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Diluvio Digitale

● Introduzione
Questo libro è dedicato ai destini della lettura, pertanto bisognerà fare riferimento alla sua storia. È
necessario prima condividere degli assunti, primo dei quali a che cosa rimanda l'attributo digitale nel
titolo, dal momento che non è così immediato accordare connotati positivi quando esso è applicato
alla lettura. "Digitale", utilizzato come sostantivo, dà vita a una serie di forme simboliche e si trasforma
in una ideologia. Esso, in quanto modalità di rappresentazione del mondo, ha a che fare con la
conoscenza e dunque con il potere; qualunque esito tecnocratico nella società è il prodotto delle
scelte individuali e collettive. Esiste una visione riduzionista che tende a confinare il digitale entro i
termini di una dotazione, ed essa ha accompagnato il dibattito sul digitale nella scuola nell'era post
Covid19.
Una possibile chiave di lettura del concetto di "digitale" è quella della rappresentazione numerica del
mondo; la trasformazione digitale è dunque la trasformazione attraverso i dati. Ma la traduzione della
realtà in una struttura numerica è iniziata molto prima dell'invenzione del computer, il processo di
digitalizzazione è iniziato con l'avvento della scrittura alfabetica.
Il secondo assunto di questo libro riguarda la necessità di fuggire da qualsiasi tentazione
deterministica, il punto di partenza è la convinzione che l'esperienza della lettura sia un tipo di
conoscenza pratica (techne). Pertanto si potrebbe inquadrare la storia della lettura nell'ambito della
storia della tecnologia. Inoltre la tecnologia non va considerata come una realtà trascendente, ma il
modo naturale dell'umanità di essere al mondo.
Il terzo assunto nasce dalla convinzione che non vi sia alcuna superiorità morale nell'essere umano
che legge. Bisognerebbe guardare con interesse alle esperienze di lettura diverse da quell'unica che
ci sembra "giusta", trattando i non-lettori da persone intelligenti, anziché vittime inconsapevoli.
● Capitolo 1 - Leggere, un amore difficile
Una cartolina da Venezia
Il racconto lo facciamo partire dal 16° secolo, a Venezia, dove si conserva una delle opere più
notevoli: Caduta o seconda presa di Costantinopoli di Robusti. La rappresentazione di questo evento
nell' arte a Venezia è decisamente celebrativo, in quanto esso ha avuto un impatto fortissimo sul
piano simbolico. Costantinopoli infatti era considerata dagli umanisti come lo scrigno in cui erano
preservati i valori della tradizione classica. Perciò la sua caduta va considerata una delle concause
della svolta Venezia del Cinquecento, dal momento che la fine dell'Impero Bizantino comportò il
trasferimento di quell'eredità culturale proprio a Venezia. L'atto che suggellò questa investitura fu la
donazione della sua biblioteca al doge e al senato della città, inoltre si progettò di realizzare una
nuova biblioteca accanto al campanile di San Marco.
Diversi fattori contribuirono a rendere unico l'ecosistema editoriale veneziano: la disponibilità di
denaro, il livello di alfabetizzazione e il favorevole quadro legislativo. Pertanto nella Venezia del
Cinquecento nasce un nuovo tipo di lettore, affamato di sapere.
Lettura e comunicazione
L'esperienza della lettura ha questa peculiarità: l'assenza del soggetto emittente è in molti casi
irrimediabile; invece i media elettronici offrono numerose opportunità di scrittura dialogica. La lettura
come dialogo in solitudine è un'idea profondamente umanista, che si sostanzia in una serie di
pratiche di lettura sempre più diffuse a partire dal 16° secolo. Il suo rispecchiamento è il romanzo.
Il lettore di Calvino
Il Novecento ha testimoniato la crisi del romanzo borghese, le strutture tradizionali del genere
vengono scardinate per via di una crescente difficoltà dell'autore ad aderire alla realtà rappresentata.
Calvino certifica lo scollamento tra mondo empirico e pagina scritta, c'è il dubbio dello scrittore e c'è lo
smarrimento del lettore (→ la crisi dell'autore è anche la crisi del lettore).
Il primo punto della crisi forse è proprio la mancanza di silenzio che caratterizza la condizione
contemporanea. È necessario constatare che le difficoltà del lettore di Calvino anticipano
profeticamente quelle in cui ci dibattiamo oggi, nel quale il televisore sempre acceso è diventato
l'ultimo dei problemi.
C'è modo e modo
Ipotizziamo che il valore della lettura sia misurabile, e sia divisibile in buone e cattive letture, e
bisogna specificare attraverso quali procedure si misuri la qualità di una lettura. Una prima ipotesi
potrebbe essere che la lettura che funziona non è necessariamente quella condotta con rigore
metodologico, ma quella mossa dal desiderio, e dunque la fatica non sarebbe un parametro su cui
fondare una misurazione; tuttavia non è possibile [secondo l'autore] collocare fatica e piacere su due
piani necessariamente opposti. Ma se leggere è un piacere come possiamo trasmettere tale piacere
agli altri, nel momento in cui dobbiamo richiamare al dovere la lettura? La verità è che impariamo a
trasmettere il piacere della lettura solo quando la lettura diventa un piacere per noi. Ammettendo che
gli altri possano avere gusti differenti, il punto di partenza è il riconoscimento che la lettura è
un'esperienza situata.
