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SANT’'AGOSTINO

LA TRINITA?
TESTO LATINO DALL'EDIZIONE MAURINA
CONFRONTATO CON L'EDIZIONE DEL CORPUS CHRISTIANORUM

INTRODUZIONE
A. TRAPÈ - M. F. SCIACCA
TRADUZIONE
GIUSEPPE BESCHIN

CITTA? NUOVA EDITRICE


INTRODUZIONE

TEOLOGIA

Per chiarire l'aspetto teologico, che è quello principale, del De Trinitate,


divideremo questa introduzione in tre parti: preliminari, contenuto, valutazione.

PARTE PRIMA: PRELIMINARI

La composizione del De Trinitate ha una lunga storia, che bisogna conoscere


bene per entrare nell’intenzione dell'autore e comprenderne il testo. E’ interes-
sante quindi sapere quale sia l’origine dell’opera, quali i suoi destinatari, quale il
metodo seguito, il piano, le disposizioni di chi scrive, le disposizioni che l’autore
richiede in chi legge e, in fine, la data di composizione.

1. Origine

Le opere di S. Agostino vescovo sono nate, per lo più, per una di queste tre
ragioni o per tutt'e tre insieme: esigenze pastorali, necessità polemiche, insistenza
degli amici. Il De Trinitate fà un'eccezione.
Non è nata da esigenze pastorali, se s'intendono queste esigenze nel senso
di una larga cerchia di fedeli. Non già che S. Agostino non abbia parlato al popolo
di questo augusto mistero: lo ha fatto, e spesso!. Anzi ha scritto un’opera apposta,
in uno stile semplice e disadorno, per ammonire il popolo a tenersi lontano, fra
l’altro, dagli errori trinitari?2. Ma quando scriveva il De Trinitate non pensava al
popolo. Era infatti convinto, e con ragione, che i libri sulla Trinità sarebbero stati
capiti solo da poche persone. Scrive nel 415 all'amico Evodio, che insisteva perché

Ricordiamo qui i luoghi principali nei quali ha parlato della Trinità: In Io Ev. tr.
pa

1, 8-11; 18, 3-6; 19, 13; 20, 3-11; 99 (cit. in De Trin. 15, 27, 48); ecc.; (cf. Commento
al Vangelo di S. Giovanni, N.B.A. 24, indice, voce Trinità); Serm. 52 (spiegazione
psicologica); 112-115 (in traditione et redditione symboli); 117-118; 139-140 (contro gli
Ariani); Enarr. in ps. 67, 39; 68, serm. 1, 5 (concetto di consustanzialità). M. CoMEAU,
St. A. exégète du quatrième Evangile, Paris 1930, pp. 237-290 (testi trinitari).
2 De agone christiano, che è del 396.
VIII INTRODUZIONE - TEOLOGIA

li terminasse: « Per il momento non vorrei occuparmi nemmeno dei libri Sulla
Trinità che da tempo ho fra le mani ma non ho potuto ancora terminare perché
mi costano molta fatica e penso che possano essere capiti solo da poche persone;
mi premono maggiormente quegli scritti che spero saranno utili a un pubblico
più vasto »3. Aveva scritto, del resto, nelle Confessioni: « è rara l’anima che par-
lando della Trinità sa di cosa parla »4.
Né all’origine del De Trinitate stanno necessità polemiche. S. Agostino si
occupò polemicamente degli Ariani verso il 418 e poi nel 427-85. Ma il De Trinitate,
pur rispondendo ai loro argomenti, scritturistici o razionali, è un'opera di severa
indagine teologica, che non ubbidisce a ragioni polemiche, bensi a ragioni molto
diverse, che sono le ragioni teologiche e quelle mistiche.
Non risulta in fine che l’idea di scrivere un'opera sulla Trinità sia dovuta alla
richiesta degli amici, come avvenne, per esempio, per il De civitate Dei e per tante
altre opere. Anche se, poi, furono gli amici ad insistere perché venisse terminata
presto. Anzi furono proprio gli amici i quali, stanchi di aspettare invano, gli sot-
trassero di nascosto i primi 12 libri e li divulgarono senza il permesso dell'autore.
Parleremo pit a lungo di questo incidente a proposito della data di composizione.
L'origine dunque del De Trinitate va ricercata nell'animo stesso di S. Agostino.
Un animo, come si sa, di grande teologo e di grande mistico, dominato perciò
da un duplice bisogno, quello di scrutare e approfondire il contenuto della fede,
e quello di salire in alto, sempre più in alto, verso la contemplazione delle verità
rivelate. Questo duplice motivo emerge da quasi tutte le pagine del De Trinitate.

a) Motivo teologico

Di fronte alla regola della fede, le questioni che si pongono alla mente di
S. Agostino e che domandano un chiarimento sono soprattutto tre:
— la prima riguarda la radice stessa del mistero, ed è questa: perché, pur
confessando che nella Trinità il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è
Dio, non possiamo dire che sono tre déi, ma dobbiamo dire e diciamo che sono
un solo Dio?
— la seconda riguarda le operazioni divine ad extra, e si può formulare cosi:
se le operazioni ad extra del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo sono inseparabili,
come intendere l’Incarnazione, che secondo la fede è propria solo del Figlio, come
la voce del Padre sul Tabor, la discesa dello Spirito Santo nel cenacolo?
— la terza riguarda lo Spirito Santo ed è forse la piu difficile: quali sono
nella Trinità le proprietà personali dello Spirito Santo e quale la distinzione in
Dio tra generazione e spirazione?
Tali questioni erano più o meno presenti alla mente di S. Agostino, come
vedremo, fin dal tempo della sua conversione o almeno del suo sacerdozio. Ce ne
assicurano l’Epistola 117 e il De fide et symbolo8.

3.Ep. 169, 1, 1.
4 Confess. 13, 11, 12.
5 Contra serm. arianorum:(418); Collatio cum Maximino Arianorum episcopo (427); Con-
tra Maximinum haereticum (428).
6 Retract. 2, 15; Ep. 174.
TEp. 11;52:
8 De fide et symbolo 9, 19.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA IX

Pensando ad un'opera sulla Trinità, egli pensa ad un contributo di chiarifi-


cazione di tali questioni, che hanno, come si vede, una grande portata teologica.
La teologia postnicena aveva dimostrato contro gli Ariani due verità di fondo: la
divinità del Figlio e la divinità dello Spirito Santo. Con ciò la teologia trinitaria
aveva chiarito i termini del mistero, che è già una gran cosa; ma non aveva chia-
rito molte delle questioni che la ragione, sollecitata dalla fede, pone intorno ad
esso. Il vescovo d'Ippona vuol chiarire, per quanto può, le questioni predette. In
altre parole, vuol cominciare là dove gli altri hanno terminato. Infatti nel De Trini-
tate si cercherebbe invano una compiuta dimostrazione della divinità del Figlio e
dello Spirito Santo. Viene supposta. « Quelli che dissero che nostro Signore Gest
Cristo non è Dio... sono stati convinti dalla manifesta e consona voce delle Scrit-
ture... »9. « Similmente anche intorno allo Spirito Santo sono state raccolte le
testimonianze divine, delle quali si sono serviti abbondantemente coloro che hanno
discusso di questo argomento prima di noi per dimostrare che lo Spirito Santo
è Dio e non unacreatura » 10,
Ma prima di dettare la sua opera Agostino si domanda se non bastino allo
scopo quelle scritte dagli altri. Egli preferisce sinceramente di leggere le opere altrui
che scrivere le proprie!!.. Ma deve confessare di non trovarne. Almeno in latino.
E aveva ragione, perché non c'erano. In quanto al greco, a giudicare da quelle
poche che sono state tradotte, dice il nostro Santo, ci sarebbero, ma egli confessa
di non avere tanta pratica del greco per potersene servire come vorrebbe 3. In
realtà i Padri greci avevano scritto molto intorno alla Trinità; ma neppure le
loro opere rendevano superflua quella del vescovo d'Ippona. Tutt'altro! Siamo con-
vinti che se anche le avesse avute tutte a sua disposizione e le avesse potute leg-
gere con la facilità che desiderava, avrebbe scritto ugualmente la sua. Lo vedremo
nella terza parte di questa introduzione. In ogni modo, pensando che qualcuno
avrebbe potuto accusarlo di fare un’opera superflua, Agostino ricorda a tutti che
è bene che su uno stesso argomento vengano scritti libri diversi — diversi nello
stile, non nella fede — affinché arrivino a molti: ad alcuni in un modo, ad altri
in un altro!. Del resto egli stesso, scrivendo, ha imparato molte cose. Perciò,

9 De Trin. 1, 6, 9.
10 De Trin. 1, 6, 13.
ll De Trin. 3, 1: Credant, qui volunt, malle me legendo quam legenda dictando laborare.
1 Prima di Nicea ricordiamo le opere di Tertulliano (Adversus Praxean) e di Novaziano
(De Trinitate). Ma non da queste opere ci si può attendere una esposizione completa
e sempre esatta del mistero trinitario. Dopo Nicea scrissero intorno alla Trinità,
Ilario (De Trinitate libri XII), Ambrogio (De Spiritu Sancto libri III; De fide ad
Gratianum libri V), Eusebio da Vercelli (De Trinitate libri VIII), Mario Vittorino
(De generatione divini Verbi; Adversus Arium; De èuovoww recipiendo; Himni ad
Trinitatem: cf. ed. P. Hadot, Marius VictoRINUS, Traités théologiques sur la Trinité
[Sources chrétiens, nn. 68-69]). Opere preziosissime, le prime, per l'affermazione della
fede cattolica e la dimostrazione della divinità del Verbo e dello Spirito Santo; utili,
queste ultime, — quelle di Mario Vittorino — per un inizio dell’illustrazione psico-
logica della Trinità; ma insufficienti tutte per ciò che Agostino cercava: un’esposizione
completa e matura della teologia trinitaria.
13 De Trin. 3, proemio; cf. nota (1) a questo stesso libro.
14 Non c'è bisogno di fare qui una menzione delle opere che i Padri greci avevano
scritto intorno alla Trinità prima e dopo Nicea. Basti ricordare i nomi di Atanasio,
di Didimo il Cieco e dei Cappadoci. Ma le loro opere, stupende e d’incalcolabile valore,
nate nel forte della polemica, non ci danno, né potevano darci, una ‘sintesi serena e
ragionata del mistero trinitario, quale ha voluto darci, e ci ha dato, S. Agostino.
15 De Trin. 1, 3, 5.
XxX INTRODUZIONE - TEOLOGIA

conclude, se la sua opera può sembrare superflua ai pigri e ai dotti, non lo sem-
brerà ai diligenti e agli indotti. Tra questi ultimi pone anche se stesso !6.

b) Motivo mistico

C'è, poi, un altro motivo che spiega il De Trinitate, un motivo che è insieme
il piu profondoe il piu personale: l’elevazione mistica. Fin dalla conversione S. Ago-
stino portava nel cuore un grande desiderio che riassumeva tutti gli altri, quello
di conoscere Dio e se stesso! Evidentemente non si trattava d'una conoscenza
puramente teoretica, ma d’una conoscenza viva, sperimentale, affettiva. Il De Tri-
nitate è l’attuazione piu grande, sul piano letterario, di questo desiderio. All’inizio
dell’opera ricorda che quando si tratta del mistero trinitario nessun errore è
tanto pericoloso, nessuna ricerca tanto faticosa, nessuna scoperta tanto feconda8:
feconda di rinnovamento interiore, di gioia, di contemplazione. Al termine una
preghiera. Una preghiera che ci rivela l'animo contemplativo con cui il vescovo
d'Ippona aveva sostenuto la dura e lunga fatica. « Ti ho cercato e ho desiderato
vedere con l’intelletto ciò che ho creduto per fede, e ho discusso molto, e ho
faticato molto. Signore, Dio mio, unica mia speranza, esaudiscimi: non avvenga
che, stanco, non voglia più cercarti, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore...
Ch’io mi ricordi di te, che ti conosca, che ti ami. Aumenta in me tutto questo,
fino a tanto che non mi riformi interamente » 19.
Convinto dunque che il nostro gaudio pieno sarà quello di godere di Dio
Trinità, alla cui immagine siamo stati creati? e che, perciò, l’uomo deve ordinare
tutta la sua vita a ricordare, a conoscere, ad amare la SS. Trinità, in modo di
averla presente in sé, di contemplarla, di compiacersi in Essa, nel De Trinitate
ha voluto fare uno sforzo per salire egli stesso e per condurre il lettore di grado
in grado, attraverso l'immagine di sé che Dio-Trinità ha stampato nello spirito
dell'uomo, fino alle vette della contemplazione del mistero. Non comprende questo
capolavoro agostiniano chi non ricorda che in esso v'è insieme l’acume del teologo
e l’ardore del mistico. Ma non cerchi quiil teologo, là il mistico: i due aspetti sono
fusi insieme e costituiscono la bellezza incomparabile dell’opera.
Non c'è bisogno di dire qui, perché sarà detto a suo luogo, che a questi due
aspetti se ne aggiunge, con un sintetismo di cui solo le grandi menti sono capaci,
anche un terzo, quello filosofico. Questo terzo aspetto è cosi importante, anche se
non è il principale, che si è voluto dedicare ad esso una sezione a parte del-
l'introduzione.

16 De Trin. 3, -1.
1T::Solil.:1,:2, 1.
8 De Trin. 1, 3555
19 De Trin. 15, 28, 51.
20 De Trin. 1, 8, i7.
21 De Trin. 15, 20, 39.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XI

2. Destinatari

Dopo quanto si è detto, non si dovrebbe parlare di destinatari del De Trinitate.


Eppure S. Agostino, scrivendo, ha in mente una particolare categoria di lettori.
Pensa a quei « garruli ragionatori » i quali, disprezzando gli umili inizi della fede,
si lasciano ingannare e forviare da un amore immaturo e perverso per la scienza.
A questi tali egli vuol dimostrare, con la testimonianza della Scrittura, quale sia
la nostra fede, e poi vuol condurli a scoprire in sé qualcosa di misteriosamente
grande di cui non possano dubitare, anche se non riescono a capirlo — cioè
l'immagine della Trinità in noi — affinché di fronte a ciò che non comprendono
— come è appunto il mistero trinitario — imparino a dubitare di sé stessi, delle
forze limitate della propria ragione, e riconoscano l'ordine stabilito, che è quello
di arrivare alla scienza per mezzo della fede. Questo appunto insegna la Chiesa
sapientemente: la fede non si oppone alla scienza, ma è la via per arrivarci, è la
medicina che guarisce lo sguardo dello spirito, perché possa fissarsi nella verità
incommutabile 2.
In altre parole, il De Trinitate è rivolto particolarmente a coloro che di
fronte all'augusto mistero della Trinità assumono l'atteggiamento orgoglioso
e
miope del razionalista. Vuol essere perciò la dimostrazione pratica di quanto
Agostino stesso aveva scritto nel De utilitate credendi (del 391), la cui dottrina si
riassume nel breve e solenne precetto: crede ut intelligas. Questa particolare
prospettiva spiega perché nel De Trinitate si ripeta tante volte, con diversa for-
mula, l'aforisma: contemplatio merces est fidei 3. La fede, vi si dice insistente
mente, ci nutrisce, ci purifica, ci risana, e con ciò ci prepara alla conoscenza
piena della verità; anzi essa stessa, la fede, è un inizio, umile, si, ma vero, di questa
piena conoscenza. Solo attraverso la fede diventiamo partecipi della beatitudine
dei puri di cuore ai quali è promessa la visione di DioE’ vivo perciò nel
De Trinitate, come espressione di un sentimento abituale dell'autore, il bisogno
della purificazione e della preghiera, tendenti, l'una e l’altra, a sostenere lo sforzo
della mente che vuol scoprire l'immagine o almeno un vestigio di Colui che vuole
conoscere, e mettersi in grado di rispondere con argomenti di ragione alle obiezioni
della ragione.

3. Metodo

Il metodo teologico del De Trinitate è quello stesso della teologia agostiniana,


anzi il De Trinitate è l’espressione più alta e pit completa di questa teologia.
Si sa che la teologia agostiniana s'ispira a quattro grandi principi, che si possono
enunciare cosi:

2-De Can. A,.1,1,1,2,4.


23 De Trin.1, 8, 11; 1, 10, 2021; 4, 18, 24; 15, _2, 2; 15, 27, 49. E’
l’applicazione delle
nuo i, a (7, 9), che S. Ag. legge così: Se non crederete, non
capirete. Cf. Serm.
e
2 De Trin. 1, 8, 17; 14819874 16; 820 13011
XII INTRODUZIONE - TEOLOGIA

a) umile e ferma adesione alla fede, e perciò all'autorità di Gesù Cristo,


che è unica, ma che si manifesta in concreto nell’autorità della Scrittura, della
Tradizione, della Chiesa;
b) ardente desiderio di conoscere il contenuto della fede e quindi applicazione
assidua allo studio della Scrittura, della storia, della filosofia;
c) senso profondo del mistero, che vuole dire senso della trascendenza divina
e dei limiti della nostra ragione;
d) subordinazione costante della scienza teologica alla carità e alla contem-
plazione, cioè intima unione tra la teologia e la vita.
Di questi principi, che costituiscono la struttura d'ogni teologia, il De Tri-
nitate è l’applicazione fedele.

Infatti:
a) comincia con una professione di fede. S. Agostino ha letto tutti i libri che
ha potuto leggere sulla Trinità scritti da autori cattolici, ne riassume con una
breve formula l'insegnamento essenziale e conclude con queste solenni parole:
Haec et mea fides est, quando haec est catholica fides %. Questo è il punto fermo,
questa la regola: l'insegnamento della Chiesa. La teologia trinitaria del vescovo
d'Ippona parte da qui. Il lettore non deve dimenticarlo.
b) contiene uno studio attento della Sacra Scrittura. S. Agostino, indicate le
grosse questioni che si presentano alla mente a proposito del ricordato insegna-
mento della fede, s'immerge nello studio delle Scritture. Lo fa seguendo le regole
che egli stesso aveva indicate nel De doctrina christiana. Raccoglie e ordina tutto
ciò che la Scrittura insegna intorno alla Trinità: l'uguaglianza e la distinzione
delle Persone, i nomi propri di ciascuna, le processioni, le missioni, le teofanîie.
Indica poi le regole per intendere i testi scritturistici in un modo coerente ed
unitario, senza interpretazioni unilaterali e senza lacune. Molti hanno errato perché
non hanno considerato con sufficiente diligenza universam seriem Scripturarum 2.
In altre parole, il De Trinitate ci offre un esempio eccellente di teologia biblica
trinitaria.
c) dispiega tutta la forza della dialettica, arma preferita dagli Ariani, per
rispondere alle loro obiezioni e per dimostrare l’inconsistenza dei loro argomenti.
S. Agostino aveva studiato dialettica, una delle arti liberali, a scuola e ne
aveva approfondito la conoscenza durante gli anni dell'insegnamento; aveva letto
e capito da solo le Categorie di Aristotile, anche se, a vent'anni, applicandole ‘a
Dio, n'era restato deluso; aveva espresso pit volte la sua fiducia in questa
scientia veritatis 0 che « insegna ad insegnare e insegna ad apprendere » 31, purché
non ce se ne serva con animo sofistico ®,

25 Cf. A. TRAPF’, S. Agostino, in Bibliotheca Sanctorum, I, Roma 1963.


% De Trin. 1, 4, T.
21 S. Agostino lo ripete ad ogni passo difficile della sua ricerca: Servata illa regula, ut
fat intellectui nostro nondum eluxerit, a firmitate fidei non dimittatur (De Trin.

28 De Trin. 1, 7, 14.
29 Confess. 4, 16, 28-29.
30 Contra Acad. 3, 13, 29.
31 De Ordine 2, 13, 38.
32 De doctr. christ. 2. 31. 48.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XIII

Senza diffidenza, dunque, verso la dialettica, anzi molto versato in essa, il


Vescovo d'Ippona non solo risponde agli avversari, ma crea la teologia delle
relazioni, che è insieme la teologia delle processioni e delle missioni divine; la sola
che permetta di evitare la contraddizione in questo luminoso-oscurissimo mistero.
d) alla forza dialettica si aggiunge una straordinaria penetrazione metafisica
e psicologica, che consente di scoprire il vestigio della Trinità nell'universo, e
nell'uomo addirittura l’immagine; un'immagine vera, ma misteriosa, che riempie
di stupore chiunque vi rifletta. L'indagine agostiniana è guidata dal principio che
fonda la teologia speculativa: la fede cerca, l’intelligenza trova... e, di nuovo,
l'intelligenza continua a cercare ciò che ha trovato 33.
e) la filosofia non si trasforma mai in regola di fede. Questa è sempre e
solo la Rivelazione. La teologia indaga, ma non dissolve il mistero, che è e resta
ineffabile. S. Agostino è profondamente convinto dell’ineffabilità di Dio. Scrive
infatti: « Le cose divine non si esprimono mai come si pensano, né si pensano
mai come sono.»*. Ed ancora: « Quando si tratta di Dio il pensiero è più vero
delle parole e la realtà più vera del pensiero » 35. Perciò non solo dichiara che
quando si tratta di Dio è già una grande scienza sapere ciò che non è*%, ma se
insiste nello spiegare l'immagine della Trinità nell'uomo insiste parimenti nel
dire che questa immagine è molto lontana dalla realtà, che è un'immagine
simile insieme e dissimile 8: ci dà un'idea della realtà, ma non ce ne svela il
mistero.
Forse dopo la conversione, quando scrive i Dialoghi, S. Agostino pensa di
poter raggiungere con la purificazione interiore e lo studio la piena conoscenza
dei misteri cristiani. Ora non più. Scrivendo il De Trinitate è convinto che il suo
sforzo, che ogni sforzo, si ferma alle soglie del mistero. La conoscenza della
Trinità si attua sempre, qui in terra, per speculum in aenigmate.
« Diciamo molte cose, cosi si conclude l’opera, diciamo molte cose e non rag-
giungiamo lo scopo; e la conclusione di tutti i discorsi è Lui» (Eccl. 43, 29)39.
f) v'è infine nel De Trinitate la subordinazione aperta e costante del motivo
teologico a quello mistico. Il lungo itinerario agostiniano, in alcuni punti veramente
faticoso, vuol essere per il lettore un esercizio non solo intellettuale, ma spiri-
tuale; un esercizio di introspezione, di purificazione, di ascesi, che lo porti dalle
creature al Creatore, dall'immagine all’esemplare. Termina infatti con la descri-
zione della sapienza, dove l’immagine della Trinità si fa più autentica e piu lumi-
nosa, della sapienza, che non è solo cognizione, ma cognizione ed amore, fruizione
e lode, contemplazione, gaudio, beatitudine. La sapienza poi non sarà piena se
non nella visione immediata di Dio, quando cioè la somiglianza tra l'immagine,
che siamo noi, e l'esemplare, che è Dio, sarà perfetta4.

33 De Trin. 152,2
3 De Trin. 5, 3, 4.
35 De Trin. 7, 4,7.
3% De Trin. 5, 1, 2; cf. la docta ignorantia in Ep. 130, 15, 28.
37 De Trin. 15 pt 2.
38 De Trin. 15, 14, 24; Ep. 169, 12.
39 De Trin. 15, 28, 51.
WDestrme15;- 41:
4 De Trin. 14,17, 23.
XIV INTRODUZIONE - TEOLOGIA

Al termine della lettura del De Trinitate il lettore non avrà difficoltà ad ammet-
tere che essa è l’opera più alta e più completa della teologia agostiniana, e non
solo agostiniana.

4. Piano

Dal metodo dipende il piano dell’opera, che è semplice e complesso insieme.


L’autore stesso ci aiuta a capirlo, indicando all’inizio il compito che si prefigge
e riassumendo alla fine il contenuto dei singoli libri. Il compito è duplice: dimo-
strare quale sia il contenuto della fede e illustrarlo in modo da riempire l'animo
di stupore e togliere alla ragione la tentazione dell’incredulità*. Da questi due
compiti è nata la divisione consueta del De Trinitate in due parti ineguali che
corrisponderebbero più o meno alla distinzione tradizionale di teologia positiva
e teologia speculativa: alla prima apparterrebbero i primi sette libri, alla seconda
gli ultimi otto.
Ma il riassunto che l'autore fa dei primi quattordici libri all’inizio del quin-
dicesimo — il lettore è pregato di rileggerlo® — c’invita ad andare cauti. Eviden-
temente si tratta d'un piano più complesso, dove la distinzione tra i primi sette
libri e gli ultimi otto risulta troppo sommaria e perciò inesatta. Il piano vero del
De Trinitate può essere esposto come segue:
I-IV: unità ed uguaglianza’ della Trinità secondo le Scritture;
V-VII: difesa speculativa del domma trinitario con la dottrina delle relazioni;
VIII: introduzione alla cognizione mistica di Dio attraverso i concetti di verità,
bontà, giustizia, carità;
IX-XIV: ricerca dell'immagine della Trinità nell'uomo esteriore ed interiore;
XV: riassunto e complemento dell’opera; ritorno meditativo sulla vita dello
spirito umano e sui dati della Scrittura a proposito della processione del
Figlio e dello Spirito Santo.

