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CARANDINI, STORIE DALLA TERRA

La stratigrafia archeologica ha ricevuto inizialmente e per un certo periodo i suoi principi dalla stratigrafia
geologica. Ciò è accaduto con una particolare intensità in Gran Bretagna. Dalla seconda metà del secolo
scorso gli archeologi europei avevano iniziato a datare gli strati di origini antropica con i manufatti, come i
geologi avevano datato gli strati d’origine con i fossili in essi contenuti. In Italia questo aspetto più
scientifico dell’archeologia si è sviluppato con ritardo.
Tutte le forme di stratificazione, siano esse geologiche o archeologiche , sono il risultato di 1)
erosione/distruzione , 2) movimento/ trasporto, 3) deposito/accumulo. Mentre però la stratificazione
geologica è dovuta esclusivamente a forze naturali, quella archeologica appare come un risultato di forze
naturali e umane, separate o combinate fra loro, per cui erosione, movimento e deposito si intrecciano a
opere di distruzione, trasporto e accumulo. L’analisi di una stratificazione presuppone sempre l’analisi dei
processi naturali e/o antropici che l’hanno determinata, al fine di riconoscere le condizioni storiche e
paleoambientali che hanno portato alla sua formazione. La formazione di una stratificazione si attua per
cicli, cioè attraverso periodi di attività e di minore attività o pausa. Durante le pause possono succedere
molti fenomeni ma non processi di crescita della stratificazione. L’azione è rappresentata dagli strati e la
pausa dalle superfici degli strati. Tali superfici prendono il nome di interfacce. Esse rappresentano il periodo
di esposizione di uno strato cioè il lasso di tempo trascorso tra uno strato formato e uno che comincia a
formarsi al di sopra di esso. Un’azione di deposito/ accumulo comporta sempre uno strato ( dato
materiale ) e la sua superficie o interfaccia ( dato immateriale ). Un’azione di erosione/ distruzione non
comporta invece mai uno strato bensì una mancanza di strato o di strati ( il dato materiale è stato spostato
altrove ) che possiamo chiamare superfici a sé. Gli strati si accumulano in un area determinata che si
chiama bacino di deposito. Bacini diversi presuppongono stratigrafie diverse. La forma del deposito
dipende dai materiali depositati e dal tipo di forza esercitata dalla natura o dall’uomo nel muoverli. Ogni
strato ha una sua cronologia assoluta, la quale viene stabilita grazie al reperto databile più tardo in esso
contenuto e a esso preferibilmente coevo ( che non sia un residuo o una intrusione) e grazie alla cronologia
assoluta degli strati che lo precedono o lo seguono nella successione stratigrafica.
Con Steno, Smith, Hutton e Lyell, vissuti fra il XVII e il XIX secolo, la geologia ha acquistato le nozioni
fondamentali necessarie a stabilire le stratigrafie della terra : fossili, strati, interfacce, rapporto fossili-strati
e datazione degli strati tramite i fossili. Le leggi che consentono di ricostruire la sequenza degli strati
rocciosi depositati in condizioni sedimentarie sono : legge della sovrapposizione ( lo strato più alto è il più
recente ), presuppone che gli stati si trovino nella loro giacitura originaria ; legge della orizzontalità, per cui
gli strati formatisi sott’acqua presentano generalmente superfici orizzontali ; legge della continuità ,per cui
gli strati sono datati in base ai fossili che contengono; legge della successione faunistica , per cui gli strati
sono datati in base ai fossili che contengono, ciò comporta che gli strati spostati o capovolti sono datati
piuttosto dai fossili che racchiudono che dalla loro sovrapposizione nella stratificazione.
Con le prime forme di vita concentrate in un insediamento si ha il prevalere degli strati artificiali su quelli
naturali.
La ricerca topografica valorizza al massimo uno scavo contestualizzandolo territorialmente e quindi
moltiplicandone la rilevanza scientifica. Scopo della ricerca topografica è in primo luogo quello di
identificare il maggior numero possibile di insediamenti e percorsi ( o unità topografiche ) per descriverli in
modo adeguato. Per misurare la potenzialità archeologica di una stratificazione e calibrare la strategia del
suo scavo ci si può avvalere di saggi, trincee e carotaggi, oppure di analisi non distruttive quali lo studio
della documentazione iconografica, grafica, scritta e relativa a precedenti indagini, l’interpretazione delle
fotografie aeree, le proporzioni, i mutamenti della vegetazione, etc.
