Mario Smargiassi
in maniera mai definitiva e sempre rivedibile nei singoli casi, si tratta tuttavia di una
relativit essenziale: Il fatto che gli altri si costituiscano in me come altri l'unico
modo possibile in cui essi possono avere per me senso e valore di essere nelle loro
determinazioni. Poich gli altri hanno un tal senso in virt delle risorse di una costante
verificazione, anche vero che sono, questo io non posso non ammetterlo; per essi
sono pur esclusivamente in quel senso in cui sono costituiti (MC, 147). Solo in quanto
fallibile e finita (ed, entro questi limiti, legittima e fondata) la Fremderfahrung
possibile, l'essere estraneo, l'altro mi dato in questo modo e non pu darsi
altrimenti, per il suo stesso senso.[17] L'assunzione del solipsismo come vuota
possibilit, cui l'esperienza attuale non pu assegnare alcun peso, restituisce tutto il
valore della presenza effettiva degli altri nel contenuto della mia vita soggettiva; perci
l'ipotesi del solus ipse, in Husserl, ci appare s giustificata, ma anche depotenziata, cio
privata di quei risvolti scettici imbarazzanti che tradizionalmente le si associano e che,
in realt, tradiscono un'ingenua naturalizzazione della soggettivit.
Un altro aspetto della questione ha un carattere pi marcatamente metodologico ed
di gran lunga quello pi importante nella fenomenologia husserliana: quando infatti
Husserl parla di solipsismo trascendentale si riferisce sempre ad un momento
interno del metodo fenomenologico, che suscita questa apparenza in modo
necessario. In parole diverse, il nucleo autentico del solipsismo trascendentale non
riguarda tanto la possibilit teorica che il soggetto autoconsiderantesi sia solo
(possibilit che comunque Husserl riconosce fondata ed anche filosoficamente
significativa), quanto la determinazione di rapporti strutturali interni tra le sfere in cui
si articola il terreno complessivo dell'esperienza fenomenologico-trascendentale. Se
la riduzione fenomenologica, com' noto, mi lega indissolubilmente al flusso dei miei
vissuti, come originaria dimensione di evidenza cui non possibile sottrarsi senza
ricadere in forme insostenibili di dualismo gnoseologico, pu sembrare che il suo
primo ed unico oggetto sia il mio io, l'io trascendentale del filosofo e che solo questo
pu essere il suo oggetto (MC, 61). A questo punto, l'obiezione solipsistica che
potrebbe essere mossa alla fenomenologia trascendentale assume contorni pi chiari e
pertinenti, poich non ha di mira il problema fattuale dell'esistenza di altri uomini,
diversi da me, bens, fondamentalmente, l'estensione o la portata del campo
fenomenologico-trascendentale, le possibilit e i limiti di una filosofia che
consapevolmente si presenta come egologia, avendo nell'io il suo terreno nativo:
Se io che medito, mi riduco, mediante l'epoch fenomenologica, al mio assoluto ego
trascendentale, non sono allora divenuto il solus ipse e non rimango tale, fin tanto che
sotto il titolo fenomenologia, svolgo un'autoesplicazione conseguente? E la
fenomenologia, che voleva risolvere i problemi dell'essere oggettivo e darsi gi come
filosofia, non sarebbe allora da stigmatizzare come solipsismo trascendentale? (MC,
113). Solipsismo trascendentale, in tale ottica, vorrebbe significare che una
trattazione del problema dell'intersoggettivit all'altezza dei suoi nodi concettuali pi
importanti e delle sue articolazioni specifiche non sia possibile, per principio, entro un
quadro egologico, quale dichiaratamente quello della fenomenologia husserliana.
[18] Se questa obiezione fosse fondata, se cio l'intersoggettivit costituisse realmente
il punto debole della metodologia trascendentale fenomenologica, vi sarebbero
certamente seri dubbi sulla capacit di quest'ultima di dar vita, come auspica Husserl,
ad un programma filosofico integrale, in s compiuto, non bisognoso di apporti o
integrazioni dall'esterno (Idee, 917).
Comunque possano stare le cose in proposito, va detto che Husserl ha concentrato la
massima attenzione sul tema cruciale del passaggio da una fenomenologia
che potrebbe essere diversa da quella che . Il prefisso ur- sta ad indicare, nel fatto, un
diritto, nel dato ontologico, una struttura originaria o condizione di senso. Anche se
Husserl, non senza qualche ironia, parla di oscurit, non sarebbe inopportuno
aggiungere che siamo comunque in presenza di una fattualit elementare: il mondo
per tutti, il mondo oggettivo e intersoggettivo, tale innanzitutto per me, e non
potrebbe essere altrimenti. Ovviet? Certo la fenomenologia , per molti versi, una
filosofia dell'ovvio, del dato, di ci che gi sempre qui, alla nostra portata; solo
che, in quanto filosofia, non si limita a ripeterlo cos com', ma deve trarne
implicazioni rilevanti, attraverso una chiarificazione radicale del suo senso.[21] Ed
ecco che, problematizzata, l'ovviet si trasforma in tema autonomo, in campo di
lavoro, e pu cos rivelare, contrariamente alle attese, una struttura ricca e
differenziata, con una serie di conseguenze interessanti sul piano filosofico pi
generale. proprio la mancata chiarificazione di questo dato di fatto primario che
genera l'apparenza del solipsismo e rende enigmatico il rapporto tra egologia e
intersoggettivit, nella fenomenologia trascendentale.[22] Scrive Husserl: La
soluzione di questo enigma sta nello svolgimento sistematico della problematica
costitutiva, che giace nel dato di fatto della coscienza del mondo che sempre esiste per
me, che sempre ha senso per me, e lo conferma a partire dalla mia esperienza, e poi
nelle indicazioni che procedono conformemente alla graduazione sistematica.
Prenderle in considerazione non significa e non pu significare altro che dischiudere
realmente le attualit e potenzialit (o abitualit) della vita racchiuse in questo stesso
dato di fatto della coscienza, nelle quali si costruito e continua a costruirsi
immanentemente il senso del mondo. Il mondo dato a noi costantemente, ma in
primo luogo dato a me. Ed a me dato anche il fatto che il mondo dato a noi, e ci
dato come uno e come lo stesso (LFT, 299).
licet, la sospensione della validit ingenua degli altri soggetti, che precede l'analisi
costitutiva e la rende possibile; se infatti l'alter ego fosse presupposto all'analisi
fenomenologico-trascendentale volta a rivelarne il senso, si avrebbe chiaramente un
circolo in luogo di un procedimento fondativo, e dunque, ancor prima di intraprendere
l'analisi, va precisato con estremo rigore che il senso dell'altro (o degli altri)
dovr essere esplicitato interamente all'interno della considerazione fenomenologica,
cio puramente in quanto fenomeno. Ma allora, in quanto fenomeno, ovvero
come tema e problema della fenomenologia, l'altro pienamente incluso nella sfera
trascendentale e ad esserne propriamente escluso solo il presupposto dell'alterit.
[27]
mio mondo primordiale, un corpo fisico si presenta come simile al mio corpo organico.
Come nel caso del ricordo, anche per l'empatia la percezione gioca dunque un ruolo
fondamentale: se, come abbiamo appurato, dell'altro non si d propriamente
percezione, anche vero che senza uno strato di Krperlichkeit, di percepibilit
corporea che funga da fondamento per l'apprensione di una seconda Leiblichkeit,
l'altro non sarebbe esperibile nemmeno come soggetto, persona, spirito.[49]
Ora, il nucleo di questa intuizione di somiglianza che dovrebbe tradursi in esperienza
di una soggettivit estranea non riguarda soltanto il corpo in quanto corpo percepito,
ma anche in quanto corpo mobile. in relazione al movimento corporeo, alla
percezione come attivit corporea che si definiscono le coordinate elementari della
Fremderfahrung, nonch la stessa possibilit di articolare una pluralit di prospettive
da cui guardare al mondo esterno. Scrive infatti Husserl: Il mio corpo fisico, in
quanto riferito a se stesso, ha i suoi modi di datit del qui centrale; ogni altro corpo,
compreso il corpo dell'altro ha il modo del l. Questa orientazione verso l sottost
alla libera variazione in virt delle mie cinestesi. In tal modo, nella mia sfera
primordiale costituita l'unica natura spaziale attraverso il mutamento delle
orientazioni; questa costituzione ha anzi luogo in quanto la natura riferita
intenzionalmente alla mia corporeit fungente percettivamente (MC, 136) .[50] La
variabilit della posizione del mio corpo, per cui sono in grado di muovermi
liberamente nello spazio, tra le cose, fa s che ogni qui possa mutarsi in un l, il
vicino in lontano e viceversa; ma in questa universale fluidit dei riferimenti
spaziali-percettivi il mio corpo mantiene sempre la funzione del qui, di un qui,
precisamente, che pu dirsi assoluto, nella misura in cui non posso allontanarmi dal
mio corpo e vederlo, per cos dire, dall'esterno (Idee, 552). Il tema fenomenologico
della cinestesi di estremo interesse non solo perch ci permette di caratterizzare,
strutturalmente, la coscienza trascendentale di percezione come coscienza corporea,
approdando cos ad una sorta di concretizzazione del trascendentale stesso,[51] ma
anche perch, come vedremo, i limiti della sfera primordiale e della costituzione
solipsistica della cosa spaziale vi sono strettamente implicati. Ad ogni modo, per
Husserl, la Paarung dei due corpi (del mio corpo e di quello che si dir, poi, il corpo
dell'altro) nel campo percettivo primordiale induce in me un'appresentazione, di tipo
analogico, dei vissuti che potrei avere se mi trovassi l, se fossi al posto del corpo
organico estraneo che ho di fronte, se potessi osservare il mio corpo da una posizione
diversa da quella che attualmente occupo; ma, ed qui che si concentra il paradosso
della Fremderfahrung come intersoggettivit incarnata, ci impossibile proprio
nella misura in cui io sono qui, inseparabile dal punto zero dell'orientamento
costituito per me, necessariamente, dal mio corpo proprio (Ibidem). Se non avessi
alcuna cognizione del mio corpo in quanto liberamente mobile, organo della volont
del soggetto, non potrei comprendere il senso da attribuire alla prospetticit delle cose
nello spazio, ma senza questa comprensione preliminare non potrei nemmeno pensare
come modificabile la mia condizione di centro del mondo spazio-temporale
orientato. Di fatto, questa modificazione dell'io, che fa tutt'uno con l'esperienza di
un alter ego, espressa da Husserl con la formula, non priva di problemi, del comese-io-fossi-l[52] (Hu I, 147; MC, 137). L'altro non dunque tale solo perch i suoi
vissuti non possono essermi dati in un'esperienza originale; ci che lo rende
irriducibilmente altro, pur nella tensione dell'analogia, del come me, della
soggettivit, proprio il suo originario situarsi in un contesto che, per principio,
non pu essere il mio:[53] semplicemente un'altra monade, un'altra prospettiva sul
mondo. L'altro appercepito in appresentazione come io di un mondo primordiale,
ossia come io di una monade nella quale originariamente costituito ed esperito il suo
corpo organico nel modo del qui assoluto, anzi come centro funzionale del dominio
che esso esercita. Quindi, in questa appresentazione, il corpo, che appare nella mia
sfera monadica nel modo del l e che viene appercepito come corpo fisico estraneo,
come corpo organico dell'alter ego, costituisce l'indizio dello stesso corpo, ma nel
modo del qui come lo esperisce l'altro nella sua sfera monadica (MC, 137).
Il problema di fondo che Husserl cerca di dominare e risolvere nella sua dottrina
trascendentale dell'Einfhlung quello dell'attribuzione, al corpo organico estraneo,
di vissuti propri, anzi di un'intera sfera di interiorit, come vita percettiva, psichica,
personale, ed infine, nella sua concretezza, trascendentale. Ci dovr avvenire per
gradi, ma chiaro come in primo piano sia da porre la capacit espressiva del corpo;
se ci che dell'altro percepisco originalmente il suo corpo, nondimeno nell'approccio
empatico contestualmente posta (mitgesetzt) un'interiorit molteplice che procede
sviluppandosi in maniera tipica; essa dal canto suo richiede poi una corrispondente
esteriorit (Hu XIV, 249). Il primo contenuto determinato della Fremderfahrung
ovviamente l'intellezione della corporeit organica dell'altro e degli specifici modi di
comportamento che la caratterizzano fenomenicamente: la comprensione del corpo
altrui come centro di sensazioni e latore di liberi movimenti, la differenziazione di
campi sensibili pi o meno coordinati tra loro (esperienza visiva, tattile, acustica), le
molteplici dinamiche espressive (nel volto, nella gestualit) cui si associa
naturalmente un particolare stato d'animo, che pu essere di gioia, dolore, ecc. A
partire da questo livello, si costituiscono poi gli eventi psichici superiori, nonch, su
un piano ancora pi complesso, le dimensioni della personalit e dello spirito.[54]
Ognuna di queste forme della Fremderfahrung ha i suoi modi di riempimento, di
conferma, di determinazione ulteriore, ma anche i modi correlativi della negazione,
della delusione dell'intenzionalit, talora della cancellazione di ci che in
precedenza si dava come evidente, come realt in carne ed ossa.