Una seconda ipotesi potrebbe essere distinguere due approcci al testo: da un lato c'è la lettura
finalizzata alla ricerca di un'informazione, dall'altro lato c'è la lettura di approfondimento. Nel primo
caso i supporti elettronici sembrano essere più efficaci, ben venga il tramonto della carta in tutti i casi
in cui l'obiettivo di comunicare con immediatezza è prioritario; il valore del digitale sta nella possibilità
di organizzare il materiale testuale in forma nuova (→ ipertestualità e multidimensionalità). Si può
avere l'impressione che si faccia coincidere l'esperienza online (il tutto) con quella dei social media (la
parte). Ma in realtà diventiamo noi stessi parte del dispositivo, il software, e l'accesso immediato alle
informazioni potrebbe essere una dolce illusione.
Tra gli studiosi che indagano su questo punto Baron formula due ipotesi. La prima è che i nuovi lettori
tendono a praticare più spesso forme di lettura che non implicano necessariamente una piena
comprensione del testo, alla ricerca di una senso generale, ed emerge la tendenza a soffermarsi sulle
parti iniziali dei testi più lunghi. La seconda ipotesi si riferisce al fatto che tale fenomeno sembrerebbe
da porre in relazione al passaggio dall'ecosistema della carta a quello dello schermo. Quali sono le
perdite del digitale rispetto al libro tradizionale secondo Baron? L'assenza di fisicità, che
aumenterebbe la difficoltà di memorizzazione dei contenuti. Baron distingue tra diverse forme di
lettura: intensiva, che si sofferma sulla concentrazione; ed estensiva, che punta sul raggiungimento
del risultato. Vengono aggiunte poi altre due forme di lettura, che sarebbero: la scrematura, che
consiste nella ricerca del succo; e la scansione, che si basa sulla ricerca di un'informazione specifica.
L'ipotesi degli studiosi è che sia proprio la lettura intensiva a perdere terreno nel passaggio
dall'ecosistema della carta a quello dello schermo.
Le ricercatrici Wolf e Barzillai ritengono che la cultura digitale, fondata sull'immediatezza, rappresenti
un potenziale pericolo per la capacità di assimilare i principali processi cognitivi nella fase evolutiva
della nostra vita. Liu, inoltre, ritiene improbabile che la carta stampata scompaia nell'era digitale, essa
continuerà ad essere preferita, in particolare per la lettura profonda; semmai si può osservare lo
sviluppo di competenze inedite. È difficile pensare che il nostro comportamento di lettori dipenda in
modo deterministico solo dalle caratteristiche dell'apparato hardware e software in cui si fissa il testo
scritto; il che lascia supporre che possa dipendere anche da altri fattori, perciò è necessario
considerare la dinamica all'interno di un processo complesso: il dispositivo.
● Capitolo 2 - La lettura prima del libro
Si fa presto a dire "libro"
La definizione dell'Enciclopedia Britannica del 1964 della parola "libro" recita: una pubblicazione
stampata non periodica di almeno 49 pagine, esclusa la copertina, destinata al pubblico. Il primo
aspetto degno di nota è che richiamandosi in modo esplicito alla tecnologia della stampa esclude sia i
libri manoscritti o pretipografici, sia il libro elettronico. Il secondo aspetto riguarda il riferimento alla
copertina, dunque includere nella lista dei libri tutti i supporti di testi scritti privi di copertina non
sarebbe lecito. Infine è necessario che il libro risulti accessibile a un pubblico genericamente inteso.
La bibliologia ha una lunga storia, parte dal 17° secolo, quando si svilupparono le prime forme di
collezionismo. Gli studi di Chartier, curatore della Storia della lettura nel mondo occidentale,
rimandano tutti alla stessa prospettiva: la forma materiale, attraverso la quale un testo viene
trasmesso, definisce i limiti che regolano la produzione di significato intorno a esso. Chartier contesta
l'idea che il significato sia un fatto esclusivamente linguistico, e tale opposto si oppone a tre assunti: il
primo è che il linguaggio sia un sistema chiuso di segni; il secondo è che la costruzione del significato
prescinda da qualsiasi intenzione e forma di controllo; il terzo è che la realtà sia costituita dal
linguaggio stesso. In questo senso ogni lettore è riconducibile a una "comunità interpretativa". Per
questo la storia del libro e del libro e della lettura rappresentano due modi di indagare lo stesso
fenomeno.
Dal linguaggio all'alfabeto
Lo sviluppo del linguaggio è centrale nel processo dell'evoluzione della specie homo sapiens. Infatti è
esistita per molto tempo un'umanità priva di scrittura. Ong usa l'espressione "oralità primaria" per
designare questa condizione; egli ritiene la scrittura come una tecnologia in almeno tre sensi: in primo
luogo perché si serve di un apparato strumentale, secondariamente perché produce qualcosa distinto
dal suo produttore, in terzo luogo è un'operazione che non si compie in modo naturale. La
comunicazione scritta struttura il nostro pensiero nella misura in cui sviluppa la nostra capacità di
astrazione. Secondo Ong il passaggio dalla dimensione dell'organizzazione scritta è avvenuto
attraverso una serie di tappe. La prima tappa sarebbe la lenta evoluzione dai primi sistemi di tipo
pittografico a quelli di tipo alfabetico. Il secondo passaggio vede l'abbandono della lettura esofasica
(alta voce) in favore di quella endofasica (a mente). Infine c'è l'introduzione della stampa in Europa.
Lo schema di Ong funziona bene se riferito allo sviluppo della cultura occidentale.
