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LA TRINITA?
TESTO LATINO DALL'EDIZIONE MAURINA
CONFRONTATO CON L'EDIZIONE DEL CORPUS CHRISTIANORUM
INTRODUZIONE
A. TRAPÈ - M. F. SCIACCA
TRADUZIONE
GIUSEPPE BESCHIN
TEOLOGIA
1. Origine
Le opere di S. Agostino vescovo sono nate, per lo più, per una di queste tre
ragioni o per tutt'e tre insieme: esigenze pastorali, necessità polemiche, insistenza
degli amici. Il De Trinitate fà un'eccezione.
Non è nata da esigenze pastorali, se s'intendono queste esigenze nel senso
di una larga cerchia di fedeli. Non già che S. Agostino non abbia parlato al popolo
di questo augusto mistero: lo ha fatto, e spesso!. Anzi ha scritto un’opera apposta,
in uno stile semplice e disadorno, per ammonire il popolo a tenersi lontano, fra
l’altro, dagli errori trinitari?2. Ma quando scriveva il De Trinitate non pensava al
popolo. Era infatti convinto, e con ragione, che i libri sulla Trinità sarebbero stati
capiti solo da poche persone. Scrive nel 415 all'amico Evodio, che insisteva perché
Ricordiamo qui i luoghi principali nei quali ha parlato della Trinità: In Io Ev. tr.
pa
1, 8-11; 18, 3-6; 19, 13; 20, 3-11; 99 (cit. in De Trin. 15, 27, 48); ecc.; (cf. Commento
al Vangelo di S. Giovanni, N.B.A. 24, indice, voce Trinità); Serm. 52 (spiegazione
psicologica); 112-115 (in traditione et redditione symboli); 117-118; 139-140 (contro gli
Ariani); Enarr. in ps. 67, 39; 68, serm. 1, 5 (concetto di consustanzialità). M. CoMEAU,
St. A. exégète du quatrième Evangile, Paris 1930, pp. 237-290 (testi trinitari).
2 De agone christiano, che è del 396.
VIII INTRODUZIONE - TEOLOGIA
li terminasse: « Per il momento non vorrei occuparmi nemmeno dei libri Sulla
Trinità che da tempo ho fra le mani ma non ho potuto ancora terminare perché
mi costano molta fatica e penso che possano essere capiti solo da poche persone;
mi premono maggiormente quegli scritti che spero saranno utili a un pubblico
più vasto »3. Aveva scritto, del resto, nelle Confessioni: « è rara l’anima che par-
lando della Trinità sa di cosa parla »4.
Né all’origine del De Trinitate stanno necessità polemiche. S. Agostino si
occupò polemicamente degli Ariani verso il 418 e poi nel 427-85. Ma il De Trinitate,
pur rispondendo ai loro argomenti, scritturistici o razionali, è un'opera di severa
indagine teologica, che non ubbidisce a ragioni polemiche, bensi a ragioni molto
diverse, che sono le ragioni teologiche e quelle mistiche.
Non risulta in fine che l’idea di scrivere un'opera sulla Trinità sia dovuta alla
richiesta degli amici, come avvenne, per esempio, per il De civitate Dei e per tante
altre opere. Anche se, poi, furono gli amici ad insistere perché venisse terminata
presto. Anzi furono proprio gli amici i quali, stanchi di aspettare invano, gli sot-
trassero di nascosto i primi 12 libri e li divulgarono senza il permesso dell'autore.
Parleremo pit a lungo di questo incidente a proposito della data di composizione.
L'origine dunque del De Trinitate va ricercata nell'animo stesso di S. Agostino.
Un animo, come si sa, di grande teologo e di grande mistico, dominato perciò
da un duplice bisogno, quello di scrutare e approfondire il contenuto della fede,
e quello di salire in alto, sempre più in alto, verso la contemplazione delle verità
rivelate. Questo duplice motivo emerge da quasi tutte le pagine del De Trinitate.
a) Motivo teologico
Di fronte alla regola della fede, le questioni che si pongono alla mente di
S. Agostino e che domandano un chiarimento sono soprattutto tre:
— la prima riguarda la radice stessa del mistero, ed è questa: perché, pur
confessando che nella Trinità il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è
Dio, non possiamo dire che sono tre déi, ma dobbiamo dire e diciamo che sono
un solo Dio?
— la seconda riguarda le operazioni divine ad extra, e si può formulare cosi:
se le operazioni ad extra del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo sono inseparabili,
come intendere l’Incarnazione, che secondo la fede è propria solo del Figlio, come
la voce del Padre sul Tabor, la discesa dello Spirito Santo nel cenacolo?
— la terza riguarda lo Spirito Santo ed è forse la piu difficile: quali sono
nella Trinità le proprietà personali dello Spirito Santo e quale la distinzione in
Dio tra generazione e spirazione?
Tali questioni erano più o meno presenti alla mente di S. Agostino, come
vedremo, fin dal tempo della sua conversione o almeno del suo sacerdozio. Ce ne
assicurano l’Epistola 117 e il De fide et symbolo8.
3.Ep. 169, 1, 1.
4 Confess. 13, 11, 12.
5 Contra serm. arianorum:(418); Collatio cum Maximino Arianorum episcopo (427); Con-
tra Maximinum haereticum (428).
6 Retract. 2, 15; Ep. 174.
TEp. 11;52:
8 De fide et symbolo 9, 19.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA IX
9 De Trin. 1, 6, 9.
10 De Trin. 1, 6, 13.
ll De Trin. 3, 1: Credant, qui volunt, malle me legendo quam legenda dictando laborare.
1 Prima di Nicea ricordiamo le opere di Tertulliano (Adversus Praxean) e di Novaziano
(De Trinitate). Ma non da queste opere ci si può attendere una esposizione completa
e sempre esatta del mistero trinitario. Dopo Nicea scrissero intorno alla Trinità,
Ilario (De Trinitate libri XII), Ambrogio (De Spiritu Sancto libri III; De fide ad
Gratianum libri V), Eusebio da Vercelli (De Trinitate libri VIII), Mario Vittorino
(De generatione divini Verbi; Adversus Arium; De èuovoww recipiendo; Himni ad
Trinitatem: cf. ed. P. Hadot, Marius VictoRINUS, Traités théologiques sur la Trinité
[Sources chrétiens, nn. 68-69]). Opere preziosissime, le prime, per l'affermazione della
fede cattolica e la dimostrazione della divinità del Verbo e dello Spirito Santo; utili,
queste ultime, — quelle di Mario Vittorino — per un inizio dell’illustrazione psico-
logica della Trinità; ma insufficienti tutte per ciò che Agostino cercava: un’esposizione
completa e matura della teologia trinitaria.
13 De Trin. 3, proemio; cf. nota (1) a questo stesso libro.
14 Non c'è bisogno di fare qui una menzione delle opere che i Padri greci avevano
scritto intorno alla Trinità prima e dopo Nicea. Basti ricordare i nomi di Atanasio,
di Didimo il Cieco e dei Cappadoci. Ma le loro opere, stupende e d’incalcolabile valore,
nate nel forte della polemica, non ci danno, né potevano darci, una ‘sintesi serena e
ragionata del mistero trinitario, quale ha voluto darci, e ci ha dato, S. Agostino.
15 De Trin. 1, 3, 5.
XxX INTRODUZIONE - TEOLOGIA
conclude, se la sua opera può sembrare superflua ai pigri e ai dotti, non lo sem-
brerà ai diligenti e agli indotti. Tra questi ultimi pone anche se stesso !6.
b) Motivo mistico
C'è, poi, un altro motivo che spiega il De Trinitate, un motivo che è insieme
il piu profondoe il piu personale: l’elevazione mistica. Fin dalla conversione S. Ago-
stino portava nel cuore un grande desiderio che riassumeva tutti gli altri, quello
di conoscere Dio e se stesso! Evidentemente non si trattava d'una conoscenza
puramente teoretica, ma d’una conoscenza viva, sperimentale, affettiva. Il De Tri-
nitate è l’attuazione piu grande, sul piano letterario, di questo desiderio. All’inizio
dell’opera ricorda che quando si tratta del mistero trinitario nessun errore è
tanto pericoloso, nessuna ricerca tanto faticosa, nessuna scoperta tanto feconda8:
feconda di rinnovamento interiore, di gioia, di contemplazione. Al termine una
preghiera. Una preghiera che ci rivela l'animo contemplativo con cui il vescovo
d'Ippona aveva sostenuto la dura e lunga fatica. « Ti ho cercato e ho desiderato
vedere con l’intelletto ciò che ho creduto per fede, e ho discusso molto, e ho
faticato molto. Signore, Dio mio, unica mia speranza, esaudiscimi: non avvenga
che, stanco, non voglia più cercarti, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore...
Ch’io mi ricordi di te, che ti conosca, che ti ami. Aumenta in me tutto questo,
fino a tanto che non mi riformi interamente » 19.
Convinto dunque che il nostro gaudio pieno sarà quello di godere di Dio
Trinità, alla cui immagine siamo stati creati? e che, perciò, l’uomo deve ordinare
tutta la sua vita a ricordare, a conoscere, ad amare la SS. Trinità, in modo di
averla presente in sé, di contemplarla, di compiacersi in Essa, nel De Trinitate
ha voluto fare uno sforzo per salire egli stesso e per condurre il lettore di grado
in grado, attraverso l'immagine di sé che Dio-Trinità ha stampato nello spirito
dell'uomo, fino alle vette della contemplazione del mistero. Non comprende questo
capolavoro agostiniano chi non ricorda che in esso v'è insieme l’acume del teologo
e l’ardore del mistico. Ma non cerchi quiil teologo, là il mistico: i due aspetti sono
fusi insieme e costituiscono la bellezza incomparabile dell’opera.
Non c'è bisogno di dire qui, perché sarà detto a suo luogo, che a questi due
aspetti se ne aggiunge, con un sintetismo di cui solo le grandi menti sono capaci,
anche un terzo, quello filosofico. Questo terzo aspetto è cosi importante, anche se
non è il principale, che si è voluto dedicare ad esso una sezione a parte del-
l'introduzione.
16 De Trin. 3, -1.
1T::Solil.:1,:2, 1.
8 De Trin. 1, 3555
19 De Trin. 15, 28, 51.
20 De Trin. 1, 8, i7.
21 De Trin. 15, 20, 39.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XI
2. Destinatari
3. Metodo
Infatti:
a) comincia con una professione di fede. S. Agostino ha letto tutti i libri che
ha potuto leggere sulla Trinità scritti da autori cattolici, ne riassume con una
breve formula l'insegnamento essenziale e conclude con queste solenni parole:
Haec et mea fides est, quando haec est catholica fides %. Questo è il punto fermo,
questa la regola: l'insegnamento della Chiesa. La teologia trinitaria del vescovo
d'Ippona parte da qui. Il lettore non deve dimenticarlo.
b) contiene uno studio attento della Sacra Scrittura. S. Agostino, indicate le
grosse questioni che si presentano alla mente a proposito del ricordato insegna-
mento della fede, s'immerge nello studio delle Scritture. Lo fa seguendo le regole
che egli stesso aveva indicate nel De doctrina christiana. Raccoglie e ordina tutto
ciò che la Scrittura insegna intorno alla Trinità: l'uguaglianza e la distinzione
delle Persone, i nomi propri di ciascuna, le processioni, le missioni, le teofanîie.
