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Immagine dell'eclissi solare del 1919 ripresa da Sir Arthur Eddington nella
spedizione che portò alla verifica della curvatura della luce intorno al Sole
come prevista nella Teoria della Relatività Generale di Einstein.
Fonte: Wikipedia
L'esperimento doveva essere in grado di osservare la deviazione dei raggi luminosi di una stella in prossimità di un
oggetto massiccio come il Sole. Secondo la teoria della relatività, infatti, poiché la luce proveniente da una stella visibile
in prossimità del Sole viene deflessa, l'astro sarebbe dovuto apparire in una posizione leggermente più lontana
(posizione apparente) rispetto alla sua posizione reale.
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La presenza di una grande massa, in questo caso il Sole, devia il percorso della luce di certo un angolo. Dalla Terra la stella appare in
una posizione diversa (apparente) da quella reale. Fonte: www.castfvg.it
Eddington fece molte fotografie dell'evento, ma a causa delle brutte condizioni meteo i risultati non furono molto precisi e
per lungo tempo furono criticati, tuttavia rappresentarono la prima prova sperimentale della deviazione della luce e
conferirono a Einstein un enorme prestigio, permettendo alla sua teoria di essere conosciuta in tutto il mondo.
Si racconta che quando venne chiesto a Einstein quale sarebbe stata la sua reazione se l'esperimento di Eddington
avesse confutato la sua teoria, Einstein rispose in tono ironico: "Mi sarebbe dunque dispiaciuto per il caro signore, ma la
teoria è corretta comunque".
Verifiche successive hanno pienamente confermato la previsione di Einstein e oggi la deflessione della luce è diventata
uno strumento efficace di indagine astrofisica. Per esempio, il fenomeno delle Lenti gravitazionali (vedi speciale Quando
la gravità funziona da lente) si spiega solo grazie alla deflessione della luce, infatti, le immagini distorte sono prodotte
quando la luce proveniente da un corpo celeste lontano viene deviata dal campo gravitazionale di una galassia o di un
ammasso di galassie.
Le misure della precessione del perielio di Mercurio vennero effettuate osservando il transito di Mercurio sul disco del
Sole. Il risultato è che il valore di tale precessione si discosta da quello calcolato con la meccanica Newtoniana di circa
43'' (arcosecondi). La Relatività Generale è in grado invece di prevede esattamente tale spostamento del perielio, motivo
per cui fu accettata subito nella comunità scientifica.
Il redshift gravitazionale venne misurato con precisione soltanto nel 1959 con l'esperimento di Pound-Rebka alla Harvard
University.
Nell'esperimento venne misurato lo spostamento verso il rosso di due sorgenti di raggi gamma di 57F posizionate
rispettivamente in cima e alla base della Torre Jefferson. I risultati erano in perfetto accordo con quanto previsto dalla
Relatività Generale.
Una prova moderna: lo strano caso della vita media del muone
Tra le tante prove moderne a sostegno della Teoria della Relatività, una delle più curiose riguarda la vita media del
mesone µ, definito muone. Il muone è prodotto nell'interazione dei raggi cosmici provenienti dallo spazio con le particelle
che compongono l'atmosfera. Sono particelle fondamentali, instabili, poiché vivono per un tempo medio di circa 1,5
microsecondi(µs) per poi decadere in un elettrone e in una coppia neutrino-antineutrino.
I muoni si muovono a velocità elevatissime, prossime a quelle della luce (300.000 km/s). Se si considera il tempo di vita
media e lo si moltiplica per la velocità, si scopre che prima di disintegrarsi le particelle percorrono circa 450 metri in
atmosfera.
Ed ecco la particolarità del muone: l'atmosfera terrestre ha uno spessore di circa 15 chilometri. Come è possibile allora
che si riesca a misurare l'arrivo di muoni sulla Terra? Non dovrebbero disintegrassi in alta atmosfera dopo aver percorso
450 metri?
La spiegazione è molto semplice se si utilizza il concetto di tempo relativo a un osservatore della Teoria della Relatività,
secondo il quale se due osservatori in moto relativo, cioè che si muovono uno rispetto all'altro, misurano un evento,
accade che ciò che misurano non è uguale per entrambi gli osservatori. Il fenomeno è valido sempre, ma diventa
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evidente per osservatori che si muovono a velocità prossime a quelle della luce.
Consideriamo allora i muoni che attraversano gli strati superiori dell’atmosfera. Secondo la Teoria della Relatività
Ristretta un evento che accade in un luogo, visto da un osservatore che sta fermo in quel luogo avrà una certa durata,
definita tempo proprio dell’evento. Nel caso del muone il tempo proprio è la vita media del muone (1,5 µs).
Per un osservatore posto sulla Terra il tempo di decadimento si dilata, cioè diventa molto più grande. La dilatazione del
tempo dipende dalla velocità dell'oggetto. Maggiore è la velocità, maggiore sarà la dilatazione temporale. Nel caso del
muone il tempo si dilata di 25 volte. Questo vuol dire che, per un osservatore posto sulla Terra, il tempo di decadimento è
diventato di 37,5 µs. Di nuovo, moltiplicando questo intervallo temporale per la velocità del muone si osserva che il
muone avrà percorso circa 11 km, ben maggiore rispetto ai 450 metri. Ecco svelato il mistero del perché circa il 40% dei
muoni arriva a Terra.
Osserviamo ora ciò che accade dal punto di vista del muone, o meglio di un osservatore che si muove solidale al muone.
Nel suo sistema di riferimento il muone vive 1,5 µs, come fa quindi ad arrivare a Terra in così poco tempo?
Ci viene in aiuto sempre la Teoria della Relatività Ristretta. Questa volta consideriamo però la contrazione delle
lunghezze. Una certa lunghezza L, misurata in un sistema di riferimento in cui L é ferma, si contrae se la guardo da un
sistema in movimento rispetto a questa.
Il risultato è che secondo il muone lo spessore dell’atmosfera (L=15 km) è più corto di un fattore γ. o fattore di Lorentz.
L'atmosfera apparirà quindi spessa circa 600 metri.