L'idea che la scrittura definisca la forma del nostro pensiero viene ampiamente espressa da
McLuhan, secondo lui i mezzi di comunicazione producono effetti sui comportamenti e
sull'immaginario dei singoli; "il mezzo è il messaggio". Ma il rapporto di condizionamento è piuttosto di
influenzamento reciproco. Le fasi pittografica, logografica e sillabica si mescolano e si integrano, fino
a giungere (anche se non sempre si è giunti a questa conclusione) ai sistemi di scrittura alfabetici.
Dall'argilla alla carta
Il supporto per la scrittura più utilizzato in origine era l'argilla, a cui seguì il papiro (con la dicitura di
volumen). Successivamente, intorno al 1° secolo AC, cominciò ad essere utilizzata la pergamena al
posto del papiro, e portò con sé una forma di libro diversa, il codex: esso è un fascicolo di fogli di
pergamena composto da una sequenza ordinata di pagine. La carta invece fu introdotta in Cina nel
2000 AC, mentre in Europa giunse poco dopo l'anno Mille.
Il potere generativo della parola
Proprio perché il pensiero orale collega la parola direttamente alla cosa, attribuisce a essa una
capacità generativa, più che rappresentativa. Con l'invenzione della scrittura questo potere generativo
si accentua.
Dire la lettura: il mondo greco
Lo sforzo di ricostruire i tratti dell'esperienza della lettura del mondo greco deve seguire una linea
indiretta. Il nesso tra kluw (ascoltare) e kleos (fama, letteralmente "ciò che gli altri sentono dire di me")
ci ricorda la rilevanza della dimensione orale della comunicazione nel mondo greco, in particolare
quello arcaico. Quanto all'azione della lettura esistono diversi verbi nella lingua greca arcaica e
classica. Tutte le attestazioni contribuiscono a rafforzare l'attendibilità di un'ipotesi: gli antichi greci
leggevano abitualmente in modalità esofasica.
La posizione di Platone
La posizione di Platone rispetto al problema della lettura è centrale per comprendere lo sforzo che gli
antichi dovettero affrontare per compiere la transizione verso la cultura della scrittura.
McLuhan ipotizza che l'impiego delle estensioni tecnologiche generi angoscia, inoltre secondo lui
l'estensione tecnologica nasce come risposta allo stato di sovrastimolazione di un senso; la risposta a
tale sovrastimolazione consiste nell'amputazione del senso eccitato e nella sua esteriorizzazione, ciò
produce uno stato di torpore che impedisce il riconoscimento di sé da parte del soggetto e quindi
induce uno stato di choc.
Platone, avendo manifestato un pregiudizio di fondo nei confronti della scrittura, è ritenuto il più
autorevole testimone di questa condizione di disagio. I suoi allievi però si sono divisi in due scuole: da
un lato coloro che concludono che il vero pensiero di Platone sia quello che egli non ha tramandato
attraverso la sue opere scritte; dall'altro coloro che ritengono che sia possibile conciliare le prese di
posizione di Platone contro la scrittura con il fatto che egli ci abbia lasciato testi scritti.
Platone parlando del mito egizio del dio Theuth dice che la scrittura è un'invenzione pericolosa,
perché capace di intorpidire la memoria degli esseri umani, i quali cesseranno di esercitarsi perché
richiameranno le cose alla memoria dall'esterno, attraverso segni estranei.
La lettura esofasica resta per lungo tempo la forma di lettura normale praticata abitualmente; la
conquista della lettura endofasica nel Medioevo è lenta e incerta.
La lettura a Roma
Nel passaggio dalla cultura greca a quella romana, l'esperienza della lettura si muove in un quadro di
continuità, in tale scenario comunque ci sono anche degli elementi di discontinuità. Il primo aspetto
degno di nota riguarda il fatto che Roma fu testimone dell'avvio di un'importante transizione, dal
volumen al codex. Il secondo aspetto è relativo alla progressiva affermazione del libro come oggetto
rilevante nell'ambito della sfera pubblica. La lingua latina distingue in questo senso due azioni: edere
(pubblicare entro un circuito relativamente ristretto) e publicare (rendere il libro definitivamente
pubblico). La pubblicazione era una forma di condivisione che consisteva spesso nella lettura
pubblica, i lettori sono dunque in realtà ascoltatori. Infine a Roma nacque anche il commercio librario.
Il lento cammino del Medioevo
I primi due fatti di grande rilevanza che segnarono il Medioevo furono la diffusione dell'onciale (un tipo
di scrittura maiuscolo corsiva) e l'affermazione del codex al posto del volumen.
Inoltre sul piano dello sviluppo culturale, la dissoluzione della romanità in Occidente coincise con una
crisi delle principali istituzioni, e per mancanza di risorse durante la crisi si diffuse la pratica del
palinsesto, ovvero del manoscritto cancellato e riscritto. La Chiesa in questo scenario si assunse il
ruolo di custode, non solo del patrimonio culturale cristiano, ma anche della tradizione classica; anche
se la cristianità fu molto selettiva nell'esercizio di questo ruolo. Fino al 11° secolo la produzione di libri
si svolse quasi esclusivamente nei monasteri, che diventarono i principali centri culturali del
Medioevo. Gli scriptoria monastici introdussero diverse novità nel modo di scrivere, come ad esempio
la separazione tra le parole e il graduale sviluppo dei segni di interpunzione, infine la scrittura si
arricchì di una serie di convenzioni grafiche atte a istruire sul modo di leggere.