Per Husserl, tuttavia, il pi originario fondamento fenomenologico di ogni formazione
di senso intersoggettiva che possa costituirsi nella mia coscienza trascendentale,
l'apprensione del corpo dell'altro come Leib, nella Paarung (MC, 140). L'intercorporeit la prima forma di comunit tra i soggetti, il corpo organico dell'alter
ego il primo oggetto intersoggettivo: esso dato, per me, come corpo di cui l'altro
ha esperienza per s, in originale.[55] La prima comprensione di un corpo estraneo
come corpo organico il primo passo, il pi elementare, dell'oggettivazione e
costituisce il primo oggetto, chiaramente ancora incompleto, identificato
intersoggettivamente nelle esperienze di soggetti diversi. Solo con ci si realizza la
prima oggettivazione [intersoggettiva] del mondo ambiente fisico (Hu XIV, 110) .[56]
Il corpo dell'altro , funzionalmente, il ponte che collega la mia sfera primordiale ad
un'altra sfera, anch'essa primordiale, appartentiva, il cui possessore per un
ego estraneo; la ricognizione di una soggettivit incarnata, nella forma intuitiva
caratteristica dell'Einfhlung, apre il primo spiraglio sull'intersoggettivit,[57]
rivelando al contempo l'oggettivit nel suo senso pregnante, cio come
esperibilit non solo per me, ma anche per l'altro. Si cos realizzata, in certo modo,
una dissociazione del reale dal mio flusso di coscienza, nella misura in cui il
significato dell'oggetto esperito non dipende pi strettamente dal fatto che ad esperirlo
sia io, come di necessit accadeva nel quadro solipsistico della riduzione primordiale.
L'oggetto diventa perci una struttura di universale referenza ed accessibilit, la
cosa (in primo luogo la cosa percepita) il polo noematico di una soggettivit
plurale, che all'inizio include me stesso e l'alter ego, ma in linea di principio, e
attraverso passaggi continui lungo l'asse della Konstitutionstheorie, implica la totalit
dei soggetti esperienti, reali o possibili; infatti, la relazione duale presa qui in esame
(Husserl la designa anche come relazione io-tu) solo la cellula originaria del
mondo intersoggettivo, essa stessa un'astrazione, una situazione descrittiva
semplificata, che prelude all'analisi delle pi complesse e generalizzate strutture
dell'esperienza comunitaria, della socialit.[58]
In particolare, Husserl rileva come l'alter ego sia da me esperito non solo come
soggetto di un mondo primordiale, bens, in virt della propria corporeit, come
soggetto dello stesso mondo di cui ho, attualmente, esperienza; in altre parole, se gli
altri sono realiter separati dalla mia monade, in quanto nessun legame reale porta dai
loro momenti di coscienza ai miei (MC, 147), e il termine monade vuole appunto
sottolineare questa separazione reale dei due flussi di coscienza, rimane il fatto che
le monadi sono intenzionalmente aperte l'una all'altra, attraverso l'empatia, e riferite
ad un mondo comune. Scrive Husserl: V', tra un essere e l'altro, una comunit
intenzionale, un legame che per principio ha carattere tutto proprio, una comunit
effettiva, quella che rende trascendentalmente possibile l'essere di un mondo, mondo
di uomini e di cose (Ibidem). L'io e gli altri (le monadi) non corrispondono ad
universi chiusi, autoreferenziali, che in virt di un nesso estrinseco od armonia
prestabilita entrino in qualche maniera in contatto, giungendo al riconoscimento
reciproco;[59] proprio perch le monadi husserliane, a differenza di quelle leibniziane,
hanno infinite finestre (unendlich viele Fenster), in quanto ogni percezione
comprensiva di un corpo organico estraneo una tale finestra (jede verstndnisvolle
Wahrnehmung eines fremden Leibes ist solch ein Fenster) (Hu XIII, 473), la
condizione comunicativa originaria, la possibilit per i singoli flussi di coscienza di
sintonizzarsi l'uno con l'altro garantita dalla loro dinamica interna, dal loro stesso
carattere prospettico, finito, relazionale.[60] Allora, la costituzione di un unico,
accomunante orizzonte di esperienza non poggia sul presupposto dell'attivit divina
che correla dall'esterno i differenti universi monadici, ma si svolge interamente nel
quadro delle capacit operative della monade: l'unit ed unicit del mondo come
mondo dell'esperienza richiesta dalla stessa trama intenzionale, percettiva, corporea
e temporale che rende concreta la vita del soggetto (Hu XIV, 91-sgg.). Si pu dunque
dire che in ogni monade (trascendentale) sono implicate tutte le altre, esse si
rispecchiano nell'unit del mondo, pur restando, per altro verso, assolutamente
separate: L'esistenza di ogni monade implicata in ogni altra (Die Existenz jeder
Monade ist in jeder impliziert). Ognuna nella sua coscienza ha costituito lo stesso
mondo, implicitamente in ognuna incluso tutto l'essente e trascendentalmente la
totalit delle monadi e tutto ci che si costituisce nei singoli e nella comunit. D'altra
parte, le monadi sono assolutamente separate (absolut getrennt) [...], esse coesistono
nel tempo totale monadico (Hu XV, 377) .[61]
Se dunque la fenomenologia muove metodicamente i suoi primi passi nell'ambito del
solipsismo trascendentale (come abbiamo visto nelle Meditazioni cartesiane), e se
questa scelta indubbiamente rischiosa non poteva non attirare ombre sull'immagine
complessiva del pensiero husserliano, altrettanto chiaro come l'intersoggettivit
venga poi ad occupare una posizione del tutto preminente, ridisegnandosi in termini
di categoria ultimativamente esplicativa e fondante della fenomenologia
trascendentale. Molti passaggi testuali sono al riguardo di grande interesse,
addirittura sorprendenti, e ci obbligano almeno a rivedere alcune delle
interpretazioni pi tradizionali (e meno favorevoli) del trascendentalismo di Husserl.
Ad esempio, tra i testi integrativi delle lezioni sulla Psicologia fenomenologica si
trovano affermazioni assai nitide e nette come le seguenti: La soggettivit
trascendentale pienamente concreta al proprio interno la totalit -trascendentalmente unica e solo in questo modo concreta -- della comunit aperta dei
soggetti. L'intersoggettivit trascendentale il terreno ontologico assoluto, l'unico
terreno autosufficiente (der allein eigenstndige Seinsboden), dal quale ogni
oggettivit -- la totalit dell'essente realmente oggettivo, ma anche ogni mondo ideale
oggettivo -- riceve il suo senso e la sua validit (Hu IX, 344); La totalit mondana
riconosciuta dalla conoscenza trascendentale come un determinato prodotto
costitutivo dell'intersoggettivit trascendentale (Hu IX, 474). Nella Crisi delle scienze
europee si legge altres che solo nell'intersoggettivit la soggettivit fenomenologica
quello che , ovvero un io costitutivamente fungente (Hu VI, 175). La monade,
assunta come solus ipse trascendentale, come soggetto della sfera primordiale, non
pu essere concreta; non solo, ma non pu neppure essere, in senso proprio,
costitutiva del mondo come orizzonte universale dell'essente, il che significa che il
mondo solipsisticamente ridotto non realmente, e a tutti gli effetti, un mondo,
perch quest'ultimo sembrerebbe implicare sempre, quanto al senso,
l'intersoggettivit trascendentale. Nota in proposito Husserl: Ora si dir: se il mondo
solo il polo sistematico (Polsystem) dell'intenzionalit immanente della cosiddetta
esperienza oggettiva, se dunque immanente in me, [...] io sono solus ipse. La risposta
suona: il mondo unit delle mie esperienze, ma non soltanto delle mie (naturalmente
esperienze reali e possibili), bens , per il suo stesso senso, unit di esperienza
intersoggettiva (ihrem eigenen Wesen nach Einheit intersubjektiver Erfahrung) (Hu
XIV, 350). In altre parole, l'intersoggettivit la stessa soggettivit trascendentale:[62]
ci che si fissa, provvisoriamente, come io puro, coscienza trascendentale al
primo livello della riflessione fenomenologica, deve necessariamente inserirsi nella
rete semantico-ontologica dell'intersoggettivit, da cui soltanto pu acquisire unit e
concretezza. La fenomenologia sfocia cos, senza poter rinunciare al piano
egologico, ma integrandolo e concretizzandolo attraverso la fondamentale nozione
di comunit trascendentale dei soggetti, in una rinnovata monadologia (Hu VIII,
190) .[63]
Non possiamo ovviamente seguire nel dettaglio analitico questo progressivo
articolarsi, estendersi ed approfondirsi della sfera fenomenologico-trascendentale dal
mondo cosiddetto primordiale, solipsistico, al mondo concretamente oggettivo,
come tale accessibile a tutti, nella sua ricchissima compagine di senso. Nel paragrafo
conclusivo delle Meditazioni cartesiane, Husserl disegna le linee programmatiche di
una nuova filosofia prima, che dovrebbe non solo fornire i fondamenti di tutte le forme
possibili di comunit tra i soggetti, ma addirittura una teoria generale dell'essere
possibile, una vera e propria ontologia universale: tutti i problemi della metafisica
tradizionale vi troverebbero posto e guadagnerebbero la loro dimensione filosofica pi
profonda (MC, 170-171). Quest'universale ontologia concreta [...] sarebbe quindi
l'universo in s primo della scienza con fondazione assoluta. Nell'ordine, la prima
delle discipline filosofiche sarebbe l'egologia delimitata solipsisticamente, la scienza
dell'ego ridotto in maniera primordiale; come seconda verrebbe poi la fenomenologia
intersoggettiva fondata sulla egologia; quest'ultima tratta dapprima le questioni
universali per ramificarsi dopo in varie scienze a priori speciali (MC, 170).
