatto con due Legioni T. i. p. 79. .

Introduce quelli popoli nelle Terre


dell' Imperio T. r. p. 103.
.

A lui è attribuito l' innalzamento del


ECCLESIASTICI, eminenza del loro giovine Valentiniano. T. i. p. io5.
ftato. T. 2. p. 337. , e feg. Esuperanzio Vefcovo di Tortona af-
Legge contro , che pro-
gli Ecclefiaflici file al Concilio d'Aquilea. T. i.
curavano le donazioni a loro favo- p. 179.
re . T. 63., e feg.
I. p. Evagrio condotto in Italia da
S. Eu-
In che conlifta la loro perfezione T. 2. . febio di Vercelli T. i. p. 49. .

P..342. , e feg. Ottiene dall' Imperadore vita, e li-


Devono eflere alieni dall' interefTc. bertà per una donna accufata d'Adul-
T.2.P.345. terio, ivi
Obbligati da' feeolari ad abbandonare Succede a Paolino nel Vefcovado di
il fervizio della Chiefa . T. i . p. 409. Antiochia. T. i.p.487.
Educazione avuta da S.Ambrofio do- Difcende da Pompejano Generale ivi. .

po la morte di fuo Padre . T. i . p. 9. E' foUenuto da' Prelati d'Occidente,


e feg. e d'Egitto. T. I. p.488.
Eleboco priva Antiochia del titolo Evagrio Prete Legato del Concilio
di Metropoli. T. i. p. 433. d'Aquilea. T. i. p. 174.
Elemosina, fua neceflità, e manie- Evagrio Prefetto d'Egitto tenta.inu-
ra di farla. T. 2. p. 263., e feg. tilmente di fedare una fedizione in-
Devefi fare con pura intenzione . T. 2. forta in Aleffandria T. i.p.497. ,e .

feg.
P-^'^5- . ., .

In qual maniera debba etfer€ diflribui- Impiegato da Teodofio nella diftruzio-


ta T. 2. p.270.
. ne dell' Idolatria T. i. p. 518., e feg.
.

Elezione di S. Ambrofio all'Epifco- EucRociA Dama Prifcillianifta . T. i.


p-ato approvata da Valentiniano I.
P- 241-
.

T. I. p. 91. Vedova di Delfidio il Rettorico . ivi.


Ella dio Grammatico S.ncerdotc di Si facompagna di Pnlcilliano. ivi.
Giove in Aleffandria T. 1. p. 501. . Sua morte. T. i. p. 249.
Ejlpidio RettoricoPrifciUianilla. T. i. EvENCio Vtfcovo di Ceno afflile al
p. 226. Concilio di Milano. T. z. p. 18.
EuGS-
. ..

Tavola belle Cose Notabili.


Eugenio Tiranno come giunto al tro- Felice feguacc di Gioviniano. T. 2.
no. T. 2. p. 68. , e ieg. p. 16,
Crede agli Ailrologi T. 2. . p. 70. Felice Vefcovo di Bologna flato Dia-
Scrive a S. Ambrofio. ivi cono Ambrofio. T. 2. p. 185.
di S.
Si prepara alla battaglia , ed in qual Felice (Santo) di Nola S. Paolino .

maniera T. 2. p. 78.
. vuol paflare il redo della fua vita
S' im pad reni fce dell' Alpi. ivi. prelToalla fua Tomba T. 2. p. 125. .

Concede a' rendite de' tem-


Pagani le Felice di Como (Santo) ordinato da
pli profani , e rirtabilifce l'Altare Ambrofio, e fuo particolare ami-
S.
della Vittoria T. 2. p. 82. . co. T. 2. p. 1Ò5.
Lettera a lui inviata da S. Ambrofio Lettera a lui fcritta da S. Ambrofio.
T.2.P.85. T. 2. p. 167.
I Preti di Milano ricufano i fuoi do- Felicissimo Ecclefiafiico Prifcilliani-
ni T. 2. p. 8^.
. fla decapitato. T. 249. i. p.

Disfatto da Teodofio e fua morte , . Figliuoli , loro doveri verlò de' ge-
T. 2. p. 108., e 109. nitori. T. 2. p. 591., e feg.
A' fuoi figliuoli viene accordato il per- FiLASTRio (Santo) Vefcovo di Bre-
dono dal vincitore. T. 2. p. 112. fcia affirte al Concilio d' Aquilea .

EvoDio Prefetto del Pretorio efami- T. I. p. 178.


na l'affare de' Prifcillianiili . T. i. Fiorenzo Vefcovo di Pozzuoli depo-
p. 248. llo p 75.
. T. I.

EuTiMio tenta di levare S. Ambrofio da Firenze Città quanto amata da Sant'


Milano. T. i. p. 512. Ambrofio. T. 2. p. 90.
Eutropio Eunuco mandato da Teodo- Miracolo ivi operato dal Santo dopo
fio a confultare S. Giovanni d'Egitto fua morte. T.2.p. 191.
T. 2. p. 75. Flavia Maffima Collanza Moglie di
Graziano Imperatore. T. 79. i. p.
Flavi ano Prefetto del Pretorio pre-
dice profperità ad Eugenio. 1". 2.

Ebado Vefcovo d'Agen afiifte al P-70-


F
Fede
di Saragozza. T. i.p. 236.
Concilio
( fuoi Libri ) quando fcritti e ,
Cerca le fue predizioni nelle vifcere
delle vittime. T. 2. p. 78.
pubblicati da Sant' Ambrofio. T. i. Ottiene le rendite de' Templi profa-
p. 126., e feg. , e 1Ó4. ni , e l'Altare della Vittoria T. 2. .

Come fuflTe ferma in S. Ambrofio, e 82.


p.

come ne parli T. 2. p. 272. , e feg.


. Sua confufionc , e morte . T. 2. p. (;j.

Come viva in efiblui fopra il mille- e 98.


rio della Incarnazione del Verbo . Flaviano Vefco^'o d'Antiochia intcr-
T.2. p. 275- ceffore del fuo Popolo preffo Teodo-
Felice Vefcovo d'Affrica Legato al fio. T. i. p. 434.
Concilio d'Aquilea. T. i. p. 174. Ricufa di andara Roma . T. 2.p. 35.,
Felice Vefcovo di Trcveri , ordina- e 122.
to dagl'Itaciani , fua depofizione . Fortezza di Sant' Ambrofio. T. 2.

T. 2. p.6. , e 7. p.331., e feg.


Felice Vefcovo di Zara fottofcrivc In che confida quefta virtù . T. 2.

al Concilio di Milano. T. 2. p. 18. P- 33^-


Ff IV fOTI-
. ..

Tavola delle COJE NoTABtLf.


FoTINfANI , il Concilio d'Aquilea trat- fcovo di N
icomedla deporto da S;GÌ9.'
ta contro di eflì . T. i.p. 191. Grifoltomo. T. 2. p. i4i. , e feg.
Francesi fanno fcorrerie nelle Gallie Cerva 5IO. Vedi Protasio .

contro di Maflimo . T. i. p. 444. Gesù Cristo quanto amato da S. Am-


Non provedono di foldati Eugenio brofio . T. 2.p. 283., efeg.
T.2.P.78. GiLDONE vinto in battaglia per miraco-
I loro Re hanno della venerazione per lo di S.Ambrofio. T. 2.p. 192.
S. Ambrofio. T. 2.p. 79. Giovanni Battista ( Santo ) fue
FiUTiGiLLA Regina de' Marcoinanni Reliquie ripone ove fu prima il Tem-
domanda un illruzione a S. Ambro- pio di Scrapide. T. i.p. 507.
fio T. 2. p. 14Ó.
. Giovanni Prifcillianilla relegato per
Si pone in viaggio per vifitarlo T. 2. . qualche tempo nelle Gallie. T. i.

p. 147. p. 250.
Fuga di S. Ambrofio per fottrarfi dall' Giovanni d'Egitto (Santo) confulta-
accettare ilVefcovado. T. i. p. 89. to da Teodofio. T. i.p. 428.
Apparifce ad una Dama in fogno, ivi
Predice a Teodofio la vittoria , e la
morte d'Eugenio T. 2.p. 7Ó. .

GAbinio Quadi anafTinato Re de' Dà a Ruffino d'Aquileja la nuova di


in un convito , e da chi. T. i. quefla vittoria nel giorno Hello della

P-78- 19- ^,. ,. . .


battaglia. T. 2. p. in.
Gainaso capo de' Barbari aufiliarj di Gtovinianisti condannati dal Conci-
Teodofio. T. 2. p.93. lio di Milano , e cacciati dalla Città .

Galla forella del giovane Valentinia- T.2. p. 17.


no fpofa Teodofio T. i p. 344. 345. . . Gioviniano, fueerefie condannate in
Cacciata dal Palano da Arcadie. T. 2. Milano . T. 2. p. 9.

p. 29. Latino di nafcita, Monaco di profef-


Sua morte. T. 2. p. 94. fione ,
publica la fua erefia in Roma.
Gaudenzio (Santo) Vefcovo di Bre- Tom. 2. p. 9. , e feg.
fcia riceve con giubilo le Reliquie S. Girolamo parla di lui nelle fue opere
de' SS. Nazaro, e Celfo T. 2. p. 142. . con difprezzo . T. 2. p. 10. 1 1.