5. Disposizioni di chi scrive

Il De Trinitate rivela meglio di ogni altra opera le disposizioni di S. Agostino


teologo e mistico.
a) Un grande amore per la verità. Leggiamo appunto nel De Trinitate un prin-
cipio che riassume tutta la vita del vescovo d'Ippona: Rapimur amore indagandae
veritatis*. Quanto sia profondo quest'amore lo sa chiunque abbia un po’ di
x
dimestichezza con le sue opere. Egli infatti è convinto — e lo scrisse pochi

4 De Trin. 1, 2, 4.
4 De Trin. 15, 3, 5.
4 De Trin. 1, 5, 8.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XV

mesi dopo il battesimo — che la verità e la sapienza non si possono assolutamente


trovare se non si cercano con tutte le forze dell'animo: è con l’amore che si chiede,
si cerca, si brama; con l’amore la verità si rivela, con l’amore si resta fermi in
ciò che ci è stato rivelato *.
b) Una grande applicazione allo studio. «Jo medito nella legge dei Signore,
se non giorno e notte almeno tutte le piccole frazioni di tempo che posso; e noto
le mie meditazioni affinché non scappino per dimenticanza» *.
Il primo biografo ci dice che S. Agostino di giorno lavorava e di notte, ve-
gliando, elucubrava: in die laborans et in nocte lucubrans #. Molte pagine del De
Trinitate saranno state pensate e dettate certamente di notte, al lume della lucerna,
mentre nel foro c'era ancora rumore e dal porto arrivavano le voci dei barcaioli.
c) Una grande umiltà. L’umiltà nei riguardi della verità fu l'atteggiamento
abituale di S. Agostino dopo la conversione. Questo atteggiamento divenne più vivo
mentre scriveva il De Trinitate. Egli sapeva e sentiva di far opera da pioniere,
avviandosi, su un argomento sommamentedifficile, per un cammino nuovo e parti-
colarmente arduo.
Perciò esprime la speranza di progredire egli stesso scrivendo e confessa
poi di aver effettivamente progredito 4. Anzi non si vergogna di riconoscere le sue
esitazioni o i suoi errori. « Non mi dispiacerà, se dubito, di cercare; né mi vergo-
gnerò, se erro, d’imparare » 9.
In quanto ai lettori li desidera attenti e critici; vuole che il lettore sia « pio »
e «libero »: pio nel leggere, libero nel correggere. La correzione non la teme,
purché sia giusta, anche se gli viene fatta con animo malevolo: è meglio essere
ripreso con verità da chi ci vuole male che lodato con falsità da chi ci vuole
bene 51. « Chiunque legge questa mia opera — scrive all’inizio del primo libro —
dove è certo insieme a me, continui con me; dove insieme a me esita, insieme a
me cerchi; dove riconosce il suo errore, torni a me; dove riconosce il mio, mi
richiami. Cosi entreremo tutti e due nella via della verità e tenderemo a Colui
s
del quale è stato detto: Cercate sempre la sua faccia » (Ps. 104, 4)52.

6. Disposizioni in chi legge

Umile e sincero amante della verità, S. Agostino esige nel lettore le sue stesse
disposizioni. Lo vuole, si, « pio » nel leggere le sue opere e «libero » nel criticarne
gli errori, ma ammonisce severamente che il primo, leggendo, non aderisca
ad Agostino, e che il secondo, criticando, non aderisca a se stesso. Né il primo
deve amare Agostino più della fede cattolica, né il secondo se stesso. L'uno approvi

4 De mor. Eccl. cath. 1, 17, 30.


% De Trin. 1, 3, 5.
41 Possipio, Vita 24, 11.
4 De Trin. 1, 5, 8; cf. Ep. 266, 1 dove enuncia lo splendido principio: saepe officium dandi
est meritum accipiendi.
4 De Trin. 3, -1.
50 De Trin. 1, 2, 4.
51 De Trin. 2, -1; Ep. 143, 4.
52 De Trin. 1, 3, 5.
XVI INTRODUZIONE - TEOLOGIA

ciò che legge perché lo trova conforme alle Scritture, il secondo lo critichi pure,
se vuole, ma non per amore di polemica o per una sua qualunque opinione, bensi
con l'autorità delle Scritture o con argomenti inconcussi della ragione. Due
atteggiamenti sono intollerabili tanto in chi scrive quanto in chi legge: la presun-
zione di difendere la verità quando questa non è certa e la presunzione di difendere
l'errore, quando la verità è stata già chiarita*.
In fine, cosciente dell’opera ardua e difficile che sta per intraprendere, il
vescovo d’Ippona sente il bisogno di dire una parola ai meno provvisti dei suoi
lettori, ai tardiores. Qualcuno di questi, dice in sostanza, crederà ch'io non abbia
detto ciò che ho detto o che abbia detto ciò che non ho detto, con la conseguenza
che, seguendo me che cerco di muovermi per vie nuove e pericolose, finiscano per
cadere in errore. Evidentemente, conclude il Santo, questi errori non possono
essere imputati a me. Come non si possono imputare alle Scritture gli errori degli
eretici che le hanno capite male 5. L’argomentazione non ammette repliche, e il
lettore non può non prenderne atto.

7. Data di composizione

La composizione del De Trinitate ha una storia piuttosto lunga ed agitata.


Per ricostruirla abbiamo due fonti principali e altre sussidiarie. Le principali sono:
una lettera ad Aurelio vescovo di Cartagine (Ep. 174), che S. Agostino volle che
precedesse a mo’ di prologo il De Trinitate stesso, e le Ritrattazioni (2, 15); le
sussidiarie sono le Lettere 120 (a Consensio), 143 (a Marcellino), 169 (ad Evodio).
Da queste fonti risultano tre cose certe: a) la composizione del De Trinitate
è durata molti anni: «I libri sulla Trinità... li ho cominciati da giovane, li ho
pubblicati da vecchio »%; b) l’opera è stata compiuta in due tempi: I-XII;
XIII-XV; c) una parte, e precisamente i primi 12 libri, fu sottratta all'autore e
pubblicata senza suo permesso.
Le ragioni di questi fatti sono parimenti tre: a) la difficoltà dell'impresa, che
S. Agostino sente profondamente, e perciò è lento nello scrivere e spesso scontento
di ciò che scrive51; b) l’'impazienza degli amici che insistono perché l’opera sia
compiuta e, stanchi di aspettare, glie la sottraggono e la diffondono®*; c) la deci-
sione di S. Agostino, presa — dobbiamo dirlo — piuttosto ab irato, di non comple-
tare l’opera e di denunciarne in un'altra l'accaduto. Ostacolo, questo, superato per
l'intervento degli amici stessi, in primo luogo di Aurelio di Cartagine. Alla bene-

53 De Trin. 3, -1.
54 De Trin. 2, -1.
55 De Trin. 1, 3, 6. In un’altra occasione, nella controversia sulla grazia, raccomanderà
l'attenta e ripetuta lettura dei suoi libri, ricorderà il dovere di pregare molto per
riuscire a capire e ammonirà chi affermasse che Ag. ha sbagliato, di riflettere seria-
mente se non sia proprio lui, il lettore, a sbagliare. Cf. De gratia et libero arbitrio
24, 46; De dono perseverantiae 24, 68.
56 Ep. 174. =
57 Ep. 120, 3; 143, 4; 169, 1.
58 Ep. 174;' Retract. 2, 15, 1.
59 Ivi.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XVII

volenza degli amici — quibus servire me cogit libera caritas ® — S. Agostino non
sa dire mai di no.
Si capisce allora la difficoltà della datazione. Ne sia controprova la molteplicità
delle opinioni 8. Dobbiamo, per quanto è possibile, stabilire tre termini: inizio,
redazione parziale, e redazione finale.
Per l'inizio ci soccorrono le Ritrattazioni. Si sa che le Ritrattazioni recensi-
scono le opere per ordine cronologico, corrispondente non alla pubblicazione dei-
l’opera stessa, ma all’inizio della sua composizione ©. Ora il De Trinitate viene
recensito poco dopo il De actis cum Felice Manichaeo e subito dopo il De cathe-
chizandis rudibus. Il De actis cum Felice Manichaeo contiene una disputa tenuta
nel dic. del 398 (sotto il quarto consolato di Onorio e non sotto il sesto come,
per un facile errore di trascrizione, si legge nei manoscritti); la data del De
cathechizandis rudibus può essere fissata con ogni probabilità nel 399. Possiamo
perciò indicare lo stesso anno per l’inizio del De Trinitate, in coincidenza, più
o meno, con il libro 13 delle Confessioni, dove si accenna, per la prima volta, alla
spiegazione psicologica della Trinità, spiegazione che occupa appunto molti libri
del De Trinitate83.
Per la redazione parziale ci offre una preziosa informazione la lettera 143 a
Marcellino, che è, probabilmente, del 412: a quel tempo S. Agostino aveva com-
posto i primi 12 libri del De Trinitate, che non gli erano stati ancora trafugati:
li aveva presso di sé mentre gli amici tempestavano per averli. Vi si legge infatti:
«I libri che trattano pericolosissime questioni cioè Sulla Genesi e Sulla Trinità
li tengo presso di me piu a lungo di quanto voi volete e tollerate » 4.
Per la redazione finale, che comprende il completamento dell'opera (una parte
del libro XII e tutti i libri XIII-XV), l'aggiunta dei prologhi ai primi libri e la
revisione generale, la datazione è meno facile.
Certamente essa avvenne prima del De praedestinatione sanctorum, che dà
comenoti i XV libri del De Trinitate, e dopo il Trattato 99 sul Vangelo di Giovanni,
che viene citato nel libro XV &, come pure dopo il libro XII del De civitate Dei,
che viene citato nel libro XIII %. Ora non è facile determinare con assoluta preci
sione l’anno in cui fu predicato il Trattato 99 sul Vangelo di Giovanni né quando
S. Agostino dettò il libro XII del De civitate Dei. Orosio nella sua Storia afferma
che S. Agostino lavorava al libro XI del De civ. Dei nel 417; La Bomnardière
sostiene che il Trattato 99 sarebbe posteriore al 420 e quindi riporta a dopo questa
data la composizione del libro XV del De Trinitate, che lo cita, spostando cosi
di alcuni anni la data fissata da Hendrikx al 4198. Ma se anche queste datazioni
fossero assolutamente certe resterebbe da determinare quanto tempo dopo queste

60 De Trin. 1, 5. 8.
61 Cf. Corpus Christianorum 50; De Trinitate 1, p. LXXXIII.
62 Retract. 1, 26; 2, 24; cf. P. MoncEAUXx, in Comptes Rendus de l’Acadèmie des Inscr.
et Bell. Lettr., 1908, pp. 51-53.
63 Confess. 13, 11, 12.
64 Ep. 143, 4.
6 De Trin. 15, 27, 48.
6 De Trin. 13, 9, 12.
67 A.M. La BonnarpIÈRE, Recherches de chronologie augustinienne, Paris 1965, che pone
la redazione finale tra il 420 e il 426.
68 sn L. HENDRIKX, Bibl. Aug., Oeuvres de St. A., 15, La Trinité, nota compl. 2, pp.
XVIII INTRODUZIONE - TEOLOGIA

date e quanto tempo prima del 429, che è la data del De praedestinatione sancto-
rum, S. Agostino abbia terminato la sua grande fatica. Le Ritrattazioni per for-
tuna ci aiutano a raccorciare le distanze: esse, che recensiscono il De Trinitate,
furono scritte nel 426-27. La data dunque dell'ultima redazione del De Trinitate
resta oscillante tra il 420 e il 426, come vuole La Bonnardière. Ma noi crediamo
che sia molto più vicina alla prima di queste due date che alla seconda; crediamo
cioè che sia anteriore all’inizio della dura e lunga lotta contro Giuliano. Avremmo
perciò: inizio 399; redazione parziale 412; redazione finale 420-421.
Va notato in fine che la redazione finale dei primi 12 libri non fu tale quale
l’autore l'avrebbe desiderata, ma quale poté farla, preoccupato com'era che l’opera
da sé pubblicata non differisse troppo da quella che gli era stata sottratta. Senza
questa preoccupazione, la dottrina sarebbe stata la stessa, ma l'esposizione più
chiara e più facile « per quanto, aggiunge S. Agostino modestamente, la difficoltà
di spiegare cose tanto alte e le nostre possibilità lo avrebbero permesso »®.

6 Ep. 174.
PARTE SECONDA: CONTENUTO

I. ESPOSIZIONE DEL DOMMA(ll. I-IV)

Per capire lo studio biblico che S. Agostino intraprende nei primi quattro
libri del De Trinitate, occorre ricordare il suo punto di partenza, che è quello
della professione di fede iniziale. Ora questa professione di fede non è composta
sullo schema tripartito del simbolo battesimale, che pur S. Agostino ha tante volte
commentato sia davanti ai vescovi, da sacerdote!, sia da vescovo nella traditio
symboli ai catecumeni?, o del simbolo niceno-costantinopolitano; ma sullo schema
del simbolo Quicumque, del quale richiama o anticipa alcune espressioni3.
Infatti: enuncia prima di tutto l’unità e l'uguaglianza della Trinità; afferma,
poi, la distinzione delle Persone divine; ricorda che non la Trinità, ma solo il
Figlio si è incarnato, come solo il Padre ha fatto udire la voce sul Tabor e solo
lo Spirito Santo è disceso sui discepoli il giorno di Pentecoste, e confessa, in fine,
che le operazioni della Trinità sono inseparabili com'è inseparabile il loro essere4.
Evidentemente in questa professione di fede i punti di partenza sono due: l’unità
ed uguaglianza di natura della Trinità, e l'inseparabilità delle operazioni ad extra.
Su questi due punti insiste S. Agostino.

1. Deus-Trinitas

Per affermare il primo ripete spesso la sua formula preferita: Dio-Trinità


— ...suscipiemus... reddere rationem quod Trinitas sit unus et solus et verus Deus5;
Deus ipsa Trinitas intellegitur non tantummodo de Patre... sed de uno et solo
Deo, quod. est ipsa Trinitas9 — o semplicemente Trinità”.

1 De fide et symbololiber I.
2 Serm. 212-214. Per il Serm. 213 vedi il testo completo in NBA 32/1, 202-217.
3 Per le diverse attribuzioni di questo simbolo detto Atanasiano, attribuzioni che vanno
da S. Ilario o S. Ambrogio a Venanzio Fortunaziano, cf. DENZINGER-SCHONMETZER,
Ench. Symb. 75.
4 De Trin. 1, 4, 7. Cf. 1. 1, nota (4), p. 17.
5 De Trin. 1, 2, 4.
6 De Trin.1, 6, 10.
7 Cf. i luoghi raccolti in Oeuvres de st. A. - La Trinité, B. A., n. 15, p. 570.
XX INTRODUZIONE - TEOLOGIA

Taglia corto
indubitatamente grandi vantaggi.
Ora questo punto di partenza ha qual e non tutti gli scrit-
azionismo, tent azio ne alla
con ogni tentazione di subordin tagli a cort o conle
a erano sfuggiti, e, piu ancora,
tori ecclesiastici prima di Nice perm ette di evita re quel-
di Ario e di Macedonio;
affermazioni apertamente eretiche quat erni tà in Dio, cioè alle Per-
pensare ad una
l'assurda immaginazione che fa unis quasi quarta
disti nte dalla natur a, quas i che questa ‘sia eorum comm
sone stanz ialit à, la coeternità,
o inequivocabile la consu
divinitas 8; afferma in fine in mod quali poss iedo no, st, la natura
Persone divin e, le
la perfetta uguaglianza delle tre ca, la sola, la vera
o da essere esse stesse l’uni
divina, ma la possiedono in mod mmut abil is et sibimet
ità è incorporea et inco
natura divina. Perciò tutta la Trin invis ibile 10, immo rtal e !!, onni-
natura 9: ed è tutta
consubstantialis et coaeterna
lo Spirito Santo.
potente: il Padre, il Figlio, nella prospettiva
che è sempre in primo piano
Ma questa unità ed uguaglianza, molt i testi della Scrittura,
ra essere contraddetta da
da cui parte S. Agostino, semb o al Padre prero-
iore al Padre o attribuiscon
i quali 0 dicono che il Figlio è infer o).
allo Spirito Sant
gative superiori al Figlio (e i testi della Scrit-
Per rispondere a ques ta diffi coltà il vescovo d'Ippona studia
Scrittura stessa.
per intenderli nel contesto della
tura e formula alcune regole turistici si rife-
ulare cosi: spesso i testi scrit
1. La prima regola si può form espl icitamente la
è Trinità, senza menzionare
riscono all'unico vero Dio, che Pers ona, ma di tutte. Cosi
ndere non di una sola
Trinità; si devono perciò inte
33-36 13,
pie. 1 Tim. 6, 16; Romani 11,
ne della Trinità.
2. La seconda rigu arda l'« econ omia » divina nella manifestazio
le Pers one sepa rata ment e dalle altre,
delle singo
La Scrittura dice alcune cose no perci ò intendere
Dio è Trinità, non si devo
per indicare e per ricordare che
14, 15-2444.
in senso esclusivo. Così p.e. Gv. cazione.
impor tante, perché di più frequente appli
3. La terza regola è la più hé prop osta comu neme nte
« canonica »!5 perc
Riguarda la persona di Cristo. E' detta a: i testi scrit turistici
comuneme nte usata . Eccol
dagli interpreti della Scrittura e altri di Cristo
intendere alcuni di Cristo uomo,
che riguardano il Cristo si devono seco ndo la form a di servo,
na, alcuni di Crist o
Dio o, per usare l’espressione paoli
di Dio.
altri di Cristo secondo la forma l'esatta
rettamente questa regola si richiede
Ma per comprendere ed applicare preci se e inequ ivo-
tino la espone con form ule
nozione dell’Incarnazione. S. Agos e da cond anna re preven-
bilit à all’a dozio nismo
cabili, tanto da chiudere ogni possi ione del
distingue chiaramente tra l’Incarnaz
tivamente il nestorianismo. Egli est Verb um in homine,
dei figli di Dio. Aliud
Figlio di Dio e la giustificazione cum homi ne, aliter missa
tur (Sapi entia ) ut sit
aliud Verbum homo !f. Aliter mitti

Spiritum Sanctum
cussa fide, Patrem et Filium et
8 Ep. 120, 13: Nunc vero tene incon ; non quod sit eorum communis quasi quarta
esse Trinitatem, et tamen unum Deum
r inseparabilis Trinitas.
divinitas, sed quod sit ipsa ineffabilite
9 De Trin. 1, 8, 15.
10<De nrin. 158 515:32)17032;53;2105 21
11 De Trin. 1, 6, 10.
12 De Trin. 4, 21, 30.
13 De Trin. 1, 6, 10-12.
14 De Trin. 1, 8,18 - 9, 19.
15 De Trin. 2,1, 2.
16 De Trin. 2, 6, 11.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXI

est ut ipsa sit homo 7. La distinzione essenziale che corre tra l'Incarnazione e la
giustificazione, esplicitamente riconosciuta da S. Agostino alla vigilia della conver-
sione !8, è stata poi sempre energicamente difesa. Troviamo formule come questa:
quia forma Dei accepit formam servi, utrumque Deus et utrumque homo, ed
espressioni come queste altre: Natus Deus ex femina 2 e: Deus crucifixus 21, espres-
sioni non solo usate, ma anche teologicamente difese. Dobbiamo però riconoscere
che le formule piu incisive non le troviamo qui nel De Trinitate, ma nei Ser-
mones 22,
Chiarito cosi questo punto fondamentale di cristologia, S. Agostino articola
la regola « canonica » in questo modo: a) vi sono testi nella Scrittura che indicano
l'unità e la perfetta uguaglianza tra il Padre ed il Figlio; per es. Gv. 10, 30 e
Fil. 2, 6; b) vi sono testi che indicano l’inferiorità del Figlio nei riguardi del Padre,
ma secondo la natura umana che ha assunto; cosî Gv. 14, 28; 5, 22.27; c) vi sono
testi che non indicano né inferiorità né uguaglianza, ma solo ordine di origine,
in quanto il Figlio ha tutto ciò che ha per generazione; dunque non inaequalitas,
sed nativitas eius ostenditur; ‘cf. Gv. 5, 19.26; d) in fine vi sono testi d’interpre-
tazione ambigua, che si possonoriferire sia alla natura umana, sia alla generazione
eterna, come il famoso testo di Gv. 7, 16: La mia dottrina non è la mia ma di
Colui che mi ha mandato 24.

2. Missioni

Ma queste regole non bastano da sole a chiarire tutti i testi della Scrittura;
ve ne sono altri che meritano una particolare attenzione. Sono quelli che riguar-
dano le missioni divine e le teofanie. Testi molto importanti, perché fondamentali
per capire la manifestazione della Trinità nella storia della salvezza. Gli eretici,
poi, ne abusavano. Dicevano infatti: evidentemente chi invia è maggior di chi è
inviato; se dunque il Figlio è inviato dal Padre, vuol dire che il Padre è maggiore
di Lui".
Questa argomentazione offre a S. Agostino l'occasione di approfondire il con-
cetto di missione. « Occorre chiedersi come si possa intendere questa missione
del Figlio e dello Spirito Santo; poiché in nessuna parte leggiamo che sia stato
inviato il Padre »%. Le missioni, spiega il vescovo d'Ippona, non importano nes-

17 De Trin. 4,
18 Confess. 7,
19 De Trin. 1,
2% De Trin. 8, 5, 7.
21 De Trin. 1, 13, 28; cf. Ep. 16, 9, 5. =
2 Serm. 130, 3: ...mon Deus et homo duae personae. In Christo duae ‘sunt
quidem
sriisiantie, sed una persona, ut Trinitas maneat non, accedente homine, quaternitas
I.
Serm. 186, 1: Idem Deus qui homo, et qui Deus idem homo; non confusione naturae,
sed unitate personae,
Cf. 1. I, nota (12).
2 De Trin. 2, 1, 3.
2 De Trin. 2, 2,4; cf. In Io Ev. tr. 29, 3.
2 De Trin. 2, 5, 7.
2% De Trin. 2, 5, 8.
XXII INTRODUZIONE- TEOLOGIA

suna inferiorità o subordinazione di una Persona divina a un'altra. Comportano


invece due grandi luminose verità, delle quali una riguarda la Trinità in se stessa
o, come oggi si ama dire, la Trinità « immanente »; l’altra le manifestazioni della
Trinità nel mondo o, per usare ancora un'espressione in voga, la Trinità
«Economica ».
Nella Trinità stessa le missioni divine indicano solo ordine di natura, che è
ordine di origine di una Persona dall'altra. Nient'altro. Si dice nella Scrittura che
il Figlio è inviato dal Padre «non perché uno è maggiore, l’altro è minore; ma
perché uno è Padre l’altro è Figlio, uno è genitore l'altro genito, uno Colui da cui
procede chi è inviato, l’altro Colui che procede da chi lo invia »21.
Manonperil solo fatto che il Figlio è nato si dice che è inviato, bensi perché,
nato dal Padre prima di tutti i tempi, si è manifestato nel tempo 8. La mis-
sione divina dunque indica insieme e la processione di una persona dall’altra e
un nuovo modo di essere di questa persona nel tempo. Or questo modo è duplice,
visibile ed invisibile. Il Figlio si è manifestato visibilmente nell’Incarnazione, e
si manifesta invisibilmente nella giustificazione. E' inviato dunque per la nostra
salvezza in due modi. i
A spiegare il significato sotereologico del primo, cioè della missione visibile,
S. Agostino dedica quasi tutto il libro IV. Insiste particolarmente sul concetto
dell'amore, di cui l'Incarnazione è la manifestazione suprema, della mediazione,
che Cristo compie col sacrificio della Croce, della libertà che ne deriva a noi. Ne
parleremo più lungamente appresso. In quanto alla manifestazione invisibile enun-
cia il principio che è di una singolare profondità teologica e spirituale. Il Figlio
è inviato a ciascuno nel momento in cui ciascuno conosce e percepisce, per quanto
può farlo un'anima razionale proficiente o perfetta, che Egli procede dal Padre?.
Si tratta evidentemente d'una conoscenza che ha per base la fede e che è animata
dall'amore, una conoscenza affettiva o mistica.
Lo stesso vale dello Spirito Santo. Anche la missione dello Spirito Santo è
duplice, visibile (il giorno della Pentecoste) ed invisibile (nella giustificazione).
E’ inviato dal Padre e dal Figlio, perché procede da tutti e due, e come dono di
tutti e due è ricevuto dall'anima. « Nell’eternità è dono, nel tempo è donato » 9.
E' inviato dunque perché è dono e perché è donato. Ma questo importa in chi lo
riceve il riconoscimento che Egli procede dal Padre e dal Figlio. « Per lo Spirito
Santo essere dono di Dio significa procedere dal Padre, ed essere inviato significa
essere conosciuto come procedente dal Padre». « Ma non possiamo dire che lo
Spirito Santo non proceda anche dal Figlio » aggiunge subito S. Agostino 31.