Ritroviamo quindi la connessione fondativa pi volte messa in luce: la fenomenologia
egologica fonda la fenomenologia intersoggettiva, nel senso che la delimitazione
solipsistica dell'io deve precedere l'analisi fenomenologico-trascendentale
dell'intersoggettivit (altrimenti quest'ultima rimane puramente presupposta);
d'altra parte, pur avendo ben presente il significato metodologico del primato
dell'egologia, non facile capire come esso possa conciliarsi con le affermazioni
base della somiglianza con il mio corpo; ovviamente, non si tratta di un trasferimento
immediato e diretto (in quel caso non potrei comprendere l'altro come tale), bens di
una presentificazione di vissuti che rimangono, per il loro stesso senso,
originalmente irraggiungibili. In termini diversi, e forse un po'pi chiari, l'alter ego
costituito tramite l'Einfhlung, un ego in quanto possiede le mie stesse strutture
cognitive, aperto alla stessa realt (il mondo) di cui ho esperienza diretta, ma
anche irriducibilmente alter in quanto la prospettiva di approccio al mondo
assolutamente singolare e inconfondibile (monadica, in questo senso preciso). Ora,
il punto che occorre discutere qui, con maggiore approfondimento, non tanto
l'impressione di circolarit cui non agevole sottrarsi seguendo l'analisi husserliana
della Fremderfahrung nelle Meditazioni cartesiane,[66] quanto ci che,
presumibilmente, sta alla radice di tale impressione, ovvero la patente difficolt di
tener fermo fino in fondo al concetto di riduzione primordiale e a quello,
strettamente connesso, di costituzione solipsistica del reale. Ma se una riduzione
primordiale, cos come Husserl la concepisce, risultasse ineseguibile per interne
ragioni fenomenologiche, non ne deriverebbe automaticamente il crollo delle tesi pi
significative di Husserl sull'intersoggettivit trascendentale (come talvolta si
ritenuto), e ci sostanzialmente per due motivi: 1) Non sempre Husserl ha considerato
indispensabile il ricorso preliminare alla riduzione primordiale per tematizzare
l'intersoggettivit (tra gli inediti husserliani raccolti in Hu XIII-XIV-XV, vi sono
numerose, importanti linee di ricerca che prescindono del tutto dall'ipotesi solipsistica
ed affrontano le tematiche intersoggettive entrando, per cos dire, in medias res);[67]
2) Il fatto che Husserl abbia in certi casi sopravvalutato, in sede metodologica, le
possibilit effettive di attingere una sfera di radicale propriet del soggetto, non
vuol dire che questa schematizzazione sia inservibile, semmai si tratter di precisarne
pi attentamente i limiti (anche sotto questo riguardo, dallo stesso Husserl, e non
solo dai fenomenologi post-husserliani, che ci vengono preziose indicazioni per una
qualche correzione della linea teorica sviluppata nelle Meditazioni).[68]
Come abbiamo visto, l'obiettivo della riduzione primordiale l'individuazione di una
sfera di esperienza fenomenologica cos privata, cos radicalmente propria da
escludere, per il suo costituirsi, ogni rimando, esplicito o implicito, ad altri soggetti,
reali o possibili. Il solus ipse trascendentale il soggetto di questa sfera, un soggetto
che non risulta pi immerso in alcuna atmosfera intersoggettiva e tuttavia continua a
fare esperienza di un mondo e di cose, nel proprio flusso di coscienza, senza che
questa messa fuori causa del concetto dell'alterit abbia provocato il cortocircuito
dell'attivit intenzionale e, con ci, reso impossibile ogni donazione di senso. Ci che
Husserl, nella V Meditazione, chiama mondo primordiale corrisponde a quello
strato di esperienza pura (reine Erfahrung) che dovrebbe precedere -- certo non nel
tempo, ma nella connessione dei fondamenti -- l'esperienza fenomenologicotrascendentale nel senso pi ampio e concreto, che include necessariamente
l'intersoggettivit. In un testo del 1930, dove si prende in esame l'interna
stratificazione del campo trascendentale, si afferma chiaramente questa
corrispondenza di piani: In quanto ora si mostra che il mondo ha un nucleo di senso
(Sinneskern) che esperienza pura, cio non presuppone alcuna esperienza
dell'estraneo (nmlich keine Fremderfahrung voraussetzt), abbiamo perci operato la
riduzione alla primordialit trascendentale (Hu XV, 110). L'esperienza pura, per
Husserl, dunque un'esperienza non ancora intersoggettiva, in nessun senso
pensabile, proprio perch la categoria dell'intersoggettivit non vi ha ancora
impresso, per cos dire, le sue pieghe, non vi ha fatto valere la sua opera costitutiva:
un'esperienza che, beninteso, non nulla di naturale, di reale, e tuttavia
fronte; tuttavia, non meno evidente che ci che mi realmente dato, in carne ed
ossa, solo un lato dell'oggetto, precisamente il suo lato anteriore (SP, 34). Se vero
che la percezione intenziona sempre l'oggetto intero, in concreto quest'ultimo pu
esserle dato solo prospetticamente, sotto un aspetto peculiare; per Husserl,
l'apparente paradosso si stempera assumendo il carattere misto del percepire (la
percezione , come tale, un intreccio di datit originale e intenzione vuota) e
rilevandone la costituzione processuale e temporale. Il senso del lato propriamente
percepito determinato dalla sua relazione con i lati non percepiti e nessuna
percezione sarebbe possibile senza questo riferimento intenzionale; in termini pi
tecnici, si pu parlare di una intenzionalit di orizzonte che, nella coscienza di
percezione, rimanda ad aspetti dell'oggetto non attualmente percepiti, ma percepibili;
l'esperienza percettiva non infatti un evento istantaneo, ma un processo.
L'apprensione di un orizzonte della percezione presuppone naturalmente le estasi
della coscienza interna del tempo, attraverso le quali il presente dell'impressione
originaria si apre protenzionalmente al futuro trattenendo ritenzionalmente il passato;
[76] la sintesi temporale non ci dice per ancora nulla sui tratti contenutistici del
percepire ed qui che una caratterizzazione soggettivistica dell'orizzonte
intenzionale darebbe luogo ad un fraintendimento: L'orizzonte intenzionale non pu
infatti essere riempito a piacere; si tratta di un orizzonte di coscienza che ha esso
stesso il carattere fondamentale della coscienza in quanto coscienza di qualcosa.
Questo alone di coscienza ha il suo senso, nonostante la sua vuotezza, nella forma di
una predelineazione (Vorzeichnung) che prescrive il passaggio a nuove manifestazioni
attualizzanti (Hu XI, 6; SP, 36). L'orizzonte manifesta dunque una piega
intrinsecamente oggettiva (pur nella cornice della coscienza trascendentale, che
chiaramente nell'ottica husserliana non viene mai meno), la cosa stessa, e non il
soggetto, ad indicare in maniera vuota, ma determinabile, le possibili direzioni del
decorso percettivo, sotto forma di un tacito sistema di rimandi che pu essere, di volta
in volta, attualizzato. Scrive Husserl: Ogni percezione [...] rinvia in se stessa ad
una continuit, a molteplici continua di nuove, possibili percezioni nelle quali un
medesimo oggetto si mostrerebbe da sempre nuovi lati. Ci che viene percepito, nei
modi di manifestazione che gli sono propri, ci che in ogni momento del percepire:
un sistema di rimandi con un nucleo fenomenico nel quale quei rimandi trovano il
loro sostegno. Ed in questi rimandi come se l'oggetto ci dicesse: qui c' ancora
qualcos'altro da vedere, girami da tutti i lati, percorrimi con lo sguardo, vienimi pi
vicino, aprimi, frazionami. Getta sempre nuovi sguardi d'insieme e compi rotazioni da
ogni lato. Cos mi conoscerai in tutto ci che sono, nella totalit delle mie propriet di
superficie, delle mie interne propriet sensibili, ecc. (SP, 35). Se dunque la datit
della cosa di per s orizzontale, intessuta di rimandi intenzionali che
corrispondono ad altre possibili percezioni, e se, come ritiene Husserl, nessuna serie
percettiva pu esaurire il senso dell'oggetto, essendo virtualmente infinite le
prospettive da cui si pu guardarlo, occorre riconoscere che l'inadeguatezza della
percezione esterna non un limite della nostra facolt gnoseologica, ma il modo di
darsi prospettico, finito della cosa stessa.[77] D'altra parte, il percepire non deve
neppure essere confuso con un mero fissare l'oggetto, completamente passivo,
poich proprio il carattere di prospetticit della cosa spaziale, che abbiamo appena
sottolineato, conduce ad assegnare un ruolo costitutivo alla mia spontaneit
cinestetica; come struttura originaria della prassi, il movimento del corpo mi permette
di cogliere l'oggetto da prospettive diverse, di girargli attorno per determinarne meglio
le caratteristiche, di identificarlo come entit stabile ed accessibile anche quando
scompare dal mio campo di percezione. Pertanto, il sistema delle mie libere
alcun titolo ed proprio questa tesi, apparentemente persuasiva, che Husserl articola
con l'esperimento metodologico della riduzione primordiale.
La tesi della riducibilit degli aspetti non percepiti della cosa ad un puro campo di
possibilit proprie viene tuttavia a collidere con un dato fenomenologico elementare,
sul quale occorre fermare l'attenzione: il lato anteriore dell'oggetto (quello che ora
realmente percepisco) non tale in relazione ad un lato posteriore passato o futuro,
bens in relazione ad un lato posteriore co-presente (mitgegenwrtig) (Hu I, 139). Pi
precisamente, in ogni istante del processo percettivo la coscienza intenziona una
molteplicit di aspetti co-esistenti dello stesso oggetto. Come stato fatto notare, la
mera correlazione dell'orizzonte con le percezioni passate o future non mi darebbe
propriamente un lato posteriore, ma un altro lato anteriore:[81] avremmo
paradossalmente una serie di lati anteriori in concorrenza tra loro, un disgregarsi
dell'unit della cosa nelle sue manifestazioni singolari In realt, l'intenzionalit
donatrice di senso non diretta solo sulla mia possibilit di percezione (passata o
futura), ma innanzitutto sulla mia impossibilit di percezione attuale: questa
impossibilit che mi fa cogliere il lato posteriore di un oggetto come tale. La
modalit temporale decisiva: il lato posteriore tale non perch posso percepirlo in
futuro o averlo percepito in passato, bens posso percepirlo in futuro o averlo
percepito in passato perch al presente non posso percepirlo, non una mia
possibilit di percezione. La possibilit di percezione aperta nella direzione del
futuro e del passato solo in quanto essa per me strutturalmente chiusa riguardo al
presente, all'ora. Naturalmente, per avere un referto fenomenologico completo della
nozione di lato posteriore occorre saldare strettamente la temporalit alla
corporeit, la dimensione ritenzionale e protenzionale del flusso di coscienza alla
struttura cinestetica dell'io concreto. Come soggettivit incarnata, occupo sempre una
posizione determinata nello spazio; certo posso modificare cinesteticamente questa
posizione, disvelare il lato dell'oggetto che non vedevo, ma questo lato non creato
dal mio movimento corporeo, esso esisteva gi prima di percepirlo. Tuttavia, prima di
percepirlo realmente, mi era gi noto come percepibile. Non solo percepibile da me in
un'esperienza successiva, ma percepibile da un altro soggetto in un'esperienza attuale.
Ora, non posso percepire il lato posteriore dell'oggetto, ma potrebbe farlo un altro.
Scrive Husserl: La manifestazione che io ho dal mio punto di vista (posizione del
mio corpo nell'ora), non posso averla da un altro punto di vista, con il mutamento del
punto di vista si modifica necessariamente la manifestazione, e le manifestazioni sono
evidentemente incompatibili (unvertrglich). Io posso avere la manifestazione
incompatibile in un altro momento, se io assumo un'altra posizione nello spazio. E allo
stesso modo un altro, che proprio ora si trova in una posizione diversa, pu avere
ora quella manifestazione (Und ebenso kann ein Anderer" dieselbe Erscheinung jetzt
haben, der eben jetzt an einem anderen Orte ist) (Hu XIII, 2-3).
In che modo questo testo husserliano del 1908 pu fungere da contro-argomentazione
rispetto alla strategia perseguita da Husserl nelle Meditazioni cartesiane e volta a
determinare, entro rigorosi confini, una sfera di esperienza primordiale? L'interesse
principale del testo consiste nel fatto che l'altro (o meglio il senso dell'altro) si rivela
non al termine di una complessa operazione di isolamento dell'io nella purezza della
sua natura appartentiva, e neppure nell'esperienza empatica di un corpo organico
estraneo, bens come ingrediente necessario (se cos ci si pu esprimere) della stessa
percezione cosale. L'alterit si affaccia esplicitando il contesto strutturale di ogni
datit percettiva, la relazione costitutiva che lega il carattere prospettico della
manifestazione dell'oggetto alla mia situazione incarnata e all'orizzonte cinestetico-
allora chiaro come una possibile soluzione dell'aporia debba passare per il
riconoscimento del carattere strettamente funzionale (non sostanziale) del
trascendentale fenomenologico; il problema della costituzione dell'intersoggettivit
non infatti univocamente definito, ma si scinde necessariamente nei due problemi
fondamentali -- correlati, ma ben distinti -- dell'apriori intersoggettivo e della
(inter) soggettivit trascendentale concreta. Con apriori intersoggettivo (in senso
eminente) vogliamo designare qui la nozione di intersoggettivit aperta, che
rappresenta il livello costitutivo pi originario e formale della soggettivit
fenomenologica in quanto essa , e non pu non essere, intenzionalit, esperienza-delmondo (in tutta la ricchezza delle sue possibilit operative e manifestative); come si
visto, questo livello costitutivo non riguarda unicamente la relazione intersoggettiva
nel suo significato pi comune, ma fonda la stessa possibilit di configurare un
soggetto solo: ancor prima di sapere se degli altri esistano, se ne avr mai
realmente esperienza, il fenomenologo pu afferrare in evidenza il nesso che lega
l'unit del mondo alla pluralit aperta dei soggetti costituenti, riconoscendo quindi che
il senso della soggettivit l'intersoggettivit, l'essere-nel-mondo , alla radice, esserecon-altri (certo in un significato diverso da quello heideggeriano).[110] Un tratto
notevole di questa deduzione fenomenologico-trascendentale dell'intersoggettivit,
rispetto ad analoghi argomenti diretti a stabilire un primato del noi sull'io, sta
proprio nell'aver portato a dissoluzione interna l'ipotesi del solipsismo assoluto:
quest'ultima viene assunta come ipotesi seria, con cui vale la pena di misurarsi a fondo
nella discussione filosofica, e dalle difficolt insuperabili che si oppongono ad una
coerente esecuzione della riduzione primordiale emerge pi nettamente
l'impossibilit di costituire un mondo privato, al di fuori della rete semantica tessuta
dall'apriori intersoggettivo.
