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ICONOLOGIA E ICONOGRAFIA

Non unicamente competenza della materia, ma sensibilità per l’arte → tenere presente che il
bambino attraversa un processo di crescita complessivo che interessa più piani (cognitivo, corporeo,
socio-relazionale) e che è già in atto dai primi mesi di vita.

Esperienza artistica = elemento imprescindibile per l’arte.

Didattica: scienza che si occupa di trasmettere la conoscenza; obiettivo: sostenere l’apprendimento


scegliendo specifiche metodologie e strumenti, finalizzati a questo; azioni proprie della didattica:
progettare, realizzare e valutare (non necessariamente in quest’ordine; esempio della valutazione
formativa anche in itinere, durante la realizzazione, per eventualmente riprogettare; la valutazione
può precedere anche la progettazione).
Differenza Pedagogia/Didattica: la pedagogia deve avere delle finalità formative/educative e può
teorizzare su questo campo; la didattica non può fermarsi a questo: prende elementi teorici ed è
obbligata a provare a trasferirli nella pratica → scienza anche della pratica; necessita di teorie che
devono trovare una realizzazione nella pratica → specificità della didattica (per anni in letteratura è
stato dibattuto sul considerarla una scienza della pratica, cosa rischiosa) → definizione della didattica
come scienza teorico-pratica. La didattica deve avere sempre un senso, dei significati, delle relazioni
di senso; è necessario mettere la pratica in relazione al senso, che troviamo anche nelle teorizzazioni.
Perché sia possibile l’interdisciplinarietà è necessaria la disciplinarietà, poiché vi sono strutture e
sintassi proprie della specifica disciplina che vanno conosciute → definizione di arte

Arte come creatività, ispirazione, emozione, espressione, sensibilità, linguaggio comunicativo,


specchio della società, esigenza, educazione al bello, identità, protesta, esperienza
personale/collettiva, tecnica, punto di vista, cultura, relazioni, pensiero critico → valori/concetti che
rompono schemi organizzativi e ricchezza che si muove su piani diversi (emotivi, conoscitivi, espressivi,
socio-relazionali, identitari -risposta di bisogni).

L’arte è un’attività umana → l’intenzionalità di produrre un artefatto a cui si conferisce un valore