21 De Trin. 4, 20, 27; cf. Contra Maxim. 2, 14, 8: Non enim genitorem ab eo quem
genuit, sed genitum a genitore mitti oportebat, verum haec non est inaequalitas
de sed ordo naturae; non quod alter prior esset altero, sed quod alter esset
ex altero.
2 De Trin. 4, 20, 28: Non ergo eo ipso quo de Patre natus est, missus dicitur Filius;
sed vel eo quod apparuit huic mundo Verbum caro factum... vel eo quod ex tempore
cuiusquam mente percipitur.
% De Trin. 4, 20, 29; mitti est Filio cognosci quod ab illo [a Patre] sit.
3 De Trin. 5, 16, 17.
31 De Trin. 4, 20, 29. Ma questo principio agostiniano secondo il quale mitti est cognosci,
dev'essere completato con la dottrina dell'inabitazione dello Spirito Santo nei bam-
bini battezzati, i quali evidentemente non conoscono lo Spirito Santo che abita in
loro. Cf. Ep. 187. Sulla ragione formale dell'inabitazione, cf. A. TurRADo, La inhabita-
cién de la Trinidad en los justos segun la doctrina de San Agustin, in Augustinus
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXIII

Alla domanda se lo Spirito Santo sia stato inviato prima della glorificaz
ione
di Cristo, domanda provocata dal testo evangelico di Gv. 7,
39, la risposta è
affermativa. I Profeti hanno parlato ispirati dallo Spirito Santo.
Cosî pure di
Spirito Santo furono ripieni Giovanni Battista, Zaccaria, la Vergine
Maria. Solo
che nel giorno di Pentecoste la missione dello Spirito Santo ebbe un
carattere
speciale, visibile, solenne, che operò grandi miracoli ®.

3. Teofanie

Nel parlare delle teofanie del V. T., che costituiscono l’altra


difficoltà parti-
colare contro la perfetta uguaglianza delle Persone divine,
anche se il pensiero
di S. Agostino è ugualmente fermo, il tono si fa piti modesto
, l'esposizione più
cauta. Se, parlando delle missioni, sapeva di avere per
avversari gli eretici, qui
sa di avere per avversari i cattolici. Molti scrittori ecclesias
tici infatti, trattando
la complessa questione dell’azione di Dio nel V. T., avevano
attribuito le teofanie
non al Padre o a tutta la Trinità, ma al Figlio. E ciò tanto
più volentieri quanto
più questa attribuzione costituiva un valido argomento
contro il modalismo di
Sabellio 8. Cosciente perciò di esprimere un'opinione seguita
da pochi e avversata
da molti, S. Agostino dichiara di studiare la questione « nella
pace cattolica, con
animo pacifico, pronto a correggersi, se verrà fraternamente
e giustamente ripreso,
anzi pronto a farlo anche se criticato aspramente, anche
se morso da un nemico
purché però sia nel vero » *,
Posta questa premessa, chiede: a) se Dio sia apparso
ai nostri Padri nellc
sua unità o sia apparso come una sola Persona, oppure sia
apparsa ora l'una ore
l'altra delle Persone divine; b) se Dio si sia servito del minister
o delle creature,
c) se siano stati gli Angeli ad apparire in nome di Dio,
Lasciando da parte gli argomenti secondari che il S. Dottore
tocca e chiarisce
— comeil potere di Dio sulle creature 0 potere dei miracoli
, e il concetto delle
ragioni seminali — possiamo riferirne la risposta in questi
termini: a) sulla prima
questione occorre andar cauti: la Sacra Scrittura non
ci autorizza a determinare
se sia apparsa la Trinità in se stessa, o una sola Persona
divina, oppure ora l'una,
ora l’altra, S. Agostino arriva a questa prudente conclusi
one dopo aver esaminato
attentamente i testi scritturistici®; b) sulla seconda
questione bisogna essere

Magister, I, Paris 1954, pp. 583-593; V. CarRONE,


La inabitazione dello Spirito Santo
nelle anime dei giusti secondo la dottrina di
S. Agostino, Roma 1961.
32 De Trin., Ivi.
33 Cf. J. LEBRETON, Sf. A. théologien de la Trinité.
Son exégèse des théophanies, in M.A.,
II, pp. 821-836.
3 Avevano espresso la stessa opinione, anche se non
con uno studio approfondito, Am-
brogio e Girolamo, citati da S. Agostino in Ep.
147, 52-53 (del 413). Nella Ep. 148
aggiunge la citazione di Atanasio e di Gregorio
(Ivi, 6-15). Per l’identità di questo
Gregorio cf. N.B.A. 32, Lettere, 2, p. 445.
35 I primi ad esprimere l'opinione che fosse stato il
Figlio ad apparire nel V. T. furono
gli Apologeti.
3% De Trin. 2,9, 16.
37 De Trin. 2,7, 13.
38 De Trin. 2, 18, 35.
% De Trin. 2, 10, 17 - 18, 34.
MAXIM > INTRODUZIONE - TEOLOGIA

fermi: tutta la Trinità è invisibile, non può perciò apparire con la sua natura
mezzo
agli occhi del corpo; ne segue che le teofanie del V. T. sono avvenute per
creature, le quali, soggette al divino volere, hanno prestato a questo scopo
delle
la sua opinione, affermand o
il loro ministero ®; c) nella terza S. Agostino avanza
pensieri, ma sulle parole dell’Aposto lo agli Ebrei
che si basa non sui propri
degli
(1, 13); opinione che è questa: le teofanie del V. T. sono avvenute per mezzo
Dei 4. L'opinione di S. Agostino
Angeli, i quali hanno parlato ed agito ex persona
è diventata comune.

4. La Trinità opera inseparabilmente

Il secondo principio che determina la prospettiva da cui S. Agostino considera


ne
il mistero trinitario e che troviamo esplicitamente menzionato nella sua professio
di fede, è costituito dalla inseparabilità delle operazioni ad extra della Trinità.
L'unità dell'essere non può non comportare l’unità dell’operare.
Ma come il primo principio sembrava essere contraddetto da molti testi scrit-
lo
turistici, cosi il secondo. Ciò nonostante S. Agostino lo difende, lo spiega,
applica.
La Trinità ha operato inseparabilmente: la creazione, le teofanie del V. T.,
le teofanie del N. T. Nel N. T.: la concezione di Gesù Cristo nel seno di Maria,
la voce del Padre sul Tabor, la colomba nel battesimo di Gest, le lingue di fuoco
nel giorno della Pentecoste.
In quanto alla creazione «il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo sono un solo
principio, come sono un solo creatore e un solo Signore » 4, Ciò è tanto vero che
alla formula del simbolo battesimale: Credimus in Deum Patrem omnipotentem
creatorem caeli et terrae, S. Agostino sostituisce queste altre: Credimus Patrem
et Filium et Spiritum Sanctum esse unum Deum, universae creaturae conditorem
atque rectorem #; Patrem et Filium et Spiritum Sanctum unius eiusdemque sub-
stantiae, Deum creatorem, Trinitatem omnipotentem 4, E’ inutile dire che questa
impostazione ribadisce l'opposizione ad ogni subordinazionismo, errore che tro-
vava proprio nella dottrina della creazione l'occasione principale di manifestarsi.
Parimenti esplicito è S. Agostino per le teofanie del N. T. come è stato espli-
cito — lo abbiamo visto — con quelle del V. T.: «Tutta la Trinità ha operato
e la voce del Padre e il corpo del Figlio e la colomba dello Spirito Santo, benché

4 De Trin. 2,9, 16; 3, 11, 21-22.


41 De Trin. 3, 11, 22; 3, 11, 27.
4 De Trin. 5, 1 sel5:
4 De Trin. 9, 1, 1.
4 De Trin. 4, 21, 30.
45 Si ricorderà il A6Yog EvSLAadETOgS e il A0YOS Tpopopixbs degli Apologisti. La prolazione
stato
del Verbo sarebbe avvenuta nella creazione. In quel momento il Verbo sarebbe della
l’opera
perfettamente generato. Il Verbo, poi, è stato il ministro del Padre per
e creatore
creazione. Ora questo ministero agli ordini di Dio Padre onnipotente Ip-
sembra indicare una subordinazione. Tornano alla mente i nomi .di Tertulliano, espres-
polito, Novaziano, Clemente Alessandrino, Origene presso i quali s'incontrano
della creazione.
sioni non sempre chiare circa la cooperazione del Figlio nell'opera
Cf. J. TrxERONT, Histoire des dogmes, I, Paris 1930.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XXV

ciascuna di queste tre cose si riferisca ad una Persona distinta » 4. Queste affer-
mazioni suscitano una seria difficoltà: come si può dire che solo il Figlio si è
incarnato se l’Incarnazione è opera di tutta la Trinità? S. Agostino risponde:
humanam illam formam ex virgine Maria Trinitas operata est, sed solius Filii
persona est ”. In altre parole, la natura umana di Cristo è opera della Trinità,
ma appartiene solo alla persona del Figlio. Dunque solo il Figlio si è incarnato.
Lo stesso vale per la voce del Padre e per la colomba o le lingue di fuoco
dello Spirito Santo; con questa differenza — essenziale in verità — che la natura
umana è stata assunta, e per sempre, nell'unità della persona del Verbo, mentre
la voce e la colomba e le lingue di fuoco non furono unite alla persona del Padre
o dello Spirito Santo. Non unite, ma solo usate, provvisoriamente, per un parti-
colare ministero, quello cioè di manifestare quanto, in quel momento, la Trinità
voleva manifestare: il Padre e lo Spirito Santo operanti nella storia della sal-
vezza %.
Né termina qui la riflessione di S. Agostino su questo principio fondamentale
di teologia trinitaria. Egli si studia di illustrarlo, qui nel De Trinitate, come nei
discorsi al popolo e nelle lettere, col modo di operare in noi della memoria,
dell’intelligenza e della volontà. Sono tre facoltà che nominiamo separatamente,
ma che operano inseparabilmente. Infatti non si può pronunciare il nome di
nessuna di esse senza che tutte e tre siano presenti per produrre quel nome. Si
veda con quanta abilità spiega quest'esempio, che riempie l'animo di stupore,
al popolo. Ecco alcune parole: «Questo nome memoria, che appartiene alla sola
memoria, l’ha prodotto sia la memoria, perché ritenessi ciò che dicevi; sia l’in-
telligenza, perché capissi ciò che ritenevi; sia la volontà, perché proferissi ciò
che sapevi... Cosi la Trinità ha operato la carne [natura umana] di Cristo, ma
non appartiene che al solo Cristo » 50,

% De Trin. 4, 21, 30; cf. 2, 10, 18.


4 De Trin. 2, 10, 18.
4 De Trin. 2, 6, 11; 2, 7, 12; 2, 10, 18; 4, 21, 30. Gli scolastici esprimeranno
questa
stessa dottrina con terminologia loro propria, che ha in ogni caso il pregio della
chiarezza. L’Incarnazione efficienter è opera delle tre Persone, terminative solo del
Figlio. Lo stesso per la manifestazione — esclusa però l’unione ipostatica — del
Padre e dello Spirito Santo.
4 De Trin. 4,21, 30; Serm. 52; Ep. 169, 5-6.
50 Serm. 52, 20-21.
TI. DIFESA DEL DOMMA 0 DOTTRINA DELLE RELAZIONI (ll. V-VII)

di S. Ago-
Nei primi libri, studiando il contenuto della Scrittura, l’attenzione
Trinità.
stino era rivolta all'unità di natura e all’inseparabilità d'azione della
aspetto,
Ora l'attenzione si volge alla distinzione delle Persone, che è il secondo
contraddi ttorio al primo, del mistero trinitario , il quale, com'è noto,
che sembra
passa tra due opposti errori: il triteismo e il modalismo.
Perciò il nostro Dottore intraprende lo studio, non meno importante né meno
la
difficile dell'altro, per dimostrare che difendere l'Unità non vuol dire negare
Trinità. Né triteismo dunque né modalismo.
Si tratta, in altre parole, della difficoltà fondamentale — S. Agostino l’ha ricor-
umana
data subito dopo la professione di fede! — che si presenta alla ragione
il Figlio
che mediti appena un poco sul mistero trinitario: se il Padre è Dio, se
Dio?
è Dio, se lo Spirito Santo è Dio; come mai non sono tre dèi, ma un solo
ne di risponder e a questa difficoltà gliela offersero gli Ariani con le
L'occasio
essere i soli
loro argomentazioni filosofiche. Si sa che gli Ariani pretendevano di
come dicevano, la « monarchi a », accusava no i
a difendere l’unità di Dio, cioè,
e due principi — di essere, in altre parole, diteisti — e scomo-
cattolici di ammetter
S. Agostino ne
davano le Categorie di Aristotile per difendere la propria dottrina.
c'è solo la categoria della sostanza, non le
riporta l’argomentazione cosi: in Dio
; ne segue che tutto ciò che si dice o si pensa dî Dio, si
categorie degli accidenti
la fede insegna
dice e si pensa secondo la sostanza, non secondo gli accidenti. Ora
ed essere genito sono
che il Padre è ingenito e il Figlio è genito; essere ingenito
è diversa dunque la sostanza del Padre e del Figlio?.
due cose diverse;

1. Le relazioni divine

filosofia
Il vescovo d’Ippona per rispondere si serve delle loro stesse armi:
. In Dio non vi sono perfezion i accidental i.
con filosofia, Aristotile con Aristotile
accidens in Deo, quia nihil mutabile* . Nulla di mutabile nell'es-
D'accordo. Nihil
non v'è solo il
senza, nell’intelligenza, nella volontà. Ma è anche vero che in Dio
le relazioni, le quali pur non rientrando nel
predicamento della sostanza. Vi sono
sostanza, non sono accidenta li come nelle creature. « Ben-
predicamento della
e il Figlio non
ché sia diverso essere Padre ed essere Figlio, tuttavia tra il Padre
Dio secondo la
v'è diversità di sostanza, perché Padre e Figlio non si dicono in
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXVII

sostanza, ma secondo le relazioni; ie quali però, non essendo mutabili, non sono
accidentali ». ..non secundum substantiam dicuntur, sed secundum relativum;
quod tamen relativum non est accidens, quia non est mutabile4.
Contro l'argomentazione degli Ariani e, in genere, contro gli argomenti deila
povera ragione umana, S. Agostino approfondisce e sviluppa la dottrina delle rela-
zioni. La chiave di volta di questa dottrina e, possiamo dire, della dottrina trini-
taria, è un principio enunciato nel libro 11° del De civitate Dei, scritto contem-
poraneamente agli ultimi del De Trinitate: « Dio è tutto ciò che ha, eccetto le
relazioni per cui ciascuna Personasi riferisce all'altra. Non v'è dubbio infatti che
il Padre ha il Figlio, ma tuttavia il Padre non è il Figlio; cosi pure il Figlio ha
il Padre, ma tuttavia il Figlio non è il Padre »5. Non v'è chi non veda la fecondità
di questo principio da cui si possono dedurre molte conseguenze.

A. Dalla prima parte — Dio è tutto ciò che ha — si deduce:


a) che Dio è l'Essere stesso, l'ipsum esse; una dottrina, questa, cara a S. Ago-
stino, che la ripete, la spiega e ne svolge tutte le virtualità 6;
b) che tutte le perfezioni in Dio s’identificano con l'essere divino; tutto ciò
infatti che sembriamo dire di Dio secondo le qualità lo diciamo secondo la
sostanza?; e perciò le perfezioni divine s'identificano fra loro: quae iustitia ipsa
bonitas, et quae bonitas ipsa beatitudo*.
c) che le Persone divine avendo, anzi essendo tutte la stessa essenza, sono
perfettamente uguali: due non sono pit di una, né una meno di due: in illa summa
Trinitate tantum est una quantum tres simul, nec plus aliquid sunt duae quam
una?. Perciò Dio è Trinità, non triplice!0.
d) che ogni Persona divina è presente mutuamente nell'altra; verità, questa,
che con una parola greca si chiama pericoresi. Parlando del Padre e del Figlio
dice infatti il nostro Dottore: quidquid ad se dicuntur non dicitur alter sine
altero; e spiega: quidquid dicuntur quod substantiam eorum ostendat, ambo simul
dicuntur!!. Perciò, semper in invicem, neuter solus: poiché uno è sempre nell’al-
tro, nessuno dei due è mai solo!. Ciò vale anche dello Spirito Santo, anzi è
più proprio, se cosi si può dire, delle Spirito Santo, che è lo Spirito del Padre
e del Figlio.

B. Dalla seconda parte del principio che abbiamo ricordato — eccetto le rela-
zioni per cui ciascuna Persona si riferisce all'altra — si deduce:
a) che in Dio occorre distinguere accuratamente tra le perfezioni assolute e
le relazioni mutue: quelle si riferiscono a se stesse (dicuntur ad se), queste si
riferiscono ad un altro (dicuntur ad alium), quelle sono comuni alle tre Persone
divine, queste stabiliscono la distinzione delle Persone; quelle si predicano substan-

4 De Trin. 5, 5, 6.
5 De civ. Dei il, 10, 11.
6 De Trin. 5, 2, 3; cf. A. Trapì, La ‘nozione del mutabile e dell’immutabile secondo
S. Agostino, in « Quaderni della Sa FEE », n. 1, Roma 1956
7 De Trin. 15, 5, 8; cf. 5, 10, 11; 6, 4, 6; 6, 6, 10, TAI.
8 De Trin. 15, 5, 7: cf. un testo i Li. hi 6; 10;=12:
9 De Trin. 6, 10, 12
I0:De Prin. 051,9; 8, 1,2:
11 De Trin. 6, 2, 3.
12 De Trin. 6, 7,9.
XXVIII INTRODUZIONE - TEOLOGIA

tialiter, queste relative. Teneamus quidquid ad se dicitur praestantissima illa et


divina sublimitas, substantialiter dici; quod autem ad aliquid, non substantialiter,
sed relative 13.
b) che le relazioni, essendo nell'ordine dell'opposizione e non in quello delle
perfezioni assolute, dicono solo distinzione e non diversità di perfezione tra una
Persona e l’altra. Queste relazioni sono reali, e quindi importano una distinzione
reale tra i termini correlativi — il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre,
ecc. — sono immutabili, sono sussistenti. S. Agostino parla appunto di subsistentia
personarum 14.
c) che, essendo le relazioni simultanee — relativa sunt simul — le Persone
divine sono ugualmente eterne, e perciò nei riguardi delle creature un unico
principio. Il Figlio mai ha cominciato ad essere Figlio, ma lo è sempre stato
— semper natus est Filius —! come il Padre non ha mai cominciato ad essere
Padre, ma lo è sempre stato. Lo stesso vale per lo Spirito Santo, che è insieme
al Padre e al Figlio un solo ed unico principio delle creature: ad creaturam Pater
et Filius et Spiritus Sanctus unum principium, sicut unus creator et unus Domi-
nus !6, E’ salva perciò la « monarchia ».
Ma a questo punto S. Agostino ammonisce di evitare una falsa argomenta-
zione, quella dedotta dalle parole di S. Paolo: Cristo potenza e sapienza di Dio
(1 Cor. 1, 24). Se Cristo è la potenza e la sapienza del Padre — avevano argomen-
tato molti scrittori ecclesiastici —, il Padre non è mai stato senza potenza e
sapienza, mai àNoYog xai dcopos, il Figlio perciò è eterno!8.
Argomentazione falsa, esclama S. Agostino. Il Padre è potente e sapiente per
la sua stessa potenza e sapienza, non per la potenza e la sapienza del Figlio.
Potenza e sapienza non sono proprietà personali, ma perfezioni assolute, comuni
perciò a tutte e tre le Persone. Potente il Padre; potente il Figlio, potente lo
Spirito Santo; sapiente il Padre, sapiente il Figlio, sapiente lo Spirito Santo;
buono il Padre, buono il Figlio, buono lo Spirito Santo; e cosi via!?. Se si vuole
insistere nella espressione di S. Paolo bisognerà dire che il Figlio come è Dio da
Dio, luce da luce, cosi è Sapienza nata da Sapienza ingenita. Due parole, delle
quali la prima — sapienza — indica una perfezione assoluta, mentre la seconda
— nata — indica la proprietà personale del Figlio, che è quella di essere, si,
sapienza, ma di esserlo perché ha ricevuto la sapienza dal Padre per generazione.
Per concludere possiamo dire che il principio agostiniano su indicato contiene
la sostanza, se non ancora la formula, di quell’altro che, enunciato più tardi?
costitui la base della speculazione scolastica e fu accolto dal Concilio Fiorentino:

3 -De Trin_ 5, 8,9; cf.5,9,


14 De civ. Dei, 10, 10; cf. Ca 71, 12, 18: servata singularum proprietate et « substan-
tia» personarum (dove però alcuni mss. leggono, e forse meglio: « subsistentia »
personarum); M. ScHMmaus,. Die psychologische Trinitàtslehre des hl. Augustinus,
Miinster i-W. 1927, p. 140 parla, interpretando S. Agostino, di «relazioni sostanziali».
15 De Trin. 5, 5, 6.
16 De Trin. 5, 14, 15.
17 Vedi Il. 6, nota (3), p. 267.
18 De Trin. 6, 5
19 De Trin. 5, 8, 9; 8, -1. Queste formule richiamano apertamente quelle del Simbolo
Quicumque.
20 De Trin. 7, 2, 3.
21 S. ANSELMO, De processione Spiritus Sancti 2: PL 158, 288.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXIX

omnia unum sunt ubi non obviat relationum oppositio 2. Vorremmo anzi dire che
l'enunciazione agostiniana identificando le perfezioni con l'essere divino, ha il van
taggio di dare la ragione metafisica dell’assoluta unità, in Dio, di tutte le perfezioni,
con la sola eccezione delle relazioni: quod habet hoc est, excepto quod relative
quaeque persona ad alteram dicitur.
Per riferite però tutto il pensiero di S. Agostino dobbiamo aggiungere che
a proposito delle relazioni il S. Dottore osserva con particolare acutezza che una
relazione può nascere senza che ci sia mutazione in uno dei due termini ai quali
la relazione stessa si riferisce. Cosi il denaro senza alcuna mutazione può diven-
tare prezzo o pegno secondo che si riferisca a un pagamento o a una promessa
di pagamento: la nuova relazione nasce dallo scopo cui viene destinato. Allo stesso
modo le relazioni di Dio con le creature. In Dio non importano alcuna accidenta-
lità, perché non importano alcuna mutazione; nelle creature invece importano
mutazione, e perciò accidentalità. Dio è Signore, Padre, Rifugio: Signore dalla
creazione, Padre dalla giustificazione, Rifugio quando ci volgiamo a Lui. Tutte
denominazioni temporali, non eterne; ma che non implicano alcuna mutazione in
Dio: la mutazione è solo in noi. In nobis ergo fit aliqua mutatio... in illo nulla 3.
Inutile dire che queste osservazioni completano la teologia delle relazioni, che
importano simultaneità ed opposizione e non, di per sé, perfezione, e ci danno
la chiave per conciliare l'immutabilità divina con le manifestazioni di Dio ad
extra: la creazione, l'incarnazione, la giustificazione e, termine di tutte e tre, la
glorificazione. Tutta la teologia, dunque, è tributaria di questo concetto e di
questa dottrina.
Abbiamo parlato di teologia delle relazioni. Lo abbiamo fatto apposta, perché
in realtà di teologia si tratta, e non di un’arbitraria speculazione filosofica appli-
cata poi, bene o male, alla teologia. E’ in fatti la Scrittura che ci mette sulle
piste delle relazioni, rivelandoci le processioni divine e i nomi propri delle tre
Persone.

2. Le processioni

Vi abbiamo accennato sopra parlando delle missioni; occorre però tornarvi


qui per dire che le processioni sono il fondamento delle relazioni. La Scrittura ci
rivela non solo che il Figlio è inviato dal Padre (missioni), ma anche che il
Figlio procede dal Padre e procede per generazione.
Sulla processione del Figlio S. Agostino non ha detto, e non poteva dire, nulla
di particolare. I Padri prima di lui avevano detto tutto. La Scrittura del resto
è già molto esplicita. Parliamo della generazione del Figlio come dato rivelato, non
dell'illustrazione di questo dato. Su l'illustrazione del dato rivelato S. Agostino
ha lasciato, come vedremo, l'orma del genio; ma sul dato stesso non ha detto

22 Conc. Florent., Decretum pro Iacobitisj; D.-S., Ench. Symb. 1330. Ricordiamo
a questo
proposito un’altra espressione di S. Ag. ripresa dal Conc. Toletano 11 (Ench. Symb.
530): Hoc solo numerum insinuant quod ad invicem sunt, non quod ad se sunt
(In
Io Ev. tr. 39, 3).
23 De Trin. 5, 16, 17.
XXX INTRODUZIONE - TEOLOGIA

nulla di rilevante. La sua testimonianza invece è preziosa sulla processione dello


Spirito Santo. Si sa quante e quali siano state le controversie su questo punto.
Non c'è bisogno di ricordare gli argomenti di Fozio contro il Filioque 4. Già Ter-
tulliano conosceva le due formule: a Patre per Filium, e: a Padre et Filio ®, delle
quali la prima usata in Oriente, la seconda più in uso in Occidente. S. Agostino le
unisce mirabilmente insieme, mostrando la ragione della prima e la forza della
seconda.
Anzitutto insiste nel dire che secondo le Scritture lo Spirito Santo non è solo
del Padre o del Figlio, ma di tutti e due: nec Patris solius est, nec Filii solius,
sed amborum %; poi dichiara che procede dal Padre e dal Figlio come da un
unico principio: fatendum est Patrem et Filium principium esse Spiritus Sancti,
non duo principia 7; afferma in fine che procede principaliter dal Padre. Principa-
liter qui vuol dire originariamente, fontalmente, come da prima scaturigine. Spiega
infatti: « se tutto ciò che ha il Figlio lo ha dal Padre, dal Padre ha anche questo:
che da Lui proceda lo Spirito Santo». Ideo addidi principaliter, quia et de
Filio Spiritus Sanctus procedere reperitur. Sed hoc quoque illi Pater dedit 2.
Resta dunque che il Padre è la fonte prima e il principio di tutta la divinità.
..totius divinitatis vel, si melius dicitur, deitatis principium Pater est 39. Ciò che
appunto vuole esprimere la formula greca.