Ordinato da S. Ambrofio. T. 2.p. 1155. Nemico della caftità, del digiuno, e


Gemimano ( Santo) Vefcovo di Mo- della mortificazione T. 2.p. 12.
.

dena fottofcrive il Concilio di Mila- Suoi errori, e falfa dottrina. T. 2. p. 1 3.


no T. 2. p. 18.
. Nemico della purità della Santilfuna
Geniale feguace di Gioviniano. T.2. Vergine. T. 2.p. 13. 14.
p. id. Sregolatezza de' fuoi coftumi . Vanità
Genitori , loro doveri verfo i Figli- del fuo efteriore , e de' fuoi abiti
uoli . T. 2.p. 385., efeg. T. 2. p. 14.
Gennaro feguace di Gioviniano . Non feduce alcun Prelato . T. 2. p.i 3.

T. 2. p. 16. E" denunziato da S. Pamachio, e da


Gennaro Vefcovo d'Aquileja. T. i. Vittorino. T. 2.p. \6.
p.451. Legge d'Onorio contro di lui. T. 2.
Germinatork feguace di Gioviniano. p. 18. , e 19.
T. 2. p. 16. S. Girolamo crede , eh' ei mo^-ilTe di ri-
Geronzio Diacono di Milano, poi Ve- pienezza . ivi •

Gio-
. . . . .

Tavola delle CosE Notabili.


Giovino Generale della Cavalleria uolo, ed è protetta da Teodofio. T.i.
disfa gli Altnianni . T. i.p. ^i. p.420.
Girolamo (Santo) Tuo giudizio cir- Sua morte . Tom. i . pag. 448.
ca l'opere di S. Ambrolio. T. i. Giustizia di S. Ambrofio. T. 2.

p. 170. 171. 172. p. 321.


Giudei . Mafllmo rifiabilifce la loro Giusto di Lione ( Santo ) deputato
Sinagoga. T. i.p.4^7. al Concilio d'Aquilca. Tom. i.
Giuliana (Santa) vedova , fabbrica p. 17Ó. 177.
una Chitfa in Firenze T. 2. p. 83. . Rinunzia il fuo Vefcovado . T. 1.

Giuliano ( Santo ) ellirpatore dell' p. 177.


Idolatria neirinfubria T.i.p. 5Z7.J . Si ritira, e muore nelle folitudini dell'
5528. Egitto, ivi
Giulio (Santo) cftirpatore dell' Ido- GiUTUNGi dcvallano la Rezia . T. i

latria ncli' Infubria . ivi. p. 213.


Giusta forella di Valentiniano il Gio- GiuvENzio Vefcovo di Pavia artìfle al

vane, fua afflizione dopo la morte di Conciliod'Aquilea . T. i.p. 179.


queflo Principe . T. z.p. Ó6. Gracchi famiglia Romana illullrc , e
Abbraccia lo fiato di verginità. T. 2. triftiana . T. i.p. 480.
p.68. Gracco Prefetto di Roma fainpezai
Giustina fpofa Valentiniano I. Iinpe- i Simolacri degli Idoli, ivi.
radore T. i. p. 42.
. Grata forella del giovane Valentinia-
Figliuola di Giulio fatto uccidere da no , per la morte di
fua aftiizione
Coilanzo ivi . . quello Principe, e fua rifoluzione di
Favola fpettantc al fuo maritaggio, vivere nel celibato T. 2. p. óó., e ^8. .

ivi Graziano ,fue virtù , e difetti. T. i.


Madre di GiuRa
Grata, Galla, e , p. 106., e (eg.
Valentiniano T. i.p.44. II. Chiamato CrillianilTinio da S. Ambro-
Si sforza di far eleggere un Vefcovo fio. T. I. p. 108.
Arriano in Sirmio T. i.p. 1Ó5. . Fa molte Leggi in favore della nodra
Domanda una Chiefa per gli Arriani Religione. T. i.p. 109.
in Milano. T. i. p. 167. Ricula la dignità di Sommo Pontefi-
Manda S. Ambrofio a trattar la pace ce del Paganefimo . ivi
con MalTimo T. i. p. 262. , e 2ój.
. Motivo una fua Legge contro le
di
Perfeguita S. Ambrolio ad illanza di adunanze T.i.p.112.
degli Eretici.
Aulenzio. Tom. i. p. 310. ,e feg. Condanna a morte il Conte Teodo-
Ottiene dal fuo figliuolo una Legge in fio T. I. p. 1 1 5.
.

favore del Concilio di Rimini T. i. . Pafì'a in Oriente per foccorrerc Va-


p. 549. , 6550. lente. T. I. p. 125.
Tenta di far airaflinare S. Ambrofio, Disfa i Goti . T. i. p. i2<5.
ed impiega contro di lui la Magia Dimanda a S. Ambrofio un Trattate
T. i.p.367., e368. dcll.i Fede, ivi .

Da fine alla perfecuzione dopo il ri- Relega Urfino in Colonia nelle Gal-
trovamento de' Corpi de' Santi Pro- lie. T. i.p. 151. 152.

tafio, e Gervafio, e difprezza le loro M.uida un relcritto ad Aquilino fo-


/Reliquie. T. i.p. 384. pra il Concilio d'Aquikja. T. i.
Si ritira a Teflalonica col fuo figli- p. 157. 158.
Di-
.. .

Tavola delle Cose Notabili.


Dichitra AugufloTeodofio.T.i.p.159. Diftrutta da effo anche nell'Oriente.
Scrive a S. Ambrofio, che lo vada a T. I. p. 494-
trovare per iftruirlo nella Fede T. i. . Igino Vefcovo Cordova riceve i di

p. 162. 16:5. T. i.p. ^536.


Prifcillianirti .

S. Ambrofio compone a fua Iftanza tre Igino, altro Vefcovo di quello nome,
altri libri dellaFede. T. i.p. 165., condotto in efilio. T. i.p. 416.
e feg. Illiriani , molti di eflì , che erano Ar-
Fa relHtuirc a S. Ambrofio una Chie- riani, fi ritirano in Imola. T. i.
fa iifiirpata dagli Arriani T. i.
. p. 129.
p. 16-j. Imerio Vefcovo diTarragona conful-
Fa atterrare l'Altare della Vittoria ta Siricio, e da effo ne riceve le op-
T. 210.
I. p. portune rifpofte. T. i.p. 296.
Toglie a' Pagani le rendite de' loro Immunità' Ecclefiaftiche . Vedi Cu-
Sacrifici, ed abolifcc i Privilegi de' rie.
Pontefici degli Idoli. T. i.p. iii. Indicia Vergine di Verona falfamcn-
Abolifce le altre immunità de' Sa- T. 2. p. 1 68. , e feg.
te accufata .

cerdoti Pagani , e delle Vertali . T. r. Siagro Vefcovo di Verona ordina , che


p. 21 1. fia vifitata. T. 2. p. 172.
Rigetta la fupplica di Simmaco per E' protetta da S. Ambrofio . T. 2.
l'Altare della Vittoria. T. i.p. zìi., p. 173.
e feg. I Tcftimoni, che avevano deporto con-
Prefenta la battaglia a MafTimo T. i . tro di lei, fono convinti di falfita.
p. 219. T. 2. p. 174. , e feg.
E^ abbandonato da' fuoi , prefo , ed E' data in curtodia di Paterna Vergi-
uecifo. T. i.p. 219. 220. ne di gran virtìi. T. i. p. 175.
Sue qualità, ed anni del fuo Regno. Giurtificata da S. Ambrofio, e da al-
T. I. p. 222. tri Vefcovi T. 2.p. 17Ó.

Sua prima, e feconda moglie, ivi. Ingegnoso feguace di Gioviniano .


Vien trattato barbaramente il fuo cor- T. 2. p. 16
po, quale Maffimo nega a S. Am- Ingii/stizia , quanto odiata, e come
brofio, e vien di poi fepolto in Mi- punita da S. Ambrofio T. 2. p. 3 2 1 ., .

lano. T. I. p. 223. 224. e feg.


Gregorio Prefetto del Pretorio del- Inni comporti da S. Ambrofio . T. i.

le Gailie , a cui vien da Macedonio p.360.


impedito l'ingerirfi nella caufa de' Innocenti , loro condannazione in
Prifcillianirti T. i.p. 244.
. Milano. T. I. p. 27.
Greutongi vinti da Teodofio nelle vi- Venerati pofcia quai Martiri . T. i.

cinanze del Danubio. T. i.p. 343. p. 28.


Innocenzo facrificatore Pagano adope-
ra la magia contro S. Ambrofio T. i .

p.368.
IDOLATRIA cftirpata da' Santi Giu- Instanzio Vefcovo di Spagna Prifcil-
lio, e Giuliano. T. i. p. 527., e lianilh . T.
234. j. p.

528. Va a Roma T. i. p. 240. .

Idolatria diftrutta da Teodofio in Appella dal Concilio di Bordeaux all'

Roma . T. I. p. 477. , e feg. Imperadore . T. 1 . p. 246.


Relè-
1 . . .

Tavoia delle COSE No T A B r LI,


Relegato inSilina. T. i. p. 249. 250. vano levato Crefconio dalla Chiefa.
Irene Vergine lorella di Damalo Papa T. 2.p. 143., e feg.
T. i.p.53. Leopardo Prete, legato di Siricio &
Isacco Giudeo fubornato dalla fazio- Milano contro Gioviniano. T. 2.
ne d'Urlino diviwi ticlatore contro p. 17.
di Damalo T. i. p. ii^o. . Leta moglie di Graziano T. i. p. 222. .