estetico (che si percepisce attraverso i sensi; la vista indubbiamente è il senso più esposto
nell’esperienza artistica, tuttavia risulta necessario attivare più sensi -concetto di sensorialità). Il
valore estetico non si intende necessariamente dipendente dal concetto di bellezza, come è evidente
dall’arte contemporanea che è rottura dagli schemi, sfogo, specchio della società e distacco dai canoni
di armonia e bellezza classici. Avere valore estetico significa attivare canali sensoriali diversi (l’estetica
è una scienza cognitiva del ‘700, incentrata sulla conoscenza del mondo attraverso i sensi). Arte come
esperienza; necessità di essere esperita (esperienza parte imprescindibile); fase tra i 10 e i 12 anni,
“età della crisi”, in cui o l’espressione artistica diventa una modalità propria di vedere il mondo o ci si
distacca da questo ambito, nato naturalmente nei primi mesi di vita + dimensione di estro personale.
La tecnica conferisce la possibilità a tutti di poter disegnare e di rompere gli stereotipi del disegno
grafico.
Come si studia l’arte? Come si può far leva sulle abilità dando la tecnica?
L’arte è l’invenzione più importante dell’uomo → la specie umana si è evoluta grazie a scoperte che
sono risultate indispensabili per la sua sopravvivenza; mentre scoperte quali la ruota, il fuoco, la
penicillina.. sono state fondamentali per l’evoluzione dell’uomo, l’arte rappresenta una scoperta
dell’uomo, che gli è sempre appartenuta (non vi è stato periodo nella storia dell’uomo in cui non
abbia prodotto arte; anche i popoli che non hanno propriamente dato vita a prodotti artistici, hanno
comunque prodotto artigianato, che di fatto è una forma artistica). L’arte ci appartiene da sempre:
questo linguaggio inizia insieme alle prime forme di espressioni di un’altra tipologia di linguaggio,
ovvero il linguaggio orale, attraverso le lallazioni; allo stesso tempo il bambino inizia a produrre i primi
segni grafici, i primi scarabocchi spontanei → anche nello sviluppo del bambino non vi è periodo in
cui non vi sia il processo artistico.
L’arte del bambino, ciò che produce, può essere considerata arte? L’uomo è caratterizzato da un
processo molto simile, che riguarda la produzione grafico-pittorica, e perciò da prodotti molto simili
→ processo abbastanza noto che si ripete negli anni e in diverse aree geografiche → presenza di studi
interculturali che mostrano come, pur con variazioni, il processo iniziale inscrivibile nei primi 10 anni
di vita è simile. Tenendo presente la differenza tra arte come prodotto e arte come processo, è
possibile affermare non tanto che il prodotto del bambino possa considerarsi artistico, quanto che il
bambino attua un processo artistico (poi potenzialmente il prodotto ha delle caratteristiche di opera-
con prodotto artistico s’intende un prodotto che la società riconosce come tale e al quale attribuisce
degli specifici valori). Poi sarebbe necessario e interessante andare ad analizzare i bisogni che sono
alla base dell’attività grafico-pittorica del bambino (espressione, comunicazione..). Nell’idea del
bambino non vi è propriamente quella di produzione, essa non è il suo scopo principale; il suo
prodotto perciò diventerà opera nel momento in cui avrà l’intenzione di arrivare ad un prodotto e di
elaborare mettendo in atto determinate tecniche con quella specifica intenzionalità. Perciò il
bambino è da inserire maggiormente nella dimensione del processo e ciò è evidente anche dal fatto
che spesso egli non raggiunge un prodotto finito, ma interrompe tale processo lasciando incompiuto
ciò che sta producendo; egli è talmente immerso nel processo artistico, che nel momento in cui i suoi
bisogni cambiano o viene preso da qualcos’altro, interrompe la produzione.
L'attinenza alla realtà è per l’adulto canone principale, tanto che siamo spinti da letture di opere
principalmente realistiche, che hanno un valore in quanto somiglianti alla realtà; il realismo diventa
criterio per capire la validità di un prodotto. Nella pittura astratta ci affidiamo ad armonie, equilibri e
accostamenti di colori, che però si ispirano alla realtà così come la vediamo. Per il bambino l’attinenza
alla realtà non è importante; nell’età successiva alla fase degli scarabocchi verso i 2/3 anni, il bambino
sceglie un simbolo che gli permette di rappresentare ogni cosa, ovvero il cerchio, a quel punto è il
bambino a spiegarci cosa sta rappresentando. I disegni dei bambini si valutano? Si accompagnano, si
pone l’attenzione al processo e li si aiuta in esso. Nell’età della crisi invece il bambino deve essere
accompagnato non solo nel processo ma anche nella produzione di un prodotto che sia per lui
soddisfacente in termini di risultato e che si attenga ai suoi canoni di bello.
“L’incontro dei bambini con l’arte è occasione di guardare con occhi diversi il mondo che li circonda”
→ quando si fa arte con i bambini non si deve essere in apprensione sull’ottenere bei risultati, il
modo di fare arte nella scuola dell’infanzia deve rispondere al guardare alla realtà con altre chiavi di
lettura. Non bisogna rincorrere il prodotto, ma offrire al bambino una modalità per guardare alla
realtà nella sua ricchezza visiva e artistica (paio di occhiali per guardare la realtà in modo differente,
che acquisiscono un senso per sé stessi e che permettono di scoprire una ricchezza straordinaria). Il
fine ultimo non è quindi far diventare i bambini artisti e acquisire tecnica, ma permettere loro di
vedere il mondo con una ricchezza nuova. Anche l’osservazione di opere, la fruizione, è fare arte.
L’arte è fruizione, produzione, lettura e avvicinamento (e diventare sensibili) a un patrimonio diffuso
esterno alla classe. L’arte come sola produzione è pericolosa.
È necessario fare arte? Cos’è l’arte? Come fare arte a scuola? Dal momento che il bambino è già in un
periodo di sviluppo molto ricco e complesso, il nostro modo di proporre arte deve essere vincolato e
trovare una relazione con questo sviluppo.
Cos’è l’arte: VISIONE DEL MONDO PERSONALIZZATA E CRITICA (una funzione dell’arte è quella di
rompere l’ordinarietà). Finalità dell’arte a scuola: non far diventare il bambino un bravo disegnatore,
ma permettergli di indossare un paio di occhiali, che gli dia la possibilità di vedere il mondo secondo
una prospettiva più ampia e diversificata → approccio all’arte più ampio dell’insegnamento di
tecniche o del fare arte nei ritagli di tempo -interdisciplinarietà, ma anche disciplinarietà, arte come
osservazione, produzione e lettura..); ATTIVITÀ UMANA: l’animale, anche se produce un artefatto che
potrebbe essere considerato artistico, manca dell’intenzionalità di produrre un artefatto + linguaggio
più universale che abbia prodotto e che ha prodotto in continuità (non vi è periodo della storia
dell’uomo in cui non sia riscontrabile attività artistica); RICHIAMA CANONI ESTETICI - DIMENSIONE
ESTETICA (scienza cognitiva del ‘700, che richiama il fatto di conoscere attraverso i sensi);
ESPERIENZA; TECNICA; LINGUAGGIO.