Indica poi le regole per intendere i testi scritturistici in un modo coerente ed
unitario, senza interpretazioni unilaterali e senza lacune. Molti hanno errato perché
non hanno considerato con sufficiente diligenza universam seriem Scripturarum 2.
In altre parole, il De Trinitate ci offre un esempio eccellente di teologia biblica
trinitaria.
c) dispiega tutta la forza della dialettica, arma preferita dagli Ariani, per
rispondere alle loro obiezioni e per dimostrare l’inconsistenza dei loro argomenti.
S. Agostino aveva studiato dialettica, una delle arti liberali, a scuola e ne
aveva approfondito la conoscenza durante gli anni dell'insegnamento; aveva letto
e capito da solo le Categorie di Aristotile, anche se, a vent'anni, applicandole ‘a
Dio, n'era restato deluso; aveva espresso pit volte la sua fiducia in questa
scientia veritatis 0 che « insegna ad insegnare e insegna ad apprendere » 31, purché
non ce se ne serva con animo sofistico ®,
28 De Trin. 1, 7, 14.
29 Confess. 4, 16, 28-29.
30 Contra Acad. 3, 13, 29.
31 De Ordine 2, 13, 38.
32 De doctr. christ. 2. 31. 48.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XIII
33 De Trin. 152,2
3 De Trin. 5, 3, 4.
35 De Trin. 7, 4,7.
3% De Trin. 5, 1, 2; cf. la docta ignorantia in Ep. 130, 15, 28.
37 De Trin. 15 pt 2.
38 De Trin. 15, 14, 24; Ep. 169, 12.
39 De Trin. 15, 28, 51.
WDestrme15;- 41:
4 De Trin. 14,17, 23.
XIV INTRODUZIONE - TEOLOGIA
Al termine della lettura del De Trinitate il lettore non avrà difficoltà ad ammet-
tere che essa è l’opera più alta e più completa della teologia agostiniana, e non
solo agostiniana.
4. Piano
4 De Trin. 1, 2, 4.
4 De Trin. 15, 3, 5.
4 De Trin. 1, 5, 8.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XV
Umile e sincero amante della verità, S. Agostino esige nel lettore le sue stesse
disposizioni. Lo vuole, si, « pio » nel leggere le sue opere e «libero » nel criticarne
gli errori, ma ammonisce severamente che il primo, leggendo, non aderisca
ad Agostino, e che il secondo, criticando, non aderisca a se stesso. Né il primo
deve amare Agostino più della fede cattolica, né il secondo se stesso. L'uno approvi
ciò che legge perché lo trova conforme alle Scritture, il secondo lo critichi pure,
se vuole, ma non per amore di polemica o per una sua qualunque opinione, bensi
con l'autorità delle Scritture o con argomenti inconcussi della ragione. Due
atteggiamenti sono intollerabili tanto in chi scrive quanto in chi legge: la presun-
zione di difendere la verità quando questa non è certa e la presunzione di difendere
l'errore, quando la verità è stata già chiarita*.
In fine, cosciente dell’opera ardua e difficile che sta per intraprendere, il
vescovo d’Ippona sente il bisogno di dire una parola ai meno provvisti dei suoi
lettori, ai tardiores. Qualcuno di questi, dice in sostanza, crederà ch'io non abbia
detto ciò che ho detto o che abbia detto ciò che non ho detto, con la conseguenza
che, seguendo me che cerco di muovermi per vie nuove e pericolose, finiscano per
cadere in errore. Evidentemente, conclude il Santo, questi errori non possono
essere imputati a me. Come non si possono imputare alle Scritture gli errori degli
eretici che le hanno capite male 5. L’argomentazione non ammette repliche, e il
lettore non può non prenderne atto.
7. Data di composizione
53 De Trin. 3, -1.
54 De Trin. 2, -1.
55 De Trin. 1, 3, 6. In un’altra occasione, nella controversia sulla grazia, raccomanderà
l'attenta e ripetuta lettura dei suoi libri, ricorderà il dovere di pregare molto per
riuscire a capire e ammonirà chi affermasse che Ag. ha sbagliato, di riflettere seria-
mente se non sia proprio lui, il lettore, a sbagliare. Cf. De gratia et libero arbitrio
24, 46; De dono perseverantiae 24, 68.
56 Ep. 174. =
57 Ep. 120, 3; 143, 4; 169, 1.
58 Ep. 174;' Retract. 2, 15, 1.
59 Ivi.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XVII
volenza degli amici — quibus servire me cogit libera caritas ® — S. Agostino non
sa dire mai di no.
Si capisce allora la difficoltà della datazione. Ne sia controprova la molteplicità
delle opinioni 8. Dobbiamo, per quanto è possibile, stabilire tre termini: inizio,
redazione parziale, e redazione finale.
Per l'inizio ci soccorrono le Ritrattazioni. Si sa che le Ritrattazioni recensi-
scono le opere per ordine cronologico, corrispondente non alla pubblicazione dei-
l’opera stessa, ma all’inizio della sua composizione ©. Ora il De Trinitate viene
recensito poco dopo il De actis cum Felice Manichaeo e subito dopo il De cathe-
chizandis rudibus. Il De actis cum Felice Manichaeo contiene una disputa tenuta
nel dic. del 398 (sotto il quarto consolato di Onorio e non sotto il sesto come,
per un facile errore di trascrizione, si legge nei manoscritti); la data del De
cathechizandis rudibus può essere fissata con ogni probabilità nel 399. Possiamo
perciò indicare lo stesso anno per l’inizio del De Trinitate, in coincidenza, più
o meno, con il libro 13 delle Confessioni, dove si accenna, per la prima volta, alla
spiegazione psicologica della Trinità, spiegazione che occupa appunto molti libri
del De Trinitate83.
Per la redazione parziale ci offre una preziosa informazione la lettera 143 a
Marcellino, che è, probabilmente, del 412: a quel tempo S. Agostino aveva com-
posto i primi 12 libri del De Trinitate, che non gli erano stati ancora trafugati:
li aveva presso di sé mentre gli amici tempestavano per averli. Vi si legge infatti:
«I libri che trattano pericolosissime questioni cioè Sulla Genesi e Sulla Trinità
li tengo presso di me piu a lungo di quanto voi volete e tollerate » 4.
Per la redazione finale, che comprende il completamento dell'opera (una parte
del libro XII e tutti i libri XIII-XV), l'aggiunta dei prologhi ai primi libri e la
revisione generale, la datazione è meno facile.
Certamente essa avvenne prima del De praedestinatione sanctorum, che dà
comenoti i XV libri del De Trinitate, e dopo il Trattato 99 sul Vangelo di Giovanni,
che viene citato nel libro XV &, come pure dopo il libro XII del De civitate Dei,
che viene citato nel libro XIII %. Ora non è facile determinare con assoluta preci
sione l’anno in cui fu predicato il Trattato 99 sul Vangelo di Giovanni né quando
S. Agostino dettò il libro XII del De civitate Dei. Orosio nella sua Storia afferma
che S. Agostino lavorava al libro XI del De civ. Dei nel 417; La Bomnardière
sostiene che il Trattato 99 sarebbe posteriore al 420 e quindi riporta a dopo questa
data la composizione del libro XV del De Trinitate, che lo cita, spostando cosi
di alcuni anni la data fissata da Hendrikx al 4198. Ma se anche queste datazioni
fossero assolutamente certe resterebbe da determinare quanto tempo dopo queste
60 De Trin. 1, 5. 8.
61 Cf. Corpus Christianorum 50; De Trinitate 1, p. LXXXIII.
62 Retract. 1, 26; 2, 24; cf. P. MoncEAUXx, in Comptes Rendus de l’Acadèmie des Inscr.
et Bell. Lettr., 1908, pp. 51-53.
63 Confess. 13, 11, 12.
64 Ep. 143, 4.
6 De Trin. 15, 27, 48.
6 De Trin. 13, 9, 12.
67 A.M. La BonnarpIÈRE, Recherches de chronologie augustinienne, Paris 1965, che pone
la redazione finale tra il 420 e il 426.
68 sn L. HENDRIKX, Bibl. Aug., Oeuvres de St. A., 15, La Trinité, nota compl. 2, pp.
XVIII INTRODUZIONE - TEOLOGIA
date e quanto tempo prima del 429, che è la data del De praedestinatione sancto-
rum, S. Agostino abbia terminato la sua grande fatica. Le Ritrattazioni per for-
tuna ci aiutano a raccorciare le distanze: esse, che recensiscono il De Trinitate,
furono scritte nel 426-27. La data dunque dell'ultima redazione del De Trinitate
resta oscillante tra il 420 e il 426, come vuole La Bonnardière. Ma noi crediamo
che sia molto più vicina alla prima di queste due date che alla seconda; crediamo
cioè che sia anteriore all’inizio della dura e lunga lotta contro Giuliano. Avremmo
perciò: inizio 399; redazione parziale 412; redazione finale 420-421.
Va notato in fine che la redazione finale dei primi 12 libri non fu tale quale
l’autore l'avrebbe desiderata, ma quale poté farla, preoccupato com'era che l’opera
da sé pubblicata non differisse troppo da quella che gli era stata sottratta. Senza
questa preoccupazione, la dottrina sarebbe stata la stessa, ma l'esposizione più
chiara e più facile « per quanto, aggiunge S. Agostino modestamente, la difficoltà
di spiegare cose tanto alte e le nostre possibilità lo avrebbero permesso »®.
6 Ep. 174.
PARTE SECONDA: CONTENUTO
Per capire lo studio biblico che S. Agostino intraprende nei primi quattro
libri del De Trinitate, occorre ricordare il suo punto di partenza, che è quello
della professione di fede iniziale. Ora questa professione di fede non è composta
sullo schema tripartito del simbolo battesimale, che pur S. Agostino ha tante volte
commentato sia davanti ai vescovi, da sacerdote!, sia da vescovo nella traditio
symboli ai catecumeni?, o del simbolo niceno-costantinopolitano; ma sullo schema
del simbolo Quicumque, del quale richiama o anticipa alcune espressioni3.
Infatti: enuncia prima di tutto l’unità e l'uguaglianza della Trinità; afferma,
poi, la distinzione delle Persone divine; ricorda che non la Trinità, ma solo il
Figlio si è incarnato, come solo il Padre ha fatto udire la voce sul Tabor e solo
lo Spirito Santo è disceso sui discepoli il giorno di Pentecoste, e confessa, in fine,
che le operazioni della Trinità sono inseparabili com'è inseparabile il loro essere4.
Evidentemente in questa professione di fede i punti di partenza sono due: l’unità
ed uguaglianza di natura della Trinità, e l'inseparabilità delle operazioni ad extra.
Su questi due punti insiste S. Agostino.
1. Deus-Trinitas
1 De fide et symbololiber I.
2 Serm. 212-214. Per il Serm. 213 vedi il testo completo in NBA 32/1, 202-217.
3 Per le diverse attribuzioni di questo simbolo detto Atanasiano, attribuzioni che vanno
da S. Ilario o S. Ambrogio a Venanzio Fortunaziano, cf. DENZINGER-SCHONMETZER,
Ench. Symb. 75.