Isidoro , qual fia quello, che fu in- Leucadio procura fottrarfi dalla mor-
caricato di pollare le lettere di Teo- te per l'intcrpolìzione di S. Martino .

filo a Tcodofio , ed aMalTimo. T. i. T. I. p. 225.


p. 449. 450. Liberio Papa un cfortazionca San-
fa
Itacio, o Idacio accrcfce il Prifcil- ta Marcellina nell.t cercmonia de 111
lianifmocon volerlo ertinguere. T. i. fua profcirionc di Verginiti- T. i.
p. 2^<i. 1^6. p. II.
Itacio, Vefcovo di Spagna,
l'illurtre E' relegato in Beroea . T. i. p. 54.
fue peifime qualità. T.i.p. 237. Libri della Verginità, quando fcritti
E' incaricato dell' efccuzione del Con- da S. Ambrofio T. r. p. 1 17. , e feg.
.

ciliod'Aquileja T. i. p. 258. 239. . Libri dello Spirito Santo quando fcrit-


Prefenta una fupplica contro i Pri- ti da S. Ambrofio. T. i. p. 1Ó9.

fcillianifti T. I. p. 240.
. Liguria, S. Ambrofio fatto Prefetto
Corretto a ritirarfi in Francia, e per- diclfa T. I. p. 16.
.

chè. T. i.p. 24^.244. LiMENio Vefcovo di Vercelli afiìlleal


Denuncia i Prilcillianirti a Gregorio Concilio d'Aquileja. T. i.p. 178.
Prefetto del Pretorio delle Gallie. Succede a S. Euiebio. ivi.
T. i.p.244. Sua morte. T. 2. p. 148.
Si lottrae da Macedonia colla fuade- Lodi Citta rovinata da' Milanefi , e
ftrctza . ivi fabbricata altrove , ove ripola il Cor-
Va a trovare Maffimo in Treveri , e po di S. Baffiano. T. i.p. 178. 179.
per qual cagione T. r. p. 245. . LoBRisio Vifconti tenta d'inipadro-
E' fcomunicato, e depollo dal Con- nirfi di Milano. T. 2. p. 198.
cilio di Milano . T. z.f.ó. Reila vinto per miracolo di S. Ambro-
Suoi ferirti . ivi fio . T. 2.p. 199., e feg.
Legge d'Onorio contro di lui . T. 2. LoLLiANO Prefetto di Roma punito
p. là. colla morte per la Magia. T. i.

p. ói.
LuciFERiANl . Editto di Valcntinia-
no contro di effi T. i. p. 75. .

LAGRIME , loro efficacia per ottene- Hanno un Vefcovo in Roma nomata


re la remilfione de' peccati . T. 2. Aurelio , a cui danno per iucctliore
p. 5 1 . , e feg. Efefo. T. i.p. 77.
Langobardi venuti dalla Scandina-
via fuperano 1 Vandali . T. i.p. 159. M
Latromano Prilcillianifta decapita-
to. T. I. p. 249. MACARIO Prete Lucifcriano. T. i.

Leggi. Vedi Graziano, Onorio, p.76.


Teodosio, c Valentiniano. Macedonio , fua difgrazia predetta
Leopardi, saranuno foldati , chcavc- 1 da S. Ambrofio. T. 1. p. 197.
Rifla-
.. .

Tavola delle CaSE NOTAEfLI.


Rilkbilifoe i Prifcillianiftl ne' loro Ve- MaRCioniti, loro errori .T. i.p. 20J.
fcovadi T. I. p. 244.
. Marco primo autore dell' Erefia de'
Macrina madre di Graziano Impera- Prifcillianifti T. i. p. 226. .

dore. T. I. p. 43. Maria Vergine modello di tutte le


Rimafta vedova di Valentiniano , è Vergini. T. 2. p. 354-5 e feg.
richiamata alla Corte da Graziano Maritaggio non doverfi contrarre
T. I. p. 116. con perfone Infedeli T.i.p.335. .

Maddalena , efempio a' peccatori per Maritati Iftruzioni di S. Ambrofio.

piangere i loro falli. T. 2.p. 512. per le perfone maritate . T.2. p.226.,
Magia da Marmino perfeguitata, e e feg-, 574- >e/eg-
punita. T. I. p. 59., e feg. Marna , Tempio profano in Gaza.
Mago.n'za forprefa da Randone Prin- T. I. p. 525.
cipe Alemanno , T. i . p. 41$. Martino (Santo) accufato di Prifcil-
Malattia ultima , e morte di S.Am- lianifmo da Itacio T. i. p. 247. .

T. 2.p. 184.
brofio . e feg. Se abbia alTiftito al Concilio di Bor-
Malerba Capitano di Lodrifio Vi- deaux T. I. p. 246..

fconti vede in battaglia S. Ambrofio Diffuade Maffimo dallo fpargere il fan-


atterrare le fue fquadre con la sfer- gue de' Prifcillianifti . T. i.p. 247. ,
za. T. 2. p. 201. e 248.
Manichei fi occultano, fono eftermi- Va a Treveri per falvare la vita a
nati da Siricio , sbanditi da Teodo- Narfete, e Leucadio. T. i. p. 225.
fio. T. i.p. 484. 485. Terribile agli Itaciani ivi .

Sono confufi con i Pni'cillianifti . T. i. MaflTimo difierifce uno, o due giorni


p.251. a concedergli quanto domanda. T. i.
Manuto preflTo Canopo, sfi-
Villaggio p. 256., e 257.
lo degli Idolatri.T. i.p. 515. S'afiiene dalla comunione degli Ita-
Marcelltna ( Santa ) forella mag- ciani 257.
. T. I. p.

giore di S. Ambrofio T. 1. p. 9. . MalTimo ordina, che fiano uccifi Nar-


S'incarica della fua educazione, ivi. fete, e Leucadio. T. i. p- 258.
Fa T. i. p.i i.
profeflìone di Verginità. Comunica con gli Itaciani nell' ordi-
Suoi efercizj T. i.p. 11. 12.
di pietà. nazione di Felice, ed ottiene la vita
Suo zelo per la Chiefa T. i. p. 12. . a' predetti due Ufficiali . T. i. p. 259.,
Paffa la fua vita in Roma T. i. p. i ^. . e 260.
Inquietata da' fogni nell' affare delle E' riprefo da un Angelo e fi fcema in ,

Bafiliche . T. i.p. 314. lui il dono di £ir rairacoli. T.i. p.260.


Affifte , e fa atteltati favorevoli ad In- Schiva di comunicare con gli Itacia-
diciaVergine di Verona. T. 2. p. 175. ni .T. i. p. 261. , e 262.
Marcello Vefcovo d'Apamea rovina Predice la rovina di Maflimo. T. i.
miracolofamente un Tempio profa- p. 444.
no. T. 1. p. 513. 524. Finifce di flerpare l'Idolatria dalla
E^ bruciato da' Pagani nella demolizio- Francia T. i. p. 519. , e 520.
.

ne di un altro T. i. p. 525. . Miracolofamente affiflito in morte da


Un Concilio impedifce , che fiano pu- S. Ambrofio T. 2. p. 181. , e feg. .

niti i di lui uccifori . ivi. Martiri. Collume di mangiare fopra


Marcione feguace èi Gioviniano delle loro tombe abolito da S. Am-
T. 2. p. i6. brofio. T. 2. p. 158.
Mascè-
. . . . .

Ta/ola delle Cose Notabili.


Mascezel Gcnenle de' Romani , a Inganna Donnino altro Ambalciadorc
cui da S. Ambroùo vien predetta in di Valentiniano. T. i. p. 418., Icg.
fogno la Vittoria. T2. p. 192. Palfa in Italia. T. i.p.4i9.,e fcg.
Massimino fa inquifizione de' colpe- Rovina inolteCitta. T. i. p.425.
voli di Maleficio. T. i. p. 58., e fcg. Si fa padrone dell' Imperio Occiden-
Molti da edb condannati a morte tale. T. I. p.425., e feg.
T. I. p. 60. Tratta favorevolmente i Giudei , e
Condannato ancor eflb a morte da Gra- non Pagani T. i. p. 457.
i .

ziano T. 1. p. 1 16.
. Filfa la fua Sede in Aquilea ivi .

Massimo Tiranno Spagnuolo di nafci- Disfatto da Teodofio , e prcfo in A-


ta. T. i.p. 217. quiiea . T. 1 . p. 440.
Sua avverfione contro Teodofio ivi . Condotto a pie fcalzi , e mani legate
E' innalzato all' Imperio in Inghilter- dinanzi a Teodofio , e decapitato .

ra. T. I. p. 217. , e 218. T. I. p. 442., e feg.


Sue qualità. T. i. p. 218. , e 219. Riconoicc la verità delle predizioni
Solleva i popoli contro Gr.iziano . di S. Martino T. i.p. 444. .

T. 1. p. 219. Andragatico di lui Ammiraglio, in-


Aflbcia air Imperio Vittore fuo figli- tefa la fua morte, fi precipua da di-
uolo. T. 1. p. 224. fperato nel mare. T. i.p.445.
Fa morire Merobaudo , e Ballione . Famiglia di Maffiino trattata gencro-
T. i.p. 225. famente da Teodofio. T. i. p. 447.
Fa condurre Prifcillianifii a Bordeaux.
1 Massimo Vefcovo d'Eniona fottolcri-
T. i.p. 245. ve il Concilio di Milano T. 2. .

