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Non unicamente competenza della materia, ma sensibilità per l’arte → tenere presente che il
bambino attraversa un processo di crescita complessivo che interessa più piani (cognitivo, corporeo,
socio-relazionale) e che è già in atto dai primi mesi di vita.
Funzioni dell’arte: 1. evocativo-religiosa (non solo pitture sacre, ma anche pittura primitiva e profana,
che rispondono a esigenze di tipo propiziatorio portando alla nascita di miti, leggende e raffigurazioni
di divinità); 2. celebrativa; 3. decorativa; 4. simbolica; 5. didattica; 6. provocatoria. APPROCCIO
SENSORIALE ALL’ARTE; L’arte ha un ruolo nello sviluppo delle capacità percettive e deve essere
occasione di piacere e di costruzione del mondo.
“Arte e percezione visiva” (R. Arnheim, 1954 - ambito psicologico e percettivo) → va ad analizzare
l’arte come linguaggio, individuando una sorta di grammatica: forma, spazio, colore, prospettiva, luce
e ombra, movimento, punto, linea..; Arnheim dedica un capitolo all’educazione e afferma che: “l’arte
serve per formare (un bambino che sia non un artista, ma) una personalità completa in qualsiasi
momento”; inoltre individua due elementi fondamentali per arrivare a questo obiettivo educativo,
ovvero la mente duttile e flessibile dell’insegnante e la classe d’arte (atelier-ricchezza di materiali,
indispensabili per fare esperienza artistica, e ambiente predisposto; materiale definito da Arnheim
come medium espressivo). Con il termine medium espressivo si fa riferimento sia alle proprietà
fisiche di un materiale, ma anche allo stile di rappresentazione proprio di uno specifico artistico →
scelta dei materiali in funzione della loro espressione, perché possano esprimersi con quel materiale;
l’espressione non passa solo attraverso il segno; il materiale ha un ruolo indispensabile. Osservazione
opere di Picasso: sperimentazione di uno stesso soggetto attraverso diversi materiali (ceramica
rotondità; durezza delle corna). Arnheim inoltre si chiede cosa differenzi la visione e la percezione 1.
(esperienza del vedere legato ai sensi). Il percettivo, il sensoriale si basa sugli organi di senso.
Potenzialmente si ha un’immagine che è data dal campo visivo che si ha davanti a sé e la capacità di
vedere; dal punto di vista percettivo “fotografiamo” le stesse cose in modo indistinto, poi in base a ciò
che vediamo abbiamo esperienze differenti e perciò notiamo cose diverse. La visione si rifà a ciò che
percepiamo/vediamo in termini percettivi insieme al fatto di avere un’esperienza rispetto a quella
situazione → effetti visivi. Ognuno di noi arricchisce ciò che percepiamo con elementi dati
dall’esperienza; perciò quando immaginiamo la realtà che è davanti a noi, essa è frutto di ciò che
percepiamo, insieme a tutta la nostra esperienza. Non ha senso quindi fissarci sulla resa oggettiva di
oggetti ed elementi, innanzitutto per la varietà tale di elementi della natura la cui resa è
incredibilmente complessa da non poter essere resa in maniera semplicistica e inoltre a parità di
percezione possiamo “vedere” cose diverse sulla base delle esperienze vissute → ognuno di noi
potrebbe descrivere ciò che osserviamo in maniera differente. La visione è legata all’esperienza. 2. Si
procede da processi di indifferenziazione a processi di differenziazione: inizialmente il bambino non
nota i particolari, poiché come struttura psicologica e cognitiva non riesce a coglierli. In un bambino
molto piccolo si hanno elementi essenziali che vengono visti e rappresentati nello stesso modo; il
bambino vede macro-caratteristiche (Arnheim parla di concetti e non di elementi proprio per questo;
il processo è esemplificabile come un’immagine che passa velocemente e della quale non si riesce a
cogliere i particolari) → vi è nel bambino un processo di differenziazione in atto. Quello che un
insegnante può fare è osservare se c’è un processo di sviluppo in atto (osservare i segni legati a uno
sviluppo complessivo del bambino → il bambino ha in atto un processo di sviluppo motorio,
psicologico, percettivo, cognitivo e relazionale/sociale). “L’esempio del disegno infantile evidenzia il
fatto che le rappresentazioni pittoriche devono essere poste in relazione all’esperienza che
riflettono e al medium in cui sono eseguite”; “Non c’è davvero motivo di supporre che il bambino
scopra la forma del cerchio attraverso l’imitazione di oggetti rotondi da lui osservati.”; “È invece molto
probabile che il tendere verso forme semplici, proprio del comportamento visivo e motorio, abbia una
parte predominante nel processo in questione.” (Rudolf Arnheim, Arte e percezione visiva, 1954).