3. I nomi propri

Non solo le processioni (o le missioni), ma anche i nomi propri delle tre


Persone divine ci rivela la Sacra Scrittura. Sono questi nomi che indicano le pro-
prietà personali di ciascuna, esprimono le relazioni mutue che intercorrono tra
loro e mostrano il modo particolare con cui ognuna si manifesta nella storia della
salvezza.
S. Agostino li studia attentamente.
1.I nomi della prima Persona sono tre: Padre, Principio, Ingenito. Solo il
primo è biblico: gli altri due derivano dal linguaggio tradizionale* che ha voluto
esprimere, come ha potuto, due proprietà del Padre: essere il principio della
divinità e non procedere da nessun altro. Tutti e tre però sono termini relativi.
Per i primi due la cosa è chiara: « Padre è un nome relativo, cosi pure è nome
relativo Principio. Con questa differenza, che Padre si riferisce al Figlio, invece
Principio si riferisce a tutto ciò che procede da Lui » 2. Meno chiara per il terzo.
Ma S. Agostino dimostra validamente contro gli Ariani che la negazione insita nel

24 Cf. De Sancti Spiritus mystagogia, PG 102.


25 TERTULLIANO, Adv. Praxean 4, 8: PL 2, 182, 187.
2% De Trin. 15, 17, 27; 4, 20, 29; 15, 26, 45; In Io Ev. tr. 99, 6.
21 De Trin. 5, 14, 15.
28 De Trin. 15, 26, 471.
29 De Trin. 15, 17, 29.
30 De Trin. 4, 20, 29. È
31 Per il nome Ingenito cf. De Trin. 15, 26, 47: Pater solus non est de alio, ideo solus
- SDREAI ae », non quidem in Scripturis, sed in consuetudine disputantium.
2 De Trin. 5, 13, 14.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXXI

nome Ingenito, non lo toglie dal « predicamento » della relazione, perché il termine
negativo sta nello stesso « predicamento » del termine positivo. Perciò se è rela-
tivo il nome Genito, lo è anche il nome Ingenito. Dunque la diversità tra Ingenito
e Genito non può essere diversità di sostanza®.
2. I nomi della seconda Persona sono parimenti tre: Figlio, Verbo, Immagine.
Questa volta tutti e tre i nomi sono biblici e tutti e tre sono apertamente relativi:
il Figlio dice relazione al Padre, il Verbo relazione alla mente di cui è verbo,
Immagine all’esemplare di cui è espressione. Tre nomi che si equivalgono e si
richiamano a vicenda. Infatti il Figlio è Figlio in quanto è Verbo; e il Verbo è
Verbo in quanto è Figlio. Eo quippe Filius quo Verbum et eo Verbum quo Filius 8.
Lo stesso si può dire del nome Immagine, in quanto è proprio del Figlio essere
immagine del Padre e proprio del Verbo esprimere l’immagine della mente da
cui procede. Su questi tre nomi e la loro mutua equivalenza si fonda in gran parte
la spiegazione psicologica che darà S. Agostino negli ultimi libri del De Trinitate.
3. Ancora tre i nomi della terza Persona: Spirito Santo, Dono, Amore. Qui
però la ricerca si fa più difficile. Non si tratta più di dimostrare che i nomi
rivelati dalla Scrittura appartengono alla categoria dei nomi relativi; ma si tratta
di stabilire quali siano questi tre nomi. La Scrittura dà alla terza Persona un
solo nome — Spirito Santo — e questo per di più è un nome comune, che si può
applicare tanto al Padre quanto al Figlio, quanto a tutta la T.rinità8; perciò
questo nome non dice nulla delle relazioni intra-trinitarie. Studi sufficienti in mate-
ria non c'erano. S. Agostino è costretto a fare opera di pioniere. In realtà i
risultati da lui ottenuti, segnando la strada ai teologi posteriori, costituiscono il
contributo più importante che abbia dato alla teologia trinitaria e, piu general-
mente, alla teologia spirituale.
Egli parte dal dato rivelato che lo Spirito Santo è lo Spirito del Padre e del
Figlio, considera poi le opere ad extra che la Scrittura attribuisce allo Spirito
Santo, quella di elargire agli uomini i doni di Dio (1 Cor. 12, 11) e quella di diffon-
dere nei nostri cuori la carità (Rom. 5, 5), che è il dono essenziale e quindi più
importante; e ne conclude che, se lo Spirito Santo elargisce i doni di Dio, Egli
stesso, nella Trinità, è Dono; se diffonde l’amore nei cuori, Egli stesso, nella Trinità,
è Amore.
La Scrittura poi, se studiata attentamente, indica che i nomi di Amore e Dono
sono propri dello Spirito Santo. Le parole della Scrittura: Deus caritas est (1 Gv
4, 16) e le altre: Si scires Donum Dei! (Gv 4, 10), oppure: Accipietis donum
Spiritus Sancti (Atti 2, 37) si riferiscono appunto allo Spirito Santo.
L’argomentazione di S. Agostino potrebbe non convincere tutti. Ma non si può
non ammirarne l'acume e la modestia. Parte da una premessa, che è questa:
«La Sacra Scrittura non dice che lo Spirito Santo è carità; se lo avesse detto la
questione ne sarebbe stata molto chiarita. Ma essa dice: Dio è carità (Gv 4, 16),
cosicché non è chiaro — e dunque bisogna indagare — se è Dio Padre che è carità,

De Trin.5,6,1- 71,8.
3 De Trin. 5, 13, 14: Item dicitur relative Filius, relative dicitur et Verbum
et Imago.
8 De Trin. 7, 2, 3. Su questo principio, divenuto classico, cf. S. TomMaso,
Summa
theol., I, q. 34, a. 2, ad 3; Pio VI, Constit. Auctorem Fidei, D.--S., Ench. symb. 2698.
36 De Trin, 5, 11, 12.
37 Cf. De fide et symbolo 9, 19.
XXXII INTRODUZIONE- TEOLOGIA

o il Figlio, o lo Spirito Santo, o Dio-Trinità»®. Conduce, poi, l'indagine su due


direzioni, che sono: ciò che lo Spirito Santo è in seno alla Trinità e ciò che opera
nella Chiesa.
Insiste prima di tutto sul fatto che lo Spirito Santo è la comunione del
Padre e del Figlio e conclude molto modestamente: « Lo Spirito Santo, secondo la
Scrittura, non è lo Spirito soltanto del Padre, né soltanto del Figlio, ma di
entrambi; e perciò fa pensare alla carità comune con la quale si amano vicende-
volmente il Padre e il Figlio »39.
Descrive, in oltre, l’azione dello Spirito Santo in noi e conclude di nuovo: « Lo
Spirito Santo, che Dio ci ha dato, fa si che noi restiamo in Dio e Dio in noi:
ora questa è l’opera dell'amore. E’ dunque lo Spirito Santo Dio Amore » ®.
In fine S. Agostino osserva che il termine Amore — come del resto il termine
Spirito Santo — viene usato della terza Persona della Trinità secondo il signi
ficato proprio, ma non esclusivo, perché secondo un significato generico può usarsi
anche tanto del Padre quanto del Figlio. Precisamente come il nome Sapienza
detto del Verbo. Ciò costituisce una grande differenza con i nomi propri della
prima e della seconda Persona, che non si possono usare se non per la Persona di
cui si dicono. La ragione sta nel fatto che il linguaggio umano non ha nomi per
esprimere una processione secondo la sostanza che non sia generazione. E non
ce l’ha, perché nelle creature, da cui il linguaggio prende i termini per parlare delle
cose divine, una simile processione non c'è.
In quanto al predicamento della relazione S. Agostino spiega che esso c'è, ma
non appare nel nome Spirito Santo; appare invece nel nome Dono, perché il dono
è del donatore e c'è il donatore del dono: donum donatoris et donator doni %.
Lo Spirito Santo si riferisce al Padre e al Figlio in quanto è il Dono e l'Amore
di entrambi, e perciò la « comunione», l’« abbraccio », la « soavità » 8. Communio,
dice il Santo, consubstantialis et coaeterna #.
Conclusione: la dottrina delle relazioni, che sola può rispondere ai poveri
argomenti della ragione umana, è solidamente fondata nella S. Scrittura. S. Ago-
stino lo sa e lo dimostra; e resta, perciò, pur usando le armi della filosofia, sul
solido fondamento della teologia.

38 De Trin. 15, 17, 27.


39 Ivi.
4 De Trin. 15, 17, 31; cf. l'intera pericope, 15, 17, 27 - 19, 37.
4 De Trin. 15, 17, 31.
4 De Trin. 5, 11, 12 - 12, 13.
4 De Trin. 5, 11, 12; 6, 10, 11.
4 De Trin. 6, 5, 7.
III. FORMULAZIONE DEL DOMMA(ll. V-VII)

x
La formulazione del domma è una conseguenza logica e necessaria della dot-
trina delle relazioni. Ma il compito è tutt'altro che facile. Trattandosi di cose
divine, le parole sono sempre inferiori al pensiero, come il pensiero è sempre
inferiore alla realtà. Se dunque è difficile per il pensiero percepire il mistero
trinitario — lo abbiamo visto nelle pagine precedenti — molto pit difficile sarà
per il linguaggio esprimerlo. S. Agostino ne è profondamente convinto!. Lo abbia-
mo detto?, ma giova ripeterlo. Sarà utile per giudicare nel giusto valore le esita-
zioni del Santo. La sua indagine infatti si muove proprio su questo presupposto;
al quale però ne fa riscontro un altro, che sembra contrario ad esso. Nonostante
tutto, abbiamo il dovere di parlare di questo mistero ad certam regulam, vale a
dire in un modo preciso e disciplinato, perché la confusione delle parole non generi
la confusione delle idee. Con parole indisciplinate parlino pure i filosofi, scrive a
questo proposito nel De civitate Dei, noi dobbiamo parlare secondo una norma
determinata, affinché la libertà delle parole non generi opinioni contrarie alla
pietà ed alla fede cristiana3.

1. Introduzione

Per fare una premessa, diremo che S. Agostino ha parlato molto del linguaggio:
del linguaggio in generale e del linguaggio teologico in particolare. Del primo ha
parlato nel De Magistro; del secondo nel De doctrina christiana. Ha spiegato poi
ampiamente il fondamento ontologico del linguaggio in teologia, che è la causalità
e l'esemplarità divine, ha usato la triplice via — affermativa, negativa, eminen-
ziale — per salire dalle creature a Dio5 e ha detto delle perfezioni di Dio cose
veramente sublimi*. Vedi per esempio quanto dice dell’essere? e della scienza di
Dio8. Se insiste molto sulla docta ignorantia non è perché non ammetta una
conoscenza positiva di Dio, ma perché, convinto della ineffabilità divina, ritiene

1 De Trin. 5, 3, 4; 6, 10, 11; 7, 4,77; 7, 6, 11-12; 15, 27, 50.


2 Vedi sopra, p. II.
3 De civ. Dei10, 23: Liberis verbis loquuntur philosophi... Nobis autem ad certam regulam
loqui fas est, ne verborum licentia etiam de rebus quae his significantur, impiam
gignat opinionem.
4 De div. qq. 83, q. 46; Confess. 1, 6, 9; De Trin. 12, 14, 23; De Gen. ad litt. 4, 32, 49.
5 Confess. 11, 4, 6.
6 Confess. 10, 6, 8; 1,4, 4.
7 Cf. almeno Confess. 7 11, 17.
8 De div. qq. ad Simplicianum 2, a, 2, 3.
XXXIV INTRODUZIONE - TEOLOGIA

che sia già un gran passo verso la sapienza conoscere quello che Dio non è?. Su
questo fondamento teologico-filosofico della conoscibilità di Dio, S. Agostino fissa
le regole per parlare con esattezza della Trinità, e affronta, poi, il grosso problema
del significato e del valore delle formule in uso.

2. Regole

Le regole indicate per parlare correttamente di questo mistero sono tre.


a) La prima è questa: i nomi che indicano perfezioni assolute — cioè che si
predicano secondo la sostanza e non secondo le relazioni — si usano in singolare
parlando delle singole Persone e parimenti in singolare parlando di tutte e tre
insieme. « Tanta è la forza dell'identità della sostanza nel Padre, nel Figlio, nello
Spirito Santo che quidquid de singulis ad se ipsos dicitur, non pluraliter in
summa, sed singulariter accipiatur »10. Da questa regola dipendono le note for-
mule del simbolo Quicumque che S. Agostino usa parimenti tante volte!!.
b) La seconda possiamo formularla cosi: i nomi che indicano una relazione
immanente — Padre, Figlio, Verbo, ecc. — si usano in singolare della Persona
a cui appartengono e in nessun modo di un'altra, né della Trinità insieme. « ...non
potest dici Trinitas Pater »!2.
c) La terza invece riguarda l’uso del plurale: parlando della Trinità si può
usare il plurale solo con i nomi che indicano le mutue relazioni: « sicut in Evan-
gelio scriptum est: Ego et Pater unum sumus. Et unum dixit et sumus: unum
secundum essentiam, quod idem Deus, sumus secundum relativum, quod ille Pater,
hic Filius » 13.

3. Il problema

Ma qui sorge un grosso problema. C'è un nome comune che esprima i Tre
che sussistono nell’unica natura divina? Un nome che si possa usare, perciò, in
plurale? Per esprimere l’unità di natura i nomi non mancano; ce ne sono anzi
molti: natura, essenza, sostanza, realtà (res). S. Agostino li usa tutti, ma prefe-
risce il secondo, « essenza », perché essenza deriva da esse, che è il nome proprio
di Dio,
Ma per indicare la Trinità? I greci adottarono la formula: pia odota, tpeig
ùtootàacers, i latini: un’essenza, tre Persone.

9 Ep. 130, 28; De Trin. 5, 1, 1; Enarr. in Ps. 85, 12; 99, 6.


10 De Trin. 5, 8,
i Ivi: Ita magnus Pater, magnus Filius, magnus Spiritus Sanctus; non tamen tres
magni, sed unus magnus.
12 De Trin. 5,11, 12; 8, -1.
13 De Trin. 1, 6, 5
14 De Trin. 71, 5, 10: manifestum est Deum abusive substantiam vocari, ut nomine usi-
tatiore intelligatur essentia, quod 2: et proprie dicitur. Per la parola «realtà »
(summa res) cf. De doctr. christ. 5
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXXV

Si sa quali difficoltà creasse la formula greca in Oriente e quali diffidenze


suscitasse in Occidente: là sembrava una formula modalista; qua, ai dotti, moda-
lista; al popolo, tradotta in latino (ipostasi = sostanza), triteista. Infatti il grande
difensore della fede di Nicea aveva usato fino all'ultimo la parola ipostasi come
sinonimo di usia, anche se nel sinodo di Alessandria del 362 non aveva fatto
condannare chi parlasse di tre ipostasi!. Lo stesso intendeva S. Girolamo in
Occidente: Tota saecularium litterarum schola — esclama — nihil aliud hipostasim
nisi usiam novit !. Fu S. Basilio, seguito dagli altri Cappadoci, a spiegare la
differenza tra usia e ipostasi, dimostrando che il primo è un termine generico,
mentre il secondo è un termine particolare, concreto, come Paolo e Timoteo, che
ben si addice perciò ad indicare ciò che nella Trinità non è comune, ma proprio
ai singoli!?. Si sa pure che la formula latina desiava sospetto in Oriente, perché
persona era uguale a prosopon e tria prosopa suonava come una formula sabelliana
o modalista. L'aveva usata infatti Sabellio !8, S. Agostino confessa di non sapere
quale differenza stabiliscano i greci tra usia e ipostasi!9, ma non trova particolari
difficoltà nelle due formule: una vale l'altra. «I greci hanno detto: una essenza,
tre sostanze; i latini: una essenza o sostanza, tre Persone», « Ma quelli, come
dicono tre sostanze — tre ipostasi — cosi potrebbero dire tre persone, tria pro-
sopa » 2!. Perché? Perché questi nomi — persona, ipostasi, prosopon — non sono
propri, ma accomodati, nati cioè dalla necessità di dire in qualche modo ciò che
il pensiero intuisce, ma la lingua non sa esprimere 2, La fede insegna che nell’asso-
luta semplicità ed unità divina ci sono tre distinti, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Tre. Ma che cosa tre? Si è risposto: tre persone. Non per dire ciò che è, ma per non
tacere. Di fronte a tanto mistero la lingua umana è veramente a corto! ...cum
quaeritur quid tres, magna prorsum inopia humanum laborat eloquium. Dictum
est tamen, tres personae, non ut illud diceretur, sed ne taceretur3. Ma dato che
la consuetudine della lingua latina identifica essenza e sostanza, non si deve parlare
di tre sostanze, ma ritenere la formula usuale: «una essenza o sostanza e tre
Persone » %,
Il problema di fondo però resta. Questo nome « persona » che usiamo in plurale
per indicare i Tre, lo usiamo in senso proprio o in senso accomodato? S. Ago-
stino risponde: in senso accomodato.

15 De decretis 21; De synodis 41; Tomus ad Antioch. 6; Ep. ad Afros 4 (che è del
369 circa); cf. TIxERONT, Histoire des dogmes, II, p. 75.
16 Ep. 15, 4.
17 Epp. 38, 2-3; 236, 6; 210, 5; 214.
18 Cf. S. BasiLio, Ep. 236, 6.
19 De Trin. 5, 8, 10. Gli era dunque ignoto quanto aveva scritto S. Basilio (cf. nota 17)
per stabilire la differenza tra usia e ipostasi. Per la conoscenza di S. Basilio da parte
di = cf. B. ALTANER, Aug. und Basilius der Grosse..., in Revue Bénéd., 60 (1950),
PP. 24.
20 De Trin. 1, 4,7.
21 De Trin. 7, 6, 11.
22 De Trin. 1, 4,9.
23 De Trin. 5, 9, 10; cf. 7, 4, 7.
24 De Trin. 5,9,
» 10.
XXXVI INTRODUZIONE- TEOLOGIA

4. Concetto di persona

Per esprimere la sua convinzione fa un lungo studio sul concetto di « persona »,


passa in rassegna î predicabili e dimostra che questo termine non è predicato
dei Tre né secondo’ il genere, né secondo la specie, né secondo l'individuo. IL
nerbo della sua argomentazione ci sembra questo. Il nome « persona » per essere
applicato in senso proprio alla Trinità dovrebbe avere due condizioni: a) indicare.
le relazioni, perché è per le relazioni mutue che i Tre sono distinti; b) indicare
le relazioni proprie e incomunicabili, che costituiscono i Tre nella loro individualità.
S. Agostino confessa di non trovare nel termine « persona » queste due condi-
zioni. Per lui questo termine indica una perfezione assoluta, non relativa: non
enim aliud est Deo esse, aliud personam esse, sed idem omnino... ad se quippe
dicitur persona... sicut ad se dicitur Deus. Perciò: se il Padre è persona, il
Figlio è persona, lo Spirito Santo è persona; come il Padre è Dio, il Figlio è Dio,
lo Spirito Santo è Dio; perché come diciamo che sono tre persone, non possiamo
dire che sono tre dèi? Né la Scrittura né la « grammatica », che studia l'etimologia,
il significato e l’uso dei nomi, danno una risposta, per S. Agostino, a questa
domanda. Egli intanto ci ricorda, ancora una volta, la trascendenza del mistero
e ci avverte di non lasciarci trasportare dalla fantasia a concepire le Persone
divine come sussistenti dalla stessa materia — quasi tre statue d'oro tratte dallo
stesso blocco — o come tre uomini provenienti dalla stessa natura umana. Nella
Trinità, continua il Santo, possiamo dire: tre Persone della stessa essenza o tre
Persone una sola essenza; ma non possiamo dire: tre persone provenienti dalla
stessa essenza (ex eadem essentia), quasi che altra cosa sia l'essenza, altra cosa
le persone 8.
Ma ancorché il termine « persona » indicasse relazione, non si potrebbe usare
nella Trinità come si usa, per esempio, il termine « amico » per tre uomini che
siano legati dal vincolo dell'amicizia. Il termine « amico» infatti dice relazione
comune e reciproca: Pietro è amico di Paolo, Paolo è amico di Pietro, Giovanni è
amico di tutti e due, e tutti e due sono amici di lui. Sono perciò tre amici. Non
cosi nella Trinità. Ognuno dei Tre si riferisce all’altro per una sua proprietà singo-
lare e incomunicabile: la paternità, la filiazione, la ispirazione. Queste proprietà,
essenzialmente individuali, un nome comune non le può esprimere. Per superare
questa difficoltà gli scolastici ricorreranno al concetto di individuum vagum;
concetto che sarebbe troppo chiedere a S. Agostino.

5. Conclusione.

Vediamo dunque che cosa c'è in S. Agostino e che cosa non c'è. Non c'è la
definizione di persona, né lo studio sull'analogia che regola l'applicazionedi que-
sto concetto all'uomo e alla Trinità.

25 De Trin.1,4,71 - 6, 11.
2% De Trin. 1, 6, 11.
ZI De Trin. 1,4, 8.
28 De Trin. 71, 6,11.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XXXVII

La definizione di persona maturerà più tardi come frutto delle controversie


cristologiche: la daranno Eoezio e S. Tommaso in Occidente e Leonzio da Bi-
sanzio in Oriente. Ne diremo qualcosa pit avanti.
Il nostro Dottore si limita ad osservare che il termine persona indica una
perfezione assoluta, un soggetto concreto, incomunicabile 9. Solo l'uso eccle-
siastico ha accomodato questo termine ad indicare le relazioni sussistenti nella
Trinità, e ciò nell'intento di avere una formula brevissima per esprimerne il mi-
stero ineffabile.
Un simile accomodamento di linguaggio non è nuovo. Un esempio ce lo offre
la Scrittura quando applica il termine comune di Spirito Santo ad indicare una
sola delle tre Persone divine, mentre quel termine si può applicare di natura sua
a tutte e tre.
Parimenti non c'è la definizione di natura. Dico definizione, non già nozione;
perché questa non poteva mancare e non manca, anche se questo termine assume,
nell’uso, significati diversi.
C'è invece la distinzione di significato tra natura e persona, e quindi l’intui-
zione della diversità dei due concetti. Questa distinzione emerge chiaramente dal-
l’uso della terminologia cristologica3! e della terminologia trinitaria. In cristologia
il termine natura indica ciò che è proprio di Dio e ciò che è proprio dell'uomo —
queste proprietà umane e divine per effetto dell’Incarnazione sono unite, ma non
confuse — mentre persona indica il soggetto che possiede le une e le altre. La
natura umana è stata assunta nell'unità della persona del Verbo — in unitatem
personae Verbi — non nell'unità della natura. L'unione perciò è avvenuta non
confusione naturae, sed unitate personae, secondo la bella formula agostiniana che
abbiamo ricordata altrove. Nella dottrina trinitaria poi natura indica l'essenza
divina, la deità; persona il soggetto sussistente che la possiede. Ecco una formula
espressiva, scritta quando l’opera del De Trinitate volgeva ormai alla fine: « Alius
est quidem Verbum Dei Filius, sed non aliud: hoc est alia persona est, sed non
diversa natura » ®,

29 Ibidem.
30 C. - La notion de nature chez st. Augustin, in Doctor Communis, 2-3 (1955),
PD. -/0.
31 Serm. 186, 1; vedi sopra p. XXI.
3 De anima et eius origine 2, 5, 9 (dell’anno 419).
IV. ILLUSTRAZIONE DEL DOMMA(ll. IX-XV)

Con l'illustrazione psicologica del domma, che intraprende, dopo una lunga
introduzione (1. VIII), nei libri IX-XV, S. Agostino vuol raggiungere tre scopi, che
riguardano rispettivamente la filosofia, la teologia, la mistica:
a) Prima di tutto vuol mantenere la promessa fatta all'inizio ai « garruli ragio-
natori », quella cioè di dimostrare la misteriosa trinità che v'è nello spirito umano,
affinché questo, riconoscendo se stesso, accolga con umiltà e gioia la rivelazione
del mistero divino.
b) Poi vuol trovare la via per rispondere alla terza delle questioni che si è
proposto all’inizio, quella riguardante la differenza tra la generazione del Figlio
e la processione dello Spirito Santo, che è in realtà la pit difficile. E° arduo infatti
rispondere a questa insistente domanda: perché lo Spirito Santo, pur essendo
consustanziale al Padre e al Figlio, pur procedendo dall'uno e dall'altro, non è
generato?
c) Il terzo scopo è mistico. S. Agostino vuole esercitare il lettore, perché
impari a cercare Dio attraverso l'immagine della Trinità che è in lui, e si avvii,
in questo modo, verso le vette della contemplazione, che sarà per speculum qui
in terra, facie ad faciem nelcielo.