Si arrende alle perfuafioni di S. Mar- p. 18.


tino. T. I. p. 248. Massimo Cinico ordinato dagli Arria-
Cambia opinione , e fi lafcia perfua- ni Vefcovo di Coitantinopoli . T, i.

dere da Magno , e Rufo Vefcovo di p. 1Ó8.


Spagna, ivi Massimo cognato , e calunniatore
Rimette quelV ad Evodio Pre-
affare d'Indicia. T. 2. p. 170., e feg.

fetto del Pretorio, e fa recidere la M atrimonj Ambrofio mai s' intro-


. S.

tclla a Prifcilliano, ed a quattro al- metteva in conchiuderli. T. 2. p. 155.


tri dellafua Setta T. i p. 249. , e . . E' dono di Dio la loro fecondità T. 2. .

250. p. 980.
Scrive a Damafo T. i p. 2 5 1 . . Maukanio colto da morte improvila,
E^ biafimato per avere puniti colla e perchè. T. 2. p. 195.
morte i Prifcillianilli T. i. p. 252. . Melecjo( Santo). Vedi Antiochia.
Manda un fuo Ciamberlano per trat- Merobaudo parente di Valentinia-
tare con Teodofio T. i. p. 270. . no II. , ed autore del fuo inalza-
Scrive a Valentiniano per far ceflTare mento . T. I. p. 105.
la perfecuzione della Chiefa. T. i. E' ingiufiamcnte accu fato d'a vere fat-
3i^5- to morire Graziano. T.i.p. 219.
P-
, . ,
fatto morire da Maflimo T. i.
Tratta afpramente S. Ambrofio nel- E' .

la fua feconda ambafciata T. i. . p. 225.


p. 409. Milanesi vegliano più notti nella
Lungo colloquio da efTo tenuto con Chiefa alla difcfa di Sant'Ambrofio .

S. Ambrofio . T. i. p. 409. , e fe§- T. I. p.355.


MlLA-

\
. .

Tavola delle Cose Notabili.


Milano Metropoli del Vicariato d'I- Difiribuzione delle fue Reliquie. T. a.
talia. T. i.p.83. p. 142.
Giurifdizione del fuo Vefcovo fopra Nettaride ( Conte) uccifo da' Pitti,
molte Provincie. T, i.p. 83. ,684. e da' Scozzefi T. . p.45.1,

Il Giovane Valentiniaiio vi tiene la Nettario Vefcovo Coitantinopoli


di
fua corte . T. i. p. 278. leva l'officio de' Penitenzieri T. 2. .

Suoi abitatori perfeguitati a cagione p. 16.


delle Bafiliche. T. i.p. 317., e 318. Niceta ,
guarito dalla gotta da S.Am
Canto de' Salnìi introdottovi da Sant' brofio, ed in qual modo . T. 2.p. 181.
Ambrofio. T. i. p. 359., e feg.
Suo Monalkro al tempo di S. Agofti-
no T. 2. p. 20.
.

E' infettato da Gioviniano ivi .


OLiBMo Prefetto di Roma fi sfor-
Ministri della Chiefa , quali debbano za di fopire la fcifma d' Urfino
cffere . T. 2. p.-342- 5 e feg. T.T. p. 57., e 58.
MoGLj, debbono con pazienza i
foffiir E' defiinato Confole da Teodofio. T. 2.

difbrdini de' Mariti T. 2. p. 379. .

Monaca (Santa) fegue S. Agoftino Olimpio Filofofo anima i Pagani di


fino a Milano T. i p. 279. . . Aleflandria alla difefa del Tempio di
Si adopera per maritarlo T. i. p. 304. . Serapide. T. i. p. 497.
PalTii le notti in vigilie nella Chiefa Vi fente nella notte cantare l'Allelu-
nel tempo della perfecuzione T. i. . ja, ed intimiditofi ritira. T. i. p. 501.

p. 3Ó1. Onorato Vefcovo di Vercelli affifte


Muore in Odia. T. i. p. 407. alla morte di Sant' Ambrofio T. 2. .

Monaci ftabiliti in Canopo , della qual p.187.


cofo ingiurtamente fi duole Eunapio. Onorio dichiarato Imperadore da Teo-
T. 1. p. 514. dofio. T. 2. p. 118.
Prefentatodal PadreaS.Ambrofio. ivi.
N Spofa Maria figlia di Stihcone, e di
Serena. T. 2. p. 127.

N Ama CIO
Clermont
( Santo
in
) Vefcovo
Overane T. .
di
2.
Opere di S. Ambrofio T. 2. p. 41 5.
Orazione, che cofa fia, fecondo Sant*
Ambrofio, e come debba praticarfi.
.

Nannio (Conte) uccifo da' Pitti , e T. 2. p. 252.


da' Scozzefi T. i p. 45.
. . Amore di S. Ambrofio pcrefla. T. 2,
Nardacio Vefcovo Prifcillianifta . p. 299.
T.2.P.7. Ordinazione di S. Ambrofio. T. i.
Narsete (Conte) falvato dalla mor- p. 94.
te da S. Martino. T. 1. p. 225. Ornamenti delle donne. Vedi Abbi-
Nascita di S. Ambrofio. T. i. p. 7. gli amenti .

Nazario (Santo) martirizzato fotto Oro deve difpenfarfi a beneficio de' po-
Nerone; fuo Corpo trovato da Sant' veri . T. I. p. 131. , e feg.
Ambrofio in un giardino con quel- Ortigio Vefcovo Prifcillianifta depo-
lo di S. Cclfo. T. I. p. 140. fto, indi rifiabilito. T. i. p. 243.

Trafportato alla Bafilica de' SS. Apo« Ospitalità", regole per praticarla.
ftol) . T. 2. p. 141. T.i.p.jj7.
Pad
. . . ,.
.

Tavola delle COSB N OT A B rt I .

verte nel leggere i fcritti di S. Am-


brofio T. 2. p. 8.
.

Patrizio CommilTario contro i Pri-


PAdri loro doveri per la buona edu- fciHianirti T. t. p. 249.
.

cazione dt' figliuoli T. 2.p. 5S5., . Peccatori come debbano piangere le


e feg. loro colpe T. 2. p. 512..

Paganesimo del tutto dillrutto in Ro- Penitenti , quale accoglienza facefTe


ma da Teodofio T. p. 480. e ftg.
. i . , loro S. Ambrofio. T. 2. p. 507.
Palladio Vefcovo Arriano finge di Penitenti quanto amati da S. Am-
non conofcere li errori di Arrio. T. i. brofio. T. 2. p.
P5., e feg.
p. 160. Penitenza. Sentimenti del Santo in-
Domanda un Concilio generale . ivi torno ad effa . T. 2. p. ^ ro. , e feg.
Uiiito condannato
, , e deporto nel Penitenza pubblica non è fiata abolì-
Concilio d'Aquilca . T. i. p. 180., litd da Nettario T. 2. p. 25. .

e feg. In che confida quello cambiamento


Pansofio, fanciullo indemoniato nfu- della fua difciplina T. 2.P.2Ó.27.
.

fcitato da S. Ambrofio T. 2. p. 89. . Sufliftcva anphe al tempo di S. Gri-


Pansofio Vefcovo di Nicomedia fo- follomo. T. 2. p. 28.

ftituito a Gerunzio. T. 2. p. 162. Penitenzieri delia Chiefa levati dall'


Paolino ( Santo ) Vefcovo di Nola officio neir Oriente . T. 2. p. z6.
conofciuto da molti Santi Prelati Persecutori, come amati da S. Am-
della Cliicfa. T. i. p. 480. brofio . T. 2. p. 289.
Sua amicizia con S. Ambrofio. ivi. Persecuzioni di Giufiina contro di
Si fixjglia di tutti i fuoi beni, ed è S. Anlbrofio,e contro 1 Cattolici. T.i
ordinato Prete da Lampadio . T. 2. p. 167. , e p. ?oó. 507. , e feg. e 346.
p. 124. e feg.
S.Ambrofio vuol unirlo al fuo Clero Perseveranza maffimamcnte necef-
T. 2. p. 125. fiiria nel fare orazione . T. 2. p. 257.
Paolino difcepolo di S. Ambrofio fcri- Persone pie; affetto di S. Ambrolio
ve la fua vita, denunzia Pelagio, verfo di effe. T. 2. p. 305., e feg.
e Celcflio T. 2. p. 16^. 165.
. Pietà' Ambrofio. T. 2. p. 2Ó6.
di S.
Paolo Vefcovo di Tivoli ordina Urfi- Pietro (Santo). Storia curiofa nar-
no Papa nella Scifma 1. 1. p. ^6. . rata da S. Ambrofio. T. i p. 367. .

Para Re d'Armenia trucidato da' Ro- e feg.


mani T. I. p. 78.
. Pietro Vefcovo d'Aleffandria fuccef-
Parabiago , ivi eretta una Chiefa ad forc di S. Atanafio. T. i. p. 6g.
onore di S. Ambrofio, e per quale Cacciato dagli Arriani , fi ritira in

motivo. T. 2. p. 199. Roma . ivi

Paralitica rifanata da S. Ambrofio. PiNiANO Prefetto di Roma . T. i.