Inizialmente il bambino sceglie il cerchio come semplificazione per rappresentare ogni cosa; per
quanto riguarda l’oggetto della sua produzione privilegia la persona, in quanto è ciò di cui ha
maggiore esperienza e che lo interessa di più (il bambino è interessato alla vita). Il bambino analizza il
mondo esplorando la realtà attraverso il cerchio, sia a livello motorio sia a livello visivo (i due canali
che usa per rappresentare il mondo; lo scopre, lo tocca, si muove nello spazio e lo vede). Nel corso dei
suoi primi tentativi, il cerchio serve a rappresentare praticamente qualsiasi oggetto: una figura
umana, una casa, una macchina, un libro, perfino i denti di una sega. Quando il bambino è ancora
allo stadio del cerchio, la forma non è ancora differenziata. Il cerchio non rappresenta la rotondità
ma soltanto la più generica qualità di “cosità” cioè la compattezza di un oggetto solido, che si
distingue dallo sfondo anonimo. (Rudolf Arnheim, Arte e percezione visiva, 1954). Il bambino vive
nella contemporaneità → è importante rimanere sempre dentro all’arte che è più vicino al bambino,
ovvero quella contemporanea.
Abbiamo chiarito che ciò che può fare l’insegnante rispetto a questo processo di sviluppo che
interessa il bambino è provare a comprendere a che punto è di tale sviluppo → attraverso l’analisi del
segno grafico risulta molto complesso individuare esattamente a che punto è il processo in atto;
ognuno di noi infatti è interessato da un processo del tutto personale, perciò quelle che possiamo
dare sono indicazioni di massima, poiché questo processo di differenziazione avviene in relazione allo
sviluppo complessivo del bambino. Proprio per questa differenza, anche percettiva, mettiamo in
evidenza aspetti differenti → la nostra capacità di vedere è legata all’esperienza (vediamo ciò di cui
abbiamo esperienza e non vediamo ciò di cui non abbiamo esperienza; bisogna poi tenere presente
che, oltre all’aspetto percettivo, spesso nelle rappresentazioni grafiche del bambino influisce l’aspetto
emotivo legato all’esperienza); l’esperienza permette di usare la sintassi (Arte come linguaggio con
una propria sintassi) in modo ricco → questo incide anche sulla capacità di avere fantasia e
immaginazione: maggiore è l’esperienza (e più il bambino riesce a mettere a punto e a comprendere
ciò di cui ha fatto esperienza), maggiore è la capacità di attuare processi immaginativi e di fantasia (un
bambino che sta mettendo in pratica la propria capacità immaginativa sta attivando un processo
elevato); può esserci predisposizione, ma il processo immaginativo è anche frutto di un processo
esperienziale e di comprensione di tale esperienza (la creatività non è casualità).
ESERCIZI SUGLI EFFETTI OTTICI - VISIONE/PERCEZIONE (Effetto ottico dell’elefante: caratterizzato da
contrapposizione di piani → il disegno dipende sia dall'esperienza sia dalle conoscenze che si hanno -
se sappiamo che l’elefante ha quattro zampe, nonostante per specifici effetti percettivi se ne possano
vedere 5, non disegneremo un elefante con 5 zampe, perchè la nostra conoscenza prevale su ciò che
vediamo; Effetto ottico del libro: applicazione di un tecnicismo, necessario a ottenere un risultato che
soddisfi -compromesso per rendere la profondità; Effetto ottico Leonardo da Vinci: contrapposizione di
mani come se lavorasse su piani differenti).