1. L'uomo immagine di Dio

E’ questo il tema centrale della filosofia, della teologia e della dottrina spiri-
tuale agostiniana. E’ stato detto giustamente che esso costituisce la sintesi del
pensiero del Vescovo d'Ippona!. Noi qui ci occuperemo dell'aspetto teologico e
spirituale.
Partendo dall’'insegnamento del Genesi (1, 26) che ci rivela la creazione del-
l’uomo ad immagine di Dio, e dall’interpretazione che del Genesi dà l’Apostolo
(Efes 4, 23; Col 3, 9), studia la definizione dell'immagine, che importa insieme
somiglianza ed espressione di un esemplare?; dimostra che l'immagine di Dio è
impressa nell'uomo interiore, cioè nell'anima razionale in quanto tale 3; chiarisce
che essa consiste nel fatto che l’uomo, per la sua intelligenza e per la sua capacità

1 C. Boyer, L’image de la Trinité. Synthèse de la pensée augustinienne, in Gregorianum,


27 (1946), pp. 173-199; 333-352.
2 De Gen. ad litt. op. imp. 5Tss.: Omnis imago similis est ei, cuius imago est; nec
tamen omne quod simile est alicui, etiam imago est eius... Imago enim tunc est, cum
de aliquo exprimitur.
3 De Trin. 12, 7, 12: ...veracissima ratio, sed etiam ipsius Apostoli declarat auctoritas, non
secundum formam corporis homo factus est ad imaginem Dei, sed secundum rationa-
lem mentem. Cf. In Ep. Io tr. 8, 6.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXXIX

d'amare, può essere elevato fino all'immediata visione


di Dio — homo capax
Dei* — spiega che quest'immagine è naturale e perciò indistrut
tibile, immortal-
mente impressa nella sostanza immortale dell'anima 5. Come
si vede, un panorama
dottrinale ampio, vario, affascinante. S. Agostino lo studia
con passione e con
insistenza. Questa insistenza, oltre le ragioni su esposte —
teologiche, filosofiche,
spirituali — ha pure una ragione polemica. E’ diretta contro
i Manichei che lo
avevano lungamente ingannato, convincendolo che la Chiesa cattolic
a dava un'in-
terpretazione grossolana dell’insegnamento genesiaco, in quanto
l’uomo, secondo
l’interpretazione cattolica, sarebbe immagine di Dio secondo
il corpo.

2. L'uomo immagine di Dio-Trinità

Creato ad immagine di Dio, l'uomo è creato ad immagi


ne della Trinità: non
ad solius Patris, aut solius Fili, aut solius Spiritus
Sancti, sed ad ipsius Trini-
tatis imaginem factus est homo‘, Queste parole
di un commento letterale al
Genesi (393), rappresentano il primo indizio che S. Agostin
o, pensando alla Trinità,
volge la sua attenzione all'uomo. Lo vedremo a suo
luogo. I primi frutti di questa
riflessione li troviamo nelle Confessioni, dove, per
la prima volta, viene presentato
lo spirito umano come immagine della Trinità. Il
nostro spirito infatti è, conosce
ed ama; sa di essere, di conoscere, di amare; ama
di essere, di conoscere, d’amare.
«Ora come siano inseparabili nella vita queste
tre cose, anzi come esse costi-
tuiscano un'unica vita, un'unica mente, un'unica essenza
, come infine siano insepa-
rabilmente distinte, e pur distinte, lo veda chi può»,
Ma l'esposizione sistematica di questo argomento,
nel quale S. Agostino
percorre vie nuove, appartiene al De Trinitate che,
quando scriveva quelle parole
nelle Confessioni, era appena cominciato, se pur
cominciato. Nel De Trinitate
dunque cerca sistematicamente l'immagine della Trinità
nell'uomo: uomo esteriore
e uomo interiore. Nel primo studia la cognizione
dei sensi esterni e dei sensi
interni — anche i sensi interni appartengono all'uom
o esteriore — prendendo
in considerazione particolarmente gli occhi (1.
XI), trova una triade: realtà,
visione, intenzione; poi una seconda: memoria (sensiti
va), visione interna, volontà.
Nediscute a lungo. Ma confessa infine che qui, mancan
do l'uguaglianza dei termini
e l'identità della sostanza, non c'è l'immagine della Trinità.
C'è solo un vestigio;
utile per esercitare l'animo e prepararlo a considerazioni
più alte — e per questo
S. Agostino ne ha intrapreso lo studio — ma un vestigio
, non un'immagine.
Per trovare l'immagine della Trinità occorre entrare
nell'uomo interiore; ma
non nell'uomo interiore che ragiona delle cose tempora
li per conquistarne la
scienza (l. XII) o che considera per mezzo della fede
ciò che nel tempo Dio ha
compiuto per noi (l. XIII); bensi nell'uomo interiore
che intuisce le verità eterne

4 De Trin. 14, 8, 11; 14, 4, 6.


5 De Trin. 14, 4, 6: imago Creatoris, quae immortaliter
Cf. De spir. et litt. 28, 48; Retract. 2, 24, 12. immortalitati eius est insita.
$ De Gen. ad litt. op. imp. 61.
1-Confess. 13,11, 12.
XE INTRODUZIONE- TEOLOGIA

e orienta se stesso verso la loro contemplazione, nell'uomo, perciò, che possiede


la sapienza8. Nell'uomo interiore, dunque, S. Agostino cerca e trova l'immagine
della Trinità, che esprime in questa formula: mens, notitia, amor (I. IX). Ma nello
spirito umano v’è una evidentior trinitas?, che è questa: memoria, intelligentia,
voluntas, la quale avendo un duplice oggetto — la conoscenza di sé e la conoscenza
di Dio — si divide in due. Cosi abbiamo: memoria, intelligentia, voluntas sui
(1. X); memoria, intelligentia, voluntas Dei (11. XIV-XV).
Le ricchezze metafisiche di questa triplice trinità che costituisce la struttura
dello spirito umano saranno esposte nella introduzione filosofica. Noi qui ci limi
tiamo ad osservare un particolare che interessa la teologia, ed è molto importante.
S. Agostino non si limita a mettere in rilievo la somiglianza dell'immagine con
l'esemplare, ma nota anche — e con vigore — la dissomiglianza.

3. Immagine simile e dissimile

Simile, perché costituisce una misteriosa trinità. Memoria, conoscenza, amore


sono tre realtà; eppure sono, allo stesso tempo, una sola cosa, una sola sostanza,
una sola vita, e, quando sono perfette, sono uguali !0. Tre realtà distinte, ma inse-
parabili. « In modo mirabile sono inseparabili le une dalle altre, e tuttavia ognuna
di esse è sostanza, e tutte insieme sono una sostanza o essenza in quanto dicono
relazione a vicenda » 11. Dalla mente procede il verbo, e dalla mente che si conosce
per mezzo del verbo, procede l’amore. Come in Dio: dal Padre procede il Figlio,
che è il Verbo; e dal Padre e dal Figlio procede lo Spirito Santo, che è l'Amore.
Ma questa somiglianza, anche se, per la sua profondità, riempie l'animo di
stupore, va congiunta a una grande dissomiglianza. La «grande distanza» che
separa l'immagine dall’esemplare sta soprattutto in questo: la memoria, l’intelli-
genza, la volontà sono nell'uomo e dell'uomo, ma non sono esse stesse l’uomo;
mentre non si può dire che la Trinità sia in Dio o sia qualcosa di Dio, poiché
essa stessa è Dio. V'è, poi, un'altra differenza: l'uomo ricorda per mezzo della
memoria, intende per mezzo dell'intelletto, ama per mezzo della volontà, ma n
Dio non si può dire che il Padre intenda per mezzo del Figlio o ami per mezzo
dello Spirito Santo. Queste tre prerogative: ricordare, intendere, amare sono pro-
prie di ciascuna delle Persone divine, quantunque ognuna le possegga in un modo
diverso secondo la propria relazione alle altre ?2.

8 De Trin. 12, 4, 4; 12, 15, 25.


9 De Trin. 15, 3, 5. Le ragioni di questa evidentior Trinitas ci paiono due. La prima
è questa: il termine mens non indica relazione, ma perfezione assoluta: mens... ad
se ipsam dicitur (De Trin. 10, 11, 18; cf. 9, 2, 2; 9, 5, 8); mentre la memoria è un nome
apertamente relativo: la memoria in senso proprio relative dicitur. La seconda ragione
è più importante: con la seconda triade si passa dalla conoscenza prevalentemente
attuale a quella abituale o implicita, che è intima e inseparabile dallo spirito umano.
Infatti S. Agostino afferma la distinzione tra conoscere e pensare (De Trin. 10, 5, 7)
e ne conclude che il nostro spirito numquam sui non meminerit, numquam se non
intelligat, numquam se non diligat (De Trin. 14, 14, 18).
10 De Trin. 9, 4, 4.
ll De Trin. 9, 5, 8.
12 De Trin. 15, 7, 11-13.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XLI

S. Agostino, poi, si: trattiene a dimostrare, in particolare, la differenza che


corre tra il Verbo ‘del Padre e il nostro verbo interiore. Il nostro verbo — verbum
linguae nullius — è soggetto all'errore, è volubile; non è sostanziale, non è sem-
piterno; non è essentia de essentia come nella Trinità. Quando vedremo Dio faccia
a faccia, il nostro verbo non sarà piu. soggetto all'errore, non sarà piu volubile,
sarà partecipe dell'eternità; ma anche allora, in tanta somiglianza, sarà sempre
diverso e lontano, perché sempre verbo ‘« formato », non mai « pura forma » 4,
come il Verbo eterno del Padre.
Somiglianza, si, dunque; ma «somiglianza dissimile »?. Ciò permette al
vescovo d'Ippona di conservare, nonostante la speculazione ardua e fiduciosa, la
trascendenza divinia' e il senso del mistero; e perciò gli permette di evitare il
grave errore di coloro, i quali, pur partendo dalla fede, spingono tant’avanti
l'indagine teologica da pretendere di ridurre al livello della ragione il contenuto
del mistero trinitario !5.

4. Differenza tra generazione e processione

S. Agostino ebbe sempre presente qiiesta difficile questione dall'inizio alla fine
dell’opera. La propone all’inizio del primo libro come una delle tre questioni
fondamentali della ‘fides quaerens intellectum 4, la ripropone al libro secondo
differendone la soluzione! vi accenna al libro quinto !8, ne discute nel libro nono,
dice l'ultima parola nel libro decimoquinto ®. Parimenti ha sempre riconosciuto
la grande difficoltà della questione, tanto che in sede polemica ha affermato peren-
toriamente: Distinguere autem inter illam generationem et hanc processionem
nescio, non valeo, non sufficio 2!, e qui nel De Trinitate, al termine dell'opera,
confessa che solo nella visione di Dio capiremo perché lo Spirito Santo non sia
Figlio 2,
Ma si avrebbe torto a credere che l'apporto di S. Agostino alla comprensione
di questa difficile questione si riduca solo alla confessione della sua profonda
misteriosità. No. Attraverso lo studio dell'immagine della Trinità nell'uomo ha
esposto tutti gli elementi che ci possono aiutare e che hanno aiutato i teologi
posteriori a capire in qualche modo la differenza tra generazione e processione.
Prima di tutto ha messo in rilievo il diverso modo di procedere, in noi, del
verbo e dell'amore. L'amore suppone il verbo, cioè suppone la conoscenza, poiché
rem prorsum ignotam amare omnino nullus potest. Perciò, mentre il verbo

13 De Trin. 15, 14, 24 - 16, 26.


14 Ep. 169, 6.
15 I semirazionalisti del secolo scorso.
16 De Trin. 1, 5, 8.
DeTrin..2, 3; DI
‘18 De Trin. 5, 14, 15:
19 De Trin. 9, 12, 17-18.
20 De Trin. 15, 27, 49-50.
21 Contra Maximinum 2, 14. 1:
2 De Trin. 15, 25, 45.. ©
23 De Trin. 10,1,1- 2, 4.
XLII INTRODUZIONE- TEOLOGIA

procede dalla mente, l’amore procede dalia mente e dal verbo insieme, e costituisce
l'anello che congiunge i due. « Che cosa è infatti l’amore se non una certa vita
che unisce due esseri ‘o tende ad unirli, cioè l'amante e l’amato? » 94.
Poi ha studiato la diversa natura del verbo e dell'amore. Il verbo procede
come espressione o immagine della mente; perciò si dice giustamente che è
generato dalla medesima e che ne è prole. Da qui il trinomio, dove ogni termine
richiama l’altro: verbo, immagine, prole. L'amore invece non procede come imma-
gine della cosa conosciuta, ma come un movimento, una tensione verso di essa.
L’amore infatti, secondo la bella espressione agostiniana, è un peso che porta
l’anima verso la cosa conosciuta ed amata. Ne segue che l'amore non è prole
del principio da cui procede, perché non è immagine di esso %.
Infine S. Agostino ha applicato i risultati di questa sua indagine allo Spirito
Santo. Lo Spirito Santo nella Trinità è Amore. E perché Amore procede, come
insegna la Scrittura, dal Padre e dal Figlio; ma non è Figlio, perché non procede
come immagine, ma come dono, comunione, abbraccio. « La volontà (= amore)
procede dal pensiero... ma non come immagine del pensiero. Con ciò s’insinua in
questa realtà intelligibile una certa distanza tra la nascita e la processione, poiché
non è lo stesso vedere col pensiero che desiderare e fruire con la volontà ».
Concludendo, S. Agostino confessa di aver intuito questa differenza, anche se non
è riuscito a spiegarla sufficientemente con le parole?.
Questa smorzatura non deve ingannare nessuno: essa non vuol dire esitazione
di pensiero, ma stupore per la scoperta — in verità originale e fecondissima — vuol
dire umiltà e senso del mistero. Giunto al termine del suo sforzo speculativo,
S. Agostino ripete ancora una volta che la nostra luce, di fronte alla luce di Dio,
è pressoché oscurità.

24 De Trin. 8, 10, 14.


2 Confess. 13, 9, 10; De civ. Dei 11, 28; Epp. 55, 18; 157, 9.
2% De Trin. 9, 12, 17-18; 15, 27, 49-50.
21 De Trin. 15, 271, 50: ...cernit discernitque qui potest. Potuisti et tu, quamvis non
potueris neque possis explicare sufficienti eloquio. Il motivo qui esposto è quello
veramente valido, e sarà ripreso dagli Scolastici. Quello del libro nono, dove si
spiega che l’amore, come desiderio di conoscere, precede la conoscenza e non può
esserne prole (9, 12, 18), pur in sé vero e profondo, è meno applicabile alla Trinità.
Senza creare l’equivoco, sul quale giocavano gli Ariani (15, 20, 38), non si può
dire che il Padre vuole generare il Figlio. In altre parole, la distinzione tra l’amore
che vuol conoscere e l’amore che ama la cosa conosciuta è applicabile allo spirito
umano, ma non a Dio; neppure per analogia.
V. CONTEMPLAZIONE DEL DOMMA

Nel De Trinitate la filosofia è in funzione della teologia e la teologia in funzione


della mistica. Lo abbiamo detto parlando dei motivi che ispirarono l’opera. Ma
S. Agostino non si limita ad enunciareil principio, secondo il quale la nostra vita è
ordinata alla contemplazione di Dio-Trinità; enuncia altresi tutto un programma
dommatico, ascetico e mistico che conduce allo Scopo.
L'opera agostiniana dunque non contiene solo la risposta ‘alle principali que-
stioni che la ragione propone circa il mistero trinitario, ma contiene anche: a) una
contemplazione della Trinità come si manifesta nel piano storico della salvezza e
b) un impegno serio e programmato per condurre il lettore alla contemplazione
della Trinità in sé. Secondo le espressioni oggi in voga, dalla Trinità « econo-
mica » alla Trinità immanente. Infatti:
a) un intero libro di quest'opera — il IV — e gran parte di un altro
— il XIII — sono dedicati a illustrare la missione del Figlio, cioè l’opera della
redenzione;
b) molte pagine, tra le pit belle, sono dedicate ad illustrare la missione dello
Spirito Santo, cioè l’opera della nostra giustificazione;
c) l’opera stessa è concepita in modo che illettore, partendo dalla fede, con
un serio impegno di purificazione, salga gradualmente fino all'immagine più alta
della Trinità, che è la sapienza soprannaturale, e in essa, come in uno specchio,
contempli Dio.
A questa ascesa fà da introduzione il libro VIII, che è un esempio e una
prova di come l'uomo debba ricercare e come possa raggiungere la conoscenza,
non più negativa, ma positiva, della natura di Dio. Con questo non si vuol dire
che il De Trinitate sia l’opera più mistica che abbia scritto S. Agostino. Sotto
questo aspetto sono superiori le Confessioni e alcune pagine delle Enarrationes
in Psalmos. Si vuol dire solo che questo aspetto nel De Trinitate c’è, e non
è
secondario. Il lettore perciò non deve perderlo di vista se vuole capire questo
capolavoro agostiniano. Affinché ciò non avvenga, come spesso purtroppo
avviene,
diremo qui qualcosa în breve della missione del Figlio, della missione dello
Spirito
Santo, dell'impegno di purificazione che ogni cristiano deve sentire, della sapienza
come mèta del nostro cammino, della contemplazione di Dio.

1. La missione del Figlio

La missione del Figlio è studiata in ordine alla redenzione. L'Incarnazione per


se stessa, come coronamento della creazione, è fuori della prospettiva agostiniana.
Perciò il libro IV che studia questa divina missione, diventa un trattato di sote-
reologia. Comincia infatti dalle parole dell’Apostolo ai Romani: Dio dimostra ‘il
suo amore per noi proprio in questo, che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo
XLIV INTRODUZIONE- TEOLOGIA

morf per noi (Rom 5, 8). Possiamo riassumere lo schema rapidamente cosi: la
missione del Figlio è quella di condurre i credenti alla contemplazione di Dio
Padre; la via a questa mèta altissima è la rivelazione dell'umore di Dio Padre
per noi; questa rivelazione avviene nell'opera della redenzione; la redenzione si
compie per mezzo del sacrificio.
Dio è immutabile: nell’eternità, nella verità, nella volontà?2. Divenuti esuli, a
causa del peccato, dal gaudio immutabile, noi restiamo orientati ad esso, legati
a esso. Di fatti nelle cose mutabili e temporali cerchiamo l’eternità, la verità, la
felicità. Per tornare dunque là da dove ci eravamo separati e a cui restavamo pur
sempre uniti — in queste parole è sottintesa la dottrina della illuminazione e
l'orientamento naturale dell'uomo verso Dio — era necessario persuaderci di
quanto Dio ci amasse e quali ci abbia amati: quanto ci amasse, perché non dispe-
rassimo; quali ci abbia amati, perché non insuperbissimo3.
E’ questa appunto l’opera del Figlio di Dio. Incarnandosi, egli è diventato il
Mediatore tra Dio e gli uomini: uguale al Padre per l'unità della divinità, uguale
a noi per l'assunzione dell’umanità*. Mediatore di unità, di libertà, di vita: tre
idee che costituiscono l’ordito su cui tanto spesso e con tanta arte S. Agostino
tesse la tela della dottrina soteriologica.
Mediatore di unità. Peccando ci eravamo dispersi e vanificati nella moltitudine,
lacerati in essa e da essa: Cristo ci ha raccolti dalla dispersione, ci ha uniti
a sé, ci ha fatti una cosa sola con sé, affinché: haereamus uni, fruamur-uno, per-
maneamus unum5. Dalla moltitudine all'unità mediante Cristo. Inutile dire che
il quadro di questa sintesi teologica è quello della filosofia plotiniana*.
Mediatore di libertà. Altra idea fondamentale. Si tratta evidentemente della
libertà cristiana, che è libertà dal peccato, dalle passioni, dalla morte, dal tempo.
S. Agostino ne fu il difensore e il cantore appassionato. Tutta la polemica anti-
pelagiana ne è testimone. Nel De Trinitate riassume il suo pensiero in queste
parole: « Se persevererete nel mio insegnamento, dice il Signore, sarete veramente
i miei discepoli. E come se i discepoli chiedessero: Con quale vantaggio? prose-
guendo disse: E conoscerete la verità. Quasi poi insistessero di nuovo: Che vantag-
gio porta ai mortali la verità? continuò: E la verità vi farà liberi. Da che cosa
se non dalla morte, dalla corruzione, dalla mutabilità? Si, la verità resta immor-
tale, incorrotta, immutabile. Ora la vera immortalità, la vera incorruttibilità, la
vera immutabilità è la stessa eternità».
Mediatore di vita. Il Figlio di Dio diventato con l’Incarnazione partecipe della
nostra mortalità, ci ha resi partecipi della sua divinità8. Egli ha preso uno dei
nostri mali — la morte del corpo — e ci ha liberato da tutti e due: la morte del
corpo e dell'anima; ai quali, a causa del peccato, eravamo soggetti?.
Cristo dunque è diventato Mediatore di vita attraverso il sacrificio della croce

1 De Trin. 1, 8, 16-17.
2 De Trin. 4 proemio.
3 De Trin 4;
4 De Trin. 4, 8) 12.
5 De Trin. 4 TL
6 Cf. Confess. 11, 129, 39.
7 De Trin. 4, 18, 2A.
8 De Trin. 4, 3; ‘4.
9 De Trin. 4, 3; 5-6. A questo punto S. Agostino inserisce una lunga trattazione sul rap-
porto tra il numero semplice e il numero doppio (uno-due; tre-sei) che per noi oggi
non ha molto interesse.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA 1 XLV

che ha offerto per noi al Padre; un sacrificio verissimo , liberissimo !!, perfettis-
simo !. Con tale sacrificio « ha purgato, abolito, estinto tutte le colpe dell'uma-
nità » 8, ci ha riscattato perciò dalla potestà del demonio 4, che volle vincere non
colla potenza, come avrebbe potuto, ma con la giustizia, togliendogli un potere
di cui aveva abusato, servendosene contro Cristo, l'Innocente.
Ma Cristo non è solo Mediatore, è l’unico Mediatore. «Vi sono alcuni, dice
il Santo — si tratta evidentemente di filosofi pagani contro i quali scrive iun-
gamente nel libro X del De civitate Dei — vi sono alcuni che pensano di potersi
purificare con il proprio sforzo per giungere a contemplare Dio ed unirsi a
lui: questa superbia è la loro peggiore immondezza » 45. No. Ciò non è possibile.
Altro è conoscere la mèta, altro è conoscere la via per giungervi. Alcuni filosofi
hanno potuto « sollevare la punta dello spirito al di sopra di ogni creatura per
attingere, per quanto pocofosse, la luce della verità immutabile » 16. E' la mèta. Ma
non hanno conosciuto la via. Infatti « per i peccatori e i superbi c'è una sola via
di purificazione: il sangue del giusto e l'umiltà di Dio»! Perciò, contemplando
le meraviglie del Figlio di Dio fatto uomo, S. Agostino non cessa di ripetere che,
se a Dio non mancavanoaltre vie per redimerci, non ce ne fu, non poteva essercene
un’altra più conveniente a guarire le nostre miserie fuori di quella che ha scelto. E
ne spiega ampiamente le ragioni. « Ecco, conclude S. Agostino le sue lunghe me-
ditazioni, ecco per quale fine il Figlio di Dio è stato mandato, o meglio che cosa è
la missione del Figlio di Dio. Tutti i fatti compiuti nel corso del tempo... per
generare in noi la fede, dalla quale siamo purificati allo scopo di poter contem-
plare la verità, costituiscono una testimonianza di questa missione o la stessa
missione del Figlio di Dio »!. Non c'è chi non veda quale posto centrale occupi
la cristologia nel De Trinitate. Ma su questo punto torneremo piu avanti.