Funzioni dell’arte: 1. evocativo-religiosa (non solo pitture sacre, ma anche pittura primitiva e profana,
che rispondono a esigenze di tipo propiziatorio portando alla nascita di miti, leggende e raffigurazioni
di divinità); 2. celebrativa; 3. decorativa; 4. simbolica; 5. didattica; 6. provocatoria. APPROCCIO
SENSORIALE ALL’ARTE; L’arte ha un ruolo nello sviluppo delle capacità percettive e deve essere
occasione di piacere e di costruzione del mondo.
“Arte e percezione visiva” (R. Arnheim, 1954 - ambito psicologico e percettivo) → va ad analizzare
l’arte come linguaggio, individuando una sorta di grammatica: forma, spazio, colore, prospettiva, luce
e ombra, movimento, punto, linea..; Arnheim dedica un capitolo all’educazione e afferma che: “l’arte
serve per formare (un bambino che sia non un artista, ma) una personalità completa in qualsiasi
momento”; inoltre individua due elementi fondamentali per arrivare a questo obiettivo educativo,
ovvero la mente duttile e flessibile dell’insegnante e la classe d’arte (atelier-ricchezza di materiali,
indispensabili per fare esperienza artistica, e ambiente predisposto; materiale definito da Arnheim
come medium espressivo). Con il termine medium espressivo si fa riferimento sia alle proprietà
fisiche di un materiale, ma anche allo stile di rappresentazione proprio di uno specifico artistico →
scelta dei materiali in funzione della loro espressione, perché possano esprimersi con quel materiale;
l’espressione non passa solo attraverso il segno; il materiale ha un ruolo indispensabile. Osservazione
opere di Picasso: sperimentazione di uno stesso soggetto attraverso diversi materiali (ceramica
rotondità; durezza delle corna). Arnheim inoltre si chiede cosa differenzi la visione e la percezione 1.
(esperienza del vedere legato ai sensi). Il percettivo, il sensoriale si basa sugli organi di senso.
Potenzialmente si ha un’immagine che è data dal campo visivo che si ha davanti a sé e la capacità di
vedere; dal punto di vista percettivo “fotografiamo” le stesse cose in modo indistinto, poi in base a ciò
che vediamo abbiamo esperienze differenti e perciò notiamo cose diverse. La visione si rifà a ciò che
percepiamo/vediamo in termini percettivi insieme al fatto di avere un’esperienza rispetto a quella
situazione → effetti visivi. Ognuno di noi arricchisce ciò che percepiamo con elementi dati
dall’esperienza; perciò quando immaginiamo la realtà che è davanti a noi, essa è frutto di ciò che
percepiamo, insieme a tutta la nostra esperienza. Non ha senso quindi fissarci sulla resa oggettiva di
oggetti ed elementi, innanzitutto per la varietà tale di elementi della natura la cui resa è
incredibilmente complessa da non poter essere resa in maniera semplicistica e inoltre a parità di
percezione possiamo “vedere” cose diverse sulla base delle esperienze vissute → ognuno di noi
potrebbe descrivere ciò che osserviamo in maniera differente. La visione è legata all’esperienza. 2. Si
procede da processi di indifferenziazione a processi di differenziazione: inizialmente il bambino non
nota i particolari, poiché come struttura psicologica e cognitiva non riesce a coglierli. In un bambino
molto piccolo si hanno elementi essenziali che vengono visti e rappresentati nello stesso modo; il
bambino vede macro-caratteristiche (Arnheim parla di concetti e non di elementi proprio per questo;
il processo è esemplificabile come un’immagine che passa velocemente e della quale non si riesce a
cogliere i particolari) → vi è nel bambino un processo di differenziazione in atto. Quello che un
insegnante può fare è osservare se c’è un processo di sviluppo in atto (osservare i segni legati a uno
sviluppo complessivo del bambino → il bambino ha in atto un processo di sviluppo motorio,
psicologico, percettivo, cognitivo e relazionale/sociale). “L’esempio del disegno infantile evidenzia il
fatto che le rappresentazioni pittoriche devono essere poste in relazione all’esperienza che
riflettono e al medium in cui sono eseguite”; “Non c’è davvero motivo di supporre che il bambino
scopra la forma del cerchio attraverso l’imitazione di oggetti rotondi da lui osservati.”; “È invece molto
probabile che il tendere verso forme semplici, proprio del comportamento visivo e motorio, abbia una
parte predominante nel processo in questione.” (Rudolf Arnheim, Arte e percezione visiva, 1954).
Inizialmente il bambino sceglie il cerchio come semplificazione per rappresentare ogni cosa; per
quanto riguarda l’oggetto della sua produzione privilegia la persona, in quanto è ciò di cui ha
maggiore esperienza e che lo interessa di più (il bambino è interessato alla vita). Il bambino analizza il
mondo esplorando la realtà attraverso il cerchio, sia a livello motorio sia a livello visivo (i due canali
che usa per rappresentare il mondo; lo scopre, lo tocca, si muove nello spazio e lo vede). Nel corso dei
suoi primi tentativi, il cerchio serve a rappresentare praticamente qualsiasi oggetto: una figura
umana, una casa, una macchina, un libro, perfino i denti di una sega. Quando il bambino è ancora
allo stadio del cerchio, la forma non è ancora differenziata. Il cerchio non rappresenta la rotondità
ma soltanto la più generica qualità di “cosità” cioè la compattezza di un oggetto solido, che si
distingue dallo sfondo anonimo. (Rudolf Arnheim, Arte e percezione visiva, 1954). Il bambino vive
nella contemporaneità → è importante rimanere sempre dentro all’arte che è più vicino al bambino,
ovvero quella contemporanea.