Pertanto la lettura, nel contesto della cultura monastica, era sempre più intesa come attività
individuale, ed è importante sottolineare che le viene attribuito il valore di antidoto al vizio dell'accidia.
Possiamo dunque scorgere, nello stigma della regola benedettina, i primi segnali di un'idea che si
consoliderà nella cultura occidentale, secondo la quale chi non legge è un individuo moralmente
condannabile.
Tra le tappe fondamentali del percorso che conduce al libro moderno, va menzionata la nascita del
centro di studi della Schola Palatina. Il suo contributo fu decisivo, in primo luogo perché promosse
una massiccia attività amanuense, secondariamente perché introdusse una riforma della scrittura, la
minuscola carolina, imponendo uno standard leggibile in tutto l'Impero.
Infine nel 15° secolo si diffuse un nuovo modello di libro, più maneggevole e con un carattere più
leggibile.
I punti e le virgole
Fino al 6° secolo la punteggiatura del testo era svolta dal lettore; ed essa serviva a marcare pause e
intonazione. Tale funzione traeva giustificazione dal fatto che il testo scritto era destinato ad essere
reso oralmente. Lo sforzo di razionalizzazione della punteggiatura si accentua nella prima metà del
Quattrocento, e conduce a una relativa stabilizzazione, che poi si manifesterà pienamente con
l'introduzione della stampa.
● Capitolo 3 - Sulle spalle di Gutenberg
L'alba di una nuova era
Nel libro moderno c'è uno sforzo di semplificazione e normalizzazione che comporta la rinuncia
progressiva a una serie di pratiche collegate al libro pretipografico. L'invenzione di Gutenberg si rivela
il nemico mortale dell'architettura come mezzo di trasmissione della cultura, in questo contesto il libro
rappresenta una forma espressiva sicuramente più accessibile. Per Hugo il Rinascimento segna
l'emancipazione di scultura, pittura e musica dall'architettura, la quale diventa geometria e muore.
Quarantadue righe
È interessante constatare il fatto che la diffusione della stampa in Cina e in Corea non ebbe le
conseguenze, sul piano sociale e culturale, che ebbe invece in Occidente; questo a riprova del fatto
che la tecnologia non ha un impianto deterministico ma intrattiene una relazione di influenzamento
reciproco. Prima di tutto la stampa ha reso la produzione dei libri più economica e più rapida, poi ha
favorito la democratizzazione della conoscenza.
È bene sottolineare che, nella regolarizzazione di alcuni importanti elementi del libro moderno, ebbe
un ruolo fondamentale lo stampatore ed editore italiano Manuzio: infatti la presenza sistematica, in
ogni libro, delle informazioni relative al suo autore e alla data di pubblicazione si devono a lui, e
condizionano l'approccio alla lettura (rende possibile un uso e un rapporto con il libro diversi).
Bisogna dire però che Gutenberg non è l'inventore del libro moderno, egli introdusse un'innovazione
tecnologica, che però non fu subito sfruttata per la sua reale valenza.
Festina lente
Manuzio fissò i canoni tipografici del libro moderno: introdusse il formato in ottavo, normalizzò i criteri
di interpunzione, rese sistematica la numerazione di pagina e definì le proporzioni ottimali degli
elementi della pagina stessa; infine nel 1501 inventò il corsivo (una versione inclinata del font
romano). In breve, egli orientò il gusto del suo tempo e diede un contributo decisivo alla rinascita degli
studi classici.
A partire dal Rinascimento l'esperienza della lettura acquista i tratti che l'hanno caratterizzata per tutta
l'epoca moderna; innanzitutto da prerogativa di pochi privilegiati essa diventa sempre più diffusa,
inoltre si svincola definitivamente il testo scritto dalla dimensione orale.
Nuove forme, nuove regole, nuovi attori
L'invenzione della stampa determinò il successo del pamphlet (un "libro" di 48 pagine), a partire dalla
seconda metà del Cinquecento; nel periodo della Riforma protestante si diffusero in grande quantità a
scopo di propaganda.
Nel 19° secolo nasce la tipografia industriale, con l'introduzione del torchio meccanico, le tappe
ulteriori allo sviluppo della stampa furono: l'introduzione della litografia e la fotocomposizione, basata
su mezzi elettronici e fotografici.
La nascita dei diritti d'autore sancisce il fatto che il libro è un prodotto commerciabile e che quello dei
libri è un mercato, inoltre si comincia a trattare il libro come un servizio.
Un altro fenomeno che deve essere posto in relazione con la diffusione del libro a stampa è la
conquista progressiva di uno spazio nuovo per le donne, tra il 17° e il 19° secolo un pubblico
femminile interpretò la lettura come occasione di diletto come strumento di emancipazione.
● Capitolo 4 - Superare il libro?
Lettura, generi ed esperienza letteraria
L'espressione "genere letterario" qui viene usata con il valore di "forma codificata", dunque include
anche le manifestazioni di scrittura non letterarie, come il diario. Esso è esemplificativo dell'influenza
che le trasformazioni tecnologiche esercitano sulle soluzioni espressive. Tra il 2002 e il 2007 ci fu
l'avvento dei blog personali, questa vicenda resta importante come testimonianza di rimediazione di
un genere, con conseguente trasformazione delle modalità di produzione e di consumo.