2. Missione dello Spirito Santo

Le meditazioni agostiniane sulla missione dello Spirito Santo sono molto im-
pegnative. Lo abbiamo detto. A differenza della processione del Figlio, la pro-
cessione dello Spirito Santo esige uno studio attento per riconoscerne le proprietà.
S. Agostino lo aveva avvertito già nel 393, e aveva confessato che questo studio,
allora, non c'era®. Lo farà egli stesso lungo molti anni, dandocene nel De Tri-
nitate i vari momenti e le conclusioni.
Il principio che guidò questo studio fu il rapporto necessario che corre tra
la processione e la missione dello Spirito Santo, cioè tra le proprietà personali

10 De Trin. 4, 13, 17.


ll De Trin. 4, 13, 16.
12 De Trin. 4, 14, 19.
13 De Trin. 4, 13, 17.
1° De Trin. 4, 13,16-18.
15 De Trin. 4, 15, 20.
16 De Trin. 13, 12, 16 - 15, 19.
I7 De Trin. 4 ,2,4.
18 Il lettore rilegga alcuni capitoli del De Trinitate (13, 10, 13 - 11, 15; 13, 17, 22) e, se
vuole, il De agone christiano 11, 12.
19 De Trin. 4, 19, 25.
20 Cf. De fide et symbolo 9,19.
XLVI INTRODUZIONE- TEOLOGIA

intra-trinitarie e le manifestazioni extra-trinitarie. Un rapporto che, argomentando,


permette di salire dalle seconde alle prime e che permette di scendere, contem-
le
plando, dalle prime alle seconde. Cosi fece S. Agostino. Abbiamo visto sopra
ve-
sue argomentazioni per stabilire le proprietà personali dello Spirito Santo,
diamo ora le sue meditazioni sull'opera dello Spirito Santo per la nostra salvezza.
nei
Eccole in sintesi: lo Spirito Santo ci è donato, perché è il Dono; diffonde
cuori l’amore, perché è l'Amore; santifica perché è il Santo; costituisce la comu-
nione di tutti i fedeli nella Chiesa perché è la Comunione.
Lo Spirito ci viene donato perché è il Dono del Padre al Figlio e del Figlio al
Padre: « ...sempiterne Spiritus donum, temporaliter autem donatum » 2, E perché
ci è donato, è nostro. « Ciò che è dato dice relazione a colui che ha dato e a coloro
ai quali è dato. Per questo lo Spirito Santo non è detto soltanto Spirito del Padre
e del Figlio, che lo hanno dato, ma anche nostro, perché lo abbiamo ricevuto...
Ma non si tratta dello spirito proprio dell'uomo, fonte della nostra esistenza...
E' vero che abbiamo ricevuto anche quello spirito considerato proprio dell'uomo...
Ma una cosa è ciò che abbiamo ricevuto per essere, un’altra ciò che abbiamo
ricevuto per essere santi». Lo Spirito Santo dunque è nostro in quanto ci è
stato dato affinché fossimo santi. Per questo Gest Cristo lo ha ricevuto per primo.
Lo ha ricevuto nel momento dell’Incarnazione, quando «la natura umana, senza
alcun merito precedente di opere buone è stata unita al Dio Verbo nel seno
della Vergine, in modo da divenire con lui una sola persona. Per questo confes-
siamo che Cristo è nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria ». Perciò Gesi
Cristo «non solo dette lo Spirito Santo in quanto Dio, ma lo ricevette in quanto
uomo » 8. Per questo dice di lui la Scrittura che era pieno di grazia e di verità
(Gv 1, 14). Come Dio poi lo diede due volte: in terra, quando dopo la risurrezione
soffiò sugli Apostoli e disse: Ricevete lo Spirito Santo; e dal cielo, quando lo
inviò agli stessi Apostoli nel giorno di Pentecoste. Ma per il fatto che lo Spirito
Santo è dato dal Padre e dal Figlio come dono, non si deve concludere che è ad
essi inferiore: è dato, è vero, come Dono del Padre e del Figlio, ma anch'Egli,
come Dio, dona se stesso. -
Il passaggio dal concetto di dono a quello di amore o carità è spontaneo.
Infatti «non c'è dono di Dio più eccellente della carità: è il solo che distingue
i figli del regno eterno e i figli della perdizione eterna. Ci sono altri doni
mediante lo Spirito, ma senza la carità non servono a nulla ». Lo Spirito Santo
poi «non è chiamato propriamente dono, se non a motivo dell'amore » %.
E perché è Amore, diffonde l’amore nei nostri cuori. Dice l’Apostolo: La carità
di Dio è stata diffusa nei nostri cuori, mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato
(Rom 5, 5). Nella Trinità è l'Amore, cioè il nesso, l'unione ineffabile tra il Padre
eil Figlio; in noi è il dono d'amore, cioè il vincolo divino che ci unisce a Dio
— o, come dice la Scrittura, fa si che noi restiamo in Dio e Dio in noi — e ci fa

21 De Trin. 5, 16, 17.


2 De Trin. 5, 14, 15.
;
2 De Trin. 15, 26, 46. della carità
2:De Trin. 15, 26, 46. E’ stato dato due volte; perché due sono i precetti
dei numeri.
spiega S. Agostino con la solita insistenza sul rapporto e il significato
25 De Trin. 15, 19, 36.
26 De Trin. 15, 18, 32.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XLVII

conoscere che siamo uniti a Dio. Due mirabi


li effetti che rivelano il pregio della
vita cristiana: essere uniti a Dio e sapere
di essere uniti a Lui. Scienza questa
che non è naturale né puramente teoretica.
« Da questo conosciamo che noi siamo
in Lui ed Egli in noi, perché ci ha dato del
suo spirito »2. ;
Attraverso il dono d'amore Dio ci giustifica. A
questo punto S. Agosti no inse-
risce nel De Trinitate belle pagine sulla nostra
giustificazione dall'angolo visuale
dell'immagine di Dio; segno evidente del
carattere teologico-mistico che vuole
imprimere alla sua opera.
L'immagine di Dio in noi è indistruttibile,
ma il peccato la scolora, la deforma,
l'oscura, l’invecchia, la fa prigioniera, la
rende inferma, mentre al contrario l’azio
dello Spirito Santo la fa rifiorire, la riform ne
a, l’illumina, la rinnova, la libera, la
sana, la restaura. Metafore, si dirà. E'
vero. Ma metafore che esprimono una
trasformazione interiore che impegna l’azion
e creatrice dello Spirito Santo.
«La natura umana, la pit nobile tra
le cose create, quando viene giustificata
dall’empietà ad opera del suo Creatore,
passa da una forma deforme ad una forma
formosa »: a deformi forma formosam
trasfertur in formam 2. Parole che vanno
prese nel senso forte: la deformazione
e la riformazione toccano le radici del
nostro essere Si veda, p. es., il De Genesi
ad litteram, che è grosso modo contem-
poraneo al De Trinitate 29. Lo spirito umano
, dice altrove il Santo, quando ama Dio
— e perciò ama il prossimo e ama rettam
ente se stesso — ex vetustate renovatur,
ex deformitate reformatur, ex infelicitate
beatificatur ®, S'inserisce qui la sublime
dottrina dell’inabitazione dello Spirito Santo
‘nell'anima giustificata, dottrina che,
toccata qua e là nel De Trinitate, viene
svolta ampiamente nella Lettera 187, a cui
abbiamo rimandato e rimandiamo il lettore
.
Qui diremo solo che l’azione dello Spirit
o Santo non trasforma solo le anime
dei fedeli, ma vivifica tutto il Corpo di
Cristo, che è la Chiesa. In seno alla Trinit
lo Spirito Santo «è una specie d’ineffabile à
comunione tra il adre e il Figlio, e
forse è chiam ato cost proprio perché questa stessa denom
inazione può convenire
al Padre e alFiglio... Affinché dunque una
denominazione, che conviene ad ambe-
due, indichi la loro reciproca comunione,
si chiama Spirito Santo il dono di
entrambi » 31, Nella Chiesa poi questo
stesso Spirito è la comunione che unisce
fedeli fra loro e con la Trinità, facendo 1
di tutti una cosa sola. Questa dottrina,
indubitatamente stupenda, che fa discen
dere la comunione intra-ecclesiale dalla
comunione intra-trinitaria ®, trova la sua
espressione più matura nel Sermone 71,
che è probabilmente del 417 8, quand
o S. Agostino stava terminando il De
tate. « Il Padre e il Figlio hanno voluto Trini-
che noi entrassimo in comunione tra
e con loro per mezzo di Colui che è loro noi
comune, e ci hanno raccolto nell'unità
per mezzo di quel dono che è comune ad
entrambi, cioè per mezzo dello Spirito

27 De Trin. 15, 17, 31 - 19, 37.


28 De Trin. 15, 8, 14.
2 P. e. 1, 1, 2: Spiritualis vita... conve
rsione (ad Creatorem) formatur a que
st autem non convertatur informis perficitur:
30-De-Trin-1 est; cf. 1, 5, 10; 1,9, 17; 1, 17, 32.
41438: ’ 16, ’ 22.
31 De Trin. 5, 11, 12.
32 Aspetto, questo, messo opportunam
ente in rilievo in questi ultimi anni: P. SMULDERS,
art. Esprit-Saint, in Dictionnaire de
Questions de théologie trinitaire, Romaspiritualité, 4 (1960), cc. 1280-1282; F. BOURASSA,
1970; B. DE MAarGERIE, La doctrine de St A.
sur l’Esprit-Saint comme communio
n et source de communion, in Augustinianum,
12 (1972), pp. 107-119.
38 Cf. A. KUNZELMANN, Die chronologi
e des Sermones des hi. A. in M. A.,
II, p. 473.
XLVIII INTRODUZIONE - TEOLOGIA

Santo, Dio e Dono di' Dio. In effetti è in Lui che siamo ‘riconciliati alla divinità
e godiamo della divinità»*. Piv chiaramente altrove: « L'unità sociale della
Chiesa di Dio, fuori della quale non c'è remissione dei peccati, è, per cosi dire l'ope-
ra propria dello Spirito Santo, con la cooperazione, s'intende, del Padre e del Figlio,
poiché lo Spirito Santo è, Egli stesso, in un certo senso, la società del Padre e del
Figlio. Infatti, il Padre non appartiene allo stesso modo al: Figlio e allo Spirito
Santo, perché non è Padre ‘di entrambi; il Figliò non appartiene allo ‘stesso modo
al Padre e allo Spirito Santo, perché non è Figlio di entrambi, mentre lo Spirito
Santo appartiene allo stesso modo al Padre e al Figlio, perché è l’unico spirito di
tutti e due » 5. Le radici di questa dottrina si trovano già nel De Fide et Symbolo,
che è del 39336,

3. Verso la contemplazione

Il rinnovamento che lo Spirito Santo opera nella Chiesa comunicando ad essa


il suo amore, non si compie in un momento, come in un. momento si compie la
remissione dei peccati nel Battesimo, ma è continuo, progressivo, orientato verso
la contemplazione e verso l'immagine perfetta della Trinità. Non è. infatti la
stessa cosa non avere più la febbre e ristabilirsi dalla debolezza causata dalla
febbre, come non è lo. stesso estrarre una spina dal corpo e guarire dalla ferita
causata dalla spina. Le cure da praticare sono due: la prima consiste nella
remissione dei peccati — di tutti i peccati, perché non ve n'è alcuno, per quanto
piccolo, che non sia rimesso nel battesimo — e la seconda nel guarire l'animo dalla
debolezza causata dai peccati, fortificandolo contro i vizi e avviandolo alla contem:
plazione. Consiste appunto questa seconda cura nel progredire « nella conoscenza
di Dio » e nel trasferire l'amore « dalle cose temporali alle eterne, dalle sensibili
alle intelligibili, dalle carnali alle spirituali »*1. ;
Per questo S. Agostino insiste nel De Trinitate sul tema: della: purificazione,
sull'esercizio della contemplazione, sull’ascesa verso la sapienza. La purificazione,
intesa non come remissione dei peccati, ma come rimozione degli. ostacoli che
frenano il libero espandersi della carità, costituisce, possiamo ‘dire, il sottofondo
dell’opera; all'esercizio della contemplazione è dedicato tutto il libro VIII;
all'ascesa verso la sapienza la struttura stessa della seconda. parte.
Sulla purificazione e sui gradi della vita spirituale S. Agostino ha. scritto
molto 8. Qui ricorderemo solo alcuni principi enunciati nel De Trinitate. La purifi-
cazione avviene per mezzo della fede a cui è promessa la visione. « L'anima
razionale — scrive nel libro IV — come, quando sia purificata, deve applicarsi
alla contemplazione delle cose eterne, cosi, per purificarsi, deve aderire alla fede
delle cose temporali. Per cose temporali si intendono qui le opereche la Trinità

34 Serm. 71, 12, 18.


35 Serm. 71, 20, 33.
36 De fide et symbolo 9, 19.
37 De Trin. 14,17, 23.
2,11, 38; De doctr.
38 Cf. De quantitate animae 33, 73-76; De sermone Domini 1, 1, 34;
christ. 2, 7, 9-11; Serm. 347; De natura et gratia 70, 84.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XLIX

l’Incarnazione».
ha compiuto nel tempo per la nostra salvezza, in primo ‘luogo
giusto, di Platone: Quello che
E. cita a questo punto un detto, che trova molto
ciò che comincia, la verità lo è nei riguardi della fede.
l'eternità è nei riguardi di
Quanto pit siamo mutabili, tanto più siamo lontani dall’etern ità. Tuttavia
Cioè: «
evidenza
ci è promesso di arrivare alla vita eterna per mezzo della verità, dalla cui
Ora dunque
la nostra fede è tanto lontana quanto la nostra mortalità dall’eternità.
alle cose compiute per noi nel tempo .per essere purificati per
accordiamo fede
subentra
mezzo di essa, perché, quando giungeremo alla visione, come alla fede
la verità, cosi alla mortalità subentri l'eternità» 40,
agosti-
L'accostamento tra mutabilità ed eternità, fede e verità è tipicamente
o
niano: nasce dalle parole del Vangelo — Questa è la vita eterna, che conoscan
Gesù Cristo (Gv 17, 3) — e insieme
te unico vero Dio e Colui che hai inviato,
immutabile,
dalla visione filosofica del vescovo d'Ippona, per il quale Dio è l'essere
le creature invece sono mutabili; e tanto piu lontane da Dio quanto piu sono
tutte
mutabili. L'uomo deve aderire a Dio per sottrarsi alla mutabilità che lo logora
za e
e per diventare partecipe dell'eternità divina. Vi aderisce con la conoscen
in cielo attravers o la visione, quando, pur restando creatura, sarà immu-
l'amore:
o
tabile come Dio stesso nell'essere, nel conoscere, nell'’amare; qui in terra attravers
la contemplazione, che di quella visione è in qualche modo l'anticipo . Ecco perché
S. Agostino dedica tutto il libro VIII ad esercitare il lettore sulle vie della cono-
scenza affettiva di Dio, che è appunto la contemplazione.
Per conoscere Dio occorre superare tutte le cose corporee — Dio non è un
Con
corpo — e tutte le cose mutevoli, anche se spirituali — Dio non è mutabile.
pre-
ciò si raggiunge una conoscenza negativa, è vero; ma una conoscenza molto
za quando, elevandoc i affannos amente
ziosa, poiché «non è una piccola conoscen
non è, prima
da questo abisso a quella sommità, possiamo conoscere che cosa Dio
positiva di
di sapere che cosa è » 41. Ma si può raggiungere anche una conoscenza
amore. La può raggiunge re
Dio, considerando che Egli è verità, bontà, giustizia,
re il mistico; con la differenz a che la conoscen za del
il filosofo, la può raggiunge
te. Nel
primo è teoretica, quella del secondo è sperimentale, amorosa, beatifican
escludere la prima, pensa alla
libro che stiamo commentando, S. Agostino, senza
a quella conoscen za particola re che, secondo la beati-
seconda. Egli infatti pensa
scrive —
tudine evangelica, è riservata ai puri di cuore. « Che cos'è conoscere Dio —
ma prima di essere capaci
se non vederlo, attingerlo fermamente con lo spirito?...
come egli può essere visto e attinto dai puri di
di vedere e di attingere Dio
amarlo per fede, altriment i il cuore non potrà purificars i per
cuore... occorre
diventare capace e degno di vederlo » ®.
Occorre scrutare la verità, che è attualità pura, lontana da ogni immagi-
terrestri
nazione dei sensi. « Comprendi se lo puoi, o anima... aggravata da pensieri
di sapere
molteplici e vari; comprendi, se lo puoi, che Dio è Verità... Non cercare
delle immagini
cos'è la verità, perché immediatamente si interporranno la caligine
nubi dei fantasmi e turberan no la limpida chiarezza che al
corporee, e le
se puoi,
primo istante ha brillato al tuo sguardo, quando ti ho detto: Verità. Resta,
ti si dice:
nella chiarezza iniziale di questo rapido fulgore che ti abbaglia, quando

Rizzoli, III, p. 53).


39 PLATONE, Timeo 29° (ed. Didot, II, p. 204; trad. ital. E. Turolla, ed.
40 De Trin. 4, 18, 24.
4 De Trin. 8, 2, 3.
4 De Trin. 8, 4, 6.
L INTRODUZIONE- TEOLOGIA

Verità. Ma non puoi, tu ricadi in queste cose abituali e terrene». Vi sono in


queste parole due degli estremi della contemplazione mistica: la rapida folgora-
zione e la ricaduta.
Lo stesso procedimento per il concetto di bontà. Occorre prima di tutto rico-
noscere la bontà delle cose; poi saper distinguere in esse la natura, per cui sono
ciò che sono, e la bontà per cui sono buone; infine elevarsi all’intuizione di quel
Bene che non è che bene, perché non c'è distinzione in esso tra la bontà e
l'essere. « Buono questo, buono quello, dice il Santo dopo una lunga enumera-
zione di beni creati. Togli il questo e il quello, e contempla il bene stesso, se puoi;
allora vedrai Dio, che non riceve la sua bontà da un altro bene, ma è il Bene di
ogni bene » 4.
In quanto alla giustizia, ne abbiamo l'ideale sempre stabile e immutabile
davanti allo sguardo; e perché amiamo questo ideale, amiamo coloro che noi
crediamo siano vissuti o vivano secondo esso. Ma questo ideale immutabile di
giustizia lo contempliamo in Dio, perciò quanto più ardentemente amiamo Dio,
tanto pi la visione di questo ideale diventa certa e serena, e tanto più in esso
conosciamo Dio *.
Ma la conoscenza pit alta di Dio la conseguiamo per mezzo dell'amore. Infatti
l’amore, secondo la nozione che qui ne dà S. Agostino, « consiste nell’aderire alla
verità per vivere nella giustizia » ?. E' dunque l'amore che c’'introduce nella verità.
Questo appunto dice il Vangelo dello Spirito Santo: Egli v'introdurrà in tutta
intera la verità (Gv 16, 13). « Nessuno gode di ciò che conosce se non lo dma...
e nessuno persevera nella conoscenza di ciò che ama se non con l’amore » 8, Lo
Spirito Santo dunque, infondendoci l’amore, ci svela la verità e ci rende perseve-
ranti nella conoscenza di essa. Ma v'è di piu. Chi ama Dio vede nell'amore Dio,
perché Dio è amore (1 Gv 4, 8). « Nessuno dica: non so che cosa amare. Ami il
fratello ed amerà l’amore stesso. Infatti conosce meglio l’amore con cui ama che
il fratello che ama. Ed ecco che allora Dio gli sarà piu noto del fratello; più
noto, perché piu presente; più noto, perché più interiore; più noto perché pit
certo. Abbraccia Dio Amore e con l'amore abbraccia Dio » ®.
Ma qualcuno dirà: vedo la carità e perciò vedo Dio; ma non vedo la Trinità.
S. Agostino risponde: « ebbene, si, tu vedi la Trinità, se vedi la carità: immo vero
vides Trinitatem, si caritatem vides » 50, Dimostra poi che nell'amore c'è l’immagine
della Trinità in quanto «l’amore suppone uno che ama e con l'amore si ama qual-
cosa. Vi sono dunque tre cose: colui che ama, ciò che è amato, l'amore stesso.
Infatti che cos'è l'amore se non una vita che unisce o tende a che si uniscano due
esseri, l'amante e ciò che è amato? » 51.
A questo punto s'innesta la seconda parte del De Trinitate, che vuol essere
una ascesa graduale verso la più alta contemplazione della Trinità attraverso quella
misteriosa Trinità che è nell'uomo.

43 De Trin. 8, 2, 3.
4 De Trin. 8, 3, 4.
45 De Trin. 8, 6,9.
% De Trin. è 9, 13.
4 De Trin. 8 FE 10.
4 De fide et symb. 9, 19.
+ De Trin. 8, 8, 12.
Ivi.
51 De Trin. 8, 10, 14.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LI

In realtà è disposta in modo da condurre il lettore dalla considerazione del-


l'immagine naturale alla considerazione dell'immagine soprannaturale, che è la
sapienza. Sapienza vuol dire per S. Agostino — non c'è chi non lo sappia —
« cognizione intellettuale delle cose eterne » 2, pietà cf. Giobbe 18, 28 versione
dei LXX 58 — amore, fruizione. Perciò l'immagine piu alta della Trinità in noi è
la memoria, l’intelligenza, l’amore di Dio. S.' Agostino’ stesso ci dà la chiave
per capire questo suo piano. « Se infatti — scrive all’inizio dell'ultimo libro —
cerchiamo di ricordarci in quale momento, nel corso di questi libri, la nostra
intelligenza ha cominciato ad intravvedere la Trinità, troviamo che fu nel libro
ottavo. In questo libro infatti, per quanto lo abbiamo potuto, abbiamo tentato
con le nostre analisi d’innalzare l’attenzione dello spirito fino all'intelligenza di
quella suprema e immutabile natura che il nostro spirito non è. Tuttavia noi
la contemplavamo non lontana da noi e al di sopra di noi non spazialmente, ma
per la sua adorabile e meravigliosa trascendenza, in modo che sembrava stare
presso di noi per la pienezza della sua luce. In essa tuttavia non ci appariva ancora
la Trinità, perché non tenevamo fermo lo sguardo dello spirito su quello splen-
dore per cercarla... Ma quando si giunse alla carità... il mistero si chiari un
poco con la trinità dell'amante, dell'amato e dell'amore. Ma poiché quella luce
ineffabile abbagliava il nostro sguardo e poiché avvertivamo che la debolezza del
nostro spirito non poteva ancora raggiungerla, inserendo una digressione tra
ciò che avevamo iniziato a dire e ciò che avevamo deciso di dire, ci siamo rivolti
al nostro spirito, secondo il quale l'uomo è stato fatto ad immagine di Dio, tro-
vandovi un oggetto di studio più a noi familiare, per riposare la nostra atten-
zione affaticata, e cosi ci siamo soffermati dal libro IX al libro XII sulla creatura
che siamo noi » 5.
Nel libro XV S. Agostino vuol completare il cammino percorso e ne sente
tuttavia la difficoltà. « Ed ecco che ora, dopo aver esercitato la nostra intelligenza
nelle cose inferiori, quanto era necessario o forse piu di quanto fosse necessario,
vogliamo elevarci alla contemplazione di quella suprema Trinità che è Dio e non
ne siamo capaci » 5%,
Torna di nuovo quel senso profondo del mistero che ha guidato S. Agostino
durante la lunga ricerca. In realtà solo nella visione di Dio l'immagine della Trinità
in noi diventerà perfetta. «In questa immagine sarà perfetta la somiglianza di
Dio, quando sarà perfetta la visione di Dio »51, quella « visione che ci è stata
promessa come fine ultimo delle nostre azioni e perfezione delle nostre gioie » 88.
Studiando il De Trinitate nella prospettiva mistica si ha la conferma della
verità di un giudizio espresso diversi anni fa da C. Butler: « Agostino è per
me il Principe dei Mistici, unendo nella sua persona, in maniera ineguagliata da
altri, i due elementi dell'esperienza mistica: una profonda visione intellettuale delle
cose divine e un amore di Dio che fu passione divorante » 59.

52 De Trin. 12, 15, 25.


53 De Trin. 12, 14, 22; 14, 1, 1; 12, 15.
54 Cf. F. Cavrì, La contemplation augustinienne, Paris 1954, pp. 104-132.
55 De Trin. 15, 6, 10.
56 Ivi.
57 De Trin. 14, 17, 23.
58 De Trin. 1, 8, 17.
59 C. BuTLER, Western Mysticism, London 1926; ed. ital. Bologna 1970, p. 124. Sulla con-
templazione agostiniana in genere e nel De Trinitate in ispecie cf. F. Cavrè, La con-
templation augustinienne, Paris 19542.
PARTE TERZA: VALUTAZIONE

Chi vuol dare un giudizio sull'importanza del De Trinitate nella storia della
teologia in generale e della dottrina trinitaria in particolare deve tener presenti
quattro punti principali di riferimento: gli altri scritti agostiniani, la patristica,
la scolastica, la teologia contemporanea. Ognuno di essi, offrendo l'opportunità
di un utile paragone, mette in rilievo un aspetto dell’opera agostiniana, che ne
rivela i pregi e i limiti.

1. Il De Trinitate e gli altri scritti agostiniani.

Si tratta evidentemente degli scritti trinitari. Introdurre un discorso sul


De Trinitate e gli scritti agostiniani in genere, significherebbe entrare nella
questione pressoché inutile della supremazia di quest'opera sulle altre, particolar-
mente su quelle pit conosciute e pilette come le Confessioni e la Città di Dio.
Non è invece inutile stabilire un rapporto tra il De Trinitate e le altre opere
dello stesso argomento, perché questo raffronto ci rivela il progressivo maturarsi
del pensiero agostiniano e lo zelo pastorale del vescovo nell’inculcare al popolo
la sublime dottrina del mistero trinitario!.

a) Progressivo maturarsi del pensiero

Due sono i testi che ci servono maggiormente a questo proposito: l’Epistola


11, che è del 388 c., quando S. Agostino era tornato in Africa da poco, e il De fide
et symbolo, che è del 393, quando era da poco sacerdote.
Risulta dalla lettera:
a) che l'insegnamento cattolico impartito a S. Agostino insisteva nell’inseparabilità
dell’azione (e perciò nell'unità dell'essere) della Trinità. «Questa Trinità infatti
nella fede cattolica viene presentata e creduta talmente inseparabile... che qualsiasi
cosa venga da Essa compiuta, si deve ritenere compiuta insieme dal Padre, dal
Figlio, dallo Spirito Santo » 2.
b) che da questa impostazione sembrava doversi concludere «che l’'Incarnazione
appartiene a tutta la Trinità »3; cioè che tutta la Trinità si è incarnata.