Naturalmente, parlare di apriori intersoggettivo come struttura necessaria
dell'esperienza del mondo non significa affermare che l'esistenza degli altri soggetti sia
in qualche modo deducibile da questa struttura; tra l'intersoggettivit aperta e la
realt effettiva degli altri c' uno scarto che non pu essere colmato se non
dall'esperienza (nella sua concretezza, la Fremderfahrung un'esperienza sensata,
motivata, ma essenzialmente fallibile, incapace di esibire certezze assolute). Di per s,
l'apriori intersoggettivo non dice nulla sull'esistenza del mondo e di altri, tanto meno
pu darne una dimostrazione, ma, come abbiamo visto, si limita ad esprimere
formalmente, sul piano delle condizioni di possibilit, il seguente nesso
fenomenologico-trascendentale (apodittico): se esiste un mondo, un'unit
dell'esperienza possibile, l'intersoggettivit ne costituisce il senso, il tema semantico
originario. Rispetto alle forme pi classiche della filosofia trascendentale, l'originalit
e radicalit di questa prospettiva non richiede di essere ulteriormente sottolineata;
tuttavia, anche nei confronti delle nuove versioni del trascendentalismo (o posttrascendentalismo) che, sotto l'influsso di Heidegger e Wittgenstein, hanno posto in
luce il carattere strutturalmente linguistico della nostra apertura al mondo e agli altri,
articolando per certi versi un nuovo paradigma nella teoria dell'intersoggettivit,[111]
la fenomenologia husserliana presenta un'impostazione peculiare, che potremmo
definire dal basso (von unten auf):[112] la struttura intersoggettiva, pluralistica
dell'essere-nel-mondo non si manifesta chiaramente solo nell'orizzonte universale del
linguaggio, nella plasticit e inesauribilit delle forme linguistiche che tessono la
trama dei rapporti umani, ma anche nel campo dei fenomeni percettivi, nella
dimensione del sensibile, nel semplice darsi di una cosa secondo prospettive.
Parafrasando Wittgenstein, come non pu esistere un linguaggio privato, cos non pu
esistere una percezione (puramente) privata:[113] l'identit del reale
tutte le 'empatie' (indem ich abstraktiv ausscheide alle 'Einfhlungen') (Hu XV,
635).
L'astrazione solipsistica, in questo senso pi limitato, si rivela indispensabile (o,
quantomeno, utile) per identificare i fondamenti elementari della relazione
intersoggettiva, quelle funzioni intenzionali senza le quali la concreta Fremderfahrung
non sarebbe possibile e che sono sufficienti a produrla (ci significa individuare dei
nessi fondativi: ad esempio, non posso esperire un io estraneo senza percepire il suo
corpo, i suoi movimenti espressivi, ecc.). In altri termini, la distinzione tra
fenomenologia soggettiva e fenomenologia intersoggettiva conserva una sua
istanza di validit se l'intersoggettivit aperta (l'apriori intersoggettivo) trasversale
ai due piani dell'indagine trascendentale e quindi la fenomenologia dell'Einfhlung
non viene a fecondare un terreno intersoggettivamente vergine, ma ad articolare lo
spazio della concretezza comunicativa. In questa versione pi debole, l'assunzione del
solipsismo trascendentale come premessa metodologica che accompagna molte
analisi di Husserl manifesta ancora qualche innegabile elemento di interesse, da
affidare ad una nuova discussione e ad una valutazione pi serena. Raffigurare un
soggetto solo e vedere come la sua esperienza solitaria si complica, si
approfondisce, arricchendosi di nuovi volti, non ci sembra un retaggio dogmatico di
epoche passate, n il tentativo pi o meno velato di ricondurre la trascendenza
dell'altro nel perimetro dell'ego,[117] ma corrisponde pienamente allo spirito positivo e
descrittivo della migliore fenomenologia husserliana. Sul terreno fenomenologico
l'esperimento di pensiero (Denkexperiment) o la finzione (Fiktion) del solus ipse,
lungi dal gettare un'ombra scettica sull'universo intersoggettivo, si genera nella
persuasione che l'intersoggettivit costituisca il fondo intenzionale ultimo di ogni
esperienza e di ogni discorso, e che proprio questo fondo, questa perenne riserva di
senso, dobbiamo sempre di nuovo interrogare (radicalmente, criticamente), affinch
non decada ad ovviet, a concretezza muta, a linguaggio sedimentato e
inconsapevole.[118] Secondo questa chiave di lettura, l'assenza dell'alter ego da cui
muove il fenomenologo non mira tanto a garantire un nucleo di inviolabilit dell'io
puro, attuando una strategia di autoassicurazione nei confronti dell'estraneo, quanto a
far emergere la necessit della connessione intersoggettiva nella sua struttura
sistematica. L'assoluto non pensabile che pluralisticamente, come comunit
monadica trascendentale, infinita apertura dell'orizzonte ontologico: Nessun assoluto
pu sottrarsi alla coesistenza universale (Kein Absolutes kann sich der universalen
Koexistenz entziehen), un non senso (Unsinn) che qualcosa sia e non stia in
connessione con un altro essere, che esso sia solo (allein) (Hu XV, 371).
Portando il discorso alle estreme conseguenze, anche al di l delle articolazioni
esplicite della dottrina husserliana, ma in una fedelt sostanziale al suo movimento
pi profondo, si potrebbe concludere nella maniera seguente: l'intersoggettivit non
una regione del senso, il senso stesso (fuori della connessione intersoggettiva c'
unicamente l'Unsinn). Se si tratta di riempire di contenuti questo assunto generale,
attraverso situazioni esemplari ed analisi strutturali, i testi di Husserl manifestano una
ricchezza insospettata ed una notevole capacit di penetrazione teoretica, che non
teme di confrontarsi con gli aspetti pi paradossali della riflessione sulla soggettivit e
di recarli in luce, per quanto possibile.[119] La ricchezza della prospettiva
fenomenologico-trascendentale oltrepassa ampiamente le indicazioni che abbiamo
potuto dare qui; al livello costitutivo pi alto, l'intersoggettivit trascendentale
concreta si sviluppa infatti lungo le linee tracciate dalla dimensione genetica,
generativa, storica e culturale della vita soggettiva, in un continuo affinamento-
approfondimento dello sguardo che annette alla filosofia trascendentale sempre nuove
zone di interesse.[120] Molte delle critiche rivolte a Husserl a proposito del suo
idealismo trascendentale, che come tale sarebbe ancora legato ad una concezione
ego-centrica e monologica della ragione umana, hanno il torto di soffermarsi
unilateralmente sulle aporie dell'argomentare husserliano, senza dedicare altrettanta
attenzione alle sue risorse:[121] la riflessione trascendentale di Husserl, nelle difficolt
ed ambiguit che costantemente l'accompagnano e che non avrebbe senso sottacere,
presenta un carattere aperto e adattivo, una capacit di rettifica ed integrazione
teorica delle proprie tesi che origina non solo dall'attitudine (auto) critica radicale del
filosofo, ma anche dal progressivo ampliamento della prospettiva, che spesso ha
l'effetto di relativizzare (rendendole meno perentorie e pi sfumate) alcune
assunzioni iniziali. Sotto questo aspetto, una valutazione equilibrata e attendibile del
trascendentalismo fenomenologico non pu limitarsi all'esame puntuale di singole
proposizioni programmatiche, n basarsi essenzialmente su una parte (sia pure
rilevante) della produzione husserliana, ma dovr percorrere il tema della
soggettivit trascendentale in tutta la complessit del suo sviluppo.
Hu XXI
Studien zur Arithmetik und Geometrie. Texte aus dem Nachlass (1886-1901) ,
hrsg. von I. Strohmeyer, 1983.
Hu XXII
Aufstze und Rezensionen (1890-1910) , hrsg. von B. Rang, 1979.
Hu XXIII
Phantasie, Bildbewusstsein, Erinnerung. Zur Phnomenologie der
anschaulichen Vergegenwrtigung. Texte aus dem Nachlass (1898-1925) , hrsg.
von E. Marbach, 1980.
Hu XXIV
Einleitung in die Logik und Erkenntnistheorie. Vorlesungen 1906-1907, hrsg.
von U. Melle, 1984.
Hu XXV
Aufstze und Vortrge (1911-1921) , hrsg. von T. Nenon und H. R. Sepp, 1986.
Hu XXVI
Vorlesungen ber Bedeutungslehre. Sommersemester 1908, hrsg. von U.
Panzer, 1986.
Hu XXVII
Aufstze und Vortrge (1922-1937) , hrsg. von T. Nenon und H. R. Sepp, 1989.
Hu XXVIII
Vorlesungen ber Ethik und Wertlehre (1908-1914) , hrsg. von U. Melle, 1988.
Hu XXIX
Die Krisis der europischen Wissenschaften und die transzendentale
Phnomenologie. Ergnzungsband. Texte aus dem Nachlass (1934-1937) , hrsg.
von R. N. Smid, 1992.
Hu XXX
Logik und allgemeine Wissenschaftstheorie. Vorlesungen 1917/18. Mit
ergnzenden Texten aus der ersten Fassung 1910/11, hrsg. von U. Panzer, 1995.
Hu XXXI
Aktive Synthesen: Aus der Vorlesung 'Transzendentale Logik'1920/21.
Ergnzungsband zu 'Analysen zur passiven Synthesis', hrsg von R. Breeur,
2000.
Hu XXXII
Natur und Geist: Vorlesungen Sommersemester 1927, hrsg. von M. Weiler,
2001.
Hu XXXIII
Die 'Bernauer Manuskripte'ber das Zeitbewutsein (1917/18) , hrsg. von R.
Bernet und D. Lohmar, 2001.
Hu XXXIV
Zur phnomenologischen Reduktion. Texte aus dem Nachlass (1926-1935) ,
hrsg. von S. Luft, 2002.
Hu XXXV
Einleitung in die Philosophie. Vorlesungen 1922/23, hrsg. von B. Goossens,
2002.
Hu XXXVI
Transzendentaler Idealismus. Texte aus dem Nachlass (1908-1921) , hrsg. von
R. Rollinger und R. Sowa, 2003.
Hu XXXVII
Einleitung in die Ethik. Vorlesungen Sommersemester 1920 und 1924, hrsg. von
H. Peucker, 2004.
Hu XXXVIII
Wahrnehmung und Aufmerksamkeit. Texte aus dem Nachlass (1893-1912) ,
hrsg. von T. Vongehr und R. Giuliani, 2005.
Note
1. E. Husserl, Zur Phnomenologie der Intersubjektivitt I, II, III, Nijhoff, Den Haag 1973.
Di questo testo fondamentale della fenomenologia husserliana, che raccoglie scritti
sull'intersoggettivit composti da Husserl tra il 1905 e il 1936, non esiste ancora una
traduzione italiana, nemmeno parziale. Si tratta di un materiale teoreticamente molto
ricco, ma assai eterogeneo e spesso frammentario: da corsi di lezioni a progetti di
pubblicazioni, da testi per seminari o conferenze ad appunti e riflessioni solitarie che
18. Com' noto, questo atteggiamento assai critico nei confronti dell'intersoggettivit
trascendentale proviene spesso da autori di orientamento fenomenologico, che con
Husserl si sono confrontati in modo fecondo e creativo, inaugurando una nuova stagione
della fenomenologia. Abbiamo gi accennato a Schtz, il quale ritiene che il concetto
husserliano dell'io trascendentale (non diversamente da quello kantiano) sia
essenzialmente chiuso alla dimensione pluralistica del mondo sociale, nonostante tutti gli
sforzi compiuti da Husserl in tale direzione: Ci si deve seriamente chiedere se l'io
trascendentale nel concetto husserliano non sia essenzialmente ci che i grammatici latini
chiamano un singulare tantum, cio un termine che non pu essere declinato al
plurale. Inoltre, non stabilito in nessun modo se l'esistenza di altri sia davvero un
problema della sfera trascendentale, vale a dire se tra soggetti trascendentali si ponga il
problema dell'intersoggettivit [...]; o se invece intersoggettivit e socialit non
appartengano esclusivamente alla sfera mondana del nostro mondo-della-vita (A.