4 De Trin. 1, 4, 7. Cf. 1. 1, nota (4), p. 17.
5 De Trin. 1, 2, 4.
6 De Trin.1, 6, 10.
7 Cf. i luoghi raccolti in Oeuvres de st. A. - La Trinité, B. A., n. 15, p. 570.
XX INTRODUZIONE - TEOLOGIA
Taglia corto
indubitatamente grandi vantaggi.
Ora questo punto di partenza ha qual e non tutti gli scrit-
azionismo, tent azio ne alla
con ogni tentazione di subordin tagli a cort o conle
a erano sfuggiti, e, piu ancora,
tori ecclesiastici prima di Nice perm ette di evita re quel-
di Ario e di Macedonio;
affermazioni apertamente eretiche quat erni tà in Dio, cioè alle Per-
pensare ad una
l'assurda immaginazione che fa unis quasi quarta
disti nte dalla natur a, quas i che questa ‘sia eorum comm
sone stanz ialit à, la coeternità,
o inequivocabile la consu
divinitas 8; afferma in fine in mod quali poss iedo no, st, la natura
Persone divin e, le
la perfetta uguaglianza delle tre ca, la sola, la vera
o da essere esse stesse l’uni
divina, ma la possiedono in mod mmut abil is et sibimet
ità è incorporea et inco
natura divina. Perciò tutta la Trin invis ibile 10, immo rtal e !!, onni-
natura 9: ed è tutta
consubstantialis et coaeterna
lo Spirito Santo.
potente: il Padre, il Figlio, nella prospettiva
che è sempre in primo piano
Ma questa unità ed uguaglianza, molt i testi della Scrittura,
ra essere contraddetta da
da cui parte S. Agostino, semb o al Padre prero-
iore al Padre o attribuiscon
i quali 0 dicono che il Figlio è infer o).
allo Spirito Sant
gative superiori al Figlio (e i testi della Scrit-
Per rispondere a ques ta diffi coltà il vescovo d'Ippona studia
Scrittura stessa.
per intenderli nel contesto della
tura e formula alcune regole turistici si rife-
ulare cosi: spesso i testi scrit
1. La prima regola si può form espl icitamente la
è Trinità, senza menzionare
riscono all'unico vero Dio, che Pers ona, ma di tutte. Cosi
ndere non di una sola
Trinità; si devono perciò inte
33-36 13,
pie. 1 Tim. 6, 16; Romani 11,
ne della Trinità.
2. La seconda rigu arda l'« econ omia » divina nella manifestazio
le Pers one sepa rata ment e dalle altre,
delle singo
La Scrittura dice alcune cose no perci ò intendere
Dio è Trinità, non si devo
per indicare e per ricordare che
14, 15-2444.
in senso esclusivo. Così p.e. Gv. cazione.
impor tante, perché di più frequente appli
3. La terza regola è la più hé prop osta comu neme nte
« canonica »!5 perc
Riguarda la persona di Cristo. E' detta a: i testi scrit turistici
comuneme nte usata . Eccol
dagli interpreti della Scrittura e altri di Cristo
intendere alcuni di Cristo uomo,
che riguardano il Cristo si devono seco ndo la form a di servo,
na, alcuni di Crist o
Dio o, per usare l’espressione paoli
di Dio.
altri di Cristo secondo la forma l'esatta
rettamente questa regola si richiede
Ma per comprendere ed applicare preci se e inequ ivo-
tino la espone con form ule
nozione dell’Incarnazione. S. Agos e da cond anna re preven-
bilit à all’a dozio nismo
cabili, tanto da chiudere ogni possi ione del
distingue chiaramente tra l’Incarnaz
tivamente il nestorianismo. Egli est Verb um in homine,
dei figli di Dio. Aliud
Figlio di Dio e la giustificazione cum homi ne, aliter missa
tur (Sapi entia ) ut sit
aliud Verbum homo !f. Aliter mitti
Spiritum Sanctum
cussa fide, Patrem et Filium et
8 Ep. 120, 13: Nunc vero tene incon ; non quod sit eorum communis quasi quarta
esse Trinitatem, et tamen unum Deum
r inseparabilis Trinitas.
divinitas, sed quod sit ipsa ineffabilite
9 De Trin. 1, 8, 15.
10<De nrin. 158 515:32)17032;53;2105 21
11 De Trin. 1, 6, 10.
12 De Trin. 4, 21, 30.
13 De Trin. 1, 6, 10-12.
14 De Trin. 1, 8,18 - 9, 19.
15 De Trin. 2,1, 2.
16 De Trin. 2, 6, 11.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXI
est ut ipsa sit homo 7. La distinzione essenziale che corre tra l'Incarnazione e la
giustificazione, esplicitamente riconosciuta da S. Agostino alla vigilia della conver-
sione !8, è stata poi sempre energicamente difesa. Troviamo formule come questa:
quia forma Dei accepit formam servi, utrumque Deus et utrumque homo, ed
espressioni come queste altre: Natus Deus ex femina 2 e: Deus crucifixus 21, espres-
sioni non solo usate, ma anche teologicamente difese. Dobbiamo però riconoscere
che le formule piu incisive non le troviamo qui nel De Trinitate, ma nei Ser-
mones 22,
Chiarito cosi questo punto fondamentale di cristologia, S. Agostino articola
la regola « canonica » in questo modo: a) vi sono testi nella Scrittura che indicano
l'unità e la perfetta uguaglianza tra il Padre ed il Figlio; per es. Gv. 10, 30 e
Fil. 2, 6; b) vi sono testi che indicano l’inferiorità del Figlio nei riguardi del Padre,
ma secondo la natura umana che ha assunto; cosî Gv. 14, 28; 5, 22.27; c) vi sono
testi che non indicano né inferiorità né uguaglianza, ma solo ordine di origine,
in quanto il Figlio ha tutto ciò che ha per generazione; dunque non inaequalitas,
sed nativitas eius ostenditur; ‘cf. Gv. 5, 19.26; d) in fine vi sono testi d’interpre-
tazione ambigua, che si possonoriferire sia alla natura umana, sia alla generazione
eterna, come il famoso testo di Gv. 7, 16: La mia dottrina non è la mia ma di
Colui che mi ha mandato 24.
2. Missioni
Ma queste regole non bastano da sole a chiarire tutti i testi della Scrittura;
ve ne sono altri che meritano una particolare attenzione. Sono quelli che riguar-
dano le missioni divine e le teofanie. Testi molto importanti, perché fondamentali
per capire la manifestazione della Trinità nella storia della salvezza. Gli eretici,
poi, ne abusavano. Dicevano infatti: evidentemente chi invia è maggior di chi è
inviato; se dunque il Figlio è inviato dal Padre, vuol dire che il Padre è maggiore
di Lui".
Questa argomentazione offre a S. Agostino l'occasione di approfondire il con-
cetto di missione. « Occorre chiedersi come si possa intendere questa missione
del Figlio e dello Spirito Santo; poiché in nessuna parte leggiamo che sia stato
inviato il Padre »%. Le missioni, spiega il vescovo d'Ippona, non importano nes-
17 De Trin. 4,
18 Confess. 7,
19 De Trin. 1,
2% De Trin. 8, 5, 7.
21 De Trin. 1, 13, 28; cf. Ep. 16, 9, 5. =
2 Serm. 130, 3: ...mon Deus et homo duae personae. In Christo duae ‘sunt
quidem
sriisiantie, sed una persona, ut Trinitas maneat non, accedente homine, quaternitas
I.
Serm. 186, 1: Idem Deus qui homo, et qui Deus idem homo; non confusione naturae,
sed unitate personae,
Cf. 1. I, nota (12).
2 De Trin. 2, 1, 3.
2 De Trin. 2, 2,4; cf. In Io Ev. tr. 29, 3.
2 De Trin. 2, 5, 7.
2% De Trin. 2, 5, 8.
XXII INTRODUZIONE- TEOLOGIA
21 De Trin. 4, 20, 27; cf. Contra Maxim. 2, 14, 8: Non enim genitorem ab eo quem
genuit, sed genitum a genitore mitti oportebat, verum haec non est inaequalitas
de sed ordo naturae; non quod alter prior esset altero, sed quod alter esset
ex altero.
2 De Trin. 4, 20, 28: Non ergo eo ipso quo de Patre natus est, missus dicitur Filius;
sed vel eo quod apparuit huic mundo Verbum caro factum... vel eo quod ex tempore
cuiusquam mente percipitur.
% De Trin. 4, 20, 29; mitti est Filio cognosci quod ab illo [a Patre] sit.
3 De Trin. 5, 16, 17.
31 De Trin. 4, 20, 29. Ma questo principio agostiniano secondo il quale mitti est cognosci,
dev'essere completato con la dottrina dell'inabitazione dello Spirito Santo nei bam-
bini battezzati, i quali evidentemente non conoscono lo Spirito Santo che abita in
loro. Cf. Ep. 187. Sulla ragione formale dell'inabitazione, cf. A. TurRADo, La inhabita-
cién de la Trinidad en los justos segun la doctrina de San Agustin, in Augustinus
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXIII
Alla domanda se lo Spirito Santo sia stato inviato prima della glorificaz
ione
di Cristo, domanda provocata dal testo evangelico di Gv. 7,
39, la risposta è
affermativa. I Profeti hanno parlato ispirati dallo Spirito Santo.
Cosî pure di
Spirito Santo furono ripieni Giovanni Battista, Zaccaria, la Vergine
Maria. Solo
che nel giorno di Pentecoste la missione dello Spirito Santo ebbe un
carattere
speciale, visibile, solenne, che operò grandi miracoli ®.
3. Teofanie
fermi: tutta la Trinità è invisibile, non può perciò apparire con la sua natura
mezzo
agli occhi del corpo; ne segue che le teofanie del V. T. sono avvenute per
creature, le quali, soggette al divino volere, hanno prestato a questo scopo
delle
la sua opinione, affermand o
il loro ministero ®; c) nella terza S. Agostino avanza
pensieri, ma sulle parole dell’Aposto lo agli Ebrei
che si basa non sui propri
degli
(1, 13); opinione che è questa: le teofanie del V. T. sono avvenute per mezzo
Dei 4. L'opinione di S. Agostino
Angeli, i quali hanno parlato ed agito ex persona
è diventata comune.
ciascuna di queste tre cose si riferisca ad una Persona distinta » 4. Queste affer-
mazioni suscitano una seria difficoltà: come si può dire che solo il Figlio si è
incarnato se l’Incarnazione è opera di tutta la Trinità? S. Agostino risponde:
humanam illam formam ex virgine Maria Trinitas operata est, sed solius Filii
persona est ”. In altre parole, la natura umana di Cristo è opera della Trinità,
ma appartiene solo alla persona del Figlio. Dunque solo il Figlio si è incarnato.
Lo stesso vale per la voce del Padre e per la colomba o le lingue di fuoco
dello Spirito Santo; con questa differenza — essenziale in verità — che la natura
umana è stata assunta, e per sempre, nell'unità della persona del Verbo, mentre
la voce e la colomba e le lingue di fuoco non furono unite alla persona del Padre
o dello Spirito Santo. Non unite, ma solo usate, provvisoriamente, per un parti-
colare ministero, quello cioè di manifestare quanto, in quel momento, la Trinità
voleva manifestare: il Padre e lo Spirito Santo operanti nella storia della sal-
vezza %.