T. I. p. 208. p. 296.
Partenza di S. Ambrofio da Milano Placidia figliuola di Tcodofio, e Ma-
per isfuggire l' incontro d' Eugenio . dre di Vakntiniano III. f.ii)bnca una
T. 2. p. 81. cafa inConlhintinopoli . T. i. p. 345.
Paterna Vergine figliuola fpirituale Si rende celebre nell' Occidente . ivi

di S. Ambrofio. T. 2. p. 175. PoLKMio Diacono di S. Ambrofio af-


Paterno Vefcovo Prilciliianifta fi con- fiik alla fua morte T. 2. p. 185.
Poli-
. . ..

Tavola delle Cose Notabili,


Poliziano racconta a S. Agoftino la PalTa neir Aquitania, e feduce varie
Converfione di S. Antonio. T. i. perfone . T. i. p. 241.
P- 397- Prifcilliano va a Roma con lAanzio.,
Pontefice, titolo attribuito da' Gen- e Sai Viano. 240. T. i. p.

tili ad alcuni Imperadori Criftiani. E' feguito da una truppa di Donne.


T. I. p. 109. T. I. p.241. e feg.
Popolo, quanto araafTe S. Ambrofio . Non può aver udienza da Damafo ,

T. I. p. 358. , e 3(57. né ingannar S. Ambrofio . T. 1.


PoTAMio Prifciliianirta relegato nelle P- :4;-
Gallie . T.
250. i. p. Macedonio riftabilifce i Prifcilliani-
Prefetto del Pretorio delle Gallie, fti . ivi
quale foffe la fua giurifdizione T. i. . Condannazione di Prifcilliano, a cui

P- 5- è rccifa la T. i. p. 249. tefta .

^ , . . .

Prete ingiuftamente decapitato in Sir- Suoi feguaci principali. T. i.p. 249.


mio. T. I. p. 29. e feg.
Pretestato vuol far Criftiano fc
fi Probino eletto Confole da Teodofio
lo fanno Papa T. i. p. 40. e 41. . T. 2. p. 119.
Effendo Prefetto di Roma fi fa ama- Probo . Vedi Anicio .

re . T. I. p. 47- Probo Prefetto di Cortantinopoli , Ge-


Seda le turbolenze fufcitate dallo nerale della Cavalleria di Teodofio.
Scifma. T. i. p. 49., e 50. T. I. p. 431.
E' fitto Prefetto del Pretorio. T. i. Procolo Prefetto di Cortantinopoli de-

P- 55- .
capitato. T. i. p. 431., eT. 2. p. 72.
Riceve un ordine contro 1 Seguaci Procolo Vefcovo di Marfiglia affifte

d'Urfino. T. i. p. 52. al Concilio d'Aquileja. T. i.p. 174.


Deplora l' abolizione del Paganefimo . AlTirte al Concilio di Torino. T. i.

T. I. p. 211. p. 178.
Le Vertali gli dedicano una Statua. Prodigi Grandine prodigiofa, ed ap-
.

T. I. p. 289. 290. parizione d'una cometa T. i. p. 488. .

Primigenia Veltale commette un in- 489., e T. 2. p. 195.


certo T. I. p. 289.
. Promoto uccifo nello rtefs' anno del-
Priscilliano, e Prifcillianirti T. i. . la fua vittoria . T. 2. p. 33.
p. 126. Sua morte attribuita falfamente a
Empietà d' errori di querta Setta . Ruffino . ivi
T. I. p. 126. e feg. Promozio Generale di Teodofio nel-
Loro fuperrtizione T. i. p. 233. . la Guerra contro di MafTimo. T. i,
Loro capo accufato di Magia. T. i. p. 432.
p. 233. 234. Protasio, e Gervasio ( Santi ) . Sco-
Alcune Donne, ed alcuni Vefcovi primento miracolofo de' loro Corpi
profertano la lor Setta. T. i.p. 234. T. I. p. 372-
W condannata nel Concilio di Sa- Molti indemoniati liberati in queft'
ragozza T. I. p. 238.
. occafione T. i.p. 373. .

Suoi feguaci fanno Prifcilliano Vefco- Panni lini bagnati nel loro fangue ope-
vo d'Avila. T. I. p. 239. rano miracoli T. I. p. 373.,e 374. .

E perciò fono fcacciati da tutta la Francia piena delle loro Reliquie .

Spagna. T. i. p. 240. T. I. p. 375.


CollOr
.

TaVOIA DEtLE Cose Notabili.:


Collocati fotto l'Altare della Bafilica Sua morte . T. 2. p. 74.
Ambrofiana. T. i.p.575. Ritiro. Quanto amato, e procurato
Chicle fabbricate (òtto la loro invoca- da S. Ambrofio. T. 2. p. 304.
zione T. r. p. ^587.
. Rodano Eunuco Ciamberlano di*Va-
Diltribuzione delle loro Reliquie per lentiano I. bruciato vivo. T. i.
tutto l'Occidente. T. i.p.388. p. 56. 57.
Prudenza di S. Ambrofio . T. 1. Roma afflitta dalla CareiHa. T. i.
p. 3i5.,efeg. P- ^'5-
La vera prudenza in che confida . Concilio ivi tenuto nell' anno 386.
T. 2. p. 317. T. I. p. 238.
Punizione miracolofa di due Arriani. Teodofio vi dilata la Religione Cri-
T. I. p. 199., e feg. fliana, vi abolifce il Paganefiino, e
la purga da molti fcandali . T. i.
p. 479. , e feg.
RoM ANO C Conte ),fue crudeltà. T. i.
QUADERNA Città d'Italia rovinata p.65.
da Mairuno. T. i. p. 424. Perfeguita Tripoli . ivi
QuADi dcvaftano l'Illiria. T. i.p. 79. Romano Generale) non può impc-!
(
Quintino General d'Arniata disfatto dire il tumulto de' Pagani d' Alcf-
da' Franceli . T. i. p. 445, fandria. T. i. p. 497. 498.
Teodofio gli manda una legge per la
R diftruzione dell' Idolatria . T. i.
p.518. 519.

R 191.
Adagasio
p.
Randone Principe Aleinanno forpren-
alTedia Firenze. T. 2. Ruffino Prefetto di
p. 44.
Ruffino d'Atene mandato da Euge-
Roma. T. i,

de Magonza T. i. . p. 46. nio a Teodofio. T. i. p. 74.


Reliquie Condotta . di Dio nel loro Ruffino, gran Maeftro del palazzo di
fcoprimento. T. i. p. 583. Teodofio, Prefetto del Pretorio, e
Ritrovamento di quelle de' SS. Pro- Con fole. T. i. 531. p.
tafio, e Gervafio . Vedi Protasio. Anima Teodofio vendetta contro
alla
Diftribuzionc di quelle de' SS. Agri- i Scdiziofi di Teffalonica ivi. .

cola, e Vitale. Vedi Agricola. E' falfamente acculato della morte di


E di quelle de' SS. Nazario, eCelfo. Promoto. T. 2. p. 33. , e 72.
Vedi Nazamo. Stima , in cui era prelfo Teodofio.
Ripofte ne' Templi , che prima fu- T. 2. p. 33.
rono de' falfi Dei T. i. p. 513. . E' fatto Confole da Arcadio T. 2. .

Rendimento di grazie a Dio, a cui p. 71.


è tenuto il Criftiano . T. 2. p. 245. Franccfe, Criftiano, ed amico di S.
Restituto Vefcovo Donatilta eccita Ambrofio. T. 2. p. 53.
tumulti nella Chiefa T. i. p. 155. . Sue peflìmc qualità ivi .

RicoMERO Generale dell' Armata di Fa perire Taziano Prefetto, e Procolo


Teodofio. T. i. p. 432. fuo figliuolo. T. 2. p. 72.
Raccomanda Eugenio ad Arbogaflo . RuMoniDo Pagano affai potente prcflx)
T. 2. p. 69. Valentiniano il giovane. T. i p. 285. .

Tm, II. Gg Saei.n'o


, .

Tavola delle Cose Notabili,


Satiro (Santo) Fratel Maggiore di
S. Ambrofio T. 1 p. 9. . .

E' fatto Governatore di Provincia


SABINO (Santo) Vefcovo di Piacen- T. i. p. i5.
za, amico di S. Ambrolìo. T. i. Prende cura del temporale di S. Am-
p. 119. brofio dopo la di lui elezione al Vc-
AfTifte al Concilio d'Aquile ja. T. i. fcovado. T. I. p. 97.
p. 175. Sue qualità. T. i.p. 138., e feg.
Lettera a lui fcritta da S. Ambrofio Va in Affrica. T. i. p. 140.
fopra r Incarnazione T. i. p. 203. . Si fai va dal naufragio e come T. l. , .

Sottofcrive il Concilio di Milano . p. 142.


T. 2. p. 18. Schiva d'effere battezzato da un Ve-
Sabino Diacono di Milano porta una fcovo Luciferiano. T. i. p. 142. 143.
qua-
lettera Sinodica a S. Bafilio in Suo tellamento, morte, e fepoltura.
Legato. T. i.p. 67.
lità di T. I. p. 145., e feg.
Sacerdoti degli Idoli con quali frodi E' lodato da S. Ambrofio con due
ingannaffero le genti . T. i. p. 509. pubblici difcorfi. T. i. p. 147. 148.
Sacerdoti degli Idoli privati delle lor Scritti di S. Ambrofio. T. 2.p. 415.
rendite, ed immunità. T. i. p. 211. Scritture Sante quanto venerate da
Sacerdozio. Sentimenti di S. Am- S. Ambrofio T. 2. p. 2 14. , e feg.
.

brofio intorno ad effo. T. 2. p. 337. Con quanta attenzione debbano effe-


e feg. re lette T. 2. p. 2id.
.