Considerazioni simili si possono fare per il romanzo, che è il prodotto di una combinazione articolata
di fattori tecnologici, sociali e culturali, che si sono manifestati tra il 16° e il 19° secolo. Secondo
Benjamin il romanzo ha esaurito il suo compito artistico alla fine dell'Ottocento, e lega la fine del
romanzo a quella del libro. Per lui il Novecento ha aperto a nuovi generi e nuovi pubblici.
Secondo Sukenick il romanzo si appoggerebbe su tre pilastri: il tempo cronologico come medium
della narrazione, la psicologia individuale alla base dei personaggi e la realtà delle cose descrivibili in
quanto concrete. Il narratore contemporaneo deve fare i conti, in questo senso, con una triplice
scomparsa: la realtà, il tempo e il carattere individuale hanno smesso di esistere.
Il genere romanzesco è visto in quanto forma compiuta della tecnologia della scrittura nella sua
evoluzione tipografica; i destini della scrittura del libro tipografico e del romanzo sono dunque
indissolubilmente legati.
Un'apologia della lettura?
Affermare che la lettura letteraria ci faccia stare bene, nel senso che ci rende persone migliori, è
problematico. Si potrebbe al contrario ipotizzare che la letteratura renda chi la pratica più esposto alle
turbolenze emotive. Potremmo sostenere che la grande letteratura ci procura una coscienza del
mondo diversa da ogni altra forma di consapevolezza, tale da renderci almeno più forti.
Spinazzola distingue diverse tipologie di lettori. Bisogna prima riconoscere che i lettori in possesso di
competenze letterarie costituiscono un sottoinsieme del più vasto pubblico, il quale include chiunque
sia disposto a fare esperienza della letteratura; tale sottoinsieme ricava dall'esperienza della lettura
una ricchezza maggiore. Un sottoinsieme ancora più piccolo è rappresentato dall'iperpubblico, ovvero
dai lettori che sono in grado di orientare il comportamento del pubblico letterario. La loro dislocazione
all'interno dell'ecosistema digitale comporta un riposizionamento e una differente capacità di
influenzamento. Sarebbe sbagliato ricondurre la crisi contemporanea della critica all'avvento di
Internet. Spinazzola sostiene che, a seconda della natura degli oggetti letterari, tra tali oggetti e i
pubblici si instaurano relazioni diverse, riassumibili in due dimensioni: il livello di complessità del testo
letterario e il genere di appartenenza. Egli identifica 4 livelli di complessità decrescente: sperimentale,
istituzionale, di intrattenimento e residuale; mentre per i generi distingue tra: poesia, iporomanzo (si
concentra sull'esplorazione degli stati psichici), iperromanzo (appaga le attese strutturate dei lettori) e
romanzo di consumo.
Che cos'è la letteratura
Di volta in volta la soluzione identifica è di tipo tautologico (è quella che l'iperpubblico e la comunità
dei lettori certificano storicamente come tale), di tipo formale (è la forma che ti fa conoscere e
apprezzare la letteratura), oppure di tipo funzionale (i testi letterari si distinguono per la funzione che
assolvono). Semplificando potremmo dire che la letteratura si pone in quanto tale rivendicando una
propria funzione, ma per risultare riconoscibile e per poter esercitare tale funzione deve lavorare sullo
stile.
Per Coleridge la fede poetica si alimenta di una speciale disponibilità del lettore a mettere da parte
l'incredulità nei confronti della rappresentazione letteraria; un buon testo letterario è tale perché rende
possibile la momentanea sospensione dell'incredulità.
Il meccanismo attraverso il quale un testo genera un significato si attiva solo quando quel testo viene
ricevuto dal suo destinatario, e la ricezione è un processo che si manifesta sempre in una situazione;
a partire da questa serie di assunti su sono formate diverse posizioni teoriche.
Ciò che fa, di un libro, un libro
In molti oggi si interrogano sul destino del libro, ma dovremmo considerare una serie di aspetti che
spesso vengono assunti come presupposti. Il primo è che esista un modo di leggere normale
(standard) e che il digitale stia mettendo in discussione questa normalità, ma ciò è falso perché
esistono diversi modi di leggere o stili di lettura. Il secondo presupposto è che il libro digitale stia
sostituendo il libro di carta, ma di questo fatto non c'è alcuna evidenza, anzi, il libro di carta continua
ad essere l'opzione preferita dai lettori. Il terzo presupposto è che esista una conferma empirica
chiara e univoca dei fenomeni di cui ci stiamo occupando, ma anche questo non è vero, dal momento
che i risultati delle ricerche non ci permettono ancora di trarre conclusioni certe.
Nuove materialità e smaterializzazione
La tendenza novecentesca in campo artistico fu di esplorare tutte le forme della testualità e della
materialità del libro, ad esempio con la poesia visiva, ed è significativo che tale tendenza si sia
manifestata molto prima dell'alba dell'era digitale. Oggi il linguaggio del software abilita nuove forme
di scrittura e di lettura. Nel libro tradizionale è praticamente impossibile separare il testo dal supporto,
il testo è stampato su carta e diventa parte di essa. Viceversa l'ecosistema digitale postula la
separazione del contenuto dall'apparato di lettura. Dunque possiamo affermare che l'eBook è un file
nel quale il testo è racchiuso e codificato, ma tale contenitore si trova a sua volta in un altro
contenitore, l'apparato di lettura.