Schtz, Collected Papers I, Nijhoff, The Hague 1962, p. 167). Schtz dunque disposto a
seguire Husserl sul terreno delle analisi concrete della Lebenswelt, ma non su quello della
riduzione fenomenologica e della soggettivit trascendentale, poich quest'ultima sarebbe
di per s unica e indeclinabile, incapace per principio di generare quella distinzione delle
persone (io-tu-noi) che invece ci immediatamente accessibile nel mondo naturale in
cui siamo, gi da sempre, collocati. Anche Sartre, nonostante il riconoscimento del
carattere rivoluzionario della teoria dell'intenzionalit e del contributo che l'alter ego
offre alla costituzione del mondo empirico, ritiene che in ultima analisi Husserl non sia
realmente riuscito a sfuggire al solipsismo, perch di fatto la sua fenomenologia
dell'intersoggettivit non comprende la relazione con l'altro che in termini cognitivi
(lasciando fuori la dimensione ontologico-esistenziale, extramondana): Husserl si
privato di qualsiasi possibilit di comprendere ci che pu significare l'essere
extramondano d'altri, perch definisce l'essere come la semplice indicazione di una serie
infinita di operazioni da compiere. [...] Comunque, avendo ridotto l'essere ad una serie di
significazioni, il solo legame che Husserl ha potuto stabilire tra il mio essere e quello degli
altri, il legame della conoscenza; non ha saputo, quindi, sfuggire al solipsismo pi di
quanto non abbia fatto Kant (J. P. Sartre, L'Essere e il nulla, tr. it. di G. Del Bo, rev. a
cura di F. Fergnani e M. Lazzari, EST, Milano 1997, p. 280).
19. Una critica dell'idealismo trascendentale husserliano, condotta nella prospettiva di
un'ontologia realistica, si trova in R. Ingarden, On the Motives which led Husserl to
Transcendental Idealism, Nijhoff, The Hague 1975.
20. Per il ruolo che rivestono le Lezioni del 1910/11 per la metodologia fenomenologica in
tema di intersoggettivit, Problemi fondamentali della fenomenologia, cfr. la nota 47.
21. L'ovviet (Selbstverstndlichkeit) il modo di darsi del mondo nell'atteggiamento
naturale e da essa prende avvio ogni forma di interrogazione filosofico-trascendentale: Il
mondo l'unico universo di ovviet gi date. Gi in partenza il fenomenologo vive nel
paradosso di essere costretto a considerare l'ovvio come problematico ed enigmatico e,
inoltre, di non potersi proporre alcun tema scientifico se non questo: la necessit di
trasformare l'ovviet universale dell'essere del mondo -- che per lui il massimo tra gli
enigmi -- in qualcosa di comprensibile e di trasparente (Crisi, 206).
22. Dietro la spinosa questione del solus ipse trascendentale c' il fatto elementare,
filosoficamente opaco, della singolarit intrascendibile dell'io. Sul terreno
fenomenologico, l'io non pu che essere singolare, anche quando si coglie in comunit
reale con altri uomini. Singolare anche, per ragioni essenziali, il soggetto che compie
l'epoch e si interroga, concretamente, sul significato degli altri soggetti, sospendendone
la validit ingenua di enti gi dati: Sono io che attuo l'epoch, anche quando con me ci
sono gli altri, altri uomini che operano con me l'epoch in una comunit attuale; perci
con la mia epoch tutti gli altri uomini, e la vita di tutti i loro atti, rientrano nel fenomeno
del mondo che, nella mia epoch, esclusivamente mio. L'epoch crea una singolare
solitudine filosofica, che l'esigenza metodica fondamentale di una filosofia realmente
radicale. In questa solitudine l'io non un singolo che per un capriccio qualsiasi, per
quanto teoreticamente legittimo (oppure per un caso, come quello per cui, per esempio,
un uomo pu essere travolto dalla vita), voglia particolarizzarsi ed estraniarsi dalla
comunit degli uomini a cui sa tuttavia di appartenere. Io non sono un io che attribuisca
ancora una validit naturale al suo tu e al suo noi e alla sua comunit totale di cosoggetti (Crisi, 210). Dissipato quindi l'equivoco del solipsismo egoistico o,
eventualmente, patologico (cui Husserl sembra disposto ad accordare una qualche
legittimit teoretica, se non altro come casi limite), rimane valida l'esigenza di
cominciare l'indagine fenomenologica muovendo da un soggetto non ancora
intersoggettivo (visto che il senso dell'intersoggettivit interamente in questione) e di
sottolineare che l'ego trascendentale mantiene intatta la sua struttura singolare,
individuale, in tutte le situazioni di commercium con gli altri. Sulla problematica dell'Urich, che radicalizza questo discorso, cfr. la nota 110.
23. Giustamente Gadamer rileva come il primato metodologico dell'ego trascendentale
venga mantenuto fermo da Husserl anche nell'ultima fase della riflessione
fenomenologico-trascendentale e come la stessa analisi dell'intersoggettivit, con le sue
distinzioni categoriali, non scalfisca tale primato: L'ego trascendentale non un io nel
mondo. L'enorme difficolt consiste nel riconoscere tutto ci e nel mantenerlo fermo. Lo
stesso vale per il problema dell'intersoggettivit. Pare di nuovo legittimo chiedersi come
possano il tu e il noi costituirsi in un ego trascendentale. Per quanto questa difficolt
impegni Husserl, essa tuttavia non lo dissuade dal mantenere fermo il primato
metodologico dell'ego trascendentale (H. G. Gadamer, Il movimento fenomenologico, tr.
it. di C. Sinigaglia, Laterza, Roma-Bari 1994). In ogni caso, tutto sta nel vedere cosa
significhi effettivamente questa priorit metodologica del punto di vista soggettivo e
individuale, che Husserl ritiene inseparabile da una comprensione autentica e
filosoficamente fondata dell'intersoggettivit.
24. Per Husserl l'accesso alla dimensione intersoggettiva, anche se trascendentalmente
considerata, non pu avvenire da un punto di vista neutrale o terzo, ma sempre e
solo in prima persona, da una prospettiva singolare e determinata. Ci significa che ogni
forma di esperienza dell'alterit, a qualsiasi livello della sua configurazione
fenomenologica, non pu che essere ego-centrata, polarizzata intorno ad un io, e
questo io, lungi dall'essere una struttura astratta e sovra-individuale, una Bewusstsein
berhaupt, sempre la mia soggettivit, la soggettivit di chi realmente compie
l'esperienza in questione. Si consideri, ad esempio, quello che dice Husserl in uno scritto
del 1917 (Fenomenologia e teoria della conoscenza), articolando quel rapporto tra
egologia e intersoggettivit che ha rappresentato, per molti versi, una questione
spinosa e controversa per l'interpretazione della fenomenologia trascendentale: Tutto si
svolge comunque nel mio io e nella mia coscienza; nella sua immanenza io decido non
solo del mondo intero, ma anche dell'essere e non essere degli altri soggetti e della
conoscenza altrui, come pure della produzione a opera dell'umanit di una scienza
comune e di una comune conoscenza oggettiva del mondo. A una riflessione radicale,
dunque, perfino il mondo degli esseri umani costituito intersoggettivamente si costituisce
in realt per me attraverso le pure connessioni della mia coscienza (FTC, 211). Ora, se ad
una prima lettura sembrerebbe di trovarci di fronte ad una variazione sul tema classico
dell'idealismo soggettivo, ad uno sguardo pi approfondito si profila nient'altro che il
riconoscimento di ci che, nel linguaggio heideggeriano, potrebbe definirsi l'essersempre-mio (la Je-meinigkeit) come struttura elementare del campo di esperienza del
soggetto. In parole pi semplici, ogni approccio all'intersoggettivit rimane, per ragioni di
principio, monadico, senza che in ci si debba scorgere alcun tipo di inclinazione
soggettivistica o solipsistica: come vedremo, sempre dalla mia prospettiva di coscienza
incarnata e temporale che si manifesta la complessa semantica fenomenologica
dell'intersoggettivit. La soggettivit, per Husserl, principium individuationis e dunque
non avrebbe senso, almeno da un punto di vista strettamente fenomenologico, la pretesa
di scavalcare la dimensione egologica per attingere il mondo e gli altri in maniera
diversa: l'io, come fatto e come senso, sarebbe ancora in gioco in tutto ci.
25. Per un'analisi approfondita e sistematica del rapporto tra Husserl e Kant, ancora
fondamentale il volume di I. Kern, Husserl und Kant. Eine Untersuchung ber Husserls
Verhltnis zu Kant und zum Neukantianismus, Nijhoff, Den Haag 1964, che ormai
costituisce un classico non solo dell'interpretazione della fenomenologia husserliana,
ma della storiografia sulla filosofia trascendentale. Ci detto, con gli studi pi recenti sono
emersi chiaramente alcuni limiti dell'impostazione di Kern, che appare un po' troppo
conciliante nel situare i due maggiori pensatori del trascendentalismo moderno lungo
la medesima linea argomentativa, nonostante le differenze puntualmente rilevate.
Nell'ampia letteratura critica sull'argomento, si segnalano: E. Marbach, Das Problem des
Ich in der Phnomenologie Husserls, cit., pp. 247-282. V. De Palma, Il soggetto e
l'esperienza. La critica di Husserl a Kant e il problema fenomenologico trascendentale,
Quodlibet, Macerata 2001; R. Paimann, Formale Strukturen der Subjektivitt.
Egologische Grundlagen des Systems der Transzendentalphilosophie bei Kant und
Husserl, Meiner, Hamburg 2002; A. Ales Bello, Husserl interprete di Kant, in:
Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia, anno 7 (2005).
26. Cfr. J. J. Kockelmans, Edmund Husserl's Phenomenology, Purdue University Press,
Lafayette 1994, p. 281.
27. Questo punto illustrato molto bene da Enzo Paci, che coglie nella iniziale piega
solipsistica della fenomenologia husserliana nient'altro che l'apertura di un orizzonte
tematico, in cui l'enigma dell'estraneit (la trascendenza dell'altro nella mia immanenza)
non tanto si risolve, ma si dispiega e chiarisce nella trama delle motivazioni che lo
generano: Si tratta di vedere come l'altro da me pu essere veramente tale pur pur
essendo in me. Ci significa vedere come si presenta l'altro nella mia sfera
fenomenologica. Come possibile la trascendenza dell'altro nella mia immanenza?
Sembrerebbe che l'obiezione di solipsismo fosse presentata alla fenomenologia
dall'esterno. In realt essa interna al programma della fenomenologia. In questo
programma io devo arrivare all'Ego cogito. Ma all'interno dell'Ego cogito si presenta
qualcosa che, pur essendo in me, mi trascende. [...] L'Alter-ego apre una ricerca, la ricerca
di tutto ci che mi si presenta come estraneo. Tutto ci che io sento cos diventa il tema
della ricerca. Ci che si presenta sar seguito nei suoi motivi tematici, nelle sue
motivazioni (E. Paci, Tempo e verit nella fenomenologia di Husserl, Bompiani,
Milano 1990, pp. 95-96).
28. Nella riflessione di Husserl sull'intersoggettivit difficile individuare delle fasi
nettamente caratterizzate, perch essa non appare attraversata da vere e proprie svolte
o discontinuit, ma si configura piuttosto come un movimento oscillatorio o a zig zag
intorno ad alcuni poli strutturali di significato, che vengono continuamente ripresi,
discussi, modificati, approfonditi. Il confronto tra le opere pubblicate da Husserl e i
manoscritti del Nachlass , sotto questo aspetto, assai istruttivo.
29. Cfr. J. Dodd, Idealism and Corporeity. An Essay on the Problem of the Body in Husserl's
Phenomenology, Kluwer, Dordrecht/Boston/London, 1997, pp. 17-21.
30. Sulla riduzione primordiale e il suo ruolo fondativo nell'analisi dell'intersoggettivit
trascendentale, cfr. G. Rmpp, Husserls Phnomenologie der Intersubjektivitt, cit. pp.
25-35. All'interno di questi fenomeni primordiali si deve allora indagare fino a che punto
si estende la costituzione meramente primordiale, che va compresa senza riferimento alla
soggettivit estranea e alla sua validit (p. 29).