Riepilogo aspetti analizzati: 1. DIFFERENZA VISIONE/PERCEZIONE; 2. PROCESSO DA
INDIFFERENZIAZIONE A DIFFERENZIAZIONE: la percezione è legata sia alla nostra capacità di vedere,
quindi all’organo della vista, sia all’esperienza e alla conoscenza. A volte, per rappresentare, è
necessario andare in contraddizione con quanto si conosce e con piccole regole note trovare
tecnicismi che aiutano ad approssimare e rappresentare caratteristiche quali la profondità su un
foglio piatto (lavorare sul foglio spesso rende la rappresentazione complessa per mancanza di resa
della profondità) → attenzione alla scelta del supporto adeguato → 3. MEDIUM ESPRESSIVO:
materiali, con le loro proprietà fisiche, che incidono sul modo di rappresentare; i materiali devono
essere pensati in funzione dell’espressione del bambino. 4. SPAZIO DEDICATO AI MATERIALI (ATELIER)
+ MENTE FLESSIBILE DELL’INSEGNANTE; 5. IMPORTANZA DELL’ARTE CONTEMPORANEA: il bambino
vive nella contemporaneità e l’arte contemporanea paradossalmente è quella che comprende meglio
Cercare di rispondere alla domanda "Perché il bambino disegna?” significa ricercare una serie di
spiegazioni di diversa natura: si disegna per tanti motivi diversi, per una serie di motivazioni che
vanno a rispondere a bisogni che il bambino ha. Si fa arte per rispondere ai bisogni del bambino e
“renderlo una persona completa in qualsiasi momento” → disegno come esperienza sensoriale,
espressione di fattori percettivi/sensoriali, espressione di interessi, forma di gioco simbolico e di
esplorazione del mondo, impulso attivo, per influenza sociale e di contesto di appartenenza etc..
Il segno infantile è caratterizzato dalla presenza di tratti universali; per assecondarne il processo,
dobbiamo conoscere le caratteristiche di tale segno.
In riferimento ai diversi approcci, è importante tenere in considerazione sia processo sia prodotto
(eseguire sia letture di prodotto, sia letture di processo). Il terzo approccio invece è necessario
conoscerlo ma non praticarlo, in quanto proprio dei terapeuti; ciò che possiamo limitarci a fare è, in
condizioni di normalità, osservare e sapere che nel prodotto vi sono aspetti emotivi legati ai bisogni,
ma oltre non possiamo andare, pur sapendo che il disegno è anche manifestazione di paure, desideri,
forma simbolica e quindi aspetti più inconsci e difficili da interpretare → non dobbiamo interpretare,
ma sostenere prodotti che siano anche espressione di aspetti emotivi del bambino.
I 3 approcci rappresentano i bisogni a cui risponde il disegno, il fare arte con i bambini.
Tuttavia Thomas e Silk ricordano che ogni bambino è unico e in quanto tale si può accostare al
disegno in momenti e per motivi diversi. Ed è anche possibile che si disegni per una pluralità di bisogni
→ Non tutti i bambini della stessa età manifestano gli stessi bisogni; questa unicità va valorizzata.
A seconda del soggetto che vi si accosta, la motivazione può essere differente e l’insegnante
competente sarà capace di capire la motivazione per cui il bambino ha prodotto segni o manipolato
materiali → Essere competente significa conoscere e poi saper contestualizzare, in quel contesto
capire le motivazioni. Tale comprensione infatti è prerequisito necessario affinché si sostengano le
produzioni grafico-pittoriche dei bambini → Le nostre conoscenze su tali aspetti e la capacità di capire
il bambino, fanno sì che si possano sostenere le produzioni grafico-pittoriche (è interessante il fatto
che in questa affermazione si indichi la possibilità di sostenere e non insegnare, infatti tali produzioni
avvengono anche senza il nostro apporto). Perciò dobbiamo conoscere le teorie, capire che il
bambino è unico e che per questo motivo si accosta al disegno per tante motivazioni, e diventare
progressivamente competenti e saper individuare nei bambini quali sono le motivazioni, constatando
che le motivazioni possono essere simili, ma espresse in diverso modo, proprio in merito a tale
unicità.
