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Con contributi di
Andrea Altobrando, Michela Bordignon, Ilaria D’Angelo,
Daniele De Santis, Alfredo Ferrarin, Luigi Filieri,
Stéphane Finetti, Guido Frilli, Luca Illetterati, Elisa Magrì,
Danilo Manca, Federico Orsini, Giovanni Zanotti
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Distribuzione
PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze]
ISBN 978-884674211-7
ISSN 0000-0000
Indice del volume
Introduzione
Secondo alcuni interpreti1, nella Critica della ragion pura sa-
rebbe riscontrabile un’apparente contraddizione tra l’esigenza,
più volte rimarcata da Kant2, di un’attività unificatrice delle ca-
tegorie dell’intelletto affinché ci sia conoscenza, da una parte, e
l’affermazione, contenuta nell’Analitica trascendentale, secondo
la quale «[l]e categorie dell’intelletto […] non costituiscono per
noi le condizioni alle quali ci vengono dati gli oggetti nell’intu-
izione; ci possono quindi ben apparire oggetti senza che deb-
bano necessariamente riferirsi a funzioni dell’intelletto e senza
che questo contenga le loro condizioni a priori»3. Al di là delle
questioni ermeneutiche relative al testo kantiano, è facile notare
che l’affermazione della possibilità di un’esperienza di oggetti a
prescindere dalle categorie dell’intelletto è fondamentalmente
in accordo con l’impostazione gnoseologica husserliana. Non
sempre, tuttavia, si nota che anche la necessità delle categorie
dell’intelletto affinché si dia conoscenza è in accordo con la ri-
flessione husserliana.
Normalmente, infatti, si insiste sull’idea secondo la quale
per Husserl esisterebbe una legalità del sensibile che prescinde
dall’attività sintetica dell’intelletto. È ormai una sorta di defi-
nizione acquisita e sedimentata, una definizione che potremmo
1. Conoscenza e percezione
Notoriamente, la conoscenza è per Husserl un vissuto di ri-
empimento. Si ha conoscenza quando ciò che è inteso in modo
che provino a mettere a frutto anche l'insegnamento husserliano, senza tuttavia fermar-
si a esso, si rimanda a: L. BOI, Phénomenologie et Méréologie de la perception spatiale.
De Husserl aux théories Néo-Gestaltistes, in L. BOI, P. K ERSZBERG, P. and F. PATRAS
(a cura di), Rediscovering Phenomenology. Phenomenological Essays on Mathematical
Beings, Physical Reality, Perception and Consciousness, Springer, Dordrecht 2006; ID.,
Réflexions épistémologiques à propos de la perception spatiale, in «Metodo. International
Studies in Phenomenology and Philosophy», 1.1, 2013 (http://metodo-rivista.eu/index.
php/metodo/article/view/15); B. SMITH (a cura di), Foundations of Gestalt Theory, Phi-
losophie Verlag, München 1988.
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18 Come noto, questa è stata in parte l’impresa tentata dallo stesso Husserl, se-
gnatamente in Esperienza e Giudizio. Tale compito risulta però, per quanto mi è stato
possibile riscontrare, ancora incompiuto – né, certamente, è qui possibile assolvere a
esso.
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tanto l’unità del soggetto quanto quella del mondo sono incosti-
tuibili – quantomeno mediante sintesi del molteplice.
Abbiamo ampiamente sottolineato che nello schema husser-
liano le categorie dell’esperienza sono forme di strutturazione
del rapporto soggetto-oggetto, ma non sono, come appunto a
volte sembra doversi derivare dagli scritti kantiani, applicati dal
soggetto all’esperienza, o, per meglio dire, dall’intelletto sulla
sensibilità. Concepite in questi termini “kantiani”, le categorie
risulterebbero una sorta di immissione di ordine in un qualcosa
di caotico19. Tuttavia, anche se togliessimo le categorie dall’in-
telletto e le ponessimo nei contenuti dell’esperienza (sensibile),
per solo successivamente riportarle nell’intelletto, resta il fatto
che l’esperienza, e conseguentemente la conoscenza, di oggetti
compositi, ossia composti da una pluralità di apparizioni, non
sarebbe possibile senza una qualche continuità tra tali appari-
zioni, ossia senza l’unità dell’esperienza. L’unità dell’esperienza,
dal canto suo, non può che necessariamente includere l’unità
del soggetto di tale esperienza, perché, altrimenti, non si po-
trebbe parlare sensatamente di una esperienza. Può forse l’e-
pistemologia fenomenologica husserliana (in particolare quella
pre-trascendentale) sottrarsi a tale vincolo?