Né termina qui la riflessione di S. Agostino su questo principio fondamentale
di teologia trinitaria. Egli si studia di illustrarlo, qui nel De Trinitate, come nei
discorsi al popolo e nelle lettere, col modo di operare in noi della memoria,
dell’intelligenza e della volontà. Sono tre facoltà che nominiamo separatamente,
ma che operano inseparabilmente. Infatti non si può pronunciare il nome di
nessuna di esse senza che tutte e tre siano presenti per produrre quel nome. Si
veda con quanta abilità spiega quest'esempio, che riempie l'animo di stupore,
al popolo. Ecco alcune parole: «Questo nome memoria, che appartiene alla sola
memoria, l’ha prodotto sia la memoria, perché ritenessi ciò che dicevi; sia l’in-
telligenza, perché capissi ciò che ritenevi; sia la volontà, perché proferissi ciò
che sapevi... Cosi la Trinità ha operato la carne [natura umana] di Cristo, ma
non appartiene che al solo Cristo » 50,
di S. Ago-
Nei primi libri, studiando il contenuto della Scrittura, l’attenzione
Trinità.
stino era rivolta all'unità di natura e all’inseparabilità d'azione della
aspetto,
Ora l'attenzione si volge alla distinzione delle Persone, che è il secondo
contraddi ttorio al primo, del mistero trinitario , il quale, com'è noto,
che sembra
passa tra due opposti errori: il triteismo e il modalismo.
Perciò il nostro Dottore intraprende lo studio, non meno importante né meno
la
difficile dell'altro, per dimostrare che difendere l'Unità non vuol dire negare
Trinità. Né triteismo dunque né modalismo.
Si tratta, in altre parole, della difficoltà fondamentale — S. Agostino l’ha ricor-
umana
data subito dopo la professione di fede! — che si presenta alla ragione
il Figlio
che mediti appena un poco sul mistero trinitario: se il Padre è Dio, se
Dio?
è Dio, se lo Spirito Santo è Dio; come mai non sono tre dèi, ma un solo
ne di risponder e a questa difficoltà gliela offersero gli Ariani con le
L'occasio
essere i soli
loro argomentazioni filosofiche. Si sa che gli Ariani pretendevano di
come dicevano, la « monarchi a », accusava no i
a difendere l’unità di Dio, cioè,
e due principi — di essere, in altre parole, diteisti — e scomo-
cattolici di ammetter
S. Agostino ne
davano le Categorie di Aristotile per difendere la propria dottrina.
c'è solo la categoria della sostanza, non le
riporta l’argomentazione cosi: in Dio
; ne segue che tutto ciò che si dice o si pensa dî Dio, si
categorie degli accidenti
la fede insegna
dice e si pensa secondo la sostanza, non secondo gli accidenti. Ora
ed essere genito sono
che il Padre è ingenito e il Figlio è genito; essere ingenito
è diversa dunque la sostanza del Padre e del Figlio?.
due cose diverse;
1. Le relazioni divine
filosofia
Il vescovo d’Ippona per rispondere si serve delle loro stesse armi:
. In Dio non vi sono perfezion i accidental i.
con filosofia, Aristotile con Aristotile
accidens in Deo, quia nihil mutabile* . Nulla di mutabile nell'es-
D'accordo. Nihil
non v'è solo il
senza, nell’intelligenza, nella volontà. Ma è anche vero che in Dio
le relazioni, le quali pur non rientrando nel
predicamento della sostanza. Vi sono
sostanza, non sono accidenta li come nelle creature. « Ben-
predicamento della
e il Figlio non
ché sia diverso essere Padre ed essere Figlio, tuttavia tra il Padre
Dio secondo la
v'è diversità di sostanza, perché Padre e Figlio non si dicono in
INTRODUZIONE - TEOLOGIA XXVII
sostanza, ma secondo le relazioni; ie quali però, non essendo mutabili, non sono
accidentali ». ..non secundum substantiam dicuntur, sed secundum relativum;
quod tamen relativum non est accidens, quia non est mutabile4.
Contro l'argomentazione degli Ariani e, in genere, contro gli argomenti deila
povera ragione umana, S. Agostino approfondisce e sviluppa la dottrina delle rela-
zioni. La chiave di volta di questa dottrina e, possiamo dire, della dottrina trini-
taria, è un principio enunciato nel libro 11° del De civitate Dei, scritto contem-
poraneamente agli ultimi del De Trinitate: « Dio è tutto ciò che ha, eccetto le
relazioni per cui ciascuna Personasi riferisce all'altra. Non v'è dubbio infatti che
il Padre ha il Figlio, ma tuttavia il Padre non è il Figlio; cosi pure il Figlio ha
il Padre, ma tuttavia il Figlio non è il Padre »5. Non v'è chi non veda la fecondità
di questo principio da cui si possono dedurre molte conseguenze.
B. Dalla seconda parte del principio che abbiamo ricordato — eccetto le rela-
zioni per cui ciascuna Persona si riferisce all'altra — si deduce:
a) che in Dio occorre distinguere accuratamente tra le perfezioni assolute e
le relazioni mutue: quelle si riferiscono a se stesse (dicuntur ad se), queste si
riferiscono ad un altro (dicuntur ad alium), quelle sono comuni alle tre Persone
divine, queste stabiliscono la distinzione delle Persone; quelle si predicano substan-
4 De Trin. 5, 5, 6.
5 De civ. Dei il, 10, 11.
6 De Trin. 5, 2, 3; cf. A. Trapì, La ‘nozione del mutabile e dell’immutabile secondo
S. Agostino, in « Quaderni della Sa FEE », n. 1, Roma 1956
7 De Trin. 15, 5, 8; cf. 5, 10, 11; 6, 4, 6; 6, 6, 10, TAI.
8 De Trin. 15, 5, 7: cf. un testo i Li. hi 6; 10;=12:
9 De Trin. 6, 10, 12
I0:De Prin. 051,9; 8, 1,2:
11 De Trin. 6, 2, 3.
12 De Trin. 6, 7,9.
XXVIII INTRODUZIONE - TEOLOGIA
omnia unum sunt ubi non obviat relationum oppositio 2. Vorremmo anzi dire che
l'enunciazione agostiniana identificando le perfezioni con l'essere divino, ha il van
taggio di dare la ragione metafisica dell’assoluta unità, in Dio, di tutte le perfezioni,
con la sola eccezione delle relazioni: quod habet hoc est, excepto quod relative
quaeque persona ad alteram dicitur.
Per riferite però tutto il pensiero di S. Agostino dobbiamo aggiungere che
a proposito delle relazioni il S. Dottore osserva con particolare acutezza che una
relazione può nascere senza che ci sia mutazione in uno dei due termini ai quali
la relazione stessa si riferisce. Cosi il denaro senza alcuna mutazione può diven-
tare prezzo o pegno secondo che si riferisca a un pagamento o a una promessa
di pagamento: la nuova relazione nasce dallo scopo cui viene destinato. Allo stesso
modo le relazioni di Dio con le creature. In Dio non importano alcuna accidenta-
lità, perché non importano alcuna mutazione; nelle creature invece importano
mutazione, e perciò accidentalità. Dio è Signore, Padre, Rifugio: Signore dalla
creazione, Padre dalla giustificazione, Rifugio quando ci volgiamo a Lui. Tutte
denominazioni temporali, non eterne; ma che non implicano alcuna mutazione in
Dio: la mutazione è solo in noi. In nobis ergo fit aliqua mutatio... in illo nulla 3.
Inutile dire che queste osservazioni completano la teologia delle relazioni, che
importano simultaneità ed opposizione e non, di per sé, perfezione, e ci danno
la chiave per conciliare l'immutabilità divina con le manifestazioni di Dio ad
extra: la creazione, l'incarnazione, la giustificazione e, termine di tutte e tre, la
glorificazione. Tutta la teologia, dunque, è tributaria di questo concetto e di
questa dottrina.
Abbiamo parlato di teologia delle relazioni. Lo abbiamo fatto apposta, perché
in realtà di teologia si tratta, e non di un’arbitraria speculazione filosofica appli-
cata poi, bene o male, alla teologia. E’ in fatti la Scrittura che ci mette sulle
piste delle relazioni, rivelandoci le processioni divine e i nomi propri delle tre
Persone.
2. Le processioni
22 Conc. Florent., Decretum pro Iacobitisj; D.-S., Ench. Symb. 1330. Ricordiamo
a questo
proposito un’altra espressione di S. Ag. ripresa dal Conc. Toletano 11 (Ench. Symb.
530): Hoc solo numerum insinuant quod ad invicem sunt, non quod ad se sunt
(In
Io Ev. tr. 39, 3).
23 De Trin. 5, 16, 17.
XXX INTRODUZIONE - TEOLOGIA
3. I nomi propri
nome Ingenito, non lo toglie dal « predicamento » della relazione, perché il termine
negativo sta nello stesso « predicamento » del termine positivo. Perciò se è rela-
tivo il nome Genito, lo è anche il nome Ingenito. Dunque la diversità tra Ingenito
e Genito non può essere diversità di sostanza®.
2. I nomi della seconda Persona sono parimenti tre: Figlio, Verbo, Immagine.
Questa volta tutti e tre i nomi sono biblici e tutti e tre sono apertamente relativi:
il Figlio dice relazione al Padre, il Verbo relazione alla mente di cui è verbo,
Immagine all’esemplare di cui è espressione. Tre nomi che si equivalgono e si
richiamano a vicenda. Infatti il Figlio è Figlio in quanto è Verbo; e il Verbo è
Verbo in quanto è Figlio. Eo quippe Filius quo Verbum et eo Verbum quo Filius 8.
Lo stesso si può dire del nome Immagine, in quanto è proprio del Figlio essere
immagine del Padre e proprio del Verbo esprimere l’immagine della mente da
cui procede. Su questi tre nomi e la loro mutua equivalenza si fonda in gran parte
la spiegazione psicologica che darà S. Agostino negli ultimi libri del De Trinitate.
3. Ancora tre i nomi della terza Persona: Spirito Santo, Dono, Amore. Qui
però la ricerca si fa più difficile. Non si tratta più di dimostrare che i nomi
rivelati dalla Scrittura appartengono alla categoria dei nomi relativi; ma si tratta
di stabilire quali siano questi tre nomi. La Scrittura dà alla terza Persona un
solo nome — Spirito Santo — e questo per di più è un nome comune, che si può
applicare tanto al Padre quanto al Figlio, quanto a tutta la T.rinità8; perciò
questo nome non dice nulla delle relazioni intra-trinitarie. Studi sufficienti in mate-
ria non c'erano. S. Agostino è costretto a fare opera di pioniere. In realtà i
risultati da lui ottenuti, segnando la strada ai teologi posteriori, costituiscono il
contributo più importante che abbia dato alla teologia trinitaria e, piu general-
mente, alla teologia spirituale.
Egli parte dal dato rivelato che lo Spirito Santo è lo Spirito del Padre e del
Figlio, considera poi le opere ad extra che la Scrittura attribuisce allo Spirito
Santo, quella di elargire agli uomini i doni di Dio (1 Cor. 12, 11) e quella di diffon-
dere nei nostri cuori la carità (Rom. 5, 5), che è il dono essenziale e quindi più
importante; e ne conclude che, se lo Spirito Santo elargisce i doni di Dio, Egli
stesso, nella Trinità, è Dono; se diffonde l’amore nei cuori, Egli stesso, nella Trinità,
è Amore.