Vari sono i modi in cui l’archeologo può impostare il suo scavo scendendo oltre l’humus :la trincea lunga e
stretta, il saggio, un insieme di saggi regolari e quadrangolari ( sistema Wheeler) e la grande area ( sistema
Barker) . Le trincee sono la forma più antica dello scavo. Oggi le trincee appaiono funzionali solo nel caso di
strutture lineari : mura, fossati e strade. Ma anche in questi casi i dati forniti riguardano fondamentalmente
le trincee stesse e difficilmente sono generalizzabili. Poco oltre lo scavo la strada potrebbe essere stata
invasa da edifici o diversamente pavimentata e la fortificazione potrebbe essere in tutt’altro modo
realizzata. Il vantaggio della trincea sta nell’impostare rapidamente un problema e nell’acquisire subito i
primi dati. I saggi invece possono dare indicazioni utili sulla potenzialità stratigrafica di un insediamento.
Situati secondo una precisa strategia possono rispondere a problemi topografici fondamentali, sia su scala
di città che di monumenti. Per le città possono dare informazioni sulla regolarità dell’impianto, sulle diverse
fasi dell’urbanizzazione, sui limiti raggiunti dall’insediamento, sulle fortificazioni, sulle necropoli etc. Per
quanto riguarda il singolo monumento, i saggi possono fornire dati sui rapporti fra le diverse maggiori
strutture e tecniche edilizie. Saggi e trincee possono servire per le azioni di tutela. Ma quanto più lo scavo si
articola in saggi tanto più diventerà difficile il rilievo, la correlazione delle diverse unità stratigrafiche fra i
diversi saggi e la loro comprensione. ( Risparmi ? pag 45 ) .
Più importante della forma è il metodo o la procedura dello scavo. Per procedura si intendo il modo di
individuare, definire ( con numeri) e scavare le singole porzioni di materiale coerente ( i muri ) o incoerente
( la terra) che chiamiamo strati e di documentare tagli e asportazioni di strati. Lo scavo archeologico deve
sempre procedere per strati e superfici reali e non per piani astratti e nell’ordine inverso a quello in cui si
sono formati. Dovendo riconoscere nel terreno realtà diverse come muri, rivestimenti architettonici,
pavimenti , strati terrosi etc occorre un termine generale che le comprenda. Gli archeologici inglesi sono
arrivati ad utilizzare il termine “contesti” , ma il termine non è adatto, dal momento che strati e superfici
sono le unità elementari dello scavo, le azioni minime riscontrabili o che si è voluto riscontrare, per cui è
contraddittorio definirli con un termine che significa insieme, cioè pluralità di elementi o di azioni. Conviene
perciò chiamare quelle realtà unità stratigrafiche , conservando il termine contesto a quei gruppi di unità
stratigrafiche che costituiscono insiemi di azioni, ovvero le attività, i gruppi di attività e gli avvenimenti, da
considerarsi entro determinate fasi e periodi. Per ogni unità stratigrafica corrispondo altre unità del fare o
unità d’azione. Occorre saper individuare gli strati sulla base della consistenza, del colore, della
composizione e delle inclusioni. Queste caratteristiche possono essere colte solo da un occhio esperto e
dopo una perfetta pulitura delle superfici degli strati e in condizioni di un giusto grado di umidità. Dopo
aver distinto le superfici dai diversi strati si deve procedere con la punta di una piccola cazzuola o trowel.
Per i reperti contenuti negli strati non conta tanto la loro posizione tridimensionale all’interno dello
strato( contrariamente a quanto avviene nelle stratificazioni naturali con tracce di insediamento umano ),
quanto la provenienza del loro strati di appartenenza . Lo scavo a più livelli porta da questo punto di vista a
grandi confusioni, presupponendo che quanto si trovi più in basso sia più antico di quanto si trovi più in
alto, il che può invece accadere in una stratificazione di origine naturale. Fondamentale è la posizione
all’interno dello strato stesso dei singoli materiali da costruzione o della decorazione architettonica e per
sculture crollate, i quali non formano uno strato ma sono stati inglobati in esso : chiodi, converse di piombo
, comignoli, colonne, capitelli, statue e altri reperti particolari. La loro collocazione riveste un ruolo
particolare sull’interesse topografico che riguarda la ricostruzione dell’edificio scavato ( utilizzazione degli
spazi all’interno di un ambiente e quindi la sua funzione ). Concentrazioni di reperti, la cui distribuzione può
indicare il perimetro entro cui si sono svolte determinate attività lavorative o domestiche.
Lo scavo sperimentale, dove si sviluppano le metodologie scientifiche, serve da pietra di paragone per
misurare l’informazione che si perde negli scavi condotti frettolosamente e offre un modello da vere in
mente nel momento in cui si è costretti a riassumere le procedure per ragioni di tutela.

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