Abbiamo chiarito che ciò che può fare l’insegnante rispetto a questo processo di sviluppo che
interessa il bambino è provare a comprendere a che punto è di tale sviluppo → attraverso l’analisi del
segno grafico risulta molto complesso individuare esattamente a che punto è il processo in atto;
ognuno di noi infatti è interessato da un processo del tutto personale, perciò quelle che possiamo
dare sono indicazioni di massima, poiché questo processo di differenziazione avviene in relazione allo
sviluppo complessivo del bambino. Proprio per questa differenza, anche percettiva, mettiamo in
evidenza aspetti differenti → la nostra capacità di vedere è legata all’esperienza (vediamo ciò di cui
abbiamo esperienza e non vediamo ciò di cui non abbiamo esperienza; bisogna poi tenere presente
che, oltre all’aspetto percettivo, spesso nelle rappresentazioni grafiche del bambino influisce l’aspetto
emotivo legato all’esperienza); l’esperienza permette di usare la sintassi (Arte come linguaggio con
una propria sintassi) in modo ricco → questo incide anche sulla capacità di avere fantasia e
immaginazione: maggiore è l’esperienza (e più il bambino riesce a mettere a punto e a comprendere
ciò di cui ha fatto esperienza), maggiore è la capacità di attuare processi immaginativi e di fantasia (un
bambino che sta mettendo in pratica la propria capacità immaginativa sta attivando un processo
elevato); può esserci predisposizione, ma il processo immaginativo è anche frutto di un processo
esperienziale e di comprensione di tale esperienza (la creatività non è casualità).
ESERCIZI SUGLI EFFETTI OTTICI - VISIONE/PERCEZIONE (Effetto ottico dell’elefante: caratterizzato da
contrapposizione di piani → il disegno dipende sia dall'esperienza sia dalle conoscenze che si hanno -
se sappiamo che l’elefante ha quattro zampe, nonostante per specifici effetti percettivi se ne possano
vedere 5, non disegneremo un elefante con 5 zampe, perchè la nostra conoscenza prevale su ciò che
vediamo; Effetto ottico del libro: applicazione di un tecnicismo, necessario a ottenere un risultato che
soddisfi -compromesso per rendere la profondità; Effetto ottico Leonardo da Vinci: contrapposizione di
mani come se lavorasse su piani differenti).
Riepilogo aspetti analizzati: 1. DIFFERENZA VISIONE/PERCEZIONE; 2. PROCESSO DA
INDIFFERENZIAZIONE A DIFFERENZIAZIONE: la percezione è legata sia alla nostra capacità di vedere,
quindi all’organo della vista, sia all’esperienza e alla conoscenza. A volte, per rappresentare, è
necessario andare in contraddizione con quanto si conosce e con piccole regole note trovare
tecnicismi che aiutano ad approssimare e rappresentare caratteristiche quali la profondità su un
foglio piatto (lavorare sul foglio spesso rende la rappresentazione complessa per mancanza di resa
della profondità) → attenzione alla scelta del supporto adeguato → 3. MEDIUM ESPRESSIVO:
materiali, con le loro proprietà fisiche, che incidono sul modo di rappresentare; i materiali devono
essere pensati in funzione dell’espressione del bambino. 4. SPAZIO DEDICATO AI MATERIALI (ATELIER)
+ MENTE FLESSIBILE DELL’INSEGNANTE; 5. IMPORTANZA DELL’ARTE CONTEMPORANEA: il bambino
vive nella contemporaneità e l’arte contemporanea paradossalmente è quella che comprende meglio

→ OSSERVAZIONE DIAPOSITIVE “MEDIUM ESPRESSIVO ARTE CONTEMPORANEA” (1. ritratto, collage


con passamaneria, bottoni, filo per uncinetto, non totalmente bidimensionale; 2. spazialità, elementi
del mare attraverso stoffa, tridimensionale, morbidezza, scelta del medium lana per veicolare
morbidezza; 3. medium: stoffe per morbidezza e rotondità, opera astratta, senso della leggerezza; 4.
rappresentazione del cielo e del mare attraverso ritagli di jeans..)

6. ELEMENTO COMUNE SIA NELL’ARTE INFANTILE SIA NELL’ARTE PRIMITIVA: COGLIERE LE


CARATTERISTICHE GENERALI: bambini e primitivi forniscono caratteri generali e configurazioni non
deformate, poiché disegnano ciò che vedono e non ciò che conoscono; il bambino si basa su quel
poco di cui ha fatto esperienza e non su quanto conosce → disegni semplici, perché ha ancora poche
esperienze e conoscenze. Arnheim invitava poi a 7. PRESTARE ATTENZIONE ALLA TENDENZA
UNILATERALE A CONSIDERARE L’ARTE COME ESPRESSIONE DI EMOZIONI/CONFLITTI. L’emozione è
legata all’aspetto cognitivo, perciò è importante non separare tali elementi; non bisogna pensare che
quando il bambino fa arte è sempre per esprimere emozioni, potrebbe farlo per stanchezza, sfogo;
non sempre il disegnare è espressione delle emozioni, lo si può fare per tante funzioni diverse →
l’arte è anche tecnica e procedura, non solo processo spontaneo (tra il 1870/1880 anni si studia in
ambito psicologico la mente umana → in questa periodo qualsiasi produzione artistica del bambino
andava bene, in quanto espressione libera di sé e delle sue emozioni); 8. ARTE COME PROCESSO DI
CRESCITA GRADUALE SU PIÙ PIANI CHE CONCORRONO A TALE CRESCITA. L’arte non è un’emozione
informe → necessità di un atelier e di una mente duttile da parte dell’insegnante. Disegnare =
lasciare segni.

Perchè i bambini disegnano? Riferimento a tre orientamenti diversi:


- 1° approccio → APPROCCIO EVOLUTIVO “considera il disegno come prodotto finito e ritiene
che ciò che lo rende particolare e lo distingue da quello degli adulti sia dovuto ad aspetti
generali della mente infantile e alla scarsa conoscenza della realtà“. Le prime teorie che
studiano il disegno quale segno ritengono che il segno per il bambino sia qualcosa di definito,
che vuole lasciare come prodotto, frutto della sua capacità di generalizzazione della realtà →
focus sull’analisi del disegno come frutto del processo di sviluppo che è in atto; tengono in
considerazione il disegno in sé → scopo: capire come ragiona il bambino analizzando il
prodotto (che caratteristiche ha e cosa significa). Il prodotto del bambino va a segnare
un’evoluzione della sua capacità di disegnare, perciò gli studiosi che seguono questo
approccio, si propongono attraverso il prodotto di leggere l’evoluzione del bambino, ciò che
sa e non sa fare, ciò che ha appreso;
- 2° approccio → APPROCCIO ARTISTICO “concepisce il disegno come processo ed attribuisce le
sue caratteristiche alle varie strategie che il bambino mette in atto per risolvere il problema
dei vincoli esecutivi e cognitivi”. Il bambino inizia progressivamente a confrontarsi con una
serie di elementi che gli permettono di rappresentare il mondo → si analizza più il processo
rispetto al prodotto → scopo: analizzare il processo (Arnheim fa considerazioni di processo);
- 3° approccio → APPROCCIO CLINICO “considera il disegno come manifestazione di paure e
desideri inconsci, espressi in forma simbolica o mascherati; come strumento di sicurezza per
esprimere sentimenti repressi e poco conosciuti” approccio che considera una parte più
prettamente emotiva e inconscia.