31. In un passo importante di Idee II, Husserl si preoccupa di distinguere accuratamente il
solus ipse nella dimensione trascendentale dal soggetto umano, oggettivamente
considerato, che sperimenti una condizione di isolamento o di solitudine: A ben
guardare il solus ipse [trascendentale] non conosce un corpo proprio obiettivo in un
senso pieno e autentico, anche se avesse il fenomeno del suo corpo proprio e i sistemi
delle inerenti molteplicit dell'esperienza, e se li avesse compiutamente come l'uomo
sociale. L'astrazione che noi abbiamo attuato consapevolmente e legittimamente, non
propone uomini isolati, la personalit umana isolata. Questa astrazione non consisteva
neanche in un eccidio in massa degli uomini e degli animali del nostro mondo circostante,
un eccidio che risparmierebbe soltanto il proprio soggetto. Il soggetto che cos
sussisterebbe sarebbe ancor sempre un soggetto umano, sarebbe ancor sempre cio un
soggetto intersoggettivo e continuo ad apprendere e a porre se stesso come tale. Ma il
soggetto che abbiamo costruito non sa nulla di un ambiente umano, non sa nulla di una
realt o anche solo della possibilit reale di altri nel senso dell'apprensione
dell'umanit da parte di corpi propri comprensibili, quindi non sa nulla di un corpo
proprio comprensibile per gli altri, non sa nulla del fatto che altri soggetti potrebbero
considerare lo stesso mondo, quello stesso mondo che ai diversi soggetti appare in modo
diverso e non sa nulla del fatto che queste apparizioni sarebbero sempre in riferimento ai
loro corpi, ecc. (Idee, 475-476). Naturalmente, pur non conoscendo un corpo proprio
obiettivo (nel senso pregnante di entit intersoggettivamente identificabile), il solus ipse
trascendentale ha invece il fenomeno del corpo proprio come unit peculiare di senso
all'interno della sfera appartentiva (come subito vedremo).
32. Che la riduzione primordiale sia un semplice artificio metodico (bloss methodischer
Kunstgriff), stato contestato da Klaus Held, secondo il quale l'attivit costitutiva della
Fremderfahrung presuppone uno stadio della vita del soggetto da cui l'altro ,
originariamente, assente: All'inizio della vita della coscienza c' un Robinson
trascendentale (K. Held, Das Problem der Intersubjektivitt und die Idee einer
phnomenologischen Transzendentalphilosophie, in: U. Claesges, K. Held (hrsgg.),
Perspektiven transzendental-phnomenologischer Forschung, Nijhoff, Den Haag 1972,
pp. 3-60, p. 49). Held sembra qui attribuire a Husserl l'intento di una ricostruzione
storico-genetica della coscienza trascendentale, che per appare essenzialmente estraneo
all'ottica delle Meditazioni cartesiane (l'analisi della Fremderfahrung, almeno in quel
contesto, vuole essere un'analisi statico-strutturale). D'altra parte, anche se si ritiene che
la sfera appartentiva non abbia alcuna priorit temporale rispetto all'intersoggettivit, la
stessa assunzione di una priorit di senso del proprio nei confronti dell'estraneo ,
da un punto di vista strettamente fenomenologico, molto problematica.
33. La funzione appropriante del corpo non semplice indice dell'autoriferimento e
autoriconoscimento della soggettivit, ma anche condizione dell'appropriazione
strumentale e finalistica delle cose nell'ambiente circostante: Tra tutte le cose spaziali
della mia sfera universale pratica il mio corpo la pi originariamente mia (das
ursprnglichst Meine), la mia propriet duratura, duratura nella mia disposizione, la pi
originaria e l'unica immediata che a mia disposizione. Ci di cui (da bambino) mi sono
appropriato come prima cosa e in modo immediato e che ora organo, mezzo per
l'appropriazione di tutto (Mittel ist fr die Zueignung von allem und jedem): direzione
pi diretta del mio sguardo nel mondo [...]; il corpo ha quindi in s il carattere pi
originario di ci che mio, appartenente a me, contrasta con l'estraneo al quale io non
sono partecipe, cio non praticamente (Hu XIV, 58). D'altra parte, in quanto modalit
concreta in cui ha luogo l'apertura dell'io al mondo, il corpo ha anche una funzione
espropriante, rimanda costitutivamente all'estraneit, sia perch nel corpo e attraverso il
corpo io sono esposto alle cose e agli altri, sia perch l'accesso esperienziale all'alter
ego, come vedremo subito, passa per la dinamica dell'intercorporeit.
34. Il tema della corporeit (Leiblichkeit) centrale in tutta la riflessione husserliana e gi
questo rilievo pu suggerirci come l'idealismo fenomenologico sia essenzialmente
orientato a cogliere la soggettivit (e intersoggettivit) ai livelli di massima concretezza
manifestativa, pur avvalendosi di astrazioni per delimitare provvisoriamente alcuni
nuclei descrittivi. Se, infatti, Husserl sembra riproporre un modulo argomentativo di tipo
dualistico (cartesiano), quando oppone (come costituente a costituita) la purezza
trascendentale dell'io alla soggettivit concreta e corporea, si tratta in realt soltanto di
una separazione metodologica di piani, per cui un'analisi formale dell'io come polo dei
vissuti pu essere effettuata lasciando indeterminata e non-tematizzata la dimensione
corporea. D'altro canto, per Husserl unicamente nel mondo e con gli altri che il soggetto
diventa concreto, e questa concretizzazione non gli fa perdere il carattere
48. La Paarung (tradotta in italiano con appaiamento o, come nella pi recente edizione di
MC, accoppiamento) per Husserl una modalit della sintesi passiva. Sotto questo
riguardo, ci pare corretto identificarla come condizione di possibilit della stessa
Einfhlung, sul terreno della passivit (cfr. I. Yamaguchi, Passive Synthesis und
Intersubjektivitt bei Edmund Husserl, cit., p. 76), e non come una operazione (Leistung)
vera e propria (come invece sembra ritenere Rmpp; cfr. G. Rmpp, Husserls
Phnomenologie der Intersubjektivitt, cit., pp. 95-96, nota 10).
49. In altre parole, nella Fremderfahrung la base percettivo-presentativa posta come
indice di un plus, una ulteriorit di senso, per principio non presentabile e non
percepibile. D'altro canto, proprio ci che non pu essere raggiunto percettivamente e che
tuttavia si annuncia nella percezione, deve essere compreso interpretativamente. Per
sottolineare la distanza originaria tra la mia soggettivit e quella dell'altro, che
condizione e garanzia di un'autentica esperienza dell'estraneit, Rmpp definisce
l'empatia come esperienza interpretativa di una soggettivit corporea (cfr. G. Rmpp,
Phnomenologie der Intersubjektivitt, cit., pp. 77-sgg.). Lo stesso Husserl utilizza in
diverse occasioni il termine interpretazione in questa accezione semantica:
L'esperienza intersoggettiva presuppone l'interpretazione (Intersubjektive Erfahrung
setzt voraus die Interpretation), attraverso la quale la corporeit e soggettivit diventa
esperibile per me (sebbene non in maniera originale) (Hu IX, 393).
50. Da un punto di vista fenomenologico-trascendentale, Landgrebe individua nella cinestesi
la modalit pi elementare dell'attivit [del soggetto], posta a fondamento di tutte le
altre attivit (L. Landgrebe, Das Problem der Teleologie und der Leiblichkeit in der
Phnomenologie und im Marxismus, in: B. Waldenfels, J. Broekman, A. Pazanin,
Phnomenologie und Marxismus (hrsgg.), Bd. I, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1977, pp.
71-104, p. 79).
51. Gi prima di Merleau-Ponty, le cui riflessioni fenomenologico-esistenziali sulla
coscienza corporea sarebbero difficilmente immaginabili senza la conoscenza dei
manoscritti husserliani confluiti in Idee II, lo stesso Husserl a cogliere la connessione
originaria e l'interdipendenza funzionale tra coscienza, corpo e mondo, nelle analisi sulla
percezione esterna e sulla costituzione dello spazio (cfr. U. Claesges, Husserls Theorie der
Raumkonstitution, Nijhoff, Den Haag 1964, pp. 125-126).
52. Sull'ambiguit di questa formula, che di per s pu designare tanto un congiuntivo
potenziale quanto un congiuntivo irreale, cfr. K. Held, Das Problem der
Intersubjektivitt und die Idee einer phnomenologischen Transzendentalphilosophie,
cit. pp. 34-sgg. Va comunque precisato che la modalit analogica del come-se (als-ob)
non sorge da un'attivit immaginativa, da una semplice fantasia, ma legata alla visione
di quel corpo l (cfr. J. Iribarne, Husserls Theorie der Intersubjektivitt, cit., p. 126).
53. Cfr. R. Bernet, I. Kern, E. Marbach, Edmund Husserl, cit., p. 211.
54. La personalit dell'io si costituisce nella relazione sociale e ci significa che, per
Husserl, il soggetto considerato prima dell'Einfhlung non potrebbe ancora essere
persona, anche se avesse l'esperienza dell'unit dei propri vissuti: L'origine della
personalit sta nell'empatia e nei conseguenti atti sociali. Non sufficiente per la
personalit che il soggetto si renda conto di se stesso come polo dei suoi atti, che se la
costituisca da solo, poich i soggetto nella relazione sociale incontra altri soggetti, dove
esso gi praticamente oggettivo [...]. Cos esso un soggetto che pu entrare ed entra in
una comunit, che per entra anche in relazioni personali occasionali con altri e quindi
nella sua vita e nelle sue aspirazioni non esercita soltanto un'autoconservazione di fronte
al mondo delle cose, ma anche come persona nel mondo delle persone (Hu XIV, 175176). Per la fenomenologia della vita personale intersoggettiva, la nozione husserliana di
spirito comune e la costituzione delle cosiddette personalit di ordine superiore
(Persnlichkeiten hherer Ordnung), si vedano Gemeingeist I e II del 1921 (testi 9 e 10 di
Hu XIV).
55. In questo modo, un corpo che appare nel mio mondo primordiale appreso come il
corpo vivente di un'altra persona. Questa appercezione il primo passo della costituzione
dell'intersoggettivit. Secondo Husserl, tutte le esperienze del vivere insieme in un mondo
condiviso, e tutte le forme di socializzazione, sono costruite su questo primo passo (K.
Held, Husserl's Phenomenology of the Life-World, in: D. Welton (edited by), The New
Husserl, cit., pp. 32-62, p. 50).
56. Nel riferimento dell'esperienza dell'alter ego alla corporeit in quanto percepita,
Michel Henry, dal punto di vista di una fenomenologia che privilegia la dimensione
affettiva e invisibile che sottende la relazione con l'altro, scorge una caduta
dell'intersoggettivit al livello delle cose, una vera e propria reificazione dell'alterit:
Poich l'alter ego non pu mai essere percepito in s ma solo appresentato al suo corpo
percepito nella mia sfera di appartenenza, il valore d'essere di questa appresentazione,
diceva Husserl, non pu venire che dal suo legame costante con presentazioni percettive,
appunto quelle di questo corpo percepito. [...] Cos l'inter-soggettivit vivente e patetica in
cui io sono con l'altro, l'inter-soggettivit in prima persona, ha ceduto il posto
all'esperienza di una cosa, di una cosa morta la cui qualit psichica non che un
significato irreale associato al suo essere di cosa (M. Henry, Fenomenologia materiale,
tr. it. di E. De Liguori e L. Iacarelli, Guerini e Associati, Milano 2001, p. 184). A mio
avviso, questa critica troppo legata alla particolare interpretazione che Henry d del
metodo fenomenologico e non coglie adeguatamente che per Husserl l'alter ego, proprio
in quanto soggettivit incarnata, non mai un oggetto, ma vita che si manifesta nel
mondo, pur non essendo propriamente del mondo (nella modalit d'essere delle cose
intramondane). Inoltre, Henry trascura il fatto che anche per Husserl le modalit di
accesso alla soggettivit degli altri uomini sono colorate emotivamente e affettivamente
(la relazione con l'altro non soltanto di tipo cognitivo, se non in determinati contesti
analitici). La stessa Einfhlung, di cui Husserl nelle Meditazioni Cartesiane tende a
sottolineare soprattutto gli aspetti cognitivi, a ben vedere non presenta le caratteristiche
di un atto di conoscenza nel significato stretto del termine, in quanto non la presa di
coscienza di uno stato di cose o la visione noetica di un eidos, ma appare piuttosto
(anche etimologicamente) come un sentire-con, un essere-aperti ed esposti al sentire e
vivere altrui, nell'esperienza costante di uno scarto incolmabile e di una differenza
radicalmente irriducibile all'identit.