Perdite e guadagni
Secondo Birkerts i nuovi media stanno determinando una trasformazione nella natura della lettura,
che sempre di meno si manifesta come un'esperienza focalizzata. Nel discorso di Birkerts si può
notare che l'autore dà per scontata la transizione del libro dall'ecosistema della carta e quello dello
schermo, tuttavia abbiamo già detto che questa transizione è incerta; la seconda considerazione è
che il suo discorso non è riferito al presunto impatto dei nuovi dispositivi di lettura, ma a quello della
cultura digitale.
Uno dei difetti del libro digitale è costituito dunque dalla liquefazione della pagina, va detto peraltro
che anche un eBook può avere, almeno in teoria, un'impaginazione fissa. Si potrebbe obiettare che,
dal punto di vista della leggibilità, i dispositivi per la lettura in digitale offrono una serie di funzionalità
che vanno incontro ai lettori con difficoltà di vario tipo. Ci sono infine altre caratteristiche dell'eBook
che meritano attenzione: la possibilità di effettuare ricerche testuali, che può incentivare la pratica
della lettura per scansione e la consuetudine di leggere i libri in modo parziale. Un'altra funzionalità è
quella di visualizzare tutti i commenti e le sottolineature, un vantaggio ulteriore è la sua sostenibilità in
termini ambientali, anche se spesso quest'idea è sostenuta in modo ingenuo, senza considerare il
dispendio energetico e i problemi legati allo smaltimento dell'hardware. La ricerca ha infine rilevato
che non esistono significative differenze nel ricorso a determinati comportamenti di lettura tra lettori su
supporto cartaceo, computer e e-reader. L'unica differenza rilevante riguarda la tendenza a vagare
durante la lettura, che risulta superiore tra i lettori di libri di carta rispetto ai lettori di eBook su
e-reader.
Ipertesti e oltre
Genette identifica nell'ipertestualità una delle cinque forme della transtestualità, che identifica tutti i
modi in cui un testo può entrare in relazione con un altro testo. L'ipertestualità di Genette è dunque
"ogni relazione che unisce un testo B (ipertesto) a un testo anteriore A (ipotesto), sul quale si innesta
in maniera che non è quella del commento". Tuttavia parlando di ipertestualità vogliamo intendere una
modalità di organizzare il materiale testuale, alternativa rispetto a quella tipica di un libro
tradizionalmente inteso. L'ipertesto è un sistema di elementi testuali, detti "nodi", collegati tra loro in
modo non sequenziale; alla base del collegamento tra due elementi c'è una relazione di significato.
Nielsen estende l'ambito dell'ipertestualità includendovi anche i sistemi in cui le connessioni non
sequenziali si instaurano tra informazioni non testuali. Accanto agli ipertesti a struttura assiale, ci sono
quelli ad albero o a struttura gerarchica, a struttura di rete o inferenziale.
L'organizzazione ipertestuale dell'informazione non è nata con l'avvento del digitale, il Talmud, ad
esempio, è un'opera fondamentale dell'ebraismo, come uno degli esempi più antichi di ipertestualità.
Anche se il formato ipertestuale costituisce il punto di arrivo di questo percorso di aggregazione e
stratificazione, raggiunto solo nel 16° secolo con l'avvento della stampa a caratteri mobili. Da un lato
l'ipertesto accresce i margini di autonomia del lettore, dall'altro però potrebbe favorire una lettura più
superficiale che profonda. Occorre ammettere che la forma ipertestuale non ha dato adito, ad oggi, a
una produzione letteraria degna di nota. In questo senso, la letteratura ipertestuale è stata accusata
di sperimentalismo fine a sé stesso.
● Capitolo 5 - Il cervello che legge
Neuroimaging funzionale e lettura
Accanto alle teorie cognitive classiche si sono sviluppate teorie cognitive di tipo neuroscientifico. Le
neuroscienze cognitive studiano le basi cerebrali del pensiero. Il successo è legato a due fenomeni:
da un lato i progressi nel campo dell'ingegneria informatica, dall'altro lo sviluppo del "neuroimaging
funzionale", ovvero un insieme di tecnologie che rendono osservabile l'attività cerebrale. Le
neuroscienze cognitive ci permettono di approcciare il fenomeno della lettura in modo nuovo, ci
consentono di valutare i cambiamenti a livello cerebrale che potrebbero accompagnare il passaggio
dalla lettura su carta alla lettura in digitale. La lettura ha valore cognitivo, e possiamo riferirci a due
sue funzioni:
1. la lettura risponde all'esigenza di decodificare, acquisire e memorizzare informazioni;
2. essa rimanda a un tipo di conoscenza più profonda che si attiva solo quando facciamo
esperienza di testi letterari.
Il fatto che, quando leggiamo, nel nostro cervello si osservino specifici fenomeni biochimici, non deve
portarci a ritenere che l'esperienza della lettura sia sempre uguale a sé stessa, indipendentemente
dagli elementi di contesto. Il neuroimaging funzionale ci mostra che la lettura comporta l'attivazione di
un elevato numero di aree cerebrali e un notevole livello di interazione.
Poldrack mette in guardia contro il rischio di concedere alle tecniche di neuroimaging funzionale un
credito eccessivo, evidenziandone il valore ma anche i limiti. Nel caso della lettura, le ricerche ci
permettono di trarre alcune conclusioni: la prima considerazione riguarda il fatto che le regioni del
nostro cervello coinvolte sono numerose; in secondo luogo possiamo osservare che gli eventi
cerebrali attivati dalla lettura si dispongono in una sequenza temporale, quindi la lettura è una
funzione complessa che si articola in una serie di sottofunzioni. Tali sottoattività permettono di
distinguere le lettere dalle "non lettere" e i grafemi/logogrammi per il valore che occupano, gli insiemi
di lettere che compongono le parole, l'associazione della parola alla combinazione di suoni e della
parola al suo significato, infine si passa dal significato di singole parole a quelle di frasi intere.