Cercare di rispondere alla domanda "Perché il bambino disegna?” significa ricercare una serie di
spiegazioni di diversa natura: si disegna per tanti motivi diversi, per una serie di motivazioni che
vanno a rispondere a bisogni che il bambino ha. Si fa arte per rispondere ai bisogni del bambino e
“renderlo una persona completa in qualsiasi momento” → disegno come esperienza sensoriale,
espressione di fattori percettivi/sensoriali, espressione di interessi, forma di gioco simbolico e di
esplorazione del mondo, impulso attivo, per influenza sociale e di contesto di appartenenza etc..
Il segno infantile è caratterizzato dalla presenza di tratti universali; per assecondarne il processo,
dobbiamo conoscere le caratteristiche di tale segno.
In riferimento ai diversi approcci, è importante tenere in considerazione sia processo sia prodotto
(eseguire sia letture di prodotto, sia letture di processo). Il terzo approccio invece è necessario
conoscerlo ma non praticarlo, in quanto proprio dei terapeuti; ciò che possiamo limitarci a fare è, in
condizioni di normalità, osservare e sapere che nel prodotto vi sono aspetti emotivi legati ai bisogni,
ma oltre non possiamo andare, pur sapendo che il disegno è anche manifestazione di paure, desideri,
forma simbolica e quindi aspetti più inconsci e difficili da interpretare → non dobbiamo interpretare,
ma sostenere prodotti che siano anche espressione di aspetti emotivi del bambino.

APPROCCIO EVOLUTIVO → Il disegno deriva dall’inclinazione umana all’essere attivi. Funzioni →


● Pre-esercizio Il disegno serve al bambino per fare pratica e perfezionare attività e abilità
necessarie alla vita adulta; esercizio finalizzato a mettere in campo progressivamente
competenze sempre più complesse;
● Ricapitolazione Il disegno serve a scaricare istinti primitivi attraverso la forma simbolica;
● Spiegazione piagetiana Il disegno come passaggio tra il gioco simbolico e le immagini
mentali, come tentativo di rappresentare il mondo reale per dare una rete formale, un ordine
al nostro pensare per immagini, che attraverso il disegno diventano segno visibile per essere
espresse.

APPROCCIO ARTISTICO (piacere intrinseco) Il disegno come espressione di fattori


percettivo-sensoriali. La spinta motivazionale all’attività grafico-pittorica potrebbe derivare dal
feedback sensoriale proveniente dal disegno stesso → il disegno può essere esperienza sensoriale e il
piacere intrinseco che si prova nel fare questo. Funzioni:
● Mezzo di espressione - I bambini disegnano per produrre rappresentazioni grafiche,
soprattutto quelle che esprimono i loro interessi e la loro esperienza;
● Influenza sociale Il contesto di vita del bambino influisce direttamente sulla sua produzione
grafica e sulle sue caratteristiche → il bambino produce con una simbologia universale, ma
anche i contesti in cui viviamo determinano differenze e caratteristiche specifiche.
L’approccio artistico afferma che il disegno esprime piacere, poiché esprime qualcosa di percettivo,
legato alla nostra capacità di vedere, ma anche alla sensorialità, e questo provoca benessere e
piacere; è un mezzo d’espressione e nel disegno rientrano influenze sociali, provenienti dal contesto
in cui il bambino è inserito.

I 3 approcci rappresentano i bisogni a cui risponde il disegno, il fare arte con i bambini.
Tuttavia Thomas e Silk ricordano che ogni bambino è unico e in quanto tale si può accostare al
disegno in momenti e per motivi diversi. Ed è anche possibile che si disegni per una pluralità di bisogni
→ Non tutti i bambini della stessa età manifestano gli stessi bisogni; questa unicità va valorizzata.
A seconda del soggetto che vi si accosta, la motivazione può essere differente e l’insegnante
competente sarà capace di capire la motivazione per cui il bambino ha prodotto segni o manipolato
materiali → Essere competente significa conoscere e poi saper contestualizzare, in quel contesto
capire le motivazioni. Tale comprensione infatti è prerequisito necessario affinché si sostengano le
produzioni grafico-pittoriche dei bambini → Le nostre conoscenze su tali aspetti e la capacità di capire
il bambino, fanno sì che si possano sostenere le produzioni grafico-pittoriche (è interessante il fatto
che in questa affermazione si indichi la possibilità di sostenere e non insegnare, infatti tali produzioni
avvengono anche senza il nostro apporto). Perciò dobbiamo conoscere le teorie, capire che il
bambino è unico e che per questo motivo si accosta al disegno per tante motivazioni, e diventare
progressivamente competenti e saper individuare nei bambini quali sono le motivazioni, constatando
che le motivazioni possono essere simili, ma espresse in diverso modo, proprio in merito a tale
unicità.