Nella produzione dei bambini si possono riconoscere due tipi di vincoli (il termine vincolo fa
riferimento ad una condizione, un condizionamento, a elementi che si inseriscono e che vanno
commisurati):
- I vincoli esecutivi si definiscono in relazione allo sviluppo del nostro apparato motorio-visivo
→ nel momento in cui lasciamo un segno, tale segno ha degli aspetti esecutivi connessi alla
nostra capacità senso-motoria e di coordinazione dentro lo spazio;
- I vincoli cognitivi sono legati alle facoltà della mente (di percepire, osservare..), tra cui è di
fondamentale importanza per il disegno la memoria a breve termine per la pianificazione
delle azioni.
→ Due ambiti che si attivano e si integrano, nel momento in cui il bambino è impegnato nella
produzione del segno grafico: senso-motorio e cognitivo.
VISIONE VIDEO ATELIER → importanza di mantenere esperienze di tipo senso-motorio anche nella
scuola primaria; VISIONE VIDEO NEUROSCIENZE → importanza della motricità per l’intero processo di
apprendimento, il quale risulta limitato se non si attiva la capacità motoria; anticipando
l’apprendimento si perde molto, poiché il bambino non ha connessioni sufficienti e un sufficiente
livello di plasticità cerebrale per permettere di sostenere tali richieste.
L’apprendimento, per quanto concerne il funzionamento del cervello, è uno dei processi mentali più
ampio che ci sia, poiché qualsiasi apprendimento non risiede in una specifica area del cervello, ma si
basa sulla connessione di neuroni, su nuove connessioni o sul rinforzo di connessioni già esistenti. A
livello funzionale si può individuare un’area specifica, nella quale risiede il pensiero logico, la
creatività, il pensiero astratto, la capacità di prendere decisioni, le emozioni e la memoria; la funzione
esecutiva risiede nel pre-frontale (l'intera parte razionale del cervello e tutta la parte emozionale):
questa funzione esecutiva è caratterizzata da tre parti: la concentrazione, il controllo di impulsi e la
memoria a breve termine. Questa funzione esecutiva si può considerare come un motore, la cui
benzina sono i neurotrasmettitori, perciò affinché il motore funzioni bene devono essere funzionanti
anche i sistemi responsabili delle emozioni (regione dell'amigdala), che rafforza la funzione esecutiva,
perché quando qualcosa ci piace, siamo in grado di rimanere concentrati e controllare meglio gli
impulsi e dentro quell’emozione c’è motivazione: tutto questo attiva alcuni elementi nella testa che in
sostanza migliorano la funzione esecutiva. L'apprendimento è basato sulla connessione di quante più
aree possibili del cervello; un apprendimento che riesce a mobilitare emozioni, raziocinio, processo
decisionale, memoria a lungo termine etc.. sarà un apprendimento molto più consolidato e che sarà
molto più facile da recuperare In modo cosciente e volontario e applicarlo correttamente a nuove
situazioni. Ogni età ha un periodo che noi definiamo “periodo sensibile”; dobbiamo educare tenendo
presente questa immagine del periodo sensibile, senza bruciare le fasi o anticipare tappe che
arriveranno nel loro momento; anticipando gli obiettivi si guadagna molto poco e si può perdere
moltissimo: se obbligassimo per legge i bambini a leggere a 5 o 6 anni, anticipando gli obiettivi,
danneggeremmo l’amigdala e la loro autostima; loro credono di non essere in grado di farlo, mentre
semplicemente non hanno quei motori attivi → forzandoli e anticipando accade che il cervello associa
all'apprendimento disagio, stress, aspetti emotivi negativi, che provocano in seguito una capacità
inferiore di utilizzare quegli insegnamenti e soprattutto di utilizzarli nel contesto adeguato. Il grande
problema dello stress quando è cronico è che altera il modello di connessioni neurali e può alterarlo in
modo permanente; quando ciò accade a 6, 7, 8, 9 anni, lo stress cronico non permette la corretta