La relazione con un romanzo comporta la messa in campo da parte del lettore di competenze ulteriori
rispetto a quelle descritte, per esempio la dimensione immaginativa o emozionale.
Il problema dell'attenzione
Prima di leggere il cervello si impegna in una serie di attività propedeutiche all'impresa, innanzitutto
sospende le attività in cui era impegnato. L'ecosistema ipermedizzato nel quale siamo costantemente
immersi rende sempre più difficile staccarci da ciò che stiamo facendo. Si parla di attenzione parziale
continua per indicare il fatto che, quando siamo impegnati in rapida successione in una serie di attività
che richiedono la nostra attenzione, essa viene rivolta a ciascuna di queste in misura parziale e
dunque spesso insufficiente per portare a termine il compito in modo adeguato.
Sovraccarico informativo
Il sovraccarico informativo cui siamo sottoposti come conseguenza della nostra condizione di individui
costantemente connessi è sempre meno gestibile anche sul piano psicologico. McLuhan intuisce che
l'alfabeto e la scrittura hanno stimolato, nel corso dei millenni, alcune regioni cerebrali e le hanno
indotte a lavorare in un determinato modo per processare le informazioni di input. Oggi però questo
schema rischia di saltare, perché non sta più dietro alla velocità dell'informazione istantanea.
Wolf propone un programma verso la conquista di un cervello "bi-alfabetizzato", in cui l'educazione
diventa uno dei fattori fondamentali per modificare il comportamento del cervello che legge. L'obiettivo
è creare lettori capaci di transitare con flessibilità da un codice all'altro sfruttando il meglio di entrambi.
Lei propone di introdurre diverse forme di lettura, basate su testi a stampa e testi digitali, nel periodo
compreso tra i 5 e i 10 anni di età, all'inizio deve esserci una prevalenza di libri a stampa. Mentre i
bambini imparano a leggere e a pensare con la carta stampata devono entrare in contatto con
strumenti diversi, che vengono introdotti per imparare le abilità creative digitali: l'arte grafica e la
programmazione.
● Capitolo 6 - Un lettore digitale
La trasfigurazione digitale del testo
Per capire come funziona un testo digitale dobbiamo considerare le principali forme di connotazione
che agiscono nel processo di fruizione, ovvero gli elementi materiali che aggiungono una qualità
accessoria al valore di base del testo, condizionandone la percezione; in particolare ci si riferisce a tre
elementi connotativi: il codice software, l'apparato di commenti e i metadati. Il testo digitale vuole
assomigliare a quello analogico, e più riesce in tale obiettivo, più celebra il proprio realismo.
Parafrasando McLuhan si può dire che il formato (non il medium) è il messaggio, e il formato è una
sovrastruttura solo in parte governata da chi scrive e da chi legge. L'esperienza di lettura
nell'ecosistema digitale contempla un certo livello di delega alla macchina da parte del soggetto,
questo rischia di scomparire dentro la macchina, mentre la macchina assume la forma di un attore
animato e intelligente. Il software è a sua volta un medium, allo stesso tempo il software integra le
nostre capacità e le potenzia, come se si trattasse di una protesi cognitiva; il suo è un potere
performativo e ascrittivo: l'esecuzione del codice crea nuove condizioni di realtà, in questo senso il
software è dotato di agency, ossia delle capacità di agire nel mondo.
Negli spazi bianchi del testo
La seconda forma di connotazione è il commento, si tratta di un elemento che il lettore sfrutta nel
processo di decodifica e comprensione del testo. I dispositivi di lettura digitale riposizionano la forma
del commento e ne ridefiniscono la funzione, da un lato ci sono le annotazioni, dall'altro ci sono
costellazioni di commenti che si aggregano e si compongono intorno a un testo, quando questo passa
di mano in mano. La disposizione dei commenti intorno al testo è inevitabilmente un fattore di
connotazione; a seconda della prospettiva i commenti sono dunque al contempo entità metatestuali
(testi che parlano di altri testi), ipertestuali (testi collegati ad altri testi) e paratestuali (testi a supporto
di altri testi).
Se la storia della cultura occidentale è in gran parte storia del libro, bisogna riconoscere la funzione
fondamentale svolta dal commento, pensiamo ad esempio alla funzione del commento critico
nell'ambito degli studi letterari. Nel passaggio dall'ecosistema della carta a quello dello schermo il
sistema duale testo-commento si spezza e genera una duplice ipertrofia: da un lato una produzione
sovrabbondante di testi, dall'altro una quantità anche maggiore di commenti. Da questo punto di vista
dobbiamo considerare il ruolo non neutrale dell'interfaccia, come parte strategica del dispositivo che
orienta il nostro comportamento (Facebook). La critica del dispositivo è dunque anche una critica del
design dell'esperienza.