Nella produzione dei bambini si possono riconoscere due tipi di vincoli (il termine vincolo fa
riferimento ad una condizione, un condizionamento, a elementi che si inseriscono e che vanno
commisurati):
- I vincoli esecutivi si definiscono in relazione allo sviluppo del nostro apparato motorio-visivo
→ nel momento in cui lasciamo un segno, tale segno ha degli aspetti esecutivi connessi alla
nostra capacità senso-motoria e di coordinazione dentro lo spazio;
- I vincoli cognitivi sono legati alle facoltà della mente (di percepire, osservare..), tra cui è di
fondamentale importanza per il disegno la memoria a breve termine per la pianificazione
delle azioni.
→ Due ambiti che si attivano e si integrano, nel momento in cui il bambino è impegnato nella
produzione del segno grafico: senso-motorio e cognitivo.
VISIONE VIDEO ATELIER → importanza di mantenere esperienze di tipo senso-motorio anche nella
scuola primaria; VISIONE VIDEO NEUROSCIENZE → importanza della motricità per l’intero processo di
apprendimento, il quale risulta limitato se non si attiva la capacità motoria; anticipando
l’apprendimento si perde molto, poiché il bambino non ha connessioni sufficienti e un sufficiente
livello di plasticità cerebrale per permettere di sostenere tali richieste.
L’apprendimento, per quanto concerne il funzionamento del cervello, è uno dei processi mentali più
ampio che ci sia, poiché qualsiasi apprendimento non risiede in una specifica area del cervello, ma si
basa sulla connessione di neuroni, su nuove connessioni o sul rinforzo di connessioni già esistenti. A
livello funzionale si può individuare un’area specifica, nella quale risiede il pensiero logico, la
creatività, il pensiero astratto, la capacità di prendere decisioni, le emozioni e la memoria; la funzione
esecutiva risiede nel pre-frontale (l'intera parte razionale del cervello e tutta la parte emozionale):
questa funzione esecutiva è caratterizzata da tre parti: la concentrazione, il controllo di impulsi e la
memoria a breve termine. Questa funzione esecutiva si può considerare come un motore, la cui
benzina sono i neurotrasmettitori, perciò affinché il motore funzioni bene devono essere funzionanti
anche i sistemi responsabili delle emozioni (regione dell'amigdala), che rafforza la funzione esecutiva,
perché quando qualcosa ci piace, siamo in grado di rimanere concentrati e controllare meglio gli
impulsi e dentro quell’emozione c’è motivazione: tutto questo attiva alcuni elementi nella testa che in
sostanza migliorano la funzione esecutiva. L'apprendimento è basato sulla connessione di quante più
aree possibili del cervello; un apprendimento che riesce a mobilitare emozioni, raziocinio, processo
decisionale, memoria a lungo termine etc.. sarà un apprendimento molto più consolidato e che sarà
molto più facile da recuperare In modo cosciente e volontario e applicarlo correttamente a nuove
situazioni. Ogni età ha un periodo che noi definiamo “periodo sensibile”; dobbiamo educare tenendo
presente questa immagine del periodo sensibile, senza bruciare le fasi o anticipare tappe che
arriveranno nel loro momento; anticipando gli obiettivi si guadagna molto poco e si può perdere
moltissimo: se obbligassimo per legge i bambini a leggere a 5 o 6 anni, anticipando gli obiettivi,
danneggeremmo l’amigdala e la loro autostima; loro credono di non essere in grado di farlo, mentre
semplicemente non hanno quei motori attivi → forzandoli e anticipando accade che il cervello associa
all'apprendimento disagio, stress, aspetti emotivi negativi, che provocano in seguito una capacità
inferiore di utilizzare quegli insegnamenti e soprattutto di utilizzarli nel contesto adeguato. Il grande
problema dello stress quando è cronico è che altera il modello di connessioni neurali e può alterarlo in
modo permanente; quando ciò accade a 6, 7, 8, 9 anni, lo stress cronico non permette la corretta
formazione di tali connessioni e ciò provoca un cervello più instabile, che è meno capace di gestire le
emozioni, di gestire la memoria, di prendere decisioni. Quando siamo in condizioni di stress, è
impossibile essere in grado di imparare: ciò che è necessario fare è tutto l'opposto, ovvero creare
ambienti in cui i bambini crescano in fiducia. Il fatto di notare che quello che apprendiamo ha
un’utilità pratica porta a non imparare da una memorizzazione, ma imparare da una
contestualizzazione. Il motore principale dell'apprendimento è l’imitazione; imitiamo perché abbiamo
un tipo di neuroni, chiamati neuroni specchio, che permettono di riflettere ciò che vediamo fuori non
solo a livello motorio, ma anche a livello di motivazione, di creatività, di emozioni; i neuroni specchio
permettono di capire, di empatizzare con i contenuti che stiamo vivendo → l'apprendimento
cooperativo attiva i nostri neuroni; gli esseri umani inoltre sono esseri sociali ed è molto chiaro che
impariamo molto di più con la collaborazione che con la competizione (lo stesso cervello lavora in
modo collaborativo). Se non usiamo gli strumenti dell'arte e della creatività per accendere la passione
e la motivazione alla fine i bambini, non essendo nutrita questa parte del cervello, non capiscono
perché stanno apprendendo. L’acquisizione di conoscenza presuppone sempre la motivazione e la
motivazione non si alimenta in forma passiva, è un'attitudine attiva, ciò significa che lo studente deve
essere soggetto attivo in classe, non solo mentalmente ma anche fisicamente. Il movimento fisico
produce una sostanza, l’irisina, che viaggia dai muscoli verso il cervello e favorisce la plasticità
neurale, che è alla base dell'apprendimento. Un apprendimento che include aspetti di motivazione ed
emozione, soprattutto di piacere, sarà un apprendimento molto ben impiantato nel cervello, perché
sarà parte della nostra essenza basica. Si favorisce un apprendimento permanente attraverso un
apprendimento che ci emoziona, che ci piace e che ha un significato per la nostra vita.