1 Vi sarebbe anche da rilevare l’aspetto polemico che emerge dalla controversia con
gli Ariani (Contra sermonem Arianorum, ecc.), ma quest’aspetto non suscita dal nostro
punto di vista particolare interesse.
2 Ep. 11
3 Ivi.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LIII

che af-
c) che contro questa conclusione stava lo stesso insegnamento cattolico
et sacris
ferma essere l'Incarnazione propria solo del Figlio. Cur ergo in mysteriis
nostris hominis susceptio Filio tributa celebratur?*
domina il
Il lettore ha già capito che questa impostazione è quella stessa che
e che questa difficoltà è la prima delle tre che ne aprono le pagine.
De Trinitate
di Roma, di Cartagine,
Un'impostazione dunque che viene dalla catechesi di Milano,
Soprattutto
le chiese locali che il nostro Santo frequentò prima del sacerdozio.
durante la quaresima del 387, segui la catechesi battesimal e.
di Milano, dove,
Quando egli dice che la difficile dottrina enunciata la comprendono solo « pochi
santi e beati» possiamo credere che pensi a S. Ambrogio. Infatti il grande
vescovo di Milano non solo la ricorda nella sua catechesi>, ma vi insiste nelle
‘sue opere$, anche se, per quanto noi sappiamo, non presenta la difficoltà che,
di
proposta da Nebridio, costituisce oggetto di studio e un po’ il tormento
S. Agostino.
Non dunque dalla filosofia platonica, come spesso si asserisce, ma dall’inse-
al
gnamento catechistico viene l'impostazione che il vescovo d’Ippona darà
filosofia lo aiuterà a capire, ad approfond ire, a chiarire; ma
De Trinitate. La
e quelle
non gli detterà l'impostazione essenziale né le conseguenti difficoltà: queste
verranno dall’insegnamento della fede.
Nel rispondere a Nebridio, S. Agostino, dopo aver protestato che in un
argomento tanto difficile e tanto importante « la sua spiegazione non può essere
facile né la sua dimostrazione sicura»?, tenta un'illustrazione dell’inseparabile
azione della Trinità attraverso le dimensioni ontologiche dell'essere creato. Difatti
ha una
ogni cosa ha tre dimensioni: l'essere, la natura, il perdurare. Infatti è,
può. Ogni cosa perciò ha
determinata natura e permane nell'essere per quanto
una idea che imita, una forza che la conserva, cioè una
una causa da cui procede,
insepa-
causa efficiente, esemplare e finale. Ora, come queste tre dimensioni sono
li nella Trinità che li crea8.
rabili negli esseri creati, cost le opere sono inseparabi
ripetuta altrove?, anzi una volta sembra che da essa si
Questa spiegazione viene
9.
voglia concludere all'esistenza stessa della Trinità: Oportet ergo esse Trinitatem
Della spiegazione « psicologica » nulla. Il De Trinitate è ancora lontano.

4 Ivi.
5 De mysteriis 5, 28; De Sacramentis 6, 2, 5.
sicut unitas
6 De fide 4, 7, 74; De Spiritu Sancto 2, 1, 19 - 5, 47; 2, 13, 54; 3, 4, 19:
et spiritus; ita
divinitatis, ita et unitas operationis; 2, 6, 59: legimus quia creavit
non toglie che
etiam legimus quod et ipse Christus suum corpus creavit; ma ciò
Domini Iesu
solo il Figlio si sia incarnato: hoc solo exepto quod in crucem solius
fateris tibi esse credentum (De mysteriis 5, 28
1Ep.A1,2.
85Ep143.
al De div.
9 Ci riferiamo sempre alle opere scritte prima del sacerdozio e precisamente
qq. 83, q. 18 e al De verareligione T, 13
1 De div. qa. 83, q. 18. Queste parole possono considerarsi l’inizio della questione sulla
5

medioevo fino all’età


dimostrabilità naturale della Trinità, questione discussa dal
a. 1; In I. Boéthii de
moderna. Vedi in contrario S. Tommaso (Summa theol. 1, q. 32,
con argomenti e sfu-
Trin. q. 1, a. 4) e a favore — realmente o apparentemente —
Raimondo Lullo,
mature diverse S. Anselmo, Riccardo da S. Vittore, S. Bonaventura,
trad. I. Gorlini,
Giinther, Rosmini. Cf. M.J. ScHEEBEN, / misteri del Cristianesimo, rosminiane, Mi-
Brescia 1949, pp. 21-35; G. Morano, Esame critico delle 40 proposizioni divina e nel senso
lano 1905, pp. 419-510. Per S. Agostino l'insistenza nella trascendenza XIII.
sopra, p.
profondo del mistero è evidente nel De Trinitate. Vedi
LIV INTRODUZIONE- TEOLOGIA

ione.
Ed è lontano anche per l’altra questione, quella riguardante l’Incarnaz
risponder e direttamen te, come farà più tardi nel De Trinitate, aggira
Invece di
del Figlio,
l'ostacolo e si diffonde a parlare della convenienza dell’Incarnazione
la forma, l’arte, incarnando si, ci ha dato
il quale, essendo nella Trinità la sapienza,
regola di vita che ci permette di giungere alia conoscenz a del
una norma, una
ineffabile nel
Padre e di acquistare «una certa soavità e dolcezza interiore e
che è
permanere in questa conoscenza e nel disprezzare tutte le cose mortali,
compito che si attribuisc e propriame nte allo Spirito Santo » 11.
appunto il dono e il
la
Come si vede, la dottrina della natura umana di Cristo, opera di tutta
da Lui nell'unità della persona,
Trinità, ma propria solo del Figlio, perché assunta
quale verrà esposta nel De Trinitate, non si intravede ancora.
Un altro punto di paragone per il progressivo maturarsi del pensiero agosti-
ad
niano è il De fide et symbolo. Contiene l'esposizione del Simbolo fatta nel 393
Ippona davanti ai vescovi africani riuniti in Concilio plenario. In essa troviamo
l'affermazione dell'unità e dell'uguaglianza delle Persone divine — adiungitur con-
sed,
fessioni nostrae... Spiritus Sanctus non minore natura, quam Pater et Filius,
et coeternus, quia ista Trinitas unus est Deus! —
ut ita dicam, consubstantialis
l’'abbozzo di una spiegazion e della Trinità, attraverso similitudi ni — in
troviamo
radice,
realtà molto poco simili — delle cose corporee — fonte, fiume, bevanda;
regole per interpreta re i passi scritturist ici che
tronco, rami — troviamo alcune
dire che il Figlio sia inferiore al Padre — alcuni si riferiscono
sembrano
dal Padre,
alla natura umana di Cristo, altri al fatto che il Figlio ha l'essere
in fine l'importan te osservazi one che «i dotti
Patri debet quod est !* — troviamo
della Scrittura » avevano trattato molto del Padre e del Figlio,
e grandi interpreti
Spirito
ma non molto né diligentemente — non tam copiose ac diligenter — dello
è a Lui proprio *.
Santo in modo da poter capire facilmente ciò che nella Trinità
Fermiamoci su questa osservazi one che indica l'argomen to su cui si eserciterà
questi
in particolare lo sforzo speculativo di S. Agostino. Che cosa trova presso
lo Spirito Santo è dono di Dio ed
interpreti della Scrittura? Tre verità: a) che
e quindi non figlio; c) che tutto ciò che è lo deve
è Dio; b) che non è generato,
al Padre, dal quale tutto procede, di modo che non si stabiliscano « due principi
poi
senza principio », cosa che sarebbe « falsissima e assurdissima ». Ne ricorda
« Alcuni hanno osato pensare che lo Spirito Santo sia
una quarta, che è questa:
e del Padre e del Figlio, o, per dire cosi, la deità ». I quali poi si
la comunion
la stessa
spiegano in questo modo: « poiché il Padre è Dio e il Figlio è Dio,
il Padre generando il Figlio, il Figlio aderendo al
divinità con la quale sono uniti,
uguale a Colui dal quale il Figlic è stato generato. Questa divinità dunque,
Padre, è
— di-
che intendono come amore e carità mutua di entrambi, è stata chiamata
testi della Scrittura — continua il nostro
cono — Spirito Santo. Ci sono molti
ricorda e li
Dottore — con i quali suffragano questa loro opinione ». S. Agostino li
dello Spirito Santo nella
commenta brevemente: sono quelli che rivelano l’azione
e di Dio come Amore (1 Gv 4, 16).
nostra santificazione (Rom 5, 5) e la definizion
Tutti questi testi si ritrovano nel libro XV del De Trinitate. Ecco il commento

11 Ep. 11, 4.
12 De fide et symb. 9, 16.
13 De fide et symb. 9, 11.
14 De fide et symb. 9, 18.
15 De fide et symb. 9, 19
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LV

al primo di essi: «...per il fatto che veniamo riconciliati a Dio per mezzo dello
Spirito Santo dicono che venga indicato assai chiaramente che lo Spirito Santo
è l'amore di Dio. Di fatti non siamo riconciliati a Dio se non per mezzo del-
l'amore » 16, S. Agostino difende questa opinione, a cui vanno chiaramente le sue
simpatie, dall’obiezione che la comunione o l’amore non siano una sostanza, dimo-
strando che è una sostanza, perché Dio è Amore. Ricorda in fine la necessità della
purificazione per capire qualcosa del mistero trinitario!!.
Alcune osservazioni. Concepire lo Spirito Santo come l'Amore e quindi la
comunione del Padre e del Figlio è un'intuizione fecondissima che S. Agostino
oscura
svilupperà largamente; ma questa stessa intuizione è presentata in maniera
— su cui insisterann o i libri V-VII del
e confusa: manca la distinzione essenziale
— tra l'amore perfezione assoluta e l'amore proprietà personale;
De Trinitate
il metodo
manca, in altre parole, la dottrina delle relazioni. Mentre vi sono già
dell'argomentazione scritturistica, che va dalle manifestazi oni extra-trinit arie alle
e e
proprietà personali intra-trinitarie, e vi sono altresi i temi della purificazion
dell'amore, che in Dio non è accidente, ma sostanza.
a
Resta da sapere quali autori si celino sotto quel quidam. Si è pensato
il riferimento al De Spiritu Sancto 3, 10, 59 dice molto poco !8.
S. Ambrogio, ma
Santo
Si è pensato a Mario Vittorino, dove si trova la indicazione dello Spirito
e. del Figlio !9; ma dove non si trova
come copula, connexio, complexio del Padre
trovato — l’argomenta zione scritturisti ca che S. Agostino
— o noi non abbiamo
semplice
adduce e ascrive ai quidam innominati. Si è pensato che S. Agostino,
davanti ai vescovi, abbia messo
sacerdote che parla per un'eccezione singolare
dottrina che era sua 20, Certo, l'ampia argomentaz ione
sotto l'autorità di altri una
dalle Scritture e arricchita di commenti con tipici motivi agostiniani in
tratta
che
perfetta coincidenza col De Trinitate, lascia perplessi. Se questa spiegazione,
le sue difficoltà, non è accettabile, bisogna dire che l’iden-
ha pure, senza dubbio,
modo stabilito
tificazione di quel quidam resta ancora da trovare. Abbiamo in ogni
il De Trinitate suppone una grande
alcuni punti di partenza per concludere che
e la esprime. Un momento. di questa maturazion e la
maturazione di pensiero
nelle Confessioni che annunciano, per la prima volta, la spiegazione
troviamo
« psicologica » o l’interiorizzazione che dir si voglia dell'immagine della Trinità?!
parallelismo col
Il De civitate Dei invece ci offre in alcuni suoi passi un utile
De Trinitate 2.

b) Zelo pastorale nel parlare della Trinità


A questo tema, che oggi interessa moltissimo, non possiamo dedicare che un
nostro
brevissimo accenno, perché a trattarlo lungamente andremmo lontano dal
trinitario fuori del De Trinitate
argomento. Gli scritti che trattano l'argomento
che è
sono in gran parte discorsi al popolo, se si eccettui il De agone christiano

16 Ivi.
17 De fide et symb. 9, 20.
18 Parla solo della deità o debtnTA dello Spirito Santo.
19 B. pe MARGERIE, La doctrine de St. A. sur l’Esprit-Saint comme communion et source
de communion, in Augustinianum, 12 (1972), pp. 107-119.
20 0. Du Roy, L'intelligence de la foi en la Trinité selon St. A. Paris 1966, p. 486.
21 Confess. 13, 11, 12.
22 De civ. Dei 11, 10. 24.
LVI INTRODUZIONE- TEOLOGIA

diretto al popolo, ma non è un discorso. Da essi emergono due prerogative


pastorali molto preziose: lo zelo nell’esporre e difendere la dottrina cattolica e
la capacità di farlo in modo semplice ed attraente pur senza sacrificare affatto
né la profondità del pensiero né la precisione del linguaggio.
Abbiamo indicato sopra alcuni di questi discorsi. A rileggerli si rinnova la
meraviglia di come-si possa parlare al popolo di questioni tanto alte e con tanta
profondità, efficacia ed eloquenza. Vi ricorrono i grandi temi dell’opera principale:
l'inseparabilità delle opere ad extra della Trinità, le processioni divine, le relazioni,
la spiegazione psicologica, la trascendenza del mistero, la necessità dell'adesione
alla fede e della purificazione. Pensiamo particolarmente al Commento a S. Gio-
vanni, che, come giustamente ha osservato la Comeau*%, costituisce, dopo il De
Trinitate, l’opera più importante per la teologia agostiniana sulla Trinità.
Naturalmente l'indole delle due opere è molto diversa: da una parte la severa
ricerca teologica; dall’altra l'esposizione, la spiegazione e la difesa — difesa soprat-
tutto contro gli Ariani — della fede cattolica. Ma ciò non toglie che da que-
st'opera pastorale, qual'è appunto il Commento a S. Giovanni, non si possa
ricavare un utile commento a molti passi del De Trinitate. Lo sforzo di parlare al
popolo con precisione e chiarezza e di proporre ad esso formule facili a ritenersi,
induce spesso l'oratore a cercare espressioni forti e sintetiche come aforismi, che
dicono meglio d'un lungo discorso quale sia l'insegnamento della fede. A questo
confronto tra il De Trinitate e il Commento a S. Giovanni sembra invitarci lo stesso
Agostino citando unlungo brano di quest'opera nell'ultimo libro di quella.
Uno studio sulla teologia e sulla pastorale trinitaria nella predicazione, in
tutta la predicazione del vescovo d'Ippona — la Comeau lo ha fatto già per il
Commento a S. Giovanni — sarebbe una conferma e un complemento insieme
della dottrina del De Trinitate.

c)°Ee-Lettere

Un altro termine. di paragone per capire meglio il De Trinitate sono le Lettere.


Le quali non ci servono soltanto per stabilire la data della sua composizione, ma
per conoscerne meglio il contenuto 8, Scritte durante l’elaborazione dell’opera, ci
rivelano quali fossero in determinati periodi i pensieri che occupavano la mente
di S. Agostino e come si studiasse di esprimerli. Troviamo spesso in esse tale

23 Cf. p. VII, nota (1).


24 M. ComEAU, St. A. exégète du quatrièéme Evangile, Paris 1930, p. 238.
25 Vedi, p. e., In Io Ev. tr. 39, 4: ‘Hoc solo numerum insinuant, quod ad invicem
sunt, non quod ad se sunt. E, applicando il principio, continua: « Poiché Dio Padre
è Dio in sé, insieme al Figlio e allo Spirito Santo, non sono tre dèi...; siccome però
il Padre non è Padre în sé, ma in relazione al Figlio e il Figlio non è Figlio in sé,
ma in relazione al Padre... non si può dire che non siano tre, appunto il Padre, il
Figlio e lo Spirito Santo ». En. in ps. 68, s. 1, 5: Tanta ibi est substantiae societas,
ut aequalitatem admittat, pluralitatem non admittat. E spiega: «Se dunque ti verrà
detto: se tu mi affermi cheil Figlio è ciò che è il Padre, ne segue chiaramente che il
Figlio è il Padre, rispondi: secondo la sostanza ti ho detto che il Figlio è ciò che il
Padre, non secondo la relazione tra l’uno e l’altro; secondo la sostanza è Dio, in
relazione al Padre è Figlio ». Serm. 71, 12, 18: ...insinuatur nobis in Patre auctoritas,
in Filio nativitas, in Spiritu Sancto Patris Filiique communitas, in tribus aequalitas.
Leggere integralmente i tre brani.
2% De Trin. 15, 27; 48; cf. In Io Ev. tr. 99, 8-9.
2° Vedi sopra p. XVI.
28 Epp. 120; 143; 162; 169; 170; 238.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LVII

incisività di espressione e tale profondità di pensiero da poterle considerare un


felice riassunto di molte pagine dell’opera principale.
Cosi l'esplicita esclusione della quaternitas?9, l'insistenza simultanea nell’inse-
parabilità delle operazioni e nella distinzione delle Persone — inseparabilis Trinitas,
sed tamen Trinitas 3 — l’eterna e perciò sempre presente generazione del Figlio
— semper gignit Pater et semper nascitur Filius? — la natura dei termini relativi,
che sono sempre simultanei, ma non sempre reciprocamente uguali — sono reci-
proci e uguali tra amico e amico, ma non sono uguali anche se reciproci tra
padre e figlio — il significato di questi termini, dei quali ognun vede non
in seipsis demonstrare naturas, sed alterius.ad alterum significare personas.
Inoltre, l'assunzione della natura umana in unitatem personae Verbi, ma non
della voce sul Tabor in unitatem personae Patris o della colomba in unitatem
personae Spiritus Sancti 33, la similitudo dissimilis dell'immagine creata *, la pro-
fondità insondabile del mistero, dove le tre Persone divine nec confuse unum sunt,
nec disiuncte tria sunt.

2. Il De Trinitate e la Patristica

Un giudizio comparativo tra S. Agostino e la patristica, anche se ristretto alla


dottrina trinitaria, è molto complesso, e perciò difficile e delicato. Prima di tutto
occorre stabilire con precisione i termini di paragone. Per S. Agostino possiamo
dire di averli nell'esposizione che precede, ma per gli altri Padri? La loro dottrina
è tanto ricca e tanto varia — ci riferiamo prevalentemente ai Padri orientali —
che non è agevole offrirne una sintesi rapida ed efficace. Si pensi ai Padri pre e
post-niceni e, tra questi, agli Alessandrini, ai Cappadoci, agli Antiocheni. Si sa che
la loro dottrina non è interpretata da tutti allo stesso modo. Alcuni storici del
domma in campo protestante — Harnack, Loofs, Seeberg, Werner... — o in campo
modernista — Tiirmel — hanno sostenuto: a) che il domma trinitario — come del
resto gli altri dommi cristiani — non è frutto della rivelazione divina, ma del-
l'evoluzione della coscienza e del pensiero della Chiesa; b) che prima di Nicea
la dottrina cristiana oscillò tra modalismo e subordinazionismo; c) che dopo
Nicea l’ ouovovog fu accettato in base ad un equivoco, presente nei Padri cap-
padoci, detti appunto per questa ragione neo-niceni, e presente anche, secondo il
Tiirmel, in S. Atanasio. L'equivoco consisterebbe in questo: mentre il Concilio
parla di consustanzialità numerica, essi parlerebbero di consustanzialità specifica.
Ci troveremmo perciò di fronte a un larvato triteismo. Si aggiunga poi che i
Padri orientali ignorerebbero, secondo i predetti storici, la dottrina delle relazioni:
una ragione di più per dire che la loro dottrina trinitaria è in realtà triteista.
Chi accettasse una simile interpretazione non potrebbe non concluderne — come
LVIII INTRODUZIONE- TEOLOGIA

i predetti autori di fatto ne concludono — che S. Agostino sia stato il geniale


innovatore che ha creato il domma della Trinità. Ma questa interpretazione non
è né storicamente né cattolicamente accettabile. Il paragone perciò dev'essere
fatto su altri presupposti, che sommariamente sono questi: la rivelazione della
Trinità nella storia della salvezza, la fede della Chiesa nel mistero trinitario, la
difesa di questo mistero da parte dei Padri, Cappadoci compresi. Anche se, a causa
delle particolari difficoltà della teologia trinitaria, occorrerà applicare a tutti quel
che S. Agostino, a proposito di un’altra difficile questione — la natura dei corpi
celesti — chiede per se stesso: si quid incondite atque inculte dictum legeris...
doctrinae da operam, linguae veniam *.
Partendo da questi presupposti, che sono Ii unici storicamente validi, il con-
fronto si risolve in un'affermazione della continuità e del progressivo chiarimento
della teologia trinitaria. Scrivendo il De Trinitate, S. Agostino fu tradizionale e
originale insieme: due qualità che solo î grandi uomini sanno mettere insieme.

a) Tradizionale

Prima di tutto tradizionale. Infatti:


a) comincia con una professione di fede che si richiama apertamente alla
dottrina dei Padri. « Tutti gli interpreti cattolici del V. e N. Testamento che ho
potuto leggere tra quelli che hanno scritto prima di me sulla Trinità, che è Dio,
questo hanno voluto insegnare secondo le Scritture... »31,
b) dà all'indagine teologica quell'impostazione che era presente alla sua mente
fin da quando, non molto tempo dopo il suo. ritorno alla fede, possedeva della
cultura religiosa poco pit di quanto aveva appreso nella catechesi e udito dalle
conversazioni con uomini di chiesa®.
c) studia attentamente la Scrittura per conoscerne a fondo l'insegnamento e
darne un’interpretazione coerente ed unitaria;
d) sî richiama ai Padri con parole di rispetto, adesione, fierezza®. Anche
quando si allontana dall'opinione di alcuni di essi, come nel caso delle teofanie
del V. T., lo fa con molta modestia® e non senza suffragare la sua opinione
con l'autorità di altri Padri. Quando poi trova insufficiente qualche loro argo-
mentazione, ne mostra le conseguenze false e stabilisce, con l'umile atteggiamento
di chi cerca la verità, quale sia, a suo parere, la vera dottrina*;
e) in fine attraverso le missioni e i nomi propri che la Scrittura usa per
indicare le Persone divine, àncora la dottrina delle relazioni alla parola di Dio.
E° vero che su questo punto non si appella esplicitamente ai Padri, ma questo
non vuol dire che essi questa dottrina non la conoscessero o che S. Agostino
ignorasse i loro scritti. E' vero invece il contrario. I Padri orientali — ad essi ci
riferiamo prevalentemente — attingendo alla fonte comune, che è la Scrittura,

36 Ep. 205, 19.


37 De Trin. 1, 4, 7.
3-Fpdl:=cf-p.=EIN.
% De Trin. 1, 4, 7: catholici divinorum librorum... tractatores; De Trin. 1, 7, 14: priores
nostri; De Trin. 6, 1, 1: nostri; De Trin. 6, 10, IH: Hilarius, non mediocris auctoritatis
in tractatione Scripturarum et assertione fi dei vir.
4 De Trin. 2, 9, 16: in pace catholica pacifico studio quaeramus, parati corrigi...
4 Epp. 147-148.
4 De Trin., Il. 6-7.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LIX

avevano intuito e usato la dottrina delle relazioni. Anzi, fin dal primo sorgere
dell’arianesimo non era mancato chi aveva visto in questa dottrina l’unico modo
di rispondere all’accusa di Ario secondo la quale chi afferma la consustanzialità
del Figlio ammette due principi *. I Cappadoci conobbero e usarono nella lotta
contro Ariani e Eunomiani il concetto di relazione ( oxgovg ), anche se in loro
è in primo piano il concetto di proprietà *.
Un solo esempio. Eunomio impugnava la consustanzialità del Figlio con que-
sto dilemma: il nome Padre o indica l'essenza divina o indica l’azione; nel primo
caso il Figlio non è consustanziale, nel secondo è un’opera del Padre, cioè una
creatura. Gregorio Naz. risponde: «0 uomini acutissimi, il nome Padre non
indica né l'essenza né l’azione, ma la relazione che il Padre ha verso il Figlio e
il Figlio verso il Padre »*. L'idea è esattamente quella di S. Agostino. Il famoso
assioma: omnia unum sunt, ubi non obviat relationum oppositio è tanto latino
quanto greco: lo troviamo in S. Agostino * e in S. Gregorio Naz.*, benché non
enunciato esattamente sotto la stessa forma e benché non abbia, come osserva
giustamente lo Chevalier, presso S. Gregorio Naz. e i Padri greci esattamente lo
stesso compito che ha presso S. Agostino ®.
In quanto poi alla conoscenza che il vescovo d’Inppona ebbe degli scrittori
cristiani, dobbiamo dire che non si può restringere quel solenne: Omnes quos
legere potui, qui ante me scripserunt de Trinitate... ai soli scrittori latini. S. Ago-
stino conosceva anche i greci. Ne aveva una conoscenza limitata, ma non scarsa.
Non bisogna dunque minimizzare troppo. Per quanto sia difficile scoprire le fonti
che utilizza — qualche volta troviamo S. Gregorio Naz. celato sotto un anonimo
quidam *e altre volte non abbiamo neppure l'aiuto di quel quidam ammonitore —
tuttavia non è sempre impossibile indicarle, sia con riferenze certe, sia, più spesso,
con raffronti probabili. L’Altaner, che condivide questo giudizio sulla difficoltà di
stabilire le fonti agostiniane%, con pazienti ricerche è giunto ad utili conclusioni
circa la conoscenza che il vescovo d'Ippona aveva di Didimo, Basilio, Gregorio
Nazianzeno 31,