Sacramenti. Condotta di S. Ambro- Gii Eretici ne corrompono il fenfo


loro amininiftrazione.T. 2.
fio nella T. 2. p. 223.
p. 310., e feg. Secondiano Vefcovo d'Illiria Arria-
Sacrificio offerto da S. Ambrofio ogni no T. I. p. 160.
.

giorno. T. 2. p. 1 54. Condannato nel Concilo d'Aquileja .

Salvi ANO Vefcovo di Spagna Prifcil- T. I. p. 18Ó. , e feg.


lianirta. T. 1. p. 240. Senufio celebre Solitario dell' Egit-
Va a Roma con Prifcilliano. ivi. to. T. 429. i. p.
Sua morte. T. i. p. 242. Serapide. Defcrizione del fuo tem-
Salustio Prefetto di Roma. T. 1. pio, e della fuaftatua. T. i.p. 491. ,
e feg.
Saragozza , Concilio ivi •enuto cen- I Pagani ri fanno una Fortezza . T. i.

tra gì' Itaciani , e Prifcillianifti . T. i. p. 49(5.


p. 255., e feg. Demolizione di quefl' Idolo. T. i.

Sarmati rifpinti da Tcodofio. T. 1. p. 501., e feg.


p. 80. Demolizione del fuo tempio. T. I.
Sa RM AZIONE efce dal Monaftero per p. 503. 504.
predicare la voluttà. T. 2. p. 21. Mifura dell' inondamento del Nilo
Sassoni, loro incurfioni nel Romano trovata in quello tempio. T. i.
Imperio. T. i. p. 61. p. 505.
Sono trucidati verfo Colonia. T. i. Si fabbrica in fuo luogo una Capella
p. 61. 61. per i Martiri .T. i p. 5015. 507.
.

Sono vincitori di MalTimo, T. 1. N'era fiata prima predetta la di lui


p. 444. ruina . T. i. p. 518.
Serena
. 1 . .

Tavola delle Cose Notabili.


Serena nipote di Teodofio fpofa Sti- Simpliciano Prete di Roma, amico
liconc. T. 2. p. 1 18. di S. Ambrofio, da lui confultato
Viene a Milano, ivi ne' fuoi iludj T. i. p. ^g. .

Sermoni pronunziati da S. Ambrofio Procura la converfionc di Vittorino.


dopo il ritorno dal Concilio d'Aqui- T. I. p. 98.
leja.T. I. p. 196. Predetto da S. Ambrofio fuo SuccelTo-
Severo Vefcovo di Napoli a cui , in- re. T. 2. p. i8<5.
viò S. Ambrofio una lettera T. . 2. Simplicio Prefetto di Roma, fue cru-
p. 125. deltà. T. I. p. 75.
Sforzi di S. Ambrofio per fottrarfi dall' E' decapitato nell' Illiria . T. i.
accettare il Velcovado T. i.p. 88., . p. I 16.
e feg. Simposio Vefcovo nella Spagna. T. r.

SiAGRo Vefcovo Verona, amico di di


S. Ambrofio perfeguita Iiidicia T. . 3. Sinagoga in Callinico da' Criftiani

p. i70.,e(eg. Vedi Indici A. abbruciata. T. i. p. 452.


SicciNio Bafilica di Roma. T.
. i. Lettera fopra di quello fatto inviata
p. 36. da S. Ambrofio a Teodofio. T. i.
Strage efcguita nella fteffa Bafilica . p. 456.
T. i.p. 3«- Sinodo tenuto nelle Gallic . T. t.

Simmaco Senatore Romano protet- P- 5?5-


tore di S. Ambrofio prima del fuo SiRiCio Papa fuoi primi impieghi, e
Battefimo. T. i. p. 15. 16. fua efaltazione . T. i. p. 295.
Sollecira il riltabilimento dell' Altare Lodato in un refcritto di Valentinia-
della Vittoria T. i. p. 211. 281.
. no T. I. p. 290.
.

473- Rifponde con una Decretale ad Lnc-


Si duole, che gii fia impedita l'udien- rio Vefcovo. T. i. p. 296., e feg.
za. T. 212. I. p. Scrive a Maffimo. T. i. p. 300.
Manda S. Agofiino ad infegnare la Tiene un Concilio in Roma. T. i.
Rettorica in Milano. T. i. p. 277. p. 338., e feg.

278. EUermina Manichei T. i. p. 485.i .

Sua confufione per l'incerto d'una Ve- Condanna gli Itaciani T. 2.p. 8. .

rtale. T. I. p. 289. Modera la fentenza d'Anifio pronun-


E' accufato d'aver maltrattato i Cat- ziata contro Bonofo. T. 2. p. 45.
tolici T. I. p. 290. 291.
. Sirmio aliai inquietato dagli Arriani
,

E^ accufato d'aver pronunziato il Pa- T. I p. 64. . 1

negirico di Mafrimo. T. i. p. 43^. SucccflTionc de' fuoi Vefcovi . ivi

^^75- Capo di tutta l'Illiria. T. i. p. 193.



Pronunzia un Panegirico m lode di
. . . , ,.
,
SoFROMo Patriarca di Gcrufalcmmc
Teodofio. T. 1. p. 474- fcrittore della Storia delia dillruzio-

Tratta Maflìmo da Tiranno dopo la ne del Tempio di Serapide. T. i.

fua morte T. i. p. 458..


P- 5<^7-

Teodofio lo fa condurre ignudo fopra Soo^'o miracolofo d'un Cittadino di


d'un Carro cento millia lontano da Milano . T. I. p. 403. 404.
Roma T. I p. 474.
. . SoTERE ( Santa ) parente di S. Am-
Viengli ottenuto il perdono ad iRan- brofio, da fcffo lodata. T. i. p. <5.,

za di Leonzio Vefcovo T. i.p.47<5. . e feg.


Gg 1 Spe-
. . .
... . . .,.

Favola deue Cose Notabili.


Speranza diS. Ambrofio.T. 2. p. 278. Teodoro Vefcovo di Martigny affi-
e feg. fte al Concilio d'Aquileja T. i..

Deve appoggiarfi alla Croce del Sal- p. 177.


vatore T. 2. p. 282.
. Teodosio (Conte) inviato da Valen-
Spirito Santo libri fopra di efTo
: tiniano contro i Pitti , ediScozzefi.
quando fcritti da S. Ambrofio. T. i. T. i.p.45.
p. 169., efeg. Toglie ad efTì una Provincia, e ca-
Stato della Chiefa di Milano. T. 2. iìiga la lor ribellione, ivi.
Fa de' prigionieri in Alemagna. T. 1.

Stato Ecclefiaftico, come ne penfaffe p.63.


S. Ambrofio T. 2. p. 337- , e feg.
. Commette molte crudeltà nell'Affri-
Stilicone vendica la morte di Pro- ca T. i p. 7 1
. .

moto T. 2. p. 33.
. Sua morte. T. i. p. 115.
Generale di Teodofio contro Eugenio Quella morte difonora Graziano . ivi

T. 2. p. 118. Teobosio grande dichiarato Augu-


il

Marito di Serena ivi . fto da Graziano. T. i. p. 159.


Generale delle Armate d'Onorio, ivi Fa una legge in favore della Fede d»
Impedifce, che S. Ambrofio faccia i Damafo T. . i. p. 168.
procefTì ad un fuo fervo falfario . Battezzato da S. Afcolo ivi .

T. 2. p. 179- Atanarico Re de' Goti va a fottomet»


Induce li Cittadini di Milano a pre- terfi a lui . T. i. p. idp.
gare S. Ambrofio perchè implori ,
E' corretto a trattare con MafTimo
per lui medefimo più lunga vita T. I. p. 270. 271.
T. 2. p. 185. Manda Cinegio Egitto per abolir- in

Studj Primi ftudj di S. Ambrofio


. vi l'Idolatria p. 272. . T. i .

T. i.p. 13., efeg. Fa molte leggi per l'abolizione del


Studj di S. Ambrofio fatto Vefcovo. Paganefimo. T. i. p. 273. 274.
T. 2.P.99. , e feg. Si lafcia ingannare da' Luciferiani.
SuNNONE Capitano Francefe disfatto T. i.p. 274. 275.
da' Generali di Maffimo. T. i . p. 444. I Perfiani gli domandano la pace .

445- T. I. p. 276.
Vince i Greutongi , e ne celebra il

trionfo col fuo figliuolo Arcadio


T. i.p.343.
, j ,

TAZIANO Prefetto del Pretorio fot- Prende moglie Galla, dal-


in feconda
te Teodofio . T. i . p. 45 1 ia quale vogliono alcuni, che avef-
Suo bando, fue leggi abolite, fua me- fe un Figliuolo nomato Graziano.
moria fatta rivivere gloriofa da Ar- T. I. p. 344. 345.
cadie. T. 2. p.72.73. Converte il giovane Valentiniano, e
Te Deum, da chi comporto. T. i. lo difende da MaflTuTio T. i. p. 420, .

p. 401., €402. 421.


Temperanza di S. Ambrofio. T. 2. Confulta S.Giovanni d'Egitto. T. i.

p. 32(5. p. 428,
Tempio di Serapide. Vedi Serapide. Impone una gabella a' fuoi Sudditi
Templi degli Idoli diftrutti da' SS. per le fpefe della Guerra . T. i.

Giulio, e Giuliano . T. i. p. 527. p. 432.


Per-
. . . 1 . . .