Tutti i modelli teorici di analisi del segno e della produzione grafico pittorica sono accomunati da una
prima fase in cui il bambino scarabocchia. Roda Kellogg nel 1969 compie un’importante analisi
dell’arte infantile, concentrandosi specialmente sugli scarabocchi dei bambini dai 2 ai 8 anni.

Scarabocchio → tipologia di segno innato; funzione


di pre-esercizio per sviluppare poi abilità successive.
Individuazione di 20 tipi di scarabocchio fino ad
arrivare al cerchio, che segna il momento di
passaggio dalla fase dello scarabocchio alla fase del
cerchio → fase simbolica per definizione. Quando il
bambino scarabocchia, è già all'interno di un
processo di sviluppo; quella dello scarabocchio è la
prima fase ed è una fase molto importante. Gli
scarabocchi-base sono venti tipi di segni che i
bambini, già prima dei due anni, iniziano a
disegnare. Sono le strutture portanti del disegno e
consentono una descrizione dettagliata del lavoro
dei bambini piccoli (da un processo di
indifferenziazione a uno di differenziazione).

Dal punto di vista delle neuroscienze e del concetto


di creatività si è verificato che sia la parte destra sia
la parte sinistra del cervello concorrono ai processi di creatività, tuttavia nelle linee generali per molto
tempo si è considerato la parte destra come la parte dedicata all'arte e alla creatività; negli ultimi
studi questa logica è stata rivista e si è verificato che entrambe le parti concorrono alla dimensione
artistica. La Edwards divide lo sviluppo dei simboli in diverse fasi: 1. la fase degli scarabocchi; 2. la fase
dei simboli; 3. la fase dei disegni che parlano; 4. la fase del paesaggio; 5. la fase della complessità e 6.
la fase del realismo. Durante la fase dello scarabocchio, essi assumono progressivamente anche un
ordine dal punto di vista spaziale: dopo aver esplorato la spazialità, a 32 mesi occupa l'intero foglio,
mentre a 26 mesi si concentrava solo su una parte dello spazio a sua disposizione. La conquista del
controllo visivo per dirigere i segni in maniera intenzionale è una scoperta molto importante →
riuscire a riempire il foglio è già un traguardo di maturità di sviluppo sensoriale, man mano che
acquisisce autonomia nello spazio fisico; ciò si nota anche all'interno del foglio, poiché la gestione
della spazialità all’interno del foglio è fortemente connessa allo spazio corporeo e a come il corpo si
muove e ha coscienza dello spazio reale. Uno dei movimenti base che si compiono scarabocchiando è
quello circolare, che deriva dal modo in cui la spalla, il braccio, il polso, la mano e le dita operano in
congiunzione tra loro. Si tratta di un movimento naturale, più naturale per esempio del movimento
richiesto al braccio per disegnare una forma quadrangolare (Edwards). Ci sono studi che ritengono
che il cerchio sia il risultato dell'esperienza del bambino all'interno del ventre materno e vi è poi
un'analisi più legata al movimento, che individua il movimento circolare come il movimento di
coordinazione più semplice, che avviene quasi naturalmente. Visione di disegni di cerchi raggiati,
persino con occhi, che vanno verso la figura umana → passaggio dal simbolico alla figura umana, che
è ciò di cui il bambino ha maggiore esperienza; egli vuole rappresentare la realtà che vive, che è una
realtà viva e soprattutto legata alla figura di accudimento. Il bambino è interessato a rappresentare la
realtà non necessariamente in maniera realistica (ultima fase dello sviluppo del segno), ciò che gli
interessa è semplicemente rappresentarla, non importa come (la somiglianza alla realtà in questa fase
non gli interessa). A partire dai 2 e mezzo/3 anni, il bambino scopre gradualmente la cosa
fondamentale del disegno: un simbolo tracciato sulla carta può rappresentare un oggetto che sta là,
nel mondo esterno → quindi inizia a prendere coscienza anche del fatto che il disegno è una
rappresentazione esterna a sé stesso. Il cerchio è un simbolo universale. Ogni bambino lo usa e può
rappresentare pressoché tutto: una persona, un gatto, il sole, una medusa, un elefante, un coccodrillo,
un fiore o un microbo. Loro rappresentano ogni cosa con i simboli che conoscono, non rappresentano
la realtà simile alla realtà, è proprio un altro modo di approcciarsi. Il bambino traccia un cerchio, lo
guarda, aggiunge due segni al posto degli occhi, guarda nuovamente il disegno e dice: - “La mamma”;
- “Il Babbo”; - “Questo sono io”; - “È il mio cane”. Attraverso gli occhi stiamo arrivando alla figura
umana e iniziare a capire che io, il babbo, la mamma, il cane siamo tutti esseri viventi, che si
muovono.