La Scrittura poi, se studiata attentamente, indica che i nomi di Amore e Dono
sono propri dello Spirito Santo. Le parole della Scrittura: Deus caritas est (1 Gv
4, 16) e le altre: Si scires Donum Dei! (Gv 4, 10), oppure: Accipietis donum
Spiritus Sancti (Atti 2, 37) si riferiscono appunto allo Spirito Santo.
L’argomentazione di S. Agostino potrebbe non convincere tutti. Ma non si può
non ammirarne l'acume e la modestia. Parte da una premessa, che è questa:
«La Sacra Scrittura non dice che lo Spirito Santo è carità; se lo avesse detto la
questione ne sarebbe stata molto chiarita. Ma essa dice: Dio è carità (Gv 4, 16),
cosicché non è chiaro — e dunque bisogna indagare — se è Dio Padre che è carità,
De Trin.5,6,1- 71,8.
3 De Trin. 5, 13, 14: Item dicitur relative Filius, relative dicitur et Verbum
et Imago.
8 De Trin. 7, 2, 3. Su questo principio, divenuto classico, cf. S. TomMaso,
Summa
theol., I, q. 34, a. 2, ad 3; Pio VI, Constit. Auctorem Fidei, D.--S., Ench. symb. 2698.
36 De Trin, 5, 11, 12.
37 Cf. De fide et symbolo 9, 19.
XXXII INTRODUZIONE- TEOLOGIA
x
La formulazione del domma è una conseguenza logica e necessaria della dot-
trina delle relazioni. Ma il compito è tutt'altro che facile. Trattandosi di cose
divine, le parole sono sempre inferiori al pensiero, come il pensiero è sempre
inferiore alla realtà. Se dunque è difficile per il pensiero percepire il mistero
trinitario — lo abbiamo visto nelle pagine precedenti — molto pit difficile sarà
per il linguaggio esprimerlo. S. Agostino ne è profondamente convinto!. Lo abbia-
mo detto?, ma giova ripeterlo. Sarà utile per giudicare nel giusto valore le esita-
zioni del Santo. La sua indagine infatti si muove proprio su questo presupposto;
al quale però ne fa riscontro un altro, che sembra contrario ad esso. Nonostante
tutto, abbiamo il dovere di parlare di questo mistero ad certam regulam, vale a
dire in un modo preciso e disciplinato, perché la confusione delle parole non generi
la confusione delle idee. Con parole indisciplinate parlino pure i filosofi, scrive a
questo proposito nel De civitate Dei, noi dobbiamo parlare secondo una norma
determinata, affinché la libertà delle parole non generi opinioni contrarie alla
pietà ed alla fede cristiana3.
1. Introduzione
Per fare una premessa, diremo che S. Agostino ha parlato molto del linguaggio:
del linguaggio in generale e del linguaggio teologico in particolare. Del primo ha
parlato nel De Magistro; del secondo nel De doctrina christiana. Ha spiegato poi
ampiamente il fondamento ontologico del linguaggio in teologia, che è la causalità
e l'esemplarità divine, ha usato la triplice via — affermativa, negativa, eminen-
ziale — per salire dalle creature a Dio5 e ha detto delle perfezioni di Dio cose
veramente sublimi*. Vedi per esempio quanto dice dell’essere? e della scienza di
Dio8. Se insiste molto sulla docta ignorantia non è perché non ammetta una
conoscenza positiva di Dio, ma perché, convinto della ineffabilità divina, ritiene
che sia già un gran passo verso la sapienza conoscere quello che Dio non è?. Su
questo fondamento teologico-filosofico della conoscibilità di Dio, S. Agostino fissa
le regole per parlare con esattezza della Trinità, e affronta, poi, il grosso problema
del significato e del valore delle formule in uso.
2. Regole
3. Il problema
Ma qui sorge un grosso problema. C'è un nome comune che esprima i Tre
che sussistono nell’unica natura divina? Un nome che si possa usare, perciò, in
plurale? Per esprimere l’unità di natura i nomi non mancano; ce ne sono anzi
molti: natura, essenza, sostanza, realtà (res). S. Agostino li usa tutti, ma prefe-
risce il secondo, « essenza », perché essenza deriva da esse, che è il nome proprio
di Dio,
Ma per indicare la Trinità? I greci adottarono la formula: pia odota, tpeig
ùtootàacers, i latini: un’essenza, tre Persone.
15 De decretis 21; De synodis 41; Tomus ad Antioch. 6; Ep. ad Afros 4 (che è del
369 circa); cf. TIxERONT, Histoire des dogmes, II, p. 75.
16 Ep. 15, 4.
17 Epp. 38, 2-3; 236, 6; 210, 5; 214.
18 Cf. S. BasiLio, Ep. 236, 6.
19 De Trin. 5, 8, 10. Gli era dunque ignoto quanto aveva scritto S. Basilio (cf. nota 17)
per stabilire la differenza tra usia e ipostasi. Per la conoscenza di S. Basilio da parte
di = cf. B. ALTANER, Aug. und Basilius der Grosse..., in Revue Bénéd., 60 (1950),
PP. 24.
20 De Trin. 1, 4,7.
21 De Trin. 7, 6, 11.
22 De Trin. 1, 4,9.
23 De Trin. 5, 9, 10; cf. 7, 4, 7.
24 De Trin. 5,9,
» 10.
XXXVI INTRODUZIONE- TEOLOGIA
4. Concetto di persona
5. Conclusione.
Vediamo dunque che cosa c'è in S. Agostino e che cosa non c'è. Non c'è la
definizione di persona, né lo studio sull'analogia che regola l'applicazionedi que-
sto concetto all'uomo e alla Trinità.
25 De Trin.1,4,71 - 6, 11.
2% De Trin. 1, 6, 11.
ZI De Trin. 1,4, 8.
28 De Trin. 71, 6,11.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA XXXVII
29 Ibidem.
30 C. - La notion de nature chez st. Augustin, in Doctor Communis, 2-3 (1955),
PD. -/0.
31 Serm. 186, 1; vedi sopra p. XXI.
3 De anima et eius origine 2, 5, 9 (dell’anno 419).
IV. ILLUSTRAZIONE DEL DOMMA(ll. IX-XV)
Con l'illustrazione psicologica del domma, che intraprende, dopo una lunga
introduzione (1. VIII), nei libri IX-XV, S. Agostino vuol raggiungere tre scopi, che
riguardano rispettivamente la filosofia, la teologia, la mistica:
a) Prima di tutto vuol mantenere la promessa fatta all'inizio ai « garruli ragio-
natori », quella cioè di dimostrare la misteriosa trinità che v'è nello spirito umano,
affinché questo, riconoscendo se stesso, accolga con umiltà e gioia la rivelazione
del mistero divino.
b) Poi vuol trovare la via per rispondere alla terza delle questioni che si è
proposto all’inizio, quella riguardante la differenza tra la generazione del Figlio
e la processione dello Spirito Santo, che è in realtà la pit difficile. E° arduo infatti
rispondere a questa insistente domanda: perché lo Spirito Santo, pur essendo
consustanziale al Padre e al Figlio, pur procedendo dall'uno e dall'altro, non è
generato?
c) Il terzo scopo è mistico. S. Agostino vuole esercitare il lettore, perché
impari a cercare Dio attraverso l'immagine della Trinità che è in lui, e si avvii,
in questo modo, verso le vette della contemplazione, che sarà per speculum qui
in terra, facie ad faciem nelcielo.
E’ questo il tema centrale della filosofia, della teologia e della dottrina spiri-
tuale agostiniana. E’ stato detto giustamente che esso costituisce la sintesi del
pensiero del Vescovo d'Ippona!. Noi qui ci occuperemo dell'aspetto teologico e
spirituale.
Partendo dall’'insegnamento del Genesi (1, 26) che ci rivela la creazione del-
l’uomo ad immagine di Dio, e dall’interpretazione che del Genesi dà l’Apostolo
(Efes 4, 23; Col 3, 9), studia la definizione dell'immagine, che importa insieme
somiglianza ed espressione di un esemplare?; dimostra che l'immagine di Dio è
impressa nell'uomo interiore, cioè nell'anima razionale in quanto tale 3; chiarisce
che essa consiste nel fatto che l’uomo, per la sua intelligenza e per la sua capacità
S. Agostino ebbe sempre presente qiiesta difficile questione dall'inizio alla fine
dell’opera. La propone all’inizio del primo libro come una delle tre questioni
fondamentali della ‘fides quaerens intellectum 4, la ripropone al libro secondo
differendone la soluzione! vi accenna al libro quinto !8, ne discute nel libro nono,
dice l'ultima parola nel libro decimoquinto ®. Parimenti ha sempre riconosciuto
la grande difficoltà della questione, tanto che in sede polemica ha affermato peren-
toriamente: Distinguere autem inter illam generationem et hanc processionem
nescio, non valeo, non sufficio 2!, e qui nel De Trinitate, al termine dell'opera,
confessa che solo nella visione di Dio capiremo perché lo Spirito Santo non sia
Figlio 2,
Ma si avrebbe torto a credere che l'apporto di S. Agostino alla comprensione
di questa difficile questione si riduca solo alla confessione della sua profonda
misteriosità. No. Attraverso lo studio dell'immagine della Trinità nell'uomo ha
esposto tutti gli elementi che ci possono aiutare e che hanno aiutato i teologi
posteriori a capire in qualche modo la differenza tra generazione e processione.
Prima di tutto ha messo in rilievo il diverso modo di procedere, in noi, del
verbo e dell'amore. L'amore suppone il verbo, cioè suppone la conoscenza, poiché
rem prorsum ignotam amare omnino nullus potest. Perciò, mentre il verbo
procede dalla mente, l’amore procede dalia mente e dal verbo insieme, e costituisce
l'anello che congiunge i due. « Che cosa è infatti l’amore se non una certa vita
che unisce due esseri ‘o tende ad unirli, cioè l'amante e l’amato? » 94.
Poi ha studiato la diversa natura del verbo e dell'amore. Il verbo procede
come espressione o immagine della mente; perciò si dice giustamente che è
generato dalla medesima e che ne è prole. Da qui il trinomio, dove ogni termine
richiama l’altro: verbo, immagine, prole. L'amore invece non procede come imma-
gine della cosa conosciuta, ma come un movimento, una tensione verso di essa.
L’amore infatti, secondo la bella espressione agostiniana, è un peso che porta
l’anima verso la cosa conosciuta ed amata. Ne segue che l'amore non è prole
del principio da cui procede, perché non è immagine di esso %.
Infine S. Agostino ha applicato i risultati di questa sua indagine allo Spirito
Santo. Lo Spirito Santo nella Trinità è Amore. E perché Amore procede, come
insegna la Scrittura, dal Padre e dal Figlio; ma non è Figlio, perché non procede
come immagine, ma come dono, comunione, abbraccio. « La volontà (= amore)
procede dal pensiero... ma non come immagine del pensiero. Con ciò s’insinua in
questa realtà intelligibile una certa distanza tra la nascita e la processione, poiché
non è lo stesso vedere col pensiero che desiderare e fruire con la volontà ».
Concludendo, S. Agostino confessa di aver intuito questa differenza, anche se non
è riuscito a spiegarla sufficientemente con le parole?.