Tavola delle Cose Notabili.


Perdona a' Sediziofi d'Antiochia . T. i Sua rtima per S. Ambrofio . T. r.
p. 54». 549.
Fa (cqueftrare le rendite di S. Olim- Promulga una Legge per fofpendere
piade , indi gliele rende, ivi. le efecuzioni militari. 'F. 1. p. i.
55
Vinte Mailuno, e lo ta iuo prigio- Utilità della lua penitenza . F. i.
niero. T. I. p.441.442. P-55?-.
Sua moderazione 111 quella Vittoria . Scaccia i Giovinianilli da Milano. T.2.
T. i.p. 442.449. P-I7-
Abolifce con delle Leggi quanto da Obbliga i Monaci a ritirarfi nelle loro
Mallìnio 11 era llabilito T. p. 44Ó. . i . lolitudini . ivi
Provvede di fufTiiknza la famiglia di Fa una Legge perle DiaconefTe . T. 2.
Maffimo. T. i. p. 447. p. 28.
Lafcia l' Imperio a Valcntiniano . Proibifce alle Donne il farfi recidere
ivi i capelli . ivi
Sua Legge contro Fideicommifll i . E' a lui inalzata una Statua d'argen-
T. I. p. 477. 478. to in Coiìantinopoli . T. 2. p. 29.
Sua Legge contro gli Eunomiani. T. i. Suo ritorno in Oriente. T. 2. p. :;o.
Sua vittoria nella Macedonia . T. 2.
Suo ingrcnb in Roma, in
trionfale p. 30., cfeg.
cui Pacato pronunzia un Panegirico Conlola Giulia , e Grata dopo la mor-
in fua lode . T. i . p. 478. 479. te di Valcntiniano loro fratello
Dilata la Religion Criiliana . T. i. T. 2. p. 66.
P- 479- Sbandilce Taziano, ed abolifce le fuc
Elkrmina i Manichei. T. 1. p. 485. Leggi. T. 2. p. 72.
Diminuifce il numero de' giorni tc- Riceve i Deputati d'Eugenio, ed i
riati . ivi Vefcovi venuti per giuftificare que-
Proibifce ogni cfecuzione Criminale fto Tiranno T. 2. p. 74. , e 75. .

nella Quarefinia. 489. 490. T. i. p. Conlulta S. Giovanni d' Egitto fopra


Pubblica una Legge contro gli Eccle- la guerra contro Eugenio T. 2. .

fiartici Eretici F. i.p.490. .


75., e 7Ó.
p.
Concede a Teofilo un Tempio di Bac- Si prepara a quella guerra con opere
co, acciocché ne faccia una Chiefa. di pietà . T. 2. p. 76. , e 77.
T. i.p.495. Pubblica delle Leggi contro gli Ereti-
Sua Legge contro l'Idolatria. T. i. ci . T. 2. p. 77.
p. 518. 519. Dichiara Augufto Onorio . T. 2.
S. Ambrofio Io diftoglie dal punire p. 91.
Teflalonica T. i. p. 550. 531. . Invoca S. Giovanni Battila . T. 2.
Eccidio di TelTalonica T. i. p. 535. .
94.
p.
Accetta la penitenza importagli da S. Sforza l'Alpi . T. 2. p. 98.
Ambrofio T. 1. p. 54-]. . Perde gran quantità di Truppe aufì-
Riprende Ruffino, come autore del- liarie . T. 2. p. 99.
la fua crudeltà. T. i. p. 545. Sta tutta la notte protrato in orazio-
Si fottomette a S. Ambrofio e fa una , ne . T. 2. p. 102.
legge contro l'efecuzioni prccipitofe . I SS. Giovanni Evangelica, e Filip.-

T. I. p. 548. pò lo aificurano della vittoria. T. 2.


Sua umiltà T. . 1. p. 547. 548, p. 101., e J03.

r^». //. GG 1 1 Arbi-


. .,

Tavola delle C OSE Notabili.


Aibitrione, e molt' altri dell'Armata degli Itaciani . T. i. p. 254.
d'Eugenio paffano nella fua . T. 2. Terasia Moglie di S. Paolino fi fpoglia
de' fuoi beni , e fi ritira . T. 2. p. 1 24.
Incoraggifce le fue Truppe . ivi Tertullo Prifcillianifta relegato nel-

11 vento fa cadere le armi dalle ma- le Gallie. T. i.p. 250.


fuoi nemici T. 106., Tessalonica .Suailrage.T. i.p. 531.
ni
e 107.
E' a
de'

lui condotto legato Eugenio


. 2. p.

.
^ ^^S-
T1BER.IAN0 Prifcillianifta
.... privato de*
T. 2.p. 108. , e 109. fuoi beni , e relegato in Silina . T. i.

Un indemoniato afcrive quefta vitto- p. 250.


ria a S. Giovanni Battilta . T. 2. Si giullificacon una apologia , e ma-
p. no., e II I. rita una fua figliuola Vergine di
Da a' Soldati l'oro delle Statue di profcffione. T. i.p. 251.
Giove. T. 2.p. I IO. TiMASio Generale dell' Infanteria di
Sua moderazione dopo la vittoria Teodofio contro MafTimo T. i. .

T. 2. p. I I I. 112. p. 4^2.

Scrive a S. Ambrofio. T. 2.p. ni. Compagno di Teodofio nella vittoria


S'adiene per qualche tempo da' Sa- di Macedonia T. . 2. p. 32.

cramenti dopo la fua vittoria. T. 2. Generale dell'Armata di Teodofio con-


p. 114., e 115. tro Eugenio T. 1. p. 93. .

Fa venire Onorio in Italia, e lo met- Tiranno Sacerdote di Serapide fi abu-


te fotto la protezione di S. Ambro- fa con impofiure delle Dame d' Alef-

fio. T. 2. p. 117. ,e 118. fandria, pollo alla tortura confeila i

Elorta i Senatori Romani ad abbrac- fuoi delitti T. i. p. 509. , e feg.


.

ciare la Religione Crilliana . T. 2. Tombe. S. Ambrofio proibifce il por-


p. 119. tarvi cibi, e bevanda. T. 2. p. 157.
Protegge Flaviano Vefcovo d'Antio-
^
Tuoni prodigiofi. T. 2. p. 195.
chia . T. 2. p. 121.
Prefagi della fua morte . T. 2. p. 1 22.
e 125.
Si prepara alla morte. T. 2. p. 127., VAdomaho Vitticabo Padre di

e 128. Re d'Alemagna T. 46. . i. p.

Chiama nel morire S. Ambrofio . T. 2. Valente affociato all' Imperio dal


p. 129. fuo fratello Valentiniano T. i. .

Viene dopo la morte Iodato da S. Am- p. 30.


brofio. T. 2.p. 129., e feg. Perfeguita la Chiefa d'Oriente. T. i.
Il fuo Corpo vien portato , e fepolto p. 66.

in Coftantinopoli T. 2. p. 154. . E' mal foddisfatto della divifionc dell'


Sue virtà anche da' Pagani lodate . Imperio dopo la morte del fuo fratel-

T. 2. p. 1 55. , e feg. lo . T. I. p. loó.


Teodulo Diacono di S. Ambrofio . Disfatto in Andrinopoli , e bruciato
T. 2. p. 165. vivo in una Capanna. T. i. p. 125.
Teoftlo d' AleflTandria , fua doppiezza Valente Vefcovo di Petavio Arria-
durante la guerra di MafTimo. T. i. no ha dell' intelligenra con Urfino .

p. 448. , e feg. T. I. p. II I. , e feg.


Teognisto fi fepara dalla Comunione Sta naicoilo in Milano mentre fi te-
neva
.,.

TavoIa »EtlÉ CosE NoTABiri.


Beva il Concilio d'Aquileja. T. i. re da' Soldati in ctk d'anni 4. T. t.
p. i8o. 105.
p.
Valentintani Eretici. Loro tempio Giullina fua Madre lo mette fotto la
bruciato da'Monaci. T. i. p. 452. protezione di Ambrofio dopo la
S.
Tcodorio condanna il Vcfcovo di Cal- ribellione di MaflTimo ,T. i. p. 2Ó2..

linico , ed il fuo popolo a riiìabihre e feg.


quello loro tempio . T. i. p. 455. Rimanda gencrofamente a quello Ti-
Valentiniano zelante della noftra I. ranno Marcellino fuo fratello. T. i.
Religione lotto Giuliano, è dichia- p. 26^.
rato Impcradore dopo la morte di Nega a Simmaco il riftabilimcnto
Gioviano. T. i. p. 18. dell'Altare della Vittoria. T. i.
Fa molte Leggi in favore della Reli- p. 286. 287.
gione , e de' Vefcovi. T. i.p. i8., Si duole della troppa autorità di S,
e 19. Ambrofio. T. i. p. 531.
Sue qualità T. i. p. 22. , e feg.
. fa una Legge per 1' accettazione del
E' troppo fa%'orevolc agli Eretici . Concilio di Rimini T. . i. p. 549.
T. i.p. 24.25. Sue qualità . T. 2. p. 46. , e feg.
E^ biafimato d'avere fpofata Giuftiua Suo amore per le fue Sorelle. T. 2.
Arriana T. i. p. 25. .
p. 51.
Sua eccclTiva feveriti in vafj fatti Nega per la feconda volta a' Pagani
T. I p. 2 5 , e ieg.
.
.
i privilegi de' loro Idoli T. 2. .

