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LA CERIMONIA DI INVESTITURA DEL VASSALLO

Generalmente veniva svolta in una chiesa o in un castello.

La sera prima della cerimonia, il futuro feudatario doveva digiunare, confessarsi e trascorrere la
“veglia delle armi”, cioè doveva passare la notte in orazione.
La concessione vera e propria del feudo avveniva nel corso di una solenne cerimonia, detta appunto
investitura, che comprendeva tre momenti: l’atto di sottomissione (chiamato omaggio), il
giuramento di fedeltà e la concessione del feudo.

LA PROVA
In alcuni casi la cerimonia iniziava con la prova della spada…

L'OMAGGIO
L’atto di omaggio (latino: homagium) era il momento principale della cerimonia dell’ivestitura.
Esso era un atto di sottomissione con il quale un signore feudale riconosceva la superiorità di un
altro nobile. Il termine «omaggio», deriva da homo ("uomo") e agere ("condurre") ed indicava una
cerimonia durante la quale il nobile si dichiarava uomo fedele del suo signore e pronto a farsi
condurre da questo.

Il vassallo s'inginocchiava e metteva le mani giunte (immixtio manuum) in quelle del potente -
quasi a consegnargli magicamente la sua forza - e poi pronunciava un giuramento solenne toccando
le reliquie o i Vangeli.
Successivamente gli dava un bacio (osculum) sulla bocca. Da questo momento diventava "uomo di
bocca e di mani" del signore, poiché oltre a combattere per lui non doveva mai tradirlo.

<<Ecco, l’uno di fronte all’altro, due uomini: l’uno che vuoi servire, l’altro che accetta e desidera
d’essere capo. Il primo congiunge le mani e le pone, così unite, in quelle del secondo: chiaro
simbolo di sottomissione, il cui senso era talvolta ancor più accentuato dall’atto d’inginocchiarsi. Il
personaggio che offre le mani pronuncia nel medesimo tempo alcune parole, con le quali si
riconosce “uomo” di colui che gli sta davanti. Quindi, capo e subordinato si baciano sulla bocca,
simbolo di accordo e di amicizia. Questi i gesti molto semplici servivano ad annodare uno dei più
forti legami sociali che abbia conosciuto l’età feudale. La cerimonia, cento volte descritta o
ricordata nei testi, sui sigilli, su miniature, su bassorilievi, si chiamava “omaggio”. Per designare il
superiore che essa creava, si usava il semplice nome, assai generale, di “signore”. Il subordinato è
spesso chiamato, semplicemente, “l’uomo” di questo signore. Ma vengono usati anche termini più
specifici, come “vassallo”>>.

M. Bloch, La società feudale, Einaudi

IL GIURAMENTO DI FEDELTA'

L’omaggio era seguito dal giuramento di fedeltà, che fin dal tempo di Carlo Magno il vassallo
pronunciava tenendo la mano destra su un oggetto sacro.

Per mezzo del giuramento religioso il patto di vassallaggio acquistava un carattere sacro che lo
poneva al di sopra di tutti gli altri legami, compresi quelli familiari.

N.B.:
Oggi, in uno stato democratico, quando il presidente della Repubblica o il primo ministro entrano in
carica, giurano sulla Costituzione e di fronte al parlamento, ossia ai rappresentanti della nazione.
Con questo giuramento si impegnano a rispettare la legge fondamentale dello stato e, nel fare le
leggi, a essere fedeli ai princìpi della Costituzione stessa. Anche nel Medioevo un conte o un duca,
quando veniva investito dal re della carica corrispondente al suo titolo, faceva un solenne
giuramento, ma giurava di essere fedele al suo signore: non quindi a una legge uguale per tutti ma
alla persona e alla volontà del suo re.
GIURAMENTI A CONFRONTO
La formula qui riportata è stata scritta nel 1020 da Fulberto, vescovo di Chartres, il quale diede una
forma ufficiale e compiuta a diverse formule di giuramento allora utilizzate.

Io giuro su questi santi vangeli che d’ora innanzi sino all’ultimo giorno della vita sarò fedele a te,
mio signore, contro ogni uomo eccetto l’imperatore. Giuro che consapevolmente non parteciperò
giammai a deliberazioni o ad atto per cui tu perda la vita o qualche parte del tuo corpo, o riceva
danno nella persona o ingiustizia o insulto, che tu perda qualche diritto presente o futuro. E se
accadrà che tu perda qualche cosa che hai o avrai, per ingiustizia o caso, ti aiuterò a ricuperarla e,
ricuperata, a conservarla. E se avrò saputo che tu vuoi giustamente assalire qualcuno e sarò stato
da te invitato, sia in forma generale sia personale, ti darò il mio aiuto come potrò. E se mi
chiederai consiglio su qualche cosa, ti darò il consiglio che mi sembrerà più utile per te. E mai di
persona farò consapevolmente cosa che possa essere di danno a te e ai tuoi.

Il testo seguente è il giuramento del presidente della Repubblica italiana nel momento in cui entra in
carica:

Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di


esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della nazione.

LA CONCESSIONE DEL FEUDO

• Una volta compiuti questi riti, il signore procedeva alla concessione del feudo, che consisteva
quasi sempre in un pezzo di terra. Secondo un uso antico, il signore consegnava al vassallo al
momento dell’investitura un oggetto simbolico che rappresentava il feudo.

• Il vassallo, da parte sua, si impegnava a dare al signore consiglio e aiuto.

• Il “consiglio” significava l’obbligo di prender parte alle assemblee convocate dal signore; l”aiuto”
voleva dire che egli doveva combattere per il suo signore e contribuire alle sue spese.

Il vassallo riceveva insieme con il feudo anche alcuni privilegi, chiamati immunità:
• Il diritto di governare il territorio a lui assegnato con tutti i suoi abitanti.
• Il diritto di riscuotere le tasse.
• Il diritto di amministrare la giustizia.

Non era raro che il signore usasse donare al suo feudatario anche un armamento completo: spada,
scudo, lancia, elmo ed usbergo (una specie di camicia fatta di migliaia di anelli di ferro), che
portava lo stemma del signore.
Questo era per il feudatario un onore immenso e molto spesso le bellissime armature erano oggetto
di vanto, ma anche di grande riconoscimento.

Il sovrano, per essere veramente forte ed essere rispettato, avevano bisogno di un forte esercito, e a
quei tempi, l’arma migliore era la cavalleria, assai migliorata rispetto all’epoca dei Romani.
Di solito, una vassallo poteva fornire dai 150 ai 200 cavalieri che dovevano essere equipaggiati al
meglio con armature di buona qualità che costavano cinque volte il prezzo di un bue.

L’aiuto militare che il vassallo dava al suo signore era molto impegnativo perché bisognava
abbandonare le proprie terre per tutto il tempo della guerra.

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