Questa smorzatura non deve ingannare nessuno: essa non vuol dire esitazione
di pensiero, ma stupore per la scoperta — in verità originale e fecondissima — vuol
dire umiltà e senso del mistero. Giunto al termine del suo sforzo speculativo,
S. Agostino ripete ancora una volta che la nostra luce, di fronte alla luce di Dio,
è pressoché oscurità.
morf per noi (Rom 5, 8). Possiamo riassumere lo schema rapidamente cosi: la
missione del Figlio è quella di condurre i credenti alla contemplazione di Dio
Padre; la via a questa mèta altissima è la rivelazione dell'umore di Dio Padre
per noi; questa rivelazione avviene nell'opera della redenzione; la redenzione si
compie per mezzo del sacrificio.
Dio è immutabile: nell’eternità, nella verità, nella volontà?2. Divenuti esuli, a
causa del peccato, dal gaudio immutabile, noi restiamo orientati ad esso, legati
a esso. Di fatti nelle cose mutabili e temporali cerchiamo l’eternità, la verità, la
felicità. Per tornare dunque là da dove ci eravamo separati e a cui restavamo pur
sempre uniti — in queste parole è sottintesa la dottrina della illuminazione e
l'orientamento naturale dell'uomo verso Dio — era necessario persuaderci di
quanto Dio ci amasse e quali ci abbia amati: quanto ci amasse, perché non dispe-
rassimo; quali ci abbia amati, perché non insuperbissimo3.
E’ questa appunto l’opera del Figlio di Dio. Incarnandosi, egli è diventato il
Mediatore tra Dio e gli uomini: uguale al Padre per l'unità della divinità, uguale
a noi per l'assunzione dell’umanità*. Mediatore di unità, di libertà, di vita: tre
idee che costituiscono l’ordito su cui tanto spesso e con tanta arte S. Agostino
tesse la tela della dottrina soteriologica.
Mediatore di unità. Peccando ci eravamo dispersi e vanificati nella moltitudine,
lacerati in essa e da essa: Cristo ci ha raccolti dalla dispersione, ci ha uniti
a sé, ci ha fatti una cosa sola con sé, affinché: haereamus uni, fruamur-uno, per-
maneamus unum5. Dalla moltitudine all'unità mediante Cristo. Inutile dire che
il quadro di questa sintesi teologica è quello della filosofia plotiniana*.
Mediatore di libertà. Altra idea fondamentale. Si tratta evidentemente della
libertà cristiana, che è libertà dal peccato, dalle passioni, dalla morte, dal tempo.
S. Agostino ne fu il difensore e il cantore appassionato. Tutta la polemica anti-
pelagiana ne è testimone. Nel De Trinitate riassume il suo pensiero in queste
parole: « Se persevererete nel mio insegnamento, dice il Signore, sarete veramente
i miei discepoli. E come se i discepoli chiedessero: Con quale vantaggio? prose-
guendo disse: E conoscerete la verità. Quasi poi insistessero di nuovo: Che vantag-
gio porta ai mortali la verità? continuò: E la verità vi farà liberi. Da che cosa
se non dalla morte, dalla corruzione, dalla mutabilità? Si, la verità resta immor-
tale, incorrotta, immutabile. Ora la vera immortalità, la vera incorruttibilità, la
vera immutabilità è la stessa eternità».
Mediatore di vita. Il Figlio di Dio diventato con l’Incarnazione partecipe della
nostra mortalità, ci ha resi partecipi della sua divinità8. Egli ha preso uno dei
nostri mali — la morte del corpo — e ci ha liberato da tutti e due: la morte del
corpo e dell'anima; ai quali, a causa del peccato, eravamo soggetti?.
Cristo dunque è diventato Mediatore di vita attraverso il sacrificio della croce
1 De Trin. 1, 8, 16-17.
2 De Trin. 4 proemio.
3 De Trin 4;
4 De Trin. 4, 8) 12.
5 De Trin. 4 TL
6 Cf. Confess. 11, 129, 39.
7 De Trin. 4, 18, 2A.
8 De Trin. 4, 3; ‘4.
9 De Trin. 4, 3; 5-6. A questo punto S. Agostino inserisce una lunga trattazione sul rap-
porto tra il numero semplice e il numero doppio (uno-due; tre-sei) che per noi oggi
non ha molto interesse.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA 1 XLV
che ha offerto per noi al Padre; un sacrificio verissimo , liberissimo !!, perfettis-
simo !. Con tale sacrificio « ha purgato, abolito, estinto tutte le colpe dell'uma-
nità » 8, ci ha riscattato perciò dalla potestà del demonio 4, che volle vincere non
colla potenza, come avrebbe potuto, ma con la giustizia, togliendogli un potere
di cui aveva abusato, servendosene contro Cristo, l'Innocente.
Ma Cristo non è solo Mediatore, è l’unico Mediatore. «Vi sono alcuni, dice
il Santo — si tratta evidentemente di filosofi pagani contro i quali scrive iun-
gamente nel libro X del De civitate Dei — vi sono alcuni che pensano di potersi
purificare con il proprio sforzo per giungere a contemplare Dio ed unirsi a
lui: questa superbia è la loro peggiore immondezza » 45. No. Ciò non è possibile.
Altro è conoscere la mèta, altro è conoscere la via per giungervi. Alcuni filosofi
hanno potuto « sollevare la punta dello spirito al di sopra di ogni creatura per
attingere, per quanto pocofosse, la luce della verità immutabile » 16. E' la mèta. Ma
non hanno conosciuto la via. Infatti « per i peccatori e i superbi c'è una sola via
di purificazione: il sangue del giusto e l'umiltà di Dio»! Perciò, contemplando
le meraviglie del Figlio di Dio fatto uomo, S. Agostino non cessa di ripetere che,
se a Dio non mancavanoaltre vie per redimerci, non ce ne fu, non poteva essercene
un’altra più conveniente a guarire le nostre miserie fuori di quella che ha scelto. E
ne spiega ampiamente le ragioni. « Ecco, conclude S. Agostino le sue lunghe me-
ditazioni, ecco per quale fine il Figlio di Dio è stato mandato, o meglio che cosa è
la missione del Figlio di Dio. Tutti i fatti compiuti nel corso del tempo... per
generare in noi la fede, dalla quale siamo purificati allo scopo di poter contem-
plare la verità, costituiscono una testimonianza di questa missione o la stessa
missione del Figlio di Dio »!. Non c'è chi non veda quale posto centrale occupi
la cristologia nel De Trinitate. Ma su questo punto torneremo piu avanti.
Le meditazioni agostiniane sulla missione dello Spirito Santo sono molto im-
pegnative. Lo abbiamo detto. A differenza della processione del Figlio, la pro-
cessione dello Spirito Santo esige uno studio attento per riconoscerne le proprietà.
S. Agostino lo aveva avvertito già nel 393, e aveva confessato che questo studio,
allora, non c'era®. Lo farà egli stesso lungo molti anni, dandocene nel De Tri-
nitate i vari momenti e le conclusioni.
Il principio che guidò questo studio fu il rapporto necessario che corre tra
la processione e la missione dello Spirito Santo, cioè tra le proprietà personali
Santo, Dio e Dono di' Dio. In effetti è in Lui che siamo ‘riconciliati alla divinità
e godiamo della divinità»*. Piv chiaramente altrove: « L'unità sociale della
Chiesa di Dio, fuori della quale non c'è remissione dei peccati, è, per cosi dire l'ope-
ra propria dello Spirito Santo, con la cooperazione, s'intende, del Padre e del Figlio,
poiché lo Spirito Santo è, Egli stesso, in un certo senso, la società del Padre e del
Figlio. Infatti, il Padre non appartiene allo stesso modo al: Figlio e allo Spirito
Santo, perché non è Padre ‘di entrambi; il Figliò non appartiene allo ‘stesso modo
al Padre e allo Spirito Santo, perché non è Figlio di entrambi, mentre lo Spirito
Santo appartiene allo stesso modo al Padre e al Figlio, perché è l’unico spirito di
tutti e due » 5. Le radici di questa dottrina si trovano già nel De Fide et Symbolo,
che è del 39336,
3. Verso la contemplazione
l’Incarnazione».
ha compiuto nel tempo per la nostra salvezza, in primo ‘luogo
giusto, di Platone: Quello che
E. cita a questo punto un detto, che trova molto
ciò che comincia, la verità lo è nei riguardi della fede.
l'eternità è nei riguardi di
Quanto pit siamo mutabili, tanto più siamo lontani dall’etern ità. Tuttavia
Cioè: «
evidenza
ci è promesso di arrivare alla vita eterna per mezzo della verità, dalla cui
Ora dunque
la nostra fede è tanto lontana quanto la nostra mortalità dall’eternità.
alle cose compiute per noi nel tempo .per essere purificati per
accordiamo fede
subentra
mezzo di essa, perché, quando giungeremo alla visione, come alla fede
la verità, cosi alla mortalità subentri l'eternità» 40,
agosti-
L'accostamento tra mutabilità ed eternità, fede e verità è tipicamente
o
niano: nasce dalle parole del Vangelo — Questa è la vita eterna, che conoscan
Gesù Cristo (Gv 17, 3) — e insieme
te unico vero Dio e Colui che hai inviato,
immutabile,
dalla visione filosofica del vescovo d'Ippona, per il quale Dio è l'essere
le creature invece sono mutabili; e tanto piu lontane da Dio quanto piu sono
tutte
mutabili. L'uomo deve aderire a Dio per sottrarsi alla mutabilità che lo logora
za e
e per diventare partecipe dell'eternità divina. Vi aderisce con la conoscen
in cielo attravers o la visione, quando, pur restando creatura, sarà immu-
l'amore:
o
tabile come Dio stesso nell'essere, nel conoscere, nell'’amare; qui in terra attravers
la contemplazione, che di quella visione è in qualche modo l'anticipo . Ecco perché
S. Agostino dedica tutto il libro VIII ad esercitare il lettore sulle vie della cono-
scenza affettiva di Dio, che è appunto la contemplazione.
Per conoscere Dio occorre superare tutte le cose corporee — Dio non è un
Con
corpo — e tutte le cose mutevoli, anche se spirituali — Dio non è mutabile.
pre-
ciò si raggiunge una conoscenza negativa, è vero; ma una conoscenza molto
za quando, elevandoc i affannos amente
ziosa, poiché «non è una piccola conoscen
non è, prima
da questo abisso a quella sommità, possiamo conoscere che cosa Dio
positiva di
di sapere che cosa è » 41. Ma si può raggiungere anche una conoscenza
amore. La può raggiunge re
Dio, considerando che Egli è verità, bontà, giustizia,
re il mistico; con la differenz a che la conoscen za del
il filosofo, la può raggiunge
te. Nel
primo è teoretica, quella del secondo è sperimentale, amorosa, beatifican
escludere la prima, pensa alla
libro che stiamo commentando, S. Agostino, senza
a quella conoscen za particola re che, secondo la beati-
seconda. Egli infatti pensa
scrive —
tudine evangelica, è riservata ai puri di cuore. « Che cos'è conoscere Dio —
ma prima di essere capaci
se non vederlo, attingerlo fermamente con lo spirito?...
come egli può essere visto e attinto dai puri di
di vedere e di attingere Dio
amarlo per fede, altriment i il cuore non potrà purificars i per
cuore... occorre
diventare capace e degno di vederlo » ®.