Il lettore quantificato
La terza forma di connotazione è rappresentata dai metadati, ovvero una serie di informazioni
aggiuntive che accompagnano un testo pur non risultando sempre percepibili dall'utente; essi si
possono classificare come peritestuali o epitestuali. Fanno parte del peritesto tutti i metadati che ci
consentono di classificare un testo (nome dell'autore, editore, prezzo, codice ISBN), mentre
appartengono all'epitesto tutti quelli che si aggregano intorno al testo nella misura in cui esso viene
consumato (dati di collocazione, profili e comportamenti dei lettori). La digitalizzazione del libro e
dell'intero processo di distribuzione ha una conseguenza rilevante: ogni evento, anche il più
insignificante, è accompagnato alla produzione di una grande quantità di dati. Questi dati (metadati)
connotano il lettore e orientano i suoi consumi successivi; la trasformazione digitale corrisponde a una
quantificazione dell'esperienza di lettura.
Lettura come riscrittura
Lettura e riscrittura sono due operazioni omologhe; riscrivere è - in un certo senso - un modo di
leggere, perché implica una lettura profonda, ma riscrivere significa anche interpretare. Ma la
riscrittura si configura anche come un tradimento, il verbo italiano tradire deriva dal latino tradere, il
quale significa "consegnare"; del resto il verbo condivide la radice etimologica di altri due verbi,
tramandare e tradurre, il cui significato è sempre legato allo spostamento. In questo senso potremmo
dire che qualunque lettura è, in un certo qual modo, un tradimento; attraverso l'atto interpretativo
rendiamo il testo diverso da quello che era prima della lettura nel suo significato. Infine riscrivere vuol
dire "copiare", infatti la tradizione testuale prima dell'invenzione della stampa era fondata sulla
copiatura.
Secondo de Certeau c'è asimmetria tra la scrittura e la lettura, infatti il lettore rompe l'ordine stabilito
dall'autore. C'è poi un altro punto di rottura che richiama la posizione del corpo negli apparati
scritturali. La scrittura separa il testo dal corpo individuale, l'oralità invece mobilita tutto il corpo ed è
dunque multisensoriale. Constatiamo però che il corpo sembra non ritirarsi mai del tutto, anche nel
dominio scritturale; de Certeau suggerisce che lo stato attivo dei muscoli tensori e costrittori delle
corde vocali sia un retaggio dell'antica complicità corporea.
C'è un'analogia tra il punto di vista di de Certeau e quello di McLuhan, secondo lui infatti la
formazione dell'uomo tipografico si accompagna al progressivo passaggio da una comunicazione di
tipo multisensoriale a una comunicazione dominata dalla componente visiva.
Leggere nella cultura partecipativa
Il lettore digitale porta alle estreme conseguenze la pratica dell'appropriazione disinvolta dei materiali
testuali autoriali e nella loro rielaborazione, si parla di lettura come rimediazione. McLuhan ci ha
insegnato che i nuovi media interagiscono e si integrano continuamente tra loro, ogni medium è in
realtà un ibrido di diversi elementi ed è la rappresentazione di un altro medium. La convergenza dei
nuovi media è di tipo grassroot: con i nuovi media nasce una forma inedita di cultura partecipativa,
che pare svilupparsi dal basso; attorno a essa si strutturano pratiche in cui consumo e produzione
tendono a integrarsi (si parla di prosumer, produttore e consumatore). Il fondamento di questa pratica
è il software, fondata su 4 principi cardine: modularità (i nuovi oggetti mediali possono essere
manipolati in modo modulare), automazione (i nuovi media presuppongono l'automazione di molte
operazioni manipolative), variabilità (gli oggetti dei nuovi media possono essere declinati in versioni
molto diverse tra loro) e transcodifica (i contenuti dei nuovi media possono migrare da una
piattaforma all'altra).
Il caso del social reading
I campi energetici che attraggono e informano le pratiche di lettura nel contesto digitale sembrano
principalmente due: il dominio della postproduzione e quello della condivisione. L'espressione social
reading si riferisce a quell'insieme di pratiche, esperienze e tecnologie che abilitano il paradigma della
condivisione nell'ambito della lettura. Si potrebbe affermare che da secoli la lettura oscilla tra due poli:
quello della solitudine e quello della socialità.
Storicamente si manifesta una dialettica tra motivazioni sociali e motivazioni asociali della lettura; oggi
le nuove tecnologie abilitano diverse forme di lettura condivisa, il social reading. In altri casi sarebbe
più corretto parlare di social cataloguing che si tratta delle piattaforme dove si discute con altri delle
proprie letture, ad esempio è importante sottolineare il caso Wattpad.
Scrittura e lettura: due destini appaiati
Oggi prevale un atteggiamento disilluso rispetto agli spazi di manovra consentiti all'interno di
piattaforme, viste sempre più spesso come dispositivi di controllo e sfruttamento, tanto da giustificare
la ricerca di alternative agli attuali monopoli dei social media. Abbiamo visto come, nell'ecosistema
digitalizzato, le logiche algoritmiche implementate nel software tendano a condizionare le nostre
pratiche di lettori. Dell'intelligenza artificiale ci spaventa la capacità di leggere e di leggerci, ma non
sappiamo dire se, in questa sua capacità, l'algoritmo ci sta superando.
Ciò che distingue un essere umano da un algoritmo di apprendimento automatico è, secondo Marcus,
una duplice capacità: da un lato il nostro cervello punta più su una comprensione del mondo magari
imperfetta, dall'altro lato il nostro cervello sa leggere. Implicitamente egli riconosce che la lettura
profonda è un'attività umana particolarmente sofisticata, al punto che per il momento le macchine
faticano ad emularla.

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