AlTocia Valente all' Imperio , e gli P-, 52- 55-


dà per fua parte l'Oriente. T. i. Chiama S. Ambrofio per ricevere da
?o. lui Battefimo T. 2. p. 54. , e feg.
il .

Dichiara Augufto il Tao figliuolo Gra- Vuol deporre Arbogalio, e lo irrita.


riano T. i. p. 41. , e feg.
. T. 2.p. 59. , cfcg.
Se abbia avuto due mogi) ad un tem- Afpctta S. Ambrofio con impazienza .

po. T.i.p.45. T. 2. p. 61.


Suoi figliuoli avuti da Giuftina. T. x. Arbogafto lo fa firorzare, ed incolpa
p. 44. lui llelì'o della fua morte . T. 2.
Fa una Legge per il giudizio delle p.ói., e feg.
caule della Religione. T. i.p. 50. Anni del fuo regno. T. 2. p. 64.
Fa una Legge per le donazioni fatte Suo corpo portato a Milano. T. 2.
alle Vedove Orfani Ecclefiallici , , p. 65.
ed altre perfone viventi in conti- Valeri ANO (Santo) Vcfcovo d'Aqui-
nenza. T. I. p. 6j. , e feg. leja, affirte al Concilio d'Aquileja
Va in perfona contro Macriano Re control T. i.p. 175.
Prifcillianilli .

d' Alemagna . T. i . p. 70. , e feg. Valerio Vefcovo Saragozza aflilìe di


Procura , che fi elegga un buon Vefco- al Concilio tenuto nella fua Città
vo Milano dopo
ili la morte d'Au- contro de' Prifcillianilli T. i. p. ^37. .

fenzio T. I p. >J 5. .
.
, e Icg. Ukievza Quanto facile l'averla da S.
.

Muore d'apoplefia. T. i. p. 103., Ambrofio . T. 2. p. 1 54.


e feg. Vedove . Trattato compofio da S.

Suo corpo portato a Coftantinopoli Ambrofio per loro iftruzione . T. i.

T. I. p. 104. p. 122., e feg.


Valentiniano IL eletto Imperado- Altre irruzioni date loro da S. Am-
bre-
. . .

Tavola delle Cose Notabili.


brofio T. 2. p. iS-j. , e feg.
. Vtgilio (Santo) Vefcovo di Trento
Venerio ( Santo ) Diacono di S. Am- riceve un iilruzione da S. Ambro-
brofio diviene Vefcovo di Milano. fio . T. I . p. 3 54. e feg.

T. 2. p. 165. E' fatto morire dagli Infedeli della


Affitte alla morte di S. Ambrofio T. . 2. fua Diocefi . T. i. p. 537. , e 3:58.
p. 185. Visione de' SS. Giovanni, e Filippo
Vercelli. Maravigliofo fucceffo di ApDoiloli che promettono a Teo-,

una donna di Vercelli calunniata, e doùo la vittoria. T. 2. p. 105.


condannata a morte. T. i. p.48. Vitale tenta d'ingannare Damafo .
Lunga vacanza della fede della Chiefa T. i.p. 74-
di quella Citta. T. 2. p. 148. e feg. Vitale (Santo) fuo Corpo trovato da
Lettera da S. Ambrofio fcritta a quel- S. Ambrofio con quello di S. Agrico-
la Chiefa T. 2. p. 149. . la T. 2.p. 87.
.

Vergine. Vedi Maria Vergine. Suo Martirio fotto Diocleziano T. 2. .

Vergine. Maravigliofa coflanza ed , p. "i-j. e feg.


intrepidezza di una Vergine ; fatto Diilribuzione delle fue Reliquie . T. 2.
ftorico. T. I. p. 120. e feg. p. 88.
Vergini . S. Ambrofio non approva VnTiCAEO Re d' Alemagna affaffina-
che le Vergini fiano vifitate T. 2. . to da' fuoi Domefiici T. i. p. 46. .

p. 117. Vittore (Conte) mandato a Valen-


Perfezioni , e virtù richieftcin effe da tiniano da Maffimo. T. i. p. 265.
S. Ambrofio . T. 2. p. 3<5i Vittore figliuolo di Maffimo dal Pa-
Verginita\ Libri ferirti da S. Am- dre dichiarato Cefare T. i. p. 224. .

brofio in lode di effa. T. i. p. 1 17. Fatto morire da Arbogafto dopo la


Sue lodi . T. 2. p. 549. e feg. morte di fuo Padre. T. i.p. 445.
Perfezioni , e prerogative di quefta Vittoria Suo Altare difirutto , e fuo
.

Virtù. T. 2. p. 361. e feg. riflabilimento in vano procurato


Molte Donzelle abbracciano quefto T. I. p. 210. 281. 473. e feg.
ilato in diverfe Citta,e paefi. T. 1. Umiltà' , quale foffe in S. Ambrofio.
p. 117. e feg. T. 2. p. 290.
Vescovi. Leggi di Valentiniano L a D.°ye impararfi da Gesù Crifto T. 2. .

loro favore T. i p. 18. e feg. . . p.291.


Vestali private delle loro rendite, e Capo delle altre virtù T. 2. p. 292. .

privilegi T. i. p. 21 1. . Urbica' Prifcillianilta lapidata in Bor-


Incerto commenTo da una di effe . T. i deaux . T.i.p. 250.
p.289. Ursino Antipapa fufcita una Scifma
Confufione da effe cagionata a Simma- contro Damafo T. i. p. 34. e feg. . ,

co ivi. Suaintrufione condannata nel Conci-


Viaggio a Roma di S. Ambrofio, e lio di Roma , che lo fa reo di tutti
ciò , che vi fuccedette . T. i p. 204.,
. i mali della Scifma. T. i. p. 3<5.
e feg. Viene sbandito con Amanzio, e Giu-
Vigilie facre introdotte da S. Am- lio fuoi Diaconi T. i. p. ì^-j. .

T. I. p.359.
brofio. Sua Scifma cagione di molte ftragi.
Vigilio Vefcovo di Tapfo, non è au- T. i.p. 37., e feg.
tore degli atti del Concilio d'Aqui- E' richiamato a Roma dall' Impera-
le;» . T. i.p. 91., e feg. dore. T. i. p. 47.
E' fcac-
-. .

Ta voi a DEllK Cose Notabilt.


E' fcacciato da Roma per ]a Teronda Proficgue ad intorbidare la p.icc del-
volta . T. I. p. 50, la Chiefa anche nel fuo efilio . ivi
I fuoi fcguaci continuano le loro a Usura, affai comune al tempo di S.
femblee ne' cemeteri de' Martiri. Ambrofio T. i. p. 356.
.

T. i.p. 51., e feg. Usurai, quanto abborriti da S. Am-


Sono (cacciati dalla Chiefa di 'j- Agnc- brofio, ed efenipj della loro durezza
fe. T. i.p. 52. da lui riferiti. T. z.p. 321., e feg.
Suo efilio moderato da Val-'ntiniano .

T. I. p. 70.
Cofpira con gli Arriani contro S. Am-
brofio.T. 1. p. 112.
Induce un Giudeo a calunniare Da- ZEn'obio ( Santo ) VefcoTO di Fi-
mafo per mezzo de' fuoi feguaci renze trattato da Paolino Sto-
T. I. p. 150. , e feg. rico da Santo, e per tale dalla Chie-
Vien relegato da Graziano in Colo- fa riconofciuto . T. 2. p. 90,
nia T. i.p. 152.
.

Fine della Tavola delle Pb.inxipah Materie,


Libri Campati r ' '
pena della
Bl ELIOT : CA .

HOmilije S. Caroli Boi iiogiEi S. R 1 "ard. Archiep. Medici,


nunc primam in lucen. prodiifil:» . 'Jo; .
5. in fol. cum figuris
aeneis.
Esedem . Tom. 5. in 4.
NocTEs Vaticana . in fol. currt fignns antir
Eaedem. in 4.
Saxii JosEPHi Antonii Colli -, & Bibl. Ambrof. Prsefefli, Vindi-
ciae de Adveniu S. Barnabic .
'<"].; .. in 4. .

S0RMAN1 Nicolai Bibliothecae Ambrof. Doftoris, Norma, &Exerci-


tatio quotidiana Sacerdotis . in iz.
M. T. CicERONis de Officiis in 12. .

Ejufdem cum Notis Faciolati. in 12.


CoRNELli Nepotis de Vita Excellentium Imperatorum in 12. .

Ferrarii GuiDONis S. J. de Bello Pannonico. in 8.


A Kempis ThoM;!E de Imitatione Chrifti in 24. .

CoNCioNES , ET Orationes cx Hiftoricis Latinis excerptae. Tom. 2.


in 12.
Officio della B. V. M. per Confraternite roflb , e nero con ag-
giunte in 4.
—— Lo .

fteflb in 12. nero con fig " in rame .

Canale della Congreg. de' Chr Regolari di S. Paolo, DiarioSpiri-


tuale per tutto l'anno. X "i 12.
Bellini Cesare, Vocazio*.: ;
v.-o. in 12.
Sc'JPOLi Combattimento F t ?n 24.
...

Esercizio Cristiano -m divotc, e figure in rame.


in 24.
*
Sub prslo De Vita &• ju BoRROMEi cum Notis
uberrimis &c. i» 4-

1 j
BINDING ^c^ 1 . 6EP ^ 1967

BR Hermant, Godefroy
1720 Vita de S. Ambrosio
A5HA16
t.2

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