Occorre scrutare la verità, che è attualità pura, lontana da ogni immagi-
terrestri
nazione dei sensi. « Comprendi se lo puoi, o anima... aggravata da pensieri
di sapere
molteplici e vari; comprendi, se lo puoi, che Dio è Verità... Non cercare
delle immagini
cos'è la verità, perché immediatamente si interporranno la caligine
nubi dei fantasmi e turberan no la limpida chiarezza che al
corporee, e le
se puoi,
primo istante ha brillato al tuo sguardo, quando ti ho detto: Verità. Resta,
ti si dice:
nella chiarezza iniziale di questo rapido fulgore che ti abbaglia, quando
43 De Trin. 8, 2, 3.
4 De Trin. 8, 3, 4.
45 De Trin. 8, 6,9.
% De Trin. è 9, 13.
4 De Trin. 8 FE 10.
4 De fide et symb. 9, 19.
+ De Trin. 8, 8, 12.
Ivi.
51 De Trin. 8, 10, 14.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LI
Chi vuol dare un giudizio sull'importanza del De Trinitate nella storia della
teologia in generale e della dottrina trinitaria in particolare deve tener presenti
quattro punti principali di riferimento: gli altri scritti agostiniani, la patristica,
la scolastica, la teologia contemporanea. Ognuno di essi, offrendo l'opportunità
di un utile paragone, mette in rilievo un aspetto dell’opera agostiniana, che ne
rivela i pregi e i limiti.
1 Vi sarebbe anche da rilevare l’aspetto polemico che emerge dalla controversia con
gli Ariani (Contra sermonem Arianorum, ecc.), ma quest’aspetto non suscita dal nostro
punto di vista particolare interesse.
2 Ep. 11
3 Ivi.
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LIII
che af-
c) che contro questa conclusione stava lo stesso insegnamento cattolico
et sacris
ferma essere l'Incarnazione propria solo del Figlio. Cur ergo in mysteriis
nostris hominis susceptio Filio tributa celebratur?*
domina il
Il lettore ha già capito che questa impostazione è quella stessa che
e che questa difficoltà è la prima delle tre che ne aprono le pagine.
De Trinitate
di Roma, di Cartagine,
Un'impostazione dunque che viene dalla catechesi di Milano,
Soprattutto
le chiese locali che il nostro Santo frequentò prima del sacerdozio.
durante la quaresima del 387, segui la catechesi battesimal e.
di Milano, dove,
Quando egli dice che la difficile dottrina enunciata la comprendono solo « pochi
santi e beati» possiamo credere che pensi a S. Ambrogio. Infatti il grande
vescovo di Milano non solo la ricorda nella sua catechesi>, ma vi insiste nelle
‘sue opere$, anche se, per quanto noi sappiamo, non presenta la difficoltà che,
di
proposta da Nebridio, costituisce oggetto di studio e un po’ il tormento
S. Agostino.
Non dunque dalla filosofia platonica, come spesso si asserisce, ma dall’inse-
al
gnamento catechistico viene l'impostazione che il vescovo d’Ippona darà
filosofia lo aiuterà a capire, ad approfond ire, a chiarire; ma
De Trinitate. La
e quelle
non gli detterà l'impostazione essenziale né le conseguenti difficoltà: queste
verranno dall’insegnamento della fede.
Nel rispondere a Nebridio, S. Agostino, dopo aver protestato che in un
argomento tanto difficile e tanto importante « la sua spiegazione non può essere
facile né la sua dimostrazione sicura»?, tenta un'illustrazione dell’inseparabile
azione della Trinità attraverso le dimensioni ontologiche dell'essere creato. Difatti
ha una
ogni cosa ha tre dimensioni: l'essere, la natura, il perdurare. Infatti è,
può. Ogni cosa perciò ha
determinata natura e permane nell'essere per quanto
una idea che imita, una forza che la conserva, cioè una
una causa da cui procede,
insepa-
causa efficiente, esemplare e finale. Ora, come queste tre dimensioni sono
li nella Trinità che li crea8.
rabili negli esseri creati, cost le opere sono inseparabi
ripetuta altrove?, anzi una volta sembra che da essa si
Questa spiegazione viene
9.
voglia concludere all'esistenza stessa della Trinità: Oportet ergo esse Trinitatem
Della spiegazione « psicologica » nulla. Il De Trinitate è ancora lontano.
4 Ivi.
5 De mysteriis 5, 28; De Sacramentis 6, 2, 5.
sicut unitas
6 De fide 4, 7, 74; De Spiritu Sancto 2, 1, 19 - 5, 47; 2, 13, 54; 3, 4, 19:
et spiritus; ita
divinitatis, ita et unitas operationis; 2, 6, 59: legimus quia creavit
non toglie che
etiam legimus quod et ipse Christus suum corpus creavit; ma ciò
Domini Iesu
solo il Figlio si sia incarnato: hoc solo exepto quod in crucem solius
fateris tibi esse credentum (De mysteriis 5, 28
1Ep.A1,2.
85Ep143.
al De div.
9 Ci riferiamo sempre alle opere scritte prima del sacerdozio e precisamente
qq. 83, q. 18 e al De verareligione T, 13
1 De div. qa. 83, q. 18. Queste parole possono considerarsi l’inizio della questione sulla
5
ione.
Ed è lontano anche per l’altra questione, quella riguardante l’Incarnaz
risponder e direttamen te, come farà più tardi nel De Trinitate, aggira
Invece di
del Figlio,
l'ostacolo e si diffonde a parlare della convenienza dell’Incarnazione
la forma, l’arte, incarnando si, ci ha dato
il quale, essendo nella Trinità la sapienza,
regola di vita che ci permette di giungere alia conoscenz a del
una norma, una
ineffabile nel
Padre e di acquistare «una certa soavità e dolcezza interiore e
che è
permanere in questa conoscenza e nel disprezzare tutte le cose mortali,
compito che si attribuisc e propriame nte allo Spirito Santo » 11.
appunto il dono e il
la
Come si vede, la dottrina della natura umana di Cristo, opera di tutta
da Lui nell'unità della persona,
Trinità, ma propria solo del Figlio, perché assunta
quale verrà esposta nel De Trinitate, non si intravede ancora.
Un altro punto di paragone per il progressivo maturarsi del pensiero agosti-
ad
niano è il De fide et symbolo. Contiene l'esposizione del Simbolo fatta nel 393
Ippona davanti ai vescovi africani riuniti in Concilio plenario. In essa troviamo
l'affermazione dell'unità e dell'uguaglianza delle Persone divine — adiungitur con-
sed,
fessioni nostrae... Spiritus Sanctus non minore natura, quam Pater et Filius,
et coeternus, quia ista Trinitas unus est Deus! —
ut ita dicam, consubstantialis
l’'abbozzo di una spiegazion e della Trinità, attraverso similitudi ni — in
troviamo
radice,
realtà molto poco simili — delle cose corporee — fonte, fiume, bevanda;
regole per interpreta re i passi scritturist ici che
tronco, rami — troviamo alcune
dire che il Figlio sia inferiore al Padre — alcuni si riferiscono
sembrano
dal Padre,
alla natura umana di Cristo, altri al fatto che il Figlio ha l'essere
in fine l'importan te osservazi one che «i dotti
Patri debet quod est !* — troviamo
della Scrittura » avevano trattato molto del Padre e del Figlio,
e grandi interpreti
Spirito
ma non molto né diligentemente — non tam copiose ac diligenter — dello
è a Lui proprio *.
Santo in modo da poter capire facilmente ciò che nella Trinità
Fermiamoci su questa osservazi one che indica l'argomen to su cui si eserciterà
questi
in particolare lo sforzo speculativo di S. Agostino. Che cosa trova presso
lo Spirito Santo è dono di Dio ed
interpreti della Scrittura? Tre verità: a) che
e quindi non figlio; c) che tutto ciò che è lo deve
è Dio; b) che non è generato,
al Padre, dal quale tutto procede, di modo che non si stabiliscano « due principi
poi
senza principio », cosa che sarebbe « falsissima e assurdissima ». Ne ricorda
« Alcuni hanno osato pensare che lo Spirito Santo sia
una quarta, che è questa:
e del Padre e del Figlio, o, per dire cosi, la deità ». I quali poi si
la comunion
la stessa
spiegano in questo modo: « poiché il Padre è Dio e il Figlio è Dio,
il Padre generando il Figlio, il Figlio aderendo al
divinità con la quale sono uniti,
uguale a Colui dal quale il Figlic è stato generato. Questa divinità dunque,
Padre, è
— di-
che intendono come amore e carità mutua di entrambi, è stata chiamata
testi della Scrittura — continua il nostro
cono — Spirito Santo. Ci sono molti
ricorda e li
Dottore — con i quali suffragano questa loro opinione ». S. Agostino li
dello Spirito Santo nella
commenta brevemente: sono quelli che rivelano l’azione
e di Dio come Amore (1 Gv 4, 16).
nostra santificazione (Rom 5, 5) e la definizion
Tutti questi testi si ritrovano nel libro XV del De Trinitate. Ecco il commento
11 Ep. 11, 4.
12 De fide et symb. 9, 16.
13 De fide et symb. 9, 11.
14 De fide et symb. 9, 18.
15 De fide et symb. 9, 19
INTRODUZIONE- TEOLOGIA LV
al primo di essi: «...per il fatto che veniamo riconciliati a Dio per mezzo dello
Spirito Santo dicono che venga indicato assai chiaramente che lo Spirito Santo
è l'amore di Dio. Di fatti non siamo riconciliati a Dio se non per mezzo del-
l'amore » 16, S. Agostino difende questa opinione, a cui vanno chiaramente le sue
simpatie, dall’obiezione che la comunione o l’amore non siano una sostanza, dimo-
strando che è una sostanza, perché Dio è Amore. Ricorda in fine la necessità della
purificazione per capire qualcosa del mistero trinitario!!.
Alcune osservazioni. Concepire lo Spirito Santo come l'Amore e quindi la
comunione del Padre e del Figlio è un'intuizione fecondissima che S. Agostino
oscura
svilupperà largamente; ma questa stessa intuizione è presentata in maniera
— su cui insisterann o i libri V-VII del
e confusa: manca la distinzione essenziale
— tra l'amore perfezione assoluta e l'amore proprietà personale;
De Trinitate
il metodo
manca, in altre parole, la dottrina delle relazioni. Mentre vi sono già
dell'argomentazione scritturistica, che va dalle manifestazi oni extra-trinit arie alle
e e
proprietà personali intra-trinitarie, e vi sono altresi i temi della purificazion
dell'amore, che in Dio non è accidente, ma sostanza.
a
Resta da sapere quali autori si celino sotto quel quidam. Si è pensato
il riferimento al De Spiritu Sancto 3, 10, 59 dice molto poco !8.
S. Ambrogio, ma
Santo
Si è pensato a Mario Vittorino, dove si trova la indicazione dello Spirito
e. del Figlio !9; ma dove non si trova
come copula, connexio, complexio del Padre
trovato — l’argomenta zione scritturisti ca che S. Agostino
— o noi non abbiamo
semplice
adduce e ascrive ai quidam innominati. Si è pensato che S. Agostino,
davanti ai vescovi, abbia messo
sacerdote che parla per un'eccezione singolare
dottrina che era sua 20, Certo, l'ampia argomentaz ione
sotto l'autorità di altri una
dalle Scritture e arricchita di commenti con tipici motivi agostiniani in
tratta
che
perfetta coincidenza col De Trinitate, lascia perplessi. Se questa spiegazione,
le sue difficoltà, non è accettabile, bisogna dire che l’iden-
ha pure, senza dubbio,
modo stabilito
tificazione di quel quidam resta ancora da trovare. Abbiamo in ogni
il De Trinitate suppone una grande
alcuni punti di partenza per concludere che
e la esprime. Un momento. di questa maturazion e la
maturazione di pensiero
nelle Confessioni che annunciano, per la prima volta, la spiegazione
troviamo
« psicologica » o l’interiorizzazione che dir si voglia dell'immagine della Trinità?!
parallelismo col
Il De civitate Dei invece ci offre in alcuni suoi passi un utile
De Trinitate 2.