formazione di tali connessioni e ciò provoca un cervello più instabile, che è meno capace di gestire le
emozioni, di gestire la memoria, di prendere decisioni. Quando siamo in condizioni di stress, è
impossibile essere in grado di imparare: ciò che è necessario fare è tutto l'opposto, ovvero creare
ambienti in cui i bambini crescano in fiducia. Il fatto di notare che quello che apprendiamo ha
un’utilità pratica porta a non imparare da una memorizzazione, ma imparare da una
contestualizzazione. Il motore principale dell'apprendimento è l’imitazione; imitiamo perché abbiamo
un tipo di neuroni, chiamati neuroni specchio, che permettono di riflettere ciò che vediamo fuori non
solo a livello motorio, ma anche a livello di motivazione, di creatività, di emozioni; i neuroni specchio
permettono di capire, di empatizzare con i contenuti che stiamo vivendo → l'apprendimento
cooperativo attiva i nostri neuroni; gli esseri umani inoltre sono esseri sociali ed è molto chiaro che
impariamo molto di più con la collaborazione che con la competizione (lo stesso cervello lavora in
modo collaborativo). Se non usiamo gli strumenti dell'arte e della creatività per accendere la passione
e la motivazione alla fine i bambini, non essendo nutrita questa parte del cervello, non capiscono
perché stanno apprendendo. L’acquisizione di conoscenza presuppone sempre la motivazione e la
motivazione non si alimenta in forma passiva, è un'attitudine attiva, ciò significa che lo studente deve
essere soggetto attivo in classe, non solo mentalmente ma anche fisicamente. Il movimento fisico
produce una sostanza, l’irisina, che viaggia dai muscoli verso il cervello e favorisce la plasticità
neurale, che è alla base dell'apprendimento. Un apprendimento che include aspetti di motivazione ed
emozione, soprattutto di piacere, sarà un apprendimento molto ben impiantato nel cervello, perché
sarà parte della nostra essenza basica. Si favorisce un apprendimento permanente attraverso un
apprendimento che ci emoziona, che ci piace e che ha un significato per la nostra vita.
Tutti i modelli teorici di analisi del segno e della produzione grafico pittorica sono accomunati da una
prima fase in cui il bambino scarabocchia. Roda Kellogg nel 1969 compie un’importante analisi
dell’arte infantile, concentrandosi specialmente sugli scarabocchi dei bambini dai 2 ai 8 anni.
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18.10.22
Ieri abbiamo parlato dell'esperienza e abbiamo introdotto il senso dell'esperienza artistica; vi avevo
già anticipato una settimana fa che sarebbe venuto un mio collega, Ricard Huerta Ramón del
dipartimento di educazione artistica dell'università di Valencia, per parlarci di un progetto a cui
stiamo pensando e lavorando insieme e che vorrebbe vedere anche il vostro coinvolgimento, un
progetto per il quale è fondamentale il concetto di esperienza come ve lo avevo spiegato prima di fare
l'esempio su Moroni. Prima di farvi l'esempio su Moroni abbiamo provato a definire che cos'è un
esperienza artistica, grazie anche al suggerimento di vostre parole, e da lì abbiamo provato a capire
come il maestro dell'attivismo considerava l'esperienza: l'esperienza è stare dentro la realtà, dentro il
mondo, e provare a creare delle relazioni con il mondo, in modo tale che ci sia una relazione tra la
pressione e il suo ambiente. Il mio collega è qui per un periodo di scambio di alcuni mesi, nel quale
proverà a immergersi nel nostro territorio, oltre che nella nostra università, e proverà a capire e a
leggere la nostra realtà; anche lui fa un'esperienza quindi entra dentro un territorio, una realtà
diversa, per provare insieme a fare un progetto. Questo progetto ve lo spiega Ricard e così iniziamo
anche noi a fare un'esperienza, precisamente dell'esperienza artistica, che era il concetto di cui
parlavamo ieri, poiché un cosa è provare a spiegarlo attraverso il lessico, altra cosa è realizzarlo,