In effetti, nell’esempio precedente della pianta-totano-vinile,
abbiamo detto che il mutamento repentino di forma accade sot-
to i miei stessi occhi. Gli occhi, dunque, devono essere gli stessi
prima e dopo il mutamento, altrimenti non si potrebbe vede-
re quest’ultimo. Ora, è ovvio che l’appercezione trascendentale
kantiana non è una questione di bulbi oculari, retine o cristal-
lini, bensì di quell’io trascendentale che permette la continuità
e l’unità del flusso di coscienza stesso. Altrettanto noto è che
19 Sebbene, come si è già detto, non è forse opportuno ritenere che questo sia il
modo più adeguato di interpretare Kant, pure è vero che in alcuni casi gli scritti kan-
tiani tendono decisamente in questa direzione e rischiano di non rendere giustizia ai
fenomeni. La differenza tra la prospettiva kantiana e quella husserliana è stata oggetto
di diversi studi di Vittorio De Palma, il quale tende a marcare un motivo “anti-idealista”
della filosofia husserliana e a contrapporlo in modo molto netto alla filosofia kantiana:
cfr. V. DE PALMA, Il soggetto e l’esperienza. La critica di Husserl a Kant e il problema
fenomenologico del trascendentale, Quodlibet, Macerata 2001; ID., Ist Husserls Phänome-
nologie ein transzendentaler Idealismus?, in «Husserl Studies», 21, 2005, pp. 183-206.
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20 A tale riguardo, non si può che rimandare al classico E. M ARBACH, Das Problem
des Ich in der Phänomenologie Husserls, Nijhoff, Den Haag 1974. Per una “integrazione”
rispetto alle tesi ermeneutiche di Marbach, ci si permette, inoltre, di rinviare ad A.
Altobrando, Husserl e il problema della monade, Trauben, Torino 2010, Cap. II.
21 Cfr. Idee I, p. 237 [HU 3/1, p. 192]; HU 14, p. 156.
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22 Cfr. V RL, p. 145 [Hu 19/1, p. 363-364]: «L'io fenomenologicamente ridotto non
è quindi nulla di peculiare che si trovi sospeso al di sopra dei molteplici vissuti, ma si
identifica semplicemente con la loro propria unità di connessione. […] I contenuti han-
no […] i loro modi, determinati secondo leggi, di confluire insieme, di fondersi (versch-
melzen) in unità più comprensive e, nella misura in cui essi in questo modo si unificano e
formano un'unità, si è già costituito l'io fenomenologico o l'unità della coscienza, senza
che sia necessario un autonomo principio egologico, portatore di tutti i contenuti, che
li unifichi tutti». Cfr. anche D. ZAHAVI, The Three Concepts of Consciousness in Logische
Untersuchungen, in «Husserl Studies», 18/1, 2002, pp. 53-54: «[T]he relation between
a single experience and the ego could be described in terms of a part-whole relation-
ship […], the ego is not something that floats above the manifold of experiences, but is
simply identical with their unified whole. But even though the experiences are in fact
unified, this unification is not due to the synthesizing contribution of the ego. On the
contrary, such a contribution would be superfluous since the unification has already
taken place in accordance with intra-experiential laws».
23 Si veda, in particolare, il modo in cui Kant concepisce la costituzione delle gran-
dezze estensive negli Axiome der Anschauung (cfr. KrV, A 162 sgg./B 202 sgg.).
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se lasciate sussistere come continue e, allo stesso tempo, come infinitamente scompo-
nibili “in sé”, lascerebbero supporre che gli oggetti sensibili abbiano “davvero” una
potenza infinita e che, contrariamente a quanto Kant è pronto ad ammettere, l’idea di
infinito non deriva dal mondo sovrasensibile.
25 L’idea che non sia del tutto impossibile un’esperienza caotica sembra implicare,
inoltre, che l’unità dell’appercezione trascendentale è fondata nei contenuti e non vi-
ceversa. Questa idea sembra effettivamente essere stata quantomeno considerata dallo
stesso Husserl: cfr. Hu 16, p. 288 sgg. Si potrebbe immaginare una tale situazione come
uno scorrere disordinato di sensazioni senza orientamento spaziale costante, come una
sorte di vertigine totale in cui, come nota anche Sommer, oltre alla capacità di appren-
dere un “mondo”, si perderebbe anche il senso di sé (cfr. M. SOMMER, Husserl und der
frühe Positivismus, Klostermann, Frankfrut a/M 1985, p. 239 sgg. Ovviamente, una tale
ipotesi dovrebbe essere meglio approfondita di quanto sia possibile. Per un tentativo re-
cente in tal senso, cfr. M. SUMMA, Spatio-temporal Intertwining. Husserl’s Transcendental
Aesthetic, Springer, Heidelberg 2014, pp. 67-77. La prospettiva di Summa è, tuttavia,
non necessariamente in accordo con la prospettiva che qui si è provata a delineare.
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