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18.10.22
Ieri abbiamo parlato dell'esperienza e abbiamo introdotto il senso dell'esperienza artistica; vi avevo
già anticipato una settimana fa che sarebbe venuto un mio collega, Ricard Huerta Ramón del
dipartimento di educazione artistica dell'università di Valencia, per parlarci di un progetto a cui
stiamo pensando e lavorando insieme e che vorrebbe vedere anche il vostro coinvolgimento, un
progetto per il quale è fondamentale il concetto di esperienza come ve lo avevo spiegato prima di fare
l'esempio su Moroni. Prima di farvi l'esempio su Moroni abbiamo provato a definire che cos'è un
esperienza artistica, grazie anche al suggerimento di vostre parole, e da lì abbiamo provato a capire
come il maestro dell'attivismo considerava l'esperienza: l'esperienza è stare dentro la realtà, dentro il
mondo, e provare a creare delle relazioni con il mondo, in modo tale che ci sia una relazione tra la
pressione e il suo ambiente. Il mio collega è qui per un periodo di scambio di alcuni mesi, nel quale
proverà a immergersi nel nostro territorio, oltre che nella nostra università, e proverà a capire e a
leggere la nostra realtà; anche lui fa un'esperienza quindi entra dentro un territorio, una realtà
diversa, per provare insieme a fare un progetto. Questo progetto ve lo spiega Ricard e così iniziamo
anche noi a fare un'esperienza, precisamente dell'esperienza artistica, che era il concetto di cui
parlavamo ieri, poiché un cosa è provare a spiegarlo attraverso il lessico, altra cosa è realizzarlo,
quindi proviamo a capire questi elementi di relazione, come possiamo metterli in campo; prima lo
facciamo noi come futuri insegnanti e poi capiamo come possiamo trasferirla nelle nostre classi e
nelle nostre aule. Parola data a Ricard. Trenta/quarant'anni fa i futuri professori e i futuri maestri non
pensavano alla ricerca, pensavano a fare il lavoro del maestro a scuola; ora le cose sono cambiate
moltissimo, adesso facciamo ricerca normalmente, perché è buono, è sano, è salutare. Questa che vi
presentiamo oggi è una ricerca tra l'Università di Valencia e l'Università di Bologna sul patrimonio,
sull'educazione al patrimonio e andiamo a parlare della morte. Parlate normalmente della morte in
classe? Non è un tema abituale: l'unica cosa sicura è che dobbiamo morire, ma non si parla mai della
morte a scuola, non si parla mai di queste tematiche che sono considerate un po' sempre come da
rifuggire; io penso che la morte sia un tema importante sia per l'arte sia per l'educazione, e per
questo abbiamo cominciato un progetto l'anno scorso all'università delle Isole Baleari e Maiorca. Oggi
vado a presentare i risultati dell'anno scorso; voi siete artisti di questo percorso: vi sentite artisti voi?
Intervento della Panciroli. Ieri abbiamo parlato di esperienza artistica anche per parlare di tematiche
difficili; tematiche più difficili della morte penso che non ce ne siano e quindi proviamo. A parte che il
tema della morte è strettamente connesso al tema della vita. Fine intervento Panciroli, torna a
parlare Ricard Huerta. Ora vi presento un artista che per il tema della morte è stato centrale, che ha
fatto della morte un suo argomento, ovvero Pasolini. Perché abbiamo pensato a questo titolo?
Cimitero Pasolini: tutti sappiamo cos'è un cimitero e penso sappiate anche chi è Pasolini, nato a
Bologna tra l'altro. Con questo progetto facciamo due cose, ovvero parliamo della morte attraverso i
cimiteri e parliamo anche di letteratura attraverso Pier Paolo Pasolini, perché Pasolini ha parlato tanto
della morte e anche la sua morte è stata un grande accadimento 40 anni fa perché è stata una morte
molto violenta; curiosamente uno dei primi lavori letterari di Pasolini è “Una vita violenta”. Pasolini è
stato un grande poeta e anche un grande cineasta. Avete visto film di Pasolini? Vi raccomando ad
esempio “Le mille e una notte” o “Mamma Roma” con Anna Magnani, un film bellissimo e uno dei
primi di Pasolini: sono tantissimi i film di Pasolini attraverso i quali è possibile capire la poetica di
questo artista. Cimitero Pasolini, la morte, la letteratura, l'arte e soprattutto la partecipazione di tutti
voi; il mio obiettivo è quello di far sì che tutti noi facciamo parte di un progetto artistico e anche
educativo e questo progetto per voi sarà, io penso, una forma anche di provare a creare immagini. Voi
fate tutti i giorni fotografie, perciò vogliamo una fotografia da ciascuno di voi; la parte più difficile è
trovare la fotografia. Io lavoro come ricercatore all'Università di Valencia in un istituto definito di
creatività e innovazione educativa, e come professore basicamente per formare futuri docenti come
voi. Noi abbiamo un gruppo di ricerca che si chiama TECNOCREARI, dove molte volte facciamo
progetti con alunni: noi riteniamo che la parte più interessante del nostro lavoro sia la collaborazione
con gli alunni. La mia specialità è l'educazione artistica; l’educazione artistica non è una fonte di
grande interesse, ma per me è una vocazione e come professore universitario mi dedico soprattutto
alla formazione dei futuri professori, e anche dopo 40 anni sono appassionato del mio lavoro; provo
sempre una forte emozione nel fare cose nuove ed è per questo che è interessantissimo vedere cosa
viene fatto in altri luoghi, che sia Bologna o Parigi ad esempio, e sono sempre molto attento a ciò che
di nuovo arriva nel progresso della formazione artistica, che è la mia specialità e

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