57. Se dunque senza percezione della corporeit non c' alcun contatto esperienziale con
l'alterit, occorre riconoscere che per Husserl fondamento di possibilit di
un'apprensione di corpi estranei come corpi organici innanzitutto la percezione del
proprio corpo, che pu essere dato all'ego assoluto stesso in un'autocomprensione
costitutiva (in einer konstitutiven Selbstverstndnis) (G. Rmpp, Husserls
Phnomenologie der Intersubjektivitt, cit., p. 52). D'altra parte, solo attraverso
l'esposizione allo sguardo dell'altro il mio corpo vivente si costituisce come un oggetto,
una realt colta a distanza (sotto questo aspetto non diverso dalle cose fisiche), mentre
nel mio campo di percezione non pu che fungere costantemente da centro di riferimento
del mondo circostante. In generale, l'intersoggettivit si rivela fenomenologicamente una
mutua scoperta della concretezza della soggettivit, un graduale e sempre pi profondo
riconoscimento nell'alterit, attraverso la dinamica incrociata delle operazioni costitutive
nello spazio relazionale dell'incarnazione (cfr., per un ampio sviluppo di questo nucleo
tematico della fenomenologia husserliana, cfr. N. Depraz, Transcendance et incarnation:
le statut de l'intersubjectivit comme altrit soi chez Husserl, Vrin, Paris 1995).
58. Una prima anticipazione di questo vasto orizzonte di indagine viene data nei 56-60
delle Meditazioni cartesiane. Nel 58 Husserl delinea programmaticamente una
fenomenologia degli atti sociali e della vita comunitaria: Prendendo le mosse dalla
comunit nel senso che abbiamo ora ottenuto, sar naturalmente molto facile intendere la
possibilit di atti-d'-io che attraverso il medio dell'attivit appresentativa dell'esperienza
dell'estraneo, raggiungono l'altro io; s'intender anzi la possibilit di atti specificamente
egologico-personali che hanno il carattere di atti sociali per i quali viene stabilita ogni
comunicazione personale umana. Ora lo studio attento di questi atti nelle loro diverse
conformazioni, per potere poi rendere intelligibile il senso trascendentale l'essenza di ogni
socialit, costituisce un compito importante (MC, pp. 149-150). L'esecuzione effettiva di
questo programma fenomenologico si trova, oltre che in numerose e talvolta non molto
note pagine di Phnomenologie der Intersubjektivitt, nella Terza sezione di Idee II (La
costituzione del mondo spirituale).
59. Leibniz certamente un autore importante nel processo formativo della fenomenologia
trascendentale, spesso trascurato in questa ottica per il diverso peso che vi assumono
pensatori pi assiduamente frequentati da Husserl (la diade Descartes-Kant in primo
luogo, ma anche i filosofi dell'empirismo britannico). Per un primo orientamento, cfr. R.
Cristin, Phnomenologie und Monadologie. Husserl und Leibniz, in: Studia
Leibnitiana, XXII/2, 1990, pp. 163-174; K.. Mertens, Husserls Phnomenologie der
Monade: Bemerkungen zu Husserls Auseinandersetzung mit Leibniz, in:: Husserl
Studies, 17, 2000, pp. 1-20.
60. La monade fenomenologica possiede certamente un livello di assolutezza e
autosufficienza, che Husserl spesso sottolinea e che vuole significare un'originaria
unit di vita soggettiva e temporale. Ma questa unit, che non sostanziale-metafisica
ma operativo-funzionale, si coglie essenzialmente nella relazione intersoggettiva e nel
comune strutturarsi dell'orizzonte mondano. Inoltre, non bisogna trascurare che Husserl
riconosce apertamente la finitezza dell'individuum, della soggettivit monadica concreta,
ad esempio quando tematizza nel suo significato trascendentale il vincolo generativo tra le
singole monadi (ci che si definisce la generativit dei soggetti, in senso sia attivo che
passivo, con i relativi fenomeni di nascita e morte). L'infinit dell'apertura intersoggettiva
presuppone una catena generativa che apre una dimensione temporale non pi ristretta
alla vita individuale, ma capace, nel tempo, di fondare l'unit di una tradizione e di una
storia (e, dunque, a livello di orizzonte intenzionale, un'esperienza umana totale). Scrive
infatti Husserl: Io comprendo in generale gli uomini nel mondo come generativamente
connessi in un'infinit bilaterale aperta (als generativ in offener beiderseitiger
Endlosigkeit zusammenhngend), e comprendo che l'essere del mondo, che io esperisco,
stato e sar esperito come lo stesso dagli uomini lungo la catena infinita delle
generazioni, stato e sar dato nella connessione [intersoggettiva] come lo stesso,
attraverso l'esperienza concordante (e la correzione scambievole) e in presunzione
evidente. Attraverso le unit di vita degli uomini, limitate da nascita e morte, si estende
l'unit di una vita umana come unit di un'esperienza umana totale [...] e di una
tradizione fondata su di essa. Perci comprendo l'umanit come umanit storica,
l'estendersi del tempo del mondo (das Hinausreichen der Weltzeit), del tempo riempito
da eventi mondani, oltre il mio tempo di vita e quello degli uomini a me contemporanei
(ber meine Lebenszeit und die meiner mitgegenwrtigen Menschengenossen) (Hu XV,
168-169).
61. In questo contesto analitico, l'essere-l'una-per-l'altra delle monadi si traduce nella
reciprocit della relazione comunicativa. Si veda, tra i numerosi testi utilizzabili, il
seguente: Quindi io non ho soltanto un io una monade che nel suo orizzonte ha vissuti
empatici, regolazioni che permettono una certa tipologia di riempimenti come vissuti
ulteriori e certi atti di identificazione ecc., ma io ho una monade relazionata in s ad
un'altra monade e ho l'altra monade relazionata o che si pu relazionare empaticamente
alla prima monade. Ho cos una molteplicit di monadi in comunicazione reale e
possibile, tuttavia per, in relazione ad esse ho un'identica natura, una natura
intersoggettiva, come possibilmente comune a tutte le possibili monadi coesistenti e
realmente comune a tutte le monadi realmente comunicanti con me e che stanno in
comunicazione possibile. Ho quindi una natura con delle molteplicit di manifestazioni
che si ripartiscono in sistemi chiusi in tutte le monadi, sistemi di costituzione di
esperienza solitaria e che si estende alla costituzione di una natura intersoggettivamente
identica attraverso lo scambio empatico di questi sistemi (Hu XIV, 265-266).
dell'alter ego un'altra vita, un'altra anima (J. Dodd, Idealism and Corporeity,
cit., p. 125, corsivo dell'autore).
74. Cfr., per esempio, il lungo e importante 18 di Idee II, dedicato alla costituzione della
realt materiale e al problema dell'identit intersoggettiva dell'oggetto nel variare delle
condizioni psicofisiche della soggettivit esperiente. Pi in generale, sul rapporto tra
normalit e oggettivit, analizzato alla luce dei nuovi elementi che la riformulazione
husserliana della filosofia trascendentale porta con s, cfr. D. Zahavi, Husserl und die
transzendentale Intersubjektivitt, pp. 72-84.
75. Facciamo riferimento, qui, all'analisi della percezione esterna nelle Lezioni sulla sintesi
passiva (cfr. Bibliografia).
76. La temporalit, come forma in cui si articola unitariamente la vita del soggetto e come
infrastruttura della coscienza trascendentale fenomenologica, uno dei temi che
maggiormente hanno occupato la riflessione di Husserl, fin dalle lezioni del 1905 (cfr. E.
Husserl, Per la fenomenologia della coscienza interna del tempo, tr. it. di A. Marini,
Franco Angeli, Milano 1981). Nella folta letteratura critica, segnaliamo il recente lavoro di
T. Kortooms, Phenomenology of Time. Edmund Husserl's Analysis of TimeConsciousness, Kluwer, Dordrecht/Boston/London 2002, che ripercorre l'intero arco
della riflessione husserliana sul problema del tempo, cogliendone gli elementi di
continuit, le tensioni interne e gli approfondimenti, anche alla luce dei manoscrittti
ancora inediti.
77. Nel 43 di Idee I Husserl, discutendo il significato della trascendenza della cosa
spaziale (Ding) nella percezione, attira l'attenzione su quell'errore di principio che
consiste nel ritenere che il manifestarsi della cosa per adombramenti (aspetti,
prospettive) dipenda dai limiti della conoscenza umana (e non da una connessione
fenomenologica essenziale): Dobbiamo ora accennare ad un errore di principio: che cio
la percezione (e nella sua modalit ogni visione della cosa di altra specie) non raggiunga la
cosa stessa. Quest'ultima non ci sarebbe data nel suo essere-in-s. Ogni soggetto avrebbe
s la possibilit di principio di vedere la cosa cos com', e particolarmente di percepirla in
una percezione adeguata, capace di offrire la cosa in carne ed ossa senza la mediazione
delle apparizioni. Ma soltanto Dio, il soggetto fornito di una conoscenza perfetta e
quindi di una percezione il pi possibile adeguata, possederebbe quella percezione della
cosa in s che a noi, nature finite, vietata. Questa veduta assurda. Essa suppone che tra
immanente e trascendente non sussista nessuna differenza essenziale e che quindi, nella
postulata visione divina, una cosa spaziale sia un costitutivo reale della visione stessa, sia
dunque essa stessa un Erlebnis, rientrante nella corrente della coscienza divina. [...] La
cosa spaziale, che noi vediamo, percepita in tutta la sua trascendenza ed data alla
coscienza nell'originale (Idee, 92-93).
78. In questa prospettiva, divengono pi comprensibili le critiche spesso pungenti che
Husserl rivolge a Kant, alla sua formulazione originale del problema trascendentale e
della rivoluzione copernicana nel campo della conoscenza: Egli [Kant] impedisce ai
suoi lettori di tradurre il suo procedimento regressivo in concetti intuitivi, impedisce
qualsiasi tentativo di attuare una costruzione progressiva che si rifaccia ad intuizioni
originarie e assolutamente evidenti e che proceda per gradi progressivi pure realmente
evidenti. I suoi concetti trascendentali sono perci avvolti da una caratteristica oscurit,
caratteristica nel senso che non pu mai essere tradotta, per ragioni di principio, in
chiarezza, non pu mai essere trasformata in una formazione di senso e capace di
evidenza (Crisi, pp. 144-145).
79. Cfr., ad esempio, il recente lavoro di Sren Overgaard, che seguendo il filo conduttore
dell'analisi dell'essere-nel-mondo, come categoria fenomenologica fondamentale,
individua una serie di affinit strutturali tra la soggettivit trascendentale di Husserl e
il Dasein di Heidegger, al di sotto delle differenze terminologiche e degli orientamenti
teorici talora divergenti. Di fatto, Husserl e Heidegger sono d'accordo sul fatto che il
mondo sia essenzialmente un mondo che io condivido con altri, e di conseguenza
costituzione di ci che trascendente, in modo tale che la sfera egologica non sarebbe per
principio superata. Al contrario, deve trattarsi di una diversit di soggetti-io, che
differiscono da me e tra loro (E. Strker, Husserl's Transcendental Phenomenology,
Stanford University Press, Stanford 1993, p. 142).
84. In realt, il concetto di primordialit o sfera primordiale caratterizzato da
un'ambiguit di fondo nei testi husserliani e nelle stesse Meditazioni cartesiane, e non
sempre chiara appare la sua relazione con il problema del solipsismo (anche inteso,
quest'ultimo, nel significato metodologico proprio della fenomenologia trascendentale).
Mentre infatti Husserl afferma (ad esempio nel passaggio delle Meditazioni da noi citato)
che per ottenere la sfera primordiale o appartentiva occorre mettere fuori gioco tutti i
vissuti riferiti ai soggetti estranei (e in questo caso il senso originario della primordialit
sarebbe in ultima istanza quello solipsistico), in altri testi egli sembra invece distinguere
nettamente tra riduzione solipsistica e riduzione primordiale; la sfera primordiale
conterrebbe al suo interno tutti i vissuti miei, l'intero contesto della mia esperienza
originale, quindi anche le Einfhlungen, le mie esperienze di soggetti estranei, sebbene
non vi siano inclusi i correlati intenzionali di queste esperienze, cio gli altri stessi, che
rimangono come tali trascendenti (Hu XV, 51). L'ambiguit (Doppeldeutigkeit)
peraltro ben nota a Husserl, che in un testo del 1934 rileva come essa sia in qualche
misura inevitabile perch fondata su ragioni essenziali: Nel senso metodico originario [la
primordialit] significa l'astrazione che io, l'ego dell'atteggiamento riduttivo, compio
come fenomenologo, tagliando fuori astrattivamente tutte le Einfhlungen. Se poi dico
ego primordiale, allora assume il significato della monade in modalit originaria
(urmodale Monade), in cui compresa l'Einfhlung in modalit originaria (Hu XV,
635). Fa per notare Iso Kern che in effetti, per il punto di partenza dell'analisi
husserliana dell'esperienza dell'altro il concetto solipsistico svolge il ruolo dominante (R.