quindi proviamo a capire questi elementi di relazione, come possiamo metterli in campo; prima lo
facciamo noi come futuri insegnanti e poi capiamo come possiamo trasferirla nelle nostre classi e
nelle nostre aule. Parola data a Ricard. Trenta/quarant'anni fa i futuri professori e i futuri maestri non
pensavano alla ricerca, pensavano a fare il lavoro del maestro a scuola; ora le cose sono cambiate
moltissimo, adesso facciamo ricerca normalmente, perché è buono, è sano, è salutare. Questa che vi
presentiamo oggi è una ricerca tra l'Università di Valencia e l'Università di Bologna sul patrimonio,
sull'educazione al patrimonio e andiamo a parlare della morte. Parlate normalmente della morte in
classe? Non è un tema abituale: l'unica cosa sicura è che dobbiamo morire, ma non si parla mai della
morte a scuola, non si parla mai di queste tematiche che sono considerate un po' sempre come da
rifuggire; io penso che la morte sia un tema importante sia per l'arte sia per l'educazione, e per
questo abbiamo cominciato un progetto l'anno scorso all'università delle Isole Baleari e Maiorca. Oggi
vado a presentare i risultati dell'anno scorso; voi siete artisti di questo percorso: vi sentite artisti voi?
Intervento della Panciroli. Ieri abbiamo parlato di esperienza artistica anche per parlare di tematiche
difficili; tematiche più difficili della morte penso che non ce ne siano e quindi proviamo. A parte che il
tema della morte è strettamente connesso al tema della vita. Fine intervento Panciroli, torna a
parlare Ricard Huerta. Ora vi presento un artista che per il tema della morte è stato centrale, che ha
fatto della morte un suo argomento, ovvero Pasolini. Perché abbiamo pensato a questo titolo?
Cimitero Pasolini: tutti sappiamo cos'è un cimitero e penso sappiate anche chi è Pasolini, nato a
Bologna tra l'altro. Con questo progetto facciamo due cose, ovvero parliamo della morte attraverso i
cimiteri e parliamo anche di letteratura attraverso Pier Paolo Pasolini, perché Pasolini ha parlato tanto
della morte e anche la sua morte è stata un grande accadimento 40 anni fa perché è stata una morte
molto violenta; curiosamente uno dei primi lavori letterari di Pasolini è “Una vita violenta”. Pasolini è
stato un grande poeta e anche un grande cineasta. Avete visto film di Pasolini? Vi raccomando ad
esempio “Le mille e una notte” o “Mamma Roma” con Anna Magnani, un film bellissimo e uno dei
primi di Pasolini: sono tantissimi i film di Pasolini attraverso i quali è possibile capire la poetica di
questo artista. Cimitero Pasolini, la morte, la letteratura, l'arte e soprattutto la partecipazione di tutti
voi; il mio obiettivo è quello di far sì che tutti noi facciamo parte di un progetto artistico e anche
educativo e questo progetto per voi sarà, io penso, una forma anche di provare a creare immagini. Voi
fate tutti i giorni fotografie, perciò vogliamo una fotografia da ciascuno di voi; la parte più difficile è
trovare la fotografia. Io lavoro come ricercatore all'Università di Valencia in un istituto definito di
creatività e innovazione educativa, e come professore basicamente per formare futuri docenti come
voi. Noi abbiamo un gruppo di ricerca che si chiama TECNOCREARI, dove molte volte facciamo
progetti con alunni: noi riteniamo che la parte più interessante del nostro lavoro sia la collaborazione
con gli alunni. La mia specialità è l'educazione artistica; l’educazione artistica non è una fonte di
grande interesse, ma per me è una vocazione e come professore universitario mi dedico soprattutto
alla formazione dei futuri professori, e anche dopo 40 anni sono appassionato del mio lavoro; provo
sempre una forte emozione nel fare cose nuove ed è per questo che è interessantissimo vedere cosa
viene fatto in altri luoghi, che sia Bologna o Parigi ad esempio, e sono sempre molto attento a ciò che
di nuovo arriva nel progresso della formazione artistica, che è la mia specialità e