4 Se ne ha unindizio nella lettera che Ario ed altri sacerdoti di Alessandria scrissero al


loro vescovo, dove si legge: « Né il Figlio ha l’essere insieme al Padre, come dicono
alcuni delle cose che si riferiscono ad un altro; 6g tuveg MEYovor tà mpòs Tu» (cf. ATA-
NASIO, De synodis 16: PG 26, 709). L'allusione al principio aristotelico secondo cui i ter-
mini correlativi sono simultanei tà mpòs tu dua eivar (cf. Categorie 7, 16, ed. Didot,
Paris 1927, I, p. 11), è apertamente riconoscibile. Cf. R. ArNoU, Arius et la doctrine des
relations trinitaires, in Gregorianum, 14 (1933), pp. 269-272; J. De GHELLINCK, Qui sont
les gs Tuveg IEyovor de la lettre d’Arius, in Miscell. G. Mercati, Roma 1946, I, pp. 127-144.
4 Cf. I. CHEVALIER, St. A. et la pensée grecque - Les relations trinitaires, Fribourg en
Seine 1940.
4 Orat. 29, 16; cf. Orat. 7, 11; 35; 36.
4 Vedi sopra p. XXVII-XXIX.
4 Cf. p. e., Orat. 31.
8 I. CHEVALIER, o. c., p. 474.
4 Cf. De Trin. 15, 20, hg; GREGORIO NAz., Orat. 29, 27: PG 36, 81.
50 B. ALTANER, Augustinus Methode der Quellenbeniitzung. Sein Studium der Vdterlite-
ratur, in Sacris Erudiri, 4 (1952), pp. 5-17.
5 B. ALTANER, Augustinus und Basilius der Grosse. Eine quellenkritische Untersuchung,
(4

in Revue Bénéd., 60 dol: pp. 17-24; IpeM, Augustinus und Didymus der Blinde..., in
Vigiliae Christianae, 5 (1951), pp. 116-120; TpeM, Augustinus, Gregor von Nazianz und
Gregor von Nissa, in Revue Bénéd., 61 (1951), pp. 54-62.
LX INTRODUZIONE- TEOLOGIA

Ma non si vede perché si debba supporre che S. Agostino conoscesse i Padri


greci solo in traduzione latine. Le modeste parole del De Trinitate 52, alle quali ci
si appella, non autorizzano a tanto. Pensiamo che, se una particolare necessità lo
avesse richiesto, se cioè qualcuno, come accadde nella controversia pelagiana, lo
avesse accusato di novità, non avrebbe esitato ad attingere, per confermare la sua
dottrina, alle fonti greche, come fece appunto per la questione del peccato
originale.
Ma nel nostro caso a lui bastavano la fede della Chiesa e lo studio delle
Scritture.

b) Originale
Per misurare l'originalità di S. Agostino teologo della Trinità, occorre tener
presente prima di tutto un fatto, che è questo: il De Trinitate è opera di sintesi,
la prima del genere, almeno per profondità ed ampiezza 3, nella storia della teologia
trinitaria. Perché opera di sintesi è un'esposizione lungamente meditata dei
diversi aspetti del mistero — biblico, dommatico, mistico — una risposta serena
e fiduciosa alle difficoltà della ragione, un'introduzione alla vita di comunione con
la Trinità. Questa sintesi determinò uno sviluppo della teologia trinitaria che il
Bourassa non esita a chiamare « prodigioso » 5. Fu certamente grandissimo, anzi il
piu decisivo e il più fecondo. Dopo S. Agostino la teologia trinitaria cammina per
vie nuove o, per dirla con un altro autore moderno, comincia la teologia trini-
taria in senso pieno 55. I punti principali che concorsero a stabilire questo progresso
ci paiono i seguenti: lo studio biblico sull'unità di natura delle tre Persone divine,
la dottrina delle relazioni, le proprietà personali dello Spirito Santo, la spiega-
zione « psicologica» del mistero trinitario, il collegamento ad esso della nostra
vita soprannaturale.
A S. Agostino stava molto a cuore stabilire l’invisibilità di Dio. Vittima in
gioventi della concezione materialista, e consapevole delle fatiche sofferte per
liberarsene *, rifugge come da un'« insania » dall'ipotesi che Dio possa essere visto
con gli occhi del corpo 5. Or questa invisibilità è una proprietà della natura divina,
e perciò non è solo del Padre, ma del Figlio e dello Spirito Santo. Da quil’inter-
pretazione delle teofanie del V. T. che abbiamo riportata sopra. Questa interpreta-

52 De Trin. 3, -1.
53 P. Henry considera la prima esposizione sistematica della dottrina trinitaria l’Adversus
Arium di Mario Vittorino; cf. The « Adversus Arium » of Marius Victorinus, tre first
systematic exposition of the doctrine of the Trinity, in The Journal of theological
studies, 1 (1950), pp. 42-55.
54 F. Bourassa, Questions de théologie trinitaire, Roma 1970, p. 49.
55 L. ScHEFFEGYK, in Mysterium salutis, III, trad. it., Brescia 1968, p. 256. Allargando
l'orizzonte al pensiero teologico e filosofico in generale P. Hadot scrive: « Le De Trini-
tate de Saint Augustin est un livre qui a orienté d’une manière nouvelle et décisive
la pensée thèologique et philosophique de l’Occident ». Cf. L'image de la Trinité dans
o i Victorinus et chez St. Augustin, in Studia Patristica, VI, p. IV, Berlin
, P. .
56 Confess. 7, 1, 1-2; Contra ep. Manichaei 2, 2.
57 Ep. 92. Di fronte alle ragioni di un confratello nell’episcopato, che si senti offeso,
chiede scusa per il tono, se per caso fosse stato troppo aspro, ma ribadisce la tesi.
Cf. Ep. 148. Per tutta la questione, cf. Ep. 147; De civ. Dei 22, 29.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA LXI

zione gli è stata rimproverata da qualcuno %, ma ciò non toglie che sia
divenuta
e sia tuttora comune nella teologia 39.
Parimenti stava a cuore a S. Agostino stabilire che la Scrittura, parlando
di
Dio, non si riferisce sempre al Padre, ma anche, in alcuni casi, a tutta
la Trinità,
benché non nominata esplicitamente. In questa prospettiva la parola di Dio designa
prima di tutto l’unità di natura delle Persone divine e permette di stroncare
fin
dall'inizio ogni tentazione ariana o subordinazionista. Essa è diventata
classica
nella teologia latina, anche se, oggi, da qualche parte, si fanno delle
riserve. Si
dice infatti che non sarebbe una prospettiva biblica e che presenterebbe
degli
inconvenienti per la pietà cristiana. Vedremo più sotto che cosa pensare di
queste
riserve.
Un altro punto, questa volta senza riserve, che viene considerato elemento
fondamentale nello sviluppo della teologia trinitaria è la dottrina delle relazioni.
A questa dottrina il vescovo d'Ippona ha dato quel posto centrale che non ha più
perduto da allora. Studiando la Scrittura e servendosi largamente della filosofia
aristotelica, ha creato, in altre parole, la teologia delle relazioni, tanto delle rela-
zioni intra-trinitarie, che costituiscono le Persone divine, quanto delle relazioni
extra-trinitarie, che salvaguardano l'immutabilità di Dio e la realtà della sua azione.
Tra i teologi greci e S. Agostino, scrive lo Chevalier, c'è tutta la distanza che
separa i precursori, che intravedono una dottrina e la enunciano solo incidental-
mente, e colui che la espone sistematicamente con la chiara coscienza della sua
originalità e del suo valore ®,
Un terzo punto di singolare fecondità teologica, anzi forse di tutti il più
fecondo, è lo studio biblico e l'impegno speculativo per stabilire quale sia in seno
alla Trinità la proprietà dello Spirito Santo. Mentre la teologia dei Cappadoci
confessava l'impotenza di rendersene conto e giungeva quasi a scoraggiarne la
ricerca, S. Agostino, osserva il Bourassa, ha scoperto che lo Spirito Santo è
Amore, e con ciò ha gettato una grande luce sul mistero trinitario e sulla natura
della nostra salvezza e della vita eterna4.
Il contributo più personale, poi, che S. Agostino ha dato alla teologia trinitaria
è la spiegazione «psicologica » che illumina, senza dissolverlo, il
mistero trinitario
e rivela la natura e la struttura dello spirito umano. Diciamo
più personale, in
quanto, anche se per questa dottrina ha trovato un ambiente propizio
e uno sti-
molo nel neoplatonismo e un precursore in Mario Vittorino, la
trasformazione da
lui operata è stata cosi radicale che il suo apporto è uno dei
più originali e, ag-
giungiamo pure, dei più moderni ®. Del resto anche qui occorre
ricordare che il

58 G. LecEAY, L’ange et les théophanies dans la St. Ecriture


d'après la doctrine des Pères,
in Revue thomiste, 10 (1902), pp. 138-158; 405-424; 11 (1903),
pp.
59 J. LEBRETON, Sf. Augustin théologien de la Trinité, in Miscell. 46-69; 125-154.
Agostiniana, II, Roma
1931, pp. 821-836.
60 CESSI St. A. et la pensée grecque, Les relations
trinitaires, Fribourg en Seine ’
, PD. .
61 F. Bourassa, o. c., p. 50.
6. Cf. P. Hapor, o. c., che studia il rapporto su questo argoment
o tra la dottrina di S. Ago-
stino e quella di Vittorino, si esprime cosi: tra i due v’è un’«
analogia fondamentale »
ma anche «differenze considerevoli » (p. 424), « profonde »; anzi
« più che differenze,
c'è tra i due un abisso», «c'è tutta la distanzà che separa
l’anima antica dall’io
moderno» (p. 440). Cf. pure P. HENRY, o. c. Per i neoplatonici —
particolarmente Por-
firio — cf. De civ. Dei, 10, 10, 23.
LXII INTRODUZIONE- TEOLOGIA

fondamento di questa dottrina si trova nell’'insegnamento scritturistico dell’uomo


creato ad immagine di Dio.
V'è in fine un altro aspetto originale del De Trinitate: l'impegno di condurre
il lettore fino alla contemplazione della Trinità, dimostrando con ciò che questo
mistero entra essenzialmente nei tessuti della pietà cristiana, anzi ne è l’anima,
il fine, la ragione.

3. Il De Trinitate e la Scolastica

La teologia scolastica si è mossa sulla scia del De Trinitate di S. Agostino.


Da Boezio a S. Anselmo, ai Vittorini, a Pietro Lombardo, a S. Bonaventura, a
S. Tommaso, ad Egidio Romano i motivi fondamentali dell'opera agostiniana — li
abbiamo riassunti or ora — servono da guida e costituiscono l'alimento della
speculazione sulla Trinità. Attraverso i grandi maestri della Scolastica l'influsso
del pensiero agostiniano è giunto fino a noi. L'indole e i limiti di questa introdu-
zione non consentono di rilevare l'identità di fondo e la diversità di sfumature di
questi maestri 8.
Diremo soltanto che la speculazione scolastica ha due vantaggi su quella
agostiniana, ma anche, a nostro umile parere, due svantaggi. I vantaggi sono:
l'elaborazione del concetto di persona e l'approfondimento del motivo che distingue
nella Trinità la spirazione dalla generazione.
Raccogliendo in frutti maturati durante la controversia cristologica, la Sco-
lastica ha elaborato un concetto della persona — si ricorderà la definizione di
Boezio (rationalis naturae individua substantia) e quella più appropriata di S. Tom-
maso (distinctum subsistens in natura intellectuali) — il quale ha permesso di
applicarlo alla Trinità non in senso accomodato per la necessità di esprimere una
realtà ineffabile, come voleva il vescovo d'Ippona, ma in senso proprio, cioè
ex significatione sua, come si esprime S. Tommaso #. Il quale S. Tommaso però,
rispondendo ad una difficoltà tratta da un noto testo di S. Agostino (De Trin. 7,
6, 11), aggiunge: hoc nomen «persona» dicitur ad se non ad alterum, quia signi-
ficat relationem non per modum relationis, sed per modum substantiae ©, mo-
strando cosi di restar fedele, nel fondo, all'orientamento agostiniano ®.
L'altro vantaggio della speculazione scolastica è, dicevamo, l’approfondimento
del motivo che distingue la spirazione dalla generazione. Parliamo di approfon-
dimento, perché riteniamo che non sia giusto parlare, come si fa comunemente,
di novità@, Il motivo lo aveva indicato già S. Agostino nella differenza tra il

6 Vedi la breve sintesi e la copiosa bibliografia in Mysterium Salutis, III, pp. 260-278,
ad opera di Leo Scheffezyk.
6 Summa theol., I, q. 29, a. 4. Giova riportare tutto il testo: Unde non erat in usu hoc
nomen, « persona », nisi sicut unum aliorum absolutorum. Sed postmodum accomo-
datum est hoc nomen, « persona », ad standum pro relativo ex congruentia suae signi-
ficationis; ut scilicet hoc quod stat pro relativo non solum habeat ex usu, ut prima
opinio dicebat, sed etiam ex significatione sua. La prima opinione è quella di alcuni
scolastici, di S. Agostino e, secondo lo Chevalier, o. c., p. 80, di S. Tommaso iunior.
6 Ivi, ad 1: cf. Quaestiones disp. de Potentia, q. 9, a. 4, ad 3.
6 Cf. I. CHEVALIER, 0. c., D. 80.
67 Mysterium salutis, III, p. 267: (S. Tommaso) «per la prima volta diede un'effettiva
INTRODUZIONE - TEOLOGIA LXIII

verbo che procede come immagine e l'amore che procede


come peso e inclina-
zione 8. La Scolastica non ha sccperio nulla di nuovo, ma ha
ripreso — sapendolo
o no, questo non importa — il motivo agostiniano,
lo ha confermato e lo ha
inserito nettamente nella teologia trinitaria 9. La quale
non dové attendere, per
fortuna, il sec. XIII per avere una risposta da dare ad una
questione che la fides
quaerens intellectum proponeva e propone, con insisten
za, alla ragione.
Dove invece la Scolastica non ha sviluppato il pensier
o agostiniano, ma al
contrario ha contribuito ad impoverirlo, lasciandolo fuori
della propria prospettiva
teologica, è nel dinamismo della ricerca scritturistica e nello
slancio dell’ascen-
sione mistica; due aspetti fecondissimi che completano la ricchezz
a della teologia
trinitaria del vescovo d’Ippona e l’avvicinano profondamente
al pensiero moderno.
In altre parole, dei tre aspetti del mistero ricordati sopra
— biblico, dommatico,
mistico — la Scolastica ha incorporato nella sua trattazi
one solo il secondo,
contribuendo cosi a staccare questo augusto mistero dalla
vita della Chiesa. E'
restato classico lo schema che studia per ordine sotto
l'aspetto prevalentemente
speculativo, le processioni, le relazioni, le persone — le persone
in comune e in
particolare — le missioni. Ciò è avvenuto certamente per
ragioni di metodo;
ragioni, perciò, formali, non sostanziali; ma questo non
toglie che i predetti
aspetti debbono essere ricuperati nel giudizio della storia e
nella rinnovata strut-
tura della teologia trinitaria. Occorre cioè ampliare — non rinnega
re — la visuale
scolastica; ampliarla con gli studi biblici e le considerazioni
mistiche. Precisamente
come ha fatto S. Agostino.

4. Il De Trinitate e la teologia contemporanea

Quando perciò la teologia contemporanea muove critiche


all'indirizzo del
pensiero agostiniano, deve stare attenta ad evitare di leggere
S. Agostino in
chiave scolastica. Nel fervore del rinnovamento da cui è
mossa, la teologia di
oggi conserva per il De Trinitate di S. Agostino l'’ammirato
apprezzamento del
passato. Alcuni però credono doveroso fare delle riserve.
La prima è questa: Agostino pagò le preferenze della sua spiegazi
one teologica
a prezzo di una grande rinuncia, cioè con la rinuncia alla riflessio
ne e alla valo-
rizzazione « economica» del mistero trinitario ®, L'osservazione
non ha un reale
fondamento nell'opera agostiniana. Prima di tutto non è esatto
dire che l’impo-
stazione di essa dipenda dalla filosofia neoplatonica sulla dottrina
dell’unità. S. Ago-
stino parte dall'insegnamento della fede, che in Occidente insisteva
nell'unità
dell'essere e nell’inseparabilità delle operazioni della Trinità"
, La filosofia viene
dopo: dopo l'insegnamento della fede e dopo lo studio della
Scrittura; segue quindi,
non precede; aiuta a chiarire un articolo fondamentale
del credo cattolico, non
lo impone.

soluzione alla questione che urgeva da secoli,


perché, cioè, nella Trinità la seconda
processione non possa essere generazione».
€ Vedi sopra, p. XLI-LII.
69 Cf. S. Tommaso, Summa theol- I-q=2l-az4
7 Mysterium salutis, III, p. 259; M. ScHMmauS, Die Spannu
ng von Metaphysik und Heilsge-
SMeieE der Trinititslehre Augustins, in Studia
patristica, VI, p. IV, Berlin 1962,
PP. -O1Ò.
7 Vedi sopra p. LIII.
LXIV INTRODUZIONE - TEOLOGIA

Non crediamo. poi che S. Agostino abbia sacrificato l'aspetto storico-salvifico


del mistero trinitario, se, come abbiamo detto sopra”, egli studia ed espone larga-
mente le missioni del Figlio e dello Spirito Santo, se parte dalle missioni per risa-
pro-
lire alla Trinità immanente, se ha cura di stabilire un intimo rapporto tra le
se orienta e conduce il
prietà delle tre. Persone divine e la nostra vita spirituale,
lettore verso la contemplazione di questo ineffabile mistero, quando l'immagine
del-
trinitaria in noi sarà perfetta, cioè partecipe in modo inammissibile e pieno
una
l'eternità, della verità, dell'amore. A noi pare quindi che abbia raggiunto
divina e
felice sintesi tra due considerazioni, quella teologico-metafisica dell'unità
quella teologico-st orica delle manifestazi oni della Trinità nell'opera della creazione
e nella vita della Chiesa.
della
L'insistenza del De Trinitate nel modo diverso d’intervenire nella storia
salvezza delle tre Persone divine secondo le diverse proprietà personali di ciascuna,
stessa
non è meno forte di quanto non sia quella dell'unità inseparabile di questa
scrive cosi in un recente studio:
azione. Lo ha visto bene il Bailleux, il quale
opera
«pur mettendo l'accento sull'unità dell'azione per la quale Dio Trinità.
fuori, il De Trinitate non cade nell’essenzi alismo intemperan te che qualche
al di
tanto
volta gli viene rimproverato per averlo letto in fretta. L'azione divina,
santificatric e, pur essendo una, si presta a delle appro-
quella creatrice che quella
dello Spirito
priazioni fondate su le proprietà rispettive del Padre, del Figlio,
nello Spirito Santo, cost
Santo... Come il Padre ci crea per mezzo del Figlio
del Verbo, ci richiama a sé per farsi nostra eterna
nello Spirito Santo, per mezzo
beatitudine »?3.
di cri-
Occorre ricordare poi che il De Trinitate contiene anche un trattato
abbia scritto. Un trattato che, se non ci
stologia, il più ampio che S. Agostino
sul modo dell'unione ipostatica o sulla psicologia umana di
offre un'indagine
a cristolo-
Cristo — temi che si sono sviluppati posteriormente con la controversi
giorni — ci offre formule chiarissime sul fatto
gica e che sono vivi anche ai nostri
dottrina sul motivo dell’Incarna zione, sulla mediazione, sul
dell'unione e un'ampia
di Cristo come nostra
sacrificio della croce, sulla redenzione, sulla centralità
scienza: e nostra sapienza.
E tutto ciò non per difetto di composizione, ma per un piano sapientemente
prestabilito. Nel De Trinitate S. Agostino voleva conoscere la Trinità — e Cristo
ione
ne è il rivelatore, la grande teofania — voleva salire fino alla contemplaz
della Trinità — e Cristo ne è il Mediatore. Non è possibile trattare della Trinità
senza aver presente la cristologia. S. Agostino ne ha dato l'esempio.
di
Come dunque nella traiettoria della storia, che è il suo modo preferito
esporre la dottrina della fede, il vescovo d'Ippona vede e dimostra la centralità
punto,
di Cristo, cosi nel De Trinitate. Non aver considerato abbastanza questo
ha dato occasione alle immeritate riserve che abbiamo dovuto registrare.

22 Vedi sopra pp. XLIIT-XLVIII; L-LI.


7 E. BAILLEUX, Dieu Trinité et son oeuvres, in Recherches Augustiniennes, 7 (1971),
pp. 189-218: i testi citati sono a pp. 189 e 217
7 Cf. A. Trapè, De notione historiae salutis apud S. Augustinum, in Acta Congressus
intern. de theologia Concilii Vat. II, Romae 1966, pp. 490-498.
75 M. Lomerer, Glaube und Heilsgeschichte in De Trinitate Augustins, in « Freiburger
Zeitschrift f. Phil. und Theol. », 4 (1957), pp. 385-419.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LXV

La secondariserva è quest'altra: la prospettiva agostiniana, in cui Dio significa


innanzi tutto l’unità di natura delle tre Persone, è una prospettiva metafisica, utile
per belle meditazioni su Dio, ma non per rivolgersi con la preghiera a Dio. Nella
preghiera infatti l’altro — il tu — a cui ci rivolgiamo non può essere che una
persona. Nella prospettiva agostiniana dunque non ci si può rivolgere a Dio
senza prescindere da questa stessa prospettiva o senza ipostatizzare in qualche
modo — contro l'esplicita dottrina di S. Agostino stesso — l'essenza divina. Ne
segue che nella vita di pietà questa prospettiva dev'essere messa da parte”.
La difficoltà è speciosa, ma se fosse valida vorrebbe dire che non potremmo
pregare senza essere larvatamente triteisti: tra la fede che crede in un solo
Dio e la preghiera che parla con Dio ci sarebbe un insuperabile contrasto. Pen-
siamo che per superare questo contrasto e per evitare quel pericolo il vescovo
d'Ippona, che tante stupende preghiere ha rivolto al Padre per mezzo del Figlio
nell'unità dello Spirito Santo — con tale preghiera chiudeva abitualmente i suoi
discorsi? — nel De Trinitate ha voluto usare le due forme di preghiera, quella
rivolta a Dio Padre®, secondo l’uso liturgico di ieri e di oggi, e quella, con cui
chiude la sua opera, rivolta a Dio-Trinità®. A questa seconda forma era stato
abituato da S. Ambrogio di cui ricorda il noto verso: Fove precantes, Trinitas 80.
A questa forma si è rivolta la pietà cristiana quando ha sentito di dover onorare
la Trinità nella sua ineffabile unità. Come nella festa della SS. Trinità e spesso nella
liturgia delle ore.
La tensione tra la visione teologico-metafisica e quella teologico-storica del
mistero trinitario esiste, perché esiste il mistero stesso, che è insieme unità nella
trinità e trinità nell'unità o, per dirla ancora una volta con S. Agostino: Unum tria
sunt... tria unum sunt8,
Lo studio dei Padri greci per il rinnovamento della teologia trinitaria sarà
certamente molto utile, ma non meno utile sarà, ne siamo certi, una lettura
attenta, meno scolastica, del De Trinitate di S. Agostino.

AGOSTINO TRAPE’

7% M. ScHMAUS, o. c., pp. 511-514.


TI Le edizioni dei Sermones riportano generalmente solo l’inizio: Conversi ecc.; cf. la pre-
ghiera intera in Serm. 34, 9: Conversi ad Dominum Deum Patrem omnipotentem... Per
Iesum Christum Filium suum, Dominum nostrum, qui cum eo vivit et regnat in unitate
Spiritus Sancti Deus...
8 De Trin. 4, -1: In hoc genere hominum, in familia Christi tui, Domine Deus meus,
si inter pauperes tuos gemo... sed hoc oro Deum cordis mei... per viam quam stravit
humanitate divinitatis Unigeniti sui.
79 De Trin. 15, 28, 51: Domine Deus noster, credimus in te Patrem et Filium et Spiritum
Sanctum... Meminerim tui, intellegam te, diligam te.
80 De beata vita 35; Confess. 9, 12, 32. Che a questa scuola avesse fatto buoni progressi
possiamo dedurlo dal fatto che troviamo questa forma di preghiera già nel 391, nel
De duabus animabus c. Man. 15, 24, dove si legge: Deus magne, Deus omnipotens...
Trina unitas, quam catholica Ecclesia colit, supplex oro...
81 Ep. 170, 5. In quanto poialla giustificazione teologica della preghiera a Dio-Trinità
può servire il concetto di individuum vagum di cui parlano gli scolastici. Cf. S. ToM-
Maso, Summa theol. I, q. 31, a. 4. Da notare che il testo agostiniano citato nel Sed
contra est (De Trin. 7, 4, 7-8) ha nel contesto un senso contrario a quello che gli
viene attribuito, cosa che accade qualche volta agli scolastici, compreso l’Aquinate,
il quale di solito è molto attento nell’uso delle citazioni patristiche.

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