Bernet, I. Kern, E. Marbach, Edmund Husserl, cit., p. 206).
85. Cfr. K. Held, Das Problem der Intersubjektivitt und die Idee einer phnomenologischen
Transzendentalphilosophie, cit., pp. 47-48.
86. Ad esempio, la monografia di Michael Theunissen citata, pur articolando un ampio
confronto critico con la fenomenologia husserliana dell'intersoggettivit, rimane
sostanzialmente legata all'impianto espositivo delle Meditazioni cartesiane.
87. Su questa nozione, che raramente viene tematizzata da Husserl con la chiarezza che
troviamo nel passaggio citato, ha attirato l'attenzione Zahavi (cfr. D. Zahavi, Husserl und
die transzendentale Intersubjektivitt, cit., pp. 32-40). Mi sembra che un
approfondimento tematico di essa, sulla scia delle stesse indicazioni husserliane
disseminate negli inediti, possa fornire una risposta argomentata e fenomenologicamente
convincente alle critiche rivolte, spesso a ragione, alla nozione di primordialit (almeno
nel significato assegnatole da Husserl nella V Meditazione, cio come grado zero
dell'esperienza intersoggettiva).
88. Rmpp ha giustamente sottolineato il carattere operativo, dinamico e innovante della
costituzione del mondo come unit intersoggettiva, che non pu essere pensata come
data una volta per tutte e non pi modificabile: Se il mondo intersoggettivo deve ora
valere come mondo valido per ognuno (jedermann), ci riguarda solo ognuno che
pu essere appresentato [empaticamente] nella soggettivit di volta in volta in questione.
[...] L'identit dell'esperienza dell'oggettivit, strutturata intersoggettivamente, non
dunque pre-data (vorgegeben), ma prodotta (hergestellt) in operazioni specifiche della
soggettivit (G. Rmpp, Husserls Phnomenologie der Intersubjektivitt, cit., p. 150).
Tuttavia Rmpp non sembra qui distinguere tra l'intersoggettivit trascendentale in
quanto comunit effettiva e concreta della monadi, e l'intersoggettivit trascendentale
come apertura gi sempre aperta (e, in questo senso, pre-data) in cui si inserisce il
processo dinamico-storico della costituzione.
89. La costruzione di un sistema fenomenologico stata un'esigenza che Husserl ha
avvertito in diversi momenti della sua riflessione filosofica matura, nonostante
l'avversione nei confronti delle filosofie sistematiche della tradizione (Hegel, in primo
luogo), non ancora in grado di porsi su un terreno propriamente scientifico. Ad esempio,
nei primi anni '20 Husserl lavora alla realizzazione di un'opera sistematica
(systematisches Werk), che egli non ha mai pubblicato n scritto in forma organica, della
quale ci restano per numerose pagine preparatorie (cfr., per i riferimenti cronologici e
testuali, l'introduzione di Iso Kern a Hu XIV). Ci sembra che, in questo contesto di
ricerca, la funzione centrale nella connessione sistematica degli elementi o dei fondamenti
della filosofia fenomenologica sia assunta proprio dall'intersoggettivit, come in parte era
gi accaduto nelle Lezioni del 1910-11 da noi pi volte richiamate.
90. Si pu pensare, per analogia, ai generi sommi esaminati da Platone nel Sofista.
91. Claesges sottolinea come il mondo, in quanto orizzonte totale dell'esperienza della
soggettivit, non possa mai essere considerato alla stregua di una cosa, o di un
complesso di cose, poich, fenomenologicamente, esso designa una molteplicit di
strutture, che come tali appartengono necessariamente alla coscienza di percezione: il
mondo il titolo per un apriori formale della coscienza di percezione (U. Claesges,
Husserls Theorie der Raumkonstitution, cit., p. 125, corsivo dell'autore). Ma se, come
abbiamo cercato di mostrare, la coscienza di percezione impossibile senza la forma
dell'intersoggettivit aperta, occorrer anche ammettere che questo apriori formale,
nella sua articolazione interna, ha un carattere necessariamente intersoggettivo.
92. Sulla distinzione di principio, in ambito fenomenologico, tra possibilit logica e
assurdit effettiva di un enunciato o nesso di significati, si vedano anche le
considerazioni che Husserl svolge nel 48 di Idee I.
93. In Husserl, questi due livelli dell'analisi fenomenologico-trascendentale
dell'intersoggettivit appaiono a volte ben distinti, altre volte fusi o intrecciati in modo
ambiguo.
94. In definitiva, intersoggettivit e mondo sono funzionalmente inseparabili in
qualsiasi ambito costitutivo. Da questo punto di vista, un'argomentazione contro la
possibilit di compiere una riduzione primordiale viene proposta da J. Hart, The
Person and the Common Life. Studies in a Husserlian Social Ethics, Kluwer, Dordrecht
1992, pp. 184-186.
95. Lo sbocco ontologico che viene qui proposto non ci sembra affatto una forzatura, non solo
perch i testi che autorizzano questa interpretazione sono chiari e piuttosto numerosi, ma
anche perch la fenomenologia husserliana non affatto una metodologia
ontologicamente neutrale (come talora, a torto, si ritiene). Si rilegga, in questa ottica, il
48 di Crisi.
96. Jan Patocka, non diversamente da Merleau-Ponty, critica l'idea stessa di una riduzione
alla sfera appartentiva che dovrebbe esibire il dominio della mia pura soggettivit. In
realt, se con ci si intende una sfera del tutto privata dell'esperienza dell'io, occorre
notare che lo stesso riconoscimento del carattere prospettico delle datit percettive
permeato da rimandi intenzionali ad altri soggetti, e il mondo intersoggettivo non
tanto perch i soggetti mettono in comune le loro esperienze originariamente private,
quanto perch in s aperto alla pluralit degli approcci e delle prospettive. Scrive
Patocka: La stessa sfera appartentiva non potr essere, come nell'idea di Husserl, una
sfera assolutamente privata. Al contrario, essa avr un senso relativo, il senso di un
aspetto personale nel quadro della totalit gi anticipata del mondo, ed soltanto su
questa base che la comunicazione potr svolgersi propriamente nella sua concretezza. [...]
Gli aspetti, le prospettive, le mie possibilit proprie non sono, in questo senso, private;
sono modi di datit del mondo che gi presupposto come identico, come confermantesi in
questi aspetti, prospettive e possibilit (J. Patocka, La phnomnologie, la philosophie
phnomnologique et les Meditations Cartesiennes de Husserl, cit., p. 180). Patocka
inserisce questa critica in un piu generale rifiuto dell'impostazione trascendentalsoggettiva della fenomenologia husserliana; a noi interessa soprattutto fissare i limiti
concepito in termini solitari, disegnando quindi una relazione del tutto asimmetrica tra
l'io e il noi (almeno dal punto di vista trascendentale-costitutivo). In pagine molto
note e discusse, Husserl, nel corso di un'argomentazione volta a dipanare e chiarire il
paradosso della soggettivit umana, che soggetto per il mondo e insieme oggetto nel
mondo, afferma che l'io originario (Ur-Ich) che emerge dalla riduzione
fenomenologica pu essere definito un io solo per equivocit (anche se si tratta di un
equivoco in qualche misura inevitabile), poich nella sua assoluta unicit e solitudine
non ammette accanto a s alcun tu, non cio declinabile nel senso consueto dei pronomi
personali, sebbene questo io si faccia per se stesso trascendentalmente declinabile e a
partire da esso e in esso si costituisca l'intersoggettivit trascendentale, nella quale esso
rientra semplicemente come un membro privilegiato, come l'io degli altri io
trascendentali (Crisi, 211). Qui Husserl sembrerebbe revocare in dubbio la sua tesi,
peraltro ampiamente documentata, secondo la quale l'intersoggettivit la dimensione
pi fondamentale della fenomenologia e che l'ego trascendentale, nella sua concretezza
piena, si costituisce nella sfera intersoggettiva. Negli scritti degli anni '30 non
infrequente imbattersi in prese di posizione analoghe, in cui Husserl insiste sull'assoluta
unicit dell'Ur-ich come centro funzionale ultimo di ogni costituzione; per Husserl infatti
deve esistere, fenomenologicamente parlando, un ambito semantico in cui l'ego
assolutamente unico (einzig) e porsi il problema della sua pluralizzazione
(Vervielfltigung) privo di senso (Hu XV, 590). Ora, pur riconoscendo che la tensione
tra solipsismo e intersoggettivit un momento strutturale interno della fenomenologia
trascendentale e che Husserl non sempre ha delineato in modo perspicuo i nessi tra i due
livelli della costituzione, ci sembra tuttavia che egli, in questi passaggi apparentemente
problematici, voglia in realt dire una cosa piuttosto semplice e, tutto sommato,
accettabile (anche da chi non ne condivide l'orientamento trascendentale di fondo): il mio
io originario non ammette plurale nel senso che pu essere originariamente vissuto come
io soltanto da me, cos come l'io altrui pu essere vissuto propriamente come io solo
dall'altro. In altri termini, come abbiamo gi rilevato in precedenza, l'io originario che
la riduzione mette in luce e al quale in ultima istanza si riferiscono tutti i vissuti, le
operazioni e le affezioni di una soggettivit fenomenologicamente accessibile, non pu che
essere singolare: si badi bene, non perch sia solo (sebbene possa considerarsi tale
nell'astrazione della primordialit), ma perch soltanto dalla sua prospettiva che pu
guardare agli altri, esperirli e riconoscerli come tali, interagire con loro nelle modalit pi
svariate. Da questo punto di vista, l'io fenomenologico un singolo anche nella
pienezza dell'intersoggettivit, della comunicazione, della socialit, e lo per ragioni
essenziali. Pretendere di scavalcare questa fattualit elementare significa, per Husserl,
non comprendere la necessit della polarizzazione egologica anche nell'apertura
intersoggettiva. Naturalmente, ci detto, restano in gioco tutte le esigenze che hanno
indotto Husserl a teorizzare la possibilit di una trattazione solipsistica dell'esperienza
trascendentale (con le difficolt che abbiamo visto). Per una discussione pi analitica del
problema dell'Ur-Ich e della soggettivit intersoggettiva, cfr. M. Smargiassi, La
soggettivit trascendentale concreta, cit., pp. 203-225.
109. Lo stesso Husserl era pienamente consapevole che la trasformazione intersoggettiva
della filosofia trascendentale prodotta dalla fenomenologia costituisse una novit radicale
rispetto alla concezione kantiana e neokantiana della soggettivit: Certo se si interpreta
la soggettivit trascendentale come un ego isolato e, in maniera conforme alla tradizione
kantiana, si ignora l'intero compito della fondazione di una comunit trascendentale di
soggetti (die ganze Aufgabe der Begrndung der transzendentalen
Subjektgemeinschaft), si perde allora qualsiasi possibilit di ottenere una conoscenza
trascendentale di s e del mondo (Hu XXIX, 120).
110. Com' noto, l'analisi heideggeriana dell'essere-nel-mondo (in-der-Welt-sein) come
essere-con-gli-altri (Mitsein) viene svolta, in Essere e tempo, nell'ambito di una
ricognizione ontologico-esistenziale del modo d'essere dell'esserci (Dasein). Legando
questa analisi al filo conduttore dell'utilizzabilit (Zuhandenheit), Heidegger
approfondisce e sviluppa sistematicamente un motivo gi presente nelle indagini
e trasformata tanto da poter contenere tutto, e perfino quel che la contesta (M. MerleauPonty, Segni, trad. it. di G. Alfieri, Net, Milano 2003, p. 231).
121. Anche il recente tentativo di naturalizzare la fenomenologia husserliana, purificandola
per cos dire dai suoi tratti filosofici pi ingombranti ed aprendola direttamente al
confronto interdisciplinare con la psicologia, le scienze cognitive e le neuroscienze, una
chiara attestazione della vitalit del pensiero di Husserl. Cfr. J. Petitot, F. J. Varela, B.
Pachoud, J.M. Roy (edited by), Naturalizing Phenomenology, Stanford University Press,
Stanford 2000. D'altra parte, in questa direzione di ricerca, indubbiamente stimolante e
feconda di sviluppi, lecito vedere all'opera anche la tendenza opposta, ovvero quella di
fenomenologizzare (e dunque aprire alla dimensione filosofica) le scienze della mente,
le analisi scientifiche della coscienza, superando decisamente quella piega
riduzionistica che, radicalizzata, avrebbe comportato la scomparsa del problema stesso
della soggettivit come esperienza in prima persona (la cosiddetta First Person
Perspective).