16 Ivi.
17 De fide et symb. 9, 20.
18 Parla solo della deità o debtnTA dello Spirito Santo.
19 B. pe MARGERIE, La doctrine de St. A. sur l’Esprit-Saint comme communion et source
de communion, in Augustinianum, 12 (1972), pp. 107-119.
20 0. Du Roy, L'intelligence de la foi en la Trinité selon St. A. Paris 1966, p. 486.
21 Confess. 13, 11, 12.
22 De civ. Dei 11, 10. 24.
LVI INTRODUZIONE- TEOLOGIA
c)°Ee-Lettere
2. Il De Trinitate e la Patristica
a) Tradizionale
avevano intuito e usato la dottrina delle relazioni. Anzi, fin dal primo sorgere
dell’arianesimo non era mancato chi aveva visto in questa dottrina l’unico modo
di rispondere all’accusa di Ario secondo la quale chi afferma la consustanzialità
del Figlio ammette due principi *. I Cappadoci conobbero e usarono nella lotta
contro Ariani e Eunomiani il concetto di relazione ( oxgovg ), anche se in loro
è in primo piano il concetto di proprietà *.
Un solo esempio. Eunomio impugnava la consustanzialità del Figlio con que-
sto dilemma: il nome Padre o indica l'essenza divina o indica l’azione; nel primo
caso il Figlio non è consustanziale, nel secondo è un’opera del Padre, cioè una
creatura. Gregorio Naz. risponde: «0 uomini acutissimi, il nome Padre non
indica né l'essenza né l’azione, ma la relazione che il Padre ha verso il Figlio e
il Figlio verso il Padre »*. L'idea è esattamente quella di S. Agostino. Il famoso
assioma: omnia unum sunt, ubi non obviat relationum oppositio è tanto latino
quanto greco: lo troviamo in S. Agostino * e in S. Gregorio Naz.*, benché non
enunciato esattamente sotto la stessa forma e benché non abbia, come osserva
giustamente lo Chevalier, presso S. Gregorio Naz. e i Padri greci esattamente lo
stesso compito che ha presso S. Agostino ®.
In quanto poi alla conoscenza che il vescovo d’Inppona ebbe degli scrittori
cristiani, dobbiamo dire che non si può restringere quel solenne: Omnes quos
legere potui, qui ante me scripserunt de Trinitate... ai soli scrittori latini. S. Ago-
stino conosceva anche i greci. Ne aveva una conoscenza limitata, ma non scarsa.
Non bisogna dunque minimizzare troppo. Per quanto sia difficile scoprire le fonti
che utilizza — qualche volta troviamo S. Gregorio Naz. celato sotto un anonimo
quidam *e altre volte non abbiamo neppure l'aiuto di quel quidam ammonitore —
tuttavia non è sempre impossibile indicarle, sia con riferenze certe, sia, più spesso,
con raffronti probabili. L’Altaner, che condivide questo giudizio sulla difficoltà di
stabilire le fonti agostiniane%, con pazienti ricerche è giunto ad utili conclusioni
circa la conoscenza che il vescovo d'Ippona aveva di Didimo, Basilio, Gregorio
Nazianzeno 31,
in Revue Bénéd., 60 dol: pp. 17-24; IpeM, Augustinus und Didymus der Blinde..., in
Vigiliae Christianae, 5 (1951), pp. 116-120; TpeM, Augustinus, Gregor von Nazianz und
Gregor von Nissa, in Revue Bénéd., 61 (1951), pp. 54-62.
LX INTRODUZIONE- TEOLOGIA
b) Originale
Per misurare l'originalità di S. Agostino teologo della Trinità, occorre tener
presente prima di tutto un fatto, che è questo: il De Trinitate è opera di sintesi,
la prima del genere, almeno per profondità ed ampiezza 3, nella storia della teologia
trinitaria. Perché opera di sintesi è un'esposizione lungamente meditata dei
diversi aspetti del mistero — biblico, dommatico, mistico — una risposta serena
e fiduciosa alle difficoltà della ragione, un'introduzione alla vita di comunione con
la Trinità. Questa sintesi determinò uno sviluppo della teologia trinitaria che il
Bourassa non esita a chiamare « prodigioso » 5. Fu certamente grandissimo, anzi il
piu decisivo e il più fecondo. Dopo S. Agostino la teologia trinitaria cammina per
vie nuove o, per dirla con un altro autore moderno, comincia la teologia trini-
taria in senso pieno 55. I punti principali che concorsero a stabilire questo progresso
ci paiono i seguenti: lo studio biblico sull'unità di natura delle tre Persone divine,
la dottrina delle relazioni, le proprietà personali dello Spirito Santo, la spiega-
zione « psicologica» del mistero trinitario, il collegamento ad esso della nostra
vita soprannaturale.
A S. Agostino stava molto a cuore stabilire l’invisibilità di Dio. Vittima in
gioventi della concezione materialista, e consapevole delle fatiche sofferte per
liberarsene *, rifugge come da un'« insania » dall'ipotesi che Dio possa essere visto
con gli occhi del corpo 5. Or questa invisibilità è una proprietà della natura divina,
e perciò non è solo del Padre, ma del Figlio e dello Spirito Santo. Da quil’inter-
pretazione delle teofanie del V. T. che abbiamo riportata sopra. Questa interpreta-
52 De Trin. 3, -1.
53 P. Henry considera la prima esposizione sistematica della dottrina trinitaria l’Adversus
Arium di Mario Vittorino; cf. The « Adversus Arium » of Marius Victorinus, tre first
systematic exposition of the doctrine of the Trinity, in The Journal of theological
studies, 1 (1950), pp. 42-55.
54 F. Bourassa, Questions de théologie trinitaire, Roma 1970, p. 49.
55 L. ScHEFFEGYK, in Mysterium salutis, III, trad. it., Brescia 1968, p. 256. Allargando
l'orizzonte al pensiero teologico e filosofico in generale P. Hadot scrive: « Le De Trini-
tate de Saint Augustin est un livre qui a orienté d’une manière nouvelle et décisive
la pensée thèologique et philosophique de l’Occident ». Cf. L'image de la Trinité dans
o i Victorinus et chez St. Augustin, in Studia Patristica, VI, p. IV, Berlin
, P. .
56 Confess. 7, 1, 1-2; Contra ep. Manichaei 2, 2.
57 Ep. 92. Di fronte alle ragioni di un confratello nell’episcopato, che si senti offeso,
chiede scusa per il tono, se per caso fosse stato troppo aspro, ma ribadisce la tesi.
Cf. Ep. 148. Per tutta la questione, cf. Ep. 147; De civ. Dei 22, 29.
INTRODUZIONE - TEOLOGIA LXI
zione gli è stata rimproverata da qualcuno %, ma ciò non toglie che sia
divenuta
e sia tuttora comune nella teologia 39.
Parimenti stava a cuore a S. Agostino stabilire che la Scrittura, parlando
di
Dio, non si riferisce sempre al Padre, ma anche, in alcuni casi, a tutta
la Trinità,
benché non nominata esplicitamente. In questa prospettiva la parola di Dio designa
prima di tutto l’unità di natura delle Persone divine e permette di stroncare
fin
dall'inizio ogni tentazione ariana o subordinazionista. Essa è diventata
classica
nella teologia latina, anche se, oggi, da qualche parte, si fanno delle
riserve. Si
dice infatti che non sarebbe una prospettiva biblica e che presenterebbe
degli
inconvenienti per la pietà cristiana. Vedremo più sotto che cosa pensare di
queste
riserve.
Un altro punto, questa volta senza riserve, che viene considerato elemento
fondamentale nello sviluppo della teologia trinitaria è la dottrina delle relazioni.
A questa dottrina il vescovo d'Ippona ha dato quel posto centrale che non ha più
perduto da allora. Studiando la Scrittura e servendosi largamente della filosofia
aristotelica, ha creato, in altre parole, la teologia delle relazioni, tanto delle rela-
zioni intra-trinitarie, che costituiscono le Persone divine, quanto delle relazioni
extra-trinitarie, che salvaguardano l'immutabilità di Dio e la realtà della sua azione.
Tra i teologi greci e S. Agostino, scrive lo Chevalier, c'è tutta la distanza che
separa i precursori, che intravedono una dottrina e la enunciano solo incidental-
mente, e colui che la espone sistematicamente con la chiara coscienza della sua
originalità e del suo valore ®,
Un terzo punto di singolare fecondità teologica, anzi forse di tutti il più
fecondo, è lo studio biblico e l'impegno speculativo per stabilire quale sia in seno
alla Trinità la proprietà dello Spirito Santo. Mentre la teologia dei Cappadoci
confessava l'impotenza di rendersene conto e giungeva quasi a scoraggiarne la
ricerca, S. Agostino, osserva il Bourassa, ha scoperto che lo Spirito Santo è
Amore, e con ciò ha gettato una grande luce sul mistero trinitario e sulla natura
della nostra salvezza e della vita eterna4.
Il contributo più personale, poi, che S. Agostino ha dato alla teologia trinitaria
è la spiegazione «psicologica » che illumina, senza dissolverlo, il
mistero trinitario
e rivela la natura e la struttura dello spirito umano. Diciamo
più personale, in
quanto, anche se per questa dottrina ha trovato un ambiente propizio
e uno sti-
molo nel neoplatonismo e un precursore in Mario Vittorino, la
trasformazione da
lui operata è stata cosi radicale che il suo apporto è uno dei
più originali e, ag-
giungiamo pure, dei più moderni ®. Del resto anche qui occorre
ricordare che il
3. Il De Trinitate e la Scolastica
6 Vedi la breve sintesi e la copiosa bibliografia in Mysterium Salutis, III, pp. 260-278,
ad opera di Leo Scheffezyk.
6 Summa theol., I, q. 29, a. 4. Giova riportare tutto il testo: Unde non erat in usu hoc
nomen, « persona », nisi sicut unum aliorum absolutorum. Sed postmodum accomo-
datum est hoc nomen, « persona », ad standum pro relativo ex congruentia suae signi-
ficationis; ut scilicet hoc quod stat pro relativo non solum habeat ex usu, ut prima
opinio dicebat, sed etiam ex significatione sua. La prima opinione è quella di alcuni
scolastici, di S. Agostino e, secondo lo Chevalier, o. c., p. 80, di S. Tommaso iunior.
6 Ivi, ad 1: cf. Quaestiones disp. de Potentia, q. 9, a. 4, ad 3.
6 Cf. I. CHEVALIER, 0. c., D. 80.
67 Mysterium salutis, III, p. 267: (S. Tommaso) «per la prima volta diede un'effettiva
INTRODUZIONE - TEOLOGIA LXIII
AGOSTINO TRAPE’